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GIORNALE DI MEDICINA MILITARE 1972

Page 1

DI

MEDICINA MILITARE PUBBLICAZIONE BIMESTRALE

A CURA DEL SERVIZIO DI SANITÀ DELL'ESERCITO

DIREZIONE REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE MINISTERO DELLA DIFESA-ESERCITO- ROMA Spedizione in abb. post. - Gruppo IV


GIORNALE

DI

MEDICINA

MILITARE

MINISTERO DELLA DIFESA- ESERCITO -

ROMA

SOMMARIO

Saluto del Ten. Generale Medico Dott. Lcttcrio Dal Pra, nuovo Direttore Generale: della Sanità Militare . Saluto di commiato del Ten. Generale: Medico Prof. Francesco ladevaia

3

Francesco ladevaia (REDAZIONALE) .

5

MuLI G. A., BE!';WETTI A .• CosTA!'TINI F. E., MANZIN

Papilledcma po~t traumatico

E.. MARI:- G.: 11

F\tl.INA A.: La malama reumatica nelle Fone Armate italiane .

17

SANTt;LLA l.: Diagno5tica ecografica in oftalmologia .

2.9

E., CAZZATO A.: Il paracadunsmo ndl'ambtto della collettività militare - Studio della pel"iinalità e correlazioni col test di Rorschach .

51

D1 MAllTt!'O M.: Andamento della rosolia nell'Esercito italiano dal 1952 :.1 1970

70

.MF.I.ORIO

NOTE EDITORIALI SU ARGOME.I\lTI DI ATTUALITA': AllGHITTL C.: L'antigene Australia (Au) c le epatiti v1rali

RECENSJ0.\'1 DI LIBRI RECE:\'S/O.VI DA Rll' ISTE E GIOR.YALI SOMMARI DI Rll'JSTE MEDICO - MILITARI

86 94

NOTIZIARIO: Kotizic tecnico - scientilì.che Vaccino aotiro,olia anche in Italia - L 'immunità di branco nelb rosolia - Il nuovo • antipolio .. - Efficacia della vaccmazione .mtinflucn7.3lc prevcnti\'a - Il problema dell'acqua - Influenza dd caldo, del freddo, dell'età e dd pe'<l corporeo 'ullc arti colazioni - Simpo~io internazionale di reum~wlogia - Trapianto cterotopìco di fegato in coma da epatite • l problemi universali della vita Per un migUor rendimento scola\tìco · Automobile ed antisocJalità.

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ANNO 122 • FASC. l

GENNAIO ·FEBBRAIO 1972

GIORNALE DI MEDICINA MILITARE PUBBLICATO A CURA DEL SERVIZIO SANITARIO DELL'ESERCITO

SALUTO DEL TEN. GENERALE MEDICO DOTT. LETTERIO DAL PRA NUOVO DIRETTORE GENERALE DELLA SANITÀ MILITARE Nell'assumere la carica di Direttore Generale della Sanità Militare rivolgo a tt4tto il personale sanitario delle tre Forze Armate il mio amichevole c cordiale saluto. ProfondametJte consapet'ole dci complessi problemi tecnici e organizzatiui cui dovrò far fronte durante la mia Direzione, confido fiduciosamente tJclla collaborazione attiua e fattiua dei colleghi medici dell'Esercito, della Marina e dell'Aviazione. Sono certo che l'avvenuta fusione dei Servizi Sanitari delle tre Forze Armate in un'unica Direzione Generale permetterà di risolvere i difficili problemi attuali e futuri della Sanità Militare con uno spirito di reciproca fiducia, di stima e di collaborazione clze deue permeare tutti gli Ufficiali medici nel superiore interesse della salute fisica e psichica della collettit,ità militare. Con questi sentimenti di profonda colleganza e di fratellarJza invio a tutti i colleghi medici i miei migliori auguri di buon lavoro, nella certezza che essi continueranno a prestare disinteressatamente la loro preziosa opera per un costante e progressivo perfezionamento del Corpo Sanitario Militare. Il Direttore Generale della Sanità Militare

Ten. Geo. Mcd. Dott. L. DAL PRA Roma, 8 gennaio 1972.



SALUTO DI COMMIATO DEL TEN. GENERALE MEDICO PROF. FRANCESCO IADEVAIA

Agli Ufficiali medici e chimico- farmacisti, il giorno 8 gennaio 197 2 lascio la Direzione Generale di Sanità per raggiunti limiti di età. Mi è sommamente caro ricordarmi a tutti i valorosi collaboratori che in ogni circostanza hanno voluto darmi stima e fidt~cia. Ben altri traguardi at,rei voluto raggiungere per il prestigio del Corpo Sanitario Militare, ma circostanze non dipendenti dalla volorJtà di alcuno hanno limitata questa possibilità. Quel che è stato raggiutlto lo si deve soprattutto alla dedizione al servizio, alla capacità e all'e11tusiasmo di tutti gli Ufficiali medici e chimicofarmacisti. Porgo a tutti i colleghi il mio riconosce12te, affettuoso saluto con l'augurio di buon lavoro per le sorti sempre più fulgide del Corpo Sanitario Militare.

F. IADEVAJA


\ .


n data 9 gennaio 1972, il Ten. Generale Medico prof. Francesco Iadevaia ha lasciato, per raggiunti linllti di età, l'alta carica di Direttore Generale della Sanità Militare, che ricopriva in seguito a deliberazione del Consiglio dei Ministri, dal 20 gennaio 1964.

I

Nato a Pietravairano (Caserta) il 9 novembre 1906, il Generale Iadevaia conseguì la laurea in Medicina e Chirurgia con il massimo dci voti e la lode presso l'Università di Napoli nel 1931. Entrò a far parte del Corpo Sanitario Militare nel 1932. Ben presto egli ebbe modo di mettere in luce le sue alte doti di intelligenza e cultura conseguendo la promozione, per esami a scelta, al grado di Capitano Medico e di Maggiore Medico, rispettivamente negli anni 1936 e 1940. Fu promosso Ten. Colonnello nel 1942, Colonnello nel 1953, e Maggior Generale Medico nel I959· Alla brillante carriera militare si affianca una lusinghiera carriera nel campo medico- chirurgico. Le tappe di questa carriera scientifica sono contrassegnate dal conseguimento della specializzazione in Chirurgia Generale presso l'Università di Roma nel 1941, della docenza in Patologia Speciale Chirurgica e Propedeutica Clinica nel 1943, e della docenza in Clinica Chirurgica e T erapia Clinica nel 1956 presso la stessa Università. Durante il periodo 1952 - 1959 il Generale Iadevaia, con il grado di Colonnello ha ricoperto l'importante incarico di Direttore dell'Ospedale Militare Principale di Roma. In questo lungo tempo egli, pur continuando a svolgere una intensa attività chirurgica come Capo Reparto di Chirurgia, è riuscito ad imprimere all'Ente Ospedalicro un ritmo dinamico di attività e di efficienza, rinno-


6

vando i vari Reparti, creando nuove strutture c nuove attrezzature cd arrtcchendo tutte le Sezioni Ospedaliere di nuove apparecchiature e strumenti scientifici per la diagnosi, la terapia e la ricerca. Promosso Maggior Generale nel 1959, lasciò la Direzione dell'Ospedale Militare Principale di Roma e venne nominato Direttore del Centro Studi e Ricerche della Sanità Militare. Questo Centro era stato ideato, proposto e realizzato con ferma volontà e con lungimirante preveggcnza dallo stesso Generale Iadevaia, durante gli ultimi anni della sua anività di Direttore del l 'Ospedale. L'istituzione del Centro Studi veniva a colmare una grave lacuna nd settore della ricerca scientifica applicata ai problemi complessi della Sanità Militare, il cui compito fondamental e è quello di difendere e tutelare la salute del cittadino alle armi in pace c in guerra. Il Centro Studi della Sanità Militare è un complesso scientifico di primaria importan za articolato nelle seguenti sezioni di ricerca: Biologia, Medicina sociale, Ematologia, Radiobiologia, Igiene e Microbiologia, Chimica e Bromatologia. In questa vasta gamma di branche medico - biologiche è stato svolto nel periodo 196o- 1971 un serio e approfondito lavoro di ricerca che ha portato alla pubblicazione di oltre 200 lavori scientifici e alla organizzazione di numerose edizioni (cinque) delle « Giornate Mediche della Sanità Militare » nel corso delle quali sono stati trattati argomenti di alto valore scientifico tra i quali spiccano: -

il « Servizio trasfusionale » ;

-

la « Schermografia »;

-

la « Traumatologia di guerra »;

-

le « Ustioni » ;

-

gli « Orientamenti sulle indicazioni operatorie dei traumi di guerra l> .

Per dare un quadro più completo dell'attività scientifica svolta dal Centro Studi è di particolare interesse accennare ai principali argomenti di ricerca delle singole Sezioni che compongono questo Istituto: la Sezione di Ematologia si occupa prevalentemente di un argomento di grande importanza ed attualità: i metodi di conservazione del sangue intero umano; -


7 - la Sezione di BioLogia svolge principalmente ricerche nel campo della Fisiopatologia dell'apparato respiratorio e cardiocircolatorio. Di particolare interesse, in seno a questa Sezione, sono le ricerche sulle cardiopatie nei militari alle armi, eseguite oltre che con rilievi clinici, con il metodo fono- elettrocardiografico; -la Sezione di Medicina Sociale servendosi di un Laboratorio modernamente attrezzato per le indagini psico- sensoriali orienta in prevalenza le sue ricerche nel campo delle reazioni a determinati stimoli in singoli individui o in gruppi di soggetti; - la Sezione di Radiobiologia largamente dotata di sorgenti di radiazioni e di apparecchiature per la dosimetria delle radiazioni ionizzanti, svolge un complesso lavoro di ricerca che interessa svariati campi: il metabolismo dei radioisotopi, gli effetti di alte dosi di radiazioni su alimenti e su farmaci, gli effetti della somministrazione di alimenti irradiati su piccoli mammiferi; - la Sezione di Chimica e Bromatologia, dotata di notevoli e moderne apparecchiature, studia i problemi relativi alla conservazione, sofisticazione e adulterazione degli alimenti e all'inquinamento degli stessi da parte di elementi tossici, quali il piombo e l'arsenico; - infine, la Sezione di Igiene e Microbiologia svolge le sue ricerche nei seguenti campi: esami microbiologici delle acque e degli alimenti, tossinfezioni alimentari, immunità con particolare riguardo ai problemi immunoelettroforetici. La Direzione del Centro Studi e Ricerche della Sanità Militare, fu tenuta dal Geo. Iadevaia fino al 31 dicembre 1963, data sotto la quale egli fu promosso al grado di Tenente Generale Medico é, nel successivo mese di gennaio, nominato Direttore Generale della Sanità Militare e Capo del Servizio Sanitario dell'Esercito. Con questi due alti incarichi incomincia per il Gen. Iadevaia un nuovo ciclo di intensa attività organizzativa e di lungimirante iniziativa programmatica che investe tutti i complessi problemi della Sanità Militare, da quelli tecnici a quelli amministrativi. Nell'arco di tempo che va dal gennaio 1964 al gennaio 1971, il Generale Iadevaia realizza, con fermo proposito, con tenace volontà, con intelligenza


8 c intuito, una lunga serie di iniziative che risolvono annosi problemi della Sanità Militare. Queste realizzazioni, in ordine di importanza sono le seguenti: - istituzione dell'Accademia di Sanità Militare Interforze (legge 14 marzo 1968); - potenziamento del Collegio Medico- Legal e stabilito con D.P.R. del r8 novembre 1965, n. 1485. Con questo decreto, il Collegio MedicoLegale, viene ampliato dalla Sezione unica a complessive 5 Sezioni, con relativo aumento di Ufficiali medici. Questo potenziamento ha permesso la definizione di migliaia di pratiche medico -legali arretrate e assicura oggi la perfetta funzionalità del Consesso; - legge 26 giugno r965, n. 809, sulla (( F acoltà di assum ere medici civili convenzionati per i servizi specialistici presso gli Ospedali Militari dell'Esercito » ; - legge 13 dicembre 1966, n. III, sulle « Norme concernenti gli Ufficiali medici in servizio permanente dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica, ecc. » . Questa legge prevede la promozione anticipata dei tenenti m edici in s.p.e. al grado di Capitano, al termine del corso applicativo scmestrale, anzichè dopo 4 anni di grado; - legge r8 marzo 1968, n. 275, sulle « Modifiche alla legge 12 novembre 1955, n. II 37 sull'avanzamento, per i Capitani del ruolo del Servizio sanitario dell'Esercito e del Corpo Sanitario della Marina n . Per effetto di questa legge viene a ridursi il periodo di permanenza nel grado di Capitano m edico; - istituzione di un Centro per la cura della m alattia reumatica e delle cardiovasculopatie presso l'Ospedale Militare Specializzato di Anzio, con finali tà diagnostiche, curative, riabilitative c di ricerca scientifica, nel quadro dell'elevata incidenza nelle Forze Armate e dei riflessi sociali della infermità in questione; - legge 1° marzo 1965, n. r22, sull'« Adeguamento dei compensi per le visite fiscali effettuate dagli Ufficiali medici delle Forze Armate; - organizzazione delle « Giornate Mediche delle Forze Armate >> nell'ambito delle Riunioni Medico- Chirurgiche Internazionali di Torino.


9 Di questa complessa e multiforme attività organizzativa e programmatrice, l'iniziativa più brillante per i suoi riflessi etici, sociali, economici e militari, è senza dubbio la realizzazione dell'Accademia di Sanità Militare Interforze, sancita dalla legge 14 marzo 1968. L'istituzione di tale Accademia, sorta nella mente del Gen. Iadevaia come una idea- forza per sanare una situazione di grave crisi di personale medi co nella Sanità Militare, ha trovato come tutte le idee- forze una rapida attuazione, nonostante le inevitabili difficoltà di carattere burocratico. La crisi di deficienza di Ufficiali medici nelle file della Sanità Militare, era diventata paurosa negli anni sessanta. Di fronte a un continuo esodo di Ufficiali, sia per raggiunti limiti di età, sia per più vantaggiose sistemazioni nella vita civile, veniva a mancare l'afflusso di nuove leve di medici di carriera alla Sanità Militare. Il fenomeno si aggravava man mano che passavano gli anni e diventava sempre più preoccupante e allarmante. Era necessario c urgente attrarre di nuovo i giovani medici, offrendo ad essi vantaggi economici, prospettive di carriera e avvenire sicuro. La maggior parte di queste condizioni veniva realizzata proprio con la creazione dell'Accademia di Sanità Militare Interforze, che permette a una schiera eletta di giovani, selezionati attraverso accurati esami psicofisici e attraverso esami scritti e orali di cultura letteraria c scientifica, di frequentare i sci lunghi anni della Facoltà di Medicina, senza gravare minimamente sulle famiglie, ma percependo anzi, a partire dal terzo anno, uno stipendio pari a quello degli Aspiranti Ufficiali delle Altre Accademie Militari. L'istituzione dell'Accademia è stata un vero successo, testimoniato dal fatto che i giovani maturati dal liceo, vi sono affluiti in massa e hanno fano ressa alle sue porte. L'Accademia, che ha iniziato il suo funzionamento nell'Anno Accademico 1968-1969, conta già oggi 336 accademisti, ripartiti nei vari Corsi e selezionati su un totale di circa 2300 giovani che hanno partecipato ai vari concorsi di ammissione. Tutti questi giovani frequentano i regolari corsi dell'Università statale nelle Facoltà di Medicina, Farmacia e Veterinaria. Essi rappresentano la grande speranza della Sanità Militare italiana, la linfa vitale destinata ad alimentare, vivificare e rinnovare un albero ancora robusto, ma che dà segni inevitabili di invecchiamento.


lO

Il Ten. Generale Medico Prof. Francesco Iadevaia sarà ricordato negli annali della Sanità Militare oltre che per i suoi innumerevoli meriti nel campo scientifico e organizzativo, soprattutto come fondatore dell'Accademia di Sanità Militare Interforze. E' questo un grande titolo di onore e di merito di cui egli può andare fiero e orgoglioso.

.. LA REDAZIONE


PAPILLEDEMA POST- TRAUMATICO

G. A. Merli 1

A. Benedetti 1

F. E. Costantini 2

E. Manzin 3

G. Marin •

Il rilievo di un papilledema nell'immediato seguito di un trauma cranico costituisce, nella corrente pratica neurochirurgica, un reperto di raro riscontro anche in pazienti portatori di lesioni endocraniche occupanti spazio (8, 13, 16) e ciò, verosimilmente, per il troppo breve intervallo di tempo che comunemente intercorre tra evento traumatico e momento di osservazione (n). Se in questi ultimi pazienti l'alterazione del fundus può trovare una ovvia spiegazione (7), è di difficile interpretazione, e tuttora oggetto di discussione, il reperto di un e<iema papillare in quei traumatizzati cranici nei quali tutte le indagini abbiano escluso tma lesione in grado <ii determinare una ipertensione endocranica. E' a quest'ultimo gruppo di pazienti che intendiamo riferirei nella presente nota. Le nostre osservazioni riguardano 22 pazienti con papilla da stasi ricoverati presso l'Istituto di Neurochirurgia dell'Università di Padova dal 1959 al 1969 per trauma cranico chiuso, nei quali si poté escludere lesioni di interesse neurochirurgico ed ogni altra causa documentabile, atta a sostenere con meccanismi vari l'alterazione del fundus. Sono stati pertanto esclusi quei pazienti nei quali l'angiografia cerebrale presentava modificazioni anche per lesioni non passibili di trattamento chirurgico (segni di edema cerebrale localizzato e mancata visualizzazione di segmenti o tratti dell'albero vasale arterioso e venoso); egualmente esc.Jusi sono stati coloro che presentavano traumi cranici aperti, fratture avallate, fratture di una o più ossa lunghe, fratture del bacino, gravi complicanze internistiche, ecc. Questi 22 pazienti rappresentano l'T ,5% di tutti i traumatizzati cranici chiusi non chirurgici ricoverati nel medesimo periodo. 1

Istituto di 'eurochirurgia dell'Uni\ ersità di PadO\·a. Direttore: Prof. P. Frugoni. Consulente neuro - chirurgo dell'Ospedale Militare di Padova. Direttore Dr. Giu seppe Malleo, Colonnello medico s.p.e. 3 Cattedra di Anestesiologia e R ianimazione deli' U nivcrsità di P:.~dova. D irettore: Prof. A. Ga~pareno. 4 Servizio di Neuroradiologia dell'O,pedale Ci\"ile di Pado\'a. Dirigente : Prof. F. Galligioni. !


T2

Tredici erano uomini e 9 donne, di età compresa tra i 7 e i 42 anni. Quindici pazienti avevano riportato un trauma cranico con immediata perdita della coscienza, di breve durata, e 7 un trauma cranico semplice senza perdita del.la coscienza. Tre pazienti presentavano lieve stato confusionale a distanza di 7 giorni dal trauma; in 6 pazienti era osservabile un nistagmo di I 0 grado. In tutti era presente papilledema di vario grado come sarà detto di seguito. Nella maggior parte dei casi l'insorgenza della stasi si è verificata ad una distanza media dal trauma di 8- Io giorni e la sua entità non è mai stata inferiore ad I - 2 diottrie, accompagnandosi, in 5 casi, anche a grossolane emorragie. In nessuno dei nostri pazienti erano presenti significative compromissioni dell'acuità visiva o del campo visivo. In 6 casi l'esame radiografico del cranio dimostrò la presenza di una o più fratture lineari, non diastasate, che in 3 casi intersecavano distretti venosi importanti: 2 il seno laterale e I il seno longitudinale superiore. Nei restanti 16 casi l'indagine radiografica diretta era risultata negativa. In soli 4 pazienti vi era la presenza di calcificazioni in corrispondenza della pineale che risultò essere in sede come di norma. L'EEG risultò normale in 2 casi; in 16 evidenziò alterazioni encefaliche diffuse con sotfercnza del tronco encefalico e nei rimanenti 4 anche una sofferenza focalizzata. L'ecoencefalografia, praticata in 8 pazienti, risultò negativa anche ai successivi ripetuti controlli. In tutti i pazienti l'indagine arteriografica carotidea, completata in 3 casi da quella del circolo vertebro- basilare, fornl un quadro normale qualora si <.x:cettui la presenza in 14 pazienti di alcuni elementi quali lieve stiramento ·dell'asse silviano. In 3 pazienti venne ripetuta indagine ar teriografica a distanza di 8- 10 giorni ed anche questo controllo mostrò un quadro normale. In tutti i casi, in particolare, il quadro venoso non denunciava modificazione della morfologia ventricolare. In 5 casi, previa somministrazione di mannitolo al 20 °~, venne eseguita pneumoencefalografia che dimostrò un sistema ventricolare norm ale. In sintesi, dall'osservazione di questo gruppo omogeneo di malati si possono trarre alcuni rilievi che, secondo noi, meritano una particolare attenzione: J) l'entità del trauma cranico è stata modesta in tutti i nostri malati; 2) il motivo del ricovero fu da ricercare, nei pazienti ospedalizzati altrove, nel reperto di stasi papillare, spesso scoperta casualmente a distanza di diversi giorni dal trauma, non accompagnata da importanti alterazioni dell'acuità o del campo visivo così come da deficit neurologici; 3) l'entità della stasi variava da un minimo di I ad un massimo di 3 diottrie e la sua durata non ha mai superato le 7 settimane;


13 4) la terapia medica attuata durante il ricovero, e protratta oltre la d imissione, è consistita eminentemente nella somministrazione di alte dosi di vitamine BI B12, fibrinolitici (3), di diuretici osmotici (9, 15) (mannitolo, in soluzione al 20%) o saluretici e, più recentemente, anche di cortisonici del tipo del desametazone- 21- fosfato (4, 5, 12). Con tali sussidi terapeutici è stato possibile dominare e ridurre il papilledema che comunque non si è mai accompagnato all'abituale corteo sintomatologico dell'ipertensione endocranica; 5) tutti i pazienti della nostra serie sono stati controllati a distanza di tempo variabile da un minimo di un anno ad un massimo di IO anni e, oltre alla regressione completa della stasi, non è stata notata alcuna alterazione residua del fundus. I controlli elettroencefalografici, ad eccezione di 2 pazienti nei quali persistevano segni di sofferenza del tronco, avevano evidenziato tracciati normali.

L'interpretazione patogenetica di questa stasi post- traumatica è ancora incerta e pertanto non definibile il suo inquadramento nosografico. Una sindrome molto simile per la presenza di stasi papillare ed assenza di sintomatologia neurologica è rappresentata dalla encefalopatia pseudotumorale (1, 2) la quale va tenuta distinta in quanto per definizione è ad etiologia sconosciuta e non è comunque legata ad un evento traumatico in maniera così diretta come nei casi da noi presi in considerazione. Analogamente deve essere considerato a parte il papilledema che insorge dopo un trauma cranico che abbia determinato, per una emorragia subaracnoidea, un'alterazione della dinamica liquorale per blocco delle cisterne basali. Tale forma ovviamente si verifica per un aumento volumetrico del liquor che si accompagna a dilatazione ventricolare mai osservata nei nostri pazienti. Rispetto ai traumatizzati cranici con reperto fu nduscopico normale, i pazienti con papilledema costituiscono un numero veramente esiguo. Se questa osservazione potrebbe trovare una spiegazione di ordine semeiologico per una mancata indagine funduscopica, come si può avere per ragioni di ricovero nosocomiale, vi è però da tener presente che la rarità della stasi è pur osservabile nei malati che sono ricoverati in ambiente neurochirurgico anche per traumi di modesta entità. Viene pertanto da porsi il quesito se l'insorgenza ·del papiUedema non possa trovare la sua patogenesi solo nell'ambito di una situazione vasomotoria cerebrale particolare in cui l'evento traumatico non abbia verosimilmente costituito che l'elemento scatenante. La maggior frequenza di questo edema papillare post- traumatico nei soggetti di età giovane nei quali, come è noto, la risposta vasomotoria alle varie noxe è, per così dire, più esuberante e più globale del normale, potrebbe dare ragione a questa ipotesi interpretativa.

____.2.- M.


Un piccolo e modesto focolaio contusivo licalizzato, non rilevabile clinicamente né con le comuni indagini a nostra disposizione, indurrebbe, a distanza di qualche giorno dall'evento traumatico, una risposta con un lieve ma diffuso edema tipo rigonfiamento di tutto l'encefalo. Non va pure dimenticato che anche l'eventuale comparsa di uno squilibrio elettrolitico direttamente conseguente al trauma o secondario a modifìcazioni dell'equilibrio acido- basico, legato all'ipossia o all'ipercapnia di origine respiratoria, sarebbe in grado di rendere più palese o di aggravare la suddetta condizione di edema se non addirittura, in particolare circostanza, di crearne i presupposti della sua formazione. Ciò si accorderebbe con quanto ebbe a dire il Belloni (r) nella relazione del 1954 sulla fisiopatologia dell'encefalo traumarizzato discutendo la quale dava una interpretazione (( flogistica n all'edema cerebrale da trauma rappresentando questo un fattore in grado di detenninare, in un tessuto nervoso predisposto la insorgenza di una « flogosi allergica n. ln altre parole, in seguito anche ad un modesto danno cerebrale focalizzato, verrebbe a costituirsi, col meccanismo della reazione allergica, un edema cerebrale attivo di natura flogistica aspecifica. Un'altra ipotesi che non deve essere sottovalutata è quella che attribuisce alla trombosi postraumatica dei seni venosi la causa di un edema da stasi, più esattamente un rigonfiamento dell'encefalo da congestione venosa (6). Il fatto che l'indagine arteriografica non sia stata in grado di evidenziare l'occlusione di un segmento venosa non è un elemento sufficiente per invalidare il possibile momento etiopatogenetico, ben conoscendo che per molti motivi il reperto di una trombosi venosa può passare inosservata. Se queste teorie possono essere suggestive per una interpretazione dell'insorgenza di una stasi papillarc nel corso di un evento traumatico, quale unico sintomo neurologico rilevabile, ciononostante tutte prestano il fianco ad una severa critica. L'incertezza interpretativa sul meccanismo di formazione del papilledema in questi malati permane, ovviamente, anche dopo la disamina della casistica oggetto di questa nota. Questo sintomo, espressione di una condizione dinamica transitoria cui non coesistono altri segni neurologici, per le sue caratteristiche di insorgenza e la sua risoluzione completa senza esiti obiettivabili, potrebbe quasi costituire, con la sua costante etiologia traumatica, una sindrome a se stante. La discussione sulla patogenesi di questa peraltro, vuoi di natura iperergicoallergica vuoi più genericamente di natura dismetabolica, resta ancora aperta in attesa di essere più completamente indagata sotto tutto quel vasto profilo di indagini idroelettrolitiche (8, 16), ormonali (10,14) ed enzimatiche che potrebbero essere riassunte nel termine amnicomprensivo di biocliniche. La ragione della presente nota non sta tanto nell'aver richiamato l'attenzione su di un reperto che si osserva, sia pur raramente, nel traumatizzato cranico, quanto nell'aver enucleato dal complesso capitolo della traumatologia cranica un gruppo omogeneo di pazienti che sarà considerato a


T)

parte solo quando l'osservazione clinica e tutto il corredo di indagini strumentali abbiano sicuramente sciolto il dubbio sulla presenza di qualsiasi altra causa capace di sostenere un e-dema papillarc bilaterale.

RIAssUNTO. - Gli AA. prendono in comidcrazionc il papilledcma come rara evenienza clinica in traumatizza: i cranici non ponatc.ri di lesioni occupanti spazio. E' brevemente riportata una casisrica riguardante 22 pazienti. Vengono discussi i possibili momenti patogenetici, sottolineando l'importanza di fattori idroelettrolitici, ormonali ed enzimatici.

R:ÉsuMÉ. - Les AA. cnvisagcnt l'o<:dcme papillaire cn tant que rare phénomène clinique chc7. dcs sujets traumatisés craniens sans lésions espansi\·es intracranienne~. Une casuistiquc de 22 malades est brièvement expmée. Lcs AA. discutent ensuitc Ics momcnts pathogéniques possibles en soulignant le rok joué par Ics facteurs hydro élcctrolythiques, hormonalcs et enzymatiques.

Twenty two pariem~ :.ufl<.ring from closed head injuries, where no be dcmonmatcd and w ho presemed papilledema upon funduscopic examination, ha\'e been reported. The possible causes for the funduscopic alteration have been discussed. lt is felt that thcy include hormonal and enzyma~ic factors, as well as fluid and electrolytc SuM\IARL -

~pace- occupying Jesions could

imbalancc~.

BIBLIOGRAFIA

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CE.'-:TRO PER LA CliRA DELLA MALATIL\ REliMAT!CA E DELLE C \RDIO\'ASCL'LOPATII·.

LA MALATTIA REUMATICA NELLE FORZE ARMATE ITALIANE Magg. Gen. Med. Dott. A. Farina

L'importanza della malattia reumatica nelle Forze Armate italiane è stata messa in evidenza dallo studio presentato da Iadevaia e coli. al III Simposio di Statistica Medica nel novembre 1964 (r). Da esso è risultato che ogni anno si verificano in media nell'Esercito 900 casi di reumatismo articolare acuto, pari al 2,65%0 della forza effettiva alle armi (265 casi ogni roo.ooo militari). E' una cifra considerevole che giustamente ha richiamato l'attenzione delle Autorità Sanitarie Militari. La malattia reumatica preoccupa infatti non soltanto per i riflessi che ha sull'efficienza fisica dei giovani alle armi (si consideri che essa determina la perdita annuale di oltre 10.000 giornate lavorative ogni roo.ooo militari) (r), ma soprattutto per le ripercussioni lontane delle localizzazioni cardiache irreversibili che, oltre a limitare la capacità lavorativa dci giovani, con gravissimo danno per la società, ne riducono la durata dell'esistenza. La Sanità Militare, cui oggi spetta tra gli altri compiti una funzione sociale di rilievo, operando per quanto riguarda l'assistenza ai giovani tra l'organizzazione sanitaria scolastica e quella mutualistica, non poteva disinteressarsi di questa insi,diosa infermità che, dopo la ormai quasi totale sconfitta della tubercolosi, costituisce il più urgente problema sanitario della collettività militare. Perciò, dopo aver promosso numerosi studi intesi ad avere una più approfondita conoscenza del problema (2, 3, 4• 5), il D irettore Generale della Sanità Militare ha organizzato un piano di intervento in senso preventivo e curativo, realizzando una serie di iniziative, tra le quali l'istituzione di un apposito Centro per la cura della malattia reumatica e delle cardiovasculopatie (6). Prima che il Centro fosse istituito i militari affetti da reumatismo seguivano la cura specifica per un periodo di tempo del tutto insufficiente, circoscritto alla durata del ricovero in ospedale, che non oltrepassava, in media, Nota. - Relaz ione presentata al Convegno sulle Malattie rewnatiche indetto dall'Istituto Italo- Svizzero di Cultura e dell'Accademia Romana di Scienze Mediche e Biologiche. (Roma 25- 27 ottobre 1971 ).


18 i ventotto giorni (1). Al termine di tale breve ricovero essi usufruivano di varie licenze di convalescenza, prolungate per lo più, fi no alla data del collocamento in congedo, durante le quali non praticavano alcuna cura, anche se all'atto della dimissione dall'ospedale veniva loro con sigliata la terapia più opportuna. E' noto invero come sia difficile convincere i reumatici a sottoporsi ad una terapia di lunga durata una volta che le manifestazioni a cari co delle articolazioni siano regredite. Le conseguenze della insufficiente terapia venivano rilevate a distanza di tempo dall'episodio acuto, in occasione dei successivi controlli m edici da parte delle Commissioni Mediche Ospedaliere e del Collegio Medico Legale. Non abbiamo dati statistici completi sulla frequenza delle cardiopatie organiche consecutive a malattia reumatica contratta durante il servizio militare, ma gli Ufficiali m edici che operano nel le Commissioni Mediche Ospcdaliere e nel Collegio Medico Legale ben sanno che si tratta di una citra molto alta. Del resto dalla nostra già citata indagine statistica (1) è risultato che nel sestennio 1958- 1963 si veri.ficarono 921 casi di cardiopatie reumatiche, pari ad una media di rso all'anno (cifra che secondo i più recenti dati statistici che si riferiscono all'anno 1<j}6 è rimasta stazionaria); tale incidenza però riguarda soltanto le cardiopatie riscontrate durante il ricovero dei reum atici in ospedale e non com prende i casi rivelatisi a distanza di qualche anno dall'episodio acuto, che sfuggono al rilevamento statistico e che senza dubbio sono molto numerosi. Noi siam o convinti che questa cifra può essere notevolm ente ridotta o eliminata del tutto con la tempestiva m essa in atto della profilassi- terapia a lungo termine della m alattia reumatica secondo i concetti già espressi dai vecchi nosografisti e ripetutamente richiamati da Condorelli (7, 8, 9• ro). E ' questo appunto il compito che spetta al nostro Centro. La « profilassi- terapia >l da noi attuata è basata sull'uso dei salici l ici a dose « efficiente >>, tale cioè che determini un livello salici lernico costante intorno a 30 mgr o~ per tutta la durata della cura, sia durante la fase acuta che nei successivi periodi di apparente quiescenza. A tale terapia antireazionale associamo la penicillina G - Dibenziletilediamina per iniezioni in tramuscolari di r.2oo.ooo unità ogni mese. La nostra indagine è stata compiuta su un insieme di 423 soggetti ricoverati nel Centro dal 15 settembre r9~ al 15 ottobre 197I, che rappresenta un campione notevolmente omogeneo per età, variante tra 19 e 26 anni. D a questa casistica abbiamo raccolto anzitutto gli elementi anamnestici ed i dati statistici utilizzabili ai fini di una indagine epidemiologica. Circa l'influenza delle stagioni (grafico 11. 1), risulta che per quanto la malattia reumatica possa manifestarsi lungo rutto il corso dell'anno, vi è un'incidenza notevolmente maggiore nei mesi primaverili, nei confronti dei mesi estivi ed autunnali, dato questo già riferito da altri Autori (rr, 12).


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20

Per quanto riguarda la distribuzione geografica dell'affezione (grafico 2) si rileva, in assoluto, una netta prevalenza de Il 'Italia Settentrionale ove si sono verificati 281 casi su 423 della casistica, pari al 66,4%. Però il rapporto percentuale calcolato in base alla forza effettiva dei militari dislocati nelle tre wnc mostra che la morbosità, in realtà, è più alta nell'Italia Meridionale e Insulare ove si ha un indice del 2%o, mentre nell'Italia Settentrionale l'indice è dell'r,4%o e nell'Italia Centrale è dell'r,8%o. Questo dato non concorda con i risultati del nostro studio relativo al sestennio 195819<)3 (r) né con quello di Ferrajoli riferentesi al quindicennio 1921- 1935 (13), dai quali emerse una morbosità per malattia reumatica più elevata fra i militari residenti in Italia Settentrionale. La distribuzione dei casi secondo il luogo di nascita mostra, invece, in analogia con i due studi citati, che la maggiore incidenza si ha fra i militari nati nell'Italia Settentrionale (164 casi su 423• pari al 38,7%), mentre fra i nati nell'Italia Meridionale e Centrale la percentuale è, rispettivamente, del 38,2% e del 22,9 %. E' interessante notare che fra le varie Armi le più colpite da malattia reumatica sono risultate gli Alpini e i Carabinieri che, per il loro particolare servizio sono maggiormente esposti all'azione degli agenti atmosferici. Lo studio della distribuzione della malattia reumatica in rapporto alla attività esercitata dai militari prima dell'arruolamento (tabella 11. 1) ha rivelato una più bassa incidenza nelle categorie degli studenti, impiegati e professionisti rispetto alle categorie degli addetti all'agricoltura, degli operai cd artigiani che presentano indici di morbosità molto più alti. Le cifre riportate però possono dare soltanto un'indicazione molto generica in quanto non è stato possibile confrontare la morbosità nei vari gruppi, mancando nei documenti statistici la forza media secondo le professioni. 11.

TABFLLA ::>1.

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Addetti agricoltura, caccia c pesca Commercianti, albergatori, cnffc tticri Lavoratori edili . Operai meccanici Artigiani Impiegati, professionisti Benestanti, studenti Altri Totale

54 36 68 T26

53 43

25 18

r.


2 I

Secondo Ferrajoli, che ha registrato identici risultati, questa distribuzione può essere attribuita al fatto che « studenti, impiegati e professionisti, vengono per lo più d estinati ad A rmi e Cor pi specializzati con servizio meno gravoso o anche adibiti, duran te la ferm a, a mansioni meno faticose (uffici, magazzini), in condizioni quindi di dover svolgere un'attività .fisica ridotta ed al riparo dagli agenti climatici c dalle loro variazioni ». In un quarto circa dei casi (IO) su 423) la malattia è insorta nei primi tre m esi di servizio e la m aggior parte degli altri si è verificata nel corso dei primi sei mesi. E' questa u na nozione classica. Nei primi mesi di servizio, infatti, la recluta subisce notevoli stress legati al cambiamento di <:lima, di abitudini e d i alimentazione, alla mancanza di allenamento per gli intensi esercizi .fisici a cui viene sottoposta ed alle pratiche vaccino- profilattiche, tutti fattori che possono temporaneamente diminuire i poteri di difesa naturali. Tra gli altri fattori capaci di favorire l'insorgenza della malattia reumatica il ruolo ,dei traumatismi è diversamente valutato dai vari Autori; noi abbiamo riscon trato un fattore traumatico articolare nell'anamnesi prossima dei nostri pazienti in IO casi. Accenniamo infine che io I5 casi il ruolo di una guardia di notte sotto la pioggia e di manovre invernali con pcrfrigeraztoni ripetute è sembrato nettamente determinante.

STUDIO CLINICO

Passando ora ad analizzare gli aspetti clinici della caststlca, ci sembra importante sottolineare che nella maggioranza dei casi osservati (373 su 423, pari al1'88,4%) si trattava del primo episodio di malattia di Bouillaud: negli altri 50 si trattava invece di ricorrenze di malattia reumatica contratta durante l'infanzia, manifestatesi a distanza di oltre 5 anni dall'episodio primario in 25 pazienti e da 2 a 4 anni negli altri 25; la proporzione pertanto degli ammalati che h mno un passato reumatico anteriore al servizio militare è dell'ordine dell'II,5°/o. Questa osservazione ci permette di non accettare l'opinione di Master (14) secondo il quale un reumatismo insorto nell'età adulta sarebbe sem pre da considerarsi come una recidiva di malattia reumatica contratta nell'infanzia. L'episodio primario che costituisce la prima fase d el decorso della m alattia reumatica, è stato sistematicamente ricercato nei nostri pazienti : nel ~5, 7 o~ dei casi l'esordio della m alattia è stato preceduto d a un 'angina, di t1po clinico variabile talora eritem atosa, talvolta poltacea, in genere febbrile; nell'8,7% è stato preceduto da un raffreddore, con stato febbrile di breve durata o con lieve febbricol a o anch e senza febbre. Complessivam ente pertanto negli antecedenti immediati dei nostri pazienti si nota una infezione delle prime vie respiratorie nel 64,4 % dei casi . Le percentuali d ate da altri


22

Autori sono press'a poco identiche: Jones e Mate (r5), per esempio, riportano la cifra .del 63 ~~ , Carmichael (16) del 74,5%, Ablard e coli. (17), del 0 63,5 °~, Pader e coll. (r8) del 6o • L'intervallo tra l'infezione delle vie respiratorie e l'esordio della malattia (periodo di latenza post- primario ·secondo Condorelli), ha variato, nella maggior parte dei casi, tra 8 e 30 giorni. E' da notare che poco più della metà <iei pazienti con storia di precedenti infezioni delle vie respiratorie aveva ricevuto un trattamento antistreptococcico di durata assai breve, mentre i rimanenti erano stati curati con terapia sintomatica. Il primo episodio clinico post- primario è stato caratterizzato dal quadro classico <ii poliartrite acuta febbrile con edema pariarticolare, rossore, dolore ed impotenza funzionale in 364 casi (pari all'86, r %); in 55 casi invece (r3 o~) le manifestazioni articolari sono consistite in artralgie migranti ed in 4 non si è avuto alcun sintomo artico]are. La localizzazione articolare iniziale nel 50° o dei pazienti ha interessato gli arti inferiori; nel 45,5 °~ simultaneamente gli arti inferiori e superiori, nel 4 °~ gli arti superiori. Le articolazioni più colpite in ordine di frequenza sono state: le ginocchia, le caviglie, i polsi, le scapolo- omerali, le coxo- femorali. La poliartrite ha avuto sempre il classico carattere migrante, passando da una articolazione all'altra in poche ore. Le localizzazioni t'iscerali extracardiache di più frequente rilievo sono state quelle renali: cinque albuminurie semplici e tre casi di glomerulonefrite. Non abbiamo riscontrato manifestazioni a carico dell'apparato respiratorio né manifestazioni nervose. Fra le localizzazioni cutanee notiamo tre casi di porpora agli arti inferiori, ma nessun caso di eritema polimorfo marginato, dì noduli di Meynet, né di eritema nodoso. LocALLZZAZIONI CARDIACI lE.

Prima .di passare allo studio analitico delle manifestazioni cardiache, ci preme precisare che il cuore è il vero « organo reattivo >> della mal attia reumatica e che le manifestazioni cardiache non sono complicazioni bensì fanno parte del quadro clinico della malattia di Bouillaud. « Anche se non venga riscontrato alcun segno clinico di sofferenza, chi è colpito dalla ma· lattia dì Bouillaud deve essere considerato cardiopatico in fieri >> afferro ~ Condorelli (10). Abbiamo voluto ribadire questo concetto fondamentale perché è su di esso che sì fonda la profilassi - terapia che pratichiamo nel Centro. Distingueremo partitamente i segni di endocardite, di miocardite e di pericardite riscontrati nei 423 reumatici studiati (tabella n. 2). Per quanto riguarda l'endocardite, eliminati i soffi sicuramente anorganici ,distinti dal loro carattere di incostanza e di variabilità con i movi-


T ABEL LA ~. 2. \lanifcstazioni di carditc acuta

Soffi sistolici

t'\umcro ca<i

103

So(fi cliastol ici I ngrandimeoto ombra cardiaca AILerazioni elettrocardiografiche

menti respiratori e con i cambiamenti di posiZione, nonché i soffi inquadrabili nella sindrome d'iperattività cardiocircolatori a dell'adolescente, abbiamo riscontrato soffi sistolici significativi apicali o sopra apicali, di cui sei tra i 50 casi di ricorrenze, in 103 pazienti e soffi diastolici sul focolaio aortico o sul punto di Erb in 17 pazienti. Complessivamente quindi i soffi significativi ascmdono al 28,6 o~ dei casi, percentuale che si avvicina a quella riscontrata da Ablard e Larcan (25° .) in uno studio sulla malattia di Bouillaud nell'Esercito francese (23). T ra i sintomi clinici Ji miocardite l'aumento di volume del cuore rilevato sia all'esame obiettivo che a quello teleradiografico, è stato riscontrato in 153 casi; in 43 pazienti si sono verificati disturbi del ritmo e della conduzione di vario tipo e grado, legati all'esaltazione del batmotropismo miocardico, come le extrasistoli, ovvero rappresentati da un allungamento del tempo di conduzione atrio- ventricolare o da un blocco atrio- ventricolare di 2" grado con periodismo di Luciani Wenckebach. In 46 casi infine sono stati rilevati reperti elettrocardiografici di sofferenza miocar{lica, consistenti in alterazione della fase di ripolarizzazione. La localizzazione pericardica con il corteo sintomatologico della flogosi awta della sierosa non è stata rilevata in alcun caso; soltanto in due pazienti l'indagine elettrocardiografica ha mostrato la presenza delle caratteristiche alterazioni del tratto ST e dell 'onda T , del resto rapidamente regredire con la terapia antireazionale. I sintomi & car,dite su descritti, variamente associati nei ·diversi pazienti, fanno ascendere complessivamente 1'incidenza delle localizzazioni cardiache al ]6,8°~ dei casi (324 su 423). T ale incidenza concorda con quella riportata, in casistiche riguardanti ~r la maggior parte ragazzi, da Bland e Jones (19), Asch (20), Wilson (2r), Liberti e coll. (22), ed altri Autori, che riferiscono cifre variabili tra il 6o ed il 98°~ di localizzazioni cardiache; si discosta molto invece da quella di Ablard e Larcan (23), che su una vasta casistica di malattia reumatica nelle Forze Armate francesi hanno trovato un'incidenza di localizzazioni cardié:-


che variabile tra il Io ed il 30° o · Questi Autori, pertanto, esprimono il parere, che noi in verità, in base alla nostra esperienza non ci sentiamo di condividere, che la malattia reumatica nelfadulto sia meno grave che nel bambino. La minore gravità dei casi di malattia negli adulti militari, a nostro parere, è da attribuirsi non alla minore incidenza delle localizzazioni cardiache, ma alla precocità della terapia che permette di dominare rapidamente le varie manifestazioni cardiache. I casi di reumatismo che si verificano in ambiente militare vengono infatti ospedalizzati nei primi giorni di malattia, cosicché è possibile adeguarsi al precetto terapeutico secondo cui nella malattia reumatica bisogna, come si esprimono i &ancesi, frapper vite, frapper fort, frapper longtemps.

RICERCHE DI LABORATORIO.

A tutti i pazienti sono stati praticati, ad intervalli regolari di 7- JO giorni, i seguenti esami: urine, esame emocromocitometrico. reazioni di !abilità serica, titolo antistreptolisinico (T AS), velocità di sedimentazione delle emazie, proteina C reattiva, protidogramma elettroforetico, mucoproteine seri-· che. L'l ristrettezza del tempo a nostra disposizione non ci permette di dilungarci sui risultati di tali esami. Accenneremo soltanto che il TAS è risu 1tato normale in oltre il 13° dci pazienti; in casistiche di altri Autori la normalità del TAS ha un'incidenza molto variabile che va dal 42°o di Engleson e coll. (24), al 38,5% di Ragazzini (25), al 28 ~ di Ciampi (26), al 25% di Imperato (27), al 12/o di Salomone (28). Trova conferma pertanto il concetto che un titolo di antistreptolisine basso non esclude il reumatismo. D'altronde ci sembra superfluo sottolineare che un titolo elevato non può autorizzare la diagnosi di reumatismo. Laddove il T AS era inizialmente elevato si è osservato un lento e graduale decremento nel corso della malattia fino a raggiungere valori normali in un arco di tempo variabile, a seconda dei casi, da 15 giorni a quattro mesi. La velocità di sedimentazione delle emazie, positiva nel 100% dei casi in fase acuta, si è dimostrata un utile elemento prognostico e di sorveglianza evolutiva; essa si è normalizzata, in genere, in un periodo variabile da 2 a 3 settimane. L'indice più fedele e sensibile nello studio dell'attività reumatica ci è sembrato il test delle mucoproteine seriche, non soltanto per la relazione esistente tra il grado di gravità dell'affezione ed il loro tasso nel sangue, ma soprattutto perché il ritorno alla normalità avviene molto più lentamente che per qualsiasi altra prova biologica. · Nella nostra casistica la normalizzazione si è avuta in un tempo variabile da 2 a 4 mesi nel 79% dei casi, entro 1 mese nel 21 " ~ ·


EvoLUZIO~E DEI SEGNI DI CARDITE.

All'atto della dimissione dal Centro, a distanza cioè di 4-7 mcs1 m media dall'inizio della malattia, la maggior parte delle manifestazioni di cardite innanzi descritte sono risultate regredire; soltanto in 36 pazienti si sono avuti postumi endocarditici con la instaurazione di valvulopatie, una percentuale quindi dell'8,) 0 'o sul totale dei 423 casi di malattia reumatica. T ale incidenza di postumi valvulopatici è nettamente inferiore a quella riportata da vari Autori che hanno studiato i reliquati della malattia reumatica insorta in età adulta: Codvellc c coll. (29), per esempio, riferiscono una percentu~lc del 9,2 °~, Meerssermann e coli. (3o) dell'u,5 %, Ablard e Larcan (23) dell'II ,6° o · Questi risultati dimostrano l 'utilità e l'efficacia della terapia a lungo termine da noi praticata, tanto più se si considera che anteriormente alla costituzione del Centro di Anzio, le valvulopatie consecutive a malattia reumatica ascendevano, come si è dianzi rilevato, a 150 ogni anno, su 900 casi di malattia reumatica, pari al r6,6%. L'incidenza ·dei postumi a breve distanza dall'insorgenza del processo reumatico è stata pertanto dimezzata. Per quanto riguarda i postumi a distanza di molti anni, è noto che numerosi reumatici considerati indenni da localizzazioni cardiache, possono presentare complicazioni endocarditiche tardivamente. Citiamo per esempio le casistiche riportate ·da Blaild e Jones (19) e da Wilson (21); i primi Autori su 1000 casi di malattia reumatica ne riscontrarono 347 esenti da complicazioni endocarditichc; a distanza di 20 anni però 154 di essi erano portatori di valvulopatic. Wilson su 66g casi riscontrò la comparsa tardiva di cardiopatie in 256. E' troppo presto per trarre deduzioni di tal genere dalla nostra casistica; abbiamo fiducia però che la « coscienza reumatologica » che ci sforziamo di formare nei nostri pazienti, attraverso una diuturna opera educativa, farà sì che essi non trascureranno di praticare la terapia profilattica e di proseguida ininterrottamente per almeno tre anni; sicché i risultati tardivi dovrebbero essere altrettanto lusinghieri di quelli avuti nella fase recente della malattia. Noi seguiamo regolarmente i pazienti dimessi dal Centro, sia inviando loro periodicamente un questionario rd a compilare con l'aiuto del medico curante, sia con il controllo diretto presso il Centro di tutti quelli che desiderano ritornare per un breve periodo di ricovero. Finora abbiamo avuto occasione di riesaminare 55 casi a distanza di circa due anni in me<iia dall'esordio della malattia reumatica. Fra di essi non abbiamo riscontrato alcun caso di valvulopatia, ad eccezione di due che ne erano affetti già alla data di .dimissione dal Centro e che, peraltro, si mantengono in ottime condizioni ·di compenso grazie alla terapia funzionale associata a quella etiologica che praticano continuamente.


La maggior parte dei soggetti riesaminati, 42 su 54, hanno proseguito la terapia profilattica prescritta, 7 l'hanno abbandonata dopo due- tre mesi dalla dimi ssione dal Centro, 6 la seguono parzialmente, cioè praticano unicamente la profilassi penicillinica; soltanto fra quest'ultimo gruppo si sono verificate due ricorrenze di malattia reumatica; gli altri sono rimasti indenni da recidive. Tuni i pazienti hanno ripreso in pieno la loro attività professionale, compresi i due valvulopatici. Concludendo, possiamo affermare che l'iniziativa presa dalla Sanità Militare con la costituzione del Centro cardioreumatologico di Anzio ha conseguito tangibili risultati , nella lotta contro la malattia reumatica nelle Forze Armate; l'opera di solidarietà umana che in esso si svolge lo pone all'avanguardia nel campo delle realizzazioni sociali, così come all'avanguardia era per la tubercolosi nel 1922 l'Ospedale militare specializzato da cui il Cen tro trae origine. Esso, tra l'altro, oltre ad evitare a numerose schiere di giovani la vita grama e tribolata dei cardiopatici, apporterà un valido contributo all'economia del Paese sia attraverso la riduzione degli oneri pensionistici, sia, soprattutto, attraverso la reintegrazione di questi giovani nelle forze lavorative della Nazione.

RIAS~Ul'TO. L'A., dopo aver accennato all'alta morbosità che la mal:mia reumatica presenta nelle Forze Armate italiane ed all'elevata incidenza delle localizzazioni cardiache, analizza gli aspeni epidemiologici e clinici di 423 casi osservati nel Cenuo card io- reumatologico di Anzio ed ivi sottoposti a « profilassi - terapia >> a lungo termine con salicilici e penicillina G - Benzatina. La favorevole evoluzione delle localizzazioni cnrditiche, grazie a tale (( profì.lassi terapia >> ha portato ad una notevole riduzione dei postumi valvulopatici ed ha dimostrato l'importanza sociale del Centro card io- reumatologico di Anzio, che raccoglie rutti i militari ddle tre FF. AA. afferri da malattie reumatiche.

SuM.\IARY. After a hint to the high morbid ity of rheumatic fever within the l talian Armed Forces and to the incidence of cardiris. the Author refers the results of his epidemiologica! and clinical inquiry on 423 cases examined in Antium Cardiorheumatic Center, who were subjected to prolonged salicylates and penicillin G - Benzathine (< Prophilaxis- therapy >>. The favourable evolution o{ carditis owing to such ueatment has produced a remarkablc lowering of valvular cardioparhies and has proved the social importance of Antium Cardiorheumaric Center.


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CUXICA OCUL!STICA DELL'UXIVERSIT\ DI TORIKO Direttore: Prof. R. G\U. HIC.,

DIAGNOSTICA ECOGRAFICA IN OFTALMOLOGIA Col. Med. Prof. Igino Santella libero docente in clinica oculistica

L ' utilizzazione delle onde uh:rasonore in medicina e nei vari campt tn cui può essere impiegato con successo questo mezzo di indagine, rappresenta il frutto di un lungo processo di spcrimentazioni. Descritti per la prima volta da Galton (1883), gli ultrasuoni vennero usati dalla Marina per la individualizzazione dci corpi od oggetti interamen te o parzialmente sommersi (icebergs, sottomarini , banchi di pesci), per le ricerche oceanografiche nello studio della profondità dei mari, e dall'industria per scoprire i difetti nei metalli, nel legno ed in altri materiali. Ad iniziare la via della diagnostica ultrasonica in medicina furono i neurologi Gohr e Wedekind (r940) e successivam ente Dussik (1942) della Clinica Neurologica di Vienna, m a gli scarsi successi da loro ottenuti con questa metodica li distolsero da ulteriori ricerche. In quest'ultimo ventennio, il continuo perfezionamento tecnologico, fornendo agli studiosi apparecchiature sempre più raffinate ed adatte alle loro esigenze, ha con tribuito decisa.. mente ad ulteriori ed interessanti reaJizzazioni. Ricerche nei vari campi della medicina. sono state effettuate da numerosi autori; sono state così ottenute immagini di tumori dell'apparato digerente, ependimo- blastomi, tumori mammari (Frenk, Wild e Neal, 1950; Wild e Reid, 1951 - 1957), di cisti renali, di carcinoma della m ammella ed altre alterazioni dci tessuti molli (Howry e Coli., 1954). In oftalmologia l'evoluzione della diagnostica ultrasonica può essere sintetizzata nelle seguenti tappe : Mungt G. H. e Hughes W. F. (1956) pubblicano i risultati di tre anni di ricerche con la tecnica A scan e gettano le prime basi rudimentali di una ecografia topografìca evidenziando clinicamente il melanoblastoma della coroide ed il rctinoblastoma ; Oksala A. e Lehtinen A. in lavori che vanno dal 1957 al 196o illustrano tutta una serie di possibilità diagnostiche con ul trasuoni descrivendo l'aspetto ecografico di numerose malattie oculari sì da fornirci un quadro quasi completo di detta patologia; Baum G. e Greenwood I. (1960- 196r) estendono le loro ricerche sia alla tecnica dell'esame delle varie malattie del bulbo come a quello della patologia orbitaria che Io stesso autore (Baum) ritiene il punto di elezione della indagi ne ecografica e con la coll aborazione del centro di ricerche della U.S. Air Force 3· - M.


curano la messa a punto di un prototipo adatto alla diagnostica bidimensional e del bulbo. La comparsa in Europa di un modello più raffinato, quello della Kretztechnick mod. 7000, consente, unitamente a quello già esistente, l 'Ophthalograph ideato dall'Ing. Krautkramer, una diffusione della diagnostica ecografica col metodo A scan sempre più vasta, e la letteratura si arricchisce di anno in anno sempre più di nuovi lavori. Le relazioni al primo Simposio Internazionale di Diagnostica Ultrasonica Oftalmologica (SIDUO) tenuto a Berlino nel 1965 sono ben 35· Nel 1966 Buschmann W. pubblica il primo manuale di ecografia ((( Einfuhrung in die Ophthalmologische Ultraschalldiagnostik ») ed apporta nuove modifiche al modello Kretz 7001 realizzando il modello 7900 S per A e B scan. A dare un indirizzo del tutto nuovo all'indagi ne ecografica è soprattutto Ossoinig K. (r968) che con la taratura dell'apparecchio su campione biologico, tecnica qualitativamente superiore a quelle precedentemente in uso, apre il capitolo di una diagnostica ecografica differenziale morfologica. Problemi di diagnostica ultrasonica di natura fisica vengono messi a punto da Gerstner R. (r965, 1968) ed altri fisici che in collaborazione con oftalmologhi elaborano le necessarie apparecchiature. Nel 1967 viene pubblicato ad opera di Goldberg R. E. e Sarin L. K. della Scuola del Wills Eye Hospital di Filadelfia il primo volume di ecografia a grande diffusione(<< Ultrasonics in Ophthalmology - Diagnostic and Therapeutic Applications »). Anche in Italia la diagnostica ultrasonica ha trovato i suoi cultori, ed agli oftalmologi, pionieri in tale campo, si aggiunsero le Scuole di Ostetricia di Padova e di Torino, neurologi e neuro chirurghi. Ad Alaimo A. (1959- r96o) si deve il merito di riaprire il capitolo sugli ultrasuoni nella diagnostica oftalmologica. Inizialmente c per alcuni anni tale studio venne dedicato a problemi sperimentali e di misurazione delle distanze intraoculari; limitato per diverso tempo il contributo diagnostico, ristretto principalmente alla differenziazione tra distacco di retina primitivo e secondario: Vannini A. e Bellone G. (r962), Sanna G. e Rivara A. (r963) ed alla localizzazione dei corpi estranei intraoculari: Sanna G. e Quilici G. (r963), Rivara A. (1967). In seguito, con l'acquisizione di apparecchiature sempre più raffinate e con la messa a punto di nuove tecniche d'indagine, sono state condotte ricerche sperimentali di taratura: Bellone G. c Gallenga P. E. (1968). Bellone G. ( 1968) e di tecnica ecografica rivolta principalmente allo studio del corpo vitreo, ed è stata inoltre estesa l'indagine ecografica a tutta una vasta gamma di malattie del bulbo e dell'orbita. l risultati di questa ricerca sono stati riferiti dalla Scuola di Torino in occasione del primo Simposio di Diagnostica Oftalmologi ca tenuto a Torino nel 1968. La definizione del tracciato caratteristico del retinoblastoma: Bellone G. e Gallenga P. E. (19701971), la diagnostica dei corpi estranei ed in ultimo la patologia oculare di


pertinenza ecografica basata sulla reflettività: Bellone G. c Gallenga P. E.

(1971) rappresentano a tutt'oggi il cospicuo contributo dato in Italia a questo moderno e nuovo campo della diagnostica oftalmologica. PRIN C!Pl FISICI ED APPARECCHI PER LA DIAGNOSTICA ECOGRAFI CA.

Il suono è una vibrazione meccanica di una particella in un mezzo intorno alla sua posizione di equilibrio. Quando queste vibrazioni raggiungono una frequenza che oscilla tra valori di r2.ooo - 20.ooo ciel i/ secondo, possono essere percepite dall'orecchio umano; valori superiori prendono il nome di ultrasuoni. Il suono come l'ultrasuono è sempre costituito da onde elastiche longitudinali, e cioè in esse lo spostamento di un punto dalla sua posizione d'equilibrio avviene sempre nella stessa direzione di propagazione della perturbazione. La frequenza è il numero di oscillazioni che la particella compie nell'unità di tempo; l'unità di misura è il ciclof secondo detto H ertz (Hz) con i suot m ultipli il Chilohertz (KHz) equivalente a 1.000 cicli ed il Megahertz (MHz) ad x.ooo.ooo di cicli al secondo. La velocità degli ultrasuoni dipende dal mezzo in cui essi si propagano e varia anche in rapporto alla temperatura che influenza le costa.q.ti elastiche dei corpi. La seguente tab. n. 1 riporta i valori di velocità in m / secondo degli ultrasuoni in alcuni tessuti oculari di uomo ed in altri mezzi non biologici. T ABELLA r-:. l. TemperaturJ 0 {,

Velocità in m secon do

Cristalli no Sclera Cornea Vitreo

37 37 37 37

1647,II 1646·75 1586,38 1523,20

o~sigcno.

o o

316 1284 1497 1326 1923 145 1 626o j6oo 3232 4800

Sn, t.t n zJ

- --

Idrogeno Acqua Benzolo Glicerina Mercurio Alluminio Argento Ghiaccio . \'ctro gli n t

25 20 20 20 20 20 -4 20

l


Gli ultrasuoni nella loro propagazwne possono subire essenzialmente due fenomeni: a) attenuazione nell'attraversare un determinato mezzo omogeneo; b) interazione con le superfici che separano due mezzi a caratteristiche differenti. Per quanto riguarda il primo, si ha sempre un assorbimento, in quanto le perturbazioni ultrasoniche si propagano esclusivamente in un mezzo elastico ove parte dell'energia meccanica si converte in energia termica e si attenua così l'intensità del fascio ultrasonico man mano che questo si allontana dalla sorgente. Per il secondo si possono verificare due condizioni in dipendenza delle dimensioni dell'ostacolo incontrato dall'onda; se tali dimensioni sono dello stesso ordine di grandezza della lunghezza d'onda si hanno fenomeni di diffrazione, se più grandi della lunghezza d'onda si hanno fenomeni di riflessione c rifrazione. La sorgente di ultrasuoni, o trasduttore, solitamente impiegata è costituita da una sostanza piezoelettrica. Com'è noto, la proprietà di queste sostanze è di manifestare distribuzioni superficiali di cariche elettriche di segno opposto sotto l'azione di sollecitazioni meccaniche di compressione o di stiramento e viceversa di variare le dimensioni, per l'effetto di un campo elettrico variabile. Può così tale sostanza funzionare in un unico elemento, il trasduttorc, sia come sorgente che da rilevatore di onde ultrasoniche di determinata frequenza; funzionerà da superficie riflettente ogni e qualsiasi interfaccia che abbia sufficiente differenza di impedenza acustica, grandezza fisica quest'ultima legata sia all'assorbimento degli ultrasuoni che alla loro reflettività oltre che alle caratteristiche elastiche del mezzo:

i = d.v. ovc:

i = impedenza acustica. d = densità del mezzo. t' = velocità degli ul trasuoni nel mezzo. L'intensità dell'eco in posizione ideale, e cioè quando il fascio ultrasonoro è normale all'interfaccia, è data dalla formula:

_ _!} (ix- iy)

I-

(.IX-LY .)

ove: l

= intensità dell'eco.

li = intensità del fascio sonoro incidente. ix = impedenza del mezzo x.

iy = impedenza del mezzo y.


33 Ogni eco pertanto corrisponderà sia per intervallo di tempo come per direzione ad una discontinuità di impedenza lungo l'asse percorso dal fascio ultrasonico. Il mezzo, in cui le onde ultrasoniche si propagano, è detto campo ultrasonico. Con un trasduttore cilindrico, che è poi quello usato in oftalmologia, la distribuzione della pressione acustica varia a seconda se si considera quella lungo l'asse del trasduttore e quella fuori di detto asse. Lungo l'asse la pressione decresce proporzionalmente con la distanza mentre al di fuori di esso decresce in modo uniforme. Il lobo centrale di radiazioni del trasduttore raccoglie il 90o~ di energia irradiata, mentre i lobi, che ne rappresentano il campo ultrasonico, vicini aJ lobo centrale ne raccolgono il ro%. APPARECCH I PER L'INDAGINE ECOGRAFICA E LORO PRESTAZIONI.

G.li apparecchi per l'indagine ecografica possono essere divisi in tre grupp1: 1" - Tipo A scan: impiegano il sistema tempo ampiezza o eco- onda (metodo unidimensionale). 2° - Tipo B scan: commutano il sistema eco- onda in sistema a macchie di luce e possono essere impiegati anche su due dimensioni. 3" - Tipo A-B mode: impiegano un sistema bidimemionale a modulazione di intensità e di deflessione. Ogni apparecchio ad ultrasuoni risulta composto dai seguenti clementi fondamentali: - l'emettitore di impulsi elettrici; - il trasduttore ricetrasmittente o ecosonda ; - l'unità di registrazione. L 'emettitore è un dispositivo destinato a fornire gli impulsi elettrici al trasduttore; il livello di frequenza è in dipendenza dello spessore della lamina del trasduttore stesso. Con emettitori in cui tutte le frequenze sono della stessa intensità, cioè a banda larga, l'intensità massima è costante per tutto l'ambito di emissione, men tre con emettitori ove vi sia una frequenza di intensità prevalente, cioè a banda stretta, c'è un punto del campo di emissione in cui l'intensità di emissione è molto alta. In ecografia, in considerazione della posizione anatomica dell'occhio ad un livello superficiale, è consigliabile l'uso di quest'ultimo tipo di emettitore. Il trasduttore rappresenta la sorgente degli ultrasuoni ed è costituito, come già detto, da una sostanza piezoelettrica; i materiali più usati sono il quarzo (Si0 2), il titanato di bario (BaTi03) in forma ceramica ed altri materiali ceramici, e possono funzionare sia come sorgente che come ricevitori di ultrasuoni; tale la loro funzione nel trasduttore od ecosonda, che rappresenta del-


34 l'apparecchio la parte destinata all'esplorazione. In oftalmologia sono usati trasduttori elettroacustici in grado di vibrare secondo la direzione del loro spessore con emissione di onde longitudinali. Vanno da un diametro di r cm ad uno di 2 mm. La frequenza ed il diametro del trasduttore determinano la direzione del fascio di onde generate. L'unità di registrazione: l'eco ricevuto dal trasduttore viene ritrasmesso, trasformato nuovamente in impulso elettrico, ad un amplificatore. Compito di quest'ultimo è di migliorare la ricezione in modo da permettere di visualizzare adeguatamente echi deboli cd inoi tre di visualizzare contemporaneamente una larga banda di echi da un massimo ad un minimo sufficientemente ampio (34- 44 db.). L'impulso elettrico viene in ultimo proiettato sul fondo di un tubo a raggi catodici che dà all'esaminatore due tipi di informazioni: per l'A scan numero ed altezza di echi. per il B scan numero e tonalità di macchie luce. La tensione con cui un apparecchio ad ultrasuoni funziona varia nei suoi componenti; nell'emettitore vi è una tensione di 3.000 volt, tensione che all'uscita discende a roo volt che è la tensione del trasduttore; da quest'ultimo infine all'amplificatore la tensione è tra 20- roo volt, troppo bassa perchè si registri una buona eco. Compito perciò dell'amplificatore aumentarla e riportarla sui valori ottimali di roo volt. Per riassumere: tutto il sistema funziona nel modo seguente: dali 'appa· recchio (emettitore) parte un impulso elettrico che arriva al trasduttorc; da questi, tale impulso, trasformato in sonoro, va a colpire l'occhio attraverso un mezzo di coniugazione (acqua o metil cellulosa). Le varie superfici oculari rispondono con un eco che ritorna al trasduttore c viene di nuovo trasformato

1-'"ig.

1. • Schema del percorso degli impulsi dal generatore allo schermo del tubo catodico e componenti fondamentali di un'apparecchimura per uhrasuoni. G =generatore, S =sincronizzatore, T = trasduttore, Is = impulso ultrasonoro, E - eco, 1\t = aueouarorc, Am = amplificatore, TB = circuito di tempo, TC = wbo catodico.


35 in impulso elettrico. Tale ultimo impulso, mediante un ricevitore e dopo opportuna ;..mplificazione attraverso un amplificatore viene proiettato sul fondo di un tubo a raggi catodici ove viene osservato dall'esaminatore. Le informazioni che interessano possono essere fotografate. ~fETODI D'INDAGINE.

L 'esame va praticato col paziente adagiato su lettino fornito di schienale regolabilc:, in posizione inclinata per l'A scan (fig. 2) ed a capo riverso per

Fig. 2. - Tecnica A ~can.

il B scan (fig. 3). Quale mezzo di coniugazione fra l'occhio e il trasduttorc si usa per il metodo A scan il semplice liquido lagrimale o una soluzione di metilcellulosa, c per il B scan una soluzione fisiologica od acqua indrodotta nell'apposita m aschera ; tali m anovre verranno effettuate dopo insrillazione di un anestetico di superficie. L'uso di un mezzo di coniugazione è reso necessario dal fatto che gli ultrasuoni non si trasmettono nell'aria. Le tecniche tradizionali, come si è visto, vengono definite con le lettere

A e B.


La tecnica A, detta A scan oppure A mode, può essere definita come uni direzionale; il trasduttore posto in una determinata posizione, permette di rilevare tutte le superficie che separano mezzi a diversa impedenza che si trovano sul cammino del fascio di onde ultrasoniche. Tale cammino, pressochè rettilineo, permette di studiare solamente la parte dell'organo intercettata dal raggio.

Fig. 3· - Tecnica B scan.

La tecnica B, detta B scan oppure B mode, differenzia dalla prima per il fatto che il trasduttore effettua uno scauning e cioè diverse misure del tipo A su cammini diversi e paralleli tra loro in m odo da coprire l'intero campo interessato alla diagnostica. La rappresentazione visiva del tipo B avviene in modo completo poichè, utilizzando la memoria del dispositivo oscilJoscopico, viene rappresentato completamente l'intero scanning del trasduttore. Gli apparecchi ad ultrasuoni hanno caratteristiche differenti non solo in rapporto alla loro origine, ma anche in rapporto alle particolari esigenze del ricercatore che le ha acquistate per studi o per ricerche particolari. Si pone


37 prima di tutto il problema della taratura che si può configurare sotto due aspetti: a) una taratura di livello di prestazione che può essere massimale e più bassa, e che è bene effettuabile mediante mezzi fisici quali livelli di olio di paraffina, blocchi di vetro, di perspex o di acciaio; b) una taratura globale che tenga conto di tutto l'ambito di prestazione ad un dato livello c che coinvolge oltre alla sensibilità anche le caratteristiche dell'amplificazione e del trasduttore.

Fig. 4· • Aurezzatura per ecografia A c B scan in uso presso la Clinica Oculisrica deii'UnivcrsiLà di Torino.

A) Mod. Kretztechnik 7900 S per A c B scan. B) Mod. Kretztechnik 7200 MA per A scan.

Per le esigenze della diagnostica oftalmologica dei tessuti molli è necessario quindi disporre di campioni con caratteristiche analoghe a quelle dei tessuti esplorati. Da ciò consegue la messa a punto dei cosiddetti fantomi tissutali o campioni standard. La chiave di volta dei moderni concetti di ecografia sta appunto qui. Una taratura di livello dell'apparecchiatura è sufficiente solo per una diagnostica quantitativa e dinamica; la diagnostica tissurale presuppone una taratura su campioni biologici. Si può a questo punto


fare un esempio di come si procede nel campo della taratura. Per quanto riguarda la determinazione del livello di sensibilità il procedimento è il seguente: si esplora un oggetto di prova come quelli innanzi descritti con la sensibilità giusta e si osserva l'immagine sullo schermo. Se la stessa immagi ne ricompare in successive prove, eseguite nell e identiche condizioni, e cioè con la stessa sonda, con lo stesso oggetto di prova ed alla stessa distanza, è chiaro che la sensibilità è la stessa. Per quanto riguarda la taratura su campione biologico, ricorderò che presso la Clinica Oculistica di Torino vengono effettuate tre diverse tarature su campioni biologici a reflettività crescente che consentono di coprire tutto l'ambito di rcflettività dell'occhio e dell'orbita. Tali campioni sono: coagulo plasm atico, sangue intero ci tratato e sclera; con il loro di verso grado di refl ettività, essi danno la possibilità di raccogliere le malattie dell'occhio e del-

MALATTIE DELL"OCCHIO E OELL"ORBITA CLASSIFICATE SECONDO LA REFLETTIVITA" Olagnost,ea morfologica

Olagnosticl dmamlca • topograhea

Corpt estranei

SCLERALE

i

IESSUTALE

alta

medta

\R

bossa hm•nare VtiREALE

A Ampllttc:.aztone R Reltettivrt ò

S

Sctero

Fig. 5· - l numeri indicano i tracciati patognomonici. Tracciati infratessulali : 1. Frammentazione c colliquazione vitreale . 2. Degenerazione lacunaref vacuolare - 3· Distacco posteriore del vitreo - 4· Persistenz.a dell'arteria jaloidca - 5· Pers i~tenza del sistema jaloidto. - Tracciati connettivali: 6. Organizzazione del vitreo c membrana ciclitica 7· Rerinite proliferante. - Tracciati ematici: 8. Emorragia mas~ iva rctinof vitrealc recente - 9· Aneurisma A. - V. · 10. Emangioma cavernoso · 1 t. Jalo~i asteroide. Tracciati tessutali: n. Retinoblastoma . r3. Sarcoma indiffcrenziaro e pseudorumori infiammatori - 1.1. Mdanoblastoma - 15. Carcinoma metastatico. - T ra C ed S le interfacce delle struuurc oculari, in sede o di~locate (distacco di retina, ecc.) e le pareti delle cisri . . Oltre S tracciati sopratcssurali. (da B ELLONE G. c GALLENGA P. E ., 1970- 1971)


39 l'orbita in tre grandi gruppi in base a tre tipi di interfacce riflettenti gli ultrasuom. L 'ambito di reflettività del coagulo plasmatico copre quelli delle alterazioni caratterizzate da bassa reflettività com e quelle prodotte da disomogeneità dei liquidi endoculari od endocistici (cisti orbitarie). Il sangue citratato presenta un ambito di reflettività che è analogo a quello dei tessuti dell'occhio e dell'orbita. Colla parete sclerale si comprendono le reflettività sovratessutali costituite dalle superfici curve, liscie ed estese delle normali strutture dell'occhio, delle calcificazioni endobulbari e dei corpi estranei. E' evidente che tali sistemi di taratura mediante mezzi biologici non hanno la presunzione di inquadrare rigorosamente i fenomeni assai complessi determinati dagli stessi sul raggio ultrasonico, bensì di fornire una immagine ecografica di questi fenomeni analoga a quelli prodotti dai tessuti in esame.

TEcNI CA o'EsA.ME.

Col metodo A scan st lillZta un esame preliminare a livello massimale per l'occhio e per l'orbita inquadrando eventuali alterazioni con un fascio ultrasonico, il più largo possibile : tale l'ecografia topografica che può essere condotta sia secondo schemi di repere fissi, sia spostando il fascio intorno al suo asse verticale. Si ottengono i n tal modo echi che possono esser forniti anche da strutture di natura diversa; questo rende necessario l'impiego dell'apparecchio nei suoi diversi livelli di prestazione che si ottengono variando l'am plificazione dei segnali ricevuti: ecografia quantitatiua o dinamica. Può essere realizzata anche una ecografia cinetica imprimendo con l'ecosonda movimenti alla parte in esame (c.c. diretta), oppure facendo muovere l'occhio rispetto al trasdunore che sta fermo (c.c. indiretta) ed anche saggiando la con sistenza della struttura in esame esercitando con l'ecosonda una compressione (e.c. indiretta per compressione). Il metodo B scan rappresenta un utile complemento di quello precedente pur essendo ad esso inferiore per precisione e valore di documentazione. Si esegue applicando al paziente una maschera costruita apposta per l'uso, riempita di una soluzione clorosodica isotonica col sangue, con la sonda immersa nel liquido. L'esame può essere eseguito con tecniche varie su due occhi come sulle due orbite con sezioni condotte orizzontalmente, verticalmente oppure in senso radiale ed anche a bulbo ruotato (proiezioni diasclerali) per escludere l'assorbimento e gli artifici causati dalla lente cristallina. L 'esame va condotto articolato in due tempi; nel primo si cerca di inquadrare l'alterazione ricercata e ciò richiede tempo maggiore e comunque proporzionato alla grandezza dell'organo esplorato tenendo anche conto dei dati reperiti con altri mezzi di indagine; nel secondo di riconoscere detta alterazione.


EcocRAMMI NORMALI.

Eco grammi assiali: è il tracciato ottenuto quando il raggio ultrasonico penetra nell'occhio lungo l'asse antero- posteriore; se la sonda è a diretto contatto con il bulbo, si ha inizialmente un picco che rappresenta l'impulso del trasmetùtore seguito da una linea zero rappresentata dalla camera anteriore; seguono poi due picchi rappresentati dalla faccia anteriore c posteriore del cristallino, una linea zero più lunga rappresentata dal vitreo ed in ultimo il treno di echi prodotto dalla parete posteriore del bulbo e dai tessuti rctrobulbari. I

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2" - Ecogrammi diascl~rali: è il tracciato ottenuto quando il raggio ultrasonico penetra nell'occhio lateralmente escludendo cosi il cristallino. Si ha in questo caso un picco iniziale rappresentante l'eco di impul w del trasduttore seguito da una lunga linea zero rappresentante il vitreo ed in fondo gli echi prodotù dalla parete posteriore del bulbo e dai tessuti retrobulbari .

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Fig. 6.- Ecogrammi schematici dell'occhio emmetrope: x cornea, y e z faccia anteriore e po'>tcriore del cristallino, w fondo oculare. In ordine da s. ecogramma assiale, ecogramma dia~leralc, ecogramma bidimensionale.

Qualsiasi alterazione subita da questi semplici ecogrammi precedentemente descritti e che si verifica in condizioni patologiche, rappresenta la base della indagine diagnostica ultrasonica in oftalmologia. Il metodo TAU, mediante il quale essi vengono ottenuti, rappresenta il metodo di scelta. C<m il B scan, l 'ecogramma fornito dali 'occhio in posizione primaria, è rappresentato da strie di riflessione a livello della cornea, della faccia anteriore del diaframma irido cristallino, della faccia posteriore del cristallino, della faccia posteriore del fondo oculare e dall'insieme delle riflessioni retrobulbari. Nel bulbo ruotato in modo da escludere la cornea, l'iride ed il cristallino, l'ecogramma ha una prima stria di riflessione rappresentata dalla


congiuntiva bulbare ed una seconda ed ultima quella del fondo. Le parti escluse, precedentemente dette, sono rappresentate solo da strie di riflessione disposte lateralmente. ARTEFATTI.

Ad alterar e il valore di un'indagine ecografica possono intervenire fattori capaci di modificare il normale aspetto di una riflessione, sia dovuta quest'ultima a strutture normali com e a quelle patologiche. Può, per esempio, un 'eco riflessa non essere sempre riferibile ad una reale interfaccia come può non comparire nel tracciato un'eco da riferire ad una reale struttura riflettente. La tab. n. 2 elenca i fattori che condizionano l'aspetto dell'immagine ecoscopica. Lo studio e la conoscenza degli artefatti, il loro aspetto e le loro caratteristiche, l'analisi delle cause che intervengono nella formazione di essi, fanno parte di quel notevole bagaglio di esperienza che si m atura solo in lunghi anni di ricerca. Questo spiega il perchè l'ecografia non sia un metodo semplice di indagine, ma presupponga oltre ad una strumentazione perfetta ed idonea alla ricerca specifica, una com petenza da ultra specialista in questa metodica. DtAGXOSTICA ECOGRAFICA.

Poichè gli ultrasuoni vengono riflessi, come abbiamo visto, quando incontrano superfici di separazione fra due mezzi di differente densità, è evidente che il loro impiego diagnostico in oftalmologia può servire ad identificare le normali strutture dell'occhio ed a valutare le rispettive distanze. E' questa l'ccobiometria che pertanto è stata una delle prime utilizzazioni degli ultrasuoni e che si è andata progressivamente ampliando sino ad affrontare complessi problemi di calcolo della rifrazione in diverse condizioni normali e patologiche. Ciò è avvenuto anche perchè per l'impiego biometrico, le apparecchiature già disponibili per il passato erano sufficienti per tale tipo di indagine. Per una biometria molto accurata sono necessarie apparecchiature speciali appositamente studiate che impiegano alte frequenze (fino a 20 MHz), fasci ultrasonici focalizzati e, meglio ancora, l'intensità modulata cd il B mode. Con queste metodiche son o stati ottenuti buoni risultati specialmente in campo clinico. Un'altro impiego entrato molto precocemente nella diagnosi ultrasonica è la ricerca e la localizzazione dei corpi estranei endobulbari ed endorbitari perchè anche q ui si tratta di superfici che di regola banno una forte differenza di impeden za acustica rispetto alle strutture circostanti. Tutta una serie di tecniche è stata elaborata a questo scopo, sia per l'identificazione che per


T ABEl LA N. 2. f ATTOR I CHE CONDIZ IONANO L'ASPETTO DElL' IMMAG INE ECOSCOPI CA

Altet-za del picco (int~n,ità dell'eco)

Larghezza del picco (dur.ltil dell'eco)

Posizione dd picco ('elocità nei mezzi)

J) Impedenza acu~tica

1) Aumento di ampiezza c d urata dell'eco

1) Anticipazione di echi nel tracciato

d i~omogenea

delle imcrfacce riflcucnti

Ambito di compar~n (amplificazione c filtrazione)

Corri~pondemw dci picch i

con reali interL1ccc (false rifb~ioni)

1) Rivcrberazionc o ri-

1) Dinamica troppo ristretta ( inferiore a 40 - 50 db)

~onanza

A) assiali B) non assiali

l

2) As~orbi mcnto d c i tessuti attraversati

l 2) Forma delle superfici riflcttenti (piane, concave o convcs~c)

2) Dislocazione d i echi do\'uti a mezzi più densi

2) Cristalli picz.oclettrici di qualità non

2) Dinam ica troppo arnp1a

ottimalc

3) I nclinazione della

3) Inclinat.ionc d c Il c

3) Dislocazione d i echi

3) Distorsioni del si-

3) Ecces~iva o

struttura riflcucnte rispetto al fascio

superfici riflettenti

dovuta nlla forma del fascio

stcma r icevente

filtrazione

~cars:~

1

3A) Rifle~sionr laterale del fa~cio

(da GA~I tNGA R. , 197 1)

~ N


43 la localizzazione dei corpi estranei rispetto alla parete sclerale. Infatti quando il corpo estraneo è addossato al davanti o al di dietro della parete sclerale, la localizzazione radiologica, anche più fine, non permette una diagnosi di certezza. Lo studio ecografico dei picchi riflessi dal corpo estraneo e dalla sclera permettono di regola una perfetta localizzazione. Se si considera come sia indifferente per il mezzo ultrasonoro la radio opacità o meno del corpo estraneo, è chiara la grande importanza di questo mezzo di indagine, specie se impiegato congiuntamente con l'esame radiologico. Un'altra possibilità ancora è fornita dalla messa a punto di pinze di estrazione fornite di ecosonda per guidarsi preoperatoriamente sul corpo estraneo (Bronson .). Sempre sul principio di identificare interfacce riflettenti gli ultrasuoni , è basato lo studio dei distacchi di retina specie quando i mezzi diottrici sono opachi. Ciò è più frequente di quanto si potrebbe immaginare perchè non solo le opacità dd segmento anteriore ma anche quelle del vitreo e specialmente le emorragie possono rendere difficile od impossibile individuare un distacco idiopatico della retina. In quest'ultimo caso con gli ultrasuoni è possibil e una buona localizzazione c l'identificazione di pliche retiniche nonchè la diagnosi differenziale con distacchi a contenuto solido. Con le frequenze di 8 MHz convenientemente impiegati è possibile il riconoscimento di un distacco retinico sollevato di 0,5- o,8 mm. Sia per la biometria che per lo studio dei corpi estranei c dd distacco idiopatico della retina si impiegano congiuntamente le tecniche ecografiche topografiche muovendo il fascio ultrasonoro come un faro in una camera buia onde inquadrare l'intcrfaccia ricercata; cinetica, imprimendo movimenti all'intcrfaccia studiata; dinamica, riducendo l'amplificazione e quindi l'altezza dei picchi così da distinguere due interfacce diversamente riflettenti. Quest'ultima tecnica assume importanza preminente quando si passi allo studio delle alterazioni vitrcali che sono state studiate analiticamente con un metodo biomicroscopico ecografico e poi inquadrate in uno studio sistematico principalmente presso la nostra Clinica. Ma per fare queste valutazioni occorrono apparecchiature di alta sensibilità data la scarsa reflettività di numerose alterazioni vitreali e deve pertanto essere conosciuto il livello di m assima sensibilità di ogni apparecchiatura per sapere se è adatto a questo tipo di indagine. E' stato perciò messo a punto (Bellone G. e Gallenga P. E.) un campione biologico standard ottenuto con plasma coagul ato che dà una serie di picchi di diversa altezza che sono paragonabili alle disomogeneità vitreali che non raggiungono una consistenza tissutale, come ad esempio le membrane organizzate. In questo modo le alterazioni del corpo vitreo sono state suddivise in centrali e periferiche anteriori e posteriori; le prime degenerative. le seconde infiammatorie ed emorragiche. Sono stati poi identificati tracciati patologici nelle degenerazioni vacuolari, nel distacco posteriore del vitreo con collasso e nella ialosi asteroide.


44 Il campo più recente e più interessante dell'eco diagnostica è però senza dubbio quello della diagnostica tissutale. Per molti anni con gli ultrasuoni ci si è limitati a differenziare distacchi di retina a contenuto liquido da quelli a contenuto disomog-eneo (tumorale, infiammatorio, emorragico), ma queste masse solide non potevano essere differenziate fra loro. Da pochi anni, principalmente ad opera delle ricerche di Ossoinig K. sui tumori orbitari si è andata affermando una nuova diagnostica differenziale dei tessuti che in Italia è stata sviluppata dalla Scuola di Torino. Data l'importanza dell'argomento, si rende opportuno trattare questo capitolo più dettagliatamente. La diagnosi differenziale fra diversi tessuti dell'occhio e dell'orbita, è indubbiamente il campo più difficile dell'ecografia c può apparire fantascientifica ai non specialisti. Può infatti meravigliare la possibilità di differenziazione di strutture biologiche diverse mediante un mezzo come l'ecografia che per la sua stessa natura impiega frequenze che, pure elevate, hanno lunghezze d'onda taU da non permettere certamente il rilevamento di strutture microscopiche. Il principio su cui si basa questo tipo di diagnostica è invece del tutto differente, e, come è stato esposto all'ultimo congresso della Società Oftalmologica Italiana (1971) tenuto a Malta, basato sui principi della meccanica acustica. Come per il suono infatti, che presenta caratteristiche diverse se ottenuto percuotendo materiali diversi, così l'ultrasuono riflette vibrazioni con caratteristiche diverse secondo il tessuto colpito. Naturalmente perchè si possano analizzare e riconoscere . diversi tipi di ultrasuoni che la struttura rimanda dopo essere stata eccitata dal fascio ultrasonoro bisogna che: 0 I - la stimolazione sia costante come ampiezza e intensità per cui bisogna lavorare con apparecchi e trasduttori standardizzati; 2 ° - che l'apparecchio sia in grado di ricevere una gamma sufficientemente ampia di riflessioni dalle massime aJle minime e di riprodurle; 3o - che la stimolazione sia praticata correttamente rispetto alle strutture studiate, sia come distanza dalle stesse sia come inclinazione. Ove tutte queste condizioni non siano rispettate, non è possibile eseguire una differenziazione dei tessuti molli tra loro, comprendendo fra questi anche le emorragie e le organizzazioni connettivali; non è possibile cioè fare una buona diagnostica morfologica. Nè ci si può riuscire cercando di valutare l'altezza dei picchi, perchè tutti i téssuti molli hanno una eguale reflettività globale. Anche il criterio dell'assorbimento dei tessuti misurato sulla parete sclerale (Pujol) non sembra essere un criterio valido nella pratica clinica. Secondo Ossoinig K., Bellone G. e Gallenga P. E. la soluzione del problema sta nel riconoscimento dell'aspetto dei tracciati cioè della loro morfologia in rapporto al tessuto che li produce. Questi tessuti tipo possono essere riproducibili sperimentalmente: sangue intero citratato ed il sangue centrifugato, oppure riscontrabili solo in vivo come la retinite proliferante.


45 Partendo da questo concetto base i centri più agg:ornati di diagnostica ecografica e citerò fra tutti quelli di Vienna e di T orino sono giunti ad iden~ tificare il melanoblastoma della coroide, il retinoblastoma, la proli fcrante, le emorragie massive recenti del vitreo cd inoltre m asse ncoformate nell'orbita, ove si distinguono sarcomi e pseudo tumori da emangiomi, carcinomi , tumori misti. Questi stessi centri che ho prima citati stanno rroprio ora avviandosi alla valutazione di questi tracciati mediante com puters. e certamente questa evoluzione porterà ulteriori progressi.

Fig. 7· - Emorragia massi,·a del viuco.

Fig. 8. · Retinite proliferante.

Fig. 9· - Retinoblastoma.

Fig. 10. • Mclanoblastoma.


Fig. xr. - Aneurisma A.V.

Fig. 12. - Emangioma.

a) Proiezione parabulbare. b) Proiezione transbulbare. c) Memorizzazione deUe puls:tzioni delle pareti aneurismatiche.

a) Proiezione parabulbare. b) Proiezione Lransbulbare. c) B scan sezione verticale attra· verM> il venice corneale.


47 La diagnostica dei tu mori e delle parti molli adiacenti all'occhio ed all'orbita nonchè dei linfonodi superficiali non è che una conseguenza di quanto detto sopra, anche se differisce per qualche dettaglio tecnico di esecuzione. Per quanto riguarda l'orbita, che è il vero campo di battaglia della diagnostica ecografica, si è già detto nella diagnostica tissutale. Si è ricordata anche la possibilità del reperimento e localizzazione di corpi estranei radioopachi e non. Resta da ricordare il riconoscimento di meningoceli, cisti idatidee, cisti reumatiche, della loro delimitazione e della valutazione del loro contenuto. Come si vede, gli ultrasuoni sono un mezzo di indagine sempre utile, talora insostituibile nella diagnostica oftalmologica, non dannoso per i tessuti oculari, non sconfortevole per il paziente, rapido ed indolore. Più che il costo delle attrezzature, è per ora assai difficile il loro impiego che richiede operatori di grande e prolungata esperienza. Si tratta inoltre di una tecnica in evoluzione cui i cultori di avanguardia apportano continui miglioramenti . Ciononostante, per gli impieghi più correnti, può già essere utilizzata da centri di m edia importanza che potrebbero avvalersi, nei casi più difficili, di quei pochi complessi altamente specializzati.

RIASSUNTO. - La diagnostica oftalmologica con ultrasuoni pulsanti è un mezzo moderno di indagine co11 possibilità ~he si vanno sempre più affermando in relazione alle evoluzioni tecniche delle apparecchiature. Viene fatto un breve profilo storico bibliografico e vengono illustrati i metodi di indagine e le tecniche d'esame. L'A. passa in rassegna le possibilità di impiego diagnostico degli ultrasuoni in oftalmologia; tale metodologia accresce quasi sempre c notevolmente le informazioni offerte dai mezzi comunemente in uso c ne rappresenta, qualche volta, un indispensabile ~omplemcnto.

RÉsuMÉ. - La diagnostic optha lmologique par ultrasons pulsants est un moyen de dépisragc moderne, clom !es possibilités s'affirmcnt chaque jour en relation avec l'évolurion technique des appareils. Après un court profil historico - b!bliographique et un exposé des méthodes de dépistagc et des techniques d'examcn, l'auteur passe en revue !es pos:.ibilités d'emploi diagnosrique cles ultrason~ en ophtalmologie; cette méthodologie accroit presque toujours et de façon notablc !es renseignements que peuvent offrir !es moyens communément employés et en représcnte par foi~ un complément i ndispensablc. su~mAR\', - Ophthalmological diagnosis with pulsed ultrasounds is a modero means of examination whose range of applications is being conrinuously extended via cechnic:~l improvemcnts in the apparatus employed. A short account of the relevant history and literatu rc is presented and the methods and techniques in use a'l'e <lescribcd. The scope of ul trasounds in ophthalmologìcal diagnosis is discussed. h s notable extension of the data offered by conventional means of examinarion is noted and reference is also made to siruation~ in which it i' their intlispensable complement.


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IL PARACADUTISMO NELL 'AMBITO DELLA COLLETTIVITÀ MILITARE* STUDIO DELLA PERSONAL/TÀ E CORRELAZIONI COL TEST DJ RORSCHACH

T en. Col. Med. E. Melorio

Ten. Col. Mcd. parac. A. Cazzato

Il paracadutismo, come aspirazione generica da parte dell'uomo di librarsi nel ·cielo, ha origini leggendarie, che ci riportano a singolari pratiche rituali in onore degli imperatori dell'antica Cina e ci fanno affiorare il ricordo del mito di Icaro. Nell'accezione attuale del termine il paracadutismo è da ricollegare, verosimilmente, alla geniale intuizione di Leonardo da Vinci (1514), il quale concepì e progettò il paracadute con criterio scientifico, fissandone le leggi fi siche del funzionamento nel suo Codice Adantico (folio 381, verso A). La pratica del paracadutismo, nei secoli scorsi, fu prerogativa di pochi ardimentosi e si svolse unicamente su un piano avventuroso e spettacolare. Il paracaduti smo, come viene inteso modernamente, è nato negli ultimi 3040 anni ed ha avuto tra i pionieri più importanti gli italiani. L'impiego attuale del paracadutismo trova le sue ragioni di vita in campi diversi: da quello militare, che è il più importante, a quello sportivo che è il più arditamente agonistico, a quello del soccorso sanitario (para- soccorso), che rimane senza dubbio il più singolare sul piano umano. Nella presente nota ci interesseremo del paracadutismo, genericamente considerato come sport, nella sua particolare applicazione alla collettività mi litare. Tutti gli eserciti moderni hanno sentito la necessità di inserire nella loro struttura organica reparti speciali da impiegare in azioni belliche, sfruttando q uel mezzo insolito di traslazione dall'alto in basso, che è il paracadute. In tutte le Nazioni sono sorte scuole di paracadutismo, in cui vengono forgiati i soldati desti nati ad alimentare questi reparti speciali. I metodi addestrativi sono differenti da un Esercito all'altro e non tutti esenti da manchevolezze ed imperfezioni.

• Comunicazione presentata al 1" Congresso internazionale di Psicologia dello Sport.


La nostra esperienza e le nostre conoscenze dirette si riferiscono al paracadutismo militare italiano, ma i problemi che interessano il nostro studio, sotto il profilo psicologico e sociale, sono a fattor comune in tutti gli eserciti. Nel paracadutismo, come d'altra parte in tutto l'ambiente militare italiano, bisogna distinguere due categorie di uomini: - gli Ufficiali e Sottufficiali in servizio permanente, che formano i Quadri direttivi;

- i coscritti, che rimangono in servizio soltanto per il periodo dell'obbligo di leva. La problcmatica psicologica nella fase iniziale di adattamento all'ambiente « sui generis>> del paracadutismo è, in una certa qual misura, comune aJle due categorie, ma acquista aspetti particolari per coloro che continuano a militare per molti anni nei reparti paracadutisti. Grande interesse suscita perciò lo studio della personalità di quegli uomini , Ufficiali e Sottufficiali, per i quali la lunga permanenza nel paracadutismo può dar luogo ad una ben individuabile cc psicologia del paracadutista >> . Essi formano l'intelaiatura dei Quadri direttivi, la cui << forma mentis >> ha un'importanza fondamentale per l'addestramento speci fico di migliaia di giovani, che annualmente vengono loro affidati perché ne facciano dei paracadutisti. Ci npromettiamo di riferire sull'argomento in altra occasione, volendo delineare in questa sede la diversa posizione, rispetto ai militari di carriera, in cui vengono a trovarsi i coscritti, che rappresentano la categoria più numerosa. Per essi infatti il periodo di permanenza nel paracadutismo attivo è relativamente breve e, comunque limitato, come abbiamo già detto, al solo periodo dell'obbligo di leva. Sotto il profilo sociale il problema riveste una grande importanza se si considera che ogni anno alcune migliaia di giovani, rispondendo alla chiamata alle armi, lasciano il proprio ambiente abituale per inserirsi temporaneamente in un ambiente a forte carica emotiva, qual è quello del paracadutismo. A questo punto il nostro studio appare delineato nei suoi termini essenziali: l'individuo da una parte e l'ambiente paracadutistico dall'altra. Giova quindi prendere in esam e i giovani che si orientano verso il paracadutismo e l'influenza che l'ambiente esercita su di loro, onde potere stabilire se l'esperienza vissuta nelle file del paracadutismo rappresenti oppure no un fatto positivo ai fini del loro reinserimento, al termine del servizio militare, nell'ambiente socio -lavorativo di provenienza. Nel paracadutismo convergono cittadi ni di condizioni socio- culturali, le più chsparate c di provenienza rcgionaJe, la più di versa; ma con un'aspirazione comllne, potremmo dire, rivolta verso fatti che diano alla loro esistenza un timbro di straordinarietà.


53 Si tratta di giovani che per varie ragioni desiderano uscire dal clima abi~ tudinario del proprio « entourage » per vivere, in una parentesi eroica, una esperienza nuova sul piano morale c materiale. Le :·agioni che gli aspiranti adducono a sostegno della loro decisione di arruolars1 nei paracadutisti sono spesso in verità mal definite, ma tutte col~ legate da un filo conduttore, che porta al desiderio di proiettare se stessi in un'attività altamente sportiva. Alla domanda « Perché vuoi fare il paracadutista», posta sistematicamen~ te in occasione della visita medica all'arrivo al Corpo, ogni recluta ha subito risposto « Perché mi piace lo spor t ». L 'esperienza ci ha fatto poi individuare e catalogare altre ragioni che, sia pure non confessate o imprecise nella loro formulazione, si ripetono sempre uguali nel continuo avvicendarsi dei giovani nel corso degli anni. La curiosità, la sfida imposta a se stessi, il guadagno del soprassoldo cor~ risposto alle truppe paracadutiste, l'imitazione di parenti, l'incitamento del personale addetto al reclutamento rappresentano in genere i motivi della scdta, alla cui base rimane sempre però quel denominatore comune, rappresentato dall'aspirazione SfOrtiva, cui tende ogni giovane che si avvicina al paracadutismo. Ecco come lo sport assume una funzione altamente educativa e sociale, entrando nelle coscienze come elemento di qualificazione e di innalzamento morale. Ecco come il paracadutismo, ritenuto dai più uno sport pericoloso, possa contribmre alla formazione del cittadino nel dinamismo naturale della « psi~ che» e del « soma». Se è vero, come afferma Alexis Carrel che il (( vivere pericolosdmente » è un alto precetto di vita morale ed una necessità biologica per le razze elette. Il raggiungimento però di un reale beneficio da parte dell'individuo, sul piano dell'economia biologica, è subordinato al fatto che esso si trovi in condizioni di perfetta salute e di equilibrio mentale. L 'ambiente paracadutistico espone a situazioni altamente pregnanti e l'individuo è costretto ad una continua gara con se stesso nel superare le situazioni conflittuali in cui si trova coinvolto. Sotto questo punto di vista l'ambiente militare e in special modo quindi quello paracadutistico può assumere il ruolo di un fattore morbigcno. Alcuni autori lo considerano infatti come rivelatore di tutte le tare psiclùche e capace in particolare di riattivare pregresse anomalie apparentemente scomparse, di esacerbare irregolarità di comportamento e di indurre una più precoce mani ~ festazione di disturbi mentali. D a qui la necessità di seguire nell'arruolamento dei paracadutisti un oculato ngore che, attraverso una selezione fisica cd attitudinale, contempli anche una valutazione psichiatrica. L'attuazione di quest'azione sistematica


54 di medicina preventiva ci metterebbe così in grado di individuare tempestivamente gli inadatti alla vita paracadutista. Purtroppo un certo numero di inadatti giungono nell'ambiente; essi però non riescono talvolta a rimanerci per tutto il periodo della ferma perché, ad un certo momento, affiorano le anomalie di comportamento, che dànno luogo alla loro eliminazione. Sono questi elementi che con i loro atti di indisci-plina, con i loro atteggiamenti incontrollati e stravaganti, con le loro manifestazioni antisociali alimentano l'opinione secondo la quale per fare i paracadutisti bisogna essere degli sregolati. Niente di più falso l Al di là di ogni spunto retorico vogliamo citare in proposito il pensiero autorevole di un Generale, già eroico Comandante della Divisione « Folgore )), secondo il quale i paracadutisti sono i figli dcii 'ardimento consapevole eletto a regola di vita, per cui la sfida al rischio è consuetudine di addestramento e di preparazione (E. Frattini). Per gli sregolati non c'è posto nel paracadutismo! Quanto mai necessaria quindi l'opera di profilassi, per non permettere che tali elementi con la loro condotta anomala inquinino l'ambiente paracadutistico con le prevedibili ripercussioni negative sulla collettività militare e sulla società. L'ambiente paracadutistico, come abbiamo accennato, ha già una sua problematicità di adattamento con una pregnanza tale da non poter essere ulteriormente esasperato dalla presenza di elementi anormali. E passiamo ad esaminare più da vicino i rapporti dell'aspirante paracadutista con tale ambiente. Il paracadutista è un soldato che nell'ambito dell'obbligo di leva sceglie c< volontariamente » la specialità militare in cui desidera adempiere a quest'obbligo. Pertanto esso va considerato, dal punto di vista psicologico, di fronte all'ambiente militare sotto un duplice aspett{): -

quello della « coscrizione», nei riguardi dell'obbligo di leva;

- quello del « volontarismo », nei riguar·di della specialità militare per la quale opta. Questa particolare situazione sembrerebbe a prima vista agevolare l'inserimento del cittadino nella collettività militare, sostenuta com'è da un atto di volontarietà e di scelta da parte del coscritto. In realtà essa propone dei grossi problemi all'aspirante paracadutista proprio nella delicata fase iniziale di inserimento nel nuovo ambiente. La collettività militare è un ambiente eterogeneo dal punto di vista socio- culturale e regionale, al quale l'organizzazione gerarchica e le esigenze disciplinari conferiscono qualità frustranti e stressanti, che mettono a dura prova la capacità di adattamento del giovane. Essa rappresenta perciò un


55 ambiente in cui viene a concretarsi una nuova esperienza di vita col carattere di un evento esterno a forte carica affettivo - emotiva, che pone in gioco dei problemi di adattamento sulla base di nuovi contatti interumani, costringendo l'individuo a sperimentare un rapporto del tutto nuovo in una collettività per lui completamente nuova. L'interpretazione in chiave freudiana dei rapporti che si stabiliscono nell'incontro della personalità del singolo con l'ambiente militare è veramente suggestiva e ci dà nozione del ruolo che giocano i vari elementi formativi del sistema psichico: l'Io - l'Es - il Super- Io. Nel repentino cambiamento delle richieste della realtà, la recluta viene sottoposta ad un mutamento delle sue abitudini morali. Il Super- Io individuale di origine paterna viene sostituito da un altro Su per- Io esterno, rappresentato dai Superiori e contemporaneamente, attraverso il carattere aggressivo e violento dell'addestramento, l'Es viene spinto a liberare gli impulsi istintivi di aggressione e di distruzione. L'Io viene, in tal modo, ad essere fortemente scosso nella sua struttura. Nella prima fase del servizio la recluta paracadutista si trova quindi esposta ad una duplice azione stressante, quella dell'ambiente militare genericamente intesa e quella del tutto particolare dell'ambiente paracadutistico. La nuova esperienza di vita, comunque, per il suo carattere altamente frustrante, per le sue risonanze affettivo- emotive e per la problematicità del rapporto interumano, assumerebbe il ruolo di fattore morbigeno soltanto in quei soggetti predisposti o particolarmente recettivi a disturbi nervosi, potendo nei soggetti relativamente normali semmai facilitare delle condizioni di conflitto, m a non determinarle. Molti sono i giovani che soccombono nella prima fase dell'addestramento. L'allievo generalmente si reca dall'Ufficiale medico per denunciare dei malori vaghi riferiti a qualche organo o sistema, ma non è difficile cogliere nell'anamnesi gli elementi di ordine psichico che fanno sospettare in lui il desiderio di rinunciare al corso. Si tratta di allievi che arrivano nell'ambiente senza una ferma convinzione della loro scelta, trascinati dall'insistenza di qualche amico o del personale addetto al reclutamento. A contatto con la realtà essi si accorgono di non avere le doti necessarie per superare le difficoltà imposte dall'addestramento specifico e vengono invasi <la un tale senso di insicurezza da apparire ,dei pavidi. Se l'individuo però non risolve il suo conflitto in questa fase e non arriva a prendere la decisione di abbandonare il corso è molto difficile che una tale decisione possa prenderla nella fase successiva, che è quella dell'addestramento paracadutistico vero e proprio. L'allievo diventa succubo dell'ambiente e non riesce più a rimanere padrone delle sue decisioni. La paura di essere deriso dai commilitoni, di essere bollato dagli scherzi e daJJe sanzioni disciplinari che colpiscono chi abban-


dona il corso, fa sì che egli continui l'addestramento in uno stato d'animo di estrema tensione. La situazione conflittuale si accentua sempre più, ma egli non rinuncia al corso, aspettando il giorno del primo lancio come un momento liberatore. Allo stremo della resistenza psichica e fisica per le inevitabili fatiche che comporta l'addestramento, l'al.lievo va incontro al primo lancio fortemente combattuto tra la raffigurazione di un evento fatale che incombe su di lui ed il continuo riaffacciarsi dell'istinto di conservazione. Ed il primo lancio arriva! Lo stato mentale dell'allievo che si trova nella situazione or ora descritta può evolvere in due direzioni, o verso il predominio dello spirito di conservazione o verso il cedimento di esso. Nel primo caso, al risveglio improvviso cioè delle forze istintive della conservazione, l'allievo oppone un netto rinuto al lancio e rimane ancorato alJa porta dell'aereo, nonostante gli incitamenti imperiosi dell'istruttore. L'avvenimento produce, com'è facile immaginare, una ripercussione psicologica negativa sugli altri paracadutisti e provoca un intralcio tecnico nello svolgimento dell'aviolancio. Nel secondo caso, al cedimento completo ·dell'istinto .di conservazione, l'allievo va incontro all'inevitabile, effettuando il lancio ormai incapace di qualsiasi controllo, nell'abbandono· psichico di ogni speranza di salvezza. Egli si lancia ~ ci si consenta l'espressione - sulla « traiettoria del suicidio », ma grazie all'automatismo funzionale dei paracadute avrà la sorpresa di arrivare a terra ancora vivo. La riuscita fisica del primo lancio non è sufficiente però a risolvere lo stato conflittuale di questi individui, i quali saranno esposti agli stessi turbamenti psicologici ad ogni lancio successivo. Le esercitazioni di lancio si trasformano per essi in un reiterato tentativo di suiCidio, cui fa seguito nei periodi intervallari, un comportamento reattivo intonato ad un'esagerata iattanza o rivolto verso lo scoramento con assenza di interessi di gruppo e compimento incontrollato di azioni immorali e di atti di indisciplina. In questi sogge.tti, ristretti nelle camere di punizione, si accentua vieppiù l'aspetto caratteropatico della personalità con manifestazioni più facilmente inquadrabili in una sindrome psichiatrica. Le sanzioni disciplinari, con limitazione della libertà ed esclusione dalla partecipazione all'addestramento, non consentono loro di mettere in atto la tendenza suicida nella forma anonima del lancio con paracadute e li fanno ripiegare sui sistemi tradizionali di autolesionismo. I casi di tentativo di suicidio, nelle camere di punizione, mediante il taglio delle vene dei polsi con frammenti di vetro o di lamette sono relativamente frequenti in questi soggetti incapaci di risolvere la loro situazione conflittuale.


57 Statisticamente il numero dei rifiuti al lancio è trascurabile, ma assai più cospicuo è verosimilmente il numero di coloro che vengono a trovarsi nelle condizioni psichiche da noi descritte. Un maggiore approfondimento del problema potrebbe rivclarci la vera entità numerica del fenomeno, che può essere eliminato soltanto - lo ripetiamo - con l'oculata applicazione di una valutazione psichiatrica del candidato all'atto della selezione. Fin qui abbiamo esaminato le reazioni mentali che possono insorgere negli individui predisposti durante la prima fase del servizio di leva nei reparti paracadutisti ed abbiamo visto come esse, nelle forme più clamorose, possono estrinsecarsi in una rinuncia al proseguimento dell'addestramento, in un rifiuto al lancio o in una forma di disadattamento, da noi configurata nel tentativo reiterato di suici.dio. Gli stress fisici e psichici, insiti nell'~biente paracadutistico, non limitano però la loro influenza solo alle fasi iniziali dell'addestramento, ma continuano ad agire, specialmente sugli individui meno adatti, per tutto il periodo del servizio. Il paracadutista si trova quindi esposto a reazioni mentali ed a lurbamenti psichici anche nelle fasi successive dell'addestramento e può verificarsi uno scompenso psicologico anche in quegli individui che sembravano aver superato la fase critica iniziale di adattamento. Sotto il profilo infortunistico, il perfetto controllo dell'emotività nella fase dinamica del lancio ha preminente importanza anche per i paracadutisti . ' anz1am. . . ptu Nell'atterraggio con paracadute sono necessari il controllo dei movimenti ed una certa vivacità di reazione agli stimoli ambientali per la perfetta esecuzione della caduta. Gli individui incapaci di superare lo stress emotivo del lancio non riescono nemmeno a controllare i propri movimenti c prendono contatto col terreno in preda ad incoordinazionc psico- motoria, andando incontro inevitabilmente a lesioni traumatiche. In essi prevalgono sentimenti di ansia e di paura fino all'angoscia, sostenuti verosimilmente da un senso di sfiducia nelle proprie capacità tecniche per un inadeguato addestramento preparatorio al lancio. A questa interpretazione patogenetica sono da ricollegare quegli infortuni che, a parità di condizioni ambientali, si verificano soltanto in quei paracadutisti che effettuano il lanc;o dopo essere stati impiegati per un lungo periodo in lavori sedentari, senza possibilità di esercitarsi nella pratica sportiva. In questi casi non è in gioco la tanto discussa pericolosità del paracadute, ma sono i fa ttori psichici che assumono il ruolo di momenti etiologici nel determ injsmo d eli 'infortunio.


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••• Questi sono alcuni degli aspetti comportamentali dei giovani paracadutisti di leva, quali sono apparsi alla nostra osservazione di medici preposti all'assistenza sanitaria delle avio- truppe. Abbiamo voluto perciò effettuare un'indagine psicologica per verificare la validità di alcune nostre affermazioni e per formulare l'ipotesi di un lavoro più vasto da compiere nel prossimo futuro. Abbiamo cioè inteso dare conforto, attraverso un'indagine scientifica, alle nostre osservazioni specialmente in riferimento: - agli aspetti della personalità di base dci soggetti che entrano nelle file del paracadutismo; - alle motivazioni soggettive della scelta del paracadutismo, all'ambito dell'obbligo di leva, da parte del coscritto; - al grado di adattamento all'ambiente paracadutistico, inteso come collettività militare a forte carica affettivo- emotiva; - all'esperienza vissuta nelle file del paracadutismo, quale fatto positivo o negativo ai fini del reinserimento dei coscritti nell'ambiente sociolavorativo di provenienza, al termine del servizio militare. L'indagine è stata condotta su un gruppo di paracadutisti di età variabile dai 2r ai 22 anni, provenienti dalle varie regioni d 'Italia, da alcuni mesi in servizio presso la Scuola Militare di Par acadutismo. E' stato utilizzato il m etodo del «campione >>, traendo dallo stesso contingente di leva 20 soggetti, presi a caso. La casistica è stata indagata sia attraverso un questionario anamnestico standardizzato, sia mediante la somministrazione del test di Rorschach. Nell'esposizione del m ateriale clinico- psicologico raccolto riferiremo prima i dati relativi al questionario anamnestico e successivamente quelli dei protocolli Rorschach.

A) QuESTIONARIO A~AMNESTICO. Esso si articola in vari punti essenziali che riguardano l'ambiente familiare, l'anamnesi fisiologica e quella patologica remota, la personalità premorbosa, la motivazione deUa scelta del paracadutismo nell'ambito del servizio di leva, l'adattamento all'ambiente della collettività militare, l'interesse all'attività sportiva, l'esperienza del lancio. Ambiente familiare . In generale non sono stati messi in evidenza dci gravi precodenti neuropsichiatrici negli ascendenti e collaterali dei vari gruppi famili ari.


59 In una parte dei casi sono stati messi però in luce dei turbamenti dell'atmosfera familiare sia per conflitti intraconiugali, sia per difficoltà di rapporto tra genitori e figli (in specie tra padre e figlio), sia per ragioni di indole strettamente pratico (ristrettezze economiche). Un soggetto è risultato figlio adottivo con problemi inerenti alle figure dei genitori reali. L'atteggiamento dell'ambiente parentale nei riguardi della scelta del paracadutismo da parte dei coscritti è stato solidale con essi in un terzo dei casi, contrario in un altro terzo, indifferente nel restante terzo.

Anamnesi fisiologica. Nelle sue linee essenzi ali l'anamnesi fisiologica è apparsa normale nella stragrande maggioranza dei casi. Gli unici rilievi significativi si riferiscono allo sviluppo psico- sessuale che, nel 25 °~ dei casi (5 soggetti su 20) è apparso turbato per la presenza di elementi di fissazione anale, sia per l'evidenziazione di precoci condotte etero- sessuali seguite da persistenti inibizioni. Per quanto riguarda la scolarità il livello del gruppo è mediocre nel 50°!, dei CaSi (licenza elementare), buonO nel restante 50° (diploma di geometra, di perito industriale, licenza <ii maturità classica e scientifica, liceo artistico, scuole medie inferiori). 1

Atlamnesi patologica remota. Al riguardo non sono emersi dati di particolare significato né 10 sen so internistico e chirurgico, né in senso traumatologico. Personalità premorbosa. Nell'utilizzare il concetto di personalità premorbosa intendiamo riferirei agli aspetti della personalità di base dei coscritti prima dell'inizio della prestazione del servizio di leva presso la Scuola Militare di Paracadutismo, ai fini di un'adeguata correlazione individuo- ambiente. Sono stati così messi in luce alcuni tratti positivi e negativi della personalità, abbastanza caratteristici e diffusi nel gruppo considerato: - sentimenti di insicurezza con spiccata tendenza ipercompensativa (bisogno di valere - complesso di intelligenza); - bisogno di evasione, sostenuto da forti tendenze immaginative (prevalenza di un Io immaginativo su un Io concreto); - facile suscettibilità agli stimoli ansiogeni con tendenza all'autocontrollo; - spirito di avventura - sentimenti di sfida. Motivazione della scelta del paracadutismo nell'ambito del servizio di leva. Le motivazioni sono apparse essenzialmente basate su tre ordini di fattori: psicologici, economici cd ambientali.


