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VENEZIA NEWS - SEPTEMBER 2022 - #267

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FOOD&DRINKSCLUBSFILMS&SERIESTHEATRESCONCERTSMUSEUMSEXHIBITIONS 267 SEPTEMBER 2022 venice city guide Blonde Cinematograficad’ArteInternazionaleMostra79.Netflix©DominikAndrewdi € 4,50 DCI-VE-662/96legge-20/Bcommaart.245%A.P.inspedizione2022Settembre-26anno-267n°-spettacoloeculturadiMensile ENGLISH INSIDE BIENNALE ARTE & MUSICA + VENICE FILM FESTIVAL Settima ARTE

人 间 喜 剧 From 28.08 to 27.11.2022 Every day except Tuesday 10 am 6 pm Abbazia di San Giorgio Maggiore, Isola di San Giorgio, Venezia Ai Weiwei LA COMMEDIA UMANA MEMENTO MORI

thanks to in partnership with Tomomotdesign

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© Cecilia Vicuña. Courtesy the Artist; Lehmann Maupin, New York, Hong Kong, Seoul, and London

Detail of the artwork: View into the artist's studio window, obscured by frost (31st March 2022), 2022 © Ryan Gander. Courtesy of the artist. with the support of Fondazione Berengo Art Space Campiello della Pescheria 4, Murano Tuesday – Sunday 10 am – 5 03.06pm – 27.11.2022 Curated by Adriano Berengo and Koen Vanmechelen with the contribution of Ludovico Pratesi

OsmanErwinRosePalomaKoenTimLinoSeanLiamThomasEnricoLaurentProuvostReypensRuggeriSchütteScullyScullyTagliapietraTateVanmechelenVargaWeiszWylieWurmYousefzada Tomomotdesign

AlexanderPeabodyEvgenievich Ponomarev

Monira Al Qadiri Maria Thereza Alves Vanessa Beecroft Simon Berger María Magdalena Campos-Pons Judy Chicago Tony LeandroEndlesseLJimmieChiaraCraggDynysDurhamSeedErlich Jan FedericaMassimoTomášKarenBrigitteMaryaKendellJosephaRyanFabreGanderGasch-MucheGeersKazounKowanzLaMonteLibertinyLunardonMarangoni

Laure

Anne

LA UMANACOMMEDIA

6 2REGATA STORICA Venice celebrates the millen nia-old tradition of Venetian Rowing in an amazing feast of sport and colour. The city gathers along the Grand Canal to celebrate the water cortege that will set the clock back in time for one beautiful day. speciale p. 76 1 3 editoriale (p. 8) Il filo sottile incontri (p. 10) Alberto Barbera, Venezia 79 | Gian Piero Brunetta tracce (p. 28) Mostra del Cinema 1932 theguide (p. 31) 79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica speciale (p. 76) Regata Storica arte (p. 80) Ai Weiwei. La Commedia Umana | Anselm Kiefer | Anish Kapoor | Emilio Isgrò – Una vela per Pasolini | Oscar Murillo | Surrealismo e magia | Wassily Kandinsky | The 1st Annual METAVERSE Art @VENICE | Personal Structures – Reflections | Museo Correr, Sale Reali | Vivaci Trasparenze: ceramiche di Yaozhou | Palazzo Fortuny | The Italian Glass Weeks | Venini: Luce 1921-1985 | Glasstress 2022 | Judi Harvest | Letizia Cariello (Letia) | Miresi | Radici | Franca Faccin | Galleries musica (p. 100) Intervista a Lucia Ronchetti, 66. Biennale Musica | Intervista a Gianmario Borio | Intervista a Michel van der Aa | Leoni: Giorgio Battistelli, Ars Ludi | N.E.S.E.V.E.N. | Simon Steen-Andersen | Mehdi Jalali | Paolo Da Col | Helena Tulve | Shenandoah Conservatory | Yvette Janine Jackson | Alexander Schubert | Paolo Buonvino | Lezioni di Musica | Annelies Van Parys | Biennale College Musica classical (p. 120) Madama Butterfly | Il trovatore | Massenet, Maestro del suo tempo | Auditorium Lo Squero | Festival Galuppi theatro (p. 126) Teatro Open Air | Il fuoco sapiente | Estate Teatrale Veronese | Classici al Teatro Olimpico | La Luna nel Pozzo | Venere in Teatro etcc... (p. 132) Parole: Solidarietà | Intervista a Roberto Ferrucci | PordenoneLegge | Il Veneto Legge | Intervista al Mago Silvan | Festival delle Idee menu (p. 138) Subodh Gupta. Cooking the world | Oste Mauro Lorenzon | Fabio Parasecoli. Gastronativism | Reservations: Nutrimenti citydiary (p. 145) Agende | Mostre a Venezia 79. DIDELMOSTRACINEMAVENEZIA Ninety years of Venice Film Festival, and the fourteenth edition with Alberto Barbera at the helm. Auteur cine ma from all over the world, with splendid Hollywood contributions and the Orizzonti section giving an insight on the cinema of tomorrow. For these reasons – and countless others – Venice is once again the world capital of film. the guide p. 31

and Adriano Berengo, two stars of contemporary art, produced an exhibition at San Giorgio Maggiore Church that is all about millenary craftsmanship. Their visions materialize and sublimate in a large glass chandelier – La Commedia Umana – an art piece of incredible com plexity and splendour. arte p. 80 september2022 CONTENTS Blonde di Andrew Dominik © Netflix

Ai Weiwei

Prose and stand-up comedy in Mestre, with the participation of Anna Foglietta, Ascanio Celestini, Giampaolo Morelli, Stefano Chiodaroli for moments of authentic commonality between actors and spectators. A mix of introspective monologues, historical events, personal memories, and satire. t heatro p. 126

66. MUSICABIENNALE

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TEATRO OPEN AIR

Così Ana de Armas descrive Blonde, attesissimo lavo ro che il regista australiano Andrew Dominik porta in Concorso a Venezia, di cui la giovane attrice cubana sarà protagonista. ENG “The film is an unconventional one. It is a sensual and emotional experience. The director’s ambition is clear: he wants the world to feel what it meant to be not only Marilyn, but also Norma Jeane. It is the most daring, uncompromising, and feminist approach to her story.”

JULES MASSENET

Jules Massenet and the natural refinement of his music are the focus of the upcoming festival at the Centre de musique romantique française. The first concert, in September, will kickstart a very rich October programme, which is all about Massenet’s influence on the education of an extraordinary generation of composers. classica l p. 122 «Il film non è convenzionale, vuole essere un’esperien za sensoriale ed emozionale. Le ambizioni del regista erano chiare: desiderava che il mondo provasse che cosa realmente significa essere non solo Marilyn ma anche Norma Jeane. È il modo più audace, impeni tente e femminista di accostarsi alla sua storia».

Composers and musicians experiment with the responsibility of creating the musical theatre of tomorrow after a respectful, creative revisitation of Venetian repertoire. Giorgio Battistelli and the Ars Ludi ensemble will be awarded the Golden Lion. musica p. 100

Thus Ana de Armas about Blonde, the much-antici pated film by Australian director Andrew Dominik in the main competition at Venezia 79, where she stars in the title role. the guide p. 36

COVER STORY

In questo fine agosto di eventi meteo estremi, con questi temporali impetuosi e fulminei a trascinare in un turbine oggetti e frammenti di natura viva, venendo dal Lido verso Venezia si apre davan ti al nostro sguardo rapito, a nubifragio concluso, un paesaggio ineguagliabile illuminato da luci e colori a strati contrastanti e insieme sovrapposti. Visioni che si ripetono di anno in anno e della cui meraviglia non è proprio dato abituarsi, mai. Bagliori di un sole inarrendevole che inonda il cielo a sprazzi violenti, gonfiori plumbei nuova mente incombenti o in viaggio verso altri lidi, arcobaleni da mozzare il fiato, lampi a tagliare orizzonti dolomitici… Insomma, pare di essere dentro a una pulsante tela di un Tintoretto, di un Giorgione, di un Tiziano, di quegli irri petibili pittori veneti che qui a Venezia hanno prodotto la più straordinaria epopea coloristica, luminosa dell’intera storia dell’arte. Guarda un po’ in uno dei periodi storici tra i più travagliati, tumultuosi della storia moderna, in quel secolo radioso che fu il ‘500 per l’arte quanto tetro per le sorti politiche e umane delle popolazioni italiane e non solo, per quanto Venezia sia quasi sempre riusci ta a tenersi al riparo al suo interno da tangibili venti di guerra. Sì, perché queste accecanti e luminose visioni, fatte naturalmente le debite proporzioni tra contenuti e accadimenti comunque lontani e altri tra loro, accomuna no quelle rappresentazioni pittoriche a queste istantanee naturali di oggi in quanto metafore veementi di tempi entrambi a tinte a dir poco contrastanti, in cui sublime e mediocre si marcano stretti in un quotidiano, precario Questiequilibrio.cieli che queste ondate tempestose di maltempo appena esauritesi ci regalano sono davvero degli strin genti fermo-immagine dei diversi orizzonti che in queste montagne russe, ebbene sì, che sono i nostri giorni ci si trova ad osservare ed attraversare sempre più storditi ed increduli. Fuor di metafora, come non vivere queste nostre ore con animo combattuto, con disposizioni continuamente in divenire nella loro indefessa mutevolez za? Si è appena usciti, ma dirsi del tutto fuori non solo è cosa poco scaramantica, ma ancor più un imprudente azzardo, dai due anni surreali che sappiamo, tutti chiusi in casa, a chi gli è andata bene, a ingozzarsi di prodotti in streaming e di cibo e libagioni, con una recuperata, smaniosa voglia di vivere, anche se dai contorni incerti e mutati da questa sospensione esistenziale assurda ed inedita. Una voglia di vita di giorno in giorno, di mese in mese progressivamente soddisfatta da un ritorno alla normalità sociale, ludica, lavorativa, con un riscatto davvero sollevante della condivisione aperta, on air, del vivere collettivo. Insomma, una dimensione che ormai ci pareva distante, inafferrabile nel breve, capace di dimo strarsi ben più che resiliente nell’assorbire anche il più imprevedibile dei traumi immaginabili. Ciascuno nel suo quotidiano ha, se non in pieno, in larga misura recupera to il suo spazio vitale nei diversi ambiti della propria esi stenza. Venendo a noi, al nostro specifico lavorativo, che per quanto ci riguarda è pure emozionale, abbiamo non soltanto recuperato appieno il passo prepandemico, ma si è stati in grado di andare pure oltre il vertice positivo che delimitava il confine più lontano raggiunto, nel nostro più che ventennale percorso editoriale, nel 2019. Una Biennale Arte ripartita di slancio con un’edizione davvero record, una città certo maltrattata da un turismo mal gestito e sbracone, ma al contempo capace di accoglie re nuovi grandi protagonisti in presenza della cultura e delle arti internazionali, con oramai decine di fondazioni a installarsi con le loro sedi permanenti nel cuore vivo della città. Festival musicali, di teatro, di danza ripartiti col vento in poppa, con contenuti sempre di livello altissimo, capaci di restituire le ferite di questo tempo in una chiave emotivamente ed intellettualmente alta, altissima. Il tutto come un motore di nuovo più che vivo a far muovere, lavorare migliaia di addetti, moltissimi dei quali giovani, che oramai disperavano di poter riassecondare ciò per cui si erano preparati, ciò per cui avevano studiato e di cui si erano appassionati. Insomma, un dato davvero per niente scontato, tantomeno banale. Vita, vita che ritorna impetuosa come quei raggi di sole che inondano di luce il giorno appena spentosi il nubifra gio. Raggi, però, che solo a uno sguardo poco attento all’orizzonte largo di questo vasto cielo appaiono inconte nibili nella loro pienezza luminosa, come se l’urgenza a guardare oltre in positivo trascendesse, in un processo di comprensibile rimozione, le minacce incombenti attorno. Raggi stretti in un sandwich tra nuovi pericoli atmosferici incombenti, con nuvoloni plumbei, neri a non dare di nuovo respiro, e lampi già in azione a dare luce sinistra, questa sì, a un’atmosfera in ebollizione. Guerre dai con torni novecenteschi a minare gli equilibri precari e però progressivi, alti, di un’Europa in lento e tenace divenire, in cui l’illusione di aver davvero girato democraticamente pagina dopo la catastrofe totalitaria degli ismi di ieri si di

8 IL FILO SOTTILE

editorial e di Massimo Bran

9 mostra tale, uno schiaffo in pieno volto alla dimensione urbana, civile, faticosamente guadagnata in decenni di dura e complessa crescita condivisa da questa nostra parte del mondo. Un baratro che vorrebbe portarsi via tutto, diritti, equilibri sociali, patti generazionali. Un abisso oscuro di fronte al quale una reazione però c’è, forte e tesa, fortunatamente, ma che non rassicura, non può data la pervasività effetti va e potenziale di queste insidie violente. Insidie che da un lato certo producono uno scatto di autodifesa civile, ma che dall’altro però anche qui, nelle nostre libere società, che con tutti i loro problemi garantiscono ancora pace sociale e diffuso benessere, emanano i loro infidi miasmi contaminanti. Eccoci allora qui, oggi, ebbri dei raggi di luce che questa attesissima, vitale Mostra del Cinema accende lungo dieci giorni di cultura aperta, dialettica, globale, in un orizzonte meticcio di straordinaria fertilità, con tutto il meglio, ma proprio il meglio che la settima arte sa regalarci da ogni dove. Poi però volgiamo lo sguardo ai lati estremi della tela ed eccoci di nuovo risucchiati nel vortice della pericolosa me diocrità, dell’inettitudine irresponsabile, nella vergogna indecente di chi, ruotando attorno al suo inguardabile ombelico, non esita un secondo a mandare all’aria un equilibrio che permetterebbe di godere con fiducia prospettica pacificata quei raggi di sole recuperati dalla cultura e dal lavoro. Eccoci a dover assistere all’inverecondo spettacolo di una classe politica capace di togliere dallo scranno di Palazzo Chigi il migliore rappresentante dei più alti interessi dello Stato che potevamo augurarci di avere, quel signore che purtroppo ci siamo accorti di non meritare, costretti ora a scegliere alle urne non al ribasso, di più. Naturalmente chi ci segue sa da che parte stiamo, ma soprattutto da che par te non possiamo stare, ossia dalla parte di una destra davvero inadeguata, per usare un cortese eufemismo, a guidare un grande Paese nel cuore dell’Europa nel 2022. Gente che non ha problema alcuno a giocare con il fuoco, ad assecondare i peggiori istinti che sempre eruttano vigorosi nei passaggi di crisi, persone da cui guardarsi, sì, perché ciò che esprimono è quanto di più lontano possa esistere dal nostro sapere, dalla nostra cultura, una cultura che tutti dovremmo respirare in ogni angolo di questa meraviglia di stivale immerso nel mare. Insomma, anche al ribasso le scelte sono lì, chiare. A ciascuno il suo atto di respon sabilità. Perché mai come ora il futuro, ebbene sì, non è scritto. E quindi va scritto. Magari ispirati da grandi film. Buona visione e buona…decisione.

In questo numero prevalentemente dedicato alla Mostra del Cinema, al festival della Biennale Musica e alle nuove grandi mostre che inaugurano in questi giorni, potete immergervi comunque nella 56. Biennale Arte grazie al QR Code che trovate qui di seguito di BAG_BiennaleArTheteGuide, la incialieconimperdibilenostraguidatuttiglieventilemostre,uffi-enon,sparsetuttalacittà Giorgione, La Tempesta (particolare), 1502-1503, Gallerie dell’Accademia Venezia

10 FESTIVAL DISTRICT Era ormai da diverso tempo che stavo cercando di capire come instaurare un rapporto con un’istituzione come l’Academy, negli ultimi dieci anni soggetto che si identificava con l’epilogo fortunatissimo di un percorso che moltissimi film insigniti dell’Oscar iniziavano proprio qui a Venezia i ncontri Intervista Alberto Barbera La Biennale di Venezia - Foto ASAC

Since the first edition I curated, in 1999, everything changed. These changes, though, have never been abrupt – it has been a continuous transformation, sometimes undetectable, whose dy namics developed slowly over time. A latent, constant revolution.

The 79th edition of the Venice Film Festival promises to be among the most anticipated of the last twenty years in terms of contents, protagonists, structural innovations. Twenty years strongly marked by the curatorial visions of Alberto Barbera. The fourteenth Festival for Alberto Barbera. Continuity and changes…

Se penso alla Mostra del Cinema di vent’anni fa mi sembra di guar dare davvero ad un’altra era geologica, ma se dovessi soffermarmi sui cambiamenti più significativi avvenuti negli ultimi cinque, sei anni, beh, la sensazione sarebbe di sicuro diversa.

11 di Massimo Bran e Mariachiara Marzari Un bel terno al Lotto sulla ruota di Venezia questo settembre! 79, 90, 14. 79. edizione della Mostra del Cinema a 90 anni esatti dal suo primo atto, la 14esima firmata Alberto Barbera. Insomma, non proprio numeretti, ecco. Dopo un biennio di straordinaria difficoltà ed incertezza, dove tutto si era fatto precario, in bilico, due anni in cui la Mostra ha saputo dimostrare tutta la sua forza, la sua tenacia non saltando neanche una edizione una, dopo questo lungo stato di sospensione in cui il cinema più di ogni altro settore dello spettacolo e della cultura ha visto preoccupantemente messe in discussione le sue consuetudini, le sue grammatiche lavorative, ora, alla vigilia di questa nuova edizione della Mostra in presenza piena senza limitazione alcuna, tutte le componenti che ruotano attorno alla più trasversale delle arti si accingono a vivere dieci giorni di asso luta, febbrile vitalità, di ritorno almeno temporaneo a una brillante normalità. Davvero ossigeno puro per dei polmoni quasi al collasso. Un’edizione che si preannuncia per contenuti, protagonisti pre senti, novità strutturali e di programma tra le più attese degli ultimi vent’anni. Un ventennio segnato fortemente dalle visioni curatoriali di Alberto Barbera. Le edizioni da lei dirette sono oramai ben 13 e con questa alle porte fanno 14. Un percorso lunghissimo che ha lasciato un segno profondo nella storia di una Mostra del Cinema che compie in questo 2022 novant’anni. Quali sono state le più significative tracce di continuità e quali invece gli scarti, i cambiamenti di direzione di questo ventennale viaggio?

Premessa doverosa e perentoria: dalla prima edizione che ho curato nel 1999 è cambiato tutto. Si tratta però di cambiamenti che non si sono mai palesati come ‘salti’ veri e propri, ma piuttosto attraver so trasformazioni continue, sottotraccia, le cui dinamiche si sono sviluppate nel corso delle diverse edizioni. Rivoluzioni latenti ma costanti, lente ma inesorabili. Quando si è passati dal muto al sonoro, quello sì un passaggio repentino ed epocale, c’era piena coscienza di trovarsi di fronte alla rivoluzione copernicana della storia del cinema di ogni tempo e luogo. Oggi assistiamo a balzi in avanti, ritorni all’indietro, conti nue modifiche di percorso e indirizzo di cui spesso si coglie la vera portata solamente a posteriori, ripercorrendo l’album dei ricordi e rovistando nella memoria.

When cinema evolved from silent film to sound, now that was ep ochal, abrupt change. People at the time felt a revolution unfolding before their eyes. Today, we see things slowly creeping forward, sometimes walking backwards, changing route constantly. We all know what changed, of course: new distribution platforms, the hardships in traditional production and distribution networks, all that change in the culture, the industry, the institutions that work with cinema. If we look at the Venice Film Festival, though, its prime meaning hasn’t changed one bit: to make your film known, to test its impact on a sophisticated audience, as naturally is the audience of an international film festival. Our audience is very diverse, too, with hundreds of experts and industry professionals as well as thousands of film aficionados and regular audience who reconstruct what, in the end, will be the larger audience of a film. What also changed at the VFF is our job as a selection committee. We work much harder than we used to. The pandemic influenced the regularity of film releases – in fact, they had been halted for months. Many accumulated and eventually, there was a bunch of movies that hadn’t been distributed yet and were pressing for their theatrical release. I may say I never stopped watching movies over the course of the last year: I am talking about four or five in a day since December. Our job doesn’t end with watching, though. It extends beyond that in maintaining relationships and networks we are accountable for. And then there’s the organiza tion of the Festival. This year, I observed how much stronger is our relationship with producers. On their part, I felt some form of apprehension and worry that felt new to me. Never as much as this year have I been pressured to include some movie or other in the final line-up. There have never been so many movies made in such a short time. It is all about the uncertainty of a situation that depends, in large measure, on production workforce and distribution, who see their vital space threatened by the dramatic changes that affect their world. The Festival at the centre Being in the line-up of the festival means getting the larger public to know your film as well as having a quality label attached to it. It means to be above others, to distinguish oneself. Conversely, the responsibilities of the festival grow just as much, what with the expectations that we must meet, both from the point of view of filmmakers and audience. Today, like never before, we realize how much our ‘yes’ and ‘no’ mean for a movie. Not only in a com mercial sense. Even the most experienced professionals are just as stressed as debutants.

The topics: intimacy, existentialism, families, integration, politics, history, and biopics. We are researchers, we are curious, and we take risks – after all, our job is to pick 23 films out of 2,300. As I was saying, so much

I grandi cambiamenti ad ogni modo li conosciamo tutti: il predominio delle piattaforme, le difficoltà vissute dagli apparati tradizionali di pro duzione e distribuzione, gli stravolgimenti affrontati da tutte le diverse realtà culturali, industriali, istituzionali che nel loro insieme danno corpo all’universo cinema. Materia nota, argomenti conosciuti. Addentrandosi più specificamente nell’universo festival, invece, e più in dettaglio nella nostra amata Mostra del Cinema, perlomeno per quel che riguarda il rapporto della stessa con tutti i soggetti del nostro settore non è cambiato poi moltissimo. Non è venuta meno l’esigenza primaria di partecipazione al festival, il cui senso primo rimane sempre lo stesso, vale a dire quello di far conoscere un film, promuoverne le tematiche e testarne il primo impatto con

12 i ncontri

ALBERTO BARBERA

un pubblico dalle esigenze particolari quale necessariamente è quello che partecipa ad un festival internazionale storico come il nostro. Un pubblico a ben vedere anche assai composito però, composto certamente da centinaia di esperti e di addetti ai lavori, ma al contempo anche da altrettante centinaia, ma direi migliaia, di appassionati e di semplici spettatori che nel loro insieme restituisco no poi uno spaccato credibile di quello che è il pubblico largo della sala commerciale. Le indicazioni che sortiscono dagli esiti di ogni edizione della Mostra si rivelano quindi ancora utili, anticipatrici di quella che sarà la vita futura di un film ben oltre i confini del Festival. Un grosso cambiamento nelle dinamiche interne alla Mostra è di sicuro quello che ha investito negli ultimi due anni il lavoro di noi selezionatori. Si lavora nettamente di più più rispetto a prima. La pandemia ha rappresentato da questo punto di vista uno scarto vero, perché ha fatto saltare la regolarità cadenzata delle uscite, dei calendari, di fatto per mesi praticamente sospesi. Ciò inevitabilmen te ha creato un accumulo, un ingorgo infinito di film non distribuiti e in attesa ansiosa di uscire in sala. Una volta riaperte tutte le sale è scesa sulle nostre teste un’autentica grandinata di pellicole smanio se di essere presentate, viste, promosse. Per essere concreti, prima del 2020 il lavoro di visione dei film iniziava a marzo; da due anni a questa parte già tra novembre e dicembre i film vengono sottoposti alla nostra attenzione ad un ritmo incalzante, a volte davvero difficile da Temposostenere.fa,aseconda del periodo dell’anno in cui un film veniva ultimato, questo veniva mandato a Berlino o a Cannes, o poi ancora a Venezia, in una corrispondenza progressiva tra fine del lavoro e primo festival utile in calendario. Ora quando un film è terminato viene automaticamente proposto in contemporanea a tutti i maggiori festival, a quelli sopracitati così come, che so, a San Sebastián, Locarno, Toronto. Si può dire che io non abbia mai smesso di vedere film nell’ultimo anno: ad un ritmo di 4-5 al giorno da dicembre, quindi con intere giornate che scivolavano via così; in alcuni periodi avrei dovuto vederne 8-10 quotidianamente per smaltire il lavoro accumulato. Insomma, una rincorsa continua. Ovviamente il nostro lavoro non si esaurisce con la visione dei film, ma si estende in una moltiplicazione esponenziale di relazioni, di contatti a cui dover poi rendere conto. Essendoci una montagna di film in più che ci vengono presentati, voi capite bene che, di conseguenza, si moltiplicano le richieste, le sollecitazioni, talvolta le pressioni, perché tutti vorrebbero essere in selezione. C’è poi la corrispondenza telematica quotidiana da assolvere per curare ogni dettaglio dell’organizzazione, che per fortuna ogni anno riusciamo ad arricchire di cose nuove e stimolanti, o di graditissimi ritorni come quello di Venezia Classici quest’anno, dopo che gli scorsi anni abbiamo trasferito la sezione nei cinema in città nei mesi a seguire, e di Venice VR, anch’essa di ritorno al Lido nella fantastica location dell’isola del Lazzaretto Vecchio, quest’anno davvero in una veste rinnovata fin dal nome, Venice Immersive, e potenziata con la grande novità di un nuovo mercato dedicato specificamente a questo Insomma,linguaggio.non ho davvero mai lavorato tanto come quest’anno. Ma sono felice di averlo fatto, perché il fuoco c’è sempre, è vivo e perennemente alimentato. Vi è uno specifico aspetto, un settore, una sezione della Mo stra che è stato più di altri investito in questi anni da radicali cambiamenti? Quest’anno ho potuto riscontrare un fortissimo cambiamento nel rapporto con i produttori; ho percepito da parte loro un’ansia ed un’angoscia che in passato non avvertivo. Mai come quest’anno ho

Uno stato di diffusa incertezza che non sempre andava giustificata, però compresa sì. Non ho mai passato così tanto tempo a risponde re a tutte queste persone, ad ascoltarne le ragioni e a spiegar loro le mie, a motivare le mie scelte e a condividerle con loro. Questo malessere, sia ben chiaro, non è legato ad un cinema in crisi o moribondo: niente di più lontano dalla realtà. Non si è mai prodotto così tanto cinema come in questo periodo. Si tratta di una situazione di incertezza che dipende in larga parte dalle forze produttive e della distribuzione, le quali vedono il proprio spazio vitale minacciato dalle enormi trasformazioni che stanno investendo il loro mondo. Mutazio ni a cui è sempre più difficile dare delle risposte adeguate e vincenti.

13 ricevuto sollecitazioni incalzanti da parte di produttori e distributori per la presenza di loro film in selezione, per fortuna mai sfociate in pressioni vere e proprie, che sarebbero state di difficile e direi sgradevole gestione. Spesso non avevo la possibilità di dare una risposta immediata a queste numerosissime richieste e percepivo di stintamente il logorio mentale che questa incertezza inevitabilmente procurava. Una situazione figlia di un malessere diffuso che ha inve stito frontalmente tutta l’industria del cinema, così come ovviamente tantissime altre. Un sacco di operatori che mi scrivevano a giorni alterni, argomentando i motivi per cui secondo loro il film avrebbe meritato un posto in Mostra… Insomma, un periodo di enorme stress che ha messo a dura prova un settore che aveva già subito un fortissimo contraccolpo dovuto alla pandemia, che ha accelerato prepotentemente la portata rivoluzionaria di cambiamenti epocali nelle logiche di fruizione, e quindi di distribuzione, dei prodotti filmici.

Anche gli autori più navigati e i produttori più sperimentati hanno la stessa ansia di giovani esordienti completamente a digiuno delle dinamiche che connotano la vita di una manifestazione tanto seguita a livello nazionale ed internazionale.

The Academy’s participation at the Venice Film Festival

We have been trying to work so closely with such an institution as the Academy for a long time. Over the last ten years, a connection has been growing between the two, with many films beginning their journey at Venice to later being awarded an Oscar. Last year, a board member followed the several titles screened here at Ven ice and met me to tell me how much they appreciated the Festival –the line-up, the panels… we then decided to make this relationship official. The Academy soon showed interest in understanding how the VFF works internally, and will be presenting their new course of action here at the Festival. Not much about the individual enter prises, but their guidelines for the future. For us, this is obviously an important acknowledgement and the legitimization of a role and a prestige that we earned through the hard work of all involved. Although we work very closely with producers and distributors, we never took the easy way out as a selection committee. I think it all paid out in terms of reputation in the end. We are very clear in our approach and work hard to maintain the Venice Film Festival’s reputation, which is the only way that allows us to keep our head high and not bow to pressure.

cinema has been made lately, both in Italy and abroad. Some times, quality suffered because of it. We should also mention that it was not only the platforms asking for more and more content, but also public policies that sponsored productions. Let’s be clear, here, sometimes films were produced that didn’t really have to be. This pressure upon filmmaking then collided with rising produc tion costs due to the pandemic. Some of the films we picked didn’t suffer from this, and we picked them for that reason. These films took three to five years to make, and we may call them well-round ed and finished, like Iñárritu’s or Baumbach’s latest. Some of the films submitted were rushed, hasted. Those who produced a movie just because, in fear of being pushed out of the market, inev itably made films of dubious quality. This will have medium-term effects, because it will alienate audiences and damage trust and credibility. It will be hard to gain those back. Think of Italian cinema and how hard it was to rise in quality again after the dismal average quality it had in the 1990s. Now, back to this upcoming 79th Venice Film Festival. There are many autobiographical films, or self-inspired, shall we say. There are also many films on paren tal relationships, as if two years of restrictions inspired authors to focus on this theme. These films understand the suffering while showing grown-ups’ inability to do the same. History also has a growing place, as do the stories of different countries at a moment of global instability. We will see and hear different readings, differ ent themes, different identities.

Nel Concorso, ma diremmo, con uno sguardo trasversale, un po’ in tutte le varie sezioni della Mostra, abbiamo notato la persistenza di temi e anche di generi molto attuali, o meglio, che in questo presente connotano fortemente il cinema un po’ di ogni dove. Un genere oggi decisamente assai in voga, e ben presente qui a Venezia, è ad esempio il biopic in tutte le sue diverse sfumature e declinazioni. Vi è poi un accento deciso ai temi intimi, profondamente esistenziali del nostro tempo connessi alle trasformazioni epocali che stiamo oggi attraversando: le sempre più complesse relazioni geni tori/figli, l’integrazione razziale, la frantumazione delle

Cambiamenti che, se possibile, pare abbiano amplificato ancora di più la funzione centrale dei festival come luogo di visibilità, di promozione essenziale del prodotto film. Assolutamente, su questo non c’è ombra di dubbio. Essere nel programma di un festival non vuol dire solamente far conoscere il proprio film al più ampio pubblico possibile, significa garantirsi un label di qualità che permette al tuo lavoro di spiccare sugli altri, di distinguersi. Di pari passo crescono naturalmente anche le respon sabilità di cui un festival viene investito, con aspettative enormi da soddisfare in termini sia di pubblico che di addetti ai lavori: oggi come mai prima d’ora ci rendiamo davvero conto di quale peso rivestano un nostro “sì” o un nostro “no” alla presenza di una data pellicola al Lido. E questo non solo in termini di fortune commerciali.

A wide and open look on the world, and a conspicuous absence The absence of China, safe for a couple entries, is certainly con spicuous. The main reason, aside from the pandemic, is censor ship. It may be sly, underhanded, what have you, but it is strong. Unwanted filmmakers are prevented from obtaining the necessary funds to produce and distribute their work. The Chinese gov ernment puts an inordinate amount of pressure to stop certain directors from working and to prevent what films the do make from being distributed, least of all abroad. However, diverse points of view and new geographies do have space in the Venice Film Festival, and they surprised us for their ability to make amazing productions in places we struggle to even think about being envi ronments conducive to filmmaking. It is with great pleasure that we see governments supporting filmmaking in countries that never employed such policies. Cinema promotes the culture of their territories and is an incredibly powerful cultural vehicle.

L’Academy si è da subito mostrata interessata a capire in concreto e dall’interno le dinamiche di un festival come il nostro, per com prendere ancora meglio i risultati ottenuti in questi anni, desiderosa di entrare in contatto con un universo cinematografico come quello europeo che per forza di cose hanno meno possibilità di frequentare personalmente. Altro aspetto importante per loro sarà la possibi lità di presentare attraverso la ribalta offerta dalla Mostra le linee programmatiche della nuova compagine dirigenziale. Non tanto delle attività specifiche, quanto dei principi che le ispireranno, con il tema dell’inclusione a spiccare di certo su tutti.

ALBERTO BARBERA grammatiche tradizionali delle politiche, la lunga onda della storia con tutti i suoi risvolti sociali e valoriali. Credo che sia una delle missioni del festival quella di affiancare registi dalla diversa natura e disposizione, siano essi noti e attesi oppure emeriti sconosciuti, per fuggire ad un appiattimento che altrimenti snaturerebbe completamente la natura, lo spirito stesso della Mostra. Il nostro deve essere un lavoro di setaccio, un’azione di scoperta e di ricerca curiosa, con tutti i rischi che derivano poi dal dover scegliere 23 film lasciandone fuori altri 2.300. Come già ho avuto occasione di dire durante la conferenza stampa di presenta zione, in questo periodo, e non solo in Italia, si è prodotto tantissimo. E nell’ansia di produrre, spesso è stata la qualità a rimetterci mag giormente. Un’ansia di sicuro motivata dalla richiesta crescente di film, in primis da parte delle piattaforme, ma anche e soprattutto dal fiume di denaro, tra politiche di sostegno pubbliche e provvedimenti di detassazione, che si è riversato nel settore e che ha spinto a produrre film senza che a volte ne valesse davvero la pena, parlia moci chiaro. Un’ansia di girare che ha poi dovuto fare i conti con le difficoltà logistiche legate al lavoro, con l’aumento dei costi di gestio ne per poter lavorare in sicurezza, in chiave anti-pandemica. Certo, abbiamo selezionato film in concorso che non sono stati condizio nati da questa logica infida, che ci hanno impiegato i loro buoni tre, cinque anni per dirsi compiuti a dovere, vedi i nuovi lavori di Iñárritu o Baumbach. Però ci siamo trovati tra le mani troppe opere fatte di fretta, senza cura dei dettagli o anche peggio.

Chi ha girato ‘tanto per girare’, per non uscire dal mercato, ha inevitabilmente realizzato film che soffrono grandemente in termini di qualità. Una situazione, questa, purtroppo gravida di conseguenze anche a medio-lungo termine, perché se una cinematografia perde di qualità perde inevitabilmente spettatori, andando ad incrinare un rapporto di fiducia e credibilità con il pubblico che sarà difficile poi recuperare. Pensiamo a quanto ci ha messo il cinema italiano a risalire dall’abisso qualitativo in cui era sprofondato negli anni ’90, a quanto ci ha messo a recuperare fette di mercato. Non vorrei fare l’uccello del malaugurio, tutt’altro: il mio vuole essere un preoccupa to monito a riflettere su questo stato delle cose fortemente critico. Mi rendo conto che al cospetto di una situazione come questa ci si trovi di fronte a scelte complicate da prendere. Insomma, c’è grande crisi e preoccupazione in giro, finalmente arrivano sostegni veri, quindi la possibilità felice di rimettere migliaia di operatori al lavoro: non puoi non essere tentato di fare tutto e subito fin che ce n’è, fin che dura. E però, ripeto, fretta e ansia sono pessimi ingredienti in termini di visioni prospettiche. Ti portano a guardare solo al qui e ora e quindi a non seminare, a non sedimentare, e la qualità se ne va. Tornando nel merito stretto di questa 79. edizione, è vero, sì, che in Concorso ci sono parecchi film autobiografici o che prendono spun to da racconti autobiografici; come è altrettanto vero che vi sono ancora più film costruiti attorno a un’attenzione molto forte verso il rapporto tra genitori e figli, come se questi due anni di lockdown più o meno intenso avessero costretto gli autori a un fortissimo lavoro di introspezione attorno a questo tema, in particolare a cimentarsi in un confronto forte con le nuove generazioni, che in questi due anni han no sofferto come sappiamo più di tutti. Questi film hanno intercet tato questo disagio ed evidenziato l’incapacità da parte del mondo adulto di comprendere e affrontare il malessere dei più giovani. Anche la storia, è vero, ha uno spazio crescente ed irrinunciabile nel palinsesto del festival, così come le realtà complesse di diversi Paesi in un momento globalmente tanto instabile. Per fortuna, però, anche sotto questo punto di vista non vi è alcun rischio di omogeneità, di appiattimento nel programma che abbiamo costruito, anzi. Sono talmente diverse le letture, i temi, le identità di queste differenti aree del mondo che vengono raccontate che questo rischio non si corre proprio. Un Festival legato mai come in questi ultimi anni alle grandi produzioni oltreoceano. Come è cambiato il Concorso di Venezia da questo punto di vista? Significativa in questo senso la partecipazione ufficiale, istituzionale dell’Academy quest’anno a Venezia, per la prima volta presente in questa forma a quanto ci risulta in un festival, perlomeno qui in Europa. Era ormai da diverso tempo che stavo cercando di capire come in staurare un rapporto con un’istituzione come l’Academy, negli ultimi dieci anni soggetto che si identificava con l’epilogo fortunatissimo di un percorso che moltissimi film insigniti dell’Oscar iniziavano proprio qui a Venezia. Lo scorso anno una componente del board aveva seguito i film al Lido e a fine rassegna ci aveva tenuto ad incontrarmi per farmi sapere quanto avesse apprezzato la Mostra da svariati punti di vista, dalla programmazione in sala a quella dei diversi panel, il tutto in un clima che davvero l’aveva colpita particolarmente. Abbiamo deciso quindi di comune accordo di dare a questo rappor to una veste più ufficiale, lavorando alla cosa fin dall’autunno scorso. Siamo stati poi fortunati con le tempistiche, visto che Bill Kramer, loro nuovo Amministratore Delegato, è stato nominato appena due mesi fa e non ha ancora fatto uscite pubbliche in questa sua nuova veste, cosa che avverrà quindi proprio da noi.

Per noi è ovviamente un riconoscimento importante, la legittimazio

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Young talents are everywhere, even in places that don’t even have cinema theatres. From places that never stepped foot on the red carpet we received works that are amazing for the ability of their directors in mastering the language of images. Also, I’d like to mention Iran, who has a long cinema history and that keeps surprising us with excellent work. In short, there will be much surprise all around.

Jafar Panahi – incarcerated by the Iranian regime – and Kim Ki-duk – who unexpectedly died while completing his latest film. The Estonian producer of Kim’s film has been talking to us about it for two years, then the director died in December 2020 due to COVID. Principal photography had been wrapped and the movie was being edited. Kim Ki-duk, by the way, left precise indications on how he wanted the film to be edited. Financial difficulties de layed work, though fortunately, the film has now been completed and we will be able to show it at the Venice Film Festival. We all thought it was natural to show Kim’s latest film here, since it was Venice that made Kim known to the larger public with The Isle in 2000 and awarded him the Silver Lion for 3-Iron in 2004 and the Golden Lion for Pieta in 2012. About Jafar Panahi – those who saw his film say it is his best in the last several years, the most accomplished and aesthetically im pressive. This is Panahi’s fourth film produced while underground. By the way, this shows clearly the hypocrisy of the Iranian regime, who prevent Panahi to travel outside of Iran while knowing that he is actively making films. These films, in turn, do get out of Iran, and are internationally recognized. Everybody knows, nobody speaks. Only dictatorship can explain that. Due to Panahi’s arrest in July, the situation precipitated. In contrast with earlier arrests and trials that ended with him being sentenced to house arrest, then to a travel ban and to a ban on filmmaking, we have been informed by people who are close to him that Panahi didn’t take a plea deal, and chose to go to trial. This choice means he is willing to openly challenge the regime and will very prob ably result in harsh punishment. The regime has always been aggressive towards him and things don’t look like they’re improv ing. The situation, on a global level, is very worrying. I’m thinking of Turkey, where filmmakers can hardly work if they’re somehow at odds with the regime. See the recent case of Çig˘dem Mater, who has been given an eighteen-year sentence for only thinking of founding sponsorships for the making of a documentary on the 2013 Gezi Park protests. Western countries, too, often fail miser ably in trying to support the value of democracy – censorship is often hidden under the veil of hypocrisy. Italy is no exception.

Italian cinema: looking in, looking out The cases of Pallaoro and Guadagnino show quite well how one can work in an international environment and never let go of their authenticity and identity, never reneging their roots nor their home country. All the while, thanks to their open-mindedness and dis tance from environmental constraints, they make movies that don’t necessarily have to conform to Italian aesthetics. If we didn’t know who made Guadagnino’s Bones and All, we might as well ascribe it to an American director. Bones and All is about a piece of Ameri can history that is less known this side of the ocean. We naturally feel disoriented when we see the backwardness, even the sheer misery of the very heart of this country, the Midwest, which has so little in common with the coasts. The same, in a way, may be said of Andrea Pallaoro, who left Italy as a young man to move to America and work with American crews, the only exception being his Han nah of 2017, which passed at Venice in 2017 and earned Charlotte Rampling the Volpi Award. Much like Guadagnino, Pallaoro

ne di un ruolo e l’affermazione di un prestigio che abbiamo conqui stato grazie al duro lavoro di tutti. Una straordinaria opportunità di vedere i nostri sforzi ufficialmente premiati e valorizzati dalla massi ma istituzione cinematografica americana. Io credo che venga sempre più apprezzato nel mondo e nel tempo, anche da queste storiche istituzioni, il nostro modo di intendere e di vivere il nostro ruolo nella maniera più indipendente possibile.

Quest’anno spicca l’assenza delle cinematografie dell’estremo oriente. Non manca però il solito sguardo aperto sul mondo, sui vari angoli dei continenti. Quali sorprese dob biamo attenderci da film o da registi provenienti da Paesi “altri”? Quali sguardi alternativi offrono? L’assenza, a parte un paio di eccezioni, della Cina spicca di sicuro. La motivazione principale, oltre a quella rilevantissima della crisi pandemica, è da ricercarsi nella censura subdola, sotterranea, ma comunque molto forte, che sta investendo il settore cinematografico di quel Paese. Un contesto in cui autori sgraditi vengono totalmente esclusi dalla possibilità di ricevere sostegno adeguato per produrre e distribuire i propri lavori. Una pressione fortissima che il governo cinese sta portando avanti per fare in modo che alcuni registi non possano lavorare o che film ultimati non possano essere distribuiti, men che meno all’estero. Ciò detto, gli sguardi alternativi e le nuove geografie coinvolte in Mostra ci hanno sorpreso per la capacità di far nascere lavori asso lutamente meritevoli anche in realtà in cui non si capisce bene come sia possibile anche solo pensare di poter lavorare. C’è da dire che, finalmente!, si comincia a registrare una crescente e forte attenzione, con relativi sostegni in termini economici, verso la produzione filmica da parte di governi che prima d’ora non si erano dedicati affatto, o ben poco, alla cura del comparto cinematografico, settore di cui ora comprendono l’importanza in termini di valorizzazione e promozione della cultura dei territori che si trovano a governare. Insomma, ca piscono oggi quanto il cinema sia un veicolo straordinario in questa Cidirezione.sonogiovani talenti che sbocciano ovunque, in realtà in cui magari i cinema nemmeno esistono. Da luoghi praticamente inediti nei grandi festival abbiamo ricevuto lavori che ci hanno sorpreso per la dimestichezza dimostrata da registi e attori nel padroneggiare il linguaggio delle immagini. Ci sono poi anche, invece, felici conferme come quella dell’Iran, che naturalmente non è accostabile in alcun modo a queste nuove cinematografie alla luce della straordinaria sto ria cinematografica che lo contraddistingue, da cui abbiamo ricevuto quest’anno una marea di film, alcuni di buona qualità. Di sorprese, siamo sicuri, ce ne saranno molte.

Il fatto che, pur instaurando ottimi rapporti con piattaforme e case di produzione, non abbiamo mai accettato di scendere a compromessi di vera sostanza in fase di scelta, di selezione dei film, credo abbia pagato e paghi tantissimo in termini di reputazione. Che il film ci venga proposto o che parta da noi la richiesta di poterlo visionare, siamo noi a decidere se prenderlo o meno nel nostro festival. Anche quest’anno abbiamo detto “no” in più di un’occasione anche a nomi e compagnie di prima rilevanza. È proprio questo approccio chiaro e netto che permette di mantenere forte e alta la credibilità della manifestazione e dell’istituzione, unica condizione che ti permette di sottrarti a pressioni ingiustificate e ingestibili.

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Per quel che riguarda invece Jafar Panahi, il film presentato in Con corso a Venezia, che per tutti coloro i quali hanno già avuto modo di vederlo è il miglior lavoro tra quelli da lui girati negli ultimi anni, il più compiuto ed esteticamente impressionante, è ormai il quarto che il regista realizza in condizioni di clandestinità. Una clandestinità che è anche espressione della rodatissima ipocrisia del regime iraniano, che naturalmente non può non sapere che un autore come Panahi, al quale da anni viene negata la possibilità di uscire dal Paese dan dogli però la possibilità di muoversi nel Paese stesso, sta girando “nascostamente” dei film. Film che poi trovano il modo di uscire dall’Iran nonostante per il regista ci sia il divieto di lavorare, oltretutto ricevendo in diversi contesti internazionali il giusto riconoscimento.

ALBERTO BARBERA

Un rapporto sottilissimo in cui tutti sanno e nessuno dice, una stor tura che solo l’insensatezza di una dittatura riesce a spiegare. Ora, con il suo arresto a luglio di quest’anno, la situazione è però precipitata, anche perché a differenza degli arresti precedenti, in base alle informazioni che riceviamo da persone a lui vicine, il regista ha accettato di sottoporsi ad un processo non patteggiando le pene come in passato, quando era stato condannato a diversi anni di arresti domiciliari, poi al divieto di uscire dal Paese e di realizzare film. La scelta di affrontare il processo, quindi di sfidare a viso aperto il regime senza prestarsi a subdoli compromessi, lo porterà quasi si curamente all’obbligo di rispettare una condanna di cui tutti abbiamo paura, visto l’accanimento che il regime ha sempre dimostrato nei suoi confronti e che ora si accrescerà ancora di più, dato il sottrarsi dell’autore a scendere a patti con l’assurdo.

La situazione a livello globale, per quanto riguarda censura e persecuzione, mi preoccupa moltissimo, sempre di più. Penso alla Turchia, dove è praticamente impossibile lavorare in questo settore se si è in qualche maniera invisi al regime, vedi il caso recentissi mo della giornalista e produttrice Cigdem Mater, condannata a 18 anni di prigione per aver solo ipotizzato di voler trovare fondi per la realizzazione di un documentario sulle proteste di Gezi Park del 2013. E spesso anche non pochi Paesi occidentali, che si profes sano campioni di democrazia, falliscono miseramente la messa in pratica di questi valori con scelte che vanno in direzione di censure pazzesche, inaccettabili, occultate dall’ipocrisia. L’Italia, in questo senso, non fa eccezione. Volendo un po’ semplificare, perché naturalmente poi il delta delle proposte qui in Mostra è assai più ramificato, il cinema italiano quest’anno a Venezia sembra presentarsi con due sguardi, con due approcci estetici e produttivi assai distin ti: da un lato la continuità autoriale di cineasti che hanno costruito la loro storia, i loro percorsi nel solco della grande tradizione del nostro cinema, chi più innovando chi meno, vedi i vari Amelio, Virzì, Crialese o Rosi, dall’altro autori i cui lavori nascono, sono caratterizzati a monte da uno sguardo, da visioni decisamente più internazionali, su tutti Guadagni no e Pallaoro. Cosa differenzia gli uni dagli altri nell’approc cio al fare cinema, nell’osservazione della realtà, della vita da restituire visivamente e come nel loro composito insieme contribuiscono a definire il quadro contemporaneo del no stro cinema? I casi di Pallaoro e Guadagnino credo rappresentino la migliore dimostrazione di come si possa lavorare in uno scenario internazio nale senza perdere la propria identità più autentica, senza snaturare le radici di collegamento con la propria cultura, con la propria terra di provenienza. Né Pallaoro e né tantomeno Guadagnino hanno rinunciato a nulla della propria personalità, pur vivendo o lavorando in ambito statunitense. Allo stesso tempo grazie alla loro condizio ne mentalmente aperta, libera da troppi condizionamenti per così dire d’ambiente, fanno film assolutamente non vincolati all’estetica italiana. Se non sapessimo che il film di Guadagnino è di Guadagni ncontri

A tutti è sembrato logico far vedere il suo ultimo lavoro a Venezia, festival che ha fatto scoprire Kim Ki-duk con L’isola nel 2000 e che lo ha premiato per ben due volte: nel 2004 con il Premio Speciale della giuria a Ferro 3 e nel 2012 con il Leone d’Oro a Pietà Abbiamo scoperto, se mai ce ne fosse stato bisogno, di come e quanto Kim Ki-duk abbia in questi anni goduto di una platea di affe zionati che non si è mai ridotta, neanche quando nel 2018 il regista ha vissuto vicissitudini personali assai complicate, con le accuse mossegli di molestie sessuali e metodi lavorativi brutali che lo hanno costretto ad emigrare in Tagikistan per girare il film e successiva mente in Estonia.

Sono due anni che il produttore estone del film di Kim Ki-duk, tra l’altro lui stesso anche attivo come regista, ci parlava del progetto di portare a compimento il film che il regista sudcoreano aveva lasciato incompiuto dopo la morte avvenuta nel dicembre 2020 per complicazioni legate al Covid-19. Il film era stato girato tutto, si stava procedendo al montaggio per il quale tra l’altro Kim Ki-duk aveva lasciato indicazioni molto precise. Le grandissime difficoltà causate dalla pandemia, con la consegue ardua ricerca di sostegni economici, hanno ritardato la fine del lavoro, originariamente prevista per l’anno scorso. Per fortuna il film è stato finito in tempo utile per la Mostra, cosa che purtroppo non si può dire di un documentario a cui sta lavorando questo stesso regista estone su Kim Ki-duk, basato sul contributo di registi, sceneggiatori e produttori che hanno lavorato negli ultimi vent’anni a fianco del grande autore sudcoreano.

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A questo proposito volevamo qui indagare il percorso che ha portato a Venezia gli ultimi lavori di due straordinari autori quali Jafar Panahi e Kim Ki-duk, il primo incarcerato dal regime iraniano, il secondo morto improvvisamente poco prima di ultimare il suo ultimo lavoro che qui presenterete.

The Golden Lion to Paul Schrader

Orizzonti and Orizzonti Extra

Catherine Deneuve There’s one icon that has it all: auteur cinema from the Nouvelle Vague onwards, fashion, and ideal beauty and elegance: Cathe rine Deneuve – no one else.

Orizzonti is by no means a second-rank programme. Last year, I offered French director Jean-Paul Salomé to place his La Syn dacaliste, starring Isabelle Huppert, in Orizzonti. We are talking of France’s greatest actress and one of the world’s greatest… In Orizzonti, we like to shake things up a bit. There will be films by established directors like Pippo Mezzapesa (Ti mangio il cuore) and debut films, which will of course benefit by proximity. The opening movie, this year, will be Princess by Roberto De Paolis, who has a very personal approach to filmmaking – half fairy tale, half documentary. He spent two years with Nigerian sex workers to gain their trust. Among them, he found his protagonist, a natu ral-born actress. The movie would have been at home even in the main competition, but Orizzonti fits quite right, as well.

Venice Immersive – what’s new? The section grew even bigger – physically, too. It will take up every building in the Lazzaretto Vecchio island, with one section devoted to the VR market, which is a new addition. It all takes place on the island, over 2500 square metres housing impressive interactive installations. Since the Venice Film Festival is the only great film festival with a section expressly dedicated to this pro duction technique, it is a reference for everyone who is interested in it: filmmakers, technology enthusiasts… and it shows the VFF’s ability to grow in all directions.

17 no potremmo tranquillamente attribuirlo ad un regista americano, o comunque straniero. Il film, tra i suoi più riusciti, parla tra l’altro di un’America storicamente da noi poco conosciuta, abituati come siamo a identificare gli Stati Uniti con New York, Miami, Los Angeles o Chicago; ci troviamo quindi assolutamente disorientati quando entriamo in contatto con l’arretratezza, la povertà assoluta addirittura che caratterizza il cuore profondo di questo Paese-Continente, quel Midwest che con l’easte la west-coast non ha proprio nulla cui spartire. Si tratta davvero del suo film più compiuto, vedrete. Ora sta già girando un suo nuovo lungometraggio con la Metro Goldwin-Mayer, scelto tra altri due, tre progetti che gli sono stati offerti sempre dal mercato americano. Il suo status internazionale è pieno, totale. Spero che questo film serva finalmente a far crollare quelle barriere che spesso vengono erette qui da noi quando si parla del suo lavoro da un ambiente talvolta assai provinciale. Paga di sicuro in Italia il coraggio che lo contraddistingue di dire sempre quello che pensa, senza paura delle reazioni che andrà a suscitare. Diciamo che non gli piace dare del tu alla diplomazia, ecco. Per queste ragioni il suo lavoro è sempre stato sottovalutato, non apprezzato a dovere per quello che in realtà vale. Spero quindi davvero che il film possa invertire questa tendenza. Credo sinceramente ci sia molto da imparare da questa sua capa cità quasi naturale di sapersi muovere in estrema libertà senza mai rinunciare a un’unghia della propria indipendenza. Lo stesso, per certi versi, si potrebbe dire di Andrea Pallaoro, che giovanissimo ha lasciato il nostro Paese per andare a vivere e a lavo rare negli Stati Uniti con attori americani, con l’eccezione di Hannah, presentato a Venezia nel 2017 e che è valso a Charlotte Rampling la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile. Esattamente come Guadagnino, Pallaoro non si pone nemmeno il problema di cosa voglia dire realizzare un film all’estero con un cast di attori inter nazionali; per lui è una condizione normale, logica. Questa positiva, risolta disinvoltura lo porta a lavorare in qualsiasi contesto cinemato grafico con una naturalezza, un’autenticità che gli consentono di non doversi mai snaturare neanche di una virgola nell’atto di intraprende re progetti anche assai diversi tra loro. Sull’altro fronte, quello diciamo così più italiano-italiano, al di là delle criticità di cui abbiamo parlato in precedenza circa la bulimia sees making a film abroad with an international cast a normal, logical condition. This naturality and authenticity allow him to nev er lose his nature, whatever the project he works on may be.

It’s great to see how much these sections grew in such a short time. My intention was never for them to be a self-referencing, niche programme of movies – nothing of the sort. To be sure, Orizzonti is a space that is less constrained by the canons of a great film festival: it is more open and free, and that’s the reason why it is also the most inclusive section and why it can grow in any direction.

An all-around great author, whose stories made the history of cinema. Schrader made movies that changed the world, just think of what American Giogolo meant when it came out. He works on controversial films that never look for appeasement. As a director, part of his story is here in Venice, and we felt we had a duty to celebrate it.

On the other front, the more closely Italian one, we were able to pick excellent films, no matter the overproduction which we dis cussed earlier. Amelio’s Il signore delle formiche is his best movie in the last twenty years. There are several other strong, emotional films, too. I’d like to mention Susanna Nicchiarelli, whose Chiara adds another piece to her strong, personal artistic itinerary in terms of language, aesthetics, content, as she rediscovers femi nine figures who, for different reasons, ended up being cancelled from history.

Julianne Moore

An extraordinary actress who worked with some of the most belov ed and celebrated directors of modern cinema. A person of charm, intelligence, and curiosity, she is deeply in love with cinema. She quickly got involved and was passionate about her role as jury president. I know she will be great at it.

18 COOKING THE WORLD SUBODH GUPTAFollow The Art PathMITICO Hotel Cipriani presents an artistic immersion with Galleria Continua curated by Belmond with Hervé Mikaeloff To book your experience please visit www.belmond.com/cipriani in the gardens of CIPRIANI , a Belmond Hotel, Venice

i ncontri

Credeva già quando le progettò queste sezioni che sarebbero cresciute così velocemente? Ci speravo di certo. La mia intenzione era tutt’altro che quella di costruire un contenitore di nicchia autoreferenziale, al servizio esclusivo di cinefili accaniti o di appassionati alla ricerca delle ultime sperimentazioni. Naturalmente è stata concepita come uno spazio meno condizionato dai canoni di un grande festival, più libero, aper to. E proprio questo ha permesso alla sezione di essere inclusiva, crescendo ai bordi di più confini. Quando abbiamo deciso di far na scere Orizzonti, l’ambizione era quella di allestire due Concorsi che fossero due facce della stessa medaglia. In alcune occasioni è stato complicato convincere il regista affermato a collocarsi in quella che veniva a torto considerata una serie B della rassegna, soprattutto nei primi anni. Ma poi, progressivamente, questa diffidenza si è sbricio lata alla luce dei risultati che la sezione è stata capace di conseguire, dimostrando di potersi saldamente reggere sulle proprie gambe, anzi, di essere caratterizzata da un dinamismo capace di accogliere al proprio interno le opere più disparate. Direi che è precisamente questa la sua cifra identitaria prima. Quando quest’anno ho deciso di proporre la collocazione in Orizzonti al regista francese Jean-Paul Salomé e al suo La Syndacaliste con Isabelle Huppert, beh, vi confesso che, nonostante sia ormai da anni più che consapevole della crescita di questa sezione, le gambe mi tremavano un po’. Insomma, stiamo parlando della massima attrice francese, una delle più importanti del mondo, che solitamente se non le inserisci in Concorso vanno altrove. Ebbene, nel giro di neanche mezza giornata ho ricevuto da loro una chiamata in cui entrambi mi ringraziavano dell’opportunità che la Mostra gli offriva. Direi che non serve aggiungere altro circa lo status raggiunto da Orizzonti, vero?

Un autore a tutto tondo, capace di regalarci sceneggiature rimaste indelebili nella storia del cinema. Ha realizzato alcuni film a dir poco epocali, basti pensare che cosa ha rappresentato American Gigolò all’epoca della sua uscita. Un autore che continua a lavorare e a confezionare film provocatori, mai concilianti. Un regista che ha avuto una storia, un percorso im portante anche qui da noi, alla Mostra del Cinema e che ci sembrava quindi doveroso celebrare.

La Virtual Reality, quest’anno Venice Immersive, sta guadagnando un suo spazio sempre più definito nell’economia complessiva della Mostra. In più quest’anno, dopo due anni di ‘esilio’ forzato, ritorna di nuovo al Lido. Quali novità dobbiamo attenderci e quale lo stato di salute di questa nuova frontiera visiva? Una sezione che ritorna finalmente al Lido, sì, accresciuta negli spazi e nei temi. Quest’anno occuperemo tutte le tese del Lazzaretto Vec chio, con una parte interamente dedicata al mercato della VR, che è la vera, grande novità dell’edizione. Tutto svolto sull’isola.

La Leonessa: Catherine Deneuve

Il Leone: Paul Schrader

Un’attrice straordinaria, che ha lavorato con alcuni dei registi più amati e celebrati del cinema moderno. Una persona dal grande fa scino e dall’intelligenza vivace, curiosa e profondamente innamorata del cinema. Si è fatta coinvolgere e appassionare da subito nel ruolo che la abbiamo chiamata a rivestire. Sono sicuro che sarà un’ottima Presidente di giuria.

Oltre 2500 metri quadri saranno occupati da installazioni interattive davvero impressionanti e sempre come minimo interessanti. Essen do l’unico grande festival con un Concorso espressamente dedicato a questa tecnica di produzione, ci confermiamo punto di riferimento per tutti gli addetti ai lavori del settore e per tutti quei soggetti inte ressati non solo agli sviluppi tecnologici di questo nuovo linguaggio, ma anche e soprattutto alle possibilità estetiche, contenutistiche che esso sa offrire oggi. È in questa direzione che la sezione regalerà le sue migliori sorprese, dimostrando di stare vivendo un percorso di crescita a 360 gradi.

ALBERTO BARBERA

Se esiste un’icona moderna capace di racchiudere nella propria fisionomia il cinema d’autore dalla Nouvelle Vague in poi, la moda e l’ideale di bellezza e di eleganza, questa è solo ed unicamente lei: Catherine Deneuve.

19 produttiva a discapito della qualità che ha caratterizzato la produ zione della nostra industria cinematografica in questo ultimo biennio, siamo riusciti a selezionare in Concorso comunque ottimi lavori. Per quanto riguarda Amelio, secondo me con Il signore delle formiche siamo in presenza del suo film più bello degli ultimi vent’anni. Ma anche gli altri hanno realizzato opere forti e coinvolgenti. Mi piace segnalare su tutti Susanna Nicchiarelli, che con Chiara aggiunge un altro solido tassello a quel suo percorso forte e personale, sia in ter mini di linguaggio, di estetica, che di contenuti narrativi, verso quella tesa e vitale riscoperta delle figure femminili che per diversi motivi sono state cancellate dalla storia nel corso dei secoli. La forza di questi film nel loro articolato insieme sta nel fatto che nel la loro talvolta anche profonda difformità di esiti riescono a restituire al meglio la cifra autoriale del nostro cinema, in particolare quella capace di non farsi imbrigliare e condizionare pesantemente dai talvolta soffocanti schemi della nostra tradizione. Un dato, questo, assai più vivo, accentuato qui a Venezia rispetto agli anni precedenti Orizzonti ed Orizzonti Extra si confermano sezioni ricercate e sempre più ambite oramai anche da registi affermati sulla scena internazionale, con quel confine a dividerle dal Concorso che si fa sempre più sottile, quasi impalpabile.

Si conferma una sezione in cui si mescolano volentieri le carte, in cui a opere di registi più conosciuti come Pippo Mezzapesa, qui con Ti mangio il cuore con protagonista attesissima Elodie, si affiancano lavori di registi esordienti, che naturalmente guadagnano luce dallo stare a fianco ad autori già affermati. Giovani che magari l’anno pros simo o quello dopo avranno l’opportunità, grazie a questo importan te passaggio, di tornare a Venezia, magari proprio in Concorso.

Il film di apertura quest’anno sarà Princess di Roberto De Paolis, una bellissima conferma per un grande talento che con il suo primo la voro, Cuori puri, era già stato selezionato per la Quinzaine des Réa lisateurs nel 2017. Un regista che lavora con un approccio persona lissimo, in equilibrio tra fiaba e documentario, e che per realizzare il film ha passato due anni interi con queste prostitute nigeriane per guadagnare la loro fiducia, scovando tra loro poi una protagonista che ha modi da attrice navigata. Un film che poteva tranquillamente essere selezionato per il Concorso, ma che qui sta benissimo.

La Presidente: Julianne Moore

90 anni di Mostra del Cinema raccontata, perché anche di un irre sistibile, avvincente racconto si tratta, dal massimo storico italiano del cinema. Un’impresa tra l’enciclopedico e la dimensione da saga, connotata da un profondo lavoro documentale, archivistico e da una emozionante, personale ricognizione della memoria. Gian Piero Brunetta ci ha consegnato un corposissimo volume necessario, emozionante, potente. Come potente e unica è la straordinaria epopea del primo festival della storia del cinema. Abbiamo voluto ripercorrere questo lungo, quasi secolare viaggio proprio a fianco di chi questa rotta eccitante l’ha disegnata con visionario acume e puntuale definizione. C’è un’immagine molto bella in cui lei accosta l’approccio adottato nell’affrontare questo lavoro enciclopedico come critico della storia del cinema a quello che ha caratterizzato il lavoro per la realizzazione degli imponenti teleri ciclici dei grandi maestri del Rinascimento veneziano. Come va letta questa intrigante connessione, questa ispirazione? È un’immagine che ad alcuni potrà sembrare forse eccessiva, ma che esprime al meglio lo stato d’animo che mi ha accompagnato nella stesura del libro. Nelle fasi iniziali del lavoro, quando persisteva un piacevole stato confusionale su come raccontare questa storia, immaginavo una narrazione compatta capace di tenere conto dei diversi elementi individuali, del loro continuo movimento, in uno sce nario in cui ogni singola traccia avesse una vita propria, autonoma e allo stesso tempo funzionale a quella degli altri elementi in gioco. In questo flusso di pensieri si è inserito l’amato Tintoretto e il suo modo impareggiabile di raccontare, nella Scuola Grande di San Rocco così come a Palazzo Ducale, queste grandi storie in cui il dialogo tra particolare e collettivo è costante e fondamentale, con centinaia di personaggi e colori magistralmente connessi. Non è del resto un caso che il Tintoretto sia stato più volte definito il primo regista cinematografico della storia… Da veneziano mi sono insomma lasciato andare a questo paralleli smo; magari forse un po’ eccessivo, ripeto, ma germinale per me. In questo lungo viaggio attraverso quasi un secolo di “cine ma in festival” storia e cronaca si intrecciano felicemente integrandosi. Ogni capitolo è un’avventura attraverso le tematiche aperte e le particolarità stringenti di ogni singola edizione. Seguendo questo registro la Mostra viene vista come luogo in cui la storia del Paese, quella di Venezia come comunità, quella del cinema e quella, più peculiarmente, della Biennale si intersecano in maniera fitta e continua in un reticolo restituito in maniera felicemente narrativa. Ha centrato in pieno lo spirito e la particolarità di quello che volevo comunicare attraverso questo lavoro. La difficoltà era proprio questa: legare e snodare i grandi temi della cultura contemporanea nella sua declinazione visiva, filmica, con la storia del Paese a fare ovviamente da sostrato costante, senza che il risultato fosse pesante o che si perdesse in una sorta di squilibrio narrativo. Ho cercato di fare in modo che ogni ricognizione su ogni singola edizione fosse leggibile e comprensibile come racconto in sé. Una sorta de “Le 1.300 notti della Mostra di Venezia”, ecco. All’inizio mi sono accostato al lavoro come storico, visto che gli anni ’30 li conosco bene in questa veste, ma poi mi è stato fatto nota re che avrei dovuto mettere dentro un po’ più di “me”. Ho iniziato quindi ad entrare nel corpo della narrazione con una disposizione più personale, in maniera leggera ma costante, raccontando i film rivolgendomi in primo luogo a chi non li avesse ancora visti o non ne conoscesse le trame, documentando come li avessero percepiti critica e pubblico del tempo, misurando il loro impatto, insomma. Ho inventato così questo racconto partendo dalla convinzione che alcune tracce dovessero rimanere ‘ferme’, nozioni legate ad infor mazioni pure e semplici, ma che la loro distribuzione dovesse essere equilibrata con elementi che non rendessero il corpus del testo noio so. Ogni capitolo doveva avere la propria peculiare e irripetibile speci ficità in un continuo dialogo tra singola edizione e storia collettiva.

Febbre a 90 Intervista Gian Piero Brunetta © La Biennale

Un intento, il suo, portato a termine nel migliore dei modi, con capitoli che presentano una struttura schematica ca pace di ripetersi efficacemente lungo tutto l’arco dell’opera: un’iniziale panoramica sulla storia del Paese, il passaggio poi ai problemi specifici di quel determinato anno e chiusura con la critica dei singoli film. In quest’ultimo passaggio ho cercato di farmi guidare dai critici che più ho amato e che più mi hanno formato. Anche loro inseriti a pieno titolo nel meccanismo narrativo, per renderlo più completo e comprensibile.

La Mostra nasce nel 1932 come “Esposizione Internazionale d’arte cinematografica alla 18. Biennale”. Da questa affer mazione ricaviamo due concetti fondamentali: il cinema è un’arte; la Mostra del Cinema è un’emanazione diretta di Venezia -

foto ASAC

20 i ncontri LA MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA 1932-2022

La visione del Conte Giuseppe Volpi di Misurata di realizzare la Mostra del Cinema di Venezia al Lido, quasi a volerla rendere riflesso di un’altra visione, quella industriale legata a Porto Marghera. Come secondo lei deve essere collocata sul piano storico questa visione, soprattutto se relazionata alla nascita successiva di Cannes, formalmente nel 1939, poi spostata nel 1946 per lo scoppio del conflitto mondiale, e di altri importanti festival nati anch’essi nel dopoguerra? Deve essere collocata all’interno di un’altra grande visione che la contiene, ossia quella che Volpi aveva di una “Grande Venezia”, città che non vive di ricordi e non muore mai, proiettandosi verso un futu ro che la doveva vedere eterna Regina dell’Adriatico. In quest’ottica, perciò, il Lido andava sviluppato e valorizzato al meglio. Negli anni ’20 vi si svolgevano già diverse manifestazioni che richiamavano l’attenzione della grande élite turistica mondiale; Volpi accoglie questa idea di inserire il cinema nel circuito della Biennale proprio perché convinto che il Lido abbia le potenzialità per farsi fulcro di questa nuova, ambiziosa avventura. Il fatto, poi, che l’Hotel Excelsior fosse stato scelto da questa stessa élite turistica come meta delle proprie vacanze costituiva di sicuro un elemento che spingeva ulteriormente verso questa direzione.

21 della Biennale. Due concetti che Venezia ha sempre dovuto difendere sul campo e che sono stati ricorrentemente problematici, pensiamo al rapporto tra cinema d’autore e cinema commerciale o a quello che lei descrive come il tentativo dell’autorità centrale di togliere la Mostra a Venezia e alla Biennale per portarla altrove e trasformarla in struttura di governo, soprattutto negli anni delle direzioni di Zorzi e Petrucci. Quanto questi tratti originari hanno contribuito a definire l’identità profonda del festival? Si tratta di due concetti in qualche modo identitari, legati indis solubilmente all’idea fondativa stessa della Mostra del Cinema di Venezia. Due tratti che la distinguono fin dalla sua nascita e che la distingueranno nei decenni successivi da tutti gli altri festival nati dopo, che ne seguiranno inevitabilmente il modello. La Mostra ha da sempre rivendicato il ruolo cruciale dell’arte nell’e sposizione dei film, stella polare nella ricerca di un qualcosa che le consentisse di essere assimilata proprio alla Biennale Arte. Si tratta di un elemento che nessun’altro festival al mondo può vantare nel proprio pedigree, punto di forza che ne ha garantito la sopravvivenza nei momenti più difficili, come vedremo non sporadici, del suo lungo Allecammino.spalle della Mostra c’è sempre stata la Biennale, quindi, c’è sempre stata Venezia. Nella Mostra, di riflesso, c’è sempre stata la voglia e l’orgoglio di rivendicare questa ricerca di cifra artistica anche quando è stato necessario fare compromessi con il cinema popo lare, anche quando non era possibile scegliere i film perché questi venivano imposti dalle singole nazioni e allora si cercava ‘almeno’ di avere i nomi dei grandi registi, degli autori alti.

Come viene già dai suoi primi passi, in modo più o meno consapevole, espressa la doppia matrice che ancora oggi caratterizza la Mostra, ossia la necessità di mettere in risalto la cifra eminentemente artistica del cinema e la tensione ad evidenziare la sua veste puramente glam, cruciale per farne una vetrina internazionale dal fascino cosmopolita? Si tratta di due grandi poli che vengono alimentati fin dalla nascita della Mostra, anche se nel ’32 non si riesce ad avere in presenza le grandi dive d’oltreoceano per ragioni dettate dagli elevati costi e dai tempi degli spostamenti. Si trattava di una manifestazione che doveva ancora guadagnarsi una vera e propria auctoritas, che farà propria però prepotentemente sin dalla sua seconda edizione, già percepita dagli addetti ai lavori come appuntamento al quale non dover manca re. Ai produttori viene infatti chiesto di far arrivare in laguna oltre alle pellicole, anche gli interpreti delle stesse, così da accendere di con seguenza la mobilitazione della città affinché queste nuove divinità laiche venissero accolte nel modo più sfarzoso ed eclatante possibile.

Saranno ovviamente gli americani a spadroneggiare in questa dire zione, ma anche gli europei non si sottrassero, anzi! Tra le decine e decine di vari episodi, di aneddoti per così dire mediatici di quelle primissime edizioni, come non ricordare a riguardo l’austriaca Hedy Lamarr, protagonista del topless scandaloso in Estasi di Gustav Ma chatý, capace di esaltare il lato più mondano della kermesse lidense destinato già da allora a diventare elemento fortemente connotante del Dall’altrofestival.lato poi la creazione del Concorso contribuirà in maniera decisiva ad elevare l’attenzione verso la qualità delle pellicole da selezionare. Un Concorso i cui premi saranno immediatamente am bitissimi internazionalmente, il che attirerà l’attenzione del Fascismo sulle strabilianti potenzialità del mezzo cinematografico, facendolo immediatamente smanioso di condividere e, soprattutto, di con trollare questa sfavillante ribalta.

Nasceranno poi altre manifestazioni con cui Venezia si interfaccerà, senza mai vedere ridimensionata quell’aura di sacralità laica che assume con naturalezza sin dalla sua prima edizione. Insomma, ci si accorgerà presto come al Lido stia nascendo qualco sa che prima non c’era, legittimando anche e soprattutto l’impor tanza del mezzo cinematografico nella vita sociale italiana e nella diplomazia culturale del Novecento a livello internazionale.

Cannes vorrebbe nascere nel ’39 come alternativa ad una Mostra del Cinema che già nel ’38 si era molto politicizzata, ma la cosa non va in porto proprio per l’entrata in guerra della Francia in quegli stes si mesi, che costringerà gli organizzatori ovviamente ad attendere la fine del secondo conflitto mondiale costringendoli, giocoforza, ad una partenza lenta, che permetterà a Venezia di rimettersi in piedi e ricominciare a camminare trattando con maggior voce in capitolo le condizioni della spartizione del mercato cinematografico dell’epoca.

Sono convinto che molte delle vicissitudini vissute dalla Mostra siano riflesso conseguente e speculare delle peripezie che hanno attraver sato la storia del nostro Paese, secondo l’intreccio cui abbiamo fatto riferimento sin dall’inizio delle nostre riflessioni. Aspetto, questo, che dal ’68 in poi credo si faccia platealmente palese.

al ’68 appare viceversa particolarmente difficile per l’avvento di un nuovo Statuto che avrebbe voluto farsi molto meno vincolante di quello elaborato trent’anni prima, ma che in realtà di vincoli ne riserverà addirittura di più sotto certi aspetti, con l’attività dei Direttori dei diversi settori della Biennale strettamen te dipendente dal parere di 19 membri del gruppo direttivo dell’ente culturale, aventi voce in capitolo e potere di influenza molto forti sull’operato curatoriale dei Direttori stessi. I governi che si sono poi succeduti negli anni a seguire non hanno guardato con simpatia costante alla Mostra, traducendo questo atteggiamento ambiguo in un flusso irregolare di sovvenzioni che non hanno permesso una programmazione a lungo termine. Una disposizione che condizionerà fortemente per almeno un altro ven tennio le sorti della Mostra, fino agli anni ’80-’90, con direttori capaci di allestire edizioni che avranno, detto davvero senza esagerazioni, del miracoloso se rapportate ai fondi a disposizione.

Nel suo libro ricorre più volte il concetto di “macerie”, con un accento particolare su due momenti storici a dir poco cruciali: il 1969, quando il Direttore di allora Ernesto Guido Laura dovette fare i conti con la caduta a picco del festival derivata dalla contestazione dell’anno precedente, allorché l’obbiettivo diverrà la pura e semplice sopravvivenza; le macerie non solo cinematografiche del dopoguerra, quando in qualità di Direttore ad interim fu designato Elio Zorzi. Che parallelo potremmo delineare tra questi due scenari? Ci sono state altre occasioni in cui la Biennale ha dovuto fare i conti con il concetto di “maceria”? Se ne potrebbero individuare certamente altre. Penso ad esempio al ’74, altra annata in cui la Mostra deve lottare per la sopravvivenza. Ritornando indietro di decenni, va detto che il dopoguerra veneziano vive l’inevitabile, profonda criticità del momento, ma tuttavia esprime al contempo una voglia di ripresa della vita culturale davvero ecce zionale che non emerge in egual misura in altre città italiane. In questa occasione si registra anche e soprattutto un dialogo fitto e fruttuoso tra forze politiche diverse e concorrenti, con forti personali tà che si interessano al mondo del cinema e fanno in modo di rende re molto vivace la scena culturale veneziana. A questo proposito ho cercato di restituire a Zorzi quello che secondo me gli spetta, ossia il merito di essersi messo duramente al lavoro in una situazione estre mamente complessa, un contesto in cui le forze politiche e militari erano fermamente convinte che ci fossero cose ben più importanti da assolvere piuttosto che impegnarsi a far ripartire la Mostra del Ci nema di Venezia. Zorzi sente intimamente questa chiamata a difesa della Biennale, per la quale ha già lavorato per decenni in preceden za; capisce di doversi attivare per non farsi eliminare, o per meglio dire superare, dalla Francia, vogliosa in quanto nazione vincitrice della guerra di soppiantare il nostro Paese anche sul piano culturale.

