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'Ndrangheta, maxi blitz: preso boss Domenico Oppedisano. In Liguria arrestato Mimmo Gangemi

pubblicato: mercoledì 14 luglio 2010 da Renato Marino


Trecentocinque ordinanze di custodia cautelare in carcere, la metà delle quali eseguite in Lombardia dove sono presenti cinquecento affiliati “documentati”. Sono i numeri del maxi blitz, messo a punto dalla DDA reggina e dai colleghi di Milano, eseguito ieri da polizia e carabinieri contro la ‘ndrangheta. Numeri che non lasciano dubbi sul radicamento dell’organizzazione mafiosa in Lombardia. Milano centro economico-finanziario delle cosche calabresi? Dicono gli inquirenti:

«Le indagini hanno documentato più di 40 summit tenuti dagli indagati nell’arco dei due anni di indagine sul territorio milanese, spesso organizzate durante cresime, battesimi e matrimoni. Si parla di 500 affiliati in Lombardia e, allo stato, abbiamo scoperto 15 “locali” (Milano centro, Pavia, Bollate, Cormano, Bresso, Limbiate, Solaro, Pioltello, Corsico, Desio, Seregno, Rho, Legnano, Mariano Comense, Erba e Canzo) ma sappiamo che sono molto di più e molto radicate». «I politici sono parte del “capitale sociale” dell’organizzazione criminale».

Del nuovo assetto verticistico della ‘ndrangheta e dell’omicidio di Carmine Novella, che secondo gli inquirenti voleva rendere più autonomi i locali presenti in territorio lombardo dalla “madrepatria”, e in particolatre dalle cosche reggine, parlavamo ieri.

Per quel delitto ieri ci sono stati due arresti tra cui quello di Antonino Belnome. Novella era ritenuto il boss della cosca Gallace-Novella di Catanzaro. Prima di lui, fino al 2007, a reggere l’organizzazione sarebbe stato Cosimo Barranca, poi dopo Novella sarebbe subentrato Pasquale Zappia. Per la procura è lui «deputato a concedere agli affiliati cariche e doti, secondo gerarchie prestabilite mediante rituali tipici».

Tra gli arrestati di ieri (qui i primi nomi) spicca su tutti Domenico Oppisano, 80 anni, considerato l’attuale numero uno delle cosche calabresi. Mai un problema con la giustizia in 40 anni. Sarebbe “capocrimine” dal 19 agosto del 2009, nomima conferita nel corso del matrimonio tra Elisa Pelle e Giuseppe Barbaro, entrambi figli di boss.

A quel matrimonio, dicono gli investigatori, vennero decise anche tutte le cariche di vertice della ‘ndrangheta: il ruolo di “capo società”, cioè il numero 2, sarebbe stato affidato ad Antonino Latella (arrestato), quello di “mastro generale” a Bruno Gioffrè. Oppedisano, di Rosarno, appartiene al “mandamento” Tirrenico, Latella a quello del Centro, Gioffrè a quello Jonico: un ruolo apicale per ogni mandamento.

La nomina di Oppedisano divenne “operativa” solo il 1 settembre 2009, a mezzogiorno in punto, al Santuario di Polsi durante le celebrazioni per la festa della Madonna. Da La Gazzetta del Sud:

«C’è un filmato dei Carabinieri - dice il dott. Pignatone (procuratore capo di Reggio Calabria, ndr) - che fa vedere chiaramente come tutti i capi mafiosi delle diverse aree si rivolgono a Oppedisano riconoscendolo capo». Tra i nomi delle “famiglie” dei grandi clan, nell’inchiesta non compaiono quelle di Reggio. «Antonino Latella – ricorda il dott. Pignatone – è stato nominato proprio in quella circostanza capo società, cioé il numero due».