6o Quelli ambientali si riferiscono al fatto di appartenere ad una famiglia in cui ci siano o ci siano stati dei componenti dediti al paracadutismo o di abitare in un luogo prossimo alla città, in cui è di stanza la Scuola Militare di Paracadutismo. I fattori di ordine economico sono apparsi di una certa rilevanza in una buona parte dei soggetti (almeno il 50°;;, dei cas:i) legati alla possibilità di acquisire una remunerazione notevolmente superiore a quella che costituisce la paga degli altri militari di leva (associati in alcuni casi ad una motivazione più profonda). Nel 70% dei soggetti si sono evidenziati come preminenti (associati o non a quelli economici) i fattori di ordine psicologico, relativi al carattere prestigioso, avventuroso e di « palestra del coraggio » dell'esperienza del paracadutismo. Questi fattori di scelta psicologica trovano nella struttura della personalità di base, così come è stata descritta per alcuni aspetti generali del gruppo, una immediata comprensibilità.

Adattamento all'ambiente collettivo militare del paracadutismo. Nel 6o 0 {. dei soggetti (12 casi su 20) l'adattamento all'ambiente della collettività militare della Scuola di Paracadutismo è apparso, a distanza di mesi, nell'insieme abbastanza soddisfacente, sia per quanto riguarda il rapporto con l'Autorità gerarchica, sia per quanto si riferisce ai rapporti con il gruppo dei commilitoni, sia infine per quanto attiene al lancio col paracadute, quale pratica sportiva e militare. Nel restante 40 ~·~ dei soggetti (8 casi su 20) si sono evidenziati dei segni affettivi e comportamenti di deficit di adattamento all'ambiente militare. Tali segni sono apparsi, ad un tentativo di comprensione psico- dinamica e tenuto conto delle dichiarazioni soggettive, legati a problemi di conflitto con l'Autorità gerarchica, a difficoltà di controllo dell'ansia e dell'aggressività reattiva di fondo ed alla non soddisfacente soluzione dei problemi di prestigio e di sicurezza.

Interesse all'attività sportiva. Dato il carattere notevolmente sportivo dell'esperienza del paracadutismo era necessario valutare, in modo peculiare, il curriculum sportivo dei soggetti esaminati. Nell'insieme, tutto il gruppo ha messo in evidenza un notevole interesse allo sport in genere con una pratica sportiva abbastanza varia e costante che va dal nuoto, al calcio, allo sci, all'atletica leggera, alla lotta giapponese ed alla pesca subacquea. In linea generale, la grande maggioranza dei soggetti esaminati ha dimostrato di avere sempre vissuto l'attività sportiva non soltanto come un'occupazione distraente, ma come un'esperienza prestigiosa, costruttiva ai fini del-


6r

l'auto- controllo e del superamento dei propri disagi affettivi, oltre che come un modo di scarico della propria aggressività c della propria ansia.

Esperienza del lat1cio col paracadute. Per quasi tutti i soggetti il primo lancio col paracadute è stata un'esperienza emotiva vivissima, intessuta di sentimenti di ansia e di paura fino all'angoscia, in qualche caso complicata da fenomeni neurovegetativi del mal d'aereo. In occasione dei lanci successivi si sono incominciate a notare delle differen ze individuali sul piano del! 'emotività, del grado di soddisfazione e di saturazione delle proprie esigenze affettive e della possibilità di auto- controllo e di auto- superamcnto: m entre alcuni soggetti sono apparsi in grado di ricondurre l'esperienza del lancio col paracadute nell'ambito di una soddisfacente attività sportiva, altri sono rimasti ancorati alla loro problematicità, nei riguardi della quale, l'esperienza del lancio avrebbe dovuto aprire in senso ipercompensativo c catartico.

B) T EST DI RoRSCHACH. Nella tabeLla sono presentati i dati dello psicogramma desunti dai protocolli del test somministrato ai 20 soggetti (col. 1) del gruppo considerato. Esponiamo ora, seguendo la numerazione progressiva delle colonne della tabella, alcuni dati di chiarificazione relativi ai singoli elementi dello psicogramma.

Col. 2: numero di risposte ( R ). Solo nel30° dei protocolli (6 casi su 20) sono risultate nella norma. Nel restante 70° o (14 casi su 20) il numero delle risposte è risultato al di sotto della norma, indice di una certa difficoltà da parte dei soggetti di affrontare la prova, in rapporto a problemi di insicurezza e di ansia. Col. 3: tempo medio di esecuzione (T m). In 9 protocolli (45 °·~ ) è risultato superiore alla norma. In parte questo dato ha lo stesso significato dell'abbassamento del numero delle risposte, essendo compreso nel conteggio anche il tempo inerente all'esposizione di tavole rifiutate; in parte tende invece a mettere in luce la presenza di problematiche affettive, che si traducono altresì in fenomeni di choc. Col. 4: risposte globali (Gol, ). La percentuale di risposte globali è tendenzialmente elevata nella stragrande maggioranza dei casi e ad essa non segue un parallelo aumento delle risposte di movimento (v. oltre). Questo fatto , congiunto all'altro della non elevata qualità delle cc G », è indice di spiccate esigenze di valere o inadeguate o non accompagnate a stabili sentimenti di sicurezza. c; •. M.


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Difficoltà di comano con l'ambiente nei rapporti intcrpersonali. Affettività labile. Situazioni complessuali sex. Vita interiore ricca. Esigenze di valere tendenze più immagi native che concrete. Ricca fantasmarica in fantile. Ansia nevrotica. Affettività immarura, labile, egocentrica. Complesso di intelligenza (bisogno di valcre). Tratti nevrorici dì tipo isterico. Stereotipia Anat. Se h el. In sicurezza. Affettività rigida, coartata. Difficoltà di rapporti umani. T endenze schizoidi. l nsicurezza. Esigenze di valere. Forre stereotipia A. Situ azioni complessuali scx. Affettività coarrata. Inibizione nevrotica dell'affettività con aspetti repres~ivi. Franca problematica sex. Aggressività. Disadanamento all'ambiente. Protocollo sostanzialmente rifiutato. Pcn.onalità ricca. Io più 1mmaginativo che concreto. Oralità aggressiva. Ambivalenza affettiva con aspetti regressivi. Segni d'ansia. Insicurezza. Pretese di valere (complesso di intelligenza). ~ote ipocondriache su base ansiosa. Aggressità coorrollata. Insicurezza, pretese di valere. Segni d'ansia e di angoscia (in riferimento a situaz ioni scx).

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(Continua)


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Fenomeni particolari - i\nnot3Zioni

l

F- IChH K TR I (M{C)

FCJCF + C

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coartati v.

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introven.

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20

-

6

coartato o/x

O( l

Pretese di valere In soggetto insicuro. Ansia legata alle ~ituazioni di rapporto (scnsitività). Scarso senso di concretezza. V-VTT-VIII Protocollo povero. Pretese di II-V I-IX valere. Situazioni com p lessuali sex. Aggressività rifiutata. Difficoltà di rapporti intcrpersonali. Stereotipia perseveratoria A nat. Problematica omosessuale su base ncvrotica. Disadattamento. V Il IV Difficoltà di comano per la presenza di cariche di aggressività reattiva. Affettività con aspetti repressivo orali. II-JT!-IVT endenza al rifiuto della proV Il-lX va. Tale comportamento è espressione di insicurezza e di difficoltà ad affrontare situazioni nuove. VII-IX Stereotipia Anat. (ele,ata o Anat. genit.). Problema tic a complessuale sex. Coartazione affettiva. Note ipoco ndriache. IX Insicurezza. Aggressività. Esigenze di prestigio. Scarsa capacità di espressione degli affetti. Segni d'ansia. IV Difficoltà di affrontare situa1-Vfii -IX zio n i nuove. Segni di disadattamenro. Vita interiore povera, nonostante csigtnze di valere. II-VII-IX-X l-III-VI-VIII Bi~gno di prestigio in soggetto insicuro. Situazioni complessuali. Segni di inibizione affettiva. Aggressività rifiurata. Segni di disadanamcnto alV-X l'ambiente. Insicurezza. Aggrcssività con modalità di difesa di tipo caraneropatico.


66 Col. 5: risposte di dettaglio comune ( D%) . Correlativamente all'aumento percentuale delle risposte globali, l'entità delle risposte <li dettaglio comune risulta ridotta, rispetto alla media normale, in un buon numero di protocoll i. Col. 6: rapporto risposte globali/ risposte di mot1imento umano ( G / M ). L'elevata percentuale delle risposte globali e la scarsità delle risposte di movimento umano si traducono in un'alterazione del r apporto G JM (normalmente dell'ordine di 2-r, 3- 1) a favore delle G. Quanto detto a proposito delle risposte globali viene ribadito dalla formula G JM, così come si presenta nei protocolli esaminati; viene inoltre offerto un elemento per ritenere cht. la problematica di prestigio disturba, in molti soggetti, la capacità di interiorizzazione dell'esperienza di realtà. Col. T rapporto risposte di movimento umano/ risposte di movimento animale - Risposte di mot•imento di soggetti Ì11animati ( M f MA +m) . La formula M f MA + m, che è un'importante indice <li regressione affettiva, tende a zero nella grande maggioranza dei protocolli; in due soli protocolli è spostato verso sinistra, a favore delle M, espressione di tendenze introversive; in altri due protocolli invece è spostato verso destra, a favore delle MA c delle m, indice di tendenze regressive. Col. 8: risposte a contenuto animale ( A 0 'o ). Le risposte a contenuto animale sono rappresentate in tutti i protocolli. In alcuni di essi in percentuale inferiore alla m edia, indice accanto ad altri dati , di scarso spirito di concretezza con prevalenza di tendenze immaginative; in altri, invece, in percentuale superiore alla m edia (stereotipia animale), espressione di un ripiegamento conformistico su lla base di elementi d'ansia c di insicurezza. Col. 9: risposte a contenuto umano ( H %) . Solo in 3 protocolli su 20 0

(IS fc.) le risposte a contenuto umano sono assenti. Negli altri protocolli sono variamente rappresentate, indice di un sufficiente grado di maturazione dei processi di individuazione e di identificazione.

Col. 10: risposte a contenuto anatomico ( Anat% ). In 8 protocolli su 20

(40°{,) non sono presenti ri sposte anatomiche. Negli altri protocolli sono variamente rappresentate, ma solo in 3 casi raggiungono il grado della stereotipia. In questi ultimi sono indice di preoccupazioni ipocondriache.

Col. n: risposte volgari (V%) . La percentuale di risposte volgari è nella media nella m età dci protocolli, negli altri tende aJla diminuzione (tendenze anticonformistiche, « lo» più immaginativo che concreto) oppure all'aumento (accentuato conformismo in rapporto a problemi d'ansia e di insicurezza). Col. 12: risposte del bianco ( Dbl% ). Le risposte caratterizzate dall'inversione figura- sfondo o dali 'inglobamento dello sfondo nella figura sono assenti in I I protocolli (ss o~ dei casi). Negli altri protocolli sono presenti in


piccola percentuale. Solo in 2 casi sono in alta percentuale, indice di disadattamento all'ambiente. Col. IJ-14-15: risposte di forma (F%; F+ %; F- ~{. ). La percentuale di risposte, la cui unica determinante è la forma, è tendenzialmente elevata nella grande maggioranza dei protocolli. Questo fatto, indice di una certa rigidezza nei rapporti con la realtà, è correlativo alla scarsità delle risposte di movimento, di colore c di chiaro- scuro. Col. 16: risposte di chiaro-scuro (Cizs) e tridimensionali (K % ). In 8 protocolli le risposte di chiaro- scuro c quelle tridimensionali sono del tutto assenti. Nella maggior parte degli altri protocolli sono discretamente rappresentate, come indice di ansia e di insicurezza. Col. IJ.' tipo di risonanza intima (T.R.l. ). Il tipo di risonanza intima, espresso dal rapporto tra risposte di movimento umano e risposte di colore (M/ C) è in genere assai poco dilatato sia sul versante delle risposte di movimento, sia su quello delle risposte di colore: in n casi su 20 (55 %) è coartato; in 3 casi (15%) coartativo; in 3 casi (15 °~) ambieguale; in un caso introvertito ed in un altro estrovertito. Col. 18: formula colore (FC f CF- C). Il rapporto FC f CF + C indice della stabilità e del controllo dell'affettività in molti protocolli non è apprezzabile per la mancanza di risposte di colore. In generale si può, comunque, affermare che predomina una tendenza al controllo della vita affettiva col carattere, onde della inibizione nevrotica e della coartazione. Col. 19: rifiuto di tavole. In 12 protocolli su 20 (6o%) sono presenti rifiuti. In ordine decrescente le tavole maggiormente rifiutate sono la II, la VII, la IX, la III, la IV, la I e la V. I rifiuti, in rapporto alla loro distribuzione, sono inquadrabili in due situazioni fondamentali: l'una espressione della presenza di una problematica complessuale sex, l'altra espressione di difficoltà di adattamento all'ambiente. Col. 20: fenomeni di choc. Nel 55 °~ dei protocolli (1 1 su 20) sono cvidenti fenomeni di choc. Essi sono presenti soprattutto alle tavole colorate, ma sono riscontrabili anche alle tavole VII, VI, IV, V. Il loro riscontro, accanto ad altri dati già considerati, è indice della presenza di situazioni conflittuali, nei riguardi delle quali vengono utilizzati dei meccanismi di difesa di tipo nevrotico.

Col. 21: annotazioni di sùztesi psicodiagnostica. L'analisi degli psicogramma e dei contenu ti delle risposte permettono di considerare nei limiti della norma la metà dei protocolli, nonostante il rilievo di note di insicurezza e di difficoltà ad affrontare la situazione della prova.


68 L'altra metà dei protocolli presenta, invece, un insieme di dati inquadrabili nell'ambito di strutture nevrotiche, sulla base di sentimenti di insicurezza, di pretese di valere, di situazioni complessuali sex e di conflitti intrapsichici. In soli due protocolli le modalità di difesa sembrano assumere un'importanza caratteropatica, espressione di una condizione di disadattamento ambientale. I soggetti cui si riferiscono questi due protocolli sono stati successivamente eliminati dall'ambiente, in seguito ad un tentativo di suicidio compiuto nelle prigioni della Scuola. CoNSIDERAZIO:-li co:-lcLusrvE.

l dati emersi dallo studio del campione preso in esame sono oltremodo significativi e, sia pure con qualche limitazione, sono la convalida di quanto abbiamo esposto nella parte generale. L a correlazione delle nostre osservazioni con i risultati del questionario anamnestico e con le indicazioni forniteci dai protocolli Rorschach ci permette di trarre le seguenti conclusioni: I. Gli aspetti della personalità ·di base dei coscritti, prima della prestazione del servizio militare, hanno per alcuni di essi dei tratti negativi tali da sconsigliare il loro arruolamento nei paracadutisti. In riferimento al campione considerato, in generale abbiamo potuto evidenziare: - sentimenti di insicurezza con spiccate tendenze ipercompensative (bisogno di valere, complesso di intelligenza);

- prevalenza di un Io immaginativo su un lo concreto con bisogno di evasione dalla realtà; - facile suscettibi lità agli stimoli ansiogeni con tendenza all'autocontrollo; -

spirito di avventura, senti menti di sfida.

2. Le motivazioni soggettive che spingono la maggior parte dei giovani a scegliere il paracadutismo nell'ambito dell'obbligo di leva sono di indole economico e pratico, sostenute però da un notevole interesse per lo sport e da istanze di ordine psicologico; queste ultime rivolte ad un bisogno di saturamento di insoddisfatte esigenze di prestigio, di superamento della propria angoscia, di evasione nell'immaginativo e nell'avventuroso a scapito dello spirito di concretezza.

3· La maggioranza dei coscritti raggiunge un adattamento all'ambiente paracadutistico abbastanza soddisfacente sia per quanto riguarda il rapporto con l'Autorità gerarchica, sia per quanto si riferisce ai rapporti col gruppo dei commilitoni, sia per quanto attiene al lancio col paracadute, quale pratica sportiva e militare.


Ma rimane un'aliquota ancora considerevole di soggetti, in cui si evidenziano segni affettivi e comportamentali di deficit di adattamento all'ambiente paracadutistico militare. Tali segni si estrinsecano attraverso un'accentuazione di uno stato d'animo di disagio, sotto forma di insicurezza, di ansia, di instabilità dell'umore e di insoddisfazione di sé ed in misura relativamente minore attraverso comportamenti reattivi e caratteroparici. 4· L 'esperienza vissuta tra le :file del paracadutismo è senz'altro positiva per quei giovani che affrontano il particolare servizio in condizioni di normalità psico- fisica. La società nel riceverli, al termine del servizio di leva, si arricchisce di forze nuove ed audaci, temprate nel corpo e nello spirito. T ale esperienza, viceversa, risulta nociva per quei soggetti inadatti psichicamente, per i quali l'ambiente paracaduristico assume i] ruolo di fattore morbigeno o di elemento rivelatore di precoci disturbi mentali e di anomalie della personalità. Il mezzo migliore, in tal caso, per prevenire questa situazione di disagio per l'individuo, per la collettività militare, per la società è quello di seguire nell'arruolamento dci paracadutisti un oculato rigore che, attraverso una selezione fisica ed attitudinale contempli anche una valutazione psichiatrica dd candidato. RIASSUNTO. Gli Autori illustrano l'aspetto sportivo del paracadutismo nell'ambito della collettività militare e prendono in esame il com portamento psicologico dei !IOldati di leva che frequentano la Scuola Militare di Paracadutismo. li risultato della loro indagine conferma ancora una volta l'opportunità di operare tra gli aspiranti paracadutisti un'oculata selezione medica fisio- attitudinale che contempli anche una valutazione psichiatrica del candidato.

Rés u:uÉ. - Lcs Auteurs, après avoir examiné le point dc vue sportif du parachutisme dans la sphère de la collectivité militaire, passent en rcvue le comportcmcnt psychologique des soldats de conscription auprès de l'Ecole Militaire du Parachutisme. Les résultats de cene investigation confirme de nouveau l'opporrunité d'exécuter, parmi les aspirants paracbutistes, une circonspecte sélecrion médkale physio- aptitudinale, laquelle doit envisager tambien une attentif évaluarion psychiatrique du candidat. SUMMARY. - Thc Authors present the sporting look of the paratroops soldjers, within the limits of the military colleccivity, and consider the psycological behaviour of the enlisted soldiers which desire attend the Parachute Training School. T he result attaine<.l by the Authon, confirme once more the opporrunity to carry out, among the aimin~ to enter into the Paratroops Corp~. a very circumspect physiological :md medicai seleclion, regarding particulary their aptitude and considering also the indispensable psychiatrical evaluation of the candidate. Il lavoro va auribuito in parli uguali ai due AA.


CENTRO STUDI E RICERCHE DELLA SANITÀ MILITARE Direuore : Magg . Gen. Med. Dorr. C. MusiLLT 3o REPARTO - SEZIONE MTCROBIOLOGIA E IG IENF. Direrrore : Col. Med. Prof. Q . Cull.\TOL•

ANDAMENTO DELLA ROSOLIA NELL'ESERCITO ITALIANO DAL 1952 AL 1970 M. Di Martino

La rosolia, per il suo decorso generalmente benigno, pur se in rari casi caratterizzato da complicanze nervose (Pasquale e coll., Rìtossa, ecc.), era considerata fino a qualche decennio fa w1a malattia di relativo interesse clinico ed epidemiologico. Questo orientamento cominciò a mutare allorché nel 1941 un oculista australiano, Norman Mc Alister Gregg, presentò alla Società Oftalmologica di Australia una comunicazione con la quale riferiva che su 78 bambini generati da madri che avevano sofferto la rosolia nei primi tre mesi di gravidanza, 34 erano nati con cataratta congenita e . 14 con cataratta e vizio cardiaco. Nel 1944 una commissione all'uopo insediata, per bocca del suo stesso presidente - Charles Swan -, confermava alla Società Oftalmologica australiana l'ipotesi avanzata tre anni prima da Gregg. Successivamente numerose altre segnalazioni, provenienti da tutte le parti del mondo, hanno arricchito la letteratura scientifica al riguardo: Gregg (1944), Simpson (1944), Carruthers (1945), Debré e coli. (1946), Hagelsten (1946), Swan e coll. (1946), Franceschetti e coli. (1946), Duehlolm (1947), Bardram e coll. (1947), Franceschctti (1947), Franceschetti e coli. (1947), Clayton - Jones (1947), Kamerbeek (1949), Valerio (1949), Rossi (1949), Cordes (1949), Murray (1949), Spotto (1950), Hiller (1950), Stocker (1951), Le Roy e coll. (1951), Swan (1951), Malatesta (1952), Lindsay e coli. (1953), Collins (1953), Lamy e coli. (1956), Aebi (1957), Jackson e coll. (1958), Grahnm e coll. (1958), Bell (1959), Pillat (1959), Gray (196o), Siegel e coll. (r~o), Mason e coll. (196o), Mul lins e coll. (r~o), Michaels e coll. (r96o), Dumont (r~), Campbell (1~1), Lundstrom (1~2), Cambra e coli. (r962), Rizzi (1~3), Mayes (1~3), Rowe (1963), Tartakow (1965), Pasetto e coll. (r~s), Grayson e coli. (1~7), La Torretta (r967), Ravina e col!. (1970), Banatvla (1970), ecc.


La constatazione, confermata da così larga messe di ricerche, che la rosolia materna, particolarmente nei primi tre mesi di gestazione, può determinare gravi embriopatie, ha indotto a svolgere indagini di natura epidemiologica tendenti ad accertare la reale diffusione della malattia non solo nei giovanissimi ma anche negli adulti perché è noto - come afferma Dudgeon - che un numero significativo di _bambini sfugge all'infezione per cui molti soggetti di sesso femminile sono esposti al rischio di un danno fetale n elle future gravidanze_ Gli sntdi in questione, eseguiti in passato a mezzo di indagini a carattere retrospettivo, si sono dimostrati non aderenti all'entità reale del fenomeno in quanto è « molto difficile porre in tutti i casi, spesso a distanza di molto tempo, diagnosi certa di rosolia >l (Grilli). Più sccvra da errori si è palesata invece la ricerca prospettica consistente, secondo quanto osserva Biancone, nell'osservazione dei casi di rosolia in gravidanza e nel prolungato esame dei nati vivi per un periodo di tempo necessario a constatare l'insorgere di malformazioni congenite correlabili alla malattia. In realtà, però, le possibilità di controllo sull'effettiva incidenza della rosolia sono entrate in una nuova fase con l'isolamento del virus nel 1~2 ad opera di Parkman e coli. c di Weller e coli. c con l'impiego della tecnica di emoagglutinoinibizionc attuata dapprima con le emazie di pulcino neonato (Stewart e coli.) e successivamente con le emazie di montone (Peetcrmans e coli.). Infatti .sia la tecnica di EAI, così semplificata, sia quella meno recente di neutralizzazione, sono state largamente impiegate in Italia e all'estero per dosare il tasso di anticorpi neutralizzanti ed emoagglutinoinibenti in campioni di popolazione. Per q uanto concerne il nostro Paese ricordiamo che ricerche effettuate usa11do la tecnica di EAI o di ncutralizzazionc sono state eseguite da Fara, Galli e Castagna (1967), Albanese, Brancato e Dar·d anoni ( r ~), Fara, Galli e Variati (1~7), Fara, Galli e Giovanardi (1968), Racchi, Muzzi e Tupputi ( x9<59), Muzzi e Racchi (r~), Trivello, Romano e Marin (r~). Queste indagini si riferiscono, però, a nuclei di popolazione per lo più numericamente modesti e relativi a singoli agglomerati urbani. Mancano, pertanto, per quel che riguarda la rosolia, dati concernenti tutta l'Itali a in q uan to che, com e è noto, tale forma infettiva è stata sottoposta all'obbligo della denuncia soltanto il 22 dicembre 1~ con D .M. pubblicato sulla G. U. l'u aprile 1970. Per questi motivi abbiamo ritenuto di portare un utile contributo epidemiologico studiando l'incidenza della rosolia in una coUettività di dimensioni nazionali quale è q uella rappresentata dall'Esercito. Tale analisi ,statistica oltre ad avere, ovviamente, uno scopo conoscitivo della morbosità specifica in un certo ambito d elle FF. AA. , è stata impo-


stata precipuamente col fine di acqmstre in linea più generale ulteriori elementi relativi alla diffusione della malattia nei soggetti maschili di oltre 20 anni e ciò nella dovuta considerazione che non è stata dimostrata una diversa incidenza della malattia tra i due sessi. E' superfluo, in questa sede, puntualizzare gli aspetti relativi all'eziopatogenesi della rosoli a: infatti l'epidemiologia militare è, in genere, lo specchio di quella civile, in quanto l'Esercito vive in mezzo alla popolazione ed ha con essa continui contatti (Ottolenghi). Ciononostante per ben comprendere e valutare, anche relativamente alla intensità del fenomeno, i dati che più avanti verranno riportati, non si deve prescindere dalla considerazione che la collettività militare per essere costituita da u un substrato disomogeneo n costretto in un ambiente ad elevata densità, talvolta con « esposizione a prolungate ed avverse condizioni atmosferiche e sosta in zone insalubri n (Freni) è vincolata a condizioni di vita non di rado igienicamente precarie e che, soprattutto in periodo bellico, si avvicinano al limite fisico c psicologico della sopravvivenza. INDAGINE STATISTICA.

La nostra indagine riguarda l'incidenza nell'Esercito italiano della rosolia per il periodo che va dal 1952 al 1970; oltre ai valori annuali medi abbiamo rilevato l'incidenza mensile e quindi il ritmo stagionale della malattia. I dari da noi riportati sono stati ricavati dagli specchi numerici dei casi di malattie infettive che mensilmente affluiscono alla Direzione Generale di Sanità Militare e che riguar.dano i militari dell'Esercito di qualunque grado e posizione (in s.p.e., di complemento, trattenuti, a lunga ferma, di leva). E' da rilevare però che il nucleo centrale dei contagiati che giunge alla osservazione degli organi sanitari militari è rappresentato dai giovani di leva in quanto i soggetti a carriera continuativa, potendo avvalersi delle prestazioni mutualistiche, sono propensi a curarsi privatamente. Ovvii motivi di riservatezza impongono cbe l'esposizione dei dati venga effettuata semplicemente in forma percentuale. L 'inòdenza della rosolia nell'Esercito, come facilmente si rileva dalla tabella n. 1 e dalla figura n. 1, mostra una chiarissim a tendenza all'increm ento: iniatti dai 2,19 casi per centomila registrati nel 1952 si è passati a 39,27 nel l957• a 134,96 nel 1~4 e a 245,II nel 1.5)69. In particolare nei 19 anni considerati è dato rilevare un primo periodo d'incremento che culmina nel 1957 ed a cui segue una riduzione dell'incidenza fino al 1961, senza peraltro manifestarsi un ritorno ai valori iniziali; ~i evidenzia poi una seconda fase, più ristretta nel tempo, che inizia nel r962, raggiunge il suo acme nel r964 e ritorna a valori minimi nel 1967.

,


73 TABELLA N. I.

MORBOSITÀ PER ROSOLIA NELL'ESERCITO ITALIANO DAL

1952 AL 1970.

(Casi per roo.ooo della forza media ). Anno

Numero dci casi

- -

Anno

Numero dei casi

-

1952

2,19

1962

76,66

1953 1954

8,6o

Jg63

90·47

1,42

Ig64

134·96

19)5

r8,97

rg6s

90,41

1956

23,64

rg66

79>33

1957

39,27

1967

48·47

1958

22,70

1968

6?.99

1959

2r,63

Ig(i<)

245,Il

1900

20,25

1970

1)6·39

ty6r

19,79

l

l

l

L'esame dei dati, successivo a questo anno, indica la presenza di una terza ondata di notevole recrudescenza che, prendendo avvio dal 19<)8, raggiunge il massimo l'anno successivo con una incidenza record di 245,II casi ogni xoo.ooo soggetti. La frammentarietà delle casistiche riguardanti l'Esercito nel periodo antecedente al 1950 e l'in disponibilità dei dati dell'1ST AT su scala nazionale dovuta alla non obbligatorietà della denuncia, rendono impossibili raffronti e di conseguenza una val utazione esatta del fenomeno nel tempo. In ogni caso le nostre rilevazioni si accordano con quanto da tempo si è venuto affermando e cioè che la rosolia tende a manifestarsi con ondate ricorrenti le quali si presenterebbero ogni 10-20 anni secondo Bassi, ogni 5- 10 anni secondo Grilli, ogni 6-7 anni secondo H illemann, ogni 2-4 anni secondo Martonì. La tendenza della rosolia ad insorgere epidemicamente varia, come è ovvio, tra paese e paese e tra zona e zona di una stessa nazione : ciò spiega la differente valutazione da parte dei vari AA. dei periodi intercorrenti tra una manifestazione e l'altra. Allorché l'incidenza di questa malattia è bassa, cresce, ricordano Paseno e Calugi, il numero degli adulti che, non avendone sofferto nell'infanzia, sono privi di quella immunità che li rende poi refrattari.


74

260~----------~------~----~------r------~----~------.------,

Fig. n. I. - T endenza generale della rosolia ndl'Esercito. (Casi per IOo·.ooo della forza media).

Anche la relativa, discreta inòdenza di <:asi di rosolia tra i giovani alle armi non appare quantitativamente in contrasto con quanto riferito da Page e Prinzie, secondo i quali, in base ad accertamenti sierologici, ben il 40% d:gli adolescenti tra i Io e i 15 anni non è stato ancora coJpito da tale affeziOne. E' pur vero che stando alle ricerche di Grasso e colL, alla fine del secondo decennio oltre il 90% dei soggetti risuJta sieropositivo, ma gli stessi Autori precisano anche che « un aspetto particolare di difficile interpretazione è rappresentato dalla percentuale, seppure bassa, di sieronegativi che si riscontra in tutti i gruppi di età ·superiore ai 20 anni » soprattutto se si tiene presente che le condizioni ambientali in Italia « consentono un'intensa circolazione virale capace di instaurare uno stato di immunità naturale » (Bocci e Cagliero). D'altra parte la situazione epidemiologica della malattia sia in Italia che all'estero << se ci rassicura -osservano T rivello e col.J. - per un precoce


75 e percentualmente ampio contatto dei bambini con il virus della rosolia, ci costringe tuttavia a considerare con attenzione l'evento d elle reinfezioni a decorso asintomatico nella popolazione adulta e ad esaminare la possibilità di un rischio feto- embrionale a loro connesso ».

-

15

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F

11

A

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6

L

o

N

D

Fig. n . 2. - Andamento medio mensile della rosolia ncll'Eserciro dal t952 al 1970. (Casi per roo.ooo della forza media).

Circa l'andamento stagionale, come ben si evidenzia dai dati della tabeLla n. 2 e dal relativo grafico (fig. n. 2 ), i mesi più interessati dalle on-

date epidemiche vanno dal febbraio al maggio con code che, in alcuni casi ~ sono presenti anche in giugno.


INciDENZA MENSILE DELLA ROSOLt'

(Casi per IOo.oo., ~

l

A n no

G

F

1952

-

-

-

1,01

953

0>41

-

1>47

3,30

1,16

1954

-

-

2,66

5,56

1,CYJ

955

0,38

o,8r

3·35

3.69

2,72

1956

1,92

1>45

2,79

10,37

5·43

11,92

15·33

5.93

5·0 5

1,o6

1,09

11,42

5·63

0,72

-

4·54

10,81

1

1

M

A

M

0 ·37

1957

0,34

1958

0,70

1959

-

1960

O,J4

0,]2

7,85

4,06

3·78

1961

-

0,71

2,j8

5·4>

1962

2,66

8,98

23,62

1·93 22,50

IJ,Y5

r963

1,22

Il, I

3

29,10

1],12

lC), JI

1964

1.43

24,28

4r,66

2J,o6

20,00

1965

O,JO

J0,55

21,52

2I,JO

1966

3,22

1·37 II,36

16,74

23·79

17,4)

1967

2,1]

3,88

CJ,s8

8,sr

1],06

1968

1,32

3,86

r6,22

x6,s6

1),89

1969

8,97

53·56

71,81

s6,33

3741

1970

o,66

o,64

7,08

24,51

6o,62

l

.

~

----Media

1,39

7,18

14,9I

14,20

13,92


77 T ABELLA N. 2

~UL'Esucri'O ITALIAKO DAL

1952 AL 1970.

'dd/a forza media).

J

Il ,,

G

L

A

s

o

N

D

0,38

-

0·43

-

0,39

-

0,34

0,35

-

-

-

-

-

1,52

-

l

1,13

0,31

,,20

0,82

-

1,o5

o,63

-

-

-

0,70

-

-

-

-

1,o6

1

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-

-

0,35

4>57

0,34

o,6s

-

-

3,5o

-

-

-

-

8,10

0,36

0,33

0,35

-

3·73 tO,')o

-

1,22

-

2,29

-

14·96

3·33

-

-

o,64

r,6o

8,43

4,28

1·79

-

4• 14

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6. · M.

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-


Le puntate più elevate si sono verificate in febbraio, marzo, aprile e maggio del 1969 rispettivamente con 53,56, 71,81, 56,33 e 37,96 casi per Ioo.ooo. Fuori di questi mesi la malattia appare, in pratica, del tutto silente. Pertanto anche i nostri rilievi conferm ano, almeno per l'arco ,dei 19 anni esaminati, che la rosolia è malattia che ricorre alla fine dell'inverno e durante la primavera, come generalmente accade per quelle affezioni contagiose che si diffondono a mezzo delle secrezioni delle vie aeree superiori, anche se si ritiene da parte di alcuni (Grilli) che un certo ruolo possa essere svolto da oggetti ed indum~nti. Viceversa del tutto marginale deve considerarsi, almeno per la collettività in esame, la possibilità, sostenuta dal De Ritis, di contagio a causa di siringhe non adeguatamente sterilizzate. Dovendo concludere, ci sembra che questa affezione, considerando la benignità del decorso e la modesta incidenza tra i giovani alle armi, non presenti per l'Esercito aspetti di notevole importanza e gravità. Non ci si può esimere, comunque, dall'osservare che h tendenza all'incremento, se persistente, potrebbe dar luogo, in futuro, a qualche inconveniente per l'efficienza e la funzionalità delle FF. AA. Nell'ambito & una visione più generale del problema, il quale ovviamente non può non tener conto che circa il 15 °~ delle gestanti risulta suscettibile alla malattia (Dudgeon), appare sempre più auspicabile una maggior diffusione del vaccino ed un più accurato ed approfondito studio dei ritmi epi,demiologici <li questa mala.ttia.

RJASSU~TO. L'A. esamina l'andamento della rosolia nell'Esercìto italiano dal 1952 al HJ70 e rile\'a che, nel corso di questo periodo, la malattia ha subito in detta collettività un notevole incremento.

RÉsUMÉ. Analysant le mouvemem de la rubéole dans l' armée itaJienne dès 1952 au 1970 l'Auteur a remarqué, pendant la meme période une considérablc augmentation de la maladie près dc cette collectivité.

su~U1AIU'. -

The Aurhor tests the process of Rubella in thc italian Army from

1952 to 1970, and notices that, during rhis period, the disease has increased considerably in aforesaid communiry.

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NOTE EDITORIALI SU ARGOMENTI DI ATTUALITA'

L'ANTIGENE AUSTRALIA (Au) E LE EPATITI VIRALI Già <la àue o tre anni la letteratura medica mondiale ha messo a fuoco, in numerose pubblicazioni, il problema del rapporto esistente tra l'antigene Au e le epatiti virali. L 'antigene Au è stato isolato dal Blumberg nel 1964 nel siero di un aborigeno australiano. L a nazionalità di questo soggetto è stata determinante nel contrassegnare l'antigene con il nome di Australia (Au). L'antigene Au reagisce specificamente con un anticorpo presente nel sangue di soggetti politrasfusi (emofiliaci, leucemici , talassemici, ecc.). Questa reazione antigene~ anticorpo può essere messa in evidenza sia con la tecnica dell'immunoelettroforesi sia con la reazione di deviazione del complemento, sia con la immuno ~fluorescenza. Grazie alle ricerche di Blumbcrg c di altri autori l'antigene Au, dopo la sua scoperta, è stato messo in evidenza nel sangue dei leucemici ( I0 °~), degli emofilici (S o~), <lei talassemici (2°~), dei mongoloidi (29 °~ ), dei lebbrosi (9 °'~) e degli affetti da Morbo di H odgki n (8 °~). Ma il fatto più notevole è che l'antigene Au è stato ritrovato in alta percentuale nel sangue di soggetti affetti da epatite virale. L 'incidenza di questo antigene nel sangue degli epatitici varia dal 40 all'8g% a seconda dei ricercatori e a seconda che l'epatite sia del tipo A o ciel tipo B. N elle epatiti di tipo B, infatti, e cioè nelle epatiti da siringa o trasfusionali , l 'incidenza dell'antigene Au è sem pre molto più alta, specialmente all'inizio della malattia. La stretta correlazione tra antigene Au ed epatiti virali ha portato, recen~ temente, alla formulazione dell'ipotesi che detto antigene possa essere iden~ tificato con l'agente virale delle epatiti, e in particolar modo dell'epatite trasfusionale. In questa ultima forma cli nica l'antigene è particolarmente frequente nel sangue all'inizio della m alattia mentre nello stadio più avanzato di essa tende a scomparire. . L 'antigene Au si ritrova anche, in discreta percentuale, nelle epatiti ero~ mche aggressive, nella cirrosi epatica c nelle epatiti croniche associate a gravi forme morbose, quali il mongolismo, la leucemia, la linfogranulomatosi, la lebbra, le malattie renali croniche, ecc.


Questo antigene però può essere riscontrato anche in soggetti apparentemente sani, senza segni evidenti di epatite. Esistono quindi « portatori sani » dell'antigene Au; problema questo della massima importanza nei riflessi della pratica trasfusionale, essendo in questa insito il pericolo della trasmissione dell'antigene da donatore a ricevente. Per evitare questo pericolo si sta oggi rapidamente diffondendo in tutti i centri trasfusionali la sistematica ricerca dell'antigene Au in tutti i campioni di sangue prelevati per la trasfusione. A questo proposito si ritiene opportuno segnalare che vi sono già in commercio dei metodi standardizzati per il rapido accertamento dell'antigene Au nei campioni di sangue. La identificazione dell'antigene Au con un vero e proprio virus lascia ancora molta perplessità, in quanto nei suoi costituenti chimici non entrano né l'acido desossiribonucleico (DNA) né l'acido ribonucleico (RNA). Alcuni AA. polacchi però (Nowoslawshi e Coll.) hanno comunicato recentemente di aver trovato tracce di RNA nell'antigene Au. Secondo recenti studi eseguiti nei laboratori di Blumberg, alcuni ricercatori (Milmann, Barker c Vierucci), studiando la costituzione chimica dell'antigene Au, hanno trovato che questo è costituito da un aggregato di proteine complete ed in parte incomplete, quali l'albumina, le gammaglobuJine, il complemento e il fibrinogeno. Stando ai risultati di queste ricerche, l'antigene Au è una macromolecola, probabilmente da identificare con una « virus proteina» c cioè con un vero e proprio agente virale, per quanto incompleto e atipico. Questa macromol ecola o virus- proteina è stata da svariati ricercatori accertata, con il metodo della immuno-fluorescenza, all'interno degli epatociti di soggetti affetti da epatite virale. Un problema che riveste una notevole importanza pratica è l'esistenza di portatori sani dell'antigene Au, di portatori convalescenti e di portatori che hanno superato da lungo tempo la malattia. Questi portatori costituiscono un vasto serbatoio del virus che rappresenta un serio pericolo per la comunità. L'antigene Au infatti può essere tralmesso sia attraverso le trasfusioni di san gue, sia, secon,do alcuni ricercatori a mezzo di insetti vettori. Di conseguenza, l'accertamento dei portatori de li 'antigene Au riveste una grande importanza nella prevenzione dell'epatite virale. Infatti la ricerca sistematica di questo antigene in tutti i donatori di sangue può portare a una notevole diminuzione o addirittura alla scomparsa dell'epatite da siringa o epatite trasfusionale o epatite da siero.

C. ARcHITTU


RECENSION I DI LIBRI

P"sTORE G.: Patologia oculare ddl'età evolutiva. S.I., Roma 1972.

tt Medicina

della Scuola li. Editrice

L'importanza sempre crescente nella moderna società della medicina scolastica ha indotto il Prof. Giuseppe Pastore alla compilazione di un bel volume sul tema <<Medicina della Scuola )). Perfetta la veste editoriale del volume che si compone di 784 pagine; la presentazione è del Provveditore agli Studi Prof. Aldo Tornese e la prefazione del Prof. GiO\anni L'Eitore titolare della Cattedra di statistica sanitaria neii'Uni,·ersità di Roma. Sono ampiamente trattati in modo facilmente comprensibile ma rigorosamente scientifico le nozioni d'igiene - l'eziologia ed epidemiologia delle infezioni - la profilassi l'igiene e profil:.tssi scolastica, le malattie infettive, le affezioni da protozoi o prot07oosi, le affezioni da metazoi clmintia~i - la malattia reumatica c le altre affezioni di interesse reumatologico dell'età C\'Oiutiva, l'endocrinologia, la cardiologia nella scuola, la fisiopatologia dell'anello di Waldajer, la dietetica, le malattie nutrizionali, la profilassi dentaria, note di dermatologia, i paramorfismi e i disformismi, la psicologia dell'età evolutiva e le sue difficoltà di adattamento, patologia mentale. Vanno infine aggiunti a tali argomenti strettamente medici i capitoli sull'igiene dell'edificio scolastico, sull'igiene dell'educazione sportiva c fisica, la legislazione scolastica generale e sanitaria, le norme relative alla concessione di congedi ed aspettative. Hanno collaborato alla stesura dell'opera i Proff. Onofrio Ceino, Claudio Cervini, Giulio D i Lollo, Dina Ferrantelli, Mario Giordano. Luigi Marrone, Pasquale Montenero, Anna Riva, Antonio Venerando e Giovanni Viviani Matteucci. Particolare importanza ri,·este ai fini scolastici e sociali il Capitolo sulla patologia oculare dell'età evoluti,·a redatta dal Col. Medico Prof. Giorgio Carra. L'A. descrive ampiamente le malattie ereditarie congenite ed acquisite che si manifestar.o nell'età evolutiva, cioè nell'età scolare approssimativamente compresa tra i 6 cd i 18 anni. Vasta la trattazione sulle ametropie e complicanze che praticamente dominano que~ta patologia. Vengono illustrate la miopia, l'ipermetropia, l'astigmatismo, lo strabismo (eteroforie- eterotropie) e soprattutto l'A. pone l'accento sulla importanza di w1a precoce diagnosi che consenta una pronta cura sia essa ottica pleottica, ortotrica e chirurgica. Anzi viene precisato che, per il ripristino della funzione visiva binoculare, i provvedimenti terapcutici vanno attuati prima dell'età scolare, in quanto dopo i 5 anni è ben più difficile ottenere un risultato funzionale veramente soddisfacente. Particolare importanza riveste anche la patologia della congiuntiva e degli annessi. Vengono illustrate tra le altre le classiche congiuntiviti o blefaro - congiunti viti linfatiche od eczematose appannaggio di questa età e la dacriocistite spesso congenita. Questi argomenti sono trattati in modo semplice ed organico, rendendone così agevole la comprensione ai medici scolastici, agli insegnanti e più genericamente, a tutti coloro che si occupano dei problemi dell'età eYolutiva.

G. C.uRA


RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

MALATTIE INFETTIVE CuRtSTY J. H.: Pathophysiology of gram- n~gativ~ shock. -

Am. Heart J., 1971, Sr,

694 -70I. Pur essendo nota da molto tempo, la conoscenza della specifica sindrome dell'> shock che può occorrere nei pp. con sepsi gram -negativa è piuttosto recente, essendo stata descritta da Waisbren nel 1951. E ' questa una sindrome altamenre grave, nonostante i progressi terapeutici attuali. Ciò è in parte dovuto alla scarsa conoscenza della patofisiologia degli eventi emodinamici e biochimici dello shock in genere e di quello da endotossina e.d anche al fatto che non faci lmente i risultati della ricerca sperimcnt,Jic su an im::tli sono rìportabìli alla patologia umana. Molto oggi sì è riconosciuta l'importanza del ruolo giocato dalla microcircolazione, onde l'uso della sommìnistrazione massiva di liquidi, di plasma, di stimolatori beta adrenergici e di bloccanti alfa · adrenergici e, più recentemente, di corticosteroidi. Gli AA. fanno una descrizione clinica molto accurata della sindrome con la sua costellazione di ipotensione, pobo debole filiforme, cute fredda e viscida, tachicardia, alterazione del respiro e del sensorio, cianosi periferica cd oliguria, alla cui base vi i.· una deficienza nell'apporto di sangue ossigenato nella quantità e nella pressione di p.:rfusione tale da assicurare una buona funzionalità degli organi vitali. In realtà il quadro clinico dello shock gram- negativo non si differenzia sostan· zialmcntc da quel lo dovuto at.l altre cause, come la deficienza primaria della pompa cardiaca, le emorragie e le perdite di liqu idi, l'anafilassi e le ::~ltcrazion i endocrine. Bisogna inoltre precisare che questo shock può essere visto anche in soggetti con battcriemia gram- positiva, specialmente quella da streptococco emolitico del gruppo A. In alcuni casi il quadro dello shock freddo può essere preceduto da una fase dt shock caldo, cioè con cute c::~lda c rosea e perfino con portata urinaria normale. Anche se, come si è detto, questo quadro di shock si:1 comune a varie cause, ,.j sono alcune caratteristiche che sono più proprie dello shock gr::~ m -negativo. L'ipcrvenrilazionc e la tachicardia sono più pronunziate, dovute ad un effetto direuo della endotossina sul centro respiratorio; l'eccessivo sforzo vcnrilatorio conduce ad una marcata caduta della pC0 2 e ad un'alcalosi respiratoria più precocemente, seguita poi da un'acidosi metabol ica che può essere svelata da una accurat:l misurazione del pH. I no ltre il grado e la estensione della cianosi sembra essere sproporzionata alla caduta pressoria ed essa riflette una vasocostrizione periferica operata da un eccesso di cateeolamine e forse di altre sostanze vasoattive. A proposito di questa cianosi periferica, gli AA. intendono sottolineare un sintomo di osservazione molto semplice, rappresentato da un ginocchio freddo e fo cianotico (cute della rotula). Essi considerano molto prezioso questo segno, anche perché esso è talmente precoce da comparire prima ancora che csM> compaia alle mani ed ai piedi e prima ancora c.he vi sia una caduta della pressione arteriosa. Essi non sanno d::~re una spiegazione chiar:.& di esso, ma pensano che forse esso possa essere dovuto allo


:.pedale tipo di cure che sovrasta la rotula, resa più sottile dai continui sfrcgamemi do,uti alle flessioni del ginocchio. Gli AA. riportano inoltre i numerosi e complessi dari risultati dalla sperimcntazione sugli animali, sofifermandosi sulla coagulazione intravasale disseminata, sulle alterazioni della microcircolazione, sugli effetti della endotossina sul miocardio. Recentemente è stata diretta l'attenzione sul ruolo dei lisosomi, organelli precursori di cerri peptidi vasoauivi. Non è trascurato il quadro delle alterazioni biochimiche. Di tutta questa catena intricata di alterazioni gli AA. hanno co~truito uno schema che rende chiara la estrema complessità dei meccanismi fisiologici, biochimici c patologici operanti nello shock gram- negativo. Nell'uomo poi tale schema è reso ancora più complesso a causa della diversità di malattie c degli eventi clinici che si modificano e da altre numerose variabili. Sarà cura del clinico di intervenire di volta in volta in questa catena di eventi fisiobiochimici per la costruzione di una terapia più efficace. MELCHIOSI>A

IMMUNOLOGIA

f.otTORiti.LE:

B.C.G. By J~t lnj~ction. -

British Medicai Juornal, novembre 197 1, so6.

A. Calmette e i suoi colleghi cominciarono i loro esperimenti attenuando un ceppo di Micobactcrium Tubcrcolosis di origine bovina nel t9Q6. La loro intenzione era di sviluppare un vaccino che essi credevano potesse, se dato in età precoce, salvaguardare l'infanzia dalla morte per tubercolosi. Dopo 230 sottoculture lungo un periodo di 13 anni, il microrganismo, noto come <• bacille Calmettc Guèrin ,, o B.C.G. a\"eva perduto la sua virulenza per i mammiferi ma proteggeva gli animali di Laboratorio da dosi letali di bacilli tubercolari virulenti. Esso fu somministrato per bocca a 1.317 neonati e, in accordo alla tanto criticata convinzione di Calmctte, protesse il 93° dei bambini che altrimenti sarebbero morti di tubercolosi nel primo anno di vita. Calmettc credeva che la vaccinazione orale fosse efficace solo nei neonati c in ba.;e a questa convinzione, i bambini più grandi tubercolino - negativi furono vaccinati con iniezione sotrocutanea di B.C.G. Paragonata alla vaccinazione orale la via sonocuranca aveva i vantaggi di un preciso dosaggio di B.C.G. e di una regolare com·ersione della tubercolina, ma in,·ariabilmente determinava lo sviluppo di un ascesso freddo o di profonde ulcere dal lato delle iniezioni. Si tentò di diminuire l'incidenza e la gravità di queste complicazioni abbassando il dosaggio del B.C.G. ma si dimostrò che queste potevano evirarsi dando piccole dosi di B.C.G. in tra -derma. L'iniezione in tra- dermica fu subito accettata come il metodo di scelta, ma poiché essa richiedeva notevole abiliù tecnica si ricercarono altre vie d'impianto. Fu introdotta allora la tecnica della puntura multipla che, attraverso vari miglioramenti portò allo strumento correntemente usato per la vaccinazione con B.C.G. La vaccinazione con puntura multipla richiede poca abilità tecnica. Le cicatrici sono molto meno cospicue che dopo la vaccinazione intra - dermica e i primi tentativi su larga scala mostrarono che le velocità c il grado di conversione della tubercolina c la persistenza della sensibilità alla tubercolina erano simili a quelle ottenute con la vaccinazione in tra - dermica.


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n principale ostacolo ad un ~uo uso generalizzato è che essa richiede dosi alta mente concentrate di vaccino e che solo una piccola porzione del vaccino usato si impianta nella pelle. Dopo 30 anni di spcrimentazioni e di tentativi la tecnica della iniezione a getto diventerà probabilmente il metodo di scelta per la vaccinazione con B.C.G . dci bambini in età scolare, in quanto si è visto che le reazioni locali e la sensibilità alla tubercolina prodotte da questo tipo di vaccinazione sono simili a quelle indotte col metodo standard siringa ed ago. Inoltre l' iniezione a getto ha tulli i ,·antaggi del metodo intra- dermico - non richiede vaccino concentrato ed è economico - ed ha in più il vantaggio di una facile esecuzione. P. TARRONI

EDITORIALE: Antibodies against tumours. -

British Medicai Journal, nov. 1971, 50S·

L'idea che le cellule rumorali posseggano antigeni p<.culiari al tumore e non posseduti dalle cellule normali è un'attraente ipotesi perché potrebbe condurre ad un nuovo metcdo di trattamento della m alattia tumorale. Sf.ortun:namcme è ancora da dimostrare che gli amigeni nei tumori umani sia no realmente tumore - specifici. Un primo accostamento a questo problema è stato il tentativo di svcl:lre anticorpi o cellule èitotossiche nel siero di pazienti malati di cancro che specificamente reagiscano contro le proprie cellule tumorali. Un altro approccio al problema comporta il ritrovamento in estratti tumorali di nuo\i antigeni che non sono presenti nei tessuti normali. E ' stato scoperto recentemente nelle cellule di un carcinoma gastrointestinale un antigene che inizialmente appar\'e specifico per questo tipo di rumore. L 'antigene fu successivamente ritrovato non solo nel materiale tumorale stesso ma anche nel siero dei pazienti. Sebbene il no rmale epitelio intestinale non contenga l'antigene, esso fu ritr'>vato anche nei tessuti fetali e per gucsto chiamato antigene carcino- e mbriogenetico (CEA). La sua presenza nel siero è attualmente sotto studio come possibile test diagnostico. Il CEA può essere anche utile nella valutazione del grado di risposta al trattamento terapemico. Studi sierologici hanno dimostrato la pre!.enza di anticorpi contro gucsto antigene in do nne gravide e in un'alta percentuale di pazienti con rumori ga~tro- intestinali primitivi. L'uso di una prova radioimmunologica molto sensibile ha mostrato che un a ntigene simile è presente nei sieri di pazienti con altre forme di [Umore e occasionalmctitc in pazienti con malattie non neoplastiche. Parecchi ricercatori hanno riferito sulla produzione di altri antigeni fetali da tumori umani ma non si è ancora tro,·a to un antigene che sia ~pecifico per il tumore e assente dai tessuti normali. Indubbiamente i sieri eli pazienti malati eli cancro ~pesso reagiscono contro le proprie cellule tumorali, ma la specificità di questa reazione rimane ancora da determinare. Studi su pazienti con linfoma di Burkitt hanno mostrato d ue principali tipi di anticorpi presenti nel siero e reagenti contro le cellule del linfoma : uno agisce sulla membrana di superficie deUa cellu la, l'altro sul citoplasma. Entrambi gli anticorpi sono presenti ad alto titolo in molti pazienti con guesta malattia, c non è stato trovato alcun caso istologicamente confermato senza anticorpi. Questi sieri non reagiscono contro i linfonodi normali o contro le cellule midollari. Gli anticorpi in causa nel linfoma reagiscono con tro a_ntig-eni virus- associati. Le linee cellulari reagenti contengono più virus di Epstcin - Barr (E.B.) che non le linee cellulari non reagenti, c gueste ultime si possono far reagire dopo ave rle infenate con con-


centrati di virus E.B. La reattività an ti- virus E.B., misurata con test d'immunofluorescenza citoplasmatica è comune nella popolazione adulta di controllo, ma il titolo anticorpale è otto volte più alto nei pazienti con linfoma. Si è prospettato un rapporto eziologico anche tra virus E.B. e almeno una forma di mononucleosi ·infettiva. Un altro tumore che è stato trovato associato ad un'alta reattività serica verso antigeni associati a virus E.B. è il carcinoma naso - faringeo, molto comune in Cina e in alcune regioni africane. Il microscopio elenronico ha mostrato nel tessuto neoplastico la presenza di particelle virali tipo- Herpes. Anticorpi contro le proprie cellule tw110rali sono stati trovati nel siero di pazienti con molti altri tipi di rumori, ma è sempre la specificità di -questa reazione che è dubbia; infatti l'assorbimento del siero con materiale tumoralc elimina gli anticorpi, ma un assorbimento ripetuto con cellule normali può eventualmente fare lo stesso. Questo lascia la ·possibilità che la superficie della cellula tumorale contenga antigeni che siano dei .normali componenti cellulari adulti o rfetali ma pi(J esposti o in maggior concentrazione che nelle cellule normali e che di conseguenza possono indurre la formazione di autoancicorpi; infatti cambiamenti degli antigeni di gruppo sanguigno sono già stati descritti nella cellule delle serie rossa e bianca nel corso di leucemia.

P. T.-'.RRONI

CHIRURGlA

NEWMAN

M., HAMSTRA R., BLOCK M.: Use of banked autologus blood m elective su,.-

gery. -

J.A.M.A., novembre 197r, 861.

La maggior parte delle complicazioni dovute a trasfusioni di sangue omologo durante e dopo un intervento chirurgico (epatite da siero, trasfusione di sangue incompatibile, reazioni immunologiche varie ecc.) possono essere evitate con l'uso di sangue autologo conservato. Gli AA. descrivono la loro esperienza su r78 pazienri sottoposti a flebotomie pre- operative in modo cbe un'eventuale perdita di sangue durante l'intervento potesse essere interamente o parzialmente reintegrata col sangue stesso del paziente. Per ogni flebotomia di 500 ml di sangue intero venivano somministrati al paziente 250 mg di ferro destrano (Imferon) endovena in modo da rifornire l'organismo di ferro in forma immediatamente utilizzabile per l'eritropoiesi compensatoria. Tutti i pazienti arrivarono all'operazione con tassi d'emoglobina superiori a Io mg/100 ml e con valori d'ematocrito superiore al 30% . . Nessuno mostrò segni clinici di diminuzione della massa sanguigna, come ipotenstone o tachicardia, in accordo con la constatazione che il volume plasmatico viene reintegrato nelle r2 ore successive ad ogni flebotomia. Scarsissime, secondo l'esperienza degli AA., le reazioni collaterali indesiderate. Molti invece i· vantaggi che la trasfusione autologa presenta: innanzitutto evita la trasmissione. di malattie infettive e specialmente dell'epatite infettiva, la cui incidenza con la trasfusione omologa è stata valutata intorno al 6- 10% per ogni unità di sangue trasfuso. Inoltre evita sia reazioni immunologiche (emolitiche, febbrili, ecc. che possono aversi anche nel caso di trasfusioni di sangue compatibili) che reazioni allergiche.


La procedura è sicura pratica ben tollerata dai pazienti. Unica controindicazione precisa: non si può usare in un paziente che sia incapace di aumentare la produzione di globuli rossi in risposta a somministrazionc di ferro.

P. TARRONI

EPATOPATIJ:.

N. N., WooOGARE D. J. : The circulation, the lung, an d fingn· clubbing m hepatic cirrhosis.- Brit. H eart J., 1971, 33, 469-472.

STANLE\'

Le dita a bacchetta di tamburo sono un segno non solo delle malattie dei polmcm o del cuore, ma anche della cirro$i epatica. .U. patogenesi di questo segno non è an cora completamente chiarita, nonostante varie teorie propo,tc per esso, come ad esem pio quella di Hall che una sostanza vasodilatatrice normalmente distrutta nel letto polrnonare capillare potrebbe entrare nel sistema circolatorio c causare le modifica7.ioni vascolari d igitali caraneristiche. Poiché la mescolanza veno- arteriosa nella cirr~i epatica può risulrare sia da ana~lornisi anere- venose polmonari sia da anastomosi porta - polmonari e la vasodilata :done periferica può essere estesa dando un aumento della portata cardiaca, è sembrato possibile che questo meccanismo di bypass polmonare possa essere la causa delle dita a bacchetta di tan1buro nelle epatopatie. Gli AA. hanno studiato con metodi gasomeuici 24 soggetti con cirrosi epatica d1 cui 12 soli presentavano le dita a bacchetta di tamburo. Essi hanno trovato che l'indice cardiaco e la mescolanza ve no- arteriosa erano significativamente più alti nei ca~ i con dita a bacchetta di tamburo, ma che i livelli di quest'ultima erano normali in 4 soggetti; questo fatto però, secondo gli AA., puòò essere spiegato perché i metodi in uso tendono a sotrovalut:~re il flusso totale dello shunt destro - ~ini~tro nei casi con an aster mosi porta- polmonare funzionanti. In definitiva, gli AA. concludono, un aumento del flus:.o di shunt destro- sinistro non sembra un fattore essenziale per lo sviluppo delle dita a bacchetta di tamburo nella cirrosi epatica. MaCHio:-<DA

CARDIOLOGIA

l'!., STERN J., Gui!RON M.: At,.ioventricular diuodation m acute t·heumattc fever. - Bri t. H e art J., 1971, 33, 12- 15.

CRISTAL

L'attività reumatica è una delle maggiori cau~e della dissociazione atriovcntricolare, ma poco sinora è noto sulla sua reale &equenza e sul $UO significato, specialmente nei giovani adulti, e se sia o meno un segno di cardite. Gli AA. hanno rivisto le cartelle cliniche di 70 gio\'ani adulti diagnosticati reumatici in base ai criteri Jones. Il disturbo del ritmo suddetto è srato rilevato nel 20°-~ dd pp., ma solo nei primi 48 giorni. Questa maggiore frequenza rispetto a quella riferita sinora è data sia dal fatto che il disturbo del ritmo è transitorio, sia dal fatto che, per

'


meglio evidenziarlo, è bene registrare i tracciati ecgrafìci durante la profonda inspirazione. Per quanto riguarda il ~uo ~ignificato patogenetico, il disturbo del ritmo appare essere do,·uto ad una esaltara attività nodale, con o senza un certo ritardo nella conduzione atrio- \'entricolare, cio~ in definitiva esso rappresenta uno stato patologico del cuore. E' interessante osservare che in 10 dei 14 pp. era assente una cardite, come la si defini&ee clinicam ente e che in 6 dei pp. l'aritmia era presente già prima che fosse stata stabilita la diagnosi di attività reumatica. Queste osservazioni fanno rilevare che non vi è correlazione fra carclite ecgrafica e cardite clinica. Per superare questa mancanza di correlazione, gli AA. suggeriscono di parlare nel primo caso di « interessamento miocardico ,, e nel secondo caso di « danno miocardico n . ~ell'•1 interessamento miocardico ,, il processo reumatico lede in grado molto minore le strutture particolarmente ,·ulnerabili, in modo più localizzato e probabilmeme transitorio. La natura esana di questo interessamento non è ancora chiaramente definita, ma il rilievo di questa aritmia può essere di \'alore come aiuto nella diagnosi di febbre reumatica acuta, anche se non fornisce dati utili per la diagnosi di carclite c nemmeno per la sua prognosi. MELCHIOl-IDA

B..\RLOW j. B.: An assooatton b~twun th~ billotving posterior mitra/ l~afl~t syndrom~ and cong~mtal h~art diseas~, particularly atrial septal ùfect. -

PococK \V. A.,

Am. Hean J., 1971, 81, ]20· ]21. Gli AA., già noti per la descrizione della sindrome del soffio telesistolico e dei clicb meso- telesistolici da non eiezione, riportano adesso la loro e~perienza nell'analisi di 200 casi, in 17 dci quali era associato un difetto del scuo atriale del tipo ostium secundum, 14 dei quali furono sottoposti all'intervento di chiusur:1 del d ifetto. E' molto interessante set,ruire i dati ascoltatori registrati prima c dopo l'intervemo, sia che essi si siano modificati, sia che siano rimasti immutati, sia ancora che siano comparsi dopo di esso. Molto spesso i dari anatomici sono stati riferiti dalla ispezione c dalla palpazione chirurgica, specialmente riferentesi allo ispessimento delle corde tendinee. E' da ri]e,are che, ad eccezione di un bambino di 4 anni, tutti i soggetti erano femmine dai 6 ai 59 anni. E' riferita anche la storia familiare di una madre e di due bambine, nelle quali tutte si poteva invocare una origine reumatica della lesione mitralica. Gli AA. riportano ancora 5 altri ca~ i con la suddetra sindrome acustica, uno dei quali era portatore d i una sindrome d i Eisenmenger dovuta ad un difetto del setto vcnrricolare, mentre le altre 4 erano portatrici di un dotro arterioso pervio. Sembra quindi, a detta degli AA., che l'associazione di una cardiopatia congenita, particolarmente di un difeno del setto atriale del tipo ostium secundum, e della sindrome del soffio telesistolico c del click da non eiezione possa essere considerata non come un caso fortuito, anche ~ essa non sia ancora comprensibile su di una base embriologica; non è pcnsabile infatti che il difetto del seuo atriale del tipo ostium secundum, a causa della sua panicolare situazione anatomica, che abbia potuto influenzare l'anatomia o la funzione della mitrale. E' più ,-erosimile quindi che la lesione organica dei lembi mitralici e fo delle corde tendinee sia una entit:ì separata.


Comunque sinora possa essere spiegata questa associazione, è importante, concludono gli AA., essere consape,oli di essa, poiché una profilassi della endocardite batterica, complicazione considerata estremamente rara nel difetto del setto atriale del tipo ostium secundum, è indicata nei pazienti con la sindrome di rigonfiamento dd lembo posteriore della mitrale. M.ELCHIONDA

Mc DoNALo A., HARRlS A., JEFFERSON K., MARSHALL J., Mc DoNALD L.: Auociation of prolapse of posterior cusp of mitra/ valve and antrial septal defect. -

Brir. Heart J.,

1971, 33, 363-387. L a coincidenza del prolasso della cuspide posteriore della mitrale con il difetto del setto :ltriale del tipo fossa ovale è stata trovata in precedenza, ma è stata scarsamente messa in rilievo. Gli AA. riportano 11 casi di questo tipo di combinazione occorso in soggetti dai 4 ai 57 anni (3 maschi e 8 femmine), e dimostrato con la angiografia ventricolare sinistra. Solo in 6 di questi pazienti la anormalità mitralica era stata diagnosticata clinicamente per la presenza eli un soffio pansistolico mitralico, per cui si può affermare che non sempre il prolasso della cuspide posteriore della mitrale è capace di creare segni .fisici anormali se il rigurgito mitralico è assente, perfino quando il prolasso è considerevole. Questo tipo eli deform1til della mitrale è stato trovato nella sindrome di Marlan cd anche in casi di endocardite reumatica, ma in molti casi nessun fattore etiologico è stato chiaramente identificato (un p. della serie degli AA. aveva le caratteristiche manifestazioni della sindrome di Marfan). Sono rare le associazioni dd prolasso della mitrale con altre malformazioni cardiache congenite cd in specie con i difetti del setto atrioventricolare, dai quali ultimi la sindrome anatomo- patologica deve essere differenziata con la angiografia ventricolare. Una certa tendenza famili::~rc, l'associazione di lesioni cardiache congenite e la occorrenza in bambini suggerisce che questa anormalità debba essere congenita; a sua volta la più frequente associazione di un rigonfiamento della cuspide posteriore della mitrale con un difetto del setto atriale del tipo fossa ovale piuttosto che con un difetto dd setto ventricolare suggerisce che la prima possa essere più specifica. La storia naturale dd prolasso della cuspide posteriore della rnitrale non è nota, ma è verosimile che la gravità del rigurgito mitralico possa aumentare nel tempo, cau· sando sintomi significativi. La complicazione di una endocardite infettiva è stata descritta, anche se raramente, per cu i una profilassi antibiotica è indicata in ogni avvenimento seruco. MELCHIONDA

LAcEROF H.:

lnfluencc of body pos1tton on exeraise tolaance, gherat rate, blood pressure, an d respiratian rate in coronary imufficiency. - Brit. Heart J., 1971, 33, 78-83.

L'influenza della posizione del corpo sul circolo è stata studiata sia nei soggetti normali che nei cardiopatici, ma non durante la prova da sforzo nei pp. con angin.1 pectoris. Gli AA. hanno studiato le modincazioru della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa sistolica, della frequenza respiratoria e della soglia del dolore durante un


93 identico carico di lavoro su biciclo nella posizione seduta cd in quella supina in 37 pp. maschi dì 40 -6] anni presentando un dolore all'esercizio secondo i criteri di Rose tx:r l'angina pcctoris. Viene fat.ta una rivista bibliografìC<l sull'argomento. Nei soggetti sani non vi è dif ferenza né nella frequenza cardiaca né nella pressione arteriosa, mentre il volume car diaco, la gettata e la portata cardiache aumentano nella posizione supina. Nei pp. con insufficienza coronarica il lavoro in posizione supina porta ad un:. riduzione del flusso miocardico e ciò costituisce la logica spiegazione per una più bassa tolleranza allo sforzo osservata nella posizione supina. In questa posizione infatti au menta il ritorno venoso al cuore e pertanto si ha un aumento del carico di lavoro ed una diminu1ione del gradiente pressorio fra arterie coronarie ed i piccoli ' 'asi transmu rali della parete ventricolare. Le frequenze cardiache più alte osservate durante l'esercizio in posizione supina prima dello s.viluppo del dolore toracico suggerisce che, per abbassare il consumo miocardico in ossigeno, questi cuori lanciano un:. gettata più piccola a frequenze cardiache maggiori, il che significa che nelle coronaropatie lo svantaggio dì una diastole più corta è minore che quello dì un aumento del volume di gettata che richiede un aumento della temione della parete \entricolare. La tendenza ad un aumento della frequenza respiratoria osservata in posizione su pina può essere spiegata con il fatto che aumenta in questa posizione in volume di ~angue polmonare. Gli AA. concludono criticando l'indice di Robinson (prodotto tlella frequenza cardiaca per la pressione sistolica), affermando che esso non è valido per la predizione di un dolore anginoso. MELCHIO:'\'DA

SIEVERS ]AN, HALL PAUL:

/ncidence of acute rheumatic fever. -

Brit. Heart J., 1971.

33. 633 636. Viene sempre più documentato un declino dell'incidenza della febbre reumatica negli ultimi decenni, ma sinora è difficile presentare ci(re di sicuro valore statistico, data l'incertezza di esse quando tratte sulla base delle statistiche sanitarie ospcdalicre. Anche le cifre della mortalità, benché di grande interesse, non riflettono l'andamento della morbilità, data la grande mutevolezza del quadro clinico. Gli AA. hanno eseguito una indagine statistica basandosi sui pazienti ricoverati nell'ospedale di Malmo (Svezia) che ha il vantaggio di avere un solo ospedale che serve una popolazione completamente coperta da assicurazione sanitaria. Es~i hanno diviso i loro soggetti in tre gruppi, in base ai criteri modificati di Jones: gruppo sicuro, gru p po probabile c gruppo sospetto, seguendoli anche nel tempo per potere ricavare informazioni sullo sviluppo di una cardiopatia reumatica. Un paragone delle cifre ottenute (riferite a ro.ooo abitanti) nell'ultimo quinquennio con quelle dei quinquenni precedenti, permettono agli AA. di concludere che, in accordo con altri ricercatori svedesi, l'incidenza della febbre reumatica acuta, la quale ha mostrato un aumento significativo durante la seconda guerra mondiale, è ora in rapida diminuzione e con essa wche quella della cardiopatia reumatica, la quale ul tima sarebbe anzi maggiore di quella della febbre reumatica acuta. Mf.LCH lONDA

ì· - M.


SOMMARI DI RIVISTE MEDICO - MILITARI

INTERNAZIONALE REVUE INTERNATIONALE DES SERVICf..S DE SANTI:. DES ARM.tES DE TERRE, MER ET DE L'AIR (A. 44°, n. 9- 10, 1971): Nonn L. K.: Sulle scorte minime di medicinali e di equipaggiamenti medico - chirurgici nella zona di combattimento; Delga J., Barthes L.: Materiali sanitari e medicinali da approntare in zona di combattimento; Pai/Ler J. L., Devic f., Doubber L., Dupuy P.: Interesse di una terapia a base di fosforo nel consolidamento delle f ratture diaiisarie. REVUE INTE~"fATIO~ALE DES SERVJCES DE SAi~TÉ DES ARl~ES DE T ERRE, MER ET DE L'AIR ( . 11, 1971) : Costa Silveira C. : Quantità minime di medicinali c di materiale chirurgico nella zona di combattimento; El Ganzoury M. A. F.: La minima riserva di medicinali e di equ ipaggiamcnti medico- chirurgici nella zona di combattimento; Reneman R. S., W1bcrdink f., Strackee f.: Le sindromi compartimentali acute e croniche degli arti inferiori dovute acl esercitazioni; Papaevangelot4 G. L Vissaulis H. G., Demeres M., Kourea T., Demetrakopoulos A.: La virus epatite epidem1ca studiata a mezzo dell'accertamento dell'antigene Australia e di elevati tassi di transaminasi nel siero; Jonkheere: La logi stica e la medicina militare.

ITALIA RIVIST A D I MEDICI 1 A AERONAUTICA E SPAZIALE (luglio - settembre 1971, A. XXXIV, vol. 34, n. 3): Strughold H .: Rirmostasi: un fondamentale aspetto medico della particolare vira nello spazio; Vacca C., Koch C., Pizzuti G. P., Castagliuolo P. , Pelagalli G. V.: Sviluppo dell'orecchio interno in embrioni di ratti albini sottoposti ad accelerazioni trasversali di + 3 Gy; Rotondo G., Aurucci A., Longa L.: Studio statistico sulle cause cliniche, fisiche e psichiche, di inabilità temporanea c: permanente al servizio aeronavigantc: degli equipaggi di volo dell'Aeronautica Militare italiana; Longo L.: Alcune ricerche sul biochimismo delle vasculopatie cerebrali effettuate nell'ambito medico aeronautico.

ARGENTINA REVIST A DE LA SAt-:IDAD MILITAR (gennaio - giugno, n. r, 1971) : Martmez M. A.: Chirurgia di urgenza del colon sinistro; Luxardo f. C., Ortiz R. ]. : Indicazioni della artrodcsi nelle lombalgic e lombosciatalgie; Girm·di Cantalupp-i C., Thomas M. A ., Ferreira R., Zwolinski E., Santin II., Molteni L.: Su una malformazione tor.tcica poco frequente ; Andrade f., Barghe/li R. F.: Studio epidemiologico della carie dentaria nella provincia di Misiones (Argentina); JJraum E.: Adeguamento degli esami di laboratorio nell'arruolamento delle Forze Armare; Bejerano f . F. R.: Complessi patogeni provocati dai virus trasmessi da artropodi.


95 FRAN CIA REVUE DES CORPS DES SANT~ DES ARM~ES. DE TERRE, DE MER ET DE L 'AIR (vol. Xli, n. 5, ottobre 1971): Lapeyssonnie l.: J trasporti aerei c la pre'<:11te epidemia di colera; Chatelier G., Galba11 P., Goum·s M., Guillermin M., Sanmcci G., Benceny C.: Studio dei tempi di tolleranza all'ipossia negli allievi piloti nel cono della loro istru7ione aeromcrica in cassoni a depressione; Nogues C., Despres S., fupin H. , Pfister A.: La messa in evidenza dello strato superficiale del ri\'cst.imeoto alveolare in microscopia elettronica; Dua'OS: I dorati quali sorgente di ossigeno chimico; Moreau H.: Riflessioni sulla son·eglianza medico - psicologica del personale n<:· 'igante nelle Scuole di caccia.

GRECIA HELLE~IC ARMED FORCES MEDICAL REVIEW ('ol. 5, n. 4, agosto 1971): Kardalinos A., Antonion A., Syribeis S.: Il significato prognostico del blocco A- V nell'infarto miocardico acuto; Sy,-ibeis S., Cost~as Fr., Lorwros N.: Studio mecc:mografìco della sindrome di preeccitazione (W - P - W); Kotsijopoulos P. N.: Studi sui rapporti di elementi metabolici nelle alterazioni elettrolitiche; Tsistrakis G., Lianou P.: Il test della miscela caolino- cefalina nello studio delle diatesi emorragiche; Papageorgiou S., Sa{Wleas M.: La reazione di Jarisch - H erxheimcr nel moderno trattamento della lue; Tiniakos G., Gafanopoulos C., Stoforos E. , Kokolios H.: Omotrapianto intrauterino di ovaie nei conigli; Michalopoulos C. D.: La Mimolazione dei nervi del ~eno carotideo nel trattamento di malattie cardiovascolari; Voudouris C. P.: La diagnosi differenziaJe <.Iella poliartrite; Sìnakos Z.: Trasfusione di sangue di cadavere; Traianos G., Gabriel P., Damascos S., Kouretas N.: La risposta dell'anemia siderobla~tica al trattamento con vitamina B 6 ; Bacoulas G., Katsonìs S., Stavropoulos M., Voridis E.: Ritmo atriale caotico; Lyrakos A.: Su di un caso di embolia cerebrale associata ad una fistola arterovenosa polmonarc; Tsistrakis G. J.: L'azione rerapeutica del Tcgretol sulla psoriasi con o senza artrite; Kevrekidis G. f.: Su di un caso di un di\·erticolo della vescica; Mantzaris V., Vasrilakìs f., Deds P., Boudouris J.: lleo cronico causato da endometriosi del tratto retto sigmoideo; Mattheou Z., Georgiadis J.: Su di un caso di osteoma del seno frontale diagnosticato radiografìcamentc; Spanos G., Panagiotopoulos N.: La presenza del bacillo mesentcrico nelle farine greche e il suo potenziale danno.

INGHILTE RRA JOUR!\AL OF THE ROYAL ARMY MEDICAL CORPS (vol. 118, n. 1, gennaio 1972): Cormack f. D.: Cause della lipotemia durnate le attività militari; Carson f.: Esperienze cliniche ~ull'impiego dd cromoglicatodisodico (l 'TAL); Austin T. R.: La Ketarnina. Un nUO\'O mezzo anestetico rivoluzionario per l'impiego sul campo di battaglia; Hutchings H. Q.: La sindrome dell'embolia grassosa; Valentine B. II.: Il meconio nell'iJeo dopo precoce trattamento con Pancrex V.; Porver f. G. P.: Catastrofi cd epidemie; Cetti N. E.: Aspetti medici di un viaggio della durata di nove mesi nello Sharjac; Whyte A. G. D.: Echi dal passato.


JUGOSLAVIA VOJNOSANITETSKI PREGLED (A. XXVIII, n. ro, ottobre 1971): Morelj ;\.1. e coli.: L'effetto protettivo del lipovaccino nella prevenzione dell'influenza; Ma11oj/o. vie C. e coll.: Le nostre esperienze ottenute nella valorizzazione dell'audiometria ve~­ bale di gruppo; Bervar M. e coli. : La nostra esperienza nel trattamento del cancro del pancreas; Ledic S. e coll.: Principi di trattamento neuroradiologico delle lesioni cranio cerebrali acute; Skokljev A.: Lesioni maxillo - facciali causare da incidenti del traffico; Gasparov A.: Come organizzare la lotta contro i tumori maligni degli organi digesti\·i nel nostro Paese; Simic B. e coli.: Elettrostimolazione del cuore nel corso di infarro miocardico complicato da blocco completo atrio- ventricolarc. VOJNOSANITETSKI PREGLED (A. XXXVIII n. n, novembre 1971): Amen V. e coli.: Nostre esperienze nel trattamento dell'emangioma della pelle; Zùavkovic P. e co/l.: Nostra esperienza decennale nel trattamento della paralisi del facciale con la terapia conservativa; Bervar M. e coli.: L'ileo acuto nell'evoluzione del carcinoma del colon e del retto; Skokliev A. e col/.: Ricostruzione protesica della perdi m di so stanza in corrispondenza della faccia e dci mascellari; Kapor G.: Problemi della psicofarmacologica contemporanea; Corsie V. e co/l.: Cura intensiva di pazienti affetti da infarto del miocardio; Popovic M. e coll. : Alterazioni metaboliche nella stenosi dr~ l piloro; Arsie B. e coli.: Novità in campo epidemiologico.

MESSICO REVISTA DE LA SANIDAD MILITAR (vol. 25, n. 4, luglio 1971): Zonana E.: Condotto ilcale. Esperienza su 17 casi; Farias f. M., Hemandez R., Tim A.: Cancro bilaterale della mammella; Berna! G., Miranda L.: fnsufficienza respiratoria in una donna con neoplasia genitale.

PORTOGALLO REVISTA PORTUGUESA DE MEDICINA MILITAR (vol. 19, n. 2, 1971): Ferraja da Graca f.: Le applicazioni del freddo e le loro relazioni microbiologiche, biochimiche e biofisiche con la conservazione della frutta in frigorifero; Cabrai Rego A., Machado Rodrigues O.: Le elmintiasi intestinali in una caserma del Luanda; Silva Xavier A.: Guerra biologica; Vieira C.: La sordità come malattia professionale nelle Forze Armate; de Almeida Pessanha C. A. V.: Il laboratorio militare di prodotti chimici e farmaceutici; Pedes L., F1'0ssard S .. Andt-ieu L.: Controllo medico- radiologico del personale.

ROMANIA REVJSTA SANITARA MILITARA (n. 4, luglio-agoso 1971): Marinescu G. B., Teorodorescu C., Canta P., Miinea P.: Principi generali sul trattamento delle linfo · reticulopatie mal·i gne croniche; Vainet· E., SocoJan Gh., Zamfir C.: Impiego dei tubcrcolostatici di ricambio nel trattamento della tul:>ercolosi ·polmonare sostenuta da germi


97 resistenti ai classici LUbcrcolo:.tatici; Ciocarlù: 1., Strati l.: Le immunoglobuline. Proprietà e utilizzazione. Considerazioni medico - militari; A11dronic C.: Considerazioni ~ulle modificazioni primarie e secondarie della fase terminale dell'elettrocardiogramma; Su~u / ., Joan Gh.: Considerazioni sulla ~indrome della costola ccn·icale; Dragomirescu L. , Miron Al., Corini V.: Jl leiomiofibroma dell'esofago quale fattore preponderante di un diverticolo epifrenico; Abagiu P. , Mosoiu f. , Predescu C., Badea M.: Con· sidcrazioni su dei casi clinici di intossicnione non professionale dovute a piombo; Botez A., Marim B.: Concezioni attuali concernenti la fisiopatologia dell'emoglobinuria da strapazzo; Andrei C.: Studio comparati\·o sull'efficacia di certi metodi biologici nella terapia delle affezioni della polpa; Augustin Al., Anton M., Nastoiu T. , Cot,aliu T.: Modificazioni dell'ionogramma uri nario a seguito dell'attività di volo quale elemento patogenetico potenziale della litiasi urinaria nel personale aeronautico; lonescu C., lonescu G., Bordeianu St.: Il clima e le alterazioni dentario - mascellari del personale aeronautico; Zamfir C., Turcu E., Efanov A., Macarie C.: Importanza della profilas~i del reumatismo in ambiente militare; Calin A., Costantinescu L., Constanti n l.: Considerazioni ~ull'efficacia del trattamento ambulatorio di certe malattie croniche in ambiente militare; Gordan G., Ha/es N. , Canja C., Colceriu M., Duma A.: Considerazioni m epidemie di origine idrica comparse nelle collettività militari; Banacu l.: La fun zione visiva e la vita moderna; Dumitru R., Serbanescu 1\1., lacobescu C., Stafanescu N. : Sul tempo ouimale di somministrazione per via boccale di alcuni medicamenti.

SPAGNA MEDICL A Y CIRUGIA DE GUERRA (\·ol. X..XXIII, n. 9, settembre 197 r): Bravo J.: Le infezioni negli ospedali e negli altri ambienti colletti\i; Garcia Rodrigu~z f. A.: Le infezioni ospcdalicre con speciale riguardo alle setticemic da bacilli gramnegati vi; 01·ts Orts /., Pera/es Ovenich J.: La determinazione della creatinfosfochinasi e il suo \'alore semciologico; Dia:; - Flor~s T., Ortiz u,·dian G., Val/~ fimenez A., P~t·ez lnigo C.: Ultrastruttura dc llobo anteriore dell'ipofìsi; Garrido df' Arroquia l.: La medicina del Sahara. MEDIC INA Y C TRUG IA DE GUERRA (vol. XXXIII, n. 7-8, luglio agosto 1971): LArrea LAcalle R., Garcia de Leon M.: Crisi di agitazione psicogena; Garcia de Leon M.: Psiconeurosi e psicosomatosi; Lnrrea [ACalle R., Garcia de Leon M.: Studio della evoluzione clinica tardiva in 200 traumatizzati cranici di guerra; Seccion de Psicologia y psicotecnia del E. M . C. del Ejercito: Relazioni tra lo sdoppiamento della personalità, intelligenza generale, interessi vocazionali e studi unÌ\·ersitari; Mico Ca talan F .: Un antico progetto di creazione di manicomio militare; Mico Catalan F.: La legislazione sui dementi militari durante il sec. XIX in Spagna; Rodriguf'z d~ Ver1 Falazas E.: Arte psichiatrica.

U.S.A.

. MILITARY MEDICINE (vol. 136, n. 8, agosto t971): Buker R. H.: Ulcera gastrica nella zona del Canale; Buker R. H.: Carcinoma ga~trico della zona del Canale; Evans R. W., Edgett f. W.: Importanza della puls'lzione arteria le nella diagnosi delle anomalie dell'arco aortico; Breschi L. C ., Mnrraro R. V., Rirch f. R.: Importanza della


flora batterica anaerobica nelle infezioni croniche del Liallo urinario inferiore dei mJ schi; Kidhimoto R. A., Brown G. L., Blair E. B., Wenkheimcr D.: La melioidosi: swrh sierologici nel personale dell'Esercito degli Stati Uniti rientrante dal Sud- Est asiatico; Pilapil V. R., Lynch ]. l.: Malattia del cuore da accumulo di glicogeno (malattia d t Pompe). MILJTARY MEDICINE (n. 136, n. 9, settembre 1971): Nichols G. A.: Le ra gioni che giustificano l'ingresso, la permanenz3 e l'allontanamento dci giovani inier m ieri nell'Esercito americano; Vare/a G. E., C il more G. D.: Focolaio di mcningit~o. meningococcica a Fort Leonard nel Missouri; Vieweg V. R., Anderson S. E., Capon R. f., ProuJx A.: La prima unità di cura coronarica nella Marina; Vuturo A. F., Jensen R. T.: Considerazioni sulla programmazione e -'>lll miglioramento del Servizio sanitario aeronautico; Brotvn R. C., Baker H. J.: Addestramento presso l'Istituto di Patologi:l delle Forze Armate; Hager G. P.: La difficoltà nelle innovazioni del Servizio farma ceutico militare; Edwards D., Guenderson E. K. E.: L'adattamento della nuova cla:;sificazionc internazionale delle malattie alle m.alarrie psichiatriche nella Marina Mib rare; Moskowitz D.: Sull'uso dell'aloperidolo nella attenuazione dei disturbi tardi \ l provocati dall'abuso di LSD; Shub C., Alexander B. B.: La tosse persistente quale ca ratteristica di una sarcoidosi insospettata.


NOT IZIARIO

NOTIZIE TECNICO - SCIENTIFICH E

Vaccino antirosolia anche in Italia. E' stato recentemente presentato alla classe medica italiana il vaccino antirosolia " Ervevax n, già largamente sperimentato in vari Paesi europei, negli Stati Uniti ed in alcuni distretti afro- asiatici. Con il ceppo vaccinale Cendchill, cioè con il ceppo del virus della rosolia vivo attenuato che viene utilizzato per la prcpara7.Ìone dell'« Ervcvax >,, sono stati nnora vaccinati in tutto il mondo circa xoo.ooo soggetti, adulti e bambini, con ottimi risultati per quanto riguarda sia l'efficacia (percentuale di sieroconverstone pari al 98% e lunga durata della protezione immUllitaria) ~ia i requisiti di sicurezza ed innocuità. Il ceppo Ceodehill è stato ottenuto nei laboratori della R.I.T. attraverso l'attenuazione del ceppo virulento, isolato nel 1963 dall'urina di una bambina affetta da rosolia, mediante passaggi successivi su culture primarie di cellule di rene di coniglio, comi derate il substrato più adatto in quanto prive di agenti contaminanti avventizi, assai frequenti in altri substrati. L'attenuazione è stata oggettivata prima in laboratorio con l'ausilio di « marquers » virologici che hanno permesso di differenziare nettamente il ceppo attenuato da quello virulento ed in un secondo tempo mediante la sperimentazionc clinica del vaccino. Com'è ben noto, la crcscentt: attenz io ne che in molti Paesi oggi si presta alla profilassi della rosolia è motivata non già dal1a malattia in sé, che ha decorso estremamente benigno e rapido, bensì dall'elevata incidenza di gravi danni fetali in caso di infezione materna contratta nel primo trimestre di gravidanza. T ali danni possono esitare nella morte del feto o in lesioni malformative (oculari, uditive, cardiache, encefaliche) del neonato. 'd corso della violenta epidemia di rosolia manifcstatasi negli Stati Uniti nel 1964 - 65, con 1.200.000 casi di infezione accertati, si ebbero 20.000 malformati (. 30.000 morti fetali f neonata1i da madri che avevano contratto la malattia nei primi 4 ·'5 tnC\i di gravidanza. Va rilevato che il rischio di danni fetali, massimo durante il primo trimestre, nel corso del quale peraltro decresce progressivamente, persiste attenuato anche nel secondo trimestre. A questa osservazione si ricollega anohe la recente identificazione, indipendentemente dalla presenza di lesioni di tipo malformativo, di un quadro patologico noto come «sindrome Tubcolica del neonato», caratterizzato da segni ematologici, ossei e viscera1i (porpora trombocitopenica, ittero, ipoevolutismo somatico, segni radiologici di difettosa osteogenesi deUe ossa lunghe, ecc.) c che si presume conseguente ad una (etopatia rubeolica polirnorfa a carattere evolutivo. Sulla base delle conclusioni cui sono giunti i due più importanti Congressi finora tenutisi su questo tema (« International Symposium on Rubclla Vaccines », Londra, t9()8 - « International Conference on Rubella I mmunization >l, Bethesda, 196g), oggi si raccomanda di sottoporre a vaccinazione antirosolia i seguenti gruppi di popolazione:


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- i bambini di ambedue i sessi da 2 a 9 aunì, ed in particolare da 4 a 9 anni, che costituiscono i serbatoi del virus e, come tali, sono responsabili delle periodicht" riaccensioni epidemiche dell'infezione; - le fanciulle intorno all'età della pubertà, cioè da ro a 14 anni, per le quali il rischio di gravidanza è m inimo ed al tempo stesso è relativamente vicina l'epoca in cui la gravidanza ricorre con maggiore frequenza cd in cui perciò si richiede la persi stenza di una valida protezione anticorpale; - le donne fertili ma non in gravidanza. Prima di vaccinare i soggetti di questo gruppo è n.ccessario accertare lo stato anticorpalc (cc T esterub »), poiché è statisticamente dimostrato che I'Ss% di queste donne risultano più protette, procedendo successivamente alla vaccinazione di quelle sieronegative, dopo aver preso naturalmente tutte le opportune misure per evitare ogni rischio d1 gravidanza sia al momento della vac.:inazionc sia nei due mesi seguenti. Particolarmente raccomandata è la vaccinazione d(:i 'oggetti maggiormente esposti all'infezione per ragioni professionali: infermiere, imegnanti, vigilatrici d'infanzia, nutrici, pediatre, laboraroriste, ccc. Come gi~ accennato, l'« Ervevax » è prodotto dalla R.J.T. (« Rechcrche et Industrie Thérapeutiques », consociata europea della « Smith K linc & French » di Filadelfia), nei cui laboratori di Gem·al (Belgio) il ,·accino è ~tato ouenuro a conclusione di complesse ricerche iniziate nel 196:z. Dal r969 il gruppo S.K. & F. - R.I.T. è presente anche nel nostro Paese attraverso la propria consociata R.T.T . Italiana S.p.A., con sede a Milano. L'immunità di branco nella rosolia. L'immunità «di branco » o «di gregge>> è un termine entrato recentemente nell'uso per definire il livello immunitario di base di una data collettività umana nei confronti di una determinata malattia. Negli ultimi anni, da quando, cioè, si è venuti in pos..~sso del virus della rosolia, si sono notevolmente S\•iluppate le indagini epidemiologiche rivolte ad accertare l'entità e le modalità della diffusione di questa malattì:J. Tn uno studio condotto su reclute della Marina americana, Lehane e coli. (J.A.M.A.), hanno confrontato il grado di immunità cc di branco >> per la ro'>oli:J, esistente nei diversi reparti, con la frequenza dei casi di malattia clinicamente manifesti e dei casi di semplice sieroconversione durante un periodo di 6-7 anni. Da tale indagine è apparso evidente che nei gruppi di età studiati (intorno a 20 anni) d:~ ll '87 al I00/'0 (in media 90% ) dei soggetti possiede anticorpi per la rosolia. Nonostante l'alto livello di immunità di branco nell'ambito dei campioni di popolazione studiati si sono ugualmente verificati episodi epidemici di rosolia, che hanno in pratica colpito tutti i soggetti suscettibili con un rapporto di 2 : 1 fra infezioni inapparcnti e apparenti: La malattia dell'adulto è inoltre caratterizzata da un'elevata incidenza di sintomi artralgicì che invece ben di rado sì hanno nei bambini. Sulla base di questi dati, si ritiene che il controllo della rosolia potrà essere realizzato associando ad una campagna di vaccinazione nell'etiì infantile una serie di interventi nell'età adulta di donne selezionate in quanto recettivc alla malauia, ma non in fase di gestazione. Il nuovo

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antipolio ».

Per il vaccino antipolio punto c daccapo: la «Gazzetta Ufficiale» del 1 2 febbraio scorso, ha p ubblicato il decreto del M inistro della Sanità, Mariotti, per il quale vengono modiflcate le norme di legge relati,·e alla vaccinaz.ione obbligatoria contro la poliomie-


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lite: dal 28 febbraio prossimo, un nuovo 'accino dovrà es ere wmministrato a tutti 1 bambini sono i tre anni, anche se già c;ottoposti al << Sabin n. Con questa nuova disposizione, il Con~iglio superiore di Sanità ritiene che il \':!Ccino Sabin, i cui meriti non vanno diM:onosciuti, possa ulteriormente essere migliorato Jìno a far scomparire i residui casi di recrudescenza del male, presente ancora in qualche caso entro il primo anno di vira (la ~ituazione italiana è di 26 casi nel 1971 contro i 1 36] dell'anno precedente la prima vaccinazione obbligatoria Sabin). Il nuovo sistema prevede una prima dose al terzo me~ di vita, una seconda dose dopo ~i- otto settimane, una terza dose all'undicesimo mese di ,·ita, una quarta al rerzo anno di età. Per i bambini già !>Oltoposti a vaccinazione, il nuovo ciclo si collegherà al vecchio, scalando di una vaccinazione. E cioè: se il bambino ha preso soltanto la prima dose del vecchio vaccino, sar?l sottoposto all'i nte ro nuovo ciclo, se ha già pre~o le prime due, partirà dalla seconda, con eguali intervalli, e così via; infine, se ha concluso rutta la serie della vecchia vaccinazione, prenderà soltanto la quarta dose della nuova, al ter7..o anno di Yita e, comunque, dopo almeno un anno, dall'ultima « vecchia » somministrazione.

Efficacia della vaccinazione antinfluenzale preventiva. L'influenza rappre~nra tuttora fra le malattie contagiose una delle meno prevedibili e delle meno controllabili. Se da una parte è vero che essa si presenta il più delle \Olte in fom1e clinicamente benigne - specie adesso che l'a, vento degli antibiotici ha permesso di dominare meglio le complicazioni batteriche secondarie - va sempre tenuto presente, d'altra parte, che essa è suscettibile di diffondere in via fulminea dando luogo ricorremcmcnte a massicce epidemie o a vere e proprie pandemic. Come tutte le: m::dattie nelle qual i il contagio si verifica per la via aerea, l'influenza è difficile da combattere e soprattullo da prevenire: difatti l'estrema velocità con cui i virul> influenzali si moltiplicano nelle cellule e la conseguente brevità del periodo di incubazio11c (da I a 3 giorni) rendono aleatorio, -;e non irrealizzabile, il controllo delle fonti di contagio. Né è possibile operare direnamente contro il virus nell'ambiente anravcr)O il quale diffonde, data la fugacità del suo soggiorno nell'aria c la pratica inatmabilirà di una disinfezione del conmgio. Ecco perché l'unica arma, che ha potuto essere )Viluppara per limitare i pericoli di malartia e di morte derivanti d:~ll'esplodere del contagio epidemico influenzale, è quella che consiste nell'aumentare preventivamentc le difese immunitarie individuali, e quindi i poteri di resistenza specifica, ricorrendo all'impiego di buoni vaccini. l virus influenzali sono tre, denominati A B c C. Quest'ultimo è molto raro ed o.: stato Isolato in qualche caso di raffreddore sporadico. Il virus B sembra essere l'agente responsabile di epidemie meno gravi ed estese cd è provvisto di caratteristiche antigc· niche abbastanza stabili e costanti. Il virus A si è dimostrato finora il più imprevedibile di tutti, per i sottotipi c le varianti ai quali può dar luogo. Queste variazioni antigeniche consentono a un nuovo virus influenzale di resi~tere alle difese immunitarie sviluppare da larghi strati della popolazione mondiale contro il l>Uo predecessore. J..)erta l>uccessione di modificazioni antigeniche discontinue, che si osservano per i virus influenzali di tipo A, sembrano avere un andamento ciclico, che consente di riprodurre, più o meno fedelmente, delle varierà più vecchie di virus. 11 vaccino antinfluenzale deve essere somministrato da uno a quattro mesi prima del prevedibile inizio di una ricorrenza epidemica. Oifatti, per la rapidità con cui si propagano le epidemie influenzali, una vaccinazione di massa attuata mentre l'epidemia è già in corso si dimostra poco efficace. Inol-


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tre devono passare almeno 15 giorni dall'inocu !azione del vaccino perché si produ,1 la risposta immunitaria massima. Pertamo il periodo per la campagna vaccinate è l mese di ottobre- no,•embre. Gran pane della popolazione, a seguito di pregrcsse in(czioni o più spesso di infe zioni sub - cliniche; già possiede una esperienza immunologica nei confronti degli an n geni influenzali. Sussistendo questa immunità naturale di base, una sola dose di \'ac cino è di regola ~ufficicnte. Questo criterio non è valido nel caso di bambini molt" piccoli (età inferiore ai 5 anni) oppure se occorre vaccinare contro nuovi ceppi influenzali aventi caratteri antigenici ben diversi da quelli dei ceppi precedenti. In quew condi7joni si registra una risposta anticorporale migliore se alla prima inoculazione d1 vaccino se ne fa seguire una seconda con un intervallo non inferiore a due settiman.. né superiore a due mesi. La vaccinazione an ti- influenzale, eseguita nei modi e nei tempi idonei, riesce ,1 proteggere dalla malattia fino al 75 °~ delle persone. Ma così come si verifica per la mal:mia influenzale che in condizioni naturali la scia un'immunità di breve durata per cui l'individuo è suscettibile ad ammalare di nuovo nella stagione successiva, anche l'effetto immunizzante della vaccinazione pre ventiva si prolunga per pochi mesi e poi man mano decade. Quindi l'individuo che ~ sia vaccinato nei mesi di ottobre e di novembre risulterà sufficientemente garantito contro il contagio influenz.ale che abbia a verificarsi nel corso dell'inverno susseguente: ma dopo un anno non più il 70-75 °/,, bensì solo il 20- 30°~ dei vaccinati resi~terà a nuovo contagio. Con i vaccini attuali sembra quindi consigliabile, dopo la prima immunizzazione, effetruare ogni anno una vaccinazione di richi:uno con una dose di vaccino bivalente. Questa norma deve essere raccomandata particolarmente a quelle categorie di persone che, come si è già accennato, sono esposte a subire i maggiori danni della malattia. Il problema dell'acqua. Il consumo di acqua dolce è in conti nuo aumento, mentre le disponibilità naturali sono in preoccupante diminuzione. Anche i paesi <<!l'icchi )) di risorse idriche vedono assottigliarsi di giorno in giorno le loro disponibilità. Le acque degli oceani e dei mari interni raggiungono - com 'è noto - un volume di 13,5 milioni di kmc. C'è acqua dolce anche nell'atmosfera, ma è di appena 15.000 kmc. L'acqua dolce, secondo recenti calcoli, non è che o,63 per cento delle disponibilità di tutte le acque esistenti, pari a poco più di r6 milioni di kmc; essa è così ripartita : 1.200 kmc scorrono nei fiumi e corsi d'acqua; 65.000 kmc di acqu:t fi ltranti nel terreno superficiale; 120.000 kmc nei laghi ; 8 milioni di kmc di acque sotterranee a meno di 500 m di profondità; 8 milioni di kmc di acque situate oltre 500 m di profondità. Questa quantità di acqua, secondo un ciclo di variazioni costanti, evapora, si muta in nubi, cade sotto forma di pioggia, evapora nuovomente. L 'incremento demografico c industriale richiede costantemente notevoli quanti~l d'acqua. Nell'antichità si consumavano in media dai cinque ai sette metri cubi di acqua l'anno per persona; oggi se ne consumano dai 500 ai 1200 mc. L'aumento riguarda i bisogni alimentari (2 - 5 litri il g iorno), il consumo per l'igiene personale domestica (40- 50 litri il giorno), i consumi industriali, ogricoli e per lo svolgimento di attività sporti\e. l consumi dell'acqua per le anività umane sono veramente ingenti. Basti pensare che per il condizionamento di una casa di otto piani occorrono tre milioni di litri di acqua al giorno. Nell'industria per produrre un chilogrammo di sera


occorrono 1000 litri di acqua; per 1< tranare '' 5 iitri di petrolio ne occorrono soo; per una tonnellata di benzina, 16.ooo, 200 litri sono necessari per fabbricare un chilogrammo di carta. La coltivazione intensi\ a di granoturco richiede 4.000 mc di acqua per ettaro. Per ottenere una tonnellata di carne di manzo si consumano 31 milioni e mezzo di litri di acqua. A Milano, nel 1900, si consumav:10o 43 litri di acqua il giorno procapitc; oggi se ne consumano circa 500 - 6oo litri, c nella stagione estiva talvolta, anche 8oo xooo litri. Attualmente i consumi complessi\i di acqua (per usi alimentari, civici, industriali e agricoli), in halia, si possono stimare di 8;o mc- anno per abitante e si può pensare che arrivino oltre i 1.100 mc· anno per abitante nel 2000. La maggior parte dell'acqua dolce è imprigionata nei ghiacciai polari; mentre quella immediatamente a portata di mano è sparsa sul globo in modo irregolare; alcune zone ne sono favorite; altre meno; altre ne sono pressoché prive. E' da tener conto anche dell'inquinamento dei fiumi, dei laghi, delle falde acquifere. L'industria e l'urbanesin1o, principali cause di tale condizione, stanno provocando (è superfluo dirlo) alterazioni fisiche, chimiche, biologiche, delle acque c quindi sterminio della fauna e della flora. Per combattere validamente il pericolo della carenza quantitativa e qualitativa delle acque potabili o quanto meno pulite, è necessario, da un lato, disciplinare i consumi ed evitare gli sprechi; c dall'altro incrementare le disponibilit~ idriche sia attraverso il completo sfruttamento delle f.onti tradizionali sotterranee e superficiali, sia ricorrendo a fonti non tradizionali, come la conversione dell'acqua marina in acqua dolce attraverso processi di dissalazione già applicati con risultati ~disfacenti in varie parti del mondo, compre~a l'Italia. Inoltre, bisogna entrare nell'ordine di idee che l'acqua non si distrugge; la ~tessa acqua, invcro, può essere utilizzata più volte e per vari scopi. Quasi tutti i processi industriali comportano impiego e deterioramento di acqua. 1 concimi chimici e gli antiparassitari, confluendo insieme alle acque di dilavamento nei fiumi e nei laghi, oltre a provocare un eccessivo sviluppo di alghe e fenomeni di necrosi, diffondono veleni letali anche alla fauna ittica. Agglomerati urbani, sprovvisti dei necessari impianti di depurazione, riversano i liquami di origine domestica nelle acque, contribuendo in modo a volte determinante, alla degradazione delle acque dolci e alla infestazione di quelle del mare. Ogni centimetro cubo di acqua marina contiene miliardi di germi. el quadro di w1a politica di economia dell'acqua c di protezione dall'inquinamento, occorre quindi adottare urgentemente un insieme di iniziative che vanno da una nuova tecnologia che impieghi meno acqua in tutti i molteplici settori della vita cittadina, industriale ed agricola, sino all'installazione di imp ianti speciali idonei a fornire acqua potabile dal mare. (Da l< Mondo

anitario "• marzo 1972).

Influenza del caldo, del freddo, dell'età c del peso corporeo sulle articolazioni. Il simposio internazionaJe di Reumatologia organizzato dalla Fondazione Carlo Erba, nel corso del quale i più grandi specialisti del mondo presenteranno i loro contributi, \'Uole anche avere un caranere sociale, cioè riconoscere e diffondere alcuni principi precauzionali per rendere meno gravosa la malattia reumatica che oggi è la più frequente causa di invalidità, di dolori, di minorazioni. Quali effetti produce il caldo sulle :~rticolazioni malate, nei casi di artrosi, di ridu· /.ione del movimento, di dolorabilit3 delle articolazioni? Si dimostra che il caldo ap-


plicato alla pelle pro\·oca un aumento del I O- 25 ~ della mobilità delle articolazioni. E ~i dimowa anche che il freddo riduce invece dd 1 0-25 ° ~ il movimento articolare. Quindi d::tl caldo al freddo ci può essere una differenza di mobilità delle articolazio11i dd so%. E l'età in qual misura influisce sulle articolazioni? Solo le articolazioni della co lonna \ertebrale perdono una parte della loro mobilità , ma questo sembra dovuto allo .carso esercizio cui viene •ottopost.l quesra parte dello .cheletro. l':elle altre articolazioni non si notano variazioni tra età giovane e anziana. E i/ peso della persona, quanto influisce~ E ' stato calcolato che una persona di 70 kg in particolari condizioni, come in una corsa o quando cammina con gli arti tesi, con forza, come se do\·esse schiacciare il terreno, impone alle articolazioni dell'anca e del ginocchio un carico di 300 chilogrammi. Se questa persona an7iché 70 kg pesa 90 kg, il carico sulle articolazioni sale a 400 chilogrammi. Perciò negli individui in sovrappeso gli sforzi fì~ici possono più facilmente determinare lesioni articolari.

Simposio internazionale di reumatologia. Dci cinque malanni della vita: arteriosclerosi, cancro, malattie mentali, senilità l reumati!>mi, quest'ultimo - è stato detto al Simposio Internazionale di Reumatologia di San Remo, organizzato dalla Fondazione Carlo Erba - ~ il più subdolo, il più difticile, il più invalidante. Ma le nuo\ e acquisizioni fanno prevedere una radicale modi· fica della prognosi di questo malanno. Le nuove acquisizioni sono state elencate dai yari relatori: - il reumatismo è a volte legato a linfociti del sangue malati che si accaniscono contro le articolazioni usurandole; è il cosiddetto reumatismo autoimmunitario; - il reumatismo è a volte legato a mixo- \'i ru\, di cui si \'edono i residui sotto forma di granuli nelle cellule articolari; - il reumatismo è a volte legato a tossicosi int e~rinali che danno luogo all'indolo, una sostanza lesiv:. delle articolnioni; il reumatismo può essere conseguente a m:tlauie varie come l'epatite, di cui costitui~ce una sequela; - il reumatismo colpisce in mapgior misura le donne, perché più soggette :l patemi d'animo, e perché più rapide formatrici di una sostanza chiamata « fattore reurnaroide » che è implicata nella malattia. Si è :.nche appreso che la superficie delle articolazioni, anche in condizioni normali, non è liscia, ma ha una struttura ondulata, con :l\ \'ailamenti entro i quali scorre il Uquido sinoviale. Si è anche appreso che questo liquido proYiene in parte dal sangue e in parte è formato dalle cellule che ri\·estono le :trticolazioni. Se queste cellule sono malate, formano un liquido malato che irrita ulteriormente l'articolazione. Perciò si è pensato di iabbricare un liquido sintetico che sostituisca quello malato. Circa le terapie, si è affermato che le più efficaci sono quelle che smorzano certi anticorpi che irritano l'articolazione. Si è anche parlato di terapie più moderne come la istidina e la prostaglandina E. Quest'ultima nelle prove sperimentali inibisce la comparsa dell'artrite. Come prevenire l'artrite? l calc iatori, pur avendo articolazioni altamente stressate dallo :.forzo fisico, non hmoo reumatismi. così come gli sciatori. Il ricambio molto attivo legato all'esercizio risico, preclude l'instaurarsi della malania, rende le articolazioni più resistenti. Si de\ c


tener prese me che anche le cellule han no una loro ginna~tica, e che la loro scdcntarietà comporta accumulazione di materiale irritativo. Trapianto eterotopico di fegato in coma da epatite. Una giovane donna era stata colpita da epatite fulminante. una di quelle cpana di fronte alle quali l'organismo metre in atto tutte le sue capacità di difesa, eccedendo in esse, creando squilibri, anomalie, intOS\icazioni, lcsiom cerebrali. Sicché il malato diventa incosciente, non reagisce più :~g!t stimoli, non l: più in grado né di volere né di agire, il suo elettroencefalogramma :;i appiattisce, insomm:. uno smto premonale, preagonico, u no stato di coma irreversibile. Cosa fare in simili casi? Ne hanno parlato i Proff. D. Galmarini, L. Tarcnzi, L. Infuso, G . Ideo, D . Costantino, L. MaLUrri, nel corso di un Simposio alla Fondazione Carlo Erba, sono la presidenza dei Proff. L. Villa, Presidente della Società Italiana di Medicina Interna e E. Malan, Presidente della Società Italiana dei T rapiami d'Organo. Si possono tentare varie terapie: ad esempio cambiare tutto il sangue del malato, co~ì da eliminare le sostanze tossiche, ma i risultati ~no modesti. Dogli adulti si ~alva il 50~·0 , dei bambini il 75°!., . Si può ricorrere al trapianto di fegato nella speranza che il fega to nuovo, non colpito da ep:uite, sia in grado di ~mal ti re le sostanze tossiche, ma è un'impresa titanica perché è estremamente difficile trovare un fegato adatto al trapianto e perché il trauma chirurgico può essere ferale per il paziente. T erzo metodo è il far passare il sangue del malato attraverso il fegato di un suino adeguatamente preparato alla bisogna. A questo metodo si sono attenuti il Prof. Galmarini, della Clinica Chirurgica Generale dell'Università di Milano, e i suoi collaboratori. L 'ammalata, subito dopo questo lavaggio del sangue attraverso il fegato dd suino, ha ripreso conoscenza, il suo elettroencefalogramma ha ripreso a funzionare, h malattia ha iniziato a declinare, ad assopirsi, a guarire. Uno dei pochi casi al mondo - ha sottolineato il Prof. V illa - che abbia superato un coma epatico così grave. E proprio nel momento in cui la paziente cominciava a star bene, in cui i suoi anticorpi irregolari stavano riducendosi alla normalità, sono comparsi i virus dell'epatite. Ciò a ulteriore dimostrazione che l'epatite, la sua gravità, non è tanto do,·uta alla presenza del virus, tant'è che ci sono portatori sani del virus, ma è dovuta piuttosto al tumultuoso apparire degli anticorpi che creano squilibri e danni talora irreversibili. Perciò si usano gli immunodcprcssori che hanno appunto lo scopo di frenare qu..:sto tumulto anticorpale. Il Prof. C. Sirtori, Presidente della Fondazione Carlo Erba e Direttore Generale dell'Istituto G. Gaslini di Geno,·a, nel suo intervento ha ricordato che bimbi colpiti da epatite fulminante hanno potuto riprendersi proprio grazie all'impiego di sostanze immunodepressive. H a ricordato anche che il coma epatico crea un'alterazione gra,·e nel cervello, le cui cellule gliali diventano voluminose, a doppio nucleo, perché le tossinc provenienti daJ fegato bloccano alcuni tubuli presenti nelle cellule nervose e ne impediscono sia la f unzione sia una normale moltiplicazione. L'ammoniaca si accumula nel cervello e si sostituisce al trasmettitore nervoso più importante, l'acetilcolina, donde il coma, lo stato di incoscienza, il pericolo monale. l problemi universali della vita. ella sua conferenza al Lions Club di Brescia sulle implicazioni sociali della ricerca scientifica, il Prof. Carlo Sirtori direttore generale dell'Istituto G. Gaslini di Genova e presidente della Fondazione Carlo Erba, ha toccato i temi universali dt'lla vita,


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a cominciare dallo sviluppo pub~al~. ì'\elle ragazze questo S\ iluppo è in costante anu cipo, ogni 10 anni anticipa di 4 mesi. l'el 2020 le ragazze a 9 anni a\'ranno già LUllt gli attributi della femmi11ilità. In merito alla severità degli studi unÌv(rsitari si è richiamato alla Russia e agh Stati Uniti. In Russia ogni anno su 3 milioni di aspiranti all'Università solo 900.000 vengono ammessi, attraverso esami. 1\'egli Stati Uniti, gli aspiranti alla facoltà di nK dicina ogni anno sono 26.000, m:1 M>lo 12.000 vengono accolti. Parlando dell'alcool, h:1 detto che si è: finalmente capito perché esso pronx:a uno ~Lato di euforia. L'alcool stimola I'AMP delle cellule (la molecola scoperta dal premi() lobel Suthcrland), eliminando lo stato depressivo. Ha trattato anche il problema della smilitù. Vi sono osservazioni concrete di un reale allungamento della \ ita - ha detto Sirtori - e la dimostrazione più palese è offerta da Picasso, Woodhouse, Pablo Casals, ultranovantcnni e tutti produuivi e 111 fase ascensionale.