A questo scenario aggiungiamo poi i tentativi reiterati di scorporare la Mostra stessa dalla Biennale e trasferire il tutto in città concorrenti che si sarebbero volentieri accaparrate un simile evento, Roma in primis. Insomma, nel complesso un percorso a dir poco ad ostacoli senza quasi soluzione di continuità.

Nel ventennio precedente al ’68 le trasformazioni della società e le sue contraddizioni si ripercuotono fortemente sulla Mostra, la quale riesce tuttavia a ritagliarsi uno spazio di autonomia e ricerca che le consente anche nei momenti cinematograficamente non gloriosis simi di cogliere lo sviluppo della settima arte e di aprirsi alle diverse Ilcinematografie.decenniosuccessivo

Nella prefazione al volume lei sintetizza il cammino della Mostra prendendo in prestito l’immortale verso di Battisti e Mogol «le discese ardite e le risalite» di I o vorrei... non vorrei... ma se vuoi. Condivide il pensiero secondo cui la storia della Mostra del Cinema sia la più travagliata tra tutte quelle dei festival europei e mondiali di fascia alta? Assolutamente sì. Una storia senza alcun dubbio caratterizzata da tanti momenti difficili che la stragrande maggioranza degli altri festi val non hanno attraversato perché più piccoli e, Cannes a parte, non così sotto la lente d’ingrandimento della ribalta planetaria.

22 i ncontri GIAN PIERO BRUNETTA

Lo considero un tentativo in tal senso, sì, con risorse sempre più ridotte a disposizione. Uno sforzo dettato dall’orgoglio di personalità interne alla Mostra e che trova in Lizzani la figura che più di ogni altra si dimostrerà capace di guidare la ripresa, lenta ma presente e costante, che permetterà piano piano alla Mostra di risalire le posi zioni nel ranking di settore. Lizzani riesce nell’impresa grazie alle sue indiscusse capacità individuali e grazie anche al fatto di essere stato capace di costruirsi intorno una squadra di collaboratori giovani e culturalmente assai agguerriti, in grado mentalmente di aprirsi a tutte le forme cinematografiche, ma soprattutto forti di un’idea di spet tacolo legata a pubblici nuovi, quelli, per intendersi, che apprezza vano i film di una rassegna come Massenzio, nata a Roma nel 1977 e capace di introdurre esperienze innovative come le “maratone cinematografiche”, che potevano concludersi all'alba, o le proiezioni simultanee di film su vari schermi, in piena rottura con le tradizionali forme di fruizione. Si cerca, in quegli anni di grandi tumulti e di nuove energie, il contatto con un pubblico giovane, non in smoking e farfal lino; un pubblico profondamente innamorato del cinema e coinvolto in un nuovo rito allargato che rinnova la sacralità del momento della visione del film, non interessato all’aspetto mondano che circonda la proiezione, vorace invece di immagini, stimoli intellettuali, emozioni. Spazio allora a studenti di cinema curiosi ed appassionati, saccope listi che prendono pacificamente possesso della Mostra e dei suoi spazi in nome di un fermento culturale tanto tangibile quanto foriero di aria fresca, nuova. Lizzani è il primo a incoraggiare questo cambiamento nelle edizioni da lui dirette tra il ’79 e l’82, preparando il terreno per il ventennio successivo, che vedrà la Biennale diventare Fondazione ed acquisire così finalmente una sua autonomia effettiva, entrando in un capitolo davvero nuovo della propria storia. Un ventennio anch’esso di una certa complessità, seppur assai meno oscillante dal punto di vista delle cadute che avevano caratterizzato la storia recente della Mo stra. Un lungo periodo di ripresa continua caratterizzato da direttori profondamente coinvolti nel progetto, affiancati da collaboratori che non lasciano al comandante in capo il ruolo di protagonista assoluto, con soddisfazione di tutti. Nell’ambito della direzione

Anche Cannes ovviamente vive e attraversa il ’68, trasformandolo però in arma vincente, allestendo nuove sezioni, su tutte la Quinzai ne naturalmente, aggiudicandosi così in quel momento la leadership mondiale nella costellazione festivaliera. Saranno dieci anni davvero difficilissimi per la Mostra, di faticosa sopravvivenza. Nel ’72 nascono le Giornate del Cinema Italiano, or ganizzate in prevalenza in Campo Santa Margherita in contrasto con la Mostra che si teneva al Lido in quegli stessi giorni di inizio settem bre, che di sicuro non contribuiscono a tenere in serie A il festival.

In quell’anno la Mostra era ‘assediata’ da Cannes, nasceva la rassegna di Bruxelles con il supporto degli americani e c’era sovrapposizione di calendario con Locarno, ma nonostante tutto Zorzi riuscì nell’impresa di confezionare un’edizione straordinaria. L’anno dopo negozierà con Cannes il calendario, cosa assolutamente non di poco conto. Un fatto, quest’ultimo, che si rivelerà assolutamente cruciale per i destini futuri della Mostra. Altro aspetto in un nessun modo se condario, anzi!, per lo straordinario successo di quell’edizione la decisione di far svolgere le serate a Palazzo Ducale, nello scenario ineguagliabile che sappiamo e nel cuore vivo della città. Un’edizione in cui il clima intellettuale che vi si respirava fu davvero irripetibile, con la critica che partecipò in maniera unica e straordinaria a tutti gli eventi collaterali in programmazione. Forte nell’occasione fu l’impronta di Pasinetti, figura che si rivelerà di nodale importanza per il nostro cinema e che già allora da giovanissimo appassionato sente forte il bisogno di dire la sua, sinceramente voglioso di dare un suo concreto contributo a migliorare il festival. Pasinetti, primo laureato italiano con una tesi d’argomento cinematografico nel 1933, ha un ruolo da protagonista fin dal 1932, quando comincia a scrivere per vari giornali. Arriva in quell’anno l’archivio della Cinémathèque française, si realizza un’esposizione sulla storia della tecnica, tutte iniziative che messe assieme consegnano alla storia del cinema e della cultura un’edizione da tramandare davvero ai posteri.

Un articolo dell’epoca definisce la Mostra come “Festival di seconda scelta, inferiore non solo a Cannes, ma persino a San Sebastian, Bergamo e Pesaro”. Esatto. Il che restituisce bene il sentimento dell’epoca nei confronti della manifestazione, sentire diffuso tanto a livello nazionale che inter nazionale. La stampa francese ovviamente spinge molto su questa percezione, cerca in ogni modo e in ogni occasione di ribadire la superiorità di Cannes rispetto a Venezia e da questo punto di vista in fierisce volentieri sulla malconcia “collega”, senza troppi giri di parole.

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Ho cercato quindi di raccontare gli autentici capolavori diplomatici portati avanti in quegli anni da Zorzi, il quale riuscirà non solo a te nere in piedi la rassegna e a farla ripartire, ma anche e soprattutto a non farle perdere terreno sul piano dell’appetibilità e della legittimità in quanto modello del fare-festival nel mondo.

Nel ’71 tuttavia Rondi, all’esordio come Direttore artistico, era riuscito a riportare in laguna grandi nomi e grandi scandali, come il contro verso I diavoli di Ken Russel con Vanessa Redgrave e Oliver Reed. Rondi cavalca bene e con grande intelligenza la complessità del momento e soprattutto le forze che erano riuscite a smantellare quasi completamente la resistenza del direttore Chiarini. Anche lui deve di certo sgomitare, senza rinunciare per questo ad andare in cerca di guai con il film di Russel, tanto da essere costretto a ricucire lo scan dalo innescato dalla pellicola con accorate lettere ad un rappresen tante del Vaticano e ad Andreotti, suo mentore e punto di riferimento.

Lei definisce l’edizione del ’47 da lui guidata come una delle più alte in assoluto, “memorabile”, rafforzando tale qualifica con il giudizio datole da Callisto Cosulich, il quale si spingerà a definirla “mitologica” («Quando i ricordi coincidono con la storia, si arriva alle soglie del mito»).

Come considera il periodo caratterizzato dalle direzioni, per l’appunto, di Rondi e poi di Lizzani, Biraghi, Pontecorvo e, arrivando alle soglie del 2000, di Laudadio? Lo definirebbe come un periodo di riavvicinamento alla Mostra d’antan?

Le macerie con cui si trova ad avere a che fare il Direttore Laura nel ’69 sono molto più profonde per certi aspetti, perché legate ad una totale mancanza di fiducia nei confronti del festival, criticato per i suoi premi e la sua mondanità, per una sua scarsa apertura alla città, di cui è considerato corpo estraneo. Laura deve quindi concentrarsi sui temi di cui trattano i film, temi forti, dalle radici sociali e politiche.

Quando poi Gregoretti, assieme a Pasolini e Zavattini, si ritrova in un albergo di lusso che era la sede dei contesta tori, la sua narrazione raggiunge livelli di umorismo davvero assoluto… Definendosi appunto “contestatori sì, ma di lusso”. Devo ammettere di essermi particolarmente divertito a raccontare quell’episodio. Esiste un documentario di Antonello Sarno del 2008, intitolato Ve nezia ’68, in cui intervistando Tullio Kezich, Liliana Cavani o lo stesso Gregoretti costruisce un’autocritica molto divertente di quei tempi attraverso aneddoti spesso esilaranti, concludendosi con una scena in cui questi stessi registi sono impegnati a giocare a calcio con una lattina di birra. Parlando dell’edizione del ’60 lei descrive un cambiamento radicale nell’approccio da parte della popolazione lidense verso la Mostra, una collettività che non vuole essere più parte del decoro ma soggetto attivo dell’evento. In partico lare parla di un gruppo di giovani studenti amanti del cinema

24 i ncontri GIAN PIERO BRUNETTA di Pontecorvo questo aspetto sarà particolarmente connotante; con lui diventa palese che senza la presenza di alcuni cosiddetti “Direttori-ombra” il programma non avrebbe mai avuto le caratteristi che di ricerca che faranno la fortuna delle edizioni di quegli anni. Felice Laudadio, a capo delle edizioni ’97 e ’98, rappresenta il pro totipo di quella nuova generazione di operatori culturali che sanno come si guida e si può ideare un festival, cosa che non si poteva magari dire allo stesso modo di Lizzani, accolto come un corpo estraneo perché mai prima di allora alle prese con la gestione e l’organizzazione di manifestazioni culturali, anzi, considerato regista sul viale del tramonto che viveva di rendita come autore post-neo realista. Il quale Lizzani, invece, a dispetto di tutto e di tutti seppe ritagliarsi una seconda vita, regalandola di riflesso anche a Venezia, che ne aveva un disperato bisogno. Il percorso di Rondi invece è profondamente diverso, proprio altro. La sua è una carriera costruita negli anni con costanza per così dire strutturale all’interno della Mostra: la ama come ama la Biennale tutta. Dal ’48 in poi è sempre coinvolto nei meccanismi interni del festival. Nelle diverse vesti di consulente o di membro della giuria, il suo cursus honorum in seno alla Mostra non troverà praticamente eguali per tutto il Novecento, con la Presidenza a fare da logico Chiarinicoronamento.èstato un protagonista su cui tutte le forze avverse alla Mostra potevano scagliarsi, a partire dalla stampa fascista che gli rinfacciava una doppia personalità. Ha voluto fortemente diventare Master & Commander della Mostra del Cinema. Era circondato da un gruppo di esperti con cui si consultava, ma il potere decisionale era tutto saldamente nelle sue mani, questo è fuor di dubbio. Sue le decisioni circa i film da invitare e sua la volontà di andare anche in contrasto con le forze alberghiere o con gli stessi eredi di Volpi, con un caso eclatante che lo vide scontrarsi con il figlio del Conte per aver spostato una statua del padre, caso poi risolto con una buona dose di diplomazia. In Rondi si percepisce ben definita la tenace, lucida visione secondo la quale la cifra artistica della proposta cinematografica debba saper fondersi al meglio con quella mondana, coniugando l’eccellenza dei grandi registi con le esposizioni in città, che accolgono questi stessi registi ed attori in una cornice glamour ai massimi livelli culturali. Rondi non ha mai voluto rinunciare all’aspetto mondano, mai. Ele mento che invece per diversi altri direttori è stato spesso considerato fardello da cui doversi liberare, elemento di distrazione rispetto a quella che consideravano la vera vocazione della Mostra, ossia quel la artistica. Lo stesso Chiarini vivrà pienamente questa disposizione. Chiarini che viene da lei descritto come una “diva”, personalità cioè capace di attrarre registi e altre figure più dei grandi attori stessi. Considero la figura di Chiarini particolarmente interessante anche per motivi strettamente biografici, visto che iniziai a seguire la Mostra negli anni immediatamente precedenti al suo mandato. Grazie a lui ho po tuto vedere e capire una gran quantità di film importanti; ho imparato ad amare il cinema anche grazie alla sua capacità di portare a Venezia i grandi protagonisti di questa nuova arte e in particolar modo parteci pando alle memorabili retrospettive da lui ideate e promosse.

Anche Chiarini, come del resto moltissimi altri straordinari protagoni sti della cultura di quei travagliati anni, vive un percorso esistenziale e professionale a tinte contrastanti, che si dipana in una sorta di doppio binario: da una parte si dimostra un diligente funzionario fascista militante, compiuto, dall’altra esprime una straordinaria capacità di dare vita a grandi eventi e a grandi istituzioni culturali. Ha ideato e diretto durante il Ventennio, tanto per dirne due a dir poco rilevanti, il Centro Sperimentale di Cinematografia e la rivista «Bianco e Nero», ha tenuto assieme i maggiori docenti della scuola di cinema italiana, è diventato regista. Insomma, un percorso di qualità altissima. C’è poi da rilevare che ha saputo infine non seguire il fascismo perlomeno nel suo ultimo crepuscolo sanguinario, inizian do una seconda vita avvicinandosi al Partito Socialista.

Dopo aver diretto film con modesto successo, ha iniziato ad inse gnare Storia del cinema all’Università. Quando lo hanno chiamato a dirigere la Mostra ha voluto compiere questa missione da protagoni sta, in un periodo storico come gli anni ’60 in cui capitava spesso di imbattersi in direttori impegnati a mimetizzarsi con la Mostra stessa, cercando di non salire in nessun modo alla ribalta. Nel ’68 Chiarini venne ferocemente attaccato in particolare dalla stampa di sinistra, oltre che dagli stessi registi che aveva in passato favorito, formato e portato alla ribalta, dichiarandosi in un’intervista a Lietta Tornabuoni “smarrito, incapace di capire cosa voglia davvero questa gente”. L’elemento a cui si appigliano più di frequente le criti che è lo Statuto della Mostra, etichettato tout court come “fascista” e quindi da abbattere e scardinare a tutti i costi. Il nemico non viene considerato quindi Chiarini in sé, anche se è poi il Direttore a farne le spese ovviamente. Ho cercato di raccontare questo clima e mi sono molto divertito a farlo, anche perché ero presente e la narrazione ha potuto arricchir si del mio vissuto. Pur condividendo alcune ragioni alla base delle critiche che gli venivano mosse, mi considero dalla parte di Chiarini anche grazie a questo suo spirito da cavaliere medievale nel rivendi care le ragioni dell’istituzione contro il caos imperante di quell’epoca, con la creazione di associazioni che raccoglievano consensi per la strada trasformandosi poi in soggetti dal futuro davvero improbabile, o comunque destinati a non lasciare traccia alcuna nella storia. Chiarini esce dal mio racconto come ripulito da tutte le eventuali colpe del suo passato.

Un grosso aiuto è poi arrivato dalle diverse Cineteche, in particolare da quella di Bologna e da quella Lucana, che mi hanno prontamente spedito fotocopie di riviste straniere che mi mancavano e che non riuscivo in alcun modo a reperire. L’aiuto della Cineteca Lucana è risultato inoltre particolarmente importante, direi fondamentale,

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Ho cercato poi di osservare le diverse generazioni di critici che si sono succedute, isolando i giovani, distinguendo tra quelli che mi sono sembrati tra tutti loro i più autorevoli, la cui storia si è accorpata a quella della Mostra e che ho amato, e quelli che invece magari non hanno mai amato il Lido o che hanno nutrito sempre e comunque dubbi sulla bontà della Mostra. Questo lato della storia del festival lidense è sempre stato centrale nella mia attenzione. Ho cercato di raccontarlo nelle sue molteplici trasformazioni, viaggiando tra i suoi alti e i suoi bassi, con onde continue spinte da correnti opposte. Ci sono momenti di forti ed intriganti contraddizioni nella storia della critica cinematografica, soprattutto in relazione ai diversi media, ai giornali che la andavano negli anni ad ospitare. Su tutti mi piace qui sottolineare quella rinnovata e aperta cinefilia degli anni ’80, che portò ad esiti curiosi, spesso brillanti ed intelligenti. Per esempio capitava di leggere ottime, forse le migliori, critiche dei film americani sulle pagine de «Il Manifesto», in un contesto come quello comuni sta, anche nelle sue punte più frondiste, caratterizzato sin dal primis simo dopoguerra da uno stentoreo anti-americanismo. Era quello un momento in cui le maglie si aprivano, nuove voci, nuove generazioni leggevano le trasformazioni, in questo caso cinematografiche, con meno spirito settario. Cita a più riprese il critico francese dei «Cahiers du Cinema» e storica firma del «Positif» Michel Ciment, o anche alcuni corrispondenti storici di Corriere e Stampa, in particolare Sacchi e Gromo. Il francese l’ho citato perché ha amato il Lido e Venezia davvero come pochi altri nel nostro mondo, oltre ad essere testimone di alcuni significativi momenti di ‘abbassamento’ della Mostra. Sacchi e Gromo invece non potevano in nessun modo essere qui ignorati, dal momento che sono stati i grandi decani della categoria in Italia. C’è poi Guglielmina Setti, prima donna in questo ambiente, che mi fa pensare all’immagine dei Pellegrini che per primi sbarcano su una nuova terra, sconosciuta ma allo stesso tempo affascinante, con la possibilità quindi di fondare, nel nostro caso, la critica cinematografi ca vera e propria grazie a Venezia. Una critica che nasceva in quegli anni, ma che godeva all’epoca di spazi ancora ridottissimi a livello mediatico. Anni in cui la presenza dei giornalisti presenti in Mostra arriva a numeri vertiginosi, quasi 400, dove al critico dei Cahiers si affianca anche quello de La voce di Piacenza, che lei cita puntualmente. Dal libro traspare proprio questa enorme varietà di fonti, non solo bibliografiche ma anche documentali. Esiste un archivio del materiale che ha studiato? No. Il mio archivio è la memoria, a cui ho fatto grandissimo ricorso anche e soprattutto durante il periodo di isolamento che purtroppo ci ha coinvolti tutti negli ultimi due anni. Negli anni ’60 compravo molti quotidiani e ne ritagliavo alcuni articoli, che ho ritrovato a volte con sincero stupore.

Tra questi ragazzi c’era anche lei? Sì, c’ero anch’io. Avevo 18 anni ed ero tra i fondatori di una rivista chiamata «Lido Nuovo». Non ero ancora autorizzato a portare avanti in maniera autonoma la critica cinematografica, per questo c’era un ragazzo un po’ più grande di noi che aveva l’accredito ad hoc, mentre noi dovevamo arrangiarci nei modi più disparati. Riusciva mo però ad andare in sala ogni giorno, cosa non da poco, anche se dovranno passare tre, quattro anni prima che mi venga ricono sciuto l’accredito ufficiale grazie alla collaborazione con una rivista chiamata «Cinemasud», iniziando poi a scrivere articoli su Bresson o Pasolini, o sulle retrospettive. In quella manciata di anni, importan tissimi per me, faccio parte di questo gruppo di ragazzi che invoca una partecipazione attiva dei lidensi al festival. Eravamo fermamente convinti che la Mostra dovesse vivere più a lungo rispetto ai giorni previsti di programmazione, che i confini dell’evento si dovessero aprire accogliendo la più ampia fetta di popolazione possibile, coin volgendola dal punto di vista pratico e culturale. Nel suo lavoro lei dedica ampio spazio alla figura del critico, con estratti di articoli o altro. Lo fa con grande lucidità e con una sotterranea ma evidente ironia, sottolineando in maniera elegante alcuni strafalcioni relativi a film che sarebbero poi entrati nella storia del cinema.

“non ancora affetti da virus cinefiliaci monopolizzanti”, definizione che trovo semplicemente impareggiabile.

In passato ho sempre affermato che mai mi sarei occupato di una storia della Mostra del Cinema, argomento a mio avviso troppo complicato da padroneggiare. Un progetto a cui ho invece sempre pensato era un’antologia delle peggiori critiche che hanno stroncato pellicole presentate al Lido negli anni. Ho voluto mostrare non tanto il “lato oscuro della critica”, quanto omaggiare le figure dei pionieri e le loro difficoltà, l’onestà e le ipocrisie con cui hanno dovuto sempre fare i conti queste figure, capaci a volte di salvarsi appellandosi all’estetica idealistica e parlando dei film anziché apertamente dei problemi politici al centro del dibattito.

26 i ncontri GIAN PIERO BRUNETTA

Questi ultimi vent'anni di inizio millennio sono stati quelli del consolidamento della Mostra, anche grazie alla Presidenza Baratta che, forte del nuovo Statuto, ha garantito finalmente la dovuta indipendenza, autonomia alla Biennale nel suo complesso, con ricadute positive su tutta la programmazio ne delle attività dei diversi settori. Un ventennio caratterizza-

to dal lavoro di due direttori che sono entrati a pieno diritto nella storia del festival: per otto anni Marco Müller, per 13 Alberto Barbera, che ora si appresta a dirigere la sua quat tordicesima edizione. Due grandi direttori assai diversi l’uno dall’altro per estrazione, cultura, visione del mondo, ma entrambi fondamentali per il loro lavoro decisamente proiettato verso il futuro, con in testa il comune obiettivo di riportare Venezia ai piani più alti del ranking internazionale festivalie ro. Quali tracce di continuità e quali scarti ha individuato tra questi due percorsi curatoriali? Si tratta indubbiamente dei due direttori che hanno contribuito a tra ghettare la Mostra nel nuovo millennio, ricollocandola come meritava nel panorama internazionale e ridandole la potenza e la sacralità che stavano nel tempo sbiadendosi. Grazie a loro Venezia ha saputo guardare all’universo del cinema con rinnovata lucidità, cogliendo le dinamiche che in quegli anni stavano trasformando questo mondo e non solo. Due direzioni diverse ma entrambe caratterizzate dall’idea di ridare a Venezia il suo dovuto ruolo di guida. Un’idea felicemente con cretizzatasi anche grazie alla Presidenza Baratta, che riuscirà nel prioritario obiettivo di far approvare il nuovo, agognato Statuto, il quale trasformerà la Biennale in una Fondazione privata, veste che le consentirà di guadagnarsi finalmente una piena autonomia decisio nale. Autonomia il cui primo, più importante effetto sarà quello di poter incominciare a programmare a lungo termine le attività di tutti i settori dell’istituzione, disegnando una strategia di insieme, siste mica, capace di tenere conto sia dei programmi culturali che delle istanze pragmatico-organizzative, con un grande impegno sul fronte logistico e dell’allargamento delle sedi per gli eventi e le attività. Tornando ai due ultimi condottieri di questa immaginifica, stagionata nave dei sogni, nel libro ho paragonato Müller a Marco Polo, data la sua vocazione innata all’esplorazione di nuovi mondi cinematografici, in primis quelli dell’Estremo Oriente, e Barbera alla figura del Capitàn da mar, per la “forza tranquilla” del suo procedere simile a quella che caratterizzava questa figura di comandante supremo della marina veneziana ai tempi della Serenissima. Con Müller assistiamo all’aper tura totale dello sguardo con l’inclusione prepotente delle cinema

nell’affrontare la narrazione dedicata a Rondi, di cui la Cineteca conserva i preziosi archivi. Ovviamente una grande fortuna è rappresentata dalla presenza in rete degli archivi dei diversi quotidiani, come «L’Avanti» o «L’Unità», di cui mi ricordavo di aver letto articoli recuperati poi digitalmente. Esistono poi alcuni libri fatti davvero molto bene. Quello realizzato per il cinquantenario della Mostra mi ha molto aiutato, come un altro che raccoglieva le recensioni dei film dei primi vent’anni di festival. Altri periodi li ho studiati personalmente, magari dedicandogli un corso universitario di un anno; penso, ad esempio, al periodo degli anni ’30. Ho messo in gioco tanti momenti della mia vita; memoria personale e archivi si sono parlati fittamente. Su alcuni documenti c’è poi stato il preziosissimo lavoro del mio ultimo dottorando, Riccardo Triolo (firma storica del nostro giornale ndr ), che era stato da me instradato per essere lui stesso l’autore di questo libro, proposito poi mutato in corso d’opera per svariate ragioni. Il libro, in fondo, credo di averlo sempre avuto dentro di me. Sempre ci pensavo e sempre ero convinto che non sarei mai riuscito a portare a termine un simile lavoro. Fortunatamente ho potuto constatare quanto gli archivi della Biennale funzionino benissimo, quanto perciò siano stati davvero cruciali per consentirmi di colmare dei vuoti. Gli esempi sarebbero moltissimi, basti qui ricordare su tutti l’ultimo, da poco noto ai più, ossia le cinque lettere del carteggio tra il distributore newyor kese Joseph Burstyn, il direttore della Mostra dell’epoca Antonio Petrucci ed un giovanissimo Stanley Kubrick, quando quest’ultimo sottopose all’attenzione della Mostra di Venezia il suo primo lungome traggio, Shape of Fear. Non esisteva traccia del passaggio del film a Venezia, ma grazie al buon funzionamento dell’archivio abbiamo po tuto capire dove indirizzare la nostra ricerca e come poter così portare alla notorietà del pubblico la storia di questo film.

I “capitoli che non ci sono”, il domani della Mostra. La formafestival sta dimostrando una resilienza, termine abusato e quasi oramai inservibile ma in questo caso più che mai cal zante, davvero attiva, vitale. Quale la sua idea sul futuro del fare-festival in questo panorama cinematografico come mai prima in perenne, quotidiana mutazione?

27 tografie orientali, senza ovviamente per questo escludere il dialogo con il cinema americano, anzi; con Barbera, grazie anche alla sua formativa esperienza alla direzione del Festival Cinema Giovani di Torino, si dispiega con progressione lucida e tenace una ricerca tesa ad intercettare le nuove figure, le personalità emergenti del cinema in Atrasformazione.Müllerilmerito

di essersi concentrato su un Concorso di esclusive prime visioni mondiali, con una forte accelerazione nel ricoinvolgi mento delle grandi star hollywoodiane che rianimeranno prepoten temente il red carpet, ora affollato di celebrità come mai si era visto prima. Un processo che poi Barberà proseguirà se è possibile con effetti ancora più eclatanti in termini di visibilità mediatica. Entrambi si sono poi dovuti confrontare con grandi problemi di carattere organizzativo, in modo specifico per quel che riguarda le location, le sale, sempre storicamente un tallone d’Achille della Mostra in termini di numeri di posti a sedere e di qualità di alcune sale, proprio vetuste. Un problema eminentemente tecnico, ma poi anche di immagine. Da lì l’impulso della politica a risolvere il proble ma con la solita grande opera all’italiana, ossia il nuovo Palazzo del Cinema di fronte al Casino’, che naturalmente si rivelerà un fallimento catastrofico, con quel buco rimasto lì per anni, causa la scoperta di grandi quantità di amianto nel sottosuolo, a simboleggiare l’inetti tudine della cosa pubblica a pensare in grande in modalità percor ribili. Nel momento in cui la Biennale incomincia a dimostrare una capacità d’azione autonoma, rapida, il picco dell’abisso proprio da un punto di vista sistemico, strutturale. Un abisso da cui si rivelerà assai arduo riuscire a risalire. Eppure proprio la sconfitta di un’idea gigantista davvero spropor zionata per il Lido permetterà alla Biennale, in piena indipendenza dalla politica a differenza da quanto era accaduto per il Palazzo che poi non si farà, di iniziare un’opera di recupero e di miglioramento delle strutture tradizionali della Mostra, a partire dallo storico Palazzo del Cinema, in linea con un’idea di costruzione dei grandi eventi più aderenti a una certa qualità quotidiana della vita, meno impattanti sull’ambiente, più sostenibili insomma. Alla fine non sempre i disastri vengono solo per nuocere. Un miglioramento deciso delle strutture, e quindi dell’immagine com plessiva della Mostra, che si accompagna in questo ultimo ventennio alla creazione di nuove sezioni. Pensiamo ad Orizzonti, su cui inve stiranno in termini di idee e di visioni enormemente sia Barbera che Müller, o alla recentissima apertura della Mostra alla realtà virtuale, o ancora all’apertura ai giovani con il riuscito progetto di Biennale College, trasversale a tutti i settori e che in ambito cinematografico è stato particolarmente fortunato e seguito, motivo di giustificato orgoglio di tutta l’istituzione Biennale. L’apertura poi alle piattaforme, ai film prodotti da Netflix in particolare, restituisce in pieno questa disposizione all’innovazione, a uno sguardo attento al mondo in mo vimento che caratterizza crescentemente, anno dopo anno, la lunga direzione PossiamoBarbera.definireMüller e Barbera “direttori-pontefici”, grandi traghettatori della Mostra attraverso tempi caratterizzati da profon di cambiamenti, spesso anche repentini e radicali; naturalmente ciascuno con il proprio tratto peculiare, con la propria mentalità e la propria visione culturale. Il primo ha cercato di lavorare con la me moria, anche attraverso il ciclo delle cosiddette “storie segrete” del cinema italiano ed asiatico, cercando di riaprire lo sguardo e di sof fiare sulle braci di una cinefilia che si stava pian piano spegnendo o trasformando in un’altra cosa. Unitamente alle retrospettive, di Müller va sicuramente ricordata l’idea del “film a sorpresa”, strumento efficace per fare in modo che al Lido potessero essere viste pellicole che la censura, attiva purtroppo ancora in molti paesi del mondo, altrimenti avrebbe di sicuro bloccato se annunciate anticipatamente.

Concludendo, direi che sia Müller che Barbera si sono messi total mente al servizio di Venezia amando profondamente il luogo in cui lavoravano, godendo entrambi di grande autonomia elaborativa ed operativa rispetto ai loro predecessori. Un combinato disposto di grande forza ed efficacia.

Ci ho pensato molto in questi due anni in cui la gente è sparita dalle sale e i festival hanno vissuto edizioni stravolte nelle modalità orga nizzative e nei tempi. È vero che in Italia i festival si sono moltiplicati e hanno cambiato pelle, ma è indubbio che la Mostra del Cinema di Venezia come forse nessun altro evento consimile sia stata in grado di mantenere intatta, e per certi versi di accrescere, una dimensione di sacralità dello spettacolo. Vedo Venezia come punto di riferimento non tanto per il lancio commerciale di un film, quanto per la sua innata capacità di rivestire la pellicola di un’aura che si sta indubitabilmente perdendo in giro per il mondo, anche per la polverizzazione delle modalità di fruizione del prodotto filmico grazie all’esplosione e alla proliferazione delle piattaforme in streaming. Il fatto che Venezia abbia accolto e premia to lavori prodotti e distribuiti da Netflix è un segno della sua visione aperta al divenire, al domani. Un futuro che è già presente, se non addirittura passato prossimo, che magari potrà generare difficol tà negli anni a venire all’industria del cinema intesa con i canoni novecenteschi, di cui credo però la Mostra sarà l’ultima a soffrire paradossalmente proprio alla luce della sua veneranda età. La crisi del cinema in sala è seria e preoccupa più di sempre; i suoi effetti si protrarranno per lungo tempo. Ormai, in particolare dopo il biennio pandemico, decine e decine, se non addirittura centinaia, di festival sono oggi fruibili in rete. La Mostra del Cinema di Venezia rappresenta però ancora un’isola in tutto e per tutto, storicamente, geograficamente, culturalmente: si porta dietro la forza straripan te della città e della Biennale, una forza che in quei dieci giorni di indigestione filmica si percepisce tangibile nei luoghi occupati dal pubblico e dalla critica, da attori e registi. A dispetto di ogni possibile scenario distopico, questi sono gli elementi che mi fanno guardare al domani con discreto ottimismo qui al Lido. Fabio Di Spirito

Il secondo, Barbera, pur attento al cinema indipendente, sempre presente nelle sue Mostre, ha saputo consolidare saldamente il ripri stinato rapporto con Hollywood, che permetterà in questi ultimi dieci anni a moltissimi film in Concorso a Venezia di vincere una sequela di Oscar, praticamente ogni anno. Ciò ha fatto sì, di conseguenza, che a tutt’oggi i grandi produttori americani siano disposti a mettersi ordinatamente in fila pur di essere presenti alla Mostra del Cinema di Venezia. Cosa nient’affatto scontata.

Importanti anche i cambiamenti nella viabilità urbana del centro città. Due nuovi ponti ad arco sostituiscono le passerelle in ferro “Neville” gettate a metà Ottocento sul Canal Grande, perché evidentemente contrastanti con il complesso architettonico veneziano e per l’incipiente corrosione dei materiali. Il Ponte degli Scalzi in pietra, adiacente alla Stazione Ferroviaria, e il “provvisorio” Pon te dell’Accademia – tale rimasto fino ad oggi dopo due rifacimenti – innalzato in soli trentasette giorni nell’inverno tra il 1932 e il 1933. Un’opera che regalerà all’antica città,

il 1932 , l’anno centrale del quadriennio tra il 1930 e il 1934 nel quale si intraprendono, nel segno della celebrazione del decimo anno del Regime fascista e nel sogno della rinascita di una “gran de Venezia”, imponenti opere pubbliche e trasformazioni urbane che interessano più direttamente la città e che ne segneranno profondamente il suo futuro destino. Cento sessantamila sono gli abitanti che rimangono nel centro storico dopo l’emorragia per popolare le nuove industrie di Marghera, duecentocinquantamila in tutto con le isole e la terraferma. Si inaugura nel 1933 il ponte automobilistico translagu nare – Ponte Littorio oggi Ponte della Libertà – per molti anni ostacolato da Pompeo Molmenti, autorevole pro tagonista della vita culturale e politica cittadina, il quale presagiva che questo collegamento avrebbe inevitabil mente snaturato la storica identità della città. Il nastro di asfalto, poggiato su archi in laterizio, affiancato a quello ferroviario costruito dagli austriaci nel 1846, approda al terminal di Piazzale Roma, con lo sventramento dell’edi lizia storica di un’ampia zona del sestiere di Santa Croce.

1932VENEZIA,EDINTORNI È

STORIE di Camillo Tonini

Per accogliere i flussi di traffico il nuovo Piazzale viene dotato dell’Autorimessa comunale, edificio innovativo nel progetto e considerato allora, per dimensioni, il più gran de in Europa adibito a questo utilizzo. Viene ampliata la zona portuale, che insisteva attorno al quartiere popolare di Santa Marta, con la costruzione di nuove banchine ad uso commerciale e crocieristico collegate alla ferrovia e, per iniziativa privata, ad un’autostrada a pagamen to – una delle prime in Italia – per prolungare la rapida comunicazione automobilistica da Venezia fino a Padova e di lì al resto del Veneto.

28 tra c ce

considerata da sempre uguale a sé stessa e lontana dalle evoluzioni tecnologiche, un altro primato per l’epoca, quel lo del più grande ponte di legno ad arco in Europa. Per ridurre i tempi di percorso da Piazzale Roma al Bacino di San Marco si interviene sul vivo del tessuto urbano, con l’escavo di una via d’acqua – il Rio Novo – sul quale vengono elevati due nuovi ponti all’altezza di Campo San Pantalone e di Ca’ Foscari, allora unica sede dell’Universi tà veneziana. Si comincia a sviluppare una nuova sensibilità per la fragilità della città. Per difenderla contro l’aumento del moto ondoso provocato dall’ampliamento delle bocche di porto si rafforzano le rive che affacciano sul Bacino di San Marco. Viene allargato il tratto della Riva degli Schiavoni dalla Chiesa della Pietà fino a quella di San Biagio e, in continuità, viene creato un nuovo banchinamento da via Garibaldi fino ai Giardini della Biennale, denominato Riva dell’Impero ora, nella mutevole evoluzione toponomastica della storia, Riva dei Sette Martiri, in ricordo di un tragico episodio della Resistenza. Motore economico e politico di questa innovativa accele razione infrastrutturale che coinvolge tutta la città è Giovanni Volpi, imprenditore avventuroso e fortunato, figu ra attentissima a mantenere salde le relazioni tra il partito fascista e il mondo economico. Viene nominato conte “per i servigi alla patria” nel 1920 per i rapporti economici con i Balcani e l’Oriente, potendo aggiungere al titolo nobiliare l’espressione di Misurata (1929) per essere stato anche governatore della Libia. Diviene senatore del Regno (1922), si iscrive al partito fascista nel 1923 e per un breve periodo riveste il rilevantissimo ruolo di Ministro alle Finanze (1925). Trova in Eugenio Miozzi, ingegnere capo del Comune di Venezia dal 1931, il suo ideale ed efficientissimo braccio operativo. Questi firma i progetti delle grandi opere civili che sono state ricordate, ne assume la direzione dei lavori e le realizza con determinazione e rapidità, superando tutti gli ostacoli di natura progettuale e burocratica con capacità tecniche di altissimo livello e con incontrastato decisionismo. «La Venezia contemporanea, il segno nove centesco della città, porta l’impronta di questo ingegnere, inventore, imprenditore». (G. Di Stefano, G. Paladini, Storia di Venezia, Vol. III, Venezia 1997)

LA MOSTRA

«Idea nostra, tutta Italiana di Antonio Maraini – commenta Manlio Miserocchi nelle pagine dell’Illustrazione Italiana elogiando l’artista e l’abile operatore culturale – consegnata al conte Volpi che vi ha dato per panorama Venezia […] l’unica città internazionale ove si può trovare già selezionato un pubblico di ricchi sfaccendati con quattro o cinque lingue a disposizione e vasta cultura in superficie».

Accanto allo sviluppo industriale di terraferma e alle trasformazioni urbane Volpi coltiva anche in altri campi il suo successo personale.

Nel 1929 Volpi diventa Presidente della Biennale d’Arte, elevata a Ente autonomo nel 1930. Nello stesso anno crea il Festival della Musica, e nel 1932 la prima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica

La Biennale di Venezia ha ricordato il primo Festival cinemato grafico del 1932 a novant’anni dalla sua nascita con una mostra nel Portego di Ca’ Giustinian, sede della Biennale, titolata La Prima Esposizione internazionale d’arte cinematografica dall’Ar chivio Storico delle Arti Contemporanee (ASAC) della Biennale, con documenti inediti, foto, manifesti, articoli d’epoca, locandi ne, filmati. Il 9 luglio si è tenuto un Convegno Internazionale sui 90 anni della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica nella Biblio teca dell’Archivio Storico della Biennale (ASAC) ai Giardini, in cui è stato presentato il libro di Gian Piero Brunetta, La Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia 1932-2022, Biblioteca Marsilio, 2022 (vedi intervista a p. 20). La giornata di celebrazione del 9 luglio si è conclusa con la proiezione nella storica Sala Grande del Palazzo del Cinema al Lido di due capolavori presenti nel programma della prima edizione della Mostra del 1932: Regen (Pioggia) di Mannus Franken e Joris Ivens (Olanda, 1929, 12’, copia dell’EYE Filmmuseum, Amster dam) e Gli uomini, che mascalzoni... di Mario Camerini (Italia, 1932, 66’, copia della Cineteca Nazionale, Roma).

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Di fronte ad una platea internazionale che identificava il suo nome con quello di Venezia, egli ne alimenta il mito e promuovendosi come campione per la sua resurrezione politica ed economica dopo la lun ga parentesi ottocentesca. Con il proverbiale senso degli affari che sin da giovanissimo lo contraddistingue intuisce che la nuova occasione è quella di puntare su una Venezia intellettuale dalla forte attrazione turistica attraverso l’ideazione di nuovi eventi culturali e mondani. È convinto, e rapidamente convince anche chi gli sta attorno, che con viene investire nella cultura perché questa, comunque, porta ritorno di immagine, ma anche soddisfazioni economiche, specialmente se il volano di attrazione è Venezia. Entra nella proprietà della Confede razione Italiana Grandi Alberghi (CIGA), di cui diventa presidente, e ne sviluppa la presenza alberghiera al Lido attraverso l’acquisto del lussuoso Hotel Excelsior. Per i raffinati ospiti del jet set internazionale che lo frequentano realizza il campo da golf agli Alberoni e, facendo leva sulla specificità di Venezia e sulla necessità di ingenti fondi per mantenerla, riesce ad ottenere l’autorizzazione ministeriale per co struire ed insediare una nuova sede del Casinò al Lido.

Idea da subito vincente quella di dare alla più recente delle muse un palcoscenico internazionale, che cresce anche grazie alla compe tenza critica di Luciano De Feo, Direttore dell’Istituto internazionale di cinematografia educativa, e all’organizzazione rapidissima ed effi ciente di Attilio Fontana, che per la nuova macchina culturale riesce a mettere a frutto le ben sperimentate leve pubblicitarie e le influenti relazioni mondane già in uso per le Biennale d’Arte e della Musica. Sette gli stati partecipanti alla prima edizione della Mostra: Italia, Francia, Germania, Inghilterra, Polonia, Russia. Quando ancora a bordo del Rex ci volevano sei giorni e mezzo di navigazione da New York all’Italia, dagli Stati Uniti sbarcano la Paramount e la Metro Goldwyn Mayer, i due colossi della produzione cinematografica con il seguito delle star più famose e ricercate del momento. Settanta le pellicole presentate all’aperto sulla terrazza dell’Excel sior, trentacinque inedite in lingua originale e senza censura per uno spettacolo durato quindici giorni dal 6 al 21 agosto. Nessun premio e nessun giudice. Nel commento entusiasta del critico cinematogra fico dell’«Illustrazione», sorpreso per le tante novità e successi della decima musa, trapela però un’ombra di perplessità: «Dal Festival emerge che l’abuso del parlato nuoce alla natura del cinema. Esso è già sintesi delle arti: danza, musica, architettura, scenografia, scultu ra […] Meno si parla, meglio è. Il dialogo ritarda l’azione». Da questo successo culturale e mondano il Regime di Roma dapprima si tiene lontano, rimanendo a guardare con una certa diffidenza le possibili evoluzioni di questo nuovo fenomeno, per poi presto convincersi delle enormi opportunità che il cinema poteva fornire alla sua propaganda. Due anni dopo, nel 1934, Hitler atterra all’aeroporto Nicelli del Lido di Venezia per visitare la Biennale d’Arte e andare al primo sciagurato incontro, gravido di conseguenze, con Benito Mussolini.

30 In collaborazione con Museum Barberini, Potsdam Dorsoduro 701, guggenheim-venice.itVenezia Carrington,Leonora ErnstMaxdiRitratto 2022SIAEbyCarrington,Leonora©2018.Fund,ArteFundWaltonSulaandHenrydisupportoilconacquistatoEdinburgh,Scotland,ofGalleriesNationalc.1939,A Venezia, la mostra è resa possibile dal generoso contributo di Manitou Fund, con un ConRosemaryspecialeringraziamentoaKevineMcNeelyilsostegnodi INSTITUTIONAL PATRONS I programmi collaterali sono resi possibli da Radio ufficiale Allegrini + Apice + Arper +Eurofood + Florim + HDG + IED + Itago + Mapei + René Caovilla + Rubelli + Swatch

the guide 31

Davide Carbone Catherine Deneuve Mercoledì 31 agosto h.19 Sala Grande, Lido Catherine la grande Bella di giorno 32

l eoni Leonedell’eleganzaDeneuve, HollywoodNewdellasimboloalomaggioSchrader, a cura di Marisa Santin e CarboneDavide

ENG Catherine Deneuve and Venice know each other very well. Deneuve was awarded the Golden Lion for Belle de Jour (1967) – her Séverine Sérizy is still considered one of the iconic characters of cinema history – and the Volpi Cup for Best Actress for Place Vendôme in 1998. The 2022 Golden Lion for Lifetime Achievement made her once again a protagonist at the Venice Film Festival. Catherine Deneuve is one of the very few non-American actresses who had been nominated for the Acade my Award for Best Actress – the film was Indochine of 1992. The VFF celebrates her status as an all-around movie star, modest yet determined in using her public image and visibility for good social cause. “Catherine Deneuve em bodied the essence of the diva and is one of the greatest movie stars of all time.” (Alberto Barbera) Catherine Deneuve e Venezia si conoscono molto bene. Dopo il Leone d’O ro vinto con Bella di giorno di Luis Buñuel nel 1967 e la Coppa Volpi come miglior attrice per Place Vendôme di Nicole Garcia nel 1998, il rapporto tra la Mostra del Cinema e l’emblematica attrice francese si arricchisce di una nuova, splendida tappa, il Leone d’Oro alla carriera che la renderà una delle protagoniste annunciate della prossima edizione della Mostra. Catherine Deneuve è simbolo di un’epoca irripetibile come la Nouvelle Va gue, la sua figura è indissolubilmente legata alla rievocazione di sodalizi sto rici con personalità del calibro di Roger Vadim, Jacques Demy, Luis Buñuel, François Truffaut, Roman Polanski, Marco Ferreri, Marcello Mastroianni e Gérard Depardieu.

Con alcuni di loro, Vadim e Mastroianni, il sodalizio è stato anche sentimen tale, con tutti loro il progetto di turno non è mai stato meramente cinema tografico, un film non è mai stato ‘solo’ un film ma un’adesione totale ad un progetto, come testimoniano le interpretazioni memorabili in La mia droga si chiama Julie di Truffaut o Il vizio e la virtù di Vadim.

Attrice, attivista e produttrice, Catherine Deneuve fa parte del ristrettissimo gruppo di attrici non americane candidate alla statuetta per le miglior inter pretazione da protagonista, con Indocina del 1992, mentre in Bella di giorno di Luis Buñuel la sua Séverine Sérizy è stata considerata tra i personaggi più credibili ed iconici mai apparsi sul grande schermo. «Un indiscutibile talento, – spiega Alberto Barbera – al servizio di doti d’inter prete cui una bellezza raffinata e fuori del comune hanno contribuito a farne una diva senza tempo. Da figura tra le più rappresentative della Nouvelle Vague, Catherine Deneuve è passata a incarnare l’essenza della diva univer salmente riconosciuta, affermandosi tra le più grandi interpreti della storia del cinema».

La Mostra celebra il suo status di personaggio a tutto tondo, umile e deter minata nel mettere la propria sconfinata visibilità al servizio di cause sociali significative, battaglie da combattere con tenacia ed eleganza, come il so stegno ad un femminismo che non si traduce automaticamente in misandria o negazione della sessualità.

Paul Schrader Sabato 3 settembre h. 21.30 Sala Grande, Lido U.S. Schrader Master Gardener

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Premiata a Venezia, Cannes e Berlino, Julianne Moore arricchisce di un nuovo capitolo una carriera straordinaria, arrivando a Venezia 79 come Presidente di una giuria internazionale composta da Mariano Cohn, Leonardo Di Costan zo, Audrey Diwan, Leila Hatami, Kazuo Ishiguro e Rodrigo Sorogoyen. Una carriera iniziata, come spesso oggi si vede nelle trame dei film, emergendo dalla sudata gavetta, alternando ruoli nelle commedie off di Broadway al lavo ro di cameriera nella New York di metà anni ’80, costruendo passo dopo passo un percorso che l’ha portata ed essere una delle migliori attrici del panorama NINEmondiale.

Il cinema di Paul Schrader cerca di rispondere ad un unico interrogativo: come può un’arte nata per riprodurre artificialmente la realtà riuscire a restituire il trascendente, l’immateriale, lo spirituale? Di fede calvinista, uscito dal seminario fresco di studi teologici, cerca subito di dare una risposta al quesito scrivendo la sua tesi di laurea sul cinema trascendente di Ozu, Bresson, Dreyer, passando poi a scrivere sceneggiature destinate ai film memorabili della Nuova Hollywood (Yakuza, Taxi Driver, Complesso di colpa, Toro scatenato ), infine cari candosi sulle spalle il peso della risposta e producendo, in un arco di 40 anni, un corpo di film sull’offuscamento del diritto costituzionale degli USA alla felicità, sul male come perdita progressiva dello stato di benessere, immortale trademark americano, e sulla possibilità della redenzione dal peccato accettando l’esclusione dalla comunità degli altri. Nemico dei generi più per necessità artistiche che per scelta maturata, Schrader accetta la violenza, l’eccita zione e l’empatia del mainstream hollywoodiano, ma li torce e li trasforma all’interno di una struttura che ha perduto tutte le illusioni, dove regna il vuoto di una nuova consapevolezza sulla totale ipocrisia manipolatoria del potere. C’è in Schrader come una smorfia di disgusto, di indignazione nei confronti dei riti sacrificali attraverso i quali la società procede a modifi care, proteggere e rinsaldare i propri legami di relazione. In questa sua vena di irriducibile combattente sta la cifra ultima della sua preziosissima arte. Il Leone d’Oro alla carriera (la cerimonia di premiazione sarà seguita dalla proiezione del suo ultimo film Master Gardener ) arriva quindi non solo a celebrare una carriera di grande sceneggiatore e grande regista (ba sterebbe solo a motivare la qualifica quel capolavoro di American Gigolò del 1980, ennesima riproposizione del tema caro al regista della caduta agli Inferi, ma innervato da una attenzio ne nuova alla superficie lustra e fashionable degli anni ’80), ma anche un ‘punto di vista’ sul cinema e sulla società sempre lucido, vigile e implacabilmente dolente. F.D.S. ENG With his movies, Paul Schrader tries to answer a single question: how can an art that artificially reproduces reality depict the transcendent? A Calvinist, Schrader was edu cated in philosophy and theology at the Calvin College, and he wrote his final dissertation on transcendental cinema in Ozu, Bresson, Dreyer. Schrader went on to author screenplays of his own (The Yakuza, Taxi Driver, Obsession, Raging Bull ) to later accept the weight of success and make, over the course of forty years, a corpus of films on the obfuscation of the American constitutional right to the pursue of happiness, on evil as the progressive loss of well-being, and on the impossibility of redemption and the consequent societal exclusion. Schrader accepts violence, excitement, and empathy of Hollywood mainstream, though he transforms them within a construct of disillusionment, a place where vacuum reigns and there is total awareness of the manipulative hypocrisy of the powers-that-be. The Golden Lion celebrates his two great careers of screenwriter and director. His latest movie Master Gardener will be screened following the Award Ceremony.

IL GRANDE LEBOWSKI Joel Coen (1998) Un classico scambio di persona innesca una trama fitta e articolata: protagonista è “Drugo” Lebowski, fannullone impe nitente che viene ingaggiato da Maude Lebowski/Julianne Moore, femminista ante-litteram e annoiata miliardaria, per recuperare il padre misteriosamente Ascomparso.SINGLE MAN Tom Ford (2009) Coppa Volpi al protagonista Colin Firth ed esordio alla regia per Tom Ford, una pellicola dall’eleganza cruda e spietata incentrata sulla storia di un uomo incapa ce di vedere o anche solo pensare il pro prio futuro. Julianne Moore è Charlotte, vecchio amore del protagonista che ne ha sempre accompagnato il cammino.

MONTHS Chris Columbus (1995) Samuel e Rebecca si amano, lei vorreb be una famiglia ma lui è invece contrario al matrimonio. Esordio da protagonista sulle scene per Julianne Moore, che da subito al fianco di Hugh Grant dimostra talento da vendere.

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Chiara Padre Pio VeraBlonde

Ok, lo storico del cinema dirà che il biopic c’è sempre stato e citerà The Execution of Mary Stuart come il primo lungometrag gio asseribile a questo genere nella storia del cinema, prodotto da Thomas Edison nel 1895 e non a caso coetaneo della Sortie d’usine dei fratelli Lumière. E avrà ragione: il film biografico da sempre accompagna la sto ria del cinema, seguendone direttrici, cambiamenti, co stumi. Dai primi film su alcune figure mito-poietiche della storia della civiltà occidentale ( La reine Élizabeth del 1912, Caio Giulio Cesare del nostro Enrico Guazzoni del 1914, Anna Bolena di Lubitsch del 1920, per culminare poi con il gigantico Napoléon di Gance del 1927) a quelli prodotti nei periodi immediatamente successivi, allor quando negli anni ‘30 l’interesse si indirizza sulle grandi figure politiche ( Disraeli del 1929, Young Mr. Lincoln del 1939), per poi nei ’40 focalizzarsi invece, ed è una gran de svolta, sui musicisti ( Night and Day di Curtiz su Cole Porter, The Glenn Miller Story) e poi ancora negli anni ’50 sugli sportivi, vedi su tutti Lassù qualcuno mi ama sulla vita di Rocky Graziano del 1956, attraverso anche i contributi specifici apportati al biopic da singole figure di registi vocati al tema (William Dieterle, Rossellini coi suoi film didattici, Ken Russell, Milos Forman), il biopic da un punto di vista anche proprio della quantità di pellicole prodotte è un genere costitutivo della storia del cinema. Quindi nulla di nuovo. E però ora ci sarebbe comunque da capire come mai, perlomeno negli ultimi 15 anni, il

cinemailcome‘vecchio’non-generegenereUn BIOPIC EXPLOSION

numero di biopic, un gran numero dei quali dedicati alle rockstar, siano aumentati così a dismisura. Dai biopic archive oriented, che sono veri e propri documentari realizzati con materiale d’archivio, correttissimi ma di solito un po’ noiosi, si va agli eagle flight biopic, che narrano l’intera vita del/la protagonista dagli esordi fino alla loro scomparsa il più delle volte tragica (e qui la lista è lunghissima: Respect, Walk the Line, B ohemian Rhap sody, Rocketman, Control, The Doors, Ray, The Lady Sings the Blues e Stati Uniti contro Billie Holiday, Bird, Elvis, e via via gli altri…). Questi ultimi possono risultare molto riusciti, come ad esempio Rocketman, riusciti, come quelli sulla Holiday, poco riusciti, come The Doors, ma in genere spesso appesantiti proprio dal peso della loro parabola schematica: infanzia con scoperta della vocazione – giovinezza e lotta per il successo – maturità e successo – crisi e caduta – eventuale rinascita – even tuale ricaduta – morte. Sembra di vedere per l’ennesima volta la storia di È nata una stella, solo che nel rock non sono in due, l’attore famoso e la giovane in ascesa: è la star che cannibalizza sé stessa. Abbiamo poi un terzo sotto-genere, l’one-frame biopic, ovvero la narrazione di uno specifico episodio della vita del protagonista in cui la finzione gioca un ruolo decisamente maggiore, in cui lo sforzo di ricostruire una trama di invenzione, pur nel rispetto del contesto storico, risulta spesso convin cente. Qui, in questo terzo filone, a nostro avviso, sono da ricercarsi i frutti migliori di questa autentica biopic

VERA Tizza Covi, Rainer Frimmel VeraORIZZONTIGemma racconta Vera, una don na che vive all’ombra del famoso padre Giuliano. Per provare a riscattarsi da una vita frivola in cui le relazioni sono improntate alla superficialità si avven tura nell’alta società romana…

As old ENG as cinema Cinema historians will say that biopics have always been around, and they will cite The Execution of Mary Stuart as the very first example. Cinema historians would be right – biographical films has always been a part of cinema, from the first films on western mythical figures (La reine Élizabeth of 1912, Julius Caesar by Enrico Guazzoni of 1914, Anna Boleyn by Lubitsch of 1920, to end with the majestic Napoléon by Gance of 1927) to the interest that grew, in the 1930s, on contemporary political themes (Disraeli of 1929, Young Mr. Lincoln of 1939) to the 1940s and the rising stars of music (Curtiz’s Night and Day on Cole Porter, The Glenn Miller Story) and sport (Somebody Up There Likes Me of 1956, on the life of Rocky Graziano).

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ALL THE BEAUTY AND THE BLOODSHED Laura Poitras VENEZIA 79 La fotografa Nancy “Nan” Goldin ha legato il proprio nome alla lotta contro la Purdue Pharma, produttrice di un narcotico ritenuto responsabile dell’e pidemia di dipendenza da oppioidi nella New York anni ’70 e ’80.

CHIARA Susanna Nicchiarelli VENEZIA 79 Assisi, anno 1211. Chiara ha solo di ciotto anni quando una notte lascia la casa paterna per raggiungere l’amico Francesco. Una fuga che rappresen ta per Chiara, fondatrice dell’ordine religioso delle Clarisse, solo l’inizio di un profondo cambiamento.

E allora non c’è dubbio che i due biopic più belli che siano stati mai diretti sono due film che biopic non sono, ma che si ispirano alla vita reale di due personaggi per stravolgerla e ricostruirla con una dose mostruosa di imma ginazione, profondità, cattiveria: Citizen Kane di Orson Welles e Io non sono qui di Todd Haynes, rappresentazione corale, a sei volti, o meglio, a sei maschere, di Bob Dylan. Siete d’accordo? F.D.S.

PADRE PIO Abel Ferrara GIORNATE DEGLI AUTORI All’indomani della Prima Guerra Mondiale in uno sperduto convento di cappuccini arriva Padre Pio, evocando visioni di Gesù, Maria e il Diavolo. La storia del santo di San Giovanni Roton do in stile Abel Ferrara.

explosion. Sempre a memoria, alla rinfusa: Elvis & Nixon sull’ossessione di Presley di diventare un agente in incognito dell’Anti droga; Nico, 1988 di Susanna Nicchiarelli, grande riflessione sul crepuscolo di un mito; Stardust, sulla tournée negli USA di David Bowie prima di Ziggy Stardust; Quella notte a Miami… di Regina King; Last Days di Gus Van Sant sugli ultimi giorni di Cobain; The Queen di Frears sul meteorite che la morte di Lady D fece precipitare sulla famiglia reale. E così via… Ma sorge qui un interrogativo non banale: il biopic è davvero un genere ontologicamente parlando? Ha davvero una sua dimensione archetipale che lo legittima come genere? Perché, nonostante la sua secolare esistenza, non si è prodotto attorno al suo linguaggio una significativa mole di studi, di saggi critici, come invece avvenuto per il western, il noir, la screwball comedy, il gangster movie, ecc.? Dimmi al volo tre capolavori del genere biopic! Hummm, non è facile, fammici pensare… È un fatto, diciamocelo, che la sua legittima zione come genere è sempre stata debole, offuscata, precaria. Perché? Perché i livelli di contaminazione del biopic con gli altri generi sono sempre stati altissimi. Perché i vari film sulla storia di Custer, Buffalo Bill o Jesse James erano western belli e buoni, perché i film sui pugili o i giocatori di base ball sono prima di tutto film sportivi e solo in second’ordine dei biopic, perché i grandi biopic di Carmine Gallone dedicati ai nostri immortali musicisti ( Casta Diva del 1935 sulla vita di Bellini e Giuseppe Verdi del 1938) sono soprattutto dei magnifici melò ambientati nell’Ottocento italiano. Perché, alla fine, la pretesa del biopic di ispirarsi alla vita reale di un personaggio è una vera e propria finzione, e la sfida è proprio quella di trasformare la vita reale, la noiosissima vita reale, in una finzione che riservi uno spazio vitale all’immaginazione, alla fantasia, alla creazione artistica.

One may wonder why, over the last fifteen years, so many biopics came out – mostly on rockstars. We saw archive oriented biopics – actual documentaries that make use of archive footage. They are usually quite precise, although a bit boring – and eagle-flight biopics, narrating the hero’s whole life (Respect, Walk the Line, Bohemi an Rhapsody, Rocketman, The United States vs. Billie Holiday, Elvis…). In general, this genre is weighed down by an arc story that can feel quite schematic: childhood and the discovery of talent, youth and the struggle for success, maturity and success, crisis and fall, occasional rebirth, occasional second fall, death. There’s a third genre, as well, the one-frame biopic, which is the story of a single episode. Usu ally, the story is more fictional, and there is appreciable inventiveness. My opinion is that the best biopics fall into this third genre. Coming to mind are Elvis & Nixon, Nico-1988, Stardust, One Night in Miami How does biopic become a legitimate genre, like, ontologically? Its legitimiza tion as a genre has always been weak. Because contamination with other genres has always been strong. I have little doubt that two of the greatest biopics ever are two non-biopics, though they have been inspired by real lives, turned by imag ination, depth, and malice into amazing movies: Citizen Kane and Todd Haynes’ movie on Bob Dylan: I’m Not There. Won’t you agree?

BLONDE Andrew Dominik VENEZIA 79 Gli amori, i film, i tormenti interiori di un personaggio che ha avuto un rapporto conflittuale con l’asfissiante celebrità. Un viaggio burrascoso nella vita di Norma Jeane Baker, diventata leggen da come Marilyn Monroe.

«Il film non è convenzionale, vuole essere un’esperienza sen soriale ed emozionale. Le ambizioni del regista erano chiare: desiderava che il mondo provasse che cosa realmente significa essere non solo Marilyn ma anche Norma Jeane. È il modo più audace, impenitente e femminista di accostarsi alla sua storia».

SantaunadisguardoloAttraverso eccessiedfotografiatraGoldin,Nan

Basata sull’omonimo romanzo del 1999 di Joyce Carol Oates, la pellicola ha scatenato attorno a sé un’immancabile ciclone mediatico che ne scandaglia la veridicità e l’accuratezza storica, dazio da pagare per un film incentrato su una figura tanto affa scinante, misteriosa, universalmente conosciuta.

Crystal ENG cage “The film is an unconventional one. It is a sen sual and emotional experience. The director’s ambition is clear: he wants the world to feel what it meant to be not only Marilyn, but also Norma Jeane. It is the most daring, uncompro mising, and feminist approach to her story.”

36 Blonde © Netflix

Così Ana de Armas descrive Blonde, attesissimo lavoro che il re gista australiano Andrew Dominik porta in Concorso a Venezia, di cui la giovane attrice cubana sarà protagonista.

Thus Ana de Armas about Blonde, the much-anticipated film by Australian director Andrew Dominik in the main competition at Venezia79, where she stars in the title role.

A world-class icon of style, Marilyn Monroe appears, in Blonde, as close to reality as pos sible. Born in 1926, her character is portrayed in the tiniest detail, and it shows her difficult childhood, with no father figure present, and a life and career where her need for recogni tion and gratification overwhelmed her as she secretly wished to be freed from the glossy, blonde prison she had been forced in. “The film is sincere – explains Dominik – I made it with love, though at the same time, it is full of rage. My goal is to make you fall in love with her.” On screen, we shall see the most impor tant stages in Marilyn’s life and career, the rift between person and character, and between what Norma Jeane saw and what her heart felt. The film is enhanced by Nick Cave’s and Warren Ellis’ beautiful music.

Icona planetaria di stile, Marilyn ci appare sullo schermo in una fisionomia che Ana de Armas accosta il più possibile all’originale descrivendoci tutte le pieghe di un personaggio che, pur rappre sentando Hollywood per antonomasia, spesso chiedeva con lo sguardo di essere liberata da quella prigione bionda e patinata in cui si Un’infanziatrovava.difficile, quella di Norma Jeane Mortenson Baker, nata a Los Angeles il 1° agosto del 1926 in un contesto familiare disastrato, senza una figura paterna di riferimento, una vita e una carriera le sue in cui il bisogno di riconoscimento e gratificazione fu prepotente, sempre presente. «Il film è sincero – spiega Dominik –, è fatto con amore ma al tempo stesso è pieno di rabbia. La mia ambizione è di farvi innamorare di Marilyn». Scorrono sulla scena le tappe più importanti della vita/carriera di Marilyn e la scissione costante tra persona e personaggio, tra quello che gli occhi di Norma vedevano e quello che il suo cuore sentiva, in un viaggio dal ritmo incalzante scandito dalle musiche di Nick Cave e Warren Ellis, due musicisti che hanno una lunga collaborazione alle spalle con due band, i Bad Seeds e i Grinder man, oltre che come duo. Davide Carbone Blonde Andrew VENEZIADominik79 Prigione di cristallo

b iopic MarilyndileggendaLa

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The Ballad of Sexual Dipendency del 1978 è l’opera per la quale Nan Goldin è nota nel mondo. Si tratta di una performance a dire il vero, uno slide-show di 687 diapositive accompagnate da una soundtrack di una trentina di canzoni, sorta di diario fotografico della vita della fotografa tra Boston, New York, Berlino. Autori tratti, foto di amanti, amici, personaggi della comunità LGBTQ, ripresi nella loro dimensione di ‘quotidianità sempre sulla scena’, si alternano a formare un opus colossale sulla condizione umana dei membri di una tribù. Perché Nan Goldin, fin dall’inizio della sua carriera, ha voluto utilizzare la camera fotografica come una “extension of my hand ”, come uno strumento di registrazione delle vicende della vita di una comunità alla quale lei appartiene: una comunità dove sono di norma gli eccessi, le violenze, le montagne russe tra gioia e disperazione, le illusioni, le disillu sioni e di cui lei registra ogni particolare, ogni dettaglio, ogni minima sismografia. E lo fa lasciando che sia l’immagine, nella sua tremenda nudità, a parlare, senza preoccuparsi troppo della dimensione tecnica. Quando viene intervistata e con la sua voce sussurrante dice frasi meravigliose che sembrano essere la spre mitura esistenziale di una vita sempre al limite e di una saggezza capace di ricominciare ogni volta, ci sembra che Nan Goldin ci parli di una ‘estetica della vita’ dove si fondono coraggio, passio ne, sensibilità artistica. E non è un caso che questa donna abbia avuto la lucidità e la forza di fondare una organizzazione col compito di focalizzare l’attenzione pubblica sulle conseguenze negative derivanti dall’assunzione di oppioidi, da lei stessa patite, e di combattere la produzione di uno specifico anti-dolorifico, l’OxyContin, prodotto dalla Purdue Pharma. F.D.S.

ENG Ever since the beginning of her career, Nan Goldin had wanted to use photography as “an extension of my hand ”, a tool to record the lives of a community she feels she belongs in, a community where excess, violence, emotional rollercoast er, illusion, and disillusionment are the norm. When giving interviews, her whisper-like voice says wonderful sentences that sound like the existential summa of a life lived to the limit and of the wisdom that knows how to start all over again each time. It sounds like Nan Goldin speaks about ‘life aesthetics’ at a point where courage, passion, and artistic sensibility meet. It is no chance that this woman had the lucidity and the strength to campaign for public awareness of opioid abuse – which she suffered from herself – and to fight against the manufacturing of a specific opioid drug, OxyContin by Purdue Pharma. È dal 2009 con Cosmonauta, da lei stessa scritto, interpretato e diretto, che Susanna Nicchiarelli (Roma, 1975) porta una venta ta d’innovazione e femminismo alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. La sua regia ha attirato l’attenzione per via dei soggetti che sa scegliere: i suoi protagonisti sono personag gi unici, eccezionali, ma al contempo, spesso dimenticati. Questa volta a entrare delle grazie della Nicchiarelli dopo rigorose ricerche filologiche è la figura di Santa Chiara, le cui vicende son ricostruite dal primo passo che compie verso la santità, fuggendo a soli 18 anni dagli agi della casa paterna per seguire la via della povertà, ispirata dall’amico Francesco. La sua scelta è mossa da un ardente desiderio di libertà e da un’inesauribile energia di rinnovamento, le cui conseguenze stravolgeranno completamente la sua esistenza e porteranno alla fondazione dell’ordine religioso delle Clarisse. Una rivoluzione spirituale radicale, a tratti drammatica, perseguita con l’entusiasmo e l’incoscienza della giovane età. Dal biopic Nico, 1988 a Miss Marx, sembra che la missione di Nic chiarelli sia quella di portare alla conoscenza del pubblico delle figu re storiche di cui ci siamo dimenticati di prendere nota. Con questo terzo ritratto femminile anche Chiara ritrova finalmente la sua luce. Silvia Baldereschi ENG Since 2009, with Cosmonauta, written, interpreted and directed by herself, Susanna Nicchiarelli (Rome, 1975) continued to bring a wave of innovation and feminism to the Venice Interna tional Film Festival. Her films have attracted attention because of their subjects: her protagonists are unique, exceptional characters, but at the same time, often forgotten ones. After rigorous philolog ical research, now Nicchiarelli focuses attention on the figure of Saint Clare, whose life she reconstructed from the first step she takes towards holiness, leaving at just 18 years the comforts of the paternal home to follow the path of poverty, inspired by her friend Francesco. Her choice is motivated by an ardent desire for freedom and an inexhaustible energy of renewal that will finally lead her to the foundation of the religious order of the Poor Clares. A radical spiritual revolution, at times dramatic, pursued with the enthusiasm and recklessness of her young age.

All the Beauty and the Bloodshed Laura VENEZIAPoitras79 Chiara Susanna Nicchiarelli VENEZIA 79

Bellezza e sangue Luce Chiara

Chiara

All the Beauty and the Bloodshed

Italians ENG elsewhere There’s a trend in Italian cinema that has become quite clear: internationalism. Its stories grow more international with each year passing, both in genres and themes, and Italian filmmakers are more and more appreciated abroad. Just one example: Luca Guadagnino. The Sicilian director guides his fellow ‘international-Italian’ filmmakers at the VFF. His Bones and All is a sentimental horror filmed in deep America starring Timothée Chalamet. An intimist movie on part of Andrea Pallaoro: his Monica is set in the American Midwest and tells the story of a formerly estranged daughter who, twenty years after her last contact, travels back to her hometown to visit her ailing mother. Much awaited for is The Hanging Sun by Francesco Carrozz ini, at his debut in fiction film. His picture is a thriller drama shot in Norway. The protagonist in John (Alessandro Borghi); he betrays, and later flees from, his boss (Peter Mullan) who is also his father. For as many Italians looking abroad, there are foreigners looking at Italy: at Venice Days, Abel Ferrara will present his portrait of Pa dre Pio (Shia LaBeouf) and Mark Cousins his document film Marcia su Roma, starring Alba Rohrwacher.

i talia

BelpaeseiloltredilatatiSguardi

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Se c’è una tendenza che il cinema italiano sta dimostrando negli ultimi decenni è quella di travalicare i confini nazionali. Storie sempre più universali, per genere e tematiche, e una sempre più numerosa schiera di talenti richiesti all’estero. Si pensi ai film italiani sui supere roi o al successo di Luca Guadagnino. Ed è proprio il regista siciliano a guidare gli italiani presenti al Lido con film ‘internazionali’. Il suo Bones and All, in Concorso, è un horror sentimentale on the road tra gli emarginati d’America con Timothée Chiamami col tuo nome Chalamet. Un nuovo primo amore in cui la giovane Maren (Taylor Russell) sente il desiderio di divorare, letteralmente, ciò per cui prova attrazione. Ben più intimista è Andrea Pallaoro, nato a Trento e con un master in regia al California Institute of Arts, con un nuovo ritratto di donna: dopo Hannah, Coppa Volpi a Charlotte Rampling nel 2017, è in Concorso con il dramma familiare Monica (Trace Lysette). Am bientato nel Midwest americano (così come il film di Guadagnino), racconta di una figlia che dopo vent’anni torna a vivere nella casa dei genitori per accudire la madre malata. Grande attesa poi Fuori Concorso per The Hanging Sun di Francesco Carrozzini, figlio di Franca Sozzani, che fa il suo esordio nel cinema di finzione – dopo numerosi videoclip, spot e l’acclamato documentario sulla madre – con un thriller drammatico girato in Norvegia, tratto da Jo Nesbø. Protagonista è John (Alessandro Borghi), in fuga dopo aver tradito il boss per cui lavorava, che altri non è che suo padre (Peter Mullan). Di tutt’altro respiro è Vera con Vera Gemma, figlia di Giuliano, in Orizzonti, della coppia italo austriaca Tizza Covi e Rainer Frimmel, noti per lo stile unico con cui miscelano finzione e documentario. E per gli italiani che guardano al mondo, ci sono anche gli stranieri che guardano all’Italia. Alle Giornate degli Autori Abel Ferrara porta il suo ritratto di Padre Pio, con Shia LaBeouf, e il documentarista cinefilo Mark Cousins propone il film-documento Marcia su Roma con Alba Rohrwacher. Una tendenza che ci dimostra la voglia di ampliare la tavolozza dei colori nostrani. Sara Sagrati Cinema expat 38 Bones and All Monica

IL DELLESIGNOREFORMICHE Gianni Amelio VENEZIA 79 Le vicende umane e giudiziarie del dram maturgo e poeta Aldo Braibanti, una storia vera italiana di fine degli anni ‘60, quando l’intellettuale venne condannato con l’ac cusa di aver plagiato uno studente.

Lido speaks ENG Italian Which Italians will be at the Lido? What stories will they tell us? Will they do justice to our country?

L’IMMENSITÀ Emanuele Crialese VENEZIA 79 Clara e Felice, un matrimonio finito, ma senza riuscire a lasciarsi in una Roma anni ’70, borghese e in piena crescita edilizia. Il ritorno di Crialese a dieci anni da Terraferma BONES AND ALL Luca Guadagnino VENEZIA 79 Tra passaggi segreti, botole e stradine del Midwest, due amanti intraprendono un’odissea di centinaia di chilometri lungo l’America di Ronald Reagan. Ma Maren ha un problema: quando si affeziona a qualcuno finisce per… mangiarlo.

While some directors chose to tell stories from faraway lands, others stayed in Italy, with the goal of showing it to the world. In the main competition, three great filmmakers who have a lot to say on the current state of affairs. In Il signore delle formiche, Gianni Amelio recollects the Brai banti case, a 1968 trial against a philosophy professor, accused of manipulating a young man. Susanna Nicchiarelli’s biopic Chi ara is about the life of Saint Claire. With L’immensità, Emanuele Cri alese takes us back to the Rome of the 1960s, the background of a family story starring Penélope Cruz. Out of competition, Paolo Virzì looks at a possibly torment ed future: his Siccità shows what happens to the city of Rome after a three-year drought. And there’s much more in the Orizzonti sec tion. Enjoy!

SICCITÀ Paolo Virzì FUORI CONCORSO Come una piaga biblica la siccità si cronicizza tanto nella geografia dei luoghi quanto nei rapporti interpersonali in un intreccio di esperienze soggettive dal quale emerge un destino comune e tragi camente beffardo.

Chi saranno gli italiani in Mostra al Lido? Che storie ci racconteranno? Sapranno raccontare il nostro Paese? Lo scopriremo solo guardando, ma a una prima occhiata le sezioni ufficiali della Mostra disegnate da Alberto Barbera ci regalano una bella panoramica sui diversi percorsi aperti del cinema italiano contemporaneo, tra nomi più ‘lagunari’ e nuove promesse. Se alcuni nostri talenti, in numero crescente pare, scelgono di raccontare storie più internazionali (vedi articolo a fianco), altri restano in patria per mostrare al mondo l’Italia presente, pas sata e futura. In Concorso tre grandi autori guardano al passato ma con film capaci di raccontare molto sull’oggi. Gianni Amelio in Il signore delle formiche –con Luigi Lo Cascio e Elio Germano – porta in scena il caso Braibanti, ossia il processo al noto intellet tuale che nel 1968 fu accusato di plagio ma con lo scopo esclusivo di punirlo per la sua omosessualità. Susanna Nicchiarelli si spinge ancora più indietro con Chiara, nuovo biopic al femminile dopo Nico, 1988 e Miss Marx, su Santa Chiara D’Assisi. Ema nuele Crialese in L’immensità ci riporta nella Roma degli anni ‘60 per una storia famigliare di crisi coniu gale e identità che cambiano, con Penélope Cruz nelle vesti di protagonista. Al futuro ci pensa Paolo Virzì, che Fuori Concorso ibrida la grande comme dia all’italiana con il racconto distopico. In Siccità, questo il titolo del suo ultimo lavoro, si immagina una Roma senza pioggia da tre anni e nella quale Valerio Mastrandrea, Silvio Orlando, Monica Bellucci, Vinicio Marchioni, Elena Lietti, Claudia Pandolfi e molti altri interpreti ancora vanno alla ricerca di una goccia d’acqua. Restano invece ancorati al presente gli sguardi degli italiani di Orizzonti. Princess di Roberto De Paolis, rivelazione a Cannes con Cuori puri, inaugura la sezione con una storia di quotidianità ai margini, tra prostituzione e tentativi di redenzio ne, mentre Pippo Mezzapesa in Ti mangio il cuore dirige l’esordio al cinema di Elodie, protagonista con Tommaso Ragno e Michele Placido di un film tratto dal romanzo inchiesta sulla Quarta Mafia, organiz zazione criminale del foggiano. Buona italianissima visione! Sa.Sag. Il Lido che parla italiano Princess Siccità

PRINCESS Roberto De Paolis AlleORIZZONTIportedi Roma, in una pineta di Ostia, Princess è una giovane donna nigeriana costretta a prostituirsi. Dopo un litigio con le amiche, con cui condivide il de stino della strada, incontra un uomo che sembra intenzionato ad offrirle un aiuto concreto… 39

There’s only one way to find out, though at first glance, the several sections of the Venice Film Festi val list a good number of different points of view on modern Italian cinema – all names we know and love, and promising debutants.