Evidentemente in questo clima di “pax mafiosa”, che ormai regge da tempo dopo la terribile, seconda guerra di ‘ndrangheta che ha fatto nella sola area reggina oltre 600 vittime, Latella rappresentava in quella circostanza i clan reggini. Le altre “cariche” assegnate sono quelle di “mastro generale” (Bruno Gioffré), “mastro di giornata” (Rocco Morabito) e “contabile” (il soggetto non è stato ancora identificato).

Ma cosa fa un “capocrimine”?

Deve «decidere, pianificare, individuare le azioni e le strategie, impartire le direttive agli affiliati, prendere le decisioni più importanti, comminare sanzioni (che possono pure essere di morte) a chi sgarra e non rispetta le “regole”, risolvere i contrasti interni ed esterni», per la spartizione di appalti, anche al nord; per le liti tra locali, anche all’estero. Una carica alla capo dei capi di Cosa nostra, ma a termine.

Il capo del “Crimine” ha pure il compito di far rispettare gli accordi. In un colloquio captato in un agrumeto Bruno Nesci di San Pietro di Caridà che risulta nell’elenco dei fermati, sottolinea: «Ci vuole un responsabile che deve tenere praticamente… ogni cosa che si fa… si fa con l’accordo di tutti quanti… quando si fa una proposta si ascolta gli altri per vedere come la pensano, in maggioranza tutto passa».

«C’è un esempio - osserva Pignatone - che riguarda l’omicidio di Carmelo Novella che venne ucciso a Milano nel luglio del 2008. Le intercettazioni rivelano che Novella si stava impegnando a rendere autonomi dalla Calabria, in particolare da Reggio, gli affiliati della Lombardia. Ed ha pagato con la vita. L’ordine di ammazzarlo partì da Oppedisano. In una relazione della Dda milanese si legge chiaramente che la ‘ndrangheta ha “commissariato” la Lombardia. Ogni azione deve fare riferimento al “Crimine” di Reggio».

Al Crimine non si può derogare in Italia come all’estero:

Il caposocietà di Singen, in Germania, dice al telefono più o meno così: «Se si sente di farlo, lo faccia. Ma ci devono essere presenti quelli del “Crimine”, perché lui dipende di là, come dipendiamo tutti… senza ordine di quelli lì di sotto non possono fare niente nessuno»

Continua Pignatone:

«L’offensiva dello Stato nei confronti della ‘ndrangheta da qualche anno a questa parte è massiccia. E le cosche hanno deciso di non farsi la guerra, di non dividersi, ma anzi di darsi una struttura. Ecco la nascita di “Crimine”.

Intanto l’inchiesta ha svelato anche gli interessi delle ‘ndrine in Liguria. In manette è finito a Genova Domenico Gangemi, indicato negli ambienti investigativi come il boss referente della ‘ndrangheta nella regione. Da Il Secolo XIX:

«La stiamo appoggiando noialtri… ci impegniamo noi contro la volontà di compare Mimmo Gangemi che abbiamo avuto una discussione…. Che ha voluto appoggiare a un (inc) che è un finanziere, uno sbirro… cinque anni fa ha detto lui che è sbirro questo qua, che è un infame… che questo… adesso ha voluto appoggiare a Monteleone lui… lo potete appoggiare… uno vale l’altro, appoggiamo a Monteleone… adesso questo gli ha promesso un posto di lavoro al genero e voleva appoggiare a questo qua…».

A parlare è Domenico «Mimmo» Belcastro, 48 anni, imprenditore calabrese, considerato dagli inquirenti un leader emergente della `ndrangheta a Genova.Sta avendo una conversazione con Giuseppe Commisso, il boss calabrese, suo referente. E parla del leader ´ndranghetuso genovese, Domenico «Mimmo» Gangemi, 64 anni. Nelle sue parole fa capolino il nome di Monteleone, Rosario Monteleone, presidente del Consiglio regionale ligure, rappresentante dell’Udc, ex democristiano con varie cariche amministrative nel suo passato di politico di professione.

Foto | Mediterraneo on line

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