Per un miglior rendimento scolastico. I ri!lcttori della scienza - ha affermato il Prof. Sirtori in una conferenza sull'ar gomento - sono puntati sulla scuola e ci indicano quali sono le vie più rapide e sicure per raggiungere un buon rendimento scolastico. La prima norma riguarda l'inizio della giornata: lo studente deve alzarsi almeno un'ora prima di recarsi a scuola, per arrivarvi gi~1 rodato fisicamente c intellettualmente. La sua colazione deve e~scre parca, liquida, con the o caffè, che stimolano la molecola del rendimento, chiamata adenosin- monofosfato. _ el corso della giornata la dieta dc\•e essere ricca di ferro: il 40% dclk ragazze e il 25°(, dei ragazzi ha poco ferro nel sangue c accusa pertanto astenia c abulia. La competizione intellettuale, a scuola, fra i ragazzi è indispensabile per a\Cre nel sangue un giusto livello di adrenalina, un ormone che facilita la memoria. Le recenti esperienze clettroenccfalograJiohe dimostrano che le ovvietà, i truismi, le itcr:t zioni e le tautologie deprimono le onde cerebrali. mentre la \'arietà e la novità della materia determinano onde assai ampie, indice di attenzione e buona rice~ione cerebrale. L:1 varietà dci programmi favorisce anche l 'apprendimento della cc lettura veloce», per cui si possono leggere 1400 parole al minuto imece delle abirua]i 200. Vi sono srudenti che hanno una ipotensione costituzionale: questi ragazzi rispondono meglio alle domande e costruiscono meglio le loro argomentazioni stando seduti. La salute fisica dei ragazzi - ha continuato Sirtori - oggi è eccellente. Anche l'epatite virale, negli ultimi mesi, è quasi scomparsa. L'~ercizio fì~ico e lo sport quando praticati per quanro ore alla settimana - si sono statisticamente dimostrati capaci di provocare un aumento in altezza dci ragazzi. Sulla libertà indiscriminata e incondizionata $irrori così si è espresso: «Può essere nociva: in alcuni casi il corsetto gessato è limitativo, ma guarisce 11. Il Prof. Sirtori ha concluso dicendo che la scuola sta mutando volto perché il ragazzo oggi ha una profonda, e spesso inconscia, sete di cultura, per aspirare ai più alti ' 'alori della vita. La contestazione dci giovani è, in reahà, una sfuriata d'amore per la cultura. Automobile ed antisocialità. L'enorme diffusione dei veicoli a motore non poteva non avere, come ogni importante modificazione dei modi di vita dell'uomo, una notevole ripercussione nel


campo della antisocialità. In genere l'attenzione del pubblico, quando si parla di rap-porti tra automobile ed anùsocialità, è polarizzata dal fenomeno della cosiddetta cri mi nalit.1 stradale; ma i rapporti tra automobile ed antisocialità vanno e~aminati anche in altri settori, in quanto il \'eicolo a motore inten·iene spesso come elemento essenziale nella configurazione di singoli reati comuni, costituendo mezzo, occasione cd oggetto di reato. Pertanto il tema dei rapporti trn automobile ed antisocialit~l of&e allo studio aspetti notevolmente diversi; di essi A. Pnolella ha voluto soffermarsi su taluni, essenzialmente su quelli della criminalità comune c di quella cosiddetta stradale, per sottolineare come lo :.tudio della personalità del colpevole possa offrire clemenli particolarmente interessanti nella ricerca dci mezzi più idonei a combattere le diverse notevoli con,eguenze sociali negatiYe dello wilu ppo della mo:orinazione. Dnl suo studio l'A. afferma che, più che l'indagine sugli aspelli oggetti\'i dei reati c quindi più che l'analisi minuziosa ddle circostanti aggra\·anti, è l'indagine sulla per'-Onalirà dei colpevoli che può dare clem enti utili per un'efficace profilassi sia dei reati comuni, comunque connessi con l'uso dei veicoli a motore. Secondo l'A. è opportuno segnalare che il giudizio di pericolosità deve derivare da un inquadramento diagnostico quanto più possibile preciso c.lella personalità differenziando anzitutto quelle con malattie cli mente da quelle più frequenti in cui il com portamento irregolare è dettato da moti vazioni psicologiche e distinguendo, in queste ultime, le irregolarità da motivazioni episodiche da quelle inquadrabili in personalità piì1 o m eno strutturate in quelle forme che sono a cavallo tra psicologia e psichiatria e che danno il più importante contributo alla antisocialità. Per la scarsezza delle ricerche sinora eseguite è forse prematuro elaborare precise proposte di norme efficaci in tema di profilassi. Tale situazione deriva anche dalla e:.trem:l difficoltà che si incontra in pratica per la raccolta di dati utili alla migliore conoscenza dei fattori individuali nella geoe~i dei reati connessi con lo sviluppo della motorizzazione. L'A. elenca taluni punti, che sembrano il minimo indispensabile per un programma di profilassi, che tenga conto dell'importanza delle caratteristiche delle personalità individuali e valga a portare un contribu to efficace al problema di diminuire in modo accettabile le notevoli conseguenze negative di un fenomeno, come quello dell'espandcr~i della motorizzazionc, che senza dubbio ha avuto notevoli ripercussioni positive nel progresso della società moderna. (da "Rassegna Medico - Forense, VJJ, n.

1, 2,

3; 8y).

Direttore responsabile· Ten. Gen. Med. Prof. T. SANTILLO Redattore capo: Magg. Gen. Mcd. Prof. C. ARcHtrru Autorizzazione del Tribunale di Roma al n. 944 del Registro TIPOGRAFIA Rt C IONALE - ROMA -

1972


BENZIDAMINA

la benzidamina ha una potente azione antinfiammatoria-analgesica che esprime un intervento a livello dei tessuti in funzione istoprotettiva. )

UNA ENTITA CHIMICA "UNICA" E INTERAMENTE NUOVA DELLE A. C. R. ANGELINI FRANCESCO


MARZO · APRILE 1972

·ANNO 122°- FASC. 2

GIORNALE DI

MEDICINA MILITARE PUBBLICAZIONE BIMESTRALE A CURA DEL SERVIZIO DI SANITÀ DELL'ESERCITO

DIREZIONE REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE MINISTERO DELLA DIFESA - ESERCITO - ROMA Spedizione in abb. post. - Gruppo IV


GIORNALE

DI

MEDICINA

MILITAR E

MINISTERO DELLA DIFESA - ESERCITO -

ROMA

SOMMARIO

BrANCALA:-.JA L.: La cura radicale del cancro del retto - sigma nella mia cspenenza

rog

~F.LCHIOh"D.-\

II)

E.: Medicina magica e medici magi .

SBARRO B.: Il problema della droga . PEtLEGRI- FoRMENl'INI U., Pov C.: E~perimc:nti su topi trattati ferolo e succc~sivamente sottopo:.u a panirradiazionc .

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con alfa - toco156

RECEYS/0,\'/ DA RIVISTE E GIOR\ALI .

169

SOMMARI DJ RIVISTE MEDICO-MILITARI .

177

XOTJZIARIO: Notizie tecnico- scientifiche F.' dannosa la televi,ione' - Televisori n colori e radiazioni - li piracct~rn nuovo farm:1cn utile in ogni formn di affezione cncdalicn • Azione di un C\tr.Hto di timo sulla lt•ut·n penia da irradi.t1.10ne tcrapeurica - L.1 cardiochirurgia io ltali<t - CJi,rna baritato emo· statico · !l gallio 67 per individuare tumori clinicamente silcnti - lkodor.mri per a~oeellc, pericolosi ai polmoni • Verso l'automatJOne imegralc dcii'Jtti\'Ìtà ~niuria in Italia • Il polmone dei la\Oratori del caffè - o.pedale modello a Roma (per cittadini amrrÌ· cani) • RealizZJto un nuovo filo di ~utura rias<orbibile, piìt t('nJcc del catgut • \n li .i <cientilica dcii 'agopuntura cinese • Le vaCCinazioni profilattiche nc~tli Stati Uniti • Siga rene e coronarie Il ri;chio coronarico • D1eci consigli contro l'inf :m o · Chirurgia d~lla spasricità - Una nuova sostanza per le malattie epatiche: la ~ilim~rina · Modell i per una alimentazione :mti,enilità, anticancro e antiarteriosdcrosi Semin~rio sulla teoria c la pratica de~li impianti a lamine dt Linkow - Lo spazio intcr\tcllare è fonte di vita?

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MARZO · APRILE 1972

ANN O 122 • fASC. 2

GIOR NALE DI MEDICINA MILITARE PUBBLICATO A CURA DEL SERVIZIO SANITARIO DEll'ESERCITO

OSPEDALE MlL!TARE PRINCIPALE DI VERONA

Direttore: Col. Med. Prof. Dotr. A. MAs TRoRJ.LLt

LA CURA RADICALE DEL CANCRO DEL RETTO~SIGMA NELLA MIA ESPERIENZA * Prof. Luigi Biancalana Clinico chirurgo emerito dell'Università di Torino

Il cancro del colon è ancora oggi una delle maggiori cause dì morte. Risulta da statistiche che, nel 1968, 73.000 americani erano ammalati di cancro del colon o del retto e che 45.ooo morirono. Il cancro del retto - sigma, che le statistiche dimostrano in aumento, è tra i tumori che attualmente hanno dall 'intervento chirurgico le più alte percentuali di guarigioni stabili. Come è tragico il ritardo della diagnosi che può compromettere questa stabilità lo è altrettanto l'aver sacrificato l'apparecchio di contenzione sfì.nterica, quando era risparmiabile. Quantunq ue si dica che Ja tempestività della diagnosi è espressione del livello di educazione del Paese, anche nei Paesi più civili i malati che arrivano alla diagnosi nel primo stadio del tumore della classificazione di Dukes, quando il neoplasma è ancora limitato alla parete del retto, sono in percentuale bassa, mentre più della metà dei pazienti vengono operati già con metastasi ai linfonodi. Troppo spesso sono sottovalutati i primi sintomi: le sensazioni di peso in sede perineale, o sacrale che si accentuano nella funzione intestinale, i disturbi d eli' al vo, le piccole emorragie, la sti psi , le alternative con la diarrea che hanno alterata una normalità che prima era completa e perché troppo spesso viene trascurata l'esplorazione digitale del retto che nella maggior parte dei casi renderebbe riconosci bili il tumore e la sua sede altri• Conferenza tenuta l'n dicembre 1971 presso l'Ospedale Mil itare Principale di Verona in occasione dell'inaugurazione del ciclo di aggiornamento tecnico scientifico dell'anno r971 - 72.


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mc;nti visibili per mezzo della retto- sigmoidoscopia. L'esplorazione digitale del retto è molto utile anche ai fini di un primo orientamento sulle indicazioni chirurgiche ai vari ripi d'intervento. A questi effetti bisogna tener presente che il dito introdotto nell'ano che riesce a toccare il tumore dà solo la lunghezza della corda dell'arco della concavità sacro- coccigea mentre per avere maggiore approssimazione sulla effettiva distanza del tumore dall'ano bisogna far seguire al dito la concavità sacro- coccigea. Il cammino percorso dalla chirurgia del cancro del retto- sigma in nn secolo è stato notevole: la prima tappa importante fu la conquista della radicalità ed è merito degli studi di Miles dei primi decenni del secolo attuale l'aver dimostrato che la diffusione del cancro avviene essenzialmente verso l'alto, lungo le vie linfatiche che seguono i vasi mesenterici inferiori. Di qui l 'indicazione alla colectomia sinistra col mesocolon per tutti i tumori di qualunque sede del retto- sigma. Già Miles sezionava l'arteria mesenterica inferiore sono l'origine dell'arteria colica sinistra per interrompere la via linf::ttica a livello del ventaglio mesenterico ed asportare i linfonodi preaorrici. Attualmente la maggioranza dei chirurghi seziona l 'arteria mesenterica inferiore più in alto alla sua emergenza dall'aorta, perché gli studi anatomici sulla circolazione arteriosa del colon hanno dimostrato che l'arcata di Riolano normale è sufficiente per la nutrizione del versante discendente dell'angolo sinistro del colon anche dopo l'interruzione della colica sinistra. Ma la mortalità operatoria per l'amputazione addomino- perineale era inizialmente altissima, più del 40 ° o . Per molti anni lo sforzo dei chirurghi è stato diretto a ridurla. mediante una esatta sistemazione della tecnica, la preparazione preoperatoria, il trattamento antibiotico diretto a ridurre la virulenza dei germi intesti nali. Ho detto dell'invasione per via linfatica, ma bisogna tener conto anche di quella per via venosa, molto variabile e che dipende dalle dimensioni e profondità della penetrazione del tumore e delle sue caratteristiche di accresci mento. Lo zelo dei patologi nella ricerca di questa invasione, la tecnica impiegata sono elementi che giustifi cano la variabilità dei dati riportati che van no dal I6°fc. al 6r 0 ,. . Ad indicare lo sforzo per ostacolare questa diffusione sta la pratica dei chirurghi di legare i vasi e soprattutto la vena mesenterica inferiore prima delle manipolazioni sul tumore. Si sa delle ricerche delle cellule ncoplastiche nel sangue dci portatori di tumori che cellule tumorali si trovano sempre nel sangue venoso che drena l 'organo di sede del cancro: è stato trovato che la legatura della mesenterica sbarra il passaggio nel sangue portale ma che cellule neoplastiche passano allora nel circolo cavale attraverso il plesso emorroidario inferiore. La carenza dei reperti autoptici degli operati di cancro e morti di mctastasi non ci conforta nei nostri sforzi verso una radicalità più specifica degli interventi.


I I I

La m.ia esperienza sul trattamento chirurg1co del cancro retto- sigmideo si basa su 700 casi di cui 500 operati radicalmente in un periodo di circa vent'anni. Gli interventi radicali praticati sono stati: l'amputazione acidomino- perineale secondo Miles, la resezione anteriore secondo Dixon, la resezione con invaginazione (pull- through). Le nostre indicazioni riflettono tma progressiva evoluzione dovuta all'esperienza. L'opcrabilità attualmente è alta, intorno al 77% dei casi. La mortalità media per i tre tipi di intervento è intorno al 4%. Le sopravvivenze a cinque anni sono del 65 %. Nel 67% dei casi è stata possibile una resezione conservatrice dell'apparecchio sfinterico. Prima dell'intervento bisogna procedere ad una reintegrazione delle quote proteiche ed elettrolitiche e correggere stati di anemia, ipovolemia ed ipovitaminosi. Misura fondamentale è quella di portare i malati all'operazione con l'intestino completamente libero mediante purganti, clisteri e digiuno. In caso di stenosi intestinale più o meno serrata bisogna fare una colostomia sulla metà destra del colon trasverso. All'infuori di questa indicazione o di complicazioni post- operatorie non associo alcun tipo di derivazione intestinale a scopo di protezione. Nella preparazione del colon attualmente non si tende più ad una sterilizzazione completa che può favorire le enteriti da stafilococco, ma ad una attenuazione della virulenza della flora batterica con l'uso di sulfamidici per bocca e poi di streptomicina e neomicina nei tre giorni che precedono l'intervento. Appare oggi più importante un'accurata detersione meccanica delle pareti intestinali che si ottiene con purganti a tipo non irritante quotidiani, a piccole dosi, con clisteri con sulfoguanidinici, e con un periodo di digiuno di 48 ore prima dell'intervento. Dimostrata la radicalità clell 'intervento di Miles dal numero maggiore di guarig1oni definitive e dalla riduzione delle drammatiche recidive locali ; contenuta la mortalità a cifre ridotte, l'amputazione addomino- perineale divenne l'operazione sistematica e di elezione. Ma pur avendo raggiunto gli obiettivi principaJi non corrispondeva all'ideale di mantenere l'integrità funzionale del malato con la ricostruzione della continuità intestinale e del controJlo dell'emissione delle feci. Peraltro erano subito apparsi l'eccesso e l'inutilità di una cos.ì vasta demolizione in tumori spesso abbastanza circoscritti. Il compito di questi ultimi vent'anni è stato quello di ragg1ungere quanto più possibile la conservazione ,del) 'apparecchio di contenzione sfinterica che viene sistematicamente sacrificato nell'intervento di Miles, e questo senza interferire con la radicalità dell' exeresi chirurgica. Bisognava quindi organizzare nuovi interventi, fissare esattamente in quali casi applicarli, in altre parole non fare delle possibilità tecniche le indicazioni cliniche.


I I2

Nell'amputazione addomino- perineale non vi è ragione di prendere in considerazione la diffusione sia pure limitata del tumore a valle, ma era necessario accettarla per gli interventi che conservano un tratto di retto con gli sfinteri. Senza intaccare l'estensione della demolizione mesenterico- intestinale a monte del tumore, bisognava in primo luogo controllare esattamente per quanti centimetri oltre l'apparenza macroscopica, il tumore si estende microscopicamente nella parete intestinale a valle. A queste ricerche microscopiche e cliniche abbiamo portato il nostro contributo. Il primo nostro compito è stato un confronto tra i risultati ottenuti dall'intervento di Milcs con quelli della cosiddetta resezione anteriore bassa di Dixon. I risultati sono stati controllati dopo cinque anni in un gruppo di cinquanta casi che per il tipo di malati, per la sede della lesione, per il quadro anatomo- patologico, per l'entità dell'invasione parietale erano del tutto simili ed avrebbero potuto essere wttoposti indifferentemente tanto all'amputazione addomino- perineale che alla resezione anteriore. Per l'esatta identificazione della sede del tumore anche sui pezzi chirurgici ci siamo serviti dello studio angiografico ed abbiamo scelto come punto di repere fisso la biforcazione dell'arteria emorroidaria superiore che non scende mai al di sotto di 14 cm di distanza dall'ano. I risultati a ci nque anni dall'intervento di questi cinquanta casi, di cui venticinque operati di Miles e venticinque di Dixon sono stati i seguenti: la sopravvivenza è stata del 57,2 °~ per l'amputazione addomino- perineale, del 68,3 % per la resezione anteriore. Quest'ultima ha qui ndi dimostrato una maggiore sopravvivenza, ma una piccola quota in più delle recidive locali; alcune dovute all'impianto del tumore sulla linea di sutura ed altre a difetto di resezione a valle del tumore, quantunque non rilevabile all'epoca dell'intervento. Il pericolo di insemenzamento per parte di cellule neoplastiche a monte e a valle del tumore è reale c così sembra effettiva l'utilità di legare con una fettuccia l 'intestino sopra e sotto e di irrigare con soluzione fisiologica il lume. Non è stata dimostrata l'utilità di impiegare soluzioni antimitotiche. Questi dati ed uno studio istologico seriato del moncone rettale a valle del tumore ci hanno insegnato ad asportare ne11a resezione anteriore almeno cinque centimetri di retto sotto il cancro. Nelle complicazioni post- operatorie il Dixon denuncia una certa labilità nella tenuta della anastomosi (fistole temporanee) per difetti di vascolarizzazione e per l'assenza del peritoneo. E' evidente che asportando cinque centimetri di intestino al di sotto del tumore se questo non è piuttosto alto, in modo che il moncone residuo del retto sia lungo una decina di centimetri potrà wffrire di un difetto di irrorazìone sanguigna per l'interruzione delle artene emorroidarie medie affidate solo all'apporto delle emorroidarie inferiori. E' anche dimostrato che quan<lo si sutura un segmento intestinale munito eli sierosa, acl un altro che ne è privo,


il processo di cicatrizzazione è lungo e richiede un periodo di 15-20 giorni per essere in grado di resistere a distensioni e trazioni. Mi è sembrato di poter ovviare ai difetti nei quali si può incorrere con la resezione anteriore impiegando nei casi al limite un altro intervento, il pull - through, la resezione con invaginazione del colon nell'ultimo tratto del retto con gli sfinteri. Con questa operazione si può estendere maggiormente la resezione in basso, .dirò anzi che tanto più breve è il moncone rettale, maggiore sarà la garanzia di evitare la stenosi rettale. La sopravvivenza a cinque anni in questi casi è stata del 72 °~ . Il problema più importante è qui quello della vascolarizzazione del moncone superiore del colon. E' un problema che non esiste nell'intervento di Miles nel quale si pratica la colostomia definitiva sinistra e così pure nella resezione anteriore nel quale l'anastomosi con il colon trasverso è vicino all'arcata di Riolano tant'è che non essendovi la necessità di un lungo moncone colico da abbassare, spesse volte si può conservare anche l'arteria colica sinistra. La condizione è molto diversa nel pull- through che richiede un lungo moncone colico che deve superare l'ano e fuoriuscire all'esterno. Bisogna qui non solo legare l'arteria mesenterica inferiore all'emergenza dell'aorta ma sezionare anche la colica sinistra e controllare che l'arcata di Riolano sia lunga e normale. Mobilizzato quindi il colon discendente dalla lamina di Toldt si prosegue nello scollamento esangue dell'angolo sinistro del colon e nel distacco colo- epiploico sino all'angolo destro. Sollevando il colon si controlla con la trans- illuminazione la normalità del!' arcata di Riolano e con la sezione della vena mesenterica e delle arterie mesenteriche e col ica sinistra si potrà disporre di un moncone di colon lunghissimo e ben vascolarizzato. Secondo lo studio anatomico di Imperati nel 15% dei casi vi è un'arteria anomala che non si può sezionare che nasce dall'arteria colica media che portandosi all'angolo sinistro del colon può in alcuni casi ostacolare la rettifìcazione del colon trasverso che qualche volta è anche trattenuto dalla brevità della stessa colica media. In questi casi bisogna ricorrere ad altri accorgimenti, mobilizzare anche il colon ascendente o piuttosto mutare indirizzo. All'infuori di una tecnica delicata ed accurata e del rispetto degli accorgimenti accennati per mantenere la vitalità del tratto di colon invaginato non si può dare una garanzia assoluta dal pericolo di una necrosi che però interesserà solo il tratto esterno di colon e che può essere .dovuta a trombosi della arteria marginale (arteriosclerosi). Generalmente resta perfettamente nutrito anche il tratto di colon che sopravanza il m:oncone del retto everso. H o detto che è meglio che quest'ultimo sia breve ma non meno di 4- 5 centimetri per non compromettere la funzione d i contenzione che è generalmente completa in un periodo di due mesi. In una decina di giorni si stabilisce un solido coalito tra il moncone rcttale evaginato ed il colon invaginato per cui sezionata la parte ccceden-


te si otterrà spontaneamente o manualmente la riduzione al di sopra dell'ano. Lo studio preliminare ha con le dovute eccezioni orientato le nostre indicazioni ai tre tipi di intervento; pratichiamo la resezione anteriore nei cancri che oltre ai caratteri adatti hanno il margine inferiore non al di sotto di 14 centimetri dall'ano. Il tumore in questi casi corrisponde alla zona della biforcazione dell 'arteria emorroidaria superiore. Impieghiamo la resezione con invaginazione nei tumori che arrivano più in basso intorno ai nove centimetri dall'ano. In tutti gli altri casi di cancro situato ancor più vicino all'ano, l'amputazione addomino- perineale costituisce la regola. L'esperienza ed i buoni risultati a distanza ottenuti mi hanno progressivamente indirizzato verso un più largo impiego del pull - through. La percentuale dei casi operati con questa tecnica si è elevata corrispondentemente alla riduzione che ha subìto la percentuale dei Miles. La percentuale dei disturbi urogenitali che seguono al Miles è dimezzata con gli altri interventi. Gli interventi di resezione anteriore e di resezioni con invaginazione si prestano al controllo rettoscopico che nei primi due anni dall'intervento facciamo ogni tre mesi. Abbiamo così potuto scoprire e tempestivamente rioperare quattordici casi di recidiva ed otto di questi sono vivi da tre anni. Una malata operata prima di resezione anteriore è stata rioperata di resezione con invaginazione ed infine di Miles ed è così sopravvissuta cinque anni alla recidiva. Debbo dire che sono parecchi i casi di recidiva provenienti da altre sedi che ho potuto rioperare radicalmente anche salvando la contenzione sfinterica. In complesso anche la chirurgia radicale del cancro del retto ha realizzato in questi ultimi anni qualche progresso col preservare l'apparecchio sfinterico, quando la sua demolizione sarebbe eccessiva ed inutile e sacrifìcandolo solo quando rappresenta il prezzo della vita.

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BIANCALANA

vol. II.

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DIREZIO:--'E DI S.-\:-111 .\ Dl:.LLt\ REGJO:-IE MIUTARI' DELLA SICILIA

Duettore: Majl)!. Gen. ;\kd. Prof. E. ;\hu;HIO"D'

MEDICINA MAGICA E MEDICI MAGI * Prof. E. Melchionda

Fatti non fosu a Vlt'(r com( bruti, ma pa uguir virtut( ( conosunza.

Avrei potuto dare come titolo a questa mia conversazione: « La magia ed i magi », ma ho preferito rendere aggettive queste due espressioni e parlare di cc Medicina magica » e di << Medici magi » per due considerazioni: 1) parlare di magia c di magi sarebbe stato per me un compito piuttosto presuntuoso che mi avrebbe obbligato ad entrare in argomenti non congeniali alla mia specifica professione; 2) non frequenti sono state nella storia le espressioni magiche che non abbiano finito con l'avere un 'applicazione medica. N e è esempio chiaro, fra le altre dottrine, l'alchimia che si è conclusa, ad opera specialmente di Paracelso, con l'arricchire la farmacopea medica di sostanze ad azione curativa, come ad es. il piombo, il mercurio e 1'antimonio; inoltre gli alchimisti, questi progenitori della moderna chimica, sfumato il sogno, non completamente ingenuo, ·della trasmutazione di un metallo vile in oro ad opera di una misteriosa pietra .filosofale, hanno ritenuto poi di applicare questa ad un altro sogno, anch'esso non completamente ingenuo, a quello del prolungamento della vita umana, creando i ben noti <c elixir di lunga vita », così cari al pubblico grosso, e non solo a questo. In realtà, se l'uomo desidera la potenza sugli altri uomini ed il dominio delle forze avverse della natura, se desidera la ricchezza per potere esplicare la sua potenza, vuole soprattutto essere sano in salute e vivere senza sofferenze, perché queste riducono e perfino annullano ogni capacità di potere e di dominio. << Senza di te tutto è inutile all'uomo », cantò Orfeo nell'Inno alla salute. Sono questi i motivi perché la magia si è pressoché sempre manifestata come medicina magica e perch é i magi sono stati contemporaneamente medici. '" Conferenza renuta aii'Ospe<.lalt: \lilitare di .\ties~ina il 20 dicembre 1971.


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Sin da quando l'uomo ha fatto la sua comparsa sul nostro pianeta, egli si è trovato in presenza di realtà e di fenomeni che lo hanno stupefatto ed intimorito. Erano realtà al di fuori di lui e grevi di una potenza misteriosa le montagne, i fiumi, le sorgenti, i mari; erano fenome ni terribili i fulmini, le tempeste e tutte le manifestazioni meteorologiche dalle quali non sempre poteva difendersi, il primitivo « homo faber » dal pollice apponibile. Fra le tante leggende, si racconta perfino che Aristotele, ritenendosi incapace di penetrare con l'indagine la natura misteriosa della marea deii'Euri po, si sia gettato a capofitto nei suoi gorghi, esclamando: << Aristotele non afferrò l'Euripo, l'Euripo afferrerà Aristotele >> . Soprattutto pieni di « sacer terror >> gli si presentavano, all'uomo primitivo, i boschi, con gli alberi giganteschi forniti di una vita senza cifre c che potevano resistere alla violenza brutale degli elementi della natura. Vi è testimonianza di questa « sacralità » dei boschi e degli alberi in tutte le religioni. ella religione persiana, la dea Ameretap, la dea della lunga vita, fece nascere l'Albero di tutti i semi che cresceva al centro di un lago ed al suo fian co l'Albero miracoloso che guariva tutti i mali, l'Albero dell'immortalità, insidiato dallo spirito maligno. E nella « G<"nesi » è scritto: << Mangia di qualunque albero - disse il Signore ad Adamo - ma dell'albero della scienza del bene e del male non mangiare, perché in qualunque giorno tu ne avrai mangiato, di morte morra1 >> . Era molto diffusa, presso certi popoli nordici, la consuetudine di append~re agli alberi vestiti ed oggetti appartenenti a malati per attenerne la guarigione o, come presso i Celti dell'antica Scozia, per propiziarsi la divinità. Presso tanti popoli si è usato, e presso alcuni si usa ancora, amministrélre la giustizia sotto una quercia. Non dimentichiamo la diffusione fra i popoli anglo-sassoni, cd ora anche fra noi, dell'albero di Natale che pare stia soppiantando il francescano Presepe. Poi l'« homo faber » diventò c< homo sapiens >> : egli che aveva imparato a misurare le distanze, concepì l'Infinito; egli che aveva imparato a misurare il tempo, concepì l'Eterno; egli che aveva imparato a muovere i massi, concepì l'Onnipotente; egli che aveva cominciato a conoscere il mondo che lo circondava, concepì l'Onnisapiente, il Trascendente. Ma il suo sgomento nasceva soprattutto quando il suo corpo si ammalava, misteriosamente, senza alcuna causa apparente, e perfino cessava di vivere. Chi, se non una divinità poteva essere la causa delle sue sofferenze? Mala- tia o Ma/a- dia o Mala- dea, la dea cattiva, fu chiamata la sofferenza dell'uomo. Chi, se non la stessa divinità poteva liberarlo da es~e? Sorse così la u medicina teurgìca >> . Come rivolgersi alla divinità per implorarla della guarigione, chi potevano essere gli uomini più qualificati per raggiungere la divinità, gli inter-


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cessori, se non i sacerdoti, gli unici che sapevano i riti propiziatori, gli unici che potevano stabilire il colloquio con l'Ente Supremo? Sorse così la « medicina sacerdotale>>. La storia dei popoli è piena di questa origine divina della medicina. Tanti secoli fa l'imperatore della Cina, Shen Nung, considerato l'inventore dell'agricoltura e della medicina, era ispirato dal dio P an Ku ed anche ispirato dal dio fu Hua T'o, il celebre chirurgo cinese. Tanti secoli fa il re assiro- babilonese Hammurabi impara la medicina da Ea, la divinità medica per eccellenza. In India, Dhanvantari, l'Asclepio Indù, nato dalla schiuma dell'oceano di latte, mosso a compassione dei mali dei mortali, volle nascere sulla terra come principe di Benares e, ritiratosi nelle foreste come un eremita, secondo l'usanza degli antichi principi ìndù, dettò il suo « A yur V eda » a Susruta, il celebre chirurgo della plastica nasale e della sutura dell'intestino. E ' interessante ricordare che questo geniale chirurgo indù si servl di grosse formiche rosse vive per suturare l'intestino ed in particolare delle loro grosse mandibole simili a pinze; in seguito egli poi recideva il corpo degli insetti all'altezza del torace. Può sembrare, questo metodo, una semplice curiosità, ma in realtà Matteo Goffredo Purmann (1648- 172r), chirurgo militare del Grande Elettore dì Prussia, lo criticò solo per la difficoltà di approvvigionamento invernale delle formiche ed un chirurgo militare turco lo praticò con successo nella campagna del r82r! Nella storia egiziana è la vo1ta del grande medico Imhotep, costruttore di piramidi , che fu divinizzato ed identificato dai Greci con Asclepio. E' noto a tutti il mito greco di Asclepio che si trasformò in quello romano di Esculapio. Figlio di Apollo e della ninfa Coronide, fu allevato dal Centauro Chirone e da lui istruito nell 'arte della medicina, diventando un medico famoso, abile specialmente nell 'uso delle erbe mediche. Quando il tragico fìglio di Teseo, Ippolito, fu travoho mentre guidava il cocchio sulla riva del mare dai cavalli spaventati da un toro furioso fatto uscire dal mare da Posiclone per richiesta dello stesso padre T eseo, sobillato dail'erotismo insoddisfatto di Fedra, Asclepio lo risuscitò. Con l'aiuto di un'erba indicatagli dal serpente, egli, di ritorno dalla spedizione degli Argonauti, risuscitò il giovane figlio di Minosse, Glauco, che era morto affogato cadendo in un barile di miele. Gli Inferi l.o accusarono presso Giove di operare quello che un uomo non avrebbe dovuto fare e Giove lo fu lminò; successivamente, però, ammirato da tanta abiJità, lo tramutò in una costellazione che dal serpente che gli era sacro fu detta « Ofiuco » o (( Serpentario ». Questo il ~ito di Asclepio: origine .divina; questa la fine <.lell 'uomo medico. Ma l'empio tiranno di Siracusa, Dionigi il Vecchio, volle deridere questa origine e, in una spedizione contro la Grecia, strappò la barba d'oro ad una statua del divo Asclepio, trovando ingiusto che il .figlio fosse barbuto prima del padre (Apollo, come è noto, fu sempre ritratto imberbe).


JI8 E' interessante qui ricordare che Asclepio ebbe come moglie Epione, la mitigatrice dei dolori, come figlie Giaso, la guaritrice, Igiea, la conservatrice della salute e Panacea, la risanatrice di tutti i mali. Soprattutto storicamente famosi furono i due figli Macaone e Podalirio, i grandi medici della guerra di Troia, chirurgo il primo e medico il secondo. Il secondo, Podalirio, dopo la caduta di Troia, capitò nel mio Gargano, dove fu ritenuto medico di grande valore, se Pico della Mirandola, nello << Strix », affermava che i medici calabri ed a.pulì solevano addormentarsi presso il sepolcro <.li Pooalirio per cogliere dai sogni le notizie sulla cura da praticare. Ovidio, vantandosi di essere un grande amatore, disse che lo era tanto quanto grande era stato Podalirio nell'arte medica ed Automedonte in quella di guidare il cocchio(« Quantus apud D anaos Pooalirius arte medendi- Automedon curru, tantus amator ero»). Questo, dell'Ira di una divinità contro un uomo che donava agli uomini quello che era solo in potere degli dèi, ma che poi la divinità stessa assumeva in cielo, non è singolare per il mito di Asclepio. Anche Prometeo, l'uomo che aveva compreso come far nascere il fuoco ed aveva donato agli uomini questa prima scintilla della sua civiltà, fu in un primo tempo crocifisso su di una rupe del Caucaso da Giove incollerito e fu poi da questo liberato tramite Ercole ed assunto fra gli dèi. Il mito di un uomo che si ribella al volere <Iella d ivinità, ma che poi dalla divinità stessa viene purificato del suo peccato, è adombrato anche nella religione biblica, nella quale è detto che Adamo volle mangiare, ispirato dal serpente, dell'albero della conoscenza del bene e del male e fu espulso dal paradiso terrestre, condannato, non solo al lavoro, ma soprattutto alla morte eterna. Fu necessaria la crocifissione di Cristo per mondarlo di questo peccato, di Cristo che disse: « Io sono la resurrezione e la vita. Chi crede in me, quand'anche fosse morto, vivrà e chi vive in me non morrà in eterno ». Nella religione biblica è il Signore direttamente che insegna a Mosè e ad Aronne le leggi dell'igiene, di cui si legge nel << Levitico ». Medicina teurgica, quindi, nell'origine di quest'arte e pertanto medicina sacerdotale, anche se con Shen Nung, con HanmlUrabi, con Susruta, con Imhotep, con Asclepio, cominciano a sorgere i primi uomini medici che, pur se ispirati ed istruiti dalla divinità, svolgono la loro arte medica con l'aiuto di sostanze, soprattutto erbe, nate in quel grande laboratorio farmacologico che è la Natura. Me·dicina teurgica e sacerdotale, soprattutto nel popolo ebraico, cioè monopolio dell'arte medica, di ispirazione divina, anzi per intervento diretto divino : « Io solo, il Signore, sono il tuo medico». cc Onora il medi.co, a motivo del tuo bisogno, perché è il Signore che l'ha creato. Dall'Altissimo infatti viene ogni guarigione». cc Figliuolo, nella tua malattia non trascurar te stesso, ma prega il Signore ed Egli ti guarirà))' è detto nell' « Ecclesiastico ». Medicina teurgica e sacerdotale monopolistica, quella ebraica, depositaria ed intermediaria della volontà del Signore, che a volte finisce con l'avere il sa-


pore di sortilegio, come appare in molte delle invocazioni dei cc Salmi >> . Ed invero es a fu l'unica, rispetto alle altre, che, per il suo estremo irrigidim ento, non contribuì gran che alla nascita ed al progresso della medicina laica, a differenza, ad es., della medicina religiosa greca, dalla quale sorse la più gloriosa delle medicine laiche dell'antichità, la medicina .di lppocrate. Era consuetudine, infatti , c forse persino una regola, che all'ingresso dei templi dedicati ad Asclepio fossero esposte, a cura dei sacerdoti, delle tavolette ex- voto dei malati miracolati in sogno dal dio, nelle quali erano incisi i si ntom i delle singole malattie e la terapia messa in opera, un vero e proprio trattato di patologia medica e chirurgica, che ci ricorda il « Bureau des Constatations » di Lourdes. Famoso era, fra gli altri, dopo quello di Epidauro, il tempio di Coo, dove il giovane lppocrate consultò le tavolette e poté così costruire la sua medicina che ha ancora oggi valore di attualità, perché rutta basata sulla osservazione e sul ragionamento. Mentre la chirurgia nacque quindi sui campi di battagli a, la m edicina interna ebbe ini zio all'ombra dei templi. E questi, come poi tutti i santuari, erano costruiti in posizione amena, ricchi di verde e di acque, spesso termali o comunque minerali. Ad Epidauro vi era un teatro dove la musica confortava i nervi e perfino uno stadio, dove si svolgevano i cosiddetti giuochi della salute che incoraggiavano i malati ed attraevano i convalescenti. Il riposo, i bagni, il godimento del sole e delle ombre ristoratrici richiamavano e blandivano le stanche forze della vita, mentre le opere d'arte e le bellezze naturali rallegravano gli spiriti. Quanta somiglianza con le moderne cosiddette cc Case di Salute>> che invano però riescono ad uguagliare la genial ità e la sapienza artistica degli antichi Greci ! N ella m edicina sacerdotale si usano le erbe e gli unguenti , ma è soprattutto il toccamento che ha valore taumaturgico. Ricordiamo l'episodio del profeta Elia che risuscita il fi glio della vedova di Sarefta, per la quale egli aveva già operato il miracolo del pane e dell'olio, così come è riferito nel 3° Libro dei Re: c< Avvenne poi ... che si ammalò il figlio della donna ... e la malattia era così forte che non restava più in lui respiro ... Le disse Elia: " Dammi il tuo figlio " . Lo prese quindi dal seno di Ici, se lo portò nella camera dove stava, lo pose sul letto ... E si distese e si misurò sopra il fanciullo, per tre volte successive, gridando al Signore c dicendo : " Signore Dio mio, deh, fa che torni l'anima di questo fanciullo nelle sue viscere". Ed il Signore esaudì la voce di Elia e l'anima del fan ciullo ritornò in lui ed egli rivi sse)). Ancora più impressionante è la descrizione di un miracolo identico operato dal profeta Eliseo sul figlio della Sunamita, colpito da un colpo di sole mentre era con i mietitori ; esso è riferito nel 4o Libro dei Re : " Entrò dunque Eliseo nella casa. 1l fanciullo morto giaceva sul suo letticciolo. Entrato, chiuse la porta dietro di sé e dietro al fanciullo e pregò il Signore; poi ascese sul letto, si distese sopra il fanciullo, pose la sua bocca sulla bocca di lui, i suoi occhi sugli occhi di lui e le sue mani sulle sue mani


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e, distesosi sopra di lui, la carne del fanciullo si riscaldò. Allora si ritrasse, si mise a passeggiare nella casa di qua ed in là, poi di nuovo ascese e si curvò sopra il morto ed il fanciullo sbadigliò sette volte cd apd gli occhi » . Non penso che sia necessaria molta fantasia per vedere in questa manualità la pratica della respirazione a bocca a bocca, così di moda in questi tempi. Il rito del toccamento taumaturgico per operare la guari gione di gravi malattie si è conservato nel tempo, tanto da diventare una prerogativa dei re. Il primo esempio di re guaritori, almeno in occidente, ci è tramandato da Plinio nella sua << Naturalis Historia n : Pirro, re deli'Epiro, aveva lo speciale potere di guarire mediante il tocco dell'alluce destro le persone malate di milza; questo alluce era certamente fatato, poiché, quando il re fu dovuto cremare dopo morto, questa sua parte del corpo rimase incombusta e fu sepolta in un tem pio. Tacito ci ha tramandato un episodio m iracoloso della vita di Vespasiano: nell'anno 6<), questi era stato proclamato dalle sue legioni imperatore e gli furono presentati ai piedi del trono due malati, uno cieco ed uno che aveva una mano paralitica. L'imperatore avrebbe dovuto guarirli sputando negli occhi del cieco e ponendo il piede sulla mano paralitica. Vespasiano non era proclive a credere nei miracoli, ma i cortigiani lo convinsero col ragionamento che, se i malati guarivano, la gloria sarebbe stata tutta sua, mentre, se avveravasi il contrario, i derisi sarebbero stati i malati. I miracoli avvennero e Tacito conclude, non poco caustico: << Coloro i quali hanno assistito a questi fatti ce li raccontano ancora oggi, pur non potendo più trarre alcun beneficio della loro m enzogna ». Anche l'imperatore Adriano, sempre secondo Tacito, avrebbe avuto la virtù taumaturgica di sanare gli idropici col sem plice tocco delle dita. Ma prerogativa taumaturgica del tocco delle loro m an i fu soprattutto quella dei re di Inghi lterra e di Francia, dove Luigi IX, il santo delle Crociate, esclamava, imponendo le mani sui malati : « L e Roi te touche, Dieu te guérit ». Si vede però che non sempre i miracoli avveruvano, perché, già nel '6oo e nel '700, gli stessi re di Francia avevano apportato una modificazione alla loro &ase sacramentale, mutamento quasi insignificante per il suono delle parole, ma sostanziale per il significato psicologico: « Que Dieu te guér1 sse, le Roi te touche ». Ma la fede popolare non veniva meno e Lui gi XVI, nel giorno della sua incoronazione che gli doveva essere fatale, nel 1775· toccò ben 2.400 malati. E ben maggior meraviglia reca sapere che, alla festa della sua incoronazione nel r82 , Carlo X toccò 121 malati che gli erano stati presentati nientemeno che dai famosi m edici Alibert e Dupuytren! Mi sono non poco dilungato in questa mia esposizione, frammentari a e forse anche disordinata, della medicina teurgica e sacerdotale, ma in realtà è ad esse che bisogna risalire per inquadrare meglio nella storia della medicina la figura del medico mago. Anzi , per meglio comprendere ancora questa


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così tormentata e mal intesa figura di medico del passato, bisogna ancora una volta rifarsi alla storia delle religioni ed a quella biblica in particolare. Nell' cc Esodo » è detto che, durante la schiavitù degli Ebrei in Egitto, il Signore diede a Mosè e ad Aronne una verga con la quale potevano operare dei miracoli tali da indurre il Faraone a mettere in libertà il popolo di Israele. La prima volta Aronne gettò la verga innanzi al Faraone e questa si mutò in serpente. Allora il Faraone chiamò dei « magi », i quali fecero a11ch' essi lo stesso. La seconda volta Aronne, alzando la verga innanzi al Faraone, percosse l'acqua del fiume e questa divenne sangue. Ma i « magi » egizi fecero lo stesso. La terza volta Aronne stese la mano sulle acque di Egitto e ne uscirono rane che coprirono tutta la regione ed anche questa volta i cc magi » fecero lo stesso. La quarta volta Aronne, tenendo la verga, stese la mano e percosse la polvere della terra e questa si trasformò tutta in zanzare, ma questa volta i « magi » non riuscirono ad operare il miracolo c dissero al Faraone: << Qui v'è il dito di Dio >>. Prima di commentare questi episodi, scorriamo ancora la Bibbia dal Vecchio al Nuovo Testamento c leggiamo in Matteo: cc Nato Gesù in Betlemme di Giuda. al tempo di re Erode, alcuni "magi", venuti dall'Oriente, giunsero a Gerusalemme e chiesero: "Dov'è nato il re dei Giudei? Perché noi abbiam veduto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo" ... ed entrati nella casa, trovarono il bambino con Maria sua madre e, prostrarisi, l'adorarono; aperti poi i loro tesori, gli offrirono in dono oro, incenso e m1rra ... ». Ecco due episodi in cui nella Bibbia, scritta tanti secoli fa, si fa menzione di « m agi ». Chi erano allora questi uomini così sapienti e circondati da tanto rispetto? Non certo stregoni o negromanti, cioè cultori di magia nera, non fattucchieri e tanto meno ciarlatani c comunque non uomini sapienti che disprezzavano la divinità, superbi e gonfi del loro sapere e del loro potere. I magi del Faraone non erano dei sacerdoti ; infatti, nella costituzione sociale di quel tempo, il mago affiancava con una attività ufficialmente riconosciuta quella dei sacerdoti e degli altri dignitari. Erano dei sapienti, anzi tanto sapienti, e quindi tanto saggi, che, dopo avere ripetuto per ben tre volte l'esperimento di Aronne, e non certo per opera soprannaturale (ripeto, non erano dei sacerdoti), infine, proprio a confermare la loro cc pietas », cioè il loro senso religioso nel riconoscimento di una potenza divina supcrjorc a quella umana, hanno esclamato la quarta volta: <t Qui vi è il dito di Dio ». Ad ulter;orc conferma dell 'accezione di rispetto che presso gli Egizi aveva la parola magia, nel papiro di Ebers si legge l'invocazione: « O Iside, tu che sci la gran Maga >>. Iside, che veniva rappresentata con in testa le foglie dell' Albero della Vita, le due abenule a forma di corni e, in mezzo, il corpo sferico della pinealc, mentre nella mano destra porta la chiave del mistero cd in quella sini stra la bacca del papavero.

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E veniamo ai magi del tempo <li Gesù, venuti dall'Oriente. Quale maggiore « pietas » in questi sapienti orientali, astronomi ed astrologi, che vengono in terra di Giuda per adorare il Redentore ed offrirgli i loro doni, cioè i segni della loro sapienza? Scrisse Giovan n i Papi n i nella sua « Storia di Cristo» : (< I Magi non erano re, ma erano, in Media ed in Persia, i padroni dei re. I re comandavano i popoli, ma i Magi guidavano i re ... Possedevano i segreti della scienza ... In mezzo ad un popolo che viveva per la materia rappresentavano la parte dello spirito. Era giusto, dunque, che si venissero ad inchinare dinanzi a Gesù. Dopo le bestie, che son la natura, dopo i pastori che sono il popolo, questa terza potenza - il sapere - si inginocchia alla mangiatoia di Betlemme ... I sapienti si inginocchiano dinanzi a colui che sottometterà la scienza delle parole c dei numeri al.la nuova sapienza dell'amore. I Magi a Betlemme significano le vecchie teorie che riconoscono la definitiva rivelazione, la scienza che si umilia dinanzi all'innocenza, la ricchezza che si prostra ai piedi della povertà >>. Democrito, il filosofo << medico- mago >> di Abdera, riferì che, dopo aver frequentato nei suoi lunghi viaggi i m agi persiani, arabi ed etiopi, era venuto in possesso di incredibili cognizioni sulle virtù <Ielle erbe. Ecco allora la vera accezione della parola << medico- mago )) . Sono uomini che, avendo imparato a conoscere alcune leggi della natura, alcune proprietà di alcune erbe e comunque di alcune sostanze e manovre capaci di influenzare beneficamente le malattie degli uomini, operavano, come dice l'ètimo della loro parola, cose « grandi )) . Ed aderisco in pieno al pensiero di Adalberto Pazzini, al quale sono grato per avermi dato lo spunto di queste mie riflessioni. La concezione magica ha origine dalla medicina empirica. Plinio ~crisse che nessuno pone in dubbio che la magia sia nata dalla medicina, e Platone, nel << Charmides », volle suggellare con l'autorità del suo pensiero: << La magia è medicina dell'anima, dato che per essa si acquista la temperanza dello spirito e, con ciò, la sanità del corpo» . Cose « grandi )) operavano i medici- magi, ma rientranti nelle leggi della natura che essi andavano via via imparando con l'osservazione ed il ragionamento. iente di soprannaturale, nessun ricorso all'intervento di forze divine e tanto meno <li spiriti maligni, come avvenne poi nella negromanzia o magia nera. E ssi furono, nella medicina, quel che furono gli alchimisti per la chimica. Erano << uomini che per un certo afflato divino eccellevano sugli altri ed avevano esercitato egregiamente il loro spirito, uomini cioè essenzialmente dotati di un che di immortale che costitul la fonte donde scaturì l'invenzione », come ebbe a <lire Apollonia di Tiana nel I sec. d.C., in una discussione con il gimnosofista Tespesione. Dallo stesso ceppo della constatazione delle leggi naturali dalle quali si rafforzò il culto religioso, derivò una utilizzazione che, non religiosa, ma


umanamente razionalistica, diede ongme alla magia. Il cc mago>>, identificato, nelle leggi, il mezzo con il quale si effettua la volontà del Trascendente, se ne appropriò per possedere la conoscenza del bene e del male. Le « leggi magiche >> sono leggi naturali di cui l'uomo si impossessò anche allo scopo di dirigere a proprio talento i fenomeni della natura. La medicina magica è l'inizio della scienza, basata sugli stessi principi, attuantesi con la stessa modalità di questi, aspirante agli stessi scopi della medicina religiosa, solo differenziantesi da essa per i mezzi usati. E' interessante, anche se non poco strano, quanto ebbe a scrivere Scribonio Largo in una lettera a Caio Giulio Callisto: << Si dice che Erofilo, stimato un tempo fra i massimi medici, ritenesse la medicina dono degli dèi immortali: ed a mio parere, non senza ragione, perché le azioni divine possono produrre risultati esattamente identici a quelli raggiungibili con la medicina comprovate dall'uso e dall'esperienza >> . Mago e scienziato si trovano quindi in un certo semo sullo stesso piano, pur se l'apparenza attuale distanzi l'uno dal.l'altro in maniera tale ,d a non poter scorgere l'intimo legame che li identifica. Anche il modo con il quale furono formulate idealmente le prime leggi naturali è identico a quello che la scienza approva e cioè la maniera induttiva. Il medico- mago può considerarsi come l'anello di congiunzione dal medico- religioso al medico- scienziato. l medici- magi operarono in una società nella quale due altri componenti interferivano: i sacerdoti cd il popolo. I primi, con le loro conoscenze e con le loro capacità taumaturgiche, si sentirono come defraudati ed in parte anche smenti ti ·da questi uomini che riuscivano ad operare cose gran diose con le sole forze del loro intelletto, senza l'intervento diretto della divinità e senza il pedissequo cerimoniale da essi imposto. Il secondo, il popolo, non concepiva che uomini, e solo tali, potessero operare cose tanto grandi da superare la sua comune concezione del possibile, per cui certamente dovevano servirsi di spiriti superiori da loro asserviti con formule e sorti legi noti ad essi soli. La prima accusa mossa ai medici- magi fu quella di empietà. La legge degli Ebrei, che pur provenivano dall'Egitto, vietava rigorosamente l'uso della magia. Anassagora, medico e filosofo, che alternava le sue elucubrazioni sul <c Nous >> c sulle <c omeomerie )) 1 così care ad Aristotele e poi a Democrito e ad Empedocle, con le dissezioni anatomiche degli animali, fu accusato cli empietà cd espulso da Atene. Democrito di Abdera che, quasi precorrendo il precetto di Cristo, si dice che si sia privato volontariamente della vista, pensando con ciò di liberarsi degli allettamenti del senso, dato che non poteva vedere una donna senza desiderarla, fu ritenuto pazzo e ci volle l'autorità di Ippocrate per liberarlo di questa accusa e per considerarlo anzi simi le ad un dio ed il più sapiente dei mortali.


Pietro D'Abano, che insegnava medicina a Padova nel lontano '2oo, detto il « Conciliatore>> perché tentò <ii conciliare la filosofia con la medicina, benché si dichiarasse ripetutamente avverso alle pratiche magiche, ebbe nome di grande astrologo e di mago possente per avere operato fatti miracolosi da lui compiuti con l'aiuto del demonio e fu per ben due volte accusato all'Inquisizione; la seconda volta, nel r3r5, il processo si svolse mentre era gravemente infermo, sì che il verdetto di condanna al rogo fu emesso dopo la sua morte c fu ordinato che esso fosse eseguito sul suo cadavere. Fu fortuna, per l'Inquisizione, che ci si dovette limitare a bruciarne pubblicamente l'immagine, perché la fedele domestica Marietta riusd a sottrarre le spoglie del suo padrone. In realtà bisogna converure che il popolo della classicità fu più generoso verso i m edici del tempo, ricono~cendo loro la qualifica di medici -magi, ma onorandoli come divinità. Ippocrate di Coo era un comune mortale, anche se di intelletto superiot e. Eppure il popolo volle dargli una discendenza da Giove per parte di ambo i genitori e gli conferì gli stessi onori decretati ad Ercole per avere liberato Atene da una pestilenza che egli aveva perfino predetta. Ed in realtà, come si poteva non dare a questo m edico la qualifica di divino, quando scriveva a D emocrito che quanti curano per mercede costringono alla schiavitù le scienze che per loro natura sono libere, precedendo la santità di Cosimo c Damiano, i Santi Anargiri così cari_ al Beato Angelico? E quando diceva: « Chi vuoi essere libero, non desideri ciò che non può avere» ... « Chi vuoi avere ciò che desidera, desideri ciò che può avere» ... <<Chi vuol trascorrere questa vita in pace ed in serenità, si comporti come il convitato che ringrazia per oglli cibo offerto e non si lamenta per ciò che manca »? Parole che disi ntossicavano il popolo. Come meravigliarsi se fu affermato che dopo la sua morte la tomba venne improvvisamente avvolta da uno sciame di api dorate, a simboleggiare il fluire melato della sua parola? Ippocrate non fu un empio, perché non si mise contro il tempio: il giuramento che egli stesso gi urò inizia con molta « pietas n : << Per Apollinem medicum , et Esculapium, Hygiamque et Panaceam jusjurando affìrmo, et Deos Deasque omnes testor ... ». Ippocrate si limitò ad uscire dal tempio. Galeno, il grande medico fisiologo, fu considerato dai Romani come un m ago ed un divinatore, anzi fu detto che fosse la divinità stessa a recar soccorso agli infermi per suo tramite; infatti, benché curasse i suoi infermi seguendo alla perfezione le regole dell'arte medica, sembrava che la sua opera avesse un che di divino, dato che otteneva sempre la guarigione nel giorno stabilito. Eppure Galeno derideva gli incantesimi c scriveva: « La scienza non giova a chi manca di buon senso, ed il buon senso non giova a chi non l'usa». Era il tempo in cui Cicerone scriveva: 11 Nemo est propius deo quam vitam dando ».

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Di certo non poco contribuirono alcuni medici- magi. a deteriorare la stima alla quale potevano avere diritto per la elevatezza delle loro conoscenze e del loro ragionamento. Accanto alla purezza fulgente di un Pitagora di Samo, di un Alcmeone di Crotone, di un Democrito di Abdera, di un Ippocrate di Coo, di un Galeno di Pergamo, troviamo la figura piuttosto ambigua di Empedocle di Agrigento. Intelletto senza dubbio potente nelle sue concezioni e nella impostazione dei suoi ragionamenti, scienzi ato geniale delle leggi dcii 'universo, medico accorto e valente, igienista intelligente che aveva salvato Selinunte da una pestilenza malarica con opere di bonifica e con fumigagioni, dotato di fascino oratorio non comune (Aristotele lo considerò l'inventore della retorica), poeta elegante, capace di dire in versi di cose della scienza, improntò fortemente di esoterismo magico tutta la sua opera, sì da essere considerato il « grande mago )> dell'epoca presocratica, colui che, venuto in possesso dei segreti della natura, si reputò capace di potersene servire ril!sccndo persino a risuscitare i morti, come si raccontava che fece per una donna agrigentina. Atteggiandosi a semidio e vantandosi delle sue capacità taumaturgiche, vestiva abiti regali, corona apollinea e sa ndali di bronzo. Furono proprio questi di cui si servì la maldicenza per bollarlo dopo la sua morte misteriosa: si disse infatti che egli, per far credere che era divenuto un dio, si fosse buttato nel cratere dell'Etna, ma che fu dal vulcano stesso sbugiard:tto, rigurgitando uno dei suoi sandali di bronzo. Non parlo poi del superbo e gonfio Menecrate di Siracusa, me<lico di Filippo di Macedonia, che usava farsi chiamare <<Fuoco>> e si autonominava perfino Giove. Si racconta, infatti, che una volta, rivolgendosi ad Agesilao, re di Sparta, scrisse: « Menecrates Iupiter Agesilao Regi Salutem l>, al che il re, deridendo la sua stoltezza, rispose: « Agesilaus Menecrati Sanitatem )) . Furono proprio, tutti questi, fattori avversi ai m edici- magi: la naturale debolezza dell'uomo lusingato dall'adorazione del popolo, la lotta della casta sacerdotale, la ignoranza del popolo, finirono con il deteriorare pressoché completamente la figura del medico- mago che si confuse e forse si tramutò in quella di fattucchiere, di negromante, di ciarlatano, cioè di essere spregevole dal punto di vista scientifico e morale. A nostro onore, bisogna convenire che questa mala erba non ebbe grande possibilità di attecchimento serio in Italia, tanto è vero che nella gloriosa scuola medica di Salerno noi non troviamo alcun accenno a pratiche di magia. L'avvento delle Crociate, con il contatto con i popoli orientali e quindi con la conoscenza delle virtù potenti delle loro erbe medicinali, portò ad un rifiorire della pratica magica, meno però a scopo strettamente medicinale, molto a scopo allucinogeno e quindi negromantico (canape indiana, opp!o, ecc.). Ma, dopo il sonno, la caligine medioevale, in verità però pensosi, ecco la rinascita dell'uomo, del suo pensiero, del suo studio. Ed ecco una rinascita di << magi » c di cc medici- magi », fra i quali non ultimi Leonardo e Para-


126 celso; ma questa volta di veri « medici- magi», nella accezione più nobile e ciò anche ad opera della stampa che permetteva a tutti di leggere il pensiero di studiosi di ogni Paese, vicini e lontani. Il rinnovato patto intercorso per opera dci filosolì umanisti, tra l'uomo e la natura, fece sbocciare nella m ente degli uomini, più potente, anzi più prepotente, il bisogno di sviscerare i segreti della natura stessa. La <c magia naturale» riprese così il suo significato primordiale, pitagorico e democriteo, di scienza della natura. Un altro risorgere di m agia, questa volta potremmo dire un rigurgilo di m agia, cioè in forma deteriorata, si ebbe nel '700 con le figure di Mcsmer, di Cagliostro e di tutti i ciarlatani che infestavano le fie re dci villaggi, vendendo ad es. l'elixir d'amore ai vari ingenui donizettian i Nemorini. Ma, con l'Boa, con la esplosione della scienza così come oggi la intendiamo, la medicina magica, c con essa l'alchimia, possono considerarsi definitivamente scomparse sul palcoscenico dell'arte medica, per c ui oggi il medico non ha più vesti regali e sandali di bronzo, ma un sem plice camice bianco c scarpe di cuoio comune (anche se a volte, con la buona pace di lppocrate e dei Santi Anargiri, possiede un non piccolo conto in banca ...). Fu un bene od un male per la med icina la (( magia )>? Non è facile rispondere in un unico senso a questa domanda, o meglio si può rispondere che la medicina magica fu una espressione di alcuni tempi, aderente inevitabilmente alle modalità del sapere di allora ed ancora molto legata alla medicina teurgica c sacerdotale dalle quali derivava. Certo, ad una osservazione superficiale e con una mentalità moderna, potremmo dire che essa sia stata deci samente un male, perché sopiva le forze intellettuali vere e la fiducia nell'uomo ·da parte delle masse popolari, con il suo ermetismo di casta e di setta, ed a volte decisamente personale, non permettendo che le conoscenze mediche si diffondessero su larga scal.a per il bene dell'umanità sofferente e che gli errori di queste, a volte grossolani, voluti e non voluti, fossero posti al vaglio della critica. Fu forse, l'unico torto dei medici- m agi, proprio quello, anche se giustificato in gran parte dalla levatura cultural e e dalle condizioni politiche dei loro tempi, di essersi rinchiusi in un certo ermetismo simbolico, in un certo dogmatismo monopolistico di casta e di setta. Ma fu certamente anch e un bene. Nella oscurità culturale dei tempi, fu sempre la fi accola accesa, anche se nascosta in una caverna, del sapere, della investigazione, della ricerca, di quello smisurato bisogno della conoscenza che sorge sempre in intelletti nobili. La magia fu il primo tentativo di condurre l'interpretazione del mondo naturale su di un piano naturalistico, nel quale il ragionamento guidato dalla osservazione diretta dei fatti potesse giungere alla conoscenza delle leggi ed alla loro utilizzazione pratica per il bene della comunità. Se la magia fu


questo tentativo inizi ale di scienza, fra religione e scienza non esiste incompatibilità c pertanto la magia in se stessa non è empietà, se empio non è chi la pratica. Abbiamo letto insieme questo grande capitolo della grande vicenda umana che, iniziata col religioso ed innato sentimento dell'onnipotcnza del Trascendente e dell'Immanente, se ne è in seguito, non distaccata, ma ha tentato di adeguarvisi col mezzo umano del ragionamento. La maledizione di Adamo è stata definitivamente annullata dalla luce di Cristo, perché il desiderio di conoscere è un andare incontro a Dio per meglio conoscerlo, come ebbe a dire il grande scienziato di tutti i tempi, Louis Pasteur. E mi piace chiudere con le parole di Tommaso Campanella: « Magi s'appellano gli antichi savii dell'Oriente; in particolare i Persiani, che investigavano le cose occulte di Dio e della natura, sua arte, e poi operavano cose maravigliose applicandole all'uso umano ... Ma oggi è sì avvilito questo nome che solo a' superstiziosi amici dei d.emonii si dona, perché la gente, fastidita di investigare le cose, ha cercato per breve strada, dalli demonii, quel che non possono fare e fingono di potere ... Sono tanti li secreti della natura che a chi li ignora paiono miracolosi ... Tutto quello che si fa dagli scienziati , imitando la natura ed aiutandola con arte ignota, non solo alla plebe, ma alla comunità degli uomini, si dice opera magica >•.


UFFICIO DFL CAPO DEL SERVlZIO D1 SA~ITÀ DELL'ESERCITO Capo del Servizio: Tcn. Gen. Med. Prof. T. S•Vlr~ro

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PROBLEMA DELLA DROGA Ten. Col. Med. B. Sbarro

CE '1 I ST ORICI

Fin dai tempi più antichi l'uomo ha cercato di alleviare le proprie pene, di attenuare i morsi della fame e l'angoscia <iella solitudine evadendo dalla realtà: per realizzare ciò ha fatto uso di sostanze capaci di alterare il suo comportamento e le sue sensazioni, ponendo un diaframma fra sé e l'ostilità della natura. l popol i dell'antichità ben conoscevano g li eHetti stupefacenti di alcune specie vegetali. Nelle società più prim itive o in quelle che maggiormente risentivano del condizionamento dei fattori ambientali, la droga, favorendo l'evasione dalla realtà, assolveva una funzione prevalentemente edonistica, se si identifica il piacere con la cessazione del dolore. I primi capitoli della storia della droga risalgono a tempi remotissim i: alle proprietà dell'oppio si accenn a già tremila anni prima di Cristo in certe tavolette sumeriche. Numerosi autori dell'antichità greca e romana accennano alla droga in alcuni passi delle loro opere e, dai papiri scoperti da Ebcrs nel 1783, sappiamo che i contemporanei del faraone Amenophis I conoscevano le virtù dell'oppio e ne facevano largo uso. Dalle descrizioni di Erodoto è lecito dedurre che i Greci conoscessero anche le proprietà della canapa indiana, a noi meglio nota sotto i nomi di hashish, kif o marihuana: ad introdurla in Occidente sarebbero state le milizie elleniche che si spingevano a guerreggiare in Asia Minore. Quanto alla Cina, gli archeologi ritengono che essa abbia appreso le proprietà dell'oppio molto più tardi, in seguito alle invasioni medio- orientali che portarono all'islamizzazione della valle del Gange attorno all'anno 1000.

Mentre in Europa ed in Asia si faceva largo uso di oppio ricavandolo dalle teste disseccate del papavero, le popolazioni dell'America Latina ricorrevano ad un altro vegetale del quale m asticavano le foglie, la coca. Grazie ad essa vincevano la fatica per le lunghe m arce, l'a ffanno per la rarefazione dell'aria e la debolezza per l'insufficiente nutrizione.


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Anche i Maya conoscevano gli effetti dì alcune sostanze allucinogene: in certe festività essi mangiavano i fiori del peyotl, una cactacea in grado di provocare sensazioni fantastiche ed il cui pri nei pio attivo è conosciuto sotto il nome di mescalina. I Maya praticavano inoltre il culto di funghi sacri dal forte effetto inebriante: si trattava di funghi del genere psìlocybe dai quali sì estrae la psilocibina, il cui impiego è stato anche sperimentato in psichiatria. La storia della droga è dunque la storia dcii 'umanità e dei tentativi fatti per sfuggire ad una realtà ostile. Il tossicologo Ludwig Lewin ha affermato: « ad eccezione degli alimenti, non sono esistite sulla terra altre sostanze che siano state così intimamente associate alle vicende dei popoli, in tutti i paesi ed in tutti i tempi, come le droghe >>.

PERCHE' Sf DROGANO

Il motivo primo che induce un soggetto a fare uso di droga è individuabile nel rifiuto, talvolta inconscio, dei valori che reggono il sistema sociale o nell'incapacità di assecondarne le norme. La droga scioglie l'uomo dai vincoli dell'ordine sociale offrendogli una parentesi anarchica in cui è possibile rovesciare i consueti rapporti ,d j autorità. Ma la fuga dalla realtà non è l'unica ragione per la quale si ricorre agli stupefacenti; spesso vi è un altro meccanismo che induce l'individuo a compiere questa particolare esperienza: l'imitazione. Il genere di vita tipico dei ceti sociali più abbienti, la mancanza di inibizioni, soprattutto sessuali, la sicurezza e la disinvoltura di certe persone, fanno dì costoro dei modelli i<leali che originano, in individui non perfettamente equilibrati, il desiderio di potersì comportare allo stesso modo; e la droga. la cui azione tende ad allentare i freni inibitori che paralizzano l'individuo, offre questa possibilità. Molti soggetti, infine, ricorrono alla droga per « espandere >> la propria personalità, per acuire le proprie capacità competitive e per vincere l'angoscia causata da un mancato inserimento nel contesto sociale. Apparentemente si tratta di una motivazione oppos~a a quella che spinge un individuo ad evadere dalla realtà in cui si trova, ma i due atteggiamenti non sono antitetici: in entrambi i casi il soggetto è insoddisfatto delle proprie condizioni e dei rapporti con gli altri componenti del suo gruppo; in un caso egli cercherà nella droga la via per evadere e per liberarsi dal peso delle proprie responsabilità, nell'altro vorrà a tutti i costi inserirsi attivamente in un sistema al quale è estraneo. Si rifiuta il ruolo che la società ci offre, si rifugge dall'individualità per sentirsi integrati cc nell'universo delle cose ll , si rifiuta l'impegno sociale


e politico, si cerca di evitare la strumentalizzazione, si interrompe msomma la continuità del sistema. A farsi interprete di q uesto com portamento è la nuova generazione di drogati, nata nei campus universitari americani, da dove si sono irradiati i fermenti della rivoluzione psichedelica: la chiave per raggiungere il mondo alienato dell'allucinazione è fornita da alcuni farmaci in grado di dilatare le esperienze interiori. Perché alcuni giovani sono spinti a drogarsi? ll Prof. Alessandro Marco Maderna - aiuto dell'Istituto di Psicologia della Facoltà di Medicina dell'Università di Milano - sostiene a tal proposito: « on è certo sempre facile giungere a conoscere le vere cause dell'assunzione della droga. Possiamo ricor·darc l'imitazione, l'immaturità, Je carenze affettive, la curiosità, l'insoddisfazione esistenziale, il rifiuto "contestativo" della società, la fuga dalla realtà, l 'assuefazione a sostanze assunte a scopo terapcutico o sedativo, ecc:. Per prevenire il fenomeno socio- patologico occorre un'ampia informazione, d a attuare att:J:averso l'e.ducazione civica e sanitaria della popolazione; ma soprattutto occorre favorire un armonico, equilibrato sviluppo della personalità. Fare in modo, cioè, che il giovane raggiunga una m aturità nuova e com pleta che gli permetta di rifiutare i comportamenti immaturi, di respingere l'artificio per la conquista di una autentica realtà ». Il Prof. Luigi Valzelli, direttore della Sezione di Psi cofarmacologia dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche c. Mario Negri n di Milano, afferma che uno d ei fattori che fa maggiormente presa su coloro che si rivolgono alla droga è quello .di poter trovare la soluzione dei loro problemi con l'impiego di sostanze ritenute rivelatrici di poteri cerebrali n ascosti, comunque in grado di moltiplicare e dilatare le capacità della m ente umana. Tutte le ricerche scientifiche ri guardanti il sistema nervoso centrale concordano nel dimostrare che è fondamentalmente erroneo attendersi che i farm aci possano arricchire la mente, insereodovi qualcosa che non sia già presente in essa. Né visioni mistiche, né filosofica saggezza, né potere creativo possono venir procurati da una pillola o da una iniezione: lo psicofarmaco non può aggiungere nulla alle facoltà cerebrali. Tralasciamo coloro che si drogano per curiosità, cioè per provare sensazioni nuove e diverse, oppure per un motivo particolare e contingente, com e nel caso dello studente o .dell'uomo d'affari che in determinate circostanze intendano stimolare al massimo le capacità intellettive e la resistenza al lavoro : costoro infatti usano la droga in via eccezionale, una volta sola o di tanto in tanto, ma sempre sporadicamente e, non risentendo dei suoi effetti nefasti, non possono essere inclusi tra i tossicomani. E' ovvio che se questi soggetti ripetono con frequenza tale genere di esperienze finiscono con l'assuefarsi e diventano preda del vizio; ma ciò non avviene frequentemente


Un tempo i non numerosi casi di tossicomania riconoscevano molto spesso l'origine del loro stato in una pregressa causa morbosa che aveva comportato l'uso di sostanze analgesiche e stupefacenti; oggigiorno invece sono i soggetti incapaci di intessere e svolgere normali rapporti nell'ambito della famiglia, del lavoro, della società, quelli su cui la droga fa maggiormente presa. Restringendo il discorso ai giovani, per i quali il problema s'impone con maggior interesse ed evidenza, in quanto che quasi tutti i tossicomani abituali banno fatto proprio nell'adolescenza la prima esperienza di droga, osserviamo che spesso gli adolescenti che si drogano provengono da famiglie smembrate o prive della figura paterna o che vivono comunque in situazioni particolari. Altre volte invece si tratta di giovani che fin dalla prima infanzi a sono stati oppressi e inibiti da un soffocante affetto materno. In entrambi i casi la loro personalità, nel momento più critico del suo sviluppo, ha risentito in modo eccessivo delle frustrazioni, dei timori, dei conflitti interni, dei complessi negati vi comuni a tutti gli adolescenti, ed essi hanno creduto di trovare nella droga un compenso alle carenze affettive, una evasione dall'ambiente in cui sono costretti a vivere, un aiuto al loro inserimento in una società ritenuta ostile, oppure un mezzo per affermare la propria indipendenza. E' inutile aggiungere che questi disgraziati giovani non solo non riescono, drogandosi, a realizzare c a rafforzare la loro personalità ma la disgregano e l 'annullano giacché, una volta assuefatti alla droga, ne rimangono schiavi, vivono solo in funzione di essa e ogni loro attività ha l'unico fin e di rifornirsene. Recentemente inoltre sì è registrato un pauroso aumento di questo vizio nefasto, aumento legato al fenomeno degli « h i pptcs », i q uali, dichiarando di voler vivere secondo natura, n el rifiuto delle convenzioni sociali, delle tradiziom , dell'autorità, assumono la droga come simbolo di quella specie di libertà che è principio e norma della loro vita disordinata. E' necessario .dunque che tutti, ma in modo particolare i giovani, conoscano ogni aspetto di questo triste fenome no, che sta dilagando in tu tto il mondo, che soprattutto ne conoscano i gravissimi pericoli e le conseguenze irreversibili.

LA TOSSfCOMA IA

Con il termine di 11 droga ll, secondo il Mascherpa, si intende designare « qualsiasi farmaco attivo sulla psiche che venga usato liberamente per ottenere un effetto voluttuario e quindi a scopo di piacere>>. L 'abuso dei farmaci ha sempre avuto una varietà di denominazioni e definizioni che spesso hanno confuso più che chiarito, la natura del feno-


meno. Assuefazione, abitudine, « addicuon )> , tossicomania, sono tra termini più usati. Nel linguaggio comune la parola « droga » si identifica con sostanza stupefacente o meglio ancora con sostanza atta a provocare (( tossicomania )1 . Secondo una definizione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità la cosiddetta << a<idiction » d egli autori anglosassoni (che corrisponderebbe, più o meno, al termine italiano « tossicomania ») è : << uno stato <ii intossicazione periodica o cronica prodotta dalla somministrazione ripetuta di un farmaco e caratterizzata da:

a) un fortissimo d esiderio o bisogno di continuare ad assumere il farmaco e di procurarselo con qualsiasi mezzo; b) una tendenza ad aumentare la dose; c) una dipendenza psichica e talvolta fisica agli effetti del farmaco ; d) un effe tto dannoso all'individuo e alla società )l .

Anche se tale definizione non è esente -da critiche essa ha il m erito di sottolineare le caratteristiche più salienti della tossicomania e cioè : t) l'« intossicazione l•, che im plica l'assunzione del farmaco al di fuori del controllo medico; 2) il « bisogno », per cui assumere il farmaco d iventa la n ecessità pitt urgente nella vita di un indivi,d uo; 3) la « dipendenza psichica o fisica» dal farmaco stesso, cioè quello stato di necessità psichica o addirittura fisiologica del farm aco che non può essere impunemente sottratto all'individuo, pena la comparsa di turbe della psiche e dell'organ ismo che possono culminare con la morte; 4) il « rischio di un danno l> fisico, m entale o morale all'individuo e al benessere sociale ed economico della collettività.

LE DROGHE

Una certa classificazione, in tema di <irogbe, è riportata dal Gen. Med. Prof. C. Arghittu in una nota editoriale del fase. 4°/ 1971 del Giornale di

Medici11a Militare. A seconda dell'i ntensità d egli effetti che producono ed a seconda dello stato ·d i intossicazione cronica cui esse danno luogo, si suole distinguere oggi le droghe m due grandi categorie: << maxidroghe )) o macrodroghe e « minidroghe » o microdroghe. Alla prima categoria, e cioè alle maxidroghe, appartengono quelle sostanze ad azione stupefacente che danno luogo costantemente a tossicomania, vale a -dire a quello stato morboso caratterizzato dai tre seguenti fenomeni : l'abitudine, la farmacomania e l'intossicazione cronica.


Per « abitudine>> si intende l a capacità dell'organismo dell'intossicato a tollerare dosi progressivamente crescenti di droga. Per << farmacomania >> o « farmacodipendenza>> si intende la necessità assoluta del tossicomane di ricorrere continuamente alla droga per procurarsi uno stato di piacere e una evasione dalla realtà. La interruzione brusca della somministrazione della droga provoca l 'insorgenza di gravi disturl:i psichici e somatici conosciuti con il termine di « accidenti da astinenza)), che possono estrinsecarsi con la seguente sintomatologia: stato di agitazione psichica e di ansia, logorrea, tremori, crampi muscolari, sudorazione, lacrim azione, tachicardia, algie precordiali, dolori addominali, iperestesia genera1e. Nei casi gravi di farmacodipendenza possono insorgere forme deliranti con allucinazioni, impulsi aggressivi, tendenza al suicidio e all'omicidio, infarto del miocardio,ecc. Se la fase di dipendenza si prolunga nel tempo, possono insorgere alterazioni psichiche gravi : depressione, scadimento dei valori morali, indifferenza per la famiglia e per la società, scadimento degli affetti familiari, mancanza di autocritica, idee ossessive, tendenza a commettere delitti di vario genere pur di procacciarsi la droga. Per « intossicazione cronica >> si intende quello stato patologico generalizzato che interessa o compromette preminentemente il $istema nervoso centrale e coinvolge in uno stato degenerativo tutti gli altri organi o apparati dell'organismo. Nella fase finale dell'intossicazione cronica si instaura un vero e proprio stato di cachessia e una sindrome demenzi ale completa, che portano a morte l'intossicato. Alle maxidroghe o macrodroghe apparterrebbero l'oppio e alcuni alcaloidi naturali di esso (morfina ed eroina) e la cocaina. Le minid.roghe o microclrogbe comprenderebbero quelle droghe che sono oggi abbondantemente usate d alla gioventù te hippy l> o dal la gioventù contestataria e che, apparentemente, sarebbero meno tossiche delle m aggiori droghe su citate poiché danno minore assuefazione o minor dipendenza. Tuttavia l'esperienza sta insegnando che una separazio ne netta fra maxidroghe e mi nidroghe non è ammissibile perché anche queste ultime a lun go andare provocano uno stato di intossicazione cronica e di decadimento somatico c psichico. Alle mioidroghe apparterrebbero: la marihuana, la dietilamide dell'acido lisergico o LSD :s, la mescalina, la psilocina e la psilocibina, le amfetamine e i barbiturici . Queste droghe appartengono quasi tutte al gruppo delle cosiddette drcg?e .<c allucinogene >> il cui effetto principale è quello di provocar e allucinaztom. Questi alluci nogeni sono chiamati an<:he cc psicodislettici » in quanto producono vere c proprie psicopatie di tipo allucinatorio e maniacale, del


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tutto simili a quelle che si riscontrano nel vasto campo della psico- patologia. Prima di illustrare più in particolare le sostanze stupefacenti, gli allucinogeni e le conseguenze del loro uso, meritano un cenno· le sostanze cosid·dette «inalanti ))' perché anch'esse sono spesso citate in episodi di cronaca quali cause di intossicazioni di droghe.

GLT INALANTI

Questi tipi di sostanze sono in genere preferiti dagli individui più giovani, di solito stimolati dai compagni più grandi, e comprendono le gomme per incollare modelli di aeroplani , cementi di plastica, benzina, liquidi per accendisigari, solventi per vernici, lacche, smalti da unghie, smacchiatori. Sono composti in genere da sostanze organiche volatili come tetracloruro di carbonio, acetone, cloroformio, alcool benzilico, etilico, propilico. I sintomi causati da tali farmaci consistono in un senso di ilarità c leggerezza, in esperienze fantastiche piacevoli, in menomazione del senso critico e della realtà (ciò che facilita una condotta antisociale). Si può avere atassia transitoria, inceppamento della parola, vomito. La pericolosità di tali composti è aumentata dal fatto che spesso queste sostanze vengono inalate con il capo incappucciato in sacchetti di plastica, ciò che diminuisce la quantid di ossigeno disponibile e aumenta perciò le probabilità di asfissia.

GLI STI.JPEFACEKTI

Le sostanze stupefacenti, comprendenti soprattutto l'oppio ed i sum derivati, sono quelle che più delle altre corrispondono alla definizione prospettata per le tossicomanic. Esse sono contenute in un elenco stabilito per legge. Attualmente, la legislazione italiana include in detto elenco la canapa indiana che, per molti aspetti, si avvicina certamente di più al gruppo delle sostanze allucinogene che non a quello degli stupefacenti. All'inverso in tale elenco non sono comprese le sostanze amfetaminiche i cui effetti sono più simili a quelli degli stupefacenti che non a quelli degli allucinogeni. A. - 0PPIACEI.

L 'uso dell'oppio è noto fin dalla più remota antichità. Esso è il succo condensato che scola dalle incisioni praticate sulla superficie esterna delle capsule ancora ver·di del Papavcr somnìferum.


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35

I principali componenti dell'oppio sono gli alcaloidi, dei quali se ne contano circa 25 differenti: tra questi i più importanti sono, senz'altro, la morfina, <:he vi è contenuta nella percentuale del 10- 12% cir<:a, ed il suo d cri vato, l'eroi na.

Fig. 1. - Il papaver somniferum con la capl>ula da cui si ottiene l'oppio.

Nei paesi orientali l'oppio viene introdotto nell'organismo fumando, bevendo, o masticando preparati di oppio e dei suoi derivati; nei nostri paesi occidentali, invece, la più frequente modalità di assunzione è rappresentata dalle iniezioni sottocutanee di morfina e di eroina. N ell'individuo sano e non assuefatto l'iniezione di morfina determina, per lo più, una soppressione del dolore e qualche effetto secondario molesto


(nausea, vomito, ecc.) ma non euforia. Soltanto l'uso prolungato della morfina provoca euforia ed una particolare sensazione di benessere e ciò avvtene tanto più presto quanto più « nervoso » è il soggetto. Questa azione, però, si esaurisce ben presto c ad essa fa seguito una sensazione <ii abbattimento ed un grande malessere che non cessa se non ricorrendo ad una nuova iniezione. Inoltre perché si abbia l'effetto desiderato, cioè lo speciale stato di ebbrezza, è necessario che la nuova iniezione contenga una dose maggiore della sostanza. Sicché a scadenza più o meno breve si instaura un'abitudine fatalmente progressiva e gli individui che ne rimangono vittime finiscono con l'introdurre nel loro corpo ·dosi elevatissime del farmaco. Nei soggetti che vanno incontro all'intossicazione si instaura una sintomatologia psichica i cui primi si ntomi sono rappresentati dall'insonnia, dall'apatia e dall'incapacità al lavoro mentale. L'intelligenza va a poco a poco estinguendosi fino ad aversi un vero quadro demenziale. Caratteristica, in questi ammalati, è l'abolizione completa della volontà e la comparsa di una indifferenza assoluta per tutto quanto li circonda e li tocca più da vicino. Il senso morale è, spesso, diminuito e .degenerato. Ai fenomeni mentali si associano, frequentemente, altri sintomi generali: pallore, astenia generalizzata, tremore alle mani, per<.lìta del tono muscolare, impotenza nell'uomo, ecc. Col progredire dell'intossicazione il soggetto può soccombere, improvvisamente, con sintomi di collasso; in genere, però, il moriìnom ane muore per gravi malattie intercorrenti. I soggetti che fanno uso di questa droga vi sono giunti, generalmente, per motivi diversi: tuttavia solo in un terzo circa dei casi si può dire che essi hanno ricevuto la droga per la prima volta in seguito a prescrizione medica che poi si è ripetuta spesso; mentre nella maggior parte dci casi, per ammissione degli stessi interessati, si trova che essi sono giunti spinti ,dalla se m plice curiosità. In maniera schematica si può tracciare la seguente storia tipica: la fase iniziale dell'abuso della droga inizi a tra 1 16 ed i 22 anni di età ed è caratterizzata dall'assaggio sperimentale di ogni specie di droga, non escluso l'alcool: amfetamina, cocaina, m arihuana, barbiturici, eroina ed altre sostanze oppiacee. Poi, per motivi che ancora ci sfuggono, un certo numF.ro di questi soggetti trova più piacevole l'uso degli oppiacei e, pertanto, usa a preferenza questo tipo di droga invece che le altre.

B. - LA COCAINA. Il farmaco è contenuto nelle foglie di Eritroxylon coca, una pianta delle Ande Peruviane e Boliviane; Jc foglie sono da secoli masticate dagli abitanti di quelle regioni per .diminuire il senso della fatica. Esso è inoltre uno dei


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più forti eccitanti del sistema nervoso centrale e certamente il più potente afrodisiaco. La più comune forma di assunzione della droga costituita dall'alcaloide (cocaina) contenuto nelle foglie di coca, è quella nasale mediante il fiuto della polvere.

Fig. 2. - Le foglie di ~ritroxylon coca da cui si ottiene la cocaina.

L'abitudine si instaura molto facilmente e rapidamente : bastano, infatti, due o tre settimane soltanto per lo stabiErsi della cocainomania. Il primo grado di intossicazione o « intossicazione inebriante >> è caratterizzato da un eccitamento delle funzioni cerebrali, psichiche e motorie, eccitamento che può estendersi anche alla sfera sessuale. Ben presto, però, questo stato di eccitamento cede il posto ad uno stato di esaurimento molto penoso che induce la vittima ad introdurre nuove dosi, e sempre maggiori, dell'alcaloide poiché le dosi precedenti, per la rapida abitudine che ad esso si produce, rimangono senza alcun effetto.

3·- M.


Sotto l'azione dt queste dosi sempre più forti (fino ad uno o più gram-

mi al giorno) compaiono insonnia, indebolimento della memoria e della volontà, facile irascibilità, profonda degenerazione ,del carattere morale. Così, a grandi passi, l'intossicazione si avvia al periodo più grave del cocainismo in cui al grave deperimento organico si associano allucinazion i di tutti gli organi di senso: vista, udito, odorato, tatto. Caratteristiche sono le allucinazioni atipiche. Gli intossicati avvertono sensazioni di formicolio sottocutaneo che, nel loro delirio, attribuiscono alla presenza di vermi, di insetti, di cristalli che tentano, con ogni mezzo, di estrarre dalla pelle; possono anche aversi vere crisi convulsive di tipo epilettico. Infine questi soggetti impotenti, sospettosi, consci del proprio decadimento fisico e psichico, oppressi dalle allucinazioni e dal delirio di persecuzione, finiscono la loro triste esistenza con il suicidio oppure soccombono per il sopraggiungere di un grave stato di decadimento generale.

c. - LE AMFETAMINE. L'amfetamina è stata considerata come il sostituto moderno della cocaina. Le amfetamine sono farmaci stimolanti del sistema nervoso centrale, frequentemente usati e abusati da studenti, operai addetti a lavori gravosi, sportivi; gli effetti che essi provocano sono soprattutto euforia con aumentato senso di benessere, diminuzione della fatica, aumento della acuità mentale. Tali sintomi sono però seguiti da uno stato di spossatezza, di affaticamento, di nervosismo. L'abuso delle amfetamine è 1n aumento e oggi vengono spesso usate come afrodisiaci. A tal scopo vengono spesso iniettate endovena, causand:"> in tal modo sensazioni del tutto indistinguibili da quelle prodotte dalla cocaina. Tale forma di abuso è particolarmente pericolosa in quanto la rapida tolleranza che si instaura spinge il tossicomane ad aumentare la .dose. L'abuso protratto porta sempre a conseguenze molto dannose, con uno stato di intensa depressione psichica che si verifica passato l'effetto euforizzante (rischi di suicidio) c progressivo deterioramento della personalità del soggetto con mutamento dei concetti di bene e di male (possibilità di azioni criminose).

GLI ALLUCJNOGE "l

· Che cosa si intende per allucinogeni? Col termine di <' allucinogeni » si comprende una vasta serie di sostanze tossiche che modificano in modo specifico la percezione e il modo in cui


viene vissuto il mondo esterno ed interno. A dosi più elevate compaiono delle allucinazioni che però lasciano integra la coscienza e il ricordo del vissuto senza che si abbiano veri e propri disturbi delle funzioni vegetative. Le alterazioni psichiche così indotte sono legate a una percezione modificata dello spazio e del tempo, accompagnate da turbe dello schema corporeo e dell'io. Gli allucinogeni trasportano i.n un mondo irreale come fatto di sogni, vissuto tuttavia in modo pienamente cosciente. Lo spettro di attività estremamente complesso degli allucinogeni ha dato origine a tutta una serie di denominazioni: fantastici, psichedelici, psicodislettici e molti altri. La priorità spetta al termine di (( fantastici », coniato negli anni intorno al 1900 dal farmacologo e tossicologo berlinese Ludwig Lewin. Egli fu il primo a classificare gli allucinogeni .come gruppo a sé stante, differenziandoli da altri farmaci psicotropi, da narcotici, stimolanti, sedativi, ed a caratterizzarli come « fantastici >> . Il termine « psichedelici » coniato da Osmond è usato soprattutto negli USA, mentre la denominazione di « psicodislettici » introdotta da Delay si è affermata in Francia. Nei paesi di lingua tedesca è inve<:e in uso il termine << allucinogeni ». T utte le sostanze allucinogene fino ad oggi note sono di origine vegetale o comunque di struttura affine. Considerando le profonde alterazioni psichiche indotte dagli allucinogeni, è facile comprendere come le piante che li contengono fossero utilizzate come droghe magiche fin dai tempi più remoti. Nelle tribù indiane dell'America Centrale le droghe magiche hanno occupato un posto preminente sin dal periodo arcaico della loro civiltà. Le cronache degli spagnoli, che si recarono in Messico subito dopo la sua conquista, citano numerose droghe usate dagli Indios in cerimonie religiose magiche. Fra le più importanti droghe degli Indios sono da considerare il « peyotl » (ricavato da un cactus) ed il << teonanacatl » (da alcuni funghi).

A . - IL (( P.EYOTL )) E LA (( MESCi\LINA ». J

nome azteco del cactus Anhalo11ium Lewi11ii. Fu infatti il Lewin il primo a studiare, all'inizio del secolo, questa droga sacra rnessicana e la sua azione sulla psiche umana, descritte successivamente in una monografia dal titolo « Phantastica » . Il principio attivo dd « peyotl » è la « rnescalina » . La mescalina fu l'allucinogeno che permise di studiare per la prima volta le allucinazioni dovute ad una singola sostanza chimicamente nota. << Peyotl » è il


q o Tra i numerosi derivati della mescalina, ottenuti per sintesi, i più attivi sono l'STP (o DOM) e il DOET, le cui dosi attive sono nell'ordine di 5 mg contro i 300- 500 mg della mescalina. L'STP (componente di un additivo dei lubrificanti dei motori) è molto diffuso tra gli hippies come allucinogeno.

Fig. 3· - Il « peyod ,. (an halonium lewinir), il cactus da cui si ricava la mcscalina.

La sua sigla commerciale (scientifically treatcd petroleum) è stata ribattezzata dagli hippies in << serenity, tranquillity, peace >> .

B. - U

« PSILOCIBINA ll .

L'uso rituale del teonanacatl , o « fungo divino », pareva scomparso da secoli quando nel 1955, sulla base di frammentarie relazioni di viaggiatori pre<:odenti, l'etnomi·cologo R. G. Wasson riusd ad assistere ad una cerimonia religiosa notturna sulla sierra mazateca nel lo Stato messicano di Oaxaca. Gli studi successivamente condotti in collaborazione con il micologo R. Heim a Parigi permisero di classificare questi funghi tra gli agarici appartenenti per lo più alla specie psilocybe. La Psilocybe mexicana è faci lmente coltivabile in laboratorio. Da essa si isola il principio psico- attivo sottoforma di due sostanze cristalline denominate « psilocibina >> e « psilocina H .


q x

Fig. 4· - La psilocybf: mexicana heim coltivata in viuo nt:i laboratori di ricerca Sandoz.

La psilocibina è quella presente in maggior quantità nel fungo . Come la mescalina, la psilocibina produce quasi gli stessi effetti osser· vabili in seguito all'assunzione dell'LSD, e che verranno descritti in seguito. C. - LA « MARIHUANA >> O « HASHISH >> . Come già detto la legislazione italiana include la canapa indiana nell'elenco degli stupefacenti. Noi la considereremo fra le sostanze allucinogene perché, per molti aspetti, si avvicina certamente di più a tale gruppo. « Marihuana » è il nome generico dato negli Stati Uniti alla canapa indiana, droga costituita dalle foglie e dalla resina che ricopre le inflorescenze della pianta della canapa (Cannabis indica). I preparati della canapa indiana, che costituisce la più importante droga allucinogena originariamente in uso in Asia e in Europa sin dall'antichità, sono oggi al centro dell'attenzione pubblica. L'azione euforizzante ed allucinogena dci vari preparati di canapa, chiamati « hashish » in Medio Oriente, <<ban g >> nell'Estremo Oriente, << Kif >> nel Nord Africa e << marihuana >> in America, è da ricondurre principalmente al suo contenuto in principi attivi (cannabinoli e tetraidrocann abinoli) che varia molto nelle diverse parti


Fig. 5· - La cannabis indica, la più importante droga in uso in Asia e in Europa fin dall'amichirà.


della pianta stessa e a seconda delle condizioni di crescita in cui questa si è trovata. Il tetraidrocannabinolo (TIC) non è presente nella pianta fresca ma si forma durante l'essiccazione, la conservazione, l'estrazione ddla droga ed infine durante la combustione, q uando la canapa viene inalata con il fumo. Oltre il T IC, dalla canapa sono state isolate numerose altre sostanze che però sono poco attive o del tutto inattive.

Fig. 6. - La cannabis indica o '' ha!>hi~h '': particolare delle foglie c inflorescenzc da cui è secrcta la resina.

La canapa indi ana cresce ed è coltivata soprattutto in molti paesi asiatici ed in alcune parti dell'Africa, ed è così sim ile all'ordinaria canapa tessile, Cannabis satit,a, da essere consi derata una semplice varietà ricca di principi attivi. Oggi però questa pianta è coltivata un po' dappertutto nei Paesi a clima caldo o temperato, specialmente nei Paesi del bacino m editerraneo (Marocco, Egitto). La droga viene di solito fumata, pitt raramente ingerita. Le sigarette di marihuana, chiamate in gergo con i nomi di « joint >> o « stick n, vengono


confezionate e fumate come le comuni sigarette::. Molto spesso la droga viene mescolata al comune tabacco. I preparati di canapa indiana producono dapprima uno stato di ebbrezza con allucinazioni piacevoli e sensazioni di leggerezza, gaiezza e giocosità. Si ha sempre una deformazione delle percezioni con alterazione del senso del tempo, delle distanze ed ingran.dimcnto degli oggetti. Avrebbe inoltre una azione afrodisiaca. L'appetito c la percezione dell'aroma dei cibi sono in genere accresciuti. Vi può essere incoordinamento muscolare con diminuzione dell'equilibrio. La memoria è generalmente diminuita in grado notevole. La maggior parte dei soggetti non riesce a concludere i discorsi perché ne dimentica facilmente l'inizio. In molti soggetti subentra uno stato depressivo e·d un sonno profondo. La durata dell'effetto è di 2-4 ore se la droga viene fumata, 5- 10 ore se è ingerita. La canapa indiana .desta, in chi ne prova gli effetti, il più vivo desiderio di ripeterne l'uso e con l'assuefazione si rende necessario l'aumento delle dosi . Sebbene le opinioni sugli effetti dannosi della marihuana non siano concordi (secondo alcuni Autori essa non sarebbe più tossica del tabacco), bisogna tuttavia notare che sotto l'azione della droga e particolarmente dell' « hashish '' sono stati compiuti molti delitti. Tanto è vero che il nostro termine << assassino n deriverebbe appunto dall'arabo « hashishian >> col quale vengono indicati i consumatori della droga. Certamente l'uso ripetuto può provocare diminuzione delle capacità lavorative, comportamento indolente e notevole trascuratezza dell'igiene personale. Fra i pericoli principali dell'abuso vi è la menomazione delle capacità psico- fisiche con conseguenze disastrose se i soggetti, sotto l'effetto della droga, si mettono alla guida di autoveicoli; inoltre è ormai unanimamente ammesso che l'assuefazione apre la via all'assunzione di allucinogeni molto più potenti quali l'LSD e la mescalina e di stupefacenti quali la morfina e l'eroina.

D. - L'« LSD >> . Uno dei piLt potenti e pericolosi allucinogeni è senza dubbio la « dietilamide dell'acido lisergico >> o « LSD~.>> . Tale sostanza è contenuta in natura nella cc segale cornuta » una micosi delle cariossidi del frumento. Chi annotò per primo la sua azione allucinogena fu lo svizzero dott. A. Hofmann il gua.Je, il r6 aprile 1943, mentre stava lavorando alla sintesi dell'LSD, avvertì delle sensazioni insolite che così descrisse nel suo giornale di labor atorio: «Lo scorso venerdì, 16 aprile, dovetti interft>mpere a metà pomeriggio il mio lavoro, e recarmi a casa per farmi curare, in quanto ero colpito da

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una strana irrequietezza accompagnata da un lieve senso di vertigine. A casa mi coricai e caddi in uno stato di ebbrezza non sgradevole, caratterizzata da fantasie straordinariamente vivaci; in stato crepuscolare a occhi chiusi (la luce diurna era avvertita come molestarnente abbagliante) ebbi la visione di quadri fantastici di straordinaria plasticità e con un gioco intenso, caleidoscopico, di colori che si susseguirono senza interruzione. Dopo circa 2 ore questo stato sco m parve ».

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Fig. 7· - L'effeuo degli allucinogeni è stato sperimentato anche nel ragno: le tele di ragno costituiscono un modello estremamente regolare cui è faci le riferirsi per misurare g uantitativamentc le reazioni indone da sostanze capaci di alrcrarc il comportamento. A sinistra una tela di ragno, tessuta sono l'effeno dell'LSD, che mostra una notevole regolarità. A destra una ragnatela dello stesso ragno sotto l'effetto del la mescalina, dove sono evidenti le conseguenze di movimenti ~connessi, mancanza di precisione c di coordinazione. (da Wrrr P. ·.: Expuimtia, 7• _310, 1951)

Per lungo tempo ignorata dal gran pubblico e sperimentata solo nei laboratori di ricerca, l'LSD è improvvisam ente diventata <ii moda. Anzi il suo uso fa distinzione. Difatti io America le cc teste acide)> (così chiamano quelli che prendono la zol letta di zucchero imbevuta <ii cc acido>>, cioè di LSD) sono nella grandissima m aggioranza persone di buon liveHo culturale, economico e sociale. A differenza di coloro che fanno uso di eroina, cocaina, ecc. per dimenticare lo squallore e l 'inadeguatezza della loro vita quotidiana, le << teste


acide» invece cercano u nuove conoscenze )) 1 cercano di vedere più a fondo nel loro « spazio interno », dì rompere le barriere dell'incomunicabilità, di << allargare » la mente. Per l'LSD, la marìhuana e anche per altre <iroghe, come la mescalina e e la psilocibina, Timothy Leary, lo psicologo che insegnava all'Harvard Universìty, ma che ne venne cacciato a seguito, appunto, dell'intensa opera di proselitismo che andava facendo per l'LSD, ha divulgato il nuovo termine di « psichedelici >>, parola dalla etimologia greca che, formata dal so-stantivo << psyché >> (psiche) e dal verbo « dclòo >> (rivelare, rendere manifesto), significherebbe letteralmente « rivelare la psiche », nel senso che l'individuo che fa uso della droga si sentirebbe come liberato dagli schemi tradizionali, con una più intensa sensibilità em otiva c una particolare lucidità mentale. Leary ritiene che il termine allucinogeno sia improprio. D el resto la « subcultura LSD >> ha tutto un suo vocabolario: come già ah biamo accennato, l'LSD è anche detto semplicemente « acido )), oppure « vitamina cerebrale >> . Quelli che l'usano dicono che « partono »; quando poi cessano gli effetti dell'LSD dicono che « tornano ))' e << viaggio >> è detto il party in cui si fa uso dell'LSD. Contrariamente però a quanto si potrebbe attendere, e a quanto realmente da molti è creduto, l'LSD non è erotizzante. In genere dopo 20-30 minuti dall'ingcstione della sostanza compare un complesso di ·disturbi vegetativi c neurologici associati ad alterazioni psicopatologiche e caratterizzato da: senso di caldo o di freddo, malessere, vertigini, palpitazioni cardiache, crampi ai polpacci, nausea, vomito, tendenza all'ipotensione, menomazionc della scrittura e della pronunzia delle parole. Per quanto riguarda il complesso delle modificazioni psicologiche si nota: accentuazione, in genere, dello stato d'animo preesistcnte, però anche comparsa di stati di indifferenza affettiva verso l'ambiente esterno e di un forte senso di isolamento, di taciturnità, di riso immotivato, diminuzione della capacità di concentrazione o difficoltà di esprimersi perché le idee ed anche le parole ad un tratto svaniscono, impressione di sentirsi guardati, studiati, sorvegliati, allucinazioni visive (disegni a strisce, prevalentemente in movimento continuo, continuamente cambianti, caleidoscopicamente di colori vivacissimi, a preferenza di tonalità rossa; macchie e quadri mosaicheggianti; maschere grottesche). L'LSD ha la capacità di esplicare la sua potente azione sulla mente umana in dosi straordinariamente piccole (20- 30 microgrammi); inoltre essa induce, molto rap~damente, una tolleranza. Infatti se la sostanza viene presa quotidianamente in dosi ordinarie gli effetti psichici non compaiono più già dopo il terzo, quarto giorno. I pericoli cui può dar luogo l'uso di LSD sono legati alla dose e, soprattutto, alla personalità del soggetto.


L'LSD può « precip1tare 11 una ps1cosi latente. L'individuo perde completamente il controllo su se stesso. Anche se non determina ira o altre reazioni violente - scrive Kline - l'LSD toglie il controllo che normalmente ogni individuo cerca di esercitare sugli impulsi violenti. Secondo alcuni psichiatri determinerebbe riconoscibili alterazioni della personalità (ad esempio, egoismo e senso di « grandeur 11) ed anche alterazioni biochimiche nelle cellule nervose.

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l Fig. 8. - Gli allucinogeni possono provocare nell'uomo stati di <• psicosi )) : molto interessanti a questo proposito le rappresentazioni gra.fiche di visioni e allucinazioni avute nel corso dell'intossicazione. Questo disegno, eseguiro sotto LSD, è stato pubblicato dal Prof. Roubicek nel suo libro << Experimentalni Psycho\y Il .

Indolore, senza sapore, incolore e potentiSSima (20- 30 microgrammi hanno già effetto allucinogeno), l'LSD ben si presta al commercio clandestino cd è giudicata una droga estremamente pericolosa : in tal senso si esprime infatti un editoriale del New England Journal of Medicine, e anche J. A. M. Meerloo, docente di psichiatria alla New York School of Psychiatry. «La scomparsa dell'Io e la spersonalizzazione sono a volte tali che il sog-


getto può essere portato al suicidio)). Così conclude lo stesso A. un suo articolo sull'LSD pubblicato in Medicine et H ygiène (15)66, 7)5, 549). « L'esplosione selvaggia cd illegale, recentemente avutasi in America, di pericolose sensazioni indotte con l'LSD ha frenato la ricerca seria sulle proprietà di questa droga. Personalmente dubito che l'LSD possa aumentare il potere psichico della mente ». Molti studiosi, basandosi su esperienze più che decennali, affermano che l'LSD può provocare nei soggetti che ne fanno abuso uno stato psicosico molto simile alla schizofrenia. Oltre al grande pericolo che l'LSD, come gli altri allucinogeni, prepari la via all'uso degli oppiacei, le conseguenze dell'uso e abuso di questa droga sono gravissime potendo portare a stati psicosici con tendenza al l'omicidio ed al suicidio. Una volta diventato schiavo della droga tutto il comportamento del soggetto si svolge in funzione del bisogno di essa e della necessità di procurarscia, con conseguenti azioni più o meno illegali (menzogne, falsificazione di ricette, ecc.) .fino al furto e altri atti criminosi. CoNsEc UENZE DELL'uso DEGLT ALLUCJNOGENl.

I meccanismi farmaco- dinamici con cui gli allucinogeni agiscono sulle funzioni della psiche non sono ancora scientificamente conosciuti. Abbiamo visto che sia la psilocibina che la mescalina e l'LSD provocano alterazioni dei valori di tempo e di spazio con modi.ficazioni dell'urnere che, variando di intensità da un soggetto all'altro, e talvolta n ello stesso soggetto, possono andare da uno stato euforico ad un senso di rincrescimento per avere iniziato l'esperienza o al timore di non ritornare normale .fino a vere e proprie crisi d'angoscia. Altra manifestazione comune è il disinteresse per la realtà che porta ad uno stato di completa indifferenza verso la società ed i suoi valori. I fenomeni psico- sensoriali con allucinazioni che interessano la sfera visiva, uditiva, ecc., possono giungere a vere e proprie costruzioni deliranti, così marcate da dare l 'impressione che gli oggetti circostanti siano esseri viventi con il quale il drogato cerca di comunicare. Le notevoli ed imprevedibili alterazioni della percezione dovuta all'LSD ed agli altri allucinogeni possono portare, attraverso i suddetti stati di confusione mentale e di an~oscia, a gravi delitti ed al suicidio per le profonde, anche se temporanee, modi.ficazioni che si producono nella psiche. Per quanto attiene al la marihuana o ha hish, se è vero che in genere le preparazioni contengono soltanto una piccol a parte di sostanza attiva tale da potere indurre solo uno stato di euforia, l 'uso costante e continuo, conseguente al bisogno di dover assumere nuova droga, può condurre ugualmente a lesioni organiche con alienazione mentale e astrazione dalla realtà quoti-


diana verso un mondo di sogni. Una dose forte di hashish inoltre può portare ad effetti altrettanto gravi, come già detto, di quelli dovuti all'LSD e agli altri allucinogeni. La << N ew York Country Medica! Society » afferma che in molti soggetti l'esperienza di farmaci allucinogeni rappresenta il primo passo verso alterazioni psichiche permanenti, sostenendo l 'effetto irreversibile '<iella droga su soggetti nei quali v·i siano già segni di psicosi latenti: in questi casi l'LSD, e tanto più se usato a dosi eccessive, può provocare improvvise reazioni incontrollabili e disgregare le facoltà mentali anche con l'assunzione di una sola dose di allucinogeno (pare accertato che il s% dei ricoverati per crisi psicotiche da LSD diventano schizofrenici incurabili). L'opinione della maggioranza dei farmacologi e tossicologi è concorde infine sul fatto che l'uso delle varie droghe su menzionate porti, a più o meno lunga distanza di tempo, a stati di intossicazione cronica con deterioramento fisico e psichico, ali 'annientamento c alla distruzione progressiva della personalità.

REPRESSIOt\TE E PREVENZIONE

A . - T ossiCOMANIA E c RIMINALITÀ.

Molti ritengono che chi fa uso di droga sia un criminale e come tale dovrebbe essere trattato. Questa opinione è condivisa in molti paesi, compresi gli Stati Uniti, il Canadà, ecc., da illustri medici e specialisti, oltre che da giuristi ed uomini politici, i quali sollecitano, da parte dei rispettivi governi, l'emanazione di norme legislative repressive. A sostegno della loro tesi essi afferm ano che una notevole percentuale di soggetti dediti all a droga risulta schedata negli archivi della polizia per reati di varia natura. In un'indagine condotta nel 1951 a Chicago, pur rilevandosi una percentuale più bassa fra i tossicomani in rapporto alla criminalità generale per quanto attiene a lesioni personali e delitti sessuali, si rileva per contro che i reati contro la proprietà incidono nella misura del 58°'o fra i tossicomani, mentre r appresen tano soltan to il 31 % della crimi nalità generale. Pur dovendosi dimostrare se gli autori di questi furti ed atti criminosi siano diventati criminali dopo aver fatto uso di droghe e non lo fossero già da prima, resta la considerazione della notevole coincidenza di rappor ti fra reato e tossicomania. Altro dato da considerare è che solo in epoca più recente, rispetto all'indagine su menzionata, h anno fatto la loro comparsa e si sono sempre più d iffusi gli al lucinogeni, indubbiamente pericolosissimi per lo stato di con-


fusione mentale che possono provocare, e che tante volte abbiamo visto legati, nelle cronache, ad eventi delittuosi. A questo proposito il Narcotic Bureau americano, nella fondata convinzione che buona parte della delinquenza giovanile sia originata direttamente dalla intossicazione da marihuana, ha incluso la canapa indiana ed i suoi derivati nell'elenco ristretto delle sostanze stupefacenti. Probabilmente ai severi giudizi di relazione diretta fra delinquenza c tossicomania hanno molto contribuito i rapporti che più o meno frequentemente il drogato ha con il mondo della malavita. Certo il bisogno, a volte impellente, di procurarsi la droga può spingere il tossicomane a compiere i reati più diversi, dalla falsificazione delle ricette al furto, alla truffa, ali' aggressione.

B. - MISURE REPRESSIVE.

Il traffico degli stupefacenti costltlllsce oggigiorno un aspetto rilevante del crimine organizzato su scala internazionale. Il compito delle forze di polizia è indubbiamente ,difficile sia perché l'azione, per essere efficace, deve essere coordinata spesso su scala internazionale, sia perché, a differenza della maggior parte dei reati, nel caso della droga non vi sono denunce da parte delle vittime. In Italia fu promulgata, con il prevalente intento di disciplinare la produzione, il commercio e l'impiego delle sostanze stupefacenti, la legge 22 ottobre 1954, n. 104r. Con l'art. 6 di tale legge viene punito « chiunque, senza autorizzazione ministeriale, venda, ceda, esporti, importi, passi in transito, procuri ad altri, impieghi o comunque detenga sostanze e preparati indicati nell'elenco stupefacenti ». L'art. 6 continua: « chiunque ha commesso quanto sopra detto è punito con la reclusione da 3 ad 8 anni e con la multa da L. 300.000 a

L. 4·000.000 ». Quindi tutte le azioni possibili, che hanno per oggetto uno stupefacente, sono punite. Quando tale legge fu approvata il problema delle tossicomanie era lontano dall'avere in Italia le dimensioni sociali che ha acquistato in questi ultimi anni. Tale legge venne promulgata perché l'Italia era considerata uno dei Paesi di più intenso traffico degli stupefacenti tra il vicino Oriente, i paesi dell'Europa Occidentale e gli USA, traffico riguardante soprattutto il commercio di eroina e morfina. La situazione, per oltre un decennio, parve sotto controllo. I clamorosi sequestri di hashish, di oppio e di eroina avvennero con minor frequenza, ma negli ultimi anni si sono registrati nuovamente inquietanti sintomi di


un fenomeno che, sia sul piano dell'esperienza clinica, sia secondo i dati di fonti ufficiali, sembrava statisticamente irrilevante ed adeguatamente con~ trollato. Presso gli Uffici dei Medici Provinciali, a partire dall'entrata in vigore della legge 1041, fu istituito uno schedario dei tossicomani; ma se nei primi JO anni il numero delle denunce fu contenuto, in epoca più recente si è accertato un certo incremento del fenomeno, mentre la possibilità di entrare facilmente in possesso di sostanze stupefacenti c l'esistenza di organizza~ zioni criminali interessate a trarre profitto dall'espansione del mercato della droga preludono ad un sicuro aumento dei casi di tossicomania, come in~ segna l'esperienza recente dei Paesi anglosassoni e quella antica del Medio cd Estremo Oriente. Negli ultimi anni sono state sequestrate in Italia sempre maggiori quan~ tità di sostanze stupefacenti. mentre alle sostanze già usuali in passato (oppio, morfina, cocaina, ecc.) si sono aggiunte la « marihuana » e l' << LSD ». Purtroppo la repressione non ha impedito che il problema della tossi~ comania si imponesse in modo drammatico al livello della pubblica opinione, con impreveduta diffusione del fenomeno tra i giovani e giovanissimi, m misura che sporadiche e fortunate operazioni di polizia (largamente illustrate dalla stampa d'informazione) hanno evidenziato assai meglio di aridi dati statistici.

C. - L'oPERA DI PREVENZIOl'E. Gli interventi di n atura reprcssiva non hanno avuto grandi risultati in tluanto molti giovani, penalmente colpiti, si sono sentiti ancora più sollecitati a continuare nella loro negativa esperienza nella quale ravvisano l'unica via d'uscita dallo stato di ansia e l'unica evasione da una società nella quale essi s1 ritengono sostanzialmente esclusi. N ella lotta alla diffusione degli stupefacenti sono soprattutto le misure preventive quelle che dobbiamo sforzarci di attuare per raggiungere un risultato positivo. Una informazione esatta sugli effetti delle droghe risulterà sempre molto più efficace di una azione repressiva. Secondo vari studiosi il .diffondersi dell'uso di queste sostanze tossiche fra i giovani è dovuto essenzialmente al desiderio di fuggire .Ja realtà, di liberarsi dalla « noia » della vita quotidiana cercando nuove esperienze. In effetti questi giovani, pur dotati di intelligenza, di cultura e di beni materiali, non sono talvolta capaci di adattarsi alle condizioni di vita che la società offre loro, e finiscono col ricercare nuove sensazioni ricorrendo alla droga. Da indagini condotte da L. Cancrini del « Centro per lo studio della tossicosi da stupefacenti e da farmaci psico ~attivi » dell'Un iversità di Roma,


risulta che, almeno in Italia, il 40 ~o dei giovani drogati ha trascorso l'infanzia in una famiglia disunita o priva della figura del padre, oppure in un collegio; o nei casi in cui il nucleo familiare è apparentemente unito esisterebbe, comunque, una situazione abnorme. Molti giovani soffrono di solitudine nel senso che, pur desiderando di essere apprezzati, curati, di « sentire » che vi sono persone che li amano e li considerano e quindi sentire che la vita è veramente degna ,di essere vissuta, hanno invece la profonda sensazione di essere soli. Lo spirito individualistico spinto all'eccesso, che caratterizza la struttura dell'attuale società, contribuisce ad accentuare maggiormente questo senso di solitudine, per cui il rifugio nei sogni che nascono dalla droga sembra a questi giovani l'unica via di evasione. Altre volte sono in causa conflitti emotivi non risolti , dispiaceri e resp>nsabilità familiari, situazioni immorali, ecc., a spingere il soggetto, incapace di trovare in se stesso la forza ed i mezzi di reazione, a far ricorso all'uso di sostanze allucinogene o stupefacenti. E' quindi solo attraverso un'analisi delle cause per cui un giovane si droga che si deve cercare di colmare quel fossato di incomprensione e di indifferenza che quasi sempre costituisce l'avvio alla droga. Il problema è, sì, di educazione di questi giovani, ma è soprattutto un problema <li rapporti tra adulti e minori, nel senso che devono anzitutto essere gli adulti consapevoli della propria responsabilità educativa, se vogliono realmente sentirsi educatori e guide nei confronti dei giovani. Si sente spesso ripetere a proposito di giovani drogati che ad essi « non mancava nulla » ; ma solo a pochi si affaccia il dubbio se non mancasse soprattutto il calore umano. Fare uso della sola repressione legale o ridurre il fenomeno al livello di di un semplice problema di ordine sanitario sarebbe come sottrarsi ad altre responsabilità e non risolvere che in parte il grave problema. Oltre che sul piano medico e legale appare chiaro che la lotta alla droga deve essere impostata soprattutto su un piano sociale e morale. E' indispensabile che il lavoro di prevenzione si svolga negli anni in cui i giovani si formano sul piano morale, fisico e intellettuale, e quindi sia nell'ambjto della famiglia sia, soprattutto, nel periodo scolastico, a cura di personale qualificato che completi e, ove occorra, sostituisca l'opera iniziata dai familiari. La propaganda contro i pericoli della droga deve condursi particolarmente nelle scuole medie superiori, là dove più facilmente, per l'età critica dei giovani che la frequentano, possono p.resentarsi le occasioni di essere attratti verso il fantastico mondo della droga. Nel limitato periodo che i giovani trascorrono alle armi non è possibile svolgere in profondità l'opera di prevenzione e bisognerà necessariamente


1

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rcstringerlo all'illustrazione dei pericoli che derivano dall'uso di stupefacenti e allucinogeni. D'altra parte il personale responsabile curerà il controllo dei militari sorvegliando in modo particolare quei soggetti che denunzino anormali stati emotivi o che abbiano avuto in passato sporadiche esperienze in materia di droga, perché - ripetiamo - molti giovani s'incamminano su questa pericolosa china spinti dal .desiderio di imitazione o ·dal gusto della novità. E' anche vero che il problema delle tossicomanie riguarda i militari in misura irrilevante: infatti rispetto alle segnalazioni di casi sempre più numerosi di intossicazione da droghe, pochissimi casi di ricovero per episodi iniziali sono stati segnalati presso gli O.M. e solo negli anni 1970-7r. Senza dubbio la vita militare, posiuvamente caratterizzata da ogni sorta di attività ginnico- sportive, da sano agonismo e da responsabile impegno morale elimina quell'atteggiam ento agnostico o di estrema contestazione che possono essere alla base della tossicofiJia e contribuisce a restituire la piena coscienza dei valori fondamentali dell'esistenza. Se poi, come abbiamo osservato, una delle principali cause del vizio della droga nei giovani è il malessere che deriva loro dal sentirsi come esclusi dalla società per mancanza di comprensione, apprezzamento, incoraggiamento, la vita militare può restituire ai disadattati un sereno equilibrio sia per il cordiale cameratismo che unisce fra loro i militari sia per l'atteggiamento imparziale e umano dei superiori. Nel quadro della prevenzione è anche necessario l'aggiornamento della legislazione vigente, da effettuarsi quanto più sollecitamente possibile, anche al fine di discriminare responsabilmente i consumatori, vere c proprie vittime della droga, dai criminali trafllcanti e spacciatori di essa. Ma è soprattutto sul piano dei rapporti affettivi fra il mondo degli adulti da una parte e quello dci giovani dall'altra che si deve puntare per eliminare questa ormai dilagante piaga sociale. Gli aduJti cioè dovranno prendere coscienza che i giovani, talvolta incompresi in famiglia, impegnati in un'aspra competizione, fin dagli anni scolastici, per emergere e raggiungere il successo quanto più precocemente possibile, finiscono per riunirsi in comunità con altri giovani che, già esperti dei paradisi artificiali della droga, li convincono a seguire la stessa strada per liberarsi dalla oppressione del metro di paragone negativo che la società, con i suoi miti di successo, costantemente offre. Da questo allo stadio successivo dell'abitudine alla droga con tutte le conseguenze fisiche, psichiche, morali c penali che ne possono derivare, il passo può essere breve. Il problema quindi potrà essere risolto se saremo capaci di intessere con i giovani un discorso educativo che abbia come presupposto la conoscenza delle cause dell'incomprensione che si determina, nella società attuale, fra generazioni <liverse. 4· • M.