Around Aldo Brabanti, a number of intellectual and artistic figures gravitated: friends, associates, pupils like Carmelo Bene, Sylvano Bussotti, Piergiorgio and Marco Bellocchio, Alberto Grifi, Lou Castel. Carmelo Bene called Braibanti “an extraor dinary genius and one of my many fathers”. Braibanti was an anti-fascist intellectual, a partisan fighter, a philosopher, poet, artist, playwright, and director. In the 1950s, he renounced com munism and entered a phase of life when multi-disciplinary aes thetic experience identified, for a time, with communal living in an art workshop. He stood trial for plagio – psychological submis sion – as the only defendant ever indicted under Italian law for what was then a crime. The accu sation came from the father of his boyfriend, Giovanni Sanfratello. The trial had been, in fact, a fight between two sides of Italy: the re pressive and backwards against the libertarian. Politicians, justices, informants, intellectuals – the trial involved and shook the consciences of many. Braibanti was given a nine-year sentence, later reduced to a two-year sentence. Sanfratello was sent to a psychiatric hospital in Verona and subjected to 40 electroshock sessions. That’s how they ‘treat ed’ homosexuality at the time. Braibanti and Sanfratello became the scapegoats that conservative Italy sacrificed on the altar of fear of societal evolution.

La figura di Aldo Braibanti come intellettuale radicale di molteplici interessi tiene insieme alcune delle figure cardine della creatività artistica e intellettuale italiana: furono suoi amici, sodali o allievi Carmelo Bene, Sylvano Bussotti, Piergiorgio e Marco Bellocchio, Alberto Grifi, Lou Castel. Bene lo definisce «un genio straordinario e uno dei suoi tanti padri». Questo intellettuale anti-fascista, partigiano, filosofo, poeta, artista, scrittore di teatro, regista vive sulla propria pelle, negli anni ’50, l’abbandono della militanza comunista e l’ingresso in una esistenza in cui l’esperienza estetica multi-disciplinare si identifica, per un certo periodo, con una esperienza di vita comunitaria nel laboratorio artistico del torrione Farnese di Castell’Arquato. Nello stesso tempo, a conferma di un ingegno lucidissimo e senza confini, diventava uno dei principali mirmecologi (studiosi di formiche) europei e numerose sono le testimonianze della cura maniacale con cui curava i formicai all’interno della sua casa. Il processo per plagio (l’unico che si ebbe in Italia) che gli fu intentato nel 1968 dal padre del suo compagno, Giovanni Sanfratello, fu una tragedia processuale dietro alla quale si giocò una tremenda partita tra l’Italia regressiva e oscurantista e quel la libertaria. Non è un caso che il suo più strenuo difensore fu Marco Pannella, che durante il processo mise in opera una vera e propria opera di controinformazione per screditare le ignobili accuse lanciate contro Braibanti. Ma, al di là del gioco delle parti e della relativa discesa in campo della politica, della magistratura e dei servizi segreti da un lato e degli intellettuali italiani dall’altro (Pasolini, Morante, Moravia, Eco, Maraini), il processo fu il solito tritacarne mediatico (succedeva anche allora!) dal quale non si salvò nessuno. Braibanti fu condannato a nove anni, anche se poi la pena fu scontata a due, e il suo compagno, con la complicità della propria famiglia, fu trasferito al manicomio di Verona dove verrà sottoposto a 40 elettroshock. Perché allora l’omosessua lità si curava così. E Braibanti e Sanfratello diventarono i capri espiatori che l’I talia conservatrice e di regime sacrificò sull’altare della paura del cambiamento sociale agitato dal Sessantotto. F.D.S.

Il signore delle formiche Gianni VENEZIAAmelio79 Colpevole delle formiche

Guilty of ENG “brainwashing”

di plagio 40 Il signore

i talia italianastoriaunaBraibanti,casoIl

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Nell’edizione 79 della Mostra grande spazio alla cinematografia iraniana. In Concorso Beyond the Wall di Vahid Jalilvand e No Bears di Jafar Panahi, in Orizzonti World War III di Houman Seyedi e in Orizzonti Extra il lavoro di Arian Vazirdaftari, Without Her. Pellicole impegnate, cariche di tensione e di una violenza attraverso la quale si esprimono la lotta di classe e i conflitti sociali e personali nell’Iran di un tempo e di oggi, dove purtroppo nulla pare essere sostanzialmente cambiato. Nella storia del cinema iraniano Lor Girl (1932) è il primo film sonoro prodotto dall’Imperial Film Company a Bom bay. I primissimi lavori cinematografici iraniani furono infatti realizzati proprio in India, dove il persiano per molti secoli ebbe lo status di lingua ufficiale, favorendo il suo sviluppo linguistico e letterario. Ma fu The Cow (1969) di Dariush Mehrjui, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1971, a far conoscere il cinema iraniano all’estero e soprattutto in Europa, dove trovò fin da subito un pubblico attento e interessato. Le due rivoluzioni iraniane, costituzionale del 1905-1911 e islamica del 1977-79, scossero l’intero Paese ed ebbero un impatto significativo sulla produzione cinematografica. Dopo la scomparsa di Abbas Kiarostami ( Dov’è la casa del mio amico, 1985; Sotto gli ulivi, 1994; Il sapore della ciliegia, 1997; Copia informe, 2010), Jafar Panahi è ad oggi una delle figure di primissimo riferimento e tra le più audaci ed impegnate della cinematografia iraniana. Studente dello stesso Kiaro stami, Panahi ha costruito e sviluppato il suo percorso estetico affrontando tematiche sempre più socialmente sensibili, attirandosi fatalmente le sinistre e inquisitorie attenzioni del regime degli ayatollah. Attenzioni che lo hanno costretto come noto a girare i suoi ultimi lavori clandestinamente, ivi compre so l’ultimo qui in Mostra, subendo numerose condanne sempre in qualche modo pattuite o sospese. Fino a qualche mese fa, quando invece è stato incarcerato per essersi rifiutato di sottostare all’ipocrisia del patteggiamento. Maria

This year’s edition of the Venice Film Festival has a strong Iranian presence, and an interesting one, at that. It merits attention. In the main competition, we have Beyond the Wall by Vahid Jalilvand and No Bears by Jafar Panahi. In the Orizzonti section, World War III by Houman Seyedi. In the Orizzonti Extra section, Without Her by Arian Vazirdaftari. All films are political ly relevant, loaded with tension, and show the violence of class struggle and personal conflicts in the Iran of the past and of today –though many things seem not to have changed at all. The history of Iranian cinema began in India, where Persian had long been an official language. It was with The Cow (1969) by Dariush Mehruji (shown at the 1971 Venice Film Festival) that Iranian cinema met European audiences, who soon grew interested in it. After Abbas Kiarostami, Jafar Panahi is today one of the most daring and strong figures in Iranian cinema. Pana hi was a student of Kiarostami’s, and went on to work on sensitive, critical themes in the social and political dimension of present-day Iran, fatally attracting the attention of the ayatollahs’ regime. As is well known, Panahi has been forced to shoot his latest works clandes tinely. The award-winning Iranian film maker, worldwide known for movies such as This Is not a Film and Taxi, is currently detained in Tehran and has been ordered to serve six years in jail for critiquing the government and for filming without a permit.

VociCasadeidall’Iran

42 Without Her Beyond the Wall World War III

g eografie

LidoaliranianiautorideglicapofilaPanahi

Voices ENG from Iran

43 No Bears

WITHOUT HER Arian Vazirdaftari ORIZZONTI EXTRA Roya e suo marito sono pronti per emigrare in Danimarca dall’Iran. Poco prima della partenza i piani della cop pia vengono però stravolti dall’incontro con la giovane Ziba, ragazza smarrita che sembra aver perso la memoria.

On the last July 11, we got news of Jafar Panahi’s arrest. Panahi had been visiting the prosecutor’s office to inquire about other two arrests, those of fellow directors Mohammad Rasoulof and Mostafa Aleah mad. According to the prosecution, the two participated via social media to the protest that followed the collapse of a building in Abadan last May, which caused the death of 43 people. Mere days later, Panahi was sentenced to six years in prison for a crime he supposedly committed in 2010: “prop aganda against the establishment”. The sentence has lain unexecuted for a time, though left Panahi in a state of conditional freedom that might be revoked at any time. Panahi bravely ignored the conditions of his earlier release and kept making clandestine films (This Is Not a Film, Closed Curtain, Taxi, Three Faces, and No Bears, presented at the Venice Film Festival. All films, with the partial exception of Three Faces, have been shot at Panahi’s house or inside a taxi driving around Tehran. This judicial persecution violently inter rupted what appeared to be a compromise, an acceptance of the status quo by the Ira nian regime. We can only hope that Panahi can soon be freed of what appears to be an intolerable instance of arbitrary detention.

Dalla parte di Panahi 11 luglio 2022, arriva la notizia dell’arresto di Jafar Panahi che si era recato in procura a Teheran per chiedere notizie sull’arresto nei giorni precedenti di altri due registi iraniani, Mohammad Rasoulof e Mostafa Aleahmad, colpevoli secondo l’accusa di aver partecipato, attraverso i loro account social, alle proteste seguite al crollo, ad Abadan nel mese di maggio, di un palazzo che ha causato la morte di 43 persone. Qualche giorno più tardi arriva la notizia che il regista dovrà scontare sei anni di carcere comminati da una precedente condanna nel 2010 per “propaganda contro il sistema”. Condanna che era rimasta non eseguita, ma che l’aveva costretto ad un regime di libertà condizionata che poteva essere revocato in qualsiasi momento. Regime che lo stesso regista aveva coraggiosamente disatteso più volte coi suoi film clandestini (This Is Not a Film, Closed Curtain, Taxi Teheran, Tre volti e No Bears, presentato quest’anno al Festival Venezia. Tutti girati, con la parziale eccezione di Tre volti, nella casa del regista o dentro un taxi che scorazza per Teheran munito di telecamera interna a riprendere la varia umanità che entra nel taxi lungo il percorso. Di fronte a questa recrudescenza giudiziaria, che interrompe con violenza quella che sembrava essere una silenziosa accettazione dello status quo da parte del regime iraniano, la voglia di compiere in questo box una breve analisi del cinema di Panahi passa in seconda linea, sostituita dalla speranza che possa il prima possibile uscire da quello che appare a tutti gli effetti come un intollerabile sequestro. F.D.S. No Bears Jafar VENEZIAPanahi79 Free ENG Jafar!

NO BEARS

BEYOND THE WALL Vahid Jalilvand VENEZIA 79 Ali è un non vedente che ha deciso di togliersi la vita. Viene salvato in extremis dal portinaio del suo palazzo, che lo avverte anche della presenza nel condominio di una fuggitiva. Ali scoprirà poi che la donna si nasconde proprio nel suo appartamento.

Jafar Panahi VENEZIA 79 Due storie d’amore parallele, entrambe contrastate da ostacoli che riflettono la vita in Iran in questi giorni. Panahi interpreta un regista non lontano dalla propria condizione reale di persegui tato, alle prese con la troupe in un villaggio al confine con la Turchia.

WORLD WAR III Houman Seyyedi ShakibORIZZONTIviene assunto per lavorare in un set cinematografico. Durante la lavorazione del film, che vuole essere un’aspra condanna alle dittature, gli stessi registi iniziano però ad assume re atteggiamenti tirannici.

44 Freedom on Fire: Ukraine’s Fight for Freedom

daysUkrainian

g eografie

É tutto in fiamme, l’inverno e la libertà. Per la seconda volta in sette anni Evgeny Afineevsky porta alla Mostra del Cinema di Venezia uno spac cato della a dir poco complessa realtà ucraina. Nel 2015 per Winter on Fire: Ukraine’s Fight for Freedom ha utilizzato i video d’archivio della rivolta del 2013-‘14 in piazza Maidan per restituire la frustrazione e la violenza di quei mesi. Questo suo ultimo lavoro presentato ora al Lido invece, il documentario Freedom on Fire: Ukraine’s Fight for Freedom, è girato completamente sul campo tragico del conflitto russo-ucraino. Le riprese cominciano dopo il 24 febbraio, quando Putin attua quella che lui stesso ha impudentemente denominato ‘Operazione militare speciale’. La spaventosa e ormai decennale pressione bellica, con conseguente, progressiva perdita di libertà e di autonomia politica, che schiaccia e condiziona il quotidiano dell’Ucraina è restituita in maniera pregnante da entrambi i documentari: nel primo tramite le voci che alternano le imma gini delle violenze perpetrate dalle Forze Speciali Ucraine sui cittadini; in Freedom on Fire con un girato in presa diretta cruento e devastante della guerra. Afineevsky inizia a lavorare con i documentari in Russia sin da adolescente. Nella sua carriera può vantare diversi premi important, tra cui l’International Documentary Association’s Courage Under Fire Award, il Cinema for Peace Awards as Most Valuable Documentary of the Year e il Documentaries Without Borders Film Festival. Il suo documentario del 2017 sulla guerra civile in Siria, Cries from Syria, gli ha valso i premi come Miglior Documentario, Miglior Regia e Miglior Canzone in un Documenta rio per Prayers of This World, interpretata da Cher. Matilde Corda ENG Everything’s in flames – winter and freedom. For the second time in seven years, Evgeny Afineevsky brings to the Venice Film Festival a complex – to say the least – view on Ukraine. In 2015, he used archive footage to depict the frustration and violence of the 2013-14 protests in his film Winter on Fire: Ukraine’s Fight for Freedom His latest work, similarly titled, is Freedom on Fire: Ukraine’s Fight for Freedom, and has been shot entirely on the battlefield of the lasts Russian-Ukrainian conflict. Afineevsky has been working on docu mentaries in Russia since his youngest years. His work has earned the International Documentary Association’s Courage Under Fire Award and the Cinema for Peace Awards as Most Valuable Docu mentary of the Year. «Kiev è la mia città natale». Nono stante sia nato in Bielorussia e viva da oltre vent’anni in Germania, la componente ucraina è da sempre fortissima nell’identità personale ed artistica di Sergei Loznitsa, regista decisamente cosmopoli ta. L’Ucraina non può quindi non rivestire un ruolo centrale nei suoi interessi cinematografici, come eloquentemente dimostrano Maidan (2014) e Donbass (2018). Ucraina che ritorna ora come sfondo del suo nuovo lavoro incentrato su un drammatico, tragico episodio del Novecento. Storicamente il grande paese cerniera tra Russia ed Unione Europea ha rappresentato il teatro di disarmanti massacri che il tempo ha progressivamente allontana to, fino talvolta a rimuoverli, dalla memoria del singolo, ma che la comune coscienza fortunatamen te non dimentica e di cui la storia minaccia purtroppo follemente di reiterare i tragici esiti. Loznitsa è ben consapevole dell’importanza della memoria e anche in questo suo ultimo film la missione è dar voce e volto alle vittime dimenticate della storia. Dopo Babi Yar. Context (2021) incentrato sull’omonima strage compiuta dai nazisti nel 1941 ai danni di oltre 33.000 ebrei ucraini, The Kiev Trial rappresenta un ritorno a quel tragico passato. Basato su immagini inedite d’archivio, il do cumentario ricostruisce il processo – noto come “la Norimberga di Kiev”

Freedom on Fire: Ukraine’s Fight for Freedom Evgeny Afineevsky FUORI CONCORSO Libertà in fiamme Il dellaricorsoStoria

The Kiev Trial

The Kiev Trial Sergei Loznitsa FUORI CONCORSO

Luxembourg, Luxembourg Antonio ORIZZONTILukich Una commedia interrotta Luxembourg, Luxembourg

45 – tenuto in Unione Sovietica contro ufficiali nazisti di vario ordine e grado accusati di crimini contro l’umanità. È un documentario che si colloca nella produzione del regista come naturale prosecuzione del preceden te, seguendone la stessa linearità storica. Qui gli ucraini smettono di essere vittime passive ponendosi come i soli a poter giudi care gli oppressori, una disposizione vissuta con rinnovato comunitarismo e cementato spirito patriottico. È un documentario che si fa finestra sulla storia tanto passata quanto, alla luce della corrente guerra russo-ucraina, presente. Elena Migotto ENG “Kiev is my hometown.” Al though he had been born in Belarus and has been living for over twenty years in Germany, cosmopolitan director Ser gei Loznitsa is proudly Ukrainian in his personal and artistic identity, which he showed in his movies Maidan (2014) and Donbass (2018). Ukraine will be once again the background of Loznitsa’s work on a dramatic, tragic episode of the twentieth century. The Kiev Trial, based on yet-unpublished archive footage, is a documentary on a trial of Nazi officials that took place in the Soviet Union. The Nazis were accused of crimes against humanity. A documentary that is a window on recent history as well as, given the times, on the present. The Ukrainian director is also re membered for Babi Yar. Context (2021) on the Babi Yar massacre of 33,000 Ukrainian Jews committed by Nazis in 1941. La commedia

Luxembourg, Luxembourg è il secondo lungometraggio del regista ucraino Antonio Lukich (Uzhorod, 1992). I protagonisti sono i gemelli ucraini Kolya e Vasily, alle prese con la scoperta che il padre da cui sono stati abbandonati in tenera età si trova in Lussemburgo e sta per morire. Mentre uno è motivato a raggiungerlo, l’altro fa di tutto per fermare il fratello ma finisce per ritrovarsi catapultato in viaggio con lui. Il film, ancora in fase di completamento, è stato selezionato a Venezia per concorrere nella categoria Orizzonti. Una grande occasione per un regista giovane come Lukich, non fosse che dopo pochi giorni l’incursione della Russia in Ucraina ha imposto un deciso e drammati co freno al suo entusiasmo. Per completare il film ha dovuto recuperare i materiali rimasti a Kiev e riunire i membri della troupe che all’inizio del conflitto si erano spostati in zone sicure. A preoccuparlo più di tutto è stato il dilemma sul senso della partecipazione di un Paese in conflitto ad un festival cinematografico internazionale. Quella che era stata concepita per essere una commedia dai toni leggeri è diventata allora un’occasione per essere ascoltati e vedere riconosciuta la cultura ucraina dalla comunità cinematografica internazionale. Ma Lukich, come ha dichiarato in un’intervista, non è ancora sicuro che questo sia abbastanza per aiutare il suo Paese: «Certo, la nostra bandiera e la nostra nazione saranno rappresentate in un evento al pari, per esempio, della Champions Lea gue o dei Mondiali, ma nel cinema. Ma questo serve alla società? Non sono un analista sociale e non posso prevederlo». Silvia Baldereschi ENG Comedy Film Luxembourg, Luxembourg is Ukrainian director Antonio Lukich’s second feature film. The story follows two twins, Kolya and Vasily, as they find out that their father, who abandoned them in their infancy, lives in Luxembourg and is about to die. While one brother wants to go and visit him, the other is hesitant, but ends up tagging along. The film is yet to be finished, but has still been picked in the Oriz zonti section. This is a great chance for a young director like Lukich, who was born in 1992, and had to pause his work on the movie because of the conflict with Russia. What started out as a light-hearted comedy became a chance for Lukich’s voice to be heard and for Ukrainian culture to be recognized by the international film community.

r elazioni genitorialitàallaguardaFestivalIl NEL DELLANOMEMADRE 46 TheL’immensitàEternalDaughter

BLANQUITA Fernando Guzzoni BlancaORIZZONTIèuna ragazza madre di appena diciotto anni che vive con la figlia in una casa famiglia gestita da Padre Ma nuel. Uno scandalo sessuale metterà entrambi nell’occhio della stampa.

MONICA Andrea Pallaoro VENEZIA 79 Dopo una lunghissima assenza Mo nica, donna transessuale, torna nella sua casa natale in Ohio, da cui si era allontanata quando era appena adole scente. L’occasione è di fare visita alla madre molto malata.

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LES DAMNÉS NE PLEURENT PAS Fyzal Boulifa GIORNATE DEGLI AUTORI L’adolescente Selim è spinto dalla ma dre a lasciare il posto di lavoro in cui è sottopagato. Dietro le esortazioni della donna però si celano altre ragioni, che produrranno riverberi sulla vita del giovane.

Roberto Pugliese

In the name ENG of the mother Parenthood is a subject that has appeared in the several editions of the Venice Film Festival. We don’t need to go back to its earlier years – coming to mind are Pa solini’s Mamma Roma (1962) and Pudovkin’s masterpiece Mother (1926), which passed in the Soviet retrospective programme by Francesco Savio in 1963. More recently, Kim Ki-duk’s disturb ing two films Pieta and Moebius (2012 and 2013) and the delirious, apocalyptical Mother! by Darren Aronofsky (2017). The 79th edition of the Venice Film Festival sees the theme of parenthood in all its sections. In the main competition, we’ll find Aronofsky again with The Whale, where an obese man has a tormented relationship with his teenage daughter and with fa therhood itself. The tragic myth of Medea, the child-killing mother, lingers in the air in Saint Omer by Senegalese-French Alice Diop. Its ideal counterpoint is Vahid Jalilvand’s Beyond the Wall, that sees a mother desperately look ing for her four-year-old, which she lost during a workers’ protest.

SAINT OMER Alice Diop VENEZIA 79 Rama, scrittrice trentenne e in pro cinto di diventare madre, assiste a un processo al tribunale di Saint Omer. L’imputata è Laurence Coly, accusata di aver ucciso la figlia di soli 15 mesi.

Di madre/padre in figli/e, la genitorialità è una categoria della natura ricorrente nelle tematiche di numerose edizioni della Mostra. Senza risalire agli albori, la memoria rievoca ad esempio la pasoliniana Mamma Roma (1962), o addirittura il capolavoro di Pudovkin Mat’ ( La madre, 1926), riproposto nella retrospettiva sovietica curata da Francesco Savio nel ‘63; più recentemente ricordiamo lo sconvolgente dittico Pietà e Moebius (2012 e ‘13) del compianto Kim Ki-duk (presente ora, dovuto omaggio postumo, Fuori Concorso con il suo ultimo film Kõne taevastCall of God, il cui montaggio non è da lui firmato per la scomparsa improvvisa) o il delirante, apocalittico Madre! di Darren Aronofsky (2017). Nella 79. edizione il tema è trasversale alle sezioni e pressoché invasivo. In Concorso proprio Aronofsky vi ritorna con The Whale, dal dramma di Samuel D. Hunter, stavolta indagando sulla tormentata paternità di un uomo afflitto da obesità e sul suo rapporto con la figlia adolescente (la Sadie Sink di Stranger Things ). Il tragico mito di Medea, madre infanticida, aleggia invece in Saint Omer della franco-senegalese Alice Diop, cui si contrappone idealmente, dall’Iran, Shab, Dakheli, Divar ( Beyond the Wall ) di Vahid Jalilvand, dove una mamma cerca disperatamente il figlio di quattro anni smarritosi du rante una manifestazione operaia. E se White Noise di Noah Baumbach, film d’apertura, L’immensità di Emanuele Crialese e (fuori concorso nella SIC) il francese Pinned Into a Dress di Gianluca Matar rese e Guillaume Thomas sembrano concretizzare l’aforisma tolstojano “Tutte le famiglie felici sono uguali, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”, in altre pellicole, come ad esempio En los márgenes (Orizzonti) dello spagnolo Juan Diego Botto, social thriller con Penélope Cruz (protagonista anche in Crialese), proprio nel recupero del ruolo genitoriale si aprono spiragli di speranza. La necessità di ritro vare un rapporto tra figlie non più giovani e madri anziane e sofferenti affiora poi sia nella ghost-story The Eternal Daughter di Joanna Hogg, che in Mo nica del nostro Andrea Pallaoro (lo si ricorderà per un altro straordinario ritratto al femminile, Hannah, 2017, Coppa Volpi a Charlotte Rampling). Quanto a Florian Zeller, dopo il suo folgorante esordio The Father con Anthony Hopkins ecco ora The Son, film in cui la comparsa di un adolescente problematico mina i difficili equilibri di un’altra famiglia (in)felice. Ragazze-madri, madri immigrate, figli in pericolo, padri celebri e superficiali popolano ancora Orizzon ti, da Vera di Tizza Covi e Rainer Frimmel a Obet’ ( Victim ) di Michal Blaško, da Blanquita di Fernando Guzzoni a Aru Otoku ( A Man ) di Kei Ishikawa, men tre nelle Giornate degli Autori (declinate fortemente al femminile) Les damnés ne pleurent pas dell’anglomarocchino Fyzal Boulifa celebra nel tormentato, ma necessario, legame madre-figlio l’unica via di salvezza per sopravvivere alle lacerazioni della con temporaneità.

Noam Baumbach’s White Noise, Emanuele Crialese’s L’immensità, and Gianluca Matarrese’s and Guillaume Thomas’ Pinned into a Dress seem to materialize the Anna Karenina principle – All happy families are alike; each unhappy family is unhappy in its own way. Parenthood hopes for recovery in En los Márgenes by Juan Diego Botto, and the need to cultivate a relationship between older mothers and grown-up daughters shows both in Joanna Hogg’s The Eternal Daughter and in Andrea Pallaoro’s Monica. Also, take notice of Florian Zeller: after his The Father of 2020, starring Anthony Hopkins, he will present The Son. Fyzal Boulifa’s Les damnés ne paurent pas celebrates the tormented, though necessary, relationship between mother and son, the only way to survive the wounds of modernity.

THE DAUGHTERETERNAL Joanna Hogg VENEZIA 79 Un’artista di mezza età fa ritorno insie me all’anziana madre nella loro casa di famiglia nel Galles. Il maestoso ma niero ora trasformato in hotel sembra infestato da strane presenze.

L’ultima volta di Darren Aronofsky sul grande schermo? Risale al 2017. Il film era Mother!, horror psicologico con Jennifer Lawrence pre sentato al Lido. Il regista torna ora in Concorso alla 79. Mostra del Cinema di Venezia con The Whale, film targato A24. La storia? Quella di Charlie, professore affetto da una grave obesi tà che prova a riallacciare i rapporti con la figlia adolescente, tra tentativi di riscatto e sensi di colpa. Nel ruolo di Charlie un grande ritorno, quello del protagonista de La Mummia, Bren dan Fraser, che ha stupito tutti quando è stata rilasciata la prima immagine ufficiale del film in cui compare totalmente trasformato. «Il vero compito? Creare un personaggio autentico con tutti gli strumenti disponibili, dal trucco alle protesi, dagli abiti al CGI, per garantire che la forma del suo corpo obbedisse alle leggi della fisica e della gravità», ha raccontato l’attore al GalaxyCon Raleigh. Nel ruolo della figlia Sadie Sink, protagonista di Stranger Things nei panni di Max. Manuela Santacatterina ENG Darren Aronofsky’s last time on the screen? That was back in 2017 with Mother! a psychological horror film starring Jennifer Lawrence, presented at the Venice Film Festi val. Aronofsky is back in the main competition at the 79th VFF with The Whale. The story is about Charlie, a morbidly obese professor who tries to reconnect with his estranged daughter, navigating through redemption and guilt. In the role of Charlie is Brendan Fraser, who amazed everyone when the first stills from the movie came out, where he looked like a totally different person thanks to prosthetics and CGI effects. Starring as the daughter is Sadie Sink, who was part of the cast in Stranger Things as Max. Saint Omer Alice VENEZIADiop79 The Whale Darren VENEZIAAronofsky79 Medea a Parigi Vuoti affettivi Saint Omer The Whale

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r elazioni Parenthood

Un’icona del servizio pubblico del trasporto parigino attra versa tutte le opere di Alice Diop, la regista francese nata da genitori senegalesi nella banlieue parigina di Seine-SaintDenis, la culla del jihadismo francese: la metropolitana RER B, che a Nord parte dall’aeroporto De Gaulle, attraversa il centro di Parigi e a Sud finisce a Plessis-Robinson. Appare in ogni suo film a fare da collante-cornice discorsiva e meta forica della irriducibile molteplicità delle città che formano la Città, della vicinanza-distanza tra periferia e città storica, tra margine e centro. Che descriva le difficoltà di un giovane atto re nero ad affermarsi nel teatro ipocrita governato dai bianchi, le confessioni sull’amore di quattro giovani della banlieue, i problemi di salute degli immigrati che trasformano l’ambula torio medico in una trincea sanguinosa della politica sociale francese, o il patchwork di esistenze che affollano la RER B, la camera di Diop ha sempre una leggerezza raffinata e ironi ca nel rappresentare i luoghi della sofferenza, senza nessuna vocazione alla condanna sociale precostituita. Ma soprattutto una grande capacità a far trapelare, sotto la crosta del format documentario, l’inesauribile ricchezza delle vite umane, le loro storie sottese, la specificità esistenziale di ciascuno dei soggetti ripresi. Un cinema che parte dal genere documen tario, appunto, per arrivare alla finzione assoluta (come nel film presentato in Concorso alla Mostra, Saint Omer, debutto di Diop nella fiction) tanto più affascinante quanto più scevra dalla logica del rispetto di sceneggiature e story-telling, dispo sizione necessaria per costruire un’intima comédie humaine di matrice balzachiana. Ci vengono in mente, come possibili riferimenti, La schivata di Abdel Kechiche, l’Al Pacino del Ric cardo III, i romanzi di Carrère: arte che trasforma il reportage in una corrente inesausta di vita. F.D.S.

ENG The symbol of the Paris transit authority appears everywhere in Alice Diop’s cinema as the glue and frame that keeps together the irreducible diversity of the many suburbs of Paris and the materialization of the closeness and the distance between the city centre and its outskirts. It shows how hard it is for a young black actor to find his place in the hypocritical theatre world dominated by white men, the love confessions of four youngsters in the Parisian banlieue, immigrants’ health troubles, and the patchwork of lives that populate the suburban train RER B. Diop’s camera is exquisitely lightweight and ironic in framing situation of suffering, and it is also able to quietly show, under a qua si-documentary format, the inexhaustible richness of human lives, their stories, the uniqueness of each.

49 Palazzo Mora Palazzo Bembo Marinaressa Gardens www.personalstructures.comwww.ecc-italy.euEuropeanCulturalCentre ItalyOpenFree@europeanculturalcentre@ecc_italyEntryeveryday 10−18h Closed on Tuesdays 23.4 - 27.202211 STPERSONALRUCTURES Reflections Reflections Book your freeguided tourscanning the code! Venice 2022 Art Biennial

Formerly jury president at Cannes (2018) and Venice (2020), who to call to ‘compose’ the first female orchestra conductor? Her, obviously, which is why we will see her in Tár, by Todd Field. Whoever saw her replying to questions at the latest press con ference – using nothing but a hand gesture – knows that the goddess will prove herself, once again, in an inter pretation worthy of a real Maestro.

50 TÁR

The woman ENG who fell on Earth

Some people come from other plan ets. They are supernatural beings that don’t have much in common with humans. But they are – humans, that is – and the most ethereal of all comes from Australia: Cate Blanchett. Cate ‘fell on Earth’ on May 14, 1969 and made herself known – who would have thought? – as a twelve-year-old girl, when she was made drama cap tain of her school. After school, she surprisingly didn’t choose theatre, but economy and fine arts classes at college. Her vocation for acting returns during a vacation in Egypt, in 1989, where she takes a cheerleading role in a movie about boxing: Kaboria Back home, she enrols at the National Institute of Dramatic Art. The rest is history: theatre with Geoffrey Rush, her first accolades, and the title role in Elizabeth, which grants Blan chett international success and the conquest of Earth – both real earth and Middle-earth. Who else could portray Galadriel as well as she did? Or incarnate a female version of Bob Dylan? (I’m Not There). Divine always when she honours the Marvel Uni verse and becomes a living manifesto – “She is the woman I create for” said Giorgio Armani, whose testimonial has been Cate Blanchett since 2003. A goddess fallen on earth with two Oscars, one Coppa Volpi, a play wright husband, and four children.

music a sonoriPalcoscenici

La donna che cadde sulla terra

Ci sono persone che provengono da altri pianeti. Creature sovrannaturali difficili da accomunare ad altri esseri umani. Eppure lo sono – umani, si intende – e tra loro la più eterea viene dall’Australia: Cate Blanchett. Padre texano, madre di Melbourne, Cate ‘cadde sulla terra’ il 14 maggio 1969 e si fa notare – ma guarda un po’ – fin da piccola: a 12 anni è già la drama captain della sua scuola. Eppure non sceglie il teatro e all’università si iscrive a economia e belle arti. La vocazione per la recitazione arriva dopo essere stata notata – ma dai? – mentre era in vacanza in Egitto nel 1989, dove le viene chiesto di fare la cheerleader nel film sulla boxe Kaboria. Per fortuna accetta e al ritorno a casa si iscrive al National Institute of Dra matic Art. Il resto è storia: il teatro con Geoffrey Rush, i primi riconosci menti, la parte in Elizabeth, il successo internazionale e la conquista della Terra, quella reale e quella ‘di mezzo’. Nessuna avrebbe potuto essere Galadriel al di fuori di lei, o avrebbe potuto incarnare la sacralità dylaniata al femminile ( Io non sono qui ). Divina sempre, quando onora il Marvel e l’Indiana Jones universe, santifica la nevrosi alleniana, si fa manifesto vivente. «Rappresenta la donna per la quale io creo», dice di lei Giorgio Armani, di cui è testimonial dal 2003. Una dea caduta sulla terra con due Oscar, una Coppa Volpi, un marito commediografo dal 1997 e quattro figli. Già presidente di giuria a Cannes nel 2018 e a Venezia nel 2020, chi meglio di Cate Blanchett avrebbe potuto ‘comporre’ la prima donna a dirigere un’orchestra? Nessuna, e infatti torna al Lido come protagonista di TÁR, di Todd Field, in cui interpreta una musicista e compositrice alla vigilia di registrare l’opera sinfonica della propria consacrazione mondiale, senza dimenticare il suo ruolo di madre adottiva. E chiunque l’abbia vista rispondere alle conferenze stampa utilizzando il solo gesto delle mani sa già che la Dea non si smentirà e ci regalerà un’interpretazione da vera Maestra. Sara Sagrati TÁR Todd VENEZIAField79

DREAMIN’ WILD Bill Pohlad FUORI CONCORSO Il titolo del film è quello che i fratelli Emer son, Donnie e Joe, diedero al loro primo album musicale nel 1979. Non si trattò però di un semplice album. Fu anzitutto il risultato finale di numerosi sforzi, e ciò che costrinse il duo emergente ad investire tutti i risparmi con l’obiettivo di concretizzare il sogno del successo musicale. Questo successo però giunse tardi, dopo decenni di abbandono e oblio da parte della critica.

È un ritorno alla potente musica jazz quello che i registi promuovono con questo documentario. Cosa succede quando musicisti dalle diverse perso nalità vengono immersi nello stesso ambiente di recitazione? Lee Konitz, Bill Frisell, Paul Motian e Mark Turner sono solo alcune delle personalità esplorate nella spontanea intimità di un’intervista, oppure nei momenti poco noti della loro vita personale e professionale.

A unique and little known story that Moses Bwayo, Ugandan journalist, filmmaker, and political activist, and Christopher Sharp decided to tell in form of documentary.

Questo passaggio avviene intorno al 2010 quando i testi di Wine, originariamente contraddistinti da toni leggeri e temi spesso romantici, passano alla denuncia sociale riflettendo la transizione interiore del rapper che da quel momento inizia la sua ascesa politica, passando in poco tempo da attivi sta a parlamentare a candidato presidente. I consensi raccolti però sono un’arma a doppio taglio e allarmano il regime che dal 2017 trova, o crea, ogni pretesto per l’incarcerazione di Wine. Una storia unica e sconosciuta a molti che Moses Bwayo, giornalista e regista ugandese impegnato nella denuncia delle irregolarità della politica del suo paese, e il poliedrico Christopher Sharp hanno deciso di raccontare in un documentario. Silvia Baldereschi

Bobi Wine: Ghetto President Christopher Sharp, Moses Bwayo FUORI CONCORSO

MUSIC FOR BLACK PIGEONS

Jørgen Leth, Andreas Koefoed FUORI CONCORSO-NON FICTION

Children of the revolution

51 ENG Kidandali is a genre of music inspired by traditional Ugandan sound. It has features in common with afrobeat and afro house. Since the early 2000s, one of the most appreciated Kidandali producers is rapper Bobi Wine, a.k.a. Robert Kyagu lanyi Ssentamu (1982), who became famous in Eastern Africa thanks to his hit singles Akagoma, Funtula, and Sunda. When Wine began recording his pieces in Kampala, he wasn’t certainly expecting success, much less that his music would turn him into a revolutionary. In a country devastated by thirty years of regime under dictator Yoweri Kaguta Museven, and one where music career is met with contempt, Bobi Wine decided to become an activist and to use his music to show the reality and the state of degradation that is to be found in Ugan da’s shantytowns. In 2010, Wine makes the big shift from light-hearted songs to protest pieces, which reflect the rapper’s transition into political activism. In a short while, he would be elected to the country’s parliament and campaign for the presidency. Consen sus, though, is a double-edged sword. The regime took notice of his success, and since 2017, has been looking for any excuse to incarcerate him.

Il kidandali è un genere ispirato a suoni e campioni della musica tradizionale dell’U ganda riconducibile alle sonorità tipiche dell’afrobeat e dell’afro house. Dai primi anni duemila uno dei maggiori esponenti del genere è il rapper Bobi Wine, pseu donimo di Robert Kyagulanyi Ssentamu (Distretto di Gomba, 1982) divenuto noto nell’Africa orientale grazie ai suoi primi singoli Akagoma, Funtula e Sunda. Quando Wine ha iniziato a incidere i suoi pezzi nelle baraccopoli di Kampala non si aspettava il successo, ma ancora meno che la sua musica lo avrebbe reso un rivoluzionario. In un paese devastato dalla violenta dittatura trentennale di Yoweri Kaguta Museveni e in cui la carriera musicale è considerata da falliti, decide di diventare attivista usando la sua musica per raccontare la realtà e il degrado diffuso nei ghetti del paese.

Bobi Wine: Ghetto President

Christopher Sharp, Moses Bwayo FUORI CONCORSO-NON FICTION Bobi Wine è il nome d’arte di Robert Kya gulanyi Ssentamu, noto rapper Ugandese che dal 2017 ha iniziato a farsi strada nel la politica del suo Paese per dar voce agli abitanti del ghetto oppressi dalla dittatura trentennale. Inizia come attivista politico per poi diventare deputato parlamentare, e annunciare la sua candidatura come presidente alle elezioni generali del 2021.

TÁR Todd Field VENEZIA 79 Dramma intellettuale e feroce critica al mondo della musica classica interna zionale, sempre altamente competitivo e fortemente discriminante. La storia dell’immaginaria Lydia Tár (Cate Blan chett), musicista di fama mondiale, compositrice e prima direttrice donna di una importante orchestra tedesca. Donna al vertice in un mondo di uomini, Lydia è costretta a dimostrare costantemente la propria competenza.

BOBI GHETTOWINE:PRESIDENT

Secondo le stime, in poco più di due secoli la popolazione globale è aumen tata di quasi sette miliardi. Quanto è sostenibile a lungo termine l’incontrolla ta crescita demografica? A spese di chi, in termini di risorse, si ritorce tutto questo? Domande che Giulia Grandinetti prova a stimolare nel corto Tria – Del sentimento del tradire (Orizzonti), in cui si ipotizza che le politiche di controllo delle nascite, già attuate in Cina, vengano ora approvate a Roma.

Elena Migotto Caring Nuclear

BplanetNo

Questa volta però il governo è più generoso: il numero di figli concepibili è tre, non più uno. L’entità numerica della popolazione mondiale è poi correlata ad altre due urgenze: l’indiscriminata cementificazione che soffoca il paesaggio e debilita lo spirito sociale delle comunità sottraendo spazi pubblici e l’indifferibile allarme climatico. Sulla prima di queste emergenze il regista francese Petit costruisce Tant que le soleil frappe (SIC), film incentrato sul progetto di riqualificazione paesaggistica che il protagonista Max cerca di attuare nei quartieri marsigliesi. Di contro, le preoccupazioni che i cambiamenti climatici suscitano prendono nell’ultimo lavoro di Virzì la forma di conseguenze rovi nose e irreversibili: in Siccità (Fuori Concorso) il racconto corale di più storie è proiettato sullo scenario tragico di un futuro senz’acqua. Prospettive poco rassicuranti che prendono una piega ancor più apocalittica con lo spauracchio dell’energia nucleare. Il nuovo documentario di Oliver Stone, Nuclear (Fuori Concorso), potrebbe però rappresentare una sorta di incoraggiamento in questa direzione: il nucleare non dev’essere per forza una minaccia perché, se usato con cognizione, può diventare l’unico mezzo in grado di garantirci la sopravvivenza. A tutte queste complicazioni, in apparenza irrimediabili se viste tutte insieme con spirito fatalista, è doveroso reagire gradualmente, con sforzo collettivo e partecipato. Ciascuno è chiamato, nel suo piccolo, a contribuire al cambia mento. In quest’ottica, è degno di nota il fatto che – ci dice con orgoglio il Presidente Cicutto – la Biennale, nel suo piccolo, abbia saputo raggiungere risultati ammirevoli nell’utilizzo di «fonti green» e nel «raggiungimento della neutralità carbonica».

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«If you care enough for the living, make a little space to make a better place.»

ENG

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Back in 1991, Michael Jackson sang If you care enough for the living, make a little space to make a better place. It’s been thirty years, and it pains to say, that message doesn’t seem all that powerful today. The planet has been dumping on us whatever human disregard dumped on it for decades, with no consideration for the space, balance, and resilience of nature. The Venice Film Festival stepped up to be a mouthpiece for environmental, climate, and social concern. The goal is to move consciences and renovate critical thinking. According to estimates, the global population grew by seven billion in two centuries. How sustainable is it to grow this un controllably? Who will pay for the use of this many resources? Giulia Grandinetti tries to answer these question in short movie Tria – Del sentimento del tradire (Orizzonti). The filmmakers imagines that what was China’s one-child policy will be applied to Italy – only, it will be a three-child policy, not one. Tant que le soleil frappe by Philippe Petit, Siccità by Paolo Virzì, and Nuclear by Oliver Stone all try to make sense of these complications, which are only apparently unsur mountable. The Biennale, on their end, announced they make use of green energy sources and that they reached carbon neutrality.

Era il 1991 quando Michael Jackson cantava per la prima volta queste pa role, con grande ottimismo nel futuro. Sono passati oltre trent’anni da allora e, dispiace dirlo, il senso di quell’esortazione si è sopito nell’aria. Il pianeta ci sta gradualmente riversando addosso tutto ciò che il lavorìo umano ha pro dotto per decenni incurante dei ritmi, degli spazi, degli equilibri e della sop portazione della natura. Quest’anno la Mostra del Cinema, ricca di contributi stimolanti e forte del suo essere ‘vetrina aperta sul mondo’, si fa autorevole portavoce di problematiche ambientali, climatiche, sociali. Obiettivo: smuo vere le coscienze e rinnovare il pensiero critico. Sollecitazioni importanti che si è deciso di affrontare proponendo allo spettatore almeno quattro film sul tema, ciascuno dei quali incentrato su una diversa contingenza.

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53 palazzograssi.it Dumas,Marlene ChimeraandTime AntwerpGallery,ZenoandartisttheCourtesycm.300canvas,onOil2020.x100X Palazzo Grassi Venezia 27.03.22 – 08.01.23 Marlene Dumas open-end

Copenhagen Cowboy RIGET EXODUS (The Kingdom Exodus)

RIGET EXODUS (The Kingdom Exodus) Lars von Trier FUORI CONCORSO Ad occhi chiusi Primo soccorso

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La perversione e l’istinto racchiusi nell’atto creativo portano il regista Winding Refn al lancio di Copenhagen Cowboy, nuova serie in sei episodi su Netflix ambientati nella sua città natale. È una gita drammatica quella che lo spettatore è invitato a fare assieme alla protagonista Miu: un’immersione nel le tante realtà criminali della capitale, dalla mafia araba e serbo-albanese a quella cinese. In questa «poetica serie neo-noir» l’eroina vivrà l’inquieto avvicendarsi di pericoli e cercherà il superamento della catabasi nelle sue pro prie forze (sovrumane), il tutto in un crescendo esplosivo di colpi di scena. «Credo nella creatività come comportamento istintivo,spiega Refn - che per me è molto più interessante della distinzione tra bene e male, giusto e sbagliato. Per me ciò che conta è l’azione nel momento creativo e come renderla più libera possibile. Il modo in cui affronto i miei film ha a che fare con la perversione: chiudo gli occhi e cerco di immaginare cosa vorrei vedere». Con Drive (2011), interpretato da Ryan Gosling, ha vinto a Cannes il premio alla miglior regia.

FUORI CONCORSO

ENG Perversion and instinct, made one with cre ativeness, inspired director Winding Refn in making Copenhagen Cowboy, a six-episode Netflix series. A dramatic journey awaits the audience as they ac company the protagonist, Miu, into the Danish capital’s underbelly. “I believe in creativity as instinct – says Refn – which, for me, is much more interesting than the distinction between good and evil, right and wrong. For me, what counts in the creative moment is action, and how to make it as free as possible.” With Drive (2011), starring Ryan Gosling, Refn earned the Best Director Award at Cannes.

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Copenhagen Cowboy Nicolas Winding Refn

Era il 1994 quando al pubblico si presentò il primo capitolo di una trilogia promettente, The Kingdom di un allora poco conosciuto Lars von Trier, a metà strada tra il thriller lynchiano e gli orrori di Belfagor Tre anni dopo, il secondo capitolo non tardò ad arrivare. Quest’anno, finalmente, la serie potrà avere degno compimento: Riget Exodus è l’attesissimo epilogo di un conflitto svedese-danese durato troppo a lungo. L’ospedale al centro della trama non smette di celare segreti e a molti dei dubbi rimasti vacanti la giovane Karen cerca definitivamente di dare risposte. Sonnambulismo, torture, privazioni, vivide fantasmagorie si condensano in un ‘tutto filo sofico’ dove humour, comico, horror si alternano, si sovrastano e si superano in modo quasi hegeliano. Innovativo, sperimentale, destabilizzante, von Trier è oggi uno dei più influenti registi e sceneggiatori nel panorama cinematografico internazionale. Il suo nome è strettamente legato a successi cinemato grafici come Le onde del destino (1996), Dancer in the Dark (2000), Melancholia (2011). Tra i fondatori del movimento Dogma 95, von Trier è anche autore di Antichrist (2009) e Nymphomaniac (2013). Elena Migotto ENG In 1994, the public was to see the first chapter of a trilogy by a then-unknown Lars von Tri er. The Kingdom, halfway between Lynchian thriller a Belfagor-like horror. Three years later, there came the second chapter. Finally, this year, the trilogy will be completed: Riget Exodus is the epilogue of a Swedish-Danish conflict that lasted too long. Humour, comedy, horror alternate, sleepwalking, torture, deprivation, hallucination condensate in an all-around philosophical movie. Innovative, experimental, and revolutionary, von Trier is one of the most influential filmmakers internationally and a founder of the Dogme 95 movement.

Ramin

Haerizadeh Rokni Haerizadeh Hesam Rahmanian a cura di Samuele Piazza un progetto di OGR Torino

neo classici

Marching ENG on Rome, again Dino Risi’s March on Rome is a chapter of the great season of Italian comedy that, starting with Monicelli’s The Great War, traced the country’s recent history, whether repressed or buried under rhetoric, and inscribed it into the faces and bodies of folk anti-heroes thrown into the tragic destiny of history. The Great War seems a precur-sor, or maybe a backdrop, of March on Rome, that stages a duo of slackers (Vittorio Gassman and Ugo Tognazzi) who join the Fascist squads due to a mix of naiveté or misapplied roguish ness, adhering unquestionably to the 1919 Fascist demagoguery. Hence, the quasi-Brechtian idea of the programme’s manifesto, whose points are stricken out by Tognazzi one by one as they fail to live up to reality. Dino Risi’s flowing style presents memorable passages, like the scene of the two waking up in a deserted city, left behind by their comrades.

NazionaleCinetecadellarestauronelRisi fascistapropagandadellaradicialleCousinsMark

La caratterista di Dino Risi: cogliere lo Zeitgeist, lo spirito dell’epoca, con ful minea precisione satirica e inserirvi le (dis)avventure di personaggi guardati con un’oggettività antropologica che non esclude tocchi di complicità («Nel Gassman del Sorpasso io mi riconosco in pieno»). La marcia su Roma, poco apprezzato dalla critica superciliosa del 1962 (ma anche Risi, a torto o a ragione, espresse qualche riserva), s’inserisce in una grande stagione della commedia italiana che, a partire dal capolavoro di Monicelli La grande guer ra, ripercorreva una storia recente d’Italia rimossa o sepolta sotto la retorica, e la iscriveva nei volti e nei corpi di antieroi popolari scaraventati dal destino nei nodi tragici delle vicende nazionali. A La grande guerra occhieggia chiaramente La marcia su Roma, con la sua coppia di ‘lavativi’ (Gassman e Tognazzi) che aderiscono al fascismo per un misto di ingenuità e furbizia mal applicata, prendendo per buone le promesse demagogiche del programma fascista del 1919. Ed ecco allora la trovata vagamente brechtiana del manife sto del programma, con Tognazzi che cancella a uno a uno i suoi punti via via che la realtà li smentisce – e con un grande gesto plebeo di entrambi alla fine. Due sempliciotti opportunisti persi (molto alla Dino Risi, gran cantore degli irresponsabili) dentro una tragedia più grande di loro. Li circonda una serie di ‘tipi didattici’ sommariamente ma abilmente abbozzati, dal capitano (Roger Hanin) che rappresenta la frustrazione degli ex ufficiali al marchese proprietario agrario (Carlo Kechler), al caporione squadrista (Mario Brega) che concretizza l’aspetto più bestiale e sanguinario del fascismo. Scritto da Maccari, Scola, Age, Scarpelli, De Chiara e Continenza, il film traccia a piccoli tocchi il quadro dell’insipienza di un governo pre-fascista che non vuole difendersi e altresì di un’incapacità delle forze popolari, adombrata nella divisione della famiglia stessa di Tognazzi. Lo stile fluido di Dino Risi (la sarcastica rivelazione in tre momenti del fallimento del comizio fascista!) presenta alcuni passaggi memorabili, come la pagina inquietante del risveglio dei due, abbandonati dai camerati, nella città notturna, quasi metafisica (ma non saranno metafisiche le botte che li aspettano). Con la fotografia di Alfio Contini (sette film con Dino Risi), vanno menzionati l’ottimo montaggio di Alberto Gallitti (il gioco fra diegesi e filmati storici è delizioso) e la bella score di Marcello Giobini giocata sulla contaminazione. Giorgio Placereani

La marcia su Roma Dino Risi Restauro:(1962)Cineteca Nazionale

VENEZIA CLASSICI Di nuovo in Marcia su Roma 56

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TEOREMA Pier Paolo Pasolini Dice Brunetta nella sua storia della Mostra che avrebbe vinto il Leone d’oro se l’autore non avesse dichiarato di non voler partecipare alla Mostra. Sul film ho una mia personalissima teoria: all’origine del dérèglement dei membri della fami glia c’è il fatto che la città sta mangiando la campagna e che la villa, prima immersa nella sobria bellezza della campagna stessa, è ora ai confini della periferia di Milano. F.D.S.

UNA GALLINA NEL VENTO Yasujirô Ozu Film anomalo nella filmografia di Ozu. Contiene scene di inusitata violenza domestica che contrastano con lo stile sempre in controllo del maestro giap ponese. Ma questo film minore ritrova la sua magia nei dettagli di contorno che raccordano le scene principali. Sono dei veri e propri leit-motiv (un gasometro, le strade sterrate di un quartiere periferico di una Tokyo post-bellica, lavoratori che tornano a casa con gli ombrelli aperti) che danno un senso di serena fiducia per un futuro migliore al Giappone torvo e disastrato di quei tempi.

The March on Rome Mark GIORNATECousinsDEGLI AUTORI To the roots ENG of fascism Mark Cousins has an overwhelming, contagious passion for cinema. He once directed The Story of Film: An Odyssey, and now it will be his latest work, The March on Rome, to open the nineteenth edition of the Venice Days programme as special event. The film has been inspired by a philologically correct reading of A Noi, a 1923 film by Umberto Paradisi and the official film manifesto of the Italian Fascist Party. Written together with Tony Saccucci, the film has been produced by PalomarDOC and Luce Cinecittà in cooperation with essay publisher Il Saggiatore. Alba Rohrwacher stars as Anna, a working-class woman that is initially fascinated by the new regime, though she’ll end up bitterly disappointed in the end. “Italy – said the director – is the most visually inspirational country I know, and I loved making a movie on the culture of images.”

La Marcia dagli Archivi Luce

La passione di Mark Cousins per il cinema? Travolgente e contagiosa. Già regista del film-documento The Story of Film: An Odissey, sarà il suo nuovo e atteso lavoro Marcia su Roma ad aprire come Evento Speciale la giornata inaugurale della XIX edizione delle Giornate degli Autori, sezione indipendente del Festival. A ispirare il film una rilettura filologica di A Noi di Umberto Paradisi, film prodotto nel 1923 come documento ufficiale del Partito Fascista sulle giornate che portarono Benito Mussolini alla guida del primo governo dell’era fascista. Scritto a quattro mani con Tony Sac cucci (già regista di La prima donna e Il pugile del Duce ), il documentario – prodotto da Pa lomarDOC e Luce Cinecittà in collaborazione con il Saggiatore – si avvale di un personaggio narrante interpretato da Alba Rohrwacher: Anna, donna della classe operaia, simbolo del sentire della gente comune, inizialmente affa scinata sostenitrice del regime finirà per esser ne amaramente delusa. «L’Italia – ha dichiarato il regista – è il Paese che mi ha maggiormente ispirato a livello visivo, sono quindi entusiasta di realizzare proprio qui un film sulla cultura delle immagini». Il film, nelle nostre sale il prossimo 20 ottobre con I Wonder in occasio ne del centenario della Marcia su Roma, vive delle immagini del grande Archivio Luce. Manuela Santacatterina

THE BLACK CAT Edgar G. Ulmer Boris Karloff e Bela Lugosi si fronteggiano in una mortale rivalità che risale alla Gran de Guerra, all’interno di una villa dall’ar chitettura avveniristica che sta sui Carpa zi. Assistono alla tenzone una coppia di sposini americani in viaggio di nozze ed un gatto nero che dà il titolo al film.

LA VOGLIA MATTA Luciano Salce Nel ’62 in tre film (gli altri due sono Diciottenni al sole e Il sorpasso ), Cathe rine Spaak scolpisce l’immagine che le rimarrà sempre impressa addosso, quella dell’adolescente irrequieta oggetto del desiderio dell’Italia del boom. Salce dirige un film in cui la leggerezza dell’inizio (l’impatto generazionale che vede l’indu striale di laminati plastici Ugo Tognazzi - magnifica prova - prima travolto, poi progressivamente irretito e sedotto da un manipolo di ragazzi esponenti della gioventù bruciata dei tempi) si trasforma in una malinconica riflessione sull’amore impossibile.

Ricordo l’effetto che mi fece la visione di questo film 40 anni fa: un senso di accecante bellezza per le scene, ciascuna di inquadratura perfetta ed appagante come i quadri di Poussin, ma anche una sensazione di strania mento, di vago disagio. Come se non avessi assistito semplicemente ad un film, ma ad un ‘rito dello sguardo’ il cui fine ultimo fosse la decostruzione del film, la sua scomposizione in tante parti separate che non erano più in grado di restituire il senso compiuto, unitario dell’opera. Come se un umanista enciclopedico del ‘500 fosse rinato nel ‘900 sotto le spoglie di Greenaway e, attraverso quel film, ci avesse sottoposto un ‘enigma’ da risolvere, la cui soluzione, tuttavia, prevedeva un ordine di valori diverso da quello cui era vamo abituati sino ad allora. Come se ci venisse detto che il ‘cinema come sceneggiatura illustrata’ non bastava più, che camera, attori, trama, script, luci, costumi fossero sì ancora necessari, ma tuttavia sottoposti, aggiogati ad un ordine superiore, quello della finzione come strumento di organizza zione della realtà visibile, per cui il cinema, pur mantenendo la sua masche ra, diventava «il riflesso di 8000 anni di pittura occidentale» (così Greenaway in quel bel documentario girato dalla moglie Saskia Boddeke L’alfabeto di Peter Greenaway). Enciclopedismo, coazione a ripetere, spasmodica attenzione alla inquadratura, scene come riproduzioni di ipotetici quadri tra vedutismo francese e pittura olandese, profondità di campo come modo abituale di vedere il mondo: tutte le ossessioni di Greenaway in questo film sono diventate materia plasmante di un oggetto diverso, nuovo, impossibile da imitare (ci sono gli epigoni di Greenaway? credo proprio di no). E artifi ciale, supremamente artificiale, nel suo intendere la storia come un continuo dipanarsi di enigmi e di metafore. «Non lasciare che la verità ostacoli una buona storia» dice ancora il Nostro. E in questo suo rispetto e celebrazione della storia, sviluppata però non secondo il canone letterario dello storytelling ma secondo l’eredità della pittura europea, sta il senso ultimo del cinema di Greenaway. Sì, certo, non tutti i suoi film successivi gli sono venuti bene come questo, ma tutti insieme costituiscono un opus imperdibile di un grande maestro dell’arte cinematografica contemporanea. F.D.S.

VENEZIA

AlphabetDraughtsman’s ENG I remember what I felt when I first saw this movie – some forty years ago – as if it was yesterday: a feeling of blinding beauty for the scenery, every frame as perfect and fulfilling as a painting by Poussin, and a sense of alienation, almost of unease. It felt like it wasn’t me watching a movie, but me par ticipating in a ritual of observation whose end goal would be the de construction of the moving image, its decomposition into separate parts. It felt as if a sixteenth-cen tury humanist were born again in the 1900s as Greenaway himself to show us an enigma to solve. The solution, though, required a different set of values from the one we are used to. ‘Cinema as an illus trated screenplay’ didn’t quite cut it – camera, actors, plot, script, lights, costumes are needed, to be sure, but they are also constrained in a lower order of factors. Encyclope dism, coaction and repetition, fren zied attention to framing, scenes that reproduce hypothetical French or Dutch paintings, depth of field as the prime mode to see the world –all of Greenaway’s obsession grew, in this film into the building blocks of a different, new, inimitable, and very, very artificial in its view of history as a continuous thread of enigmas and metaphors. “Don’t let truth get in the way of a good story” (Greenaway). This respect and celebration of the story, in the groove of European painting, is the ultimate sense of Greenaway’s cinema. Sure, not every single film of his is as great as this one, though taken together, they make up a fundamental opus by one of the greatest maestros of modern cinema.

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neo classici alvitaNuova

HouseComptondiGiardino

I misteri del giardino di Compton House Peter Greenaway (1982) Restauro: BFI National Archive CLASSICI L’alfabeto di Greenaway

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«In questi dieci anni abbiamo prodotto 83 opere audiovisive, realizzate da altrettanti team composti da un regista e un produttore, provenienti da ogni continente e da 48 Paesi. È aver contribuito a ge nerare questa comunità di artisti, oltre che il corpus delle opere realizzate, ciò di cui andiamo più fieri».

ENG Venice is the place where you can be a protagonist at the Dance Biennale, directed by Wayne McGregor, to the jury at the Venice Film Festival, directed by Alberto Barbera, in the time of a month and a half. Such has been the case for Blanca Li, last year’s recipient of the Best VR Experience Award at the VFF, who last July presented at the Dance Biennale Le bal de Paris, an innovative immersive experience.

Venice Immersive, the Film Festival’s programme of VR experiences, has Li as a jury member, together with May Abdalla and David Adler. The three will give their professional opinion on the thirty participating pro jects. What’s new this year is the addition of the Venice Immersive Market, a meeting place for institutions, professionals, producers, and distributors to meet and access public and private funding for the world of Virtual Reality production.

e xpanded VRSorprendente

Venezia è quella realtà in cui nel giro di un mese e mez zo si può passare dall’essere protagonisti della Biennale Danza diretta da Wayne McGregor al fare da giurati alla Mostra del Cinema diretta da Alberto Barbera. È il caso di Blanca Li, già Leone d’Oro per la miglior esperienza VR alla Mostra del Cinema dello scorso anno, che a luglio di quest’anno portava alla Biennale Danza Le bal de Paris, esperienza immersiva unica allestita a Ca’ Giustinian e che dal 31 agosto al 10 settembre troveremo all’isola del Lazzaretto Vecchio come componente della giuria internazionale di Venice Immersive, al gran ritorno negli spazi dell’isola.

Così scrivono Alberto Barbera e Savina Neitorri nel loro saggio La scommessa, in occasione della ce lebrazione dei primi dieci anni di attività di Biennale College Cinema. Per festeggiare, raccontare e docu mentare quest’esperienza unica nel panorama fe stivaliero, la Biennale ha pubblicato Dieci – Biennale College Cinema 2012–22, un volume che raccoglie scritti di personalità cardine nella nascita e sviluppo di questo progetto. Come le tartarughe di Monica Drugo, Banu di Tah mina Rafaella, Gornyi Luk di Eldar Shibanov e Palim psest di Hanna Västinsalo i quattro film selezionati che vedremo in Mostra quest’anno, prosecuzione di un progetto che va oltre l’aspetto realizzativo e che riesce, anno dopo anno, ad alimentare i sogni e le speranze di giovani cineasti messi nelle migliori condizioni possibili per lavorare. Un budget di produzione che quest’anno aumenta considerevolmente, portato a 200.000 euro per i film e a 80.000 euro per le opere di VR, a conferma di quanto l’iniziativa venga considerata fondamentale in seno alla Biennale stessa. ENG “Over the last ten years, we produced eighty-three A/V pieces, each with their produc er-and-director team coming from forty-eight countries. To have contributed to the making of this art community, as well as to the making of the art, is what makes us the most proud.” Alberto Barbera and Savina Neitorri wrote as much in their essay La scommessa (‘the wager’) to celebrate the first ten years of the Biennale College Cinema. The films we will see at the VFF this year are Come le tartarughe by Monica Drugo, Banu by Tahmina Ra faella, Gornyi Luk by Eldar Shibanov, and Palimp sest by Hanna Västinsalo. The budget of Biennale College grew considerably, too: 200,000 euro for feature films and 80,000 euro for VR projects.

Venice Immersive 31 agosto-10 settembre Isola del Lazzaretto Vecchio Biennale College Cinema 31 agosto-10 www.labiennale.orgsettembre Narratori digitali Il coraggio di volarePeaky Blinders- The King’s Ransom Gornyi Luk

Blanca Li, May Abdalla e David Adler sono i giurati scelti per giudicare i 30 progetti di una sezione che a Venezia trova la Mostra che per prima al mondo ha dedicato un Concorso autonomo alla realtà virtuale, arricchitosi di sfumature autoriali sempre più originali e significative. Novità di quest’anno è la prima edizione del Venice Immersive Market, che dall’1 al 6 settembre organizza sull’isola panel e incontri dedicati al mondo XR – Exten ded Reality, alla presenza di istituzioni, professionisti, case di produzione, post-produzione e distribuzione, fondi pubblici e privati connessi al mondo Immersive.

ProductionCinemaCollegeBiennale

61 PENUMBRAKARIMAH ASHADU JONATHAS DE ANDRADE AZIZ HAZARA HE XIANGYUMASBEDO JAMES COMPLESSO20.04—27.11EMILIJARICHARDSSKARNULYTEANAVAZ2022FONDAZIONEINBETWEENARTFILMDELL’OSPEDALETTOVENEZIA

Settimana Internazionale della Critica 31 agosto-10 settembre Lido di Venezia www.sicvenezia.it I capitoli di domani

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sic & gda

Sette titoli in concorso e due eventi speciali fuori concorso compongono la selezione, con pellicole che sono il riflesso dell’urgenza di lasciarsi alle spalle gli ultimi due anni, attraversati ma non vissuti. «I film che vedrete quest’anno – prosegue la Fiorentino – guardano verso la luce, il colore, gli spazi aperti. Ci riportano al concetto di comunità. I personaggi che abitano i nostri film sono sognatori, idealisti, uomini e donne in lotta per un futuro migliore, più giusto».

Una nuova edizione che vede anche la nascita di nuovi spazi di condivisione e confronto, sul cinema come chiave di lettura del reale: «Con la nascita della Casa della Critica, spazio di condivisione e incontro nelle vicinanze del Palazzo del Casinò, realizziamo un sogno. Sin dal primo istante del proprio mandato il Sindacato, in particolare la Pre sidente Cristiana Paternò e il Vicepresidente Pedro Armocida, si sono dati questo obiettivo come priorità». Mantas Kvedaravicˇius è nato in Lituania nel 1976. È morto a soli 45 anni a Mariupol, per mano di soldati russi, durante i giorni interminabili dell’assedio, nella città che l’obiettivo della sua macchina da presa aveva già fotografato qualche anno prima, registrando gli albori di un conflitto all’epoca solo laten te. Aveva deciso di farvi ritorno perché la sua curiosità era insaziabile, come la SIC sapeva bene, conoscendolo. A lui è dedicata la 37. edizione della Settimana Internazionale della Critica.

AutoridegliGiornate

Chapters ENG of tomorrow Venice International Film Critics’ Week will be making up for lost time by working hard on expanding its reach to a wider audience as well as their geographical and thematic hori zons. A much anticipated new edition with new spaces, a new selection commitee, and themes devoted to in clusivity. In the words of General Del egate Beatrice Fiorentino: “We will be starting with the future, because that’s where we’re looking at. The Critics’ Week is a place of discovery. With awards dedicated to debut films and, since seven years, the SIC@ SIC programme, our mission is to always look forward.” An indipendent and parallel section of the Venice Film Festival, the SIC programme includes 7 debut films in competition and 2 special events out of competi tion. “After the very difficult last two years – continues Fiorentino – we instinctively felt we had to leave the hardest moments of the pandemic behind: fear, distance, darkness. The nine films of the current edition go in the opposite direction: towards light, colour, open spaces. This will take us back to an idea of commonality.”

CriticadellaInternazionaleSettimana

Come il cinema tutto, nel 2022 vedremo una Settimana Internazionale della Critica desiderosa di recuperare il tempo perduto non precludendosi nessun pubblico, anzi, allargando i propri già vasti orizzonti. Un nuovo comitato di selezione, nuovi vertici del Sindacato, addirittura una nuova sigla ad introdurre le proiezioni. Un’edizione che più che mai guarda al futuro, come spiega la Delegata Generale Beatrice Fiorentino: «Ripartia mo dal futuro perché è verso il futuro del cinema che è orientato il nostro sguardo. La Settimana della Critica è il luogo deputato alla scoperta. Con il Concorso dedicato alle opere prime e, ormai da sette anni, la compresenza di SIC@SIC, che ci permette di scommettere sul cinema italiano di domani, la nostra missione ci porta a guardare dritto in avanti. La sigla, creata da Frame by Frame con la musica di Cantautoma, la prima mai realizzata con l’ausilio dell’Intelligenza Artificiale, è parte di questo stesso percorso. Sarà una SIC accogliente, per tutti. E molto queer. Oltre il concetto di genere, oltre la binarietà maschile/femminile, pronta ad abbracciare nuovi concetti, più evoluti, di identità».

The nineteenth edition of the Venice Days programme has it all: the chameleonic present, a past to celebrate, and the future to look forward to. There will be ten films in the main competition, plus one for the closing night (Steve Busce mi’s The Listener ) and five special events in world premiere. An off space, Notti Veneziane, is dedicated specifically to Italian filmmakers, with works by directors such as Roberta Torre and Daniele Gagli Theanone.most anticipated film is argua bly Abel Ferrara’s Padre Pio, star ring Shia LaBeouf, there’s no less impatience to meet a living legend of cinema like Edgar Reitz. Reitz’s Heimat 2 had been presented thirty years ago at the Venice Film Fes tival, and in the coming autumn, a restored version will be distributed in theatres. The Heimat cycle is an interesting chronicle, starting in the 1920s and ending in the 1980s, of the vicissitudes of a German family. The screening of Marcia su Roma by Irish director Mark Cousins is the opening event of the off-compe tition programme. Salvatore Mereu will present his Bentu, a story set in the director’s beloved homeland of Sardinia in the 1950s.

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Di tutti i tempi

Un programma farcito di autentiche “chicche”, come la presenza di Steve Buscemi nelle vesti di regista o del Saul Goodman di Breaking Bad e Better call Saul, l’attore Bob Odenkirk, che sarà ospite di una masterclass per la presenta zione di Worlds Apart di Cecilia Miniucchi di cui è protagonista. Davide Carbone

«Abbiamo scoperto e dato risalto – spiega la direttrice artistica Gaia Furrer – a opere che raccontano i distanziamenti, i dolori e i disagi del mondo, ma che in modo ancor più deciso narrano di sodalizi e complicità. Questione po litica, rielaborazione del passato, osservazione dello status quo e tentativo di proiettarsi in un futuro diverso, solitudine umana e conseguen te bisogno di alleanze, sono i temi portanti del nostro programma».

Marcia su Roma dell’irlandese Mark Cousins è l’evento di apertura Fuori Concorso che conte stualizza la storia con preziosi materiali d’archi vio, mentre Salvatore Mereu porta in Concorso Bentu, film in prima mondiale che segna il ritorno del regista sardo in laguna dopo due anni. Il legame ancestrale con la natia Sarde gna è saldo, vivo, carico di ispirazione per la storia di Mereu, ambientata negli anni ‘50 che vede l’isola vero e proprio “personaggio tra i personaggi” e spettatrice della costante lotta tra uomo e natura.

XIX Giornate degli Autori 31 agosto-10 www.giornatedegliautori.comsettembre Venice Days, ENG Best Days

Abel Ferrara, Shia LaBeouf, Salvatore Mereu, Wissam Charaf, Steve Buscemi, Tessa Thompson, Stefania Sandrelli, Silvia D’Ami co, Sébastien Lifshitz, Daniele Ciprì, Roberta Torre, Luigi Lo Cascio, Filippo Timi, Artavazd Pelešjan, Bob Odenkirk, Edgar Reitz. Nella 19. edizione delle Giornate degli Autori c’è tutto questo e molto di più: il presente camaleontico, il passato da celebrare e da cui farsi ispirare, il futuro a cui guardare, con la fame negli occhi. Presiedute da Andrea Purgatori, affiancato dal Consiglio Direttivo, dal Delegato Generale Giorgio Gosetti e dalla Direttrice artistica Gaia Furrer, con Céline Sciamma a presiedere la giuria del Concorso 2022 e 10 pellicole a contendersi il GdA Director’s Award, cui si aggiungono il film di chiusura (The Listener di Steve Buscemi) e 5 eventi speciali, anch’essi in “prima” Sarannomondiale.invece9

“We scouted and highlighted –explains Venice Days art director Gaia Furrer – films that tell stories of departure, of pain, of the world’s problems, and stories of friendship and complicity.” The programme will be full of surprises, like Steve Buscemi’s presence as a direc tor, or Bob Odenkirk’s (the Saul Goodman of Breaking Bad and Better Call Saul ) masterclass that will introduce Cecilia Miniucchi’s Worlds Apart Dirty Difficult Dangerous

tedesca dagli anni ‘20 agli anni ‘80 raccontata attraverso la storia di una famiglia, e l’incontro con il regista sarà il modo migliore per avvici narsi all’appuntamento in sala.

i titoli delle Notti Veneziane, spazio-off creato in accordo con Isola Edipo alla Sala Laguna, dedicato alla ricerca d’autore del cinema italiano, con lavori di registi come Roberta Torre e Daniele Gaglianone. E se l’attesa è spasmodica per Padre Pio di Abel Ferrara, con Shia LaBeouf nei panni del frate cappuccino di Pietrelcina, non si è meno impazienti di incontrare una leggenda vivente del cinema come Edgar Reitz: trent’anni fa proprio alla Mostra venne presentato Heimat 2, quest’autunno tornerà nelle sale la versione restaurata di Heimat, eccezionale cronistoria

around the festival

EdipoIsola GalleggianteCinema

Quando sei anni fa siamo approdati a bordo dell’Edipo Re con Sibylle Righetti e Enrico Vianello per la prima volta sulle rive del Lido durante il Festival del Cinema di Venezia, eravamo mossi dal desiderio di provare a cu cire quell’esperienza annuale ormai quasi centenaria e il resto della città. Quando l’abbiamo raccontato, ci hanno presi per matti. Sembrava effettivamente un’operazione impraticabile: a Venezia di ponti ce ne sono tanti, ma dove non ci sono si dà per scontato non possano esser costruiti. A maggior ragione se si tratta di un ponte tra chi abita quotidianamente la città e le esperienze che portano grandi flussi generati dalla presenza di grandi eventi, ad abitarla estemporaneamente. Trovarsi, a sei anni di distanza, ad inaugurare una nuova edizione della nostra rassegna con una famiglia di partner sempre più numerosa, composta da realtà di respiro internazionale mescolate a realtà del territo rio, ci restituisce quel po’ di fiducia che oggi riteniamo indispensabile per abitare i tempi che ci troviamo ad affrontare. In cima alla vetta di un’epoca segnata dalla pandemia, dall’esplosione di un conflitto mondiale e dalla progressiva desertificazione dei mari e delle terre, Isola Edipo quest’anno inaugura all’insegna dell’incrocio delle arti, strumenti capaci di immaginare l’altrove, per spingere tutte e tutti a immaginare tanti altri futuri possi bili. Vocazione della rassegna, infatti, sin dalla sua prima edizione, è stata quella di creare continui cortocircuiti tra le arti attorno al cinema. Anche quest’anno ad essere cuore della manifestazione sarà il Premio per l’Inclusio ne Edipo Re, premio collaterale ufficiale alla Mostra del Cinema, con una giuria composta dalla cantante e mu sicista Chiara Civello, dalla scrittrice Elena Stancanelli e dall’attore Filippo Timi. Attorno al premio ruoteranno eventi speciali che andranno a comporre la programma zione off del Festival, tra la riva di Corinto e la rinata Sala Laguna: si inaugura a Isola Edipo con lo svelamento di un’opera inedita dell’artista Emilio Isgrò dedicata al cen tenario di Pier Paolo Pasolini, realizzata all’interno di un Isola Edipo 31 agosto-10 settembre Riva di Corinto, Lido www.isolaedipo.it

Isola Edipo 2021

progetto promosso da Edipo Re in collaborazione con The Venice Venice Hotel (31 agosto). Torna l’appunta mento, realizzato in collaborazione con le Giornate degli Autori, dedicato a Cinema e Inclusione tra visione e for mazione che quest’anno vedrà la partecipazione anche di Fondation Cartier pour l’art contemporain, attorno alla figura del grande regista armeno Artavazd Pelechian (5 settembre). Sarà la volta delle Notti Bianche : un proget to promosso da Galeries Lafayette e Misia Films nato per creare un ponte tra arte contemporanea e cinema (7 settembre). Si infittiscono inoltre le attività realizzate in sinergia con le Giornate degli Autori dedicate alla formazione, tra queste si segnalano, accanto all’incontro dedicato a cinema e scuola realizzato con ANAC (3 set tembre), le masterclass promosse in collaborazione con il Centro Sperimentale, che vedranno la partecipazione di Celine Sciammà (7 settembre), Alessandro Camon e Edgard Reitz (entrambe 8 settembre). Filo rosso della sempre più consolidata relazione con le Giornate sarà la programmazione delle Notti Vene ziane, selezione di anteprime mondiali che ritraggono le mille direzioni che caratterizzano il cinema italiano d’autore contemporaneo, per invitare il pubblico della Mostra assieme a quello della città ogni sera dalle 21.30 in Sala Laguna. Due gli eventi speciali che intrecciano cinema, musica e teatro grazie alla presenza dell’attore Filippo Timi, accompagnato l’8 settembre in uno spettacolo dedicato a Pasolini da Rodrigo D’Erasmo e Mario Conte, e il 10 settembre dai musicisti Emanuele Cisi, Eleonora Strino, Marco Micheli ed Enzo Zirilli. Ad accompagnare l’intero Festival e la rassegna, l’offerta enogastronomica degli chef e dei produttori del territorio. Silvia Jop (Direzione artistica Isola Edipo / Premio Inclusione Edipo Re)

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FestivalFilmArchitectureVenice

Tanti Futuri Possibili

ENG The third edition of the Venice Architecture Film Festival, Inhabitats, will take place in San Servolo Island on September 1 to 3. Short documentaries, docufilms, animation movies, and experimental cinema will show different, original points of view on architecture and urban spaces. The programme investigates architecture’s ability to represent social structures, even when they grow more liquid and difficult to categorize. Globalization, communication, and consumption place, today, inhabitants outside pre-defined frameworks of urban organization, and can no longer offer a structure for production. Rather, they favour consump tion and (transitory) reception for workers who enjoy no stable relationship with the environment around them. Cinema will help with stories set in urban environments like I Want to Breathe Sweet Air by Pamela Falkenberg and Jack Cochran or Vertical Shadow by Felipe Elgueta e Ananké Pereira.