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RIASSUNTO. - L 'A., dopo aver considerato i motivi che inducono i giovani all'u:,o di droghe, classifica le più note sostanze stupefacenti e allucinogene, con i fenomeni relativi alla loro assunzione, e le possibilità di prevenire l'intossicazione anche in rapporto alle norme legislative vigenti.

R ÉsuMÉ. - L'A. après avoir en visagé Ics raisons pour leS(juclles les jcunes gens ,'adonnenr aux drogues, classe les substances hallucinantes et Ics srupéfeants Ics plu~ connus, ainsi que les effets relatifs. Enfin il passe à examiner les possibilités de prévenir Ics intoxicarions par rapporr aussi aux cermes des lois en vigueur.

SuMMAAY. The Author, having con~idered thc reasons inducing young people to drug themselves, classille~ the most diffused drug~ with the pertinent phenomena, and considers the means of preventing inroxication, accordiog to the lows in force.

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!WFTIORATO DEL SERVIZIO VETERJ-.;-ARI O DELL'ESERCITO hpettore: :'>h):g Gen. Dott. ~l. R1 ~" OSPEDALE MI LITARE PRINCIPALE DI MILA~O Direttore: Col. Mcd. Dott. G. M ,\RCBIANl>

ESPERIMENTI SU TOPI TRATTATI CON ALFA-TOCOFEROLO E SUCCESSIVAMENTE SOTTOPOSTI A PANIRRADIAZIONE Magg. Vet. Dott. Umberto Pellegri - Fonnentini, Ufficiale Addetto Cap. Med. Dott. Carlo Poy, Capo Reparto Radiologia

EFFETTI BIOLOGICI DA RADIAZIONI IONIZZANTI E MECCA ISMI DI RADIOPROTEZIO E CHIMICO - BIOLOGICA A) ... SUGLI EFFETTI BI OLOGICI DA RADIAZION I ION!ZZANTI

Quando le radiazioni corpuscolate od elettromagnetiche attraversano la materia possono interagire con il substrato, cedendo ad atomi e molecole, in vario modo, la propria energia. Sia che l'interazione intervenga per effetto fotoelettrico, che per effetto compton o per produzione di coppie, l'evento fisico primario, cui si deve la cessione di energia, è fondamentalmente la ionizzazione o la eccitazione. Nel primo caso si avrà l'estrazione di un elettrone dalla nubecola periferica dell'atomo. Nel secondo caso invece si avrà una variazione orbitale verso uno stato più energetico dell'elettrone. Quando questi due fenomeni fisici intervengono su un substrato organico, essi costituiscono la base dei successivi fatti di ordine fisico- chimico : rottura di legami molecolari , liberazione di radicali ossidanti, formazione di nuovi legami casuali, ecc. Nei casi in cui il substrato organico sia costituito da una cellula vivente, la lesione biochimica varierà in funzione del tipo di molecola colpita e della sua localizzazione negli organuli cellulari, alcuni dei quali di semplice significato strutturale, altri deputati a riserve nutritive, altri ancora sede di processi biologici di ordine secondario ed infine pochi altri atti a governare, attraverso processi enzimatici, i più importanti fenomeni vitali. Non biso-


gnerà tuttavia trascurare come la composizione percentuale di ogm cellula sia prevalentemente rappresentata da acqua. Allorché le radiazioni incidono su un organismo pluricellulare, l'effetto patogeno varierà in funzione del significato biologico delle cellule colpite. A livello comunque biochimico, potranno essere distinti in seno alla cellula dei cc volumi sensibili» e dei cc volumi indifferenti » (TimofeefRossowsky). Molecole di alto interesse biologico (volumi sensibili) possono essere distrutte od alterate nella loro funzione o perché direttamente colpite dall'evento ionizzante (effetto diretto) o per l'anomala attività chimica che si instaura nei liquidi intra- ed inter- cellulari (effetto indiretto). Quest'ultimo largamente prevale nel meccanismo della produzione del danno biologico. L'acqua infatti è presente nei tessuti in notevole quantità, costituendo i liquidi organici e la struttura submicroscopica del protoplasma. Le sue molecole, per effetto delle radiazioni, sono sottoposte a processi di scissione noti come c< radiolisi dell'acqua», dalla quale deriva la formazione di radicali liberi ossidanti. Nell'effetto diretto, la molecola colpita può trasfom1arsi in un radicale organico che, reagendo con l'ossigeno, diviene un radicale perossile molto instabile, la cui decomposizione può comportare l'inattivazione biologica della medesima. Il processo viene rappresentato schemaricamente come segue:

Roo· ---~ inattivazione Diverse proteine, dotate di attività enzimatica od altra attività biologica, sono state irradiate allo stato secco. Alexander ed Huston sostengono che in esse i legami disolfurici sono molto resistenti e che la rottura della catena principale avviene a livello dei legami peptidici. L'emocianin a è stata la più studiata e si dissocia in maniera reversibile in due identiche unità. lrradiandola, invece, in soluzione acquosa non si riforma la molecola di partenza: le due identiche unità vengono modificate chimicamente per effetto indiretto. Questa scissione irriversibile è un esempio di rottura di un edificio molecolare, relativamente complesso, dovuto alle radiazioni. N ell'effetto indiretto, legato alla radiolisi dell'acqua, il fenomeno fisico della ionizzazione porta alla formazione di due ioni: l'uno negativo costituito dall'elettrone strappato alla molecola dell'acqua; l'altro positivo cosrittùto dalla molecola dell'acqua privata di un elettrone, secondo lo schema :

••• •••

••

H · O • H - --? e + H •o • H'

•• •


La molecola di acq ua eccitata vtene comunemente indicata con l'annotazione :

La presenza di questi ioni e molecole eccitate è causa, a sua volta, di formazione di radicali liberi e di prodotti quali l'idrogeno e l'acqua ossigenata. Le varie ipotesi formulate per spiegare il meccanismo di questo passaggio sono state riassunte da Lefort. L a notazione comunemente utilizzata è la seguente :

OH. +

H. (R)

dove i simboli M ed R stanno ad indicare rispettivamente la « reazione molecolare » e la (( reazione radicale» . La presenza o meno di ossigeno interferisce sul successivo destino dei radicali. Infatti l'acqua, in assenza di ossigeno, subisce sì la radiolisi, ma delle reazwm inverse ne ricosti tuiscono la molecola (Lefort): r) 2)

seguite da:

H . -1- OH. L a presenza dell'ossigeno modi lìca profondamente l'andamento di queste reazioni. Si ammette generalmente che la reazione :

sia per larghissima parte responsabile nell'impedire processt mverst considerati. Tale fenomeno, chiamato <<effetto ossigeno >1, è basilare nella teoria dell'effetto indiretto e rappresenta il fondam en to di una delle leggi della radiobiologia. Nel modificare la natura dei radicali liberi, esso ori enta le reazioni chimiche potenziando la componente irrcversibilc e gioca così un ruolo dell a massima importanza nell'aggravamento del danno biologico provocato dalle radiazioni.


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Sarà interessante riassumere brevemente le proprietà dei radicali:

a) Il radicale OH·, dotato di potere ossidante, può dar luogo alle seguenti principali reazioni: - ossidazione di atomi di ferro che passa dalla forma bivalente a quella trivalente: --~

Fe+++ + OH-

- sottrazione di un atomo di idrogeno da una molecola di sostanza organica, seguita dall'aggiunta di una molecola di ossigeno:

Roo· Questa reazione è importantissima nel processo di degradazione delle macromolecole. In assenza di 0 2, il radicale organico può legarsi stabilmente, mediante saldatura trasversale, con altro radicale organico, subendo il cosidR-R); detto « crosslinking » (R· + K -

riduzione di potenti agenti ossidanti.

b) Il radicale H0.2 , anch'esso dotato di potere ossidante, può produrre le seguenti più importanti modificazioni chimiche: -

cattura facilmente un elettrone

lo ione formatosi si combina con H

a formare acqua ossigenata

- sottrae, come il radicale OH·. atomi di idrogeno alle sostanze organiche secondo lo schema:

ll radicale organico, anche in questo caso, può lcgarsi con l'ossigeno o in assenza di questi subire il « crosslinking »; - ultima ed importantissima per la degradazione delle macromolecolc, la reazione di scambio:


t6o Il radicale RO' che ne deriva è molto instabile e suscettibile di succes. . . stve reaztont. c) II radicale H ' ha forte potere riducente. Tuttavia nelle soluzioni acquose irradiate non si instaura una situazione di equilibrio fra le ossidazion i dovute ai radicali OH' ed H0' 2 e le riduzioni dovute al radicale H' ; in esse si osserva preponderanza di ossidazioni. I radicali liberi, a loro volta, producono altera1.ioni nella configurazione molecolare delle proteine. Queste alterazioni possono generare aggregati molecolari di peso più elevato o portare alla degradazione per rottura della catena principale, con formazione di molecole di minor peso, e conseguente perdita dell'attività biologica specifica. Tali effetti sono evidenziati da: variazioni della viscosità, cambiamenti della tensione superficiale, della rotazione ottica e dell'indice di rifrazione. Per quanto riguarda l'inattivazione di alcuni enzimi, il risultato dal punto di vista biologico, è apparentemente meno completo. Secondo Barron, tale effetto pare sia dovuto al fatto che, esistendo nella molecola pitt di un gruppo capace di reagire con i radicali, non si arriverebbe fino all'inattivazione di tutti questi gruppi e si conserverebbe un certo grado di attività biologica. Al contrario, tutti gli enzimi contenenti il gruppo SH, verso il quale i radicali presentano grande affinità, vengono facilmente inattivati e l'ossigeno aumenta l'azione delle radiazioni. L'inattivazione avverrebbe secondo le seguenti reazioni (Barron):

I)

2- SH + 20H'

---~ -S-S -

+ 2 H 20

2 - SH + 2H0'2 --~ - S- S- + 2 H 20 2 2-SH .J.. H 2 0 2

- S- S- + 2 H 2 0

Altri enzimi, come la ribonucleasi e la carbossipcptidasi, sono inattivati nella stessa misura sia in presenza che in assenza di ossigeno. L'inattivazione pare sia dovuta al solo radicale OH'. Infatti, in presenza di 0 2 condizionante la formazione del radicale H 0'2, l'inattivazione dovrebbe aumentare, fatto che invece non si verifica. Per la d- aminoacidossidasi, si è potuto constatare un comportamento particolare: il gruppo proteico ed il gruppo prostetico subiscono lo stesso gradiente di inattivazione quando· si irradiano separata mente; irradiando invece una soluzione di enzima completo, solo il gruppo proteico viene distrutto. E' possibile che il gruppo prostetico sia non attaccabile dai radicali liberi, allorquando sia legato al gruppo proteico. L'inattivazione di altri enzimi, come la tripsma c la pepsina, si protrae anche dopo cessata l'irradiazione. Probabilmente si tratta della successiva dccomposizione di prodotti intermedi instabil i.


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Queste pocbe principali informazioni suJie alterazioni provocate dalle radiazioni , bastano da sole a dare un'idea di come tutta la biochimica cellulare, in definitiva organizzata e regolata da queste specie molecolari, possa venire compromessa. Infatti, m entre occorrono grandi quantità di dosi di radiazioni per produrre nella materia inerte modificazioni chimiche di un certo rilievo, nella cellula vivente possono bastare poche ionizzazioni per provocare profondi mutamenti ed anche la morte, purché abbiano portato alla distruzione di molecole essenziali al governo della vita cellulare.

B) ... SU/ MECCANISMI DI RADTOPROTEZIONE CHIMICO - RTOLOCICA

Radioprotezione significa prevenzione del danno biologico da radiazioni ed è acquisito, per definizione, il concetto che le sostanze protettrici devono essere già presenti nell 'organismo al momento della irradiazione. Ne consegue la differenziazione delle sostanze radioprotettrici daJ gruppo di presidi terapcutici che, somministrati dopo il danno da radiazione, esplicano invece un 'azione riparatrice. La ricerca di sostanze chimiche o di derivati biologici capaci di proteggere gli organismi viventi dall'effetto delle radiazioni ionizzanti, rappresenta tuttora il problema più importante nel campo della « difesa nucleare >l . Già da tempo sono note alcune sostanze che, preventivamente somministrate, riescono a proteggere animali sottoposti a dosi letali di radiazioni ionizzanti. Fra le più importanti sono da annoverarsi i composti sulfidrilici, cioè portatori di un gruppo SH, o sostanze che riescono a formare nel! 'organismo tale gruppo: cisteina, cisteamina o mercaptoetilamina (M.E.A.), cistamina, 2-aminoctilisotiuronio (A.E.T.), 2-mercapropropilguanidina (M.P.G.), 2-mercaptoetilguanidina (M.E.G.). La struttura chi mica che in questa serie di composti caratterizza le proprietà radioprotettive, è la seguente: una catena lineare di due o tre atomi di carbonio, con ad una estremità un gruppo su lfidrilico ed all'altra estremità un gruppo fortemente bas1co (aroma o guanidina):

c- c- (C) HS/

""

NH 2

La protezione contro dosi letali di radiazioni ionizzanti si raggiunge però, negli animali superiori, solo con alte concentrazioni di tali farmaci nell'organismo, raggiungendo posologie tossiche. Nel topo, per esempio, 3 mg di cisteamina riescono a proteggere il I00°{, degli animali da una dose rotiletale (700 r), mentre le dosi tollerabili fino ad ora utilizzare nell'uomo (200500 mg per via endovenosa non provocano apprezzabili disturbi) risultano,


rapportate al peso, da 40 a 50 volte inferiori a quelle usate per la protezione del topo (Greco) e pertanto prive di un equivalente effetto protettivo. Altre sostanze note: composti nitrilici, o portatori di un gruppo ossidrilico come gli alcooli e g li zuccheri, amine, ed in particolare le cosiddette « amine biologiche >>, agenti chelanti, i tiocarbamati, sostanze anossiemiche, ccc. In questi ultimi anni, poi, in parallelo con l'estensione del campo di applicazione dell'energia nucleare, sono state saggiate altre numerosissime sostanze, lontane tra loro come proprietà e struttura chimica, tali da rendere praticamente impossibile tentare una loro classificazione. Nonostante questa notevole mole di ricerche, non è stata ancora trovata una sostanza che corrisponda a tutti i r equisiti essenziali, caratterizzanti la sostanza radio protettrice ideale, definiti da Arghittu come segue : x" ~ massima efficacia; 2 " ~ scarsa tossicità; 3o ~ facilità di somministrazione (la v1a orale ovviamente appare la più idonea); 4o ~ possibilità di produzione per sintesi su scala industriale; 5o - lunga conservazione in normali condizioni di immagazzinamento c stoccaggio. L 'intimo meccanismo d'azione col quale agiscono le sostanze chimiche radioprotettrici, è tuttora imperfettamente chiarito. Le conoscenze nel campo della protezione farmacologica dalle radiazioni ionizzanti sono, infatti, strettamente connesse con quelle sul meccanismo della produzione del danno biologico che sembra imperniato su una serie di complesse reazioni a catena. Vi è però piena concordanza di vedute nel ritenere che l'azione delle sostanze chimiche radioprotettrici debba esplicarsi a livello dei primissimi fenomeni fisico- chimici, subito dopo l'assorbimento dell'energia, primo anello della sequenza dei processi che portano, attraverso una lesione biochimica, ad un danno strutturale submicroscopico e microsc~ pico fino all'insorgenza delle lesioni anatomiche. Sul meccanismo d'azione delle sostanze radioprotettrici sono state formulate alcune principali ipotesi: J) diminuzione della tensione di ossigen o nei tessuti (anossia ed ipossia): 2) protezione specifica dei gruppi SH delle proteine; 3) legame con i radicali liberi e competizione; 4) trasferimento di energia.

r) DIMINUZIONE DELLA TENSIONE DI OSSIGENO

El TESSUTI (ANOSSIA ED IPOSSIA) .

L'importanza dell'effetto ossigeno ha richiamato a tal punto l'attenzione di radiobiologi e radiochimici, da indurii a pensare che l'azione principale di un radioprotettore debba essere ricercata nella sua capacità di sottrarre


ossigeno ai materiali biologici. Tale teoria, la prima in ordine cronologico ed ancor oggi la più importante, è suffragata da molti dati sperimentali. Nel ratto, l'esperienza dimostra che se lo stato di ipossia esiste durante l'irradiazione, si può osservare un aumento della radioresistenza che si traduce in una sopravvivenza di più lunga durata (Hornung, Braun e Krackhardt), mentre se al momento dell'irradiazione l'organismo si trova in momento eccito- metabolico, si ottiene un aumento della radiosensibilità con una riduzione del tem po di sopravvivenza (Braun c Hornung). Anche la radioresistcnza degl1 animali ibernati od ibernanti, viene attribuita ad una diminuzione del metabolismo e della tensione di ossigeno nei tessuti. Esperienze condotte in tal senso sui pesci da Gros, Keiming, Bloch c Villain e sui ratti da Badesse e Marois dimostrano che il freddo possiede un'azione protettiva indiscutibile, a condizione però che sia applicato subito prima della irradiazione. Hollaender e Stapleton hanno osservato che la cisteina cd altre sostanze sulficlriliche, per essere mctabolizzate dall'Escherichia coli, abbisognano di ossigeno ed il loro effetto protettivo potrebbe essere ricondotto proprio a questo processo di sottrazione. A sostegno di tale tesi va citato il dato spe· ri mentale che la cisteina è meno attiva nelle esperienze condotte in assenza di 0 2• Racq cd Alexander pensano invece che, in assenza di 0 2 , i radicali H. ed OH. non possano portare alla formazione del nuovo radicale H0. 2 e che la cisteina eserciti proprio la sua azione entrando in competizione con quest'ultimo radicale. Tuttavia, di un gran numero di sostanze saggiate da Alexander, Bacq e coll., non è stato possibile chiarire l'efficacia protettiva con la sola ipotesi della diminuzione della tensione di ossigeno, giungendo all a conclusione che il meccanismo di competizione con i radicali liberi potrebbe essere verosimilmente l'effetto più generale. Ciononostante, in favore dell'anossia ed ipossia come meccanismo principale di radioprotezione, vengono normalmente citate diverse risultanze sperimentali. Una di queste è il constatato consumo di ossigeno da parte del radioprotettore. E' il caso di Hollacndcr e Stapleton più sopra descritto. Secondo Gray le sostanze tioliche (cisteina, cisteamina, M.E.G.), usate in sospensione di cellule isolate, ossidano rapidamente e for mano com posti ridotti - S - S -, consumando in tal modo l'ossigeno presente nella soluzione. Differente è il comportamento sull'animale, in vivo. In questi la quantità di ossigeno richiesta per ossidare i gruppi SH delle sostanze tioliche introàotte, è estremamente piccola in confronto alla quantità globale di ossigeno consumata di norma dal soggetto. Nel topo poi la cisteina è cinque volte meno attiva della cisteamin a, nonostante richieda una stessa quantità di ossigeno, per la sua ossidazione. Bacq sostiene inoltre che un gran nu-


mero di sostanze contenenti il gruppo SH, e quindi facilmente ossidabili , non sono protettive. Altro argomento è quello dell'instaurarsi di una anossia da alterazione del!' emoglobina. Alcune sostanze che hanno la proprietà di trasformare l'emoglobina, rendendola incapace di trasportare ossigeno, vengono descritte come radioprotettrici. Storer e Coon attribuiscono l'effetto protettivo esercitato nel topo dal paraaminopropriofenone (PAPP) al fatto che questa sostanza determini l'insorgenza di metaemoglobina in notevole grado. Secondo Cole, Bond e Fishlcr l'efficacia del nitrito di sodio sarebbe anche essa dovuta al suo potere di formare metaemoglobina. Gli aminofenoni e gli aminobenzeni, shtdiati da Doull, Plzak e Brois non presentano, invece, correlazione alcuna tra il grado di protezione esercitato ed il tasso di metaemoglobinemia. Nel topo, Plzak e Doull hanno rilevato inoltre che la quantità massima di metaemoglobina, in seguito a somministrazione di acetii- paraaminopropriofenone, si ottiene dopo tre o quattro ore, mentre la protezione massima si osserva nel giro di una o due ore. Da ultimo citeremo l'esistenza di una anossia farmacologicamente indotta. L'anossia, in questo caso, si ottiene con nnoculazione di sostanze che non interferiscono sull'emoglobina, ma possono provocare rallentamento della circolazione (acetilcolina, istamina e cisteamina), ipotensione e vasocostrizione anche prolungata (catecolamine e 5- idrossitriptamina). Nei mammiferi, infatti, dopo somministrazione di PAPP o di cisteina (Salerno, Uyeki e Friedell), si può osservare diminuzione della tensione di ossigeno nel sangue venoso. Le cosiddette « amine biogene » sembrano invece diminuire la tensione dell'ossigeno nei tessuti, dopo prolungate somministrazioni. L'acetilcolina, ]'istamina, la triptamina, la 5- idrossitriptamina, le catecolamine e la morfina producono tutte una marcata diminuzione della tensione di ossigeno e tale effetto non pare sia dovuto alla Loro presenza come agenti chimici, ma piuttosto per un effetto a livello del distretto cardiovascolare. Nei mammiferi, infatti, gli antagonisti farmacologici che riescono ad inibire gli effetti cardiovascolari di queste sostanze, diminuiscono od aboliscono anche la radioprotezione (van der Meer e van Bekkun, van den Brenk e Hass).

2) PROTEZIONE SPECIFICA DEI GR UPPI

SH DELLE PROTEINE (DlSOLFURf MISTI).

Eldjarn, Pihl e Shapiro hanno condotto uno studio interessante sul meccanismo di protezione di sostanze contenen·ti il gruppo SH, come la cistamina e la cisteamina.

,


Essi, mediante l'impiego di tracciante radioattivo (S35), hanno studiato la loro distribuzione negli organi del ratto e nel sangue dell'uomo e del topo. Le due sostanze si concentrano nella milza, nel midollo osseo e nelle surrenali; una forte percentuale si trova nel sangue legata in parti uguali alla emoglobina e alle siero- albumine. Tali sostanze si legano, inoltre, solo con le proteine contenenti gruppi SH e non contraggono legame alcuno con le proteine sprovviste di tali gruppi SH. Secondo gli AA. citati, la sostanza protettrice si legherebbe alle proteine radiosensibili a livello di un gruppo SH. Verrebbe così a formarsi un disolfuro misto, cioé un disolfuro di proteina - cistamina radioresistentc con protezione dci gruppi sulfidrilici della proteina dall'azione ossidante dei radicali liberi. T ale meccani smo viene schematicamente rappresentato in fig. 1 .

Pro t ein~ sensi bile

Sos tanz~ protettrice

Oisolt uro misto ra dioresi s t ente

®+o

~

R-S-S-R

2(P-S-S-R)

2(P-SH )

Espulsione d t li a sost . proll'ttrice

o

Pr otein .a

®

Fig. 1. - Meccani"ffio di protezione dei gruppi SH delle proteine, ~condo Eldjarn.

Gli AA., a conclusione delle loro cspen enzc, propongono l'ipotesi che l'azione di protezione delle sostanze contenenti il gruppo SH, non sia dovuto alla inattivazione o neutralizzazione di radicali mediante legami con gli stessi, ma piuttosto ad una protezione specifica, in seno alla cellula, dei gruppi SH delle proteine. 3) LEGAM E CON I RADICALI LIBERI E COMPETIZiONE.

Già abbiamo visto che, come termine ultimo del processo di radioli si dell'acqua, si ha la formazione di radicali liberi H . ed OH i quali, in presenza di ossigeno, possono dar luogo a delle reazioni che conducono al radicale H0"2 • Si è visto inoltre che i radicali oH· ed H0" 2 , a causa delle loro proprietà ossidanti, possono sottrarre atomi di idrogeno alle molecole delle sostanze organiche, con conseguen te formazione di radicali organici R·. Si ipotizza che le sostanze radioprotettrici riescano a coniugarsi con i radicali liberi e con i radicali organici (fig. 2):


166

• Fig. 2. - Probabile meccanismo di protezione. La ~~tanza protettrice (S) reagi!>Ce con i prodotti intermedi (Z) generati dalle radiazioni ed in tal modo non restano inattive rutte le molecole enzimatiche (E). A sin., con effetto protettivo; a ds., senza effetto protettivo. (da FRrn - •rccu)

- i radicali OH' ed OH' 2 possono essere neutralizzati, prima di poter reagire ulteriormente con il substrato biologico, dai protettori sulfidrilici (OH' + SH - --7 - il radicale organico R' può subire, per effetto delle radiazioni , altre successive modificazioni che portano alla perdita dell'attività biologica spcc1fica, legandosi con l'ossigeno molecolare e dando vita ad un radicale perossile altamente instabile:

R' + 02 - --7 Roo· I protettori sulfìdrilici potrebbero sia proteggere la molecola danneggiata prima che reagisca con 0 2 (R' + SH RH + S') sia combinarsi con Roo· e dare un composto stabile che conserva l'attività biologica. Alexander e Charlesby, sperimentando su rnacromolecole, schematizzano come segue le varie reazioni di protezione possibili:

1) irradiazione:

RH ---~ R·

2) in assenza di 0 2 :

R' + R'

R- R (crosslinking)

3) in presenza di 0 2 :

R' + 0 2

Roo·

4) SH presente, 0 2 assente: R' + SH - --7 RH + s· (protezione)

5) SH presente, 0 2 presente: competizione tra 3) e 4).


Vi sarebbe inoltre la possibilità delle seguenti alternative:

-

Roo· viene stabilizzato in ROOH;

-

Roo· viene ridotto dal protettore in RH, prima che abbia il tem-

po di scindersi nuovamente.

4) T RASFERIMENTO DI ENERGIA. Il meccanismo di protezione che va sotto questo nome, si basa sul concetto che l'alterazione chimica provocata dalle radiazioni non debba necessariamente prodursi nel punto ove l'energia è stata assorbita, ma che tale energia possa essere trasferita a distanze relativamente considerevoli. E' ovvio che il trasferimento debba avvenire con decorso rapidissimo, in modo da competere con i processi che tendono a demolire la molecola in esame ( I0- 13 - I 0- 9 secondi).

·c- c-c-c-c-c-c-c-c l ___ '"" l F __ . _J

~

Fig. 3· - Trasferimento di energia nd polistirene, secondo Bacq.

Tale trasferimento di energia può avvenire per via intra- od ìoter- molecolare. Nel primo caso la lesione chimica non avviene a livello dell'atomo assorbitore, ma ad una certa distanza. Nel polistirene, per esempio, l'energia assorbita da un atomo di carbonio viene trasportata lungo la catena e tende ad accumularsi a livello degli anelli del benzene (fig. 3). Le strutture aromatiche, pertanto, appaiono idonee a proteggere la catena principale della molecola mediante un meccanismo di trasferimento intra- molecolare. L'energia può trasmettersi inoltre da una molecola ad un'altra, anche se sono tra loro separate da distanze di più diametri molecolari. Bacq riporta un esempio di trasferimento inter- molecolare di energia: se si irradiano delle pellicole di polimetilmetacrilato, la degradazione delle molecole costituenti il film può essere ridotta mediante l'aggiunta preventiva di ad-


168

dit1vi. Inoltre l'additivo, per una determinata quantità di radiazioni, viene maggiormente decomposto quando è aggiunto al polimero, rispetto a quando viene irradiato da solo. Questa esperienza dimostra che parte dell'energia in eccesso è stata trasferita dalle macromolecole all'additivo. La mercaptoetilamina (M.E.A.) è attiva come agente di trasferimento di energia. I derivati suLfidrilici, in maggior grado, e le amine sono reputati degli eccellenti agenti di trasferimento di energia.

*** Da quanto esposto, deriva che non è possibile stabilire aprioristicamente con quale dei meccanismi descritti agisca una sostanza protettrice negli organismi viventi. Bacq ed Alexander, nel far presente che non esiste argomento valido contro l'ipotesi che non uno ma più meccanismi possano essere attivi contemporaneamente e sinergicamente, sono dell'avviso che il meccanismo di base sia quello della competizione. Essi partono dal concetto che il radicale H0. 2 giochi il ruolo essenziale nei fenomeni biologici ove agiscono le sostanze studiate e spiegano la protezione conferita col fatto che tali sostanze entrino soprattutto in competizione con questo radicale. Arghittu, in accordo con Royer, ha riassunto i vari meccanismi proposti e li ha schematizzati in tre tipi, che si susseguono cronologicamente a livelli diversi: - « anossia anossica», ossia soppressione di ossigeno all'origine, che si può ottenere irraggiando in atmosfera carente di ossigeno o in riduzione di metabolismo, per esempio mediante ibernazione artificiale; - « anossia tossica >> mediante somministrazione di sostanze che producono metaemoglobina, provocano rallentamento della circolazione, inducono ipotensione o vasocostrizione; - il terzo tipo, più complesso, comprende il meccanismo di competizione con i radicali ossidanti e con l'ossigeno, nonché il meccanismo di combinazione del protettore con la proteina (disolfuri misti) e le reazioni di trasferimento di energia. (Continua)


RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

MALATTIE VENEREE

A. L., TURNER R. H., LuCAs J. B., BRowN W. J.: Th"apy for incubati11g Sypllilis. Effectiveness of Conorrhea treatment. (Efficacia del tratwmento antig~

$CHROETER

nococcico anche contro la sifilide allo stadio di incubazione). 1971, \'01. 218, n. 5, pag. ] I L

JAMJ\, r0 nov.

La lotta contro la sifilide verrebbe ad acquistare una maggiore efficacia qualora la terapia che si attua oggi conrro le forme acute di gonorrea fosse contemporaneamente curativa anche contro la luc che si trovì ancora allo ~tadio di incubazione. A tal nne è stato condotto uno studio su 127 pazienti esposti al contagio luetico e trattati durante il periodo di incubazione (trenta giorni) con il siste ma di cura contro la gonorrea consigliato dal Servizio di Sanità Pubblica degli Stati Uniti (4,8 milioni di unità di penicillina G procaina in soluzione acquosa). A disl3Dza di tre mesi dal trattamento un accurato esame clinico e sierologico mise in evidenza che l'infezione luetica avev.a abortito nel xoo% dei casi esposti al contagio. Contemporaneamente al gruppo dei pazienti esposti al contagio luctico e trattati con penicillina, un altro gruppo di pazienti e~posti egualmente all'infezione fu trattato con pl:tcebo. I n questo !>C'Condo gruppo di pazienti la sifilide si manifestò nel 30°·~ dei casi esposti al contagio. Da queste importanti osservazioni si può dedurre che la terapia antigonococcica, a base di Penicillina G procaina in soluzione acquosa (4,8 milioni di Unità) è efficace :tnche nel far abortire l'infezione luerica durante il periodo di incubazione. G. ARCHITT\.1

MALATTIE INFETTIVE

CHtAROITI C . , GRAZIANO

F.: Andamento epidemiologico della poliomielite in Italia. -

Annali Sciavo, 1971, 13, n. 3, pag. 251. I brillanti risultati ottenuti in Italia nella campagna di eradicazione della poliomielite possono essere paragonati a quelli ottenuti nella campagna di eradicazione della malaria. La vaccinazione antipoliomielitica con il vaccino attenuato di S:tbin fu introdotta in Italia nel marzo del 1964. Da allora è stata osservata in Italia una drastica riduzione dei casi di poliomielite. In fatti ù::dla media ann.uale di 3435 casi d i poliomielite registrati in Italia nel periodo

5· - M.


170

1959 r963 si è scesi ai 64 casi del 19()9. Di questi ultimi il 50° 0 è stato registrato nel I'Icalia meridionale. Insieme alla drastica riduzione della morbosità si è O;~en-ata anche una accentuata diminuzione _della mortalità, che è scesa dal 12,) 0 •0 al ) 0 • In quasi tutti i casi accertati di poliomielite è stato isolaro il virus del tipo 3· Per consolidare i brillanti risultati ouenuti nella campagna di eradicàzione dell:1 poliomielite in Italia o per arrivare alla totale scomparsa di questa temibile affezione virale è necessario proseguire cd estendere la lotta a mezzo della v:Jccinazione di tutti i bambini. C. ARGHlTTU

IGIENE AU.\fE:VTARE

TiccA M., To~lAssr G.: Conservaztone degli alimenti con tl freddo: metodi e influenza eu/ valore nutritivo. Il Policlinico, 1972, 2, H· La caratteristica principale dell'alimentazione del nostro tempo è data dagli wariati trattamenti tecnologici cui sono ;ottoposti gran parte dei prodotti destinati alla alimentazione umana. Questi trattamenti hanno principalmente la funzione di esten dere la disponibilità nel tempo dei prodotti alimentari. La conservazione dei cibi mediante le basse temperature è oggi una delle tecniche piìt diffuse: il principio su cui si basa consiste nel fatto che una riduzione della temperatura determina un'azione « batteriostatica" e una diminuzione della velocità delle reazioni chimiche ed enzimatiche che a\·vengono tra i componenti degli alimenti. Quando si parla di alimenti conserYati col freddo bisogna distinguere tra refriJc· rn7ione c congelamento. La refrigeraz-ione degli alimenti si ha con temperature pro~sime ma non infer iori agli o•C per cui tutta o la maggior p::trtc dell'acqua in es:.i contenuta è ancora allo stato liquido; in generale la temperatura raccomandata è appena al di sopra del pun,o di congelamento ma è da rilevare che per ogni tipo di alimento esistono delle temperature di refrigerazione ottimali e che queste sono in relazione anche con le dimensioni del campione da conservare c col suo grado di maturazione. Ulteriori progressi si sono recentemente ottenuti con la costruzione di impianti refrigeranti in atmosfera controllata a concentrazioni di co2c 02 ottimali. Il congelamento degli alimenti si ha quando la maggior parte dell'acqua viene trasformata in ghiaccio e rappresenta un progresso rispetto alla refrigerazione in quan:o permette la conservazione degh alimenti per un periodo più lungo. Per arrivare al congelamento bisogna che siano raggiunte temperature sensibilmente inferiori a quella di gelo, ma ciò che è soprattutto importante è la velocità di congelamento. In questi ultimi tempi si è andata sempre più affermando la tecnica del H congelamento rapido n o H surgelazione » che presema rispetto al con~telamento lento il fondamentale vantaggio di causare la formazione di aggregati cristallini molto più piccoli che non danneggiano l'impalcatura istologica dei tessuti al contrario di quamo avviene col congelamento lento. Le apparecchiature usate si basano su tre prio.cipi: contano con aria, con acqua e con corpi solidi (quest'ultimo è il metodo più diffuso). l fattori che influiscono sulla durata di conservazione del surgelato sono la temperatura di mantenimento dopo il congelamento e la costanza rigorosa della stessa: in

'


l j l

so<.tanza è la « storia termica >> del prodotto cioè il numero di colpi di calore che esso ha subito che determinano la qualità migliore o peggiore della conservazione. Un problema di notevole importanza è quello dd mantenimento dd valore nutritivo degli alimenti conservati con il freddo. Nonostante la frequente discordanza dei pareri tra i vari ricercatori, in relazione anche alle diverse condizioni sperimentali usate, si può affermare che in genere sia le proteine che i carboidrati non vanno incontro a perdite di Yalore nutritivo mentre i wassi possono irrancidire in seguito a fenomeni d'idrolisi e ossidazione con perdita di vitamine liposolubili. Per quanto riguarda la perdita di vitamine, in particolare idrosolubili (B., 8 1 , PP e C) e anche dei sali minerali, queste si possono avere noo tanto per l'effetto del congelamento quanto per i tratramenri preliminari come la scottatura o « blanching ». Il congelamento invece causa perdite sensibili solo dopo 10-12 mesi per quanto riguarda le vitamine B 1 8 2 PP. La vitamina C invece va incontro a diminuzioni note/oli sia nel pre- trattamento che durante i processi di congelamento e conservazione. Gli AA. concludono sottolineando l'importanza di un 'adeguata «carena del freddo » dalla produzione al consumatore cd inoltre su una corretta utilizzazione del pr>c.lono congelato da pane del consumatore.

P. TARR0:-11

\fEDICINA INTERNA

Lu, SINGIIAI. S. ., BuRL E\" D. M., CRossLE\ G.: Ejfect of rifampicin and isoniazid on liver Junction . - British Medicai Journal, gennaio 1972, 148.

$ATI:-;DER

La rifampicina si è dimostrata un potente farmaco antitubercolare paragonabile nella sua azione all'isoniazide. Sia l'isoniazide che la rif ampicina sono metabolizzate nel fegato. La rifampicina è deacetilata a deacetil- rifampicina che, escreta soprattutto attraverso le vie bili:ui non è ben rias~rbita dall'intestino; l'isoniazide è deacctilata a velocità differenti nei vari individui. Gli AA. descrivono la loro esperienza sulle reazioni epatiche di 63 pazienti affet•i da tubercolosi polmonare o linfonodale in relazione ad un trattamento associato rifampi<:ina - isoniazide. Il 29% dei pazienti mostrarono un aumento della transaminasi glutammico- ossalacetica (SGOT) intorno alle 6o unità / mi c un piccolo numero di pazienti mostrarono anche un aumento della bilirubina serica con valori intorno a r ,s mg/ 100 mi. 1 d la maggior parte dei casi queste alterazioni si manifestavano nelle prime 12 settimane di terapia e persistevano in media per due settimane, indipendentemente dall'interruzione o meno del trattamento. E' stato notato anche un rapporto tra comparsa di alterazioni epatiche (aumento della SGOT e della bilirubina serica) e fenotipo acetilatore nel senso che le alterazioni compaiono di solito negli « acctilatori lenti ». Gli AA. concludono affermando che il trattamento associato rifampicina - isoniazide possa presumibilmente provocare qualche danno a livello epatico, specialmente nei soggetti il cui fenotipo acetilatore indichi che essi metabolizzano lentamente l'isoniazide, ma che queste alterazioni non precludono il trattamento in pazienti con fun7ionalità epatica primitivamente normaJe in quanto esse si sono dimostrate lievi e non ~pecifiche. Invece, avvertono gli AA., il tr:mamento dovrebbe essere evitato in soggetti alcolizzati o con alterazioni epatiche di altra natura.

P. TARRON1


CARDIOLOG/.1. SToCK J. P. P.: New frontiet·s Ì1l arrhythmias.- B.rit. Heart J., 1971, 33, 809 - 816. La comprensione dei meccanismi responsabili dei disordini del ritmo cardiaco si è resa sempre più necessaria per un più corretto tranamento delle aritmie sia nell'infar~o del miocardio che nella cardiologia. Uno dei problemi più importanti è la diagnosi differenziale fra battiti di origine sopraventricolare a conduzione aberrante e batti~i ectopici ventricolari. La derivazione più utile è quella toracica V1 • Per 1·endere questa più praticabile nelle unità coronariche ed in caso di cardiochirurgia, Marrott e Fogg hanno introdotto la MCL (modified chest left arm lead), in cui l'elettrodo positivo è posto nelle classiche sedi delle V (MCLL o MCL6 ) (oppure sul lato sn dell'addome pc: una M 3 ), mentre quello negativo sotto il r / 4 esterno della clavicola sn, e quello a terr.l sotto il r/4 esterno della clavicola ds, fissando ruHi i fili sulla scapola ds. Le recenti ricerche di Rosenbaum et al. hanno dimostrato che il fascio di His origina dalla « coda>> del nodo a- v e si divide in tre fasci distinti: la branca cis, la divisione anteriore e quella posteriore della branca sn, per cui un blocco di conduz.!one può occorrere in ciascuno di questi tre fasci isolatamente od in combinazione simultanea di due o di tutti e tre i fasci. Il blocco isolato della divisione posteriore ddla branca sinistra (emiblocco posteriore) è molto raro, mentre l'emiblocco anteriore sn è più comune e la sua causa più fre-quente è l'infarto miocardico anteriore nei soggetti di età matura e la valvulopatia aortica, alcune cardiopatie congenite o le cardiomiopatie in quelli più giovani. Anche frequente è il blocco della branca ds con un emoblocc.o anteriore sn, che può essere defìn.ito come 1c blocco della brru1ea ds con deviazione assiale sn )). La etiologia più comune è, come per l'emoblocco anteriore sn isolato, ma esso può occorrere anche senza alcuna cardiopatia clinica, delineando così, a seconda dell'età, la sindrome di Lenegre o quella di Lev. Il blocco della b-ranca ds con cmiblocco posteriore su è meno comune e può occorrere o durante un infarto micardico acuto od anche senza alcuna cardiopatia clinica, ma può anche esso sfociare in un blocco completo a- v. La spiegazione classica della conduzione aberrante dei battiti giunzionali a- v a mezzo delle vie preferenziali di Maraim non può essere più sostenuta, perché, secondo Rosenbaum et al., essi sorgono dalle parti prossimali dei tre fasci principali di conduzione. Una tecnica di notevole valore nella interpretazione della conduzione a- v normale e patologica è stata introdotta da Scherlag et al. con l'elettrodo- catetere, per il quale si può registrare una depolarizzazione del fascio di His, con una deflessione H che cade entro l'ifltervallo PR, il quale viene così ad essere diviso in due parti: PH (od AH) t~d HG (o HV). Alla luce di questa Jluova tecnica è possibile ora localizzare b reale se.cle dci vari blocchi di conduzione (vari gradi di blocco a- v, ritmi giunzionali, il cosiddetto pseudoblocco a- v, la sindrome WP'W) e soprattutto differenziare esattamente i battiti sopraventricolari dai ritmi con conduzione ventricolare aberrante per ectopia ventricolare. Sfortunatamente, ru1cora per ora la tecnica richiede uno strumentario specializzato, ma è sperabile che un grande progresso si possa avere se si sar~t potuto trovare un modo di reg istrare la deflessione H dall'ecg di superficie, così da potere anche bene interpretare il meccanismo elettrofisiologico delle tacbicardie sopraventrkolari. Un punto finale, conclude l'A., che può avere conseguenze terapeuricbc, è che Rigger e Goldreyer sono stati capaci di iniziare a volontà una rachicardia sopraventricolare da meccanismo reciprocante oppure da focus ectomico e di troncarne gli attacchi con uno stin1olo elettrico tempestivamente applicato. M ELCHlONDA

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1

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G., BoU!tOON A., SAAOJIAN A. JoovE A.: Diagnostic des insuffi.mnce.r mitra/es d'expression phoniques atypiques par !es épreuves clinico- pharmacodynamiques. Arch. Mal. Coeur, 1971, 64, 1613- 1632.

H EUILLET

E' un lavoro molto interes~ante che fa una re,·isione critica della interpretazione tunzionale ed an atomo- patologica delle espressioni foniche atipiche dell'insufficienza mitralica, sulla ba.'\C delle prove cli11ico- farmacodinamiche. Sulla scorta di 40 casi personali, gli AA. distinguono 5 tipi di insufficienza mitralica ad espressione fonica atipica: r) insufficienze mitraliche che comportano un soffio mesotclesistolico iniziato o meno da un click, il quale può a volte e~serc anche isolato; 2) insufficienze mitralichc che si rraduccno con un soffio con le caratteristiche di un soffio sistolico << da ejezionc •> ; 3) insufficienze mitraliche « mmc », nelle quali cioè esiste un rigurgiro, ma senza traduzione stetoacustica; 4) forme di transizione tra la forma atipica e le forme già descritte; 5) insufficienze mitraliche che accompagnano le cardiomiopatie ipertrofiche più o meno ostruttive. Molto utile per la chiarificazione emodinamica di questi ripi è la manovra di Valsalva, la quale permette anzitutto di fare una distinzione fra origine destra e ~inistra della espressione fonica. Le prove fannacodinamichc sono rappresentate soprattutto dalla inalazione del nitrito di amile, poi dalla perfusione endovenosa della fenilefrina e, nel caso di sospeno di una cardiomiopatia ostruttiva, dalla somminisrrazione sublinguale della isopropil noradrenalina. Gli AA. fanno una dettagliata descrizione delle modificazioni cronologiche e morfologiche provocate da questi farmaci. E.~si concludono affermando: 1) il riconoscimento di queste forme di insufficienza mitralica ad espressioni ste· toacustichc atipiohe, non ha solo un interesse specubttvo, ma anche terapeutico, sia medico (profilassi di una endocardite batterica, ad es.), sia chirurgico (protesi valvolare); 2) la fonomeccanografia, eseguita con le pro\e clinico - farmacodinamiche descritte, permette di porre con precisione la diagnosi di insufficienza mitralica atipica, evitando così od orientando un:1 eventuale esplorazione cmodinamic3 cruenta; 3) l'aspetto fonico non permette di stabilire con precisione il reale meccanismo fisiopatologico del rigurgito o della les.ione in causa, cioè la precisa patologia delle componenti del complesso mitralico, che potrà essere chiarita solo dai controlli anatom'>patologici o dalle ricerche grafiche cruente; 4) si re nde necessaria una nuova classificazione dei soffi cardiaci, dopo quella pur di notevole importanza di Leatham, poiché questa, se ha reso innegabili servizi soprattutto didattici ai clinici, non cc.pre totalmente rutta la gamma delle cvemualid che si possono incontrare nella pratica. MELCHIONDA

GLANCY D.

L., MARCUS M. L., EPsTEIN S. E.: Myocardial infat·ction in young rvomen IIJÌth norma/ coronary arteriograms. - Circul., 1971, 44, 495 - 502.

Gli AA. riportano i casi di due donne di 34 e di 36 anni rispettivamente che avevano sofferto di un infarto miocardico acuto anteriore transmurale con un quadro clinico, ecgrafìco ed umorale enzimo - serico chiarissimo.


1

74

In queste donne fu eseguita una cinecoronarografia selcui,·a a d istanza di 29 e 57 mesi rispctti,·ameme, quando l'ecg mostrava ancora le alterazioni caratteristiche ed !l ventricologramma mo~trava delle contrazioni marcatamente diminuite di un ampto segmento della parete anteriore c dell'apice. La ricerca coronarografica non mostrò alcun restringimento coronarico. Una revisione della letteratura ha mostrato che questa osservazione può considerarsi affatto originale. La patogene~i degli infarti miocardici in queste pazienti è sconosciuta, ma gli AA. ritengono che molto ,·ercsimilmente la causa degli infarti sia stata una occlusione improvvisa di una coronaria discendeme anteriore, di per se ~tessa normale, per una embolia od una trombo~i in situ con susseguente lisi del trombo e ricanalizzazione. M ELCII IO:-:DA

M. jr., Dt:-;sMcRE R. E., WtLU-.RSOl' J. T., Dii SA:-CTt s R. W.: Early systolic clicks du~ IO nutra! va/v~ prolaps~. - CircuL, 1971, 44· sr6.

H urrER A.

I clicks protosi~tolici, cioè occorrenti entro i primi So m f sec dal 1 ° tono, sono abitualmente considerati come clicks da ejczione, cioè dovuti o all'apertura delle scmib nari od all'cjezione del sangue nei grossi \'asi della ba!>c. Gli AA. riportano però 4 casi in cui essi erano di chiara origine mitralica (controllo cineangiografìco), dovuti cioè ad un prolasso della vahola mitrale. Essi conducono una diagnosi differenziale fra questi clicks da rigurgito mitralico e quelli veramente da ejezione, sulla base dell'analìsi del caroùdogramma e delle modificazioni cronologiche e morfologiche che intervengono al seguito delle manovre rv spiratorie, compresa la manovra di Valsalva, e delle prO\'C farmacodinamichc con il nitrito di amile. MELCHION DA

B., WHITE R. S., Ht LL J. C., KAGLE J. P., Cl-tETfLI N M. D.: Afidsystolic clicks in arum'osclcrotic hcart disea.rt:. A new facet in the clinica! syndrome of papillary muscle dysfunction. - Circul., t97r, 44, 503 - 515.

$TEEL~tA~ R.

G :à da tempo i clicks mesosistolici, da non ejezione. diventati oggetto di studi sempre più frequenti, sono stati riconosciuti come originanti dell'apparato sospensore mirralico e preci amcnte da ,-ibra:r.ioni sorgenù da corde tendinee allentate che sono improv\'i5amente portate in tensione. Accompagnati ~ \'Olte anche da un soffio, sono \lati osser vati anche in pazienti con coronaropatic. Gli AA. riportano i dati dello ~tudio in 15 pazìenti con diagnosi clinica di cardiopatia arteriosclerotica con djsfunzi one mitralica, ponatori di un click sistolico seguito in 4 da un soffio tclesisrolico ed in uno da un soffio dolce olosistolico. L'origine mitralica dci dicks c dci soffi fu precisata dalle prove farmacodinamiche con il nitrito di amile e con la fenilcfrina (modificazione cronologica e morfologica). In questi casi su base coronaropatica l'anormalità primaria giace però più che nelle corde rendinee per se stesse (:.trutture avascolari), nelle strutture che esercitano una contrazione subnormale potrebbe risultare in un allentamento delle corde tendinee che, per effetto della sis10le, possono essere porrate b-ruscamente in te nsione, producendo un rumore di schiocco ad alta frequcnzn (il click). Le ricerche ventricolografìche confortano questa interpretazione.


1

(Quc~ro laYoro è stato oggetto anche di

~tesso fa~cicolo della Rivista,

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una disamina cnttca, come editoriale nello

da Lewis H. P.: « Midsystolic clicks and coronary hean

disease n). MELCI-11(; !"0.\

J. P., PATTERSON D. F.: lncomplt!te right bundlt!- branch block. An t!lutrocardtographic t!mgma and possiblt! munoma. Circul., 1971, 44, 678 - 687.

M oou E. :-J., MoJNEAU

Il blocco di branca destro incompleto, car:merizzato da una immagine rSr' o rsR' in V 1 dd complesso QRS, la cui durata ~ solo lievemente aumentata, è abitualmente interpretato come dovuto ad una anomalia di conduzione nel sistema periferico delle fibre del Purkinje. Esso però è un termine piuttosto ambiguo dovuto ad una variaz ione molto ampia della configmazione del QRS e della sua durata. La base :matomopatologica si ritiene data da lesioni acquisite, congenite o sperimentali, di dertc fibre nel ventricolo destro. Sono però stati riportati casi nei quali non vi era alcuna lesione cardio\'ascolare dimostrabile, anche se lo studio elettrofìsiologico di es~i ~ia molto difficile cd in alcuni casi impossibile. Gli AA. hanno avuto l'opportunità di studiare tali blocchi spontanei in membri di una famiglia canina che poterono essere studiati ~ia in \'ita con ricerche elettrofisiologiche e con cateterismo cardiaco, sia con un riscontro anatomo patologico. Mentre le due ultime ricerche poterono escludere la presenza di una cardiopatia, le prime permisero di affermare che non vi era alcuna anormalità di conduzione nel sistema di conduzione specialinato del \'entricolo destro. Unico risultato anatomopatologico fu la presenza di una ipemofia focale della parete libera del \'entricolo destro. E' interessante il fatto che questi casi appartenevano ad una famiglia canina in cui la femmina era portatrice di una stenosi polmonare cd il maschio di un difetto del setto interventricolare. Gli AA. ritengono che a \Oite il blocco di branca destro incompleto può essere espressione solo di una variazione di sviluppo di questa parte, su base genetica, piuttosto che eli una anormalità del ~i~terna di conduzione vcntricolarc destro. La occorrenza frequente di for7,e del QRS dirette in avanti ed a destra (rSr' e S,S~S~) in persone apparentemente sane può pertanto rappresentare in parte solo una \'ariazione normale dello spessore e della distribuzione della massa del \·entricolo destro. MELCHIONOA

MEDICINA SPAZIALE SCHAF.FEa I l. 111

J.: Comparativi! t!valuation of radiation t!nvironment in the biosphtrt! and

spact!. -

NASA, Joint Report, dicembre 1<)68.

L'atmosfera della terra rappresenta una barriera proteuiva equivalente ad un'armatura d'acciaio dello spessore eli 125 centimetri, ed offre qu indi ttn'cffìcace protezione verso le radiazioni ionizzanti di origine extraterrestre. Con l'avvento dell'era spaziale, in cui l'uomo lascia la barriera protettiva costituita dall'atmosfera, si pone il problema di stabilire gli effetti dannosi che il nuovo ambiente radioattivo potrebbe a\ere sulla costituzione genetica e somatica dell'uomo.


Il livello naturale delle radiazionj nella biosfera terrestre varia da valori mmuru di 6 microremfora sopra l'oceano a valori 300 volte più alti registrati in alcuni territori geologici. Il fatto che questi ultimi valori coincidano con quelli più bassi registrabili nello spazio in condizioni di quiete solare, solleva la questione se e fino a che livello l'organismo umano possa mantenere l'omeostasi con dosi d'irradiazione ancora maggiori quali potrebbero essere raggiu nte in ambiente spaziale. La soluzione di questo problema permetterebbe una definizione della Dose Massima Permissibile (DMP) più vicina alla realtà di quanto non siano le troppo prudenti DMP ufficiali. Per quanto riguarda le missioni spaziali a lungo termine, poiché le difese da tempeste proroniche sulla luna e sui pianeti potrebbero essere costrwte con materiale roccioso del posto, si deve considerare solo l'esposizione a radiazioni galattiche. E' probabile che questa esposizione determini un danno cronico inapparente, nel senso di un accorciamento della durata di vita. Estrapolando i dati sull'accorciamento di vita indotto nel topo ir.radiato con .raggi gamma e neutroni, si arriva a stabilire un accorciamento di circa il 25 per cento, nel senso che per 100 giorni passati nello spaz io la durata della vita residua dell'astronauta sarebbe accorciata <li 25 giorni. Oltre alle radiazioni galattiche due altri campi di radioattività contribuiscono ad aggravare il r.ischio per la vita dell'uomo nello spazio. O:mtrariameore al precedente questo genere di radiazioni implica delle esposizioni acute a livelli di radio·attività che raggiungono i 100 .adfora. Uno d i questi campi è limitato ad una streua fascia nella magnetosfera terrestre chiamata « Radiaùon Belt » e costituita da particelle int.rappolate, principalmente protoni ed elettroni, spinti in traiettorie obbligare dal campo geomagnetico. Il secondo tipo è costimito da fasci di particelle solari, formate principalmente da protoni spinti nello spazio interplanetario dalle tempeste solar.i. Per quanto riguarda le missioni spaziali le particelle intrappolate dei « Radiation Bdts » rappresentano un serio problema nel caso di satelliti in volo orbirale intorno alla terra, mentre non costituiscono un pericolo nel caso di missioni verso altri pianeti in quanto queste implicano solo due veloci passaggi attraverso il campo radioattÌ\·o all'inizio e alla fine del viaggio. Le particelle solari, al contrario, possono incontrarsi in un volo spaziale solo per brevi pedodi e a caso. Visto che non è possibile, per motivi di peso, provvedersi di pesanti armature difensive contro queste radiazioni « accidentali))' un piano operativo dovrebbe considerare l'esposizione a fasci solari come un'occorrenza di « routinc » e dovrebbe fornire in anticipo dettagliate istruzioni riguardanti il proseguimento della missione in relazione sia alla gu~tità dell'esposizione che all'importanza del viaggio. Un pre - requisito essenziale per un tale piano sarebbe la precisa ed istantanea informazione sul grado di esposizione accumulata dagli astronauti e quindi sul margine restante per le operazioni di salvataggio. A quest·o scopo i fisici sanitari dovrebbero fornire una scala dettagliata dei liveUi d'esposizione e dei corrispondenti effetti locali e generali. Poiché entrambi i campi radioattivi contengono larghe frazioni di particelle a bassa penetrazione, la sintomatologia più freq uente è rappresentata da dolorose ustioni, rimanendo intatti il midollo osseo e gli intestini. Da un punto di vista operativo l'attenzione dei fisici sanitari dovrebbe principalmente focalizzarsi sull'alleviamento dei fast1 di provocati dalle ustioni.

P. T ARRONI


SOMMARI DI RIVISTE MEDICO- MILITARI

INTERNAZIONALE REVUE I TERNATI01 ALE DES SERV ICES DE SAKtt DES ARM~ES DE T ERRE, DE MER ET DE L'AIR (n. 12, 1971): Skoglund G.: Il farmacista di St::tto Maggiore. Un nuovo incarico creato nelle Forze Armate svedesi; Sven S., Ovc R.: Farmacia militare e o~pedale militare; Lundin G.: La lista dei medicinali uri lizz.ati nelle Porze Armate S\'edesi du rante il 1971; Enver l.: Norme farmaceutiche e sistemi di approvvigionamento farmaceutico nelle Forze Armate turche; Springer R.: I problemi della stabilità dei succedanei del plasma. REVUE INTERNA TIONALE DES SERVICES DE SANT I~ OES ARMf.ES DE TERR E, DE :tvlER ET DE L 'AIR (A. 45, n . r, 1972): Chcster T. E.: L'Ospedale nell'anno 2GOO : la sua tecnologia e amministrazione; Hrayenbt~h/ II.: [ traumatismi cranio · cerebrali acuti e il loro primo trattamento nei posti di pronto soccorso e nelle infermerie; Babule A.: I sintomi soggettivi nei traumatizzati cranici. Studio clinico, audiometrico, elettronico - stagmografìco.

ITALIA ANNALI DI MEDIClNA NAVALE (A. LXXVTI, (asc. 1, gennaio - marzo 1972): Albano G., Criscuoli P. M ., Scaglione G. C., Mazzone M., La Monaca G., Burrua110 G.: La sindrcme da estreme pressioni ambientali. Rilievi EEG su ratti liberi con elettrodi a dimora; Massoni S.: Indici prognostici dell'infarto miocardico; Stazi C., M.1. rasà G.: Le aritmie da digitale c loro trattamento; Pezz1 G.: ~1edicina e scienze nell'età augustea con particolare riguardo all'opera di Virgilio. RIVISTA DI MEDICINA AERONAUTICA E SPAZIALE (ottobre-dicembre •971, A. XXXIV, vol. 35, n. 4): Rossanigo F. , Ruggi~ri G.: L 'importanza dell'elettro ca.rdiogramma eseguito ,in ipossia ai fini de!ridoneità di pilotaggio; Longa L.: La psi chiatria aeronautica nei Pae~i NAT O.

FRANCIA REVUE DES CORPS DE SANT~ DES ARMÉES DE TERRE, DE MER, ET DE L 'AIR (vol. XII, n. r, febbraio 11972): Forissier R.: Sistema logistico e suppono sanitario delle Forze Armare negli Staci Uniti, nella Repubblica Federale Tedesca t nell'Unione Sovietica; Giroud M., Buffai f . f ., Calamai M ., Furhmann: Utilizzazione dell'elicottero per i trasporti sanitari nella regione di Lione; Raguenes : Studio statistico biometrico su 5.000 selezionati degli arruolati nel •97 1; Marsaillon, Magnin, Jego, Ri-


ch~r:

Imradermoreazione tubcrcolinica e vaccinazione con B.C.G. imradermico a me-Lzo di inicttore a getto sottopressione; Ducros H.: Controllo dell'atmosfera di una c:tbina :1 tenUta per mezzo dcll'ipcrossido di potassio. LE MEDECIN DE RESERVE (A. 67, n. 5, novembre - dicembre 1971); Stopa R .. Ossart f. L., Caron M., H~rny X.: La diagnosi di urgenza d<: i politraumarizzati ospcdalizzati.

Pi~tri J., B~rnard F.,

G RECIA HELLEKIC AMlED FORCES MEDICAL RE\'IEW (vol. 5· n. 5, ottobre 1971): Stamatis G.: Una importante modificazione dell'operazione di Caldwell- Luc. Risultati \U 230 casi; Athanauiadis D., Aygoustakù D., Vassilikos C., Antonakis E., PafM dopoulos P.: Modiiicazioni nel potassio plasmatico del seno coronario e disturbi del ritmo cardiaco dopo ischemia miocardica sperimentale; Avgou.stakis D., Gialafos J., Athanassiadis D., T outottzas P.: Modificazioni enzimatiche nello shock; Syrimbeys S., Costeas Fr., Gatsoupoulos V., Alexandridis C., Papacostantinou G., Valkaniotis P.: Studi meccanografìci del blocco di branca sinistra; Anastasiadcs 0., Tsakraklidis V., Grimf'izi J.: Reperti istologici nei linfonod i regionali del cancro del seno e il loro pro babile significato immw1ologico; Schizas N., Lalos J., Mandalaki T., Achimastos f., Tegos C., Yannitsiotis A.: Prevalenza epidemiologica dell'antigene Australia nell'Esercito greco; Raisakis G.: Il valore del test di Reiter nella sierodiagnosi della sifilidr; Kotsifopoulos P. N.: Studi comparativi di elementi metabolici nelle disfunzioni elet· trolitiche; Androlakis G., Kalahanis N., Martin P.: La simpate: .omia nel tra:tamenw dd la iperdidrosi; Psarras A. A.: Trattamento chirurgico delle malattie della tiroide; J~onidis S., Dcfaranas E., Panagopoulo.- N.: Dolore dorsale di origine traumatica <. ~ua diagnosi differenziale con le lesioni dei dischi intervertcbrali; AlbaliJ.s B.: l\uovi aspetti della conservazione dei cibi irradiati; Papoutsakis S.: Nuovi orientamenti nel trauamcnto chirurgico delle malattie dell'ano.

JUGOSLAVIA VOJNOSA~ITETSKI PREGLEO (A. XXXVIII, n. r2, dicembre r97r): Kralj 1.: Su alcuni prob!emi. di servizio sanitario nella dile.,a nazionale; G~orgrevski N.: Il ser'izio sanitario nella difesa nazionale totale; Skodric S.: Organizzazione della protezionf' sanitari:t e trattamento dei feriù e degli ammalati appartenenti alle Unità sanitarie di Difesa T erritoriale; Vukosavlfevic R.: Difesa nazionale totale e sviluppo fisico dei giovani; Rosic N. e col!.: Le sostanze psicomimetiche e la loro importanza militare; Vurosevic K. e co/l.: Alterazioni psiconevrotiche nei soldati; Dunfic S. c coll.: Concetti attuali nel trattamento delle fratture aperte degli arti; l!ranilovic A. e colf.: Importanza dci metodi di standardizza~ionc applicati alla chimica clinica nelle condizioni di difesa generale totale; Z ec Z.: Ruolo della fìsiomcdicina e della riabilitazione nella difesa nazionale totale; Katan E.: Istruzioni e ordini relativi all'organizzazione e al lavoro del servizio sanitario pre~so i Distaccamenti partigiani per la liberazione nazionale della Jugosla,·ia nel 1941.

VOJ. OSA~ITETSKI PREGLED (A. XXXIX, n. r, gennaio 1972): Hranilovrc A.: Servizio farmaceutico ospedaliero nella difesa generale totale e in situazioni di emergenza; Bervar M. e col/.: Pancreatirc purulenta subacuta come manifestazione spc-


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cil1ca nell'evoluzione della pancrearite acuta; Tomasevic M. c coli.: Incidenza e modificazioni della proteinuria in rapporto alla vaccinaz-ione T.A.B.T.; Pintcr T. e co/l.: P ropo~te per l'introduzione di norme \'alutativc sulla qualità del the prodotto nd paese; SokolovskJ B. c coli. : Epidemia di febbre Q durante operazioni militari nei dintorni di Prilcp; Pikula B. c coli.: A proposito di un caso di linfoadcnite di Piringer- Kuchinca; Radojicic B. c coli.: Toxoplasmosi ghiandolare, mononucleosi infettiva, adenovirosi c rosolia. Loro diagnosi differenziale.

ROMANIA REVfSTA SA1 ITARA ~fiLJTARA (n. 5· 1971): Petmsca J.: U tetano. Una delle più frequ enti complicazioni delle ferire di guerra; Predcscu C., Tctu G.: Alcuni dari riguardanù i rapporti tra i nsultari dell'acumetria fonica e ~trumentaJe e quelli deil'audiometria; Bruja N.: Le prospettive del dosaggio della deossicitidinuria come dosimetro biologico; Cotuna L., Cottma f.: C'...on1>iderazioni sugli aspetti radiologici della degenera7.ionc dei dischi intervertebraJi del tratto lombare; Sr4tett 1., Cit1dca V., Bucur A.: Una vcnectasia dell'arco della s:.tfena interna simulante un'ernia femorale; Apreotesei C., !liescu E., Marinescu R.: Con~iderazioni sulla determinazione dei lipidi nel siero con il metodo del sulfofosfovanil ; Andronic C.. Urseanu 1., Macarie C.: Considerazioni ~ull'u so degli immunodepressori; Strati 1., Popescu A.: Considerazioni sulla innoquità dell':lllatosl>ina tetanica, somministrata a organismi irradiati; Botn: A.: Considerazioni sulla pscudopoliarrrire rizomelica con parùcolare riguardo ad un caso clinico; Gheorghm D.: Ricerche sulla funzione tiroidea in corso di tubcrcolo!>i polmonare; Daniliuc T.: L 'uso della pomata allo jodio nel trattamento locale delle dermatomicosi; Pintili~ 1., Tcodor~scu V., Stoian .\.1.: Alrorazioni reoencefalografiche in aviatori sottoposti alla azione c.li alta pressione di o~sigeno somministrato per via intrapolrnonare; Popescu T. C., Cosen1 E., Nastoiu l.: Gli effetti tossici dei prodotti della combustione di combustibili usati in aviazione; Tudor V., Amzam V., Tocan G.: Aspetti epidemiologici di un focolaio di epatite virale; Cristca A.: Aspetti tra umatologici dur:mte un corso di addestramento aJio sci; Sapufrati M., Plopan M., Mìron M ., Stminer M., Mihalache /.; Contributo allo studio delle infezioni stafilococcich e della pelle nelle Forze Armate; Runc~anu N.: M isure per prevenire l'insorgenza dei brividi dopo perfusione di sostanze medicamentose; Gordan D., Macov~scu Al., Craciun T .: T avole di laboratorio per raccogliere i dati di laboratorio presso gli Ospedali da cam~

SPAGNA MEmCINA Y CIRUGIA DE GUERRA (vol. XXXIrT, n. ro- rr, ottobre- novembre 1971): Piedrola A'llgulo G.: Le piocianotipie come morcatori epidemiologie; nelle infezioni da pseudo << Pscuclomonas aeruginosa »; Bravo Oliva f ., Garcia Rodriguez J. A., Saenz Gonza/ez M. C.: Valore della immunoflorcscenza diretto per la diagnosi clinica di "neisseria meningitidis » e di « neisseria gonorrhoeae "i Bravo 0/iv.J / .. Garcia Rodriguez J. A.: Isolamento di Yersinia enterocolitica in un caso di gastroenterite infantile; Bravo Oliva f., Garcia Rodriguez f. A., Esteban Garcia F .: I. T.T.C. applicato alla visualizzazione dei germi mobili; Bravo Oliva, Garcia Rodriguez J. A., Carcia Est~ban F .: Interpretazione moderna del terreno di Kligler come prova diagnostica doi bacilli gram- negativi; Bravo Oliva, Garcia Rodriguez f. A. Saenz Gonzalcs M . C.: Le gastro-enteriti infantili da E. Coli svelote con la tecnica della im-


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munofluorescenza diretta; Ruiz Merino J.: Studio di portatori di meningococco nel naso- far inge; Bravo Oliva L Garcia Rodriguez f. A., Rodriguez Otero f. f.: Ricerche di clamidospore in ceppi di Candida Albicans; BratJo Oliva f., Garcia Rodriguez Otero f. f.: La tecnica della immunofluorescenza diretta applicata alla identificazione eli Candida Albicans; Bravo Oliva ]., Garcia Rodriguez f. A., Barahona Hortelatzo f. M.: A9pergillosi corneale. MEDICINA Y CIRUGIA DE GUER.RA (voJ . XXXIV, n. 12, dicembre 1971): Garcia Apmùi f. A., Caso Sa.nz F.: Studio dell'antigene Aùstralia e della sua incidenza tra i donatori di sangue; Linarez Alvarez de Sotomayor, Rodn'guez Escanez M.: Metodo in un tempo modificato per studiare la concentraz.ione del fattore V del plasma; De Llano Beneyto R.: Norme pratiche da tener presenti nella realizzazione della esanguinotrasfusione; Gutierrez A. D., Det Pozo Gallardo G., Sancho Ct~esta ]. : La causa dell'anemia nell'insufficienza renale cronica; Calve Brunengo C.: Gli antigeni leucocitari. Loro descrizione e metodi di ricerca. U.S.A. MILITARY MEJ)ICJNE (vol. 136, n. 10, mtobre 1971) : Wilbur R. S.: Il Ministero della Difesa; Duval M. K.: Il Ministero della Sanità, dell'Educazione e del Benessere; Jenning H. B.: Ministero Difesa- Esercito. Relazione sul Servizio di Sanità Militare dell'Esercito; Davis G. M.: Ministero della Marina. La Marina degli Stati Unili: stato presente e programmi futuri; Steinjeld ]. L.: Il Servizio d i Sanità Pubblica negli Stati Uniti. Progressi e piani di sviluppo per la Sanità Pubblica; Musser M. f.: Amministrazione dei veterani. Condizioni dell'assistenza sanitaria medico- chirurgica nell'amministr<IZiOr)e dei veterani; Berg R. A. : Manifestazioni radiologiche delle complicazioni delle feri.~e penetranti nel torace; Bergin J. ]. : Ricerche cliniche in un ospedale didattico; Fishbein ]. H.: La morte psicologica di un dirtaLOre; Kilp:ltrik T. D., Grater H. A .: Rapporto sulle malattie psichiatriche del personale della Marina nel Viet- Nam; Cutright D. E., Bhaskar S. N., Cross A., Perez B., Beaslei f . D., Mulcahey D. M .: Effetti del lavaggio con vancomicina, streptomicina e tetraciclina sulle ferite infette. MILITARY MEDICINE (vol. 136, n. n, novembre 197 1): Ochmer A., Ochstu'r L.: Prevenzione .dell'embolia polmonare; Clyde D. E., Rebert C. C. , McCarty V. C .. Miller R. M.: Profilassi della malaria nell'uomo a mezzo dei sulfon i soli o associati alla clorochin.a; Kleitsch W. P.: Morta lità conseguenti a interventi per ulcera d uodenale; Fosburg R. G.: Resuscitaz.ione cardiopolmonare; Freeman M. V. R., Miles P. A.: Valutazione citogenetica : necessità o perdi ta di tempo?; McPeak D. W., Camp F. R., Seeger G. H. , Conte N. F.: L'applica~ione di un codice al materiale logistico delle banche del sangue; Grollmann A.: Abuso delle droghe.

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NOTIZIARIO

NOTIZIE TECNICO- SCIENTIFICHE

E' dannosa la televisione ? Può la televisione mettere in pericolo la salute degli uomini? E~istono malattie tipiche degli spettatori TV ? Un gruppo di medici e di fisici reccntememe ha dato rbposta a questi quesiti durame la Esposizione radio- TV di Berlino. Que~to gruppo di medici in un esperimento ha notato una differenza nella funt.ione cardiaca di un gruppo di tebpettatori affetti da disturbi circolatori. Le trasmissioni « livl: )), i «gialli )l c altre trasmissioni cariche di « suspen~e )l provocano un aumento delle pulsazioni e brevi interruzioni della funzione cardiaca. In questa occasione sono state misurate lino a li9 pulsazioni al minuto, mentre la fatica provocata da una passeggiata di 8oo metri faceva arrivare le pulsazioni a 140 al minuto senza extrasistole tra due normali pul~azioni. Gli specialisti sono arrivati alla conclusione che gli ammalati di cuore e della circolazione dovrebbero evitare quc~to genere di trasmis~ioni. Si sono misurati i succhi gastrici dei telespettatori, costatando che questi aumeil· tano per l'emozione e lo stress dovuti agli spettacoli televisivi, provocando così ulcere gastriche e duodenali. L'aumento di succhi gastrici provoca anche un eccezionale stimolo della fame, eh-~ costringe a mangiare di più. La birra e altre bevande contengono molte calorie, come del resto le noci, che spesso vengono m:mgiate guardando la televisione, e aJ1che questi fattori provocru1o un indesiderato aumento del peso. Un a vvertimenLO: attenzione a non mangiare troppo e a non prolungare a dismisura le «sedute)) davanti al televisore che, oltre alle ulcere gastriche, ai disturbi cardiaci e all'obesità, può provocare deviazioni della colonna vertebrale, malattie dei ,·asi sanguigni, emicranie e anche leggeri attacchi epilettici do\"Uti alla luce oscillante dello schermo televisivo. La congiuntivite televisiva è dovuta a un eccessivo affaticamento dell'occhio. Contro il complesso delle malattie << professionali>> consiglia ai telespettatori l'acquisto degli occhiali giusti, brevi esercizi ginnici, dopo alcuni secondi di allontanare lo sguardo dallo schermo, e di ript:tere spesso questa operazione. Dal punto di vista della salute il telespettatore irrequieto è avvantaggiato, perch~ si alza e si allontana spesso dal televisore, evitando così dolori alla schiena e alle spalle, che altrimenti possono essere eliminati usando una poltrona televi~iva, che in ogni caso dovrebbe essere provvista di braccioli. Per evitare l'afflusso di sangue alle gambe, che potrebbe provocare varici e altri disturbi, si consiglia di tenere le gambe in posizione orizzontale. La maggior parte delle malattie televisive vengono provocate da errori di comportamento. E l'apparecchio televisivo? Dove deve essere installato e quali sono le caratteristiche che deve a,·ere? Alcune imperfezioni delle riprese televisive sono dovute al sistema. Ci si dovrebbe sedere a circa due metri, due metri e mezzo di distanza dall'apparecchio, frontalmente e non con un angolo di visuale più o meno acuto. Questa distanza


si calcola moltiplicando per cinque o per se'i (che normalmente è alto circa 40-50 cm), l'altezza della sedia non dovrebbe essere superiore ai 45 on. Questa relazione cambia naruralmente se l'apparecchio ha uno schermo più piccolo. L'apparecchio televisivo emette radiazioni dannose - raggi X -? Nel televisore ci sono tre possibili fonti di radiazioni: la valvola raddrizzarrice ad alta Lensione, il triodo di carico e il monitor. Si ritiene dunque possibile che gli apparecchi televisivi producano radiazioni dannose.

T elevisori a colori e radiazioni. Sulla base di indagini personali e delle informazioni più recenti ed attendibili, Fossati ha esaminato il problema dell'emissione di radiazioni ionizzanci, dotate di effeui biologici indesiderati, da parte dei televisori a colori per uso domestico e dei loro singoli componenti; ha inoltre voluto valutare, nei limiti dd possibile, le dimensioni di tale problema. E' evidente che, per la larga diffusione che assumeranno i televisori a colori per uso domestico, il problema si trasforma in un problema di igiene pubblica, in particolare di igiene delle radiazioni, con rilevanti responsabilità sia dei privati che dei pubblici poteri. Nei televisori a colori si impiegano tensioni (fino a 30 KV) sensibilmente superiori a quelle che si utilizzano nei televisori a bianco e nero. Conseguememente l'energia assunta dagli elettroni in alcuni componenti dei televisori a colori (valvola rettificatrice, valvola stabilizzatrice, cinescopio) può raggiungere i 30 K V, tanto da poter dar luogo, per l'urto degli cletLroni contro ostacoli solidi, a radiazioni X di energia sufficientemente elevata per fuoriuscire dall'involucro del televisore, se questo non è costruito a regola d'arte e se non è dotato di dispositivi arti ad assorbire la radiazione X. La fuoriuscita di radiazione X parassita da televisori difettost si è verificata negli scorsi anni in alcune serie di apparecchi. T ale fenomeno indesiderato è stato però identificato con sufficiente tempestività, cosicché gli stessi costruLLori hanno provveduto a rimediarvi mediante opporruni accorgimenti (perfetto allineamento degli elettrodi, tmpiego di vetro piombifcro nella costruzione delle valvole e dello schermo del cinescopio, recinzione delle valvole in una torre metallica, ecc.). E' stato inoltre rilevato che l'evcn. tuale indesiderata emissione di radiazioni X parassita avveniva non nella direzione dei tclespettalori bensl delle pareti laterali ed inferiore dei televisori. Le attuali norme costruttive fanno ritenere che la eventuale emissione di radiazione X dai televisori possa essere facilmente mantenuta al di sotto del livello massimo di intensità di dose di esposizione consentito dalle disposizioni legislative (o,5 mR per ora in ogni punto posto a 5 cm dalla superficie esterna dei televisori per uso domestico). La conclusione cui giu nge l'A. è fiduciosa; l'industria, anche per le deduzioni tratte dai lamentati incidenti verificatisi in altri Paesi, è ora in grado di produrre televisori a colori che potranno emrare senza preoccupazione nelle nostre case, perché rispondenti alle vigenti norme legislative e quindi tali da non recare danno alla popolazione. Infatti l'esposizione a radiazioni dovuta all'impiego di televisori a colori rispondenti a rali norme non contribuisce in modo significativo all'esposizione rotaie dell'uomo alle radiazioni. E' auspicabile, tuttavia, che i prossimi prevedibili progressi tecnici (impiego di semiconduttori, sostiruzione delle valvole stabilizzatrici con circuiti appropriati) ed i miglioramenti dei dispositivi di protezione porteranno alla « assenza virtuale » di radiazioni X alla superficie esterna dei televisori a colori. (da « La Radiologia Medica », LVI, 385, 1970).

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n piracetam nuovo farmaco utile in ogni forma di affezione encefalica. Al V Congresso mondiale di psichiatria, svoltosi recentemente in Messico, il Prof. P. Sivadon, Doceme di psichiatria presso l'Università Libera di Bruxelles (ULB) e Primario dell'Ospedale Psichiatrico della Senna (Francia), e il Don. R. Dc Buck, in rappresentanza del gruppo di studi psico - farmacologici della ULB, hanno presentato rispettivamente a una seduta del Congresso e a una riunione di lavoro, alla quale hanno partecipato ben 500 specialisti mondiali, una sostanza originale messa a punto dall'industria farmaceuùca belga e che potrebbe diventare la capo- gruppo ddla nuova classe terapeutica dei « nootropes >l, farmaci che agiscono elettivamente sulla corteccia cerebrale. Questa sostanza, indicata con la denominazione generica di « piracctam » (UCB 6215), riveste carattere di assoluta originalità sia per quanto riguarda la struttura molecolarc che il meccanismo d'azione. Ottenuto per sintesi nel 1963 dal gruppo di ricercatori della Divisione Farmaceutica dell'UCB a BruxeUes, il piracetam assicurerebbe una maggiore resistenza della cellula cerebrale a qualsiasi forma di aggressione, sia essa traumatica, vascolare, tossica, me· tabolica o infettiva. I partecipanti al Congresso del Messico hanno potuto conoscere in ameprima le esperienze acquisite in tre anni di applicazione clinica in Europa (Dott. De Buck) e i risultati di un'analoga sperimentazione condotta in Venezuela (Prof. Telter- Carrasco), dopo un'introduzione farmacologica c biochimica dell'argomento (Dott. Salama). Dal quadro fornito risulta che il piracetam rappresenta un importante passo avanti nella cura delle numerose forme di affezioni cereb-rali che sono caratterizzate da una diminuzione di attività, accompagnata da disturpi mnemonici, da perdita di prontezza, da un indebolimento imellettuale, da astenia e da altre deficienze, riscontrabili sia negli anziani che nei bambini e negli adulti. Il piracetam favorisce certe capacità di apprendimento o potenzia il processo mnemonico. Si sono ottenuti significativi miglioramenti negli stati di senescenza, nelle conseguenze causate da disturbi cerebro - vascolari, in casi di commozioni cerebrali, in bambini che incontrano difficoltà sui banchi della scuola. Gli stessi risultati sono stati ottenuti con alcoolizzati e tossicomani, e questo aspetto dell'applicazione del piracetam ha richiamato in modo più particolare l'attenzione del Prof. Sivadon, come indica il titolo della sua comunicazione al Congresso.

Azione di un estratto di timo sulla leucopenia da irradiazione terapeutica. L'esperienza anuale di L. Di Guglielmo e F. Coucour.de sull'azione degli estratti di timo nei confronti della leucopenia da irradiazione si basa sullo studio di 109 pazienti affetti da neoplasie maligne e sottoposti a terapia radiante. Nonostante si tratti di differenti tipi di neoplasia, il materiale esaminato può essere considerato abbastanza omogeneo, in quanto : a) sono sempre state somministrate dosi di focolaio elevate (sooo- 6ooo rads); b) su campi notevolmente ampi; c) localizzati al torace o al basso addome. Questi pazienti possono essere divisi in 4 gruppi: r) pazienti irradiati e non trattati con estratti di timo (28 casi); 2) pazienti irradiati e · trattati c<m due fiale di estratti di timo solo quando il quadro della leucopenia si era già instaurato (40 casi); 3) pazienti irradiati e trattati con una fiala di estratto di timo alle prime manifestazioni della leucopenia ( 15 casi);


4) pazienti irradiati e trattati con una fiala di estratto di timo fin dall'inizio del l'irradiazione (26 casi). l risultati migliori si sono ottenuti nei pazienti tranati fin dall'inizio delle irradiazioni, in quanto la leucopeni:t non si è verificata o è rimasta contenuta entro lirniu non significativi; si ha l'impressione, cioè, che il farmaco esplichi una azione efficacl non solo in senso curativo, ma anche nel prevenire la leucopenia. Nei pazienti in cui gli estratti di timo sono stati somministrati quando già si era instaurato il quadro della lcucopenia i risultati migliori si sono ottenuti nei casi in cui il trattamento è stato più precoce; in questi pazienti, infatti, si è avuto un auqten to dci globuli bianchi o non si è avuto un ulteriore significativo peggioramento della leu copenia. Sebbene un'efficacia terapeutica si possa osservare anche nei casi con una leuco penia marcata, i risultati appaiono meno costanti e meno significativi. L'A. conclude confermando quanto già aveva prospettato in una sua precedent~ nota basata su dati sperimcmali e sulle prime osservazioni cliniche, che cioè gli estratti di timo possono entrare ultilmente a far parte dei mezzi che oggi sono a nostra disposizione per prevenire e curare la lcucopenia da irradiazione. L'orientamento attuale dell'A. è quello di somminiwarc il far maco fin dall'inizio della irradiazione, senza aspettare che si instauri il quadro della lcucopenia, che in tal modo sembra possa essere evitato o contenuto nei limiti più modesti. (da (( Minerva Medica ll , 6r, 3805, 1970).

L a cardiochirurgia in Italia. Ci sono gli uomini, quello che manca sono i mezzi. Parecchi giovani chirurghi si sono preparati andando a studiare all'estero, là dove c~istono scuole di cardiochi rurgia all'avanguardia. Ora molli sono pronti, ma hanno le mani legate dalla scarsezza di infrastrutture, dalla mancanza di personale ausiliario specializzato, dalla povertà di macchine necessarie per operare sul cuore. Gli aiuti sono inadeguati perché lo Stato promette, ma poi dimentica. onostanrc rutro ciò, la cardiochirurgia in Italia ha compiuto notevoli progressi, cd i risultati sono andati al di là di ogni previsione. Nel corso della seduta inaugurale del 251' anno dell'Accademia Lancisiana, alla presenza di illustri clinici e ospeda· !ieri, il Prof. Guido Chidichimo, direttore di un reparto di cardiochirurgia dell'Ospedale S. Camillo di Roma, ha e)posto i risultati della sua équipe. << Abbiamo operato per la prima volta due anni fa. Siamo quindi giovanissimi. Nel x966, presso l'Ospedale S. Giacomo, feci trentuno interventi: nel 1971, fino ad oggi, ne abbiamo compiuti 471, con una statistica davvero invidiabile. Per 1: cardiopatie acquisite - ha conti nuato il Prof. Chidichino - la mortalità si ~ m:~ntenuta inferiore al 10%. Nel solo caso delle protesi plurivalvolari, si è avuto il 38% di decessi; ma si tratta di pazienti che di solito arrivano in sala operatoria in stato prcagonico. Circa le cardiopatie congenite, su 208 casi operati al S. Camillo, la mortalità l: scesa al 9°/,. Le maggiori difficoltà si riscontrano nella trilogia e tetralogia di Fallot ». Il Prof. Chidichimo ha terminato il suo intervento rivolgendo alle autorità pre· senti la preghiera di non far mancare gli aiuti ai reparri di cardiochirurgia, affìnch! questa branca continui a progredire: è amaro dover rilevare come un illustre chirurgo, sia costreno ad usare simili parole, durante una assise scientifica di notevole livello.


x8s C lisma baritato emostatico.

Le emorragie da diverticolosi co!ica rappresentano la causa più frequente di emor ragie ma~ive del g rosso intestino. Dal lato terapeutico, que~ta complicanza risponde in genere favorevolmente alle cure mediche (riposo, scdarivi, trasfusioni di sangue), ma in taluni casi può rendersi necessario un intervento chirurgico, particolarmente grave in quanto si tratta di pazienti di età non giovane, fragili, con frequenti compromissioni cardiovascolari, polmonari e renali. Di qui l'importanza di quanto riferito da J. T. Adams: e~ li ha sc~:c;?::l :~ a c!isma baritato taluni pazienti con emorragia massiva in atto, da presumibile di>erticolosi colica; in 26 su 28 casi si è avuto l'arresto dell'emorragia (anche se in 3 casi l'introduzione della sonda per clisma ha provocato la lacerazione dèlla mucosa rettale, senza tuttavia conseguenze di rilievo). Secondo l'A . il clism3 agirebbe con un vero :: proprio tamponamcnto dell'emorragia d3 parte del bario. Ciò non esclude che possano aversi successivi episodi emorragici. In ogni caso l'incap3cità a controllare il sangu inamcnto indica che e~ non ces~rà spontaneamente. per cui si impone un precoce inten·ento operatorio, mirante a resecare il tratto di colon interessato dal proce~so diverticolare. U gallio 67 per individuare tumori clinicamente silenti. Secondo S. G. Vaidya e coli., del Reparto di Radioterapia deii'Hammersmith llospital, un nuovo isotopo - il gallio 6-J -, ottenuto bombardando con particelle alfa rame puro, sembra in grado, sommini~trato per via endovenosa, di fissarsi elettivamente r.el citoplasma di cellule maligne ancora vitale: un successivo scintigramma consentirebbe di individuare tumori ancora silenti dal punto di vista clinico. Secondo precedenti osservazioni di studiosi americani il gallio 67 veniva captato d3i tumori ossei in maniera elettiva; ma la quantità di isotopo /issato dal tessuto tumoralc era scarsa per eventuali fini terapeutici, in q uanto l'isotopo verrebbe captato esclusivamente da cellule neoplastiche ancora vin:nti e non da quelle necrotiche od in via di degenerazione. Gli studiosi inglesi hanno pensato di somministrare il nuovo isotopo a 24 pa7.ienti con neoplasie varie, ma tutte in precedenza diagnosticate per sede e natura, c di eseguire dopo 3-9 giorn i lo scintigra mma della regione ove era localizzata la nc:opla~ia: in ben 15 casi lo scintigramma rivelò l'esatta immagirc della neoplasia; in 5 ca~i il risultato fu incerto; solo in 4 negativo (ma in taluni d i questi ul timi casi era stata in precedenza praticata una terapia radiante, con conseguente degenerazione c necrosi delle cellule neoplastiche e mancata captazione dell'isotopo).

Deodoranti per ascelle, pericolosi ai polmoni. Secondo il dott. Ward l'uso prolungato di alcuni deodoranti per ascelle, applicati mediante vaporizzatori, può causare, -in taluni soggetti, danni ai polmoni. Non si sono volute precisare le marche dei deodoranti, in quanto gli studi in proposito sono ancora in uno stadio preliminare. Parlando ad una riunione della Società americana per le malattie del torace, il dott. Ward ha fano rilevare che non è ancora chiaro quale sia l'agente chimico specificam ente responsabile d i tali complicanze polmonari, né come esso colpisca i polmoni; comunq ue tali deodorami rappresentano un pericolo po:enziale per pazienti affcui da malattie cardiache o delle vie respi ratorie.

6. - M.


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• A Washington, un porta,•oce del Federai Drug Aòministration - organo preposto al controllo dei prodotti farmaceutici e delle sostanze stupefacenti - ha detto che in 2 casi è stata con~tatata la presenza di lesioni di tipo precanceroso, provocate dall'uso di prodotti vaporizzati, e che la morte di uno di essi è stata attribuita all'inalazione di sostanze vaporizzate. Verso l'automazione integrale dell'attività sanitaria in Italia. Il x8 novembre, nella sede dell'Istituto Mobiliare Italiano, presenti i Ministri della Sanità on. Mariotti e della Ricerca Scientifica sen. Ripamonli, il Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche Prof. Caglioti, numerosi docenti e ricercatori dell'Università di Roma c dell'Istituto Superiore di Sanità, ed i rappresentanti della stampa, si è proceduto alla costituzione ufficiale della società « SAGO >> (Sistema Automatico di Governo Organizzativo), per lo sviluppo dci sistemi d1 automazione nell'assistenza sanitaria, specie ospeòaliera. Presidente t: stato nominato il Prof. Dadda, Vice Presidemi il Prof. Garattini e l'An•. Baglioni. La sede della società è stata definitivamente fissata a Firenze, dove verrà installato anche il «computer terminale >> al quale dovranno essere collegati i computcrs di tutti gli ospedali italiani. Il capitale iniziale della società sarà di 500 m ilioni, cla elevare successivamente a due miliardi. Il progetto « SAGO » intende pervenire all'automazione integrale ddl'attivit?t sanitaria, facendo diminuire i costi di gestione e, quindi. anche le rette di degcn7.a che sono oggi pesantissime per il paziente. Verranno eliminare le cartelle cliniche, per la cui comervazione occorrono archivi sempre più vasti; le cartelle verranno sostituite dalle schede perforate di un cervello elettronico, che si incarica di raccogliere tutti i dati (storia clinica, esame obiettivo, esami di laboratorio e terapie) relativi ad un paziente, cd è in grado di trasmetterli rapidamente a qualsiasi ospedale italiano, a qualsiasi distanza. Così si potrà ricostruire con rapidità il curriculum ospedaliero di un paziente che abbia subito vari ricoveri in ospedali diversi. Questo scambio di notizie sarà diretto e coordinato dai calcolatori << terminali ». Analogamente tutta la parte amministrati,·a ospedaliera verrà immagaz7inata, mediante schede, in un cervello elettronico con notevole risparmio di tempo prc-L.ioso. Il polmone dei lavoratori del caffè. E' il termine proposto da D. W. Toorn per una forma di alveolite allergica e.strinper analogia con i classici quadri del « polmone del contadino» e del << polmone dell'allevatore di uccelli ». Sembra che i ~ggetti addetti alla torrefazione del caffè siano a lungo andare esposti al pericolo di una fibrosi interstiziale cronica o, meglio, di un 'alveolite librosante diffusa cronica, riferibile in molti casi ad una reazione antigene - anticorpo. E' pertanto giustificato, in ogni caso di fibrosi diffusa dci polmoni, attuare un'accurata indagine anamnestica sulla professione del p. e sui \'ari fattori ambientali. Tale asserto appare confermato da un'interessante segnalazione dell'A. che, in un soggetto il quale per circa un \'entennio era stato occupato in uno stabilimemo per la torrefazione dd caffè ha rilevato tipiche lesioni polmonari da alveolite allergica estrinseca; gli esami immunologici hanno dimostrato la presenza di anticorpi circolanti verso la polvere del caffè, mentre le prove di immunofluorescenza su prelievi bioptici polmonari hanno messo in rilievo depositi di Ig G in corrispondenza dei capillari alveolari.

~eca,


Ospedale modello a Roma (per cittadini americani). Tra due o tre anni i cittadini americani residenti a Roma potranno avere un loro ospedale che sarà <<un esempio del più alto livello raggiunto dall'America nel settore dell'assistenza medica e dell'addestramento ospedaliero >> . A Washington la Camera dei rappresentanti ha infatti approvato la richiesta di un primo stanziamento di 300.000 dollari (circa 180 milioni di lire) avanzata dal deputato democratico di New York John Rooney, per finanziare intanto la redazione del progetto dell'ospedale. La realizzazione dell'opera verrà a costare oltre 7 milioni e mezzo di dollari (quasi cinque miliardi di lire), di cui 4,5 milioni di dollari sono costituiti da donazioni di privati e 3 milioni stanziati dal Governo USA. L'ospedale avrà una capacità di 300 letti e sarà retto dalle suore missionarie del Sacro Cuore, ordine fondaw da Madre Cabrini. Il deputato Rooney ha affermato che il nosocomio << assicurerà un'assistenza. medica di prima classe ai cittadin i americani residenti a Roma e permetterà nel contempo un fecondo scambio di informazioni di carattere medico fra Stati Uniti ed Italia>).

Realizzato un nuovo filo di sutura riassorbihile, più tenace del catgut.

La moderna tecnologia ha prodotto molti tipi di sutura non riassorbibili, da affiancare alla seta o al lino - come il nylon, il dacron, il polipropilene, l'acciaio -; ma i tentativi di creare una fibra assorbibile da sostituire al catgut erano stati sempre infruttuosi. Recentemente i dott.ri A. Katz e R. Turner sono riusciti a realizzare un nuovo filo di sutura, riassorbibile come il catgut, ma privo dei suoi inconvenienti (reattivitJ. biologica con conseguenti complicanze di tipo flogistico; difficoltà di standardizzare il calibro del filo, con punti deboli che rendono imprecise le sue prestazioni meccaniche). I due ricercatori americani hanno, appunto, realizzato una fibra, polimerizzando l'acido glicolico, con caratteristiche ten sili e di assorbibilità biologica migliori dd catgut stesso. Prove tensiometriche hanno dimostrato che le suture poliglicoliche conservano, a distanza di 15 giorni, una forrza maggiore che quella in catgut di uguali dimensioni. Il riassorbimento delle ~uture a 6o giorni d i distanza è praticamente parallelo a quello del catgur, ma col poliglicolo non si sono a'Vuti segni istologici di flogosi tessurali.

Analisi scientifica dell'agopuntura cinese. Come agisce l'agopuntura cinese? Come agisce questa tecnica empirica usata da secoli come mezzo curativo per molte forme mor.bose, dal colera all'emofilia, e di recente anche come anestetico nelle operazioni chirurgiche? A questa domanda hanno cercato di rispondere, nel corso di un simposio svolto alla Fondazione Carlo Erba, un sociologo, un biologo e un medico. Secondo il Prof. Umberto Melotti, sociologo, di Milano, l' interpretazione non può essere data se non attraverso un'analisi della psicologia, della filosofia e della struttura sociale del popolo cinese e delle sue tradizioni. Secondo il Prof. Eugenio De Paolini D el Vecchio, biologo, di Milano, in questi ultimi tre anni sono stati eseguiti in C ina 4000 interventi chirurgici usando come anestetico la sola agopuntura; si tratta di interventi sul cuore, sul polmoni, sul cervello, sull'addome. E' mancata invece una analisi scientifica di questa tecnica anestetica.


188 11 prof. Carlo Sirtori, presidente della Fondazione C.'lrlo Erba e direttore generale dell' Istituto Gaslini d i Genova, ha detto che l'intwduzione dell'ago in particolari zone dell'organismo e il continuo movimento dell'ago, che non viene mai interrotto nel corso dell'intervenro chirurgico, costituiscono uno shock bioelettrico, u na specie di elettroshock periferico con modificazioni dello stato sensorio e blocco dinamico del dolore. Sotto la pelle vi sono 7 tipi di corpuscoli nervosi che regolano la p ressione sanguigna e la sensibilità al dolore, al freddo, al caldo. Questi corpuscoli, traumatizzati dall'ago, possono partecipare all'azione anestetizzante. Sirtori ha aggiunto che non tutte le operazioni chirurgiche vengono eseguite con l'agopuntura. Ad esempio, gli interventi sulle ossicine dell'orecchio in casi di sordità vengono compiuti con un farmaco anestetico, la oovocaina.

Le vaccinazioni profìlattiche negli Stati Uniti.

Le recenti raccomandazioni del Comitato delle malattie infettive dell'« American Academy of P.ediatrics » portano a una revisione del piano delle vaccinazioni profilatriche nell'infanzia. La prima vaccinazione : difterite, tetano, pertosse (DTP) e poliomielite, trivalen:e orale, de\le essere praticata ai 2, 4, 6 m esi di e~à; tempo addietro l'età .raccomandata era 3, 5, 9 mesi. A un anno il bambino riceve la sua prima intradermoreazione alla tubercolina insieme con il vaccino contro il morbillo e rosolia, oppure morbillo, parotite, .rosolia. A un anno e mezzo, e ·poi nuovamente dai 4 ai 6 anni, il richiamo del DTP e poliomielite orale. Tra i 14 e 16 anni, o a qualunque età dopo i 6 anni, secondo l'indicazione del medico, si ripeterà il tipo adulto combinato .di immunizzazione con il toxoide difterico e tetanico. L'inoculazione dd toxoide tetan:ico non si considera norma pro@attica necessaria ogni qualvolta il bambino si ·produce una ferita; la immunizzazione può essere raccomandata se sono trascorsi almeno ro anni dalla precedente in iezione. Anohe in presenza di ferite contaminate il richiamo può evitarsi se il bambino ha avuto iniettato il toxoide tetanico nei precedenti 5 anni . Il Comita-to riporta j [ favorevole risultato che è emerso .dalla vaccinazione contro la rosolia; si è comprovato un livello elevato di immunità prodotto dalla vaccinazione. Dal giugno 1969 sono state distribuire nella Nazione 32 milioni d i dosi del vaccino: Tutti i bambini tra l'età di un anno e la pubertà dovrebbero ricevere l'immunizzazione contro la rosolia. Attualmente più dei 2/ 3 della porpolazione scolare ha ricevuto il vaccmo. L'Ts:itu to della Sanità Pubblica (PHS) ha considerato (giugno 1970) che ·poteva essere sospesa la pratica di rou tioe della vaccinazione contro il vaiuolo e il Comitaw dell'American Acadcmy of Peiliatrics ha accettato (settembre 1970) il suggerimento, ed osserva che la vaccinazione praticata sis-tematicamente ha prodotto spiacevoli reazioni e qualche volta fatali; il per icolo dell'jnfezione vaiolosa è ormai una possibilità molLo remota. N on si sono verificati nella N az ione americana casi di vaiolo dal 1949. Invece i casi di morte dovuti a vaccinazione, sono fluttuati ogni anno da 6 a 9 persone oltre ad un centinaio di casi di complicazioni più o meno gravi. Alcune norme attualme nte in corso possono essere in conflitto con la deliberazione presa dall' Arnerican Academy of Pediatrics : medici, personale di ospedale e le persone che attraversano le Nazioni dove il vaiolo è ancora epidemico dovrebbero essere vaccinate.


:-.;el 1970 solamente 9 ·azioni nel mondo potevano essere elencate come aree dove il vaiolo era endemico e casi sicuramente confermati furono ossen·ati solamente in 6 di queste Nazioni. (da Minerva Medica, marzo 1972).

Sigarette e coronarie. Con il progredire dei mezzi di indagine e l'ampliarsi delle casistiche, il legame tra fumo di sigarette e patologia cardiaca, particolarmente coronarica, sembra sempre più chi:~ro e accertato. All'argomento sono stati dedicati, tra i molti altri, dci l:,l'J'uppi di indagine sistematica, i cui risultati sono testé stati comunicati all'ultima (2r- 24 nc>vembre 1968) Assemblea dell'Associazione Cardiologica Americana, dedicara all'arteriosclerosi. Su un gruppo omogeneo di 3.000 maschi, seguiti per quattro anni e mez1.o, l'incidenza della sindrome coronaritica, tra i 39 e i 49 anni, risultò nei fumatori attuali e pa~sati tre volte superiore a quella dci non fu matori. T ra i 50 e i 59, il fumatore medio presentò una morbidità specifica doppia dei non fumatori; positiva era anche la correlazione tra fumo e iperlipidemia (Jen kins e coli.). 11 fumo d'altronde dimostra una netta attività antagonistica verso l'azione eparinica di inibizione dell'attività betaglìcuronidasica, nel quadro della patogenesi della sindrome aterosclerotica (Kershbaum e coli.); mentre appare assai indubbio il carattere di •• fattore precipitante,, del fumo nell'auacco anginoso (Aronox e coli.). Sui fenomeni coagulativi (Engelberg e coli.) si deve ritenere accertato l'effetto accelerante la coagu lazione: su 81 fumatori di sigaretta, il tempo di formazione del coagulo prima di (umart: era in m edia del 19,34 minuti; dopo il fumo di una sigaretta di 17,17: cioè un'accorciamento statisticamente significante. In 55 di questi stessi soggetti, l'accorciamento fu di 3,8 minuti! L'atcrosdero~i aortica, autopticamente valutata su 1.019 autopsie consecutive, e posta in confronto con le cor-renti abitudini di vita, non poté correlarsi posimamente con l'uso abituale di alcool, ma in modo netto, invece, con l'abito di forte fumatore (Sackett c coll.). fnfì ne, nell'aumento significativo (ormai fuori di ogni dubbio) della morbosità da neoplasia maligna broncopolmonare 11<:.i fuma tori, gioca pure, in senso sinergico, una condizione di ipcrlipidismo (Stamler e col!.). Va, infine, notato ch e la permanenza prol ungata di un non - fumatore in un locale di piccole dimensioni non ventilato (mezzi di trasporto, uffici ...) con un fumatore che aspiri poco, prO\'OCa nel non- fumatore l'assorbimento per ''Ìa polmonare di una quantità di costituenti del fumo eguale o maggiore di quella inalata dal fumatore.

Il rischio coronarico.

:'Jel 1970 nel Massachuserts è stata condotta una ''asta indagine epidemiologica sulla cardiopatia coronarica: sono stati studiati oltre 5000 soggetti tra uomini e donne affetti d:~ <• cardiopatia coronarica ,, : infarto del miocardio, angina pectoris, morte improvvisa. Questa affezione è, dopo i quaranta anni, la più frequente tra le cause di morte; è dunque necessario occuparsene e prcoccuparsene, è necessario scoprirla e prevcnirla nella fase latente.


Occorre anzitutto ricordare che la malattia coronarica mtzta precocemente, che un quinto degli infarti del miocardio non sono clinicamente C\·identi, che cc l'aspettativa di vita ,, è assai ridotta in chi abbia superato un infarto e che tra questi il 40-90 per cento muore entro i primi cinque anni. Dagli studi epidemiologici degli americani Framighan e Albany (1971) c dalla at tualc leneratura medica risulta che sono ben tre.ntacinquc i fatrori di c< rischio coronarico )>. l)i questi, q uelli primari o maggiori sono : x) l'ipercolesterolemia; certamente gli al ti li velli di colosterolo nel sangue si associano ad una maggiore incidenza (statisticamente significa~tiva) della cardiopatia coronarica, ma non è altrettanto certo il rapporto causale tra i .due fenomeni. Va anche ricordato il valore, come fattori di rischio, dei li,·clli delle betalipoproteinc e dei trigliceridi. Tra le iperlipidemie ( = tasso di colcsterolemia e dei trigliceridi) e le coronaroparie esiste un 'associazione provata e significati\'a. Alrro fattore di rischio primario è 2) l'ipertensione arteriosa; però non si può a tutt'o!!gi affermare che la terapia con iporcnsivi costituisca una valida prevenzione della cardiopatia coronarica. Il fumo di sigaretta è un altro importante fattore che si associa alla cardiopatia coronarica, ma neppure questo ha. con la malattia u n dimostrato rapporto causale; il rischio è maggiore p::r i soggetti di età compresa tra i 35 ed i 54 a nni. 3) L'obesità da sola aumenta la mortalità per cardiopatia coronarica dell'8- 36 per cento; in associazione ad altri fattori di rischio tale aumento è del 31 -76 per cento. 4) La vita sedentaria favorio;ce la comparsa della fibrosi miocardica ischemica. on si può però ancora affermare che l'attività fisica abbia un effetto preventivo nei confronti della cardiopatia coronarica. )lei rischio primario ,·a infine incluso il 5) diabete: nel 75- 98 per cento dei diabctici si è osservato, all'autop~ia, un note\•ole danno coronarico. Anche per il diabete non si può affermare con certezza che curarlo significhi pre venire efficacemente le complicanze \'ascolari . Fra i fattori di rischio secondari o minori vi sono : le alterazioni elettrocardiograr,chc (ST sl ivellata, basso voltaggio della T), una storia fa miliare di cardiopatia coro narica, fattori emotivi c psicologici. E' chiaro che la combinazione di diversi fattori di rischio dar~ un aumento percentuale, più o meno significativo, del rischio coronarico (es.: obesità -r ipertensione+ fumo di sigaretta+ ipercolestcrolcmia.- incidenza di 11 volte più elevata). Se tanti sono i fattori di rischio coronarico, almeno sui primari va indirizzata una prevenzione primaria: vanno corrette e controllate per anni le alterazioni già presenti, regolari il peso corporeo, la dieta, l'ipertensione. \'a ridotto o abolito il fumo, stimolata un'attività fisica (passeggiate, sports). (da E.N.P.A.S.).

Dieci consigli contro l'infa rto.

tcJ quadro delle manifestazioni promosse dalla Fondazione Italiana di Cardiologia per il « mese del cuore >> si è S\Olta al Circolo della Stampa di Milano la premiazion~ dd prof. Remo Fumagalli per una ricerca su « Dieta e malattie cardiovascolari>>. Comr già nel ~imposio, alla Fondazione Carlo Erba, si è posto l'accento sull'educazione sanitaria di massa ai fini di una prevenzione delle malattie cardiovascolari in allarman·e

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aumento. Molti sono i cc nemiCI>• del cuore nelle civiltà del benessere. l più insidio,i sono quelli elencati in que~to <( decalogo». Pr~ssione arter~'osa. Dopo i quMant'anni vale la pena controllarla una volta all'anno. I valori medi per un quarantennc sono 140- 155 di pressione ma~:.ima c 75-90 di pressione minima. L'ipertensione è una delle cause più frequenti di infarto.

Iperglicemia. - TI due per cento della popolazione è affetta da diabete. La metà di tali persone non sa di avere una eccedenza di zucchero nel sangue. Il diabete non curato causa gravi card iovasculopatie. Sarebbe indispensabile un esame della glicemia ogni anno. Ftt'rlo. - I circa trecento toss1c1 contenuti nella :.igaretta si accumulano nell'orgJnismo. Dopo a'·er fumato centomila sigarette (in quindici- trenta anni) due persone su tre muoiono di cancro o di infarto. Alimentazione. - f1 pc~ eccessivo u affatica 11 il cuore; i grassi animali favoriscono l'arteriosclerosi, causa principale di infarto. La prevenzione de\•e cominciare nell'infanzia ccn una alimentazione non ecce:.si,·amente grassa. Alcool. - S'·olge azione deleteria sul fegato c sulle arterie. ~lezzo litro di vino o due cc bicchierini >l al giorno possono dare un senso di benessere. Oltre questi limiti si comincia a rischiare. Gli indi, idui iper- an~io:.i e auto- rcpres~ivi sono più esposti all'infarto (dai 35 ai 45 anni). ~leno esposti sono gli ansiosi che «scaricano» le proprie tensioni all'esterno.

Stuu. -

c< giovanile»

L cworo. - I tecnici c i professionisni sonò più esposti degli operai all'infarto, specie se il lavoro richiede decisioni rapide c re!>pon~abili. Anche il lavoro notturno o eccessivamente protratto è nociYo per il cuore. SedentanntÌ. - Favorisce l'accumulo di grassi e rallenta il .ricambio generale. Inoltre il cuore è nnche un muscolo che bisogna tenere costantemente allenato ai bruschi ~balzi di lavoro. L'allenamento migliore consiste nella ginnastica da camera e passeggiate a piedi. Freddo. - L 'esposizione eccessiva o brusca al freddo pro,·oca un improV\'ÌSO aumento di « catecolamine >• , ormoni che danno spasmi arteriosi c possono causare crisi cardiache. Clima e Smog. - Il clima di alta montagna è sfavorevole ai predisposti a cardiopatie. Mentre quello di lago è il più favorc,·ole. Lo smog favorendo l'insorgere di maLattie bronco -polmonari croniche è un nemico indire~ro del cuore.

Chirurgia della spasticità.

Il prof. V. A. Fasano, direttore dell'Istituto di Ncurochirurgia dell'Uni,·ersità di Torino, ha parlato alla Fondnzione Carlo Erba della terapia chirurgica della spasticità. « Spasticità >> e non cc spastici » - ha precisato il prof. Fasano - perché per spa·.ici si intendono quei bambini affe tti da una cerebropatia dell'infanzia che presentano una varici~ infinita di sintomi, disturbi mentali, movimenti involontari ecc. La spJsticità è quell'aumento del tono muscolare do\'Uto a lesioni cerebra li o del midollo spinale, che impedisce i norm::li mc,·imenti donde le abnormi contrazioni del viso, b


smpossibilità a deglutire, l'irregolarità del cammino, la incapacità ad afferrare, a trattenere, a stringere, a lasciare, cicè a compiere tutti gli atti prensili. La chirurgia della spasticità consisteva sino ad ora in operazioru che venivano eseguite o sui tendini o sui nervi periferici o anche su l cervello, ma il cui fine era semplicemente eli p:ovoc:..re una riduzione del tono muscolare senza la pos~ibitiw ai rtco>tiruire un vero e proprio movimento finalistico. I progressi recenti della neurofi~iologia e della neurochirurgia - ha proseguito il prof. Fasano - hanno permesso di indi,iduare nel cervello due strutture nervose, l'intervento chirurgico sulle quali può modificare la spasticità e permettere una ricostru· zione del movimento. La prima struttura (: il pulvinar, noto grazie alle recentissime ricerche dell'americano Cooper: operando sul pulvinar si riduce la spasticità dei muscoli degli arti. La :.econda stru ttu.ra è il n ucleo dentato che ha sede nel cervelletto e operando sul quale si modilica la spasticità del tronco. 11 prof. Fasano applica per questi interventi la chirurgia stereotassica, utilizzando il criocaurerio, cioè una sonda che perme~te di co.1gelare le due strutture, il pulvinar e il nt.~deo dw.a.c. 'el corso della sua conferenza il prof. Fasano ha iJiustrato in un film la tecnica chirurgica da lui adottata e i risultati onenuti, so:tolineando come in alcuni casi sia utile agire su entrambe le strutture in uno stesso malato. La terapia chirurgica della spasticità viene praticata nelle paralisi cerebrali dei bambini, nelle paral isi degli adulti - dovute a emorragie o trombosi cerebrali - negli esiti di meni ngiw tubercolare. Gli interventi modificano anche la espressione del viso, che non è più Matico, teso, sofferente. TI prof. Fasano ha già operato 25 pazienti. [ risultati ottenu~i si po!>sono così rias~umere: il 50°{, dci pazienti dopo l'intenento è stato in grado di compiere mo,·imenù ,·olontari ri\"Olù a precisi scopi finalistici, il 35 ° 0 ha a\"Uto un miglioramento di un solo arto, il 5°{. una attenuazione dello spasmo museo· lare, e infine il I0 ° 0 ha avuto w1 risultato mirahile : persone incapaci di vita autonoma han no poruto inserirsi positivamente; concretamente, produttivamente nella società. L 'intervento non comporta rischi opcraton e non ci sono state complicazion i permanenti post - operatorie. I ritiul tati meno vali eli si sono avuti nei casi che presentavano dei gravi disrurbi motori, ma vi sono stati casi con contrazioni dolorose provocate dallo spasmo, che è state ridetto, per cui infine scnc risultati pv~itivi. Il prof. Fasano ha concluso dicendo: « Io penso di a\ er dimostrato con questi risultati che, se siamo ancora lontani dalla guarigione delle cerebropatie spastiche, siamo più vicini a un loro trattamento funzionale» .

Una nuova sostanza per le malattie epatiche: la siJimarina. I mezzi posti a disposizione del medico per la valutazione dell'efficacia di un fa.maco che agisce sul fegato hanno subito una SO!>tanz.iale evoluzione: il microscopio elettronico, ad esempio, consente l'indagine a liYello non solo della cellula epatica nel suo complesso ma degli organ elli in essa contenuti, che si chiamano mitocondri, lisosomi e che sono in forma di membrane, ciascuna deputata a determ inate reazioni chimiche e alla elaborazione di specifiche sostanze. Quando il fegato è ammalato queste membrane si alterano, si rigonfiano, si vacuolizzano e perdono la proprietà di elaborare determinate sostanze o lasciano fuoriuscire, invece, determinati enzimi che, appunto in. tali occasioni, si ritrovano ad elevato livello nel sangue e costituiscono la spia della malattia epatica. La lesione del fegato, quindi, è da ricercare nella lesione di queste membrane e nella loro disfunzione. Un'attività tcrapeutica a livello del fegato può o~se rc oggi documentata a livello appunro di queste membrane.


Un'eccez-ionale serie di prove, farmacologiche e cliniche, ha documentato che a una nuova sostanza, la silimarina, spetta appunto un 'attività stabilizzante su di esse. Questa sostanza è stata isolata per la prima volta nel x968 ad opera di Wagner e coli. dai frutti del Carduus marianus, pianta medicamentosa nota fin dall'antichità. In base a studi sulla degradazione, alla configurazione dei derivati ed a ricerche spettrofotometriche è stata recentemente formulata la struttura; si tratta di un composto finora sconosciuto, il 7 - cromano!- 3'metil - r.axifolina. Dalle rkerche sperimentali di Hahn (1968) e di Vogcl (I968 - I969 - r97r) risulta che la silimarina è atossica e non determina effetti collatera1i anche dopo somministrazioni prolungate nel tempo; essa agisce in senso protettivo e tcrapeutico nelle lesioni epatiche. Le più gravi lesioni acute e crortiche del fegato vengono influenzate positivamente da q1:1esta sostanza come hanno mostrato il microscopio ottico ed elettronico e le prove biochimiche. Il prof. Vogel del Biologisches Institut Madaus di Colonia, che ha studiato farmacologicamente tale sostanza, ne ha parlato il giorno 15 febbraio 1972 all'Istituto di Farmacologia dell'Università di Milano in una conferenza dal rema « Pharmacological Activities of Silymarin a new drug on the liver >> . Quali sono le indicazioni della si\j marina nelle malattie del fegato? Le più diffuse sono le cosiddette epatopa:ie tossico;netaboliche, vale a dire casi in cui la lesione epatica è da ricondurre ad abuso di alcool o alla protratta somministrazione di medicamenti che spesso ledono iJ fegato (tranquillanti, anticpilettic1, tubercolostatici) oppure a veleni che provengono dall'organismo stesso nel corso di malanie me~aboliche, come il diabete. E' un camrpo estremamente esteso in cui la nuova sostanza serve come farmaco curativo e preventivo. Essa, però, ha mostrato di agire anche in affezàoni molto più gravi del fegato, come le epatiti croniche: queste affezioni spesso progrediscono incluuabilmente fino a condizioni incompatibiLi con la vita : ora, si è dimostrato che la silimari na può spesso bloccare questi processi fatali, attenuandoli o ritardandoli e, in qualche caso, perfino intcrrom pendoli. A nche nelle epatiti acute e nelle cirrosi epatiche, la silimarina ha mostrato di essere utile, in associazione con altre terapie in uso. Si tratta quindi di un'acquisizione imponante, di un'autentica scoperta terapeutica, che ha migliorato le prospettive nella cura di molte affezioni epatiche.

Modelli per una alimentazione antisenilità, anticancro e antiarteriosclerosi. Il prof. Carlo Sirtori nella sua conferenza al Simposio Internazionale di Zootecnia alla Fiera d i Milan o ha illustrato e discusso le u ltime ricerche in campo alimentare che si possono riassumere nei seguenti pu:nti: - una tavola ben imbandita e cibi allenanti provocanQ una d ilatazione delle coronarie, quindi un effeno benefico sul cuore; - la disten~ione psicluca e il relax favoriscono la eliminazione di acqua dall'organismo, perciò riducono il senso di gonfiore gastrico e intestinale; - i cibi dolci conciliano il son.no perché provocano un aumento dell'ormone serotonina chian1aro anche dorrnioto.nioa; - dai 25 ai 65 anni m angiamo in media 14 tonnellate di cibo mentre ne potrebbero l:as~are 8- 10;


- avremo presto le bistecche al progesterone perch~ gli allevatori somministrano questo ormone agli animali per aumentarne la fertilità. Infatti gli ovini col progesterone hanno sempre pani trigemini e diventano fertili già a 6 mesi di età anziché a 18 come è di norma. Il progesterone è anche un ormone anticancro e favorisce un maggior sviluppo dell'intelligenza; - si deve varia·re la dieta in rapporto a ciò che dobbiamo fare. Per un'attività rapida, vivace, elettrizzata si consigliano alimenti ricchi di tiramina (contenuta nd formaggio forte c nel vino Chianti). Per accendere la memoria, rendere fluida la dizione c più rapida la lettura si consigliano diete liquide a base di agrumi e di the, senza g•assi e con pochi zuccheri. Per ottenere una buona abbronzatura della pelle si consigliano uova e latte; - introducendo 100 calorie .in più del necessario al giorno, il peso aumenta d1 5 kg l'anno. 100 calorie sono contenme in due fettine di pane o in una patata bollita o 20 gr di cioccolato o una mela; - quando il digiuno supera le 24 ore compaiono « autofagosomi >> nelle cellule. Per autofagosomi si intendono porzioni di celJula che vengono delimitate da membrane e poi digerite: una sorta di microcan11ibalismo. Per le persone pletoriche obese il microcannibalismo può essere provvido, per le persone asteniche è nocivo; - quando si è bevuta una certa quantità di alcool i tranquillanti prolUJ1gano la loro azione anche di 5 volte; - gli alimenti più anticancerogeni sono - in base alle ricerche sperimentali i cavoli che fabbricano per ogni grammo 23 w1ità di enzima antibenzipircne, le rape che fabbricano 5 unità, i broccoli 3, i cavolfiori e gli spinaci I unità; - l'acqua debitamente arricchita con lirio è antistress, antinfarto e antiarteriosclerosi; - chi si sente a suo agio nella vita e avverte il piacere della tavola non ha certamente malanni nascosti, mentre può averne colui che non ama la vira e la buona tavola. Anzi un calcolo statistico ha dimostrato che nei primi la probabilità di una malattia obsolcta è del 4% , nei secondi del 25 l'o ; - gli animali crcsciuti allo stato naturale contengono una maggior quantità di acidi grassi insaturi antiarteriosclcrotici; - un'eccessiva attività cerebrale fa aumentare i trigliceridi che provocano in· grassarnento c favoriscono l'arteriosclerosi; - bastano tre giorni di dieta ricca di colesterolo per determinare alterazioni dell'aorta; - il cuore del fumatore ha 10.000 battiti in più al giorno e <tuesto comporta un dispendio di energiÌe e quindi una .riduzione di peso. Perciò il fumatore pesa in media 6 kg meno del 11011 fumatore; - le diete antiarteriosclerotiche hanno ancl1e u11 effetto anticancro, antireurnatismo, antisenilità e antirughe; - il fruttosio contenuto nella Erutta c nel miele provoca un lieve aumento dell'acido urico che è uno stimolante dell'intelligenza; - si è creduto in passato di dover eliminare le uova dalla dieta di alcune persone por evitare un. aggravio dd colesterolo. Oggi invece le uova - che contengono le proteine più nobili e più corroboranti - vengono consentite purché nella dieta si faccia uso di olii ricchi <ii acidi polinsaturi antiarteriosclerotici; - alcune .società assicuratrici sulla vita pretendono dai loro assicurati un premio 4 volte superiore al normale se essi hanno un alto tasso di colesterolo; - la carenza ui proteine nella dieta provoca stato di apatia, irascibilità, depressione e depigmcntaz.ivnc dei capelli.


Seminario sulla teoria e la pratica degli impianti a lamine di Linkow. Il punto sul progresso tecnico della odontoiatria è stato fatto alla Fondazione Carlo Erba dai proff. Loonard Linkow, Frank Celenza, Charles Weiss, Pau! Glassman di Ncw York e Giorgio Gnalducci di Milano. Le lamine di titanio inserite nelle mascelle come supporto di denti hanno superato la prova. Applicate prima a cani c scimmie e poi all'uomo esse resistono da 10 anni c sono perfettamente tollerate. Vi sono persone che hanno tutti i denti supportati da lamine dentarie. In Amel"ica sono state applicate ormai 12.000 lamine e in I talia 3.000 . Esse costituiscono il più grande progresso della professione dentisLica, ha detto il prof. Li nkow, creatore del metodo. Il prof. Carlo Sirtori, nel porgere il saluto della Fondazione Carlo Erba, ha detto che sono 3 le cause della carie: lo Mreptococco mutans, il gluco)io (che è lo zucchero comune) e il fruttosio (nel miele e nella frutta). Lo streptococco mutans è il para!>sita del dente: esso trasforma il glucosio in destrano, una patina che erode il dente, e trasforma il fruttosio in acido lattico, corrosivo del dente. Nei bambini affetti da intolleranza al fruttosio, e che quindi se ne astengono, la carie è più rara c io coloro che avendo sofferto di reumatismo sono cos~retti a cure con penicillina, che riduce la quantità di streptococco, la carie è poco frequente. Sono itl atto 3 nuovi metodi curativi - ha proseguito Sirtori la vaccinazione contro lo streptococco mutans, l'uso d i destranasi, un. enzima che scioglie il desrrano, c la fabbricazione di dolciumi edulcorati con amidi idrolizzati c idrogenati, pri\·i di gluco~io e di fruttosio. Il prof. Sirtori ha anche ricordato l'azione anticarie della calcitonina, un ormone della tiroide, i cui primi quanutativi sono stati isolati da un milione di salmoni e che oggi viene preparata per sintesi. Sirtori ha aggiunto che solo il 2 per mille delle persone è costituzionalmente o geneticamente immune da carie. La diffusa malde.ntizione è dimostrata - ha continuato Sirtori - dalle reclute americane: per risanare i denti di 100 reclute si richiedono 6oo otturazioni, 112 estrazioni, 40 ponti, 21 corone, 18 protesi e I dentiera. Per soddisfare l'igiene dentaria io lralìa è prevista una spesa di t.2oo miliardi di lire annui. L'uomo - ha concluso Sirtori - è partito dalla lotta per l'esistenza e ora vuole soddisfare le sue aspirazioni estetiche e funzionali, cui largamente contribuiscono le recenti tecniche e dottrine odonroiatriche.

Lo spazio interstdlare è fonte di vita? Gitt da molto tempo è noto che lo spazio inrerstellare non è proprio vuoto. ma pieno dì un gas estremamente tenue eli consistenza varia, scrive tt Die Wclt >l. La densità d i tale gas che in prossimità delle stelle viene ionizzato da.i raggi ultravioletti e quindi reso visibile da luminescenza autoindotta, contiene da 0,1 a rooo atomi e molecole per centimetro cubo. Tale valore è milioni e miliardi di volte inferiore a quello che i fisici chiamano l'ultravuoto e che può essere realizzato nei l::tboratori terrestri. Per molto tempo si riteneva come esclusa o quanto meno molto im·erosimile b possibilità che in presenza di una così esigua concentrazione di materia nello spazio interstellare potessero aver luogo reazioni chimiche e quindi la formazione di molecole più grandi. Nonostante che gli astrofisici Dunham e Adams dell'osscn ·atorio californiano di Monte \Vilson avessero poturo rilevare otticamcnte dall'anno 1937 al 1941 nello spazto


• inrerstellare, due semplici compo!>ti di idrocarburo nonché il cianogeno, composto dal carbonio e l'azoto, tuttavia da quanto si era pocuto dedurre dalle appropriate formule fisiche c chimiche, l'esistenza di complicate molecole nello spazio interstellare era da escludere. Se le probabilità di uno scontro (ra due atomi di idrogeno - elemento che costituisce la parte principale dei gas interstcllari - sono già molto ridotte, le probabilir;ì che si formino molecole costituite da tre o più atomi diventano quasi inesistenti Verso la fine degli aru1i sessanta, gli astrofisici hanno però avuto la prima grande sorpresa. I ricercatori dell'Università di Berkeley hanno potuto, mediante un radiotelcscop:o da sei metri, individuare le caratteristiche radioemissioni delle molecole dell'ammoniaca c dell'acqua. Più tardi, i ricercatori del « National Radio Astronomy Obscn·atory » sul monte IGtt nell'Arizona harmo segnalato la scoperta della formal deide interstellare, un composto organico formato da due atomi di idrogeno, un atomo di carbonio c un atomo di ossigeno. Da quel momento, questa nuo\·issima branca dell'astronomia ha ricevuto un vigoroso impulso. Oggi conosciamo già oltre venti composti interstellari diversi, costiruiu prevalentemente l'idrogeno, l'ossigeno, l'azoto, il carbonio, ma anche lo 7.-olfo e il silicio. Tra i composti si trovano anche note sostanze come l'acido formico e l'alcool mc~ilico.

Il meccanismo di formnioJ1e di ta li molecole è anualmente ancora sconosciuto. Si suppone che le particelle del pulviscolo interstellare, sulla composizione delle quali si sa pure molto poco, abbiano la funzione di un laboratorio in miniatura per la sintesi di molecole rilevabili con l'analisi degli spettri. Tali particelle di pulviscolo sono probabilmente costituièe da microscopici cristalli di ghiaccio, grafite o di silicati, la cui superficie porosa sen·e da catalizzatore dei processi chimico- fisici. Fino a quando norl si saprà qualcosa di più sulla concentrazione e la natura delle particelle di tale pulvi· scolo, in tale campo si sarà guidati principalmente dalle congetture. La domanda che ci ~i pene ora è se lo spazio « \'Uoto >> sia in grado di produrre anche forme complesse di molecole come i complicatissimi aminoacidi. Ma secondo gli scienziati è più probabile che tali complicatissime molecole giganti provengano dalla atmosfera dei pianeti; infatti le ricerche di laboratorio con l'atmosfera simulata d1 Giove, costituita prevalentemente da ammoniaca e metano, ha dimostrato che la formazione di molecole organiche in condizioni appropriate di temperatura ed irraggiamento solare avviene quasi inevitabilmente. L'involucro gassoso di Giove, che è particolarmente immurato da miliardi di anni, può essere spiegato solo con la presenza di complessi composti organici. Allo spazio in:erstellare spetta, per quanto concerne la creaz..ionc della vita, nella migliore delle ipotesi, solo una funzione preparatoria. $1 può immaginare, conclude « Die Wdt », che l'atmosfera primaria dei pianeti der~·, i direttamente dalle nubi interstellari, le quali sotto l'azione della gravità si sarebbero condensate in involucri di elevata capacità reattiva.

CONFERENZE Nei giorni 26 e 27 aprile u. s. il ch.mo prof. GiO\·anni Dogo, dire:tore dell'Istituto di Chirurgia plastica dell'Università di Padova, ha tenuto due conferenze agli Allievi Ufficiali della Scuola di Sanità Militare. La prima conferenza aveva per titolo: ((Fisiopatologia e trattamento della Malattia Ustione»; la seconda riguardava la ''Chirurgia della mano».


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Entrambi gli argomenti che riflettono campi di lavoro, di studio, e di ricerca net q uali l'Oratore è a buon dirirto considerato uno dei più prestigio~i Maestri italiani, sono stati svolti con la ben nota e apprezzata capacità didattica del prof. Dogo che ha anche presentato una ricca documentazione iconografica tratta dalla sua personale esperienza: ne è risultata così una e~posizione avvincente e penetrante che ha offerto agli ascoltatori le più moderne cognizioni e le più ardite realizzazioni di questo campo della Chirurgia. Chirurgia, ci sia consentito sottolineare, ricca di fascino e di speranze perché è chirurgia ricostruttiva e riparativa, c ben diversa per preme~o,e di studio e per finalità pratiche da altra chirurgia che molto spesso è dolorosamente demolitiva. A proposito della Malattia Ustione il prof. Dogo ha ricordato gli elementi esscn:Giali fisiopatologici e clinici: innanzi tutto ]"intensità c l'estensione del danno locale che condizionano la gravità della sindrome c la partecipazione di rutto l'organismo a u n processo inizialmente circoscritto. Partecipazione piena, con disordini metabolici, .::ircolatori, endocrini, tossici, infettivi che realizzano appunto al di là del danno locale che un tempo rappresentava l'unico elemento di conoscenza e di studio, il vero aspetto di una malattia generale che reclama un trattamento il più possibile tempestivo e razionale. Si è soffermato poi sull'evoluzione clinica della malattia illustrandone brevemente i tre periodi essenziali (periodo dello shock, periodo tossi · infettivo, periodo disprotidemico, emorragico, distrofico) che racchiudono gli aspetti più drammatici di una sintomato!ogia quanto mai multiforme e allarmante, e che senza w1a pronta correzione tcrapeurk::~ possono sfociare in sllu:Jzioni di grande pericolo: questi aspetti sono essenzialmente gli squilibri circolatori e l'insufficienza renale, il rias!>Orbimenro di tossine e la successiva, quasi inevitabile infezione, lo stato emorragico, distrofico della fase terminale che nulla ha da im·idiare alle più temibili malattie sistemiche e degenerati,·e. A proposito della terapia ha ricordato per la parte medica la necessità fondamentale di un trattamento sostitutivo, e per la par:e chirurgica i vari metodi di riparazione con copertura autologa quando è possibile, o omologa quando l'estensione dell'ustione è tale che non esiste la possibilità di un prelievo autologo. Ha esaltato a questo riguardo l'uso della pelle vivente di cadavere, prelevata sterilmente, liofilizzara c reidratata al momento dell'uso. Si possono coprire in tal modo aree usriomne anche molto estese, nelle quali ovviamente il trapinnto non attecchisce, ma serve soltanto, quale copertura biologica, a contenere le granulazioni esuberanti e consentire una cpitelizzazione dai margini riducendo la capacità tcnsile dci fibroblasti che provoca reuazione e formazione di cicatrici invalidanti sia dal lato estetico che funzionale. Oggi si adoperano anche trapianti di cute di cad:were conservata per congelamento in azoto li.=luido a

+ I8o C. E' un si~tema che ha dato ottimi risultati, sempre come copertura biologica successivamente eliminata per attivit.ì batterica o enzimatica, e che consente il trattamento di arce ustionatc fino all'8o 0~ dell'intera ~uperficie corporea. Un breve accenno ha anche riservato al moderno «laminar flow », flusso di aria che circola alia velocitJ. di 28 metri al minuto rutto intorno :~ 1 letto del malato, e senza disturbarlo lo protegge dalla contaminazione batterica dei vicini c del personale di assistenza (che come è noto è il più importante deposito di germi) c dalla successiva infezione. Per la <<Chirurgia della mano>> l 'Oratore ha esordito illustrando ai giovani ascoltatori la validità di un campo di lavoro dei più affascinami tra quanti oggi ne oftra l'immenso impegno della Chirurgia. La mano, come tutti sanno, insieme alla parola è l'elemento mirabile che fa dell'uomo «il re del Creato , _ Un uomo senza mani perde la possibilità di tradurre in pratiche realizzazioni lo sconfinato patrimonio ideativo dell'intelligenza, dell'intuito. in una parola delle più alte, misteriose espressioni dell'intelletto, resta un minorato la cui sventura è certamente più dolorosa della cecità.


Ebbene oggi, con uno slancio che i giovani dovrebbero far proprio, la chirw·g1a riparativa della mano ha segnato i termini di un'opera ogni giorno più prometteme e ricca di soddisfazioni. Mani profondamente detu rpate dal tra uma o da tragici vizi di confo.rmaz.ione poçsono essere riparate, r istrutturate, restituite a un'a ttività soddisfacente; qui non è l'esteLica che coma ma la funzione, e quando q uesta funzione r itorna con una trasposizione tendinea (s::rvendosi dei tendini estemori dei piedi), ccn la creazione d i un nuovo pollice per trapianto aurologo, con la polliciz-zazione dell'indice, addirittura ({ trasferendo " al posto di pollici mancanti per d ifetto congeni to gli alluci che più utili si mostrano nella nuova sede; qua11do tutto questo si riesce a fare non è possibile sfuggire alla forza ammaliatrice della chirurgia che qui è veramente a.ne, e tocca i vertici tra i più nobili concessi all'uma na fatica. E la fatica del chirurgo in questo campo è m irabile, ma deve essere sorretta da u na solida preparazione anatom ica, da salde conoscenze di patologia e di tecnica, e fondarsi su una collaborazione seria, fattiva, impegnata. Ecco perché il Conferenziere ha concluso invitando i giovani Allievi a operare una scelta professionale in questa direzione. Noi auguriamo che il seme lanciato trovi un terreno feni le che dia frutti copiosi. A. AMATO

NOTIZIE MILITARI U fficiali m edici in spe dell'Esercito assistenti militar i alle Cliniche ed agli Istituti scientifici delle Università - Anno Accademico 1972 - 1973· 1. L'Ufficio del Capo del Servjzio di Sanità dell'Esercito determina che, per 1l prossimo anno accademico r972- 1973, Ufficiali medici in s.p.e. siano avviati alle Clin iche cd agli Istituti scientifici delle U niversità in .qualità di <<assistenti m iLitari li.

2.

I posti a concorso saran110 i seguenti : a) due presso Cliniche chirurgiche; b) due presso Isti tuti di anestesiologia e rianimazione; c) uno presso Cliniche neurologiche; d) uno p resso Cliniche oculistich e; e) uno presso Cliniche ortopediche; f) due presso Cliniche otorinolari.ngoiatriche; g) due presso )stituti di radiologia; h) d ue presso Istitu ti di psicologia medica.

3· Potranno concorrere per una sola specialità gli Ufficiali medici m s.p.e. dell'Esercito che, alla data d i emanazione della presente circolare : a) non abbiano superato il 45° anno di età; b) abbiano compiuto il prescritto periodo di servizio ai Corpi previsto dalla legge sull'avaozamenro; c) comprovino di possedere lllia buona preparazione nella branca prescelta. 4· L 'assegnaz,ione sarà fatta per u n an no accademico, salvo la facoltà di confermarla per u n secondo anno. Gl~ Ufficiali vincitori saranno comandati previo trasferimento nella forza amministrativa di un E nte di stanza nella sede universitaria - alle Cliniche ed agli Isti-


tuti che saranno ritenuti più opportuni a seconda del caso, e, alla fine del periodo di assistentato, saranno destiuati agh Ospedali militari, ove le esigenze di servizio richiederan no la loro atciviLà. 5· Gli Ufficiali che intendono concorrere, dovrarU1o, tramite gli Enti in indirizzo da cui dipendono, inoltrare regolare domanda itl carta legale all'Ufficio del Capo del Servizio di Sanità dell'Esercito, allegando i documenti ed i titoli atti a comprovare il possesso dei requisiti professionali richiesti, indicando l~ branca prescelta e dichiarando espressamente di assumere: a) l'obbligo di rimanere in servizio per un periodo di 6 (sei) anni a decorrere dalla data di ammissione all'assistentato; b) l'impegno di accettare la destinazione che verrà loro attribuita, sia per l'Università che per la sede di servizio, al termine dell'assistentato.

6. Gli Emi in indirizzo faranno pervenire direttamente a questo Ufficio, non oltre ll 31 luglio 1972, le domande con i ·documenti annessi, accompagnando ciascuna domanda con una breve relazione, la quale ponga in evidenza le reali attitudini e capacità del candidato, ed esprima il parere sulla opportunità del suo invio in Clinica ed Istituto. 7· Nel caso che i posti fissati dalla presente circolare non fossero tutti coperti .in q ualcuna delle suindicate s-pecialità, per insufficienza di candida:i idonei, questo Ufficio, lasciando invariato .il numero complessivo dei 13 assistenti militari, si r-iserva di aumentare i posti di quelle specialità per le quali vi fosse eccedenza di concorrenti in possesso dei requisiti richiesti.

Promozioni nel Corpo Sanitario Militare. Da Magg. Generale a Ten. Generale Medico «a disposizione >>: Napoleone Andrea Da Colonnelli a Magg. Generale Medico m s.p.e.: De Simone Matteo L icata Emanuele Lisai Tommaso Da Colonnelli a Magg. Generale Medico «a disposizione » : Pona Gaspare Tomaselli Salvatore Federico 'Mario

Rizzo Damiano Zavatteri Pietro

Da Colonnello a Magg . Generale Chimico farmacista «a dispostztone »: Feliciani Nievo


200

Da Ten. Colonnello a Colonnello medico in s.p.e.: Califano Antonio Chiriatti Giu"eppe Di Lella Fil~ppo Favuzzi Enrico

Giuditta. Elvio Pulcinelli Mario Romano Giusep?e

Da Maggiore a Ten . Colonnello medico in s.p.e. Arnizzu Pierino Di Martino Mario Grasso Salv;;tore Lom)mdini Luigi A.

Magnetta Luciano Moretti Vittorio Panarello Manlio Satta [gnazio

tutti i neo - promossi le p iù vive congratulazioni del nostro Giornale.

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VICENZA

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CHIUPPANO DEBBA LISIERA VICENZA

FILATI • TESSUTI + CONFEZIOIN I • MEDICAZIONE

Dù·ettore respomabile: T en. Gen. Med. Prof. T. SANTILLO Redattore capo: Magg. Gen. Med. Prof. C. A.RGHITTU Autorizzazione del Tribunale di Roma al n. 944 del Registro TIPOGRAFIA REGIONALE •

Rm.1A •

1972


ANNO 1220 - FASC. 3

MAGGIO - GIUGNO 1972

GIORNALE DI

MEDICINA MILITARE PUBBLICAZIONE BIMESTRALE A CURA DEL SERVIZJO DI SAN/TÀ DELL'ESERCITO

DIREZIONE REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE MINISTERO DELLA DIFESA - ESERCITO- ROMA Spedizione in abb. post. - Gruppo IV


GIORNALE

DI

MEDI C INA

MINISTERO DELLA DIFESA - ESERCITO -

MILITAR E ROMA

SO MM ARIO

1'\ella Direzione del Giornale

20 1

Saluto di commiato Jel Ten. Gen. Med. Prof. Tommaso Samillo

2o3

Ordine del giorno Jel nuovo Capo del Servi.l.io di Sanità dell'Esercito

zo4

li Ten. Gcn. Med. Dort. Ugo Parcmi, nuovo C;Lpo del Servizio Ji Sanità dell'Esercito

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FAVUZZI E., Dt LEo P.: Evoluzione clinica e. t:1Ù1ogralica delle p~cudoanro si diafisarie trattate con trapianto corticale applicato con una nuo' a metodica

2~

MELCJIIONDA E.: Spttnti dt deoncologia medica militare .

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CAro A., FAvuzzt E.: Osservazioni 'ui rumori primitivi del rachide

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URcrt:oLo 0., VIOLA S., PEscruLLEst E.: Variazioni del flusso mu!>Colare studiato con l!3Xenon in giovani normali prima e dopo addestramento. Nota introduttiva

251

PEu.EcRr- FoltME~'TINI U., Pov C.: E~perimenti .su topi trattati con alfa- tocoferolo e successivamente sottoposti a panirradiazione

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CucciNtELLO G., LuNA E . : Assenza congenita bilaterale della rotula associata ad inconsueta alterazione dd cingolo pelvico .

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RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI .

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NOTIZIARIO: Notizie militari


3M pellieola'l\lta Luce~~ elimina sprechi di spazio. Divisione Prodotti Radiografici

Prowte il gusto del la nUO\'ll 1camera araneio 1


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ANNO 122 • FASC. 3

MAGGIO • GIUGNO 1972

GIORNALE DI MEDICINA MILITARE PUBBLICATO A CURA DEL SERVIZIO SANITARIO DELL'ESERCITO

NELLA DIREZIONE DEL GIORNALE

N d lajCìare la carica di Capo del Servizio dì Sanità dell'Esercito, sotto la data del 14 maggio 1972 lascio anche la Direzione del c( Giornale di Medicina Militare», che avevo assutzto nel gennaio 1970. In questi anni di attività direttoriale ho sempre cercato di conservare al Giornale il suo alto prutigio scientifico, cotzquistato sin dalla sua fondazione nel lomano 1851, e consolidato e accresciuto nel corso degli armi, con l'evo/versi della Scienza medica e farmaceutica. E' stata mia costante preoccupazione ampliare l'aggiornamento culturale degli Ufficiali medici dipendenti, iucrementando 11011 solo gli articoli originali di Medicina, Chirurgia e lgime, ma anche l'attività redazionale relativa alla illustrazione delle tecniche più avanzate e alla trattazione dei più attuali problemi medico -chirurgici e farmaceutici. Rivolgo rm sentito ringraziamento a tutti i Collaboratori medici e chimico- farmacisti, che con i loro articoli e le loro recensioni hanno contribuito efficacemente a conservare e ad aumentare il prestigio culturale e scientifico de! nostro Giornale, sia in campo nazionale che intemazionale. Ringrazio cordialmmte anche la Redazione, l'Amministrazione e la T ipografia del Giornale, che hanno collaborato con entusiasmo, intelligenza e attaccamento al lavoro, alla sempre maggiore affermazione del Giomal~ e al suo continuo progresso. Al mio successore, Ten. Generale Med. Dr. U go Parenti, 1·ivolgo il mio cordiale augurio di buon lavoro e dì surcesso nella direzione del Giornale. IL CAPO OEL SERVIZIO DI SANITÀ DELL'EsERCITO

Ten. Gen. Med. Prof. ToMMASO SANTILLO


• N

ell'assumere la canea di Capo del Sert•izio di Sarzità dell'Esercito,

sotto la data del 14 maggio 1972 assumo anche la direzione del « Giornale di Medicina Militare». Al mio predecessore, Ten. GetJ. Medico Prof. Tommaso Santi/lo, che con illuminata intelligenza e con profondo senso dei valori attuali della cultura medica, ha diretto per oltre due anni il tzostro glorioso Giornale, rivolgo il mio fervido ringraziamento anche a nome di tutti gli altri colleghi medici e chimico- farmacisti del Corpo Sanitario dell'Esercito. Al personale della Redazione, dell'Amministrazione e della Tipografia

che stampa il Giornale, il mio saluto affettuoso e il mio amiclzevole incitamento a perseguire con tenacia e passione nella generosa fatica, che ha portato il nostro Giornale a un alto livello scientifico e a una affermazioJJe della SatJità Militare dell'Esercito nel vasto campo della cultura medico- chirurgica. Un cordiale ringraziamento rivolgo ai Lettori e ai soster1itori del Giornale, incitando tutti a conservare intatti per il nostro periodico la loro stima e il loro apprezzamento, che sono gli elementi indispensabili per continuare ne/luminoso cammino scientifico Ìtztrapreso dal Corpo Sanitario dell'Esercito.

IL CAPO DEL SERVIZIO DI SANITÀ DELL'EsERcrro

T en. Geo. Med. Dott. Uco PARENTI


SALUTO DI COMMIATO DEL TEN. GEN. MED. PROF. TOMMASO SANTILLO

Agli Ufficiali medici e chimico farmacisti. In data odierna lascio la carica di Capo del Servizio di Sanità dell'Esercito. b1 questa occasione se11to il dovere di rÌ11graziare vivamente sia i miei diretti collaboratori per l'abnegazione e l'attaccamento al Serr•izio che hanno dimostrato durante il mio periodo di comando, sia l'intero persot1ale appartenente al Corpo sanitario dell'Esercito, che con la sua diutuma e preziosa attività ha contribuito efficacemente a tenere alto il prestigio della Sanità Militare. Bisogr1a riconoscere che tutto ciò che è stato realizzato dal gennaio 1970, per il miglioramento e il progresso delle nostre istituzioni, è da attribuire interamente all'opera fattiva, allo spirito di dedizione al Servizio, e alla intraprendenza di tutti gli Ufficiali medici e chimico- farmacisti del Corpo Sanitario dell'Esercito. Con questi sentimenti di profonda rtconoscenza per la preziosa collaboraziotJe di cui è stato prodigo il personale dipendente porgo a tutti il mio cordiale saluto e il mio augurio di buon lavoro per l'avvenire.

Ten. Gen. Med. Prof. ToMMASO SANTILLO


ORDINE DEL GIORNO DEL NUOVO CAPO DEL SERVIZIO DI SANITÀ DELL'ESERCITO

Chiamato acl assolvere l'incarico di Capo del Servizio di Sanità dell'Esercito, mi accingo al nuovo lavoro con la piena consapevolezza della gravità della situazio11e che il Corpo Sa11itario Militare già da tempo t'a fronteggiando, delle difficoltà che quotidianamente i vari responsabili del Servizio, a tutti i livelli, sono costretti a superare, dei crescenti sacrifici che ad essi sono richiesti. Mentre assicuro che dedicherò tutto il mro rmpeg1lo alla rrcerca delle soluzioni che possano consentire di superare la critica situazione, chiedo a

tutti gli Ufficiali del Servizio la perseveranza nel loro lavoro, oggi più che mai essetJziale alla vita della nostra Istituzione. Fiducioso nella collaborazio11e che mi è necessaria, porgo a tutto il personale della Sanità Militare Esercito il mio più cordiale saluto. Roma,

a I4 maggio 1972· IL CAPO DEL SERVIZIO or SANITÀ DELL'EsERCITo

Ten. Gen. Med. Dott. Uco PARENTI


IL TEN. GEN. MED. DOTT. UGO PARENTI, NUOVO CAPO DEL SERVIZIO DI SANITÀ DELL'ESERCITO

Il Ten. Generale Medico Dott. Ugo Parenti ha assunto la carica di Capo del Servizio di Sanità dell'Esercito in data 14 maggio 1972. rato a Napoli l'II novembre rgog, si laureò in Medicina e Chirurgia presso l'Università partenopea nel novembre 1932. Nominato tenente medico in sp, nel luglio 1934, a seguito di regolare concorso. Dopo la frequenza nel Corso di applicazione presso la Scuola di Sanità Militare di Firenze e presso l'Ospedale Militare della stessa città, fu assegnato al 3° Reggimento Bersaglieri con l'incarico di medico di battaglione. Mobilitato nel giugno 1935 e trasferito in Africa Orientale, prese parte, con la suddetta Unità e con l'Ospedale da campo 214, alle operazioni belliche. Fu rimpatriato nel giugno del 1937· Incaricato del grado di capitano nel luglio 1939, fu inviato nuovamente in Africa Orientale nel settembre dello stesso anno, ed assegnato prima all'8o4• Ospedale da campo, quale direttore, e successivamente alla It Sezione di Sanità, quale comandante. Trasferito sul fronte libico rifulsero qui le sue eccezionali doti di medico e di combattente: nel fatto d'arme di Bardi a, infatti - 3 gennaio 1941 ottenne la promozione a capitano per merito di guerra, con la seguente bella motivazione: cc Comandante di Sezione di Sanità divisionale, in aspra battaglia campale, dava prova di grande capacità organizzativa, perizia tecnica, sprezzo del pericolo ed alto senso del dovere, assicurando con rapida, pronta iniziativa il perfetto funzionamento del servizio e dimostrando sicura competenza per assolvere in pieno funzioni di grado superiore >> . Nello stesso combattimento cadde prigioniero degli Inglesi e subì lunga prigionia, fino al maggio del 1946. Promosso maggiore nel marzo 1947 venne assegnato all'Ospedale Militare di Napoli con l'incarico di segretario e di dirigente del Servizio odontoiatrico. Promosso ten. colonnello nel marzo del 1953, continuò a disimpegnare i suddetti incarichi.


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t

Frequentò poi con ottimo profitto e lusinghieri giudizi il Corso superiore di Stato Maggiore presso la Scuola di Guerra di Civitavecchia. Nell'ottobre 1956, nominato direttore dello Stabilimento balneo- termale militare di Ischia, disimpegnò l'incarico brillantemente, fino al termine della stagione termale del 1957· Promosso colonnello nell'agosto 1957 venne nominato Direttore dell'Ospedale Militare di Napoli, nell'ottobre successivo. Tenne questo incarico-

con lodevole disimpegno fino all'agosto del 1961, meritando molti encomt dai suoi superiori. Nel settembre successivo fu trasferito a Roma, ove gli fu conferito il delicato e gravoso compito di Segretario della Direzione Generale di Sanità Militare e di Capo dell'Ufficio del Direttore Generale. Nell'espletamento di queste importanti e fondamentali mansioni ebbe modo di vieppiù mostrare le sue spiccate doti di intelligenza, di cultura, di preparazione professionale, di spirito organizzativo e di sapiente governo del personale. Promosso maggior generale il 30 maggio r964 fu nominato, nell'ottobre dello stesso anno, Direttore di Sanità della Regione Militare Meridionale, incarico che tenne ininterrottamente fino alla promozione a ten. generale (31 dicembre 1971) e alla nomina a Capo del Servizio di Sanità dell'Esercito (14 maggio 1972).


Nell'importante ufficio di Direttore di Sanità, tenuto ininterrottamente per oltre sette an.n_i, il Generale Parenti ebbe modo di riconfermare tutto il suo brillante passato di medico e di ufficiale, mettendo in vivida luce le sue eccelse doti di organizzatore e di coordinatore di un Servizio sanitario tanto importante e fondamentale quanto quello di una Regione rrulitare, e riscuotendo non soltanto i lusinghieri apprezzamenti c gli encomi dei vari Comandanti della Regione Militare Meridionale, ma anche quelli del Direttore Generale della Sanità Militare e del Capo del Servizio di Sanità dell'Esercito. 11 Generale Parenti corona ora tutta la sua brillante carriera con il massimo incarico per un Ufficiale medico: quello di Capo del Servizio di Sanità del l 'Esercito. Non vi è dubbio che in questa eccelsa carica Egli saprà riconfermare le magnifiche doti di Medico e di Ufficiale che lo hanno portato all'apice della carriera.

C. ARGHITIU


ISTITUTO DI CLINICA ORTOPEDICA E TRAU~iATOLOGlCA DELL'UNIVERSITÀ DI ROMA Direttore: Pro!. G. MoNTICFLLI OSPEDALE MILITARE PRINCiPALE DI ROMA Oircnore: Col. Med. Prof. E. F.wvz.z1

EVOLUZIONE CLINICA E RADIOGRAFICA DELLE PSEUDOARTROSI DIAFISARIE TRATTATE CON TRAPIANTO CORTICALE APPLICATO CON UNA NUOVA METODICA Enrico Favuzzi

Pietro Di Leo

Il trattamento dei ritardi pseudoartrosi c delle pseudoartrosi diafisaric delle ossa lunghe ha subito, in questi ultimi tempi, innovazioni di tecnica, parallelamente alla evoluzione dei moderni mezzi della osteosintesi. Alcune tecniche infatti sono state in parte abbandonate per difficoltà di attuazione, come quella dei trapianti ornoplastici di difficile reperimento; altre sono state modificate (infibuli endomidollari, placche), sempre nell'intento di migliorare la percentuale dei risultati anatomici favorevoli con un recupero funzionale completo. Il campo è tuttora però diviso tra i sostenitori della osteosintesi a compressione, mediante infi.bulo endomidollare o placche, ed i sostenitori del trapianto autoplastico di stecca tibiale secondo la tecnica ·di Campbell e H enderson. Nella Clinica Ortopedica e Traumatologica dell'Università di Roma sono state studiate, sperimentalmente, in collaborazione con il Centro Metallurgico di Terni c con l'Ospedale Miljtare di Roma, nuove tecniche di trattamento delle pseudoartrosi, alcune delle quali sono nella prima fase di attuazione (compressore esterno con apparecchio originale). altre invece sono già state messe in pratica con successo da alcuni anni. Nel 1970 a New York in occasione del I Meeting Italo- Americano tenuto a l'Hospital Joint Disease, abbiamo illustrato in una visione panoramica i risultati della casistica di pseudoartrosi trattate chirurgicamente nella Clinica Ortopedica e Traumatologica dell'Università di Roma, soffermando l'attenzione sulla nuova metodica personale attualmente in uso e basata sull'applicazione del trapianto autoplastico tibiale «in compressione e senza scomposizione del focolaio>> (Monticelli, Di Leo). In questo articolo noi riporteremo i dati relativi alla tecnica sopracitata, le indicazioni, l'evoluzione nel tempo ed i risultati a distanza.


CASISTICA

La casistica, cui si riferisce il nostro lavoro, comprende 31 casi di ritardi pseudoartrosi e di pseudoartrosi, controllati ad oltre un anno dall'intervento e così distribuiti: sette casi di pseudoartrosi della diafì.si dell'omero, dodici casi di pseudoartrosi delle ossa dell'antibraccio ed undici casi di pseudoartrosi della diafisi tibiale. Non risultano comprese le pseudoartrosi della diafì.si femorale per le quali la nostra preferenza nel trattamento è andata all'inchiodamento endomidollare con un chiodo di Kuntschner, associato all'applicazione di trapianti s.pongiosi intorno al focolaio. L 'età media dei nostri pazienti è di 38 anni, con prevalenza del sesso maschile. Nella maggior parte dei casi la pseudoartrosi si è verificata dopo un trattamento chirurgico eseguito in altra sede per una frattura scomposta, riportata quasi sempre in seguito ad incidenti del traffico. In quattro casi la pseudoartrosi è seguita ad un precedente trattamento dùrurgico della mancata consolidazione con una tecnica differente che non aveva portato alla guarigione dd focolaio.

TECNICA

La nostra tecnica di applicazione del trapianto autoplasrico tibiale differisce da quella di Campbell e di H enderson nella modalità di avvitamento della stecca tibiale e nella modalità di trattamento del focolaio di pseudoartrosi. Per quanto riguar,da le modalità di avvitamento della stecca tibiale il trapianto viene infatti solidarizzato alla diafisi mediante l'applicazione dì viti secondo la tecnica della compressione. Nell'attuazione invece di tale tecnica chirurgica abbiamo sempre tenuto presente il seguente precetto: non provvedere alla scomposizione dei frammenti ed alla asportazione del tessuto fibroso e connettivale neoformato che nei casi in cui esista una grave deformità da mancata riduzione della frattura, nei casi in cui sia presente abbondante tessuto muscolare e periostale di interposizione e nei casi in cui si evidenzi una totale occlusione dei canali mi dollari. Passando ad analizzare nei dettagli la nostra tecnica di trattamento delle pseudoartrosi diafisarie necessita ricordare che la scopertura del focolaio viene ottenuta attraverso incisioni cutanee ritenute ormai classiche per le diverse regioni, ponendo però particolare attenzione ad isolare il periostio dall'osso insieme alle masse muscolari cirwstanti. Sulla corticale del segmento scheletrico pseudoartrosico si cruenta un letto di circa 3 mm di spessore per l'apposizione del trapianto, eliminando


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solo con lo scalpello le parti di callo periostale in corri spondenza del focolaio di pseudoartrosi per preparare cos1 un letto piano, atto ad accogliere il trapianto. Il prelievo della stecca tibiale da trapiantare è stato effettuato, nella maggior parte dei casi, al III medio della tibia sulla superficie antcro- interna, misurando con esattezza la lunghezza e la larghezza del prelievo necessario al nostro intervento per non indebolire eccessivamente il segmento tibiale. Per la rimozione della stecca noi preferiamo la sega elettrica, limitando l'uso

• fig. I. - Fotografie della tecnica di Monticelli pt:r l'applicaziont: del trapianto conicalc tibialc. A sn. : fresatura del trapianto con la fresa AO 4•5· A ds.: fresatura della dialisi con la frt:~a AO 3,2.

degli scalpelli sottili soltanto per la liberazione delle ultime connessioni esistenti tra stecca ed il letto tibialc. Il trapianto regolarizzato nella superficie interna viene apposto a cavallo della rima di pseudoartrosi e fissato con quattro viti a compressione in modo che le due più vicine al focolaio di pseudoartrosi vengano a trovarsi quanto più possibile lontane dal focolaio stesso. Si perfora il trapianto con una punta AO di 4>5 mm e le corticali della dialisi con una punta AO di 3, mm (fig. 1). Dopo aver provveduto alla raschiatura della sola diafisi sede della pseudoartrosi si passano attraverso il trapianto e la corticale diafisaria le viti AO che realizzano quindi una compressione tra trapianto ed ospite (fig. 2).


Fig. 2 . - Fo·ografia della tecnica al tavolo operatorio. A) Preparazione dd leno senza scomposizione del focolaio. R) Applicazione del trapianto. C) Fissazione con 4 viti da corticale AO.


2(2

Le nostre ricerche sperimentali hanno dimostrato una migliore tenuta delle viti a compressione, rispetto alle viti di vitallium e quindi una resistenza meccanica più elevata del trapianto così fissato (Di Leo> Bartocci, Creazzola). Tra le esperienze da noi condotte riferiremo brevemente quelle effettuate in collaborazione con il Centro Metallurgico di Terni al fine di studiare la differenza di comportamento fra una stecca di corticale di una tibia di vitella, fissata in compressione on lay ad una tibia con frattura sperimentale trasversale ed una stecca tibiale fissata con la tecnica di Henderson e Campbell. Applicando in queste condizioni una serie di forze crescenti si è potuto così constatare che mentre nel I gruppo il trapianto si rompeva in media quando si arrivava all'applicazione di 50 kg, il trapianto fissato con viti di vitallium si rompeva a kg 32.

EVOLUZIONE CLINICA E RADIOGRAFICA

L'evoluzione clinica e radiografica delle pseudoartrosi diafìsarie delle ossa lunghe> trattate in questi ultimi anni con la metodica sopraesposta, è stata analizzata sia per quanto r1guarda il focolaio di pseudoartrosi sia per la sede di prelievo della stecca tibiale. Per quanto riguarda il focolaio di pseudoartrosi abbiamo effettuato una valutazione comparativa con i casi già trattati in passato con la tecnica di H enderson e Campbell, polarizzando l'attenzione sui principali fattori clinici ed anatomo radiografici. Nell'esame clinico la nostra attenzione si è rivolta al dolore immediato e a distanza, all'aspetto .della cicatrice, al tempo di immobilizzazione in apparecchio gessato, al recupero funzionale ed al tempo di recupero e di degenza. Nell'esame radiografico abbiamo tenuto presente invece l'evoluzione del focolaio di pseudoartrosi non scomposto e l'attecchimento del trapianto. 1 fattori clinici dolore ed aspetto della cicatrice non presentano variazioni sensibili per intensità e frequenza nei due gruppi da noi presi in considerazione. Si può dire soltanto che l'impiego in questi ultimi anni di un drenaggio ad aspirazione continua per le prime 24 ore ha permesso di eliminare> nei giorni successivi all'intervento, quello stato di tensione dolorosa. legato alla presenza di un ematoma che si rendeva a sua volta spesso responsabile o ,dj un ritardo nella cicatrizzazione della ferita o di una cicatrice i pertrofica dolorosa. Il tempo di immobilizzazione in apparecchio gessato è risultato nel I gruppo (casi trattati con la nuova metodica) inferiore in media di 3 mesi rispetto a quelli osservati nel II gruppo (casi trattati con la tecnica dì H e n-


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derson e Campbell), in virtù proprio dei risultati delle ricerche sperimentali che ci hanno confortato nel lasciare precocemente liberi i pazienti da ogni tutela. Il tempo di immobilizzazione è stato di I mese e mezzo per le pseudoartrosi diafìsarie dell'omero, 2 mesi per le pseudoartrosi diafìsarie di antibraccio, 4 mesi per le pseudoartrosi ·diafisarie dj gamba. L'abbreviazione del tempo di immobilizzazione non ha turbato l'evoluzione regolare del trapianto né si è reso responsabile di una rottura della stecca tibiale; è necessario però rivolgere particolare attenzione per l'arto superiore o far eseguire soltanto ginnastica attiva senza sollecitare con forze flettenti sia l'antibraccio che il gomito e per l'arto inferiore a concedere il carico diretto soltanto nella fase di fusione del trapianto alla diafisi. Il recupero funzionale della spalla, del gomito, del polso per l'arto superiore e del ginocchio e piede per l'arto inferiore è stato di conseguenza migliore nei casi trattati con la nuova metodica proprio in virtù dell'aumentata resistenza meccanica che ha permesso la mobilizzazione precoce e quindi il recupero di articolazione già danneggiato da lunghi periodi di inattività. Necessita a questo punto sottolineare che l'evoluzione clinica e radiografica è risultata più lunga nei casi di pseudoartrosi con gravi deviazioni assiali, che hanno reso necessaria una scomposizione interfra.mmentaria. Ciò dimostra l'importanza di non interrompere, quando è possibile, la continuità, anche se apparente della leva scheletrica.

Fig. 3· - Evoluzione radiografica dd trapianto. A 1 mese, rarefazionc del trapianto; a 2 mesi, riabitazione del trapianto; a 4 mesi, arrecchimento completo. 2. -

Med.


Fig. 4· . M. Vittorio di anni 36. Pseudoartrosi omero 3° medio, 3° inferiore in esito a frattura esposta, tratlata con la tecnica sopra descritta, ma con scomposizione dei frammenti. L'evoluzione radiografica è più lenta. A 3 mesi c mezzo l'attecchimemo del trapianto è in fase avanzata; ad 1 anno il trapianto è completamente rimaneggiato.


Fig. 5· - B. GiuÌiana di anni 46. Pseudoartrosi chirurgica di omero al 3" inferiore trattato secondo la tecnica .cJescritta. A distanza di 3 mesi la lesione è guarita; a disLanza di 1 anno il rimaneggiamcmo è completo.


Nei .due gruppi di pseudoartrosi da noi presi in considerazione ai fini di una valutazione comparativa, i trapianti hanno mostrato trasformazioni radiografiche simili, anche se evidenziabili in tempi diversi: più precoce nei casi trattati con la nuova metodica. In una prima fase si osserva nei radiogrammi che la stecca ossea diminuisce la sua densità radiografica rispetto al letto (omogeinizzazione del trapianto); la rima di pseudoartrosi risulta ancora evidente (fig. 3). La seconda fase, denominata « riabitazione » e caratterizzata dalla pre· senza di proliferazioni pcriostali che dall'ospite raggiungono in genere le estremità del trapianto, è visibile nei radiograrnmi eseguiti a distanza di tempo variabile da I mese e mezzo a 3 mesi a seconda della sede della pseudoartrosi e della lunghezza del trapianto; la rima di pseudoartrosi va perdendo le sue caratteristiche ben definite (fig. 3).

fig. 6. - Lo stesso caso <.Iella figura precedeme. Risulta to clinico soddisfacente.

La terza fase di rimaneggiamento strutturale si prolunga nel tempo (circa r anno), in relazione alle dimensioni della stecca tibialc che rallentano il susseguirsi di fatti distruttivi ad opera degli ostcoclasti e dei fatti ricostruttivi ad opera degli osteoblasti che si sono differenziati nell'ambito del tessuto rnesenchimale (figg. 9- 11). Per quanto riguarda la sede .di prelievo del trapianto le nostre ricerche ed i controlli a distanza hanno dimostrato che la rimozione della stecca ossea non provoca danni se viene eseguita con tutti gli accorgimenti di tecnica, rivolti soprattutto ad impedire fessurazioni trasversali agli angoli della sede di prelievo. E' sufficiente immobilizzare la gamba in un gambaletto gessato


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Fig. 7· - A. L eopoldina di anni 68. Pseudoartrosi antibraccìo al 3" medio 3" inf.: rdx all'ingresso in clinica e dopo intervenw di trapianto corticale tibiale su entrambe le ossa.


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4.M. • Fig. 8. - Lo stesso caso delia figura precedente. Evoluzione radiografica a di~Lanza di 2 mesi. A 4 mc~i la lesione è guarita.


Fig. 9· - B. Umberto di anni 50. Pseudoarcrosi chirurgica di ulna, trauata con applicazione di un trapianco corticale secondo la tecnica descritta. A distanza di 4 mesi il trapianto è attecchito; a distanza di 1 :Jnno il rimaneggiamcoto strutturale è completo.


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Fig. 10. • T. Augusto di anni 40. Pseudoartrosi ulna e lussazione capitello radiale in esiro a frattura di Monteggia. A ds.: rdx a distanza di 1 mese dall'intervento di trapianto c rcsczione della testa del radio. l n l:asso: fotografia dci movimenti eseguiti a breve distanza dall'intervento.


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per due mesi, concedendo il carico per raggiungere quella fase radiografica da noi definita di sicurezza e caratterizzata da una riduzione della cavità e dalla presenza di una trama ossea sufficientemente calcificata (Di Leo, Amici). I risultati clinici e radiografici sono stati controllati a distanza di tempo variabile da r anno a 3 anni. Nel S)0° o dei casi (27 casi su 31) si è avuta una guarigione anatomo- funzionale completa con il recupero della leva schele-

Fig. u. - Lo stesso caso della figura prcccdcme. Risultato radiografico c clinico, a distanza di 3 mesi, ottimo.

trica rispettivamente in 2 mesi per l'omero (figg. 4 e 5), in 2 mesi per l'antibraccio (fig. 7) ed in 4 mesi per la gamba (figg. 12 e I 3), raccomandando però una cautela nei movimenti rivolta ad evitare sollecitazioni flettenti del trapianto, per un periodo ulteriore di 30 giorni . In tre casi abbiamo avuto una recidiva della pseudoartrosi per la mancata osservanza di quelle raccomandazioni nel periodo di recupero funzionale. Infatti i pazienti fiduciosi nella validità della leva scheletrica hanno ripreso, senza il nostro consenso, un'attività lavorativa pesante, nel periodo più delicato dell'evoluzione del trapianto per cui la stecca ossea non ha resistito alle sollecitazioni abnormi, di intensità superiore alla propria resistenza meccaruca.


'

Fig. r2 • • M. Emmo di anni 30. Pseudoartrosi chirurgica di gamba al 3" medio, tratlata con la tecnica desc ritta. A di~taoza di 3 mesi la lesione è in fase di avanzata guarigione; a distanza di 1 anno il rimancggiamcnto strutturale è comp!cro.


3m Fig. r3. - L. Augusto di anni 46. Pscudoartrosi chirurgica di gamba a l 3u medio ~" superiore, trattala con la tec nica dcscrina. A d istan7a d i 3 mc~i la lesione è g uarita; a distanza di r anno il rimancggiame nLO strutturale è completo.


Fig. 14. - Lo stesso caso della figura precedente. Risultaro clinico ottimo.

CO. CLUSIO:-J!

Dall a disamina della nostra casistica si possono trarre le seguenti conclusioni: la metodica del trapianto corticale tibiale fissato con le viri a compressione. senza scomposizione del focolaio, trova la sua indicazione di elezione nelle pseudoartrosi dialisarie atrofiche con i frammenti in asse ed oramai stabilizzate ove non ci si può permettere il lusso di fallire un secondo trattamento; - la metodi ca trova indicazione in secondo luogo nelle pseudoartrosi con angolazione dei frammenti, associando dalla parte controlaterale una placca di neutralizzazione; - le placche a compressione, come unico trattamento della pseudoartrosi, coprendo una superficie non trascurabile dell'osso, non danno garanzia assoluta di successo ed in caso di insuccesso i danni provocati dal mezzo metallico sulla biologia dei frammenti renderebbero ancora più aleatori i risultati favorevoli di un successivo intervento. Questo concetto vale soprattutto per l'anribraccio in considerazione dell'importante funzione ad esso devoluta e dei requisiti anatomo- biologici (corticale spessa co n scarsa vascolarizzazione);


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la robustezza della corticale tibiale e l'adesione perfetta con il letto ospitante consentono una mobilizzazione precoce delle articolazioni, però senza wvraccanco; - nei ritardi pseudoartrosi, che mostrano la persistenza di potenziale osteogenetico, sarebbe sufficiente una dccorticazione del focolaio o la sola apposizione di un trapianto per portare a guarigione. Queste tecniche comportano però una immobilizzazion e dell'arto in apparecchio gessato che aggrava ulteriormente le possibilità di rccupero di articolazioni già danneggiate da precedenti trattamenti.; in questi casi noi impieghiamo le placche a compressione con l'ausilio sempre di trapianti spongiosi se l'addensamento dei frammenti ossei a livello del focolaio non è marcato e se esistono tralci di ossificazione endostale o qualche proliferazione pcriostale; - nei rimanenti casi di ritardi pseudoartrosi che hanno caratteristiche anatomo- radiografiche più vicine alla pseudoartrosi che al ritardo di consolidazione, la nostra preferenza è sempre andata al trapianto corticale tibiale fissato in c.ompressione e senza la scomposizione del focolaio.

RtASSVNTO. -

Gli Autori hanno esaminato \'evolu7.ione clinica c radiografica di

31 casi di ritardi pscudoanrosi e pscudoartrosi diafisaria trattati con trapianto corticale tibia\e fissato in sede sopra corticale con una nuova metodica. La nuova mewdica, ideata cd esposta da ~1omicelli c Di Leo a . cw York nel 1970 in occasione del I Meeting l taio- Americano, consiste nel preparare un leno in sede sopracorticale senza scomposizione dei frammenti c nel fissarvi una stecca tibiale in compressione, ottenuta mediante fresatura a diverso calibro della stecca e della diafìsi e successivo avvitamento con 4 viti da corticale A.O., poste a distanza dal focolaio. L'aumentata resistenza meccanica del trapianto così fissato, dimostrata sperimentalmente, ha consentito una mobilizzazionc precoce delle articolazioni contigue, senza comprom issioni della evoluzione anatomo • radiologica del trapianto e dclb guarigione della pseudoartrosi. I risultati clinici e radiografici ottimi sono stari ottenuti nella qua~i totalità dei casi.

RÉsuMÉ. Lcs Auteurs ont examiné l'évolution cliniquc et radiographique de 31 cas de retards pseudarthrosc et de pseudanhrose diaphysaire traité avec greffe conicotibiale nxé en siège dessus- corticale avec une nouvelle méthodique. Cette nouvelle méthodique, mise en point par Monticelli et Di Leo, et rapporté à New York (rwo) cn occasion clu 1cr Meeting Iralo- Américaine, comiste en la préparation d'une couche en siègc suscorticalc sans décomposition des fragmems, et cn y fixcr une an:eUe tibialc, ré:ùisé en fraisant cn différents calibres l'auelle et la diapbyse, et successif fissage avec quatrc vis par corticale, placés éloignés du foyer. La plus grande résistancc mécanique de la greffe ainsi fixée, et expérirnenralement prouvé, a permis une mobilization précoce cles articulations prochaines, sans compromission de l'évolution anatomo - radiologique de la greHe, cn mcme temps que la guérison de la pseudanhrose. Excellents !es résultats cliniques et radiographiqucs obtenus dans presque b totalité dcs cas.


226 SuMMARY. - In this paper thc Authors investigate the clinica! and radiographical evo]U[ion of 31 cascs of pseudoarthrosis delay, and the diaphysary pseudoartbrosis treated wirh cortico- tibia l grafl fixed upon the supra- conica! seat, by means o[ a ncw method. Conceived by Monticelli and Di Leo, and reported to the First Iralo - America n Meeting ho!d at 1ew York (1970), rhis new method consist in planning a bed in the supra - cortical seat without decomposition of the fragments, and in to fix in i t a compresscd tibial splint obtained through a differente calibre milling of the splint and thc diaphysis, and subsequently spinned with four cortical screws fixed at a distance from the centrc of the fracture. T he graft's mechanical resistance increasc .fixcd in ù1is way, and expcrimentally proved, has allowed an early mobilization of the adjoining articularions, withouc compromise the an atomo- radiological evolution of the graft, and the pseudoarthrosi~ recovery. Exccllent clinica! and radiographycal results were achieved in nearly the cases totality.

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DJREZIO:-;E DI SAXITA DELL.\ REGIOXE MILITARE DELLA SICILIA

Dirertore: Mag~. Gcn. Med. Prof. E. \iii CHto~o.-

SPUNTI DI DEONTOLOGIA MEDICA MILITARE * Magg. <rtn. Med. Prof. Evelino Melcbionda

La deontologia, come dice il suo ètimo, è lo studio, più che una scienza, dei doveri dell'uomo. Nell'uso comune e tradizionale essa si è concentrata nelle professioni liberali ed in particolar modo nella nostra che, se pure sempre più sostanzìata di scienza, rimane e rimarrà l'arte per eccellenza, essendo un'arte salutare che riguarda l'uomo nella sua inscindibile unità psicosomatica. Inoltre parlare di deontologia, oggi, è come parlare di etica. Risalendo, nel tempo, nella storia documentata dell'uomo, è sempre balzata fuori, luminosa, la figura del medico con caratteri deontologici che, se pure con espressioni formali e religiose differenti, hanno messo in luce i doveri, l'etica di questo uomo, ben singolare e diverso da tutti gli altri, i1 quale, per sue capacità innate cd acquisite, ha la possibilità <.li annullare o di ridurre le sofferenze di uno o di altri esseri, uomini come lui, anche se notevolmente diversi per estrazione sociale, per nascita, per censo, per religione, per razza, per nazionalità, per cultura. Potrei citare i numerosi documenti di tutte le più antiche civiltà, <.la quella assiro- babilonese, a quella egiziana, iranica, indiana, cinese, ebraica, greco- romana, araba, cristiana, nei quali sono espresse da una parte la sacralità dell'arte salutare e dall'altra le capacità taumaturgiche delle varie divinità e degli uomini santificati. Mi limiterò, per non tediarvi, a risalire solo sino alla civiltà greca, la più « umana » fra tutte. E' giusto titolo di nostro orgoglio, per noi medici militari, che Omero, il più documentato medico militare dell'antichità, « colui con quella spada in m ano », definì Asclepio, il cui nome significa eti mologicamente « mitigatore senza tregua», « il medico immune da menda 1>. Lo stesso Omero, parlando di Macaone ferito, il grande chirurgo dello Stato Maggiore greco, il celebre «figlio di Asclepio, del sommo fra i medici tutti», dimostrò la sua grande fierezza nel valore strettamente professionale del medico militare, definendolo con un verso che ben può essere scolpito sul bronzo o sulla divisa del nostro blasone: « ché vale quanto molti da solo un medico esperto >>. E, scendendo per i rami della storia, troviamo Cicerone che rende omaggio, egli il grande avvocato della romanità, alla nostra arte, dichiarando che • Conferenza rcnuca all'Ospedale Militare di Palermo il 7 aprile 1972.


« nemo est propius deo quam vitam dando » (nessuno è più vicino a Dio di colui che dà la vita). Come ho detto innanzi, sempre il medico si è imposta una deontologia, senza della quale ben misera cosa sarebbe la sua conoscenza. Ed anche su questo soggetto, è bello risalire al più grande dei medici della classicità greca, al grande Ippocrate di Coo, sempre attuale ancora oggi. E' a lui che risale infatti il famoso « Giuramento» che rappresenta il vero atto di nascita della nostra deontologia. E non fa meraviglia che egli stesso lo giurò, non fa meraviglia perché fu il medico che, scrivendo a Democrito, disse che « quanti curano per mercede costringono alla schiavitù le scienze che per loro natura sono libere )), precedendo la santità di Cosimo e Damiano, i Santi Anargiri così cari al Beato Angelico, il medico che diceva: « Chi vuol essere libero, non desideri ciò che non può avere », « Chi vuoi avere ciò che desidera, ·desideri ciò che può avere» , « Chi vuol trascorrere in pace ed in serenità questa vita, si comporti come il convitato che ringrazia per ogni cibo offerto e non si lamenta per ciò che manca », « Il medico filosofo è simile a Dio ». Come meravigliarsi infine se fu affermato che, dopo la sua morte, la tomba venne improvvisamente avvolta da uno sciame di api dorate, a simboleggiare il fluire melato della sua parola? A tutti è noto il testo del suo « Giuramento )) e pertanto non mi permetterò di ripetervelo, ma ritengo bene rileggervi l'inizio di esso, di notevole valore religiosamente etico. Ippocrate, che rese « laica >> la medicina che egli aveva meditata nelle tavolette votive del tempio di Asclepio io Coo, non si mise contro il tempio, ma si limitò ad uscirne, pur riconoscendo che l'etica sacrale del medico non può conservarsi se non permeata da una religiosità, da una « pietas », senza la quale non si può salire sino ai vertici della nostra arte: « Giuro per Apollo medico, per Asclepio, per Igea e per Panacea, come pure per tutti gli Dei e le Dee che io prendo a testimoni, che adempierò con ogni mio potere e secondo le mie cognizioni il presente giuramento>>. A proposito di questo « Giuramento», può essere interessante ricordare che Papa Clemente VII, in pieno sec. XVI, ordinò in una sua Bolla, che il laureato giurasse il testo del giuramento ippocratico. Ma la storia dei codici deontologici si arricchisce, per noi, di un altro documento, questa volta scritto da un medico ebreo di Cordova, Musa ibn Maimum, meglio conosciuto come Maimonide. Pur se di elevatura culturale inferiore a quella del grande vegliardo di Coo, Maimonide ci ha lasciato, fra le altre sue opere, una « Preghiera del medico >>, detta anche « Invocazione >> che, pur ricalcando in parte il « Giuramento » ippocratico, rimane originale per la sua impronta nettamente religiosa talmudìsta. Vale la pena che ve la legga per intero, per la sua elevatezza e purezza che debbono rimanere attuali anche per un medico moderno e per il tono che tocca i vertici della poesia, perché l'uomo di scienza comprende che si eleva, umiliandosi di fronte all' In.finito, all'Eterno, all'Onnìpossente, all 'Onnisapiente, al Trascendente:


« Dio di bontà l Tu formasti il corpo dell'uomo con una saggezza infinita; Tu riunisti in lui innumerevoli forze che agiscono incessantemente come strumenti per mantenere e conservare nel suo insieme questa bella fodera della sua anima immortale, e la loro azione si esegue tranquillamente con grande ordine e meravigliosa armonia. « Ma la fragilità della materia o la sfrenatezza delle passioni viene a turbare questa armonia; le forze agiscono una contro l'altra ed il corpo finisce per tornare alla polvere dalla quale provenn e. Prima però che ciò avvenga, Tu invii a lui come benefici messaggeri le malattie, che gli annunziano l'approssimarsi del pericolo e lo esortano a scongiurarlo se non poté prevenirlo. «Nel seno della Terra, dei fiumi, .dei monti, Tu hai nascosto essenze salutari che possiedono la virtù di mitigare la sofferenza delle Tue creature, di allontanare la prematura loro fine. « Ed all'uomo speci2lmente Tu hai fatto parte della Tua saggezza e gli hai insegnato a soccorrere il suo simile che soffre, a bene conoscere il suo corpo allo stato normale ed anormale, a trarre dai più reconditi nascondigli le essenze salutari, ad approfondirne le speciali qualità ed a prepararle ed impiegarle convenientemente perché rechino quell'utilità cui furono destinate. « Io stesso fui scelto dalla Tua eterna Provvidenza, per vegliare sulla Vita ~ sulla Salute delle Tue creature, e mi preparo all'esercizio della mia vocaziOne. << Assistimi, o Suprema Bontà, in quest'opera, affinché abbia buon successo! « Poiché senza il Tuo aiuto e la Tua assistenza nessuna cosa arriva a buona conclusione. « Possa l'amore per la mia Arte e per le Tue creature animarmi sempre. « L'avidità, l'avarizia, la sete di gloria e la smania di alta reputazione non si impadroniscano mai dell'animo mio; poiché questi bassi sentimenti essendo nemici della Verità e della Filantropia potrebbero facilmente ingannarmi allontanandomi dalla mia alta missione di far del bene ai Tuoi figliuoli. « Sostieni le forze del mio cuore e .dell'animo mio affinché mi trovi sempre egualmente disposto a servire il ricco ed il povero, l'onesto ed il malvagio, l'amico ed il nemico ed a non riguardare nel malato che l'immagine mia sotto i parimenti, poiché Tu sei egualmente il Creatore, il Padre cd il Conservatore del ricco c del povero, dell'onesto e del malvagio, del Tuo amico e del Tuo nemico. « Conserva sano il mio intelletto e rendilo capace di comprendere il presente c di presumere giustamente l'avvenire ancora nascosto; preserva il mio spirito da quella ostinata cecità che si rifiuta di riconoscere ciò che è evidente e da quella vana presunzione che fa vedere cose immaginarie, dato che eminentemente delicati ed impercettibili sono i limiti dell'Arte sublime di vegliare sulla Vita e sulla Salute delle Tue creature.


cc Sia il mio pensiero padrone di se stesso davanti al letto del malato;

nessun pensiero lo distragga, ma altro io non veda che quanto l'esperienza e la riflessione mi possono suggerire senza che le mie meditazioni abbiano a venir disturbate, poiché sono grandi e santi i lavori meditati nella solitudine e tendenti a conservare alle Tue creature la Vita e la Salute. cc Ispira nei miei ammalati piena confidenza in mc e nell'Arte mia, ed assoluta obbedienza alle mie prescrizioni. Allontana da essi ogni ciarlatano che distruggerebbe ciò che con l'aiuto della Tua bontà io farci di bene; e similmente lo sciame dei parenti consultatori e delle donne ciarliere e saccenti poiché questa gente è crudele che, per vanità, contraria e neutralizza i migliori successi della nostra Arte sublime e prepara una morte prematura alle Tue creature. <<Se altri medici di me più esperti vorranno essermi di guida e consigliarmi, ispirami verso di loro confidenza, obbedienza e gratitudine, poiché lo studio dell'Arte nostra è immenso e. non è dato certamente ad un solo il veder tutto. <<Ma se invece ignoranti mi biasimano e mi beffeggiano, fa che l'amore per l'Arte rinforzi il mio spirito c lo renda invulnerabile affinché senza riguardo verso la reputazione, l'età e l'alta posizione dei miei avversari, io persista in ciò che ho conosciuto di vero giacché la condiscendenza in tal caso sarebbe delitto e provocherebbe la morte delle Tue creature. <<Concedimi la necessaria dolcezza verso i miei malati e la pazienza verso i colleghi di età maggiore e che, superbi della loro anzianità, volessero respingcrmi, censurarmi, dominarmi, annichilirmi. « Permettimi di approfittare del buono che una lunga esperienza può aver loro procurato; ma la loro presunzione non influisca sull'animo mio, riflettendo che essi sono vecchi e che la vecchiaia non è sempre esente da passioni e da follie. << Ed accordami ancora infine, o Dio di Bontà, di invecchiare impiegando la mia vita in Tuo servigio. <<Possa io essere moderato in tutto fuorché nel desiderio di conoscere l'Arte, nel qual riguardo fa che io sia insaziabile! << L'idea di saper tutto e di conoscere tutto sia l ungi da me! <<Concedimi la forza e l'occasione di rettificar sempre le cognizioni acquisite e di estenderne il dominio, poiché se l'Arte è immensa, lo spirito dell'uomo può egualmente estendersi infinitamente ed arricchirsi ogni giorno di nuove cognizioni, può scoprire oggi molti errori ai quali oggi non ha nemmeno pensato. << Assistimi, o Dio di Bontà, affinché io possa compiere felicemente la mia missione, dato che senza il Tuo soccorso nulla può riuscire all'uomo». Siamo nel secolo XII ! Il tempo trascorre e nuove impostazioni mentali e religiose sorgono nell'uomo. La nostra arte si arricchisce di scienza, ma il «Giuramento» di Ippo-


crate, la « Preghiera » di Maimonide restano sem pre i capisaldi della nostra .deontologia e della nostra etica professionale, per lo meno di noi medici europei e mediterranei. E veniamo al grande conflitto, non a quello che insanguinò tristemente l'Europa nel 1915- r8, ma a quello che rovinò sul mondo nel 1939 - 45 e del quale noi siamo tutti, ancora oggi, il risultato contorto, confuso e gravido di futuro che non appare lieto. La scienza, quando c'è, si è distaccata dalla sapienza, meglio, dalla saggezza cd il rapporto diretto medico- malato sta per scom parire sostituito da quello laboratorio- m alato, nella pretesa che un cervello elettronico possa ridare il sorriso e la gioia di vivere, la serenità nell a sofferen za e la rassegnazione nell'ora suprema in un cervcl.lo che, essendo umano, ha bisogno di conforto e di speranza, <li una carezza fraterna e non dei gesti disarmonici e disumani di un medico - robot. Nel 1948 l'Associazione medica mondiale ha adottato a Ginevra una « Diclùarazione » ed un «Codice di Etica Medica>>. Vale la pena, perché ciascuno di voi lo m editi, che io vi riporti almeno il primo: « Nel momento in cui vengo ammesso fra i membri della professione medica io mi impegno solennemente a consacrare la mia vita al servizio dell'umanità. « Conserverò verso i miei maestri il rispetto e la riconoscenza loro dovuta. « Eseguirò la professione con coscienza e <lignità. << Considererò la salute del mio paziente come mio primo pen siero. « Rispetterò il segreto di chi si sarà confidato con me. « Manterrò, proporzionalmente alle mie possibilità, l'onore e le nobil i tradizioni della professione medica. << I colleghi saranno miei fratelli. <<Non permetterò che fra il mio dovere ed il mio paziente s1 mterpongano considerazioni di religione, nazione, razza, partito o classe sociaJe. « Avrò il massimo rispetto per la vita umana fin dal concepimento. « Anche sotto minaccia non permetterò che delle mie cognizioni ci s1 serva contro la legge dell 'umanità. « Faccio queste promesse, solennem ente, liberamente, sull'onore ». Questa << Diclùarazione >> tale rimane nella sua definizione, anche se taluni hanno voluto denominarla col vecchio titolo ippocratico di <<Giuram ento ». Vi è sì una compostezza ed una elevatezza ,di etica, che si ispira sempre ai concetti annunciati 2 .000 anni fa dal vcgliardo di Coo, ma vi è evidente una certa fredda enunciazione dei doveri del medico. Questi si « impegna », sia pure solennemente, anzi, in conclusione, fa delle « promesse», sia pure an che queste solennemente, ma ci tiene a precisare che le fa « liberamente», cioè senza coercizione, c non su di un altare nel quale il medico vero non può non porre che il << Trascendente», ma sull'« onore>>, cioè su di un altare sul quale, al posto del Trascendente, vi è l'uomo stesso. Quasi a ridurre la freddezza del testo, il relatore disse in questa occasione: « ... Il


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vero medico ... deve possedere un senso psicologico fine. un modo di fare irreprensibile, delle doti morali indispensabili . . . » ed i medici can adesi aggiunsero: <<Un codice deontologico ... può stimolare una coscienza ed informarla, ma non può crearla se non esiste. Solo in alcuni casi può ordinare « tu dovrai , tu non dovrai», perché nella mas.sima parte dei casi non può che consigliare << tu dovrai, tu non dovrai ». Comunque possano essere formulati i vari « articoli » di un codice deontologico medico, rimane sempre <ia tutti riconosciuto che il medico, se ancora vuole essere degno di questo prestigioso titolo, se non vuol scendere al livello di un mestierante, se ancora vuole che il fratello sofferente si rivolga a lui con rispetto e stima, deve essere << immune da menda », deve comportarsi come tale, deve accettare la sua professione come una missione e non come solo un mezzo di lucro, deve sapere accettare anche le inevitabili conseguenze negative che questo intento comporta. Direi, senza esagerare, che egli deve essere anche un medico psicologo, traducendo con questa parola moderna la qualifica di << filosofo » che gli dette Ippocrate. E' su questo concetto che hanno << giurato» i medici con Ippocrate, hanno « pregato >> i medici con Maimonide, si wno « impegnati >> ed hanno cc promesso >> i medici a Ginevra. Ho intitolato questa mia conversazione « Spunti di deontologia medica militare » ed allora mi si potrà chiedere se per il medico militare la deontologia, l'etica professionale debba essere diversa da quella civile. Naturalmente, no di certo. Nei codici di etica professionale vi è già tutto che possa servire, sia per i medici civili che per quelli militari, sia in pace che in guerra. I principi sono gli stessi, ma è l'ambiente che muta, direi la << clientela » che muta, perché in modo diverso debba estrinsecarsi la nostra deontologia di medici militari. Accenno mol to rapidamente alla deontologia medica militare in tempo di guerra. La storia del nostro Corpo sanitario e di tutti i Corpi sanitari di tutti gli eserciti civili è tutto un campo fiorito di virtù, di eroismi, che hanno azzurrato la nostra e tutte le Bandiere <ii tutti i Corpi sanitari di tutti gli eserciti civili. Quando il tempio di Giano si apre, il medico non discute la guerra, anche se la depreca, ed egli sa che deve essere, premuroso e capace, al fianco del belligerante, combatta egli per una guerra giusta od ingius.ta. Mi piace riportarvi un episodio di un grande chirurgo militare dell'Esercito napoleonico, del prestigioso Jean Dominique Larrey, di colui per il quale Napoleone di sse che, quando egli era sul campo, era come se l'Esercito contasse due reggimenti di cavalleria in più. Nella battaglia di Bauetzen del 20 maggio 1813, su 8.ooo feriti si ebbero ben 2.362 colpiti alla mano ed agli incisivi superiori. Essi furono subito sospettati di autolesionismo ed imprigionati. N apoleone nominò una Commissione <ii chirurghi presieduta da Larrey. Dopo un attento esame dei feriti , egli concluse per la non esistenza del reato, io quanto le lesioni erano dovute alla inesperienza nel maneggio


-delle armi dei coscritti condotti per la prima volta al fuoco in fitte colonne, specialmente durante le cariche in salita. I soldati allora laceravano con gli incisivi superiori la cartuccia contenente la polvere che versavano nella canna del fucile. Napoleone si irritò per la conclusione peritale di Larrey, ma la sua collera cedette alla sua grande virtù di Comandante e ratificò la decisione, esprimendo a Larrey la sua soddisfazione: << Un sovrano è ben felice di avere a che fare con un uomo come voi ». E vorrei ricordarvi il S.Ten. med. Enrico Muricchio, il « tabib >> dei suoi Ascari eritrei, che in Africa orientale, esaltato dal suo stesso ardimento che non conosce ripiegamento, per difendere il suo posto di medicazione, ferito, dopo avere esaurito le sue munizioni, novello balilla, scava con le unghie i sassi e li lancia contro il nemico imbaldanzito. E vorrei ricordarvi il S.Ten. med. Attilio Dalla Bona, me·dico della Resistenza, che preferì farsi catturare e torturare e trucidare dalle truppe naziste per non abbandonare un bambino colpito da angina difterica. Ma questi non sono esempi per voi, giovani Ufficiali medici, essi sono conferma che tutti voi, quando sarà necessario, sarete tanti Muricchio, tanti Dalla Bona, e che nessuno farà passare il suo interesse particolare dinanzi a quello dell 'entità al cui servizio vi sarete messi, nella buona e nella cattiva sorte. E' proprio questa conoscenza direi dinamica della psiche umana che rende il medico militare tanto stimato e tanto amato dalle truppe, che vedono in lui l'uomo che, oltre alla capacità di curare le loro sofferenze fisiche, sa anche l'arte del conforto. Lo vedono sereno, anche nell'infuriare della battaglia, mai giudice acerbo, ma fratello accorto e premuroso, nel quale non alberga l'odio verso un qualsiasi altro uomo, anche se nemico, e considera il suo posto di medicazione come un'oasi di pace, dove si arrestano le convulsioni della lotta, dove è bello deporre le passioni e riceverne la parola buona che calma, ma che esalta contemporaneamente, che rasserena c sublima tutte le .debolezze psichicbe e fisiche dell'uomo, anche se questi è un Comandante. Oggi, per fortuna, il tempio di Giano è chiuso, ma oggi il medico militare direi che è in una posizione più difficile, perché deve operare tutto puntando sulle sue intrinseche virtù, direi a freddo, senza il contagio esaltante del rombo dei cannoni o del crepitio delle mitragliatrici. Il medico militare, e specialmente il giovane medico militare che fa servizio presso i Corpi e specialmente presso quelli destinati all'addestramento delle reclute, si trova a.d operare in seno ad una collettività di giovani, ancora molto giovani, che provengono da una società civile che è in netto contrasto con la società militare quale è quella delle nostre caserme. Chi sono questi giovani? E' necessario che il medico militare li analizzi e li studi nel loro travaglio interno, per meglio comprenderli, per meglio essere loro vicino, per meglio collaborare con la durissima fatica dei singoli Comandanti.

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Sono anzitutto giovani, e questo è già il primo elemento che li fa giudicare inesperti, incompleti, imperfetti, nei quali il processo di mielinizzazione del sistema nervoso, vedi nel caso specifico il cervello ed il sistema nervoso vegetativo, non si è ancora completato. Da dove provengono? D alle. estrazioni sociali le più varie, ma che possono riassumersi soprattutto in tre: studenti, operai, contadini. Sono gli stessi, fra i primi, quelli che hanno contestato i loro insegnanti ed i loro metodi, che hanno sospeso i loro professori, che sono ricorsi per queste contestazioni anche alle armi e comunque alla violenza, che si sono imbevuti di ideologie che non hanno ancora capite nella loro intima essenza, che si sono già riuniti in « commissioni », che sono scontenti di tutto, senza ancora essere orientati verso alcuna concreta idea costruttrice, che ancora trovano a casa la mensa imbandita ed il portafoglio paterno e soprattutto materno piuttosto disposto a rendere più comoda la vita, che non fanno più moto perché vanno a scuola in motorino, q uan,do non ci vanno in automobile, che si reputano sportivi <]Uando in una comoda poltrona assistono alla trasmissione televisiva di un agone sportivo al quale essi non partecipano direttamente e perché i loro muscoli non ne sono capaci e perché la società non mette loro a disposizione le infrastrutture adatte, che hanno fatto di sgraziati « chansonniers » i loro divi, che chiudono la radio o la televisione quando vengono trasmessi programmi .di musica sinfonica o lirica, che si sono già saziati di sesso tanto da essere costretti a ricorrere alla << inversione » od alla droga per fabbricarsi dei paradisi artificiali. Sono gli stessi, fra i secondi, gli operai, quelli che lavorano in lotta con i datori di lavoro, che sono tutti confederati sotto bandiere dei più diversi colori, che non bcnediscono il lavoro, ma lo odiano, che lo considerano strumento solo di rivendicazioni per conquistare beni della vita ed agi che vanno molto al di là dello storico pane quotidiano, che già sopportano male il giogo dell'inquadramento in cc catene» di montaggio, che non sanno impiegare bene il tempo libero. Sono gli stessi, fra i terzi, i contadini, quelli che, adusi a vivere lontani dai grossi centri urbani, credono che la vita cittadina sia la mecca del godimento, che non hanno ancora capito quale fortuna essi hanno di vivere immersi in un ambiente che non li intossica, anche se non sempre è loro benigno. Tutti provengono da una società che non ba ancora trovato il suo passo armonico, che ha loro abbacinati gli occhi con la luce violenta della parola « libertà>>, senza far loro comprendere che essa non è un <iono gratuito di sempre, rna una conquista penosa di ogni giorno, che è un diritto che scaturisce ,da un dovere. Che cosa avviene quando questi giovani cittadini vengono chiamati dall' Autorità costituita a prestare il servizio militare? Già altra volta mi sono permesso di analizzare questo avvenimento a voi e permettetcmi che mi ripeta. Anzitutto sono passati i tempi in cui si educavano i giovani con il


• concetto cosiddetto militarista. Sono passati i tempi in cui si educavano i giovani con l'affermazione che ogni straruero era un nemico in potenza e pertanto, se non da odiare sempre, da trattare almeno con un prudente senso di amicizia, ed a volte di chiara ostilità; sono passati i tempi in cui si considerava logico risolvere i problemi e gli attriti fra i popoli con le armi. Oggi tutto questo è storia passata. Oggi il giovane italiano è educato proprio con concetti antipodali, cioè al pacifismo, a considerare tutti i popoli fratelli, a fare teatro di operazione non un campo di battaglia, ma l'opinione pubblica oppure un tavolino a varia figura geometrica, quando non un tavolo da ptng- pong. Chi trova questo giovane cittadino quando, ancora tutto pieno di peli e di capelli quasi sempre incolti, entra in una caserma? Si imbatte già inizialmente in un altro giovane come lui armato di fucile, a guardia di un fabbricato tutto cinto di muri, chiara espressione di un luogo chiuso ed è inevitabile che, più o meno comprese e bene o male interpretate, risuonino in lui le famose parole ~critte da Dante all'ingresso dell'Infermo : «Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate », anche se la premurosa ed affettuosa accortezza del Comandante ha cercato di cancellare questa rievocazione poetica con altre parole che lo confortano e lo rasserenano, i nsi eme con la gaiezza del nostro storico Tricolore. La garitta della caserma è superata, anche il cortile imbandierato è alle sue spalle. Incomincia la « vita militare » : questi giovani così condizionati, che hanno lasciato la loro casa, le loro famiglie, le loro singole personalità sociali, i loro indumenti abituali, entrano a far parte di una collettività che ridimensiona queste loro personalità attraverso un nuovo metro gerarchico, inteso a trasformarli, a m ezzo di «superiori )>, da cittadi ni civili in cittadini militari, sostituendo successivamente, ma rapidamente, la loro mentalità pacifista con una mentalità guerriera. Certo, bisogna riconoscerlo, che, salvo alcune inevitabili eccezioni, noi militari siamo i più qualificati a fare ciò per varie ragioni. Perché noi siamo i più adusi a considerare l'alto significato mili tare della psicologia del soldato. Se scorriamo la storia, constatiamo che i più grandi condottieri sono stati tali non solo perché capaci della più elevata tattica c strategia, ma, forse soprattutto, perché hanno compreso che le battaglie, le guerre, le fanno i soldati e che sono essi che le vincono. Noi militari finiamo con l'avere una concezione più abitudinaria, più connaturata, più elevata del.Ja Patria, della Bandiera, delle glorie e delle tradizioni militari, del concetto di eroismo, del senso del dovere, ·dell' « animus >> c della « virtus » di una gente. Divenire soldato comporta un enorme ed improvviso cambiamento delle richieste della realtà. Si ha un notevole mutamento di consuetudini. La disciplina militare, inevitabile, ha per obiettivo di mettere in grado iJ soldato di funzionare come una parte organica dell'unità militare, in obbedienza al suo Comandante, di sviluppare il senso del cameratismo, di tolleranza e di altrui-


smo per il bene comune, di accettare, in sostituzione del Super- Io individuale interno, di origine paterna, scolastica, sociale, civile, un altro Super- Io rappresentato dal superiore, cioè un Super- Io esterno. E tutto questo, intramato di « devi», « non puoi ))' che si iniziano con il suono della sveglia, che continuano perfino nel tempo di libera uscita e che trovano la loro pausa solo con le note patetiche del silenzio. A questo proposito, ed a questo punto della fine della giornata, adoperiamoci ad eliminare per sempre la tanto dannosa « branda biposto >>, permettiamo, almeno nei brevi momenti che precedono l.a pace del sonno ed in quelli molto più brevi che seguono il risveglio, che il giovane nostro soldato abbia a suo panorama almeno il soffitto della camerata, quando l'anima ha bisogno direi anche di spazio per potere iniziare il suo viaggio ideale al di là .dei muri della caserma, per congiungersi con gli affetti a lui più cari. Ed allora, cari colleghi, e specialmente carissimi giovani colleghi, c'è tanto da meravigliarsi delle reazioni a volte « irritanti >> di questi giovani cittadini che la Nazione ci affida per addestrarli, ma anche per educarli, stavo per dire per rieducarli, ma anche per proteggerli? Comprendete, comprendiamo lo « shock )), meglio, lo « stress», per dirla in linguaggio oggi così consueto, anche se non sempre esattamente compreso, cui essi sono sottoposti. Lo comprendono i Comandanti, ma tocca soprattutto a noi, che ne abbiamo fatto oggetto dell.a nostra meditazione professionale, di comprenderlo direi nella sua etiologia e nella sua patogenesi per meglio curarlo, ma soprattutto per meglio prevenirlo. Perché sono le manifestazioni vegetative da questo shock provocate quelle che spingono a « marcare» visita medica, non raramente sostanziate in vere e proprie somatizzazioni morbose. Che i giovani soldati non trovino più presso di noi il « devi», il « non puoi ))' ma in loro sostituzione il « debbo», detto dal medico, cioè: << Io, tuo medico, i n armi come te, facente parte della tua stessa collettività, debbo e posso farti del bene, sollevarti e guarirti delle tue sofferenze fisiche, ma anche sollevarti e guarirti delle tue sofferenze psichiche e morali dalle quali ti senti oppresso, tu giovane soldato, che, per essere giovane, sei ancora fragile». Non trascurate il soldato ammalato, ma non trascurate nemmeno il soldato che non ha ancora compreso la grande gioia del dovere compiuto al servizio di una collettività della quale egli stesso fa parte e, con lui, i suoi familiari, i suoi amici, tutti quelli che con lui vivono. Non considerate « lavarivo » il giovane soldato che- tenta .di esimersi dal suo dovere della giornata. Egli punta, è vero, sul la vostra inesperienza, ma soprattutto, inconsciamente, anche se con linguaggio a noi medici ben chiaro, egli ci chiede una parola buona, perché egli vorrebbe e non sa essere forte, vorrebbe e non sa liberarsi di un tormento interno, arrivando a volte a <<scaricare » sul suo vegetativo la sua pena, con le man_ifestazioni cliniche e semeiologiche le più varie perché ubiqtùtario è il vegetativo.


Ed una parola ancora, permettetemela, sulla condotta della ricerca diagnostica. E' vero che le malattie dei giovani aprono la scena quasi sempre clamorosamente, anzi direi molto clamorosamente, data la immaturità del loro sistema neurovegetativo, ma diffidate dei sintomi vaghi. I nostri errori maggiori sono dati quasi mai da una nostra deficienza culturale, ma quasi sempre da una superficialità di esame semeiologico. Ecco perché vi ho vietato di concedere il cosiddetto « riposo in branda » ; se ritenete che un soldato non stia bene, anche se non ancora siete addivenuti ad una diagnosi esatta, anzi proprio in questi casi, tenetevclo vicino, sotto il vostro controllo diretto, in infermeria; guarirà prima e meglio se è veramente ammalato, lo dimetterete con più tranquillità se la sua sofferenza è molto lieve o non sussiste affatto. E quando sono ricoverati nelle vostre infermerie, studiateli bene i vostri infermi, spingete alla maggiore accuratezza e critica le vostre possibilità semeiologiche e potenziate queste con i più comuni esami di laboratorio che, se pure semplici nella loro esecuzione, non sono, per essere tali, da considerare come superati e di scarso valore. Guardatele le urine .dei vostri infermi: quante cose esse dicono nella loro grande semplicità quantitativa, qualitativa e chimico- fisica. Interrogate sempre, c non solo episodicamente, la omeostasia del loro patrimonio proteico a mezzo della semplicissima misurazione della velocità del.la eritrosedimentazione; diffidate di ogni cifra superiore al normale; se è vero che cifre normali possono essere trovate in soggetti ammalati, non sarà mai sano un soggetto che presenterà una cifra elevata (sempre che non si tratti di un soggetto gravido ... ). Scusatemi, cari colleghi e soprattutto carissimi giovani colleghi, se mi sono permesso di analizzarvi cose che certamente tutti voi già conoscete e capite, ma accettate queste mie parole più come un confronto alla vostra fatica quotidiana che come uno stimolo; e se anche questo possa essere uno degli scopi di questa mia conversazione, accettatelo in serenità perché proviene da un vostro collega che si è seduto sui vostri stessi banchi, che, come voi~ è stato giovane Uffìcia1e medico, che ha avuto la ventura di vivere tanti e tanti anni, come si dice, alle truppe, in pace ed in guerra, in guarnigione ed al campo. che ha ricevuto questi giovani doloranti nelle corsie ospedaliere, che ha avuto la grande ventura infine di potervi « indottrinare » sui banchi di Costa S. Giorgio, quando il vostro occhio conservava ancora la dolce visione dci glicini in fiore c magari quella non meno dolce di una « madonna fiorentina''· Ecco, in definitiva, in che cosa si substanzia, con modalità ·diverse da quello civile, il codice di deontologia, di etica militare. Ricordatevi, la patologia umana non è fatta solo di sindromi o di malattie eponimiche, né solo di complicate, astruse e vertiginose teorie o di ricerche realizzate in non meno complicati, astrusi e vertiginosi laboratori. Tanta patologia umana, starei per dire la maggior parte della patologia umana, scaturisce da un turbamento della psiche e questi turbamenti non si curano con gli antibiotici,

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né con i cortisonici, ma con la m edicina che la psiche turbata richiede, cioè la parola buona, detta però questa con vera lealtà di intento. Ho parlato sinora di deontologia, cioè di doveri. Ma, mi direte voi, non esistono per noi anche dci diritti ( Certo, sarebbe ingiusto che io, proprio io, il vostro collega più anziano, inargentato di capelli e di gradi, non pensi anche ad essi. E' vero che, per il fatto di essere medici non siete più tanto giovani, ma siete voi, beati voi, ancora dei veri giovani, anche voi provenienti dalle più varie estrazioni sociali, anche voi provenienti da complessi sociali non certo i più idonei perché la vostra maturità mental e abbia a potersi costruire e consolidare agevolmente. Soprattutto provenite, e di recente, dai banchi delle Università, da un ambiente dedicato ad un ideale estraneo, talvolta molto diverso da quello del medico militare. Nessuna meraviglia quindi che la vostra integrazione armonica nell'ambiente militare, del tutto particolare, non avvenga sempre senza difficoltà e senza sofferenza per voi. Anche voi provenite da un a caserm a nella quale anche per voi il « devi», « non puoi>> sono stati causa di << shock » . Ma ecco dove noi medici ci differenziamo dai non medici: noi siamo costretti a curarcele da noi queste nostre malattie; sarà più difficile l'indagine diagnostica, più penosa la condotta terapeutica, ma è nostro sommo dovere e più bella sarà la vittoria. E' anche questo un modo di essere soldati nella vita, perché, se le nostre battaglie, noi siamo adusi a combatterle ed a vincer!e sul cam po delle nostre corsie, siete anche voi i primi ad essere convinti che il più bel campo di battaglia è quello che è in noi. E conosco anche il gravame del lavoro che preme su di voi, e che si traduce a volte in usura, colleghi ospedalieri e soprattutto colleghi dci Corpi e soprattutto ancora colleghi dci C.A.R. , in quelle puntate che raggiungono vette molto pesanti all'arrivo delle reclute, cioè più di tre volte all'anno. Io non vi sono lontano né fi sicamente né col cuore. Ma bi sogna fare bene. Lo richiede l'uniforme che indos.siamo, lo richiede il prestigio del Corpo al quale abbiamo l'onore di appartenere. Coraggio, colleghi, e non aspettatevi encomi e lodi, puntate sul più severo, ma sul più gi usto dei nostri superiori, la nostra coscienza. E' così che si m antiene fede al << Giuramento », alla « Preghiera», alla « D ichiarazione >> . Giunto al termine di questa mia conversazione, penso che, specialmente nei più giovani, due reazioni possa no essersi verificate, meglio due critiche ed io le prevengo parlandone prima e senza che voi le esprimiate. 1• critica: mi sono lasciato indulgere alla retorica. La critica oppure l'accusa di retorica è un'accusa di moda, proveniente da una contestazione che vuole abbattere il passato senza ancora gli elementi per un edincio futuro. Comunque sia, è bene metterei d'accordo su questa parola. Se con essa si intende un mezzo disonesto e sleale di verniciare di colori vivaci un pallone gonfio di nulla, concordo col ritenere la retorica m ezzo subdolo e deleterio


e quindi da rigettare e condannare decisamente. Ma, se per retorica si intende, e come si deve intendere nella sua primitiva originaria accezione, cioè l'arte di presentare bello il buono, di usare bene i colori in un quadro greve di significato, di cantare una tragedia di Shakespeare con le melodie di Vcrdi, allora dovete convenire con me che essa è una vera arte così come la usò Empedocle di Agrigento che, secondo Aristotele, ne fu l'inventore. Quello invece che mi si può criticare è proprio che io di questa arte non sono affatto possessore. 2• critica: come mai, alla mia età, io conservo ancora un entusiasmo, quell'entusiasmo che l'età ed i tempi correnti fanno con siderare anacronistico? Ebbene, questa volta io mi farò prestare la risposta, anche se immodesta per me, dal più grande ricercatore dei tempi gloriosi dell'8oo, da colui che disse: « Il desiderio di conoscere è un andare incontro a D io per meglio conoscerlo», da Louis Pasteur. Ascoltatelo: « I Greci hanno compresa la misteriosa potenza che si trova dietro le cose e l'hanno definita con una bellissima espressione: inventarono la parola "entusiasmo" che designa un Dio interiore. Felice colui che porta dentro di sé un Dio, sia questo un ideale di bellezza, di arte, di patria, di virtù cristiana. Da esso scaturiscono le grandi idee e le grandi azioni, tutte illuminate dall'Infinito >> .


OSPEDALE MILITARE PRINCIPALE DI RO~L\ Direnorc: Col. Mcd. Prof. E. F .vl'ZZI REPARTO ORTOPEDICO - TRAIJ~It\TOLOGICO Capo Reparto: Tc n. Col. Mcd. Dott. A. C\1'0

OSSERVAZIONI SUI TUMORI PRIMITIVI DEL RACHIDE Amo Capo

Enrico Favuzzi

el 3" mese di vita embrionale compaiono i primi nuclei di ossificazione, visibili radiologicamente, nei corpi delle ultime vertebre dorsali c delle prime lombari. l vasi sanguigni decorrono orizzontalmente nello spessore del nucleo osseo, ma solo di rado i canali vasali permangono visibili nell'adulto in uno o più corpi vertebrali: le stie radiotrasparenti che li rappresentano scompaiono con la fine dell'accrescimento. Zolotuchin ha descritto J5- 18 arterie nutritizie per ogni corpo vertebrale, con numerose anastomosi intrawmatiche. Tra il nucleo del corpo vertebrale e quello dell'arco è interposta una stia radiotrasparente, la cosiddetta « epifisi dell'arco vertcbrale » costituita dalla cartilagine intermedia. L'ossificazione degli archi c delle loro apofisi si verifica indipendentemen te da quella del corpo vertebrale. Nell'arco vcrtcbrale non si formano veri nuclei ossei a sede cncondrale : l'ossificazione inizia dal pericondrio; c tutte le apofisi vertebrali non hanno un nucleo proprio, ossificano mediante prolungamenti del nucleo osseo dell'arco. Il processo di ossificazione dell'arco si continua verso l'avanti fino alla cartilagine intermedia. Questa rima cartilaginea fra il corpo vertebr alc c la radice dell'arco, è situata molto in avanti, nello spessore del corpo vertebrale stesso, in tal modo le radici degli archi costituiscono una notevole parte della regione posterolatera1e del corpo vertebrale definitivo. L'unione ossea fra radice dell'arco e corpo vertcbralc avviene fra il 3o o 4° anno di vita. L'arco vertebrale costituisce i ~ del canale vertebralc, il 3° anteriore è formato dalla superficie posteriore del corpo vertebrale. Al fine di interpretare correttamente alcuni referti clinici è opportuno ora accennare alla vascolarizzazione intrinseca del rachide. Nel tratto dorsale, e proveniente daJie arterie intercostali, a livello di ciascun foro di coniugazione, si stacca l'arteria vertebra- midollare che a sua volta si divide in tre branche : una, che seguendo le radici nervose spinali termina anasto-


mizzantesi con le arterie spinali anteriore e posteriore, una seconda, più piccola, che provvede all'irrorazione della porzione arcale della vertebra cd alle sue rispettive strutture molli, una terza che si dirige verso la superficie posteriore del corpo vertebrale, anastomizzandosi con l'analoga controlaterale. Dai rami anastomotici orizzontali partirebbero branche anastomotichc ascendenti e discendenti che confluendo ai lati della linea mediana, darebbero origine ad un ampio plcsso arterioso dorsale situato profondamente al legamento longitudinale posteriore. Dal plesso arterioso dorsale deriverebbe l'apporto sanguigno posteriore del corpo vertebralc. Le parti anteriore c laterale sono invece irrorate da un ramo collaterale della vertebro- midollare, che circonda il corpo vertebrale e penetra in un foro nutritizio posto sulla faccia anteriore. Alla irrorazione della parte arcale, ad eccezione dei peduncoli, provvede uno dei tre rami della vertebra midollare. L'irrorazione delle masse apofìsarie è a carattere terminale. Esiste quindi un distretto vascolare per il quarto posteriore del corpo vertebrale e per i peduncoli con vasi ampiamente anastomizzati fra di loro e con la rete vascolare della rimanente parte del corpo vertebrale; un distretto vascolare per i r.! anteriori del corpo vertebrale; ed un distretto vascolare con vasi a carattere terminale per la parte apofi.saria (Depreux). Il distretto arterioso più ricco è concentrato intorno al canale neurale. Un a irritazione o compressione delle arterie nutrì tizie a carattere terminale è in grado di provocare turbe nutritizie nel segmento osseo dipendente. E' frequente infatti il riscontro della distruzione di una apofisi spinosa nel corso dì un tumore del rachide. I diversi segmenti della vertebra hanno non solo una diversa funzione, ma anche una diversa formazione e vascolarizzazione. Si può dunque ammettere la possibilità di correlazioni anatomocliniche fra lo sviluppo di una vertebra e certe localizzazioni tumorali. Un a individualità morfo- funzionale assume il segmento intermediario della vertebra. Tale segmento rappresenta il 3° medio del pezzo e comprende il 4° posteriore del corpo ed i peduncoli. I tumori a partenza da questo segmento, che rappresenta la parte media ed anteriore del canale neurale, hanno al massimo la possibilità di comprimere il midollo, le radici c le arterie radicolari nutritizie del midollo. Il 45% dei tumori primitivi (Dc Sez- Drylay) hanno origine dal segmento intermediario. La patogenesi dei sintomi, nei tumori primitivi del rachidc, è largamente influenzata non solo dalla vascolarizzazione vertcbrale ma anche e soprattutto da quella rnidollare. La localizzazione del tumore nella vertebra può interessare: 1) il corpo vertebrale, provocando più spesso una compressione midollare o per proliferazìone nel canale rachideo o per schiacciarnento del corpo; 2) l'arco posteriore, e in questo caso è meglio e più a lungo sopportato. Esiste poi una terza

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localizzazione, messa in evidenza dai francesi, e cioè nel segmento intermediario. Questa localizzazione anatomoclinica scaturisce da con siderazioni embriogenetiche e di vascolarizzazione delle vertebre. La patologia tumorale del rachide è fortemente influenzata dalla localizzazione anatomica del tumore. La patogenesi dei sintomi è invece sotto la dipendenza della vascolarizzazione vertebrale: ossea e midollare soprattutto. E' noto che esistono, nel senso verticale, 3 grandi territori arteriosi deputati all'irrorazione midollarc:

I) il territorio arterioso .superiore o cervello dorsale, corrispondente al midollo cervicale ed ai tre primi segmenti dorsali; importanti sono le arterie del rigonfiamento cervicale alimentato essenzialmente dall'arteria della 6a radice cervicale e secondariamente dall'arteria di D 1 o di D 2 ; 2) il territorio arterioso dorsale medio, che va da D 4 a Da, la cui vascolarizzazionc è povera e le arterie sono molto sottili; 3) il territorio arterioso inferiore o dorso lombare, che è costituito dai 3 o 4 ultimi segmenti dorsali e dal rigonfiamento lombare. La sua vascolarizzazionc molto ricca dipende da una arteria: l'arteria d' Adamckievicz. Questa arteria è abitualmente unica, talvolta è rinforzata da una arteria più piccola situata al di sopra. Nell'Bo% dei casi accompagna una radice dorsale inferiore, nel resto dci casi, una delle radici lombari superiori. Per ciascun segmento midollare esiste un circolo superficiale al di sotto della pia madre, che tiene sotto la sua dipendenza la sostanza bianca e la testa delle corna posteriori; il circolo profondo formato dalle arterie centrali del solco mediano anteriore, provvede all'irrorazionc di tutta la sostanza grigia e la parte profonda della sostanza bianca, cioè il fascio piramidale crociato. L'arteria sulco- commissurale, giunta nel fondo del solco, non si biforca, ma si distribuisce o a destra o a sinistra. Questo spiega perché una sindrome di Brown- Sequard può essere consecutiva all'ostruzione di una arteria mediana. Ciascuna arteria centrale è terminale nel senso verticale, perché non si anastomizza con le arterie sopra c sottogiacenti, e nel senso orizzontale, perch é non ha continuità col circolo arterioso periferico. I territori arteriosi non hanno un valore funzionale; pur esistendo delle anastomosi anatomiche, non esiste una funzione vicariante. La zona dorsale media è una vera zona critica della vascolarizzazione midollare: i tumori del rachide dorsale da D 4 a Da decorrono in modo tum ultuoso quando sopraggiunge lo stadio delle complicazioni neurologiche. D elle 62 arterie radicolari che vanno al midollo, solo 7 o 8 provvedono effettivamente all'irrorazione. E' ovvio che se un tumore del rachide interessa il foro di coniugazione di un a arteria che non è interessata alla irrorazione


effettiva, le conseguenze midollari saranno nulle. Se invece interessa l'unica arteria di Adamckievicz, le conseguenze saranno catastrofiche. Le lesioni midollari sono più frequenti e più gravi al centro che alla periferia, a causa dell'importanza delle arterie centrali e del loro carattere terminale. Un tumore del rachide evolve in tre stadi: uno stadio di latenza, uno stadio radiologico o vertebrale cd uno stadio delle complicazioni medulloradicolari. A queste forme evolutive corrispondono tre gruppi di forme anatomocliniche: le forme latenti, appannaggio dei tumori benigni; le forme tumorali pure, rare: scoperta di una massa dura che non orienta affatto clinicamente sulla sua origine; le forme ad espressione neurologica, radicolare o midollare. Paillas, Serratrice e Lcgrè hanno potuto stabilire delle correlazioni fra la topografia della lesione vertebrale e la sintomatol.ogia clinica. Nella localizzazione anteriore, l'evoluzione è progressiva, gli elementi nervosi vengono interessati lentamente secondo l'espansione del tumore. Non vi è un arresto netto al passaggio del liquido radioopaco, la paralisi è piuttosto flaccida. La localizzazione intermediaria è la più dolorosa; l'inizio è più spesso brusco, la paraplegia è piuttosto spastica o flaccido- spastica. La localizzazione posteriore è caratteristica dei tumori benigni. Gli autori su citati hanno sottolineato l 'importanza delle forme acute con paraplegia flaccida ad inizio apoplettico o di mielite trasversa. Fra i tumori primitivi del rachide vanno compresi non solo le neoplasie vere e proprie a partenza da uno degli elementi istologici fondamentali della vertebra, ma anche alcune varietà la cui natura tumorale non è certa, ma l'evoluzione clinica è comparabile a quella degli altri tumori: tumori a mieloplassi, distrofie condrali e certe manifestazioni locali di turbe metaboliche (granuloma cosinofilo, malattia di Gaucher). Paillas propone la seguente classificazione: x) tumori del tessuto scheletrico: benigni: condromi, osteocondromi, condroblastcmi, ostcomi; maligni: osteosarcomi, condrosarcomi; 2) tt4mori del tessuto reticolare: benigni: rcticoloxantomi; maligni: reticolosarcomi; 3) tumori vasco/o co1mettivali: benigni: angiomi, tumori a mieloplassi, linfomi e fibromi; maligni: fi.brosarcomi, angiosarcomi; 4) tumori vestigia/i: corderni, terademi; 5) distrofie e dislipoidesi: granuloma cosinofilo, malattie di Gaucher e di Hand- Christian- Schiiller. L'evoluzione fisiopatologica delle neoplasie benigne del rachide si fa secondo stadi propri a ciascuna varietà. Al primo stadio corrisponde una fase di latenza che può durare talvolta tutta la vita, come negli angiomi.


Al secondo stadio corrisponde la sindrome tumorale pura, costituente di per se stessa l'intero quadro clinico. Se la tumefazione si estrinseca posteriormente, sollevando i muscoli delle docce paravertebrali è apprezzabile alla palpazione ed ispezione. Se si estrinseca anteriormente è evidenziabile radiologicamente. Il terzo stadio è il più caratteristico per le complicazioni nervose. Da una fase radicolare, si passa alla fase midollare con turbe sensitive, tro.fiche, degli sfinteri e paralisi spastica, successivamente flaccida o flaccido spastica. Le installazioni brusche delle paralisi sono rare. La lesione radiologica del tumore benigno è ben localizzata, assente ogni segno di distruzione ossea, lo spazio intersomatico è di ampiezza normale, la corticale si presenta sempre integra: nelle forme espansive è assottigliata, ma non interrotta. L'esame radiologico ripetuto ad intervalli sufficientemente lunghi, rileva immagini invariate o lievemente modificate. La progressione della sintomatologia clinica nei tumori maligni avviene in tre fasi : -

una fase doloro.sa rac~lidea, che può durare anche uno o due anni;

- una fase radicolare: brachialgia, reiattalgia, dolori intercostali a semicintura violenti, di lunga durata; - una fase di paraplegia, che può insorgere in forma acuta o in modo lento e progressivo, più spesm in forma subacuta.

Quando compare la paraplegia, le sofferenze radicolari scompaiono o si attenuano. Questo va tenuto presente perché nelle forme acute, apoplettiche, la paralisi s'instaura nel corso di poche ore e solo una anamnesi accurata che rilevi un periodo doloroso precedente di lunga durata, può differenziare la forma tumorale da una mielite trasversa. Nelle forme iperacute il meccanismo patogenetico è sempre duplice compressore acuto del midollo ma soprattutto delle arterie nutritizie nel foro di coruugaztone. Nelle forme ad insorgenza subacuta la paralisi è spastica e successivamente flaccido- spastica. Nelle forme iperacute è flaccida. L'espressione radiografica delle forme maligne è una immagine di osteolisi che può nascere sull'angolo di un corpo vertebrale, in un peduncolo o in una lamina. Successivamente l'osteolisi si propaga all'interno del corpo, provocandone il crollo, e realizzando la classica immagine a galletta. Distrutta la corticale, le granulazioni neoplastiche, sollevano il guscio legamentoso realizzan do una immagine a fuso come si ha nel morbo di Pott. In quest'ultimo però l'opacità delle parti molli è estesa a più metameri, nel tumore invece è strettamente localizzata alla vertebra lesa.


C'è da ricordare infine che la radiografia può essere completamente muta, e Legrè ricorda di aver operato 3 casi di sarcoma del rachide con diagnosi di compressione midollare di origine indeterminata. Fra i mezzi di diagnosi più recenti, vi è l'uso dei radioisotopi, più particolarmente usati nella differenziazione fra tumori maligni o secondari e tumori benigni. Secondo Desgrcz e Guerin, le condizioni alle quali deve rispondere un isotopo devono essere le seguenti: I) l'affinità per il tessuto osseo e concentrazione differenziale sufficiente secondo il tipo tumorale; 2) assenza di tossicità chimica e radioattiva del corpo utilizzato; 3) fedeltà del test radioattivo. Il fosforo 32 ha una grande affinità per il tessuto osseo, ma la emissione di raggi B ne rende possibile il rilevamento e la misurazione solo nelle lesioni ossee superficiali e non nel rachide. Lo iodio 131 è interessante solo nel caso di metastasi ossee di cancro tiroideo: ma non tutte le metastasi tiroidee .fissano lo 1131 • Il calcio 47 e lo strontium 85 sono emissari di radiazioni Y, possono essere perciò usati come traccianti. Molto usati nella pratica sono gli isotopi del gallium: il gallium 72 e soprattutto il 67, che si fissano elettivamente sul tessuto osseo. I quesiti che si pongono nell'uso degli isotopi sono i seguenti: I) la tensione tumorale è maligna?; 2) qual è la sua estensione?; 3) è unica? Col gallium 72 Desgrez e Guerin hanno ottenuto una risposta positiva in favore della benignità nel 92, I % dei casi; nel 79,3% il test fu in favore della malignità. Il test agli isotopi radioattivi è molto fedele perché permette di prevedere la malignità di una lesione con un errore di meno del ro%. E' poi più preciso dell'esame radiologico, permettendo di svelare molti mesi prima della comparsa radiologica metastasi supposte clinicamente. Nei tumori benigni e nei processi infiammatori il test è negativo, cioè la fissazione dell'isotopo è normale. A causa della diversità di natura, di evoluzione> e di localizzazione dei tu~ori primitivi del rachide è impossibile stabilire una linea di condotta umvoca. L'exeresi deve essere molto larga, asportare cioè quanto più è possibile del tessuto neoplastico. Ciò è facilmente raggiungibile nei tumori dell'arco posteriore, ma impossibile nelle localizzazioni somatiche. Due ostacoli insonnontabili impediscono la realizzazione: la funzione meccanica della colonna, di cui conviene rispettare la statica, e la presenza del midollo con le radici e le arterie satelliti. Nei tumori benigni bisogna considerare la lentezza dell'evoluzione e la difficoltà di un intervento chirurgico, per cui in ultima analisi conviene attendere finché non compaiono le prime manifestazioni neurologiche.


Ben diverso è il comportamento nei tumori maligni. I sarcomi, per esempio, invadono rapidamente lo spazio epidurale comprimendo la dura madre, senza infiltrarla, e invadono il foro di coniugazione distruggendone gli elementi vascolo - nervosi, provocando così una ischemia midollare nonché un infarcimento emorragico. In questi casi l'intervento chirurgico è urgente. Eseguita l'asportazione della neoplasia, bisogna preoccuparsi della sciatica vertebrale, eseguendo eventualmente una artrodesi posteriore, oppure un semplice busto ortopedico, a seconda della natura <lei tumore, dell'età del paziente, della ~ede, ecc. Dal punto di vista topografico, il chirurgo deve tener presente che: le localizzazioni lombari e dorsolombari sono le meno gravi, perché realizzano solo una compressione radicolare ed il pericolo di una mielomalacia esiste solo se è lesa l'arteria d' Adamckievicz. Le localizzazioni cervicali realizzano invece delle compressioni gravi del midollo, ma se sono riconosciute in tempo, se non è interessata l'unica arteria radicolare del rigonfiamento cervicale (che decorre con la 6"C), le lesioni cordonali sono suscettibili di riparazione. La localizzazione dorsale è la più grave. A questo livello la circolazione del midollo è povera, la compressione delle arterie radicolari nei fori di coniugazione provoca rammollimenti midollari massivi ed irreversibilì. Le lesioni cordonali dovute ad una compressione acuta sono più pericolose di quelle dovute ad una compressione progressiva. Una paraplegia acuta è più temibile di una paraparesi spastica. La prima inoltre è dovuta ad un sarcoma molto maligno. Dopo un intervento di exeresi che rischia di compromettere la statica o la solidità vertebrale è obbligatorio, come abbiamo detto, un trapianto osseo. Un trapianto spongioso non impedisce un crollo vertebrale secondario; occorre un solido trapianto osseo. Nel rachide cervicale dove lo spazio peridurale è ristretto, un trapianto va inserito nella cavità di curettage solo se esiste ancora una parte ossea di protezione del suddetto spazio, altrimenti uno spostamento può essere causa di compressione sull'asse nervoso. Dopo laminectomia estesa il trapianto dovrà essere applicato sui massicci articolari. Se la via di accesso è stata anteriore o laterale esso dovrà essere incastrato in una doccia scavata in uno o due corpi vertebrali al di sopra ed al di sotto della lesione. Fra i tumori benigni del rachide, l'angioma occupa un posto particolare. Viene considerato fra i tumori più frequenti. Gli anatomo patologi (Schmarl- Jungans) .dànno tma percentuale del ro%. Bisogna considerare innanzitutto le forme piccole che non hanno una individualità né radiologica, né clinica : trattasi piuttosto di varicosità piccole perdute nel tessuto vertebrale. D 'altra parte esistono le forme estese con una i~~ividualità clinica e radiologica, vere forme tumorali, e le forme di transtzJone.


Perché solo alcuni tumori esercitano una compressione sul nevrasse? Diversi fattori possono spiegare tale complicazione; ma perché questi fattori compaiono quando la grande maggioranza degli angiomi presenta una scarsa sintomatologia clinica? Così le localizzazioni nel segmento intermediario, nelle lamine, riducono a poco a poco il calibro del canale rachideo e dei fori di coniugazione. Così le localizzazioni nel corpo a sviluppo posteriore o a decorso distruttivo, che provocano il crollo vertebrale. In altri casi l'angioma rappresenta una vera malformazione regionale, interessando anche lo spazio epidurale ovvero il midollo spinale. Quanto al decorso clinico degli angiomi, esistono le forme latenti, svelate occasionalmente da un esame radiologico; esse non necessitano di alcun intervento, né si è mai verificato un passaggio a forme complicate. Molto più raramente si verificano le forme dolorose pure: trattasi di dolori radicelari o cordonali. Caratteristiche invece sono le forme paralizzanti indolori. La paraplegia indolore messa in evidenza da Decourt e Bertrand sembra appunto caratteristica degli angiomi: essa s'instaura lentamente nel corso di mesi e talvolta di anni. RIASSUNTO. Gii Autori riportano alcune acquisizioni recenti nel campo dei tumori primitivi del rachide, dei quali danno una classificazione moderna. Si soffermano sull'origine cmbriogenetica e sulla irrorazione del corpo vertebralc e del midollo, che condizionano le localizzazioni e l'evoluzione di dette neoplasie, delle quali sottolineano per la sua frequenza, la localizzazione sul segmento intermediario. Si soffermano inoltre sul decorso clinico e sulle terapie in generale di detti tumori. Alla fine fanno alcune considerazioni sugli angiomi vertebrali, i tumori primitivi più frequenti del rachide.