I film in programma approfondiscono temi come l’abitare in città, il paesaggio, l’uso e la riappropriazione dello spazio pubblico, il senso di comunità, la socialità della condivisione e la vita di quartiere. La varietà delle realtà rappresentate attraverso le pellicole regala uno spaccato di visioni, scelte e bisogni analizzando allo stesso tempo il valore e il ruolo dell’architettura nei differenti contesti sociali, geogra fici, culturali e politici.

Cinema Galleggiante – Acque Sconosciute 25 agosto-10 settembre Rio de Sant’Eufemia, Giudecca www.cinemagalleggiante.it | www.cinemagalleggiante.it

Il surreale, le visioni oniriche e allucinatorie, l’assurdo. Non esiste tematica migliore da affrontare a pelo d’acqua, ipnotizzati da uno schermo che fluttua seguendo il moto ondoso di una città che con l’elemento liquido è un tutt’uno.

L’edizione 2022 di Cinema Galleggiante ha trovato nel sogno il tema lungo cui sviluppare il proprio percorso, per la terza volta nella formula che rende possibile godere di film, video, perfor mance musicali e teatrali direttamente dalla propria barca o sulla piattaforma messa a disposizione dall’organizzazione.

ENG The surreal, the dreamlike, the hallucinatory, the absurd – there is no better theme to work on while standing a mere inch above water, hypnotized before a screen that follows the ebb and flow of the water. The 2022 edition of Cinema Galleggiante (‘floating cinema’) picked dream as the theme to develop its programme. For the third time, it will be possible to enjoy film, video, music performance, and theatre from one’s own boat or on the platform installed by the organiza tion. Opening day is August 25 with the screening of Venezia Minore, a documentary by Francesco Pasinetti. On September 2, a programme of five short movies on research sponsored by TBA21 Academy – Ocean Space. On September 2 and 3, OGR Torino and Fondazione In Between Art Film propose From Sea to Dawn and a programme of short art movies, respectively.

© Chiara Becattini

Il cinema, lente narrativa scelta per raccontare storie, realtà sociali nei paesaggi urbani e svelare modi di vivere, è il linguaggio scelto per comunicare con un vasto pubblico e stimolare una più profon da riflessione sulle nostre tendenze, come fanno I Want to Breathe Sweet Air di Pamela Falkenberg e Jack Cochran o Vertical Shadow di Felipe Elgueta e Ananké Pereira.

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Venice Architecture Film Festival 1-3 settembre Isola di San venicearchitecturefilmfestival.comServolo Al posto giusto

Ricordi liquidi

Tante e di qualità le collaborazioni instaurate con realtà culturali italiane ed estere, tra cui MoMA di New York, Fondazione Pinault e Collezione Peggy Guggenheim. Appuntamento di apertura con l’Archivio Carlo Montanaro il 25 agosto che porta sullo schermo Venezia minore, documentario di Francesco Pasinetti. Il contributo di TBA21 Academy - Ocean Space il 2 settembre, una selezione di 5 cortometraggi italiani ed esteri, nasce dalle ricerche condotte durante The Current III - Mediterraneans e include la prima mondiale di un’animazione tratta da un viaggio collettivo sull’isola dell’Asinara supportato dalla Fondazione Sardegna Film Commission. Il 2 e 3 settembre OGR Torino e Fondazione In Between Art Film propongono rispettivamente From Sea to Dawn e una selezione di cortometraggi d’artista tra cui quelli di Masbedo e Eva Giolo che indaga i confini dei time-based media tra film, video e instal lazione, a rinsaldare un rapporto con Venezia già concretizzato in occassione della Biennale Arte, da aprile fino a novembre, con le mostre ALLUVIUM (OGR) e Penumbra (In Between Art Film), negli spazi condivisi dell’Ospedaletto CON/temporaneo curati da VeNews.

Inhabitats, questo il titolo scelto per l’edizione 2022, indaga l’indebo limento della capacità dell’architettura di rappresentare le strutture sociali, sempre più liquide e difficili da catalogare: globalizzazione, comunicazione e consumo nella configurazione attuale collocano l’abitante al di fuori di schemi definiti di organizzazione di città, non più in grado di offrire una struttura per la produzione, favorendo in vece il consumo e l’accoglienza, spesso transitoria, di lavoratori privi di legami stabili con l’ambiente che li ospita.

Terza edizione del Venice Architecture Film Festival, dall’1 al 3 settembre, organizzato dall’Associazione culturale ArchiTuned. Il punto di ritrovo è a San Servolo, a metà strada tra Lido e Piazza San Marco, dove verranno presentati brevi documentari, corti e mediometraggi, docufilm, animazioni, filmati sperimentali sul tema dell’architettura e dello spazio urbano.

Sala Perla h. 13.45 SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC – EVENTO SPECIALE – CORTOMETRAGGIO DI APERTURA PINNED INTO A DRESS di GIANLUCA MATARRESE, GUILLAUME THOMAS (Francia, 19’) a seguire SETTIMANA DELLA CRITICA – EVENTO SPECIALE FILM DI APERTURA SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE TROIS NUITS PAR SEMAINE di FLORENT GOUËLOU (Francia, 103’) Sala Darsena h. 14 SEGUEORIZZONTIQ&A DOPO LA PROIEZIONE ARU OTOKO (A MAN) di KEI ISHIKAWA (Giappone, 121’) Sala Grande h. 14.30 FUORI CONCORSO - NON FICTION BOBI WINE: GHETTO PRESIDENT di CHRISTOPHER SHARP, MOSES BWAYO (Uganda, UK, USA, 121’) Sala Giardino h. 15 FUORI CONCORSO LIVING di OLIVER HERMANUS (UK, 102’) Sala Corinto h. 15 VENEZIA CLASSICI – V.M.14 TEOREMA di PIER PAOLO PASOLINI (Italia, 98’) Sala Perla h. 16.45 GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M.14 SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE STONEWALLING di HUANG JI, RYUJI OTSUKA (Giappone, 148’) Sala Darsena h. 17 SEGUEORIZZONTIQ&A DOPO LA PROIEZIONE VERA di TIZZA COVI, RAINER FRIMMEL (Austria, 115’) Sala Casinò h. 17 VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI DESPERATE SOULS, DARK CITY AND THE LEGEND OF MIDNIGHT COWBOY di NANCY BUIRSKI (USA, 101’) Sala Grande h. 17.15 VENEZIA 79 TÁR di TODD FIELD (USA, 158’) Sala Giardino h. 17.30 BIENNALE COLLEGE CINEMA BANU di TAHMINA (Azerbaigian,RAFAELLAItalia,Francia, Iran, 90’) Sala Corinto h. 17.30 VENEZIA CLASSICI KAZE NO NAKA NO MENDORI (UNA GALLINA NEL VENTO) di YASUJIRO OZU (Giappone, 84’) PalaBiennale h. 19 VENEZIA 79 TÁR di TODD FIELD (USA, 158’) a seguire VENEZIA 79 BARDO, FALSA CRÓNICA DE UNAS CUANTAS VERDADES di ALEJANDRO G. IÑÁRRITU (Messico, 174’)

Sala Giardino h. 21 ORIZZONTI EXTRA SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE L’ORIGINE DU MAL (ORIGIN OF EVIL)di SÉBASTIEN MARNIER (Francia, Canada, 123’) Circuito Cinema in Mostra Multisala Rossini, Venezia IMG Cinemas Candiani, Mestre h. 16-21 VENEZIA 79 WHITE NOISE di NOAH BAUMBACH (USA, 136’) h. 18.30 ORIZZONTI PRINCESS di ROBERTO DE PAOLIS (Italia, 110’) 02 venerdì Friday Sala Giardino h. 9 ORIZZONTI EXTRA L’ORIGINE DU MAL (ORIGIN OF EVIL)di SÉBASTIEN MARNIER (Francia, Canada, 123’) Sala Casinò h. 9 BIENNALE COLLEGE CINEMA BANU di TAHMINA (Azerbaigian,RAFAELLAItalia,Francia, Iran, 90’)

Sala Casinò h. 11 VENEZIA CLASSICI – V.M.14 TEOREMA (THEOREM) di PIER PAOLO PASOLINI (Italia, 98’) Sala Perla h. 11.30 GIORNATE DEGLI AUTORI - EVENTI SPECIALI ALONE di JAFAR NAJAFI (Iran, 61’) Sala Corinto h. 14 VENEZIA CLASSICI BRATAN (FRATELLO) di BAKHTYAR KHUDOJNAZAROV (URSS, 98’)

66 s creenings79. MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA Ago Aug 30 martedìTuesday Sala Darsena h. 20.30 CERIMONIA DI PREAPERTURA – INVITI a seguire FILM DI PREAPERTURA CON ACCOMPAGNAMENTO MUSICALE DAL VIVO VENEZIA CLASSICI – FILM DI PREAPERTURA STELLA DALLAS di HENRY KING (USA, 110’) 31 mercoledìWednesday Sala Perla h. 11.30 GIORNATE DEGLI AUTORI - EVENTI SPECIALI SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE MARCIA SU ROMA di MARK COUSINS (Italia, 97’) Sala Darsena h. 16 ORIZZONTI - FILM DI APERTURA – V.M.14 PRINCESS di ROBERTO DE PAOLIS (Italia, 110’) Sala Perla h. 16.15 GIORNATE DEGLI AUTORI – FILM DI APERTURA SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE DIRTY DIFFICULT DANGEROUS di WISSAM CHARAF (Francia, Italia, Libano, 84’) Sala Grande h. 19 CERIMONIA DI APERTURA – INVITI e LEONE D’ORO ALLA CARRIERA A CATHERINE DENEUVE a seguire VENEZIA 79 – FILM D’APERTURA WHITE NOISE di NOAH BAUMBACH (USA, 136’) PalaBiennale h. 19 DIRETTA DELLA CERIMONIA DI APERTURA a seguire VENEZIA 79 – FILM D’APERTURA WHITE NOISE di NOAH BAUMBACH (USA, 136’) a seguire ORIZZONTI - FILM DI APERTURA – V.M.14 PRINCESS di ROBERTO DE PAOLIS (Italia, 110’) Set Sept 01 giovedìThursday PalaBiennale h. 13 FUORI CONCORSO – SERIES CON INTERVALLO RIGET EXODUS (THE KINGDOM EXODUS) (EPISODI 1-5) di LARS VON TRIER (Danimarca, 295’)

Sala Grande h. 21 VENEZIA 79 BARDO, FALSA CRÓNICA DE UNAS CUANTAS VERDADES di ALEJANDRO G. IÑÁRRITU (Messico, 174’)

03 sabato Saturday Sala Giardino h. 9

67 Sala Perla h. 14 SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC COME LE LUMACHE di MARGHERITA PANIZON (Italia, 18’) a seguire SETTIMANA DELLA CRITICA SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE MARGINI di NICCOLÒ FALSETTI (Italia, 91’) Sala Darsena h. 14.15 SEGUEORIZZONTIQ&A DOPO LA PROIEZIONE NAJSREK´NIOT CˇOVEK NA SVETOT (THE HAPPIEST MAN IN THE WORLD) di TEONA STRUGAR MITEVSKA (Macedonia del Nord, Bosnia-Erzegovina, Belgio, Croazia, Danimarca, Slovenia, 95’) ć Sala Grande h. 14.30 FUORI CONCORSO - NON FICTION A COMPASSIONATE SPY di STEVE JAMES (USA, UK, 102’) Sala Casinò h. 14.30 VENEZIA CLASSICI KAZE NO NAKA NO MENDORI (UNA GALLINA NEL VENTO) di YASUJIRO OZU (Giappone, 84’) PalaBiennale h. 15 ORIZZONTI ARU OTOKO (A MAN) di KEI ISHIKAWA (Giappone, 121’) Sala Corinto h. 16.30 VENEZIA CLASSICI SHATRANJ KE KHILARI (I GIOCATORI DI SCACCHI) di SATYAJIT RAY (India, 121’) Sala Grande h. 16.45 VENEZIA 79 UN COUPLE (A COUPLE) di FREDERICK WISEMAN (UK, 64’) Sala Perla h. 16.45 GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M.14 SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE PADRE PIO di ABEL FERRARA (Italia, Germania, UK, 104’) Sala Darsena h. 17 ORIZZONTI – V.M.14 SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE LA (THESYNDICALISTESITTINGDUCK) di JEAN-PAUL SALOMÉ (Francia, Germania, 122’) Sala Giardino h. 17 BIENNALE COLLEGE CINEMA COME LE TARTARUGHE di MONICA DUGO (Italia, 80’) Sala Volpi h. 17 VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI DESPERATE SOULS, DARK CITY AND THE LEGEND OF MIDNIGHT COWBOY di NANCY BUIRSKI (USA, 101’) Sala Casinò h. 17 VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI FRAGMENTS OF PARADISE di K.D. DAVISON (USA, 98’) PalaBiennale h. 17.30 ORIZZONTI VERA di TIZZA COVI, RAINER FRIMMEL (Austria, 115’)

Sala Casinò h. 11 VENEZIA CLASSICI BRATAN (FRATELLO) di BAKHTYAR KHUDOJNAZAROV (URSS, 98’)

Sala Perla h. 11.30 GIORNATE DEGLI AUTORI - EVENTI SPECIALI SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE CASA SUSANNA di SÉBASTIEN LIFSHITZ (Francia, USA, 97’)

PalaBiennale h. 13.30 ORIZZONTI NAJSREK´NIOT CˇOVEK NA SVETOT (THE HAPPIEST MAN IN THE WORLD) di TEONA STRUGAR MITEVSKA (Macedonia del Nord, Bosnia-Erzegovina, Belgio, Croazia, Danimarca, Slovenia, 95’)ć Sala Grande h. 13.50 VENEZIA 79 ALL THE BEAUTY AND THE BLOODSHED di LAURA POITRAS (USA, 117’) Sala Corinto h. 14 VENEZIA CLASSICI CANYON PASSAGE di JACQUES TOURNEUR (USA, 92’) Sala Perla h. 14 SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC ALBERTINE WHERE ARE YOU? di MARIA GUIDONE (Italia, 20’) a seguire SETTIMANA DELLA CRITICA SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE TANT QUE LE SOLEIL FRAPPE di PHILIPPE PETIT (Francia, 85’) Sala Darsena h. 14.15 SEGUEORIZZONTIQ&A DOPO LA PROIEZIONE AUTOBIOGRAPHY di MAKBUL MUBARAK (Indonesia, Francia, Germania, Polonia, Singapore, Filippine, Qatar, 115’) Sala Casinò h. 14.30 VENEZIA CLASSICI SHATRANJ KE KHILARI (I GIOCATORI DI SCACCHI) di SATYAJIT RAY (India, 121’) PalaBiennale h. 15.30 ORIZZONTI – V.M.14 LA (THESYNDICALISTESITTINGDUCK) di JEAN-PAUL SALOMÉ (Francia, Germania, 122’) Sala Grande h. 16.15 VENEZIA 79 – V.M.14 MONICA di ANDREA PALLAORO (USA, Italia, 113’) Sala Corinto h. 16.45 VENEZIA CLASSICI LA VOGLIA MATTA di LUCIANO SALCE (Italia, 110’)

Sala Grande h. 19 VENEZIA 79 – V.M.14 BONES AND ALL di LUCA GUADAGNINO (USA, 130’) Sala Corinto h. 19.30 SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC – EVENTO SPECIALE – CORTOMETRAGGIO DI APERTURA PINNED INTO A DRESS di GIANLUCA MATARRESE, GUILLAUME THOMAS (Francia, 19’) a seguire SETTIMANA DELLA CRITICA – EVENTO SPECIALE FILM DI APERTURA TROIS NUITS PAR SEMAINE di FLORENT GOUËLOU (Francia, 103’) Sala Pasinetti h. 19.30 VENEZIA CLASSICI – V.M.14 TEOREMA di PIER PAOLO PASOLINI (Italia, 98’) PalaBiennale h. 20 VENEZIA 79 – V.M.14 BONES AND ALL di LUCA GUADAGNINO (USA, 130’) a seguire VENEZIA 79 ATHENA di ROMAIN GAVRAS (Francia, 97’) Sala Giardino h. 21 ORIZZONTI EXTRA SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE VALERIA (VALERIAMITHATENETISGETTINGMARRIED) di MICHAL VINIK (Israele, Ucraina, 76’) Sala Grande h. 21.45 VENEZIA 79 ATHENA di ROMAIN GAVRAS (Francia, 97’) Sala Pasinetti h. 22 VENEZIA CLASSICI KAZE NO NAKA NO MENDORI (UNA GALLINA NEL VENTO) di YASUJIRO OZU (Giappone, 84’) Circuito Cinema in Mostra Multisala Rossini, Venezia IMG Cinemas Candiani, Mestre h. 16-21 VENEZIA 79 BARDO, FALSA CRÓNICA DE UNAS CUANTAS VERDADES di ALEJANDRO G. IÑÁRRITU (Messico, 174’) h. 16.30 GIORNATE DEGLI AUTORI - FILM D’APERTURA DIRTY DIFFICULT DANGEROUS di WISSAM CHARAF (Francia, Italia, Libano, 83’) h. 19 SETTIMANA DELLA CRITICA - EVENTO SPECIALE FILM D’APERTURA TROIS NUITS PAR SEMAINE (THREE NIGHT A WEEK) di FLORENT GOUËLOU (Francia, 103’) h. 21.30 VENEZIA 79 TÁR di TODD FIELD (USA, 158’)

ORIZZONTI EXTRA VALERIA (VALERIAMITHATENETISGETTINGMARRIED) di MICHAL VINIK (Israele, Ucraina, 76’) Sala Casinò h. 9 BIENNALE COLLEGE CINEMA COME LE TARTARUGHE di MONICA DUGO (Italia, 80’)

s creenings79. MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA

Sala Giardino h. 21 ORIZZONTI EXTRA SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE NEZOUH di SOUDADE KAADAN (UK, Siria, Francia, 104’) Sala Grande h. 21.30 CERIMONIA DI PREMIAZIONE DEL LEONE D’ORO ALLA CARRIERA A PAUL SCHRADER a seguire FUORI CONCORSO MASTER GARDENER di PAUL SCHRADER (USA, 107’) Sala Pasinetti h. 21.45 VENEZIA CLASSICI SHATRANJ KE KHILARI (I GIOCATORI DI SCACCHI) di SATYAJIT RAY (India, 121’) Sala Grande h. 24 FUORI CONCORSO – V.M.14 PEARL di TI WEST (USA, 102’) Circuito Cinema in Mostra Multisala Rossini, Venezia IMG Cinemas Candiani, Mestre h. 16 ORIZZONTI NAJSREK´NIOT CˇOVEK NA SVETOT (THE HAPPIEST MAN IN THE WORLD) di TEONA STRUGAR MITEVSKA (Macedonia del Nord, Bosnia-Erzegovina, 95’) h. 16.30 GIORNATE DEGLI AUTORI - EVENTO SPECIALE ALONE di JAFAR NAJAFI (Iran, 61’) h. 18.30 FUORI CONCORSO LIVING di OLIVER HERMANUS (UK, 102’) h. 19 SETTIMANA DELLA CRITICA MARGINI di NICCOLÒ FALSETTI (Italia, 91’) h. 21 VENEZIA 79 ATHENA di ROMAIN GAVRAS (Francia, 97’) h. 21.30 ORIZZONTI LA SYNDICALISTE di JEAN-PAUL SALOMÉ (Francia, Germania, 122’) 04 domenica Sunday Sala Giardino h. 9 ORIZZONTI EXTRA NEZOUH di SOUDADE KAADAN (UK, Siria, Francia, 104’) Sala Casinò h. 9 BIENNALE COLLEGE CINEMA GORNYI LUK (MOUNTAIN ONION) di ELDAR SHIBANOV (Kazakistan, 90’) Sala Casinò h. 11 VENEZIA CLASSICI CANYON PASSAGE di JACQUES TOURNEUR (USA, 92’) Sala Corinto h. 11.15 VENEZIA 79 ALL THE BEAUTY AND THE BLOODSHED di LAURA POITRAS (USA, 117’) PalaBiennale h. 13 ORIZZONTI AUTOBIOGRAPHY di MAKBUL MUBARAK (Indonesia, Francia, Germania, Polonia, Singapore, Filippine, Qatar, 115’)

68 Sala Perla h. 16.45 GIORNATE DEGLI AUTORI MIU MIU WOMEN’S TALES HOUSE COMES WITH A BIRD di JANICZA BRAVO (USA, 15’) a seguire GIORNATE DEGLI AUTORI MIU MIU WOMEN’S TALES CARTA A MI MADRE PARA MI HIJO di CARLA SIMÓN (Spagna, 22’) a seguire GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M.14 SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE BLUE JEAN di GEORGIA OAKLEY (UK, 97’) Sala Giardino h. 17 BIENNALE COLLEGE CINEMA GORNYI LUK (MOUNTAIN ONION) di ELDAR SHIBANOV (Kazakistan, 90’) Sala Volpi h. 17 VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI FRAGMENTS OF PARADISE di K.D. DAVISON (USA, 98’) Sala Darsena h. 17.15 SEGUEORIZZONTIQ&A DOPO LA PROIEZIONE POUR LA FRANCE (FOR MY COUNTRY) di RACHID HAMI (Francia, Taipei, 113’) Sala Casinò h. 17.30 VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI JERRY SCHATZBERG, PORTRAIT PAYSAGE (JERRY SCHATZBERG, LANDSCAPE PORTRAIT) di PIERRE FILMON (Francia, 61’) PalaBiennale h. 18 VENEZIA 79 UN COUPLE (A COUPLE) di FREDERICK WISEMAN (UK, 64’) Sala Grande h. 18.45 VENEZIA 79 ARGENTINA, 1985 di SANTIAGO MITRE (Argentina, USA, 140’) Sala Corinto h. 19.30 SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC COME LE LUMACHE di MARGHERITA PANIZON (Italia, 18’) a seguire SETTIMANA DELLA CRITICA MARGINI di NICCOLÒ FALSETTI (Italia, 91’) Sala Pasinetti h. 19.30 VENEZIA CLASSICI BRATAN (FRATELLO) di BAKHTYAR KHUDOJNAZAROV (URSS, 98’) PalaBiennale h. 19.45 VENEZIA 79 ARGENTINA, 1985 di SANTIAGO MITRE (Argentina, USA, 140’) a seguire FUORI CONCORSO MASTER GARDENER di PAUL SCHRADER (USA, 107’)

Sala Darsena h. 14 ORIZZONTI – V.M.14 SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE BLANQUITA di FERNANDO GUZZONI (Cile, Messico, 99’)

Sala Corinto h. 14 VENEZIA CLASSICI MES PETITES AMOUREUSES di JEAN EUSTACHE (Francia, 123’) Sala Perla h. 14 SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE PUIET (SAPLING) di LORENZO FABBRO, BRONTE STAHL (Italia, Usa, Romania, 14’) a seguire SETTIMANA DELLA CRITICA EISMAYER di DAVID WAGNER (Austria, 87’) Sala Grande h. 14.30 FUORI CONCORSO - NON FICTION THE KIEV TRIAL di SERGEI LOZNITSA (Paesi Bassi, Ucraina, 106’) Sala Casinò h. 14.30 VENEZIA CLASSICI LA VOGLIA MATTA di LUCIANO SALCE (Italia, 110’) PalaBiennale h. 15.30 ORIZZONTI POUR LA FRANCE (FOR MY COUNTRY) di RACHID HAMI (Francia, Taipei, 113’) Sala Darsena h. 16.30 ORIZZONTI – V.M.14 SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE TI MANGIO IL CUORE di PIPPO MEZZAPESA (Italia, 117’) Sala Perla h. 16.45 GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M.14 SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE EL AKHIRA. LA DERNIÈRE REINE di ADILA BENDIMERAD, DAMIEN OUNOURI (Algeria, Francia, Arabia Saudita, Qatar, Taipei, 110’)

Sala Grande h. 14.30

FUORI CONCORSO KAPAG WALA NANG MGA ALON (WHEN THE WAVES ARE GONE) di LAV DIAZ (Filippine, Francia, Portogallo, Danimarca, 188’) Sala Perla h. 17 GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M.14 SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE LOBO E CÃO di CLÁUDIA VAREJÃO (Portogallo, 111’) Sala Volpi h. 17 VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI THE GHOST OF RICHARD HARRIS di ADRIAN SIBLEY (Irlanda, UK, 106’) Sala Casinò h. 17 VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI GODARD SEUL LE CINÉMA (GODARD CINEMA) di CYRIL LEUTHY (Francia, 100’) PalaBiennale h. 17.30 VENEZIA 79 LES ENFANTS DES AUTRES (OTHER PEOPLE’S CHILDREN) di REBECCA ZLOTOWSKI (Francia, 104’) Sala Grande h. 19 CERIMONIA DI CONSEGNA DEL PREMIO CAMPARI PASSION FOR FILM A ARIANNE PHILLIPS a seguire FUORI CONCORSO DON’T WORRY DARLING di OLIVIA WILDE (USA, 123’)

TI MANGIO IL CUORE di PIPPO MEZZAPESA (Italia, 117’)

SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC REGINETTA di FEDERICO RUSSOTTO (Italia, 20’)

FUORI CONCORSO - NON FICTION IN VIAGGIO di GIANFRANCO ROSI (Italia, 82’) Sala Corinto h. 14.30 VENEZIA CLASSICI THE BLACK CAT di EDGAR G. ULMER (USA, 65’) Sala Casinò h. 14.30 VENEZIA CLASSICI LA MARCIA SU ROMA di DINO RISI (Italia, 92’)

Sala Corinto h. 16.30 VENEZIA CLASSICI – V.M.14 KOROSHI NO RAKUIN (LA FARFALLA SUL MIRINO) di SEIJUN SUZUKI (Giappone, 92’) Sala Grande h. 16.45

SEGUEORIZZONTIQ&A

PalaBiennale h. 15 ORIZZONTI – V.M.14

VENEZIA 79 THE BANSHEES OF INISHERIN di MARTIN MCDONAGH (Irlanda, UK, USA, 109’) Sala Darsena h. 17

a seguire SETTIMANA DELLA CRITICA – V.M.14 SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE AUS MEINER HAUT (SKIN DEEP) di ALEX SCHAAD (Germania, 103’)

69 Sala Grande h. 17 VENEZIA 79 LES ENFANTS DES AUTRES (OTHER PEOPLE’S CHILDREN) di REBECCA ZLOTOWSKI (Francia, 104’) Sala Giardino h. 17 BIENNALE COLLEGE CINEMA PALIMPSEST di HANNA VÄSTINSALO (Finlandia, 109’) Sala Corinto h. 17 VENEZIA CLASSICI LA MARCIA SU ROMA di DINO RISI (Italia, 92’) Sala Volpi h. 17 VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI JERRY SCHATZBERG, PORTRAIT PAYSAGE (JERRY SCHATZBERG, LANDSCAPE PORTRAIT) di PIERRE FILMON (Francia, 61’) Sala Casinò h. 17 VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI THE GHOST OF RICHARD HARRIS di ADRIAN SIBLEY (Irlanda, UK, 106’) PalaBiennale h. 18 VENEZIA 79 – V.M.14 MONICA di ANDREA PALLAORO (USA, Italia, 113’) Sala Grande h. 19.15 VENEZIA 79 L’IMMENSITÀ di EMANUELE CRIALESE (Italia, Francia, 97’) Sala Corinto h. 19.30 SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC ALBERTINE WHERE ARE YOU? di MARIA GUIDONE (Italia, 20’) a seguire SETTIMANA DELLA CRITICA TANT QUE LE SOLEIL FRAPPE di PHILIPPE PETIT (Francia, 85’) Sala Pasinetti h. 19.30 VENEZIA CLASSICI CANYON PASSAGE di JACQUES TOURNEUR (USA, 92’) PalaBiennale h. 20.30 VENEZIA 79 L’IMMENSITÀ di EMANUELE CRIALESE (Italia, Francia, 97’) a seguire VENEZIA 79 THE WHALE di DARREN ARONOFSKY (USA, 117’) Sala Giardino h. 21 ORIZZONTI EXTRA SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE ZAPATOS ROJOS (RED SHOES) di CARLOS EICHELMANN KAISER (Messico, Italia, 82’) Sala Grande h. 21.30 VENEZIA 79 THE WHALE di DARREN ARONOFSKY (USA, 117’) Sala Pasinetti h. 21.45 VENEZIA CLASSICI LA VOGLIA MATTA di LUCIANO SALCE (Italia, 110’) Circuito Cinema in Mostra Multisala Rossini, Venezia IMG Cinemas Candiani, Mestre h. 16 VENEZIA 79 ALL THE BEAUTY AND THE BLOODSHED di LAURA POITRAS (USA, 117’) h. 16.30 FUORI CONCORSO MASTER GARDENER di PAUL SCHRADER (USA, 107’) h. 18.30 VENEZIA 79 MONICA di ANDREA PALLAORO (USA, Italia, 113’) h. 19 SETTIMANA DELLA CRITICA TANT QUE LE SOLEIL FRAPPE (BEATING SUN) di PHILIPPE PETIT (Francia, 85’) h. 21 VENEZIA 79 ARGENTINA, 1985 di SANTIAGO MITRE (USA, Argentina, 140’) h. 21.30 FUORI CONCORSO PEARL di TI WEST (USA, 102’) 05 lunedì Monday Sala Giardino h. 8.45 ORIZZONTI EXTRA ZAPATOS ROJOS (RED SHOES) di CARLOS EICHELMANN KAISER (Messico, Italia, 82’) Sala Casinò h. 9 BIENNALE COLLEGE CINEMA PALIMPSEST di HANNA VÄSTINSALO (Finlandia, 109’) Sala Corinto h. 11.15 FUORI CONCORSO - NON FICTION THE KIEV TRIAL di SERGEI LOZNITSA (Paesi Bassi, Ucraina, 106’) Sala Perla h. 11.15 GIORNATE DEGLI AUTORI - EVENTI SPECIALI SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE LA FORNACE di DANIELE CIPRÌ (Italia, 19’) a seguire GIORNATE DEGLI AUTORI BEŽNÁ (ORDINARYSELHÁNÍFAILURES) di CRISTINA GROS¸AN (Repubblica Ceca, Ungheria, Italia, Slovacchia, 83’) Sala Casinò h. 11.15 VENEZIA CLASSICI MES PETITES AMOUREUSES di JEAN EUSTACHE (Francia, 123’) PalaBiennale h. 13 ORIZZONTI – V.M.14 BLANQUITA di FERNANDO GUZZONI (Cile, Messico, 99’) Sala Darsena h. 14 SEGUEORIZZONTIQ&A DOPO LA PROIEZIONE SPRE NORD (TO THE NORTH) di MIHAI MINCAN (Romania, Francia, Grecia, Bulgaria, Repubblica Ceca, 122’) Sala Perla h. 14

DOPO LA PROIEZIONE INNOCENCE di GUY (Danimarca,DAVIDIIsraele, Finlandia, Islanda, 101’) Sala Giardino h. 17

Sala Corinto h. 19.30 SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC PUIET (SAPLING) di LORENZO FABBRO, BRONTE STAHL (Italia, Usa, Romania, 14’) a seguire SETTIMANA DELLA CRITICA EISMAYER di DAVID WAGNER (Austria, 87’) Sala Pasinetti h. 19.30 VENEZIA CLASSICI MES PETITES AMOUREUSES di JEAN EUSTACHE (Francia, 123’) PalaBiennale h. 20 FUORI CONCORSO DON’T WORRY DARLING di OLIVIA WILDE (USA, 123’) a seguire VENEZIA 79 LOVE LIFE di KOJI FUKADA (Giappone, Francia, 123’) Sala Giardino h. 21 ORIZZONTI EXTRA SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE AMANDA di CAROLINA CAVALLI (Italia, 94’) Sala Grande h. 21.45 VENEZIA 79 LOVE LIFE di KOJI FUKADA (Giappone, Francia, 123’) Sala Pasinetti h. 22 VENEZIA CLASSICI LA MARCIA SU ROMA di DINO RISI (Italia, 92’) Circuito Cinema in Mostra Multisala Rossini, Venezia IMG Cinemas Candiani, Mestre h. 16 VENEZIA 79 LES ENFANTS DES AUTRES di REBECCA ZLOTOWSKI (Francia, 104’) h. 16.30 GIORNATE DEGLI AUTORI - EVENTO SPECIALE CASA SUSANNA di SÉBASTIEN LIFSHITZ (Francia, USA, 97’) h. 18.30 VENEZIA 79 THE WHALE di DARREN ARONOFSKY (USA, 117’) h. 19 SETTIMANA DELLA CRITICA EISMAYER di DAVID WAGNER (Austria, 87’) h. 21 VENEZIA 79 L’IMMENSITÀ di EMANUELE CRIALESE (Italia, Francia, 97’) h. 21.30 FUORI CONCORSO THE KIEV TRIAL di SERGEI LOZNITSA (Paesi Bassi, Ucraina 106’) 06 martedìTuesday Sala Giardino h. 9 ORIZZONTI EXTRA AMANDA di CAROLINA CAVALLI (Italia, 94’) Sala Casinò h. 9 FUORI CONCORSO KAPAG WALA NANG MGA ALON (WHEN THE WAVES ARE GONE) di LAV DIAZ (Filippine, Francia, Portogallo, Danimarca, 188’) Sala Corinto h. 11.15 FUORI CONCORSO - NON FICTION IN VIAGGIO di GIANFRANCO ROSI (Italia, 82’) Sala Perla h. 11.15 GIORNATE DEGLI AUTORI - EVENTI SPECIALI SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE SIAMO QUI PER PROVARE di GRETA DE LAZZARIS, JACOPO QUADRI (Italia, 88’) Sala Casinò h. 12.45 VENEZIA CLASSICI THE BLACK CAT di EDGAR G. ULMER (USA, 65’) PalaBiennale h. 13 ORIZZONTI SPRE NORD (TO THE NORTH) di MIHAI MINCAN (Romania, Francia, Grecia, Bulgaria, Repubblica Ceca, 122’) Sala Perla h. 13.45 SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC NOSTOS di MAURO ZINGARELLI (Italia, 20’) a seguire SETTIMANA DELLA CRITICA – V.M.14 SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE DOGBORN di ISABELLA CARBONELL (Svezia, 84’) Sala Darsena h. 14 SEGUEORIZZONTIQ&A DOPO LA PROIEZIONE OBETˇ (VICTIM)di MICHAL (Slovacchia,BLAŠKORepubblica Ceca, Germania, 91’) Sala Corinto h. 14 VENEZIA CLASSICI DULI SHIDAI (A CONFUCIAN CONFUSION) di EDWARD YANG (Taiwan, 129’) Sala Grande h. 14.30 FUORI CONCORSO - NON FICTION MUSIC FOR BLACK PIGEONS di JØRGEN LETH, ANDREAS KOEFOED (Danimarca, 92’) Sala Casinò h. 14.30 VENEZIA CLASSICI – V.M.14 KOROSHI NO RAKUIN (LA FARFALLA SUL MIRINO) di SEIJUN SUZUKI (Giappone, 92’)

PalaBiennale h. 15.30 ORIZZONTI INNOCENCE di GUY (Danimarca,DAVIDIIsraele, Finlandia, Islanda, 101’) Sala Darsena h. 16.30 SEGUEORIZZONTIQ&A DOPO LA PROIEZIONE EN LOS MÁRGENES (ON THE FRINGE) di JUAN DIEGO BOTTO (Spagna, UK, 103’) Sala Perla h. 16.30 GIORNATE DEGLI AUTORI SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE THE MAIDEN di GRAHAM FOY (Canada, 117’) Sala Grande h. 16.45 VENEZIA 79 THE ETERNAL DAUGHTER di JOANNA HOGG (UK, USA, 96’) Sala Corinto h. 16.45 VENEZIA CLASSICI TERESA LA LADRA di CARLO DI PALMA (Italia, 123’) Sala Volpi h. 17 VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI GODARD SEUL LE CINÉMA (GODARD CINEMA) di CYRIL LEUTHY (Francia, 100’) Sala Casinò h. 17 VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI SERGIO LEONE - L’ITALIANO CHE INVENTÒ L’AMERICA di FRANCESCO ZIPPEL (Italia, 107’) Sala Giardino h. 17 FUORI CONCORSO – V.M.14 KÕNE TAEVAST (CALL OF GOD) di KIM (Estonia,KI-DUKLituania, Kirghizistan, 81’) PalaBiennale h. 17.45 VENEZIA 79 THE BANSHEES OF INISHERIN di MARTIN MCDONAGH (Irlanda, UK, USA, 109’) Sala Grande h. 19 VENEZIA 79 IL SIGNORE DELLE FORMICHE di GIANNI AMELIO (Italia, 134’) Sala Giardino h. 19.15 EVENTO SPECIALE SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE LA BAMBOLA DI PEZZA di NICOLA CONVERSA (Italia, 23’) Sala Corinto h. 19.30 SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC REGINETTA di FEDERICO RUSSOTTO (Italia, 20’) a seguire SETTIMANA DELLA CRITICA – V.M.14 AUS MEINER HAUT (SKIN DEEP) di ALEX SCHAAD (Germania, 103’)

D’ARTE CINEMATOGRAFICA

creenings

70 s 79. MOSTRA INTERNAZIONALE

Sala Giardino h. 17

71 Sala Pasinetti h. 19.30 VENEZIA CLASSICI THE BLACK CAT di EDGAR G. ULMER (USA, 65’) PalaBiennale h. 20.15 VENEZIA 79 IL SIGNORE DELLE FORMICHE di GIANNI AMELIO (Italia, 134’) a seguire FUORI CONCORSO DEAD FOR A DOLLAR di WALTER HILL (USA, Canada, 106’) Sala Giardino h. 21 ORIZZONTI EXTRA SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE BI ROYA (WITHOUT HER) di ARIAN VAZIRDAFTARI (Iran, 111’) Sala Pasinetti h. 21.30 VENEZIA CLASSICI – V.M.14 KOROSHI NO RAKUIN (LA FARFALLA SUL MIRINO) di SEIJUN SUZUKI (Giappone, 92’) Sala Grande h. 21.45 CERIMONIA DI CONSEGNA DEL PREMIO CARTIER GLORY TO THE FILMMAKER A WALTER HILL a seguire FUORI CONCORSO DEAD FOR A DOLLAR di WALTER HILL (USA, Canada, 106’) Circuito Cinema in Mostra Multisala Rossini, Venezia IMG Cinemas Candiani, Mestre h. 16 FUORI CONCORSO IN VIAGGIO di GIANFRANCO ROSI (Italia, 80’) h. 16.30 ORIZZONTI INNOCENCE di GUY DAVIDI (Danimarca, Israele, 100’) h. 18.30 FUORI CONCORSO DON’T WORRY DARLING di OLIVIA WILDE (USA, 123’) h. 19 SETTIMANA DELLA CRITICA AUS MEINER HAUT (SKIN DEEP) di ALEX SCHAAD (Germania, 103’) h. 21 VENEZIA 79 LOVE LIFE di KÔJI FUKADA (Giappone, Francia, 123’) h. 21.30 ORIZZONTI SPRE NORD (AL NORD) di MIHAI MINCAN (Romania, Francia, 122’) 07 mercoledìWednesday Sala Giardino h. 8.45 ORIZZONTI EXTRA BI ROYA (WITHOUT HER) di ARIAN VAZIRDAFTARI (Iran, 111’) Sala Casinò h. 9 FUORI CONCORSO – V.M.14 KÕNE TAEVAST (CALL OF GOD) di KIM (Estonia,KI-DUKLituania, Kirghizistan, 81’) Sala Casinò h. 11 VENEZIA CLASSICI DULI SHIDAI (A CONFUCIAN CONFUSION) di EDWARD YANG (Taiwan, 192’) Sala Corinto h. 11.30 FUORI CONCORSO - NON FICTION MUSIC FOR BLACK PIGEONS di JØRGEN LETH, ANDREAS KOEFOED (Danimarca, 92’) Sala Perla h. 11.30 GIORNATE DEGLI AUTORI – FILM DI APERTURA DIRTY DIFFICULT DANGEROUS di WISSAM CHARAF (Francia, Italia, Libano, 84’) PalaBiennale h. 13.15 ORIZZONTI OBET´ (VICTIM)di MICHAL (Slovacchia,BLAŠKORepubblica Ceca, Germania, 91’) Sala Corinto h. 13.45 VENEZIA CLASSICI UCHO (L’ORECCHIO) di KAREL KACHYNA (Cecoslovacchia, 96’) Sala Darsena h. 14 SEGUEORIZZONTIQ&A DOPO LA PROIEZIONE JANG-E JAHANI SEVOM (WORLD WAR III) di HOUMAN SEYEDI (Iran, 107’) Sala Perla h. 14 SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC RESTI di FEDERICO FADIGA (Italia, 13’) a seguire SETTIMANA DELLA CRITICA – V.M.14 SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE ANHELL69 di THEO MONTOYA (Colombia, 74’) Sala Casinò h. 14 VENEZIA CLASSICI TERESA LA LADRA di CARLO DI PALMA (Italia, 123’) Sala Grande h. 14.15 FUORI CONCORSO - NON FICTION FREEDOM ON FIRE. UKRAINE’S FIGHT FOR FREEDOM di EVGENY AFINEEVSKY (Ucraina, UK, USA, 118’) PalaBiennale h. 15.15 ORIZZONTI EN LOS MÁRGENES (ON THE FRINGE) di JUAN DIEGO BOTTO (Spagna, UK, 103’) Sala Corinto h. 16.15 VENEZIA CLASSICI – V.M.14 KAMIGAMI NO FUKAKI YOKUBO (IL PROFONDO DESIDERIO DEGLI DEI) di SHOHEI IMAMURA (Giappone, 175’) Sala Grande h. 16.45 VENEZIA 79 – V.M.14 SAINT OMER di ALICE DIOP (Francia, 123’) Sala Casinò h. 16.45 VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI FRANCO CONFORMISTAZEFFIRELLI,RIBELLE di ANSELMA DELL’OLIO (Italia, 123’) Sala Darsena h. 17 SEGUEORIZZONTIQ&A DOPO LA PROIEZIONE LUXEMBOURG, LUXEMBOURG di ANTONIO LUKICH (Ucraina, 106’)

SERGIO LEONE - L’ITALIANO CHE INVENTÒ L’AMERICA di FRANCESCO ZIPPEL (Italia, 107’) PalaBiennale h. 18 VENEZIA 79 THE ETERNAL DAUGHTER di JOANNA HOGG (UK, USA, 96’) Sala Pasinetti h. 19 VENEZIA CLASSICI DULI SHIDAI (A CONFUCIAN CONFUSION) di EDWARD YANG (Taiwan, 129’) Sala Grande h. 19.15 VENEZIA 79 THE SON di FLORIAN ZELLER (UK, 124’) Sala Corinto h. 19.45

SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC NOSTOS di MAURO ZINGARELLI (Italia, 20’) a seguire SETTIMANA DELLA CRITICA – V.M.14 DOGBORN di ISABELLA CARBONELL (Svezia, 84’) PalaBiennale h. 20.15 VENEZIA 79 THE SON di FLORIAN ZELLER (UK, 124’) a seguire FUORI CONCORSO DREAMIN’ WILD di BILL POHLAD (USA, 110’) Sala Giardino h. 21 ORIZZONTI EXTRA SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE NOTTE FANTASMA di FULVIO RISULEO (Italia, 84’) Sala Pasinetti h. 21.45 VENEZIA CLASSICI TERESA LA LADRA di CARLO DI PALMA (Italia, 123’) Sala Grande h. 22 FUORI CONCORSO DREAMIN’ WILD di BILL POHLAD (USA, 110’) Circuito Cinema in Mostra Multisala Rossini, Venezia IMG Cinemas Candiani, Mestre h. 16 VENEZIA 79 IL SIGNORE DELLE FORMICHE di GIANNI AMELIO (Italia, 134’) h. 16.30 GIORNATE DEGLI AUTORI - EVENTO SPECIALE SIAMO QUI PER PROVARE di GRETA DE LAZZARIS, JACOPO QUADRI (Italia, 88’)

FUORI CONCORSO - NON FICTION GLI ULTIMI GIORNI DELL’UMANITÀ di ENRICO GHEZZI, ALESSANDRO GAGLIARDO (Italia, 200’) Sala Perla h. 17 GIORNATE DEGLI AUTORI SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE BENTU di SALVATORE MEREU (Italia, 70’) Sala Volpi h. 17 VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI

Sala Grande h. 16.15 VENEZIA 79 SHAB, DAKHELI, DIVAR (BEYOND THE WALL) di VAHID JALILVAND (Iran, 126’) Sala Corinto h. 16.45 VENEZIA CLASSICI – V.M.18 THERESE AND ISABELLE di RADLEY METZGER (Francia, USA, Germania, Paesi Bassi, 118’) Sala Perla h. 16.45 GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M.14 SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE LES DAMNÉS NE PLEURENT PAS di FYZAL BOULIFA (Francia, Belgio, Marocco, 110’) Sala Giardino h. 17 FUORI CONCORSO - CORTOMETRAGGI CAMARERA DE PISO (MAID) di LUCRECIA MARTEL (Argentina, Messico, 11’) IN QUANTO A NOI di SIMONE MASSI (Italia, 5’, animazione) A GUERRA FINITA di SIMONE MASSI (Italia, 5’, animazione) a seguire ORIZZONTI - CORTOMETRAGGI SNOW IN SEPTEMBER di LKHAGVADULAM PUREV-OCHIR (Francia, Mongolia, 20’) TRIA – DEL SENTIMENTO DEL TRADIRE di GIULIA GRANDINETTI (Italia, 17’) III di SALOMÉ VILLENEUVE (Canada, 12’)

THE FRUIT TREE di ISABELLE TOLLENAERE (Belgio, 15’) RUTUBET (THE MOISTURE) di TURAN HASTE (Turchia, 20’) NOCOMODO di LOLA HALIFA-LEGRAND (Francia, 13’) Sala Volpi h. 17 VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI FRANCO CONFORMISTAZEFFIRELLI,RIBELLE di ANSELMA DELL’OLIO (Italia, 123’) PalaBiennale h. 17.30 VENEZIA 79 – V.M.14 SAINT OMER di ALICE DIOP (Francia, 123’) Sala Casinò h. 18 VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI BONNIE di SIMON WALLON (USA, 83’) Sala Grande h. 19 VENEZIA 79 – V.M.14 BLONDE di ANDREW DOMINIK (USA, 165’) Sala Pasinetti h. 19.15 VENEZIA CLASSICI UCHO (L’ORECCHIO) di KAREL KACHYNˇA (Cecoslovacchia, 96’) Sala Corinto h. 19.30 SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC RESTI di FEDERICO FADIGA (Italia, 13’) a seguire SETTIMANA DELLA CRITICA – V.M.14 ANHELL69 di THEO MONTOYA (Colombia, 74’) PalaBiennale h. 20 VENEZIA 79 – V.M.14 BLONDE di ANDREW DOMINIK (USA, 165’) a seguire FUORI CONCORSO SICCITÁ di PAOLO VIRZÌ (Italia, 124’) Sala Giardino h. 21 ORIZZONTI EXTRA SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE GOLIATH di ADILKHAN YERZHANOV (Kazakistan, Russia, 92’) Sala Pasinetti h. 21.30 VENEZIA CLASSICI – V.M.14 KAMIGAMI NO FUKAKI YOKUBO (IL PROFONDO DESIDERIO DEGLI DEI) di SHOHEI IMAMURA (Giappone, 174’) Sala Corinto h. 22 GIORNATE DEGLI AUTORI BEˇŽNÁ (ORDINARYSELHÁNÍFAILURES) di CRISTINA GROS¸AN (Repubblica Ceca, Ungheria, Italia, Slovacchia, 83’) Sala Grande h. 22.15 FUORI CONCORSO SICCITÁ di PAOLO VIRZÌ (Italia, 124’) Circuito Cinema in Mostra Multisala Rossini, Venezia IMG Cinemas Candiani, Mestre h. 16 ORIZZONTI EXTRA AMANDA di CAROLINA CAVALLI (Italia, 94’)

72 INTERNAZIONALE h. 18.30 VENEZIA 79 THE ETERNAL DAUGHTER di JOANNA HOGG (UK, USA, 96’) h. 19 SETTIMANA della Critica DOGBORN di ISABELLA CARBONELL (Svezia, 84’) h. 21 FUORI CONCORSO KÕNE TAEVAST (LA CHIAMATA DAL CIELO) di KIM KI-DUK (Estonia, Lituania, 81’) h. 21.30 FUORI CONCORSO DEAD FOR A DOLLAR di WALTER HILL (USA, Canada, 114’) 08 giovedìThursday Sala Casinò h. 8.30 FUORI CONCORSO - NON FICTION GLI ULTIMI GIORNI DELL’UMANITÀ di ENRICO GHEZZI, ALESSANDRO GAGLIARDO (Italia, 200’) Sala Giardino h. 9 ORIZZONTI EXTRA NOTTE FANTASMA di FULVIO RISULEO (Italia, 84’) Sala Corinto h. 11 FUORI CONCORSO - NON FICTION FREEDOM ON FIRE. UKRAINE’S FIGHT FOR FREEDOM di EVGENY AFINEEVSKY (Ucraina, UK, USA, 118’) Sala Perla h. 11.15 GIORNATE DEGLI AUTORI - EVENTI SPECIALI SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE ACQUA E ANICE di CORRADO CERON (Italia 110’) Sala Casinò h. 12.30 VENEZIA CLASSICI UCHO (L’ORECCHIO) di KAREL KACHYNˇA (Cecoslovacchia, 96’) PalaBiennale h. 13 ORIZZONTI JANG-E JAHANI SEVOM (WORLD WAR III) di HOUMAN SEYEDI (Iran, 107’) Sala Corinto h. 14 VENEZIA CLASSICI CAVALCADE di FRANK LLOYD (USA, 112’) Sala Perla h. 14 SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC – V.M.14 LA STANZA LUCIDA di CHIARA CATERINA (Italia, 20’) a seguire SETTIMANA DELLA CRITICA – V.M.14 SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE DA LI STE VIDELI OVU ŽENU? (HAVE YOU SEEN THIS WOMAN?)di DUŠAN ZORIC´, MATIJA GLUŠCˇEVIC´ (Serbia, Croazia, 78’) Sala Grande h. 14.15 FUORI CONCORSO - NON FICTION THE MATCHMAKER di BENEDETTA ARGENTIERI (Italia, 88’) Sala Darsena h. 14.30 ORIZZONTI – CON INTERVALLO SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE TRENQUE LAUQUEN di LAURA CITARELLA (Argentina, Germania, Parte 1. 128’ / Parte 2. 132’) Sala Casinò h. 14.30 VENEZIA CLASSICI – V.M.14 KAMIGAMI NO FUKAKI YOKUBO (IL PROFONDO DESIDERIO DEGLI DEI) di SHOHEI IMAMURA (Giappone, 174’) PalaBiennale h. 15.15 ORIZZONTI LUXEMBOURG, LUXEMBOURG di ANTONIO LUKICH (Ucraina, 106’)

s creenings79. MOSTRA

D’ARTE CINEMATOGRAFICA

ALT PÅ EN (EVERYTHINGGANGAT ONCE) di HENRIK DYB ZWART (Norvegia, 8’) CHRISTOPHER AT SEA di TOM CJ BROWN (Francia, USA, 20’, animazione)

A GUERRA FINITA di SIMONE MASSI (Italia, 5’, animazione) a seguire ORIZZONTI - CORTOMETRAGGI SNOW IN SEPTEMBER di LKHAGVADULAM PUREV-OCHIR (Francia, Mongolia, 20’) TRIA – DEL SENTIMENTO DEL TRADIRE di GIULIA GRANDINETTI (Italia, 17’) III di SALOMÉ VILLENEUVE (Canada, 12’)

QING BIE GUA DUAN (PLEASE HOLD THE LINE) di TAN CE DING (Malesia, 19’) MANUALE DI CINEMATOGRAFIA PER DILETTANTI – VOL. I di FEDERICO DI CORATO (Italia, 20’)

a seguire ORIZZONTI - CORTOMETRAGGI SAHBETY (MY GIRL FRIEND) di KAWTHAR YOUNIS (Egitto, 17’)

LOVE FOREVER di CLARE YOUNG (Australia, 13’) Sala Volpi h. 17 VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI BONNIE di SIMON WALLON (USA, 83’) Sala Casinò h. 17 VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI RAGTAG di GIUSEPPE BOCCASSINI (Germania, Francia, Italia, 84’) Sala Grande h. 19 VENEZIA 79 CHIARA di SUSANNA NICCHIARELLI (Italia, Belgio, 106’) Sala Volpi h. 19 FUORI CONCORSO - CORTOMETRAGGI CAMARERA DE PISO (MAID) di LUCRECIA MARTEL (Argentina, Messico, 11’) IN QUANTO A NOI di SIMONE MASSI (Italia, 5’, animazione)

THE FRUIT TREE di ISABELLE TOLLENAERE (Belgio, 15’) RUTUBET (THE MOISTURE) di TURAN HASTE (Turchia, 20’) NOCOMODO di LOLA HALIFA-LEGRAND (Francia, 13’) Sala Darsena h. 19.15

FUORI CONCORSO - CORTOMETRAGGI LOOK AT ME di SALLY POTTER (UK, USA, 16’)

73 h. 16.30 GIORNATE DEGLI AUTORI BENTU di SALVATORE MEREU (Italia, 70’) h. 18.30 VENEZIA 79 SAINT OMER di ALICE DIOP (Francia, 122’) h. 19 SETTIMANA DELLA CRITICA ANHELL69 di THEO MONTOYA (Colombia, 74’) h. 21 VENEZIA 79 THE SON di FLORIAN ZELLER (UK, 124’) h. 21.30 FUORI CONCORSO DREAMIN’ WILD di BILL POHLAD (USA, 110’) 09 venerdì Friday Sala Giardino h. 9 ORIZZONTI EXTRA GOLIATH di ADILKHAN YERZHANOV (Kazakistan, Russia, 92’) Sala Perla h. 9 SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC – V.M.14 LA STANZA LUCIDA di CHIARA CATERINA (Italia, 20’) a seguire SETTIMANA DELLA CRITICA – V.M.14 DA LI STE VIDELI OVU ŽENU? (HAVE YOU SEEN THIS WOMAN?)di DUŠAN ZORIC´, MATIJA GLUŠCˇEVIC´ (Serbia, Croazia, 78’) Sala Casinò h. 9 FUORI CONCORSO - CORTOMETRAGGI CAMARERA DE PISO (MAID) di LUCRECIA MARTEL (Argentina, Messico, 11’) IN QUANTO A NOI di SIMONE MASSI (Italia, 5’, animazione) A GUERRA FINITA di SIMONE MASSI (Italia, 5’, animazione) a seguire ORIZZONTI - CORTOMETRAGGI SNOW IN SEPTEMBER di LKHAGVADULAM PUREV-OCHIR (Francia, Mongolia, 20’) TRIA – DEL SENTIMENTO DEL TRADIRE di GIULIA GRANDINETTI (Italia, 17’) III di SALOMÉ VILLENEUVE (Canada, 12’) THE FRUIT TREE di ISABELLE TOLLENAERE (Belgio, 15’) RUTUBET (THE MOISTURE) di TURAN HASTE (Turchia, 20’) NOCOMODO di LOLA HALIFA-LEGRAND (Francia, 13’) Sala Corinto h. 11 FUORI CONCORSO - NON FICTION THE MATCHMAKER di BENEDETTA ARGENTIERI (Italia, 88’) Sala Perla h. 11.15 GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M.14 PADRE PIO di ABEL FERRARA (Italia, Germania, UK, 104’) Sala Casinò h. 11.30 VENEZIA CLASSICI CAVALCADE di FRANK LLOYD (USA, 112’) Sala Pasinetti h. 13.30 ORIZZONTI – CON INTERVALLO TRENQUE LAUQUEN di LAURA CITARELLA (Argentina, Germania, Parte 1. 128’ / Parte 2. 132’) Sala Darsena h. 14 SEGUEORIZZONTIQ&A DOPO LA PROIEZIONE A NOIVA (THE BRIDE)di SÉRGIO TRÉFAUT (Portogallo, 81’) PalaBiennale h. 14 FUORI CONCORSO SICCITÁ di PAOLO VIRZÌ (Italia, 124’) Sala Corinto h. 14 VENEZIA CLASSICI LE CAPORAL ÉPINGLÉ di JEAN RENOIR (Francia, 106’) Sala Perla h. 14 SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC – EVENTO SPECIALE – CORTOMETRAGGIO DI CHIUSURA HAPPY BIRTHDAY di GIORGIO FERRERO (Italia, 22’) a seguire SETTIMANA DELLA CRITICA – EVENTO SPECIALE FILM DI CHIUSURA SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE MALIKATES (QUEENS) di YASMINE BENKIRAN (Marocco, 83’) Sala Grande h. 14.30 FUORI CONCORSO - NON FICTION NUCLEAR di OLIVER STONE (USA, 105’) Sala Casinò h. 14.30 VENEZIA CLASSICI – V.M.18 THERESE AND ISABELLE di RADLEY METZGER (Francia, USA, Germania, Paesi Bassi, 118’) Sala Darsena h. 16.30 SEGUEORIZZONTIQ&A DOPO LA PROIEZIONE CHLEB I SO´L (BREAD AND SALT) di DAMIAN KOCUR (Polonia, 100’) Sala Corinto h. 16.30 VENEZIA CLASSICI THE DRAUGHTSMAN’S CONTRACT (I MISTERI DEL GIARDINO DI COMPTON HOUSE) di PETER GREENAWAY (UK, 108’) Sala Grande h. 16.45 VENEZIA 79 KHERS NIST (NO BEARS) di JAFAR PANAHI (Iran, 107’) Sala Perla h. 16.45 GIORNATE DEGLI AUTORI – FILM DI CHIUSURA SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE THE LISTENER di STEVE BUSCEMI (USA, 96’) PalaBiennale h. 17 VENEZIA 79 SHAB, DAKHELI, DIVAR (BEYOND THE WALL) di VAHID JALILVAND (Iran, 126’) Sala Giardino h. 17

FUORI CONCORSO – SERIES CON INTERVALLO COPENHAGEN COWBOY (EPISODI 1-6) di NICOLAS WINDING REFN (Danimarca, 301’) Sala Corinto h. 19.15 GIORNATE DEGLI AUTORI THE MAIDEN di GRAHAM FOY (Canada, 117’) Sala Pasinetti h. 19.15 VENEZIA CLASSICI CAVALCADE di FRANK LLOYD (USA, 112’)

creenings

74 s 79. MOSTRA INTERNAZIONALE Sala Perla h. 19.30 ORIZZONTI – CON INTERVALLO TRENQUE LAUQUEN di LAURA CITARELLA (Argentina, Germania, Parte 1. 128’ / Parte 2. 132’) PalaBiennale h. 20 VENEZIA 79 CHIARA di SUSANNA NICCHIARELLI (Italia, Belgio, 106’) a seguire VENEZIA 79 LES MIENS (OUR TIES) di ROSCHDY ZEM (Francia, 85’) Sala Giardino h. 21 ORIZZONTI EXTRA – V.M.14 SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE JANAIN (HANGINGMUALAQAGARDENS) di AHMED YASSIN AL DARADJI (Iraq, Palestina, Arabia Saudita, Egitto, UK, 107’) Sala Grande h. 21.30 VENEZIA 79 LES MIENS (OUR TIES) di ROSCHDY ZEM (Francia, 85’) Sala Volpi h. 21.30 FUORI CONCORSO - CORTOMETRAGGI LOOK AT ME di SALLY POTTER (UK, USA, 16’) a seguire ORIZZONTI - CORTOMETRAGGI SAHBETY (MY GIRL FRIEND) di KAWTHAR YOUNIS (Egitto, 17’) QING BIE GUA DUAN (PLEASE HOLD THE LINE) di TAN CE DING (Malesia, 19’) MANUALE DI CINEMATOGRAFIA PER DILETTANTI – VOL. I di FEDERICO DI CORATO (Italia, 20’)ALT PÅ EN (EVERYTHINGGANGAT ONCE) di HENRIK DYB ZWART (Norvegia, 8’) CHRISTOPHER AT SEA di TOM CJ BROWN (Francia, USA, 20’, animazione) LOVE FOREVER di CLARE YOUNG (Australia, 13’) Sala Corinto h. 21.45 GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M.14 STONEWALLING di HUANG JI, RYUJI OTSUKA (Giappone, 148’) Sala Pasinetti h. 21.45 VENEZIA CLASSICI – V.M.18 THERESE AND ISABELLE di RADLEY METZGER (Francia, USA, Germania, Paesi Bassi, 118’) Circuito Cinema in Mostra Multisala Rossini, Venezia IMG Cinemas Candiani, Mestre h. 16 VENEZIA 79 SHAB, DAKHELI, DIVAR (OLTRE IL MURO) di VAHID JALILVAND (Iran, 126’) h. 16.30 GIORNATE DEGLI AUTORI - EVENTO SPECIALE ACQUA E ANICE (OLIMPIA’S WAY) di CORRADO CERON (Italia, 109’) h. 18.30 FUORI CONCORSO SICCITÀ di PAOLO VIRZÌ (Italia, 124’) h. 19 SETTIMANA DELLA CRITICA DA LI STE VIDELI OVU ŽENU? (HAVE YOU SEEN THIS WOMAN?)di DUŠAN ZORIC, MATIJA GLUŠCEVIC (Serbia, Croazia, 79’) h. 21 VENEZIA 79 BLONDE di ANDREW DOMINIK (USA, 166’) h. 21.30 ORIZZONTI LUXEMBOURG, LUXEMBOURG di ANTONIO LUKICH (Ucraina, 106’) 10 sabato Saturday Sala Giardino h. 9 ORIZZONTI EXTRA – V.M.14 JANAIN (HANGINGMUALAQAGARDENS) di AHMED YASSIN AL DARADJI (Iraq, Palestina, Arabia Saudita, Egitto, UK, 107’) Sala Casinò h. 9 FUORI CONCORSO - CORTOMETRAGGI LOOK AT ME di SALLY POTTER (UK, USA, 16’) a seguire ORIZZONTI - CORTOMETRAGGI SAHBETY (MY GIRL FRIEND) di KAWTHAR YOUNIS (Egitto, 17’) QING BIE GUA DUAN (PLEASE HOLD THE LINE) di TAN CE DING (Malesia, 19’) MANUALE DI CINEMATOGRAFIA PER DILETTANTI – VOL. I di FEDERICO DI CORATO (Italia, 20’)ALT PÅ EN (EVERYTHINGGANGAT ONCE) di HENRIK DYB ZWART (Norvegia, 8’) CHRISTOPHER AT SEA di TOM CJ BROWN (Francia, USA, 20’, animazione) LOVE FOREVER di CLARE YOUNG (Australia, 13’) Sala Perla h. 9 SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC – EVENTO SPECIALE – CORTOMETRAGGIO DI CHIUSURA HAPPY BIRTHDAY di GIORGIO FERRERO (Italia, 22’) a seguire SETTIMANA DELLA CRITICA – EVENTO SPECIALE FILM DI CHIUSURA MALIKATES (QUEENS) di YASMINE BENKIRAN (Marocco, 83’) Sala Corinto h. 11 FUORI CONCORSO - NON FICTION NUCLEAR di OLIVER STONE (USA, 105’) Sala Perla h. 11.15 GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M.14 LOBO E CÃO di CLÁUDIA VAREJÃO (Portogallo, 111’) Sala Casinò h. 11.30 VENEZIA CLASSICI LE CAPORAL ÈPINGLÉ di JEAN RENOIR (Francia, 106’) Sala Giardino h. 13.30 FUORI CONCORSO – SERIES CON INTERVALLO COPENHAGEN COWBOY (EPISODI 1-6) di NICOLAS WINDING REFN (Danimarca, 301’) Sala Darsena h. 14 FUORI CONCORSO – V.M.14 PEARL di TI WEST (USA, 102’) PalaBiennale h. 14 ORIZZONTI CHLEB I SOL (BREAD AND SALT) di DAMIAN KOCUR (Polonia, 100’) Sala Corinto h. 14 ORIZZONTI A NOIVA (THE BRIDE)di SÉRGIO TRÉFAUT (Portogallo, 81’) Sala Perla h. 14 PROIEZIONE DEL FILM VINCITORE DELLA SETTIMANA DELLA CRITICA Sala Casinò h. 14.30 VENEZIA CLASSICI THE DRAUGHTSMAN’S CONTRACT (I MISTERI DEL GIARDINO DI COMPTON HOUSE) di PETER GREENAWAY (UK, 108’) PalaBiennale h. 16.30 VENEZIA 79 KHERS NIST (NO BEARS) di JAFAR PANAHI (Iran, 107’) Sala Corinto h. 16.30 SETTIMANA DELLA CRITICA – EVENTO SPECIALE O SANGUE di PEDRO COSTA (Portogallo, 95’) Sala Perla h. 17 GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M.14 EL AKHIRA. LA DERNIÈRE REINE di ADILA BENDIMERAD, DAMIEN OUNOURI (Algeria, Francia, Arabia Saudita, Qatar, Taipei, 110’) Sala Volpi h. 17 VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI RAGTAG di GIUSEPPE BOCCASSINI (Germania, Francia, Italia, 84’)

D’ARTE CINEMATOGRAFICA

h. 16.30

h. 18.30 VENEZIA 79 LES MIENS di

h. 19 SETTIMANA DELLA

Sala Grande h. 19 CERIMONIA DI PREMIAZIONE INVITI PalaBiennale h. 19 DIRETTA DELLA CERIMONIA DI PREMIAZIONE a seguire FUORI CONCORSO – FILM DI CHIUSURA THE HANGING SUN di FRANCESCO CARROZZINI (Italia, UK, 93’) a seguire PROIEZIONE DEL FILM VINCITORE DEL LEONE D’ARGENTO PREMIO PER LA MIGLIORE REGIA Sala Corinto h. 19.30 GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M.14 LES DAMNÉS NE PLEURENT PAS di FYZAL BOULIFA (Francia, Belgio, Marocco, 110’) Sala Volpi h. 19.30 VENEZIA CLASSICI LE CAPORAL ÈPINGLÉ di JEAN RENOIR (Francia, 106’) Sala Giardino h. 20 PROIEZIONE DEL FILM VINCITORE DEL PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA Sala Perla h. 20 PROIEZIONE DEL FILM VINCITORE DEL PREMIO ORIZZONTI PER IL MIGLIOR FILM Sala Darsena h. 20.30 PROIEZIONE DEL FILM VINCITORE DEL LEONE D’ORO Sala Grande h. 21 FUORI CONCORSO – FILM DI CHIUSURA THE HANGING SUN di FRANCESCO CARROZZINI (Italia, UK, 93’) Sala Corinto h. 22 GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M.14 BLUE JEAN di GEORGIA OAKLEY (UK, 97’) Sala Volpi h. 22 VENEZIA CLASSICI THE DRAUGHTSMAN’S CONTRACT (I MISTERI DEL GIARDINO DI COMPTON HOUSE) di PETER GREENAWAY (UK, 104’) Sala Darsena h. 22.30 PROIEZIONE DEL FILM VINCITORE DEL LEONE D’ARGENTO GRAN PREMIO DELLA GIURIA Sala Giardino h. 22.30 PROIEZIONE DEL FILM VINCITORE DEL LEONE DEL FUTURO –PREMIO VENEZIA OPERA PRIMA “LUIGI DE LAURENTIIS” Sala Perla h. 16 FUORI CONCORSO NUCLEAR di OLIVER STONE (USA, 119’) GIORNATE DEGLI AUTORI - FILM DI CHIUSURA FUORI CONCORSO THE LISTENER di STEVE BUSCEMI (USA, 96’) ROSCHDY ZEM (Francia, 85’) CRITICA - EVENTO SPECIALE FILM DI MALIKATES (QUEENS) YASMINE BENKIRAN (Marocco, 83’) (GLI ORSI NON ESISTONO) JAFAR PANAHI (Iran, 107’) CONCORSO THE HANGING FRANCESCO CARROZZINI (Italia, UK, 93’)

CHIUSURA

22.30 PROIEZIONE DEL FILM VINCITORE DEL PREMIO ORIZZONTI PER LA MIGLIORE REGIA Circuito Cinema in Mostra Multisala Rossini, Venezia IMG Cinemas Candiani, Mestre h.

di

h. 21 VENEZIA 79 KHERS NIST

11 domenica Sunday Circuito Cinema in Mostra Multisala Rossini, Venezia IMG Cinemas Candiani, Mestre 16-18.30-21 VENEZIA 79 LEONE D’ORO O ALTRO FILM PREMIATO BIGLIETTI / TICKETS È possibile acquistare i biglietti per le proiezioni esclusivamente online, fino ad esaurimento posti disponibili Acquista il tuo biglietto online Buy your ticket online

di

SUN di

h. 21.30 FUORI

76 special e A FORZA DI BRACCIA

In occasione della Regata del 1843 si decide di dipingere le imbarcazioni in gara di bianco, blu, canarino (giallo), celeste, cendrè (grigio), rosa e verde. A questi colori si aggiungeranno l’arancio e il verde chiaro nel 1844, il marrone e il viola nel 1856, il solferino (in onore della vittoria degli italiani sugli austriaci nella II Guerra d’Indipendenza) nel 1866, il rosso nel 1872. Dalla Regata del 1892 i colori sono rimasti invariati: bianco, marrone, rosa, celeste, verde, viola, canarino, rosso, arancio

TipoMASCARETAdisandololeggerousato per la pesca, per le regate e per il diporto lagunare. La sua lunghezza (6-8 m) varia in rapporto al numero di vogatori (1-4 remi). A kind of light sandolo boat used for fishing, regattas and general recreation in the lagoon. Its length (usually 6-8 m) depends on the number of rowers (1-4 oars).

NatoGONDOLINOedusatoesclusivamente per la Regata Storica, il gondolino fece la sua prima apparizione in gara nel 1825. Imbarcazione più leggera e svelta della gondola dalla quale trae la sua forma, misura attualmente 10.50 m di lunghezza, 1.10 m di larghezza e 0.65 m di larghezza del fondo. Designed and built ex clusively for the Regata Storica, the gondolino was first launched in 1825. Lighter and faster than the gondola from which it takes its shape, today’s craft are 10.50 m long, with a width of 1.10 m and a keel width of 0.65 m.

On September 4, the Histori cal Regatta, or Regata Storica, will populate the Grand Canal – as it does every year. In the late afternoon, people will amass on the embankments around town to see the cortege of tradi tional watercraft ploughing through the waters and challenging one another in the re-evocation of such a celebration that took place in the late 1400 for Caterina Cornaro, Queen of Cyprus. Caterina has been used by the Republic of Venice as a political pawn to take control of Cyprus. After some time as regent, she was given some land in the Venetian mainland around the beautiful hill village of Asolo, where she dedicated her life to literary and cultural pursuits together with scholars of the time, whom she welcomed at her estate.

ImbarcazionePUPPARINveloce usata un tempo per la vigilanza marittima o come bar ca da casada. Molto sviluppata nella poppa da cui prende il nome. Vogata a un remo fino ad un massimo di 4, la sua lunghezza varia da 9 a oltre 10 m. A fast, agile boat tradition ally used by maritime guards or as a barca da casada (family boat). Wider in the stern ( poppa), from which it takes its name, the pupparin is generally 9 or 10 m long and can be rowed by between one and four oarsmen.

BarcaCAORLINAdalavoro,conserva le forme originali. Adibita alla pesca ( caorlina da seragia ) e soprattutto al trasporto delle primizie ortofrutticole dalle isole al mercato cittadino. Il nome fa presume re l’origine da Caorle. This work boat still pre serves the original shape. Built for fishing (caorlina da seragia) and especially for transporting fresh fruit and vegetables from the islands to the city market. The boat’s name suggests that it was originally built in the town of Caorle.

77 I l 4 settembre torna puntuale la tradizionale Regata Storica che prima di farsi sfida remiera nella seconda parte del pomeriggio, con varie tipologie di imbarca zioni che si affrontano in gare molto combat tute sia agonisticamente che dal punto di vista della partecipazione popolare, si apre con la rievocazione del corteo di barche addobba te a festa nell’omaggio a Caterina Cornaro, ultima regina di Cipro, isola che donò o meglio dovette forzatamente “concedere” alla Repub blica Serenissima. In cambio Caterina venne confinata ad Asolo, dove seppe trarre onor dall’essilio, prendendo a prestito vocaboli dan teschi, e creare un importantissimo cenacolo culturale che rivestì fondamentale importanza nella produzione letteraria dell’epoca. Per raccontare il corteo di barche che sfila lungo il Canal Grande, rimandando alla poten za quasi invincibile della Serenissima di allora, risulta difficile trovare aggettivi adatti senza cadere nella retorica delle troppe iperboli, tuttavia non è mai trascurabile l’effetto spet tacolare che pur nella ripetitività delle azioni, coinvolge emozionalmente sempre il pubblico, che riesce solo in piccola parte a immaginare la ricchezza di una città che quasi aveva sapu to piegare le acque alle sue esigenze anche architettoniche. Il Canal Grande infatti è il riferi mento continuo di una estetica mutevole che si alleava con le correnti, che continuano dopo secoli e secoli a lambire le forme dei palazzi, in un reciproco scambio pietra/acque. Una novità importante per il 2022 è data, dopo 25 anni dall’ultimo varo di nuove im barcazioni, 10 mascarete colorate destinate ad equipaggi femminili, uscite da pochissimo dallo squero Tramontin per opera dei maestri d’ascia Silvia Scaramuzza e Francesco Sten ghel. La sfida più importante rimane quella dei gondolini che chiude la Regata. Una prova di forza e di astuzia tattica nel trovare la posizio ne migliore per poter letteralmente sfrecciare con possenti colpi di remo lungo il Canal Grande tra due ali di folla che si assiepa in ogni apertura rivolta al campo, anzi al canale di gara di ineguagliabile bellezza. Una sfida che porta spesso con sé polemiche e ricorsi, basata sulla capacità di condurre un’imbarca zione a due piuttosto estrema, scafo leggero e molto robusto per poter sopportare la potente azione dei regatanti, con una struttura rinfor zata da appositi tiranti nei punti di massima sollecitazione. Campioni del remo, così si chiamano comunemente a Venezia. di Fabio Marzari Regata Storica 4 settembre Canal www.regatastoricavenezia.itGrande

To describe the boat cortege down the Grand Canal, which reminds and cele brates the former military glory of Venice, one is easily drawn to resort to hyperbole. However, the view is honestly spectacular and will make any onlooker open wide their eyes in awe when they realize what incredible historical unicum Venice has Whatbeen. is new in 2022 is that, 25 years after the last new watercraft addition, ten new colourful boats have been built for female crew at squero (boatyard) Tramontin by master boatbuilders Silvia Scaramuzza and Francesco Stenghel. The most impor tant race is that of gondolini, at the end of the show. It takes brains and brawn to find the right position within the Grand Canal and dart through your opponents, leaving them behind. As it happens, the challenge doesn’t end there, because after the race is won, debate ensues, as do complaints and appeals. This shouldn’t take away anything from the pure display of physical ability on one side – the two rowers must coordinate extremely well and dose their power wise ly – and beautiful craftsmanship on the other – the boats are exquisitely built, light yet strong to sustain push after push by athletes that are called, and quite rightly so, Venice’s own rowing champions.

79 L’Amoureux, 2022 Oil on polished aluminium plate mirror 100 x 180 cm Le Diable, 2022 Oil on polished aluminium plate mirror 100 x 180 cm L’indovino 23 APRIL27 2022NOVEMBER ExhOpeningibition Wednesday, April 20th 2022 6pm – 9pm St George's Anglican Church Campo San Vio, 30123 Venice VE 59th Venice Biennale Republic of San Marino

80 art e

WITHPLAYINGFIRE Quando si dice una mostra che segna il presente dando del tu al presente. Quando si dice, ebbene sì, per una volta non un meccanico spot da lancio stampa, una mostra da non perdere, senza se e senza ma. Per diverse ragioni, contenutistiche, identitarie, di linguaggio mai come in questo caso profondamente glocal, di dimensione corporeamente dialettica tra respiro spiritualmente universale che emana anche solo visivamen te l’opera clou dell’esposizione, l’enorme lampadario in vetro La Commedia Umana, e sapere artigianale di profondità millenaria. Una mostra, La Commedia Umana – Memento Mori, la cui ideazione concettuale e progettuale, la cui complessità realizzativa porta la firma di due autentici fuoriclasse attivi nella scena dell’arte contemporanea. Il primo, l’artista, non ha certo bisogno di presentazioni, dato che Ai Weiwei non solo è uno dei più importanti e germinali artisti contemporanei, ma è anche tra tutte le grandi firme dell’arte mondiale quello che più di ogni altro ha saputo coniugare lo scavo profondo all’interno della complessità della contemporaneità, con tutto il suo portato contraddittorio fatto di tensione viva verso l’espressione creativa libera, senza condizionamento alcuno, e di limiti, di ostacoli anche violenti e coercitivi verso questa stessa libertà espressiva, con la capacità di utilizzare la comunicazione mediatica per infrange re le barriere schematiche, elitarie che troppo spesso separano la cultura alta dalla passione, dalla curiosità popolare.

Per gentile concessione della Fondazione Berengo abbiamo il piacere e l’onore di ospitare nelle nostre pagine i due interventi che i due protagonisti hanno steso per il catalogo ufficiale della mostra.

Il secondo, il gallerista, il produttore, o per meglio dire il regista di questi straordinari progetti artistici in vetro, quell’A driano Berengo, anch’esso, di sicuro almeno qui a Venezia, figura che non ha certo bisogno a sua volta di particolari presentazioni, che è a nostro avviso senza dubbio alcuno uno dei pochissimi, se non l’unico, dei veneziani di oggi dotato della medesima carica visionaria, dell’eguale abilità mercantile, dell’identica presa sul mondo intero, sugli incro ci che i diversi continenti producono interagendo per affari e idee, che caratterizzavano l’attività, la progettualità im prenditoriale dei grandi veneziani dell’età aurea della Serenissima, quando New York City era Venezia. Tra tutte le sue varie imprese e progetti produttivi ed espositivi di arte contemporanea in vetro basti solo qui menzionare Glasstress, la più importante collettiva al mondo di questa forma di espressione artistica allestita a Venezia ogni due anni in con comitanza con la Biennale Arte, mostra che è oramai divenuta una fermata imprescindibile per chiunque dia del tu al contemporaneo. Insomma, un matrimonio artistico che davvero s’aveva da fare e che ora si celebra ufficialmente nello straordinario scenario della palladiana chiesa di San Giorgio Maggiore.

81

by Ai Weiwei by Adriano Berengo Ai Weiwei. La Commedia Umana – Memento Mori 28 agosto-27 novembre Abbazia di San Giorgio Maggiore, Isola di San Giorgio www.berengo.com

I met Adriano Berengo, the founder of Beren go Studio, on 28 August 2009. At that time Adriano and his son Marco came to my studio in Beijing, and we planned to work together. After many years, I visit ed Berengo Studio on Murano Island for the first time. Adriano took me to their workshop. There I saw how glass masters took glass out from a furnace and formed a shape. Seeing this complicated process was a very notable expe rience. Although I have a longtime experience in porce lain, it is different from glass; high temperature is needed to transform soft clay into hard ceramic and to have a glaze adhere to the surface, but only after it is shaped. Glass, in contrast, is formed under a high temperature and needs a long time to cool down, which makes glassmaking a very demanding kind of craft. What motivated me to create artworks in glass is my curi osity for traditional crafts; I am in awe of crafts. Glassmak ing has a history of at least 3,600 years. Glass is a material between and beyond the states of air, liquid and solid. It has a unique quality that makes it a very confusing and attractive material since its discovery. Working with tra ditional crafts takes a lot of effort. I need to understand the material and craftsmanship first, and then I work with my collaborators who put my ideas into practice. It is a very long and laborious process. After I got to know the shaping possibilities of glass, Berengo Studio and I made some attempts together, including the most important artwork exhibited here titled La Commedia Umana. It is 8.4 meters high and 6.4 meters wide. This giant black chandelier is composed of around 2000 pieces, weighing 2,700 kg. It is a glass assemblage of human skulls, skeletons, inter nal organs, bones, animals such as crabs and bats, and surveillance cameras – these symbols have all appeared in my previous artworks. Each part of this chandelier was handmade during these two years’ work; it took a lot of glassmakers’ efforts to complete this gigantic and difficult Adrianoartwork. has incredible energy and desire for creativity. In our collaboration, he tirelessly and diligently realized the artist’s imagination. It is a unique ability. Equally important as the completion of the artworks, I feel very satisfied with the collaboration process that enabled the artworks to exist. As I often create works with challenging forms and scales, they cannot be accomplished without the craftsmanship and patience of the glassmakers and model-makers, and the assistance of Stefano Lo Duca at Berengo Studio. It was thanks to the encounter with traditional crafts, our research and extension, and the partnership with Berengo Studio that this exhibition became possible. The exhibition encompasses what is related to tradition, including the chandelier, furniture, and traditional human sculpture, and our daily objects such as Marble Takeout Box and Marble Toilet Paper, the latter being an important topic during the pandemic. I am also exhibiting my recent works in Lego, a material that I use to create flat artworks. Glass, a special material and a part of our daily life, bears witness to joy, anxiety and worry in our reality. In its pres ence we reflect upon the relationships between life and death, and between tradition and reality.

My collaborations with Ai Weiwei began several years ago, when I went to visit him while he was under house-arrest. He is an artist I have always admired, and I knew that I wanted to convince him that glass was worth his time to ex-periment with as a material. We began small: casts of his hand, and later his arm. Projects that brought a vivid new dimension to his famous photographic series where he gave a finger to power. These small glass sculptures sparked what would become a new interest for Weiwei, and I am delighted that since those first few meetings our relationship as col laborators, but also as friends, has continued to evolve. This particular collaboration has been ongoing for a number of years, with Weiwei popping into Ber-engo Studio in Murano whenever he could to update us. Each time he’d come he’d observe what we had created, both in our casting workshop and in the furnace itself with blown glass. Each visit a new development of the final form took place, another step that brought us closer to this colossal hanging sculpture. It has been a journey to witness the germ of an idea grow in such a way so consist ently over such a long stretch of time. Weiwei has always had a great respect for craft, for the skilled hands that have spent years learning their technique, and in this work he uses this interest and manipulates it for a vision that is large, wild, unreserved and urgent. He has taken glass as a material and trans-formed it, not only making the largest Murano glass chandelier ever created but doing so in a com-pletely originally way. Can it even be called a chandelier? This vast hanging sculpture in black glass defies definition, nothing like it has ever really been seen or created before. Part of its beauty is it re-mains a mystery, a human tragedy, a comedy, a tangled mess that we each must seek to unwind in our own time. La Commedia Umana does not hide in preexisting forms but bursts out from the familiar, stacking skeletons and organs without bodies into a grandiose architecture that belies their simplicity. Although he began this work with us in Murano long before the pandemic and the war in Ukraine we can’t help but look at this monumental sculpture as a work that now carries with it the weight of our collective loss from the past few years. It is a work that stirs emotions, that forces us to come to terms not only with our own mortality but with the part our lives have to play in the greater theatre of human history. After its dramatic debut in Rome earlier this year I’m extremely proud to be able to bring this vast sculpture back to the landscape from which it was born: the Venetian lagoon. In the ancient baths in Rome the black morphing bones seemed to respond directly to the mosaic that mocked the chandelier from the wall with its ancient inscription “Gnothi sautòn” (know thyself). Here in Venice instead we find the potential for a very dif ferent scene. Rather than the ruins of an empire past, we find the art-work enveloped by the 16th century Palladian architecture of the church of San Giorgio Maggiore. The interior of the church is bright, white marble sets off the dark black of the glass beautifully, creat-ing a dark orb at the centre of the light, a contradiction in terms. Brought back to Venice, its spiritual home, the chandelier cannot help but reflect upon the fragile state of this floating city and the delicate ecosystem of the lagoon. The progress and variety of artworks we have had the honour of creating in collaboration with Ai Weiwei has gone from strength to strength over the years. We may have begun with the simple cast of the artist’s hand, but now we stand in the shadow of a monumental and histor-ically signifi cant sculpture. In the spiritual setting of a church we find that we have achieved some-thing even more profound. The sculpture stands in the holy building as a hymn to God, a hymn to humanity, a powerful scene invoking mercy for our mortal souls.

Un progetto d’arte pubblica nato nell’estate 2019 in seguito a un incontro fra Gabriella Belli, direttrice della Fondazione Musei Civici veneziani, e Anselm Kiefer stesso e realizzato in parte durante il lockdown, in piena pandemia. La genesi delle opere è narrata con cura nel catalogo dell’esposizione, ricco di contributi di studiosi del calibro di Sirén, Donà, De Loisy, Barisoni, Obrist che ne ripercorrono la storia passo dopo passo. Non era facile misurarsi con pittori della statura di Tintoretto, Andrea Vicentino o Palma il Giovane, a meno di occultarli, giusto o sbagliato che fosse, seppure per un periodo limitato nel tempo. Le tele ma scherano i dipinti sottostanti ad eccezione del soffitto cinquecente sco a scomparti dorati, opera del pittore cartografo Cristoforo Sorte, che celebra le conquiste dell’impero marittimo veneziano. Non si tratta però, secondo Kiefer, di voler riscrivere la storia di Venezia o la gloria della Serenissima. Si tratta di evidenziare le interazioni tra Oriente e Occidente. Tuttavia il fatto che l’artista si sia ispirato al Faust II di Goethe, riscontrando analogie in quel così tenace strappare la terra al mare, costruire, partire e tornare a tutti i costi, o a Elena e allo spirito romantico del Nord contrapposto al mondo classico greco, come fa a non lasciarci inquieti? Meglio ancorarci alla proposta metaforica di un “solstizio veneziano”, per dirla con le parole di Salvatore Settis, un attimo fuggente impresso su tela, tra ieri e oggi e domani, ma che si tratti di respiro cosmico o individuale pur sempre bisognerà «trattenere il respiro». Un impatto emozionale, che coinvolge e invade i sensi e la mente, nella «simultaneità di un qualcosa e del nulla» che fluisce a livello percettivo. Non semplice disegno o pittura che costruisce e colora le forme in un affresco corale di sintesi e richiami storici, ma tracce di stati d’animo contemporanei figurati e incarnati come presenze, oggetti e fantasmi. Dal carboncino all’acrilico, dalla gommalacca alla stoffa e alla corda, dai cavi di metallo al legno cauterizzato, dalla paglia al cartone, e poi ancora foglia d’oro a profusione, zinco, acciaio, piombo e cuoio per un’installazione davvero site-specific. Le trasparenze, i tocchi pittorici di luce di Kiefer traggono origine anche da uno studio dei pittori antichi, con il quale egli si è qui natural mente confrontato. Scrive ancora l’artista che «a volte accade che vi sia una convergenza tra momenti passati e presenti, e mentre si fondono si vive un po’ quell’immobilità che c’è nel cavo di un’onda che sta per infrangersi». È forse questo il significato di quel mare oscuro, teatro di rotte marittime o di inondazioni, e di emanazioni divine, dipinto da Kiefer: il mare dà, riceve e toglie. E quel sarcofago aperto e vuoto, chiuso da cerchi di vite, allude alle reliquie scompar se di San Marco ma è anche bara di tutti gli uomini, senza alcuna eccezione: i girasoli al suo interno non sono però simbolo di vita perpetua, o speranza di resurrezione? E dove ci porterà, o dove sono finiti coloro che abbandonando le proprie vestigia mortali? Sono saliti sulla biblica scala d’oro che si perde nella luminosità della volta celeste? Sapranno proteggerci, guidarci o vegliare su di noi gli ‘invisibili’ angeli custodi collocati sopra le porte? Ironica processione quella dei dogi evocati nella materialità di tricicli e carrelli della spesa, con i loro nomi impressi sulle targhette, così come non mancano improbabili sottomarini per viaggi impossibili. Fuochi d’artificio, acqua e terra si tramutano in ghiaccio e neve, mentre altrove campeggia il ricordo sbiadito di un Palazzo Ducale tra fumo e fiamme, con il Leone alato di San Marco che incurante continua a sventolare. Sotto di esso, una folla di uniformi di com battenti come cadaveri in piedi, e c’è chi vede anche infinite orde di incuranti turisti. Il finale è forse un altro imprecisato Big bang, magari in seguito a una catastrofe naturale. Del resto un altro punto di riferimento per Kiefer non è forse il geologo della deriva dei continenti e della tettonica delle placche Alfred Wegener? In conclusione, ci troviamo di fronte ad una Venezia intesa nella sua glorificazione storico-economica e nella sua fragilità intrinseca, geofisica ma non aliena da una spiritualità naturale. Per Emo, e così per Kiefer, l’arte è al di là di ogni definizione, è mistero, «necessa riamente sconfinata», ma è anche «orizzonte di un’infinita diversità, nell’infinita identità». E se è vero che non c’è niente di eterno sotto il sole, per chi crede, invece, dopo la morte l’arte ritornerà nei nostri occhi, nella misura in cui Dio vorrà che essa ritorni. Nel frattempo, su questa terra, ci auguriamo che questo prezioso lavoro creativo che «di Venezia porta le stigmate» trovi a fine mostra una nuova collocazione, e che non vada comunque in rovina anzi tempo. Luisa Turchi Anselm Kiefer Fino 29 ottobre Sala dello Scrutinio, Palazzo Ducale www.visitmuve.it

82 arte IN THE MASTERSCITY Tra acqua, cielo e pietra Maestosità ed essenzialità nella Venezia di Kiefer «Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di Laluce».frase di Andrea Emo Capodilista (1901-1983), il filosofo italiano nel quale Anselm Kiefer – artista tedesco di chiara fama – si riconosce, dà come in una partitura musicale il La, sancendone al contempo anche l’ipotetica fine, al suo grande Venice Cycle, che trova tempo ranea collocazione sulle pareti della Sala dello Scrutinio all’interno di Palazzo Ducale. Un memento universale visivo, coadiuvato dalla scrittura che diventa inesorabile titolo della mostra, esteso sulla linea dell’orizzonte, come su un grande campo arato e desertificato, disseminato da pali di legni bruciati, libri chiusi e carbonizzati, su cui grava e risplende un tramonto dorato, invaso da squarci di luce e ombre a trapassare le nuvole. Entrando si è sopraffatti dall’enormità delle dimensioni dei teleri, monumentali, nutriti dalle stratificazioni innumerevoli del colore, steso a grumi più o meno spessi, calibrati anche nei loro eccessi, tra figurazione e astrazione. Sedici metri in altezza e quarantadue di lunghezza, una serie di otto dipinti e una mezza dozzina di tele più piccole che occupano gli spazi di porte e finestre, concepiti in origi ne nello studio dell’artista, a Croissy–Beaubourg, alle porte di Parigi, e poi trasportati in Italia, nel cuore di Venezia.

83 Water, sky, ENG and stone

“These papers will certainly enlighten us – once set on fire” (Andrea Emo, 1901–1983) In the sentence by the nihilist philosopher, German artist Anselm Kiefer found inspiration for the installation of a universal visual memento, the representation of a bare, desert-like field dotted with burned-up pieces of wood and books.

The project started in 2019 – its inception is thor oughly described in the exhibition’s catalogue – as a public art project in cooperation with the Venice City Museums. It’s no easy task to measure up to Tintoretto, Andrea Vicentino, and Palma il Giovane, whose art is an integral part of Palazzo Ducale, though according to Kiefer, there is no intention to shade the history of Venice, even though the ancient paintings are, in fact, covered by the installation. The purpose, here, is to highlight the interaction between the East and the West. Not simple drawing or painting to depict a choral fresco of historical synthesis, but rather, traces of present-day emotions that find a way to embody their presence in objects and phantasms. Charcoal, acrylic, lacquer, cloth, cord, metal, burnt wood, hay, cardboard, gold foil, zinc, steel, lead, and leather for a truly site-specific installation. According to Kiefer, “sometimes it just happens that there is a con vergence between past and present moments, and when they blend, you live that moment of immobility in the ebb of the waves.” Is that the meaning of that dark ocean, the backdrop of long journeys, of flood, of divine manifestation, that Kiefer painted? The sea gives and takes away. And what about the open, empty casket? It al ludes to the remains of Saint Mark, but is also the casket for all of mankind – no exception. Aren’t though the sunflowers growing within a symbol of eternal life, or hope of resurrection?

ENG Anish Kapoor’s exhibition will be open until October 9, though that will be by no means the end of Kapoor’s presence in town. In fact, the artist plans to work even more closely with Venice, with his foundation due to open in 2023/2024. As we wait for it to happen, we can visit a retrospective exhibi tion comprising sixty of Kapoor’s pieces. The art is about fifteen years old and, while it had been exhibited already, it is still very current. Take, for example, White Sand Red Millet Many Flowers, with its ethereal, perfect, icy geometry carved into white alabaster, or Shooting into the Corner, an impressive, huge cannon that shoods deadly bullets of red wax. This art follows the rhythms of our time in perfectly believable fashion. His creative power and visionary talent also show in his innovative choice of material. The exhibition has been installed partly at Palazzo Manfrin in a playful, interactive installation, and partly at the Gallerie dell’Accademia in a more scholarly installation.

Segni nel con/tempo

Nel frattempo, da non perdere le circa 60 opere che compongono una retrospet tiva, quasi tutte le opere in mostra sono state realizzate circa quindici anni fa e già esposte, tuttavia di stringentissima attualità. Opere iconiche come, ad esempio, White Sand Red Millet Many Flowers (1982) con le sue eteree geometrie, perfette e algide, ricavate nei grandi massi di alabastro bianco o Shooting into the Corner (2008-2009), protagonista alle Gallerie dell’Accademia e già visto alla Royal Aca demy of Arts di Londra, impressionante, gigantesco cannone che spara sui muri micidiali pallottole di cera rossa. «Non sono opere realizzate per questo tempo – afferma Kapoor –, ma in qualche maniera, lo condizionano. Del resto ciò accade anche nella cultura che è impor tantissima oggi come lo era in passato». Il lavoro complessivo di Kapoor riesce a tenere il ritmo del nostro tempo in maniera perfettamente credibile e, pur nella veloce storicizzazione del contemporaneo, la forza creatrice e il talento visionario che si estrinsecano anche nella scelta dei materiali, completamente innovativi, non mostrano neppure una piccola ruga. Tra le due sedi quella di Palazzo Manfrin presenta nell’allestimento un aspetto più giocoso e sorprendente, il pubblico interagisce in modo immediato e libero con le opere, in maniera differente rispetto all’esposizione delle Gallerie, più accademica e museale, ma non per questo meno coinvolgente. Il dialogo ideale tra la ricerca di Kapoor su colore, luce, pro spettiva e spazio e le opere fondo oro della pittura veneziana del Trecento e inizi Quattrocento rappresenta uno dei punti più alti del viaggio nel mondo di Kapoor.

Anish Kapoor Fino 9 ottobre Gallerie dell’Accademia, Campo della Carità, Dorsoduro 1050 Palazzo Manfrin Venier, Fondamenta Venier, Cannaregio 342 anishkapoor.com

Venice Cycle, Kiefer’s exhibition at Palazzo Ducale, is a collection of large-scale canvases, overfed in layers of thick colour coating. Sixteen metres tall and forty-two metres long, the paint ings have originally been prepared at the artist’s studio in Paris, and later moved to Venice.

«Amo Venezia e tutto ciò che questa città rappresenta: è un villaggio cosmopo lita che racchiude un vero spirito internazionale al suo interno e la Biennale è il simbolo e la realizzazione delle culture che si uniscono». Con questa dichiarazio ne l’artista anglo-indiano Anish Kapoor meglio non avrebbe potuto sintetizzare il senso della sua importante presenza in città. Una presenza che per il momento si conclude il 9 ottobre, alle Gallerie dell’Accademia e a Palazzo Manfrin, ma che racchiude in nuce un rapporto strettissimo e duraturo con Venezia, con l’apertura della sua Fondazione nel 2023/2024.

La sua è una costante ricerca tra pittura e scultura, tra consistenza materiale e illusione, tra realtà e finzione. F.M.

Un progetto grandissimo, dai confini geografici dilatati, al contem po locale e globale, che ora arriva in una versione rielaborata a Venezia, alla Scuola Grande della Misericordia dal 17 settembre. Oscar Murillo presenta A Storm Is Blowing From Paradise, un’installazione che include una sua nuova serie di dipinti e un’ampia selezione di tele tratte da Frequencies. Murillo ha lavorato negli ultimi anni per sviluppare nuovi modi di condivide re questo archivio a livello internazionale, creando opportunità di fruizione per il suo ricco contenuto, che includono interazioni digitali e manifestazioni fisiche. La mostra a Venezia ne è un esempio perfetto e riuscito. M.M.

regolarmente la Mostra del Cinema sa che, se proprio si vuole trovare una lacuna, un effettivo vuoto nel più glorioso festival del cinema del mondo, al Lido, in quei dieci giorni, è da sempre sto ricamente faticoso trovare un luogo di incontro dinamico, contempo raneo, che sappia incrociare e far dialogare gli elementi fondamentali del saper vivere un festival on air, ossia i protagonisti, attori e registi, i cinefili, il pubblico generalista, il buon cibo, la buona musica in una dimensione insieme semplice, elegante, aperta. In una parola, che va molto oggi di moda sin troppo, smart. Ebbene, da qualche anno questo spazio, l’unico davvero con tutti questi ingredienti, finalmente c’è ed ha un suo suggestivo nome: Isola di Edipo. Perché questo titolo? Perché il tutto nasce dal recupero e riutilizzo di una storica barca a vela a bordo della quale il pittore friulano Zigaina e il più grande intellettuale italiano del dopoguerra, Pier Paolo Pasolini, anch’esso come è noto friulano, tra gli anni ‘50 e ‘60 amavano sol care le acque vicine accompagnati da altri protagonisti della cultura e delle arti italiane e non. Barca che da più di qualche anno ora sol ca le acque della laguna per itinerari suggestivi e fuori da ogni trita logica meramente turistica e che a settembre approda in riva Corinto al Lido, dove attorno ad essa si è andata a creare questa isola di vita vera. Una felice visione di dialogo e interazione tra i diversi linguaggi espressivi, che quest’anno gli inventori e i responsabili di questa isola e di questa imbarcazione, vale a dire Sybille Righetti ed Enrico Vianello, coadiuvati nella direzione artistica da Silvia Jop, in collabo razione con Venice Venice Hotel, nuova struttura alberghiera in pieno Canal Grande fondata da Alessandro e Francesca Gallo, hanno vo luto suggellare coinvolgendo uno dei più grandi artisti contempora nei italiani, Emilio Isgrò, chiedendogli di trasformare la vela di questa suggestiva imbarcazione in un’opera d’arte contemporanea. Detto, fatto. L’artista, noto per le sue celebri “cancellature”, si cimenta an che qui nella cancellazione di parole dell’omonimo testo pasoliniano, Edipo Re per l’appunto, costruendo uno degli omaggi più riusciti, congrui, vitali in occasione del centenario della nascita di questo intellettuale irripetibile che di vitalità, seppur disperata, non era mai sazio. Un’idea semplice e al contempo di alta cifra poetica che dona alla Mostra del Cinema un altro segno di quel contemporaneo che ama definirsi nel cuore vivo della società, della città. Massimo Bran Tele nere drappeggiate, dipinti di grandi dimensioni composti da frammenti cuciti insieme, strutture metalliche che evocano tavoli da autopsia e sculture simili a rocce formate da mais e argilla. Il linguaggio visivo di Oscar Murillo (1986, La Paila, Colombia), tra i vincitori del Turner Prize 2019, racchiude elementi e motivi ricorrenti che si esplicano attraverso un’ampia gamma di media, inclusi pittura, lavori video, installazioni e azioni. Tutte le sue opere possono essere viste come un’unica indagine continua e in evoluzione sulla nozione di comunità, informata da legami personali interculturali, un “movimento” transnazionale diventato parte integrante della pratica di Murillo. Emblematico in questo senso è Frequencies, un progetto artisti co globale ideato dall’artista nel 2013, che lo ha visto impegnato con i suoi collaboratori nella visita di scuole in tutto il mondo allo scopo di fissare tele grezze ai banchi delle aule con l’unico requisito che vi rimanessero per l’intera durata di un quadrime stre, invitando gli studenti di età comprese tra i 10 e i 16 anni a marchiarli, scarabocchiarli, disegnarvi o scriverci sopra. Negli ultimi nove anni Frequencies si è evoluto sino a diventare un vasto archivio globale che include oltre 350 scuole da più di 30 paesi, tra cui Brasile, Cina, India, Italia, Giappone, Kenya, Liba no, Nepal, Sudafrica, Svezia, Turchia, Regno Unito, USA e molti altri. A oggi, più di 100.000 ragazze e ragazzi hanno contribuito al progetto. Nel loro complesso, le tele trasmettono l’energia conscia e inconscia di giovani menti nella loro fase più ricettiva, ottimistica e conflittuale. Spesso lavorate da più di uno studen te, le tele restituiscono dense stratificazioni di disegni, slogan, parole e motivi geometrici, messaggi universalmente riconoscibili insieme a espressioni culturalmente specifiche.

85 arte IN THE CITY ChiNEWfrequenta

Emilio Isgrò: una vela per Pasolini Isola Edipo, Riva Corinto, Lido www.isolaedipo.it

Oscar Murillo. A Storm Is Blowing From Paradise 17 settembre-27 novembre Scuola Grande della Misericordia, Cannaregio 359 stormfromparadise.com

Cancellando fioriscono i versi Frequenza assoluta

divina, che rigenera il mondo tramite il parto o l’amplesso, al servizio dello spettatore e mai protagonista, soggetto principale in sé e per sé. Ancora con René Magritte, in La magia nera ( La magie noire ), 1945, la donna in metamorfosi è comunque una musa idealizzata con un chiaro riferimento agli ideali rinascimentali. Le surrealiste si vedono come dee, streghe e veggenti, rifiutano categoricamente la visione della società patriarcale delle donne quali soggettività sottomesse. Indagando in maniera critica le donne del mondo magico, le trasformano in icone dell’emancipazione femminile: ne La fine del mondo, olio su tela del 1949, Leonor Fini dipinge le donne come esseri pieni di potere e i maschi come deboli e belli. Leonora Carrington, suo Il latte dei sogni da cui il titolo della 56. Biennale Arte, come molte altre artiste del movimento nel ‘43 si trasferisce in Messico, dove si interessa di misticismo, di mondo celtico, anche per le sue origini anglo-irlandesi, e di mitologia egiziana, dalla quale prende ispirazione per creare la figura totemica in legno policromato e intagliato de La donna gatto ( La Grande Dame ) del 1951. Una di quelle mostre, Surrealismo e magia, che segnano il tempo per la loro visione laterale di un movimento cruciale dell’arte moderna che dispiegandosi guadagna il centro assoluto della scena. Anche ‘solo’ per questo, assolutamente da non perdere. Matilde Corda Surrealismo e magia. La modernità incantata Fino 26 settembre Collezione Peggy Guggenheim www.guggenheim-venice.it © Surrealismo e magia. La modernità incantata. Collezione Peggy Guggenheim. Photo Fei Xu

86 arte VENICE/NEW YORK VIEWS AND REVIEWS

Le visioni surrealiste di Peggy Un viaggio nella modernità incantata

Il Movimento surrealista, fondato dallo scrittore francese André Breton, viene esaminato sotto una luce particolare nella mostra Sur realismo e magia. La modernità incantata, in corso alla Collezione Peggy Guggenheim fino al 26 settembre. Partendo da aspetti ben noti quali l’influenza di Sigmund Freud sul movimento, il periodo me tafisico di Giorgio de Chirico e il Romanticismo, si va poi a scavare in profondità e con sguardo “femminile” nell’’arte tra gli anni ‘20 e ‘40 del Novecento, che, grazie anche alla Biennale di Cecilia Alemani, sta vivendo quest’anno un vero e proprio revival. Gražina Subelyte˙, curatrice nella mostra, ispirandosi proprio a Peggy Guggenheim, che alla fine degli anni ‘30 era considerata una delle collezioniste più entusiaste del Surrealismo e che nel 1943 organizza una mostra dove espongono 31 artiste surrealiste tra cui Leonora Carrington, Leonor Fini e Dorothea Tanning, traccia un percorso espositivo che mette in evidenza e riattualizza alcune forze motrici dell’ideologia surrealista. Nel contesto della Seconda guerra mon diale la metamorfosi, il mondo dell’alchimia, l’idea che forze mistiche e invisibili pervadano l’universo e connettano le manifestazioni del corpo umano con quelle della natura forniscono un insieme di sug gestioni ideali per una stimolante fuga dalla realtà e per intrapren dere una via alternativa alla conoscenza del mondo. Le artiste e gli artisti surrealisti usano il misticismo, il sogno, i desideri dell’inconscio così come la mitologia e l’esoterismo per creare paesaggi criptici quanto onirici, tramite i quali esprimono le loro paure e angosce esistenziali, influenzate fortemente dal teatro della guerra, messo in scena nella modernità disincantata e regressivamente razionalizzata. Entrando in mostra, nella prima sala il libro Le Musée des sorciers, mages et alchimistes (1929), aperto sull’illustrazione dell’androgi no, figura cara a Breton, chiarisce subito come la magia e l’occulto fossero al centro della ricerca di questi artisti. Accanto, le carte da gioco ( Jeu de Marseille ), tra cui L’asso della rivoluzione-Ruota e Bau delaire, Genio dell’amore-Fiamma di Jacqueline Lamba, realizzate da diversi artisti negli anni ‘40 e ‘41 a Marsiglia in attesa di fuggire dall’Europa, ispirate ai tarocchi di origine tardo-medievale, in cui vengono sostituiti i semi tradizionali con emblemi surrealisti. Aspetto importante, se non fondamentale, della semantica surreali sta è l’interesse per l’alchimia, pseudoscienza che studia il processo materico di trasformazione dei metalli basici in metalli preziosi. Sono molti gli artisti che inseriscono nelle loro opere simboli alchemici, vedi il Ritratto di Max Ernst (1939) di Leonora Carrington, La vesti zione della sposa del 1940 di Max Ernst o ancora L’alchimia della pittura di Kurt Seligmann (1955), che rimandano rispettivamente ai temi fondanti del desiderio tramite riferimenti alchemici, delle Nozze Sacre e dell’artista come mago enigmatico, come illusionista. Il tentativo di esprimere a livello pittorico l’irrazionale porta all’idea del “surreale” come dimensione occulta e intrinseca alla realtà. Un movimentino eclettico, profondo e sorprendente messo in risalto dall’allestimento della mostra, che dopo poche sale informative apre al visitatore l’etereo e vasto mondo dei surrealisti con temi, colori, tecniche e figure tra i più disparati, prendendo il tempo di mostrare il magico alter ego di ogni artista. Le artiste surrealiste mettono in di scussione la figura della donna nell’arte, musa ispiratrice o creatura

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Ogni deld’arteoperaèfigliasuotempo, e spesso è madre dei sentimentinostri V.K.

Vasily Kandinsky, Autour du cercle - Solomon R. Guggenheim Museum, New York

spartito musicale scritto a quattro mani con Klee, come il Rosa-Süss del 1929. Arrivando all’eclissi di Einige Kreise del 1926, dove pianeti variopinti sembrano galleggiare in un universo nero come inchiostro nel quale il cerchio emana una sua forza interiore stemperata nei contorni sfrangiati. Punto di raccordo la Komposition 8 del 1923, tra le prime entrate nella collezione di Solomon grazie all’intercessione di Hilla Rebay e che sintetizza il prima e il dopo del pensiero del padre dell’astrattismo. Cerchi, triangoli, qua drati, linee spezzate, scacchiere, sintesi di corrispondenze formali e cromatiche per cui i colori squillanti (il giallo) si intensificano nelle forme acute (triangolo), mentre la profondità è accentuala dalle forme tonde, paragonan do persino il reciproco contatto nell’angolo in basso a destra al dito di Dio che sfiora Adamo nella Sistina di Michelangelo; via via verso una figurazione sempre più riconosci bile che arriva a ritroso agli esordi del Der Blaue Reiter, dove il cavaliere impersonato dal San Giorgio aveva anticipato il cerchio quale forma che ne sintetizzava il potenziale salvifico di rinnovamento. Immagini dai con torni più marcati e dai colori accesi animano i primi dipinti, naturalistici ma caricati di una forza espressiva specchio di un’epoca in fibrillazione che si apprestava ad affrontare una guerra imminente. E che avrebbe porta to il grande Kandinsky a lasciare esule il suo paese ed il suo continente. Ancora presente e riconoscibile nei primi paesaggi, tra tutti Kleine Freuden del 1913, dove una barca naviga senza peso sulla cima di una collina perdendosi tra sfumature arcobaleno. Una speranza che la storia, di lì a poco, avrebbe disatteso. Michela Luce

A New York nel Museo dello zio di Peggy Risucchiati in un vortice di colori squillanti e forme geometriche criptiche si entra, attra verso uno straordinario percorso a ritroso, nell’universo spirituale di Vasily Kandinsky. Un’ottantina di capolavori si rincorrono nella mostra Vasily Kandinsky: Around the Circle allestita a New York fino al 5 settembre nella spiraliforme torre di Babele sulla 5a Strada, realizzata da Frank Lloyd Wright per ospi tare la ricchissima collezione di Solomon Guggenheim – casa madre della succursale veneziana aperta in Laguna dalla nipote Peggy–, che dalla sua costituzione nel 1937, e fino all’apertura nel 1959, era stata espo sta all’Hotel Plaza. L’iconico dipinto che dà il titolo alla mostra è uno degli ultimi realizzati dal maestro russo (1866–1944) e raffigura tre cerchi concentrici – dal più piccolo dorato al nero, fino al rosso –, come una sorta di occhio, spalancato sul le sue origini identitarie e fluttuante su una superficie verde scura e piatta, circondato da forme zoomorfe quali improbabili uccelli, gradini che sembrano quasi ascendere verso una dimensione alternativa di spiritua lità, porte che si schiudono verso l’ignoto e vascelli che navigano nell’infinito. Realizzato nella fase parigina, quando l’artista si entusiasmò per i colori pastello e per le influenze surrealiste di Arp e Mirò, ritrovandovi quelle sue lontane origini russe fatte di sciamani e alchimie primitive a lungo rimosse, riportava in superficie un universo interiore risalente al 1910 quando ne Lo spirituale nell’arte, ‘bibbia’ della sua poetica, si concentrò sul rapporto imprescindibile tra forme e colori nella pittura, e sulla dipenden za di queste dalla interiorità piuttosto che dalla vita stessa. L’arte, in particolare proprio la pittura, doveva esprimere lo Zeitgeist, lo spirito del tempo che la produce, per essere eterna e restare nella storia. Come scrisse in apertura «Ogni opera d’arte è figlia del suo tempo, e spesso è madre dei nostri Èsentimenti».raropoter ammirare un concentrato di capolavori come quelli esposti al Gug genheim dipanati come in un nastro che ne srotola dettagli preziosi per una lettura iconologica imprevedibile quanto affascinan te. Dalla tavolozza pastello, rosa, lilla, giallo limone influenzata dagli ultimi anni parigini, si risale con Courbe dominante del 1936, dove le linee si intersecano tra gradini e cerchi concentrici, a Montée gracieuse del 1934 dove si percepisce l’influenza Bauhaus e la sua permanenza a Dessau; nelle linee ortogonali e nei piccoli disegni sembra uno

Il cerchio magico di Kandinsky

Vasily Kandinsky: Around the Circle Fino 5 SolomonsettembreR.Guggenheim Museum, New York www.guggenheim.org

Con opere d’arte digitale, web-based perfor mance e un’architettura nel Metaverso, alla Officina Lamierini Cookie Cookie 2.0 riflette sulle nuove possibilità di spazi e relazioni, basandosi su un diverso concetto e valore di comunità, che estende il ragionamento agli individui e alle tecnologie. gEnki si ispira a un antico concetto filosofico asiatico basato sull’energia vitale generatrice, che implica l’idea di dare il meglio di sé stessi attraverso un legame positivo con le persone.

Le ricerche sviluppate da professori, studenti e artisti di diverse Università nel mondo, promosse dallo IUAV di Venezia e dalla Scuola di Dotto rato di Storia delle Arti di Ca’ Foscari, mirano in particolare al coinvolgimento della Generazione Z, i “nativi digitali”, per proporre un modello di aiuto reciproco e di condivisione in cui l’arte senza confini possa dare speranza. Durante il periodo espositivo si susseguiranno diversi eventi collettivi, coinvolgendo numerosi artisti sul Metaverso, grazie al fatto che la mostra è parte di un network internazionale che permette di interagire in tempo reale da Venezia con ogni parte del mondo. Matilde Corda

Il boom degli NFT – Non Fungible Token – è del 2018, ma il momento di grande visibilità è stato tra marzo e maggio del 2021, con la vendita da Christie’s di EVERYDAYS: THE FIRST 5000 DAYs creato da Beeple, alias Mike Winkelmann, per 69.346.250 dollari. Il continuo aggiornamento dei vari dispositivi hardware e software come 5G, Artificial Intelligence, big data, blockchain, tecnologia di realtà virtuale e aumentata (XR), permette di superare i limiti dello spazio fisico, sviluppan do nuove arti multimediali e elementi visivi i cui contenuti sono universalmente accessibili. Il Metaverso, hot topic attuale tra i creativi quanto tra gli investitori, frutto di diversi elementi video, realtà virtuale e aumentata, mondi paralleli ma colle gati permettono di vivere le più disparate esperienze. Incontri ravvicinati I progetti singoli e collettivi di The 1st Annual METAVERSE ART@VENICE, ideato dalla eccen trica ed esplosiva critica e artista cinese Victoria Lu insieme alla cantante virtuale Autumn, si alternano nell’Officina Lamierini e nella Tesa 106 dello Spazio Thetis all’Arsenale Nord di Venezia. La mostra presenta un nuovo modello curatoria le, un approccio espositivo innovativo, offrendo possibilità di continuo ampliamento e interazione tra opere, artisti e pubblico: ibrida, basata su un modello virtuale/reale, interattivo e connesso, ma anche fisico e in presenza. Organizzata da un gruppo di artisti che hanno applicato i principi del DAO (Distributed Autonomous Organiza tion) al concetto curatoriale, la mostra presenta un’unica opera fisica, la scultura YAP721 di CryptoZR, ispirata alla moneta di pietra dell’Isola di Yap (Micronesia). Le altre installazioni digitali e le performance sul web proiettate su schermi a led affrontano temi attuali quali il dialogo tra l’impermanenza e l’immortalità digitale, la fluidità di genere con Serie Theirs, il legame virtuale tra il corpo e lo spazio con Future Body e gli innovativi modelli di civiltà basata sul riciclo e la sostenibili tà con ONE TON PROJECT. Il percorso espo sitivo culmina con l’installazione Born a Drum Queen dell’artista A-DUO, un video musicale con scene di danza dei tamburi su un monitor di dimensioni 4x3 metri posizionato all’interno di una piscina vuota. L’allestimento è diviso in due sezioni: Cookie Cookie 2.0 di Liu Jiaying, in arte CryptoZR, a cura di Li Zhenhua, e la collettiva gEnki, curata da Angelo Maggi e Sen Fu.

88 arte IN THE AROUNDCITYTHE FUTURE SOLO PER I TUOI OCCHI

The 1st Annual METAVERSE Art @ VENICE Fino 27 novembre Spazio Thetis, Officina Lamierini e Tesa 106 Arsenale www.annualmetaverseart.comNord Close ENG encounters

The individual and group projects at the 1st Annual METAVERSE Art @VENICE, created by Chinese artist Victoria Lu and virtual entertainer Autumn will visit the spaces Officina Lamierini and Tesa 106 at the Thetis compound, in the Arsenale Nord neighbour hood in Venice. The exhibition employs a new curatorial model and an innovative approach for exhibitions. It is a hybrid of sorts, part virtual and part real, inter active and connected. The artists use a DAO (distributed auton omous organization) to govern their projects. Art includes sculp ture YAP721 by CryptoZR, a piece inspired by the stone coins of the Yap Island, in Micronesia, instal lations on digital impermanence and immortality, series Theirs on gender fluidity, the relationship between body and space in Fu ture Body, innovative models for sustainable society in ONE TON PROJECT, and a music video, Born a Drum Queen by A-DUO. The projects, sponsored by the local universities, aim at attracting the digitally native Generation Z with a programme of events that will see the participation of Metaverse artists.

L’alba di una nuova arte Personal Structures alla ricerca di nuovi scenari espressivi I traguardi raggiunti dalle tecnologie infor matiche hanno portato il digitale a un grado di diffusione tale da non lasciar esclusa neppure l’arte. L’European Cultural Centre, attento a scandagliare in maniera puntuale e dilatata tutti i mondi dell’arte, attraverso la mostra Personal Structures – Reflections si dimostra aperto e inclusivo, presentando intriganti progetti legati all’arte digitale e agli NFT, dedicando spazio ad artisti che fanno del virtuale la prerogativa irrinunciabile per nuovi scenari espressivi. La Superchief Gallery NFT e ([{ collective rappresentano, in quest’ottica, due esperimenti riuscitissimi. Ospitati entrambi a Palazzo Mora, la Superchief si pone come nuova frontiera dell’arte digitale nel mondo fisi co: un progetto stimolante, nato con l’obiettivo precipuo di rafforzare lo spirito collettivo delle comunità artistiche underground e di dar loro il dovuto rilievo e visibilità nel panorama inter nazionale. Una scommessa riuscita: nel 2016 a Soho la Superchief ha ufficialmente aperto al pubblico la sua prima galleria. ([{ collective, nata in seno alle esposizioni di ECC, è invece un esperimento di fusione ispirato direttamen te all’equilibrio naturale: la ricerca estetica di un’arte volta al “meraviglioso” si accompagna a finalità etiche e sociali, stimolando terapeuti che immersioni di coscienza. Tutto ciò si con cretizza nella forma dell’arte religiosa digitale: al centro la Vergine Maria racchiude il senso della pace, della protezione, della fede catarti ca, fede che anche l’arte sa veicolare a modo suo. Le parole “faith” e “fides” infatti sovrasta no prepotenti le due installazioni principali di ([{ collective, che fanno uso di rimandi tanto religiosi, come il confessionale e il tabernacolo, quanto tecnologici, come gli NFT proiettati. A questi due progetti si accompagna il contri buto di Rah Eleh, artista iraniano-canadese.

La sua installazione rilegge la realtà empirica favorendo passaggi dal bidimensionale al 3D e sganciandosi dalla pura realtà virtuale (VR) per approdare a un’arte più interattiva, corporea, aumentata (XR). Bastano pochi oggetti, un cellulare, un display olografico a grandezza naturale e un visore a dimostrare che l’arte digitale dev’essere, ora più che mai, aperta a tutti.

La sua natura cosmopolita la spinge alla ricerca di un’identità certa, rassicurante, pur nella consapevolezza che non esistono rigide definizioni culturali e di genere. Il suo progetto, Celestial Throne, è essenziale: tre personaggi – Fatimeh, Oreo, Coco – si confrontano, come attori televisivi, su un complesso ventaglio di tematiche afferenti etnia, linguaggio, genere, spazio, modernità. Qui l’arte, non priva di supporti digitali, si fa espressione globalizza ta, crocevia di linguaggio e performance, di identità e anonimato, di realtà e fantasia, alla ricerca di un suo spazio di autonoma resisten za e di dialogo. Più disorientante è l’arte con cui la scultrice neozelandese Gill Gatfield e l’artista Carrie Able rivendicano i propri spazi a Palazzo Bembo e ai Giardini della Marinaressa. Nel primo caso, due sculture, indipendenti, trovano un legame di corrispondenza tanto per la forma che le caratterizza quanto per le pro porzioni scalari: Harmony è una I in miniatura, Native Tongue XR una I monumentale. Anche in questo caso l’uso del Metaverso risulta cruciale per trasmettere quel senso di astra zione intangibile con cui la concretezza della totemica Native Tongue si sfalda, trascenden do i bordi e la materialità circostante. In Carrie Able invece, lo sviluppo di nuovi spazi creativi, di cui il soggetto non sia semplice spettatore ma autentico attore, diventa possibile con l’uso di una tecnologia evasiva e immersiva.

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Elena Migotto

Personal Structures – Reflections Fino 27 novembre European Cultural Centre Palazzo Mora, Palazzo Bembo, Giardini Marinaressa personalstructures.com

The dawn ENG of new art Progress in information technology is everywhere, and the world of art is no exception. The European Cultural Centre produced exhibition Personal Structures – Reflections to open up to the world of digital art and NFTs, pro viding space for artists that devoted their skills to the digital. Superchief Gallery NFT and ([{ collective are two successful experiments and both have been given a space at Palaz zo Mora. Superchief poses itself as the new frontier of digital art in the physical world: a stimulating project aiming at strengthen the collective spirit of underground art communi ties and give them relevance in the international art world. Their bet paid off and in 2016, Superchief opened their first gallery in Soho. ([{ collective is a fusion experiment inspired by natural balance: the research for an aesthetics of wonder is paired with social and ethical goals, stimulating therapeutic ‘conscientious immer sions’. This congeals around the form of digital religious art with the Virgin Mary at the centre, representing the instances of peace, protection, and cathartic faith. Accompanying these two projects is the contribution of Iranian-Canadian artist Rah Eleh. His installation, Celestial Throne, stages three characters – Fatimeh, Oreo, Coco – that confront one another like TV actors on a wide range of topics that include ethnicity, language, gen der, space, modernity.

Carrie Able, Embers

La Casa Reale Al Correr nei “moderni” appartamenti dei Bonaparte, Asburgo e Savoia Il Museo Correr in Piazza San Marco è sin dalla sua nascita (1830) un preziosissimo scrigno di arte e di storia di Venezia con una collezione dalle mille anime, da qualche settimana parte integrante assieme a Palazzo Ducale del percorso integrato dei musei dell’Area Marciana, che comprende anche il Museo Archeologico Nazionale e le Sale Monumentali della Biblioteca Nazionale Marciana, visitabili con un unico biglietto. La sua attuale ubicazione risale al 1922 dopo che l’Ala Napoleonica e le Procuratie Nuove furono affidate dal Demanio al Comune di Venezia come prestigiosa sede per le raccolte civiche. Ma questa straordinaria location, che oggi si arricchisce di un nuovo e spet tacolare tassello nel già ricco percorso museale, è memore di una lunga e travagliata storia che parte dagli ultimi due secoli della Re pubblica di Venezia, con le residenze dei Procuratori di San Marco, prosegue per tutto l’Ottocento, con le dimore per gli esponenti di tre case regnanti – Bonaparte, Asburgo, Savoia –, e giunge fino al 1920, quando il Palazzo Reale di Venezia, allora savoiardo, viene dismesso nel contesto del progetto complessivo di riassetto eco nomico delle Dimore Reali d’Italia. Da quel momento le Procuratie divengono sede museale, mentre le Sale Reali, che si affacciano verso i Giardini, vengono frazionate e utilizzate come uffici. Nel 2000, liberati dalle istituzioni statali, questi spazi sono stati oggetto di un’importante campagna di recupero artistico-ambientale, realizzata grazie anche alla sinergia tra pubblico e privato, con in prima linea il Comité Francais pour la Sauvegarde de Venise. Dopo la riapertura al pubblico delle prime 9 sale nel 2012, oggi si assiste al completa mento del percorso con il recupero di altri 11 spettacolari ambienti frutto del meticoloso lavoro di restauratori e di maestranze altamente specializzate, nonché della sensibilità museografica dei curatori delle collezioni civiche. Una scenografica infilata di 20 stanze che si aprono con vista mozzafiato sul Bacino di San Marco e sui Giardini Reali, magistralmente recuperati da pochi anni da Venice Garden Foundation. Ambienti utilizzati un tempo come “moderni” appar tamenti, con scale indipendenti, corridoi di disobbligo e stanzini di servizio sul retro, decorati con un gusto ottocentesco che va dal Neoclassicismo al Biedermeier, dall’Orientalismo al Barocchetto, una ricca antologia di gusto dell’epoca che a Venezia raggiunse un altissimo e apprezzabile livello artistico proprio in questi spazi. Chia ra è ancora l’impronta “Impero” dell’Età Napoleonica, con calibrati stilemi neoclassici derivati dai modelli francesi di Charles Percier e Pierre Fontaine, grazie agli interventi del grande ornatista Giuseppe Borsato e della sua equipe, ben ravvisabili in particolare nelle sale di rappresentanza, arricchite da mobili neoclassici originali della Reg gia. In altri ambienti si respira un’atmosfera più intima, ad esempio nei piccoli spazi ristrutturati in occasione della visita di stato della coppia imperiale austriaca Francesco Giuseppe ed Elisabetta tra il novembre 1856 e il gennaio 1857. Imperdibile il Boudoir dell’Impera trice, eseguito dall’ornatista Giovanni Rossi con preziosi marmorini, stucchi bianchi e oro e una ricca selezione di fiori dipinti, tra i quali spiccano intrecci di mughetti e fiordalisi in omaggio ai gusti floreali di Sissi. La sala ovale, collocata a metà percorso, utilizzata per le co

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lazioni dalla coppia è uno straordinario e armonioso esempio di stile Neoclassico con l’ariosa volta ad ombrello di ispirazione pompeiana. Sissi abiterà in questo appartamento per sette mesi consecutivi, tra il 1861 e il 1862, in un soggiorno privato che veniva allietato dalla sporadica presenza del marito che la raggiungeva in Laguna con il treno da Vienna. Nelle stanze successive, quelle di nuova apertura, la presenza del gusto orientalista del fratello dell’Imperatore, l’Arci duca Ferdinando Massimiliano, Viceré del Lombardo-Veneto, è ben visibile nella suggestiva Sala Moresca, dal verde intenso con una trama fitta e complessa di intrecci a rilievo dorato che si estendono dalle pareti al soffitto, comprese le raffinatissime porte. Di un gusto più mitteleuropeo sono la Sala delle Città dell’Impero e il Salotto dell’Aurora create per l’Arciduca e la moglie Carlotta del Belgio, dipinte da eccellenti decoratori e vedutisti locali. Le sale conclusive dell’infilata, in particolare la Camera e lo Studiolo di Vittorio Ema nuele II, furono risistemate in occasione della visita ufficiale del Re d’Italia nel novembre del 1866 per celebrare l’annessione del Veneto e utilizzate poi anche dai suoi successori fino al 1920. Un gusto storicista neo-barocco piuttosto carico aleggia in queste sale finali, in particolare nel soffitto dello Studiolo, dove troneggia l’allegorico affresco di Giacomo Casa con l’unione del Veneto all’Italia attraverso il famoso plebiscito. Raffinata e filologica ricostruzione ambientale con rigore didascalico, più carica nelle prime stanze foderate dalle tappezzerie Rubelli su modello degli originali, più ariose e leggere in quelle di nuova apertura, con una pregevole selezione di quadri (bellissima la selezione dei Caffi), sculture, mobilio e oggetti vari che ancora una volta restituiscono nel loro insieme la straordinaria ricchezza delle collezioni civiche veneziane. Franca Lugato

arte IN THE MUSEUMSCITY

Credits Collezione Shang Shan Tang

Vivaci Trasparenze: ceramiche di Yaozhou dalla Collezione Shang Shan Tang 7 settembre-23 ottobre MAOV Museo d’Arte Orientale di Venezia, Ca’ Pesaro Santa Croce 2076 Palazzo Fortuny Palazzo Pesaro degli Orfei, San Marco 3958 fortuny.visitmuve.it

Verde giada Fortuny/Miyake

Leggendo moltissimi articoli apparsi sui giornali e sui social dedicati alla scom parsa del designer giapponese innovati vo e anticonformista Issey Miyake, colui che ha portato visioni e motivi orientali nel sistema moda occidentale dando vita a nuove forme estetiche, continua vo a pensare a Mariano Fortuny. La reinterpretazione del tessuto a pieghe, il celeberrimo plissé di Issey Miyake, diventato un vero e proprio must, ricorda da vicino l’iconico Delphos di Fortuny. Ispirato dai miti greci, e in particolare dal chitone ionico dell’Auriga di Del fi, scultura greca rinvenuta nel 1896, l’abito di forma semplice ed essenziale, un cilindro costituito inizialmente da quattro teli in satin o taffetà di seta, che successivamente diventeranno cinque, monocromo, fu creato nel 1909. Grande successo dell’atelier di Mariano Fortuny, era la sintesi perfetta della sua vasta cultura, dove arte, scultura, archeologia, scenografia e architettura si fondevano in un personalissimo linguaggio creativo. La caratteristica principale dell’abito era la finissima plissettatura, eseguita inizial mente attraverso un processo manuale, veniva realizzata con l’unghia del pollice, poi fermata con un’imbastitura e quindi pressata. Le dense onde verticali di ogni telo che componeva la veste potevano raggiungere circa 450 pieghe.

La Cina è stata il primo paese a inventare la porcellana tra la fine del VI e l’inizio del VII secolo (in Europa, a Meissen, la porcel lana venne prodotta solo mille anni dopo grazie agli alchimisti alla corte di Augusto il Forte, 1670-1733), ma, ancora prima, nel XIII secolo a.C., erano stati realizzati oggetti dal corpo altamente refrattario rivestito con uno strato di invetriatura verde (con varie sfuma ture), comunemente noti in Occidente con il nome di celadon e in Cina come qingci (gres con invetriatura verde-azzurra). La fornace di Yaozhou, attiva tra l’VIII e il XIII secolo, rivoluzionò la produzione di ceramiche del genere celadon, diventando la manifattura più influente di tutto l’Impero. Questo genere ceramico ha riscosso un successo enorme proprio per le sue tonalità verdi-azzurre che evocano la giada, il materiale simbolo della Cina, o la patina sui bronzi antichi, altro emblema della millenaria Civiltà cinese. La mostra Vivaci Trasparenze: ceramiche di Yaozhou dalla collezione Shang Shan Tang, curata da Sabrina Rastelli e organizzata da Fondazione Università Ca’ Foscari e MAOV, Museo d’Arte Orientale di Venezia, ospitata nella suggestiva sala 12 del Museo dal 7 settembre al 23 ottobre, offre un magni fico viaggio attraverso 96 magnifici pezzi provenienti da una collezione privata, una delle raccolte di ceramiche di Yaozhou più complete al mondo. La mostra è organizza ta per temi, a partire da quello tecnologico in modo da cogliere la sofisticatezza degli esperimenti condotti nel tempo dai ceramisti di Yaozhou, sempre pronti a raccogliere le sfide poste dalle caratteristiche intrin seche alle materie prime locali, a innovare costantemente la produzione e ad adattarsi alle mode del momento. Nel XIII secolo le manifatture di Yaozhou andarono in disuso per essere riscoperte attraverso una serie di campagne archeologiche negli anni ‘90 del secolo scorso, che hanno confermato il loro ruolo cruciale nello sviluppo della storia della ceramica cinese.

91 Sale Reali | nuovo percorso Museo Correr, Piazza San Marco correr.visitmuve.it

Con un’annotazione autografa posta a margine del brevetto, Fortuny riconosce in Henriette, sua moglie e musa, la vera ideatrice del Delphos. È possibile ammirare questo abito, para gonabile ad una vera e propria scultura antica, che rivoluzionò il Novecento per la sua essenziale modernità e, oggi, contemporaneità, visitando l’affascinan te casa-museo di Mariano Fortuny, a Palazzo Pesaro degli Orfei. M.M.

The Royal ENG House The Museo Correr is a treasure trove of Venetian history since its inception in 1830. It acquired its current spaces in 1922, when the government entrust ed the city of Venice with the preser vation of the city’s immense heritage. The building where we find the mu seum today has an interesting history. Three royal houses occupied it in the nineteenth century: the Bonapartes, who brought to an end the independ ence of the Republic of Venice, the Habsburg, who acquired possession of the Venetia after the fall of Napole on, and the Savoy, the eventual rulers of a unified Italy. The building had depended on the central government until the year 2000, when they had been renovated thanks to the contri bution of the Comité Français pour la Sauvegarde de Venise. The beautiful décor of the House bears signs of different epochs – the Empire Style imprint is obvious in the Neoclassi cal additions by Charles Percier and Pierre Fontaine. In other places, the environment is a more intimate one, for example the spaces once readied for a visit of Emperor Franz Joseph and Empress Elizabeth in 1856-57. The beautiful Empress’ Boudoir is a crea tion of decorator Giovanni Rossi, who made use of marmorino plaster, white and gold stucco, and still life painting.

Installazione a poliedri nel padiglione del Veneto, Italia 61, progetto Carlo Scarpa - © Le Stanze del Vetro

ENG 2022 is the UN International Year of Glass, and Vision Milan Glass Week and The Venice Glass Week joined forces for the first international programme dedicated to industrial and art glass in Italy: The Italian Glass Weeks 2022. The programme lists events in Milan (September 10 to 18) and Venice (Septem ber 17 to 25) – over 250, which comprise exhibitions, studies, workshops, and obviously events at glass furnaces. Over 150 institutions will participate, counting museums, universities, factories, art and design studios. In Milan, the focus will be on industrial glass and its design opportunities, while in Venice, the protagonist will be glass art. Due emblematiche installazioni costituiscono il nucleo straordinario del nuovo capitolo autunnale de Le Stanze del Vetro. In Sala Car nelutti in Fondazione Giorgio Cini vengono letteralmente ricostruiti il celebre Velario realizzato nel 1951 per la copertura di Palazzo Grassi e formato da una serie di “festoni” con cavi d’acciaio e sfere in vetro cristallo balloton – smontato nel 1985, visibile in mostra per la prima volta dopo quasi quarant’anni –, e il monumentale lampadario a poliedri policromi, con circa tremila elementi, progettato nel 1961 dall’architetto Carlo Scarpa per il padiglione del Veneto all’esposizio ne di Torino Italia 61 Curata da Marino Barovier, Venini: Luce 1921-1985, che inaugura il 17 settembre a San Giorgio, offre un viaggio, dalla piccola alla gran de scala, attraverso gli interventi più significativi nell’ambito dell’illu minazione, sia per uso domestico che per grandi ambienti pubblici e privati, dai palazzi ministeriali agli uffici postali, dai teatri agli alberghi, della celebre fornace muranese. Tra i protagonisti di questa narra zione figurano, tra gli altri, il pittore muranese Vittorio Zecchin, con la sua raffinata rielaborazione del lampadario a bracci nei primi anni ‘20; lo scultore Napoleone Martinuzzi, con i suoi originali manufatti in vetro pulegoso del 1928-30, a cui seguirono l’architetto Tomaso Buzzi e l’architetto Carlo Scarpa, che vanta una lunga collaborazione con la vetreria conclusasi nel 1947. Negli anni ‘50 venne ulterior mente confermato il rapporto privilegiato tra i progettisti e la fornace muranese, a cui si rivolsero architetti come Gio Ponti, Franco Albini, Ignazio Gardella e lo studio BBPR. Negli stessi anni, Paolo Venini chiamò in vetreria anche giovani provenienti dalla Scuola di Archi tettura di Venezia come Massimo Vignelli, che disegnò una serie di lampade ispirate al design nordico, rivisitato in chiave muranese. Dalla fine degli anni ‘50 vennero sviluppati apparecchi realizzati con elementi modulari a partire dai famosi poliedri, di grande successo commerciale, accanto ai quali, grazie anche al lavoro di Ludovico De Santillana entrarono progressivamente in catalogo fino agli anni Ottanta moduli come le gocce, le canne piene, le canne vuote con diverse sezioni, dimensioni e finiture, ma anche cubi e piastre che consentirono l’esecuzione di svariate tipologie di apparecchi: dalle sospensioni, alle lampade a parete, da grandi installazioni a soffitta ture luminose. M.M. Venezia e Murano e fragile fu... Venini segna dell’illuminazionel’evoluzioneinvetro

A Milano dal 10 al 18 settembre e a Venezia dal 17 al 25 set tembre, oltre 250 eventi compongono il ricco programma del Festival, due settimane in cui sarà possibile visitare mostre, studi, laboratori e naturalmente fornaci, partecipare a workshop, spettacoli, attività per bambini e famiglie, visite guidate, inol tre incontri e convegni affronteranno i temi più caldi legati alla produzione e alla sostenibilità di questo settore d’eccellenza del made in Italy da tempo in difficoltà. Oltre 150 i partecipanti tra musei, istituzioni, università, aziende, artisti e designer. A Milano il focus è in prevalenza sul vetro indu striale e la sua declinazione design, mentre a Venezia protagoni sta indiscusso è il vetro artistico nelle sue diverse e affascinanti sfaccettature, un’arte in bilico tra passato e futuro, tradizione e Dacontemporaneità.segnalareinparticolare, The Italian Glass Weeks – Venice HUB e di The Italian Glass Weeks – Venice HUB Under35, due mostre che offrono un’interessante panoramica sulle ricerche artistiche legate a questa affascinante materia. La prima a Palaz zo Loredan, sede dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, presenta le opere di 20 artisti e designer italiani e internazionali. La seconda, a Palazzo Giustinian Lolin, sede della Fondazione Levi, offre una stimolante selezione di giovani artisti e designers under 35, italiani e internazionali. Importante la sezione eventi online per una platea amplificata, in particolare le Conversations on Glass by Apice, “dialoghi” in inglese con protagonisti interna zionali del mondo del vetro.

The Italian Glass Weeks 17-25 settembre

theitalianglassweeks.com Potente

92 arte IN THE CITY GLASS AND MORE Nell’Anno Internazionale del Vetro promosso dalle Nazioni Unite, Vision Milan Glass Week e The Venice Glass Week si sono uniti per la prima manifestazione internazionale in Italia dedicata al vetro industriale e artistico, The Italian Glass Weeks 2022

E luce

Glasstress, one of the leading exhibitions of contemporary art in glass, returns to the Fondazione Berengo Art Space on the island of Murano. Glasstress – State of Mind pre sents an array of sculptures made by famous artists in the furnaces of Berengo Studio. The core theme is fragility. In our times, not only is the process of birth fragile, but in the challenging context in which we live, life itself has become fragile too.

ITA Glasstress, una delle principali mostre d’arte contemporanea in vetro, torna alla Fondazione Berengo Art Space, nell’isola di Murano. Glasstress – State of Mind presenta una serie di sculture realizzate da artisti famosi nelle fornaci di Berengo Studio. Il tema centrale è la fragilità. Nel nostro tempo, non solo il processo di nascita è fragile, ma nel contesto sfidante in cui viviamo, anche la vita stessa è diventata fragile. Le opere sono esposte nella culla del vetro, un’antica fornace, un paesaggio che rivela quanto siano fragili questi tempi, in particolare per la mente umana. Tutto può essere rotto, ma tutto può essere ripristinato. La distruzione crea anche opportunità per la rico struzione. Quindi, dobbiamo concentrarci su una nuova generazione. Quanto esce dal fuoco sarà fragile e dovrà essere trattato con cura.

The works are shown in the birthplace of glass, an ancient furnace, a landscape that reveals how fragile these times are, particularly for the human mind. Everything can be broken, yet all can be restored. Destruction also creates opportunities for recon struction. Hence, we must focus on a new generation. What comes out of the fire will be fragile and must be cherished. Among the sculptures on display, we find a chair on which you can sit, or you can be hurt, a chandelier surrounded by bees who risk being the Icarusses of our times, burning their wings and crashing to earth, unseen and forgotten. The chandelier re veals the precious identity of humanity. The glass heads on display tell us that also our leaders are fragile, while the mind is our most powerful tool to imagine a new future. Therefore, we must protect, be mindful and be transparent. Only in transparency can one discover the new generation. Caught between birth and the locus of life, new con structions for a new generation can be born.

Venini: Luce 1921-1985 18 settembre-8 gennaio 2023 Le Stanze del Vetro, Isola di San Giorgio lestanzedelvetro.org

State of MindAnd there ENG was light

Two installations are the focus of the new chapter of Le Stanze del Vet ro exhibition cycle. At Fondazione Giorgio Cini, the famous Velario (a kind of awning), first made in 1951 and comprising a number of festoons with steel cables and crystal glass beads, has been rebuilt, as has the monu mental chandelier, boasting over 3000 multicolour glass pieces. Curated by Marino Barovier, Venini: Luce 1921-1985 is a collection of the most meaningful productions in the field of lighting, both domestic and commercial: lighting fixtures created for offices, theatres, hotels… at the Venini glass factory in Murano, Venice. Artists contributed their designs for iconic pieces: painter Vittorio Zecchin, sculptor Napoleone Martinuzzi, architects Tomaso Buzzi and Carlo Scarpa. In the 1950s, archi tects such as Gio Poni, Franco Albini, Ignazio Gardella, and the BBPR Studio also collaborated with Venini. Architect Massimo Vignelli designed a series of Scandinavian-inspired items, realized with a touch of Murano glass tradition. Since the late Fifties, modular elements proved commercially successful, as did other design elements such as drops, rods, cubes, plates that adorned a diverse offering of lighting fixtures: suspended chandeliers, wall-mounted fixtures, large lighting installations, and soffit-mounted contraptions.

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Glasstress 2022 – State of Mind Fino 27 novembre Fondazione Berengo Art Space Campiello della Pescheria 4, Murano www.fondazioneberengo.org

[Curatorial Statement, Koen Vanmechelen]

Pertanto, dobbiamo proteggere, essere consapevoli ed essere trasparenti. Solo nella trasparenza si può scoprire la nuova generazione. Presi tra la nascita e il luogo della vita, possono nascere nuove costruzioni per una nuova generazione.

Tra le sculture in mostra, troviamo una sedia su cui ci si può sedere, o ci si può ferire, un lampadario circondato da api che rischiano di essere gli “Icaro” dei nostri tempi, bru ciando le ali e schiantandosi a terra, invisibili e dimenticati. Il lampadario rivela la preziosa identità dell’umanità. Le teste di vetro in mostra ci dicono che anche i nostri leader sono fragili, mentre la mente è il nostro strumento più potente per immaginare un nuovo futuro.

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La ricerca dell’artista milanese esplora attraverso diversi media – disegno, installazione, fotografia, scultura e video – la relazione fra spazio interno e spazio esterno. Il tentativo di intercettare la consistenza materiale del tempo si concentra nell’inseguimento delle tracce che il tempo lascia, segnandolo con scrittura, oggetti e materia. Scopo di questo processo è la continua ricostruzione di le gami, connessioni, relazioni, attraverso l’identificazione e la letterale ricucitura di oggetti e spazi, sia nel macro che nel micro: dagli alberi alle teiere, dalle tazzine alle fotografie ricamate.

Judi Harvest. Murano Honey Garden Sacca Serenella 14-Murano judiharvest.com

È il tempo dell’Io, che accoglie nel suo scorrere la concessione all’errore, al ripensamento, all’intenzione mancata. Il suo fluire non è lineare né tanto meno circolare. È un andare e venire tumultuoso che si rapporta al ritmo della propria intimità. È un Fuso Orario individua le che segna la differenza tra le nostre esistenze. Letizia Cariello si pone un obiettivo, una data nel futuro, e la raggiunge raccontando il suo percorso interiore in quel codice alfanumerico inciso sul marmo. La sua “camera della mente”, rifugio per l’anima, è lì, davanti al visita tore che non deve cercare di decifrare, ma percepire l’essenza di un ritmo senza tempo e fuori dallo spazio, senza un prima e senza un dopo, connettendosi con il flusso continuo dell’esistenza.

Transizione ecologica Stream of consciousness

Fabio Marzari

Un’installazione site-specific formata da una sequenza di cinque sculture “apparentemente” uguali, che continuano la serie dei Volu mi, opere che nella loro essenza e forma richiamano i principi della Geometria Spirituale, costituisce il nucleo della mostra Letizia Cariel lo (Letia) Fuso orario, a cura di Luca Molinari e Leonardo Regano, in collaborazione con la galleria Studio G7 di Bologna, all’interno delle iniziative di Level 0 di ArtVerona, che M9 inaugura il 17 settembre.

95 arte IN THE CITY GLASS AND MORE Era il 2013, con grande lungimiranza e volontà ferrea, Judi Har vest per prima ha compreso che non era più possibile guardare al glorioso passato di Murano senza provare a lanciare una sfida che sapesse andare ben oltre i ristretti confini di una miopia tipicamente lagunare, incapace di azioni concrete. Il suo giar dino/installazione vivente a Sacca Serenella presso la Fornace di Giorgio Giuman è salito agli onori della ribalta internazionale, con l’autorevole «New York Times» che anche recentemente gli ha dedicato un ampio spazio. E non è la prima volta che i media internazionali raccontano l’avventura di questa artista americana che con le sue sole forze ha saputo convertire una discarica di una vetreria, usando la bellezza e l’armonia che l’arte sa regalare, per trasformarla in un giardino fiorito/installazione permanente e in continuo divenire, in cui le api vivono felici producendo ogni anno sempre maggiori quantità di miele. Uno degli appuntamenti divenuti un must di The Venice Glass Week, quest’anno The Italian Glass Weeks, è il picnic che Harvest organizza nel ‘suo’ giardino. L’infaticabile artista cura personalmente le piante e si occupa della salute delle api, e il picnic del 24 settembre, ogni anno sempre rinnovato nella formula, diventa l’occasione per rivedere o conoscere per la prima volta il giardino delle api, ora anche dei pipistrelli, preziose creature indispensabili per l’equili brio della Natura e da tempo in pericolo a causa dell’insipienza Novitàdell’uomo.assoluta per il 2022, l’idea dell’artista di invitare i visitatori a creare il proprio goto de fornasa lavorandolo direttamente a stretto contatto con i maestri vetrai, per vivere l’esperienza unica di un’arte millenaria e poter passare qualche ora in fornace a conoscere le tecniche di lavorazione, cercando i frammenti e i colori con i quali comporre il proprio goto, poi messo in mostra e utilizzato al posto dei bicchieri usa e getta durante il picnic.

Letizia Cariello (Letia). Fuso orario 17 settembre-25 novembre M9 – Museo del ‘900, Mestre www.m9museum.it

In mostra all’M9, i Calendari, dischi in marmo policromo posti sopra strutture solide, su cui l’artista ha inciso una sequenza di numeri e lettere, sono una meditazione personale sul tempo e sul suo scorrere. Il più duro dei materiali accoglie così nella sua fermezza la traccia di un concetto che è sfuggente per sua stessa definizione. Quello che ritroviamo scolpito sul marmo è il tempo che Bergson indica della co scienza, un tempo soggettivo, fatto di un fluire continuo e non scom ponibile di eventi, contrapposto al rigore della misurazione scientifica.

Franca Faccin è stata autrice di una favola per bambini La Bicicletta e il mare, che da sola introduce alla genesi della sua ricerca pittorica, disvelata in mostra da più di sessanta opere fra dipinti e disegni. Gli spicchi delle ruote sono dipinti con i colori primari e complementari, e per accostamento richiamano una solarità altisonante d’arlecchi no, mentre le ruote sono “ribaltate” come allegri ombrelloni. Il suo sguardo rivolto a Bruno Munari, facendo l’occhiolino a Klee, non impedisce il raggiungimento di uno linguaggio personale semplice e complesso quanto originale. La mostra si configura come un sogno naif, in cui la ricerca di equilibri strutturali e formali, nonché coloristici prelude a significati impercettibili. L’imprevedibilità che nasce nella reiterazione di grafismi dal sapore orientale con un’anima occiden tale è energia primitiva allo stato puro e al contempo desiderio di pace e interiore armonia. A fine dalla mostra si esce consapevoli che quello di Franca Faccin è un linguaggio figurativo estetico e ideologi co emozionale, destinato a rimanere come un codice impenetrabile, una partitura musicale contemporanea che sa «di aria, di vento, di luce», pur rimanendo immobile sulla tela e sulla carta. M.M. MIRESI | RADICI À 8 settembre-27 novembre Palazzo Contarini del Bovolo, San Marco 4303

che vive e lavora a Berlino, elabora in stallazioni in cui pittura, fotografia e musica creano una diversa percezione estetica. Grazie a un immaginario ricco e articolato, Maurizio Radici indaga attraverso una pittura fortemente ge stuale la figura umana in espressioni astratte e vorticose e fissa invece in una stasi formale la rappresentazione di animali. I due universi artistici si incontrano nelle sale espositive del Palazzo Contarini del Bovolo, noto per la sua Scala, in un progetto espo sitivo dal titolo À rebours, curato da Paolo De Grandis e Carlotta Scarpa e organizzato da PDG Arte Communications, che apre al pubblico l’8 settembre. La mostra si ispira alla traduzione del titolo nell’accezione di “a ritroso” e “controcorrente”: il percorso espositivo viene costru ito sull’ambivalenza e sul dialogo delle opere di Miresi e Radici, sempre in bilico tra scelte figurative cupe ma fortemente sugge stive e vigorosi esperimenti cromatici astratti, creando una narra zione che offre una nuova chiave di lettura alla vasta produzione artistica di entrambi. Miresi ripercorre un ipotetico viaggio a ritroso articolato lungo due traiettorie diverse: la prima, con il ciclo Auditorium, segue gli inizi figurativi dell’artista negli anni ‘80 e ‘90, quando la sua attività e continuità metodologica prende nuova forma, nel re vange della cultura pittorica aniconica. La seconda, con la serie S/Paesaggio, si caratterizza per una resa stilistica astratta dove i colori irrompono sulla tela, come è evidente nell’emblematico dipinto monumentale S/Paesaggio xyz Radici si nutre invece di figure, ombre, animali e segni, creando codici semantici in cui il mito, il sogno e il tempo presente si coniugano. Nelle sue tele mescola grafite, colori acrilici e inchio stri sollecitando lo sguardo attraverso figure quasi primordiali e impulsive poste in uno spazio inesistente. Nella prima sala le opere dei due artisti si sovrappongono con differenti scelte tematiche e stilistiche, mentre nella seconda sala, traendo diretta ispirazione dalle vibranti cromie di Miresi, Maurizio Radici realizza un armonico ciclo di opere site-specific. Matilde Corda

www.artecommunications.com

A ruota libera

Attraverso un allestimento puntuale, la mostra restituisce l’alfabeto concettuale e mediterraneo del “libero girovagare in pittura” dell’ar tista originaria di Vicenza, nota soprattutto per il sintetismo iconico delle sue biciclette, divenute assoluto portabandiera di libertà come condizione primaria dell’esistere. «È questo il mio credo: lentezza e rapidità, leggerezza e pesantezza, sottrazione e verticalità, nella sintesi dell’“impalpabile pulviscolo della luce” che ci avvolge, che fa sparire attraverso il colore la gravità delle cose» (Franca Faccin, Festina Lente, 2003).

La sua estemporanea metafisica del colore e il suo segno minimali sta restituiscono dunque sulla tela biciclette, giri di freni e gru, eliche di aeroplani, mercati a volo d’uccello, che si susseguono senza sosta nello spazio della luce.

Insieme controcorrente

Miresi,OPENINGCITYartistaitaliana

96 arte IN THE

rebours

Franca Faccin. Giallo blu verde rosso. L’altalena dei giri di freni Fino 25 settembre Fondazione Bevilacqua La Masa, Galleria di Piazza San Marco www.francafaccin.it

Per raccontare la mostra personale dell’artista Franca Faccin dal titolo Giallo blu verde rosso. L’altalena dei giri di freni, inaugurata a fine agosto alla Fondazione Bevilacqua La Masa a Piazza San Marco, partiamo dal curatore, anzi dalla curatrice, Luisa Turchi, che con dedizione e impegno porta avanti progetti di indagine artistica su autori, come Franca, che attraverso il loro linguaggio pittorico concorrono «a rivelare a ciascuno di noi l’invisibile che è dentro i nostri occhi, l’indicibile che è dentro la nostra mente, il possibile che è nella nostra fantasia» (Enzo Di Martino, Dal pretesto visivo alla pittura, Venezia 1999).

97 Gio’s presents Italian fine-casual cuisine featuring fresh, simple, yet authentic ingredients, exquisitely crafted. The St. Regis Venice, San Marco 2159, 30124, Venezia, Italia, +39 041 240 0001 - gios@stregis.com affiliates.itsorInc.,International,Marriottoftrademarksthearelogosandmarksnames,AllReserved.RightsAllInc.International,Marriott©2021 Gio’s Restaurant

arte IN THE GALLERIESCITY

MARIGNANA ARTE

98

ForzeQUAYOLA/Vettori / Cromie Tempeste digitali e moti in espansione 3 settembre September-27 novembre November Quayola (Roma, 1982) impiega la tecnologia come lente per armonizzare le tensioni e gli equilibri tra forze apparentemente opposte: reale e artificiale, figurativo e astratto, vecchio e nuovo. La serie Storms prosegue la sua ricerca sulla pittura di paesaggio tradizionale, esplorandone la sostanza pittorica attraverso avanzate tecnologie e inter rogandosi sul significato di sublime ( sub-limen ).