RisuMi. - Les Auteurs réportent quelques récentes acqu1s1t1ons dans le domainc cles tumeurs primitives du rachis, dout ils donnent une moderne dassification. Ils arretcnt leur attention sur l'origine embryogénétique et sur l'irrorarion du corps vcrtébral e de la moelle qui conditionnent Ics localisations et l'évolution de ces néoplasies, dont il soulignent, par sa fréquencc, la localisation sur le Segment intermédiaire. Ils arretent aussi leur attention sur le cours clinique et sur les thérapies en général dc ces rumeurs. A la fin ils font quelqucs considerations sur Ics angiomes vertébraux, les rumeurs primirives les plus fréquems du rachis. Su~tMARY. The Aulors relarcs some recent acquisirions in the field of the primitive tumours of rachis and he gives a modcrn clas~ification of rhese. They li.ngers over thc embryogenetic origin and the circulation in the vertebral body and in the medulla, conditioning the localisarion and the evolution of such neoplasies. They underlines of these, for its frequcncy, tbc localisation on rhe intermedìary segment. They deals with the clinic course too and the therapies in genera! of such Lumours. Finally they treats a bit of rhe vertebra! angiomas and of the most frequent primitive tumours of the rachis.


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SCUOLA DI SANITt\ MILITARE Comandan te: Magg. Gen. Med. Dott. M. (APPELLI CATTEDRA DI MEDICINA NUCLEARE DELL'UNIVERSITÀ D1 F IRENZE

Direttore Inc.: Prof. F. GR.~t-.'DONlCO

VARIAZIONI DEL FLUSSO MUSCOLARE STUDIATO CON 133 XENON IN GIOVANI NORMALI PRIMA E DOPO ADDESTRAMENTO NOTA JNTRODUTTIVA

Tcn. Col. Med. Dott. O. Urciuolo 1 Prof. S. Viola 2

Dott. E. Pesciullesi a

L'interesse degli studiosi in campo di ricerca sul sistema car·diovascolare si è andato sviluppando sulle metodiche che indagano il flusso muscolare periferico (morfoscillogramma, fotopletismogramma, ecc.). In particolare si è avvertita la necessità non tanto e non solo di valutare la portata di un vaso arterioso, ma, soprattutto, quella .dj misurare la quantità di sangue che perfonde il muscolo. Tra le varie metodiche, particolare interesse ha destato quella basata sulla determinazione del flusso ematico muscolare, mediante 133 Xenon proposta da Lasscn e Lindbjerg (1964, 1965, 1967). Questi autori hanno indic2to una uJteriore elaborazione matematica del principio enunciato da Kety pet: la misura dei circoli distrettuali con radioisotopi. In pratica essi, mediante il conteggio dall'esterno del decremento della radioattività dovuta ad una piccola quantità di Xenon radioattivo iniettata nello spessore di un muscolo scheletrico hanno dimostrato come questo fenomeno sia da correlare al flusso ematico. Infatti lo Xenon, in quanto gas nobile, non viene metabolizzato dai tessuti del muscolo e la sua -diffusione è estremamente modesta, sicché esso diminuisce solo in quanto viene allontanato dal sangue circolante (Lassen). In pratica, quindi, con tale metodica, si ottengono informazioni correlate non tanto con lo stato funzionale dd sistema vascolare e con le sue variazioni anatomiche, quanto, piuttosto, con la reale quantità di sangue che per1

Insegnante titolare di Medicina Legale Militare. Assistente alla Cattedra dì Medicina Nucleare dell'Universirà di Firenze. 3 Medico Interno alla Cattedra di Medicina Nucleare dell'Università di Firenze.

l 2


fonde il muscolo esaminato. Ciò permette di ottenere una valutazione globale della irrorazione muscolare, nei suoi due aspetti, vascolarc c tissutale. Infatti questa tecnica, pur non permettendo di studiare i singoli meccanismi biochimici che regolano la perfusione della zona esaminata, mette in evidenza ogni variazione di tale parametro in maniera sufficientemente esatta e sensibile. Basti pensare ali' aumento di flusso registrato con la somministrazione di istamina. L'attendibilità e la riproducibilità di tale metodica sono confermate da numerosi studi (Viola e Fantini) che mettono in evidenza come, qualora si usi una tecnica corretta, i dati ottenuti siano riproducibili e come sia possibile seguire dinamicamente J.e variazioni della vascolarizzazione nel tempo. Scopo della presente ricerca è quello di determinare il flusso ematico muscolare (M.B.F. degli AA. anglosassoni) in un gruppo di giovani normali alle armi, in condizioni di base, con la tecnica dell'iperemia reattiva, e durante la manovra di Valsalva (m.V.), prima e dopo un periodo di addestramento di primo ciclo. Abbiamo cos.ì cercato di ottenere informazioni sul flusso basale in giovani normali, dato che questo parametro mostra scarsa signifìcatività fra normali e patologici come risulta dall'esame della letteratura (Fantini e Grandonico). La m.V. è stata inserita quale alternativa alla iperemia reattiva.

'

l

MATERIALE E METODI

La nostra casistica è costituita da 25 reclute esaminate nei primi giorni dell'incorporamento e dopo 6 settimane di addestramento. Tutti i soggetti sono stati sottoposti preventivamente ad una visita clinica generale, ad E.C.G. , RXscopia del torace ed esame urine, sì da confermare l'assenza di processi patologici in atto. La prova è stata eseguita con la seguente tecnica: il soggetto veniva posto in decubito supino e lasciato a riposo per almeno IO'. Successivamente venivano iniettati nello spessore del tibiale anteriore al suo terzo medio, 2 cm all'esterno della cresta tibiale anteriore, 30 tJ.C di 133 Xenon in soluzione fisiologica in un volume massimo di 0,30 mi. L'iniezione era praticata con un ago della sezione di 0>4 mm all'incirca a 2 cm di profondità. Il conteggio delta radioattività è stato eseguito con un contatore a scintillazione di I " x I" munito di collimatore ·cilindrico con un canale di collimazione di 5 cm x 5 cm. La sonda così descritta veniva collimata sul punto di iniezione, a contatto della cute. I conteggi erano raccolti con un analizzatore a 400 canali (Laben) usato come multiscaler. I tempi di conteggio erano di 4" con un intervallo uguale a o.


T ali tempi dì conteggio sono stati scelti al fine di poter mettere in evidenza l'iperemia prodotta dalla ro.V. in overschoot, che, come è noto, è dì breve durata. La m.V. è stata praticata mediante sforzo espiratorio contro resistenza calibrata, per un tempo standard: 40 rom di H g per 20" (Melchionda e Urciuolo). L'iperemia reattiva era provocata applicando un bracciale di sfigmomanomctro sull'arto esaminato, subito sopra l'articolazione del ginocchio. V eniva indotta una pressione di almeno IO rom di H g superiore a quella del soggetto in esame; tale pressione veniva mantenuta per 5'. Successivamente essa veniva bruscamente abolita. I conteggi venivano praticati durante tutta l'esperienza fino a 5' dopo l'interruzione della pressione del bracciolo (in questa esperienza i tempi di conteggio, per ogni singolo canale, erano di 20").

A

Fig. 1. - Nella curva si distinguono: un primo tratto a rapida pendenza che corrisponde al flusso eli base; un plateau cbe corrisponde alla fase ischemica; un ulteriore tratto a rapida pendenza corrispondente all'ipercmia rea ttiva. A: normale. - B: vasculopatico lieve. - C: vasculopatico grave.


2 54

I dati così ottenuti erano raccolti dalla memona magnetica dell'analizzatore e, successivamente, inviati ad una telescrivente. La rappresentazione grafica del fenomeno è dimostrata nella fig. r (A, B, C) che si riferisce ad un caso normale, ad un arteriopatico di modesta gravità e ad un arteriopatico grave. Su questi dati veniva eseguita la determinazione dello M.B.F. secondo la tecnica proposta da Fantini e Grandonico.

• RISULTATI

I dati ottenuti sono raccolti nelle tabb. nn. 1 c 2. TABELLA N. J,

VALORI MEDI DEI DATI

N. 25 ca<i

M.B.F. h., ~e prima dello addestramemo

l

~lopo

l

l

M.B.F. base M.ll.F. dopo M.H.F. dopo M ..B.F. l 1peretma <lopo due Va1sa VJ V~ lsalva . rearuva mesi di prima dello dopo prima d~llo ~ addc:;tramento addcstr.tmcnto addesrr~mento addestramento

l

---------------- ----------Media aritmetica

15,142

Deviazione standard

1

E rrore srandard .

0 ·545

·544

l

!

18

1 46.653

11,666

7·958

48.884

4· 124

2,J26

l

TABELLA N. 2.

CoRRELAZIONE sTATisTicA DEI DATI T di Student

Fra M.B.F. prima c dopo addestramento in condizioni di base . . . . . . . .

3>933

Significatività

P> o,or

Fra M.B.F. di base cd M.B.F. dopo ipcremia prima dclt'addcstramcnto . . . .

P<o,or

Fra M.B.F. in condizioni di base e dopo \'alsalva prima deli'addcstramcnto .

p> 0,0 1

Fra M.B.F. in condizioni di base c dopo \ 'alsalva dopo addestramento . . . . . . .

- 11 ,310

P< o,or


Dall'esame di detti dati appare evidente come l'elaborazione stattsttca soffra di numerose limitazioni sia per il basso numero di casi esaminati, sia per la SD discretamente alta. Comunque ci pare legittimo rilevare come lo M.B.F. di base non sia sostanzialmente diverso, in accordo con quanto riportato in letteratura, nei giovani norm ali rispetto ai patologici. L 'aumento di tale parametro, .dopo addestramento, è costante sebbene di non rilevante entità; non è, infatti, statisticamente significativo, ma le variazioni dei valori sono tutte nello stesso senso. L'incremento di flusso indotto dalla m.V. nei soggetti esaminati prima dell'addestramento è notevole c costante. L'incremento del flusso indotto dalla m.V. dopo addestramento è, mvece, modestissimo. L'ipcremia reattiva, nei soggetti studiati prima dell'addestramento, mduce un discreto aumento dello M. B.F., statisticamente significativo.

CO CLUSIONI

L'esiguità della cas1st1ca non permette di trarre definitive conclusioni. Ci pare, però, di poter avanzare alcune ipotesi di lavoro. E' possibile confermare la validità della m.V. quale stimo!o iperemizzantc; è opportuno, però, sottolineare come l'iperemia così indotta sia di brevissima durata c quindi rappresenti un parametro di difficile evidenziazione. L'iperemia post - ischemica, al contrario, rappresenta un fenomeno di minore entità, ma ·di sicura interpretazione, sicché appare logico sceglierlo quale parametro di studio. Per quanto, poi, si riferisce alle variazioni indotte dall'addestramento sullo M.B.F., i dati da noi rilevati non si prestano ad interpretazioni conclusive. Si può, comunque affermare che, dopo un periodo di addestramento, si registra un modesto, ma costante incremento del flu sso muscolare di base. L-o scarso aumento del flusso m uscolare indotto dalla m.V. dopo addestramento è un dato, a nostro avviso, importante e meritevole di più approfond ito studio. Si può avanzare, comunque, l'ipotesi che la minor risposta ipercmica sia in qualche modo correlata alle migliorate condizioni del flusso di base. Se questo fenomeno dipenda da una minor reattività nei confronti dei meccanismi iperemizzanti del muscolo esaminato dopo un periodo di addestramento, o da condizioni di minor richiesta di irrorazione per uno stato del flu sso di base divenuto più ottimale in virtù dell'attività fisica svolta nel corso del I 0 ciclo, può rappresen tare un interessante programma di lavoro teso a chiarire ulteriormente il reale beneficio fisiologico indotto nel fisico del giovan e dall'addestramento medesimo.


RtASSliNTO. Gli AA. hanno determinato il flusso ematico muscolare in un gruppo di reclute, prima e dopo un periodo di addestramento, in condizioni basali, durante la manovra di V alsalva e dopo ipercmia post - ischemica, mediante ltl Xenon, secondo la tecnica proposta da Lassen c Lindbjerg. Sebbene non sia stato possibile trarre delle conclusioni definitive per l'esiguità de'la casistica, sono emerse alcune interessami osservazioni. E' stato, così, possibile confermare la validità della manovra di Valsalva come stimoLo iperemizzantc, adoperato in alternativa all'iperemia post - ischemica, fenomeno questo di minore entità, ma di più sicura interpretazione rispetto al precedente. Gli AA. hanno, inoltre, constatato, dopo adele stramento, un costante incremento del flusso muscolare di base ed un aumento, invece. scarso del flusso muscolare indotto dalla manovra di Valsalva. Quest'ultima osservazione ha daw luogo ad interessanti ipotesi che giustificano il programma di una ricerca più vasta ed approfondita.

RÉsr;~!É. - Les AA. ont déterminé le flux hématique musculaire dans un group de recrues, avam et après une période d'entr:Unement, en conditions de base, pcndant l'cxécution du procédé dc Valsalva et après hyperémic post- ischémique; ils ont emp~oyé Xenon m, selon la thecnique de Lassen et Lindbjerg. A cause du peu de cas examinés, il n'a pas été possible <.le tirer cles conclusions définitives; quelques observations très intéressantes ont été pourtant effecruées. Ainsi, il a été possible de confirmer la validité du procédé dc Valsalva comme cause d'hyperé mie, en alternative avec l'hyperémie post - ischémique; ce phénomène est moin important que le préccdent, mais il peut étre plus exactement interpreté. Lcs AA. ont aussi constaté que, après entra~nement, il y a une augmentarion constante du flux musculaire de base, tandis que le flux musculaire induit par la procédé dc Valsalva est peu augmenté. Cene observation a porté à dcs interessantes hypothèses, qui justifiem un programmc dc rechcrche plus vaste et profond.

SuMMARY. The AA. have dctermined tbc blood muscular flux in a group of rccruits, bolh before and after a training period, in basai conditions, during << Valsalva's manouvre » and after post- ischcmic hyperernia, by means of Xcnon 1s3, according to Lassen and Lindbjerg tecnique. Alrhough it has not been possiblc to gct decisive results, because of small casuistics, however some interesting observations have appeared. So, validity of « Valsalva's manouvrc '' has been confirmed as hypercmization stimulus when uscd as alternate tecnique to post- ischemic hypcrcmia, althrough the latter is of smallcr cntity but of better intcrpretation in regard to the former one. The AA., moreover, have observed, after training, a Hablc increase of basai muscular flux but a smaller iocrease of muscular flux induced by << Valsalva's manouvre >>. This last observation may leacl lO interesting hypothesis, justifying a program of largcr and more profound researchcs.

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1fELCHtOl'DA E., URctuow O.: '' Le tecniche di esecuzione della manovra di Valsalva », Cardiol. Prat., suppl. r, 69, 1969. V1oL.\ $., FAl'nNt F.: '' Comunicazione al XII Congresso della Società Italiana di Biologia e Medicina :--ludearc ''• Firenze, 1° - 4 novembre 1970. Atti in corso di pubblicazione.


ISPETTORATO DEL SERVIZIO VETERINARIO DEI.L' I'$ERCJTO Ispettore:: Magg Gc:n. Dott. 111. R l.iSSI OSPEDALE ~11LITARF. PRIJ'\CIPALE DI MILANO Dirc:uorc: : Col. Mcd. Dott. G. M•aCHIA'Ò

ESPERIMENTI SU TOPI TRATTATI CON ALFA.TOCOFEROLO E SUCCESSIVAMENTE SOTTOPOSTI A PANIRRADIAZIONE Magg. V et. Dott. Umberto Pellegri • Formentini, U{ficiale Addetto Cap. Mcd. Dott. Carlo Poy, Capo Reparto Radiologia

PARTE SECONDA

ESPERIENZE PERSON ALI

LA V /T AMI N A « E » NELLA RAD/OPROTEZIONE

La Vitamina E, scoperta da Evans nell'olio dei germi di grano nel 1922, è molto diffusa in natura, tanto che una patologia da carenza è considerata molto rara. Nel regno vegetale è presente nelle foglie verdi e nei semi specie dei cereali, in tutti gli olii vegetali e in minor quantità nella verdura e nella frutta. Nell'organismo animale è contenuta in grandi concentrazioni nelle go. nadi , nel fegato e nei m uscoli. La sua struttura chimica fu stabilita dopo che Evans riusd ad isolare, nel 1936, due diverse forme di Vitamina E: l'alfa e beta tocoferolo. In se· guito altre cinque forme furono trovate in natura e precisamente il r, a, E, ~ e rr tocoferolo. La massima attività biologica si riscontr a n ell'alfa- tocoferolo, seguito dal beta· tocoferolo (33% rispetto all'alfa - tocoferolo), dal gamma- tocoferolo (6%) e dal delta- tocoferolo (I 0 1o). II fabbisogno giornaliero per l'uomo si ritiene ammonti a IO- 15 mg. Per il ratto è stata stabilita una dose minima per la ferti lità di 15 mg pro- die e pro- kg di peso.

,


Tutti i tocoferoli sono molto solubili nei grassi e nei solventi dei grassi, poco invece in alcool ed acetone. Stabili al calore e agli acidi, sono molto sensibili agli alcali, agli ossidanti e alla luce. Infatti nelle carni e negli altri organi animali, vengono distrutti per ossidazione durante il periodo di conservazione, mentre la cottura con l'ebollizione non ne altera il contenuto. La Vi t. E, assorbita dali 'intestino, passa nel sangue e successivamente viene depositata nei grassi, nei muscoli ed in maggior quantità nelle gonadi, nelle surrenali e nel lobo anteriore dell'ipofisi, nonché nella placenta e nel pancreas. Secondo Hines e Mattil la quantità di Vitamina somministrata sarebbe totalmente assorbita solo a dosi fisiologiche, mentre la quantità in eccesso verrebbe eliminata con le feci. Baroni e Casa pensano invece che non vi siano prove sufficienti ad avvalorare tale ipotesi e che una somrninistrazione superiore al fabbisogno non dia luogo ad una dissipazione attraverso le feci, ma si avrebbe accumulo negli organi di riserva citati. La via di sornministrazione, secondo Baroni e Casa, non ha l'importanza che di norma le si attribuisce e la Vitamina si dimostra attiva sia che venga somministrata per via orale che per via intramuscolare od endoperitoneale. L'eliminazione è di norma lenta ed avviene prevalentemente attraverso le feci. Somministrandone, infatti, 50 mg raggiunge la massima concentrazione nel tessuto adi poso dopo 7- IO giorni con ritorno a valori norma] i dopo circa due mesi. Le manifestazioni di carenza si osservano specialmente a carico della sfera genitale. Non sono stati descritti fenomeni di ipervitaminosi. Già largamente usata in medicina veterinaria nell'assenza dei calori, nella sterilità asintomatica e nell'aborto epizootico ed in medicina umana nei casi di azoospermia e nella sterilità femminile, si ritenne in un primo tempo specifica per il solo trattamento delle disfunzioni della sfera genitale. In seguito ha trovato utile impiego anche in altre malattie come le cardiopatie, il diabete mellito, la cicatrizzazione delle ferite cutanee, la sindrome post- operatoria dei tiroidectomizzati, la retrazione della aponeurosi palmare o morbo di Dupuytren, la regolazione del metabolismo basale, la prevenzione delle aderenze peritoneali post- operatorie, in geriatria, ecc. Heinsen ritiene che la Vitamina E debba essere considerata più che la Vitamina della fecondità, la <<Vitamina del metabolismo », in quanto agirebbe sul lobo anteriore dell'ipofi.si sollecitando la secrezione degli ormoni gonadotropi e stimolando tutte le funzioni diencefalo- ipofisarie, prima fra tutte la regolazione del metabolismo. Tuttavia ricerche speòmentali condotte su ratti albini da Giberti A., Carretti D. e Barbieri G., che hanno studiato l'azione della Vitamina E nell'ipertiroidismo, hanno portato alla conclusione che l'azione della Vitamina E


è esclusivamente periferica, an ti- ossidativa ed an ti- tiroXlmca a livello tissutale, escludendo una influenza diretta sulla secrezione dell'ormone tiroideo. Anche Baroni e Casa, a conclusione delle loro ricerche effettuate sull'uomo, affermano che la Vitamina E possa far diminuire il consumo dell'ossigeno specie se somministrata in dosi prolungate e qualunque sia la via di somministrazione. Essa potrebbe agire sulla funzione ipo.fisaria o più probabilmente sui processi di ossido- riduzione dei tessuti e nella fosforilazione dci carboidrati e dci grassi. Già a questo punto è evidente che la Vitamina E è dotata di azioni farmacologiche tali da superare le indicazioni terapeutichc del passato. Suscettibile di interesse è il suo possibile impiego nella prevenzione delle lesioni da radiazioni ionizzanti, tenendo presente l'importanza dell'ipossia c della diminuita tensione di ossigeno nell'attenuazione del danno da radiazioni. Il meccanismo d'azione della Vitamina E a livello biochimico non è stato completamente chiarito. Purtuttavia vengono supposti due ruoli fondamentali: quello di antiossidante e quello di componente del citocromo- C- reduttasi; ne deriva che essa può agire su sistemi ed organi diversi con un unico meccanismo complesso (Bunurini). E' ancora controverso se la funzione principale della Vitamina E sia da attribuire alle sue proprietà antiossidanti, oppure se l'aumentato consumo di ossigeno nei muscoli in carenza sia imputabile ad un processo di scissione nella catena di respirazione, di cui pare faccia pane la Vitamina E, essendo presente nella struttura del citocromo- C- reduttasi (v. schema). l citocromi intervengono nella respirazione cellulare, favorendo i processi catalizzanti l'ossidazione dci substrati. Presenti in tutte le cellule animali e vegetali, come deidrogenasi e sotto forma di pigmento, appartengono ai cromoproteidi con il gruppo prostetico costituito da una porfirina contenente ferro. La riduzione dei citocromi avviene per trasformazione del ferro dalla forma trivalente F e" ++ (ferrico) alla forma bivalente Fe++ (ferroso) e contemporaneamente per ossidazione dell'idrogeno (H ---7 H +). La loro funzione potrebbe arrestarsi se il ferro, una volta ridotto, non potesse essere riossidato. Pciché i citocromi non sono autoossidabili, essi hanno bisogno di un'altra deidrogenasi, la citocromossidasi, che provvede a riossidare il ferro (Fe++ ---) Fe++ +) e che è stata identificata come il fermento respiratorio del Warburg. Il citocromo e la citocromossidasi , in si ntesi, vengono a formare un sistema di ossido- riduzione e formano, dal punto di vista funzionale, un tutt'uno indivisibile. La Vitamina E, pertanto, come costituente del citocromo- C- reduttasi nella catena respiratoria, proteggerebbe indirettamente dall'ossidazione gli altri componenti lipidici insaturi della catena stessa.


Nella cellula l'energia viene immagazzinata sotto forma di fosfati ad alto livello energetico, il più importante dei quali è l'ATP, mediante processi di fosforilazione ossidativa legati alla catena respiratoria. La Vitamina E, pertanto, è interessata a questi processi di fosforilazione, cioè alla conservazione dell'energia, tanto che nel muscolo in avitaminosi E viene fortemente attenuata anche la fosforilazione del glicogeno e la formazione dei fosfati ad alto livello energetico. DPN , D1 cwnarolo

bete-ossllluti rrato

T1 ro;o.nn --.....__ --.....__

~ ~ c,1deiàras1

~

Fl.llochJ.none ( K1 )

!

f 1avoprote1ne DPN ..__

!

-....._

- - - - Cl tocrvmo

..__

Tocoferolo(VJ.t.E)~

'

---

l +

b

-oucc1nato

~-- fat~toz·e x

? _ _ _ - - cl. tocro mo c

- - - -- . citocromo a

~

cl. tocr.o mo

a3

i Schema della catena respiratoria secondo Martius. (da N tTZ- Lnzow e BfrHRER)

Wohlfart- Bottermann e Schneider hanno studiato l'azione delle radiazioni ionizzanti sugli organi subcellulari del Paramecium caudatum e del Paramecium aurelia, con l'ausilio del microscopio elettronico. Dosi da 8o a 240 Kr (LD 50 da 120 a 300 Kr nel Paramecium) modificano il mitocondrio quantitativamente : una parte di esso è completamente distrutta, mentre una parte sopravvive. La microscopia elettronica permette di dimostrare, in modo indubbio, che le alterazioni morfologiche del citoplasma e dei mitocondri si instaurano già 15 minuti dopo l'irradiazione. Scherer e Voelker, per altra via, ottengono risultati che concordano con quanto constatato al microscopio elettronico. Avendo potuto stabilire con esattezza, attraverso un procedimento fotometrico, la grande affinità dei mitocondri di fegato di ratto verso il tripanblau ed il lirio- carminio, hanno


proceduto all'irraggiamento di mitocondri is<>lati, oppure di animali con successivo isolamento dei mitocondri stessi, ottenendo una diminuzione dell a capacità di fissazione dei due coloranti da parte dei mitocondri. Tale risultato può essere considerato come conseguenza di una lesione strutturale mitocondriale. Le osservazioni, effettuate già cinque ore dopo l'irradiazione, concordano con i risultati ottenuti col microscopio elettronico c cioè che le alterazioni della struttura dei mitocondri appartengono alle radiolesioni più precoci della cellula, antecedenti alle ntrbc del metabolismo. In armonia con le attuali conoscenze di radiobiologia, si può pensare che il danno arrecato alla struttura del mitocondrio sia dovuto più che all'effetto diretto delle radiazioni, all'azione lesiva esercitata dai radicali liberi e dall'acqua ossigenata sulle membrane cellulari, con conseguente inattivazione degli enzimi mitocondriali. La fosforilazione ossidativa è un esempio di una funzione enzimatica che viene sfavorevolmente influenzata dal danno mitocondriale. Il mitocondrio, infatti, contiene l'intero patrimonio degli enzimi della catena di respirazione e della fosforilazione ossidativa e ad esso compete, per la massima parte, la trasformazione dell'energia chimica in energia di legame (legami pirofosforici altamente energetici indicati con il simbolo ,....- P), l'unico tipo di energia che viene utilizzata direttamente dalla cellula. In pratica il mitocondrio può essere considerato come un perfetto complesso, nel quale i vari enzimi sono ordinati in modo da poter regolare le complesse reazioni chimiche che in esso si svolgono, nel modo più adatto cd opportuno per la vita della cellula stessa (Moruzzi, Rossi c Rabbi). Esperienze in proposito dimostrano che la fosforilazione ossidativa è diminuita tanto con l'irraggiamento di mitocondri isolati quanto con irraggiamento totale di animali, seguito dall'isolamento dei mitocondri stessi (Hickman e Ashwell, Potter c Bethel, Maxwell e Ashwell). Nitz- Litzow e Buhrer hanno calcolato il quoziente P fO (formazione di ATP c consumo di ossigeno) su mitocondri di fegato di ratto isolati dopo l'irradiazione degli animali, ed hanno trovato che, con dosi di 8oo r di X, tale quoziente diminuisce del 30% circa (media della tab. n. 1). Il consumo di ossigeno fu misurato in microatmosfere (~J.A) e la diminuzione di fosfati inorganici (Pi) in micromoli (~J.M), per la durata di IO minuti, ed il loro rapporto fu confrontato con il controllo. La Vitamina E, cosi come la Vitamina Kl> può inibire parzialmente la diminuzione della fosforilazione ossidativa in mitocondri di fegato di ratto, isolati dopo irradiazione degli animali. Il lavoro di itz- Litzow e Biihrer dimostra che con un trattamento preventivo di Vitamina E o Ku viene esercitata un'azione protettiva sulla diminuzione del quoziente P fO, dovuto alle radiazioni. A tale scopo una parte dei ratti viene trattata, prima della irradiazione, con Vitamina E (alfatocoferolo acetato) o con Vitamina K 1 , somministrate per via orale. I mito-

,


T ABELLA N. I. AziONE DEI RAGGI

Dose

X IN VIVO SULLA FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA

Substrato

o tJ.A

Pi

tJ.M

P/0

%

Inibizione

%

l

Controllo . . .

-

Irradiato ...

8oo r

Controllo . . .

-

Irradiato ...

8oo r

chewglu t arato

chetoglutarato

9·9

22,8

2,30

100

-

10,5

17>4

1,66

72

28

8,7

22,6

2,6o

100

-

I0,8

18,6

1,72

66

34

(da Nrrz- Lrrzow e BiTHRER)

condri vengono isolati ed il consumo di oss1geno misurato sempre ~n tJ.A e la diminuzione di fosfati inorganici in tJ.M, per la durata di Io minuti. I risultati ottenuti, riportati in tab. n. 2 , mettono in evidenza come la Vitam ina E, in maggior misura della Vitamina K 1, riesca a dare una evidente protezione specifica sul fenomeno della riduzione .della fosforilazione ossidativa, riuscendo a riportare il quoziente P j O a valori molto vicini al normale. Rispetto ai controlli (mitocondri isolati e non irradiati) si può notare solo un piccolo decremento della fosforilazione ossidativa, per dosi di r.ooo r di raggi X. Gli AA., discutendo tali risultati, avanzano l 'ipotesi che le radiazioni possano agire in modo elettivo sui membri della catena respiratoria, in quanto le Vitamine E e K 1 riescono ad inibire, anche se solo parzialmente, la diminuzione della fosforilazione ossidativa. I lavori di questi ultimi anni, infatti, identificano con molta attendibilità la sequenza degli stadi della catena di respirazione (v. schema). E' stata fornita la prova che la Vitamina K 1 è un anello della catena respiratoria e quindi un anello di disgiunzione tra la respirazione e la fosforilazione (Martius e Nitz- Litzow). Al secondo stadio della fosforilazione è prevista la partecipazione della Vitamina E (Martius). Il terzo stadio dovrebbe localizzarsi tra il citocromo C ed il citocromo A (Slater). Partendo da tali ipotesi, si può obiettare che anche il terzo stadio della catena di respirazione potrebbe essere coinvolto nel danno e quindi non ci si dovrebbe aspettare i risultati ottenuti. Va però tenuto presente con gli AA. citati che anche l'effetto biologico delle radiazioni è un fenomeno complesso,


264 TA11ELL.~ :-<.

AZIONE DEI RAGGI

X I N VIVO SULLA ·FOSfORILAZIONE OSSIDATIVA

ED INFLUSSO DEL TRATIAMENTO

Dose

Controllo .

PRELI~UNARE

o

CON VITAMINA Pi

tJ.A

!J.M

chetoglutararo

10.3

Ij.O

1,6)

100

r.ooo r

12,7

17,0

I,J4

81

Vit. E 70 mg

1.000

r

6,7

u,6

1.73

105

7-7

20.')

2.J2

ICJO

chetoglutar:uo

E E Kt

_:__1~1

Substrato

Controllo.

Controllo.

Protezione

Controllo.

I.OOOr

8,6

l l, T

1,29

47

Vit. E 70 mg

1.000 r

6,8

t8,t

2,66

98

SI

Vie. K1 18 mg

1.000 r

7·8

Il.<)

1·53

so

9

q,8

14·7

1,06

100

13,6

8.7

o.64

6o

0.88

83

23 -2

Con tlòOllo . .

·l

Controllo . . .

~ucctnato

r.ooo r

Vie. E 40 mg

1.000 r

12.5

11,0

Vit. K 1 8 mg

r .ooo r

12,0

7·3

o,6r

ss

8,1

18,7

2,31

HJO

ossibutirrato

Controllo.

Controllo.

1.000 r

7·7

8,7

1.13

49

Vit. E 40 mg

1.000 r

6,6

1 4·5

2.20

95

46

Vit. K 1 8 mg

l r.ooo r

7·5

q,r

1·75

76

27

ossibutirraeo

5,2

11,0

2.12

100

csocinasi

4·7

4·0

o,8s

40

4·1

6,1

1·49

70

ossibutirrato

4·7

9·9

2.II

100

c~ocinasi

5·3

3·4

0,64

30

4·5

7·6

I,6q

8o

Controllo . Controllo.

1.000 r

Vir. E 40 mg

1.000 r

Controllo . Controllo.

1.000 r

Vit. K 1 8 mg

1.000 r

2.

30

50

(da :\lnz - LtTzow e BùuRF.R)


non spiegabile con un unico meccanismo d'azione e non riconducibile ad una singola reazione biochimica di base. Il fatto che la Vitamina E riesca a dare una evidente protezione specifica sulla diminuzione della fosforilazione ossidativa dovuta alle radiazioni, dovrebbe farci pensare che una dieta preventiva ricca di tale Vitamina (oppure una sua somministrazione per via intramuscolare od endoperitoneale) aumenti la radioresistenza nell'organismo animale. Secondo Martius è possibile che la Vitamina E riesca a dare una protezione specifica, in quanto il danno provocato alla fosforilazione della catena respiratoria, potrebbe essere prevenuto con la somministrazione di sostanze che andranno distrutte per effetto delle radiazioni. Bacq ed Alexander, viceversa, non sono dello stesso parere e pensano che una normale alimentazione riesca da sola ad assicurare una buona concentrazione di alfa- tocoferolo nei lipidi. Sarebbe più significativo veder aumentare la radiosensibilità nel caso di una avitaminosi E. Diversi AA., a cominciare dallo stesso Bacq, hanno sperimentato la protezione dalle lesioni da radiazioni mediante somministrazione di Vitamina E, con risultati alquanto discordi , che vengono riassunti in tab. n. 3· Il concetto di poter ottenere un effetto protettivo con una dieta appropriata è risultato talmente stimolante da averci indotto a sperimentare ancora una volta se, con una dieta ricca di Vitamina E, si possa efficacemente influire sul danno da radiazioni e se una dieta priva di Vitamina E, opportuna come composizione e durata, possa portare ad llna sensibilizzazione alle radiazioni stesse.

MATERIALI E METODI

La sperimentaz;one è stata condotta su rso topi albini maschi, appena svezzati, geneticamente omogenei, del peso medio al momento del trattamento di 24 grammi, sicuramente privi di malattie in.fettive e parassitarie, acquistati da una ditta specializzata nell'allevamento di animali da laboratorio. Prima dell'inizio delle manualità sperimentali, gli animali sono stati lasciati acclimatare in stabulari climatizzati a temperahlra ed umidità costanti, i n numero di 5 per gabbia. Allo scopo di determinare l'efficacia del carico di Vitamina E e quella della dieta priva di Vitamina E, si è proceduto ad un esperimento preliminare basato sulla resistenza dei globuli rossi all'acqua ossigenata (Gyorgy P., Cogan G. e Rose C. S.). E' noto infatti, in clinica umana, che la carenza di Vitamina E esalta il potere emolizzante dell'acqua ossigenata. Questo metodo indiretto, opportunamente adattato ai topi, è stato preferito al metodo diretto consistente nel dosaggio dei tocoferoli negli organi, in quanto quest'ultimo oltre ad essere alquanto indaginoso richiede il sacrificio dell'animale.


CONFRONTO DE I RISULTATI OTTENUTI DA DIVERSI AUTORI, SULL' I NFLUENZA DA RADIAZIONI IONIZZANTI,

Mat eria li c Aut or i

Animali

Dose di irradiazione

Sosranza impicgatl

-Herve e Bacq

topi

400 r di X

alfa - rocoferolo 10 soluzionc oleosa

Bacq cd H erve

topi

400 r di X

alfa - tocoferolo 10 soluzione oleosa

Bacq ed H erve

topi C57 br ed AKA

700 r di X

alia - tocoferolo

Paris c Vavasseur

topi bianch i del peso di 20 g c1rca

700 r di X

alia - wcofcrolo

Ha~ey, McCull0-

topi CFr, del peso di 20 g circa

550 r di X

tocoferolo idrosolubile

• gh, McCormick


T ABEL LA N. 3· DEI TOCOFEROLI NELLA PREVENZIONE DELLE LESIONI BIOLOGICHE IN ANIMALI DA LABORATORIO

me t odi Risultati Posologia, modalità di ~omministrazione

Due iniezioni intraperitoneali di 10,0 mg ciascuna, prima della irradiazione e distanziate di 24 ore.

Aumento del numero dei sopravvissuti.

Somrniuisrrazione per via intraperitoneale di 1,0 m g, 40 ore e 24 ore prima del!a irradiazione.

Aumento del numero dei sopravvissuti.

1---- - - - - - - - - - - - - - - - - - ro,o mg, 5 gg. prima e 5 gg. dopo la irradiazione. Somministrazionc per via intramusco:arc.

Elevazione del tempo di sopravvivenza.

Som ministrazionc sotto forma di olio di germi di grano, in aggiunta all'alimento di base per almeno 15 gg. avanti l'irradiazione e un mese dopo la irradiazione.

Nessun influsso sul tempo medio di sopravvtvenza.

Somministrazione, per via intramuscolare, da 0,5 a 3,18 mg al dì prima della irradiazione.

Nessun aumento del tempo di sopravvivenza con dosi da 0,5 a r,o mg. Significativa diminuzione del tempo di sopravvivenza con dosi da 2,0 a 3,18 rng. Gli AA. pensano che la Vit. E possa agire sinergicamente con le radiazioni oppure che la Vit. E idrosolubile non riesca a raggiungere il luogo di azione dci perossidi.


Mat eria li c

------------

Aut or i Animali

Dose di irradiazione

l

~

Sostanza impiegata__

• Ershoff e Stecr

Fritz - Niggli

topi maschi razza Wcbster, del peso da II a 14 g

220 r di X ripetuti r

topi bianchi del peso di

8oo r di X

volta alla settimana fino a una òose di r.6oo r (8 esposizioni)

20 - 25 g

Hubcr e Schrodcr

topi bianchi C57 br / 6, del peso di circa 25 g

tocoferolo misto (ogni gr. di tocofero!o misto contiene 500 mg di tocoferolo, pari a 372.5 U. J. di ViL. E)

DL - alfa . locofcrolo

acetato in olio di oliva

500 r di X JOO r di X

alfa - tocoferolo a cctato


Segue: TABELLA N . 3·

metodi

R i, u l t a t i Posologia, modalità di somministraziooc

0 ,25°{,

nda razione di base. Somministrazione per 6 settimane prima della prima irradiazione e per 126 gg. dopo la prima irradiazione.

Nessun influsso sul tempo di sopravvivenza. Il tocofcrolo misto, che è per natura un antiossidante, si dimostrò molto meno attivo degli antiossidanti sintetici (BHT, DBH e propilgallato) anch'essi saggiati. Gli AA. pensano che questi ultimi possano essere molto più efficaci del rocoferolo nel raggiungere il luogo d'azione dci perossidi e quindi inibir'i.

ro,o mg pro die e pro capite nei 5 gg. precedenti la irradiazione. Somministrazione per via orale con una sonda di o,r cc.

Nessun aumenw del numero dei sopravvissuti al 30° giorno. Una seconda esperienza, condotta sempre su topi bianchi, alimentati per 14 gg. e 21 gg. prima dell'irradiazione con dieta priva di Vit. E, porra a concludere che gli animali ''engono solo lievemente sensibilizzati alle radiazioni.

r.o mg pro capite in unica applicazione per via intraperitoneale, ro- 20 minuti prima dcii 'irradiazione.

Influenza sul numero dei sopravvissuti al 30° giorno e sul tempo di sopravvivenza. Quest'azione radioprotetti va è limitata ad una certa quantità di sostanza ed è influenzata da fattor i individua1i. Con dosi di 700 r di X viene usato come control:o, oltre a soluzione fisiologica ed al solvente dell'alfatocofcrolo, anche l' AET, protenore standard.


Un primo lotto di 30 animali è stato pertanto suddiviso in tre gruppi come segue:

Xs - costituito da IO animali nutriti con dieta standard; Xc - costituito da IO animali nutriti con la dieta di Evans e Burr modificata da Bacharac, priva di Vitamina E. Essa è così costituita: 18°/ caseina estratto amido destrinizzato 49° - lardo fuso e filtrato r2°~ - lievito secco . IO% - saccarosto 4% - miscela salina di Osborne e Mendel 5 o~ - olio di fegato di merluzw 2% (Da tale dieta le tracce di Vitamina E, presente nei componenti, vengono eliminate previo trattamento con cloruro ferrico in etere). -

XE - costituito da Io animali nutriti con la dieta standard con l'aggiunta, per gavage, di un'emulsione acquosa di alfa- tocoferolo acetato (Codex Erba 391201) equivalente a 50 mg pro- die e procapite di principio attivo. L'emuls;one di Vitamina E veniva estemporaneamente preparata prima della somministrazione aggiungendo a IO mi di Vitamina E, 90 mi di acqua e IO gocce di Twccn Bo (princip;o tensioattivo). 11 tutto veniva agitato e riscaldato in blender per 3 minuti circa ed immediatamente somministrato, mediante sondi no, nella quantità di 0,5 ml, pari a 50 mg di Vitamina E. Sia la dieta standard bilanciata che la dieta priva di Vitamina E sono state acquistate dal commercio. Il trattamento con dieta priva di Vitamina E veniva protratto per 90 giorni dallo svezzamento, fino al momento di praticare le prove emolitiche. La somministrazione per gavage della Vitamina E, in aggiunta alla dieta standard, veniva effettuata per 20 giorni prima delle prove emolitiche. La tecnica di emolisi adottata fu la seguente : - in una provetta da centrifuga graduata da IO ml, vengono raccolte 7-8 gocce di sant,rue in I mi di soluzione fisiologica citratata all'r % ; - la sospensione così ottenuta viene centrifugata per IO minuti a 2.000 giri e successivamente il surnatante eliminato. Il sedimento viene nuovamente sospeso al 2,5% in una miscela costituita in parti uguali di soluzione fisiologica e tampone fosfato a pH 7•4 (4 mi); - dopo incubazione in termostato a 37"C per un'ora, si procede ad una nuova centrifugazione, con eliminazione del surnatante, e le emazie poste nuovamente in sospensione al 5°1.. in soluzione fisiologica (2 mi);


27 1

- in tre provette graduate da centrifuga vengono distribuiti 0,25 ml di detta sospensione cellulare, o,2o ml di tampone fosfato e 0,25 ml di H :P 2 al2>4% ; - in una quarta provetta, che serve come controllo negativo, vengono posti 0,25 ml di sospensione cellulare e 0.45 ml di tampone fosfato; - tutte e quattro le provette vengono incubate in termostato per I5 minuti a 37"C e poi lasciate a temperatura ambiente per 2 ore e 45'; - al controllo negativo c a due delle provette contenenti H 20 2 vengono aggiunti 4,5 m1 di soluzione fisiologica tamponata. Le provette vengono agitate e centrifugate. Il surnatante viene prelevato per la lettura; - nella restante provetta contenente H 20 2 vengono aggiunti 4·5 ml di acqua distillata, per provocare una completa emolisi delle emazie; - la lettura viene effettuata con un colorimetro Beckamm. L'appar ecchio viene tarato a zero con il tubo completamente emolizzato e a roo con il controllo negativo. La resistenza ali 'emolisi, espressa in termini di trasmittenza percentuale, viene calcolata dal valore medio delle letture delle rimanenti due provette campione. I risultati sono riassunti nella tab. n. 4, ove sono stati calcolati. la x, la deviazione standard e l'errore standard. TAUELLA N.

RESISTENZA ALL'EMOLISI DEI GLOBULI ROSSI PROVOCATA DA ACQUA OSSIGENATA, IN TOPI A DIETA STA::-IDARD, A DIETA PR IVA m VJTA~HNA E E A DIETA RICCA DI VITAMINA E Dieta standard (X.)

Dieta priva di Vit. F. (X o)

Dieta ricca di Vit. E

17

6

16

39

7

35

14

.)

33

q

36

--

~

T4 21 25 14 14 14 13 Totale ...

-

x

o

•••••

o

Dev. St. Err. st. .. . . . . ••

o

.

162 16,2 3·89 1,23

so

8 ..,

72 67 26 29 31

.)

5 14 IO

14

-- -

83 8,3 4,28 1 •35

(XE)

--

418 41,8 16,02 s.o6

- -


L'analisi della varianza, di cui alla tab. n. 5, dimostra un'alta signifìcatività dei risultati ottenuti nei diversi trattamenti, nel senso di una maggior resistenza all'emolisi delle emazie del gruppo XE (trattati con Vitamina E) e di una fragi lità all'emolisi delle emazie del gruppo Xc (dieta priva di Vitamina E) rispetto alla norma rappresentata dal gruppo ~' confortando così l'efficacia delle meto<lichc impiegate. T ABELLA N. 5·

ANALISI DELLA VARlANZA

Fonti di variabilità

l

Fra i trattati

l DF =

Entro i trattati Totale . . .

l

Devianza

6132

\'arìanza

gi

gl'·=

2

F= Vp -VE

VF = 3066,oo

gE = 27

v}, =

~,70

DT = 8743 l gT = 29

VT =

30J,48

DE= 26n

F

ll

3066,oo = g6,]0 = 31,] 0

P >o,r

Infatti, la valutazione separata del confronto tra il valore medio degli standards e quello dei trattati è stata ottenuta con il calcolo del « t» di Student. La differenza tra standard e dieta carente ha dato un t di 4,09 pari ad un P > r % e fra standard e dieta con Vitamina E un t di 4,65 pari ad un

p> r%. Sulla scorta di tale esperimento prel iminare, 120 animali con le caratteristiche dei precedenti e sottoposti alle stesse modalità di stabulazione, vengono suddivisi in tre lotti come segue: a) lotto di con trollo costituito da 40 animali alimentati con dieta standard bilanciata e sottoposti ad irraggiamento; b) lotto di 40 animali, sottoposti ad irraggiamento, ed alimentati con dieta priva di Vitamina E; c) lotto di 40 animali, irraggiati, ed alimentati con dieta standard integrata da gavage con Vitamina E, secondo le modalità già descritte. Gli animali di hltti i lotti venivano disposti 5 per gabbia .fino al momento d_ell'i:raggiamento e dopo di esso posti in osservazione, 2 per gabbia, per 30 g10rm. Negli animali del gruppo b) (dieta priva di Vitam ina E) il trattamento dietetico iniziava 90 giorni prima dell'irraggiamento e veniva mantenuto per tutta la durata dell'esperienza (9o + 30 giorn;).


273 Negli animali del lotto c) (dieta ricca di Vitamina E), il gavage effettuato con le modalità tecniche e quantitative impiegate per gli animali dell'esperimento preliminare, iniziava 20 giorni prima dell'irraggiamento (50 mg pro- die e pro- capite per 20 giorni). In seguito, dopo l'irraggiamento, il gavage veniva sospeso e gli animali venivano alimentati con la sola dieta standard. La tecnica di irraggiamento usata, uguale per gli animali ·di tutti e tre i lotti, fu la seguente: - KvP: 22o; -mA: 25; - filtro: 0,5 Cu + r Al; - D.F.P.: 8o cm; - intensità di dose media (ricavata dal ma p peggio del contenitore per irraggiamento, ad altezza topo, con un dosimetro << Victoreen ») 37 r / min. Le altre costanti fisiche mantenute nel corso dell'esperienza furono le seguenti: - temperatura: 19°C; - grado igrometrico: 50°,; - ora di inizio: ro,3o a.m . Come sorgente radiogena fu 1mpiegato un apparecchio « Costantix )) della ditta Rangoni e Puricelli. Gli animali venivano posti liberi, in numero di ro alla volta, in un contenitore per irraggiamento di lucite provvisto di coperchio e di fori di aerazione, di forma cilindrica, dell'altezza di ro,s cm e del diametro di 26 cm. Ciascun lotto di 40 animali, veniva suddiviso in quattro gruppi che venivano esposti a dosi crescenti di raggi X, e cioè 518 r al primo gruppo, 592 r al secondo gruppo, 703 r al terzo gruppo ed 8r4 r al quarto gruppo (tab. n. 6). T ABEL LA N. 6. S ::HEMA DI 1RRAGG1i\YI:ENTO DEGLI i\NI.MALI IN ESPERIMENTO Numero Gruppo

Lotto a) (contro! li)

l

..

--

l

degli

animali

-- --

Lotto b) (dieta pri va di Yit. E)

l

Louo c) (dieta ri<'ca di Vit. E)

Dose d i esposi1:ione

l

tn r

Tempo di esposizione in min.

IO

10

IO

518

I4

II III.

IO

IO

IO

592

I6

IO

IO

TO

]03

19

IV.

IO

lO

IO

814

l

22


ANALISI BIOMETRICA DEI RISULTATI

Allo scadere del 30° giorno dal momento àell'irraggiamento, l'esperienza si è ritenuta conclusa. Al fine dell'elaborazione delle risultanze sperimentali, anziché usufruire dei dati relativi all'elevazione o riduzione àel tempo medio di sopravvivenza, si è scelto il criterio del calcolo della DL so l 30 più consono alle modalità di irraggiamento scelte ed al numero di animali trattati. I risultati ottenuti sono riportati schematicamente nella tab. n. 7, ove è rappresentata la sopravvivenza al 30° giorno negli ammali trattati, suddivisi per lotto e per gr~ppo.

T ABELLA N.

INFLUENZA D ELLA DIETA PRIVA OD ARRICCHITA DI VITAMI NA E, SUL NUMERO DEI SOPRAVVISSUTI AL

30° GIORNO,

IN TOPI ALBIN I PANIRRADIATI OON DOSI CRESCENTI Dl RAGGI X

Dose d i esposizione

Gruppo

in r

Nu mero degli anima li irraggiati

Numero degli Mimali sopravvissuti al 30o giorno

Lo tto c) Lotto a) Lotto c) Lotto b) Lotto b) Lotto a) (dieta pri va (dieta ricca (dieta priva (dieta ricca (controlli) di Vit. E) di Vit. E) (controlli) di Vie. E) di Vit. F.)

I

...

518

IO

IO

10

7

7

7

II

...

592

IO

IO

ro

8

8

III .....

7°3

IO

IO

IO

5 6

4

6

IV .. .. .

8r4

IO

TO

IO

3

3

4

I àati rappresentati nella tab. n. 8, sono stati successivamente sottoposti ad elaborazione statistica col metodo dei probit, al fine di calcolare la DL so l 30 e la sua variabilità, come esposto nella tab. n. 8. I risultati possono essere così riassunti: -

lotto a) (controlli) : DL so / 30 = 662 r ± 146;

-

lotto b) (.dieta priva di Vit. E) DL sof3o = 667 r ± u 6 ;

-

lotto c) (dieta ricca di Vit. E) DL 50/ 30 = 7s8 r

± 170.


DISCUSSTONE DEI RISULTATI

Dall'esame dei risultati si può rilevare che una dieta priva di Vit. E non porta, nel topo, ad una sensibilizzazione alle radiazioni ionizzanti. Non si osserva, infatti, alcuna modificazione della LD 50 l 30. Una dieta arricchita con Vit. E fa aumentare globalmente il numero dci sopravvissuti al 30° giorno, con uno spostamento della LD 50 l 30 da 662 a 758 r, con una differenza di 96 r a favore dei trattati. Tali risultati sono però affetti da una grande variabilità per cui la differenza non può ritenersi statisticamente significativa. Questi risultati possono essere interpretati secondo due ipotesi: r) il tocoferolo, che per natura è dotato di proprietà antiossidanti, non riesce a raggiungere i substrati ove agiscono i radicali ossidanti e quindi non si trova in grado di inibir! i i

2) la diminuzione della fosforilazione ossidativa, quale effetto delle radiazioni ionizzanti, non influisce in modo determinante nella morte da raggi del topo. La Vit. E infatti, come si è accennato, è capace di esercitare una protezione specifica sulla diminuzione della fosforilazione ossidati va i ed era proprio questo il motivo per cui, in via di ipotesi di lavoro, ci si attendeva che l'impiego di una dieta arricchita con Vitamina E conferisse un certo grado di protezione e che, all'opposto, una dieta priva di Vitamina E portasse ad un incremento del danno da raggi. Il presente lavoro era stato suggerito dall'esame dei risultati contrastanti ottenuti dai diversi AA., sull'influenza dei tocoferoli nella prevenzione del male da raggi in animali da laboratorio (v. tab. n. 3). . Si era notato che un solo Autore, Fritz - Niggli, aveva sperimentato una dteta carente di Vit. E, per la durata di sole due e tre settimane e senza accer~are,. prima dell'irradiazione, se si era instaurato o meno nei topi lo stato di tpovttaminosi. Nelia presente esperienza, pertanto, è stata scelta una dieta carente di Vit. E opportuna come composizione e durata e si è provveduto ad. accerta~e lo stato di ipovitaminosi con la prova della resistenza all'emolisi de1 globult rossi provocata da acqua ossigenata. Ciononostante, il risultato ottenuto è stato nettamente negativo e pertant? ~i. può trarre come prima deduzione che nel topo l'ipovitaminosi E non sensJbllJzza affatto alle radiazioni ionizzanti. Continuando l'esame dei risultati ottenuti dagli AA. passati in rassegna (tab. n. 3) si era osservato, inoltre, che le dosi di Vit. E utilizzate nel tentativo di proteggere gli animali trattati non superavano i IO ~g e che mai si era p~ovveduto a controllare il carico di Vit. E nei soggetti in esperimento. Propn.o _Per tale motivo era stata scelta una dose giornaliera massiva di 50 mg sommm1strata per 20 gg. consecutivi prima della irradiazione. In più, sempre


2]6

A ~Al.ISr Bim tE.TRIC.\

(dmc / 100)

Topi

log-

irr.

'

n

Probit empir.

l . Controllt

5'8

0,71

IO

3

O,J O

4·4!:)

4·32

<1.)) 15

592

0·77

IO

5

0.50

5·00

4·70

o,{i ltJO

703

o,84

IO

4

0.40

4·75

5· 15

( '~' )43

8r4

o.go

lO

7

0 ,70

5·52

5·5~

n,:;Sr><)

II. Carenti

5' 8

0,71

l()

3

0,30

M8

4· 2 4

o,:;2fio

592

0

·77

IO

2

0.20

4·'6

4·05

r;,{

7°3

o.84

IO

6

o ,(JO

),2)

5,12

o.l•'4)

814

o,go

IO

7

0 ,70

5·52

5·54

5

o .::;~rlf)

TII. T rattati cq ~q

5'8

0,71

IO

3

0.30

4·48

4·07

592

0·77

IO

2

0.20

4·'6

+44

o.:;::;-"

703

0,84

IO

4

0.-10

4·75

4·90

o/• H)

8q

.o.qo

IO

6

o/lO

5·25

5,28

0 ,(\ 11"1


2

77

TABELLA N.

DELLA LD

Probir lavoro

so l 30 l -

l

nw

nwx

nwx2

nwyw

nwyw2

nwxy.,

5·3 159

3>7742

2,6]97

23,846o

106,9686

16,9303

30,86II

154:5893

23,7626

Yw

-----

4,4858 ),0092

6,1009

4·7438

3·6s27

4·7477 5·5242

6,3431

5·3282

4·47'>6

30, Tl5I

142·9772

25,2966

5,8099

5,2289

4·7o6o

32,0950

177,2089

28,8854

23,6298

19,0751

15,5140

1 r6,9172

)81,8340

94,8749

4·5042

5,26oo

3·7346

2,6)r:;

23,6920

106,7138

16,!S213

4· 2073

6,oo;o

4,6238

3,5603

25,2648

ro6,2g63

1 9·4537

5,2516

6,3430

5·3281

4·4756

33, <ro8

l 74>9i'i4

27,9810

5·5242

5,8ogo

5,228 1

4·7°52

32,0000

1 77>27 1 5

2ll,881o

23·4!70

18,9r46

1'5,3926

114,3576

565,2170

93• 1370

4·5357

4·7 144

3·3472

2 ·376s

21.}8~ I

96,g86g

15,r8r8

4·1772

5·5788

4· 2956

3,3076

23,3077

97·3439

17,9435

4·7483

6,343 1

5·3282

4>4756

3o,rr89

I43,on4

5,2)30

6,r6og

5>5448

4·9903

32·3632

170,0038

l 25,2998

22,7972

18,5r"8

l 15', rsoo

107,1689

507·3480

Totali

l l

Totali

Total i

l

l 6. - Mcd.

l

j

l

29,1268

87,55 19

l

8.


Segue: T ABELLA N. 8.

Devianza x (Dxx)

Controllo

Carenti

Trattati

O,II5

o,us

o,u6

o,80]

0,812

Devianza y (Dyy) Codevianza yx (Dyx) Media x (x) . Media y

(y) .

Coefficiente di regressione

(b)

6,6]

a

Calcolo separato della LD 50 f3o

log LD 50 /30 .

Controllo

Carenti

o,82051

0,82450

V log LD 50/ 30

0,001101

Trattati

0,002477

0,0331 Limiti fiduciari:

-

-

o,8zosr + o,82450 ± o,87927 ± + (1,96 x 0,0487) ± (1,~ x 0,00331) ± (t,96 x 0,0490

limite fiduciario superiore

0,88930

limite fiduciario inferiore

0,]5970 667 ± u6

LD 50/ 3o Limite superiore della LD 50/ 30 Limite inferiore della LD so/ 30

947

531

55 1

6o6


Segue: T A BELLA N . 8.

Ricerca dd titolo delLa dose (tra controllo e trattati)

b (comune)

4·34 2 controllo = r,44

a (ricavata dalla b comune)

trattati

=

I ,88

controllo = o,8r~9 crattati

= 0,87977

controllo = 66r

M = 0,87977 - o,8r9i39

trattati

I

+

= 759

(X, - X. - M)2 ] Dxxc -

- - = 000 8 ' 457

DJC\":1

M = o,05988 ± (r,<ji x o,o677)

661 : 759 = IOO : X = 114,82

11 valore ,medio dei trattati è superiore del 14,82% rispecto a quello dei controlli. La variabi lità, però, è tale che la differenza di trattamento non può essere considerata statisticamente significativa. Infatti la variabilit.1 del titolo

è compresa fra il 55% in più ed il 15% in meno.


280

con la prova della resistenza all'emolisi, vemva accertato l'aumentato canco di Vit. E nei topi trattati. Ciononostante si sono ottenuti .dei risultati quantitativamente modesti che, sottoposti ad analisi biometrica col metodo dei probit, si sono rivelati rcputabili non significativi dal punto di vista statistico. Tuttavia va tenuto presente che nella morte da raggi interferiscono vari fattori. Questa ricercà suggerisce pertanto una ulteriore sperimentazione con eventuali trattamenti associati, ad esempio con antibiotici, oppure l'associazione preventiva con un'altra sostanza anch'essa correlata ai processi di fosforilazione ossidativa quale la Vitamina K.

RtASSUNTO. - Dopo :::ver brevemenre riassunto ii meccanismo del danno da raggi nonché le principali modalità di radioprotezione ipotizzare, gli Aurori espongono i risultati delle esperienze personali su copi irradiati e prevcntivamente trattati con Vitamina E.

RÉsvMÉ. - Après avoir brièvcment résumé le mécamsme du dommage de rayons ainsi que Ics principalcs modalités de radioprotecùon supposées, les Auteurs exposent Ics résultats cles expériences personnelles sur !es souris irradiées et prévemivement rrairées avec Vitamine E.

SuM~tARY. - After having briefly summarized thc mechanism of the radiation damage as weil as the principal effects of hypothised radioprotecùon, thc Authors set out the results of their personal experimenrs on micc irradiaLed and subjectcd ro previous Vitamine E rreatmenr.

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CLI::-IICA ORTOPEDICA Il DELL'UI'-,VERSITÀ DI MlLA:-:ù

Direuore: Prof. V. PrETROCR.,,.-oE OSPEDALE MlLITARE PRINCIPALE DI MILA 'O

Direttore: Col Mcd. Don. G

M~Rcm• sò

REPARTO TRi\UMATOLOGICO Capo Reparto: Te n

Col. Med. Dott. G. Cuccrsr F.LI.O

ASSENZA CONGENITA BILATERALE DELLA ROTULA ASSOCIATA AD INCONSUETA ALTERAZIONE DEL CINGOLO PELVICO Ten. Col. Mcd. Dott. Guido Cucciniello S. T en. Med. Dott. Emerico Luna

Il riscontro dell'assenza congenita bilaterale della rotula in un soggetto giunto alla nostra osservazione ha fatto ritenere il caso meritevole di attenzione e ci ha indotto a studiare l'argomento per i molteplici aspetti che esso presenta. Tale malformazione congenita ci risultava inconsueta almeno per la nostra esperienza che pure si basa sull'attività di un servizio di ortopedia e traumatologia che annualmente controlla circa diecimila soggetti tra giovani reclute di selezione e militari alle armi. Abbiamo quindi approfondito l'esame clinico e radiologico del caso con indagini sistemiche, rilevan do oltre alla completa assenza bilaterale della rotula, la mancata ossificazione bi! aterale della branca ischio pubica e paramorfismo degli arti inferiori per coxa valga, ginocchio valgo e piede piatto valgo bilaterale. La consultazione della letteratura esistente sull 'argomento ci ha consentito di osservare come l'assenza congenita solitaria, mono o bilaterale della rotuln, sia molto raramente ripor tata, se riscontrata quale unica anomalia. 11 reperto è m eno raro quando, a displasie di altri distretti osteoarticolari ed a distrofie unguealì e cutanee, si associa una aplasia od una ipoplasia della rotul a. Alterazioni queste ascrivibili ad una sindrome osteo- artro- onìcodisplasica che si ritiene dovuta ad alterato sviluppo del mesoectoderma a carattere fam iliare. Tos e Salvi anzi avan zano l'ipotesi che i casi di aplasia solitaria di rotula descritti nella fine del secolo scorso non fossero che la localizzazione al gi-


nocchio dcll'osteo- onicodisplasia i cui altri componenti erano passati inosservati. La disamina della bibliografia evidenzia contributi dì circa un centinruo di Autori che hanno riferito sugli aspetti embriologici, genetici, fisiopatologici, clinici e radìologici della malformazion e congenita isolata od associata ad altre alterazioni. In ordine cronologico riportiamo i seguenti Autori: Chatelain, 1820; Wutler, 1835; Brodhurst, 1856; Lane, 1858; Buhl, 186o; Friedlehen, 186o; Mitschcerlich, 1865; Servier, 1872; Jolicoeur, 1873; Labbè, 1874; Maas, 1874 ; Kirte, r8]6; Barwell , 1877; Sedwich, 188o; Smitch, r883; Redard, 1888; Muller, r888; Joachimsthal, 1889; Pearson, r889; Sayre, 189o; Bernacchi, 1891; Brunner, 1891; Salaghi, 1894; Nicolle ed H aliprc, 1895; Phocas, 1896; Little, 1897; Mayer, 1897; Wolf, 1900; Most, 1903; Senftencr, 1904; Roskoschny. 1905; Bogne, 19o6; Ewald, 1906; Cadilhac, 1907; Hoffmann , 1908; Bilhaut, 1910; Teissier, 19u; Firth, 19II; Kirrnisson, 1912; Rubin, 1915; Silfverskiold, 1920; Pires dc Lima, 1924; Denks, 1925; Tobias, 1925; Sicher, 1925; Trauner e Rieger, 1925; Salaghi, 1926; Cornct, 1927; Jacobson, 1928; Poli, 1930; Ostcrreicher, 1930; Rutheford, 1933; Turner, 1933; Alcade Noy e Martinez, 1934; Aschner, 1934; Lester, 1936; Montant e Eggermann, 1937; Passeye, 1940; Fontana, 1942; Kiil- Nielsen, 1944; Senturia, 1944; Monragard, 1945; Fong, 1946; Van der Broek e Barents, 1947; Lanfranconi, 1948; Mino-Mino-Livingstonc, 1948; Thompson- Wakcr- Weens, 1949; Wilderdauch, 1950 ; Bock, 1951; Roeckerath, 1951; Wedler e Wclsch, 1952 ; Fcsbuquois e Bidault, 1954; Forcella, 1954; Bates, 1954; Roetzer, 1954; Cosack, 1954; Pieckowsky, 1955; Mangini , 1955; Kaminski, 1956; Renwick, 1956; Jameson, 1956; Brodcr, 1956; Lovc, 1957; Guggino e Rapisarda, 1957; Giaccai, 1958; Pasquali, 1958; Lunardo, 1959; La Croux, 196o; Ignatov, 196o; Meriar, 196o; Clarcke, 1961; Levan, 1961; Mc Cluskey, 1961; Abdalla, 1962; Geliot, 1<)62; Zimmerman, 1962; Karno, 1962; Duncan, 1963; Duthie, 1g63; Scarfi- Sassi, 1963; Tos e Tessore, 1964; Tos e Salvi, r965; Duse, 1968; Baglioni e Canale, 1968. In particolare la scorsa attraverso la letteratura permette di rilevare che, nella maggior parte dei casi, l'aplasia della rotula si accompagna ad altre alterazioni morfologiche e strutturali. Già Lane (1858) riferì un caso in cui era presente aplasia rotulea destra e piede equino- valgo. Friedlehen (186o) descrisse un caso di un bambino nel quale l'assenza della rotula era accompagnata dalla mancanza della dìafisi femorale e dalla aplasia del perone. Labbè (1874) presentò alla « Société de Chirurgie » un caso di assenza congenita ·di rotula complicata da ginocchio valgo e da piede taio bilaterale. Redard (r888) descrisse l'assenza della rotula destra associata all'atrofia del quadricipite che, nella sua parte inferiore, era costituito di materiale fibroso.


Brunner ( 1 91) ebbe modo di osservare, in un giovane di venti anni, assenza bilaterale della rotula ed i potrofia dei mmcoli della faccia anteriore della coscia. Wolf (1900) riferì di una donna c di ·due dei suoi figli i quali presentavano assenza congenita delle rotule e delle unghie dei pollici. el caso descritto da T eissier (19II) invece, l'assenza delle rotulc non era accompagnata da altre anomalie. Anche in quel caw si trattava dì una recluta. Osterreicher (1930), n membri su 21 di una famiglia con displasia delle unghie, displasia della rotula e del gomito. Turner (1933), due famiglie con distrofia delle unghie e displasia della rotula e del gomito. Lester (1936) pubblicò alcuni casi di assenza e ipoplasia della rotula, associati a sub -lussazione o lussazione del capitello radiale, onicodistrofia e la presenza di un alone col.orato intorno all'iride. In Senturia (1944) si ritrova assenza congenita della rotula e lussazione del capitello radiale. Fong per primo descrisse nel 1946, in associazione all'aplasia della rotula, una caratteristica alterazione morfologica del bacino: i « corni iliaci». Rceckerath (1951) sei casi con displasia del gi nocchio, gomito, distrofia ungueale; in cinque casi corni iliaci c doppio contorno irideo. Forcella (1954), tre casi con displasia delle unghie, gomito e ginocchia. Zimmerman (1962), due casi di ostco- onicodisplasia con corni iliaci. Duthie, Hccht (1963), r8 casi di osteo- onico- displasia su 37 membri di una stessa famiglia. Tos c Tessore (1964) : un caso di lussazione bilaterale di rotula associato a corni iliaci, distrofia unguealc, displasia del gomito con indagine sul ceppo familiare. Baglioni e Canale (1968) : un interessante studio su quattro generazioni che presentavano si n dro me osteoonicodisplasica. Appare quindi evidente che trattasi di alterazioni di sviluppo a trasmissione familiare, di tessuti di derivazione ecto e mesodermica ed in particolare che l'alterazione colpisce cute, unghie e distretti osteoarticolari sì che venne descritta da Turner (1933) come sindrome artrodisplasica e da Pieckowsky (1955) come artro- osteo- onico- displasia. Baglioni e Canale (r968) sulla scorta di una completa rassegna bibliografica riferiscono che alle tre alterazioni fondamentali della sindrome: l'artrodisplasia delle ginocchia, l'altrodisplasia dei gomiti c la distrofia delle unghie, si associano frequentemente altre malformazioni quali: r) alterazioni del cingolo pelvico consistenti in: a) ipoplasia dell'ileo; b) presenza di corni iliaci; c) protrusione intrapelvica dell'acetabolo;


286 d) coxa valga; c) iperlordosi del sacro; 2) alterazioni del cingolo scapolare; 3) alterazioni del polso tipo M. di Madelung; 4) ipoplasia della lamina interna del cranio; 5) anomalie della pigmentazionc della coroide. Prima di descrivere il caso giunto alla nostra osservazione, riteniamo utile esporre alcuni brevi cenni di sviluppo, di anatomofisiologia e di meccanica funzionale ed articolare. Numerosi Autori si sono occupati della embriogenesi della rotula. Tra essi citiamo: Bruch (r851), Goodsir (r868), Menke (1874), Bernays (r878), Kazzander (1894), Fick (r904), De Vriese (I<)Q9), Lucien (r9ro), Bardeen (1910), Fi schel (1929), Langer (1929), Walmsey (1940), Sonnenschein (1950). Svariate teorie sono state enunciate circa l'origine della rotula. Quest'osso origina da un abbozzo cartilagineo che compare secondo alcuni AA. nell'embrione di 20 mm , secondo altri nell'embrione di 25-30 mm. Sonnenschein ritiene che l'abbozzo della patella origini dal femore, mentre Walmsey ne sostiene l'origine nel contesto del tendine del muscolo quadricipite. La fig. c dimostra che .dove il quadricipite è in rapporto con l'estremo inferiore del femore è presente nel suo contesto un aggregato di cellule rotondeggianti. E' questo il primo aggregato cellulare rappresentativo dell'abbozzo della rotula, il cui sviluppo apparirebbe quindi indipendente dal femore. Questa considerazione oltre alla precoce comparsa dell'abbozzo fanno ritenere che la patella si sviluppi nel contesto del tendine q uadrici pitale indipendentemente dagli stimoli meccanici dati dallo scorrimento. L'ossificazione può iniziare in epoche variabili e comunque comprese fra i due anni e mezzo ed i cinque anni con una comparsa alquanto più precoce nelle femmine. In genere il processo di ossificazione inizia da un unico nucleo che con differenziazione radiale sostituisce gr adatamente l'impalcatura cartilaginea. In un numero ridotto di casi intorno al 15%, l'ossificazi.o ne può derivare da più centri (Hellmer, Paturet, Mayet, Caffey). Dopo una netta differenziazione verso i sette- otto anni di vita, si ha la completa morfologia patellare verso i dieci anni ed infine il completamento del processo di ossificazione verso i 15- r6 anni. Importante è lo studio anatomofisiologico della rotula nei riflessi della funzione cui è deputata. Non è tanto importante la definizione di osso sesamoide o rudimentario quanto il ritencrla osso dotato di peculiari e ben definite funzioni. Posta al davanti dell'estremo inferiore del femore, ha la forma di una castagna con l'apice in basso ed un diametro trasverso di circa 45 mm e verticale di 30 mm.


H a due facce: la anteriore scabra per la presenza di orifìzi vascolari e le connessioni tendinee e la posteriore incrostata di cartilagine ialina (tranne nella zona apicale che è in rapporto con il batuffolo adiposo), suddivisa da una cresta verticale che si modella sulla gola della troclea e che separa due faccette concave per le corrispondenti superfici di contatto condiloidee femorali.

Fig. r. - Sezione di ginocchio di embrione umano di mm, tratta da W almslcy: << T he dcvelopmcnt of the patella ''• f. Anat. Physiol. Tel contesto del tendine del quadricipite appare ben evidente l'ammasso cellulare dal quale si svilupperà la rotula. 20

CENNT DI MECCANICA ARTICOLARE E FUNZIONALE

La rotula nel movimento di flessoestensione compie uno spostamento di 6-7 cm in senso verticale dall'alto al basso, lungo la gola intercondiloidea femorale e con una aderenza maggiore alla gola intorno ai 90° di flessione del ginocchio. Contemporaneamente compie un movimento di rotazione su se stessa ltmgo un asse trasverso passante per il centro di curvatura della troclea femorale.


288 ci riguardi della tibia, durante la flesso- estensione, la rotula si muovt su un piano sagittalc lungo un arco di cerchio che ha per centro la tuberosità tibiale e per raggio la lunghezza del legamento rotuleo. Durante i movimenti di rotazione assiale la rotula nei riguardi della tibia si sposta su un piano frontale (Mastromarino R.).

o Fig. 2. - Albero genealogico. l ~oggeni segnati in tratteggio sono coloro nei quali esiste un interessamento della rotula, o nel senso dell'aplasia o nel senso della displasia. La freccia indica il caso descritto in questo lavoro.

ella complessa meccanica funzionale del ginocchio, la rotula rappresenta il fulcro di un sistema di leva in cui il muscolo quadricipitc è la potenza e la tuberosità tibiale la resistenza. La rotula è parte integrante l'apparato estensore della gamba ed aumentando il braccio di leva quadricipitalc ne migliora l'azione. Inoltre ha la funzione di distribuire uniformemente su tutte le fibre del tendine prerotuleo le linee di forza della resistenza che si oppone alla contrazione muscolare (Tos


c Salvi). Tenendo presente le alterazioni fondamentali e le malformazioni associate che caratterizzano i molteplici quadri di artro- osteo- onico- displasia reperiti in letteratura, abbiamo impostato l'indagine clinica e radiografica del caso che è giunto alla nostra osservazione.

Fig. 3· - Forografia Jet ginocchio sinistro dd nostro paziente. Si può osservare al pos:o dcila normale salicnza della rotula, una depressione limitata dal rilievo dei condil i femorali c da!la tubcrosit.>t della tibia.

Si tratta di un giovane dì diciannove anni, C.V., recluta di selezione, nel quale è presente agenesia rotulea bilaterale. L'anamnesi familiare rivela che la madre del soggetto presenta ipoplasia della rotula destra. La stessa anomalia, a carico del ginocchio sinistro, è presente nel nonno ed in una zia


materni. L'albero genealogico (fig. 2) presenta in tratteggio i casi suddetti. Nulla è presente nella storia clinica e nell'esame obiettivo che possa far pensare a concomitanti deformità viscerali. L'esame obiettivo degli arti superiori mette in evidenza normale morfologia e funzione dei diversi segmenti ed arrico.lazioni. In particolare il go-

Fig. 4· Fo·ografia del ginocchio deslTo. Per la didascalia, vedi fig. 3·

mito si presenta normalmente atteggiato e dotato dei fisiologici movimenti di flesso- estensione c prono- supinazione. Non si osservano segni di displasia o distrofia ungueale. L'esame degli arti inferiori evidenzia una lieve ipotrofìa del muscolo quadricipite, mentre i muscoli della gamba presentano un normale trofìsmo. Assenza del normale profilo della rotula e delle fossette pararotulee; presenza di valgismo delle ginocchia valutabile ~ntorno ai 20°. Nor-


male è la stabilità lcgamentosa, non segni di sofferenza meniscale; l'esame fun zionale del ginocchio ha messo in evidenza archi fisiologici di movimento in flesso - estensione e rotazione. Sufficientemente valida è l'estensione della gamba sulla coscia contro resistenza. Appiattimento delle volte plantari di m edio grado. Il paziente r iferisce tuttavia di incontrare un a certa diffi coltà nel mantenere il ginocchio esteso. nello scendere scale e pendii.

Fig. 5· - Radiografia delle ginocchia in proteztone antero - posteriore: assenza bjl aLerale della rotula.

on abbiamo potuto eseguire l'esame artrografico che ci avrebbe potuto dare indicazioni precise sull'eventuali displasie a carico delle formazioni interne capsula legam cntose e mcniscali. Di un certo interesse appare la considerazione che una frattura del terzo distale del femore destro, riportata all'età di quattordici anni, si è normalmente consolidata. Abbiamo quindi eseguito l'indagine radiografica delle ginocchia, estendendola al cranio, ai gomiti, al rachide dorso -lombare, al bacino, ai piedi. L'X- grafia delle ginocchia, nelle proiezioni standard (figg. 5, 6 e 7), rivela l'assenza bilaterale della rotula e l'alterato rapporto tra l'angolo basi-


lare e quello diafìso- metafìsario del femore caratteristico del valgismo epifi sario. Del cranio sono state eseguite le proiezioni standard. Si è osservata una precoce ossifìcazione delle suture, data l'età del paziente ed una modesta immagine a stampo in regione parietale sinistra. L'esame standard del gomito è stato eseguito bilateralmente.

Fig. 6. - Radiografia in proiezione laterale del gin occhio sinistro: assenza della rorula.

Non si sono m essi in evidenza alterazioni .di tipo morfologico e strutturale. I rapporti articolari sono normali, dato questo, assolutamente sovrapponibile all'esame clinico. L 'esame della colonna dorso lombare è risultato del tutto normale. Questo reperto è del resto confortato dalla mancanza nella letteratura di alterazioni a carico del rachide nel soggetto portatore dell'aplasia rotulea bilaterale.


Alla luce delle precedenti osservazioni, abb:amo eseguito con estremo interesse l'esame radiografico del bacino (fig. 8). La radiografia ha mostrato l'assenza di alterazioni a carico dell'ileo, normalità del profilo pelvico, coxa valga bilaterale. Ma ciò che ha suscitato in noi maggiore sorpresa è stato il riscontro della mancata ossifìcazione della branca ischia- pubica, bilateralmente.

Fig. 7· - Radiografia in proiezione laterale del ginocchio destro: assenza della rotula.

Il difetto di sviluppo sull'emibacino sinistro non è perfettamente sovrapponibile a quello controlatera!e. Si vede infatti che a sini stra l'ossifìcazione , pur sempre incompleta, è più avanzata che a destra. Questa alterazione, in associazione con ì'aplasia rotulea bilaterale, è, secondo l'indagine eseguita sulla letteratura, da noi descritta per la prima volta.


Fig. 8. - Radiogra.6a del bacino. E' chiaramente visibile la mancata ossificazionc delle branche iscbio- pubiche e la coxa valga bilaterale.

Il reperto appare ancor più originale ove si consideri che dal 1946, epoca in cui Fong per primo descrisse i corni iliaci, numerosi Autori banno eseguito l'esame radiografico del bacino nei soggetti portatori di aplasia rotulea. L'esame radiografico dei piedi ha mostrato marcato appiattimento della volta piantare e la presenza dell'os peroneum bilateralmente.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Da una sintetica valutazione clinica e radiologica, emerge la presenza di aplasia rotulea bilaterale e di mancata ossifìcazione della branca ischio - pubica bilateralmente. La descrizione di tale associazione è degna di rilievo in quanto ci risulta non sia stata mai descritta. Il primo nucleo di oss:fìcazione del pube compare verso il quinto, sesto mese di vita fetale. Alla nascita, il ramo inferiore dell'ischia non è ancora ossifìcato. La saldatura delle porzioni distali dell'ischio e del pube, avviene secondo Kohler verso i nove anni; secondo Schinz dai cinque agli otto anni. Secondo dati anatomici la saldatura fra pube ed ischio può avvenire dai quattordici ai sedici anni.


Nel caso da noi descritto il paziente ha già raggiunto il diciannovesimo anno <li età. La mancata saldatura della branca ischio- pubica appare quindi avere superato i normali limiti crono- auxologici. L'aplasia di rotula è completa : l'esame clinico e radiologico non ha evidenziato alcun abbozzo cartilagineo od osseo patellare nel contesto del tendine quadricipitale. Il soggetto inoltre presenta paramorfismi degli arti inferiori consistenti in coxa - valga, ginocchio valgo e piede piatto valgo. Clinicamente valgismo del ginocchio valutabile intorno ai 20'' circa. Radiograficamente è presente in a.p. (fig. 5) evidente valgismo, marcata ipoplasia del condilo femorale esterno con iperplasia ed aumento della convessità del condilo femorale interno ed appianamento delle spine tibiali. Il tonotrofismo muscolare del quadricipite è pressoché normale e sufficiente è la validità dell'apparato estensore della gamba nella coscia. Solo in situazioni che richiedono eccezionali prestazioni della muscolatura antigravitaria quadricipitale viene avvertita una minore vali.dità muscolare. Esiste quindi un adattamento dell'apparato estensore della gamba nei soggetti privi congenitamente della rotula. Tale adattamento non raggiunge gli stessi risultati funzionali nei soggetti patellectomizzati in caso di displasie congenite o per lesioni acquisite, in quanto si verifica una diminuzione della potenza contrattile del muscolo quadricipite di circa r j 15 per la mancanza del fulcro rotuleo. Difficile è la collocazione nosografica del caso ·descritto caratterizzato principalmente dall'associazione: aplasia rotulea e mancata ossificazione della branca ischio- pubica bilateralmente e secondariamente da coxa valga, ginocchio valgo, piede piatto. Non rientra nelle sindromi descritte da Trauner e Rieger, da Osterreicher, da Turner e cioè nelle onico- osteo- artro- displasie poiché manca la distrofia o la displasia ungueale ed alcuna altra alterazione <li tessuti a derivazione ectodermica. L'alterazione fondamentale, l'aplasia rotulea è associata ad una alterazione del cingolo pelvico caratterizzata non dai cosiddetti corni iliaci ma da difetti di saldatura delle branche ischio pubiche e secondariamente da coxa valga, ginocchio valgo, piede piatto valgo. Colpisce quindi solo il sistema scheletrico di derivazione mesodermica. Nelle due generazioni precedenti l'indagine anamnestica genetica ha permesso di rilevare casi di displasia rotulea nel ramo materno. Dopo queste brevi considerazioni ci sembra poter propendere per una congenicità delle alterazioni osservate nel caso in esame e non per fattori meccanici intrauterini che ostacolerebbero la intrarotazione fisiologica della tibia rispetto al femore, né da fattori neuro - distrofici. Sembra più probabile una causalità per turbe dell'embriogenesi con una trasmissione delle alterazioni osteo- artro- displasiche dei tessuti a sviluppo mesodermico del tipo ereditario dominante. L'anomalia displasica rotulea si verificherebbe per una alterazione del patrimonio genetico individuale e sarebbe condotta da un gene tarato. Questa, nel corso delle generazioni, subita per fattori umorali una mutazione genica, sarebbe capace, attraverso una


.. azione diretta mediante stampaggio di medesime proteine cromosomiche anomale oppure tramite mediatori biochimici di interferire nella morfogenesi e ossifìcazione di altri distretti osteo - articolari.

RIASSUNTO. Gli Autori dopo una breve rassegna della letteratura su casi di assenza congenita solitar ia di rotula e sul!e associazioni di questa con altre alterazioni di tessuti a derivazione mesodermica ed ectodermica, descrivono un caso in cui l'agenesia congenita bilaterale di rotula si associa a mancata saldatura dde branche ischio- pubiche. Ritengono tale associazione, per quello che loro risulta, non ancora descritta, ne esaminano gli aspetti clinico - radiologici e propendono per una congcnicità delle alterazioni, ipotizzando, nell'ambito delle teorie genetiche, una possibile trasmissione per mutazione genica.

RÉsmtÉ. - Les Autcurs, après avoir pris connaissance de la litérature concernant les cas d'absence congénitale solitaire de rotule et les a~sociations dc celle- ci avec d'autres altérations cles ti~sus à derìvation mésodermique et ectodcrmique, procèdent à la descriprion d'un cas où l'absence congénirale bilatéralc de rotule s'associe à un manque de soudure des branches ischio- pubienncs. I!s estimenr que cette association n'a pas encore été c.lécrirc, tout au moins à leur connaissance; ils en examinenr Ics aspccts cliniques et radiologiques et ils sont enclins à conclure au caractèrc congénital de ces altérations, en avançant l'hyporhèse, dans le cadrc des rhéories génétiques, d'une possible transmission par mutation de gènes.

SuMMARY. After a short literary review abouc some cases concerning the congenita! absence of patella and its associarion with other mesodermic ancl ectodermic tissues changes, a case presenling a bilatera! aplasia of pare:! a with non- ossifìcation of the ischiopubic branches is reported. The Aulhors, as far as thcy are concerned, considcr this association not yet described, they cxamine its clinical - radiologic aspects and bclieve in a congeniLy of alterations and in a probable transmission by means of a genetic change.

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RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

CARDIOLOGIA ScHUILE"'BLRG

bundle. -

R. M., D liRRER D.: Conduction disturbanus locatd within the His Circul., 1972, 45, 612 628.

I n molti pp. con un blocco cardiaco completo l'ecg del fascio d1 l Iis ha mostrato che si trattava invece di un blocco di branca bilaterale, mcmre nel blocco atrio- ventricolare parziale il difetto di conduzione può essere localizzato fra l'atrio cd il nodo atrio- venrricolare o nelle branche. 1 disturbi di conduzione ncll'imerno del fascio di H is sono considerati invece rari. Gli AA. pertanto ritengono utile riportare 4 casi di loro osservazione (più uno addizionale), nei quali l'ecg del fascio di llis ha poruto stabilire che il disturbo della con duzione esisteva proprio nel tronco di His. Si trana di soggetti dai 27 agli 82 anni con attacchi sincopali del tipo Adams- Stokes, che a\'e\·a.no un disturbo di conduzione atrio- ventricolare di grado differente e nei quali l'ecg convenzionale di superficie non poteva fare predire un disrurbo di q uesto genere. Nel caso I 0 la sede del blocco è stata potuta localizzare nella parte distale del fascio di His. Negli altri 3 casi si è potuto osservare uno sdoppiamento dcl potenziale hi,siano, in uno per un fenome no di Wenckebach a certe frequenze atriali. Gli AA. ritengono che un tale tipo di blocco di conduzione non debba essere molto raro, dato che essi lo hanno osservato in 4 casi su di un totale di 55 ecg esaminati. MELCHIO~DA

Sl'R I "'c

D. A., F oLTS J. D., YoL'~G \V. P., RowE G. G.: Premature domre of the

mitra/ and tricuspid valvu.

Circul., 1972, 45, 663-671

Le registrazioni con il cateteri~mo cardiaco rivelano frequentemente, nei soggetti con insufficienza aortica grave o con insufficienza mitraJica, una chiusura prematura della mitra le o della tricuspide o di ambedue ad opera di un gradiente pressorio tele· diastolico vcntricolo- atriare. Questa chiusura prematura atrio- ventrico]are è stata osservata dagli AA. in 8o soggetti di un gruppo di 519 affetti da insufficienza aortica o da insufficienza mitralica o da ambedue; la chiusura premarura isolata della mitrale è stata osservata in 9 soggetti, quella tricuspidalc isolata in 40 e quella combinata in 3r; cioè la chiusura prematura della tricuspide, associata o meno a quella della mitr:tlc, è la e,·enienza più comune. 1'\cl 75% dei casi con chiusura prematura della mitrale si associa un primo tono :tssente o dolce e nel so% un rono atriale (l'atrio si contrae contro una valvola chiusa). E' interessante che l'indice cardiaco sia relativamente normale, il che significa che il


riempimento ventricolarc ad opera della contrazione atriale non è importante per il manrcmmcnto di una gettata efficace. ~entre il meccanismo della chiusura prematura della mirrale nella insufficienza aortica appare chiaro, quello nella insufficienza mitralica dominante appare molto meno chiaro, ma si può pensare che un arrio sn sovradistcso si ~vuoti così rapidamente che, quando il ventricolo raggiunge la sua piena capacità, occorre un'onda di rinculo che chiude la mitrale. Per quanto riguarda la chiusura prematura delia tricuspide notevole importanza deve avere il pericardio inestensibile attorno ad un ventricolo piuttosto dilatato che ipcrtrofico. MELCHIO;).'DA P., GwLLEAU- RAoux R., L.not:R H., CABAsso:-: l., RostN J. M., BAissus C., GILBERT M.: Diagnostic d~J blocs tronculair~.s lmu:ns por r~nr~gistrement endocavitair~ et la stimulation dt4 faisaau de His. Arch. Mal. Coeur, 1972, 45·

Pu~:cu

31 5- 335· I blocchi intrahissiani o tronculari, cioè che si instaurano nel tronco comune del fascio di His, impossibili a riconoscer~i con le registrnioni elettriche di superficie, ~no una realtà documentata a mezzo della registraz.ione endocavitaria dell'attivi::) elettrica del fascio di His. ~i sono raramente isolati, cioè dipendenti da una lesione anatomica unica c circoscritta, ma molto più fre<Juentemcnte la lesione anatomica sconfina nel tessuto specifico (blocco tronculare associato), sia soprahissiano (nodale il più ~pcsso) che infrahissiano (branche). Gli AA. riportano 17 casi di blocco hissiano documentaLi con la registrazione cndocavitaria del fascio di His in 95 malati con blocco atrio - ventricolare spontaneo; in essi 4 erano casi di lesione del tronco pura con complessi venrricolari di ampiezza normale e 13 con lesione associata di una branca. Viene fatta inoltre una particolareggiata discussione dei criteri per la loro diagnosi: r) potenziali hissiani di durata aumentata e di morfologia anormale, sia nelle lesioni isolate, cioè senza modificazione degli intervalli AH e VH, sia in quelle associate ad un blocco classico dì vario grado a monte ed a valle dell'onda H; 2) sdoppiamento del potenziale hissiano (onde Il 1 ed H2), nel quale si può instaurare un blocco dì I 0 grado, di 2° grado (periodi di Lucìani- Wenckebach o tipo Mobitz l, blocco 2, 1 tipo Mobitz Il), e di 3° grado; 3) potenziale hissiano normale e blocco sopra- c sotto- hissiano, rispettivamente fra A ed H e fra H e V (con complessi ,·emricolari di ampiezza normale e con complessi ventricolari ampi). La stimolazione del fascio di Hìs, anche se non facilmente realizzabile, è di notevole importanza per la diagnosi quando realizza le due condizioni seguenti: scomparsa del blocco atrio - ''entricolarc c nessuna modificaz.ione dei venrricologrammi. MELCHIONDA ECKBERC D. L., Ross J. Jr., MoRCAN J. R.: Acquir~d right bundl~-branch block and l~ft anterior h~miblock in ostium primum atrial septal deft:ct. - Circul., HfJl, 45,

6s8- 662. La deviazione assiale sn con blocco di branca destra ha grande valore per distinguere i paz-ienti con difetto del setto interatriale del tipo ostium primum (difetto incompleto dei cuscinetti cndocardici) da guelli con difetto del setto interatriale del tipo


ostium secundum. La deviazione aSl>iale fu ritenuta come effetto di una insufficienza mitralica associata con ipertrofia ventricolare sn ed il blocco come una anormalità congenita del sistema di conduzione. Gli AA. descrivono una donna di 44 anni con difetto del setro interatrialc del tipo ostium primum, nella quale l'ecg si modificava da un blocco atrio- ventricolare di 1° grado ad un blocco atrio - ventricolare variabile, associato con un blocco di branca destra ed un emiblocco anteriore sn; queste modmcazioni sono insorte fra i 38 ed i 41 anni, per cui gli AA. ritengono questo il primo caso riportato nella lenerarura in cui 1 tipici disturbi di conduzione si sono S\ iluppati in età adulta. Vi sono parecchie possibili spiegazioni per la progressione della malania nel tessuto di conduzione di questa p., che comprendono, da una parte situazioni anatomiche (la branca destra ed il fascio anteriore della branca sn sono vicini al margine del difetto dei cuscinetti endocardici, sono più sottili del fascio posteriore della branca sn e sono quindi più vulnerabili) e dall'altra parte situazioni emodinamiche (fibrosi endocardica cronica progressiva da stress emodinamico cronico determinato dalla turbolenza nella regione dd difetto). :'vfELCHIO!'DA

D. G., BoxERBAUM B., LIJ!BMAN J.: Long - tum prognosis of rheumatic fever patients rect'illing regular intramu.Jctdar benzathine penicillin. - Circul., 1972, 45, 543-551.

ToMPKI NS

La morbilità e la mortalità per febbre reumatica acuta sono mutate notevolmente in conseguenza di una inspiegata diminuzione della gravità e del numero di attacchi iniziali e di recidive ad opera di un .adeguato trattamento e di una adeguata profilassi an Listreptococc ica. Gli AA. hanno condotto uno studio sulla prognosi a distanza di ns giovani pp. reumatici che avevano praticato regolarmente la profilassi penicillinica intramuscQlare per almeno 5 anni (in media 9- 3 anni). mentre 57 pp. sono stati seguiti per IO anni e più. Dopo avere analizzato i dati clinici e di laboratorio durante l'episodio acuto (del resto simili a quelli di altri AA.), c riportato i dati doHa letteratura sull'argomento. gli AA. riportano i loro personali, daj quali risulta che nel 70% di 79 pp. con insufficiem.a mitralica acuta il soffio mitralico era scomparso da 4 giorni a 8-5 anni dopo b prima ascoltazione di esso, mentre iJ soffio della insufficienza aortica acuta è persistito nd 73%. Nessuno dei pp. che aveva eseguito una regolare profilassi penicillinic.1 aveva sviluppato una stenosi mitralica od aortica. Gli AA. concludono suggerendo che una profilassi regolare debba essere continuata per tutta l'età adulta per il fatto che: x) la febbre reumatica acuta non raramente occorre nell'età adulta; 2) la stenosi mitralica si sviluppa probabilmente solo dopo una febbre reumatica ricorrente regolare. M ~LCI IION[)A FoRTUn-; N. J., CRAtCE E.: On the mechanism of the Austin Flintxmurmur. 1972, 45> 558- 570.

Circul.,

Molte spiegazioni sono state date per il soffio descritto da Austin Flint nel x862 nei soggetti con insufficienza aortica. il quale postulò che i lembi mitralici erano forzaLi ad una posizione di chiusura durant.c la mesodiastole per effetto di una disten-


J02 sionc del vcmricolo ad opera del flusso anterogrado e di rigurgito, proponendo che il soffio occorreva in presistole quando l'atrio si contr:teva contro una mitrale pressoché chiusa. Gli AA. hanno voluto portare il loro contributo per delucidare ulteriormente J! meccanismo di produzione di questo soffio in rapporto alla posizione ed al movimento dd lembo anteriore ddla mitrale, eseguendo registrazioni simultanee fcgraficbe, ecocardiografiche ed apicocardiografiche in 15 pp. con insufficien1.a aortica e soffio di Flint, saggiando inoltre le modificazioni del soffio in seguito ad esercizio muscolare isometrico e ad inalazione di nitrito di amilc. Gli studi del mo' i mento val volare non sostengono la teoria che postula che il soffio di Flint sia dovuto alla ostruzione di afOus~o al ventricolo sn dci lembi portati in una posizione di semichiusura durante la diastole ad opera della corrente di rigurg i•o aorrico e nemmeno quella per la quale il soffio sia dovuto ad una stenosi relativa della mitralc causata da una \alvola di grandezza normnle e da una ampia cavità ventricolare. 'Kon è stata potuta confermare nemmeno la teoria per la quale, responsabile della com ponente presistolica del soffio possa essere il rigurgito mitralico diastolico solo quando la mitralc è aperta. Gli studi suddetti invece permetterebbero di affermare che il soffio di Austin flint è in realtà un rullio prodotto dal flusso anterogrado attraverso la mitrale che si genera dur:une la chiusura rapida della valvola quando la velocità di flusso sta aumentando benché il volume reale di esso possa stare diminuendo. M ELCH IONOA

SoMERVILLE

J., Boi'~IAM CARTER R. R.: T h( heart in lentiginosis. -

s- 66.

Brit. H eart J.,

r972, 34, 5

La leruiginosi può essere associata nei ban1bini con infantilismo somatico bassa statura cd anom:tlie cardiache. Dopo aver fatto una revisione della letteratura, gli AA. presentano 3 casi personali: due ragazzi, morti rispettivameme a 16 e 14 anni ed una bambina. In essi la diagnosi di lcntiginosi è stata confermat:t <!alla biopsia cutanea con la caratteristica di non essere in rapporto con la luce dcl sole e di risparmiare la faccia, ma non il palmo delle mani. L'esame autoptico ha confermato nei due ragazzi una cardiomiopatia ostruttiva ipcrtrofica, ma la diagnosi di cardiopatia era stata g ià fatta nel primo anno di vita 111 ba~>e ai soffi, alla cardiomegalia ed alla anormalità degli ecg. Interessante è notare che in questi pp. la prima diagnosi che si impone è di stenosi polmonare dovuta ad una stcnosi infundibolare da rigonfiamento del setto venlricolare. Secondo g li AA. vi sono due forme d i questa associazione, una modesta e lenta ndlo S\·iluppo ed una florida grave. Interessanti sono i pp. della prima forma, perché possono sopravvivere e procreare, creando quindi la familiarità della sindrome. Per quanto riguard::1 il rapporto fra lo sviluppo della cardiomiopatia ipertrofìc:t e la lcnriginosi, appare chiaro che molto probabilmente vi debbano essere due etiologie differenti, ma alcune ipotesi di unitarietà della forma morbosa sono state prospettate, come quella di un sovvertimento nello sviluppo delle cellule della cresta neuralc, oppure quella di un sovvertimento metabolico chimico od enzimatico che causerebbe d.1 una parte una pigmentazione eccessiva e dall'altra la ipertrofia del miocardio, o quella dello stretto collegamento della chimica della melanina con quella della noradrenalina che si troverebbe in eccesso nel miocardio dei pazienti con cardiomiopatia ostruttiv:t ipert.rofica. Naturalmente ogni teoria può essere molto criticata cd allo stato attuale delle nostre conoscenze il problema è ancora insoluto.


Gli AA. concludono con alcune considerazioni: 1) anzitutto non confondere la lentigino~i con la malattia di von Recklinghausen; 2) in ogni p. con lenrigino:.i e soffi cardiaci la cardiomiopatia è la prima diagnosi da essere considerata; 3) ogni p. con lentigino~i deve essere accuratamente studiato dal punto di vista cardiaco ad intervalli regolari, dato che nella forma più modesta l'interessamento cardiaco può non apparire per molto tempo e perfino un catarerismo cardiaco ds può risul tare in un primo tempo normale; 4) un accertamento cardiaco accurato dei pp. con lentiginosi può condurre al riconoscimento dei primi segni della m iop::nia ostrutliva, e contribuire così meglio alla conoscenza ed alla comprensione della patogenesi di questa complessa condizione. i\fELCH IO:OO.D.<\

J. B., FRin \'. U., PocoCK \V. A., BARLow J. B.: .\litra/ componcnts of thc first hcart sound. - Brit. H eart J., 1972, 34, t6o - t66.

!AKIER

A differenza che nel li tono, il numero delle componenti del I tono ed il loro meccanismo di produzione non è ancora bene chiarito. Si ammcue che il I tono sia formato da quattro componenti: 'ibrazioni iniziali a ba~sa frequenza udibili solo in alcuni casi, due vibrazioni maggiori a più alta frequenza udibili e vibrazioni residue a bassa frequenza mai udibili. 1l meccanismo delle vibrazioni inizialì è ~rato variamente spiegato, ma cenamente esse, che coincidono od occorrono subjto dopo l'onda Q dell'ecg simultaneo, debbono dipendere dalla contrazione atriale (componente atriale dd r tono), in quanto scompaiono con la fibrillazione atriale o con il ritmo nodale. Ancora disaccordo esiste sull'origine delle componenti maggiori; per alcuni esse sono di origine ventricolare, por altri di origine vaJvolare, ma anche in quest'ultima interpretazione discusso è ancora il rneccani~mo di produzione: apertura delle semi lunari per la 2a componente maggiore, chiu~ura della mitrale o della mitrale e della triscupide contemporaneamente ten~ione tlei lembi e delle corde della mitrale e della triscupide dopo la chiu~ura valvolare. Gl i AA., che sono convinti dell'origine valvolarc, hanno eseguito tracciati contemporanei della pressione atriale e ventricolare sinistre, della derivazione ccgrafica in D~ e del fcg esterno in 41 pp., di cui 36 affetti da malattia mitralica e sono \enuti nella conclusione che esiste una prima \'ibrazione a bassa frequenz.."l (M) che occorre vicino all'apice dell'onda R dell'ecg e pertanto dopo la cosiddena componente atriale ed una prima componente maggiore del f tono (M'). La componente M è causata dalla tensione dei lembi mitralici in quanto occorre nel punto di incrocio delle pressioni ventricolare ed atriale sinistro (punto PCO) e quindi nel momento di apposizione dei lembi mitralici e dell'inizio della contrazione isometrica ventricolarc ~n (chiusura della mitralc); la componente M' è data dalla tensione delle corde c dei lembi valvobri dopo che la mitrale si è chiusa c coincide con l'apice dell'onda atriale <<c'' (LAC), la cui grandezza è proporzionale all'intensità di M' e che è generata dal rigonfiamento dei lembi mitralici nell'atrio sn sotto la spinta della pressione vcntricolare sn. Gli AA. discutono poi i fattori capaci di modificare la componente \1' nella sua intensità c nella sua cronologia: disturbi del ritmo che alterano l'intervallo PR, velocità di ascesa della pressione \entricolare ~n. tutte quelle modificazioni patologiche e funzionali intrinseche dell'apparecchio mitralico che alterano la velocità di chiusura dei lembi, la pieghc,·olezza, la superficie dei lembi valvolari, lo spessore e la lunghezza delle corde tendinee (come avviene nei singoli vizi mitralici, soprattutto nella stenosi).


La ben nota misur:.tzionc fcgrafica dell'im. Q- I tono può essere così considerata come la misurazione dell'int. Q- M' (il che ~ lo stesso che int. Q- POC); questo intervallo può, a sua volta, essere ~uddiviso in altri due intervalli: int. Q - M (o Q- LA C) ed int. M-M' (o POC - LAC). E' la misurazione di questi intervalli pertanto e quella dell'altezza del LAC che possono contribuire nello stabilire la patologia e la funzione della mitrale. MELCH I ONPA


NOTIZIARIO

NOTIZIE MILITARI IJ9° Annuale della Fondazione del Corpo Sanitario Militare: 4 giugno 1972. In occasione del 1)9° Annuale della FondazioM del Corpo Sanit~rio Militare, 11 ,\ [inistro della Difua, on. RcstiVo, ha imitato al Dm:ttorc generale della Samt,ì .\1ilitare, Ten. Gen. medico dott. Lettcrio Dal Pra, il seguente messaggio: Oggi il Servizio della Sanit:t Militare celebra il IJ9° anniversario della sua costituzione. In questa ricorrenza particolarmente solenne rivolgo un commosso pcnsie.:o ai Caduti del benemerito Corpo nella certezza che il loro sacrificio sarà di sprone ed esempio a quanti oggi hanno l'onore di militare nei suoi ranghi. Le sarò grato se, in questa circostanza, vorrà far pervenire a tutto il per~onalc dipendente il mio cordiale beneaugurante saluto. Rr:sTJvo, Ministro Difesa.

Ordine del giorno all'Esercito.

Il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Genera/c di Corpo d'Armata, Francesco Meretl, ha emanato ti seguente ordine del gtorno: Ccntotn.:ntanovc an ni or sono nasceva il Serv·iz io di Sanità Militare. Con totale abnegazione c generoso sentimento di umana solidarietà esso ~ stato presente su tutti i campi di banaglia, 0' e ;1 prezzo di tanti sacrifici ~i è fatta e si è difesa l'Italia, ponando O\'unque il conforto della sua altissima miHione umanitaria e dividendo sempre con i reparti operanti la buona e l'avversa fortuna. Una Medaglia d'Oro, due d'Argento cd una di Bronzo concesse alla Bandiera <:: le numerose individuali al Valor Militare, attestano il suo nobile tributo di solidarietà umana, di valore c di sangue. Legittimameme fiero d'un passato in tutto degno delle migliori tradizioni dell'Esercito, il Servizio di Sanità rinnovi oggi la promessa di mantenersi fedele al suo ultrasecolare costume di abnegazione e sacrificio, nell'alta insostituibilc missione di studio, di scienza c di generosa fraternità. L'E~crcito tutto nell'odierna ricorrenza esprime con mc al personale del Servizio i suoi sentimenti di gratitudir1c c formula con affetto il suo più si ncero augurio d'ogni maggior fortuna. Roma, 4 giugno 1972.

Il Capo di S.M. dc/l'Eumto F. M EREU


Il Capo ùl Scrvi:::io di Sanità dr/l'Esercito, Ten. G~n. medico dott. ùgo Parenti, ha diramato ti seguente messaggio: Ufficiali, Sottufficiali, Accademisti, Soldati di Sanità. Tn occasione della ricorrenza del 139° Anniver5ario della Fondazione del Corpo sanitario militare dell'Esercito, sono spiritualmente vicino a tutti voi. rievocando i sacrifici, gli eroismi, i successi delle migliaia di Ufficiali medici e chimico- farmacisti, di Sottufficiali, di Graduati e di Soldati di Sanità, che hanno sempre tenuto alti i valori di scienza, di Patria c di umanità. La consegna da essi tramandataci di sempre ben corrispondere al nobilissimo compito al quale siamo preposti, quello di salvaguardare, in condizioni di pace e in condizioni di guerra, la salute e il benessere dei militari che il Paese affida alle nostre cure, è stata sempre gelosamente custodita. Nella nostra missione di sanitari addetti alle Forze Armate, il più ambito nostro patrimonio è costituito da quanto abbiamo saputo donare di noi per risanare gli ammalati, per lenire sofferenze, per migliorare l'educazione igienico - sanitaria della gioventù, per assicurare l'efficienza fisica e psicologica dei Reparti. Anche oggi questo nostro patrimonio rimane immenso! Conosco la vostra dedizione nell 'assolvimento dei faticosi doveri ed esorto tutti :t perseverare nello sforzo richiestoci ed aggravato dalle difficoltà del momento, derivanti dalla crisi dei Quadri che da tempo attraversiamo. ~di'esprimere la mia soddisfazione e la mia gratitudine a tutti, auguro al nostro Corpo Sanitario di rimanere all'altezza della tradizione, fedele all'Esercito e alla Patria. Roma, lì 4 giugno I972·

Il Capo del Servizio di Sanità dell'Esercito Ten. Gen. mcd. dott. U. PARENTI

Promozioni nel Corpo Sanitario Militare.

Da Ten. Colonnello a Colonnello medico in s.p.e.: $carnera Giuseppe Mura Antonio

L iverani Giacomo Macrl Natale

Da Maggiore a Ten. Colonnello medico in s.p.e.: Viretta Ottavio Caruso Enrico D'Agostino Francesco Bareggi Alessandro A tutti

Raudino Sebasùano Chiusano Antonino Riggio Pasquale

neo · promossi le più vive congratulazioni del nostro Giornale.


Onorificenza. Il Magg. Gen. mcd. dott. Angelo FARINA è stato insignito dal Signor Presidente della Repubblica, su proposta dell'an. ,\ 1inistro della Sanità, della ~1cdaglia d'Oro :1l 11 Merito della Sanilà Pubblica ».

Direttore responsabile: T en. Gen. Mcd. Dr. Uco PARI:.NTI Redattore capo: Magg. Geo. Mcd. Prof. C. ARGHIITU Autorizzazione del T ribunale di Roma al n. 944 del Registro TIPOGRAFI.-\ REGIO:"ALE - RO~IA •

1972



LUGLIO • AGOSTO 1972

ANNO 122° • FASC. 4n

GIORNALE DI

MEDICINA MILITARE PUBBLICAZIONE BIMESTRALE

DIREZIONE REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE V IA S . ST E FAN O ROTONDO , 4 • ROM A Spedi;done in abb. po\l. • Gruppo IV


GIORNALE

DI

MEDI C INA

MILITAR E

SOMMARIO

ScuRO L. A.: Anualità in tema di djagnosrica delle malattje del pancreas esocrino

JO<J

BENEDETI'l A., MERu G. A., Cc~I'ANTINI

F. E.: Risultati immediati ed a distanza dell'esportazione parziale dca rumori dell'acustico .

325

E.: r principi umanitari nelle (( Convenzioni di Gmcvra " c:d il loro valore giuridico •

332

REGINATO

Dr MARTISO M.: La rumorosità come problema di igiene ambientale . G. P.: Iperscnsibilità alla penicillina: comidcrazioni su 122 giovani sottoposti a inrradermoreazione .

344

CARBONI

352

RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

361

SOMMARI DI RIVISTE MEDICO- MILITARI.

36<)

NO TIZIARIO Notizie tecnico- scientifiche Storia dd ODT • La so~tanza M nella difc>;J anti · infettiva • Il 'mu nell"alimcnta:tionc : wo ecl abmo Gli effetti biolarmacolo~:ici del c~ffc (ome: si raggiUnge una buona Identificata una molecola attivi! contro l'invecchiamento Calvizie r efficienza fisica metabolismo degli androgeni Il cromo<oma Y $COmpare nei vecchi - In netta di<ccs.t la curva di frequenza dc:i trapianti cardi:ICt - &die moderne per paralitià - !\•<uefaz1unc alla nitroglicerina - Dteta speciale per evitare: rcctdtve di infarto dd m1ocard1o - l<otop> radioattivi per lo studio dell'immunità linfocitan.l - LI sindrome da leucoeiti pij.lri Nuovo antibiotico contro la gonorrea • B~ucri per <eoprart l'eroin.1 Isolato il [attore responsabile del!~ cachcs,ia ncoplasrica - li plattno nella lmta coorro i tumon - Vacct· nazione ami influenzale per a~rosol - Occhiali ultrasonici per i ciechi - Buchcnwald: tristi ncordi di un mcdicu.

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lUGLIO - AGOSTO 1972

ANNO 122- FASC. 4

GIORNALE DI MEDICINA MILITARE

ISTITUTO DI PATOLOGIA SPECIALE MEDICA DELL'UNIVERSITÀ DJ PADOVA SEDE DI VERONA Direttore: Prof. L. A. Se tiRO OSPEDALE MILITARE PRINCIPALE DI VERONA " MED. D'ORO - S. TEN . MED. G. A. DA LLA BONA ·• Direttore: Col. Med. Prof. A. M AsTRORILLl

ATTUALITÀ IN TEMA DI DIAGNOSTICA DELLE MALATTIE DEL PANCREAS ESOCRINO* Prof. L. A. Scuro

Prima di entrare nell'argomento specifico, ritengo utile qualche breve premessa che consenta di chiarire i motivi per i quali soltanto in questi anni si sono potuti compiere significativi progressi nell'ambito della diagnostica delle malattie del pancreas esocrino. La localizzazione e la configurazione anatomica di questo organo rendono ancor oggi estremamente difficoltosa la raccolta di dati diretti, soprattutto di ordine istolo~co. Assai problematico, specialmente perché non scevro di rischi, è l'impiego della biopsia pancreatica, che consentirebbe quella correlazione anatomo-cliruca, che è così fruttifera nel campo della epatologia, nella quale l'indagine bioptica viene ormai eseguita su larga scala con vantaggi pratici per il malato in ordine alla diagnosi ed alla terapia. Pienamente giustificato, quindi, è il fervore delle ricerche rivolte alla messa a punto di metodiche che consentano di valutare indir-ettamente le alterazioni morfologiche del pancreas e le alterazioni funzionali del settore esocrino. Poche parole mi siano consentite per quanto riguarda l'inquadramento nosografico delle pancreatiti acute e croniche. La classificazione attualmente accettata è quella del Congresso Internazionale di Marsiglia del 1%3, nel quale la patologia pancreatica esocnna ~ Confe renza tenu ta il giorno ~5 gennaio 1972 all'Ospedale Militare Principale di Verona, per il ciclo di aggiornamento 1971- 1972.


310

non neoplastica fu suddivisa in « pancreatite acuta», nelle varietà semplice ricorrente, ed in « pancreatite cronica>>, nelle varietà ricorrente cd indolore o ab initio. Per quest'ultima forma riterrei che LUla definizione migliore potrebbe essere quella dj « pancreatite cronica silente». Un rilievo critico ritengo vada fatto a proposito della distinzione fra pancreatite acuta ricorrente e pancreatite cronica ricorrente. Infatti, la differenza tra le due consisterebbe nel fatto che nei periodi intervallari ci sarebbe un recupero funzionale integrale, cioè presumibilmente anche anatomico, nella pancreatite acuta ricorrente, mentre nella forma cronica vi sarebbe sempre la possibilità di documentare il deficit funzionale del pancreas esocrino. Non avendo a disposizione il controllo istologico, in effetti tale distinzione può riuscire artificiosa, poiché non si può escludere che, anche nel caso di un recupero funzionale ottimo, in realtà non residuino condizioni di flogosi cronica latente. è

DIAGNOSTICA CLINICA DELLE PANCREA.TITI ACUTE E CRONICHE.