193 GALLERY THANDIWE MURIU HASSAN DERRICKHAJJAJOFOSU BOATENG The Colors of Dreams 25 agosto August-28 ottobre October Opening 6 settembre September Thandiwe Muriu

ENG Photographer Thandiwe Muriu was born and raised in Nairobi, Ken ya. Drawing inspiration from African textiles, everyday objects, and traditional hairstyles, Thandiwe reinterprets contemporary African portraiture. Using vivid aesthetic, the artist embarks on a colourful journey through her world as a modern African woman. Hassan Hajjaj was born in 1961 in Larache, Morocco. He now lives and works between Marrakech and London. Hajjaj’s evolution as an artist spanned over photography, fashion, music, cinema, and design. His work is a form of cele bration of the popular visual culture of the souk – a social space and a symbol of interaction and exchange. The artist assembles and opposes eastern and western elements to create a ‘universal universe’.

Derrick Ofosu Boateng’s works are emblematic. He carries out important touch-up work on his photographs in terms of color and contrast, so much so that images look almost unreal and dreamlike. His works represents an Africa from a positive perspective and contributes greatly to change its perception abroad.

ENG Storms pursues Quayola’s scrutiny of traditional landscape painting, using advanced technologies to explore its pictorial substance. The Storms series are digital paintings, and yet they display historical continuity. High-defini tion video of stormy seas shot on the coasts of Cornwall are used as dataset to draw from and produce the digital paintings. The video is not the matrix of the painting, instead, it is the data inferred from it: vectors and chromia, forces and Quayolaintensity.works ‘by painting like something already painted’ using new and original tech niques. The aesthetics, derived from algorithms, codify reality, blending mnemonic, historic, and retinal knowledge. The machine is programmed to produce a ‘traditional painting’ out of the digital substance: a pixel painting. Galleria Marignana Arte Rio Terà dei Catecumeni, Dorsoduro 141 www.marignanaarte.it è una fotografa nata e cresciuta a Nairobi, in Kenya. Traendo ispi razione dai tessuti africani, dagli oggetti quotidiani e dalle acconciature tradizionali, Thandiwe reinterpreta attraverso un’estetica vivida la ritrattistica africana contempo ranea. Le sue opere offrono un viaggio colorato nel mondo di donna che vive nell’A frica moderna. Hassan Hajjaj (1961, Larache, Marocco; vive e lavora tra Marrakech e Londra), attraverso la fotografia, l’estetica della moda, la musica, il cinema e il design, celebra la cultura visiva popolare del suk, uno spazio sociale simbolo di interazio ni e scambi. L’artista prende in prestito dalla cultura marocchina stereotipi pittorici assemblandoli poi audacemente con elementi occidentali per creare un “universo universale”. Per Derrick Ofosu Boateng (Ghana) la fotografia è uno strumento decisivo per raccontare storie. Il ritocco sulle fotografie in termini di colore e contrasti crea una messa in scena quasi irreale e incline verso un mondo onirico. È attraverso questa dimensione che l’artista rappresenta un’Africa da una prospettiva positiva, che contri buisce a cambiare notevolmente la percezione del Continente.

Video ad altissima definizione di mari in tempesta girati sulle coste della Cornovaglia vengono utilizzati come un dataset da cui attingere per generare le pitture digitali. Il video non è la matrice del dipinto, lo sono i dati che da esso si desumono: vettori e cromie, forze e intensità. L’artista codifica la realtà, fondendo conoscenza mnemonica, storica e reti nica. La macchina è programmata a produrre una “pittura tradizionale” dalla sostanza digitale, una pittura di pixel. Il sublime, prerogativa del rappor to umano rispetto alla incommensurabilità della natura, assume nuove estetiche e nuove visioni algoritmiche.

Dorsoduro www.193gallery.com556

IKONA GALLERY GLI MichèleHALBERSTADTcheraggiunge Max

CATERINA TOGNON LILLA TABASSO 10 settembre

Ca’ Nova di Palazzo Treves in Corte Barozzi San Marco www.caterinatognon.com2158

Cardi smorti, cadenti e avvizziti e boccioli di rosa canina turgidi ed esuberanti; tulipani flosci e bruniti e floride peonie; aranci es plosivi e verdi sbiaditi; decadenza e fulgore, autunno ed estate, ombra e luce, vita e morte: nelle iperrealistiche composizioni floreali di Lilla Tabasso, le contraddizioni, le imperfezioni e le paure dell’essere umano si incarnano nella più delicata e caduca crea tura della terra e prendono forma attraverso il vetro, simbolo della fragilità. Accanto a quelle primaverili, tripudio di colori, vig ore, lucentezza, fioriscono le Vanitas, che esaltano le impurità e le debolezze della natura. Cresciuta in una famiglia di antiquari e circondata da stilemi classici che inevi tabilmente la ‘contaminano’, Lilla Tabasso decide di dedicarsi alla lavorazione del vetro e impara da autodidatta l’antica e nobile arte del “Lume”: al calore di una fiamma scioglie bacchette di vetro di Murano, le miscela per ottenere il colore perfetto e poi dà loro vita. ENG Dull, drooping, and shriveled thistles, turgid and exuberant rosehip buds, floppy and burnished tulips, flourish ing peonies, explosive oranges, faded greens, decadence and radiance, autumn and summer, shadow and light, life and death. In Lilla Tabasso’s hyper-realistic floral compositions, the contradictions, imperfections, and fears of the human being are embodied in the most delicate and ephemeral creations on earth, taking shape in glass, itself a symbol of fragili ty. Alongside the spring flowers in their plethora of colors, vigor, and luster, the Vanitas flourish, enhancing the sense of impurity and weakness of nature. Raised in a family of antique dealers and surrounded by classic stylistic artefacts which inevita bly influenced her, Lilla Tabasso decided to dedicate to glass art, teaching herself the ancient and noble art of the ‘Lume’ or ‘lamp-working’. The hot flame melts the Murano glass rods, which are then mixed to obtain the perfect color to give them life.

La mostra, a cura di Živa Kraus, restituisce al pubblico l’opera e l’arte fotografica di Max Halberstadt (1882–1940), uno dei fotografi ritrattisti più famosi nella Amburgo degli anni ‘20 del Novecento. La sua popolar ità è dovuta, non da ultimo, alle fotografie iconiche del suocero Sigmund Freud, dive nute presto i ritratti ufficiali del padre della psicoanalisi ancora oggi utilizzate in tutte le pubblicazioni che lo riguardano. Nonostante ciò, il nome di Max Halber stadt è purtroppo quasi dimenticato oggi. Indagando sul cognome e sulla storia paterna, Michèle Halberstadt intraprende un intrigante viaggio verso la riscoperta di una figura tutt’altro che marginale nella storia della fotografia tedesca.

99 CASTELLO 925 KAETHE KAUFFMAN Yoga: Interiore Eterno Fino Until 13 novembre November

ENG Max Halberstadt has been one of the most famous portrait photographers in 1920s Hamburg. His popularity was due to the iconic photographs he took of his father-in-law, Sigmund Freud. Today, those photographs are the official portraits of the father of psychoanalysis and have been published worldwide. Alas, Halberstadt’s name is virtually unknown today. Michèle Halberstadt investigates her surname, paternal history, and Max’s career. Campo del Ghetto Nuovo, Cannaregio 2909 ikonavenezia.com September-27 novembre

Per creare queste opere l’artista parte da un filo imbevuto nella pittura, legato attorno a un’articolazione che ne traccia tutti i possibili movimenti, poi immortalati in uno scatto. Le immagini originali, una volta rielaborate, sono difficilmente riconducibili a un corpo umano, le linee vengono combinate creando forme astratte quasi caleidoscopiche che inducono il visitatore a esplorare le proprie sensazioni, trasportandolo in una dimen sione contemplativa.

ENG According to American artist Kaethe Kauffman, a body is an unlimited source of inspiration and a unique tool for creative process. Her interest in the power of bodies culminates in a combination of yoga and body motion, giving life to a series created with hypnotizing silk pan els, where Kauffman’s photos have been hand-printed. She creates these artworks starting from a string wetted in black paint to trace all the possible movements and capture their outcome in a snapshot. Once elaborated, the original images are no longer related to a human body. Lines are combined and create almost kaleidoscopic abstract shapes that inspire the viewer to contemplate her work and explore the sensations that come with it. Fondamenta San Giuseppe, Castello www.crosscontemporaryprojects.com925 1 settembre September-30 ottobre October

Per l’artista statunitense Kaethe Kauffman il corpo è fonte inesauribile d’ispirazione, uno strumento insostituibile del processo creativo. La sua ricerca combina la passione per lo yoga e i movimenti del corpo umano, dando vita a una serie composta da ipnotici pannelli di seta, su cui sono state stampate artigianalmente le fotografie di Kauffman.

November

100 music a IL GIÀDOMANISCRITTO Ho cercato artisti attivi, che si stanno confrontando con delle grandi responsabilità conducendo delle ricerche e impiegando nuove tecnologie per creare forme speciali di teatro musicale Lucia Ronchetti © Andrea Avezzù

Il direttore Lucia Ronchetti ci introduce ai fondamenti del program ma dell’imminente Biennale Musica 2022.

Un procedimento che replica esattamente quanto veniva concepito e realizzato a Venezia nei primi decenni del Seicento, vale a dire una forma di laboratorio creativo di teatro musicale alla stregua di una stagione del carnevale veneziano. In qualche modo questa vitalità, questa forma laboratoriale, questa informalità viene rievocata in tutte le commissioni di quest’anno; tutti i compositori lavorano in modo originale, particolare. Solitamente preferiscono avere il loro gruppo di fidati, dotati di una disponibilità onnivora: la cantante suona anche qualche strumento, fa pure i costumi, lavora alla scena e inoltre fa la comparsa. Compositori come, ad esempio, Simon Steen-Andersen, danese, la quale definisce la propria posizione nella sua produzione come “compositore, librettista, regista e anche video performer”. Ha realizzato un video, di cui è anche regista, “gestito” in diretta, in totale interazione con i musicisti. Insomma, sono tutti compositori che rivestono allo stesso tempo ruoli molteplici, così come avveniva, anche se non sappiamo fino a che punto, con i vari Claudio Monte verdi o Francesco Cavalli, immersi anch’essi circolarmente in ogni loro produzione. Del resto al tempo non era apparsa ancora la figura del regista, di molto posteriore, ottocentesca direi. Il regista oggi invece, in ogni progetto antico o recente di opera, è assolutamente dominan te. Perciò è molto interessante il riferimento alla Venezia di tre, quattro secoli fa, guardando la quale i compositori desantificano l’autorità autoriale intesa in termini assoluti. Si tratta di mettere in atto una dia lettica molto intrigante, intensa, naturalmente anche molto rischiosa.

Contemporary opera and experimental musical theatre There is a big, substantial difference. New contemporary opera has dominated the scenes in Europe in the past few years. For example, in Germany every year every opera institution commis sions a new work. These are contemporary music projects that must correspond to the opera structure: the orchestra is large, it regularly stands in the pit, the soloists are opera singers special ized in a certain type of vocality. My aim was not to present the continuation of the opera tradition within contemporary music, but to highlight a kind of research that is developing more and more in Europe concerning the theatricality of sound, instrumental theatre, investigating all forms of experimentation on music in theatre which are very far from the traditional opera. Our dialogue, our living and stimulating relationship with the past is based on this experimentation. When the public opera was born at the begin ning of the 17th century in Venice and Florence, the experiments of setting the text to music soon started, whereas until then music was only the accompaniment of a theatrical performance. When that extraordinary experimentation began, the efforts of the musician and of the librettist to put together the text and the music were very demanding but of great interest. In the first decades of the 17th century Venice lived an extraor dinary moment of musical culture, of a great freedom in creating opera. Some problems still existing today were then addressed. This new musical theatrical machine had a huge success. The Venetian model immediately spread almost everywhere; in a few decades Italian-style theatres spread all over the world. The public was placed around a scenic space, respecting from a hier archical point of view the different social categories. This amazing success was also due to the huge quantity of Venetian inventions in the field of naval engineering, since it was an extraordinary lively society, where intellectuals played a very important role. Everything had a special meaning because it was the result of a very high level reflection.

This year’s edition is in fact entirely dedicated to experimental mu sical theatre, a sort of ‘chamber’ theatre based on very advanced technologies, the composers being directors, librettists, etc. A process that replicates exactly what was conceived and realized in Venice in the first decades of the 17th century, namely a form of creative musical theatre workshop. In some way this vitality, this workshop form, this informality characterize all the productions of this year; all composers work in a very special and original way. All the projects offer music that is absolutely not “aggressive” towards the public; the composers I have chosen prefer to work in collaboration with the listener, they do not have the existential and aesthetic need to propose aggressive music, because their research is at the moment rather based on the need to understand how to link the visual aspects to the acoustic ones. Their research is not focused on pure, absolute music, but mainly on music for the theatre.

Quale il processo che ha portato ad isolare questo nucleo tematico quale asse portante, identitario di questa edizione del festival? È un festival che fa riferimento principalmente al glorioso e operoso passato veneziano, fatto di luoghi ed opere dei primi decenni del Seicento. Questa complessità è l’oggetto di studio e di sviluppo della nostra rassegna. Le proposte in programma sono tutte nuove produzioni, basate sulle memorie del passato veneziano sulle quali tutti i compositori stanno lavorando. L’edizione di quest’anno è infatti interamente dedicata al teatro musicale sperimentale, un teatro in qualche modo ‘da camera’, fatto con pochi mezzi ma con tecnologie molto avanzate, con i compositori che sono registi, librettisti, etc.

Our festival focuses on the glorious and industrious Venetian past, made up of places and works of the first decades of the 17th century. The productions scheduled are all new and are based on the memories of the Venetian past.

Il riferimento alla Venezia teatrale dei primi del ‘600 naturalmente non garantisce di per sé che poi i lavori proposti possano anche essere interessanti; dipende dai compositori che vengono coinvolti, in di Andrea Oddone Martin 66. Biennale Musica - Out of Stage 14-25 www.labiennale.orgsettembre

101 Si svolge interamente a settembre, tra mercoledì 14 e domenica 25, Out of Stage, il 66. Festival Internazionale di Musica Contemporanea – La Biennale di Venezia. Un titolo che si può letteralmente tradurre in “fuori scena” e vuole indicare quell’ampia regione creativa che comprende il teatro non conven zionale, idealmente non canonico, frutto di ibridazioni impegnate.

Un mezzo espressivo che sta raccogliendo consensi, soprattutto in Europa, dove con più prontezza che in Italia questa modalità aperta, crossover di fare cultura e spettacolo si è sviluppata in questi anni.

I progetti di Battistelli sono fondanti nell’ambito della teatralizzazione del suono e della teatralità del gesto

Quali sono stati i criteri che hanno guidato la selezione delle commissioni proposte in programma? Non ho cercato compositori che potessero lavorare filologicamente sui manoscritti veneziani, ma artisti attivi che si stanno confrontando con delle grandi responsabilità, che conducono delle ricerche e im piegano nuove tecnologie o formano degli organici speciali, oppure creano delle forme speciali di teatro musicale. Come, ad esempio, Ondrˇej Adámek. un compositore in grado di ruotare le competenze sui diversi ruoli: se sono previsti dei cantanti in scena, dei musicisti e dei danzatori, tutti sono cantanti, musicisti e danzatori, lavorando in modo di essere un ensemble coeso. Per realizzare a Venezia il suo lavoro, Simon Steen-Andersen ha richiesto un gruppo composto da musicisti veneziani in grado di eseguire la musica veneziana del musica 66.

Nei primi decenni del Seicento Venezia viveva un momento straordi nario di cultura musicale, di libertà nel fare. Vennero allora affrontate alcune problematiche ancora oggi in fieri. Questa nuova macchina teatrale musicale fu investita da un successo sconfinato, con con seguente, rilevantissimo ritorno economico. Il modello veneziano si diffuse immediatamente un po’ ovunque; in pochi decenni in tutto il mondo si andarono ad allestire dei teatri all’italiana dove il pubblico si collocava intorno a uno spazio scenico, certo nel rispetto da un punto di vista gerarchico delle diverse categorie sociali. Un succes so incredibile dovuto anche alle tante invenzioni veneziane sul fronte dell’ingegneria navale, poiché si trattava di una società straordinaria, in vivace fermento, dove gli intellettuali rivestivano un ruolo rile vantissimo, direi centrale. Ogni cosa aveva un significato speciale perché la riflessione da cui scaturiva era di altissimo livello. C’era un pubblico molto attivo che bisognava sapersi conquistare giorno per giorno. Un pubblico disposto a stare in teatro anche cinque ore, che seguiva le repliche, che quindi non poteva certo essere annoiato.

102questo caso tutti davvero molto importanti e attivi sulla scena europea già da tanti anni, anche se non così conosciuti in Italia.

Alcune opere di Monteverdi, di Cavalli e di tanti altri autori sono delle riflessioni sull’armonia, delle organizzazioni sulla linea vocale rispetto al canto, scritte sempre in grande velocità. Ogni opera era un salto nel buio e la verifica era impietosa: i compositori, che spesso partecipavano all’impresa, rischiavano sempre moltissimo e in prima persona, dal momento che non ci voleva molto per andare in rovina insieme al teatro e alla propri compagnia. Nella Venezia seicentesca questi compositori erano lavoratori attivi dello spettacolo; si assume vano molti rischi e condividevano concretamente con tutte le altre componenti dell’allora nascente industria-teatro gli esiti di queste scommesse culturali.

Compositori ai quali abbiamo chiesto di proporre dei lavori che fos sero in piena consonanza con la linea, la visione di base che informa l’ossatura culturale del festival, che vuole essere innanzitutto aperto al pubblico, perché abbiamo voluto propriamente concepirlo per il grande pubblico, rigettando qualsiasi idea di barriera intellettuale a protezione del recinto stretto degli addetti ai lavori. Sarà perciò un festival coinvolgente, giocoso, circense. Tutti i progetti propongono musiche assolutamente non “aggressive” nei confronti del pubblico; i compositori che ho scelto preferiscono lavorare in collaborazione con l’ascoltatore, non hanno la necessità esistenziale ed estetica di proporre una musica aggressiva, perché le loro ricerche, almeno in questo momento della loro fase compositiva, sono piuttosto basate sulla necessità di capire in che modo legare gli aspetti visivi a quelli acustici. Agiscono su un fronte di ricerca che non è quello della mu sica pura, assoluta, al contrario. Il loro lavoro si concentra in primis su una musica per il teatro. Quali le differenze tra l’opera contemporanea e il teatro musicale sperimentale? C’è una grande, sostanziale differenza. Negli ultimi anni vi è stata una copiosa produzione nel mondo, soprattutto in Europa, di nuova opera contemporanea. Ad esempio in Germania ogni anno ogni isti tuzione operistica commissiona un’opera nuova. Si tratta di progetti di musica contemporanea che devono corrispondere alla struttura dell’opera: c’è quella scena, l’orchestra è grande, regolarmente sta nella buca, i solisti sono cantanti d’opera specializzati in un certo tipo di vocalità. Il mio scopo non era quello di presentare il proseguimento della tradizione operistica nell’ambito della musica contemporanea, ma proprio di evidenziare invece una scena che in Europa sta pren dendo sempre più spazio negli ultimi anni: quella della ricerca sulla teatralità del suono, sul teatro strumentale, indagando tutte le forme di sperimentazione sul teatro in musica, naturalmente lontanissi me dalla dimensione stringentemente operistica. E precisamente in questa direzione sta il nostro dialogo, la nostra relazione viva e stimolante con il passato, poiché quando è nata a Venezia e a Firenze l’opera pubblica all’inizio del Seicento sono iniziate immediatamente le sperimentazioni di messa in musica del testo, quando invece pre cedentemente la musica si occupava solamente dell’accompagna mento di una performance teatrale. Nel momento in cui inizia quella straordinaria sperimentazione, le forme attraverso le quali il musicista e il librettista cercavano di mettere insieme il testo cantato erano problematiche, rappresentavano un grande dilemma, ma di grande interesse. I compositori dell’epoca hanno sperimentato tante forme diverse; man mano hanno cercato e creato dei luoghi dove tutto questo potesse essere accolto. A Venezia, in particolare, sono nati allora dei teatri pubblici. Prima la norma era che i teatri fossero privati, situati all’interno delle case delle famiglie nobili. Questo passaggio dei primi decenni del Seicento dal teatro privato a quello pubblico, quindi rivolto a un pubblico più vasto e variegato, è l’abbrivio storico di una tensione che nella fase di ricerca degli ultimi dieci anni della nostra epoca sta generando dei veri e propri capolavori di teatro del suono, in cui musicisti e cantanti si trovano in qualche modo allo stesso livel lo. Non sussiste più la rigida norma che il musicista stia nascosto nel golfo mistico ad accompagnare il cantante fisso sul palcoscenico.

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BIENNALE MUSICA LUCIA RONCHETTI

On September 24, another work will be performed in the stunning chapter room of the Scuola Grande di San Rocco, one of the places of music par excellence in Venice, a space created for the meetings of its very rich Confraternity which boasted the works of Jacopo Robusti known as Tintoret to. The protagonist of this event, Annelies Van Parys, will realize her project in the chapter room of the Scuola Grande di San Rocco, the public will be placed where the members of the Confraternity used to seat, surrounded by Tintoretto’s pictorial cycle.

The program selection

I have not looked for composers who could work philolog ically on Venetian manuscripts, but for active artists who are confronted with great responsibilities, who conduct research and use new technologies, form special staff, or create special forms of musical theatre. This is the case for example of Ondrˇej Adámek, a composer able to rotate skills on different roles: if a work includes singers, musicians and dancers, on stage every performer is a singer, a musician and a dancer at the same time as to form a cohesive ensem ble. In order to realize his work in Venice Simon Steen-An dersen has asked for a group of Venetian musicians able to perform the Venetian music of the 17th century as well as for three young singers, not necessarily famous but from Venice, offering their familiarity with their environment and willing, at the same time, to question their professionalism. In his show the members of the ensemble are transformed into a troupe that conducts an investigation on the following question: where did San Cassiano theatre stand? The Dan ish composer decided to follow a “path of research” of the geographical place of this glorious theatre. A group journey based on the dramaturgy of Monteverdi’s Ritorno di Ulisse in patria, a score created and replicated in the theatres of SS. Giovanni e Paolo and of San Cassiano, both disappeared. Of course, all the material related to the show is lost, except for the score that had been printed. In my opinion Simon Steen-Andersen is the composer who is looking for a new and different dimension for musical theatre in Europe.

The Dutch composer Michel van der Aa presents on Sep tember 19 a new work within the Biennale Musica, a project designed for a very important and significant place for the city, and not only, such as the Goldoni theatre. Van der Aa with this work reveals an extraordinary, peculiar sensitivity to the theme of waters: the waters surrounding the houses, the unstable, moody waters, the waters that submerge. His work is a true, lived homage to Venice and its lagoon. After all - and how could it have been otherwise? - many Venetian works are designed on the lagoon motif.

Noi, attraverso il suo progetto, siamo felici, eccitati direi, di celebrare questo teatro che non esiste più e dal quale tutto è nato. Ci descrive qualche altro progetto in cartellone? L’olandese Michel van der Aa presenta il 19 settembre una nuova com missione della Biennale Musica, un progetto pensato per un luogo così importante e significativo per la città, ma non solo, quale è il teatro Goldoni. Nonostante gli inevitabili ammodernamenti, infatti, è l’unico teatro venezia no che si trova ancor oggi nel medesimo luogo fin dalla sua fondazione, avvenuta nel 1622. Su quei pochi metri quadrati si è accumulata negli anni un’esperienza operistica unica. Van der Aa con questo lavoro rivela una straordinaria, peculiare sensibilità al tema delle acque: quelle che circon dano le abitazioni, le acque instabili, umorali, le acque che sommergono. Il suo è un vero, vissuto omaggio a Venezia e alla sua laguna. Del resto, e come sarebbe potuto essere diversamente?, molte opere veneziane sono ideate sul motivo lagunare. Noi siamo in possesso del libretto della primissima opera veneziana. La par titura è scomparsa ma il libretto c’è rimasto. Il primo giorno nella storia del mondo in cui un pubblico pagante entrava in un teatro; e quella era il primo spettacolo messo in scena, la prima opera. Così scrive il librettista nella de cima edizione del libretto: «il pubblico entrava in questa sala buia illuminata da pochissime candele e si trovava di fronte un paesaggio acquatico: la sce na era l’acqua». La scena del teatro era l’acqua finta, incredibile! E prose gue: «…la cui naturalezza era talmente artifiziosa che il pubblico si chiedeva se stava fuori sulla laguna o dentro a un teatro». Michel van der Aa lavora sul deterioramento del paesaggio dovuto alle alluvioni, alle piogge, alle inonda zioni, alle acque alte. Questo paesaggio si deteriora portandosi appresso la memoria del paesaggio stesso, la capacità di ricordare, ma poi di fare e anche di pensare; è noto, del resto, che se perdiamo il rapporto con il nostro territorio perdiamo noi stessi. Van der Aa ripensa anche alla prima scena, questo primo vissuto del primo pubblico veneziano. È un’opera incentrata autenticamente sul tema dell’ecologia, sui problemi degli ecosistemi, più nello specifico sulla fragilità del territorio veneziano. Ciò facendo in qualche modo parla anche della teatralità della città di Venezia. A Venezia è nato

103 ‘600; inoltre tre giovani cantanti, non necessariamente affermati e però ori ginari di Venezia, che possano mettersi a disposizione con la familiarità e la naturalezza del loro ambiente e disposti, allo stesso tempo, a mettere in di scussione la propria professionalità. Una richiesta in contrasto, quindi, con la consuetudine delle ‘scatole professionali’: sei cantante? E sei cantante per sempre. Sei clavicembalista? Idem. Nel teatro musicale sperimentale è invece opportuno rimettere in discussione il proprio consolidato ruolo pro fessionale; penso all’ensemble straordinario diretto da Massimo Raccanelli, violoncellista veneziano che ha sempre eseguito musica barocca veneziana e che si è trovato a collaborare con un compositore come Steen-Andersen capace di spiazzare, di spezzare le convenzioni di genere come pochi altri. Nello spettacolo i componenti dell’ensemble si trasformano in una troupe che conduce un’indagine animata da un interrogativo: dov’era il teatro San Cassiano? Il compositore danese ha pensato di comporre un “path di ricerca” del luogo geografico di questo glorioso teatro. Un percorso di gruppo sulla base della drammaturgia del Ritorno di Ulisse in patria di Monteverdi, partitura creata e replicata nel teatro dei SS. Giovanni e Paolo e nel teatro appunto di San Cassiano, entrambi scomparsi. Naturalmente è disperso tutto il materiale relativo allo spettacolo, tranne proprio la parti tura che era stata stampata. Venezia in quel periodo era una delle capitali mondiali dell’editoria, anche musicale. Ed è precisamente la partitura su cui Simon Steen-Andersen lavorerà per lo spettacolo che presenterà al festival. Il compositore contemporaneo si trova di fronte a un miracolo straordina rio, che poi ha influenzato tutta l’opera a venire, parte del quale è ancora in repertorio in moltissimi teatri del mondo. Simon Steen-Andersen è per me il compositore in Europa che sta cercando una dimensione nuova e diversa per il teatro musicale. Il risultato non va valutato in termini filologici; non è detto che Steen-Andersen comprenda gli aspetti della musica di Monteverdi che la musicologia ha studiato. Eppure in qualche modo, col suo inconfondibile tratto, è in grado di evocare questo teatro scomparso.

One of the most beautiful productions of this Festival edition is the project that will be staged in St. Mark’s Basilica on September 21st. It is a sacred representation by the Estonian composer Helena Tulve based on the medieval fragments found by Giulio Cattin in Santa Maria della Fava.

Three days before this performance another important show will take place at the Marciana Library just opposite the Basilica. A miracle has happened for the occasion, as only here in Venice can happen: Paolo Da Col, director of the Odhecaton ensemble, recognized all over Europe as one of the most important Italian ensembles for ancient music, was appointed librarian of the Benedetto Marcello Conserv atory in Venice last year. Da Col is a librarian, but he is also a singer, performer, director of ancient repertoire, therefore he is the most suitable person to carry out a musical work on text, performance and vocality.

104 BRUNO CATALANO VIAREGGIO 24 maggio - 30 settembre, 2022 RAVAGNAN GALLERY Piazza San Marco 50/A, 30124 Venice - Italy +39 041 ravagnangallery.com5203021

105 musica 66. BIENNALE MUSICA LUCIA RONCHETTI

il teatro d’opera commerciale, che quasi sempre riprendeva ciò che accadeva nelle calli. Lo specchio d’acqua, mobile e instabile, rende tutto artificioso ed è per questo che tutti i turisti che arrivavano a Venezia dicevano gli sembrasse di stare in teatro. Questo specchio d’acqua in luogo delle normali strade rende stranamente fragili e artificiosi i palazzi che vi si rispecchiano, che invece sappiamo soli dissimi, fondati su palificazioni robustissime. L’impressione visiva è di fragilità proprio perché manca la strada, il profilo orizzontale e stabile del suolo. Tutto ciò viene magistralmente ripreso nell’opera di Michel van der Aa. Il 24 settembre un altro lavoro sarà eseguito nel meraviglioso con testo della sala capitolare della Scuola Grande di San Rocco, uno dei luoghi per eccellenza della musica di Venezia, spazio nato per le riunioni della Confraternita, ricchissima e che si fregiava dell’opera e della dedizione di Jacopo Robusti detto il Tintoretto. In quella sala i componenti della Confraternita si riunivano e, seduti sugli scranni del coro che circonda tutta la sala, potevano perfettamente parlarsi a distanza, ovviamente senza microfoni. La sala possiede un’acu stica fantastica proprio per il parlato, ed è circondata dalla visione di Tintoretto, da questo ciclo pittorico mondiale, sintesi biblica del tutto. Nei particolari delle sue realizzazioni Tintoretto ci mostra molti aspetti del mondo veneziano di allora. Per questo teatro di pura arte che pulsa vivissima ancora oggi il compositore Adriano Banchieri compose alcuni madrigali rappresentativi: nel teatro musicale speri mentale è molto importante il madrigale rappresentativo, da sempre sviluppato qui a Venezia. La Cappella di San Marco garantiva ai compositori, ai maestri di cappella e a tutti i musicisti ottime condi zioni di lavoro. I compositori venivano pagati per sperimentare, con tutte le Scuole di mutua assistenza e di categoria artigianale in gara per sostenere e promuovere la cultura musicale. Adriano Banchieri ha scritto dei capolavori vocali che, se fossero eseguiti al giorno d’oggi, avrebbero la forza della contemporaneità. Cosa succede nella sua raccolta di madrigali La barca di Venetia per Padova? Un affresco di cinquanta minuti nel quale su una barca che parte da Venezia per Padova il gruppo di viaggiatori fa reciproca conoscenza. Le loro provenienze sono disparate, Venezia era la città più cosmo polita del mondo in quel momento. Banchieri produce un ritratto musicale di questo dialogo plurimo citando persino stilemi delle diverse scuole nazionali compositive di cui noi oggi non percepiamo la forza citativa: il compositore qui rappresenta in musica la società globalizzata e varia del mondo veneziano. La protagonista di questo appuntamento, Annelies Van Parys, è una compositrice belga raffi natissima che si occupa di teatro musicale da diverso tempo. La Staatsoper Unter den Linden di Berlino tre anni fa le ha com missionato il completamento de la Chute de la maison Usher di Debussy, riconoscendone il talento di entrare nel contesto musicale di un altro compositore del passato, di comprenderlo, di ri-com porre la sua musica restituendone con originalità i tratti. Van Parys realizzerà il progetto presso la sala capitolare della Scuola Grande di San Rocco con il pubblico che sarà collocato dove si sedevano i membri della Confraternita, circondato dal ciclo pittorico di Tinto retto. La compositrice rivede il madrigale di Banchieri e vi aggiunge due personaggi, due donne contemporanee che fuggono da guerre, migrazioni, partecipano a questa traversata, entrano nel dialogo e parlano un’altra lingua, una lingua contemporanea. Per realizzare questo progetto occorreva un ensemble vocale capace di eseguire la musica di Banchieri e contemporaneamente in grado di eseguire delle parti vocali a cappella scritte da un compositore contempora neo come la Van Parys. Francesco Erle ha creato per l’occasione un nuovo ensemble, Venezia Eterna. Nonostante la grande storia veneziana della musica vocale, non esisteva a tutt’oggi a Venezia un ensemble vocale adatto ad un lavoro di questo tenore. Francesco Erle ha riunito qui cinque cantanti veneziani che diventeranno dei veri e propri compagni di viaggio di Annelies Van Parys. Grazie al Festival della Biennale Musica, quindi, addirittura come vedete nascono nuove compagini musicali, vere e proprie nuove sfide incentrate sul dialogo tra istanze contemporanee e profonde radici storiche. Una delle produzioni più belle di questa edizione del Festival poi è il progetto che andrà in scena nella Basilica di San Marco il 21 settem bre. Si tratta di una sacra rappresentazione della compositrice esto ne Helena Tulve basata sui frammenti medievali ritrovati da Giulio Cattin a Santa Maria della Fava. Frammenti suggestivi, musicalmente bellissimi: nell’ambito del teatro musicale sperimentale, in questa sede prestigiosa ed importante verrà ricreata la forma della sacra rappresentazione, una forma rara nella musica contemporanea. Si tratta di un lavoro di vero e proprio teatro musicale sperimentale: i coristi riempiranno l’intero spazio all’interno del quale si attraverserà il delicatissimo limite che sempre meno separa il teatro sacro con temporaneo dalla produzione di musica contemporanea. Tre giorni prima, praticamente di fronte alla Basilica, sarà la volta della Biblioteca Marciana. Biblioteca di cruciale rilevanza internazio nale che al suo interno presenta uno spazio a dir poco meraviglioso, il Salone Sansoviniano, che in origine era la sala di lettura. Questo spazio si presta emblematicamente a rinnovare la dimensione teatrale della lettura, la lettura performativa: la lettura ad alta voce è parte del teatro musicale sperimentale, è una delle forme predi lette del teatro musicale sperimentale perché è la voce che diventa suono. È successo per l’occasione un miracolo, come solo qui a Ve nezia accadono: Paolo Da Col, direttore dell’Odhecaton ensemble, riconosciuto in tutta Europa come uno degli ensemble italiani per la musica antica più importanti, è diventato l’anno scorso biblioteca rio del Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia. Da Col è un bibliotecario, ma è anche cantante, performer, direttore di repertorio antico, la persona quindi più indicata a svolgere un lavoro musicale fra testo, performance e vocalità. Avvalendosi di testi fondamentali della nascita del teatro a Venezia e a Firenze, ad esempio di Giulio Caccini detto Romano, autore della prima opera, Le nuove Musiche, e di tutti i testi epistolari di Monteverdi in cui il cremonese raccontava cose straordinarie sul teatro, nella conferenza performance del 18 settembre alla Marciana spiega cosa intende, per esempio nel Com battimento di Tancredi e Clorinda, quando afferma che «questo è un madrigale diverso dai madrigali senza gesto». Vengono usate per la prima volta parole che successivamente sono diventate fondamen tali per tutta la storia del teatro. Monteverdi ha immaginato che la musica poteva essere gestuale, che c’era un madrigale versato nella rappresentazione, e dava istruzioni sul rispetto della misura gestuale che la musica implicava. Da Col eseguirà nel Salone Sansoviniano una lettura performativa di questi testi. Oltre a questo, ha scritto un testo per il catalogo in cui pone a confronto le nuove produzioni del Festival in rapporto alle musiche e ai luoghi veneziani preesistenti, spiegandoci come questo miracolo può e deve avverarsi. Perseverando.

Lo spazio oltre Intervista Gianmario Borio

106 musica 66. BIENNALE MUSICA OUT OF STAGE

La Biennale Musica è un’occasione importante non solo per co noscere artisti e produzioni nazionali e internazionali che altrimenti rimarrebbero materia per pochissimi cultori della sperimentazione contemporanea, ma più estesamente per approfondire tematiche rilevanti della cultura musicale dei nostri giorni. Il 25 settembre, in chiusura di festival, si terrà alla Fondazione Giorgio Cini sull’isola di San Giorgio Maggiore una tavola rotonda a cura dell’Istituto per la Musica intitolata Il teatro musicale oggi. Voci, azioni e tecnologie. Ne parliamo con Gianmario Borio, moderatore del panel nonché diretto re dell’Istituto dal 2012. Professor Borio, potrebbe anticiparci i temi di fondo che verranno affrontati in questo incontro? Quali esiti si auspica? Da almeno quattro anni l’Istituto per la Musica ha avviato un pro getto che si concentra specificamente sul teatro di sperimentazione nella seconda parte del XX secolo. Un progetto di ricerca ampio, finanziato dalla Ernst von Siemens Musikstiftung di Monaco, che fino ad oggi ha dato origine a due pubblicazioni. Una si trova in lingua italiana on-line sul nostro sito e si intitola Teatro di avanguardia e composizione sperimentale per la scena in Italia: 1950-1975; l’altra si intitola New Music Theatre in Europe a cura di Robert Adlington, che tra l’altro sarà uno dei protagonisti della tavola rotonda, ed è dedica ta allo sviluppo di questo genere, se così si può definire, nel nostro continente sempre nella seconda metà del XX secolo. La musica di ricerca del XXI secolo affonda naturalmente le proprie radici nelle sperimentazioni del secolo che abbiamo appena lasciato alle spalle, sviluppandosi in un percorso di continuità però comun que caratterizzato da scarti e innovazioni che naturalmente un contesto come la Biennale restituisce meglio di qualunque altro. È quindi questa un’occasione non solo di analisi già storica di questa particolare forma di sperimentazione musicale contemporanea, ma anche di misurare quanto questi fermenti, queste tracce del recente passato abbiano germogliato e stiano germogliando nel nostro Lapresente.tavola rotonda sarà coordinata dal sottoscritto e da Vincenzina Caterina Ottomano, che insegna musicologia all’Università Ca’ Fo scari; nel gruppo internazionale di partecipanti (la tavola rotonda si svolgerà in lingua inglese) ci saranno tre musicologi: Robert Adling ton, Susanne Kogler, Giordano Ferrari e due scenografi che lavorano in due diversi paesi europei, Dorothea Hartmann in Germania e Koen Bollen in Belgio. Avremo quindi sia una riflessione di carattere musicologico che una analisi più concentrata sulla componente pra tica, di organizzazione, di messa in scena. Il contributo di Adlington consisterà in una disamina su come il teatro attuale reagisce alla crisi climatica, un tema decisamente contemporaneo, e prenderà spunto da opere di Ashley Fure e Liza Lim che riflettono sulla rela zione con l’ambiente e sulla deturpazione dello stesso. Si tratta di un tema nuovo, caratteristico del XXI secolo. Susanne Kogler invece si occuperà di due compositrici austriache, Elisabeth Schimana e Pia Palme. La Kogler interverrà sul tema della performance, del perfor mer e sull’incidenza femminile nel teatro di sperimentazione attuale. Giordano Ferrari invece si occuperà di una grande questione, quella del post-drammatico, che già nel teatro di prosa è stata posta da Hans-Thies Lehmann, ad esempio, e da altri teorici ancora. Ferrari si concentrerà su tre casi in cui giocano un ruolo importante la tecno logia e l’audiovisivo: Lost Highway di Olga Neuwirth, An Index of Me tals di Fausto Romitelli, di cui l’anno prossimo ricorre il sessantesimo anniversario della nascita e il cui fondo è conservato presso l’Istituto che dirigo; Tri Sestri, un’opera di Peter Eötvös. Ferrari parlerà inoltre di come il mondo del libretto sia totalmente cambiato oggi. Dorothea Hartmann, infine, illustrerà i suoi progetti alla Deutsche Oper di Berlino e Koen Bollen ci parlerà dei lavori intrapresi nelle Fiandre, riguardanti soprattutto il tema della convivenza tra religioni. Mi auguro che si faccia lucidamente il punto della situazione su un tema che è fondamentale per la produzione musicale dei giorni nostri, attorno al quale non si è mai sino ad ora riflettuto così a fondo e tantomeno prodotto una sintesi di insieme. Sarebbe importante, fondamentale che emergessero delle novità estetiche, ma anche di organizzazione sociale, da questa particolare forma di teatro musicale del XXI secolo, per far sì che si facesse finalmente meno elitario, un territorio d’avanguardia molto vicino al livello della citta dinanza, anche perché ormai il grande pubblico negli ultimi decenni ha assorbito diversi stimoli provenienti dall’avanguardia storica e non è più così impreparato. Mi auguro davvero, quindi, che questa riflessione aperta che abbiamo organizzato contribuisca concreta mente a tematizzare lucidamente questa nuova disposizione aperta, in particolare da parte del pubblico, che si è venuta a determinare in questi ultimi vent’anni. I cartelloni dei maggiori teatri e fondazioni liriche propon gono costantemente il repertorio ottocentesco del teatro musicale, con pochissime eccezioni contemporanee. Come spiega questa perdurante, comoda tendenza? Penso sia un fenomeno che si spiega con il sistema stesso di cui è

Digitalization in terms of language and composition Works such as Erwartung, Woyzeck, Pelleas et Melisande, Bluebeard’s Castle played a major role in proposing the first innovations in this field in the early 20th century. Then in the second part of the century, the use of the libretto disappeared completely, a pre-existing theatrical text was simply adapted to music without the need for a librettist. It is difficult to find the right answer to this question as any answer can change very fast because this is a very dynamic field. Il teatro musicale oggi. Voci, azioni e tecnologie 25 settembre h. 14 Fondazione Giorgio Cini

Qual è l’opera di repertorio che preferisce su tutte? E per quali motivi? Pelleas et Melisande, considerata l’opera anti-teatrale per eccellenza e invece apriva sul nuovo secolo. Come del resto Erwartung e Woyzeck, veri capisaldi della modernità.

Le prime carte nuove si giocano all’inizio del secolo grazie a lavori come Erwartung, Woyzeck, Pelleas et Melisande, il Castello di Barbablù. Con il teatro espressionista e anche quello simboli sta: Strindberg, Maeterlink premono nella direzione di una depersonalizzazione, con personaggi anonimi ad alto tasso simbolico, e molto sull’azione, sul gesto che viene già anticipato dall’insieme parola/suono. Poi nella seconda parte del XX secolo, con i vari Nono, Berio, Evangelisti, Macchi, Manzoni, Ligeti, uno degli elementi rilevanti è il fatto che non esiste più il libretto. In precedenza eravamo passati attraverso la letteratura, cioè si prendeva un testo teatrale preesistente e lo si metteva in musica, escludendo così il librettista. Più recentemente, con Intolleranza e altre opere (opere di innovazione ovviamente, perché parallelamente ci si atteneva all’azione più o meno tra dizionale) la sperimentazione si orienta nella direzione che condurrà poi al XXI secolo, ossia quella del montaggio di testi diversi. Per cui è il tema che conta, il soggetto. In Manzoni “Robespierre”, in Evangelisti “la scatola”: soggetti che vengono illuminati da diversi punti di vista attraverso il mon taggio testuale. Oggi si gioca invece di nuovo molto sulla narrazione della vicenda con al centro dei personaggi, tendenzialmente ci troviamo nuovamente nel campo della drammaturgia tradizio nale. Dunque, di nuovo con le forme, come l’aria, il duetto, etc. Oppure vengono costruite delle situazioni labirintiche, multiformi. La risposta a questa domanda è molto variabile oggi; di sicuro è un campo in cui il dinamismo la farà da padrone.

Quale percorso ha seguito la digitalizzazione, nell’impiego linguistico e compositivo?

Poi è arrivato il digitale, un momento di straordinario scompiglio al cospetto del quale bisognava in qualche modo prima galleggiare, per poi cercare il modo di adeguarvisi. Con l’inizio del XXI secolo si assiste a un vero e proprio sommovimento dei codici di genere, con esiti talora sorprendenti, ta laltre improbabili. Un dato è sicuro, però, ossia che i linguaggi entrano vorticosamente in contatto. Nel nostro settore, per esempio, le immagini in movimento per il grande schermo irrompono con decisione. Poco fa accennavamo a Lost Highway di Olga Neuwirth, esempio in cui viene diretta mente tematizzato il cinema, in una direzione di fitto dialogo con questo mezzo espressivo, dialogo messo in atto da moltissimi altri compositori in questi anni. La nuova drammaturgia comprende subito che può imparare molto dalle drammaturgie avanzate delle opere cinematografiche. Si vengono a creare autentici momenti di integrazione tra i due diversi piani di rappresentazione. Nel lavoro di Olga Newirth è evidentissima l’influenza di David Lynch, per esempio.

The round table will be coordinated by Vincenzina Caterina Ottomano, who teaches musicology at Ca’ Foscari Uni versity, and by myself; the international group of participants (the round table will be held in English) will include three musicologists - Robert Adlington, Susanne Kogler, Giordano Ferrari - and two set designers - Dorothea Hartmann and Koen Bollen, working respective ly in Germany and in Belgium. The round table will be focused both on the musicological aspect and on a detailed analysis of the practical, organizational and staging elements.

The space ENG beyond The main themes of the round table

107 espressione, che funziona in modo auto-riproduttivo. Già nel corso del secondo ‘900 si è puntato tutto sul teatro di regia e perciò il numero di opere da rappresentare è rimasto di fatto basso. Quello che più conta ancora oggi, quindi, è più che altro la novità della messa in scena, poco altro. Per quanto ci riguarda, dal punto di vista della storia della musica abbiamo disegnato un confronto tra composizioni per il teatro del XX secolo e composizioni per il teatro del XXI secolo. Se poi però le istituzioni a cui ci rivolgiamo non si occupano nemmeno, se non sporadicamente, della produzione teatrale del XX secolo, beh, allora hai voglia a sperare in un cambiamento vero a riguardo. Fortunatamente esistono anche altri luoghi per il teatro contemporaneo, non obbligato riamente vincolati a istituzioni per così dire ingessate. Certo, lo stato delle cose del teatro “ufficiale” purtroppo non aiuta a crescere in questa direzione. Eppure la creatività, il sentire e la mentalità delle persone non si fermano, anche e soprattutto grazie a spazi come la Biennale Musica in cui è possibile respirare fisicamente la contemporaneità.

Le domande sono molteplici e gli ingredienti di questa nuova concezione del teatro musica sono sempre più dissolti l’uno nell’altro: il digitale visivo, il digitale acustico, la costruzione e la gestione della immagini e della musica. Nel caso di Lost Highway sono previste delle proiezioni di scene analoghe a quelle allestite sul palcoscenico, una sorta di rispecchiamento live di due dimensioni visive costitutivamente altre. Sono convinto che il XXI secolo sarà molto concentrato su questa dimensione permeabile del fare spettacolo.

I hope that we will take a clear view of the situation on a theme that is funda mental for the musical production of our days, which so far has never been the object of such an in-depth analysis.

Differences between the 20th century and the nowadays theatre I think we have come a long way since the first audiovisual screen experi ments which developed during the 60s starting from Nono’s Intolleranza. At that time the idea emerged that musical theatre was increasingly pointing towards audio-vision, and that is why the narration and the libretto gradu ally lose importance, because it is the action that counts. Then came the digital, a moment of extraordinary turmoil we had to cope with before looking for a way to adapt to it. From the early 21st century we have been witnessing a real upheaval of gender codes, with sometimes sur prising, sometimes improbable results.

Può darci cenno di alcune particolari diversità storiche dei linguaggi espressivi del teatro musicale? Alcune differenze tra il teatro novecentesco e quello attuale. Credo che si sia fatta parecchia strada dalle prime sperimentazioni di tipo audiovisivo con gli schermi, che a partire da Intolleranza di Nono si sono sviluppate nel corso degli anni ’60. Allora emergeva l’idea che il teatro musicale puntasse sempre più verso l’audiovisione, ed è per questo che la narrazione e il libretto man mano perdono poi di importanza, perché è l’azione che conta. È questo il momento nel quale l’azione e la scrittura scenica diventano elementi fondamentali, por tanti della messa in scena; si sviluppa la combinazione di tutti i processi visivi e acustici, quindi an che l’uso della tecnologia. Lo possiamo apprezzare nelle opere di Evangelisti, di Nono, di Manzoni.

Andrea Oddone Martin

They all deal with time, so when I compile a text or write a text, it must form this arc in time, and the same is true about the music and film as well.

108 Gli strati dell’acqua Intervista Michel van der Aa

© Sarah Wijzenbeek

The ideal listener

The ideal interpreter When I write a solo concerto, I often write for performers them selves and not as much with the instrument in mind. Take, for example, my Violin Concerto for Janine Jansen. I was very inspired with her as a performer and if she happened to play a recorder, I would have written a recorder concerto. I think that’s the most inspiring thing for me: I need a muse to write for solo instruments.

Quando scrivo un pezzo per solista lo scrivo per lo specifico stru mentista, non per lo strumento. Prendiamo, per esempio, la mia opera per violino scritta per Janine Jansen. È stata lei a ispirarmi, come musicista. Se avesse suonato il flauto avrei scritto un pezzo per flauto. Questa è la cosa che più mi ispira: ho bisogno di una musa per scrivere pezzi da solista. In generale penso che chi inter preta i miei pezzi debba anche capire il gioco di combinazioni che sta al di sotto di essi, il modo che ho di mettere insieme video, mes sinscena, elettronica. Devono capire che il loro ruolo è anche parte di un rito. Nel mio pezzo per quartetto d’archi The Book of Water, per esempio, i musicisti sono anche parti integranti della messinscena.

Quali, a suo parere, le differenze tra un compositore, un librettista e un regista? Credo che vi siano molte sovrapposizioni tra questi ruoli che como damente, tradizionalmente fermiamo in istantanee fisse. Sono tutti i ruoli che hanno a che fare col tempo. Se sto scrivendo un testo, questo deve formare una fabula nel tempo, e lo stesso dicasi per la musica e per il film. Penso che ci siano molte cose in comune tra questi vari strati. Ciò che a me viene naturale è trovare il modo giusto di combinarli.

Differences between a composer, a librettist, and a director

It must be a very open-minded audience. My usual audience is not necessarily a hardcore new music audience, but also an audience that goes to see theatre or art films, which makes for a really inter esting blend.

Andrea Oddone Martin ENG Combining images, sound sampling, prose, traditional instruments, and electronic music. I often write these multiple layers at the same time – musical score, stage directions, and also the visual context of the performance. By doing this, I can determine which of these layers is prominent and is most important.

My string quartet piece The Book of Water, has performers not only play the music but also form an integral part of its staging.

music

Quale sarebbe il miglior profilo di ascoltatore per i suoi lavo ri, lo spettatore ideale insomma? Il mio pubblico ideale è vario in termini di età e formazione; fonda mentale che sia di mentalità aperta. La cosa interessante è che usando media differenti riesco a intercettare spettatori con gusti ed estrazioni diversi, non necessariamente tutti amanti della musica contemporanea, ma anche persone più interessate al teatro o ai film d’arte. Il che porta ad avere un pubblico misto e molto stimolante.

Tra gli appuntamenti più attesi di questa edizione troviamo The Book of Water, commissione che la Biennale ha affidato al compositore olandese Michel van der Aa e che andrà in scena il 19 settembre al Teatro Goldoni. Un lavoro incentrato sul fenomeno dell’erosione idri ca dei territori di tutto il mondo, che trova a Venezia habitat naturale per la propria messa in scena. Scopriamo il compositore e la sua poetica.

In quale di questi ambiti espressivi si sente più a proprio agio? È la combinazione di strati, presi assieme, a formare il vocabolario di cui ho bisogno per veicolare il giusto messaggio al pubblico. Parto dalla musica, ma sono altrettanto a mio agio nella regia. Diciamo che trovo il mio ruolo nella ricerca della combinazione perfetta tra i diversi componenti dell’opera.

Uno dei suoi più importanti maestri è stato Louis Andriessen, suo connazionale recentemente mancato. Qual è stato, per lei, il suo principale insegnamento? Ho studiato con lui nel mio ultimo anno di Conservatorio. Mi ha insegnato moltissimo. Da lui ho imparato in particolare a far sì che un pezzo di un’ora o di due ore fosse lineare e ben costruito in termini di ritmo e tensione. In questo Andriessen è stato un vero, straordinario maestro. Era anche un caro amico e ho lavorato con lui in due sue opere. Mi aveva chiesto di comporre dei pezzi di musica elettronica per il suo Writing to Vermeer del 1999; fu la mia prima avventura nel mondo dell’opera e una grande occasione per lavorare in bellissimi fe stival e teatri d’opera. Fu in quei momenti che mi innamorai di questo genere teatrale e sono gratissimo ad Andriessen anche per questo.

66. BIENNALE MUSICA OUT OF STAGE

Quali doti richiede l’interpretazione della sua musica? Ne esiste un interprete ideale?

Le sue partiture si caratterizzano per la compresenza di im magini, campionamenti, parti recitate, strumenti tradizionali ed elettronica. Quali sono le problematiche che si generano nel riunire in un’unica performance grammatiche e contesti linguistici così differenti? Quando lavoro a un’opera teatrale o un melodramma non com pongo solo la musica; in parallelo penso anche al copione e alla messa in scena. Sono strati diversi che creo allo stesso momento – partitura, indicazioni di scena, più in generale il contesto visivo della rappresentazione. In questo modo posso creare una diversa prospettiva per ciascuno di questi strati e posso decidere quale di essi è più in vista o è più importante, riuscendo anche a capire come ciascuna componente interagisca con le altre.

The Book of Water 19 settembre h. 20 Teatro Goldoni a

ALAOUILEILA27.11.2220.04STORIEINVISIBILI UNSEEN STORIES APERTO TUTTI I GIORNI E ACCESSO LIBERO OPEN EVERY DAY. FREE ENTRY. FONDACO DEI TEDESCHI VENEZIA IN COLLABORAZIONE CON IN COLLABORATION WITH galleriacontinuaSANGIMIGNANOBEIJINGLESMOULInshabanaROMASAOPAULOPARIS

E le motivazioni portate per il conferimento del Le one d’oro a Battistelli, ovvero «per il suo lavoro di teatro musicale sperimentale e la sua intensa pro duzione operistica...» unite a quelle per il Leone d’argento all’ensemble Ars Ludi «per il virtuosismo esecutivo e la capacità di trasformare il mondo percussivo in un’avvincente Machina Mundi» non possono che trovare sintesi perfetta nello spetta colo inaugurale di Biennale Musica. F.M.

esilarante: una catena issata dal suo argano, una vasca piena d’acqua da prendere rumorosamen te a pedate, una vela da agitare bruscamente, mattoni che vengono scompigliati, ghiaia da calpestare capricciosamente. Mentre alla tromba, alla marimba, al pianoforte e su un ventaglio di percussioni grandi, piccole e strane gli interpreti devono dar prova di virtuosismo musicale.

Director Battistelli pictured the opera as a show of imagination for three drummers, three voices, trumpet, and piano.

Other ENG worlds At Fenice Theatre, on Sep tember 14, Giorgio Battistelli’s opera Jules Verne will premiere.

A new, fascinating encounter between Golden Lion-awarded Battistelli and Silver Li on-awarded drummer trio Ars Ludi (Antonio Caggiano, Ro dolfo Rossi, Gianluca Ruggeri).

Battistelli has always been fascinated by Verne, whose stories never failed to open new dimensions for imagination. In this piece, Verne is paid homage to by three literary heroes: Professor Lidenbrock from Journey to the Center of the Earth, Doctor Ferguson from Five Weeks in a Balloon, and Captain Nemo from Twenty Thousand Leagues Under the Seas. The protagonists meet in a parlour, tools in tow, and each of them tells their story, trying to convince the other two that he is, in fact, Verne’s favourite.

Per la regia alla Fenice Battistelli ha voluto compiere un lavoro in cui viene esaltata la sua capacità di teatralizzare il gesto esecutivo, com piendo un’esplorazione della quotidianità con la forza dell’immaginazione, fino a trasformarla in una realtà compositiva poetica e funambolica.

It all ends with the three play ing, singing, and making music Battistellitogether. wanted the opera to show how theatrical execution can be, and the ideal interpret ers of percussive theatre could be none other than the Ars Ludi trio, histrionic and charismatic musicians who love to share their passion for performance, never failing to show how much fun they’re having in a world where they fit in perfectly – the ideal home of sound chasers.

© Leonardo Puccini © Fabrizio Sansoni

musica 66. BIENNALE MUSICA OUT OF STAGE

Ideali interpreti di questa nuova visione del teatro percussivo sono gli Ars Ludi Caggiano, Rossi e Ruggeri, musicisti istrionici e carismatici che vivo no ogni impegno performativo come un’esperien za esistenziale da condividere, con divertimento e complicità, comunicando al pubblico il senso della necessità e della gioia di essere in scena, muovendosi agilmente in un set mirabolante che è il loro mondo, dimora ideale di ogni cacciatore di suoni.

Jules Verne 14 settembre h. 20 Teatro La Fenice

Un’apertura al centro della musica alla Fenice il 14 settembre, con l’opera Jules Verne di Giorgio Bat tistelli in prima esecuzione assoluta della versione italiana. Un inedito e affascinante incontro tra il Leone d’oro Battistelli e quello d’argento, il trio di percussionisti Ars Ludi, ovvero Antonio Caggiano, Rodolfo Rossi, Gianluca Ruggeri. Battistelli, che cura la regia, ha concepito l’opera come un’immaginazione in forma di spettacolo per trio di percussioni, tre voci, tromba e piano forte. Verne è un autore che ha sempre eserci tato un grande fascino su Battistelli, con i suoi racconti che esaltano la dimensione immagini fica di impossibili viaggi in luoghi fantastici. In questo lavoro Verne viene omaggiato dai tre eroi della sua letteratura: il Professor Lidenbrock di Viaggio al centro della Terra, il Dottor Ferguson di Cinque settimane in pallone e Capitano Nemo di Ventimila leghe sotto i mari, simboli del rapporto tra l’uomo e la terra, l’aria, il mare. I protagonisti s’incontrano in un salotto arredato con gli attrezzi necessari al compimento delle loro avventure e ognuno racconta la propria storia, cercando di convincere gli altri di essere lui il personaggio prediletto dallo scrittore. L’opera, che può essere interpretata da tre musicisti-performer cui viene richiesta una surreale azione teatrale, oppure da un ensemble di musicisti e performer dove i ruoli vengano ridistribuiti tra più interpreti, termina con Lidenbrock, Ferguson e Nemo che si uniscono in coro cantando, giocando e suonando come bambini. Uno strumentario di oggetti sonori bizzarri è protagonista di questo finale onirico ed

110 Altri mondi Leoni sul palco della Fenice

dane se residente a Berlino, viene unanimemente considerato una delle voci più interessanti del panorama musicale contemporaneo, soprattutto nell’ambito del teatro musicale quest’anno al centro della Biennale Musica diretta da Lucia Ronchetti. Il suo approccio multidisciplinare, sempre attento al dialogo, alla dialettica viva tra diversi linguaggi espressivi, con la musica ad interagire con la performance teatrale, la coreografia, il cinema, in questa occasione l’ha portato a costruire un progetto strettamente connes so alla storia musicale veneziana, precisa mente alla figura di Claudio Monteverdi, a lungo Maestro di Cappella della Basilica di San Marco, rivisitando nello specifico con questo suo nuovo lavoro dal titolo The Return l’opera del compositore cremonese Il ritorno di Ulisse in patria. La drammaturgia dell’opera viene da Andersen qui declinata in una sorta di ricognizione dei luoghi citta dini in cui sorgevano gli storici teatri di San Cassiano e dei Santi Giovanni e Paolo (dove l’opera debuttò), primi spazi al mondo di fru izione pubblica degli spettacoli, prosceni in cui la sperimentazione dei linguaggi teatrali e musicali si rivelerà cruciale per lo sviluppo complessivo dell’opera nel suo complesso, non solo di quella monteverdiana. ENG Danish composer and Ber lin resident Simon Steen-Andersen is unanimously considered one of the most interesting voices in the modern world of music, especially in the field of musical theatre, which is the theme of the upcom ing edition of the Venice Music Biennale. Steen-Andersen’s multi-disciplinary ap proach allowed him to build a project that is quite fitting in the history of Venetian music, centred around Claudio Monte verdi. The Return is a piece on the actual places where historical Venetian theatres once stood – among the world’s first that were open to the public and key in the development of the genre of opera. h.

The Return (A.K.A. Run Time Error @ Venice feat. Monteverdi) 16 settembre h. 19 Teatro Piccolo Arsenale © Eric Oberdorff © Chrstian Vium

Reaching Out 15 settembre

SimonSULRICERCACAMPOSteen-Andersen,compositore

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20 Teatro alle Tese

ENG Never Ending Searching for Exact Vocal Expression and Nuances – this will make quite clear what the Ensemble is all about. Czech conductor Ondrˇej Adámek and Japanese composer Rino Murakami will present to their audience their com mon research, articulated in three pieces: Knock Earth Stone Dust and Schlafen Gut. Warm by Adámek, and Salmon Crossing by Murakami. The first composition has been inspired by Icelandic author Sjón’s poetry on the relationship between man and stone – the matter that has accompanied humankind since time immemorial in a number of different shapes. In Schlafen Gyt. Warm, Adámek used letters written by his grandfather, secretly smuggled from the concentration camp in Theresienstadt, and postcards written by his great-grandmother a short time before her death in Auschwitz. In Salmon Crossing, Murakami develops on a real-life episode that took place in America in 2016: a breach in the levee of the Skokomish River caused salmon to end up on the highway, jumping and crawling as they desperately tried to get back on water. Voice, drums, and dance materialize the sound of the river flowing, cars braking, and fish struggling.

Occhio assoluto Quando il suono è materia L’acronimo che dà il nome all’Ensemble N.E.S.E.V.E.N. (Never Ending Searching for Exact Vocal Expression and Nuances) chiarisce fin da subito come tra interprete e repertorio dell’appuntamento in programma il 15 settembre si stabilisca una particolare affinità. Il di rettore d’orchestra praghese Ondrˇej Adámek e la giovane compositrice giapponese Rino Murakami presentano infatti al pubblico uno spettacolo in cui si concretizza una ricerca comune, articolata in tre differenti brani: Knock Earth Stone Dust e Schlafen Gut. Warm di Adámek, Salmon Crossing della Murakami. Il primo brano prende spunto da alcune poesie dell’autore islandese Sjón incentrate sul rapporto tra l’uomo e la pietra, intesa come supporto materico che da sempre ha accompagnato la storia dell’umanità sotto le più diverse forme e come elemento tematico capace di ispirare l’azione di artisti di ogni genere, interpreti inclusi. In Schlafen gut. Warm Adámek utilizza come supporto artistico le lettere del nonno uscite clandestinamente dal campo di concentramento di There sienstadt e le cartoline scritte dalla bisnonna poco prima della sua morte ad Auschwitz. Murakami in Salmon Crossing sviluppa invece una ricerca in cui il suono richiama i rumori di un episodio realmente accaduto nel 2016, negli Stati Uniti, quando l’esondazione del fiume Skokomish vide una gran quantità di salmoni attraversare la strada a pelo d’acqua con la forza della disperazione per tornare nel letto del fiume e sopravvivere. Le voci, il canto, le percussioni e i movimenti che occupano il palcoscenico del Teatro alle Tese materializzano ai nostri occhi il rumore del fiume che scorre, lo sciabordio dell’acqua, le frenate delle automobili, evocando il boccheggiare dei pesci impegnati non a risalire un fiume, bensì ad attraversare una strada davanti allo sguardo sbalordito degli automobili sti, qui spettatori di un’ancestrale lotta per la vita.

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113 musica 66. BIENNALE MUSICA OUT OF STAGE

Ed è proprio assimilabile ad un rito, ad una preghiera mistica, la performance che andrà in scena il 18 settembre nel Salone Sanso viniano della Biblioteca Marciana e che vedrà protagonista il tanbur suonato da Mehdi Jalali, compositore e direttore d’orchestra iraniano classe ’80, fondatore di Yarava Music Group e protagonista di nume rosi festival e workshop in Europa e nel mondo. Un concerto incen trato sul mezzo espressivo del ‘maqam’, tipo di melodia e tecnica di improvvisazione su cui si fonda tutta la musica araba, con Jalali che presenta al pubblico Unfolding, preghiera rituale per solo tanbur in prima esecuzione assoluta su maqam di Khan-Amiri, Sahari, ChupiRazbaari, Savar-Savar e Jelo-Shahi. Un progetto espressione tangibile di come il teatro musicale contem poraneo si evolva costantemente, rivisitando ed elaborando forme del passato capaci di ispirare culturalmente un presente come quello in cui viviamo che, piaccia o meno, vive una condizione di apertura e contaminazione tra linguaggi espressivi sempre più urgente, vitale, necessaria.

ENG

The tanbur is an ancient musical instrument that took on different shapes and sound throughout history. Its sound has always had a touch of immaterial, abstract, shall we say ascetic, about it, which made it an ideal instrument for spiritual music. A ritualistic piece of kit during prayer, it is considered sacred by the followers of Yarsanism. It is, in fact, similar to a ritual, a mystical prayer, the performance that will take place on September 18 at the Biblioteca Marciana. Mehdi Jalali, Iranian composer and conductor born in 1980, will paly the tanbur in a concert centred on the maqam, a type of melody and improvisational technique that is essential in Arabian music. This project shows how modern musical theatre evolves constantly, and how it can re-elaborate forms of ancient performance to inspire the culture of our pres ent, where openness and contamination between different artistic expressions are urgent, vital, and necessary. Unfolding 18 settembre h. 16 Biblioteca Marciana

Ars Ludi 18 settembre h. 20 Tese dei Soppalchi Corpo a corpo

La leggenda degli Orazi e i Curiazi narra uno dei più antichi miti della storia di Roma, il duello tra i campioni di due città tra loro in guerra, Roma e Albalonga, per risolvere la sanguinosa rivalità. Si tratta di una storia particolarmente cara al compositore e Leone d’oro Giorgio Battistelli, nato nel 1953 proprio ad Albano Laziale, nelle zone in cui questo combattimento sarebbe avvenuto, quin di molto probabilmente entrato in contatto presto con questo mito e con la sua narrazione. Non è quindi un caso che il com positore laziale abbia dedicato a questa leggenda un suo lavoro, Orazi e Curiazi, della durata di 13’ ed eseguito per la prima volta da Antonio Caggiano e Gianluca Ruggeri di Ars Ludi alla Beijing Concert Hall di Pechino il 24 ottobre 1996. Lavoro che il pros simo 18 settembre rivivrà alle Tese dei Soppalchi ancora grazie ad Ars Ludi, che rinnovano l’interazione proprio in Biennale con Giorgio Battistelli, compositore che qui a Venezia ha lasciato in diverse vesti una sua profonda traccia. Suoni reali e immaginari scandiscono il ritmo incalzante della narrazione, dando concre tezza ad una drammaturgia che mescola sapientemente storia e creatività, mito e fantasia compositiva. Intreccio completamente differente è invece alla base di Dressur di Mauricio Kagel, sempre affidata ad Ars Ludi, con i tre percus sionisti coinvolti in un botta e risposta musicale solo apparen temente improvvisato, ma in realtà pianificato in ogni singolo, percettibile dettaglio. Un lavoro che Kagel (1931-2008), creatore del “teatro strumen tale”, ha tinto di Surrealismo grazie al riferimento circense e stravolgendo lo spazio concertistico sul piano culturale, con una partitura datata 1977 che permette al pubblico di apprezzare la musica sul piano multisensoriale, in un atto di protesta pacifica contro la sua fredda e asettica riproduzione meccanica.

ENG The legend of the Horatii and the Curiatii is a found ing myth of Roman history. The duel between two champions of fighting cities – Rome and Albalonga – is a story that is dear to composer Giorgio Battistelli, the 2022 Venice Music Biennale Golden Lion awardee. Born in 1953 not far from where the myth supposedly took place, Battistelli’s thirteen-minute piece Orazi e Curiazi was performed for the first time in Beijing in 1996. On the next September 18, Ars Ludi will re-enact a performance at Tese dei Soppalchi, in Venice – real and imaginary sounds mark the pressing rhythm of narration, exemplifying a piece of drama that aptly mixes history, creativity, myth, and composi tional Mauriciofantasy.Kagel’s Dressur is a quite different story – Ars Ludi will conduct a musical fight that is only apparently improvi sational, but is, in fact, planned in every single detail. Kagel (1931-2008) is a father of ‘instrumental theatre’. His 1977 pieces allows the public to appreciate music on a multi-sensorial level.

Il tanbur è uno strumento antico che ha assunto attraverso i secoli varie forme e suoni. La sua sonorità, a volte più secca, a volte più dolce, ha qualcosa di immateriale, di astratto e addirittura di ascetico, che lo rende adatto per la musica spirituale. Oggetto di venerazione in rituali e cerimonie di preghiera, è conside rato uno strumento sacro per i seguaci del credo Yarsan e Ahl-eHaqq, al punto che i musicisti sono soliti praticare l’abluzione prima di suonarlo e ne baciano la paletta al termine di ogni esecuzione.

Preghiera di diffusione

© Antonio Caggiano

SCRIPTA114

A world ENG imagined Born in Tartu, Estonia, in 1972, Helena Tulve is an interesting voice in the world of modern music. Her compositions – most ly chamber music pieces – show influences from a wide range of sources, including French spec tral music, Gregorian chant,

Nata a Tartu, classe 1972, Helena Tulve è una delle voci più interessanti del panorama della musica esto ne degli ultimi anni. Le sue composizioni – la maggior parte delle quali per ensemble da camera – assorbono un’ampia gamma di influenze, tra cui la musica spettrale francese, il canto gregoriano, lo sperimentalismo dell’IRCAM e la musica orientale. Le sue opere elaborate e razional mente costruite raggiungono una squisita espressività e tensione emotiva, esprimendo tutta la ricchezza e la varietà delle sue esperienze e dei suoi interessi. «Di estrema importanza per me è l’estensione dei confini musicali. Con questo intendo l’estensione dei confini timbrici, formali e stilistici – ha dichiarato la compositrice –, nonché l’apertura dei confini geografi ci della musica». Invitata da Lucia Ronchetti per Biennale Musica, Helena Tulve presenta Visions, una composizione che prosegue la ricerca compositiva di Arvo Pärt nell’am bito della musica vocale liturgica, ipotizzando la cre azione di una nuova forma di sacra rappresentazione contemporanea. Tulve ha concepito un lavoro in cui la diffusione di diverse sorgenti sonore strumentali e vo cali all’interno della Basilica di San Marco trasforma lo spazio acustico stesso in uno strumento complesso e pulsante. «In questo mondo di violenza e ostilità sento più che mai la necessità di rendere onore e dare spazio alla dimensione dell’imaginalis, ovvero non all’immaginario “utopico” – scrive Tulve – ma al vero spazio dell’anima […]. Lo spazio della chiesa, pieno di simboli e immagini, è un modello del nostro stesso spazio sacro interiore che non siamo veramente in grado di comprendere, ma possiamo piuttosto perce pire […] La musica liturgica ritrovata nel manoscritto di Santa Maria della Fava, i testi delle sacre rappresenta zioni e i frammenti del Vangelo di Maria provenienti dal Papyrus Berolinensis costituiscono nel loro insieme un’antica pista che possiamo seguire, e che ci aiuta nella nostra ricerca più di quanto immaginiamo. Que ste rappresentazioni e questi testi non sono reperti storici separati da noi; sono parte di noi – se osiamo aprire il nostro mundus imaginalis e dare spazio alle nostre stesse visioni». C.S. Mundus imaginalis

Visions, a composition that follows in Arvo Pärt’s footsteps in the field of liturgical vocal music and that will turn the interior of St. Mark’s Basilica into a living, complex musi cal instrument. “In this world of violence and hostility, I feel the need to honour and give space to the dimension of the imaginalis, a space for the soul.”

BiennaleparticipateTulveofrichnesswhileandiselaborate,Easternexperimentalism,IRCAM-producedandAsianmusic.Herrationalmusicexquisitelyexpressiveemotionallytaut,allexpressingtheanddiversitytheauthor’sinterests.hasbeeninvitedtointheMusicwith

musica 66. BIENNALE MUSICA OUT OF STAGE © Iris Oja

Il suo arrivo alla Marciana in qualità di bibliotecario è stato definito da Lucia Ronchetti “uno di quei miracoli che solo a Venezia possono accadere”. Sì, perché Paolo Da Col, direttore dell’Odhecaton ensemble, riconosciuto in tutta Europa come uno degli ensemble italiani più importanti impegnati nella musica antica, è anche cantante, performer, direttore di repertorio antico, la persona quindi più indicata a svolgere un lavoro musicale fra testo, performance e vocalità. La lettura performativa che terrà il 18 settembre conferma l’inciso di cui sopra e si concentra su uno snodo storico cruciale nelle vicende del teatro musicale, quando tra Cinquecento e Seicento si passa dalla polifonia al canto accompagnato a voce Prendendosola.

Visions 21 settembre h. 21 Basilica di San Marco

ENG His tenure as librarian at the Marci ana library has been called by Venice Music Biennale director Lucia Ronchetti ‘a miracle’.

Ad immitatione delle passioni 18 settembre h. 16 Biblioteca Marciana

spunto dal testo di Giulio Caccini Le nuove musiche (1601), Da Col traccia un percor so guidato dalla propria competenza trasversale facendoci incontrare personalità che hanno attra versato la storia musicale di Venezia e del mondo intero, come Claudio Monteverdi e il suo Libro Ottavo di Madrigali guerrieri et amorosi del 1638, la più vasta trattazione teorica che il compositore ci abbia lasciato.

MANENT

Paolo Da Col is a singer, performer, and one of the most renowned experts on ancient music in Europe. The performative recital that will take place on September 18 will focus on a crucial historical moment in the history of musical the atre, the moment when, between the sixteenth and seventeenth centuries, theatre would shift from polyphony to the primacy of solo singing. Paolo Da Col will demonstrate the role the most important musicians of the time had in this revolution.

Left Behind 20 settembre h. 21 Parco Albanese-Mestre

Native American Inspirations 20 settembre h. 18 Ca’ Giustinian, Sala delle Colonne Noi siamo qui Il canto corale riveste un’importanza fondamenta le nella trasmissione del patrimonio culturale dei nativi americani, investendo esso ogni aspetto della vita sociale di quel popolo. Il 20 settembre gli studenti dei corsi di canto corale, opera, danza e teatro del Shenandoah Conservatory, Virginia, presentano un nuovo dramma musi cale multidisciplinare progettato per celebrare e diffondere il mondo musicale e il patrimonio culturale dei nativi americani. Mohave Bird Dance Songs, Night Chant, Begin ning of Time, Mohican Soup, Teionkhiyà:taton, Journey e City of Water, lavori dei compositori Dawn leriho e Russell Wallace, sono i brani scelti dal vocal ensemble degli studenti diretto da Au stin Thorpe per uno spettacolo la cui regia sarà da cura di Ella Marchment, in una coproduzione che affianca al Conservatorio statunitense La Biennale di Venezia, Sala 1 – Centro Internazio nale d’Arte Contemporanea. La rivendicazione del diritto di esistere è riaffer mata in un concerto che si fa dramma musicale sulla consapevolezza della tragica e complessa storia di questo popolo quasi totalmente deci mato dalla colonizzazione europea.

In 2020, the Radio Opera Workshop was born, a scalable ensemble founded to perform Jackson’s radio dramas. They debuted at Harvard’s Fromm Players Concerts, where Jackson also teaches. Her radio dramas are about current social and cultural themes, inspired by racial struggle in America, and echo relevant pieces of news. Compositrice di musica elettroacustica, da camera e orchestrale per concerti, teatro e installazioni, Yvette Janine Jackson è esponente di punta dello sperimentalismo afro-diasporico. Attingendo dalla propria esperienza di sound designer teatrale, Jackson fonde diverse tecniche nella sua estetica di composizione di paesaggi sonori narrativi, opere radiofoniche e improvvisazioni.

The right ENG lesson Yvette J. Jackson, an elec tro-acoustic music com poser, is a peak exponent of African diaspora experi mentalism. An experienced theatre sound designer, Jackson uses different tech niques to create narrational sound landscapes, radio opera pieces, and improv isation pieces. For over fifteen years, she has been working in theatre, cinema, television, installation, and videogames – from radio dramas to documentaries, to circus, her music and sound designs have been able to evoke and accompany emotions and narrations.

Nel 2020 nasce il Radio Opera Workshop, ensem ble da camera intermedia scalabile fondato per eseguire le sue opere radiofoniche, che ha debut tato nell’ambito dei Fromm Players Concerts di Harvard – dove Jackson insegna nel dipartimento di Musica, Teatro, Danza e Media –, originariamen te previsti come concerto dal vivo nell’aprile 2020 e successivamente re-immaginati come composizio ni video, con il titolo The Coding nel 2021. Le sue radio opere affrontano tematiche sociocul turali attualissime, trovando ispirazione nella storia di oppressione e schiavitù degli afroamericani, riecheggiano le cronache più scottanti, spingendo il prisma della musica elettroacustica afroamerica na in modi affascinanti ed esemplari. Jackson firma composizioni narrative raccontate attraverso paesaggi sonori elettroacustici, effetti sonori, musica strumentale e testi. Le storie riper corrono eventi storici e problematiche contempo ranee in modo astratto, invitando gli ascoltatori a immergersi totalmente partecipando attivamente all’interpretazione della narrazione. I testi sono spesso tratti da materiale d’archivio, informazioni giornalistiche, documenti storici, e informazioni diffuse in rete. In prima assoluta il 20 settembre, al Parco Albane se di Mestre, Yvette con il suo ensemble presenta Left Behind, prima di una serie di opere radiofoni che che riflette sull’impatto ambientale e socioe conomico che il nuovo turismo spaziale ha sulle comunità locali vicino ai siti di lancio. Chiara Sciascia La giusta lezione © Catherine Koch

ENG Choruses are of fundamental impor tance in the transmission of Native American cultural heritage and are essential in every aspect of social life. On September 20, the students of chorus, opera, dance, and theatre at the Shenandoah Conservatory, Virginia will present an original musical drama to celebrate and popularize the musical world and cultural heritage of Native American people. Pieces by composers Dawn leriho and Russell Wallace will be performed by the students’ vocal en semble under the direction of Ella Marchment in a co-production with the Venice Biennale.

116 musica 66. BIENNALE MUSICA OUT OF STAGE

Da oltre 15 anni si dedica appassionatamente a teatro, cinema, televisione, installazioni e gaming, collaborando con registi, coreografi e artisti indi pendenti al fine di completare le loro visioni. Dai drammi radiofonici ai documentari, fino alle produ zioni circensi, la sua musica e il suo sound design evocano stati d’animo e ambientazioni originali a sostegno della narrazione.

Il percorso del compositore Paolo Buonvino è fatto di tappe principalmente legate al mondo delle colonne sonore, tantissime e di accurata fattura. Romanzo criminale di Michele Placido, Io e Napoleone di Paolo Virzì, Caos calmo di Antonello Grimaldi e Il mio miglior nemico di Carlo Verdone sono solo alcuni dei titoli che Buonvino ha in curriculum, al fianco dei più grandi registi italiani nel trovare una musica capace di accompagnare efficacemente le loro immagini in movimento. Nato e cresciuto a Scordia, piccolo centro in provincia di Catania, Buonvino si dedica alla composizione dopo aver fatto da assistente musicale a Franco Battiato e indirizzando da subito la propria ricerca verso una produzione di stampo fortemente teatrale, immediatamen te evocativa, che proprio sul terreno delle im magini incontra l’ascoltatore e se lo porta via. L’etimologia della parola dialettale siciliana “çiatu” deriva dal latino “flatus”, “respiro”, ma nell’uso popolare lo stesso termine prende la forma di un’espressione di affetto, “çiatu miu”, “anima mia”, “vita mia”. Çiatu che è precisamente il titolo del suo lavoro commis sionatogli dalla Biennale e che andrà in scena che al Teatro alle Tese il 22 settembre in prima esecuzione assoluta. Un lavoro che ci invita a riflettere sul concetto di ‘respiro’ come gesto catartico, irrinunciabile, sottovalutato.

Il pubblico occupa lettini da campo e indossa visori VR per abbandonarsi a sogni che parlano di ipnosi e viaggio, meditazione e introspezione, alte rando la realtà e confezionandone una alternativa espressione dei nostri desideri più profondi.

Il sostrato musicale onirico è affidato all’ensemble United Instruments of Lucilin (flauto Sophie Deshayes; violino Winnie Cheng; viola Danielle Hen nicot; violoncello Ingrid Schoenlaub; pianoforte Pascal Meyer; percussioni Guy Frisch), con cui Schubert aveva già lavorato nel 2016 in Black Mirror, installazione realizzata in un hotel abbandonato in Lussemburgo in cui il pubblico veniva guidato nelle azioni attraverso cuffiette wireless.

Sleep Laboratory 22 settembre h. 16 Sale d’Armi

DEEPTese BREATH

A Venezia lo troviamo nelle Sale d’Armi il 22 settembre con un progetto immersivo in cui musica e realtà virtuale sono facce della stessa medaglia. Sleep Laboratory, questo il titolo del suo lavoro, ci fa notare come il sonno rappresenti per noi un’autentica realtà virtuale in cui coscienza e subcon scio fanno staffetta tra reale e immaginario, concretezza e pensiero.

Più vero del vero Schubert, intimo elettronico Nato a Brema nel 1979, Alexander Schubert trova la propria comfort zone in quello spazio grigio che sta tra la musica acustica e quella elettronica.

ENG Composer Paolo Buonvino works mostly on film score. He worked with Michele Placido, Paolo Virzì, Antonello Grimaldi, and Carlo Verdone. Born an raised in a rural town in Sicily, Buonvino worked with the late Franco Battiato and has always directed his research towards theatrical, evocative music – compositions that would capture and rapture the audience. The Sicil ian word çiatu, of fiato in Italian, comes from Latin flatus – breath, though in popular use, çiatu miu may mean ‘my breath’, ‘my soul’. Çiatu will be performed at Teatro alle Tese on September 22 in world premiere.

© privat © Paolo Soriani

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ENG Born in Bremen in 1979, Alexander Schubert finds his comfort zone in the grey space between acoustic and electronic music. We shall listen to his work at the Sale d’Armi on September 22 – an immersive project where music and virtual reality will be two sides of the same coin. Sleep Laboratory shows sleep as an instance of VR, a place where the conscious and the subconscious travel back and forth between the real and the imagined. The audience will be given VR visors and will lie in beds as they abandon themselves to a journey of hypnosis, medita tion, and introspection. The experience will last 50 minutes; the scenery is curated by Felix Jung, Marc Einsiedel, Leonhard Onken Menke, and Sebastian Olariu. Çiatu 22 settembre h. 20 Teatro alle

Ha studiato bioinformatica a Lipsia e Composizione Multimediale con Georg Hajdu e Manfred Stahnke ad Amburgo, lavorando durante gli studi come musicista e compositore in una varietà di ambienti diversi.

Una prima esecuzione nel suolo italiano della durata di 50 minuti, con progetto scenico curato da Felix Jung, Marc Einsiedel, Leonhard Onken Menke e Sebastian Olariu.

Due donne del nostro tempo condividono le loro paure e spe ranze durante un incontro non previsto, non voluto, spartendo gli angusti spazi di una cella in cui si trovano per motivi diversi. A prima vista non hanno nulla in comune, ma la loro forzata unio ne le costringe ad aprirsi l’una con l’altra. Il loro incontro si trasfor ma così in un lungo viaggio interiore che le cambierà entrambe.

118 musica 66. BIENNALE MUSICA OUT OF STAGE

Dialogo allargato © Trui Hanoulleh Delgado

Un concerto teatrale e spaziale questo Notwehr, con i protago nisti in scena a circondare il pubblico (seduto proprio nei posti una volta occupati dai confratelli), il quale diviene parte attiva e centrale a sua volta della scena intraprendendo un emozionante viaggio musicale insieme agli artisti. Sulle pareti, in quella che può a tutti gli effetti considerarsi la Cappela Sistina di Venezia, dieci tele del Tintoretto illustrano episodi del Nuovo Testamento, opere realizzate dal grande artista rinascimentale in stretto dia logo con l’architettura pre-esistente. La medesima disposizione che animerà Annelies Van Parys nel suo confronto con il mezzo del madrigale.

ENG Two modern-day women share their hopes and dreams during an unexpected, unwanted encounter, within the walls of a prison cell. At first look, they have little in common, but their forced cohabitation will force them to open to one an other. Their meeting will turn into a long inner journey that will change them forever. For the 2022 Venice Music Biennale, com poser Annelies Van Parys and librettist Gaea Schoeters created Notwehr, a theatrical and spatial concerto that sees the perform ers surround the public, who in turn will have a central, active role in the scene by undertaking an emotional musical voyage together with the artists. The composition incorporates pieces of seventeenth-century music by Adriano Banchieri, much as if the echoes of modern music reverberated backwards through time. The concert will take place at the Scuola Grande di San Rocco, in a room of spectacular acoustic peculiarity.

© Sebastián

La fertile collaborazione tra la Biennale Musica e Rai Radio 3 si conferma anche per il 2022 con quattro puntate di Lezioni di Musica, programma a cura di Paola Damiani, in diretta dalla Sala Colonne di Ca’ Giustinian. Il 17, 18, 24 e 25 settembre Giovanni Bietti esplora la storia del teatro musicale sperimentale veneziano antico e moderno attraverso capolavori di Francesco Cavalli, Antonio Vivaldi, Bruno Maderna e Luigi Nono. Verrà inoltre realizzato un ciclo di audio-do cumentari a cura di Giovanna Natalini per documentare i laboratori compositivi ed esecutivi dei giovani artisti selezionati da Biennale College Musica. Il teatro di Radio 3, trasmissione curata da Antonio Audino, ospiterà poi la diretta della nuova opera radiofonica creata dalla giovane compositrice catalana Gemma Ragués. La dimensione della radio come luogo ideale del teatro del suono, e il ruolo degli speakers radiofonici come performer e attivisti della comunicazione intorno al suono, sarà ulteriormente sviluppata attra verso la collaborazione con BBC Radio 3, che realizzerà un’edizione speciale del programma New Music Show dedicata al teatro musi cale sperimentale a cura del presentatore Tom Service. La prima lezione di musica per Radio 3 sarà dedicata ad Antonio Vivaldi e al suo Orlando, composto nel 1727 per il Teatro Sant’An gelo, di cui oggi non abbiamo più traccia. Siamo nel pieno della fioritura musicale barocca e il melodramma è ormai un genere affermato in tutta Europa, che segue regole precise e che si basa in gran parte sulle qualità vocali di interpreti conosciutissimi e a volte persino idolatrati. Considerato uno dei migliori divulgatori musicali italiani, Giovanni Bietti è compositore, pianista e musicologo. È il conduttore delle seguitissime Lezioni di Musica, la grande iniziativa di divulgazione musicale che va in onda settimanalmente su Rai Radio 3, e del ciclo omonimo dal vivo che attira migliaia di persone negli spazi dell’Auditorium-Parco della Musica di Roma. Le sue composizioni sono state eseguite, tra l’altro, al Festival Internazionale di Edimbur go, alla Konzerthaus di Berlino, al Festival Internazionale di Kuhmo in Finlandia, all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, e ha visto in opera interpreti del calibro del violinista Thomas Zehetmair e del pianista Boris Berezovsky. Nel 2012 è uscito per le Edizioni Estemporanee di Roma il suo volume intitolato Ascoltare la Musica Classica: la Sinfonia in Haydn, Mozart, Beethoven Lezioni di Musica 17, 18, 24, 25 settembre h. 9 Radio live, Sala delle Colonne di Ca’ Giustinian Ben sintonizzati

Notwehr 24 settembre h. 21 Scuola Grande di San Rocco

Questo nuovo progetto di teatro musicale verrà presentato in uno spazio unico al mondo come la Sala Capitolare della Scuola Gran de di San Rocco, spazio dalla spettacolare acustica per la musica vocale in cui gli affiliati della Confraternita potevano dialogare tra loro a diversi metri di distanza con una perfetta qualità di ascolto.

Per la Biennale Musica 2022 la compositrice Annelies Van Parys e la librettista Gaea Schoeters creano una nuova storia, intito lata Notwehr, che dialoga con La Barca di Venetia per Padova, madrigale di Adriano Banchieri pubblicato la prima volta nel 1605 e in una seconda edizione aggiornata nel 1623. Van Parys entra in dialogo con i madrigali di Banchieri, così come Schoeters intreccia i testi antichi con il suo nuovo libretto, con l’ensemble vocale a raffigurare, a restituire in scena gli eventi che hanno portato all’incarcerazione di entrambe le donne. Frammenti dei madrigali di Banchieri si intersecano con il nuovo pezzo come echi di una società contemporanea che si riflettono in un tempo passato.

I dieci giovani provenienti da tutto il mondo sono stati gui dati da importanti e riconosciuti tutor nell’elaborazione della drammaturgia del loro progetto, nello specifico nella scelta e nel trattamento testuali, nella sperimentazione di differenti tecniche strumentali e vocali inerenti al teatro musicale.

L’insieme di questi lavori, che illuminano ed amplificano i diversi generi e le differenti dimensioni stilistiche del teatro musicale sperimentale, rappresentano uno degli obiet tivi più ambiziosi raggiunti dalla Biennale Musica 2022, ossia quello di portare all’attenzione del pubblico i risultati più estremi e fragili, ma al contempo più futuristici, della drammaturgia musicale contemporanea. «Ho immaginato di creare un lavoro sonoro ibrido, ancora to al tempo stesso nello spazio reale e in quello virtuale. In questo lavoro site specific – spiega Hauptmeier – il pub blico è dotato di cuffie aperte e può muoversi all’interno dell’installazione, ascoltando suoni virtuali che sono localiz zati in punti specifici dello spazio reale e variabili a seconda dell’orientamento e della posizione dell’ascoltatore».

Gemma Ragués il 15 settembre presenta in prima assolu ta a Ca’ Giustinian Verità a Venezia, composizione radiofo nica sperimentale per voce, registrazioni e voci registrate. Un lavoro narrativo che restituisce in maniera personale una serie di scene cittadine, urbane, dialoghi inediti e al cuni segreti veneziani scoperti dalla compositrice durante la sua visita in laguna. Un viaggio pieno di contrasti che accompagnerà gli ascoltatori da una calle a Castello, dove gli abitanti appendono il bucato, a un fruttivendolo del mercato di Rialto, creando un autentico show radiofonico di strada con ospiti speciali.

Il 17 all’Auditorium Lo Squero della Fondazione Cini Kathryn Vetter, Dafne Paris, Federico Tramontana e Esther-Elisabeth Rispens interpretano i lavori di teatro strumentale di Georges Aperghis, François Sarhan e Ca rola Bauckholt, composizioni virtuosistiche che richiedono abilità performative e teatrali, opere in cui voce parlata o cantata e il gesto (sia che generi la produzione di suono, sia che evochi una data situazione) sono strettamente collegati tra loro e costituiscono parte integrante del tutto.

Tania Cortés e Jacopo Cenni si esibiscono invece il 23 settembre alle Tese in due performance sperimentali che si articolano in una compresenza di una dimensione più visiva e di una spiccatamente installativa.

© Joan Pérez-Villegas Morey

119 Biennale College Musica 15-25 settembre Sale d’Armi, Lo Squero, Tese dei Soppalchi, Teatro Piccolo Arsenale

Paul Hauptmeier, infine, presenta in più giornate Diapha nous Sound, una nuova installazione sonora site-specific per la Sala d’Armi A che impiega la realtà aumentata programmata dal compositore per creare spazi acusticopoetici percepibili solo nel momento in cui li si attraversa.

Dove andremo, di questo passo Biennale College anticipa le edizioni del futuro La punta di diamante della ricerca contemporanea sul teatro musicale è rappresentata anche in questa edizione della Biennale dai progetti di Biennale College Musica, strettamente connessi al tema del festival attraverso le cinque sezioni del bando dedicate a giovanissimi com positori, performers e sound-artists di diversa origine, formazione e tendenza stilistica.

Timothy Cape e Daniil Posazhennikov presentano il 24 settembre al Teatro Piccolo Arsenale due nuovi loro lavori di teatro strumentale per la voce di Esther-Elisabeth Ri spens e dell’ensemble Ars Ludi.

Madama Butterfly 10-22 settembre Il trovatore 11-23 settembre Teatro La www.teatrolafenice.itFenice

120 classica l DAL SOL LEVANTE AL CONTE DI LUNA

di Fabio Marzari Il cartellone della Fenice nel mese di settembre propone due titoli di opere tra le più im portanti, conosciute e amate dal pubblico: Madama Butterfly e Il trovatore L’opera di Puccini, nella rappresentazione in programma dal 10 al 22 settembre, in collaborazione con la fonda zione Renata Tebaldi, viene dedicata al grande soprano, nel centenario della sua nascita. Tebaldi, celebre per lo scrupolo con cui affrontava le sue eroine, dapprima era riluttante nell’interpretare il personaggio di Cio Cio San, avvertiva come contraddizione alla sua statuaria presen za scenica espressioni del libretto come: «piccina», «mo gliettina» e altri accenni al “giapponesismo” di maniera che vuole la donna giapponese minuta, bamboleggiante. Alla fine ebbero la meglio il desiderio del pubblico che la reclamava in quel personaggio e la sua ferma volontà di sottrarre Butterfly ad un limite interpretativo. L’opera è stata la prediletta da Puccini, che studiò per tre anni mi nuziosamente usi e costumi del Giappone per plasmare al meglio il personaggio di Cio Cio San, che ancora ben oltre un secolo dopo il debutto alla Scala il 17 febbraio 1904 riesce ad incantare platee di ogni dove. Il libretto è di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica; Puccini venne ispirato da un dramma che vide a teatro a New York nel marzo 1900, messo in scena da David Belasco. La tragedia in un atto era tratta da un racconto dell’americano John Luther Long che aveva raccolto in una piccola storia i racconti della sorella tornata da un soggiorno in Giappo ne ed apparso, nel 1898 con il titolo di Madam Butterfly L’allestimento scenico di questa edizione è affidato all’ar tista giapponese Mariko Mori, è stato evento speciale della 55. Esposizione Internazionale d’Arte della Bien nale. La regia è di Àlex Rigola, direttore della Biennale Teatro dal 2010 al 2016, ripresa da Cecilia Ligorio. Il trovatore di Giuseppe Verdi debuttò a Roma nel 1853 e viene considerata la terza opera della trilogia “popolare” accanto a Rigoletto e Traviata. L’edizione che troviamo alla Fenice dall’11 al 23 settembre è diretta da France sco Ivan Ciampa, regia di Lorenzo Mariani con scene e costumi di William Orlandi. Il libretto fu tratto dal dramma El Trobador di Antonio García Gutiérrez e fu lo stesso Verdi ad avere l’idea di ricavare un’opera dal dramma dell’autore spagnolo, commissionando a Salvatore Cam marano la riduzione librettistica. Il poeta napoletano morì improvvisamente nel 1852, e la stesura finale venne fatta dallo stesso Verdi con Leone Emanuele Bardare. Il trovatore è un dramma in quattro atti e otto quadri, ambientato in Spagna al principio del secolo XV, che racconta con un bel canto espressivo fiammeggianti passioni come l’amore, la gelosia, la vendetta, l’odio e la lussuria. Manrico e il Conte di Luna, innamorati di Le onora, nel dramma si fronteggiano fino alla morte come nemici, senza sapere di essere fratelli. La vicenda è piuttosto intricata e confusa, ma il miracolo della musica magistrale di Verdi e la poesia del libretto trasformano l’opera in un capolavoro assoluto.

Dobbiamo avere fiducia nella musica come bene assolutamente essenziale, di cui l’umanità non può fare a meno, capace di passare attraverso tutte le frontiere Fortunato Ortombina, Sovrintendente Teatro La Fenice

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The September programme at Fenice Theatre lists two of the most important, popular, and beloved pieces of opera: the Madama Butterfly and the Trovatore. Puccini’s opera, which will be performed from September 10 to 22 in cooperation with the Renata Tebaldi Foun dation, is dedicated to Tebaldi herself. The soprano, celebrated for her meticulous ness, used to feel uneasy about performing in the role of Cio-Cio-san, whose diminu tive presence was quite unlike statuesque Tebaldi’s. In the end, the pressure from her public won her over – they longed to see her in that role. The Butterfly was Puccini’s favourite – the composer studied Japanese customs and traditions for three years to better shape Cio-Cio-san’s character, and over a hundred years later, she keeps charming audiences everywhere she goes. The inspiration came to Puccini as he was visiting New York in the year 1900. There, he saw a drama staged by David Belasco, a one-act story adapted from a novella by John Luther Long. Long’s sister sojourned for some time in Japan, and he wrote Madam Butterfly to preserve her stories. The performance at Fenice will see the participation of Japanese artist Mariko Mori under the direction of Àlex Rigola, formerly the director of the Venice Theatre Biennale from 2010 to 2016. Verdi’s Trovatore debuted in Rome. The staging we will see at Fenice from Sep tember 11 to 23 will have Francesco Ivan Ciampa as conductor, Lorenzo Mariani as director, and scenes and costumes by William Orlandi. The Trovatore’s libretto is an adaptation of drama El Trobador by Antonio García Gutiérrez, and it was Ver di’s idea to turn into opera. Verdi entrusted Salvatore Cammarano with the adaptation. Cammarano, died in 1852, so Verdi and Leone Emanuele Bardare completed the work. The Trovatore is a four-act opera set in Spain in the early 1400s. Heartfelt song tells the story of burning passions such as love, jealousy, revenge, hate, and lust. Manrico and Count di Luna are both in love with Leonora. They fight to death for her, never knowing they are, in fact, brothers. The story is quite intricate at times, but the miracle of Verdi’s music and the poetry of the libretto make for an absolute master piece of classical opera.

© Michele Crosera

122 classical FESTIVAL BRU ZANE

Massenet, Maestro del suo tempo 22 settembre h. 18 Palazzetto Bru Zane bru-zane.com

Istinto teatrale Massenet, l’incanto della musica senza tempo Riapre Palazzetto Bru Zane dopo una breve pausa estiva e si prepara alla nuova Stagione che lo vedrà a ottobre protagonista del nuovo Festival Massenet, Maestro del suo tempo, dedi cato al grande compositore, pianista e organista francese di epoca romantica. Sei concerti (1, 2, 13, 18, 25, 28 ottobre) per ripercorrere parte della sua vasta produzione e un prologo, il 22 settembre alle 18, per la tradi zionale conferenza di presentazione del Festival con concerto in cui verranno eseguite Mélodies e opere per pianoforte di Massenet con Éléono re Pancrazi, mezzosoprano, accompagnata da Ian Barber al pianoforte. Ma chi era questo importante musicista roman tico che ha influenzato profondamente la musica francese? Nato a Montaud, St. Etienne, nel 1842, ancora giovanissimo si trasferisce a Parigi con la famiglia, che per favorire il talento del figlio lo fa entrare al Conservatorio, dove inizia i suoi studi nel 1851. Varie vicissitudini di carattere economico e familiare lo spinsero presto a usare il talento musicale per potersi mantenere negli studi, suonando il pianoforte in vari locali e dando lezioni private. Il successo gli arrise quando vinse il Prix de Rome nel 1863, studian do e vivendo a Roma per tre anni e iniziando a scrivere alcune opere. La sua prima opera fu un atto unico eseguita all’Opéra-Comique nel 1867, tuttavia il giovane compositore fu costretto a la sciare momentaneamente la musica per servire come soldato nella Guerra franco-prussiana. Tornato alla sua arte dopo la fine del conflitto, nel 1871, due anni più tardi presentò al pubblico il dramma oratorio Marie-Madeleine, ottenendo l’elogio di musicisti del calibro di Tchaikovsky e Gounod oltre a una larga fama di pubblico. Nel 1877 all’Opéra di Parigi Massenet rappre sentò Le Roi de Lahore e l’anno dopo ottenne la cattedra di composizione al Conservatorio di Parigi, dove annovera fra i suoi allievi Gusta ve Charpentier, Reynaldo Hahn e Charles JulesKoechlin.Massenet continuò a comporre per il te atro lirico, riscuotendo un certo successo con Erodiade nel 1881, Manon nel 1884, Le Cid nel 1885, Esclarmonde nel 1889, Werther nel 1892, e Thaïs nel 1894. L’opera più famosa fu Manon, tuttora molto presente nei cartelloni dei teatri lirici di tutto il mondo: rappresenta uno dei vertici assoluti nell’opera francese e il per sonaggio di Manon è uno dei ritratti più impres sionanti di ruolo della letteratura lirica. L’ultima sua opera fu il Don Chisciotte, composta nel 1910 per il teatro dell’opera di Monte Carlo. Caratteristica dei suoi lavori è il sicuro effet to teatrale, d’ispirazione fluida, suggestiva e di fattura raffinata. Massenet cerca di non ripetersi, variando sempre la scelta dei soggetti da fantastici a fiabeschi, antichi, medievali ed esotici. Personaggio piuttosto schivo e poco incline alle polemiche, utilizzò il suo talento col desiderio di potersi dedicare alla composizione e la sua discrezione può essere motivata an che dalla posizione centrale di assoluto rilevo che occupa nel panorama musicale francese. Nella sua vasta produzione si trovano anche musiche per balletto, oratori, cantate, opere per sola orchestra e circa 200 canzoni. Morì nell’agosto 1912. F.M.

An instinct ENG for theatre Palazzetto Bru Zane, the house of French romantic music in Venice, opens after a brief sum mer vacation for a new season dedicated to composer, pianist, and organist Jules Massenet. Six concerts on October 1, 2, 13, 18, 25, and 28 trace his musical production, preceded by a pro logue on September 22, 6pm, when mezzo-soprano Éléonore Pancrazi and pianist Ian Barber will perform some of Massenet’s melodies Who was Jules Massenet? Born in 1842, his family moved to Par is in his childhood and enrolled him in a conservatory in 1851. Due to circumstances, the young Massenet had to use music to support himself in his studies. He taught piano and played in bars. He won the Prix de Rome when staying there in 1863, and was back in Paris for the performance of his first opera in 1867. In 1873, he published an oratorio, Marie-Madeleine, which earned him the praise of such composers as Tchaikovsky and Gounod, as well as the public. In 1877, Massenet took his Le Roi de Lahore at the Paris Opera, and was given tenure in compo sition at the Paris Conservatory the year after. The main feature in his operas is a confident the atrical effect – fluid, suggestive, and refined. Massenet does not like repetition, and varied his subjects drawing from fantasy, ancient and medieval history, and the exotic. He died in 1912, leaving a vast repertoire that includes ballet pieces, song, and symphony.

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BaldassareMAESTRESTRADEGaluppi,detto il Buranello, è stato il compositore settecentesco veneziano che più ha rinnovato le fasi produttive e esecutive del “fare musica”, condensando in un compiuto corpus artistico una ricca varietà di generi: drammi pastorali, opere serie, composizioni sacre, con la spiccata propensione al genere comico. Una foga produttiva la sua che, tra ragguardevoli successi, gli ha garantito fama europea e onore di cariche pubbliche. Il suo nome echeggia ancora tra la Basilica di San Marco e l‘Ospedale degli Incurabili, luoghi di cui l’artista è stato maestro di coro e direttore Lamusicale.valorizzazione del suo magiste ro compositivo è da oltre vent’an ni l’obiettivo dell’Associazione Festival Galuppi che quest’anno torna con una rassegna che, tra settembre e ottobre, è appunta mento fisso per gli appassionati del suo vasto repertorio. Il pregevole equilibrio della polifonia classica torna così a connotare questa 29. edizione del Festival che, con esplicito tono contrastivo, risuona come un tenace urlo di resistenza alla pandemia, rivincita della musica sul silenzio della malattia. Questa è l’occasione per molti talentuosi esordienti e professionisti navigati di (ri)mettersi in gioco nella Scuola Grande di San Rocco e nelle Sale Apollinee della Fenice, dove tra il 17 e 30 settembre l’alternanza di flauti, cornamuse, arpe, violini, voci animerà i primi appuntamenti in un’escursione musicale che tocca diversi generi compositivi, diversi artisti, diverse epoche storiche.

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La stagione dell’arco

classical

17, 20, 25, 30 settembre Scuola Grande di San Rocco, Teatro La Fenice festivalgaluppi.it

Riprendono i concerti allo Squero

Dopo la pausa agostana, riprende il ciclo di concerti curati da Asolo Musica all’Auditorium Lo Squero della Fondazione Giorgio Cini. A settembre due sono gli appuntamenti, all’insegna degli strumenti ad arco. Sabato 24 settembre, un recital di Sonig Tchakerian. La violinista di origini armene interpreta due opere di Johann Sebastian Bach per violino solo: la Partita in Mi maggiore BWV 1006 e la Sonata in Do maggiore BWV 1005. Sonig Tchakerian, specialista di questo reper torio, ha inciso proprio a Venezia, nella Chiesa degli Armeni, l’integrale delle Sonate e Partite di Bach per l’etichetta discografica Decca. Venerdì 30 settembre è il turno del Quatuor Agate, ensemble francese che risiede a Berlino e che ha scelto il proprio nome ispirandosi all’ultima donna amata dal compositore Brahms, Agate appunto. Il Quartetto interpreta il Contrappunto n.5 dall’Arte della fuga di Bach e il quartetto Me tamorfosi Notturne di György Ligeti. La violoncellista Eleonora Testa si aggiunge poi ai musicisti per eseguire il Quintetto Op. 30 n. 6 in do maggiore “La musica notturna delle strade di Madrid” di Luigi SpingendosiBoccherini.almese di ottobre, sabato 8 ecco un omaggio a César Franck in occasione del bi centenario della nascita del compositore con l’esecuzione del suo Quintetto per pianoforte e archi che vede protagonisti il Quartetto di Venezia e la pianista veneta Gloria Campaner. In programma anche due opere di Claude Debussy, ossia il Quartetto in sol minore op. 10 e la pièce per piano forte solo L’isle joyeuse Katia Amoroso ENG After the summer holidays, Auditorium Lo Squero is back to business. Their con certs, produced by Asolo Musica, will resume on September 24 with a performance by Sonig Tchakerian. The Armenian-Italian violinist will interpret two Bach pieces. Tchakerian is a Bach specialist: in Venice, she recorded the Sonatas and Partitas for Solo Violin for Dacca Records. On September 30, French ensemble Quatuor Agate will also play Bach. They will be later joined by cellist Eleonora Testa to perform a quintet piece by Boccherini. Looking forward to October, the programme for Saturday 8 lists an homage to César Franck to celebrate the 200 years of his birth: his Quintet for Piano and Strings will be performed by Quartetto di Venezia and pianist Gloria Campaner. Also on the programme are two pieces by Debussy: the String Quartet in G minor, Op.10 and the piano solo suite L’isle Joyeuse Stagione 2022 24, 30 settembre, 8 ottobre Auditorium Lo Squero, Isola di San Giorgio www.cini.it

ElenaFestivalMigottoGaluppi

CONCERTS

U na condivisione, uno spettacolo-con fessione che racconta la storia di una donna, portata in scena da una bravissima Anna Fo glietta, e di tante altre persone insieme a lei che, nell’era dell’individualismo più sfrenato hanno scelto di non vivere la vita facendosi soltanto i fatti propri, ma prendendosi la concreta responsabilità di essere parte di una comunità.

Anna Foglietta

eatro AIR

La bimba col megafono – Istruzioni per farsi ascoltare, spettacolo di apertura della rassegna Teatro Open Air, dal 5 al 20 settembre in Piazzetta Malipiero a Mestre, è un monologo serrato, intenso, al contempo drammatico e leggero, in cui si sorride e si riflette sulla vita, la libertà, la rivoluzione. Brillante interprete e autrice del testo insieme all’attore e sceneggiatore Marco Bonini, Anna Foglietta si racconta, tra ricordi, canzoni e suggestio ni, conducendo il pubblico attraverso le avventure e le disavventure che segnano il manifestarsi della sensibilità sociale e politica di una bambina romana. Una narra zione avvincente, sincera, ingenua, coraggiosa che, con il maturare della protagonista perde spensieratez za per farsi a tratti problematica, sofferta, mettendo a nudo convinzioni, sentimenti, contraddizioni. La bimba col megafono tratteggia il ritratto di una donna che ha il coraggio di dichiarare il suo senso di colpa per aver avuto fortuna, per aver ottenuto successo ma che vuole continuare a battersi per gli altri, per quelli che non ce la fanno, per una società più giusta.

di Chiara Sciascia Non si può vivere in una società facendosi solo i fatti propri

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EN PLEIN

Teatro Open Air – che offre due mini rassegne, una di prosa e una di cabaret, incluse nel palinsesto del pro getto Palcoscenici Metropolitani del Comune di Venezia – prosegue poi con Ascanio Celestini, il 12 settembre, in Radio clandestina – Roma, le Fosse Ardeatine, la Memoria. Celestini porta in scena il fortunatissimo spet tacolo che ha fatto conoscere al grande pubblico l’allora giovanissimo attore e autore romano, diventato nel 2005 anche un libro omonimo. L’eccidio delle Fosse Ardeatine è l’episodio forse più emblematico della barbarie nazista in Italia, Celestini è partito tratto dal libro di Alessandro Portelli L’Ordine è già stato eseguito, ma è andato ben ol tre: ha saputo restituire la complessità delle memorie e la molteplicità delle voci in un monologo scarno e tagliente, che è un miracolo di sveltezza e di profondità. Chiude la mini-rassegna di prosa, lunedì 19 settembre 101 scomode verità e 3 storie vere di Giampaolo Morelli e Gianluca Ansanelli. Una comedy speech attraverso cui Giampaolo Morelli – celebre attore, sceneggiatore, conduttore televisivo, conosciuto dal grande pubblico nelle vesti dell’Ispettore Coliandro – si racconta in un monologo irriverente, caustico, pungente e sempre male dettamente sincero. E se i lunedì in Piazzetta Malipiero sono dedicati alla pro sa, il martedì spazio ai comici, a partire dal 6 settembre con Ne vedrete delle belle… per dire con Alessandra Ierse e Nadia Puma in uno spettacolo ricco di sorprese e momenti di puro divertimento, interpretato da due comiche che vestiranno i panni di personaggi femminili noti al grande pubblico televisivo di Zelig e Colorado ed inediti altrettanto accattivanti. Si ride ancora il 13 set tembre, con Alfredo Minutoli in Sono vent’anni che uso una lavatrice semi analfabeta e mi trovo benissimo! una divertentissima riflessione sulla tecnologia, ovvero «la cosa migliore che l’uomo potesse inventare per mettere a nudo i suoi comportamenti, per scoprirsi nudo di fronte a Dio, per denudarsi completamente davanti ad un amore virtuale, per vendere e vendersi ogni giorno con la scusa che l’importante è stare al passo con i tempi. Che i tempi volessero la nostra compagnia – tuttavia – non è dato di sapere». Infine, chiude il cartellone il 20 settembre uno dei protagonisti più amati dello Zelig di Milano, Stefano Chiodaroli, il comico varesino che ha inventato l’originale personaggio del panettiere burbero, diventato famoso per il tormentone “Pieraaa!”. Abile affabulatore e ottimo monologhista, Chiodaroli porta sul palco i suoi perso naggi più esilaranti, in un tourbillon di comicità.

Closing the prose programme on September 19, 101 scomode verità and 3 storie vere (‘101 unconvenient truths’ and ‘three real stories’) by Giampaolo Morelli and Gianluca Ansanelli. Morelli performs in a snarky, caustic, pungent, and always ruthlessly sincere Tuesdaysmonologue.willbededicated to comedy, starting on September 6 with Alessandra Ierse and Nadia Puma for a show of pure enter tainment. On September 13, Alfredo Minutoli will make us laugh at our technological mishaps with a show that reads I have been using a quasi-illiterate washing machine for twenty years and it’s been going great! Lastly, on September 20, a night with a beloved come dian who calls the Zelig Theatre in Milan home: Stefano Chiodaroli. Skilled raconteur and monologuist, Chiodaroli will bring on stage his funniest characters.

Aperformance and a confession, the story of a woman shared by the woman herself, brought to the stage by Anna Foglietta and many other people like her who, in the age of individualism, chose not to live life only minding their business, but taking responsibility of their role in a community. La bimba col megafono – Istruzioni per farsi ascoltare (‘the girl with the megaphone – how to make people listen’) is the opening show of theatre programme Teatro Open Air, which will take place in Mestre on September 5 to 20. Anna Foglietta, who co-authored the show with Marco Bonini, tells her story using memories, songs, suggestions. She shows her audience the adventures and misad ventures that made her social and political awareness grow as a young girl in Rome. Teatro Open Air has two programmes, prose and stand-up com edy. Its following appointment is due September 12 with Ascanio Celestini starring in Radio clandestina – Roma, le Fosse Ardeatine, la Memoria. The show recounts the story of the Fosse Ardeatine massacre, maybe the most emblematic episode of Nazi barbarity in Italy. Celestini based his work on Alessandro Portelli’s book L’ordine è già stato eseguito, and elaborated it further. He used a monologue format to render the complexity of memories and the diversity and number of voices. The result is a little miracle of quickness and depth.

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Teatro Open Air 5-20 settembre Piazzetta Malipiero-Mestre www.comune.venezia.it

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delGobbiServilloteatraleProtagonistaCAVERNADELLAdell’ultimoappuntamentodiOperaEstateFestival,ToniarrivaalTeatroalCastelloTitodiBassanoadirelasuasuitemiclassiconell’arte,elofacon

Estate Teatrale Veronese 1-3; 14-15 settembre Teatro Romano-Verona www.spettacoliverona.it

Il fuoco sapiente, nuovo progetto dedicato alla Grecia antica che nasce dalla ormai lunga collaborazione di Servillo con Giu seppe Montesano, scrittore, romanziere, giornalista e filosofo napoletano, dive nuto ormai in questi ultimi anni suo Dra maturg di fiducia. Servillo ci fa da guida nella Grecia antica di Omero e Socrate, Saffo e Platone, Sofocle e Epicuro, cioè di quei maestri dell’Occidente che han no acceso per noi il fuoco della bellezza nella poesia, nell’eros e nella conoscen za che ha dato origine alla nostra civiltà. E però non fa solo questo Servillo, non racconta solo la grandezza di quell’e poca lontana, no, con la sapienza del raffinato interprete qual è prende il potente testo di Montesano e lo sbatte in faccia allo spettatore: smettiamola di chiamare “nostra” quella civiltà passata, il loro era un sentire, non solo un modo di pensare, di cui oggi siamo indegni e l’abbiamo perso, questo fuoco. «Oggi le catene non servono più – dicono Servillo/Montesano citando Il sonno dei prigionieri di Platone –, perché le catene siamo noi stessi. Oggi la caverna buia è ovunque, una velenosa rete invisibile. Sacrifichiamo l’anima e il pensiero al totem elettronico che ci deruba della nostra vita. Vivono per noi le nostre me morie esterne, gli avatar digitali, vivono della nostra morte». Il fuoco sapiente è una sferzante lezione civile dalla quale non si può uscire indifferenti.

Il tempo degli eroi

Gli abiti bianchi e neri di Ifigenia e del coro di donne greche si stagliano sulla scena domi nata dal tempio di Artemide, moderno totem squadrato con tre finestre multimediali che proiettano colori e immagini. Un ininterrotto paesaggio sonoro accompagna la pièce: quando non c’è musica c’è vento, c’è mare, c’è pianto, c’è bisbiglio. Livia Sartori di Borgoricco

ILwww.operaestate.itMITO

A segnare la conclusione dell’Estate Teatrale Veronese sono l’Iliade diretta da Alberto Rizzi e scritta per il teatro da Alessandro Ba ricco che debutta in prima nazionale e Ifige nia in Tauride, in scena a Verona dopo aver toccato due dei più prestigiosi palcoscenici estivi, quelli del Teatro Greco di Siracusa e di Pompeii Theatrum Mundi. Se dopo aver letto “Iliade” vi siete immaginati le possenti mura di Troia, fermatevi subito – arriveran no eh, ma non fisicamente: lo spettacolo è infatti ambientato interamente in una cucina, dove sette interpreti, tra cui Natalino Balasso nei panni di un inedito Agamen none tragicamente grottesco, ‘giocano’ a mettere in scena la storia di Achille e della sua rovinosa ira. Un gioco roteante, visivo e visionario, dove la grande forza evocativa delle parole catapulta lo spettatore dalle torri di Troia (eccole!) alle spiagge dei Greci, dagli accampamenti virili alle stanze dorate, in un continuo movimento di immagini e scene. Su queste potenti visioni si staglia la voce di Omero, quella parola che la scrittura di Baricco reinventa con maestria, modernità e rispetto. Quello dell’Iliade, non è il tempo degli uomini, è il tempo degli eroi. Guerrieri che affrontano il campo di battaglia come se fossero dèi. È per questo che Baricco toglie dal campo i veri dèi, lasciando gli uomini soli, orfani e trasformando l’epica in dramma privato, quotidiano. Il 14 e 15 settembre al Teatro Romano è il momento di Ifigenia in Tauride, Jacopo Gassmann a

Livia Sartori di Borgoricco

dirigere questo testo in cui Euripide rivendi ca il potere dell’uomo sulle azioni degli dèi. Ifigenia, prima figlia di Agamennone che tutti credono morta, vive invece nella remota Tauride come sacerdotessa di Artemide. È stata proprio la dea a salvarla, sosti tuendola con una cerva nell’attimo in cui il padre la stava sacrificando per propiziarsi dèi e venti all’inizio della spedizione contro Troia. Per un’incredibile mossa del destino arriva proprio lì il fratello Oreste, in fuga dalle Erinni, insieme all’inseparabile Pilade. I tre studiano un piano per beffare il re locale, Toante, e andarsene per mare. Non a caso Gassmann – di formazione anglosassone –definisce la sua Ifigenia una escape tragedy: fugge Ifigenia, fuggono Oreste e Pilade, fug ge anche la statua di Artemide. Una tragedia non-tragedia oltretutto, dove non muore nessuno e il cui finale aperto, con le parole di Atena che scorrono come titoli di coda, lascia intendere più fortune che sventure.

Il fuoco sapiente 8 settembre Teatro al Castello “Tito Gobbi”-Bassano del Grappa

Dal 18 settembre il 75. Ciclo di Spettacoli Classici torna sulla scena del Teatro Olimpico di Vicenza con un cartello ne di otto produzioni, di cui sei in prima nazionale. Domani nella battaglia pensa a me è il titolo scelto per la rassegna di quest’anno: un verso del Riccardo III di Shakespeare ma anche il titolo di un romanzo dello scrittore spagnolo Javier Marías, una storia vorticosa e straniante che immerge il lettore nei territori del sogno e dell’incubo, usando il ricordo come generatore di trame insolite. Ed è proprio questa la visione che Giancarlo Marinelli, direttore artistico della rassegna, concepisce per questa nuova edizione: «Le opere scelte mettono al centro esattamente questo: l’agognare umano all’immortalità; e l’immortalità passa per la pretesa umana di lasciare agli altri un segno imperituro e indelebile del suo agire e dipanarsi nella storia… L’idea è quella di raccontare le azioni di uomini che sotto l’Olimpo e l’Olimpico han provato a piegarlo, a raggiungerlo, per finirne “drammaticamente” polverizzati. Con l’effetto quasi parossistico che di loro rimane uno spettacolo finito, men tre della Bellezza Olimpica il ricordo immortale». Si debutta con un’opera mai rappresentata all’Olimpi co: giovedì 22 settembre Assassinio nella Cattedrale di Thomas Stearns Eliot, per la regia di Guglielmo Ferro, con Moni Ovadia e Marianella Bargilli. Il dramma è del 1935, ma è costruito come una tragedia classica, una con trapposizione esemplare tra potere temporale e potere spirituale, con l’accettazione del martirio da parte dell’Ar civescovo, interpretato da Ovadia, a rappresentare una delle pagine più alte della letteratura tragica di tutti i tempi. A Moni Ovadia, grandissimo interprete della tradizione ebraica e rappresentante della cultura yiddish in Italia, attore, scrittore, regista, musicista, è affidato il canto deso lato dell’eroe “invaso” dalla fede cristiana, il lamento di un uomo indeciso tra abnegazione e incarnazione del Cristo, tra smania di potere e fede. Spazio ai giovani con “La Tragedia Innocente”, la sezione di teatro classico portato in scena dagli attori di Tema Cultura Academy. Il titolo scelto è Romeo e Giulietta libe ramente tratto da Shakespeare – in prima nazionale – il 25 settembre e il 2 ottobre con la direzione artistica di Gio vanna Cordova. Il più celebre dramma dell’amore giovane e contrastato, viene cristallizzato in un “fermo immagine” di pochi giorni: sulla scena coppie di amanti di età diverse, bambini, adolescenti, giovani uomini e donne per raccon tare quel particolare momento dell’innamoramento in cui tutto è incosciente e incredibile. Si prosegue con un altro grande eroe tragico, Prometeo, dal testo di Eschilo: uno spettacolo in prima nazionale con la regia di Gabriele Vacis, protagonisti i giovani attori diplo mati alla Scuola del Teatro Stabile di Torino, in programma dal 29 settembre all’1 ottobre. Prometeo è sempre stato un personaggio amato dai giovani perché simbolo di ribel lione che non riesce a contenere i suoi sentimenti e sfida le convenzioni e le autorità. Ma è anche l’esempio della conoscenza tecnologica e scientifica, liberata dalle catene della superstizione e dell’ignoranza. «Il Teatro Olimpico è il luogo ideale per mettere in scena una tragedia fatta di parola, azione e musica, senza nessun tipo di allestimen to che non sia l’architettura palladiana, in qualche modo ‘originaria’ come il testo di Eschilo», racconta Vacis nelle sue note. Dal 7 al 9 ottobre al Teatro Olimpico, è il momento di raccontare la tragedia della guerra con L’Histoire du Soldat l’opera di musica da camera composta da Igor Stravinskij, diretta da Giancarlo Marinelli con Drusilla Foer, attrice icona di stile e di ironia, André De La Roche nei panni del Diavolo la giovane direttrice e Beatrice Venezi, con la multi visione di Francesco Lopergolo. Katia Amoroso 75. Ciclo di Spettacoli Classici 18 settembre-16 ottobre Teatro Olimpico-Vicenza www.tcvi.it

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Bellezza immortale Tornano i Classici al Teatro Olimpico

Dall’Ucraina arriva il pluripremiato quartetto di mimi Dekru, consi derati gli eredi spirituali di Marcel Marceau: attori vestiti di nero e truccati di bianco, accompagnano lo spettatore in un viaggio pieno di risate nella commedia della vita. Un’ampia rappresentanza si esibisce quest’anno dall’Argentina: i Cia Es con il loro magico nastro bianco; la Compañía Per Se con lo spettacolo a due Trashedy; Torpeza Ritmika, clown dal cuore delicato ma pronto a disturbare l’ordine del mondo; e i Mundo Costrini, un esempio originale di clownerie musicale, che in The Crazy Mozarts portano in scena due Mozart folli e Dall’Ungheriaoriginali.arrivano

Dieci giorni di performance, spettacoli, soli, laboratori, danza in museo, nuove creazioni e masterclass con 19 compagnie e artisti internazionali da Italia, Svizzera, Germania e Spagna. Dal 3 al 13 settembre torna per la seconda edizione il festival Venere in Teatro a cura di APS Live Arts Cultures in collaborazione con Perypezye Urbane. Un Festival che nasce e cresce negli spazi di Forte Marghera, in dialogo con le ex architetture militari, am bienti non convenzionali e suggestivi allestiti appositamente per accogliere la bellezza e l’incanto di Venere in Teatro, che intende unire «linguaggi e forme della scena contemporanea in cui il corpo cinetico si consacra strumento evocativo per interrogare estetiche e temi del presente».

i Flame Flowers con Waltz of Flames, danzaspettacolo dove il fuoco crea una componente visiva inedita e sorprendenti coreografie di coppia. La compagnia francese Los Putos Makinas stupisce quindi il pubblico in un mix di stili comple tamente diversi tra loro che spaziano dal teatro, all’improvvisazione, con una curiosa ossessione per gli oggetti. Mentre i belgi 15Feet 6, con pali per il salto con l’asta, rendono omaggio a Muhammad Ali. La rassegna di quest’anno ospita anche la prima nazionale dello spettacolo Curtain Call degli artisti tedeschi Circus unARTiq in cui tecniche circensi come il palo cinese e acrobazie su un trapezio oscillante forniscono il vocabolario per un linguaggio metaforico con temporaneo e pieno di speranza. I suoni dell’elettronica moderna si mescolano alla musica dal vivo: un sassofono, suonando ad altezza vertiginosa, diventa la colonna sonora di una danza verticale su una scala di corda. Tra i gruppi italiani, il trio Dinamica propone classici della canzone italiana in un luna park fatto di giochi di legno riciclato; la Chilowatt Electric Company con Rex rende omaggio allo scienziato Tesla in un viaggio sorprendente fatto di persone trasformate elettricamente in strumenti musicali, giocoleria con acqua fluorescente ad alta pres sione, manipolazione di bastoni e borotalco. Anche i Muppet di Elisa di Cristofaro con il suo Chiquitin Circus si esibiscono in un particola re circo in miniatura. E ci si spinge poi fino alla luna, grazie a Fabio, attore con sindrome di Down, protagonista dello spettacolo di teatro ragazzi Voglio la luna del Teatro Giovani Teatro Pirata. Calendario in mano, a Caorle di fantasia ce n’è per tutti i gusti! Katia Amoroso

Un programma ricchissimo, con diversi appuntamenti giornalieri, che vuole coinvolgere anche e soprattutto i più giovani tramite percorsi di accompagnamento alla visione e proposte formative, tra cui un laboratorio condotto da Claudia Castellucci/Compa gnia Mòra, già Leone d’Argento alla Biennale Danza 2020. Inaugura il Festival Lina Gómez, coreografa e danzatrice colom biana di stanza a Berlino con Träumerei des Verschwindens, un coinvolgente brano onirico che richiama il Realismo Magi co attraverso la ripetizione e la ritualità. Di assoluto rilievo nel panorama internazionale, da Barcellona, anche la compagnia La Veronal, diretta da Marcos Morau, presenta Equal Elevations, una sofisticata danza per spazi non teatrali originariamente ideata per il Museo Reina Santa Sofia in dialogo con la scultura Equal-Parallel: Guernica-Bengasi (1986) di Richard Serra. Dalla Svizzera, La P.P. di Romane Peytavin et Pierre Piton offre una performance gratuita per pochi spettatori alla volta che potranno scambiarsi speciali dediche danzate e musicali. Tra gli artisti italiani si segnala, già ospite della Biennale Danza nel 2020, Chiara Bersani con il suo Seeking Unicorn, spettacolo-manifesto della ricerca dell’artista attorno al concetto di Corpo Politico: «Io, Chiara Bersani, alta 98 cm, mi autoproclamo carne, muscoli e ossa dell’Unicorno. Non conoscendo il suo cuore proverò a dar gli il mio il respiro, miei gli occhi […] L’Unicorno, creatura senza patria e senza storia, è stato usato e abusato dall’essere umano, privato del diritto di parola. Ora io desidero risarcirlo dei torti subiti. Regalargli una storia, un amore, una scelta». C.S.

Venere in Teatro 3-13 settembre Forte liveartscultures.weebly.comMarghera-Mestre Un salto sulla luna La danza di Venere

Da giovedì 1 a domenica 4 settembre il centro storico di Caorle di venta crocevia per artisti provenienti da tutto il mondo. La rassegna La luna nel Pozzo, giunta alla XXVII edizione, propone eccellenze della giocoleria, dell’acrobatica, della clownerie, dell’arte circense, della musica e del teatro in una continua contaminazione tra generi che vede protagoniste 18 compagnie per oltre 50 spettacoli.

Photo Alice Brazzit

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La Luna nel Pozzo 1-4 settembre Piazze e vie del centro di Caorle lalunanelpozzofestival.it

131 Mostra interattiva Procuratie Vecchie, Piazza San Marco 105, Venezia Dal mercoledì al lunedì Entrathehumansafetynet.org10-19perlaprimavolta nel cuore di Piazza San Marco alle Procuratie Vecchie e immergiti nella mostra interattiva per scoprire i tuoi punti di forza ChemolloAlessandra·LombezziMartinocredits:Ph

Direi che dopo il 24 febbraio di quest’anno la nostra esistenza ha avuto uno scossone e ha mostrato di aver bisogno di un momento di profonda riflessione, di un im provviso richiamo alla coscienza, di essere messa sotto analisi. Abbiamo verificato, d’improvviso, la pressante esigenza di decidere, di assumere un atteggiamento più profondo, di serietà (non nuovo, per la verità, ma antico quanto il mondo), che tuttavia non è mai scontato e co munque costituisce un bene raro e prezioso, corretto, tra persone libere, civili: un impegno di solidarietà.

Infatti quando abbiamo constatato, e con noi anche gli altri popoli europei, che il popolo ucraino si è trovato sorprendentemente a dover combattere per difendere la propria vita, la propria terra, le proprie case, le proprie istituzioni, i propri beni, quando nei servizi televisivi abbiamo visto improvvisamente che gli abitanti di quella regione hanno dovuto raccogliere precipitosamente, sotto l’imperversare dei missili, i propri pochi beni ancora rimasti disponibili, collocarli in un misero sacchetto di plastica ed essere costretti a scappare disperatamente, separandosi da parenti o addirittura nella fretta della fuga perdendoli di vista, soprattutto anziani e bambini, quando abbiamo visto brandelli di famiglie in condizione di non poter neppure riuscire a seppellire i propri nume rosi morti, impotenti e disorientati di fronte a una guerra improvvisa, non dichiarata, dove i mezzi distruttivi più moderni e sofisticati hanno fatto la loro improvvisa letale apparizione, con una impressionante quantità e natura lezza, il primo istinto di chi non era direttamente colpito da questo ciclone è stato quello di reagire sfoderando la Sisolidarietà.trattavadi fare qualcosa per aiutare, organizzare un sostegno incondizionato ai fuggitivi, ai profughi, senza pensare certamente alle conseguenze di questo indi spensabile appoggio umano. Soltanto in un secondo tempo, quindi solo successiva mente, si è cominciato a riflettere, ripensare, valutare anche gli eventuali aspetti negativi delle scelte, a colle gare quest’ultime con dei “se” e dei “ma”, a ricercare e giustificare limiti, a contenere l’istintiva generosità.

Il primo significato, il più semplice consiste nell’offrire aiuto a qualcuno che si trova in stato di necessità. E questo aiuto non è soltanto momentaneo e superficiale, ma presuppone una solida scelta, una condivisione di idee, di propositi, di responsabilità, di partecipazione, di vicinanza, di appoggio, talvolta anche complicità, che, in alcuni casi, può prevedere persino una intesa a monte.

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PAROLE

Ma prima di esprimere l’appoggio morale intenzionale, carico di conseguenze, prima di far emergere questi sentimenti di fratellanza, la solidarietà presuppone una decisione molto importante: una affermazione di coinvol gimento, di partecipazione “assieme” (e di conseguenza di assunzione di responsabilità riferita al nostro compor tamento), un’accoglienza fisica e morale.

L ’ho sentita rispolverare, dichiarare ad alta voce, da poco tempo, in modo insistente, come se si trattasse di una novità, di una curiosa scoperta, di una inaspettata necessità.

Ma che cos’è la solidarietà? Si tratta di un atteggiamento che tutti riteniamo di conoscere, ma che merita qualche riflessione, qualche approfondimento.

SOLIDARIETÀ

Non posso dimenticare, proprio alla ricerca di una analisi, di un chiarimento, la cosa che mi ha accolto per prima nella visita al Museo del Memoriale al Binario 21 (il luogo preposto a fare memoria sulla deportazione dei cittadini italiani ebrei ad opera di fascisti e nazisti) presso la Sta zione Centrale di Milano: su un grande muro separatorio incolore campeggia a caratteri giganteschi una sintetica scritta che ha un immediato impatto sul visitatore, con potente, significativo effetto di ricordo e di grande ammo nimento: “INDIFFERENZA”. Ecco, non si tratta di retorica! Ma indica e ricorda una “malattia” vergognosa, se così vogliamo chiamarla eufemisticamente, un atteggiamento vile di comodo, che – osserva Ferruccio de Bortoli – non è soltanto del passato. Dalla quale dobbiamo sempre guardarci. Essa consiste in un comportamento colpevole, egoistico, riscontrato purtroppo in forma estremamente estesa, che durante l’ultima guerra è stato assunto diffusamente da chi si è girato dall’altra parte, non impedendo in tal modo milioni di morti e sofferenze inenarrabili! Vanno peraltro ricordate anche le rare eccezioni di coloro che non sono rimasti indifferenti, coloro che hanno agito solidalmente con il prossimo (sono soltanto quasi 700 le persone italiane, su circa 45 milioni di abitanti, ricono sciute ufficialmente “Giusti tra le nazioni” per il loro eroico comportamento rischiosissimo, disinteressato, altruisti co, umano, solidale). a cura di Renato Jona

Quando si parla di solidarietà, occorre quindi considerare non sol tanto i gesti isolati, momentanei, di reali vicinanze alle vittime, di ri nuncia all’istintivo primordiale modo di pensare egoistico ( la disgra zia non ha colpito me e quindi posso comodamente ignorarla ). È, al contrario, una più vasta presa di coscienza di fatti che moralmente esigono una dichiarazione alta e forte di generosità, di filantropia, di rassicurante appoggio. E analizzando queste meritevoli scelte dobbiamo constatare anche che da tanti anni siamo circondati non soltanto da singoli privati cittadini, ma anche da enti che portano aiuti sanitari, amorevoli conforti in zone povere del mondo, disa giate, scomode da raggiungere, dove le malattie imperversano e i medicinali sono quasi inesistenti. Non solo, ma anche qui vicino, attorno a noi, nelle nostre regioni, sono tanti e quasi invisibili i silenziosi volontari del soccorso che in campi diversi (ad esempio Ambulanze, Soccorso Alpino, AVAPO-Assistenza volontaria pazienti oncologici, ecc.) sono sempre pronti a prestare un’opera solleci ta, gratuita, competente, spontanea di aiuto a chi ne ha bisogno, rispondendo a una esigenza morale, umana, di solidarietà.

Un grande giurista, politico e accademico mancato cinque anni fa, Stefano Rodotà, ricordato sempre per la sua serenità di giudizio, per la chiarezza espositiva, nonché per la sua rara capacità di corretta e profonda interpretazione della legge, nel suo testo, il cui titolo richiama l’importanza e la delicatezza dell’argomento, Solidarietà, un’utopia necessaria notava che questo principio, cui sempre dobbiamo ispirarci, «scardina barriere, demolisce la nuda logica del potere, costruisce legami. Il principio di solidarietà è l’antidoto a un realismo rassegnato che non lascia speranza e non lascia diritti». Ma volendo risalire molto indietro nel tempo, incontriamo il fonda mentale diritto romano che già aveva previsto il noto “in solidum obligari”. Il caso si riferiva alla situazione di diversi debitori che si impegnavano a corrispondere la moneta dovuta ( solidum ), pagan do cioè gli uni per gli altri.

La nostra Costituzione all’art. 2 afferma che tra i doveri del cittadino è prescritto l’adempimento inderogabile di solidarietà politica, economica e sociale

L’argomento della solidarietà è talmente importante che viene con siderato dalla nostra Costituzione addirittura all’art. 2: tra i doveri del cittadino è prescritto l’adempimento inderogabile di solidarietà politica, economica e sociale. Il tema è delicato ma essenziale, fondamentale.

Interessante e chiarificatore anche il termine francese di “solidaire”, che indica un atteggiamento benevolo e comprensivo, uno sforzo attivo e gratuito utile a venire incontro a esigenze e disagi di qualche altro soggetto che necessita di aiuti.

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È opportuno inoltre distinguere il nostro concetto di solidarietà da altri analoghi, ma di natura sostanzialmente diversa. Ricordiamo ad esempio la beneficenza e l’assistenzialismo. Essi, infatti, derivano da un atteggiamento del soggetto, di origine differente, pur sempre assai utile, ma originato da una ispirazione di altra natura. Entrambi hanno come fine pur sempre un aiuto al prossimo (quindi si tratta in ogni caso di un atteggiamento comunque lodevole, altruistico), ma non coinvolgono nel profondo la vita del benefattore, la sua reputa zione, e non comportano fondamentali scelte di “campo”. Non solo, ma anche la beneficenza ha le sue regole: va fatta in silenzio per rispetto e pudore. Talvolta, è stato osservato, può derivare anche da un principio religioso ispiratore di queste azioni, che può anche resti tuire un senso di soddisfazione per questo modo di operare, consi derato non di rado anche semplicemente un dovere da adempiere, una adesione a un principio morale, corretto e condiviso. È signifi cativo il fatto che in ebraico la “beneficenza” sia detta “zedakà”, che non per caso ha la stessa radice etimologica di “giustizia”. L’aiuto al prossimo non è frutto di altro se non di un atto di giustizia. La solidarietà, quella che stiamo analizzando, comporta però una scelta più profonda, più coinvolgente del nostro modo di vivere. Presuppone una presa di coscienza della situazione altrui, un’assun zione di responsabilità spesso di carattere pubblico, più raramente riservata, meditata o istintiva. Un valore, una scelta di campo che comunque esclude il compromesso, la ridicola “equidistanza” che caratterizza l’incapacità di decisione o anche, diciamolo francamen te, la malafede, l’inconfessabile opportunismo, l’indifferenza di base, l’opacità della coscienza. Viktor, il comandante con la barbetta di soli 28 anni nato in Ucraina e vissuto all’estero che è tornato nel suo Pease d’origine per sottrarsi all’indifferenza, meglio di chiunque altro, con una sem plicità incredibile, ci ha spiegato con una sola frase cosa vuol dire solidarietà: «All’inizio pensavo che non fosse la mia guerra, ma è stato invaso un Paese libero. E gli uomini non possono permettere questo scempio!».

Non vanno dimenticati, neppure, tra queste categorie di persone sensibili, i gruppi di volonterosi giovani che, quasi invisibili, compa iono nei momenti di emergenza e si impegnano generosamente a portare aiuti in zone terremotate o alluvionate, o che durante gli inverni freddi e piovosi portano coperte e pasti caldi a persone senza tetto, che passano le gelide notti all’aperto.

Domanda inevitabile: chi è stato davvero per lei Antonio Tabucchi? Il mio Tabucchi sta tutto dentro alle pagine del libro. Sono del tutto incapace, da sempre, a riassumere i miei libri. Posso però dire cosa dovrebbe essere Tabucchi per i lettori: un autore imprescindibile, da leggere (e rileggere) di continuo, perché ci si ritrova davanti a uno dei maggiori autori italiani di sempre. Con lui se n’è andato uno dei maggiori scrittori del Novecento; non vedo all’orizzonte molte altre figure dotate di un simi le spessore. Lei che insegna all’Università scrittura creativa vede nuovi fermenti interessanti sul fronte narrativo?

Oggi è tutto più vago, vacuo. Di scrittrici e scrittori importanti ce ne sono, solo che manca – e manca a ogni livello della nostra vita – lo sguardo critico, la capacità di osservare, di discernere, di differen ziare. Oggi non ci sono più critici letterari la cui autorevolezza era una garanzia: un libro recensito da Franco Fortini o da Cesare Segre o da Pietro Citati riceveva immediatamente le attenzioni di migliaia di lettori. Oggi non è più così; gli spazi dedicati ai libri si sono sfrangiati, moltiplicati, sono deflagrati. Oggi ci sono i book blogger, gli influen cer, alcuni affidabili, ma la maggior parte riesce solo a fare confusio ne. Oggi fanno una story su Instagram in cui affermano che Sostiene Pereira è un capolavoro e siamo d’accordo; il giorno dopo ne fanno un’altra e dicono la stessa cosa dell’ultimo libro di Fabio Volo o di Mauro Corona e qui mi taccio. La confusione è tale per cui orientarsi è davvero sempre più improbo. Restano però i supplementi culturali, «La Lettura» del Corriere della Sera, «Robinson» di Repubblica, «Tuttolibri» della Stampa, «Alias» de il Manifesto, «Domenica» del Il Tram 28

Intervista Roberto Ferrucci

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RobertoBOOKSFerrucci,

sfumati, sfuggenti. Se ne discute da un po’, ma è un dibattito che non mi appassiona per niente. A me interessa scrivere libri che sento ne cessari. Ecco, spero si riesca a cogliere, leggendolo, che questo libro era per me necessario scriverlo. Poi ciascuno lo definisca come vuole.

nato a Venezia (Marghera, come tiene a precisare lui), ha esordito come scrittore nel 1993 con il romanzo Terra rossa, a cui sono seguite altre sette pubblicazioni: Giocando a pallone sull’acqua (1999), Andate e ritorni, scorribande a nordest (2003), Cosa cambia (2007), Impassibili e maledette (2010), Sentimenti sov versivi (2011), Venezia è laguna (2019). Scrive sul Corriere della Sera, La Nuova Venezia e il Manifesto, insegna dal 2002 Scrittura creativa all’Università di Padova. È traduttore delle opere di Jean Philippe Toussaint e di Patrick Deville. Per Helvetia editrice dirige la collana Taccuini d’Autore. Dopo cinque anni di lavoro, di ritocchi, ripensamenti, insomma di un faticoso labor limae, è uscito da poco – edito da People – il suo nuovo libro, Storie che accadono, una sorta di mémoir ambientato a Lisbona dove l’io narrante con la sua compagna si reca sulla tomba dell’amico Antonio Tabucchi, l’autore di Notturno indiano e Sostiene Pereira. Con il tram 28 attraversa la città, ma soprattutto attraversa ricordi, confessioni, viaggiando ben oltre i confini della bellissima ca pitale lusitana. Ripercorrendo i suoi incontri con Tabucchi si sposta in Toscana, a Vecchiano, o a Parigi, tracciando il ritratto di uno dei più grandi scrittori del Novecento. Forse è soprattutto il racconto di un’amicizia profonda, toccante, di una comunanza di ideali e valori, un rapporto che non si romperà mai, andando ben oltre lo spazio temporale e il dolore per la perdita. Come scrisse il grande autore toscano portoghese d’elezione, «Le storie non iniziano né finiscono, ma Antonioaccadono».Tabucchi è stato narratore, autore di teatro, saggista, docente di letteratura portoghese, curatore dell’opera di Pessoa per l’Italia. I suoi romanzi hanno vinto numerosi premi e sono stati tradotti in 40 lingue. Roberto Ferrucci lo considera, assieme a Da niele Del Giudice (presente anch’egli in Storie che accadono ), il suo maestro. Un legame sancito in modo manifesto nel 2010, quando Tabucchi aveva firmato l’introduzione del romanzo di Ferrucci Cosa cambia – uscito in Italia nel 2007 per Marsilio e ripubblicato nel 2021 da People – nella versione francese dal titolo Ça change quoi Incontriamo Roberto Ferrucci. Come definirebbe Storie che accadono? Lo definirei come Antonio Tabucchi definì nella prefazione l’altro mio libro, Cosa cambia: “un testo letterario”. Lui aggiunse anche: «nel senso più potente e secondo il compito più profondo che la lettera tura possa assumere». Tuttavia questo saranno i lettori di Storie che accadono a dirlo. Oggi i confini della definizione “romanzo” sono più

Le

PORDENONELEGGE

Sole 24 ore, utili a fare un minimo di chiarezza nel mare infinito di pub blicazioni. Anche se di veri lettori ce ne sono sempre meno. Negli ultimi anni lei si è dedica to anche alla traduzione. Come si è avvicinato a questo mondo e come ci si sente ad immer gersi totalmente in un’altra lingua? Sono un traduttore del tutto ano malo, per cui non mi definirei tale. In realtà traduco solo due autori, Patrick Deville e Jean-Philippe Toussaint (di lui ho tradotto di recente La stanza da bagno e La chiave usb per le veneziane Amos edizioni). Sono stati loro, cari amici, a chiedermi a un certo punto se volessi essere il loro tradutto re: come fai a dire di no a due amici? È un lavoro molto complesso quello di entrare in una scrittura altrui attraverso un’altra lingua. Si tratta certamente di un’esperienza formidabile e di sicuro utile al mio mestiere di scrittore, che riesco però a fare solo di tanto in tanto: richiede troppa energia e tempi lunghi. E già sono noti i tempi lunghi dei miei libri (quello che ho appena finito l’ho iniziato nel 2011); l’im pegno che una traduzione richiede non fa che dilatarli. Lei soggiorna spesso all’estero, ma ha deciso di vivere stabilmente a Venezia, il luogo dove è nato. Cosa si sente di augurarsi concretamente circa il futuro di questa città? Il fatto di trascorrere per lavoro lunghi periodi principalmente in Fran cia ha sempre fatto sì che il vivere a Venezia fosse alla fine sopporta bile. Inutile dire che per il futuro della mia città io mi auguri il meglio, ma è una flebile speranza. Ho ormai un’età che mi consente di poter dire che la classe dirigente che da troppo tempo ha in mano la città è di gran lunga la peggiore degli ultimi cinquant’anni. Sta facendo danni inimmaginabili; ancora non mi è ben chiaro se per incapacità manifesta o se per una volontà precisa e perciò sinistra. Temo sia l’insieme delle due cose; il fatto certo e sempre più evidente è che l’amministrazione attuale sta facendo di tutto per spingere i pochi re sidenti rimasti a mollare tutto e partire. Approfitto dello spazio che lei mi dà per rassicurarli: con me non ci riusciranno. E spero che altre decine di migliaia di veneziani siano in grado come me di resistere e, soprattutto, si ravvedano e alla prossima tornata elettorale facciano scelte più sensate. Sia chiaro: io quando parlo di Venezia intendo e intenderò sempre anche Mestre e Marghera. Su questo punto sono molto fermo. Mi sono giocato ‘amicizie’ per questa mia coerenza che risale a quando ero adolescente e abitavo ancora con i miei a Mestre. Poi, se un giorno qualcuno vorrà chiedermelo, anch’io, nonostante faccia lo scrittore che per alcuni è considerato un hobby e non un lavoro, qualche ideuzza sul futuro della città ce l’avrei. Elisabetta Gardin storie non iniziano né mafiniscono,accadono Antonio Tabucchi

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14-18 settembre Circa 400 ospiti per 250 incontri/eventi/percorsi espositivi, oltre una trentina di sedi, a Pordenone e in 9 Comuni del territorio friulano (Azzano Decimo, Casarsa della Delizia, Cordenons, Maniago, Sacile, San Vito al Tagliamento, Spilimbergo, Prata di Pordenone e Sesto al Reghena) per 5 giornate di festival con molti big della prosa e della poesia. Mario Villalta, Alberto Garlini e Valentina Gasparet, i curatori di Pordenonelegge, giungono alla 23. edizione della Festa del libro con gli autori con un corposissi mo programma. Moltissimi autori italiani, da Gianrico Carofiglio a Maurizio de Giovanni, e un incredibile gruppo di scrittori stranieri fra gli altri: il Premio Pulitzer 2022 Joshua Cohen, Frank Wester man, Jeffery Deaver, Olivier Norek, Roy Chen, Jason Mott, gli ucraini Aleksej Nikitin e Sasha Marianna Salzmann e Jhumpa La hiri, alla quale andrà il Premio Credit Agricole FriulAdria “La storia in un romanzo” 2022. Foltissima anche la presenza nella nuova sezione Pordenoneleggepoesia con più di 80 poetesse e poeti da tutta Italia e dal mondo, tra cui il Premio Pulitzer 2020 per la poesia Jericho Brown, Najwan Darwish, Asha Lul Mohamud Yu suf, Liz Lochhead. Fra le voci italiane, Milo De Angelis, vincitore della seconda edizione del Premio Umberto Saba Poesia. La poesia è protagonista anche del programma di Cinemazero che offre la proiezione di quattro documentari: Logos Zanzotto di Denis Brotto; Appunti per un’Orestiade africana di Pier Paolo Pasolini, con un intervento musicale di Pasquale Innarella e il coordinamento di Flavio Massarutto; Mondonuovo di Davide Ferrario; Pasolini 11#22, undici video realizzati per il centenario della nascita dello scrittore da Fondazione Pordenonelegge. pordenonelegge.it | pordenoneleggepoesia.it IL VENETO LEGGE 30 settembre La montagna rappresenta il confine naturale dei territori che attraversa, ma anche luogo d’incontro, di scambio tra le popola zioni che la lambiscono. Attorno ai suoi confini si sono consu mati scontri sanguinosi ricuciti con il trascorrere del tempo, ma si sono pure scritte pagine memorabili che hanno cantato l’ami cizia tra i popoli. La montagna ricorda con la sua magnificenza il senso del limite a cui gli uomini devono guardare con rispetto. È pure territorio di grandi imprese sia dal punto di vista sportivo che escursionistico. La montagna affascina e molti scrittori, viag giatori e giornalisti le hanno dedicato pagine intense. A partire dalle suggestioni di Dino Buzzati (di cui quest’anno ricorre il cinquantenario della morte), ma anche per celebrare i centenari di Luigi Meneghello, Alvise Zorzi, Attilio Carminati e Paolo Barbaro, si sviluppa la sesta edizione della maratona di lettura Il Veneto legge, proposta a scuole, biblioteche, librerie, e rivolta a tutti i cittadini che amano i libri. Il 30 settembre, un’intensa giornata di iniziative diffuse sul terri torio veneto, da letture ad alta voce in luoghi particolari a brevi corsi di lettura espressiva e recitata, mettono al centro i libri e la scrittura, con il patrimonio di conoscenza che essi racchiudono. I lettori si avventureranno sulle pagine più impervie per poi scen dere a velocità vertiginose, si faranno cullare dalla dolce linea dei colli, vagabondando tra prose e versi. Si riempiranno gli occhi, leggendo, di uno dei paesaggi che caratterizza particolarmente il Veneto, pronti a scoprire poi dal vero le bellezze che gli scrittori hanno cantato. ilvenetolegge.it

Solo poesia Intervista Mago Silvan

136 et cc... LA GRANDE MAGIA

E invece il suo numero preferito? La manipolazione di 140 carte con una mano, un’esibizione accom pagnata dal Concerto n. 21 di Mozart.

Alla base di una nuova grande illusione ci sono molti errori, si spreca molta energia creativa. Ho molti ripensamenti, per esempio, prima di tagliare una donna in otto pezzi…; ma alla fine il numero riesce sempre e sempre il pubblico rimane stupito, così come avvenne anni e anni fa al Teatro Goldoni per tre sere di seguito tutte sold-out.

Lei è stato fonte di ispirazione per moltissimi ragazzi. Quali sono i consigli che darebbe ad un giovane che si affaccia oggi a questa carriera? Chi vede come il suo erede? Ci sono dozzine di bravissimi prestigiatori italiani in circolazione;

lo spettacolo La grande magia, con una compagnia di 10 persone, con il quale è tutt’ora in tour. È con trepidante stupore infantile e matura riconoscenza, ancora totalmente affascinanti dalle sue illusioni, che incontriamo uno dei più grandi prestigiatori di tutti i tempi. Dopo tantissimi successi, con una lunghissima e fantastica carriera alle spalle, la magia l’affascina ancora? Certamente, guai se la magia non esercitasse ancora su di me il fascino dal quale sono stato attratto fin da ragazzo. Un’arte indubbiamente difficilissima. Lei continua ad allenarsi? È una professione difficile. Dietro al mago che stupisce ci sono stu dio, pensiero, creatività, talento. È indispensabile allenarsi sempre, non ci si può fermare mai. Per raggiungere certi risultati esercito le mie mani almeno per due ore al giorno.

C’è un numero che non le è mai riuscito?