Gli elementi diagnostici essenziali sono riportati nelle tabelle l e 2, neìle quali accanto ai sintomi fondamentali sono riportati i principali fattori di ordine patogenetico. Qualche parola di commento meritano le << pancreatiti croniche». Si è già detto che esse possono presentarsi in forma recidivante ed in forma silente. Per quanto riguarda la prima, è da dire che nelle fasi di riacutizzazione la sintomatologia è sovrapponibile a quella già riferita per la pancreatite acuta. Nella fase di remissione possono aversi numerose evenienze, cioè silenzio clinico o presenza di una dispepsia senza caratteri specifici, accompagnantisi o meno ad intolleranza all'alcool o ad altri cibi, a deperimento moderato. La obiettività è solitamente negativa o può apprezzarsi una modesta dolorabilità dell'addome superiore; assai raro è il reperto di una massa palpabile all'epigastrico. Nella fase tardiva il quadro è quello della pancreatite cronica silente. Cioè assenza di dolore, m'areato ·dimagramento pur con appetito conservato, più evidente sindrome dispeptica con steatorrea; può anche comparire diabete mellito o ittero. Nelle forme croniche non è raro il rilievo di calcificazioni pancreatiche che aggiunte al diabete mellito ed alla steatorrea costituiscono una triade sintomatologica oltremodo significativa. DIAGNOSTICA DI LABORATORlO E STRUMENTALE

Poiché le indagini di laboratorio e strumentali occupano un posto preminente nella diagnostica delle pancreatiti, è su di esse che mi soffermerò più a lungo. Nelle tabelle III e /TI sono riportati i dati significativi rilevabili


3[[ TABELLA

DIAG~OSTICA CLINICA DELLA PANCREATITE ACUTA

Dati anamnestici indicativi (in particolare potus c affezioni biliari)

Patogenesi distensione della capsula pancreatica stravaso ematico pancreatico e retroperitoneale peritonite chimica ostruzione dei doni pancreattn alterata peristalsi duodenale e digiunale dolore plcurico

Dolore (98° ~ dei casi)

Vomito (65-90% dei casi) Shock (40-50°1c, dei casi)

ileo paralitico rigurgito in circolo di sostanze vasoattive origine tossica

Ipc:ncrmia (50°{, dei casi)

edema flogistico della testa pancreatica litiasi del coledoco papi !lite coledocite

Tttero (25% dei casi) . .

dolore, reaz1one periwneale

Ileo paralitico incostante c dominabile farmacologicamente Diabete (25°1c, dei casi) Aspetto molto sofferente

compromissione insulare ~ straYaso ematico di ongme pancrea-

. . ~ lombare (s. di Grcy-Turncr) ) Ecc h lffiOSI ombellicale (s. di Cullen) t

1

tica, alterazioni emocoagulati\·e, alterazioni vasomotorie

Distensione addominale (25% dci casi)

i leo paralitico

Dolorabilità epigastrica spiccata, senza rilevante rigidità dell'addome

reazione peritoneale

Massa epigastrica palpabile ( 10-20°{, dei casi)

formazione di pseudocisti

1


T .\BELL.\

11

DIAGNOSTICA C L! ICA DELLA PAl..;CREATITE CRONI CA

A ) Pancrcatite crontca ricorrente:

l. Fase acuta: pregrc:ssi episodi acuti di pancreatite Quadro =

pancreatitc: acuta (solitamente più attenuato)

2. Fase: di remissione: silenzio clinico

o dispepsia aspcci fica o/ e intOlleranza verso l'alcool o altri cibi o/c: deperimento moderato obiettività negati,·a

o modesta dolorabilità dell'addome sup. oj e massa pal pabile 3. Fase tardiva: Quadro =

pancrc:atite crontca indolore

BI Pancreatite cronica indolore.

assenza d i dolore marcato dimagramento (appetito conservato)

dispepsia steatorrea diabete mellito ittc:ro tardivo

••


TABELLA

DIAGNOSTICA Dl LABORATORIO E STRUMENTALE DELLA PANCREATITE ACUTA

Aumento di aminalisi

- Dati fortemente indicativi

siero, urine

lipasi

liquido plcurico,

fosfolipasi A

liquido peritoneale

(tripsina, cnimotripsina, carbossipcptidasi, DNAsi)

l

Addome in bianco: ansa ca sentinella:., segno del colon «escluso:.: esclusione di ulcera perforata c ù i occlusione X-torace: esclusione pleurite sx Scintigrafia: < mutismo:. scintigrafico

lpcrglicemia e ridotta casi) lpoc:~ lcemia

tollcranz:~

(10 e 25% dei

frequente non precocissima (60% dei

casi) Albuminuria frequente Aumento sierico di fosfatasi alcalina e LAP 2 - Dati aspecifici ef o incostanti

lperbilirubinemia (25% dei casi) Aumento sierico di enzimi non pancre:~tici Abnorme ritenzione della BFS Elevata attività antitrombinica ECG frequentemente alterato {tachicardia sinusale, alterata ri polarizzazione) Leucocitosi (60-100°~ dei casi) lpcrlipemia

1!1


TABELLA

DIAGNOSTICA DI LABORATORIO E STRUMENTALE DELLE PANCREATITT CRONICHE

A) Fase acu ca d ella p.c. ricorrente

Pancreati te acuta

8) Fasi di remiSS ione e tardiva della pancreatite cronica ricorrente; pancreacite cronica indolore.

Reperti stt:riCl cd urinari

Aumento dell'attività lipasica del siero Aumento dell'attività lipasica e amilasica delle u rine Aumenw dell'attività lipasica e amilasica del siero dopo stimolo con secreti na-pancreozimi n a (nel 36-50% )

Rcpt:rtt coprologici

Residui alimentar i macroscopici Residui alimentari mJcroscopJCJ Aumentata quantità di lipidi / 24 h Aumentata quantità di proteine/24 h Diminuita anività uiptica e chimotriptica

Prove di carico

l

l

incostante c comunque non oltre i 15 gg dalla fase acuta

Ridotta digestione dell'amido (starch test) Ridotta dig-estione della gelatina (prova di W est) Ridotta d igestione del lipiodol (prova di Trémo-

licm) Ridotta digestione dei g rassi neutri (olio di oliva

più vit. A) Aumento patologico della glicemia dopo carico orale di glucosio (nel 50°{, dei casi) Diminuzione dell'attività amilasica del siero dopo carico orale di glucosio (test glicoamilasemico) (? ) D iminuita produ zione dopo stimolo alimen tare od ormo nale d i:

Studio dd succo duodenale

-

succo bicarbonati elettroliti Enzimi proteolitici enzimi lipolitici enzimi amilolitici proteine

IV


nelle pancreatiti in fase acuta, nelle fasi di remissione tardiva della pancreatite cronica ricorrente e nella pancreatite cronica silente. Sotto il profilo della diagnostica strumentale il progresso degli ultimi anni è soprattutto consistito nella più precisa interpretazione di segni radiologici indiretti ottenibili con l'addome in bianco e nella utilizzazione, anche in fase acuta di malattia, della scintigrafia pancreatica.

Fig. 1.

T ra i primi merita par ticolare menzione il reperto della cosiddetta ansa a smtinella ( (( sentine! loop » ), ansa isolata del digiuno iperdistesa da gas a causa di ileo paralitico segmentario, secondario ad irritazione peritonea~e (fig. l ) e quello più raro di mancata distensione gassosa del colon trasverso a livello della flessura splcnica (c( colon cut-off » sign), che si ritiene dovuto


al diffondersi della flogosi pancreatica al ligamento frenocolico. Tali reperti indiretti acquistano un valore diagnostico decisivo se si associano alla presenza di calcificazion i evidenti in area pancreatica. Peraltro, queste ultime costituiscono un reperto eccezionale nella pancreatite acuta, mentre più frequente è il loro rilievo in caso di pancreatite ricorrente o di pancreatite cronica. Anche il contorno non definito dello psoas e il sollevamento dell'emidiaframma sinistro devono considerarsi segni suggestivi di flogosi pancreatica acuta.

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Fig. 2 .

L'utilità della X-grafia in bianco dell'addome deriva anche dal fatto che essa consente di escludere altre cause di addome acuto come l' ulcera perforata e l'occlusione intestinale, quadri dai quali la pancreatite acuta deve essere differenziata. Di notevole valor e, anche nella fase acuta, è la scintigrafia o la fotoscintigrafia del pancreas dopo sornministrazione di 75-Se-Metionina. L'a lterazione funzionale della cellula pancreatica comporta una deficitaria captazione del radionuclide, ciò che si traduce in un parziale o totale c mutismo ~ scintigrafico (fig. 2}. Al recupero anatomico e funziona le del viscere fa seguito la norm alizzazione scintigrafìca già e ntro poche settimane.


Pure nelle pancreatiti croniche la diagnostica si fonda in larga parte su dati di laboratorio e strumentali o quanto meno solo con essi è possibile documentare il sospetto clinico, che non può valersi di elementi sintomatologici ed obiettivi patognomonici. Per la definizione diagnostica delle fasi acute di una pancreatite cronica recidivante (« relapsing pancreatitis » degli AA. di lingua inglese), ci si avvale degli stessi mezzi appena ricordati a proposito della pancreatite acuta. Nelle fasi di remissione o tardive della pancreatite reci<iivante e nella pancreatite cronica decorsa subdolamente ( « painless chronic pancreatitis ») le armi diagnostiche sono diverse ed assai numerose. Un buon numero di queste si sono dimostrate in passato alquanto aleatorie e sono state abbandonate, altre sono state rimpiazzate da indagini più efficaci e altre infine aspettano ancora una più precisa definizione della loro reale validità. Riteniamo di soffermarci brevemente solo sulle prove funzionali che hanno dimostrato di meritare ampio rilievo nella diagnostica di laboratorio e strumentale delle pancreopatie (tab. Ili e IV). In primo luogo ricordiamo le indagini coprologiche. Indicazioni utili possono certamente trarsi, in casi di conclamata insufficienza pancreatica, anche dal semplice rilievo macroscopico di steatorrea, tuttavia più proficuo risulta l'esame microscopico delle (eci eseguito con gli opportuni accorgimenti ed interpretato alla luce degli altri dati clinici c di laboratorio (tipo di alimentazione, numero delle scariche, ecc.). L'abbondante quantità di grassi neutri e di altri residui alimentari come amido e fibre carnee, quando sia possibile escludere un malassorbimento, costituisce un reperto altamente suggestivo che va completato dal saggio chimico dei lipidi feca li escreti nelle 24 ore. Nel soggetto normale non vengono eliminati più di 6 g al dì. mentre nel pancreatitico cronico in fase <ii scompenso funzionale questa quantità viene largamente superata. Una ripresa funzionale pancreatica o la somministrazione di estratti pancreatici è in grado di correggere l'abnorme secrezione lipidica, fornendo così anche un ottimo criterio ex adiuvantibus. Recentemente è stato rivalutato anche nell'adulto il saggio degli enzimi proteolitici fecali, la cui metodica di determjnazione è stata semplificata e resa attendibile. Nelle pancreopatie croniche il titolo enzimatico fecale è francamente diminuito.

LE PROVE DA CARICO. Tra le prove da carico utilizzate ai fini diagnostici, sicura menzione merita lo starch test ossia la determi nazione della glicemia a vari intervalli di tempo dalla somministrazione di un carico di 100 g di amido specie se rapportato ad analoga curva glicemica dopo carico di 100 g di glucosio. Il fondamento fisiopatologico della prova è costituito dal fatto che in essenza di adeguate quantità di amilasi pancreatica, l'amido giunto in duodeno viene rapida-


mente degradato a glucosio, per cui la curva glicemica che ne consegue si sovrapponc a quella ottenuta con un carico glicidico equivalente. Nel pancreatitico si ha invece evidente dissociazione delle due curve (jig. 3). Althausen e Uyeyama hanno proposto di valutare lo starch test in base alla formula:

(P' - F') - (P -F) - -- - -- - - - x 100 P- F

STARCH TEST : COMPORTAMEN TO DELLA GLICEM IA DOPO CA RICO ORALE DI GlUCOSIO E DI AMIDO IN UN SOGGETTO NORMALE ED IN UN PA . Z IENTE AFFETTO DA PA NCREATITE CRONICA . .... L

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Fig. 3·

dove P' è la glicem ia massima dopo carico orale di glucosio e F' la corrispondente glicemia di base, P la glicemia massima dopo carico d'amido e F il rispettivo valore glicemico basale. Nel normale l'indice risulta inferiore a 70; si considera incerto tra 70 e 100 c francamente patologico oltre i 100. L'accordo tra questa prova ed i risultati dello stud io dell'aspirato duodenale mediante secretina-pancreozimina è piuttosto notevole. Utilizzando ambedue queste metodiche la attendibilità diagnostica supera il 90%. Di analogo significato fisiopatologico è la prova di West con carico rispettivamente di gelatina e glicina, che consente di evidenziare il deficit di attività proteolitica pancreatica. Altri tests similari, volti allo studio dell'attività lipolitica (carico di lipiodol secondo Trémolieres, carico di vit. A), sono oggi ormai eventualmente


sostituiti con tests radio-isotopici a base di trioleina e acido oleico marcato con P 3 t. In un primo tempo viene somministrata trìoleina marcata. Se la iodemia e la ioduria (espresse in cpm), previa saturazione iodica della tiroide, raggiungono un picco normale, la prova può considerarsi negativa: sta così a significare che non si è in presenza né di insufficienza pancreatica né di mal assorbimento. Se il test riesce invece positivo (bassa radio-attività plasmatica e urinaria) allora si fa seguire il carico con acido oleico marcato il quale può essere assunto direttamente dalla mucosa intestÌJ1ale senza prevenCOMPORTAMENTO DELLA AMILASI, LIPASI , TRIPSINA E CHIMOTRIPSINA NELL' ASPIRATO DUODENALE PRIMA E DOPO STIMOLO ORMONALE CON SECRETINA E PANCREOZIMINA (1uf kg .) c

c

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9000

900

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Chimotripsina

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O Soggeth d• controllo

8 . basate

5- P

Pancroopat•c • cron 1ct

dopo sii molo

Fig. 4·

tivo intervento pancreatico. Qualora ìodemia e ioduria risultino elevate se ne dedurrà che esiste deficitaria secrezione di lipasi pancreatica; se la radioattività ematica e urinaria risulteranno invece basse si potrà concludere in favore di una alterata funzione assorbente intestinale. Nonostante l'indubbia eleganza di questo test radioisotopico, va osservato che il saggio dei lipidi fecali resta ancor oggi il parametro più valido di steatorrea e quindi di effettiva insufficiente produzione pancreatica di lipasi. Un commento particolare meritano due prove che potremo definire di stimolazione: il cosiddetto serum provocative pancreozymin-secretin test e il test glicoamilasemico. Il primo consiste nel saggio della amilasemia dopo infusione endovenosa di secretina e pancreozimina. Quanto maggiore è la ascesa enzimatica nel siero tanto maggiore è considerata la quota indenne di


320

adenomeri ghiandolari e tanto più probabile è l'esistenza di ostruzione dei dotti escretori considerata esito di episodi pregressi di pancreatite. L'incremento sierico si osserva solo nel 50% dei casi, ma ciononostante la prova è ritenuta assai attendibile (fig. 4). Il secondo test, quello glicoamilasemico, merita anch'esso un breve cenno. Esso prevede la contemporanea valutazione de.lla glicemia e della amilasemia dopo carico orale di glucosio (si può dunque effettuare durante la esecuzione dello stesso starch test) che eserciterebbe un'azione ecbolica sull'acino pancreatico potenziandone la secrezione di amilasi. Sembra che dopo ~---- .. controlli

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Fig. 5·

carico glicidico nel soggetto normale il pancreas riversi maggiore quantità di amilasi nel succo ·duodenale, cui conseguirebbe, per maggior assorbimento dell'enzima, una curva arnilasemica pressappoco uguale a quella glicemica; nel pancreatitico cronico, invece, le curve glicemiche ed amilasemiche apparirebbero dissociate (fig. 5). Dalle osservazioni da noi fino ad ora raccolte e valutate statisticamente, non risulta tuttavia che questo test consenta di discriminare con steurezza il paziente pancreatico da quello normale. Peraltro, riteniamo indispensabile un ampl iamento caststtco, anche m considerazione del fatto che altri hanno recentemente ribadito l'utilità di questa prova.

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j2I L'ASPIRATO DUODENALE.

L'esame dell 'aspirato duodenale dopo stimolazione rappresenta uno dei più importanti progressi. La stimolazione può essere attuata con pasto adeguato (abitualmente quello di Lundh: latte scremato in polvere g. 15, olio vegetale g. 18, destrosio g. 40 e acqua calda fino a 300 mi) o con ormoni (secretina da sola o associata a pa11creozimina). Utilizzando il pasto di Lundh, metodica discutibile per studi fisiopatologici, ma più che soddisfacente ai fini diagnostici e pertanto utilizzata anche in importanti centri stranieri, abbiamo riscontrato nei pancreatitici cronici che il volume di secreto in 50 min. è in media il 30% di quello dei controlh

COMPORTAMENTO DEl VOlUMI . BICARBONATI ED ELETTROLITI NELL' ASPIRATO DUODENALE PRIMA E DOPO STIMOLO ORMONALE CON SECRETINA E PANCREOZIMINA (1ufkg.)

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Fig. 6.

(148 ml/50 min.) e che la tripsina espressa m mUjml è ne1 pancreatitici minore di 200 contro le 1000 dei normali. Con il test combinato secretina-pancreozimina, adatto anche a più fini indagini fisiologiche, la determinazione dei volumi, dei bicarbonati e degli elettroliti può risultare più precisa ed integrare perciò utilmente il dato enzimatico. Non solo la differenza tra normali e pancreopatici cronici risulta significativa (fig. 6), ma si possono distinguere vari tipi « qualitativi » di insufficienza pancreatica e ciò in accordo con la classificazione già proposta da Dreiling e Janowitz. E' da segnalare che solo lo studio dell'aspirato duodenale consente di accertare in modo diretto un'insufficienza funzionale del pancreas anche se non conclamata e ancora non in grado di alterare significativamente la digestione degli alimenti.


Nello studio delle pancreopatie croniche altri dati di grande valore sono forn iti dalle indagini radiologichc c da quelle scimigrafichc. Tra le prime, da ricordare nuovamente l'addome in bianco per la ricerca di calcificazioni pancreatiche (fig . 7), la radiografia dell'apparato digereme (deformazioni della « C~ duodenale, segno del 3 rovesciato di Frostberg, impronte sullo stomaco e sul colon), il clisma opaco (impron ta sull 'angolo colico di sinistra) il retropneumoperitoneo (ingran dimento dd viscere, pscudocisti, impronta su organi limitrofi), la colecistocolangiografia (litiasi biliare, patologia coledo-

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Fig. 7·

cica), la splenoportografia (compressione, ostruzlonc, deformazione della vena splenica), la duodenografia ipotonica. Quest'u ltima recente indagine si fonda sull a somministrazione di un anticolinergico e successiva installazione diretta nel duodeno del m ezzo di contrasto mediante apposito sondino, il quale consente pure dì ottenere una distensione delle anse duodenali sì da rendere evidenti anche minime irregolarità della mucosa parietale (rettificazione della parete postero-medialc, intaccarure parietali a c denti di sega ~ ) . L'angiografia fornisce anch'essa preziose informazioni circa la situazione pancrcatica; è soprattutto possibile, come risulta pure da esperienze personali , distinguere le affezioni infiammatorie del pancreas da quelle neoplastiche.


Altra metodica utilmente impiegata è la Wirsung-grafia, mediante la quale possono compiersi rilievi circa il calibro e la pervietà del sistema escretore pancreatico. Questa indagine si esegue più sovente nel corso dell'intervento chirurgico previa duodenotomia. E ' possibile attenerla talora in corso di colecistocolangiografia previa induzione di spasmo oddiano con morfina; del tutto recentemente è stata eseguita con successo per via endosco-

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.. Fig. 8.

piea mediante impiego di fibroduod enoscopio. Quest'ultima tecnica, piuttosto indaginosa, sembra però offrire in mani esperte risultati assai incoraggianti. Poco seguito, invece, ha avuto il tentativo di ottenere la opacizzazione diretta del pancreas mediante eritrosina B, la quale risulta avere il grave inconveniente della fotoscnsibilizzazione.

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Di grande utilità invece, l'indagine scintigrafica, specie se effettuata con i più moderni scintillografi, che procedono all'automatica sottrazione elettronica dello scanner epatico. Si può in tal modo evidenziare carenza e/o disomogenea captazione del tracciante (fig. 8) o presenza di difetti circoscritti di captazione o completa assenza di « immagine ) pancreatica. Il reperto scintigrafico può essere correttamente interpretato nell'BO% dei casi. Riteniamo opportuno segnalare, a questo riguardo, che non sembra necessario ricorrere alla somministrazione preventiva di un pasto ad alto tenore proteico, come si usa correntemente. lnfatti, occorre considerare da un Jato che le differenze di risultati non appaiono significative e dall'altro che questo pasto non è esente da inconvenienti specie nel pancreatitico acuto che è tenuto ad osservare un rigoroso digiuno.

Concludendo, possiamo dire che per quanto attiene alla diagnostica di laboratorio e strumentale delle pancreopatie, gli ultimi due decenni sono risultati assai proficui. Nella pancreatite acuta siamo ormai in grado di interpretare con precisione i dati enzimologici e possiamo pervenire alla distinzione, importan te anche ai fini terapeutici, tra semplice edema e necrosi della ghiandola pancreatica. Inoltre, la contemporanea utilizzazione della scintigrafia pancreatica consente di ottenere un ulteriore elemento diagnostico a convalida dei risultati enzimometrici e di quel li radiologici. Nelle pancreopatie croniche deve ancor oggi riconoscersi il valore delle indagini coprologiche con particolare riguardo al saggio dci lipìdi fecali escreti nelle 24 ore. Indubbio interesse presentano alcune prove da carico tra le quali il cosiddetto starch-test o prova da carico di amido, il test di assorbimento con trioleina e acido oleico marcati, l'amilasemia dopo stimolazione ormonale (serum provocative pancreozymin-sccrctin test). Importanza preminente hanno però giustamente assunto lo studio dell'aspirato duodenale, con il saggio dei volumi, bicarbonati, elettroliti, enzimi dopo stimolo alimentare (pasto di Lundh) od ormonale (secretina e pancreozimina) c le numerose indagini radiologichc e scintigrafiche. E' certo che i risultati forniti da questi mezzi di laboratorio e strumentali, specie se Ì-nterpretati nel loro complesso e nel contesto del quadro clinico, consentono di pervenire oggi alla diagnosi di pancrcatite acuta o cronica con maggior frequenza e sicurezza rispetto al passato.

Per la bibliografia si rinvia :~Ila recente pubblicazione: Sct. RO L.A., DosRILLA G., CAVALLINI G., ANGE.LINJ G.P., VANTt:-·a 1.: Ree. Progr. Mcd. 51, 171, 1971.

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OSPEDALE MILITARE DI PADOVA Direttore: Col. Med. G. M.AI.LrO ISTITUTO DI NEUROCHIRURG IA DELL'Ul'\IVERSJTA DI PADOVA Dirctto:rc : Pror. P . FRt:GONI

RISULTATI IMMEDIATI ED A DISTANZA DELL'ASPORTAZIONE PARZIALE DEI TUMORI D E LL 'AC USTI C O A. Benedetti

G. A. Merli

F. E. Costantini

Se l'exeresi completa d'un neurinoma dell'acustico rappresenta l'intervento d'elezione, l'asportazione parziale costituisce, in determinate condizioni, un tipo d 'intervento che può trovare alcune favorevoli indicazioni. A questo proposito, tuttavia, l'opinione di molti Autori è discordante poiché, mentre alcuni (McKcnzie ed Alexander) considerano l'asportazione parziale l'intervento d'elezione in pazienti d'età avanzata, altri (H orrax) lo definiscono un ripiego imposto unicamente da «circostanze eccezionali» verificatesi in corso di intervento. Senza voler prendere una precisa posizione su tale argomento, desideriamo, in questa nota, riferire i risultati dei soli interventi di asportazione parziale di un neurinom a dell'acustico analizzando, in particolare, da un lato le condizioni che possono aver suggerito o giustificato tale tipo di asportazione e, dall'altro, verificare l'incidenza e la precocità della recidiva e, soprattutto, le condizioni di sopravvivenza di questi malati. La nostra casistica comprende 57 pazienti sottoposti ad asportazione incompleta di neurinoma dell'acustico presso l'Istituto di Neurochirurgia dell'Università di Padova in un arco di tempo compreso tra il settembre 195 l ed il maggio 1967 ; nello stesso periodo, altri 88 pazienti (cioè il 61 % delle exeresi) furono sottoposti ad asportazione com pleta del tumore. In 28 casi l'asportazione fu molto generosa, essendosi lasciata in situ solo una piccola porzione di capsula aderente al tronco; nei rimanenti 29, l'asportazione fu più limitata. Quattordici pazienti (e, fra questi, 10 con asportazione più limitata), venn ero a morte nell'immediato decorso postopcratorio, determinando una mortalità del 24%. Tre di essi, riopcrati poche ore dopo il primo intervento per ematom a del focolaio, non si ripresero e vennero a morte; le condizioni degli altri I l pegg]orarono dopo l'intervento fino all'exitus. L'esame autoptico, che


si poté eseguire in soli 6 casi, dimostrò in 3 un infarto del ponte ed in 3 una broncopolmonite. La porzione di tumore rimasta « in situ » variava circa da un terzo ad un quarto del volume totale ed era in tutti i casi aderente al tronco encefalico. Dei 43 pazienti sopravvissuti, 6 morirono a distanza di 1-4 anni dall'intervento con una sindrome d'ipertensione endocranica (3 casi), per infarto miocardico (2 casi) e in seguito a reintervento operatorio per cisti liquorale extracerebellare (l caso). Dci rimanenti 37 pazienti, gran parte (22) è stata direttamente controllata presso l'ambulatorio dell'Istituto, minor parte (5) ci ha fornito esaurienti notizie per lettera, mentre 10 non sono stati rintracciati. Cinque pazienti furono rioperati dopo il primo intervento: 3 per recidiva neoplastica, l per infezione secondaria della ferita ed l per cisti liquorale extra-cerebellare. Più dettagliatamente: - una paziente fu riopcrata a distanza di 3 anni dal primo intervento: le [u riscontrata una piccola raccolta liquorale extracerebellarc cd una recidiva neoplastica che fu asportata; questa paziente è vivente a 6 anni di distanza dal secondo intervento e presenta una capacità lavorativa completa; - un altro paziente fu riopcrato a distanza di tre anni c gli fu asportato il tumore residuo: dopo questo secondo intervento il risultato non fu buono poiché insorsero gravi disturbi dell'equilibrio ed ora il paziente è completamente invalido;

- un terzo paziente fu rioperato, dopo due anni, di asportazione del tumore residuo e di svuotamento di una cisti liquorale extra-cerebellare: anche questo risultato non fu favorevole poiché, attualmente, il paziente è completamente invalido; - un quarto paziente fu sottoposto a rcintervento per infezione secondaria della ferita a distanza di tre mesi dalla prima operazione ed ora ha una capacità lavorativa dellO<fJo ; - il quinto paziente, infine, che presentava gravi disturbi dell'equilibrio ed un lembo cutaneo molto teso, fu sottoposto a reintervento a distanza di cinque mesi: fu svuotata una voluminosa cisti liquorale senza ottenere alcuna regressione della sintomatologia ed il paziente venne a morte 2 anni più tardi. Volendo esprimere in termini di capacità lavo1'ativa (C.L.) la efficienza fisica c psichica dei malati controllati, possiamo dire che 16 di essi (43'%) presentano una C. L. del 100% (rientra in questo gruppo una paziente che, operata per recidiva neoplastica dopo 3 anni, sta bene a distanza di 9 anni dal primo intervento); 5 (13 /o- presentano una C.L. del 70-80% ; 4 presentano una C. L. gravemente ridotta e, infine, 2 sono -completamente invalidi. Dei 27 pazienti controllati, 14 sono viventi 5-15 anni dopo l'intervento e, 13, 3-5 anni dopo. Va segnalato che 7 pazienti presentano una C.L. del 100%

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a 10 anni dall'intervento e che hanno una C.L. egualmente completa una paziente operata da 15 anni, un altro da 14 ed un altro da 13. In 5 dei 22 pazienti controllati direttamente, la funzionalità ·del faccia le era normale ed in un altro il deficit era di lieve grado. E' noto che l'intervento di asportazione parziale dei tumori dell'acustico è gravato da una mortalità operatoria più elevata di quello di asportazione totale (Olivecrona, Horrax, Pennybacker e Cairns, Northfield, ecc.) e ciò è stato riscontrato anche nei nostri pazienti fra i quali la mortalità operatoria delle asportazioni parziali è del 24% mentre quella delle totali è del 171%. Le varie cause di questa differenza di risultati sono, dai vari AA., sintetizzate nelle tre seguenti: l) i pazienti sottoposti ad asportazione parziale si presentano in condizioni complessivamente meno favorevoli a causa dello stato generale, dell'età, delle dimensioni e dei rapporti che contrae il tumore; 2) spesso, dopo l'asportazione incompleta, si ha persistenza ·del blocco liquorale a causa ·della mancata rimozione di quella porzione di tumore impegnata nel forarne di Pacchioni od in quello occipitale; 3) l'exeresi parziale rappresenta spesso un ripiego al quale il chirurgo si adatta in seguito alla comparsa di complicazione intraoperatorie. Un'altra causa di mortalità operatoria che viene frequentemente riferita nella letteratura, e che anche noi abbiamo avuto occasione di riscontrare in 3 casi, è costituita dall'ematoma postoperatorio del focolaio, più facile a verificarsi nell'esportazione parziale che nella totale. Un argomento molto importante che ha sempre giocato un notevole ruolo nell'indurre il chirurgo a perseguire l'asportazione totale è rappresentato dalla recidiva neoplastica. A questo proposito, nei nostri pazienti ne abbiamo osservato tre casi, verificatisi a distanza varia da 2 a 3 anni dal primo intervento; di questi tre pazienti, al reintervento, due si rivelarono portatori anche di una raccolta liquorale extra-cerebellare. Ques(a osservazione c'indurrebbe a considerare due tipi di recidiva : a) una recidiva neoplastica vera e propria, determinata da una rapida proliferazione del tessuto eteroplastica; b) una recidiva, per così dire sintomatologica, legata eminentemente ad alterato circolo liquorale sostenuto da formazioni cistiche per la cui eziopatogenesi vengono invocati diversi fattori (iper- albuminorrachia, reazioni flogistiche aspecifiche, ecc.). Per quanto concerne la funzionalità del facciale, è da sottolineare come l'asportazione incompleta no.n consenta di ottenere risultati sostanzialmente migliori dell'asportazione totale. Realizzata per la prima volta con successo


da Cairns nel 1931 e ricercata sistematicamente da vari Autori e, fra questi, in particolare da Olivecrona, la conservazione del facciale ha sempre costituito uno spinoso problema per la cui risoluzione recentemente sono state proposte nuove tecniche miranti a preservarnc l'integrità anche in corso di asportazione totale. Due tra le tecniche più note sono la translabirintica di House c la transmeatale di Rand e Kurze, che contemplano entrambe l'impiego di sistemi d'ingrandimento ottico. Senza esprimere alcun giudizio in merito ad esse, ci limitiamo a sottolineare come i tumori asportati con tali tecniche fossero, dalla descrizione degli Autori, in genere di dimensioni piuttosto contenute. E' verosimile che in queste condizioni si siano ottenuti ottimi risultati: in questi casi, però, il problema non dipende più dalla sola tecnica, ma ripropone la preminente importanza della diagnosi precoce con conseguente possibilità di aggredire un tumore di dimensioni modeste. Per quanto concerne i nostri pazienti, il nervo facciale è stato individuato e preservato nei casi nei quali il tumore era di medie dimensioni, cioè in 5 dci pazienti controllati direttamente. Il risultato, complessivamente insoddisfacente, è verosimilmente da imputarsi a quattro fattori: l) uno di ordine psicologico, costituito dal fatto che il chirurgo, quasi sempre partito con il programma di un'exeresi totale, era già disposto, quasi a priori, a sacrificare il facciale; 2) uno di ordine tecnico, cioè al mancato impiego di mezzi di ingrandimento ottico; 3) uno di ordine funzionale, in quanto la mimica facciale era già compromessa, prima dell'intervento, in modo cospicuo in 5 casi e, in forma più lieve, in 13 altri; 4) infine, uno di ordine anatomico, rappresentato dalle dimensioni costantemente cospicue del tumore. Né è la sola funzionalità del facciale a dipendere dalle dimensioni del tumore, ma il risultato complessivo della chirurgia dell'ottavo nervo cranico: tale asserto, recentemente ribadito da Olivecrona, ha condizionato anche i risultati ottenuti nei nostri pazienti nei quali, come detto, il tumore era di cospicue dimensioni nella maggioranza dei casi. I n particolare, dei 32 casi di cui esistono nei referti operatori dati riguardanti il volume, l O (31 %) erano di dimensioni molto notevoli, 18 (56% ) erano di dimensioni medie c solo 4 di dimensioni relativamente modeste ma sempre superiori a quelle di una noce. Inoltre, nel1'86% delle ventricolografie praticate fu riscontrato marcato idrocefalo. Il metodo col quale abbiamo giudicato i nostri risultati è rappresentato, come detto, dalla capacità lavorativa dei pazienti. In essi, la durata del periodo di ripresa funzionale è stata varia cd il fattore più importante che l'ha condizionata è stato l'età del paziente, avendo dimostrato i soggetti più giovani una capacità ·di ripresa nettamente superiore rispetto ai più vecchi.

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E' stato affermato da tutti gli Autori ed è unanimamente accettato che l'asportazione totale sia da preferirsi alla parziale in considerazione di una minore mortalità operatoria, d'un più completo rccupero sociale, d'una più lunga sopravvivenza dci malati c, in sostanza, per la possibilità d'ottenere risultati definitivi. Se tale affermazione va accettata come un postulato, deve essere completata aggiungendo che esistono condizioni nelle quali l'asportazione paiZiale trova indicazione. T ali condizioni sono:

a) pazienti di oltre 60 aa. d'età, in precarie condizioni preoperatorie, per i quali una sopravvivenza di alcuni anni in condizioni di vita accettabili è già da considerarsi un risultato soddisfacente e nei quali, invece, l'asportazione totale può provocare una devascolarizzazione del tronco con conseguenti gravi disturbi neurologici; b) tumori cistici nei quali il tessuto neoplastico solido costituisce una piccola parte della massa, localizzato entro il forarne acustico interno o intimamente aderente al gruppo inferiore dei nervi cranici <:d al tronco; c) lesioni di particolare gravità per le dimensioni ed i rapporti che contraggono con le strutture vicine. Nelle tre condizioni sovraesposte, l'asportazione parziale offre buone possibilità di successo, specialmente nei casi nei quali sia stata programmata fin dall'inizio, come suggerito da Olivecrona, e non abbia costituito un forzato e troppo tardivo ripiego in corso d' intervento guando erano falliti i tentativi di asportazione totale ed erano già comparse serie complicanze. Per quanto concerne l'attuazione di un'exercsi parziale programmata fin dall'inizio, bisogna dire che se questo atteggiamento può apparire criticabile da un punto di vista chirurgico per la possibilità d'una recidiva, specialmente in soggetti più giovani, dai dati che abbiamo raccolto risulta che, qualora l'asportazione sia stata generosa, l'eventualità c l'epoca di comparsa di una tale evenienza sono piuttosto lontane. Pertanto ci sembra che l'asportazione parziale non debba essere un intervento da considerarsi esclusivamente in termini di ripiego ma come una buona «chance» che il chirurgo ha a sua disposizione e che, considerato lo stato dci pazienti al momento dell'intervento, dà risultati complessivamente soddisfacenti, soprattutto in rapporto alle buone condizioni di sopravvivenza <lei malati. A questo punto ricordiamo ancora che 7 dei nostri operati presentavano una capacità lavorativa del l(){Pfo a 10 anni dall'intervento e, oltre a questi, avevano una capacità lavorativa completa una paziente operata da 15 aa., un'altra da 14 ed un altro da 13 aa. Riallacciandoci ora alla proposta avanzata da Frugoni nel 195 7 circa l'opportunità di limitarsi ad interventi di asportazione parziale in determinati pazienti, dopo aver rivisto a distanza di più di l O anni la casistica del nostro


Istituto, crediamo di poter affermare che se l'asportazione totale è l'intervento che assicura i migliori risultati, l'asportazione parziale trova indicazione in particolari casi nei quali può dare buoni risultati anche a distanza di molti anni. RIASSUNTO. - Vengono riferiti i ri~ultati immediati ed a distanza ottenuti 10 57 pazienti operati di asportazione parziale di neurinoma deLl'acustico. La mortalità operatoria è stata di 14 pazienti mentre alrri 6 sono morti a distanz<t varia da l a 4 anni dall'intervento con segni d'ipertensione endocranica o per ca use extracerebrali. Tre pazienti sono stati rioperati per recidiva neoplastica, a distanza di 2 e 3 anni dal primo intervento. Dei pazie1ui controllati direttamente da noi, il 43° 0 presenta una capacità lavorativa del 100/'0 ; il 13% presenta una capacità lavorativa buona mentre i restanti malati sono gravemente o totalmente invaliJi ad una distanza d::dl'intervento varia Ja 3 a 15 aa. Dal controllo dei nostri pazienti si può dedurre che l'asportazione parziale può trovare indicazione in pazienti di oltre 60 aa. di età i n precarie conJizioni preoperatorie, in tumori cistici e in lesioni di particolare gravità e dimensioni e, in tali casi, i risultati ottenuti sono complessivamente soddisfacenti, soprattutlO in consic.lcrazione delle buone condizioni di sopravvivenza dei malati.

RtsuMÉ. - On rapporte Ics résultats immédiats er à longueur de temps obténus sur 57 malades opérés d'extirpation partielle de neurinome de l'acoustique. La mortalité opératoire a été de 14 malades alors que six autres sont mons après un intervalle dc temps variant de l à 4 ans après ropération avcc un syndrome d'hypertension endocranienne ou pour des causes extracérébrales. Trois malades ont été opérés de nouvcau pour récidive nécJplastique 2 et 3 ans après la première opération. Des malades, que nous avons controlé~ directernent, le 43°1<- présente une capacité de travail du 100 ; le 13 " préseme une capacité de travail excelleote alors oue le restc des malades est gravement ou totalement invalide après un intervallc variant dc 3 à 15 ans. D'après le controle de nos malades on peut déduire q ue l'cxtirpation particllc peut etre indiquée pour des malades de plus dc 60 ans qui sont en précaires condirions préopératoires, dans des tumcurs kisti~ues et dans des lésions dc particulièrc g ravité et dimcnsions et, dans ccs cas, Ics résultats obtcnus sont dans l'enscmble satisfaisants, surtout en considération des bonncs conditions de survivance des malades mèmes.

• SuMMARY. The immediate and long term results obtained in 57 paticnts operated on for partial extirpation of acustic tumor are as follows. Mortality in the operating theatre was 14 patients, while 6 others died at varying postoperati,•e intervals of l to 4 years showing signs of endocranial hy pcrtcnsion or extraccrebral causcs. Thrce patienrs were reoperated on (or neoplastic re lapsc 2 and 3 ycars post· operativcly. Of the pat;cnts direcdy under our contro! 43°.{, have shown 100°/, ability to return to work; 13% show a good ability to return to work, ''h ile the remaining patients were severcly or totally disabled 3 to 15 years postoperatively.


Experiencc with our patients has shown that partial extirpation may be indicated in patients aver 60 ycars of age with precarious preoperative cond!tions, in cysric rumors, and in lesions of particuJar gravity and dimensions, and in such cases the results obtained are o n the-w hole satisfactory, particularly when considering the good condition of surviving paùnts.

BIBLIOGRAFIA DRAKE C.G.: cc Surgical treatment of a coustic neuroma with preservation or reconstitution of the facial nerve »,f. Neurosurg. 25: 459, 1967. FRUGONI P.: «Chirurgia del nervo acustico», Mi11enta Neurochirur., l: 86, 1957. HoRRAX G., OuvECRONA H., PENNYBACKER J.B. and CAIRNS H., NoRTHFIELD D.W.C.: « Symposium on the resu lts of operations on acoustic neuromas », f. Neurol. Neurosurg. Psychiat., 13: 268, 1950. HousE W.F.: « Transtemporal bone microsurgical rcmoval of acoustic neuroma », Arch. Otolaring., 80: 597, 1964. Mc KENZIE K.G. and ALEXANDER E.: « Acoustic Neuroma », Cl. Neurosurg., 2: 21, 1955. Meeting on « Acoustic tumors », Proceed. Roya/ Soc. Med., 58: 1071, 1965. Section of Otology. Ot.IVECRONA H.: «Acoustic tumors», f. Neurosurg., 25: 6, 1967. RAND R.W. and KuRZE T.L.: « Facial nerve preservation by posterior fossa transmeatal microdissection in total remava! of acoustic tumours », f. N euro/. Neurosurg. Psychiat., 28: 311, 1965. RAND R. W. and KuRZE T.L.: « Preservation of vestibular, cochlear and facial nerves during microsurgical rcrnoval of acoustic tumors », f. Neu1·osurg., 28: 1'58, 1968.


DIREZ IONE GENERALE SANlTÀ MILITARE

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COLLEGIO MEDICO- LEGALE

Presidente: Ten. Geo. Md. Prof. L. lha.To:-.r

I PRINCIPI UMANITARI NELLE « CONVENZIONI DI GINEVRA » ED IL LORO VALORE GIURIDICO * Col. Med. P rof. Enrico Reginato

Le Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 costituiscono la più re,çente codificazione dei principi umanitari che devono essere osservati anche in caso di conflitto. Esse formano un monumento giuridico comprendente oltre 400 articoli. I principi umanitari comandano di rispettare la vita e l'integrità della persona umana anche di fronte ad un principio di necessità - lo stato di guerra - che giustifica il ricorso alla violenza. La combinazione di questi due principi contrastanti dà come risultante il « diritto umanitario • il quale impone che l'integrità della persona umana sia rispettata nella misura compatibile con le esigenze militari. Il principio del diritto umanitario è dunque un rapporto di proporzionalità. L'uomo deve essere risparmiato, qualunque sia il conflitto nel quale è coinvolto, ma non potrà esserlo che in una certa misura. E' logico che uno stato in guerra non abbia che un obiettivo: vincere; e per vincere non resti che distruggere o indebolire il potenziale bellico del nemico che è costituito da uomini c materiale, ma anche nel perseguire questo fine, non dovrà essere fatto al nemico più m ale di quanto lo esigano le necessità della guerra. Questi principi trovano il loro corpo giuridico nelle 4 convenzioni: - la prima e la seconda sono intese a migliorare la sorte dei feriti e malati delle FF.AA. in campagna e sul mare; - la terza riguarda il trattamento dei prigionieri di guerra; - la quarta è relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra. Noi non possiamo, in questa sede, che dare uno sguardo a questi statuti: va da sé che soltanlo una lettura attcnza delle convenzioni potrà portare ad una conoscenza completa e dettagliata di esse. Ricorderemo solo le disposi• Conferenza tenuta ai frequentatori del Corso di speci:~lizzazione in Medicina Acronautic:l e Spazialc.


333 zioni fondamentali insistendo su qualche questione sia perché la loro importanza dottrinale richiede un commento, sia perché l'esperienza posteriore alla firma delle convenzioni ha posto problemi di interpretazioni o ne ha fatto risaltare l 'insufficienza. Le guerre, si sa, sono vecchie quanto l'umanità c sempre furono accompagnate da un triste corteo di crudeltà e di violenze; un rapido sguardo attraverso i secoli basterà a convincere che anche i principi umanitari sono vecchi quanto l'umanità. Essi trovano le loro origini nella coscienza degli uomini e dei popoli, derivando da un diritto naturale comune a tutti. Il rispetto, ad esempio, per i soldati morti in combattimento lo troviamo dai tempi più remoti della storia: la stessa espressione ormai famosa delle fin donne di Solferino che curarono senza distinzione italiani, francesi e austriaci « Sono tutti fratelli :l), trova riscontro, molti secoli prima, nella frase degli storici latini << Hostes dum vulnarati, fratres » . Nel medio evo, l'ordine dei Cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme, divenuto poi il Sovrano Militare Ordine di Malta, fu un vero anticipatore del movimento moderno della Croce Rossa, essendosi dedicato, fin dalle origini, alla cura dei malati c feriti. Gli statuti dell'Ordine furcr10 stesi a Roma nel 1113. Lo stesso Saladino il Grande - vincitore sui crociati nel 1187 - autorizzò i cavalieri a curare i feriti dell'Armata Cristiana. Questa abitudine cavalleresca non manca di riscontro in altri popoli di alte ci,·iltà c la troviamo, ad esempio; nel codice d'onore militare dell'antico Giappone. Nel XVI secolo vennero stipulati tra i vari belligeranti, in Europa, un numero assai grande di Convenzioni o «cartelli » per lo scambio e riscatto dei prigionieri; in alcuni di questi accordi è specificatamente detto che i feriti e i malati non dovranno essere considerati prigionieri di guerra, m a dovranno essere curati e, una volta guariti, rinviati con salvacondotto ai paesi di appartenenza senza distinzione tra coloro che potrebbero o no riprendere le armi. Modello storico di queste clausole umanitarie è il trattato di capitolazione tra la città di Tournais e Alessandro Farnese, datato 30 novembre 158l. Ben più sovente troviamo però nella storia esempi di prigionieri passati a fil di spada, a meno che non fossero in grado di pagare un forte riscatto. Un primo passo verso l'affermazione del concetto di neutralità della m edicina lo si trova nel reciproco impegno di rispettare le ambulanze c i feriti contratto fra il conte di Asfeld c l'elettore del Brandemburgo nel 16 l e in quel lo contratto fra il maresciallo di Noaillcs e il conte di Stair nel 1743 durante la guerra di successione d'Austria. Sia questi sia altri che seguirono furono accordi particolari - senza domani - nessuno pensava allora a generalizzarne il principio.


334 In Francia, in accordo ai principi universalistici della rivoluzione, la convenzione decretò il 25 marzo l 793 il trattamento obbligatorio ed eguale negli ospedali militari dei soldati nemici e dei soldati nazionali. Ciò non evitò però che Domenico Larrey, chirurgo nell'armata del Reno, fosse condannato alla ghigliottina da un tribunale rivoluzionario per aver curato un ufficiale austriaco ferito e averne favorito il rimpatrio! Più fortunato fu il medico dell'Esercito Ferdinando Palasciano che arrischiò la fucilazione ma fu invece condannato ad un anno appena di prigione pet aver caritatevolmente curato, durante l'assedio di Messina, i feriti della guarnigione vinta. Ciò avvenne nel 1848. Il 28 aprile 1861 il dott. Palasciano tenne una comunicazione presso l'Accademia Pontaniana di Napoli con titolo « la neutralità dei feriti in tempo di guerra» nella quale così si espresse: « Sarebbe indispensabile che i governi venissero incontro alla scienza medica e, in caso di guerra, riconoscessero reciprocamente il principio di neutralità dei combattenti feriti o gravemente a m malati c riconoscessero gli ospedali quali asili inviolabili». Un'altra voce, quella del farmacista Arrault, si levò poco dopo in Francia a invocare l'inviolabilità degli ospedali, delle ambulanze, dei servizi e del personale sanitario, auspicando anche, per quest'ultimo, l'autorizzazione a portare un bracciale di distinzione per garantirne il rispetto. Ma spetta ad H enri D unand il merito d'aver scosso c commosso opinione pubblica e governi con il suo libro « un ricordo di Solferino » e di aver lanciato l'idea, che trovò eco nel cuore dell'Imperatore Napoleone III e dei Re di Prussia e di Sassonia, della costituzione di una società internazionale di soccorso con carattere di neutralità. L'iniziativa coraggiosa di cinque uomini, H enri D unand, Gustavo Monier, il generale Dufùr, i dottori Mannoir e Appia ai quali s'aggiunse il medico olandese Basting, trovò l'appoggio delle varie potenze e si concretizzò rapidamente. Queste cinque personalità svizzere indirono il 26 ottobre 1863 a Ginevra una riunione alla quale partcci parano rappresentanti di 16 stati. A conclusione dei lavori furono fissati due importantissimi punti: l'uso della Croce Rossa su drappo bianco quale segno di distinzione delle organizzazioni sanitarie e la neutralizzazione delle ambulanze, degli ospedali, del personale sanitario e dci feriti. L'8 agosto 1864 i plenipotenziari di dodici stati firmarono i 10 articoli della prima convenzione di Ginevra che ben presto sarebbe stata ratificata dai differenti governi. Essa stabilisce il principio fondamentale che i militari feriti cd ammalati siano raccolti e curati a qualsiasi nazione appartengono, conferisce salvaguardia e rispetto alle ambulanze, agli ospedali militari, al personale sanitario


335 e al materiale di queste formazioni e riconosce l'emblema del la Croce Rossa quale segno protettore di queste persone e di queste cose. La la Convenzione di Ginevra regola quindi, per la prima volta in maniera multilaterale e permanente, una situazione che prima aveva trovato parziale risoluzione mediante accordi accidentali e bilaterali. Questa Convenzione fu revisionata nel 1906, poi nel 1929 per tener conto delle esperienze negative acquisite durante i vari conflitti; infine fu di nuovo revisionata e completata dopo la seconda Guerra Mondiale per divenire la Cmwenzione del 12 agosto 1949 alla quale aderirono 117 paesi ivi comprese tutte le grandi pote?Zze. Le Convenzioni sono l'espressione codificata del cosiddetto « Diritto di Ginevra » che entra nel diritto internazionale in virtù dell'adesione delle varie potenze ed è chiamato «Umanitario» perché inspirato ad un principio di umanità che comanda di rispettare la vita e l'integrità della persona umana. Esso costituisce, in materia, norma di « Diritto Internazionale» universalmente riconosciuto e occupa un posto privilegiato nel «Diritto delle Genti» quel « Ius Gentium », romano, dapprima limitato ai soli cittadini romani ma che già nei codici giustinianei si estese a tutte le persone in virtù delle loro essenze di cittadini dell'impero; quel « Diritto delle Genti >> che i teologi della Cristianità riaffermarono in nome della giustizia divina e che - nel diritto moderno - diviene diritto positivo umano emanato dalle nazioni 111 virtù delle Convenzioni e dei trattati tra esse intercorsi. Oggi, in un mondo implacabile saturo di incomprensioni e di odii, davanti ai più formidabili spiegamenti di forze tese alla distruzione, ad arrestare o limitare gli incombenti orrori, l'umanità leva la fragile barriera del «Diritto di Ginevra» le cui regole saranno rispettate solo in funzione del valore che le parti avverse daranno alla vita umana; ossia, in funzione al loro grado di civiltà e alla loro lealtà. Tutte le disposizioni di questo diritto non sono che l'affermazione, ogni volta rinnovata ed ogni volta offesa o misconosciuta, che le vittime dei conflitti sono anzitutto uomini e che nulla, neppure la guerra, può privarli del minuno di rispetto che esige la loro natura di esseri umani.

*** Nella codificazione di un diritto, si distinguono le regole che fanno oggetto di testi precisi e sono di carattere obbligatorio, e i principi 'dai quali queste regole derivano. Questi sono in genere enunciati in un preambolo che indica l'oggetto e la ragione d'essere della convenzione. Il preambolo alla prima convenzione di Ginevra si 'limita a indicare che i plenipotenziari presenti sono ugualmente animati dal desiderio di alleviare i mali inseparabili della guerra, di sopprimerne i rigori inutili, di migliorare la sorte ·dei feriti sul campo di battaglia.


La convenzione dell'Aia (1906) porta il preambolo «le popolazioni e i belligeranti restano sotto la salvaguardia e l'impero dci principi del diritto delle genti come essi risultano dagli usi stabiliti tra le nazioni civili • · Il preambolo della Convenzione di Ginevra del 1929 sui prigionieri di guerra dice: « nel caso estremo di una guerra sarà dovere di ogni potenza di atten~arne, nei limiti del possibile, i rigori inevitabili e di alleviare la sorte dei prigionieri». Il preambolo alla Carta delle Nazioni Unite (26 giugno 1945) impegna la fede dei firmatari « nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e valore della persona umana, nell'ugualità dei diritti degli uomini e delle donne, come delle nazioni grandi e piccole». Le quattro convenzioni del 1949 avrebbero dovuto portare il seguente prcambolo: « il rispetto dell'essere umano e della sua dignità è un principio universale c he si impone anche in assenza di impegni contrattuali. Esso comanda che in tempo di guerra tutte le persone che non partecipano direttamente alle ostilità e quelle messe fuori combattimento per m alattia, ferite, prigionia o per altre cause, siano rispettate e siano protette contro gli effetti della guerra e che le persone che soffrono siano soccorse e protette senza distinzione di nazionalità, di razza, di religione , di opinione politica, o altro». Questo preambolo, proposto dal benemcrjto Comitato Internazionale della Croce Rossa, non fu acceuato universalmente. Esso comportava in effetti, la enunciazione della ragione d'essere della c dignità umana ~ . Per i credenti questa ragione d'essere non è che la creazione dell'uomo ad immagine di Dio; per i materialisti atei questa ragione d'essere non aveva alcun senso e non doveva essere menzionata! Nell'impossibilità di redigere un testo di compromesso c per eliminare quanto poteva suscitare un conflitto di idee, il preambolo fu soppresso. Il principio lo troviamo però nelle regole che diventano di per sé prescrizione di principio. Esse sono accompagnate da (orme limitative « per quanto possibile » « se giudica necessario» «si sforzeranno»! Fatti recenti c recentissimi dimostrano che il conflitto di idee fra due mondi tanto diversi non è stato eliminato eliminando il preambolo. Sembra piuttosto che il solco, fra questi due mondi, si vada approfondendo sempre più.

Il primo di questi articoli compilato in termine di principio e che ritroviamo in ognuna delle quattro convenzioni dice « le altre parti contraenti si impegnano a rispettare e a fare rispettare la presente convenzione in ogni circostanza, a diffonderne il testo il più largamente possibile nei loro rispettivi paesi in tempo di pace e in tempo di guerra; a incorporarne lo studio nei program mi di istruzione militare e, se possibile, civile, in maniera che i


337 principi che essa afferma siano -conosciuti dall'insieme della popolazione. Le autorità militari o altro che assumeranno responsabilità riguardo ai prigionieri di guerra, e le autorità civili e di polizia o altro che assumeranno responsabilità verso le persone protette, dovranno possederne il testo ed essere istruite, in modo speciale, sulle disposizioni che essa contiene». La conoscenza quanto più generalizzata possibile dei testi delle convenzioni è dunque la prima misura della loro applicazione e deve essere necessariamente praticata in tempo di pace affinché le obbligazioni assunte siano rispettate all'apertura del conflitto e durante tutta la sua durata. . Se tutti i cittadini fossero com penetrati dello spirito che anima le convenzioni che è «il rispetto della persona umana», avessero cioè, come disse il Generale Medico Polizzi, «le convenzioni nel cuore», la guerra troverebbe sempre un limite ad inutili crudeltà. A questa conoscenza e al rispetto delle convenzioni sono chiamati anzitutto i medici. Ma essi devono essere coscienti che la missione di soccorrere domanda ai suoi servitori sempre più coraggio. Oggi viviamo in un'epoca di cinismo e di durezza di cuore; la morale internazionale viene sempre meno osservata e le leggi umanitarie sempre meno rispettate; si fa la guerra con odio e fanatismo; la sofferenza e la fame e le persecuzioni diventano strumenti di vittoria; la stessa opera umanitaria della Croce Rossa è mal tollerata se non respinta. Essere fedeli ai propri doveri, in un tale mondo, è rischioso e il medico e il personale sanitario tutto deve essere pronto, come nel passato d'altronde, a pagare di persona. 11 suo compito esige una preparazione sempre più completa e in questa preparazione anche la conoscenza dei testi e della dottrina delle convenzioni si rivela indispensabile. * * * Ritorniamo all'impegno degli Stati di rispettare e far rispettare la Convenzione- in ogni circostanza-. Ciò significa che gli impegni presi da uno stato nei confronti di se stesso in conformità con i suoi doveri umanitari, sono indipendenti da ogni reciprocità. Essi rappresentano un vero «imperativo categorico della civiltà>> per cui, se una potenza manca ai suoi obblighi, le altre, siano esse neutrali, alleate o nemiche, non possono esimersi dall'osservarli ma devono anzi fare il possibile per costringere l'inadempiente a mantenere fede a tali obblighi. Nelle norme di applicazione delle leggi di guerra insegnate al centro di educazione della marina degli Stati Uniti troviamo scritto <<la violazione delle leggi di guerra è un'offesa a] nostro proprio governo: è nostra politica rispettare le leggi di guerra senza considerazione ·degli obblighi che incombono sulle altre potenze; nostro dovere è conoscerle e imporle».


Questo principio viene riconfermato nell'art. 2: « se una delle parti in conflitto non fosse parte della presente convenzione, le potenze che ne facessero parte restano vincolate dalla stessa nei loro rapporti reciproci. Esse saranno vincolate anche nei confronti di detta potenza, se questa ne accetta e ne applica le disposizioni ». Negli accennati primi articoli troviamo, senza ambiguità, il carattere collettivo e solidale degli obblighi assunti dagli stati, nel riguardo del « diritto umanitario » . Questo diritto, per libero consenso degli stati firmatari, diventa espressione di un ordine legislativo superiore al quale le sovranità particolari restano subordinate e la cui violazione comporta, da parte degli stati firmatari, una responsabilità, non solo individuale, ma collettiva. Ossia: oggetto comune di quest'ordine legislativo superiore è «la protezione dell'esistenza e della dignità della persona umana »; in ordine a questo oggetto comune, la volontà collettiva degli stati firmatari si sovrappone alla volontà sovrana di un singolo stato. l principi umanitari, infatti, non affermano diritti a beneficio degli stati stessi ma degli individui a qualsiasi nazione appartengono; le convenzioni, per gli stati, sono unicamente fonti di obbligazioni e in queste obbligazioni non si trova alcuna idea di scambio, di reciprocità, di « do ut cles »; uno stato non proclama la protezione dei soldati feriti o ammalati nella speranza di salvare un certo numero di propri dipendenti, ma lo proclama in forza al rispetto che egli stesso intende portare alla persona umana come tale; la adesione a questo principio non impegna quindi a diritti e doveri reciproci; ma è unilaterale e incondìzionata. Espressione di un imperativo morale e giuridico incondizionato, le Convenzioni di Ginevra aspirano all'universalità; ad esse aderirono la maggioranza degli Stati, ma restano aperte a tutti gli Stati. Nel caso che in un wnflitto sia coinvolto un paese non aderente alle convenzioni, gli stati firmatari sono tenuti a rispettarne le clausole, non solo tra loro, ma anche verso questo stato, fintanto almeno che non vi sia una prova formale di violazione, da parte di quest'tùtimo, dei principi umanitari. Anche in questo caso però, gli altri Stati sono tenuti ad osservare verso i dipendenti di questo Stato inosservante i principi umanitari e le regole che hanno significato di principio. La cattiva volontà di uno Stato non aderente non può, da sola, aprire una breccia sulla catena di solidarietà alla quale sono legati gli altri. L'articolo 3 ha in particolare importanza: il diritto internazionale classico non ammette interventi esterni in ciò che concerne il rapporto di uno Stato verso i propri dipendenti. In caso di guerra civile o di sommosse interne, gli individui incarcerati dal pubblico potere saranno alla mercé del detentore, privi cioè di ogni protezione esterna. Si sa che le modalità di repress10ne


339 interne, riguardo agli individui che si ribellano al pubblico potere, sono sovente assai più dure di quelle della guerra internazionale. Nella logica del diritto umanitario non può esservi però differenza tra vittime di un conflitto internazionale e quelle di una guerra civile. Non c'è dubbio, d'altronde, che l'applicazione del diritto umanitario nei conflitti interni trovi seri ostacoli; la insurrezione armata, infatti, colpisce il cuore stesso dì uno Stato e ne minaccia l'esistenza. Nella guerra civile sono messi a confronto non due Stati legati dagli stessi impegni, ma due gruppi politici, uno dei quali, quello degli insorti, non ha personalità giuridica. L'articolo 3, comune alle quattro convenzioni, instaura la protezione minimale dei diritti dell'uomo in caso di conflitto armato che non presenti carattere internazionale e garantisce un minimo di trattamento umano ai detenuti; prevede accordi speciali tra le partì in ordine ai problemi umanitari e prevede che un organismo internazionale, quale, ad esempio, la Croce Rossa, possa offrire alle parti in conflitto, imparzialmente, i propri servizi. Esso proibisce ogni attentato alla dignità dell'uomo, quindi proibisce la tortura, le pene corporali, i trattamenti crudeli e degradanti, le catture degli ostaggi e le condanne senza prevìo giudizio dì un tribunale regolarmente costituito e che offra le garanzie di equità riconosciute indispensabili dai popoli civili. Le disposizioni dell'art. 3 implicitamente difendono il principio del segreto medico e della neutralità della medicina; proibiscono, infatti, qualsiasi misura penale, amministrativa ed altro contro i medici, infermieri e membri del personale sanitario per aver offerto a l'una o l'altra delle parti in causa l'assisten7,a prevista dall'art. 3 e proibiscono ogni rìstrizione portata alla vendita o alla libera circolazione di medicinali che dovranno essere distribuiti ai feriti e ammalati senza discriminazioni.

••• Ratificando le convenzioni, gli stati hanno riconosciuto che l'applicazione delle stesse può sfuggire al dominio delle loro competenze. Ogni conflitto interno, dal punto dì vista dei diritti fondamenta li del l' uomo, viene immediatam ente internazionalìzzato perché j diritti ·dell'uomo rappresentano un patrimonio comune a tutta l'umanità, patrimonio che gli stati si sono impegnati a rispettare e a far rispettare. Abbiamo visto come i poteri costituiti, anche nella repressione di moti insurrezionali o guerre civili, siano tenuti a rispettare le norme di umanità; ma su che poggierà l'obbligo del loro rispetto da parte di ribelli? L'articolo 3 supera questo ostacolo e impegna le due parti in conflitto alla osservanza delle precise disposizioni sopra accennate.

7 .• M


I principi che vi sono affermati sono tanto evidenti e così imperativi da imporsi « Ipso iure » ossia senza bisogno di impegno contrattuale o manifestazione di volontà, a tutti : Stati, gruppi particolari, singole persone; e si impongono verso tutti gli esseri umani senza alcuna distinzione sfavorevole basata sulla razza, sul colore, sulla religione, sesso, classe sociale, censo o altri criteri analoghi. Ritroviamo in questo articolo infatti quel principio che avrebbe dovuto .figurare nel preambolo: il rispetto del! 'essere umano e della sua dignità è un principio universale che si impone anche in assenza di impegno contrattuale. Il grande teologo e giurista spagnolo Francesco de Victoria, già tre secoli fa, aveva affermato: «il diritto delle genti non riceve la sua forza da un contratto fra gli uomini, ma ha, di per sé, forza di legge».

* * * Le convenzioni codificano una legge suprema che domina gerarchicamente tutte le disposizioni particolari che in essa trovano la loro sorgente. Facendo un confronto con l'ordinamento di uno Stato, le Convenzioni possono paragonarsi, in un certo senso, alla Costituzione nel cui spirito sono emesse le leggi; nello spirito delle leggi vengono poi redatti i regolamenti di applicazione delle stese. Ogni clausola in contrasto con la Costituzione è nulla. Parimente, accordi speciali stipulati fra le due parti in conflitto riguardo al trattamento delle persone protette dalla Convenzione di Ginevra, se contrari allo spirito delle Convenzioni, sono nulli. Nei riguardi delle Convenzioni umanitarie, gli Stati non possono agire in virtù della loro sovranità, ma in virtù della delega che le Convenzioni loro accordano. La protezione dei diritti fondamentali dell'uomo sfugge interamente alla competenza dei singoli Stati.

** * L'articolo 6 della l" e 7"' della 4" Convenzione consacrano appunto la preminenza del diritto delle persone sugli interessi politici delle potenze; in altre parole, i diritti che derivano all'uomo dal le Convenzioni sono a profitto diretto e immediato dell'individuo il quale li conserva, in ogni circostanza, in virtù alle sua stessa natura di uomo e non come beneficio indiretto che gli derivi all'appartenenza a un determinato Stato o classe sociale o altro, e restano protetti anche contro la volontà degli Stati. Non solo, ma sono protetti, in virtù dell'articolo seguente, anche contro la stessa volontà delle persone protette. Queste non potranno rinunciare né interamente né parzialmente ai diritti loro assicurati dalle convenzioni.


341 Questi diritti, in base agli articoli 7 della l a e art. 8 della 2"' Convenzione, sono inalienabili e sono tali perché vengono conferiti all'uomo non perché questi ne tragga un vantaggio ma in virtù della sua natura umana che è inalienabile. In virtù della dignità della persona umana, essi escono dal dominio del «libero arbitrio» che è fattore, non essenza della dignità, e s'impongono ad ogni volontà contraria sia essa dello Stato, sia essa dell'individuo. Logica conseguenza, l'applicazione dei principi umanitari non dovrebbe trovare limitazioni nel tempo e la denuncia delle convenzioni dovrebbe essere vietata. Una così fatta limitazione alla sovranità degli Stati, nell'attuale società internazionale, non è realizzabile: ogni Stato rimane libero di denunciare la convenzione, ma questa libertà trova limitazioni sia nel tempo sia nella materia, nell'art. 63 della l"' Convenzione, nell'art. 62, 142, 158 rispettivamente della 2' 3' e 4•. In base a questi articoli, la denuncia dell'accordo da parte di uno stato implicato in un conflitto internazionale o interno non potrà avere effetto, riguardo al tempo, fin tanto che perdurano le ostilità o meglio, fin tanto che le persone protette abbiano bisogno di protezione; non avrà nessun effetto riguardo alla materia, sugli obblighi che le parti in conflitto sono tenute a rispettare in virtù dei principi del « diritto delle genti » quali risultano dagli usi stabiliti tra le nazioni civili, dalle leggi dell'umanità e dalla coscienza pubblica. Le convenzioni di Ginevra non sono altro, infatti, che la codificazione di un costume in uso fra le nazioni civili. Sintetizzando, il sistema di protezione dei diritti delle persone così come consacrato dalle convenzionj, è rivolto unicamente a beneficio degli individui e crea, tra gli stati, una rete universale dei diritti e di obblighi. Gli Stati si sono impegnati assieme e assieme hanno riconosciuto che il rispetto della vita e della persona umana è un imperativo ·di interesse comune che può sfuggire al dominio di competenza di un singolo contraente e che s'impone, eventualmente, anche contro la volontà stessa di un singolo o più contraenti. Gli Stati sono chiamati, non solo a far rispettare le convenzioni dai loro poteri subordinati e dalle loro forze armate, in primo luogo, ma anche a farle rispettare dalle altre potenze firmatarie o no. Le situazioni protette appartengono infatti ad una sfera superiore di interessi comuni, universali, trascendente gli interessi particolari delle singole entità politiche. Già nel XVII secolo, il giurista olandese Grotius aveva intravisto questo aspetto delle cose affermando: «il solo legame che c'è tra gli uomini per la loro comune natura è sufficiente per autorizzarli a soccorrere quelli che sono ingiustamente insultati». Le Convenzioni di Ginevra vanno più lontane; non autorizzano, ma obbligano a soccorrere quelli che sono ingiustamente insultati.


Questo dovere mutuo si può concretizzare in diverse forme: a) la responsabilità penale per gravi infrazioni alle norme o ai principi delle convenzioni qualunqu~ sia la nazionalità di chi le compie; b) l'istituzione della potenza protettrice, ossia una potenza che riceva assieme al mandato volontariamente accettato di difendere gli interessi del belligerante, quello obbligatorio di controllare le applicazioni ·delle norme della convenzione di Ginevra; c) l'azione concertata di tutte le potenze e degli organi internazionali di rifiutarsi di riconoscere accordi speciali che .deroghino dai diritti che le convenzioni attribuiscono alle persone protette;

d) infine, ultimo rimedio davanti alla cattiva volontà di un membro della società internazionale, il ricorso alla forza: un intervento di carattere umanitario è sempre lecito: Ogni Stato che ha ratificato la Convenzione si è sottomesso volontariamente ad un principio superiore alla sua volontà e la sua volontà passata s'impone alla cattiva volontà presente. n diritto umanitario fissa lui stesso nell'art. 46, 47, 13, 33, rispettivamente per la 1', z•, 3" e 4" Con venzione il limite lecito delle azioni che comanda interdicendo ogni ricorso a misure .di rappresaglia che siano contro lo spirito e le norme clelle Convenzioni. Nell'adempimento del dovere di intervento le potenze non agiscono come entità politiche autonome, in vista ·di far trionfare i loro interessi particolari, ma in quanto custodi ·di un ordine superiore. Il dovere d'intervento collettivo è giustificato dalla carenza di una forza di coercizione autonoma e indipendente emanata dalla Società delle Nazioni. L'obbligo di vegliare al rispetto delle Convenzioni umanitarie spetterebbe alla Società Internazionale come tale; ma siccome questa non ha capacità di ottemperare a tale funzione, l'obbligo passa, per delega, agli Stati i quali agiranno, di concerto, per dovere di solidarietà. Agendo collettivamente quali organi di una società internazionale, gli Stati singoli impongono a se stessi, nella loro azione politica individuale, il rispetto a certe regole. Le Convenzioni di Ginevra cercano, attraverso tali disposizioni, di realizzare le tanto sospirate « Nozze » fra il Diritto e la Forza! E' un tentativo meraviglioso, se vogliamo, ma guanto aleatorio e precario! ingenuo direi! I principi umanitari sono superiori ai diritti delle sovranità, ma l'applicazione di questi principi resta devoluto ai singoli Stati sovrani! La precarietà del principio della soLidarietà internazionale la possiamo constatare ogni giorno, alla luce dei tragici avvenimenti che sconvolgono il pianeta.


343 Estraneo e superiore alla volontà degli Stati nelle sue norme, il Diritto Umanitario dovrebbe trovare le forze legislative, giudiziarie e coercitive che vegliano alla sua applicazione, all'infuori degli Stati. Ma dove cercarle, se non in altro pianeta? Il mondo è pieno di odi, di recrudescenze di nazionalismi violenti e san~ guinari, le armi moderne fanno pesare sull'umanità la minaccia dello sterminio; sono stati instaurati centri di decisioni soprannazionali ma hanno trovato e trovano tuttora, per mala volontà degli uomini, solo riserve e insuccessi. Siamo nell'anno 1972, 24° anniversario della proclamazione universale dei Diritti dell'Uomo, da parte delle Nazioni Unite. Ma forse, rispetto agli anni del precedente ventennio, mai sono stati registrati tanti insulti al diritto delle genti, come in questo scorcio di anno! Quanto cammino dovrà ancora percorrere l'umanità per giungere ad un ideale di civile convivenza fra cittadini, tra stati, nazioni, continenti? Da venti secoli la Cristianità richiama gli uomini ai loro doveri, da un secolo l'Umanità proclama i suoi diritti e ne reclama il rispetto; tuttavia la violenza, la sopraffazione, l'arbitrio, con il loro immenso corteo di sofferenze, continuano a sconvolgere la tormentata vita dell'uomo.


CENTRO STUDl E RICERCHE DEL!.A SANITA Mll.ITARE

Direttore: Magg. Gen. Med. Don. C. Mus1Lu Jo REPARTO - SEZIONE MICROBIOLOGIA E IGIEl'-.TE

Caporeparto: Col. Mcd. Prof. G. CuRATOLA

L A R U MOROSITA COME PROBLEMA DI IGIENE AMBIENTALE M. Di Martino

E' noto che Ja nostra epoca è caratterizzata, soprattutto in quest'ultimi decenni, dai rapidi progressi della tecnica, in funzione dei quali il problema del rumore, inteso come manifestazione sonora che risulti sgradevole all'orecchio umano, va assumendo una importanza sempre maggiore. Non tutti però sono d'accordo nel riversare sul progresso la responsabilità di tale situazione. Alcuni AA., infatti, sostengono che la tecnologia, nel suo progredire, manifesta la tendenza a produrre sistemi il più possibile meno rumorosi. Sarebbe invece il decadimento fisico della figura umana, unitamente al suo insaziabile anelito verso traguardi più avanzati, che imporrebbe all'industria la costruzione di nuovi e più numerosi congegni e servosistemi a prezzo, ovviamente, di maggiori rumori. Se pertanto da un lato si guarda fiduciosi al progredire della scienza tutta protesa a risolvere così delicati problemi, dall'altro non si può fare a meno di temere che, con ogni probabilità, per riparare un danno si corra il rischio di provocarne due_ Quali che siano le ragioni di fondo rimane il fatto, manifestamente noto, che la vita di ogni giorno, nelle sue più svariate manifestazioni, di lavoro e di riposo, ci sottopone a stress uditivi variabili ma in genere di intensità superiore alla media_ Secondo Lehmann il valore ideale della rumorosità che dovrebbe consentire all'uomo un ritmo di vita non dannoso, non dovrebbe superare i 30 phon. Al disopra di questo limite si ha una zona di pericolo che fino ai 60 phon provocherebbe reazioni di ordine psichico, tra i 60 ed i 90 phon disturbi neurovegetativi, oltre i 90 phon e fino a 130 reazioni organiche psico-vegetative e lesività dell'orecchio interno- Superati i 130 phon si determinerebbero effetti non specifici accompagnati da degenerazione delle cellule ganglial-i-


345 Moles ha diviso il rumore in tre categorie: a) rumore debole ma fastidioso, inferiore ai 40 db; b) rumore che annoia e disturba, tra 50 e 80 db; c) rumore che distrugge superiore ai 100 db. Le ricerche elettroencefalografiche sotto stimolo rumoroso sono state molteplici ed in linea generale si è visto che le modificazioni erano tanto più evidenti quanto più intenso lo stimolo sonoro per cui sembrerebbe che l'elettrogcnesi corticale verrebbe wrbata dall'intensità del rumore. Recenti studi effettuati nel 1971 da Gruberova in 27 soggetti sani, di età compresa fra 20 e 33 anni, hanno evidenziato che stimoli acustici provocano manifestazioni di potenziali elettrici elettrocncefalograficamente accertabili costituiti da una risposta precoce ed una tardiva. Secondo l'Autore la risposta precoce sarebbe semplicemente un artefatto, mentre la seconda starebbe a rappresentare la reazione della corteccia cerebrale. Entro certi limiti l'aumento del potenziale è proporzionale all'intensità dello stimolo. Superata la soglia cosidetta dì «saturazione» si osserva una diminuizione dell'ampiezza della risposta elettrica al l'aumentare dello stimolo sonoro. Ciò in particolare accade quando lo stimolo è tale da provocare la sofferenza. L 'accrescersi dei potenziali elettrici al disotto del limite di « saturazione » viene interpretato come interessamento di un maggior numero di neuroni. In ogni caso il problema non può essere esaurito soltanto attraverso queste modalità diagnostiche. Intanto occorre avere cognizione delle caratteristiche spcttrali del rumore in quanto, come ricordano Maugeri ed Odescalchi, gli effetti del rumore la .cui massima intensità è concentrata verso le alte frequenze sono peggiori di quell i di un rumore con prevalenza di basse frequenze. Vi è poi tutta una serie di caratteristiche che giocano un ruolo fondamentale quali il timbro, il ritmo nonché la motivazione - diremmo quasi affettiva - del rumore delle quali non è facile tenere il giusto conto. Infine tutti sono d'accordo nel ritenere che il rumore diviene un suono indesiderato non soltanto per le sue qualità fisiche ma altresì per concomitanti fattori individuali che, seppure importanti, sfuggono all'analisi psicometrica. Pertanto, come ha recentemente scritto H ans Horman, <<obiettivo della futura ricerca sul rumore dovrà essere quello di integrare i fattor i psicologici con quelli strettamente fisici, così da rendere possibile indicazioni e previsioni precise, quali si possono realizzare negli altri campi delle scienze naturali • · Al fine di portare un contributo sull'argomento riteniamo opportuno esporre i risultati di una nostra indagine intesa a verificare le condizioni igienico-ambientali di un vasto locale, sede operativa di circa 40 telescriventi.


Il funzionamento <lei complesso era continuo con attività diurna e notturna. Gli operatori , distinti in 4 gruppi, si alternavano effettuando turni di otto ore lavorative. Ne scaturiva che ogni giorno un gruppo rimaneva a riposo. La richiesta degli accertamenti era nata dal fatto che negli ultimi cinque-sei mesi precedenti l'indagine alcuni operatori erano stati colti da malore e di conseguenza allontanati dal servizio per un periodo variabile di tempo. I disturbi lamentati da quei soggetti consistevano in male:;seri indefiniti. lipotimie, stati di depressione fisica, senso di fame d'aria, ecc. Al primo sopralluogo si constatò che l'ambiente era costituito da locali seminterrati, priv1 di .finestre e quindi dotati soltanto di luce artificiale, isonorizzati con appositi pannelli e forniti di aria condizionata. Furono effettuati rilievi microclimatici che risultarono entro limiti accettabili, anche se non ottimali. Temendo poi che nell'ambiente vi fosse la presenza di inquinanti chimici fu praticata la ricerca di alcune sostanze chimiche, quali l'idrogeno solforato, l'anidride solforosa, il co2, il co, e l'ozono. Quest'ultimo fu ricercato perché l'ambiente risultava munito di ozonizzatore e si temeva la presenza in eccesso di detto gas. Si procedette, naturalmente, anche alla conta del pulviscolo ed alla relativa granulometria, non ostante che questo aspetto del problema non apparisse sospettabile. Infatti i locali risultavano provvisti di pavimento in linoleum e la pulizia veniva effettuata solo con l'ausilio di macchine aspirapolveri. In ogni caso tutti i dati risultarono in complesso soddisfacenti, come può ben essere evidenziato dalla tabella l nella quale sono riassunti analiticamente. Nel corso dei sopralluoghi si ebbe modo però di constatare che la rumorosità negli ambienti, già ad un semplice ri lievo sensorialc, superava i limiti della comune sopportabilità. Si decise così di studiare anche questo aspetto del problema, effettuando, in parallelo, due tipi di ricerche: la prima si basò sull'esame audiometrico effettuato su 11 soggetti presi a caso tra il personale addetto alla centrale e la seconda relativa ai rilievi fonometrici di sonorità. La prima indagine evidenziò lievi segni <li trauma acustico in due casi, evidenti segni di labirintopatia bilaterale di probabile natura traum atica o tossica in un caso e nulla di patologico nei restanti otto soggetti. Per la misura della rumorosirà, effettuata con la collaborazione del Ministero dei Trasporti - Centro prove autove:coli -, fu adoperato un fonometro d 1 costruzione Bruel & Kjaer, praticando i rilievi a distanza di dieci secondi. I valori, letti in curva C con commutatore delle risposte in posizione « Fast», sono dettagliatamente esposti nella tabella 2.


347 TABELLA

RI LiéVI EFFEITUATI RISPEITIVAMENTE L' Il GENNAIO ED IL 23 FEBBRAIO

l

1972

A mbientt: esterno Pressione atmosferica T emperatura dell'aria Umidità relativa

1017 mb 12°,3 c 70%

1017mb 12°,4 54%

c

Ambier1te interno Pressione atmosferica Temperatura dell'aria Umidità relativa Velocità dell'aria Indice katatermometrico

1017 mb 20°C 52% 16,5 cm/s 5,84

6

0 3 (MAC-RFA 1968= 0,1 ppm) H2S (MAC-RFA 1968= 20 ppm) SO~ (MAC-RFA 1%8 = 5 ppm) C02 (MAC-RFA 1968=5000 ppm) CO (MAC-RFA 1968= 100 ppm)

ass.m ana ass.in l aria ass.in l aria 1000 ppm 5 ppm

ass.in ana ass.i n ana ass.i n l aria 1000 ppm 5 ppm

1017mb 20° C 40 1o 16,8 cm/s

Pulviscolo (conta e misura al microscopio ottico): 52.000 part./ l (60% <5 m icron)

60.000 part./ l (60~1., < 5 micron)

TABELLA

RlLIEVl DI RUMOROSITÀ EFFETIUATI IL 10 MARZO 1972, ORE 10,30

Distribuzione percentuale dei livelli sonori C'l dB 82 <S.s83 dB 83 <S.s 84 dB 84 <S .s 85 dB 85<S.S86 dB 86 <S.S87 dB 87 <S.s88

4,9 18% 11,475% 34,426% 29,508% 13,114% 6.557%

valore med1o pondera/e = 85,53 dB (C) (") Le mi>urazioni. effettuate: con fonometro di costruzione llrucl & KJaCr , tipo 2204 , sono state praticate a di~tanza di l() ;ccon ui , per la durata di IO minuti.

7.


CoNCLUSIONI

In sintesi i sopralluoghi e le ricerche effettuate chiaramente evidenziarono che le condizioni microclimatiche dell'ambiente apparivano accettabili per quanto concerne le costanti fisiche e soddisfacenti relativamente ai valori del pulviscolo ed alla presenza dei più comuni inquinanti. Ciò che viceversa parve degno di accurata attenzione fu il livello di rumorosità e le eventuali ripercussioni sullo stato generale degli addetti al servizio. Maugeri cd Odescalchi nella relazione tenuta al XXX Congresso Nazionale di Medicina del Lavoro (Palermo, 1967) hanno concluso che al rumore può essere riferita « una patologia sensoriale (ipoacusia fino alla sordità) c psichica multiforme per squilibrio tra eccitazione ed inibizione-nevrosi ed una patologia indiretta con accentuazione, messa in evidenza da situazioni patologiche latenti (presunta ipersecrezione gastrica ed ulcera, vasospasmo ed arteriosclerosi, infarto, disendocrinie varie, ecc.) >>. Comunque per quanto concerne le massime intensità di rumore che possono essere sopportate Monaco ricorda che « le opinioni in merito sono ampiamente discordi ~ . Così alcuni AA. come Wilson, Goldoer, Canfield, ecc. ritengono pericolosi rumori che superino gli 80 db, viceversa Grove, Mc Cord, T eal ed altri elevano tale limite a 90 db ed infine Davis, Lallement, Kryter, ecc. opinano che la vera soglia pericolosa è rappresentata da 100 db. Anche per quel che concerne le singole frequenze - ricorda Monaco non vi è unanimità di giudizio, anche se in linea generale quasi tutti gli Autori convengono sulla maggiore dannosità dei toni più alti. Molto probabilmente la discordanza di tali vedute è basata sul fatto che la nocività del rumore viene valutata solo in termini audiotonali c non in connessione di tutti quegli altri fattori che già singolarmente possono far variare il tono neurovegetativo di un soggetto. Da questo insieme di considerazioni deriva pertanto la necessità che le indagini intese ad accertare le condizioni ambientali devono essere considerate nel loro complesso e non settorialmente e pertanto vanno estese a tutti gli elementi che attraverso fenomeni fisici, clumici e psicologici possono consentire la formulazione di un giud izio veramente qualificato. Per quanto concerne, poi, in particolare, la prevenzione degli ambienti rumorosi occorre tener presente che accanto ad una prevenzione tecnica comprendente Ja progettazione dei sistemi produttivi (design), la riduzione del rumore alla sorgente, il rivestimento totale o parziale e la protezione personale, occorre affrontare anche la prevenzione medica attuabile con specifici accertamenti alla visita di assunzione e regolari controlli periodici nel corso dell'attività lavorativa.


349 R rASSt;NTo. - La dannosità del rumore si valuta non soltamo con rilievi di carattere fisico, m:1 prendendo altresì in consider:IZ.ione le caratteristiche rclati,·e all'ambiente di lavoro, al tipo di attività ed alla psicologia del soggetto. L'A., nell'eseguire alcune indagini di Igiene ambiemale in un centro per telescriventi, ha avuto la prova sperimentale dei criteri sopraesposti.

RÉsuMÉ. - Les conséquences nocives du bruit sont évaluées non seulement par cles rclicfs d'ordre physique, mais cn prenant également cn considération Ics caractéristiques relatives au milieu du travail, au genre .cJ'activité et à la psychologie du sujet. En effectuant ccrtaines recherches d'hygiène de l'environncment dans un centre pour téléscripteurs, l'A. a eu la preuve expérimentale des critèrcs susmentionnés.

SuMMARY. - Tbc harm from noise is evaluated not only from its physical aspects but also by taking in to account the \Vorking conditions and thc psychological activiry of the worker involued. The writer, xhile carrying ont a rcsearch of the hygicnic surroundings in a centerfor tderypists was able to obtain experimental verification of the above mentioned criteria.

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INI ERMERIA

• X AUTOGRUPPO

Dirigente il Sent/.ICI Sani:ario: S. Ten. Mtd. C. P. C••aost

IPERSENSIBILITÀ ALLA PENICILLINA: CONSIDERAZIONI SU 122 GIOVANI SOTTOPOSTI A INTRADERMOREAZIONE Dott. G. P. Carboni

Negli ultimi 30 anni la terapia antibiotica ha fatto diminuire enormemente la mortalità (1). In considerazione di questo fatto clamoroso si è instaurata nella massa del pubblico e nella mente di molti medici la convinzione che gli antibiotici rappresentino un toccasana universale da usare prcventivamente e terapeuticamentc .in ogni affezione febbrile. Tale uso indiscriminato, ed in molti casi senza che siano effettuati quegli accertamenti preliminari che possano giustificare la prescrizione terapeutica, ha portato al manifestarsi di gravi inconvenienti e reazioni ad esito letale. Il l 0% dei nostri pazienti soffre di danni iatrogeni (2). In Inghilterra anni fa è stato istituito un registro, invitando rutti i medici a segnalare una qualsiasi azione dannosa sospetta. Finora sono pervenute 18.000 segnalazioni cd il registro comincia a dare un quadro significativo della situazione. Molti anni sono trascorsi prima che gli effetti deleteri del salicilato sul tubo gastro-enterico siano stati messi in evidenza. Sono trascorsi 35 anni per avere la certezza che l'aminopirina potesse determinare l'agranulocitosi. Solo dopo alcuni anni l'associazione della focom elia con la talidomide è divenuta ovvia. La penicillina è tra gli antibiotici di più largo uso. Secondo Novi in una indagine condotta presso l'Istituto di Patologia Medica dell'Università di Milano, la penicillina aveva ancora una priorità su tulti gli altri antibiotici anche se le prescrizioni erano scese dal 76% al 37% (9). Per quanto sia di regola la tolleranza di questo farmaco, vanno sempre aumentando le reazioni eli ipcrsensibilità che vanno da lle più modeste a quelle letali (6). I casi di shock anafilattico per la loro incidenza interessano sempre più spesso le cronache dei giornali. Il primo caso letale fu segnalato negli U.S.A. nel 1946 (11). Secondo Feinberg (lO) in questo stesso paese si registrerebbero ogni anno 300 casi mortali. In Inghilterra su un milione di prescrizioni viene segnalata una media di 1,8 casi mortali. Tali reazioni continuano ad aumentare nella letteratura.


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354 PENICILLINA ED lPERSENSIBILITÀ.

Con il termine dì ipersensibilità immunitaria si intende uno stato di sensibilizzazione specifica dell'organismo verso sostanze che non sono di per se dannose in altri soggetti. Questo stato di sensibilizzazione si crea a seguito della formazione di anticorpi specificamente diretti verso la sostanza antigene con cui l'organismo è venuto a contatto ed è dalla reazione antigene-anticorpo corrispondente, o dall'azione degli immuno complessi che ne derivano, che prendono origine quelle alterazioni morfo-fLmzionali che caratterizzano gli stati di ipersensibilità. Il danno può manifestarsi con due modalità di reazione: immediata e ritardata (7). L'ipersensibilità immediata è caratterizzata dalla reazione tra antigeni ed anticorpi solubili circolanti: a tale condizione corrispondono manifestazioni patologiche come l'anafilassi, il fenomeno di Arthus e la malattia da siero. Quella ritar<iata avviene in assenza di anticorpi sierici .dimostrabili ed è dipendente da anticorpi sessìli. Sostanze fissate nei tessuti ad alcuni tipi cellulari (specialmente linfocitì). Le reazioni allergiche alla penicillina si manifestano in soggetti che in vario modo siano stati sensibilizzati al farmaco. Condizioni predisponenti possono essere in alcuni casi un terreno costituzionale allergico o una particolare ipersensibilità ad impurità contenute in prodotti di commercio. Robinson (8) ha messo in evidenza una impurità proteica nella penicillina G del commercio che in parte si rende responsabile degli accidenti allergici. Tale autore, saggiando su volontari allergici alla penicillina la sensibilità a questa impurità ed al prodotto purificato, ha concluso che una più precisa purificazione potrebbe ridurre gli incidenti. Con lo studio degli anticorpi allergici, in particolare quelli di tipo reaginico sono stati qualificati come gli unici anticorpi anafilattici nell'uomo. L'acido penicillinico nell'organismo si comporta come un aptene e legandosi alle proteine, mediante i gruppi SH della cistina o NH3 della lisina, dà luogo alla formazione di complessi capaci dì stimolare la produzione di anticorpi specifici.

Vie e mezzi di sensibilizzazione: - terapeutica: siringhe contaminate da tracce di penicillina, polveri e pomate; introduzione parenterale di poche unità; colliri; aereosol. Vaccini di virus viventi trattati con penicillina per impe.dire lo sviluppo dei germi batterici;


355 - alimentare: latte vaccino e suoi prodotti da animale trattato per m asti te o altre malattie. Carne. Uova; - di diversa origine: professionale, personale sanitario o di fabbrica uso manipolare penicillina.

Manifestazioni cliniche (3), (5): Possono essere: - immediate (fino a 20'): lipotimia, shock anafilattico; - accelerate (da 2 a 48 h.): edema di Quincke, eruzioni dermatovescicolose, dermo-eritematose, ecc.; - tardive (dopo alcuni gg.): eruzioni esantematiche tipo malattia da siero.

Tests di allergia. l . - Cutanei:

a) Cutireazione: ponendo sulla scarificazione una goccia di sol. di pen. E' positiva se entro 20' compare un pomfo pruriginoso.

b) lntradermoreazione: cc. 0,02 di sol. di penicillina intradermo; è positiva se compare eritema dopo alcuni minuti. c) Prausnitz-Kustner (trasporto passivo di anticorpi): inoculazione di 0,02 cc. di siero di soggetto sensibilizzato di intradermo; dopo 2 ore, inoculazione nello stesso punto di piccole quantità di sol. di pen.; la reazione è positiva se compare un pomfo con arrossamento.

d) Test di De Weck (3), (4): negli U.S.A. è stata recentemente posta in commercio la penicilloilpolisina che realizza un antigene completo per la coniugazione dell'antibiotico con la polisina. Si pratica una intradermoreazione; positiva se vi è reazione locale. 2. - Di laboratorio:

Test di Ovary (P.C.A.) (9): passi ve cutaneous anaphilaxis. Del siero del soggetto in esame viene iniettato nella parete addominale Ji una cavia; dopo 6 h viene iniettata ad essa una sol. di penicillina e subito dopo una soluzione di bleu di Evans. La positività della reazione viene letta nella faccia interna della cute addominale dove la diffusione intracutanea del colorante consentita dall'aumento della permeabilità capillare provocata dalla unione antigene-anticorpo, si manifesta con una macchia di bleu variabile a seconda dell'intensità.

4. - M.


Test di SAelley (9). Come i mastociti, i leucociti basofili sono liberatori dell'istamina contenuta nei loro granuli. In vitro i basofili di individui allergici hanno la perdita dei caratteristici granuli se posti in contatto con l'allergene.

Nell'Infermeria del X Autogruppo ed VIII Autoreparto M.T., dal giugno 1971 e per dieci mesi, sono stati sottoposti a terapia penicillinica, previa intradermoreazione, 122 giovani di leva. Altri tre casi esaminati risultarono sin dall'anamnesi allergici alla penicillina e pertanto vennero trattati con altro antibiotico (Tav. A).

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Si può osservare nella tav. A che il secondo caso risultato positivo attraverso la sola anamnesi aveva sofferto di episodi di orticaria, intoJleranza al latte vaccino, eruzioni esantematiche. Il padre ed il nonno paterno soffrivano inoltre di asma bronchiale. Gli altri due affermavano di avere avuto crisi lipotimiche in seguito a terapia antibiotica. Si può osservare nella tavola B che, tra i giovani sottoposti ad intradermoreazione 6 hanno manifestato reazione allergica. Solo in un caso, il n. 5, non si è avuta una reazione generale: dopo circa 20' si è notata intorno al punto di inoculazione una larga zona di eritema di colore rosso vivo,


TA V. B CASO

E. TA'

1

21

2

21

3

22

4

21

5

22

6

21

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calda alla palpazione. Negli altri casi si aveva reazione generale con pallore, dispnea, vertigine con perdita dell'equilibrio, sudore freddo. Solo in un caso, il n. 3, si aveva una reazione generale di una certa gravità. Dopo 20 o 30 secondi, il giovane presentava paUore intenso, dispnea, sudore freddo; dopo pochi altri secondi perdeva conoscenza presentando contratture muscolari e polso filiforme. Immediatamente sottoposto a terapia con Flebocortid (200 mg. i.m.) e Coramina (l fiala i.m.), riprendeva conoscenza in pochissimo tempo: si presentava ·dispnoico, con la muscolatura rilasciata, la cute ricoperta di sudore freddo. Dopo circa 30' la sintomatologia si normalizzava completamente. Sottoposto ad una anamnesi particolareggiata riferiva m1 episodio taciuto nel primo colloquio. Sottoposto in passato a terapia antibiotica per uno stato febbrile, aveva avuto una crisi lipotimica. Nessuno dei casi riportati era stato in passato sottoposto a terapia penicillinica per via parenterale ma quasi tutti erano usi trattare escoriazioni, ferite o piccole infezioni della cute con polveri di penicillina. In tutti i casi, tranne il n. 5, la sintomartologia si presentava dopo poco tempo e l'intervallo tra la intradermoreazione e reazione era tanto più breve quanto più grave la sintomatologia. L'eritema si manifestava in 3 soggetti tanto più evidente quanto più grande era l'intervallo tra introduzione del farmaco e reazione allergica. La terapia di soccorso è stata effettuata a tutti con flebocortid i.m. e corailllna.

CONCLUSIONI: IL MEDICO PRATICO E LA PENICILLINOTERAPIA.

Tra i soggetti esaminati con la intradermoreazione, il 7,32% ha dimostrato ipersensibilità al farmaco. Tale cifra, anche se non riferita a migliaia di persone, è molto indicativa se si considera sia la omogeneità degli esaminati, età, abitudini di vita, sia la provenienza dalle più diverse parti d'Italia. Essa coincide inoltre con altre statistiche dimostranti il continuo aumentare della ipersensibilità al farmaco in esame. In nessuno dei soggetti, eccetto il primo caso della Tavola A, era evidente un abitus allergico; è verosimile dunque che in tutti la polvere di penicillina così indiscriminatamente usata, abbia un ruolo di primo piano come agente sensibilizzante. La reazione allergica è stata tanto più grave quanto più grande era la sensibilizzazione. Quasi tutti hanno avuto una reazione generale in quanto con l'intradermoreazione è stato chiamato in causa l'anticorpo circolante. La penicillina deve essere somministrata solo nei casi necessari selezionando i malati sia con l'anamnesi sia con dei tests. L'anamnesi deve essere approfondita e particolareggiata.


359 Per i vari tests devono essere fatte le seguenti considerazioni : - cutireazione: la reazione positiva dipende solo da anticorpi sessili e non dimostra anticorpi circolanti. Rivela quindi solo una reattività cutanea. Sono stati descritti casi letali (12); - intradermoreazione: ri vela la presenza di anticorpi circolanti responsabili delle reazioni sistemiche. Pericolosa nei casi in cui il soggetto si sia già dimostrato ipersensibile. Sono stati descritti casi letali ( 12); - test di De W eck: si dimostra vantaggioso perché introducendo un antigene completo si ha il vantaggio di provocare la reazione di individui sensibilizzati, non dà luogo a reazioni sistemiche, non stimola l'anticorpopoiesi eliminando quindi anche il rischio di una sensibilizzazione nel corso della intradermoreazionc; - test dì Prausnitz-Kustner: ha il pericolo di sensibilizzare il ricevitore; - test di Ovary: tecnica complicata, si può usare in ambiente appositamente attrezzato; - test di Shelley: tecnica semplice ma necessita di un laboratorio; ha dato buoni risultati. n test che il medico pratico può usare presso il proprio ambulatorio resta dunque quello di De Weck. L'intradermoreazione si deve usare solo se non si disponga del test di De W eck, non si abbia laboratorio (test di Shelley) o si abbia la certezza di assenza di precedenti reazioni di ipersensibilità. E' opinabile che cessi l'uso di ordinare penicillina al paziente al suo domicilio. Una incidenza di reazioni dannose può essere accettabile se i farmaci hanno arrestato o rallentato il corso di una neoplasia maligna; nessun grado di tossicità può essere tollerato se adottati come sintomatici di lievi affezioni.

RIASSUNTO. L'Autore descrive 6 casi di ipcrsensibilit~ alla penicillina. Jllustrate le cause e le modalità dell'allergia sottolinea la necessità dell'azione di tests e metodi utili a svelare tale ipersensibilità, causa di gravi incidenti, talora mortali.

RfsuMÉ. - L'Auteur fait le rapport sur 6 cas dc allergie à la pénicilline. L'A. illustre les causcs et !es modalitées de cette allergie et il souligne l'usage de tests et me.<odes utiles à révéler cette allergie, cause de graves incidentes, parfois mortclles.

SuMMARY. - The author reports six cases of allergy to penicillin. He illustrates tbc causes and the reasons of this allergy. The Author emphasizes the use of tests and me:hods to revealing this allergy cause of da11gerous and dcadly incidents.


BIBLIOGRAFIA AsTRALO!: «Gli accidenti nella terapia antibiotica»-, T problemi della setenza medicosociale, 19641 175. DUNLOP: « I danni da farmaci:., Recenti progressi in medicina, 48, 487, 1970. RoQUES E coLL.: « Accidentes des antibiotiques :., Rev. Medica[ Toulouse, 7, 815, 1971. DE WEcK: «Un nouveau test cutané pour la détection de l'allergie à la péniciUinc ,, Pmxis, 63, 52, n. 629; 1-2. BIERLER: « Repeated anaphilatic reactions in a patient hyghly sensitized to peniciUin "• Ann. ailerg., 1956, 14-35. GRILLIAT: « Enquete sur Ics différcotes aspects cliniques et la fréqucnce dc l'allergie», f. de medicit1s du Nord et de l'Est, 1965, n. 8, 19-24. WELCH: «Severe rcactions to antibiorics », Antibiotic Medicine, 1967, 4, 800-13. RoBINSON; (< Cutaneous sensitivity to purifìed bcnzylpcnicillin », Lancet, 67, 750 l, 1184-91. FIORI: «Problemi medico-legali degU incidenti da terapia penicillinica », Zacchia, 43, 75-78. FEINBERC: « Allergy from Therapeutic products. Incidence, importance recognition and prevcntion », l.A.M.A., 178, 815, 1961. Dr BENEDETTO: «Danni da antibiotici», ENPAS, 1966, 226. RASARIO: « Terapia ragionata », 13• edizione, 67, 1969.

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RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

CARDIOLOGIA

N., DHU RANDHAR R., PuiLLIPS J.H., \VTCLE E.D.:His bundle electrocardiogram in bundle-bra11ch block. - Circul., 1972, 45, 282-294.

R ANCANATHAN

La maggioranza dei pp. con blocco cardiaco completo cronico hanno lesioni bilate· rali delle branche, per cui è notevolmente importante riconoscere i disordini di conduzione delle branche in uno stadio precoce. Poiché ogni quadro ecgrafico può essere . il risultato di differenti tipi di blocco fascicolare, è difficile essere certi dall'ecg di superficie da solo circa il carattere od il grado di blocco nelle rispettive branche o nei singoli fasci. La tecnica della registrazione ecgrafica del fascio di H is fornisce un nuovo mezzo per l'analisi dei disturbi di conduzione. In esso l'intervallo A-H rappre· senta il tempo di conduzione attraverso il nodo atrio-ventricolarc, mentre l'intervallo H-V rappresenta la conduzione distale al fascio di His (i difetti di conduzione nel fascio di His sono considerati rari). In caso di blocco di branca unilaterale l'intervallo HV riflette la conduzione attraverso la branca controlaterale. Gli AA. hanno studiato l'ecg del fascio di His in 20 pp. ( 13 maschi e 7 donne dai 43 ai 93 anni) con blocco di branca, comparandolo con quello di 13 soggetti sani. Sono arrivati ai seguenti risultati: l) un intervallo P-R prolungato in assenza di blocco di branca indica un ritardo della conduzione nel modo atrio-ventricolare; 2) un intervallo P-R prolungato in presenza di blocco di branca non significa invariabilmente una malattia bilaterale delle branche, in quanto può essere presente un ritardo, coesistente od isolato, un ritardo della conduzione nodale; 3) un ritardo della contluzione attraverso la branca controi:ltcralc, nel blocco di branca, occorre in presenza di un intevallo P-R normale e può essere rivelato solo con la dimostrazione di un prolungamento del tempo H-V; 4) nel blocco di branca alternante la modificazione dell'intervallo P-R è in rap· porro con la variazione della conduzione attra\'erso la branca; 5) il tipo Wenckebach (Mobitz l ) può occorrere nella branca o nel sistema di Purkinjc oppure nel nodo atrio-ventricolare. In conclusione, gli ecg del fascio di His forniscono una informazione molto utile circa la natura ed il trattamento dei disturbi della conduzione nei pp. con malattie delle branche. M ELCHIONDA

11. et al.: Effcct of isoproterenol, l-norepinephrine, and intraaortic counter· puLration on hemodynamics and myocardial mctaboli.rm in shock following acute myocardial infarction. - Circul., 1972, 45, 335-351.

M ueLLER

Nella sindrome da shock -:oronar ico è assolutamente necessario impedire che la zona ischcmica perinfarruale, ancora vitale, cada in necrosi per deficienza di ossigeno, per cui la terapia far macologica, quando vi è deficit della pompa cardiaca, deve essere basata sulle anormalità metaboliche del miocardio.


• Gli AA. si sono interessati per determinare se l'isoproterenolo e la noradrenalina possono migliorare il metabolismo e la funzione coronarica nello shock coronarico rispetto agli effetti della contropulsazione intraortica. Lo studio è stato condotto in 21 pp. con shock coronarico, misurando l'indice cardiaco, le pressioni aortiche, il flusso coronarico, il consumo miocardico dell'ossigeno, la velocità di produzione del latrato miocardico e l'estrazione dell'ossigeno e del lattato. Essi hanno concluso che: l ) l'isoproterenolo migliora la funzione cardiaca, ma deteriora l'ossigenazione miocardica; 2) la nor-adrenalina migliora la perfusione e la ossigenazione miocardica, ma non modifica la portata cardiaca; 3) la contropulsazione intaortica aumenta l'indice cardiaco, normalizza il metabolismo miocardico e migliora la perfusione sistemica. Nonostante la superiorità dell'effetto della contropulsazione intraortica, il risul. tato finale dei tre interventi terapeutici non differisce quando lo shock si è già instaurato. Resta quindi confermata la grande importanza del riconoscimento precoce dello stato di pre-shock. Quando lo shock corona.rico si è già sviluppaw, sembra che la nor-adrenalina possa essere l'agente vasoattivo di scelta nel trattamento iniziale. MELCHIONDA

CoUM.EL PH., WAYNBERGER

M., SLAMA R., Bo ~.;VRA IN Y.: Le syndrome du P-R court, Arch. Mal. Coeur, 1972, 65, 161-181.

avec complexe QRS norma/. -

La sindrome del P-R corto con complesso QRS normale è stata descritta per la prima volta da Clerc, Levy e Cristesco (s.C.L.C.), ma è stata stud iata in modo particolare dopo da Lown, Ganong e Levine nel 1952 e gli AA. attribuiscono ad essi la eponimia (s.L.G.L.). E' una sindrome piuttosto rara, ma nella quale sono abbastanza frequenti le turbe del ritmo (extrasistoli sopraventricolari, flurter e fibrillazione atriali). La sua patogenesi è stata attribuita ad una o più vie di conduzione rapida colleganti l'atrio con il fascio di His, con corto-circuito quindi del nodo atrio-ventricolare e con conseguente accorciamento dello spazio P-R. La s.L.G.L. ha una parentela manifesta con la s.W.P.W., dalla quale si disti ngue per la durata normale del complesso QRS e soprattutto per la assenza dell'onda delta. Gli AA. hanno eseguito ricerche cliniche ed elettrofisiologiche in 15 loro casi personali, 8 maschi e 7 femmine dai 25 ai 64 anni. Lo spazio P-R andava dai 0.08" ai 0.14", mentre la durata del complesso QRS era sempre inferiore od uguale a 0.08" con un solo massimo di 0.09". Numerose teorie sono state avanzate per spiegare il meccanismo sia della preeccitazione, sia dei frequenti fenomeni di « trou > di conduzione atrioventricolare per le extrasistoli atriali, sia del flutter e della fibrillazi.one atriale accessionali, ma la più accettabile sarebbe quella della esistenza di due vie di conduzione, una anormale rapida corto<i_rcuitante il nodo atrio-ventricolare e collegante l'atrio con la parte alta del fascio di His (molto verosimilmente il fascio posteriore di James, anche se la sezione chirurgica di esso in un caso sarebbe rima:sta senza effetto) ed una normale collegante l'atrio con il nodo atrio-ventricolare. Nella s.W.P.W. il corto-<:ircuito riguarderebbe invece l'insieme delle vie di conduzione atrio-ventricolari. A conferma di questa teoria vi sarebbe la constatazione che in tutti i casi le variazioni del P-R sono legate alle sole variazioni del tempo di conduzione P-H , mentre il ritardo H-R rimarrebbe costante.


Gli AA. indugiano nella cnttca piuttosto negativa del fenomeno del rientro invocam alla origine delle turbe del ritmo riscontrate in questi soggetti. Anche se in un caso la bradicardia da stimolazione atriale ha permesso la guarigione del p., essa non apporta un argomento definiLivo a favore di un rientro atriale; la s.L.G.L. non ha affatto, oltre il ritmo reciproco, delle possibilità di rivelare dei metodi di terapia comuni ai fenomeni di rientro, come la stimolazione simultanea delle diverse vie di conduzione. Il trattamento curativo è semplice, poiché le turbe del ritmo sono sempre spontaneamente risolutive, ma vi è la difficoltà del trattamento preventivo, poiché sarebbe spesso preferibile di poter mantenere la fibrillazione atriale. Questo trattamento preventivo ba fatto ricorso a tutti i noti farmaci amiaritmici, isolati od associati ed in due casi il risultato clinico è stato soddisfacente; in altri due casi però gli accessi pluriquotidiani sono rimasti completamente refrattari e molto ìnvalidanti. MELCHIO:-lDA

JoAN AL. : Le dédoublement du second bruit du coeur dans le rétréàssement mitra/.

Arch. Mal. Coeur, 172, 65, 248-253. Gli AA. classici hanno dato grande significato diagnostico allo sdoppiamento del U tono nella stenosi mitralica (s.m.), ma poi questo rilievo ascoltatorio è stato sempre meno valutato. Stabilito che esso è dato dall'asincronismo della chiusura delle sigmoidi aortiche e polmonari, si è passato dall'affermazione che la componente p , a causa di un prolungamento della eiezione del ventricolo ds. come conseguenza della ipertensione polmonare. Scopo del loro presente lavoro, dicono gli AA., è di paragonare anzitutto, con un metodo statistico, la frequenza dello sdoppiamento del II tono nella s.m. e nei sog· getti normali, in funzione anche dell'età e del sesso. Successivamente essi si impegnano a presentare i risultati sulla frequenza di esso nella s.m. rispetto ad altre cardiopatie e sul suo meccanismo di produzione. Gli AA. hanno studiato 285 casi di s.m. pura od associata suddivisi in 8 gruppi, paragonati con i soggetti normali (86 maschi di Shah e Slodki e 100 femmine della loro casistica personale). E' stato considerato sdoppiato il 1l tono quando il tempo A2-P1 superava i 20 msec. I risultati sono stati 1 seguent1: l) la incidenza dello sdoppia mento del II tono nei maschi con s.m. è più ridotta che nei soggetti normali; la frequenza, in ambo i gruppi, diminuisce con l'avanzare dell'età; 2) nelle donne non vi è alcuna differenza significativa né per il totale dei casi né per un dato gruppo di età; 3) la frequenza dello sdoppiamento del II tono non è correlata né con la gravità della stenosi né con l'associazione della s.m. con altre valvulopatie (aortiche, tricuspidali, aorto-tricuspidali), né con la commissurotomia. Sembrerebbe quindi che questo segno sia sprovvisto di ogni valore diagnostico nella s.m., ma bisogna precisare che esso conserva un certo interesse clinico, in quanto, poiché nei casi serrati, si ha una accentuazione della p,, si ha una migliore percezione ascoltatoria dello sdoppiamento del Il tono con la possibi le confusione della p, con uno schiocco di apertura, spiegando così l'apparente divario fra i dati ecgrafici e l'interesse clinico. MELCHIONDA


.. C., HENRY M., AicLE J.C.: Syndrome cardio-auditij de ferve/l et torsades de pointes. - Arch. Mal. Coeur, 1972, 65, 261-274.

PERNOT

La sindrome cardio-auditiva fu descritta per la prima volta da Jervell e LangeNielsen nel 1957. Il numero delle osservazioni attualmente pubblicate si aggira almeno a 34 e gli AA. approfittano di due loro casi personali per fare di essa una completa revisione della letteratura. La sindrome cardio-auditiva prende nome dal fatto che ad una sordità congenita si associa un caratteristico allungamento dell'intervallo QT con possibilità di sincopi ed anche di morte improvvisa. Si realizza anche in questa sindrome il fenomeno R/T di Smirk e Palmer, cioè di un'onda extrasistolica R che insorge prima della fine dell'onda T, ma con la differenza che, intervenendo esso su di un QT lungo (tipo B di Pick), scatena un accesso di fibrillazione ventricolare ben diverso dalle forme di fibrillazione ventricolare banale, intermediaria fra questa e la tachicardia pa:rossistica ventricolare a focolaio unico e che è stata chiamata da Schwartz, per il suo tracciato caratteristico, « torsades de pointes > o « tachicardia a focolai opposti variabili~ (« tachicardia a focolaio variabile , di Raynaud, « tachicardia ventricolare multi focale> o «caotica , degli AA. anglosassoni). Nella sindrome « QT lungo e sincopi da torsades de pointes > Motté ammette differenti etiologie, fra le quali le turbe importanti della ripolarizzazione con QT lungo di origine inspiegata. E' a quest'ultima forma che egli ravvicina la sindrome cardioauditiva, supponendo che la sincope e la morte improvvisa sono in rapporto con le torsades de poùJtes. Gli AA. riportano i dati clinici ed ecgrafici di due bambini nord-africani {fratello di anni Slh e sorella di 7 mesi), figli di genitori consanguinei. La sindrome cardio-auditiva è piunosto rara; il sesso non gioca alcuna parte, mentre di notevole importanza è il carattere familiare, con trasmissione autosomica recessiva da genitori molto spesso consanguinei. La sordità, congenita ed associata a mutismo, è bilaterale di percezione del tipo Scheibe. Le sincopi possono assumere un aspetto minore ed un aspetto abituale; spesso si concludono con la morte improvvisa. Esse originano sin dalla prima infanzia e spesso si vanno rarefacendo con l'età. Fattore scatenante è spesso uno sforzo od una emozione intensa. Piuttosto frequente è una anem1a ipocromica iposideremica, sensibile al trattamento marziale. L'aLLungamento dell'intervallo QT è costante, a volte variante, a volte fisso; vt s1 associano molto frequentemente alterazioni del tratto ST-TU. Il 1-itmo è abitualmente sinusale regolare, ma non sono rare disritmie atriali; negli accessi parossistici compaiono le caratteristiche torsades de pointes che inizia110 spesso dopo una extrasistole del tipo R/T; se non si concludono con la morte, si ha un ritorno spontaneo alla norma dopo l O" - 30", residuandone però per alcun tempo delle alterazioni bizzarre dell'onda T, a volte con i caratteri classici ischemici. Il meccanismo delle sincopi sembra strettamente legato all'allungamento dell'imervallo QT, per cui si può dire che la sindrome cardio-auditiva realizza un aspetto congenito della sindrome « QT lungo-morte improvvisa> di James e della sindrome di Motté. La patogenesi è però ancora non chiara: accanto alla teoria vasco/are vi sono le teorie dismetaboliche (pleiotropismo generalizzato), specialmente quella a carico del glicogeno; si parla anche di un blocco enzimatico di cui sarebbe espressione la turba del metabolismo del ferro. La prognosi, data l'occorrenza non rara della morte improvvisa, è piuttosto severa, specialmeme nella prima infanzia.


La terapia preventiva più comunemente accettata è data dalla associazione digitalinabetabloccanti, associata ai sedativi ed ai neurolettivi. L'elettrostimolazione sistolica potrebbe dare qualche successo, ma è senza effetto quando la turba ritmica si è scatenata; nel qual caso sembrano invece utili il massaggio cardiaco, lo shock di defibrillazione e forse il propanololo endovena. MELCHIONDA

TALLURY V.K., DE PASQUALE N.P., B u RcH G.E.:

dysfunctiorl. -

The echocardiogram in papillary muscle Am. Heart J., 1972, 83, 12-18.

La buona funzione della mitrale è data dalla integrità strutturale c funzionale dei suoi componenti (anello atrio-ventricolare, corde tendinee, m uscoli papillari). La disfunzione dei muscoli papillari trova la sua causa più frequente in una iS<:hemia o nell'infarto del miocardio. Effetto di questa disfunzione è la comparsa di un soffio da insufficienza mitralica che è particolarmente variabile durante le prime due settimane post-infartuali. Gli AA. hanno registrato gli ecocardiogrammi in 25 pp. con infarto miocardico e ne descrivono i caratteri grafici. Le modifìcazioni osservate nei rilievi acustici, fonocar.diografì.ci oo ecocardiografici si spiegano con il postulato che l'ischemia o l'infarto del miocardio rendono un muscolo papillare meccanicamente, ma non necessariamente biologicamente morto, cioè il muscolo papillare può riguadagnare la sua capacità a contrarsi. L'ecocardiografia offre un metodo innocuo e pratico per studiare le variazioni giornaliere della funzione del muscolo papillare. M ELCHIONDA

W.R., DowNs TH. D., LIEBMAN J·., LIEBownz R.: The norma/ adolescent electrocardiogram. - Am. Heart J., 1972, 83, 115-128.

STRONG

L'ecg dell'adolescente è stato sempre ragg ruppato con quello del pre-adolescente o dell'adulto. Gli AA. hanno studiato l'ecg di 114 adolescenti sani di ambo i sessi, divisi in due gruppi di l l -15 e 16-19 anni; il pri mo gruppo è stato a sua volta suddiviso in due sottogruppi di 11 - 13 e di 14 -15 anni. Le maggiori differenze sono soprattutto tre: l) la somma dell'ampiezza di S in V2 e di R in v, è costantemente maggiore nello adolescente delle misurazioni ammesse per gli adulti per la ipertrofia ventricolare sn.; tale somma è molto maggiore nei maschi che nelle femmine; 2) sopraelevazione del punto J.; 3) rotazione oraria dell'ansa QRS sul piano fronta le, in contrasto con un'ansa quasi uniformemente antioraria dell'adulto. M ELCH!O:-IDA

RoosARD S., L IBA..'I?FF A.J.: The m itral c/osi11g map. -

Am. Heart J., 1972, 83, 19-26.

In molti pp. con stenosi mitralica si ascolta un brusco tono schioccante circa 80 msec. d opo il II tono. Interpretato prima (Bouillaud) come la componente terminale di un II tono ampiamente sdoppiato e poi (Sansom) come dovuto all'i mprovvisa tensione dei lembi mitralici, fu definitivamente definito (Potai n 1888) come « schiocco di apertura della mitrale ».