Aldo Savoldello è un veneziano doc, nato in Campiello de le Strope nel Sestiere di Santa Croce, noto in tutto il mondo come Silvan, uno dei maghi più strabilianti di tutti i tempi. Il suo stile è inconfondibile: grande aplomb, sempre elegantissimo, possiede tutte le doti dello showman. Numerosissimi i riconoscimen ti che gli sono stati attribuiti. Unico non americano a essere eletto per ben due volte Magician of the Year dall’Academy of Magical Arts di Hollywood, nel 2015 ha ricevuto il Masters Fellowship Award, una sorta di Nobel per la magia. È una star internazionale, si è esibito di fronte a divi come Frank Sinatra e a personalità del calibro della Regina Elisabetta II. Un’urgenza quella della magia, un richiamo irrefrenabile che si ma nifestano in lui fin dalla più tenera età, quando incomincia a cercare tra le bancarelle di libri usati testi su quest’arte antica e sui giochi di prestigio. A sette anni già si esibisce nell’Oratorio di San Francesco della Vigna come Mago Saghibù, ma sarà per lui determinante, decisivo per le sue sorti future, lo spettacolo di Otello Ghigi alla Giudecca, per il quale Aldo si propone subito come suo aiutante. Da lì in poi i viaggi, lo studio, la gavetta di rito e l’inizio di una carriera Èsfolgorante.SilvanaPampanini a inventare nel 1966 lo pseudonimo Silvan du rante il varietà Primo applauso di Enzo Tortora. Il Mago Silvan inizia a esibirsi in tutto il mondo, in Italia diventa popolarissimo partecipando a vari spettacoli della Rai. Gli italiani sono ipnotizzati dalla sua abilità, dai suoi trucchi sbalorditivi con le carte da gioco. Dal 1973 al 1980 conduce Sim Salabim, amatissimo spettacolo del sabato sera, poi centinaia, se non migliaia, di ore televisive a reti unificate in Illusione, Astromagic, Supermagic, Buonasera con Silvan... Ha fatto anche qualche breve incursione cinematografica in una serie di film, tra cui Modesty Blaise, L’inchiesta, L’oro di Londra. Ha scritto una decina di manuali e l’autobiografia Silvan. La magia della vita. La mia storia per i tipi della Mondadori. La sua bravura ha fatto scuola e ha spinto tantissimi giovani a coltivare questa passione: per i bambini ha creato ben 13 giochi in scatola, le “scatole magiche”, e Topolino per anni gli ha ritagliato una rubrica seguitissima, dove ha ricevuto più di 25 mila lettere dai piccoli lettori. Per raccontare l’evoluzione dell’arte magica, dall’antichità fino ai no stri giorni, ha pubblicato per La nave di Teseo, La nuova arte magica con la prefazione di Vittorio Sgarbi. Silvan è riservato, schivo, della sua vita privata si sa ben poco. Vive a Roma, vedovo dopo la recente scomparsa dell’amatissima moglie Irene Ethel Mansfield, ha due figli; continua ad esibirsi in teatro con

Torniamo al luogo da cui tutto è partito: qual è il suo più bel ricordo legato a Venezia? Gli oratori veneziani nei quali mi esibivo da ragazzo e poi uno spet tacolo sotto la tettoia dell’Oratorio Don Bosco, un’esibizione durata quattro ore e mezza. Di Venezia potrei parlare per ore e ore, ma ne riparleremo a lungo molto presto, quando mi esibirò nuovamente nella mia amata città dove torno molto spesso per ossigenare i polmoni mai sazi di vene zianità. Elisabetta Gardin Il segreto è insito nel trucco, Sim Salabim

137 quello che manca sono i luoghi deputati per esibirsi. Ai ragazzi che mi scrivono al Silvan Fan Club rispondo sempre: se sei supportato dalla vera passione e da un certo talento devi continuare, perse verare. Mai dire no, non sono in grado, se non hai prima provato l’effetto magico che intendi proporre almeno cento volte! È sempre e soltanto attraverso il lavoro e l’applicazione costanti che si arriva ai gradini alti del podio. In questi anni va di moda la ‘magia comica’, mi vengono in mente, per esempio, il Mago Forrest o Raul Cremona, che di lei fa una parodia. La divertono questi ‘numeri’? Sono amici e li apprezzo moltissimo. Penso che l’imitazione e la pa rodia siano la più alta forma di ammirazione rivolta a un personaggio.

CHIAMALE EMOZIONI

Se penso al mondo della magia, mi viene in mente subito un uomo affascinante con una bella ragazza accanto come as sistente. È ancora un “mondo maschile” quello della magia? Assolutamente no, questo è un pregiudizio. Le assicuro che ci sono delle bravissime e bellissime maghe che esercitano questa pro fessione con notevolissime capacità, talento e grande successo. Parallelamente mi piace ricordare che esordirono da assistenti di grandi maghi attrici del calibro di Anita Ekberg, Ingrid Bergman, Rita Hayworth, Marlene Dietrich!

Torna per la quarta edizione il Festival delle idee, inserito tra i Grandi Eventi della Regione del Veneto, patrocinato dalla Re gione e dal Comune di Venezia, ideato da Marilisa Capuano per Associazione Futuro delle Idee, organizzato in collaborazione con M9. Il Festival, che presenta oltre 30 eventi dal 29 settembre al 23 ottobre in diversi luoghi tra Venezia e Mestre, quest’anno riunisce i suoi ospiti attorno al tema Emozioni collettive, espres sione di personalità, creatività, passionalità e motore di relazioni: mai come in questo momento storico sentiamo il bisogno di viverle, consapevoli che esse rappresentano un capitale umano insostituibile, tessuto connettivo della nostra esistenza. Nostal gia, fragilità, empatia, gentilezza e gratitudine: cinque emozioni come i cinque sensi, per interpretare al meglio il contemporaneo e tracciare un percorso di partecipazione universale. Il Festival si propone come catalizzatore fondamentale di questa esigenza, mettendo in connessione il pubblico con la voce dei suoi ospiti. Dalla cultura più leggera e pop fino all’eccellenza del pensiero, scandagliando il mondo dell’imprenditoria, della letteratura, della musica, dello sport e del food, in una felice contaminazione continua. Un progetto culturale dall’impostazio ne moderna, che si interroga sulla sfera emotiva e la percezione del mondo. Numerosissimi gli ospiti per un programma dedicato a pubblici diversi, con particolare attenzione ai giovani. Dopo l’apertura in anteprima con i Tiromancino, con un concerto acustico e un incontro al Teatro Toniolo il 24 settembre, si entra nel vivo della programmazione con gli appuntamenti ospitati dall’M9 – Museo del Novecento e nelle varie sedi mestrine. Si va da Albertino, icona della musica per la generazione anni ‘80 e ‘90, a Sveva Casati Modignani, Stefano Massini, Juan Gómez Jurado, Umberto Galimberti, Antonio Caprarica, Aldo Cazzullo che interpretano il contemporaneo tramite la parola, il pensie ro, la scrittura. Si raggruppano sotto il segno della visione e dell’innovazione ospiti come Brunello Cucinelli, stilista del made in Italy d’eccellenza, Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, la top model stilista e imprenditrice Regina Schrecker, musa tra gli altri di Andy Warhol. Dalla rete, arrivano il poeta dei millennials Gio Evan, idolo dei social con oltre 1 milione di followers, Enrico Galiano, influencer ideatore della webserie Cose da prof, e l’instapoet canadese Rupi Kaur poetessa, performer, illustratrice, scrittrice da dieci milioni di copie vendute, tradotta in 42 lingue, che chiude il Festival con un evento straordinario, unica data italiana, il 23 ottobre al Teatro Malibran. Festival delle idee 24 settembre-23 ottobre M9 – Museo del Novecento, Mestre, Teatro Malibran, Teatro Toniolo festivalidee.it

138 m enu ARTE DI VIVERE L’asso nella manica di Subodh Gupta? La mamma. “Era un’ottima cuoca”

Subodh Gupta. Cooking the world Fino 19 novembre Giardini del Cipriani, A Belmond Hotel, Giudecca belmond.com/cipriani | www.galleriacontinua.com

SUBODH GUPTA Born in Khagaul, Bihar (India) in 1964, the artist lives and works in New GuptaDelhi.uses a rich, diverse collection of techniques to express him self and produce large-scale sculptures, paintings, installations, pho tographs, videos, and performances. Aware of the physical presence of the object, of the aesthetical and symbolic features of materials, and of the relationship between space, time, and body, the artist uses objects by turning them into emblems or icons, which in their simplicity codify the complex social, economic, and cultural situation of modern India and the world.

139 di Fabio Marzari Con la parola “pentola” si indica generica mente un recipiente adatto a cuocere cibi diretta mente sul fuoco. Generalmente di forma circolare, raramente ovale o quadrata, è munita alle estremità di uno o più manici. Può essere costruita in metallo: ferro, acciaio inox, ghisa, alluminio, rame o in coccio, pyrex e pietra ollare, a seconda delle caratteristiche delle esigenze di cottura e dalle tradizioni locali. In qualche caso viene realizzata in bimetal lo, ovvero un foglio sottile di inox accoppiato a un foglio più spesso di rame, dove il primo riveste la superficie interna. È un oggetto di uso comune, presente in tutte le case, tuttavia se utilizzato come materiale artistico nei bellissimi giardini del Cipriani, A Belmond Hotel diventa un’opera artistica dal forte valore simbolico. Cooking the world dell’artista indiano di fama mondiale Subodh Gupta è un’esaltazione all’ennesima poten za del concetto stesso di casa/cucina. Prendendo in esame il fenomeno interculturale della preparazione, del consumo e della condivisione di un pasto, l’installazione/casa diviene un indicatore molto forte di inclusione. La casa, costruita secondo il più classico degli schemi che rimandano all’idea di tetto domestico, è ricoperta di utensili e vasi di alluminio usati, che raccontano dei loro precedenti utenti e delle loro storie individuali, creando uno spazio condiviso che in questo periodo diventa un rituale sociale. Un’idea semplice in sé, dal fortissimo valore simbolico, che riporta a un ancestrale senso di comunanza universale, almeno nell’estetica degli strumenti per la preparazione del cibo. La casa che abbiamo in molti casi sofferto durante la recente esperienza pandemica è quell’insieme di oggetti e sensazioni che la possono rendere reggia o prigione. La collaborazione tra Belmond e Galleria Continua sancita dal progetto MITICO Follow the Art Path, curato da Hervé Mikaeloff, si rifà a un momento leggendario nel tempo e nella storia in cui le culture, superando i propri confini, celebrano l’arte di vivere. Le pentole e gli oggetti tutti rigorosamente usati e dismessi dai precedenti proprietari, che formano questa costruzione di grande fascino, rendono nell’insieme un’idea che potrebbe spingere la mente al ricordo di una casa di bambole in formato XL, ma anche un po’ Fyter, il soldatino di stagno del Mago di Oz. Al contempo Cooking the world si lega al momento pratico del cucinare, a quella forma universale di convivialità annessa. Oggetti che arrivano da cucine poste in luoghi geograficamente disparati, ma che si assomigliano nelle forme quasi omologate, pur nella grande diversità di cibi e cotture che hanno accompagnato il loro utilizzo. Un’idea forte di nutrimento metaforico e non solo, perché dentro alla casa di Gupta si può anche mangiare e la valenza del progetto risiede proprio nell’aver saputo conferire a un oggetto di uso comune e universale, la pentola, il rango di mezzo unificatore di culture, persone e abitudini di vita. In fondo si sa che dove finisce un arcobaleno, si potrebbe rinvenire una pentola d’oro...

Everybody knows what a pan is: it’s what you use to cook over fire. Generally round, though they may be oval or squared, they have one or more handles and can be made of metal, stone, or other materials, depending on tradition and use. They are common enough all over the world, however, when used as an art object, they find their perfect place at the Cipriani Belmond Hotel. Cooking the World is an installation by artist Subodh Gupta that exalts the power of the home/kitchen concept. The artist studies the intercultural phenome non of food preparation and consumption to create a symbol of inclu sion. The house, built following an ancestral scheme of what homes are supposed to be, is covered in used utensils and vessels, each telling the story of a former owner and each contributing to the creation of a com mon space for a social ritual. The idea is simple in itself, highly symbol ic, and reminds of universal commonality. Homes, as we learned during the pandemic, is that collection of items and feelings that can turn it into a palace or a prison. The cooperation between Belmond and Galleria Continua has been inspired by the celebration of the art of living. These pans and pots make the installation look like a supersized doll house, though at the same time, Cooking the World is all about the very practical action of cooking. The several items come from different parts of the world, but look similar in their universal shape, no matter how different had been the food they contained. Food is nourishment in more senses than one – you can actually have a meal there, and the project is valued resides precisely in its ability to quietly and simply show a tool that can unify cultures, people, and lifestyles. After all, we do know what is to be found at the end of the rainbow…

A MAJESTIC SETTING FOR CONTEMPORARY CUISINE Immerse yourself in a dining adventure of infinite tastes at Restaurant Club del Doge, where an authentic gourmet cuisine pairs perfectly with an attentive service and a stunning location on the Grand Canal. FOR RESERVATIONS, PLEASE CALL +39 041 794 611 OR VISIT CLUBDELDOGE.COMliates.aitsorInc.,International,Marriottoftrademarksthearelogosandmarksnames,AllReserved.RightsAllInc.International,Marriott©2022 THE LUXURY COLLECTION HOTELS & RESORTS

m enu SOCIAL Mea culpa

Lo ammetto, è stata una grave mancanza non essere arrivati per primi a raccontare la storia della raccolta fondi per il nuovo locale di Mauro Lorenzon. Mauro è da sempre un nostro Amico e un tempo anche nostra firma, memorabili i suoi articoli sul vino, che per un suo vezzo arrivavano al fax della redazione vergati a mano con la sua bella grafia, molto ordinata e fitta fitta. Racconta così Mauro la sua idea di riportare in vita una vecchia osteria, “Vini da Memi”, situata a Castello, una zona della città ancora abbastanza popolata di re sidenti: «Quando ho trovato l’osteria al Ponte della Tana ho pensato che potevo farcela. Mi sono indebitato e sono diventato proprietario dei muri. Avrei potuto anche salvare da solo questa osteria, ma ho deciso che un’azione collettiva ha un altro valore sociale. Persino la banca è stata solidale. Mi è stato detto che se volevo un prestito per ristrutturare non c’erano problemi, ma sarebbe stato un segnale positivo riaprire grazie a una raccolta di fondi online». Cerchiamo di porre rimedio alla nostra involontaria défaillance comu nicativa pubblicando il testo in puro stile lorenzoniano che accompa gna le motivazioni per la raccolta fondi: «Ciao, per chi mi conosce, mi chiedo: perché mi mettete molti like nei social, e non partecipate con un minimo di solidarietà “liquida”? Per chi non mi conosce mi chiamo Mauro Lorenzon, provengo da Jesolo da dove son partito con mescita a tutto stappo nel 1982 poi son approdato a Venezia nel 2002 e ho gestito per 18 anni l’osteria Mascareta a Venezia, dopo l’aqua granda del 2019 siam ripartiti... ma dopo il lockdown di marzo 2020 dobbiamo ancora riaprire, nonostante il trasferimento in una vecchia osteria storica davanti alle Corderie e alla Bigliet teria della Biennale all’Arsenale, al Ponte della Tana, che abbiamo acquistato! Prevediamo di riaprire al più presto e rinforzare la Nostra filosofia ecocompatibile con cibi e vini buoni oltre il gusto!!! La rac colta fondi ci serve per ristrutturare e mettere a norma il locale che si chiamerà: in Caneva da Mauro & Nadia – Enoiteca Guesteria a tutto stappo, tutte le bottiglie di vino presenti in cantina sono in mescita per un solo calice… siamo, ancora unici al Mondo a farlo».

Fabiowww.gofundme.com/f/ripartenza-per-ristrutturazione-osteria-storica-VeMarzari

Food identity

Nello scorso mese di luglio M9 – Museo del ‘900 di Mestre ha presentato in anteprima nazionale Ga stronativism. Food, Identity, Politics, il nuovo libro di Fabio Parasecoli edito da Columbia University Press. Parasecoli è professore e direttore del Dottorato di Food Studies presso la New York University. La sua ri cerca esplora le intersezioni tra cibo e politiche culturali, in particolare nei media e nel design. Nello specifico i suoi attuali progetti di ricer ca si concentrano sull’uso ideologico del cibo nella politica contemporanea. Il tema è complesso e ha rilevanze da visione manichea della società, come accade oggi in Italia o in America. Occorre partire da una definizione, quella di “gastro nativismo”, concetto nato nell’America di metà Ottocento che definisce le reazioni dei bianchi protestanti contro i nuovi arrivati non anglosassoni, olandesi o tedeschi. Il nativismo – la politica che mira a preservare una cultura indigena e, nelle sue derive reazionarie, gli interessi dei nativi contro quelli degli immigrati –del resto emerge soprattutto dove c’è molta immigrazione, dove il confine tra noi e gli altri viene rimarcato dal luogo di nascita. Negli anni ‘90 del XX secolo è subentrato un cambiamento epocale nel momento in cui si è imposto un modello di globaliz zazione assai lontano da quello preesistente. In questi ultimi anni abbiamo fronteggiato una nuova tendenza ancora «che provoca grosse diseguaglianze, accentuate dalle crisi, da quella del 2008 al Covid, alla guerra in Ucraina». La forbice tra chi ha e chi non ha aumenta e con essa anche questi fenomeni di ideologizzazio ne del cibo. L’ostilità nei confronti dell’Unione europea, che molti vivono come una forzatura che rappresenta le élite globaliste e lascia indietro molte persone, ne è un esempio evidente. «Nel libro esploro il fenomeno dell’uso ideologico del cibo in tutto il mondo e in vari aspetti». Per esempio in India, dove il governo spinge per un induismo più conservatore e radicale: «il consumo di carne è un criterio per additare le altre comunità religiose, musulmane o cristiane, e le classi sociali più basse, perché storicamente gli intoccabili mangiavano bovini e frattaglie: un obbrobrio per un induista braminico agiato». O in Giappone, con lo scandalo dei gyoza contaminati che arrivavano congelati dalla Cina. C’è poi il caso degli Stati Uniti, con Biden e l’affaire“bbq del 4 luglio”, in cui la tradizionale grigliata di carne dell’Independence Day è entrata nella controversia politica legata alle posizioni sul cambiamento climatico. F.M. Fabio Gastronativism.ParasecoliFood, Identity, Politics 2022, Columbia University Press

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Arriva un momento dell’anno in cui con timore penso alla ristorazione al Lido, non perché i locali dell’isola siano poi così terribili, il punto è che tra molti è difficile scorgere una vetta, tutto è manieristicamente passabile, ma niente è entusiasticamente raccomandabile. Per scelta editoriale da sempre inseguiamo una linea di coerenza, che può essere naturalmente opinabile, ne siamo consapevoli, e la coerenza a cui mi riferisco è quella di segnalare i luoghi che ci piacciono particolarmente, da utilizzatori finali avrebbe detto qualcuno. Dopo una sequela infinita di Mostre del Cinema nei decenni mi sembra pure impossi bile, ma è così, che non ci sia stato un posto, almeno uno e solo uno, che mi abbia particolarmente colpito, tanto da frequentarlo anche in periodo extra-Mostra. Certamente è colpa mia, investo troppo nelle aspettative e si finisce col restare delusi. C’è una grande distanza tra quanto il cinema ha saputo raccontare in termini di cibo e quanto la realtà può offrire.

143 r eservations VENUES, CLUBS, RESTAURANTS, BACARI a cura di Fabio NutrimentiMarzari

Nel grande schermo italiano non mancano esempi che possano dimostrare che il cinema è il linguaggio più adat to a celebrare il cibo e i suoi valori. Sono infatti tantissime le opere che testimoniano il perfetto connubio tra i due elementi sociali. Si può ritrovare una stretta corrisponden za in quei grandi capolavori che sono riusciti a trasmettere messaggi che invitano a cogliere gli aspetti culturali, sociali e simbolici del cibo. Allora in pratica, lasciando da parte la filosofia, dove si può andare al Lido per trovare consola zione o ulteriore godimento tra una proiezione e l’altra?

È un’isola difficile da spiegare se non la si conosce un po’, vicinissima a Venezia, ma anche lontana, amata dai suoi abitanti che non la hanno lasciata neppure in anni abbastanza recenti quando i servizi essenziali sono venuti sempre più a mancare: ospedale, scuole supe riori, trasporti spesso lacunosi e lenti per raggiungere la terraferma e ancora altro. Fu al Lido che Goethe vide per la prima volta in vita sua il mare nel 1786: «Mi recai sta mane per tempo colla mia guida sul lido, quella lingua di terra la quale chiude la laguna, e che la separa dal mare. Scesi dalla gondola, attraversammo diagonalmente quella striscia di terreno. Udivo un forte rumore; era il mare, e non tardai a vederlo che si frangeva contro la sponda, nell’atto di ritirarsi però da quella, essendo l’ora in cui si ritirava la marea. Era pertanto il mare che io vedevo in quel momento, e lo potevo seguire sulla spiaggia, che mano mano si veniva scoprendo; avrei voluto si trovassero colà i nostri ragazzi, per farvi raccolta di conchiglie; feci io pure da ragazzo, scegliendone alcune, e mi potei persuadere della tinta mera che danno le seppie, le quali si trovano in abbondanza su quella spiaggia». In questi tempi travagliati nutrirsi di emozioni può meglio curare le ferite che il quotidiano ci riserva. Sono convinto che certe viste meglio soddisfino di un piatto di spaghetti con le vongole oppure grazie agli sguardi sedimentati tra i ricordi piacevoli quel piatto di spaghetti potrebbe diventa re ancor più buono, oltre ogni aspettativa e preconcetto.

Fabio Marzari

E soprattutto perché per una volta non mettiamo da parte il cibo, lasciando a ciascuno il piacere della scelta che me glio gli aggrada, per parlare un po’ di questa lingua di terra che tra laguna e mare offre viste inaspettate e folgoranti su Venezia da un lato e sul mare dell’alto Adriatico, gentile e mite anche quando si fa burrascoso, dall’altro?

144 SABINE WEISS LA POESIA DELL’ISTANTE VENEZIA / TRE OCI 11.03.22 > 23.10.22 WeissSabine©1955USAYork,New Tre Oci Giudecca 43, Venezia  fermata / stop Zitelle Info tel.+39 041 24 12 332 www.treoci.orginfo@treoci.org Prenotazioni / Booking Call Center 041.0980227Prenotazioni892.101gruppi Organizzata da / Organized by Mostra promossa da / Exhibition promoted by Sponsor tecnici / Technical sponsorpartnerMediaprodotta da / produced by in collaborazione con / in association with con il sostegno di / with the support of

city diary biennale musica pag. 146 agenda pag. 148 art biennale pag. 154 e xhibitions pag. 156 begins!thedance,theatre,Music,art...season september2022 145

146 14 mercoledìWednesday h. 20 | Teatro La Fenice Instrumental Theatre GIORGIO BATTISTELLI JULES VERNE 1984-85 (60’) *** For percussion trio, three voices, trumpet and piano Libretto by Giorgio Battistelli Ars Ludi 15 giovedìThursday h. Ca’12Giustinian, Sala delle Colonne Cerimonia di consegna/ Award Ceremony Leone d’Oro/ Golden Lion GIORGIO BATTISTELLI Following Helga de la Motte in dia logue with Giorgio Battistelli (30’) h. 17 | Arsenale, Sala d’Armi A Sound BiennaleInstallationMusicaComposer PAUL DIAPHANOUSHAUPTMEIERSOUND 2022 (30’) *** Production La Biennale di Venezia, CIMM – Centro di Informatica Musicale Multimediale della Biennale di Venezia 15>25.09.2022 h. 20 | Arsenale, Teatro alle Tese (III) Experimental Music TheatreONDREJ ADÁMEK RINO REACHINGMURAKAMIOUT2022 (55’) * Moving voicesONDREJ ADÁMEK KNOCK EARTH STONE DUST (20’) Based on Man Time Stone Time RINO SALMONMURAKAMICROSSING (15’) For six singers, two percussionists, two dancers ONDREJ SCHLAFENADÁMEKGUT.WARM (20’) New version for six singers, two performers, two dancers h. Ca’22.30Giustinian, Sala delle Colonne Radio Live Rai Radio3 – Il teatro di Radio3 Biennale College ComposerGEMMA RAGUÉS VERITÀ A VENEZIA 2022 (50’) *** Performative radio composition 16 venerdì Friday h. Ca’11Giustinian, Sala delle Colonne Lecture NEW MUSIC THEATRE YESTERDAY, TODAY AND TOMORROW Laura Berman, General Manager and Artistic Director Staatsoper Hannover h. 19 | Teatro Piccolo Arsenale Experimental Music Theatre SIMON STEEN-ANDERSEN THE RETURN (a.k.a. Run Time Error @ Venice feat. Monteverdi), 2022 (60’) *** Music theatre for three singers, baroque ensemble, objects and video based upon Il ritorno di Ulisse in patria by Claudio Monteverdi h. 21 | Teatro del Parco, Mestre KLEIN Performance for voice and electronics (30’) *** DANIELE CARCASSI, X. LEE PARALLAX Experimental Performance (30’) *** 17 sabato Saturday h. 9 | Ca’ Giustinian, Sala delle Colonne Radio Live Music Lessons Rai Radio 3 Giovanni Bietti, presentation FRANCESCO CAVALLI IL GIASONE Teatro San Cassian, 1649 (30’) h. Ca’12Giustinian, Sala delle Colonne Cerimonia di consegna/ Award Ceremony Leone d’Argento/ Silver Lion ARS LUDI Following Guido Barbieri in dialo gue with Ars Ludi (30’) h. 18 | Teatro Piccolo Arsenale Experimental Music Theatre SIMON STEEN-ANDERSEN THE RETURN (vedi/see on 16 settembre/Septem ber) h. Fondazione20 Giorgio Cini, Lo Squero Instrumental Theatre Biennale College Performer Hosted by Tom Service (BBC Radio3) FRANÇOIS SARHAN SITUATION 4 – VICE VERSA For two performers, 2010 (4’) GEORGES APERGHIS GRAFFITIS 1981 (20’) Federico Tramontana, percussion SIX TOURBILLONS 1989 (12’) Esther-Elisabeth Rispens, sopranoTRYPTIQUE – FIDÉLITÉ (PART III) 1982 (16’) Dafne Paris, harp SEPT CRIMES DE L’AMOUR FOR A MOVIE BY MICHEL FANO 1979 Esther-Elisabeth(12’)Rispens, soprano Kathryn Vetter, clarinet Federico Tramontana, percussion CAROLA BAUCKHOLT HIRN & EI (fragments of the score), 2010 (4’) Dafne Paris, Esther-Elisabeth Rispens, Kathryn Vetter, Federico Tramontana 18 domenica Sunday h. 9 | Ca’ Giustinian, Sala delle Colonne Radio Live Music Lessons Rai Radio 3 Giovanni Bietti, presentation ANTONIO ORLANDOVIVALDI Teatro dell’Angelo, 1727 (30’) h. 11 | Conservatorio “Benedetto Marcello”, Sala dei concerti LECTURE (50’) Paul Hauptmeier h. 16 | Biblioteca Marciana, Salone Sansoviniano Performative Lecture AD IMMITATIONE DELLE PASSIONI (30’) “Canto” and “declamato” between Florence and Venice in early XVII TextsCenturyby Claudio Monteverdi and Giulio Caccini Paolo Da Col, lecture and vocal InstrumentalperformanceTheatre MEHDI UNFOLDINGJALALI*** Praying ritual for solo tanbur h. 20 | Arsenale, Tese dei Soppalchi Instrumental Theatre Hosted by Tom service (BBC Radio3) MAURICIO KAGEL DRESSUR 1977 (30’) * Percussion trio for wooden instruments Ars Ludi GIORGIO BATTISTELLI ORAZI E CURIAZI 1996 (13’) For two percussionists Ars Ludi biennale musica 66. BIENNALE MUSICA OUT OF STAGE

147 19 lunedì Monday h. 11 | Conservatorio “Benedetto Marcello”, Sala dei concerti Lecture THE FIRST EXPERIMENTAL MUSIC THEATER: VENETIAN OPERA (50’) Ellen Rosand, Yale University h. 20 | Teatro Goldoni Experimental Music Theatre MICHEL VAN DER AA THE BOOK OF WATER 2022 (70’) *** Music theatre for actor, string andquartetfilm based upon Der Mensch erscheint im Holozän by Max Frisch adapted by Michel van der Aa 20 martedìTuesday h. 11 | Conservatorio “Benedetto Marcello”, Sala dei concerti LECTURE (50’) Michel van der Aa h. 18 | Ca’ Giustinian, Sala delle Colonne Choral Music Theatre Native American Inspirations *** A music drama in voice BRENT MICHAEL DAVIDS MOHICAN SOUP 1997 NIGHT CHANT 1996 CITY OF WATER 2022 Commission ConservatoryShenandoah RUSSELL WALLACE JOURNEY 2002, revised 2021 LOUIS SONGSMOHAVEBALLARDBIRDDANCE arr. 2003 DAWN leriho:kwats TEIONKHIYÀ:TATONAVERY 2022 JENNIFER BEGINNINGSTEVENSOFTIME 2022 Vocal Ensemble Students of She nandoah Conservatory & Shenan doah University h. 21 | Teatro del Parco, Mestre Experimental performance YVETTE JANINE JACKSON LEFT BEHIND Radio Opera Workshop Ensemble 21 mercoledìWednesday h. 11 | Conservatorio “Benedetto Marcello”, Sala dei concerti LECTURE (50’) Yvette Janine Jackson h. 20 | Basilica di San Marco Sacred Representation HELENA TULVE VISIONS 2022 (50’) *** For vocal ensemble, “cori spezzati” and multiple instrumental ensem Textbles by Helena Tulve after frag ofmentssacred representation found by Giulio Cattin in Santa Maria della Fava in 1994, and the Gospel of Mary Magdalene 22 giovedìThursday h. 10-12 | Palazzo Giustinian Lolin, Sala Biblioteca Round Table RICOSTRUZIONE CRITICA DI GIULIO CATTIN DEI DRAMMI LITURGICI DEL XIV SECOLO CONSERVATI A SANTA MARIA DELLA EFAVAILNUOVO TULVECOMPOSITIVOTRATTAMENTODIHELENA Helena Tulve (Estonian Academy of Music and Theatre), Roberto Calabretto (Fondazione Ugo e Olga Levi, Università di Udine), Antonio Lovato (Università di Padova), Francesco Erle (Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia) in collaborazione con Fondazione Ugo e Olga Levi h. 16/18 | Arsenale, Sala d’Armi E Performative Sound Installation ALEXANDER SCHUBERT SLEEP LABORATORY 2022 (50’) * Performative installation per musicisti/performer e VR, 360 Video h. 20 | Arsenale, Teatro alle Tese (II) Experimental Music Theatre PAOLO BUONVINO ÇIATU 2022 (50’) *** For vocalists, disklaviers, ensemble, recorded voices and live electronics 23 venerdì Friday h. 11 | Conservatorio “Benedetto Marcello”, Sala dei concerti LECTURE (50’) Ondrej Adámek h. Arsenale,16/16.30/17/17.30Teatroalle Tese (II) PAOLO BUONVINO ÇIATU (30’) *** Sound Installation h. 20 | Tese dei Soppalchi Experimental Performance Biennale College PerformerTANIA CORTÉS R I Z O M A 2022 (30’) *** For electronics and video JACOPO CENNI HUNT 2022 (30’) *** Sound theatre for electronics and incandescent light bulbs 24 sabato Saturday h. 9 | Ca’ Giustinian, Sala delle Colonne Radio Live Music Lessons Rai Radio 3 Giovanni Bietti, presentation BRUNO HYPERIONMADERNA Teatro La Fenice, 1964 (30’) h. 11 | Conservatorio “Benedetto Marcello”, Sala dei concerti LECTURE (50’) Paolo Buonvino h. Arsenale,16/16.30/17/17.30Teatroalle Tese (II) PAOLO BUONVINO ÇIATU (30’) *** Sound Installation h. 18 | Teatro Piccolo Arsenale Experimental Music Theatre Biennale College Performer TIMOTHY CAPE STILL DROWSY 2022 (25’) *** Performative music theatre for voice, percussion trio, video and sound diffusion Ars Ludi DANIIL RELICTPOSAZHENNIKOV 2022 (35’) *** Linguistic mantram for voice, per cussion trio and electronics Esther-Elisabeth Rispens, soprano Ars Ludi h. 21 | Scuola Grande di San Rocco Madrigale Rappresentativo ANNELIES VAN PARYS NOTWEHR 2022 (50’) *** For two singers, vocal and instru mental ensemble based upon Barca di Venetia per PadovaDilettevoli Madrigali à cinque Voci by Adriano Banchieri, 1605, 1623 Libretto by Gaea Schoeters 18 domenica Sunday h. 9 | Ca’ Giustinian, Sala delle Colonne Radio Live Music Lessons Rai Radio 3 Giovanni Bietti, presentation LUIGI INTOLLERANZANONO Teatro La Fenice, 1961 (30’)) h. 11 | Ca’ Giustinian, Sala delle Colonne AWARD CEREMONY OF THE JURY PRIZE OF STUDENTS FROM CONSERVATORIESITALIAN Guido Barbieri, Coordinator of the Jury (30’) h. 10-12 | Palazzo Giustinian Lolin, Sala Biblioteca Round Table MUSIC THEATRE TODAY. VOICES, TECHNOLOGIESACTIONS, GianmarioCoordinators:Borio (Fondazione Gior gio Cini, Università di Pavia) Vincenzina Caterina Ottomano (Università Ca’ Foscari di Venezia) Susanne(UniversityRobertParticipants:AdlingtonofHuddersfield),Kogler(Universität Graz), Giordano Ferrari (Université Paris 8), BalletOperBerlin),DorotheaHartmann(DeutscheKoenBollen(OperaVlaanderen) *** prima assoluta/World premiere ** prima europea/European premiere * prima italiana/Italian premiere Biglietti/Tickets: Acquisto biglietti online e un’ora prima dello spettacolo presso la biglietteria in loco/ Tickets can be purchased online and one hour before the show at the ticket office on site www.labiennale.org

148 10 sabato Saturday DANILO ImprovvisazioniREA “Squero Jazz” Auditorium Lo Squero Isola di San Giorgio h.16.30 InMARRACASHpersonatour Hip hop PalaInvent-Jesolo h. 21 11 domenica Sunday MALIKA FÈ TRIO Pop-jazz Laguna Libre h. 20.45 15 giovedìThursday NEOCHORI ETNO REBETIKO Folk Laguna Libre h. 20.45 16 venerdì Friday NAGUAL 4ET Etno jazz Laguna Libre h. 20.45 LUCA MINNELLI Pop-lyric Teatro Toniolo-Mestre h. 21 LA GHENGA FUORIPOSTO Cabaret-concerto Al Vapore-Marghera h. 19.30 18 domenica Sunday COMBO SUONDA Jazz Laguna Libre h. 20.45 ESTER POLY “NewRock-punkEcho System” Teatrino di Palazzo Grassi h. 21 MARCO SCARAMUZZA Musica d’autore Al Vapore-Marghera h. 19.30/21.30 19 lunedì Monday MIKA Musica d’autore Arena di Verona h. 19 20 martedìTuesday EROS RAMAZZOTTI Pop Arena di Verona h. 19 21 mercoledìWednesday EROS RAMAZZOTTI Pop Arena di Verona h. 19 22 giovedìThursday BLACK SHOES Rock Al Vapore-Marghera h. 21 2CELLOS Pop-rock Arena di Verona h. 19 23 venerdì Friday VALENTE New wave Al Vapore-Marghera h. 21 EROS RAMAZZOTTI Pop Arena di Verona h. 19 24 sabato Saturday TIRO MANCINO “FestivalPop delle Idee” Teatro Toniolo-Mestre h. 21 EROS RAMAZZOTTI Pop Arena di Verona h. 21 27 martedìTuesday LIGABUE Pop-rock Arena di Verona h. 21 29 giovedìThursday BEAT NIGHT Beat Al Vapore-Marghera h. 19.30 LIGABUE Pop-rock Arena di Verona h. 21 30 venerdì Friday LIGABUE Pop-rock Arena di Verona h. 21 OttOct 02 domenica Sunday COUNTING CROWS Rock Gran Teatro Geox-Padova h. 22.15 03 lunedì Monday SIGUR ROS Post rock Kione Arena-Padova h. 21 :music a Sett Sept 01 giovedìThursday SARA FATTORETTO “WomenPop-jazz for Freedom In Jazz” Hotel Carlton on the Grand Canal h. 20.30 EVE TRIO Jazz Laguna Libre h. 20.45 YUMI ITO TRIO “VerbaJazz Volant” Cortile della Filanda Romanin-Jacur Salzano h. 21 02 venerdì Friday ALBERTO VIANELLO TRIO Jazz Laguna Libre h. 20.45 MUTANTI MUSICALI “VerbaJazz Volant” Villa Loredan-Stra h. 21 STILL STONES Rock’n’Roll Al Vapore-Marghera h. 19.30 04 domenica Sunday MASSIMO DEL RIO TRIO Jazz Laguna Libre h. 20.45 08 giovedìThursday FRANCESCA TANDOI “WomenJazz for Freedom In Jazz” Hotel Carlton on the Grand Canal h. 20.30 RACCONTO ITALIANO Pop-jazz Laguna Libre h. 20.45 SLIDING DOORS Rock-pop-blues Al Vapore-Marghera h. 21 09 venerdì Friday LORENZO LIUZZI TRIO Pop-jazz Laguna Libre h. 20.45 TIDES Rock Al Vapore-Marghera h. 19.30 a gendaMUSICA , CLASSICA, TEATRO ALINDIRIZZIVAPORE Via Fratelli Bandiera 8-Marghera www.alvapore.it ARENA DI VERONA Piazza www.eventiverona.itBra-Verona GRAN TEATRO GEOX Via Tassinari 1-Padova zedlive.com FILANDA ROMANINJACUR Via Roma www.jazzareametropolitana.com166-Salzano HOTEL CARLTON ON THE GRAND CANAL Santa Croce www.carltongrandcanal.com576 LAGUNA LIBRE Fondamenta di www.lagunalibre.itCannaregio KIONE ARENA Via San Marco 53-Padova zedlive.com PALAINVENT Piazza Brescia 11-Jesolo www.azalea.it DITEATRINOPALAZZO GRASSI Campo San Samuele, San Marco www.palazzograssi.it3231 VILLA LOREDAN Via Roma www.jazzareametropolitana.com1

149 The Vitrine takes care of the Artwork. We take care of the Vitrine. T.info@ott-art.itwww.ottart.itottartvenezia+390415369837

150 13 martedìTuesday …DU TEMPS PERDU Michel Dalberto pianoforte Musiche di Liszt, Franck, Debussy, Wagner, Schumann “Incontri Asolani” Ingresso/Ticket € 27,5 Chiesa di San Gottardo-Asolo h. 21 15 giovedìThursday IL TROVATORE (vedi domenica 10 settembre) Teatro La Fenice h. 19 16 venerdì Friday ACCADEMIA VIVALDI Concerto degli allievi del Corso di perfezionamento tenuto dal soprano Gemma Bertagnolli presso l’Istituto Italiano Antonio Vivaldi della Fondazione Giorgio Cini e degli allievi dei Corsi di perfezionamento di Violino, Violoncello e Basso continuo Ingresso libero/Free entry Fondazione Levi h. 18 MADAMA BUTTERFLY (vedi domenica 10 settembre) Teatro La Fenice h. 19 ConcertoL’APPASSIONATAinaugurale Tommaso Benciolini flauto Antonella De Franco arpa Lorenzo Gugole direttore Composizioni di Baldassare Galuppi, Franz Joseph Haydn, W.A. “FestivalMozartGaluppi” Scuola Grande di San Rocco h. 20.30 PAGANINIANA Giuseppe Gibboni violino Premio Paganini 2021 Carlotta Dalia chitarra Premio Paganini Guitar Festival & Competition 2019 Musiche di Paganini, “IncontriCastelnuovo-TedescoPiazzolla,Asolani” Ingresso/Ticket € 27,5 Chiesa di San Gottardo-Asolo h. 21 17 sabato Saturday IL TROVATORE (vedi domenica 10 settembre) Teatro La Fenice h. 19 18 domenica Sunday MUSICA E APERITIVO Composizioni di Igor Stravinsky e Wynton Marsalis Solisti del Teatro La Fenice Direttore Alessandro Cappelletto Ingresso/Ticket € 25/30 Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 11 MADAMA BUTTERFLY (vedi domenica 10 settembre) Teatro La Fenice h. 19 20 martedìTuesday MADAMA BUTTERFLY (vedi domenica 10 settembre) Teatro La Fenice h. 19 I FILARMONICISOLISTI ITALIANI Giovanni Angeleri violino solista Federico Guglielmo violino solista Domenico Nordio violino solista Sonig Tchakerian violino solista Composizioni di Arcangelo Corelli, J.S. Bach, Vivaldi, “Festival Galuppi” Scuola Grande di San Rocco h. 20.30 21 mercoledìWednesday IL TROVATORE (vedi domenica 10 settembre) Teatro La Fenice h. 19 22 giovedìThursday ÉLÉONORE IANmezzosopranoPANCRAZIBARBERpianoforte Presentazione del festival Massenet, maestro del suo tempo concerto a seguire “Massenet, maestro del suo tempo” Ingresso libero/Free entry Palazzetto Bru Zane h. 18 MADAMA BUTTERFLY (vedi domenica 10 settembre) Teatro La Fenice h. 19 23 venerdì Friday IL TROVATORE (vedi domenica 10 settembre) Teatro La Fenice h. 19 24 sabato Saturday SONIG TCHAKERIAN violino Johann Sebastian Bach: Sonate e Partite per violino solo “Asolo Musica” Ingresso/Ticket € 33 Auditorium Lo Squero h. 16.30 25 domenica Sunday ENSEMBLE LABIRINTO ARMONICO Roberto Torto flauti a becco e cornamusa Pierluigi Mencattini violino barocco Walter D’Arcangelo organo Composizioni di G.P. Telemann, J.J. Quantz, Baldassare Galuppi, Giacomo Castoldi “Festival Galuppi” Chiesa di San Rocco h. 18 30 venerdì Friday QUATUOR ELEONORAAGATETESTAvioloncello Musiche di Johann Sebastian Bach, György Ligeti, Luigi “Archipelago”Boccherini Ingresso/Ticket € 22,40/11,20 Auditorium Lo Squero h. 18.30 PHOENIX SEXTET Composizioni di Richard Wagner, Johannes Brahms, Arnold Shoenberg, Sarah Oates, e altri “Festival Galuppi“ Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20 OttOct 01 sabato Saturday DAL SALOTTO ALLA SCENA Gabrielle Philiponet soprano Marie Kalinine mezzosoprano Artavazd Sargsyan tenore Philippe-Nicolas Martin baritono Thomas Tacquet pianoforte Arie d’opera, oratori e mélodies per voce e pianoforte di Jules Massenet “Massenet, maestro del suo tempo” Ingresso/Ticket € 15/5 Scuola Grande San Giovanni Evangelista h. 19.30 :classica l Sett Sept 02 venerdì Friday ILTHEAL-BUNDUQIYYALOSTCONCERTOPOMOD’ORO Federico Guglielmo violino Giovanni Sollima violoncello Musiche di Vivaldi, Tartini, Sollima “Incontri Asolani” Ingresso/Ticket € 27,5 Chiesa di San Gottardo-Asolo h. 21 06 martedìTuesday A LA RECHERCHE…. Johannes Moser violoncello Premio Tchaikovsky 2002 Gloria Campaner pianoforte Musiche di Boulanger, Brahms, “IncontriFranck Asolani” Ingresso/Ticket € 27,5 Chiesa di San Gottardo-Asolo h. 21 09 venerdì Friday UN VALZER D’AMORE Maria Smirnova soprano Nutsa Zakaidze contralto Alessandro Fiocchetti tenore Daviti Tkhelidze basso Michele Campanella e Monica Leone pianoforte Musiche di Brahms “Incontri Asolani” Ingresso/Ticket € 27,5 Chiesa di San Gottardo-Asolo h. 21 10 sabato Saturday MADAMA BUTTERFLY Musica di Giacomo Puccini Orchestra e Coro del Teatro La DirettoreFenice Sesto Quatrini Regia di Àlex Rigola ripresa da Cecilia Ligorio Scene e costumi Mariko Mori “Stagione Lirica 2021-2022“ Ingresso/Ticket € 220/15 Teatro La Fenice h. 19 11 domenica Sunday IL TROVATORE Musica di Giuseppe Verdi Orchestra e Coro del Teatro La DirettoreFenice Francesco Ivan Ciampa Regia di Lorenzo Mariani Scene e costumi William Orlandi “Stagione Lirica 2021-2022“ Ingresso/Ticket € 220/15 Teatro La Fenice h. 19 a gendaMUSICA, CLASSICA , TEATRO

SCUOLA GRANDE SAN GIOVANNI EVANGELISTA San Polo bru-zane.com2454

SCUOLA GRANDE DI SAN ROCCO San Polo festivalgaluppi.it3054

LA LUNA NEL POZZO (vedi giovedì 1 settembre) Piazze e vie del centro storico Caorle h. 18-22 ILIADE (vedi giovedì 1 settembre) Teatro Romano-Verona h. 21.15

Performance designer Francesco Cocco Dramaturg Piero

TEATRO LA FENICE Campo San Fantin www.teatrolafenice.it1965 giovedìThursday

03 sabato Saturday A

151 02 domenica Sunday FARFALLE NERE, FARFALLE BIANCHE François Dumont pianoforte Opere per pianoforte di Massenet, Pierné, Hillemacher, Hahn, Leroux, “Massenet,Schmitt maestro del suo tempo” Ingresso/Ticket € 15/5 Palazzetto Bru Zane h. 17 04 domenica Sunday PARASCEVA di Marianna Andrigo con Marianna Andrigo, Valentina Milan, Michela Lorenzano, Ilaria PerformanceBagarolo in forma di durata “Venere(4h) in Teatro” Forte Marghera-Mestre h. 18 LA LUNA NEL POZZO (vedi giovedì 1 settembre) Piazze e vie del centro storico Caorle h. 18-22 07 mercoledìWednesday ETERNI SECONDI di e con Ivan Di Noia, Andrea “SottocasaVedovato–ilTeatro nelle città” Ingresso libero/Free entry Serra dei Giardini h. 17 R+G Liberamente ispirato a Romeo e Giulietta di William Shakespeare Testo di Tommaso Fermariello Regia di Stefano Cordella Ingresso/Ticket € 10/8 Teatro Goldoni h. 19 ALL MY LOOPS FOR YOU Concept SalvatoreDehors/AudelaInsana,ElisaTurco Liveri Coreografia Elisa Turco Liveri Con Alice Ruggero, Andrea Sassoli, Cecilia Ventriglia Partitura visiva Salvatore Insana “Venere in Teatro” Forte Marghera-Mestre h. 21 DANCE CLUB di e con Roberto Castello Produzione ALDES “Venere in Teatro” Forte Marghera-Mestre h. 21.45 08 giovedìThursday R+G (vedi mercoledì 7 settembre) Teatro Goldoni h. 19 MOVING INTERVIEW Con Roberto Casarotto e Sara “VenereSguottiinTeatro” Ingresso libero/Free entry Forte Marghera-Mestre h. 19.30 c’èxxxRitualiIT’SHARDTOBEHUMANdiadattamentoèmortaealsuopostounalieno Concetto Sara Sguotti Performer Julie Bergez, Jari Boldrini, Manuel Cascone, Spartaco Cortesi, Sara Sguotti Supporto drammaturgico e coreografico Elena Giannotti “Venere in Teatro” Forte Marghera-Mestre h. 21 FOLK TALES Concept Gloria Dorliguzzo Performer Gloria Dorliguzzo, Jessica D’Angelo “Venere in Teatro” Forte Marghera-Mestre h. 22 IL FUOCO SAPIENTE di Giuseppe Montesano Con Toni “OperaestateServillo2022” Ingresso/Ticket € 15/12 Teatro al Castello “Tito Gobbi” Bassano del Grappa h. 21 09 venerdì Friday R+G (vedi mercoledì 7 settembre) Teatro Goldoni h. 19 LA CASETTA DI MARZAPANE Con Cristina Ranzato, Andrea “SottocasaVedovato – il Teatro nelle città” Ingresso libero/Free entry Villa Querini-Mestre h. 17 ESERCITAZIONI RITMICHE DI MESTRE Il trattamento delle onde Direzione e coreografia di Claudia “VenereCompagniaSissjInsegnamentoCastelluccicoreuticoBassaniMòrainTeatro” Forte Marghera-Mestre h. 18/19 S.O.P. Concept e coreografia Sara Sguotti Con Sara Sguotti e Spartaco MusicheCortesi live Spartaco Cortesi “Venere in Teatro” Ingresso libero/Free entry Forte Marghera-Mestre h. 20.30 C’È VITA SU VENERE di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni “Venere in Teatro” Forte Marghera-Mestre h. 21.30 :t h eatro

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LA LUNA NEL POZZO Festival internazionale del teatro di strada Ingresso libero/Free entry Piazze e vie del centro storico Caorle h. 18-22 ILIADE nella riscrittura di Alessandro ConBariccoNatalino Balasso, Luca Boscolo, Marta Cortellazzo Wiel, Diego Facciotti, Chiara Mascalzoni, Chiara Pellegrin e Pietro Traldi Regia di Alberto Rizzi “Estate Teatrale Veronese” Ingresso/Ticket € 29/18 Teatro Romano-Verona h. 21.15 02 venerdì LUNA NEL POZZO (vedi giovedì 1 settembre) Piazze e vie del centro storico Caorle h. 18-22 ILIADE (vedi giovedì 1 settembre) Teatro Romano-Verona h. 21.15 CHI SI PERDE Ramella Interprete Giorgia Lolli “Venere in Teatro” Ingresso libero/Free entry Marghera-Mestre h. 20.45 VERSCHWINDENSDES coreografia e direzione artistica di Lina Gómez “Venere in Teatro” Forte Marghera-Mestre h. 21.30

Friday LA

152 CAPPUCCETTO ROSSO RHAPSODY Con Romina Ranzato, Ivan Di Noia “Sottocasa – il Teatro nelle città” Ingresso libero/Free entry Parco Bissuola-Mestre h. 17 PILE OF PIECES di Julek Kreutzer Con Julek Kreutzer e Diethild Meier “Venere in Teatro” Forte Marghera-Mestre h. 21 13 martedìTuesday BESIDES ME di e con Elisa Sbaragli Musiche di Elia Anelli, Alberto Ricca, Edoardo Sansonne “Venere in Teatro” Forte Marghera-Mestre h. 21 14 mercoledìWednesday IFIGENIA IN TAURIDE di RegiaEuripidediJacopo Gassmann Istituto Nazionale del Dramma “EstateAntico Teatrale Veronese” Ingresso/Ticket € 29/18 Teatro Romano-Verona h. 21.15 15 giovedìThursday IFIGENIA IN TAURIDE (vedi mercoledì 14 settembre) Teatro Romano-Verona h. 21.15 22 giovedìThursday NELLACATTEDRALEASSASSINIO da DrammaturgiaEschilo di Gabriele Vacis e RegiaPEM di Gabriele Vacis Con gli attori di PEM - Potenziali Evocati Multimediali “75. Ciclo di Spettacoli Classici” Ingresso/Ticket € 25/15 Teatro Olimpico-Vicenza h. 21 23 venerdì Friday ASSASSINIO CATTEDRALENELLA (vedi venerdì 22 settembre) Teatro Olimpico-Vicenza h. 21 24 sabato Saturday ASSASSINIO CATTEDRALENELLA (vedi venerdì 22 settembre) Teatro Olimpico-Vicenza h. 21 25 domenica Sunday ASSASSINIO CATTEDRALENELLA (vedi venerdì 22 settembre) Teatro Olimpico-Vicenza h. 21 28 giovedìThursday PROMETEO di Thomas Stearns Eliot con Moni Ovadia e Marianella RegiaBargillidi Guglielmo Ferro “75. Ciclo di Spettacoli Classici” Ingresso/Ticket € 25/15 Teatro Olimpico-Vicenza h. 21 :t h eatro 10 sabato Saturday R+G (vedi mercoledì 7 settembre) Teatro Goldoni h. 19 EQUAL ELEVATIONS Direzione Marcos Morau Coreografia di Marcos Morau Compagnia La Veronal “Venere in Teatro” Forte Marghera-Mestre h. 21 DEDICA LONTANA di Sara Sguotti Con Sara Sguotti e Steve Pepe “Venere in Teatro” Forte Marghera-Mestre h. 22 11 domenica Sunday R+G (vedi mercoledì 7 settembre) Teatro Goldoni h. 19 DÈDICACE Coreografia e interpretazione Romane Peytavin et Pierre Piton Compagnia La P.P. “Venere in Teatro” Ingresso libero/Free entry Forte Marghera-Mestre h. 16 SEEKING UNICORN Ideazione, creazione e azione di Chiara “VenereOcchioMentoringCoachChernetichDramaturgBersaniGaiaClotildeMartaCiappinaAlessandroSciarroniEsternoMarcoD’AgostininTeatro” Forte Marghera-Mestre h. 18 LOWER Coreografia Marina Donatone Performance Ilaria Quaglia “Venere in Teatro” Forte Marghera-Mestre h. 21 12 lunedì Monday R+G (vedi mercoledì 7 settembre) Teatro Goldoni h. 19

TERRA Con Susi Danesin, Daniele Vianello “Sottocasa – il Teatro nelle città” Ingresso libero/Free entry Parco Piraghetto-Mestre h. 17 a gendaMUSICA, CLASSICA, TEATRO FORTEINDIRIZZIMARGHERA Via Forte Marghera, liveartscultures.weebly.comMestre SOTTOCASA Vari luoghi a Mestre e www.teatrostabileveneto.itVenezia TEATRO AL CASTELLO TITO GOBBI Piazza Castello Ezzelini Bassano del www.operaestate.itGrappa TEATRO GOLDONI Rialto, San Marco www.teatrostabileveneto.it4659 TEATRO OLIMPICO Piazza Matteotti 11-Vicenza www.tcvi.it TEATRO ROMANO Rigaste Redentore www.spettacoloverona.it2-Verona TEATRO VERDI Via dei Livello www.teatrostabileveneto.it32-Padova

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VENICEHEUREKAHOTEL 06465240413900T HOTEL-HEUREKA.COM MASTERPLAN-A.COM©COLLAGE: KA!RE-HEU-

154 ARSENALE IL LATTE DEI SOGNI THE MILK OF DREAMS Corderie NATIONAL PARTICIPATIONS ALBANIA Artiglierie ARABIA SAUDITA Sale d'Armi ARGENTINA Sale d'Armi CILE Artiglierie RepubblicaCINA Popolare Cinese Magazzino delle Vergini EMIRATI ARABI UNITI Sale d'Armi FILIPPINE Artiglierie GHANA Isolotto IRLANDA Artiglierie ISLANDA Artiglierie Repubblica del KOSOVO Artiglierie LETTONIA Artiglierie LIBANO Artiglierie Granducato di LUSSEMBURGO Sale d'Armi MALTA Artiglierie MESSICO Sale d'Armi NUOVA ZELANDA Artiglierie Sultanato dell’OMAN Artiglierie PERÙ Sale d'Armi SINGAPORE Sale d'Armi Repubblica di SLOVENIA Isolotto Repubblica del SUDAFRICA Sale d'Armi TURCHIA Sale d'Armi UCRAINA Sale d'Armi Repubblica dell’UZBEKISTAN Fianco Teatro delle Tese PADIGLIONE ITALIA Tese e Giardino delle Vergini 59. INTERNAZIONALEESPOSIZIONE D’ARTE 23 April> 27 November 2022 GIARDINI, ARSENALE, AROUND TOWN Opening times 23 April > 25 September 11 am-7 pm (last admission 6.45 pm) 27 September > 27 November 10 am-6 pm (last admission 5.45 pm) Only Arsenale until 25 September on Fridays and Saturdays extended opening until 8 pm Closed on Mondays Except 25/04, 30/05, 27/06, 25/07, 15/08, 5/09, 19/09, 31/10, 21/11 www.labiennale.org art biennale DREAMSOFMILKTHE EventsCollateralPavilions,National TownAroundArsenale,Giardini, GRAN (Finlandia,PAESIISRAELEGRECIABRETAGNANORDICINorvegia, Svezia) STATISPAGNASERBIAROMANIA/1POLONIAUNITI D’AMERICA RepubblicaURUGUAYUNGHERIASVIZZERA Bolivariana del PADIGLIONEVENEZUELA VENEZIA GIARDINI IL LATTE DEI SOGNI THE MILK OF DREAMS Padiglione centrale NATIONAL PARTICIPATIONS RepubblicaCANADABRASILEBELGIOAUSTRIAAUSTRALIAdi COREA (PadiglioneESTONIAEGITTODANIMARCAPaesi Bassi) (PadiglioneFINLANDIAAlvar Aalto) GIAPPONEGERMANIAFRANCIA

155 AROUND TOWN COLLATERAL EVENTS ARSENALE DOCKS Alberta Whittle. “deep dive (pause) uncoiling memory” Docks Cantieri Cucchini San Pietro di Castello 40 CAMPO DELLA TANA Angela Su: Arise, Hong Kong in Venice Castello 2126 (fronte ingresso Arsenale) CSDCA Angels Listening. Rachel Lee Hovnanian Loggia della Temanza, Dorsoduro 1602 FONDATION LOUIS VUITTON APOLLO, APOLLO Calle del Ridotto, San Marco 1353 FONDAZIONE DELL’ALBERO D’ORO Bosco Sodi a Palazzo Vendramin Grimani. What Goes Around Comes Around Palazzo Vendramin Grimani, San Polo 2033 ARSENALE DOCKS Catalonia in Venice_LLIM Docks Cantieri Cucchini San Pietro di Castello 40 PALAZZO CONTARINI POLIGNAC Chun Kwang Young. Times Reimagined Dorsoduro 874 PALAZZO CAVANIS Claire Tabouret. I Am Spacious, Singing Flesh Dorsoduro 920 PALAZZO LOREDAN Eugen Raportoru. The Abduction from the Seraglio Roma Women. Performative Strategies of Resistance Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti Campo Santo Stefano, San Marco 2945 PALAZZO QUERINI Ewa Kuryluk. I, White Kangaroo Calle Lunga San Barnaba, Dorsoduro 2691 PALAZZO MORA From Palestine With Art Cannaregio 3659 PALAZZO DELLE PRIGIONI Impossible Dreams Castello 4209 SPAZIO OLIVOLO Lita Albuquerque. Liquid Light San Pietro di Castello 59/C PROCURATIE VECCHIE Louise Nevelson. Persistence Fino Until 11settembre September Piazza San Marco (ingresso da San Marco 1218/B) NEGOZIO OLIVETTI Lucio Fontana / Antony Gormley Piazza San Marco 101 ARCHIVI DELLA MISERICORDIA Pera + Flora + Fauna The Story of Indigenousness and the Ownership of History Campo de l’Abazia, Cannaregio 3549 PALAZZO ZEN Road of Faith Cannaregio 4924 CHIESA SANTA MARIA DELLA VISITAZIONE Rony Plesl. Trees Grow from the Sky Fondamenta Zattere ai Gesuati Dorsoduro 919/A PALAZZO TIEPOLO PASSI Stanley Whitney. The Italian Paintings San Polo 2774 SALONE VERDE Take Your Time Calle della Regina, Santa Croce 2258 FONDAZIONE ERES Tue MedusaGreenfort.AlgaLaguna Ca’ Sarasina, Castello 1228 BENEDETTOCONSERVATORIOMARCELLO Uncombed, UnconstrainedUnforeseen, Campiello Pisani, San Marco 2810 ATELIER MURANESE Vera Molnár. Icône 2020 New Murano Gallery Calle Alvise Vivarini 6, Murano PALAZZO DONÀ BRUSA With hands, signs grow San Polo 2177 ASSOCIAZIONE SPIAZZI Without Women Calle del Pestrin, Castello 3856 CAMPO DELLA TANA YiiMa Art AllegoryofGroup.Dreams Fino Until 20ottobre October Castello 2126/A (fronte ingresso Arsenale) AROUND TOWN NATIONAL PARTICIPATIONS Repubblica ARABA SIRIANA Isola di San Servolo ARMENIA Campo della Tana, Castello 2125 Repubblica dell’AZERBAIJAN Piazza San Marco Procuratie Vecchie 139-153 Repubblica Popolare del BANGLADESH Palazzo Pisani Revedin, San Marco 4013 BOLIVIA Artspace4rent, Cannaregio 4120 BULGARIA Spazio Ravà, San Polo 1100 Repubblica del CAMERUN Liceo Artistico Guggenheim, Dorsoduro 2613 Palazzo Ca’ Bernardo Molon, San Polo 2186 CANADA/2 Magazzini del Sale 5, Dorsoduro 262 COSTA D’AVORIO Magazzini del Sale 3, Dorsoduro 264 CROAZIA Via Garibaldi, Castello 1513 CUBA Isola di San Servolo GEORGIA Spazio Punch, Giudecca 800/O GRENADA Il Giardino Bianco Art Space Via Garibaldi 1814 GUATEMALA SPUMA – Space For The Arts Giudecca 800/R Repubblica del KAZAKHSTAN Spazio Arco, Dorsoduro 1485 KENYA Fàbrica 33, Cannaregio 5063 Repubblica del KIRGHIZISTAN Hydro Space, Giudecca Art Center Giudecca 211/C LITUANIA Campo de le Gate, Castello 3200 Repubblica MACEDONIAdellaDEL NORD Scuola dei Laneri, Santa Croce 113/A MONGOLIA Calle San Biasio, Castello 2131 MONTENEGRO Palazzo Malipiero, San Marco 3078-3079/A NAMIBIA Isola della Certosa NEPAL Sant’Anna Project Space One, Castello 994 PAESI BASSI Chiesetta della Misericordia – Art Events Campo de l’Abazia, Cannaregio 3548 PORTOGALLO Palazzo Franchetti, San Marco 2847 ROMANIA/2 New Gallery of the Romanian Institute for Culture and Humanistic Research Palazzo Correr Campo Santa Fosca, Cannaregio 2214 SAN MARINO Palazzo Donà dalle Rose Fondamenta Nove, Cannaregio 5038 UGANDA Palazzo Palumbo Fossati, San Marco 2597 Repubblica dello ZIMBABWE Istituto Santa Maria della Pietà Calle della Pietà, Castello 3702

156 e xhibitions VeneziaaMostre BiennaleOnlyNot AROUND VENICE AND MURANO The Italian Glass Weeks 17-25 settembre September theitalianglassweeks.com 193 GALLERY Thandiwe Muriu Hassan DerrickHajjajOfosu Boateng The Colors of Dreams Fino Until 28 ottobre October Zattere, Dorsoduro www.193gallery.com556 AKKA PROJECT African Identities Group Exhibition Fino Until 27 novembre November Ca’ del Duca, Corte Duca Sforza San Marco www.akkaproject.com3052 BEL AIR FINE ART Carole RichardFeuermanOrlinski Fino Until 27 novembre November Calle dello Spezier, San Marco 2765 Dorsoduro www.belairfineart.com728 BIBLIOTECA MARCIANA Federica Marangoni Memory The Light of Time Fino Until 27 novembre November Sala Sansoviniana, Biblioteca Nazionale Marciana, Piazza San Marco CA’ GALLERIAD’ORO GIORGIO FRANCHETTI Da Donatello a Alessandro Vittoria 1450 – 1600 150 anni di scultura nella Repubblica di Venezia Fino Until 30 ottobre October Calle Ca’ d’Oro, Cannaregio 3934 www.cadoro.org CA’ PESARO/1 Raqib PalazzoShaw:della Memoria Fino Until 25 settembre September Galleria Internazionale d’Arte Moderna (Sale Dom Pérignon), Santa Croce 2076 capesaro.visitmuve.it CA’ PESARO/2 Bice Lazzari Fra spazio e misura Fino Until 23 ottobre September Galleria Internazionale d’Arte Moderna Santa Croce capesaro.visitmuve.it2076 CASA DEI TRE OCI Sabine Weiss La poesia dell’istante Fino Until 23 ottobre October Giudecca www.treoci.org43 CASTELLO 925 Kaethe Kauffman Yoga: Interiore Esterno Fino Until 13 novembre November Fondamenta San Giuseppe, Castello www.crosscontemporaryprojects.com925 CENTRO CULTURALE CANDIANI Kandinsky e le Avanguardie. Punto, linea e superficie. 30 settembre September 21 febbraio February, 2023 Piazzale Candiani, muvemestre.visitmuve.itMestre CHIESA DELLA PIETÀ Carole Feuerman. My Stories Fino Until 27 novembre November Cappella, Riva degli Schiavoni Castello www.belairfineart.com3701 CHIESA SAN SAMUELE Julien FriedlerÈ finita la Commedia Fino Until 25 settembre September Campo San Samuele, San Marco www.julienfriedler.com | cdstudiodarte.it CIPRIANI GIUDECCA Subodh CookingGuptatheWorld Fino Until 27 novembre November Giardino dell’Hotel Belmond, Giudecca 10 COLLEZIONE GUGGENHEIMPEGGY Surrealismo e magia. La modernità incantata Fino Until 26 settembreSeptember Dorsoduro guggenheim-venice.it701 DELL’OSPEDALETTO/1COMPLESSO Penumbra Fino Until 27 novembre November Ospedaletto CON/temporaneo Barbaria de le Tole, Castello 6691 inbetweenartfilm.com DELL’OSPEDALETTO/2COMPLESSO Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh, Hesam Rahmanian ALLUVIUM Fino Until 27 novembre November Ospedaletto Contemporaneo Barbaria de le Tole, Castello 6691 ogrtorino.it EUROPEAN CULTURAL CENTRE (ECC) Personal ReflectionsStructures Fino Until 27 novembre November Palazzo Mora, Strada Nova Cannaregio 3659 Palazzo Bembo, Riva del Carbon San Marco 4793 Giardini della Marinaressa, Riva dei Sette Martiri, Castello FONDACO DEI TEDESCHI Leila StorieAlaouiInvisibili/Unseen Stories Fino Until 27 novembre November Rialto (accanto al Ponte) FONDACO MARCELLO Wallace Chan. Totem Fino Until 23 ottobre October Calle del Traghetto, San Marco 3415 www.wallace-chan.com FONDATION VALMONT Peter Pan. La nécessité du rêve Fino Until 26 febbraio February, 2023 Palazzo Bonvicini, Calle Agnello San Polo fondationvalmont.com2161/A FONDATION WILMOTTE Bae LightBien-UofGrey/View of Venice Fino Until 27 novembre November Gallery, Fondamenta dell’Abbazia Cannaregio www.fondationwilmotte.com3560 FONDAZIONE BERENGO ART SPACE 7. StateGLASSTRESSofmind Fino Until 27 novembre November Campiello della Pescheria 4, www.fondazioneberengo.orgMurano FONDAZIONE BERENGO Laurent Reypens – Dreamflowers Fino Until 15 settembre September Palazzo Cavalli-Franchetti San Marco www.fondazioneberengo.org2847 FONDAZIONE BEVILACQUA LA MASA Franca Faccin Giallo blu verde rosso. L’altalena dei giri di freni Fino Until 25 settembre September Galleria di Piazza San Marco 71/C FONDAZIONE EMILIO E ANNABIANCA VEDOVA Rainer - Vedova: Ora Fino Until 30 ottobre October Magazzino del Sale e Spazio Vedova Zattere www.fondazionevedova.org266 FONDAZIONE PRADA Human Brains It Begins with an Idea Fino Until 27 novembre November Ca’ Corner della Regina, Santa Croce 2215 www.fondazioneprada.org FONDAZIONE QUERINI STAMPALIA Danh Vo¯, Isamu Noguchi, Park Seo-Bo Fino Until 27 novembre November Campo Santa Maria Formosa Castello www.querinistampalia.org5252 GALLERIA A plus A SupaStore Venice Fino Until 25 settembre September Calle Malipiero, San Marco 3073 aplusa.it GALLERIA CATERINA TOGNON Lilla Tabasso 10 settembre September 27 novembre November Corte Barozzi, San Marco 2158 www.caterinatognon.com GALLERIA RAVAGNAN Bruno ViareggioCatalano Fino Until 30 settembre September Piazza San Marco 50/A Dorsoduro, www.ravagnangallery.com686

PALAZZO GRIMANI/1 Mary Weatherford The Flaying of Marsyas Fino Until 27 novembre November Castello musei/museo-di-palazzo-grimanipolomusealeveneto.beniculturali.it/4858/a PALAZZO GRIMANI/2 Georg Baselitz. Until 27 novembre MANFRIN Until 9 ottobre MOCENIGO Until 11 settembre

September Santa Croce mocenigo.visitmuve.it1992 PROCURATIE VECCHIE The Human Safety Net A World of Potential Piazza San Marco www.thehumansafetynet.org1218/B PUNTA CONTERIE ART GALLERY Forme del bere Fino Until 31 dicembre December InGalleria, Fondamenta Giustinian 1 puntaconterie.comMurano PUNTA DELLA DOGANA Bruce ContrappostoNauman:Studies Fino Until 27 novembre November Dorsoduro www.palazzograssi.it2 RIVA SAN BIASIO Zhanna PalianytsiaKadyrova Fino Until 11 settembre September Castello www.galleriacontinua.com2145 SCALA CONTARINI DEL BOVOLO MIRESI | RADICI À rebours 8 settembre September 27 novembre November San Marco www.artecommunications.com4303 SCUOLA GRANDE DELLA MISERICORDIA Oscar Murillo. A Storm Is Blowing From Paradise 17 settembre Settembre 27 novembre Novembre Scuola Grande della Misericordia Cannaregio stormfromparadise.com359 SCUOLA GRANDE DI SAN GIOVANNI EVANGELISTA Ugo BurnRondinoneShineFly Fino Until 17 settembre September Chiesa e Campiello della Scuola San Polo ugorondinone.com2454 SCUOLA GRANDE SAN MARCO Sarah Revoltella La difesa Fino Until 10 settembre September Ingresso Ospedale Civile, Campo dei Santi Giovanni e Paolo, Castello 6777 www.sarahrevoltella.com SPARC* Spazio ContemporaneaArte Jacques LandscapesStagioneMartinezTicinese/Paper Fino Until 27 novembre November Santo Stefano, San Marco 2828A jacquesmartinez.com SPAZIO BERLENDIS Gwangju Biennale to where the flowers are blooming Fino Until 27 novembre November Cannaregio gwangjubiennale.org6301 SPAZIO THETIS 1stgEnkiAnnual METAVERSE Art Fino Until 27 novembre November Officina Lamierini e Tesa 106 Arsenale www.annualmetaverseart.comNord ST. GEORGE ANGLICAN CHURCH Mouna Rebeiz The Soothsayer Fino Until 27 novembre November Campo San Vio, mounarebeiz.comDorsoduro VENICE PHOTOGRAPHY Paolo Della Corte Michele Alassio Fino Until 23 novembre November Ruga Giuffa, Castello www.venicephotography.it4745

IKONA GALLERY Gli MichèleHalberstadtcheraggiunge Max 1 settembre September 30 ottobre October Campo del Ghetto Nuovo Cannaregio www.ikonavenezia.com2909

MUSEO CORRER/2 Il libro di Bessarione in difesa di Platone: nell’officina dell’ultimo filosofo bizantino Fino Until 31 ottobre October Sala delle Quattro Porte Piazza San correr.visitmuve.itMarco

October Sala delle Quattro Porte Piazza San correr.visitmuve.itMarco MUSEO DI STORIA NATURALE GIANCARLO LIGABUE The Living Sea Fotografia subacquea di Hussain Aga Khan Fino Until

PALAZZO FRANCHETTI Until 23 October San Marco

ACP (primo piano),

November Castello musei/museo-di-palazzo-grimanipolomusealeveneto.beniculturali.it/4858/a PALAZZO

Antoni Clavé Lo spirito del guerriero Fino

157

GALLERIE DELL’ACCADEMIA Anish Kapoor Fino Until 9 ottobre October Campo della Carità, Dorsoduro 1050 www.gallerieaccademia.it GIARDINI MARINARESSADELLA Richard Orlinski Solo exhibition Fino Until 27 novembre November European Cultural Centre, Giardini della Marinaressa, Riva dei Sette www.belairfineart.comMartiri

www.acp-palazzofranchetti.com2842

PALAZZO GRASSI Marlene Dumas. open-end Fino Until 8 gennaio January, 2023 Campo San Samuele, San Marco www.palazzograssi.it3231

Archinto Fino

Es-senze Fino

VENIER Fondazione Anish Kapoor Fino

Venezia nelle fotografie di Massimo Listri Fino Until

October Fontego dei Turchi, Santa Croce 1730 msn.visitmuve.it MUSEO DEL VETRO Tony SiliconCraggDioxide Fino Until 16 ottobre October Fondamenta Giustinian 8, Murano museovetro.visitmuve.it OCEAN SPACE THE SOUL EXPANDING OCEAN #3 Dineo Seshee Bopape. Ocean! What if No Change Is Your Desperate Mission? THE SOUL EXPANDING OCEAN #4 Diana Policarpo. Ciguatera Fino Until 2 ottobre October Ocean Space, Chiesa di San Lorenzo Castello www.ocean-space.org5069 PALAZZO CINI Joseph FinamenteBeuysArticolato Fino Until 2 ottobre October museovetro.visitmuve.it PALAZZO DIEDO Berggruen Arts & Culture Sterling Ruby. A Project in Four Acts Fino Until 27 novembre November Santa Fosca, Cannaregio 2386 www.berggruen.org PALAZZO DUCALE Anselm Kiefer Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce (Andrea Emo) Fino Until 29 ottobre October Sala dello Scrutinio Piazzetta San palazzoducale.visitmuve.itMarco PALAZZO FORTUNY Mariano Fortuny y Madrazo Palazzo Pesaro degli Orfei San Marco fortuny.visitmuve.it3958

ottobre

October Fondamenta Venier, Cannaregio 342 PALAZZO

ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE/1 Venini: Luce 1921-1985 18 settembre September 8 gennaio January 2023 Le Stanze del lestanzedelvetro.orgVetro ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE/2 Ai Weiwei La Commedia Umana –Memento Mori Fino Until 27 novembre November Abazia di San Giorgio www.fondazioneberengo.orgMaggiore M9 – Museo del ‘900 GUSTO! Gli italiani a tavola. 1970-2050 Fino Until 25 settembre September Museo del ’900 Via Giovanni Pascoli 11 - Mestre www.m9museum.it MAOV Museo d’Arte Orientale di Venezia Vivaci ceramicheTrasparenze:diYaozhou dalla Collezione Shang Shan Tang 7 settembre September 23 ottobre October Ca’ Pesaro, Santa Croce 2076 MARIGNANA ARTE ForzeQUAYOLA/Vettori / Cromie Tempeste digitali e moti in espansione 3 settembre September 27 novembre November Rio Terà dei Catecumeni Dorsoduro, www.marignanaarte.it141

MUSEO CORRER/3 20 ottobre 9 ottobre

MUSEO CORRER/1 Huong Dodinh. Ascension Fino Until 6 novembre November Sala delle Quattro Porte Piazza San correr.visitmuve.itMarco

158 1970�2050aGliGusto!italianitavola.

159 M9 Museo del eMassimoa25.9.2225.3>’900curadiMontanariLauraLazzaroniMediapartnerIncollaborazioneconMostraideataeprodottadaM9èunprogettodiMainsponsorCon il supporto diCon il patrocinio di ’900delMuseo-M9 11PascoliG.via MestreVenezia www.m9museum.it info@m9museum.it 0995941041t.

Mensile di cultura, spettacolo e tempo libero Numero 267 - Anno XXVI Venezia, 1 Settembre 2022 Con il Patrocinio del Comune di Venezia Autorizzazione del Tribunale di Venezia n. 1245 del 4/12/1996 Direzione editoriale Massimo Bran Direzione organizzativa Paola Marchetti Relazioni esterne e coordinamento editoriale Mariachiara Marzari

(zona S. Marco); Toletta, Toletta Cube e Toletta Studio (zona Campo San Barnaba) e in tutte le edicole della città. Direttore responsabile Massimo Bran Guida spirituale “Il più grande”, Muhammad Alì Recapito redazionale Cannaregio 563/E - 30121Venezia tel. +39 redazione@venezianews.it041.2377739www.venezianews.it venezianews.magazine venezia_news venews_magazine Redazione Venezianews Stampa Tipografia Valentini di Valentini Silvano Via D. Gallani 17 - Cadoneghe (Pd) La redazione non è responsabile di eventuali variazioni delle programmazioni annunciate Iscriviti alla VeNewsletter s taff

Redazione Chiara Sciascia, Davide Carbone Speciali Fabio Marzari

Coordinamento Newsletter e progetti digitali Marisa Santin Grafica Luca Zanatta Hanno collaborato a questo numero Katia Amoroso, Silvia Baldereschi, Loris Casadei, Maria Casadei, Matilde Corda, Elisabetta Gardin, Renato Jona, Michela Luce, Franca Lugato, Andrea Oddone Martin, Elena Migotto, Giorgio Placereani, Roberto Pugliese, Manuela Santacatterina, Sara Sagrati, Livia Sartori di Borgoricco, Fabio Di Spirito, Camillo Tonini, Luisa Turchi, Andrea Zennaro Si ringraziano Alberto Barbera, Gian Piero Brunetta, Emanuela Bassetti, Ai Weiwei, Adriano Berengo, Lucia Ronchetti, Gianmario Borio, Michel van der Aa, Roberto Ferrucci, Mago Silvan, Silvia Jop, Emanuela Caldirola, Paolo Lughi Traduzioni Andrea Falco, Patrizia Bran Foto di copertina Blonde di Andrew Dominik © Netflix – 79 lo trovi qui: Bookshop Gallerie dell’Accademia; Qshop (c/o Querini Stampalia, Santa Maria Formosa); Alef (c/o Museo Ebraico, zona Ghetto); Mare di Carta (Fondamenta dei Tolentini); Studium

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