Gli AA. hanno ritenuto opportuno rivedere criticamente questa ultima interpretazione classica, a mezzo di ricerche fcgrafiche, emodinamiche e cineangiografìche in 12 pp., arrivando a conclusioni di notevole interesse semeiologico clinico. La prima osservazione (già di antico rilievo) è stata che lo schiocco compare dopo un intervallo piuttosto lungo dall'inizio del II tono, cioè dopo la chiusura della valvola aortica (in genere 80 msec.). Molte interpretazioni sono state avanzate (gli AA. ne enumerano ben 13), tutte basate su dati ottenuti con tecniche extracardiache e fra queste degne di nota sono quella che considera lo schiocco come dovuto a vortici od a turbolenza generata quando la corrente scorre attraverso l'orifizio stenosato e quella che considera lo schiocco come un'onda di shock dovuta alla chiusura aortica e che viaggia verso il basso urtando contro una mitrale stenosata. Ambedue queste interpretazioni, come si vede, considerano che lo schiocco insorge dopo che la mitrale si è aperta. Se lo schiocco fosse dovuto ad un'apertura della mitrale, si dovrebbe ammettere che questa rimane chiusa ben 80 msec. dopo la chiusura della valvola aortica e che quindi più del 25% del tempo totale utile per il riempimento ventricolare so. andasse perduto; l'ostacolo effettivo al flusso sarebbe allora più grave di quello indicato dalla formula comunemente usata per la valutazione dell'orificio atrio-venrricolare che è basata sul tempo totale per il battito meno l'intervallo sistolico. Gli AA. analizzano i dati ottenuti dalla misurazione delle variazioni pressorie atriali e ventricolari sn e dci gradienti atri~ventricclari che si osservano durante la sistole atriale. La prima constatazione è che la pressione atriale sn cade rapidamente prima dell'inizio dello schiocco, a dimostrazione che prima dello schiocco i lembi rhitralici si sono già aperti e che il sangue ha cominciato a fluire dall'atrio al ventricolo. La terza osservazione è che lo schiocco può essere meglio ascoltato in alto ed a ds dell'apice cardiaco, sostenendo quindi la tesi che esso è più intenso nell'atrio che nel ventricolo. La quarta osservazione è che, 10 mscc. dopo lo schiocco, la pressione atriale sn comincia a risalire bruscamente a dimostrazione dell'avvenuta chiusura della mitrale (l'intervallo di IO msec. è dovuto alla inerzia delle misurazioni pressorie rispetto alla estrema velocità del fenomeno sonoro). Anche vecchie osservazioni rocntgenkirJlOgrafiche documentano questa nuova interpretazione dello schiocco. L'apertura di una valvola, affermano gli AA. può generare un rumore, ma questo è abitualmente di tale bassa ampiezza che non può essere ascoltato, mentre è la chiusura di una valvola che genera un rumore la cui ampiezza è in rapporto con la velocità di chiusura. Anche la idrodinamica è in accordo con l'emod inamica. Quando un liquido è 10 movimento, una parte più o meno notevole della sua energia potenziale si trasforma in energia cinetica, per cui i lembi mitralici, prima sollecitati ad aprirsi, vengono poi sollecitati ad avvicinarsi ed a chiudersi con un rumore che, nella stenosi mitralica, sarà multo intenso data la modificazione isto-patologica di essi (fibrosi, cartilaginei, calcifici); avvenuta la chiusura valvolare, cessa l'energia cinetica che si trasforma di nuovo tutta in energia potenziale e di nuovo i lembi sono sollecitati ad aprirsi; la successione di tali aperture-chisure ravvicinate in telesistole atriale (presistole ventricolare) sarebbe la responsabile del caratteristico rullio presistolico della stenosi mitralica. Lo schiocco è uno dei primi segni della stenosi mitralica ed esso è tanto più intenso quanto più serrara è la stenosi. Esso però non è patOgnomonico della stenosi mitralica, potendosi ascoltare anche in altre evenienze patologiche (insufficienza mitra lica, dotto arterioso, difetto del seno ventricolare, mixomi atriali) e perfino nel cuore normale dopo sforzo (ipercinesi cardiaca) e pertanto l'intervallo II tono-schiocco non può essere ra pportato ad una anormalità anatomica della valvola.


Gli AA. concludono la loro esposizione di fatti, affermando che: l) il termine c schiocco) implica una chiusura valvolare; 2) il termine c schiocco di apertura della mitrale:. deve essere sostituito con quello di c schiocco di chiusura della mitra le». MELCHI0:-10.\

MA$Sl~'>C G.K .. }A~H., TH. ~-: Conducilo/l and block in the right bundle branch. -

Circul., 1972, 45, 1-3. Gli AA. prendono lo spunto dal precedente lavoro di Moore e col!. sulla istologia c sul tempo di conduzione nella branca Jcstra (BD) in una famiglia di cani affetti da ipcrtrofia focale erc<:litaria del ventricolo ds, nei quali la cau$a del quadro ecgrafico di blocco di branca ds (BBD) incompleto era dovuto a questa ultima anomalia familiare e non ad un ritardo della conduzione nella BD. Gli AA. ritengono pertanto, nel loro editoriale, di nportare in patolog•a umana questi dati sperimentali di Moore e co!J. Il quadro ecgrafico cosiderto del BBD incompleto {allargamento del complesso QRS oltre i O.JT" nell'adulto, r' terminale in v, e presenza di un'onda S in v,, v,, Dt) indica semplicemente che il ventricolo ds continua a depolarizzarsi dopo che si è completata la de"polarizzazione del venttricolo sn, ma le cause di questo prolungamemo della depolarizzazione \'entricolare ds possono essere varie: l) ritardo del termine della depolarizzazione ventricolare ds dovuto ad una lesione nella via atriale internodale o nel nodo arrio-ventricolare o nel fascio di His. Nel 76% di soggeui con cosiddetto BBD incompleto, Lenègre ha trovato che la BD era istologicamentc normale, mentre nel 94% coesisteva una ipertrofia ventricolare ds. Questa allora è sufficiente di per se stessa a ritardare la depolarizzazione ventricolarc o prolungando il tempo di conduzione in una BD normale, o prolungando il tempo di conduzione in una rete subendocardica di Purkinje ventricolare ds normale od aumentando la durata del tempo di attivazione end ocardio-epicardio per un aumento dello spessore della parete. Pertanto, richiamare l'attenzione solo sull'aumento del tempo di conduzione nella BD è errato non solo scientificamente, ma anche da un punto di vista clinico in quamo può distrarre l'ccgrafologo da una diagnosi di ipcrtrofia ventricolare ds; 2) precocità del termine della depolarizzazione ventricolarc so (per breve durata come avviene nella prima infanzia a causa dello scarso spessore del ventricolo sn o per vero e proprio inizio precoce). Mf.LCHIO:-OA

SHABETAI R., DAVIDSON S.:

Asymmetrtcal hype1·trophic cardiomyopathy simulating mitral stenosis. Circul., 1972, 45, 37-45.

L'osservazione clinica e strumentale si è da parecchio tempo polarizzata sulla cardiomiopatia (cmp) ipcrtrofica del ventricolo sn con ostacolo all'efflusso come avviene nella stcnosi subaortica ipertrofica idiopatica, ma già nel passato erano stati descriui casi di cmp ipertrofica asimmetrica con ostacolo aì!'afflusso. Gli AA. riportano i dati clinici c strumentali di 3 donne dell'età media di oltre 40 anni che erano state ricoverate per un intervento di stenosi mitralica c fanno una revisione critica dci dati che condussero all'errore diagnostico, ma che, bene valutati, avrebbero potuto invece permettere una formulazione diagnostica esatta.


l) la dispnea da sforzo, l'ortopnca. le palpitazioni, l'edema periferico, la storia di embolia polmonarc o cerebrale, dì fibrillazione atriale non erano certo specifici per una cmp ìpertrofica; 2) i dati ascoltatori (I tono apicale intenso, soffio diastolico ritardato ed a timbro rullante, a basso voltaggio, soffio sistolìco apicale) erano certamente segni ingannevoli, ma il vero errore fu quello di avere interpret:Ho come schiocco di apertura un lll tono, errore che si sarebbe potuto evitare se si fosse registrato un cardiogramma apicale simultaneo. Il meccanismo del l tono apicale intenso e del soffio diastolico rullante rimane però, per gli AA., oscuro nella cmp ipertrofica asimmetrica sn; 3) il sollevamento ventricolare sn senza evidenza dì insufficienza mitralica e la ipertensione (rilievi anomali per una stenosi mitralica) avrebbero dovuto suggerire la diagnosi di cmp primaria; 4) esame radioiogico: la dilatazione atriale sn ed i segni della congestione venosa polmonare specialmente a carico del lobo superiore parlavano certamente per una stenosi mitralica, ma nel caso I coesisteva una immagine da dilatazione ventricolarc sn ed inoltre in tutti e tre i casi era assente una calcificazione mitralica; 5) ecg: questo può essere utile per una diagnosi differenziale, anche in presenza di fibrillazione atriale, in quanto le onde S profonde nelle derivazioni precordiali ds e le inversioni dell'onda T in quelle so dovevano sollevare il sospetto di una ipertrofia ventricolare sn; nel caso 2 esisteva anche un blccco di branca sn completo e nel caso 3 le onde Q della faccia inferiore c laterale del mioeardio erano indicative di una cmp primaria. Pertanto, mentre alcune caratteristiche erano concordanti con la stenosi mitralìca, la coesistenza di segni di ipertrofia ventricolare so dovevano far pensare ad una anormalità miocardica; 6) ecocardiografia: non dava un quadro diagnostico di cm p ostrutriva del tratto di afflusso, ma la escursione normale o sopranormale del lembo anteriore della mitrale permetteva di affermare che i lembi miLralìci erano pieghevoli; nei casi 2 e 3 la velocità di chiusura mitralica era più lenta del normale, dovuta verosimilmente ad una diminuzione della compliance diastolica del ventricolo sn o ad una distorsione della valvola; 7) catetuismo cardiaco: gli studi emodìnamici erano incompatibili per una stenosi mìtralica, ma compatibili per una cmp (in particolare la portata cardiaca era diminuita, mentre era elevata la pressione tclediastolica ventricolare sn); 8) ventrico!ografia sn: fu di importanza cruciale; il ventricolo sn opacizzato era grossolanamente anormale, con miocarclio spesso ed ipertrofia del setto e con superficie diaframmatica irregolare e concava; era evidente anche la presenza di un rigurgito mitralico. Come in tuni i casi di cmp primaria, anche questa che colpisce il tratto di afflusso ventricolare sn è oscura. La storia naturale della malattia presenta un rapido deterioramento con fibrillazione atriale, trombocmbolie, insufficienza mitralica progressiva e scompenso cardiaco irriducibi'e. MELCHIONOA


SOMMARI DI RIVISTE MEDICO- MILITARI

IN T E RNAZIONALE REVUE INTERNATIONALE DES SERVICES DE SANTÈ DES ARMÈES DE TERRE. DE MER ET DE L'AIR (a. 45, n. 2, 1972): M~ir~lles Do Souto: Compendio storico sul Servizio della Sanità Militare portoghese.

GRECIA 11ELLENIC ARMED FORCES MEDICAL REVIEW (vol. 5, n. 6 dicembre 1971): Sou/is D.: La classificazione dei disordini della personalità; Philippopoulos G.S.: La dinamica delle alterazioni della personalità; Angelidis A.: L'etiologia della personalità psicopatica; Costantinidis E.: Psicoparologia della personalit~ psicopatica; Vadikolias M.: Sintomatologia della personalità psicopatica; Papageorgiou M.G.: La dipendenza da droghe; Vadikolias M., Stergioulis D.: Valutazione della simulazione nella personalità psicopatica; Platakos Th.: Alterazione della personalità nelle reclute; Dcliyannis E., So/datos C., Nomikos N.: Dati statistici sulla incidenza delle malattie nervose e mentali nelle Forze Armate; Vadikolias M., A11gelidis A., Stravrianoudakis E., Stergioulis D., Sourovalis G.: Studio statistico su 2360 soldati psicopatici esaminati al 424° Ospedale Generale negli anni 1960-1969; D~liyannis E., Panagopou/os G., Kouretas N.: Analisi di 45 casi di intossicati da hashish; Dem~rtzis D., Schizas N.: Le anemie nei psicopatici; Kevrekis G.: Simulazione di malattie gamointestinali con la deglutizione di corpi estranei; Kt·imis P.: Metodologia dell'esame degli autolesionisti in tempo di pace; Deliyannakis E.: Trattamento delle personalità psicopatiche e dei tossicomani nelle Forze Armate; Giannoudas A.: Le personalità psicopatiche come problema sociale c militare in Grecia; Nicolopoulos P.: Relazione tra abuso di droghe c personalità psicopatiche; Stravrianoudakis E.: Valutazione clinica delle reazioni psicopatiche nelle Forze Armate e dei problemi del loro trattamento; Soulis D.: Trattamento del disadattamento all'ambiente militare; Contoangelos A.: Alterazioni della personalità quale problema sociale e militare; Kranidiotts P.: Problemi di carattere medico-legale nei psicopatici.

JUGOSLAVIA VOJNOSANITETSKI PREGLED (a. XXIX, n. 2, febbraio 1972): Hranilovic A. e col/.: Riflessioni sull'attività tecn:ca del farmacista e sull'attrezzatura delle farmacie nell'armata operativa durante le operazioni di guerra; Markovic 8. t: coli.: Lesioni della vescica urinaria e deU'uretra in pazienti con frattura della pelvi; Pisccvic S. e col/.: Lesioni delle arterie in tempo di pace; Dimkovic R. t: col/.: Contributo all'esame di preparati colorati con benzil-penicillina-potassio; Dokovic V. e col/.: Effetti dei narcorici vasoattivi e del condizionamento sulle alterazioni is o'ogiche dei tessuti epatici in ratti soggetti a trauma dal laccio emostatico; Radufovic D.: Effetto del lattobacillo bifido sulle entcrobatteriacee; Rodovanovic S.: L'alimentazione di pazienti con insufficienza renale cronica;


370 Katan E.: Trattamento dei combattenti congelati appartenenti alla brigata proletaria durante la marcia attraverso la montagna di Igman nel gennaio 1942. VOJNOSANITETSKI PREGLED (a. XXIX, n. 3, marzo 1972): Vojvodìc V. e co/l.: Effetto di un miscuglio di atropina, di bcnactizina e pralidoxima sull'organismo e sulla capacità combattiva di uomini volontari; Vojvodic V. e col/.: Somministrazione di antidoti contro le intossicazioni chimiche massive; Pesic V. e col/.: Possibilità di somministrazione agli uomini di carne di animali intossicati da composti organofosforici; Maksimovic M . e coli.: Preparazione di un miscuglio di PAM 2 Cl e di Colinolitici per somministrazionc parenterale e stabilità delle oxime nelle soluzioni acquose; Stevanovic M. e co/l.: Biochimica della intossicazione provocata da composti organofosforici; Boskovìc B.: Effetto delle oxime sul blocco ncuromuscolare causato dal Soma n dal Metil-pi nacoliloxyfosforil·tiocolina e dal Medemo; fovic R.: Ossigenoterapia dell'intossicazione sperimentale da Soma n; Stamenovìc B.: Effetto dell'aumentata concentrazione di cloruro di calcio sulla liberazione spontanea dì acetilcolina a livello delle sinapsi neuromuscolari di anfibi intossicati dalla tossi na del Clostridium borulinum di tipo A; Haidukovic S. e co/l.: Studio del danno emopoietico c del potere rigencrativo in ratti messi a digiuno e irradiati; Rosic N.: Effetto di piccole dosi di bcnzilati di piperidina sull'apprendimento dei ratti; Piscevic S. e co/l.: Effetto associato del sarin e di una lesione traumatica sul tempo di sanguinamento c sulla sopravvìvcn7a di animali in esperienza; Vo;vodic V. e coli.: Effetti del Sarin sull'evoluzione e sulla comparsa del traum:nismo da laccio emostatico negli animali di controllo trattati con gli antidoti.

MESSICO REVISTA DE LA SAl\'!DAD MILITAR (vol. 25, n. 6, settembre 1971): Oclwa Romo A./., Berna/ Sanchez C.C.: Resezione massiva dell'intestino tenue; Lozano G.B.: Sul trattamento del carcinoma ccrvico- uteri no in stato avanzato; de la Vega Gomez C., Lagan·ign Attias f.: Su una donna di 39 anni con una sindrome di invecchiamento prematuro accompagnato da ascite e denutrizione.

PO RTOGALLO REVlSTA PORTUGUESA DE MEDICINA MILITAR (vol. 19, n. 3, 19ìl): Fernandes Tendet· A.A.: Cibernetica. Prospettive attuali e future, influenza sulla evoluzione della società e sulle Forze Armate; Motinho H.: La funzione visiva nelle specialiù èeii'Esercito; S1moes da Crur: Fermra F.: La funzione dell'Ospedale Universitario nell'Igiene e nella medicina; De Morais F.: I fondamenti della selezione medicosportiva; Maldonado Simoes A.: Incidenti della decompressione e relativa terapia.

REPUBBLICA FEDERALE T EDESCA WEHRMEDIZI •1SCHE MONATSSCHRTFT (a. 16, n. 2, febbraio 19ì2): Souchon F.: Sull'influenza dei f:mori ambientali nel rendimento degli equipaggi marittimi; Wirths W.: Sulla crisi del vettovagliamento civile durante le operazioni militari; Leeder H.: Esperienze con un nuovo preparato contro diverse forme di diarrea.


37C WEHRMEDIZINISCHE MONATSSCHRIFT (a. 16, n. 4, aprile 19i2): Lundsbug IV.: Analisi degli incidenti aerei in una squadriglia aerea di F 104 della Marina; Schmahl K.: Registrazioni automatiche dell'elertrocardiogramma e loro valutazioni con un calcolatore digitale; Fossbmd~r li.G.: Classificazione sistematica della poliatrite cronica.

ROMANIA REVISTA SANITARIA MILITARA (n. 6, noYcmbre- dicembre 1971): Marincscu B., T~odor~scu C., Mihalach~ Gh., Ganta P., Miinca P.: Le forme cliniche di deficienza cardiaca; Turcu E., Efanov E., Mucari~ C., Craioveanu S.: Criteri diagnostici della incipiente insufficienza cardiaca; Zamftr C., T/cnnaanu V., Andronic C.: Indicazioni e conrroindicazioni del trattamento digiralico nella insufficienza cardiaca; Mihailcscu V.: Terapia diuretica della insufficienza cardiaca; lotzcscu M., Zelur E., Cazan A., Bobul~scu E.: La prevenzione dei fattori che aggravano l'insufficienza cardiaca; Apr~ot~sei C.: Il ruolo dt>lla AMP nella regolazione dei processi biochimici; Vaitzrr E., Socosan Gh., Zamfir C.N., Serbati L.: Tubercolosi polmonare fibrocaseosa estensiva secondaria in giovani reclute dopo regressione precoce dovuta a trattamento tubercolostaticc>; Mihalceanu S., Marinescu R., Mcrca Z.: Tromboflcbitc ricorrente quale manifestazione paraneo· plastica di un cancro addominale; Ciuca Tr., Mihalache V., Lundesman V.: Un semplice metodo diagnostico nella tricomoniasi urogenitale; Flcseriu 0., Oprcanu M.: Una ada· mantinoma della mandibola; Bo1dan N., Cotiga D.: Nuove specialità in terapia oculare; ~'ostoiu D., Anton M., Boiuanu T'.: Le costanti fisiche urinarie dci piloti durame i voli supersonici; Ghcorghiu D., .\.1ihotl~scu C., Ungureatm A.: Su un metodo per stabilire la tolleranza massima allo sport; Dmu P.: L'efficacia della lotta contro la tubercolosi in una unità militare; Tuco D.: La terapia delle malattie allergiche in una unità medica.

U.S.A. MILlTARY MEDICINE (vol. 136. n. 12, dicembre 1971): Wcnzel R.P., Mc Cormick D.P., Smith E.P., Clark D.L., Beam W.E.: Le malattie acute dell'apparato respiratorio: osservazioni cliniche ed epidemiologiche sulle reclute; Strongc R.E.: 11 comportamento dd medico federale di fronte ai problemi dell'alcoolismo; Ydis M. , Re1d J. W., Burd R.M.: Insufficienza renate acuta complicante un colpo di calore; Sazima H./. : Diagnosi e trattamento delle fratture dell'eminenza malare; Pcttv C., Taylor W.: Terapia inala oria: esperienze in un Ospedale del Viet-nam; Stutz F.H.: Pneumotorace bilaterale in seguito a pneumoperitoneo; Stucker F.j., Echols W.B.: Pr<r blemi otorinolaringoiatrici nell'esplorazione subacquee: Jackson F.E., 13ack ]., Pratt R., Flcming P.: Frammenti di proiettile di artiglieria nel .3" ventricolo del cervello causanti il blocco ritardato dell'acquedotto di Silvio.

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M.


.. NOTIZIARIO

NOTIZIE TECNICO - SCIENTIFICHE Storia del DDT. E' stata tratteggiata, nell'aprile u.s., dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. 1el 1948 il Premio 'obel per la Medicina fu assegn:no a P. MuUer per i suoi lavori sul DDT. Ovunque la scelta fu ritenuta ben isptr:lla. Venti anni dopo, il DDT \eni\·a ritenuto uno dei veleni più pericolosi per l'uomo. Che era successo~ Lo scopritore era stato un benefattore dell'umanità o un impostore? Bi~ogna ricordare che dopo la t• g uerra mor.diale il tifo esantematico falciò migliaia di vittime tra la gente affamata. Dopo la 2• guerra mondiale, invece, malgrado rovine e desol::t7.ioni, la malattia fu bloccnw dalle polverizzazioni con DDT. U n'altra malattia debiliwn te, mortale, oiù diffusa nel mondo è la malaria. Contro di essa, talune Nazioni, sollecitate dall'OMS, hanno dichiarato guerra ad oltranza me· diante il DDT, allo scopo di eliminare completamente la malaria. Infatti il DDT ~ molto adatto alla distruzione delle zanzare, mediante polverinazioni sulle mura delle abitazioni. Dopo un certo numero di anni possono sospendersi le poh·erizzazioni: le zanzare possono ancora pungere, ma non trasmenere la malattia. La lotta antimalarica ha già dato i suoi frutti: prima delh1 scoperta del DDT, circa la metà della popolazione del mondo viveva in regioni malariche; oggi quasi 1'80 della popolazione minacciata è protetta. Si sono avuti risultati spettacolari, specie a Ceylon. Ma non è la malaria la sola malattia controllata dal DDT: sono divenute più rare le epidemie d i febbre g ialla c di peste, la malattia del sonno c l'oncocercosi vanno spnrendo da tnlune regioni africane. In tutte gueste campagne, che si vanno face ndo col DDT da oltre 20 anni, non sono stati rilevati effetti tossici nelle centinaia di milioni di persone, le cui abitazioni sono state per anni polverizzate con DDT. Il fatto non si presta a commenti: l'uso del DDT , se limitato al campo medico, va considerato tuttora un incomestabile beneficio per l'umanità. Ma, in seguito, si sono faui dell'insetticida altri usi, di cui taluoi si sono dimostrati meno benefici. ll DDT entrò così, rapidamente, in agricoltura: una, due e talora tre polverizzazioni sui c:tmpi e sugli alberi; i residui d i DDT cominciarono ad entrare nel ciclo biologico della maggior parte degli organismi viventi sulla terra. Sono stati i natu ralisti a lanci:1re un g rido di allarme, avendo visto scomparire prog rcssiv;:unente talune specie di uccelli, i carni vori in particolare, ed ave ndo rilevato con inquietudine la presenza di Quantità maggiori di DOT nella fauna selvaggia. Questo allarme fu ben prestO accolto cd ampliato da altri, preoccupati del modo pericoloso con cui l'uomo stava moJificando il suo ambiente. La polluzione atmosferica c quella dt'Llc acque aumentavano: si era notata presenza di DDT nei pesci dei laghi. Si è allora temuto il peggio: cioè che la \'ita animale stesse scomparendo per il DDT. T più pessimisti hanno persino prospettato che questo parassiticida fosse cancerogeno eJ avrebbe compromesso l'esi stenta stessa delle generazioni future. l n tal uni ambienti. ememisti, dell'opinione pubblica, si è persino chiesta l'interdizione totale del DOT.


373 Tra gli argomenti principali contro il DDT vi è che si hanno oggi insetticidi più efficaci e presentanti minori inconvenienti. Ma ciò è vero in modo relativo. Si è à nche deno che gli insetti sono divenuti resistenti al parassiticida; il che ne renderebbe dubbia l'efficacia. Quanto al rischio cancerogeno, non esiste alcuna prova seria che possa affermarlo: non possono ~eneralizzarsi i risultati d i esperienze di laboratorio con dosi massive somministrate a ratti. Si è detto che il DDT presenta i pericoli di una bomba a scoppio ritardato, in quanto si ignorano ancora gli effetti a distanza di un accumulo del DDT nell'organismo. E' un'ipotesi che non ha valide basi: non è opportuno non tener conto dei vantaggi reali per danni ipotetici; d'altronde le tracce di DDT svelate nell'uomo non sono in aumento. Si è proposto di sostituire il DDT con procedimenti biologici capaci di neutralizzare le zanzare; ma sono mezzi che non possono ancora usarsi efficacemente su larga scala. Pertanto - rileva I'OMS - nell::t lotta contro le malattie trasmesse da inseni. il DDT resta il mezzo meno costoso e più sicuro, alla portata dei Paesi in via d i sviluppo. Ciò ,non vuoi dire che non si debhano ricercare altri metodi: I'OMS ha fissato un vasto programma di stud io di metodi di controllo biologico; comunque è inesatto pretende re che per ora vi siano m etodi capaci di sostituire il DDT. Volendo concludere, è da fare un rilievo: se, a seguito di preoccupazioni - legittime in sé, ma sbagliate circa il loro obiettivo - si interdicesse la produzione del DDT, potrebbero ave rsi numerose epidemie. Il caso di Ceylon è molto di mostrativo al rig uardo. In q uesto Paese, la mortali tà da malaria si era abbassata in modo spcttacolare e nel 1963 questa malattia, nella sua forma e nde mica, e ra praticamente scomparsa. T uttavia, quando per varie circostan ze le polverizzazioni dell'insetticida furo no interrotte, si ebbe una violenta recrudescenza della malattia (nel 1968 e nel 1969 si ebbero oltre 2 milioni di casi di mala ria ed un gran numero di morti). T utto ciò non era certo dovuto all'uso del DDT o alla resistenza degli insetti al DDT, ma al contrario al fatto che non si era più usato l'insetticida.

L a sostanza M nella difesa anti- infettiva. Le difese naturali e fisiologiche valgo no a spiegare le particolari resistenze o !abilità degli indi vid ui sani nei confronti dci germi infettanti, il diverso attecchimento, la diversa loca lizzazione e la diversa virulenza di questi e quindi la gravità e l'esito delle malattie i nfettive. La conoscenza del meccanismo da cui tali fe nomeni dipendono ha avuto notevole svil uppo quando le ricerche si sono spostate dal cam po morfologico e quindi cellulare a quello biochimico e quindi molecolare. Fanno parte del patrimonio biochimico acce nnato le sostanze di difesa anti-infcttiva di cui P. M;scherpa (Clinica Europea, X, 100, 1971) ha fornito alcuni dati fondamentali. Le ~ostanzc fisiologiche di difesa a nti-infettiva possono essere prese in considerazione e classificate secondo vari concetti : in base alla loro fisio logicità; in base alla loro sede; in base alla loro natura chimica ; in base al grado ed alla selettività della loro azione antimicrobica; in base alla loro tossicità; in base alla loro azio ne terapeutica. Tutti i criteri suddcni sono applicabili ad un fattore anti tubercolare, scoperto dall'A. nel 1952 e studiato da numerosi studiosi nell'Istituto di Farmacologia e Terapia sperimentale dell'Università di Pavia. Questo fattore, sigla to «sostanza M », è presente nei tessuti di animali (bovini, cavallo, maiale, uomo) in condizioni fis iologiche. La fisio logicità della sostanza M è


374 dimostrata dalla sua presenza nel liquido ::unniotico, nel feto a termine e nel neonato di animali esenti da tubercolosi da tre generazioni. La sostanza M è contenuta soprattutto nei tessuti del polmone; non si trova nel sangue. L'estrazione avviene con metodi che rispettano l'integrità chimica e biologica. Allo stato attuale della purificazione, si può escludere la presenza di sostanze tessutali ad alto peso molecolare (proteine, grossi polipeptidi, acidi nucleici). Il peso molecolare della sostanza M - col complesso dei suoi componenti -, determinato col metodo della filtrazione frazionata, è inferiore a 1500. Alcuni di tali componenti sono polipeptidi e aminoacidi (non tutti identificati) raggruppati in un sistema e separabili per elettroforesi c cromatografia. In base a risultati chimici e microbiologici si sono escluse altre sostanze antitubercolari presenti nel polmone (lisozima, spermina e prosraglandine). L'azione selettiva è stata dimostrata in vitro su micobatteri tubercolari e para· tubercolari, anche chemioresistenti, coltivati su terreni liquidi e solidi. Le concentrazioni minime inibenti oscillano (per la sostanza Yt: nel suo complesso) tra 10 e 200 mg/ml. Contrariamente ad altre sostanze azotate ad azione antimicobatterica, la sostanza M ha una wssicità molto limitata; l'indice chemioterapico è presumibilmentc molto elevato. Gli studi iniziali sull'azione profilattica e terapeutica nell'animale da esperimento e nell'uomo hanno dato risultati molto interessanti. l migliori risult<1ti sì sono ottenuti in casi di mbercolosi cronica insensibili agli attuali chemioantibiotici. Per quanto riguarda il meccanismo delle sostanze fisiologiche di difesa ami-infettiva in genere e della sostanza M in ispecie, è presumibi le che, oltre l'azione diretta sul numero e sulla virulenza dei germi infettanti, si abbia un effetto a livello biochimico tessuta le che rende il << terreno organico» meno recettivo. E' evidente - rileva l'A. - che il medico deve rispettare e potenziare le difese anti-infettive naturali. Si può anche delineare una 4 terapia fisiologica:. delle malattie infettive, che è ben altra cosa di una « terapia biologica », realizzata - ad es. - con antibiotici. Per tutte queste possibilità dì carartere applicativo, l'argomento è da ritenersi importante e degno di u lteriori studi sperimentali e clinici.

Il vino ne!J'alimentazionc: uso cd abuso. Non bisogna essere ad ogni costo detrattori o sostenitori del vino; è invece preferibile - secondo A. De Gregari (Clinica Europea, X, 219, 1971) - rilevare i vantaggi dell'uso moderato del vino e mettere in guardia dagli effetti dannosi derivanti da un suo irrazionale abuso. Volendo stabilire u n criterio qua ntitativo, può dirsi cbe non dovrebbero superarsì le seguemi dosi quotidiane: un litro per chi svolge un lavoro pesante, tre quarti per un operaio, mezzo litro per un lavoratore sedentario e per la don na. Gli effetti benefici del vino si manifestano sul sistema nervoso e sulla psiche, su vari apparati (digerente, respiratorio, circolatorio), sul rene, sul metabolismo organico. Il vino può essere dato utilmente, salvo poche eccezioni, anche ai malati; il suo uso migliora l'umore, rende la malattia meglio sopportabile e rende più appetibili particolari diete. Ma i benefici effetti del vino sono condizionati dal suo uso moderato, fatto solo durante i pasti.


375 L'abuso provoca inevitabilmente intossicazione e danno a tutto l'organismo. Particolarmente il sistema nervoso ed il fegato sono sensibili all'azione tossica dell'alcool; le alterazioni a carico del sistema nervoso e della psiche sono spesso precoci e si manifestano con tremore alle mani, incoordinazione motoria, diminuzione della vista e dell'udito, riduzione del livello intellettivo e volitivo, diminuzione del normale potere critico, instabilità dell'umore. Questi disturbi vanno attentamente valutati perché permettono una diagnosi c dei provvedimenti precoci, prima che il danno causato dall'alcool sia tale da rendere l'individuo schiavo dell.'abirudine di bere alcoolici, con eventuali quadri di psicosi alcooLiche. Anche il fegato è molto sensibile all'azione dannosa dell'alcool: se questa è intensa e prolungata, può andarsi incontro alla cirrosi (in Italia muoiono ogni anno per cirrosi epatica più di 10.000 persone c molti casi sono di origine alcoolica). Anche l'apparato cardio-vascolare risente dell'azione dannosa dell'alcool: taluni attribuiscono all'alcool una diretta responsabilità nel determinismo di certe insufficienze cardiache primitive; altri pensano che l'alcool aggravi le condizioni del cuore, quando esso è già colpito da processi infiammatori o .:legenerarivi. Oltre ai danni individuali dell'alcool sono molto rilevanti quelli sociali. Più che i danni gravi dovuti all'alcoolismo conclamato, sono da valutare, a scopo preventivo, quelle manifestazioni più lievi dovute all'abuso abituale ·di alcool, con conseguente disturbo dell'equilibrio del sistema nervoso c del sereno svolgimento della vita familiare e sociale. Il danno recato dall'alcool all'organismo può per molti anni dare solo lievi manifestazioni cliniche, ma le reali alterazioni anatomo-funzionali possono essere molto più profonde ed intense di quanto i lievi sintomi clinici facciano pensare. E' poi notevole l'influenza dell'alcool sugli incidenti stradali. In molti Paesi si fa sempre più preoccupante l'influenza che l'eccesso dell'alcool ha sul comportamento dell'automobilista e nel determinismo degli incidenti stradali. Anche in Italia la situazione sembra essere piuttosto pesante, pur non essend<l possibile un'esatta valutazione, non essendo ammessa la derermin1zione del tasso alcoo!emico, ritenuta lesiva della personalità umana. Nei Paesi europei generalmente il tasso alcoolemico oltre il quale il conducente di auto è passibile di sanzioni è dell'l%o. Quanto al consumo di alcool in Italia, dai dati forniti dall'OMS si rileva che tale consumo dell'alcool assoluto annuo pro capite è di 14 litri: l'Italia è al secondo posto nella graduatoria internazionale dopo la Francia, che detiene il primato con 30 litri pro capite; seguono la Svizzera con W litri, gli Stati Uniti con 8, la Svezia con 5. Concludendo, il vino è indubbiamente utile per le sue azioni farmaco-dinamiche e per la sua efficacia sulle facoltà superiori della psiche, stimolando l'attività creativa del pensiero e la fantas ia. Ma è necessario usare il vino moderatamente e soltanto durante i pasti. Il reale vantaggio fisico c psichico è condizionato da queste limitazioni, che vanno pertanto osservate con ferma determinazione della volontà. Gli effetti biofarmacologici del caffè. Del caffé si è tanto detto nelle credenze popolari e molto scritto nel volgere dei secoli, sì da far alternare ondate di entusiasmo per la sua azione ad ondate di preoccu· pazione su azioni secondarie. Nel sec. XVI, secondo alcuni medici arabi il caffé era dannoso per l'uomo e faceva compiere azioni che dispiacevano a Maometto. Erano pertanto proibite la vendita e l'ingcstione della bevanda - quanti contravvenivano a ciò erano condannati e posti alla berlina sul dorso di un somaro - . Però, a distanza di pochi anni c non lontano da questi paesi arabi. il Governo turco aveva emanato una legge, secondo la quale la moglie, a cui il marito avesse proibito li'ingestione del caffé, poteva chiedere il divorzio.


Comunque, l'uso del caffé si diffuse tra i pellegrini che dall'.\sJa, da!l'A&ica e dalla Turchia si recavano alla Mecca, ove li caffé godc,·a tanra considerazione da essere bevuto durante la preghiera nelle moschee e persino sulla tomba del Profeta. Sembra quasi accertato che gli antichi Greci e Romam cono~cevano il caffé nel suo u:.o più comune. Il primo a portare notizie del caffé in Europa fu il medico e botanico italiano Prospero Albino, reduce nel 1585 dal Cairo, ove aveva visto la pianta ed aveva potuto gustarne il decotto. ln quanto agli effetti biofarmacologici il caffé è annoverato tra gli alimenti nervini, sostanze aventi azione farmacologica tonica ed eccitante. G li efretti del caffé sono da attribuire per due terzi alla caffei na e per un terzo acl altre ~ostanze componenti del caffé che si producono nel corso della torrefazione. l"on tutti gli effetti del caffé sono, pertanto, d ovuti alla caffeina: questa rimane S<'mpre un eccitante, ma la sua azione non è interamente idemificabile col caffé, poiché il complesso degli effetti indotti da t)uesta bevanda è da attribuire anche agli altri elementi di varia natura contenuti nel caffé, il quale non possiede alcun valore nutritivo se non c:uello calorico dell'eventuale saccarosio aggiunto per dolcificare (ma la sua attività ~ui ,·ari organi c sistemi può risultare utile all'organismo quale principale alimento nervina). Per quanto riguarda l'azione farmacologica del caffé mie azione è dovuta secondo molti Autori quasi esclusivamente alla caffeina. Vi sono tuttavia Jati che indicano che il cosiddetto c;ffeolo o caffeone, costilllito da oli volatili derivanti dalla torrefazione, eserciti effetti sull'apparato epato-bilinre. Sono noti gli effetti della caffeina sul sistema nervo~o e ~u quello cardio-vascolare. oltre che sull'apparato digerente {la caffeina stimola la secrezione gastrica c la motilità gastro-intestinale). Può dirsi, pertanto, che è nota l'a7ione della caffeina in senso immediato, ma poco si sa degli effeui e'ercitati dal caffé e dalla caffeina nel tempo, sull'equilibrio organico c sul metabolismo. Secondo moderne ricerche il caffé determina modificaztOni importanti nel metabolismo dei grassi liberi e degli idrati di carbonio, che possono assumere carattere prolung:lto o permanente se l'assunzione del caffé nel corso della giornata è particolarmente frequente. Questi rilievi di ordine fisiopatologico trovano riscontro in quelli clinico-epidemiologici, dimos tranti un ceno rapporto tra l'uso del caffé c le coronaropatie. Gli effetti del caffé sul sistema nervoso sono stati rilevati da diversi AA. La spiegazione di alcuni effetti della caffeina sull'organismo umano è strettamente legata alle modificazioni biochimiche ed alle variazioni del flusso ematico cerebrale ad essa conseguenti. Esistono però variabilità di effetti che si ossen·ano in dipendenza delle dosi e delle condizioni di sperimcntazione. Di notevole interesse anche l'azione del caffé sul sistema cardio-vascolare. Questa azione è meno potente di quella delle altre xantine, della teobromina e della teofillina, ma è pur sempre notevole. La sua attività diretta sul cuore c sui vasi viene, però, spesso ma!>cherata dalla prevalente azione stimolante che questa xantina esercita sul sistema nervoso centrale a tutti i livelli (corteccia, bulbo, midollo spinale). La somm inistrazione della caffeina è utile nella terapia di emergenza del collasso di genesi cardiaca; anche l'uso del caffé costituisce in sostan7a un ottimo tonico del cuore. Ma in queste condizioni aumentano il lavoro cardiaco ed il consumo di ossigeno del mioéardio, cui può sopperire soltanto un aumento del flusso ematico coronanco. Si giunge così alla contro,·ersa questione degli effetti della caffeina e, più in generale delle xantine sulla circolazione coronarica c dell'opportunità di usare queste sostanze nella terapia delle malattie delle coronarie e dell'i n farro del miocardio. Secondo parecchi AA. l'uso del caffé, quando non sia eccessivo, non è pericoloso per il cuore ùi un soggetto sano, anzi può essere un utile tonico, atto a mantenere in efficienza gli adattamenti funzionali.

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377 Quanto ai Yasi sangu•gni, la caffeina tende a restringerli per stimolazione del centro vasomotorio bulbare ed a dilatarlj per un effetto diretto sulla muscolatura vasale. Anche qui, dunque le azioni centrale e periferica sono antagoniste. A dosi terapcutichc, comunque, sembra prevalere l'azione vasodilatatrice nel territorio sistemico (specie nei distretti delle arterie polmonari, coron::.rie e re nali) e in vece quella vasocostriuricc nel distretto cerebrale. Il caffé e la caffeina, a dosi tcrapcuuchc, agiscono con un'azione tonificante sul circolo: ciò spiega l'utilità del loro uso in associazione con molti analge~ici ed antipiretici. l n oltre la caffeina alb·ia la cefalea degli ipenesi e specialmente l'emicrania ''asomotoria. In quanto al meccanismo fa rmacologico della caffeina bisogna tener presenti i costi tue nti chimici che sono responsabili del meccanismo di rcgolazione metabolica e le loro funzioni nelle cellule. Bisogna ricordare, infine, che la vecchia credenza popolare, per la quale il caffé veniva considerato un a limento, trova una sua gi ustificazione sciemifica, anche se non si tratta di una sostanza che produce direttamente e nergia nel corso del metabolismu. Come si raggiunge una buona efficienza fisica. più recenti me todi per potenzi:1re i muscoli, la respirazione e la cfficicnz~1 fisica, che sono alla hasc della salute, sono stati illustrati alla Fondazione Carlo Erha dal professar Carlo Sirtori. 1l più semplice - ha detto - è quello di praticare 30 secondi di corsa seguiti da 30 secondi di riposo per \'enti volte tre giorni alla settimana. l muscoli aumentano del 60' ..,. Vi sono anche mezzi dumici, come la somministrazione di ormoni. con i ouali i muscoli possono aumentare di 15 kg nell'uomo e di l O nella donna. Circa g li sport, oual'è il più antiartcriosclerotico? E' l'aLictica leggera: velocisti e fo ndisti hanno meno colesterolo e trigliccrid i, seguono i boxeur, i nuotatori e, u ltimi, i calciatori. Anche la respirazione è importante. Le donne che prendono ~rogesteronc, contenuto anche negli anticoncezionali, hanno una respirazione più efficiente. l fumatori hanno una respirazione poco valida perché la nicotina blocca i c sospiri :t. cioè quelle saltuarie profonde respirazioni che dilatano beneficamente i polmoni. Sirtori ha parlato anche dei dolori muscolari e dci crampi. l primi sono spesso dovuti a tOssinc intestinali _ , quali indolo e scatola - da eccessiva alimentazione; i secondi all'esaurimento d i una sostanza, chiamata ATP, per cui le due più importa nti componenti dd muscolo, l'actina e la miosi na, si fondono, si bloccano, diventano dure come pietre. Anche il peso corporeo è importante. Dopo i 30 anni l'alimemazione deve essere per le donne, per adeguarsi al calo dei ridotta dell' ll 0 o per gli uomini e del 5 consumi basali dell'organismo per il respiro c per il cuore (quel che si chiama metabolismo basale). Oggi la conoscenza dei muscoli ha compiuto straordinari progressi. Si sa che contengono sei s:>sranze: actina, miosina c ATP già menzionati, e inoltre tropomiosina, calcio e troponina. Si sa anche che l'ormone attivante i muscoli raggiunge il nucleo delle cellule come androstanolone, poi passa nel citoplasma come androstenediolo, e qui induce la formazione delle proteine muscolari. Con queste conosct>nze si ampliano le possibilità del volo umano muscolare. Già si dispone di 12 aerei (6 britannici, 5 giapponesi, l americano) che si librano in volo con la sola forza muscolare uma na. L'atleta -· h:1 concluso Sirtori - è come un prodotto chimico be n riuscito, c laddo\'e manca qualche elemento la scienza oggi è in grado di provvedere.


Identificata una molecola attiva contro l'invecchiamento. Da circa tre anm st conosceva l'esistenza, nel citoplasma di varie cellule animali, dt una molecola attiva sul metabolismo mitocondriale: l'avevano scoperta Loh e colla· borarori. Ora alcuni ricercatori francesi. Binct c collaboratori, sono riusciti ad identificarne una parte cd a chiarire il ruolo che essa ha da un punto di vista fisiologico. Anzitutto è stato precisato che essa è presente nelle cellule in quantità ormonali, cioè addirittura molecolari; si tratterebbe di un peptide ciclico dal peso molcc:olare di circa 2.000, idrosolubile e dotato di carica elettrica negativa. Essa sarebbe in grado, grazie soprattutto al controllo che sembra esercitare sui movimenti del magnesio della membrana cellulare, di proteggere dall'invecchiamento non solo i mitocondri e i sarcosomi, bensì anche i cloroplasti. Tale sostanza citoplasmatica protegge interamente la crescita di una coltura di batteri dagli effetti tossici di un composto, il levallorfano, che provoca una fuga massiva del magnesio della membrana. In tal modo rale molecola a meccanismo d'azione pressoché universale, sarebbe un fattore di integrità delle strutture delle membrane subcellulari. Ciò farebbe pensare ad interessanti applicazioni terapcutiche in malattie come l'infarto e certe forme patologiche di invecchiamento.

Calvizie e metabolismo degli a ndrogeni.

li medico canadese, Fazekas, ritiene che la causa della calvizie sia da ricercarsi in un aumento locale di concentrazione di androgeni. La calvizie sarebbe la conseg uenza ineluttabile di una stimolazione androgena ripetuta e prolungata negli uomini geneticamente predisposti all'alopecia. In effetti si è dimostrato che la trasformazione di testosterone in 5-alfa-di-idrossi-testosterone (che rappresenta probabilmente la forma attiva dell'ormone in numerosi tessuti androgeno-sensibili) avviene nella pelle umana ed a livello del follicolo del capello. Un altro androgeno capace di influenzare il funzionamento del follico lo è il deidroepiandrosterone che ha il tasso ematico più elevato di tutti gli ormoni steroidei. Nei soggetti affetti da calvizie è stato possibile isolare (dai bulbi capilliferi residui) ben quattro metaboliti, e cioè l'androslenediolo, il 7-alfa-di-idrossiand rostenediolo, l'androstenedione e il 5-alfa-androstenedione: la velocità con cui si formano le prime d ue di tali sostanze è nettamente superiore a quella dei soggetti con capigliatura normale, presi come controlli, ed è massima per l'androstenediolo. Tuttavia, prima di poter definitivamente accettare il ruolo di questi metabolici nella produzione della calvizie, sarà necessario studia me l'azione sulla sintesi proteica e sul processo di cheratinizzazione. Il cromosoma Y scompare nei vecchi.

t 1 dottori R. V. Pierre e H. C. Hoagland, studiando la mappa cromosomica delle cellule m idollari d i individui ultrascttantennì, hanno potutO osservare, in un'alta percentuale di casi, la scomparsa di un piccolo crom osoma acrocentrico, rivelatosi col metodo ùella fluorescenza come il cromosoma Y. Questo fenomeno, ritenuto ~inora raro e comunque da correlare ad eventi morbosi - per es. leucemia mieloide cronica - de,·e essere ritenuto, secondo i due studiosi americani, proprio per la sua alm frequenza, espressione di un normale fenome no di invecchiamento della cellula maschile. Pertanto le cellule somatiche di un individuo maschio perc..lono. invecchiando, il cromosoma Y.


379 [n netta discesa la curva di frequen za dei trapianti cardiaci.

La curva di frequen za dei trapianti cardiaci è in netta fase di discesa: raggiunto il m:mimo nel semestre del 1968 con 77 trapia nti (naturalmente in rutto il mondo), si è passati nei semestri successivi a 38, 15, 9, ancora 9 ed infine 6 trapianti in tutto il l" semestre del 1971. Complessivameme, come si rileva da uno studio di Coopcr, sono stati 174 g li interventi attuati dopo il primo storico tentativo di Rarnard su Washkansky, nell'ormai lontano dicembre 1967; i paesi che hanno più comribuito a questO numero complessivo sono g li Sta ti Uniti, il Canada, la Francia ed infine il Sud-Africa. Ancora oggi sono in vita 26 soggetti portatori di un cuore trapiantato: di que lli venuti a m orte nel frattempo ben 7 ave vano superato i 2 anni e lh di sopravvivenza.

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Sedie moderne per paralitici. Due nuove sedie per paralitici stanno per entrare in commercio, almeno in America del Nord. La prima è stata dìsegnam dal designer industriale Peter Bressler e la sua principale caratteristica consiste ne lla possibilità di far letteralmente c alzare io piedi> il paralitico che vi sra seduto, purché questi manovri esclusivamente due piccole e semplici leve, poste sui braccioli: la poltrona è dotata tra l'a ltro di due speciali bracciali che impediscono al corpo del soggetto, tenuto in piedi su una piattaforma, di cadere in avanti. Il prezzo previsto per questa poltrona si aggira sui 400 dollari. L'altra sedia è una diretta derivazione degli studi compiuti dalla NASA per i voli verso la luna: ogni comando può essere collegato ad uno speciale interruttore, che è il vero punto interessante di questa sedia e che è comandato esclusivamente dallo sguardo di retto del soggetto seduto sulla poltrona. La M:dia, così, può ad esempio girare o fermarsi semplicemente col fissare lo sguardo in una certa direzione.

Assuefazione alla nitroglicerina. Quando un organismo t: a~suefatto a lla nitroglicerina, al momento in cui si p rocede alla sospensione del suo trattamento si può osser vare una si ndrome anginosa, che traduce sul piano clinico la vasocostrizione- coronarica. A questa conclusione è giunto il cardiologo americano Lange, di Mi lwaukee (Wisconsin, U.S.A.), sulla base di uno studio condotto su 160 donne operaie in un'officina di munizioni, che da almeno 18 mesi manipolavano una poh·ere contenente il 37°~ di nitroglicerina. Otto di tali donne avevano accusato una sindrome stenocardiaca che compariva stranamente all'inizio del week-end, per scomparire con la ripresa del lavoro. Già quest'elevatissima percentuale del 5 °~, trenta volte più elevata di quella della popolazione normale, dava adito a qualche sospetto; Lange ha poi potuto osservare una malata durante una crisi anginosa, mettendo in evide nza con un c~ame a ng iografico che il 95% della ci rcolazione coronarica era bloccato. Un'iniezione di nitrogliceri na ristabilì la ci rcolazione coronar ica e fece scompari re del tutto il dolore. E' stato così precisato che i vasi degli operai esposti al contatto con derivati nitrici si assuefanno alle condizioni dell'organismo sottoposto per lungo tempo all'azione della nitroglicerina, sviluppando una ~pessa parete muscolare che quindi contribuisce a mantenere costante il calibro del lume vascolare; quando l'operaio lascia il la,•oro, la tonicità della parete muscolare del vaso si rilascia con la conseguenza di una crisi di angor per vasocostrizione delle arterie coronarie.


Dieta speciale per evitare recidive di infarto del miocardio. Una ricerca policentrica, attuata negli Stati Uniti (a Baltimora e Atlanta) ha permesso di accertare che l'aggiunta ad un dieta normale di tracce di metalli (zinco, rame e manganese), di resine a scambio ionico, di vitamina E e C e di piccole dosi di estrogeni e di ormoni tiroidei ha significativamente ridotto la mortalità per ricaduta di infarto del miocardio in soggetti che ne avevano già sofferto in precedenza: su 25 soggetti studiati solo uno è deceduto, mentre non vi è stato nessun altro infarto per tutto il periodo di osservazione della durata di sei a nn i. In condizioni normali il tasso di mortalità per questi soggetti e per tale periodo di tempo non è inferiore al 50'}0 • I soggetti sottoposti a questa dieta hanno anche presentato un miglioramento spiccato dci tests di sforzo fisico, nonostante che tutti fossero affetti da grave coronaropatia aterosclerotica. Nel riferire questi risultati, gli autori della ricerca, tra cui Isaacs, Lamb, Minnich ed altri, hanno ricordato di essere stati indotti allo studio dalla constatazione che l'azione fisiologica del miocardio sarebbe sorretta da una ben precisa dinamica metabolica. Precedenti osservazioni sul ruolo dei vari fattori poi inclusi nella dieta sul metabolismo cellulare in genere c sulle cardiopatie hanno consentito di preparare la dieta, i cui risultati potranno aprire uno spiraglio per il trattamento di altre affezioni metaboliche.

Isotopi radioattivi per lo studio dell'immunità linfocitaria. E' abituale ormai stimare la capacità di un soggetto di proteggersi verso uno specifico agente infettivo misurandone il livello anticorpale: così un elevato tasso di anticorpi verso un dato vir us indica che il soggetto è immune verso il virus. Ma sta diventando sempre più chiaro che l'immunità mediata da cellule, detta anche ipersensibilità ritardata, ha un ruolo ugualmente importante nel sistema di difesa dell'organismo verso agenti infettivi. In questo uhimo processa i linfociti immunologìcamente attivi possono entrare in contatto di retto con i coroi estranei ed inattivarli. Per cercare di valutare anche questa difesa sono in corso vari tip-i di ·ricerca. Tra di essi quello studiato da Bellanti e collaboratori, dell'ospedale di Brockton nel Massachusetts, valuta la capacità degli elementi linfocitari di inattivare cellu le infettate con il virus de~la parotite. Il metodo si basa sull'impiego di un isotopo radioattivo, il cromo-5 l , che prima vien fatto adsorbire dalle cellule infettate che successivamente vengono messe a conb-onto con i linfociti di cu i si vuoi saggiare l'attività lirica: ne è una misura la radioattività libera nel mezzo di coltu ra, che è espressione del numero delle cellule aggredite ed eliminate dai linfociti in esame, confrontata con quella di colonie non incubate con linfocitì. Tra i primi studi condotti e portati ad esempio nel corso dei lavori del l Congresso internazionale di Immunologia, tenutosi a vVashington, ve n'è uno SUl linfociti di pazienti afferri da panencefalitc sclerosante subacuta, una malattia che si riteneva dovuta ad un ~t virus lento» e comunque relativa ad un'infezione parotitica. E' stato trovato che in questi soggerti la risposta linfocitaria, misurata con il nuovo metodo, è inferiore a quella di soggetti normali; ciò comproverebbe, secondo Sellanti, la possibile deficienza di questo tipo di risposta immunitaria nella patogenesi di tale infezione a virus lento.

La sindrome da leucociti pigri. E' stata clinicamente inquadrata da M.E. Miller e col i. del « Children's Hospital » ed è caratterizzata da stomatite ricorrente, otite, gengivite, febbricola, normale immunità


umorale e cellulare, grave neutropenia periferica, norm:~le numero di neutrof ili m:nuri ed a morfologia tipica nel midollo osseo. scarsa rispo~ta dei leucociti periferici agli stimoli chimici o infiammatori, scarsa chemiotassi neutrofila c mobilità dci neutrofili molto ridotta. I neutrofili del sa ng ue periferico o delle sospensioni midollari presentano normali attività fagocitarie e battericide, in contrasto con una c hemiotassi quasi assente. I bambini affetti da questa c sindrome da le ucociti pigri:. presentano in pratica un deficit primario della funzione neutrofila, interessante sia la mobilità che la chcmiotassi. Tale alterazione sarebbe da associare alla malattia g ranulomatosa c ro nica, in cui i leucociti presentano una deficitaria attività battericida, causa di infezioni ricorrenri: il ouadro di infezione e la febbre risulterebbero dall'incapacità a liberare e mobilizzare ncutrofìli peraltro fuozionalmen:e normali, in presenza di stimoli batterici.

Nuovo antibiotico contro la gonorrea. E' la spcctinomicina, provata su 1500 malati, nei quali ha ottenuto il 95 di guangioni. E' una sostanza della hmiglia della streptomicina e della kanamicina, priva però della ototossicità della prima c della ncf rotossicit~ della seconda. Più efficace <iella penici llina, avrebbe inoltre il va ntaggio di poter es~ere adoperata in pnienti resistenti ad altri antibiotici ed in quelli allergici alla penicillina. E' somministrata per 'ia intramuscolare, in dose unica di 4 grammi per le donne e di 2 per gli uomini.

Batteri per scoprire l'eroina. Il notevole numero di drogati tra i ~olc.lati arnericam 10 servizio nel Vietnam ha portaw, tra l'altro, ad un'imensificazione degli studi sulla prevenzione e La cura di questa condizione. In questo quadro va posta la ricerca di metodi di diagnosi; ati Aberdeen, negli U.S.A., è stato messo a punto un nuovo d ispositivo per scoprire L'eroina, anche in quantità minime. Il metodo è addirittura portatile e consiste in una valigetta contenente una turbina azionata da batterie, da un fotometro c da un ceppo di batteri che in presenza dell'eroina emettono una luce brillante. La ricerca si può così effettuare con noLevole rapidità e il metodo verrà utilizzato, insieme ad altri, nel tentativo di stroncare il traffico di droga, specialmente notevole nei reduci dal Vietnam.

Isolato il fattore responsabile della cachessia neoplastica. Perché i soggetti portatori di un'affezione neoplastica dimagriscono c si indebolì· scono? La domanda potrebbe sembrare sciocca, ma :t ben pensarci !:t risposta non sarebbe tanto facile da formulare. Oggi lo è certamente di più, grazie alle ricerche condotte per otto anni dal fisiologo svedese Holmberg, di Stoccolma, che ha nno portato all'isolamento cd alla successiva purificaz ione, nel liquido ascitico d i soggetti portatori di ncoplasie addominali, di un poli peptide citowssico che potrebbe esçcre il fattore responsabile di quei disturbi. Questo polipeptide a corta catena (sono solo otto aminoacidi) verrebbe prodotto direttamente dal tumore ed ha una spiccata azione distruttiva su v:~r i tessuti: per esempio riduce d el 20% La d urata media delle emazie (questo spiegherebbe l'anemia c il disordine midollarc da cui sono spesso colpiti i cancerosi),


è più attivo su alcuni tessuti a crescita particolarmente rapida. La particolarità di questa sostanza è che essa si attacca alle cellule animali {o umane) in una fase ben determinata della loro vita, cioè nello stadio S, nel quale viene sintetizzato il materiale energetico delle c-ellule: il polipeptide impedirebbe la formazione dei nucleotidi. La scoperta di questo fattore responsabile della c:tchessia neoplastica potrebbe anche spiegare le gra\i conseguenze sullo stato generale provocate da tumori di dimensioni talora trascurabili.

li platino nella lotta contro i tumori. Una scoperta casuale sembra poter essere alla base di una nuova terapia antitumorale. Un derivato del platino, la bis-diclorodiamina, casualmente presente in una coltura di Escherichia coli, si è dimostrata capace di inibirne la moltiplicazione. Questa osservazione, compiuta dagli americani Rosenberg e Vancamp, li ha indotti a studiare il componamemo di questa sostanza su animali affetti da sarcomi o da leucemia, per verificare se anche in queste circosumze vi era una riduzione del processo di moltiplicazione cellulare: i risultati Ottenuti sono stati brillanti, con scomparsa dci sintomi in 4 dei 10 raui leucemici e in tutti i sarcomatosi. Lo studio ora è stato esteso :tll'uomo.

Vaccinazione an ti ·influenzale per aerosol. La via aerosolica sarebbe la migliore per la vaccinazione antinfluenzale: lo afferma l'americano Waldmann, di Gainesville, che ha diretto una sperimeotazione clinica, con il controllo in un gruppo di vaccinati per via sottocutanca. E' stato così constatato che la concentrazione in amicorpi delle secrezioni delle vie respiratorie era notevolmente più elevata nel gruppo vaccinato per via aerosolica, mentre il tasso di anticorpi nel siero era pruticameme sovrapponibile nei due gruppi; queste differenze non erano impumbili a variazioni di conccmrnione delle immunoglobuline. TI rilievo di una più ricca presenza di anticorpi nelle secrezioni delle vie respiratorie è molto importante, perché proprio :1 questa circostanza viene attribuito un grande potere di difesa contro l'influenz:t.

Occhiali ultrasonici per i ciechi. Sono occhiali che consentono ai ciechi di percepire in modo soddisfacente l'ambiente che li circonda. Hanno l'aspetto di un comune paio di occhiali, ad eccezione di tre cerchieui applicati sul dorso della montatura. Questi dischi sono dci trasduttori, che irradiano e ricevono l'energia ultrasonica: forniscono, pertonto, i mezzi per «sentire :t o percepire attraverso i sensi l'ambiente cbc si trova e ntro un cono di 60• in linea retta, di fronte a chi utilizza l'apparecchio. Gli echi ultrasonici sono convertiti in segnali intelligibili, che sono ricevuti sotto forma di tonalità complessi, da p<lrte di minuscole cuffie in miniatura situate ai due l:tti degli occhiali. Gli ostacoli si differenzi:tno per la tonalità e per !:t potenza del suono, man mano che il cieco si av\'icin:t ad essi. Gli occhiali sono stati pro\'ati, a scopo dimostrativo d:t uno studente di fisiotempi:t, il qu:tle ha camminato con sicurezz:t per una affollata strad:t di Londra. riuscendo persino a distinguere un recinto di ferro da una parete ed un lampione stradale da una cassett:t per lettere.


Buchcnwald: tristi ricordi di un medico. Sono ricordi tratti da una comunicazione fatta nel lontnno 1945 all'Accademia Francese di Medicina e da un libro, scritto in collaborazione con Jacqueline e O livier, da M. Richet, membro dell'Accademia Francese di Medicina (Médecine et Hygi~ne, XÀ'Vl ll, nn. 942 e 9-B, 1970). Nel campo di Buchemvald si viveva in condizioni tali d:J gi ustificare un nuovo capiwlo di patologia, quello dell'affollamento. 11 campo, costruito per 10.000 deporrati, ne conteneva nel 1945 quasi 40.000. L'A. giunse. nel piccolo c::~mpo, nel 1944. in comp::~gnia di altri 750 deportati: in ogni box la disponibilità era di 3 uomini per metro quadr:Jto; ma lo spazio venne ulteriormente ridono, al punto da consenti re di stendersi per dormire una notte su due o due su tre. Questo affollamento notturno non era peggiore di quello diurno, specie ai pasti. Vi era impossibilità di isolarsi materialmente e moralmente. Gli uomini, spesso malati, non avevano la forza di recarsi alla ritirata e sporcavano gli indumenti. Poteva farsi uno studio sperimentale di epidemiologia. L'eresipela era la malattiatipo dell'affollamento (oltre 1.500 casi in un anno, cioè una morbilità del ) <> J. La dissenteria, rara e benigna nel 1944, prese proporzioni impressionanti nel 1945 (quasi 7.000 il numero dei casi constatati in tre m ~o: si; oltre 3.500 i decessi). La polmonite faceva migliaia di vittime l'anno, forse l O- l 5.000. L'affollamento fu certo determinante nello s\iluppo della tubercolosi, ma forse meno dell'insufficienza alimentare. Che la mortalità fosse in rapporto all'affollamento poteva ben dimostrarsi da dati statistici. I disturbi della nutrizione ebbero certo importanza foncl::~mentale: dalle 3000 calorie quotidiane, necessarie per il lavoro ed il freddo, si scese a 1700 calorie cd anche al di sotto, con un deficit del 40-65° .,. Conseguenze di CJUCsta insufficienza alimentare furono il dimagrimento, gli edemi da fame c le carenze. li dimag rimento era progressivo e, ad un certo momento, irreversibi le, soprattuttO ncglj anziani; l'edema da fame si concludeva spesso con un anasarca, irre\'(''TSibile; la c:uenza di mi nerali o di Yitamine era determinante nella carenza globale. Gli ebrei, ungheresi e polacchi, che venivano da Auschwitz, presentavano una g rande st:Jnchezza muscolare; chiamati ad un nuovo trasferimenro, ve nivano esposti a morte quasi certa. Alla debolezza muscolare ern da collegare quella cardiaca cd arteriosa. La miocardite era quasi sempre presente; primitiva o secondaria ad uno stato infettivo, determinato o non; si manifestava con dispnea, tachicardia, iper tensione. Si notava inoltre un abhassamento progressivo intellettivo di numerosi soggetti, specie anziani, anche se appartenenti ad una classe sociale elevata (medici, ingeg neri, uffici::~ li , ecc.). Taluoi parlavano solo di guerra o di vita materiale; altri di pietanze complicate ed inverosimili, cristallizzando la loro mente intorno al pranzo della liberazione; altri, infine, non avevano nemmeno questa reazione c diventavano ve ri dementi, molto simili agli alcoolizzati, capaci anche di arti delittuosi. L'A. ha raggruppato queste sindromi sotto il nome di c complesso della fame~- Anche nei migliori soggetti l'egoismo fisiologico riprendeva il sopravvento sull'altruismo inculcato dall'educazione. Rari erano quelli che presentavano un vero spirito di abnegazione, tale da farli somigliare a santi o ad eroi. Conseguenza di questa inanizione fu un florido sviluppo della t ubercolosi, che divenne molto frequente cd in taluni casi evolveva con la rapidità di un tifo o di una polmoni te verso la morte in 4-6 settimane. Ln tubercolosi evolutiva era presente nel 40% delle autopsie. Inoltre i deportati do,·cvano per 10-12 ore al giorno fare lavori particoi:Jrmente g ra\'i (sc:Jricare vagoni, portnre pietre, sgombrare ~trade, ecc.). E poi si facevano gli appelli, da una a quattro ore. fuori dalle bar:1cche, con tutti i tempi. Taluni cadc\'ano stremati; altri morivano. E poi il freddo, t:Jh•olra intollerabile, faceva il rcsro.


In 15 mesi - quanti ne passò l'A. - era morto il i5 dei pngwnicn. Nel primo trimestre del 1945 erano morti 13.000 uomini su un campo di 40.000. Si comprende come, soppresso ogni legame di civilizzazione - sociale, religioso, familiare, professionnlc - , ogni deportato si avvicinasse sempre pi~1 al medico cd alla medicina. Ma non si poteva fare gran che. Vi erano solo 2.500 posti-letto in ospedale, mentre ne bisognavano 10.000. Si era dunque obbligati a lasciare morire i vecchi, i malati, i cachcttici, i moribondi. E quali farmaci somministrare! l ~ulfamidici cd i cardiotonici erano scarsi, al punto da doverne fare a meno per i malati lievi o gravi. Naturalmente gli ebrei erano esclusi da questo tratta mento. E' da chiedersi - rileva l'A. - se l'organizzazione di questi campi avesse lo scopo di uccidere il maggior numero di deportati: infatti il tasso di mortalità, che sarebbe stato normale del 10°~ l'anno, salì al 10° 0 al mese. Era una crudeld, sulla quale aveva avuto influenza l'educazione della Germania di quel tempo: il Reich era diretto da geme affetta da una idiozia morale, per la quale faceva testo una Bibbia hitleriana, basata sulla crudeltà, al contrario di ogni principio morale. cristiano ed umano. I tedeschi hanno pensato che bontà, giustizia e pietà fossero, in quel periodo di guerra, antirealistc: erano logici e Jisciplinati . per cui segu ivano ciecamente le direttive dci loro capi, aHcui da una « psicosi di crudeltà ) . E' stato un pcricxlo di grande oscurità morale, da dover subito dimenticare.

NOTIZIE MIUT ARI Promozioni nel Corpo Sanitario Militare.

Da Ten. Colonnello a Colonnello medico: Rucci Ennio Puglisi Biagio

D(t T en. Colonnello a Colonnello medico ( ( a disposizione »: Marino Mario.

A t:ttti 1 neo - promossi le più cu•e congratulazio111 del nostro GIOrnale.

Dtrettore responsabile: Ten. Gcn. Mcd. Dr. Uco PAREI'TI Redattore capo: Magg. Gen. Mcd. Prof. C. ARGHITrU Au torizzazione del Tribunale di Roma al n. 944 del Registro

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TIPOGRAFIA

Rt.CIONALE - ROMA -

1972


SOCIITÀ

~PADOVA

del Dott. C . CAVAlCASEll E e C.i Direzione: Viele Cerducci, 26 leboretorio: Sermeole di Rubano · Tel. 39.469

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UNA ENTITA CHIMICA "UNICA" E INTERAMENTE NUOVA DELLE A. C. R. ANGELINI FRANCESCO


ANNO 1 22° • FASC. 5°

SETTEMBRE - OTTOBRE 1972

GIORNALE DI

MEDICINA MILITARE PUBBLICAZIONE BIMESTRALE

DIREZIONE REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE VIA S. STEFANO ROTONDO, 4 - ROMA Spedizione io abb. post.

Gruppo IV


GIORNALE

DI

M E DI C INA

MILITAR E

SOMMARIO

M.uzETT! G.: Ecologia medica (11 destino dell'uomo) .

385

MELCII!O~DA

E.: cc Giuramento estivo>>. Appunti di fisiopatologia del circolo. La sincope da ortostatismo

394

RucGERJ P.: Fattori di rischio coronarico: possibilità di prevenire l'infarto cardiaco?

409

F.wuzu E., TucctARONE R.: Valutazione medica di idoneità alla guida dei conduttori di automezzi militari

418

VEccmoNt R.: L'ernia dello jatus esofageo: un problema di indicazioni e di tecnica chirurgica .

425

Ctcuo L., GtANNI V., MAssA S., BASI L! L.: Ricerca contemporanea del rame e dd piombo nei prodotti animali scatolati .

438

RECENSIONI DA RTVISTE E GIORXAU .

445

SOMMARI DI RIVISTE MEDTCO - MILITARI .

451

NOT!ZTARIO: "lotizie tecnico- scientifiche Recenti progressi medici - Novità ,uiJa schizo~renia - L'n capitolo nuovo della medicina: le piastrine dd sangue umano - ~uova ter.1pia del tetano - !l dillxtc è dovuto ad una le,ione epatica: la nuova teoria dd prof. Luft - Anticoncczion;~li e sovrapopolazione Dodicimila i • figli anifìciali » - Contro la vecchiaia non ci sono brmJci - Modelli per un'alimentazione aotisenilità, anticancro e antiartcriosclcrosi - La prcs<ione alta accorcia l'esistenza - Per una vecchiaia serena - Impianto di pacemakcrs nucleari - La gas cromatografia chiarisce le cause di molti malanni - Novità scientifiche per la salute e il rendimento scolastico dei giovani - Morfina, eroina e tossicomanie - Una crociata contro le cerebropatie del bambino - Schema per la vaccinazione antitubercolare obbligatoria Antibiotici a colazione - Vaccino prodotto da culture di cellule umane - Un nuovo anti emetico - Problemi medico - <ociali delle to<Sicomanic - Le centrali nucleari meno pericolose di quanto si creda - Deodoranti per ascelle, pcrico!o<i ai polmoni.

Notizie militari

470

Necrologio

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SETTEMBRE- OTTOBRE 1972

ANN O 122 • fASC. 5

GIO·RNALE DI MEDICINA MILITARE

lSTITUTO DI IGI ENE DELL'UNIVERSIT.I;. DI FI RENZE Direttore: L. F. StcNORl NI SCUOLA DI SANlTÀ MILITARE Dl FIRENZE Direnore: c~n. Mctl. Dr. M. c.~PPEU.t

ECO L OGIA M EDI CA* (Il destino dell'uomo)

Prof. Giuseppe Mazzetti Emerito dell'Università di Firenze

Nella storia -dell'umanità si ricordano numerose profezie sulla fine del mondo; in genere esse si ricollegano con epoche di avversità, più di ordine sociale che fisico, con la d egenerazione di civiltà o l'imperare di assolutezza, ignavia, atrocità, tirannie. Non si tratta però della fine del mondo nella sua totalità, quanto della eliminazione dei colpevoli, i più, e della salvezza dei degni -di sopravvivere, i meno. L'esempio più impressionante sono i passi della Bibbia e il pensiero degli antichi profeti, ma anche verso l'anno 1000 d.C., forse in conseguenza della caduta delle civiltà greca e romana e delle invasioni barbariche, comparve una corrente che profetizzava la fiJ1e del mondo; questa non avvenne, ma i popoli europei trascorsero un lungo periodo di oscurantesimo, il Medio Evo, prima di trovare la forza e la volontà di risollevarsi nei fulgori del Rinascimento. Siamo oggi alla fine del secondo millennio dell'età cristiana e puntualmente di nuovo vengono avanzati in numerosi studi, timori e perplessità sul destino prossimo dell'uomo; le ragioni di tali apprensioni sono molteplici ed è ovvio che siano ben diverse da quelle di un tempo. Si dovrebbe "' Conferen:t.a tenuta il 13 aprile r972 presso la Scuola di Sanità Militare di Firenze.


pensare che dopo venti milioni di anni di evoluzione l'uomo si trovi per la prima volta, almeno fin dove giungono le nostre conoscenze, di fronte ad una crisi di portata mondiale che può coinvolgere la sua stessa civiltà; si dovrebbe del pari ammettere come probabile che le stesse grandi forze, come per esempio l'elettricità e l'energia atomica, che l'uomo ha scoperto e ha saputo utilizzare, con una tecnologia sempre più potente, per il progresso delle sue conoscenze e per la conquista di livelli di vita sempre più alti, gli stiano sfuggendo di mano creando un dedalo di situazioni imprevedibili capaci di distruggere le sue possibilità di sopravvivenza. Io credo che per rendersi conto, almeno riassuntivamente e in linea generale, dei fattori che sono alla base di tale crisi potremmo considerare' i seguenti argomenti.

lA GUERRA ATOMICA. È probabile che vi sarà per l'uomo un avvenire, se saprà evitare una guerra atomica. Purtroppo l'istinto della guerra risale ai primordi ·della umanità ed è insito nella natura degli animali e dell 'uomo; ma gli animali guerreggiano fra di loro per procacciarsi il cibo, cioè per una basilare necessità, mentre l'uomo guerreggia per assoggettare i suoi simili alle sue ideologie o per risolvere certe situazioni con la forza invece che con il buon senso e la collaborazione. Scrive il Pfeiffer: « Gli uomini, privati della c:1ccia come fonte di prestigio, privati degli animali selvatici come sfogo degli istinti aggressivi, cominciarono a giocare il gioco più pericoloso di tutti. Cominciarono a daTe la caccia agli uomini, come se i loro pari fossero i soli esseri abbastanza abili e intelligem:i per rendere interessante la caccia. Così la guerra, la forma più crudele, più elaborata e più umana di caccia, divenne una ·delle vie più affascinanti per sfogare gli istinti aggressivi; la guerra è sempre stata più affascinante della pace, come i ladri wno più affascinanti dei poliziotti e l'inferno del paradiso. Tuttavia è per lo meno possibile che l'uomo arrivi ad eliminare la guerra e la violenza di massa. Gli sforzi dell'uomo per incivilusi risalgono soltanto a poche migliaia di anni, dopo più di venti milion i di anni di vita da animale nella foresta e nella sa vana; se teniamo conto ,dj questo, l'uomo è perfino sorprendentemente civile» (1). Si può aggiungere anche che i tentativi che oggi sono in atto, tra paesi pur di contrastanti interessi e ideologie, per evitare una guerra atomica fanno sperare in un accordo in tal senso e sarà questa una prova del grado di civiltà raggiunto dall'uomo. (l) L E. PFEIFFER: «La nascita dell'uomo», A. Mondado ri edit., 197 1.

()


LA DEGRADAZIONE DEI GRANDI SISTEMI che SOStengono la vita civile come il rifornimento di energia, il sistema telefonico, il sistema delle comunicazioni ferroviarie, il sistema del traffico automobilistico, ecc. Questo problema è stato preso in considerazione e discusso dal Vacca (l), prendendo ad esempio ciò che é già successo in alcuni paesi degli U.S.A. nei quali circa 30 milioni di persone degli Stati del Nord-Est rimasero nel 1965 improvvisamente privi di energia elettrica e 600.000 cittadini di New-York bloccati nella metropolitana; nel 1969 rimase bloccato un intero sistema di comunicazioni telefoniche e così pure nel 1970 un'intera rete di comunicazioni ferroviarie. Secondo il Vacca i grandi sistemi divengono sempre meno governabili quanto più aumentano di ampiezza c di complessità e il fatto che essi siano concatenati tra loro può portare al loro blocco contemporaneo, blocco, che se si verificasse in condizioni sfavorevoli, per esempio quelle metereologiche (freddo, neve), potrebbe risolversi in vere e proprie catastrofi con enormi perdite umane specialmente nei grandi agglomerati urbani c nelle zone densamente popolate. Ciò che è già avvenuto negli U.S.A. significa, secondo l'A., che ]a degradazione dei grandi sistemi è già in atto proprio ]a dove essi sembrerebbero più perfezionati. L'ECCESSO DI POPOLAZIONE E LA FAME NEL MONDO. Due terzi dell'umanità vive sotto alimentata perché i progressi della agricoltura non stanno al passo con l'aumento della popolazione; con l'attuale tasso ·di natalità e con il comportamento della bilancia nati/morti la popolazione mondiale sarà raddoppiata alla fine del secolo e risulterà di 7 miliardi. È probabile che il mondo vada incontro ad una carestia generale, i morti per fame aumenteranno e l'ipoalimentazione della popolazione annullerà molti successi della scienza medica perché vi è da temere un aumento delle malattie e delle morti da esse dipendenti. Dagli studi di molti esperti, risulta che se si potesse limitare la popolazione mondiale a 8 miliardi, le prospettive non sarebbero inquietanti, ma se si arrivasse nelle prime decadi del 2000 acl una popolazione molto superiore la razione alimentare scenderebbe sotto un livello critico. L'aumento della popolazione deve essere perciò severamente controllata con un programma di limitazione delle nascite; nei paesi sviluppati e industrializzati una limitazione delle nascite è avvenuta spontaneamente, cioè senza bisogno di impostarvi una campagna apposita; e ciò per la trasformazione dell'economia di quei paesi, da agricola a industriale; l'operaio dell'industria non ha ragione di costituire una famiglia numerosa, mentre l'agricoltura ha necessità di (l) R. VACCA: (( Il Medioevo prossimo venturo )l , A. Moncladori cd it ., 197 1.


braccia per il lavoro. Si aggiunga che in molti paesi europei il controllo delle nascite è stato stimolato da alcune scuole democratiche. Ma un programma per limitare l'aumento della popolazione è destinato al successo se trova la collaborazione della popolazione a seconda del suo livello di istruzione e di educazione sanitaria. I n un paese, per esempio come il nostro, ove i problemi principali sono quelli del sesso e quello religioso, è molto improbabile che un programma abbia successo. Tuttavia anche nel nostro paese l'indice di natalità, attualmente di circa il 18'% ab. si è dimezzato in confronto al principio del secolo quando era di circa il 360/o ; il che vuol dire che la progressiva trasformazione della nostra economia ha già operato una notevole riduzione della natalità, mentre il ricorso ai mezzi anticoncezionali moderni avrà, probabilmente, poca fortuna.

L'URBANESIMO E LA QUESTiONE SOCIAI.E.

La progressiva industrializzazione dei paesi civili, iniziatasi nel secolo scorso e già in molti arrivata a livelli elevatissimi, ha portato all'addensamento della popolazione nelle grandi città che si stanno trasformando in vere e proprie megalopoli; in tali condizioni si esasperano gli istinti aggressivi dell'uomo, ciò è stato dimostrato anche sperimentalmente, e si spiegano i movimenti di inquietudine, di insofferenza, di rivolta, manifestatisi in questi ultimi tempi. Si tenga conto che anche nei paesi sottosviluppati si tende ad una progressiva industrializzazione e i problemi sociali si affacciano pure là nella loro importanza. Ma la popolazione dei paesi già sviluppati ha raggiunto un soddisfacente tenore di vita lentamente c progressivamente dal secolo scorso, quando si iniziò l'era industriale; oggi altri paesi hanno raggiunto pure alti livelli di vita, ma il progresso si è realizzato rapidamente attraverso un boom industriale e commerciale; di conseguenza si è verificata una vera e propria corsa alla ricchezza per la conquista di quei beni, quelle comodità domestiche e familiari che sono sempre state l'ideale delruomo; l'industria li ha offerti, la pubblicità ne ha stimolato l'acquisto e la cosidetta civiltà dei consumi è figlia di questa situazione, di cui l'Italia è uno degli esempi più dimostrativi. Ma i ceti che sono giunti all'agiatezza nei tempi passati non hanno oggi bisogno di farsi largo, come si suol dire «a gomitate», né i figli dei ricchi sono per lo più dei lottatori. Chi invece si è rapidamente arricchito non si contcnta ma vuole salire ancora nella scala sociale e questo l'ottiene senza tanti riguardi per il prossi mo. Questa situazione ha condizionato e condiziona ancora, specialmente nel nostro Paese, i rapporti tra l'uomo, la società c l'ambiente in cui v1ve. Quest'ansia del «vivere meglio », del resto giustificata, ha spinto le folle del nostro Mezzogiorno a migrare verso Je regioni ricche del Nord met-


tendosi a contatto con un mondo fino ad allora ad esse sconosciuto e che non aveva né la mentalità, né l'organizzazione, né la possibilità di lavoro per permettere loro una vita umana. Dl qul il fenomeno dell'urbanesimo nei suoi lati più deteriori, le folle dei disadattati, dei frustrati, di chi non ha trovato lavoro o si è dovuto accontentare di una sottoccupazione. L'urbanesimo ha portato di conseguenza l'affollamento e la promiscuità dei diversi strati sociali, fenomeni che, invece di un fattore di amalgama, divengono w1 fattore di odio e di lotta di classe; di qui i sentimenti di rivolta da cui nasce la violenza, la rapina, il ricatto, il delitto. Questa è la situazione più grave che si sia mai presentata in un paese che vuol passare per ci vile, peggiore anche delle guerre perché è la spia del malcostume, della m alintesa tolleranza, dell'inefficienza a risolvere il problema sociale. Anche la contestazione dei giovani nasce da queste situazioni e dal disprezzo verso una civiltà che ha portato la ricchezza a pochi, a molti altri solo illusioni e delusioni e in complesso una somma di dolori e di angosce prima sconosciuti. In una vita che si svolge cosl affannosa ed incerta, sotto l'incubo di crisi sociali ed economiche, non è difficile intendere le ragioni dell'aumento delle malattie degenerative, specie del cuore e del sistema nervoso; è una patologia tipica dei paesi sviluppati e rappresenta un doloroso rov~scio del la medaglia, cioè del benessere troppo facilmente conquistato e, purtroppo, nelle previsioni anche molto effimere. È come se un altro grande sistema, quello sociale, abbia iniziato la sua curva di degradazione. Tenendo conto di questi vari aspetti della situazione mondiale, vi sarà un futuro in cui gli uomini possano vivere? Quasi tutti gli studiosi non si prospettano una fine totale del mondo, benché nell'universo sia possibile che, per miliardi di sistemi polari che lo popolano, esistano sia mondi in via di evoluzione sia mondi che hanno già avuto le loro crisi e sono usciti dalla comunità dei mondi civilizzati. Ci si dovrebbero prospettare allora due possibilità: o l'umanità precipita in una fase di deterioramento della sua civiltà con la comparsa di un'era di oscurantesimo (il «medioevo prossimo venturo» del Vacca) o l'uomo riesce a prevenire o correggere le crisi e allora si proietterà nel futuro con una serie di realizzazioni che oggi possono sembrare fantastiche ma che effettivamente sono nelle possibilità dell'uomo: avrà rapporti con probabili altri mondi viventi, colonizzerà altri pianeti e raggiungerà un'ideale organizzazione della sua vita terrena nella quale le attuali crisi o non siano possibili o siano almeno prevenibi li o riparabili. È probabile che l'uomo saprà evitare una guerra atomica e sfruttare le risorse tecnologiche più perfezionate. Si vedrà in opera un binomio uomo-computer ove i grandi computer elettronici aiuteranno l'uomo nei calcoli sui grandi numeri e a programmare e risolvere i suoi problemi;


e già fin da oggi si sa che le preoccupazioni più angosciose per un progressivo esaurimento delle fonti di energia tradiz10nali (carboni, petroli, gas naturali) sono svanite con la scoperta dell'energia atomica e con la non lontana utilizzazione dei fenomeni della fusione nucleare di certi gas, come il deuterio, che nel mondo esistono in quantità pressoché inesauribili. Noi ·dobbiamo tener di conto che le civiltà più prossime a noi come quella greca e quella romana non seppero prevedere c prevenire la loro caduta perché non ebbero menti rivolte a tale eventualità, mentre noi oggi già vi ragioniamo sopra e siamo consapevoli di ciò che potrebbe accadere; tale conoscenza è già un potente mezzo per salvarsi. A tale punto il discorso potrebbe ritenersi terminato se in tale situazione non interferisse il problema ecologico, inteso nel suo significato tradizionale e anche, e ciò interessa particolarmente noi medici igienisti. in senso medico-sociale; a tale proposito si tengano presenti due aspetti nel nostro problema: l) l'uomo, con la progressiva automazione dei mezzi di lavoro avrà sempre più tempo libero per pensare, studiare, progettare e creare; 2) per sviluppare il suo lavoro intellettuale, l'uomo ha e avrà sempre più bisogno di una alimentazione sufficiente sia dal lato quantitativo che qualitativo e di un ambiente di vita sano e che non presenti condizioni avverse sia dal lato fisico che sociale. È ovvio che per realizzare una situazione almeno sufficientemente adatta per la vita umana deve essere risolto il problema ecologico generale, cioè quello rivollo alla conservazione della natura e alla difesa della salute. · A noi medici igienisti interessa particolarmente il problema dell'inquinamento ambientale ma è chiaro che tutti o <JUasi tutti gli aspetti ecologici presentano lati che interessano la vita umana perché l'uomo stesso fa parte della natura e il deterioramento dell'ambiente si ripercuote direttamente o indirettamente sulla sua salute. Specialmente il nostro Paese si trova in una situazione inquietante riguardo al problema dell'inquinamento. Le acque dolci e marine, le acque del sottosuolo, l'aria delle città presentano, quali più quali meno, notevoli livelli di inquinamento; scarichi liquidi domestici e industriali, rifiuti solidi, insetticidi, detergenti trovano come destino ultimo il suolo e le acque che rappresentano notevole parte del nostro substrato vitale. Residui delle sostanze inquinanti si trovano negli alimenti c il nostro organismo si trova esposto alla loro azione che per lo più si estrinseca con sindromi croniche di difficile accertamento ma che spiegano, almeno in parte, la profonda modificazione della patologia umana ove la morbosità c la mortalità per malattie infettive è ~tata quasi completamente soppiantata nei paes1 sviluppati da quella data dalle malattie degenerative. Quest'ultime sono la conseguenza di stati di predisposizione o congeniti o creati da


situazioni ambientali, fra le quali gli inquinamenti atmosferici, i residui di sostanze tossiche negli alimenti hanno certamente la loro parte, come certamente hanno la loro parte l'ambiente sociale profondamente modificato, l'alimentazione non controllata, e quella vita ricca di ansie e di stati della quale e delle cui conseguenze abbiamo già parlato. Ammesso per ipotesi che l'inquinamento non possa essere sufficientemente controllato e che la concentrazione degli inquinanti superi i limiti di tollerabilità, oggi determinati su scala nazionale c internazionale, ci si domanda quale sarà il comportamento del nostro organismo; a parte le patologie più o meno manifeste) è certo che il lavoro intellettuale verrebbe inficiato e non potrebbe subire che una degradazione. Cosa varrà allora avere più tempo per studiare e per pensare e come si comporterà la nostra capacità creativa ? Nel binomio uomo-computer, il binomio della nostra sopravvivenza c della futura civ iltà, la frazione più debole è l'uomo e a cosa varrà l'opera del computer se viene meno la possibilità creativa? Bisogna rendersi ragione che la crisi ecologica ~ già in atto e progredisce rapidamente; tutto si risolverà secondo i pessimisti nei pro!>sirni 30 anni c secondo i meno pessimisti nei prossimi 100 anni. Certo è che, a meno che l'uomo non si decida a correre rapidamente ai ripari, non si può essere ottimisti. Un buon segno è che di questi problemi oggi se ne parla molto su scala locale e internazionale, sorgono uffici appositi per risolvcrli, i grandi Enti internazionali, ONU, OMS, UNESCO, ecc. se ne occupano attivamente e molto si aspetta dalla prossima conferenza di Stoccolma indetta dalla Nazioni Unite su « L'uomo c l'ambiente ». I danni ecologici c l'inquinamento sono tutti dovuti alla mano dell'uomo e perciò ,devono essere ritenuti prevenibili o riparabili e anche in questo caso sarà molto meno oneroso prevenire che riparare. Nella mentalità dci politici, degli amministratori c degli economisti vi è la preclusione del costo dei provvedimenti per la difesa della natura. In una società capitalistica nella quale si tende ad ottenere alte produzioni al minimo costo ogni provvedimento antieconomico suscita brividi eli orrore, m a bisogna persuadersi che il carico economico dovrà di necessità essere inserito nel bilancio delle pubb]ichc amministrazioni, delle aziende e delle stesse famiglie. Se non si prendono provvedimenti con la scusa che costano troppo noi non sopravviveremo, il che costerà molto di più. Per quel che riguarda l'adozione di questi provvedimenti, io sono della opinione che almeno gli inquinamenti atmosferici possono essere controllati senza eccessive difficoltà. Quasi tutte le nazioni civili hanno emanato leggi c regolamenti in proposito e così pure l'Italia ; la nostra legge sulla prevenzione degli inquinamenti atmosferici è ancora carente della parte che riguarda gli scarichi dci veicoli azionati a benzina, ma si pensa che anche


questo settore sarà fra breve regolamcntato come lo è in altre nazioni. Gli inquinamenti di origine industriale sono invece di controllo più difficile anche perché in molte nazioni, e fra queste in modo particolare l'Italia, l'industria investe un largo campo della produzione sotto forma di medie e piccole aziende ognuna delle quali ha il suo problema riguardo allo abbattimento degli inquinamenti e al costo dei relativi impianti e della loro gestione. Questo è il vero punto dolente sotto il riguardo ecologico e igienicosanitario, perché questi scarichi sono per lo più tossici, distruttivi sulla flora e sulla fauna, e pericolosi per l'uomo. In molte nazioni sono stati adottati standards di qualità degli effluenti c delle acque che li ricevono, ma noi siamo ben lontani da una simile r egolamentazione; per ora non esistono che disegni dì legge, ancora da discutere, da perfezionare e da approvare. Un altro problema importante dell'inquinamento ambientale è quello dello smaltimento dei rifiuti solidi, domestici, urbani e industriali; esso si è aggravato recentemente con l'adozione dei contenitori a perdere e la introduzione della plastica nella fabbricazione di numerosissimi oggetti. Lo smaltimento dei rifiuti solidi è un problema di difficile soluzione ma è necessario trovare una via d'uscita, perché questi rifiuti insudiciano la città, campagne, il letto dci fiumi e lo stesso mare e rappresentano una via di diffusione, anche se indiretta, di malattie infettive attraverso la moltiplicazione di animali e insetti vettori (ratti, mosche, ecc.). Gli ecologi sono impressionati dal fatto che l'alterazione cd il deterioramento dell'ambiente naturale stia portando all'estinzione di centinaia di specie di animali e di piante, alla distruzione di foreste, alla degradazione del suolo coltivato, ma si tenga di conto che questo problema interessa anche dal punto di vista medico. L'uomo moderno, infatti, è portato ad evadere periodicamente dallo ambiente artificiale delle città ed anche inconsciamente, tende a cercare ristoro al suo lavoro fisico ed intellettuale nella pace della campagna e nel verde della foresta o negli sconfinati spazi dei monti e dei mari. Anche se non è possibi le un ritorno a situazioni ormai perdute quando i monti, le colline, il mare, i fiumi avevano i loro dei e venivano rispettati come componenti dell'anima religiosa, sforziamoci almeno di conservare, o anche migliorare, all'uomo un ambiente che lo protegga da molte cause di malattia. Riflettiamo sul progresso che sembra inarrestabile delle cosiddette malattie degenerative: non sì vede per ora b possibilità di una efficace difesa contro queste cause di morte, se non in un miglioramento dell'ambiente di vita dell'uomo, in un ritorno ad una vita più naturale. Se noi siamo costreni a limitare le nascite per risolvere il problema alimentare, mentre quelle malattie progrediscono inesorabilmente nella loro ascesa,


393 noi ci troveremo non solo con una bilancia demografica al passivo ma anche con una popolazione deteriorata nella sua salute. Sono prospettive ancora lontane perché due terzi del mondo è occupato da paesi sottosviluppati nei quali gli indici demografici sono ancora attlVI e nei quali ancora le malattie degenerative non costituiscono il problema sanitario più importante, ma non è lontano il tempo nel quale anche questi paesi soffriranno dei nostri mali. È perciò necessario che l'Ecologia venga sfruttata come « scienza della sopravvivenza» nel senso che il mantenimento dell'equilibrio ambientale, nei suoi fattori organici e inorganici, debba essere riguardato come uno degli aspetti più importanti per la difesa della salute. La cultura ecologica deve perciò essere inserita nel comune bagaglio del sapere e non può essere riservata ad una ristretta cerchia di specialisti e lo stesso medico deve essere pienamente edotto del suo significato sanitario. È un problema ùi istruzione prima e di educazione sanitaria poi che può trovare posto in quella evoluzione educativa che il medico igienista si propone e si sforza di inserire nella mentalità dell'uomo moderno per la prevenzione delle malattie. Nonostante alcuni pareri contrari io penso che un insegnamento di «Ecologia Medica» potrebbe trovare bene il suo posto nel corso di laurea e nei corsi di specializzazione dei medici. Se la società moderna si renderà conto della necessità di risolvere questi problemi, e della loro importanza ai fini del suo progresso ci\·ile, l'uomo si potrà salvare; altrimenti andrà incontro ad un semplice fenomeno di sopravvivenza di un'umanità non solo ridotta numericamente, ma anche intristita intellettualmente c nella quale mancherà ogni incentivo al progresso. Chi ascolta o legge questa nota obietterà che a volte è stato assunto un atteggiamento ottimistico, altre volte uno pessimistico creando una certa confusione nella mente dell'ascoltatore o del lettore; ma è nell'ordine di una tale situazione che sia così, perché chi si occupa di questi problemi è travagliato e sorpreso per le due tendenze dato che i fatti che osserviamo ed i concetti che ne possiamo dedurre peccano molto di approssimazione c quando si parla del futuro, non solo di quello lontano ma anche di quello prossimo, le previsioni sono sempre notevolmente incerte. Quello che ci possiamo augurare è che l'uomo si convinca che non è possibile andare avanti su una cieca strada di egoismo, distruggendo tutto pur di arricchirsi, non prcoccu panclosi di lasciare alle future generazioni spazio per una vita umana; se l'uomo non si comporterà in tale maniera, dovremmo dedurre che egli non è progredito moralmente quanto lo è nelb scienza e nella tecnica.


DIREZIONI' Dl SA~ITÀ DELLA RFGIONE MILIT1\R C DELL:\ SICILIA

Dircnore: :\1a~. Gcn . .Mcd. Pro!. E. :\ILL~'BIO"IH

« GIURAMENTO ESTIVO ».

APPUNTI DI FISIOPATOLOGIA DEL CIRCOLO. LA SINCOPE DA ORTOSTATISMO * Magg. Gen. Med. Prof. Evelino Melchionda

Le cof!ur u le arveau u trouvf!nt dès lors dans une solidanté d'acttons réciproques dt!s plus intimes.

CL. BEI\NARD

Nella nostra precedente riunione (30), parlando della deontologia medica militare, ho accennato ai compiti del medico militare come psicologo, semeiologo, diagnosta e terapista. Nella discussione successiva si è parlato anche dei suoi compiti come igienista dell'alimentazione. Ma esiste, fra i tanti ancora, un altro compito di non minore importanza cd è quello che riguarda l'educazione fisica, dizione questa da preferirsi a quella di ginnastica, sia perché l'ètimo lo vieta (ginnastica significa esercizio a corpo « nudo »), sia perché si tratta proprio, nel giovane soldato, di una vera educazione del corpo. Essa comprende quella operazione, detta «reazione fisica », che viene eseguita al mattino subito dopo la sveglia e la toilette e prima della colazione, e quell'insieme di esercizi fisici che hanno per scopo precipuo l'addestramento al combattimento oppure che hanno più pacifici scopi sporti vi. È questa una attività specifica del medico militare che, impostata oggi :,u vere e proprie basi scientifiche di fisiopatologia (medicina sportiva), non era ignorata ai nostri antichi. Senza risalire al mondo greco così entusiasta cd impegnato nella educazione ginnica del corpo (ricordate che il vincitore delle Olimpiadi era considerato un eroe nazionale, ricordate che lo stesso Platone si compiaceva del nome che gli era stato dato, « dalle larghe spalle»), possiamo ricordare che, all'epoca dell'Impero romano, esistevano i cosiddetti c: medici porticales » o dei Portici o dci Ginnasi, i quali erano scelti direttamente dall'Imperatore e che si occupavano di tre tipi di ginnastica: • Conferenza tenuta all'Ospedale Mili:are di Palermo il 1° luglio 1972.


395

a) ginnastica bellica: addestramento dei giovani agli esercizi guerreschi; b) ginnastica 1g1enica o medica: asstcurare un perfetto stato di salute e di efficienza fisica; c) ginnastica atletica : preparazione ed allenamento per le gare. L'addestramento fisico dei soldati, oggi. non si limita né si esaurisce nell'addestramento al combattimento, ma comprende, ed in un piano sempre più importante, anche il vero e proprio esercizio fisico con finalità sportive, consci come si è che la «vita miRit:.ue » deve essere, per i giovani cittadini, sana palestra igienica-mentale. Lo sport, infatti, c l'allenamento che lo precede, oltre che creare un'armonia .fisica, contribuisce notevolmente nel plasmare un'armonia psico-fisica, nel duplice aforisma del « mens sana in corporc sano » e del « corpus sanum in mente sana • · Purtroppo non sempre i medici militari assistono a queste operazioni, mentre sarebbe tanto utile che essi vi partecipassero, anche con impegno personale, non solo per trarne materia di osservazioni preziose 1 ma anche per intervenire con opportuni consigli rivolti alla collettività del reparto, agli istruttori e soprattutto al singolo allievo. La esecuzione proficua degli esercizi fisici pretende, infatti, la conoscenza di chiare e solide conoscenze dì fisiopatologia soprattutto del circolo, come ebbe a dire circa 70 anni fa il fisiologo americano McCurdy (18) della Harvard School: « The teaching of gymnastics, now of such importa nce, in education, can hardly be said to rest upon a sound basis of physiological knowledge ». Ma tratterò questo argomento in modo specifico in un altro nostro incontro. Oggi desidero intrattenervi sul fenomeno della sincope-lipotimia, che occorre non raramente durante le parate militari durante la stagione estiva ed ho intitolato questa mia conferenza «Giuramento estivo», perché è proprio in questa occasione, nella quale sono impegnate le giovani reclute, che questo fenomeno suole avvenire. È un fenomeno che riposa su specifiche alterazioni emodinamiche e quindi mi sia permesso di ricordare insieme alcune cognizioni fondamentali di .fisiopatologia del circolo. Facendo astrazione del circoLo polmonare o piccolo circolo, il circolo generale o grande circolo o circolo sistematico può essere considerato come un sistema chiuso di vasi che partono dal cuore (sistema arterioso) c che ritornano al cuore (sistema tenoso). Fra di essi è intercalato un altro sistema di piccolissimi vasi (Jistema capillare) che rappresentano la risoluzione del sistema arterioso e le radici del sistema venoso. E' attraverso essi che in definitiva si realizza lo scopo della circolazione sanguigna che consiste nell'apporto alle singole cellule dei tessuti del calore c degli elementi della nutri-


zione, della respirazione (ossigeno) e della informazione (messaggeri) e nella rimozione del calore, dei prodotti terminali della vita organica cellulare e di altri elementi eli informazione. Questi tre sistemi differiscono fra loro anatomicamente, istologicamente e pertanto funzionalmente. Il sistema arterioso inizia dalle valvole aortiche ed arriva sino agli sfinteri precapillari delle arteriole. I vasi che lo formano sono molto ricchi di fibre muscolari cd elastiche, per cui conservano sempre, sia in vita che in morte, la loro sezione circolare. È un sistema ad alta pressione media, di natura dinamicJ (sistema ad alta pressione), ad elevata resistenza emodinamica all'uscita (sistema di resistenza o, con un neologismo poco felice, dei vasi resistivz), in grado di variare a seconda della situazione circolatoria generale. Esso ha la maggiore importanza ai fini di assicurare una relativa stabilità alla pressione arteriosa. La sua capacità è scarsa, tranne che a livello della aorta che, grazie alla sua elasticità, riveste una notevole importanza nell'assicurare la continuità del flusso ematico. La forma più manifesta eli controllo della pressione arteriosa consiste nelle rnodifi.cazioni del diametro del lume ad opera del muscolo liscio che hanno sede primariamente nelle arteriole dove tale tessuto è particolarmente abbondante. Le arteriole, a causa del loro piccolo diametro, possono aumentare la resistenza totale al flusso in modo molto maggiore di quanto non farebbe la costrizione dei vasi più gra ndi. Mi~"tlrata in percentuale rispetto alla resistenza totale del sistema circolatorio, la resistenza totale delle arterie al flusso è del 66% , mentre quella delle sole arteriole è del 41°/, (4). Il sistema t 1enoso inizia dalle venule post-capillari e termina a livello dell'atrio destro. I vasi che lo formano sono poveri, ma non privi, di fibre elastiche e muscolari , sono notevolmente distcnsibili e possono pertanto accogliere una grande quantità di sangue, per cui essi non presentano una sezione circolare (le grandi vene sono normalmente quasi chiuse), ma una sezione ovale che diviene più circolare solo quando la pressione aumenta entro di essi. Il letto vascolarc venoso ha una capacità molto superiore a quello arterioso; p. es., nel solo letto vascolare mesenterico (cc. 930), il letto venosa contiene cc. 680 di sangue (73.l'jt0 ), mentre quello arterioso ne contiene solo cc. 190 (20.5 ~ ) (4). Esso è detto pertanto sistema di capacità o, con altro neologismo poco felice, dei t'asi capacitatù'i. Il sistema venoso è notevolmente distensibile, a pressione media bassa e di natura prevalentemente statica (sistema a bassa pressione). Le vene presentano quindi scarsa resistenza al flusso: mentre la resistenza totale al flusso è, nelle arterie, ripeto, del 6G%, quella delle vene è solo del 7% (4).


397 Sorge da ciò il concetto di serbatoio, il quale implica la capacità di accogliere un grandissimo aumento del volume del sangue senza un sensibile aumento della pressione. In caso di emorragia (perdita di volume del sangue) od in caso di trasfusione o di fleboclisi medicata (aumento del volume sanguigno), la perdita o l'aumento viene sopportato o accolto dal sistema venosa. Il sistema capillare ha caratteristiche emodinamiche che lo fanno ravvicinare al sistema venosa, per cui esso può farsi rientrare nel sistema di capacità sopra descritto. 11 suo letto vascolare è molto ampio e rappresenta circa il lOJl di quello del sistema vascolare complessivo (cc. 500); nel letto vascolare mesenterico (cc. 930), il letto capillare contiene cc. 60 di sangue (6.5 fo), per cui il letto complessivo mesenterico vene-capillari è di cc. 740

(79.5''/o) (4). La sua resistenza al flusso è del 27%, per cui in totale la resistenza al flusso vene-capillari è del 34) 0 (4). Questa distinzione fra i due sistemi, di resistenza e di capacità, ha notevole importanza in fisiologia ed in patologia, ma ha bisogno, per quanto riguarda le vene, di qualche precisazione, di non lieve interesse, anche se la funzione motoria di esse non è stata ancora bene delucidata come lo è stato per le arterie, tanto da fare parlare ad Alexander (l) di c enigmatic venomotor system ». Mentre è bene accertato e studiato un tono nelle anerie, lo studio del tono venosa è stato finora poco sfruttato per la mancanza di nozioni complete di ordine anatomo-fisiologico (5, 6). Nonostante queste incomplctezzc di ordine fisiologico, può considerarsi abbastanza bene dimostrato che «il letto venoso non è una semplice serie di tubi elastici, ma le vene sono capaci di reagire ad un certo numero di stimoli neurogeni ed umorali » (9) e che «il sistema venosa può costringersi a dilatarsi » (35). Sono potenti venocostrittori l'adrenalina e la noradrenalina (3, 32), la serotonina e l'istamina, le amine simparicomimetiche (14); venocostrittore è il riflesso che parte ad opera della riduzione della pulsatilità arteriosa nella zona del seno carotideo (3). Sono venodilatatori o vcno-i potonizzanti i nitriti, Ja isopropilnoradrenalina (35) ed il riflesso che parte ad opera dell'aumento di pressione nella zona del seno carotideo (35). Sulla importanza di questo tono venoso avremo modo di tornare in seguito a proposito della ipotonia posturale ma qui anticipiamo cbe è un cattivo tono venosa che riduce il ntorno venoso del sangue al cuore destro in questa situazione (19, 20) e che il caldo, sia esso meteorologico (estate) o localizzato (letto, bagno, ccc.) riduce notevolmente il tono venosa. z.

M.


Quando il soggetto è in postzwne sdraiata (decubito supino o clinostatica), il sangue circola nel sistema arterioso sotto la spinta della pompa cardiaca ad opera del ventricolo sinistro (t'ÌS a tergo) e del tessuto elastico e muscolare dci vasi arteriosi (às a latere), mentre ritorna al cuore destro ad opera soprattutto di due meccanismi: la costrizione muscolare, la quale scaccia in senso centripeto il sangue dalle vene (vis a latere) e la respirazione ad opera della pressione negativa che viene ad instaurarsi nel torace durante la inspirazione (vis a fronte). Quando il soggetto assume invece la posizione eretta (decubito ortostatico), questi meccanismi del ritorno venosa debbono operare anche contro la forza di gravità per quanto riguarda l'addome e soprattutto gli arti inferiori, mentre, per il distretto cefalo-toracico, lo scarico venosa è facilitato proprio dalla forza di gravità. Con ricerche angiografiche il Duomarco (7, 8) ha potuto dimostrare che, mentre in posizione supina sia la cava superiore che quella inferiore sono piene di sangue, in posizione eretta la cava inferiore risulta distesa c quella superiore parzialmente collassata immediatamente sopra il livello dell'atrio destro. Si ha in un primo tempo, pertanto, ovviamente un accumulo di sangue nelle estremità inferiori e quindi una diminuzione del ritorno venosa al cuore destro. Ne risulterà una diminuzione della gettata e della portata cardiache e, per conseguenza ancora, una riduzione della pressione nel sistema arterioso. Si crea quindi un circolo vizioso, per cui sempre meno sangue parte dal cuore (ed a pressione sempre minore) e vi ritorna per cui, se non intervenissero dei meccanismi protettivi, si verrebbe a creare un grave deficit di irrorazione sanguigna che, interessando specialmente il cervello, porterebbero alla morte di questo per ischemia-anossia e successivamente dell'intero organismo. Questi meccanismi protettivi sono atti a normalizzare, da una parte il ritorno venosa al cuore e dall'altra la portata e la gettata cardiache e la pressione di perfusione viscerale. Entriamo subito nel pieno campo dei riflessi, eioè di quei meccanismi automatici che, messi in moto dal le informazioni della periferia, portano dal centro gli ordini per la normalizzazione del circolo. Essi operano sui vari elementi del circolo quasi contemporaneamente ed in brevissimo tempo, e pertanto non possono avere che una mediazione nervosa. Saranno poi successivamente potenziati e mantenuti ad opera di altri informatori umorali un po' meno solleciti nella loro produzione (gli ormoni). Essendo ridotta la gettata cardiaca, cioè la quantità di sangue espulsa dal cuore ad ogni pulsazione, basta aumentare la frequenza di queste per mantenere nei limiti normali la portata cardiaca, cioè la quantità di sangue espulsa dal cuore nell'unità di tempo, il minuto primo, volume minuto, e soprattutto l'indice cardiaco, cioè la quantità di sangue espulsa dal cuore


399 nella unità di tempo e per metro quadrato di superficie corporea. I centri nervosi ordinano pertanto una tachicardia. La diminuzione iniziale della pre!">sione sanguigna provoca una risposta pressoria tramite i barocettori carotidei ed aortici, i centri vasocostrittori cerebrali e le vie simpatiche che producono costrizione del letto ancrioso. L'incremento del ritorno venoso è operato dall a venocostrizione riflessa e dall'a umento della respir:1zionc, oltre che dal tono c dalla contrazione muscolare scheletrica (13). Tutti questi meccanismi, a med iazione nervosa, SI instaurano entro 5" 6". Dopo pochi minuti (5 10 genere), si è di nuovo ricostruito il circolo normale. Se i più importanti di questi meccanismi sono apparsi quelli che agiscono sul sistema arterioso, non meno importanti oggi sono compresi quelli operanti sul sistema venoso, cioè quelli della vena-costrizione riflessa, anzi da alcuni essi sono considerati i più importanti (3, lO, 17, 32), anche se altri li considerano un poco più tardivi rispetto a quelli arteriosi (35). Certo è che, mentre l'aumento della pressione nel seno carotideo dà luogo ad una riduzione del tono venoso, la riduzione della pu lsatilità arteriosa in detta zona dà luogo, fra l'altro, ad una riduzione della distensibilità venosa; cioè, abbassando la pressione che agisce sui barocettori carotidei, su quelli aortici, su quelli atriali e ventricolari sinistri, si ottiene una vena-costrizione riflessa, mentre la stimolazione di questi recettori rilascia le vene (3,17). E noi dobbiamo credere a questa notevole importanza della vena-costrizione riflessa, altrimenti non ci spiegheremmo l'insorgenza della sincope da ortostatismo in quei casi ed in quelle condizioni in cui non sono operanti le defi cienze patologiche dell a sindrome da z'potensior:e postulare, sia essa essenziale o sintomatica (tabe dorsale, morbo di Addison), come descritta da Brandburg (2) nel 1925 e nella quale, anche se il meccanismo non è ancora chiarito completamente, la maggior parte degli AA. propendono per un difetto del sistema autonomo, ma in quella forma di sincope in cui la deficienza maggiore e forse unica è data da una ipotonia venosa. Se questi meccanismi di venocostrizione riflessa operano aumentando la vis a latere nelle vene, altri ve ne sono ed anch'essi importanti che l'uomo mette in opera volontariamente per migliorare il ritorno venoso aumentando da una parte la vis a fro11te e dall'altra quella a latere : l) respirazio?Je : è nota a tutti la teoria classica di Hallcr, già suppost:t da Donders nel 1859, secondo la quale J'inspirazionc aumenta il ritorno venosa al cuore. Essa è stata bene delucidata dal nostro Luciani (16) : durante l'atto inspiratorio la pressione negativa delle vene intratoraciche subisce un ulteriore abbassamento e per conseguenza aumenta in proporzione


la velocità con cm il sangue dalle vene extratoraciche affluisce a quelle intratoraciche;

2) movimenti muscolari: l'attività muscolare spreme il sangue fuori dalle vene, agendo come una vera pompa muscolare. La espressione muscolare opera in senso centripeto per la presenza, nelle vene, delle valvole a nido di rondine che permettono al sangue di fluire verso il cuore, ma non di tornare indietro e queste valvole si trovano proprio dove la circolazione si effettua contro le leggi di gravità e dove le vene possono subire la compressione prodotta dalla contrazione muscolare (vene profonde). A tutti è noto quanta importanza venga data, nella profilassi delle varici gravidiche, ai ripetuti sollevamenti sulla punta dei piedi con le mani appoggiate sull'orlo di un tavolo. Non trascuriamo inoltre che i muscoli costituiscono il SCP/o del peso totale del corpo e che la loro capacità capillare diventa una percentuale rilevante nell'intero volume sanguigno. Ecco elencati sommariamente tutti i mezzi che l'uomo mette in opera, in via riflessa immediata (nervosa), in via mediata (ormoni: adrenalina, noradrenalina, vasopressina, ecc.) ed in via volontaria per rendere innocuo quel semplice e così frequente movimento che egli esegue passando dalla posizione supina a quella ortostatica. Se questi provvedimenti sono praticamente presenti ed efficienti nella maggioranza delle evenienze, non sempre purtroppo essi funzionano all2 perfezione e si avvera allora l'altra evenienza, la sincope da ortostatismo che forma in definitiva l'oggetto di questa conversazione. Ripeto che faccio astrazione dalla « postural hypotension » di Bradburg di cui ho fatto cenno precede n temente. Parlando della sincope, intendo riferirmi a quella che insorge per l'effetto di una insufficienza circolatoria acuta con conseguente ischemia cerebrale, escludendo quella dovuta indipendentemente da variazioni della circolazione cerebrale, ma in seguito a disturbi metabolici, neurologici e, pur con una certa limitazione per il caso che ci interessa, a disturbi psichici puri. Parlando poi della insufficienza circolatoria acuta è ovvio che intendo limitarmi a quella che si instaura per una incapacità del letto arterioso a mantenere la necessaria pressione di circolazione e non a quella dovuta ad incapacità del c1,1ore a pompare il necessario volume sanguigno. La parola << sincope >> (da sincopto: io taglio) sta ad indicare la perdita della coscienza da anossia cerebrale acuta, mentre la parola « lipotimia » (da ieipo: io manco e thumòs, anima) è quel complesso di sintomi che hanno lo stesso significato della sincope, ma si risolvono prima che la coscienza venga perduta. La concezione etio-patogenetica della sincope si rassomiglia, a volte, ma non si identifica, con quella delle cosidctte «reazioni vaso-vagali » (svcni-

r


mento, caduta della pressione arteriosa, bradicardia), descritte da Lewis (15) e frequenti nello shock emorragico od oligoemico, in quanto esse denotano l'associazione della vasodilatazione e della bradicardia vagale. Abbiamo detto che in ortostatismo la gettata cardiaca e, per conseguenza, la pressione arteriosa cadono. Quando la pressione di rifornimento cerebrale (supply pressure) cade sotto i 50 mmHg per pochi secondi, ne risulta una ipossia cerebrale e quindi una sincope (33). Il cervello è l'organo che per primo è disturbato quando la circolazione è bruscamente o criticamente diminuita (13). Il cervello, infatti, al contrario della maggior parte degli altri organi, mantiene un livello relativamente costante di attività metabolica; questo metabolismo è quasi interamente aerobico, ma il cervello non è capace di immagazzinare quantità apprezzabili di ossigeno o di altri substrati, per cui una deficienza grave della sua circolazione, anche per breve periodo, determina spjccate alterazioni della funzione che comunemente originano una sincope. Il cervello resiste solo l' - 2' alla anossia (il cuore 5'- 10'). Quali sono le conseguenze della sincope? Mentre da una parte si ha una vasocostrizione cutanea, si h a contemporaneamente una notevole vasodilatazione dci capillari dei muscoli, specie dell'avambraccio, per cui si può dire che il soggetto sanguina nel proprio letto capillare, dopo che, in seguito all'ortostatismo, a causa dell'atonia venosa, lza sanguinato nelle proprie vene. Questa vasodilatazione muscolare fu osservazione già di John Hunter (12) che nel 1794 riferì : « Io salassai una signora, ma ella svenne e, mentre era in questo stato, il colore del sangue che fluiva dalla vena era di un bel rosso scarlatto >>. Per effetto sempre della ipotensione arteriosa, si ha una eccitazione della ipofisi posteriore, con produzione specialmente di ormone antidiuretico (31). Quale sintomatologia presenta il soggetto colpito da una sincope da ortostatismo? Essa è in logica conseguenza di quanto si è detto sopra: pallore della cute, sudorazione profusa, nausea, obnubilazione della vista. Dopo di ciò, con o senza perdita della coscienza, cioè con meccanismo sincopale o semplicemente lipotimico, si ha la caduta, a volte con convulsioni. È proprio questa caduta, dovuta ad una ipotonia muscolare acuta, che salva il soggetto, in quanto interrompe la catena etio-patogenetica creata dall' ortostatisrno. È interessante aggiungere che si ha per alcune ore dopo la sincope una diminuzione della secrezione delle urine ed, a volte, un bisogno m1pellente di defecare (ad opera dell'ormone della ipofisi posteriore). Vediamo adesso quali sono le condizioni particolari che favoriscono la sincope-lipotimia ortostatica, cioè i fattori fatJorenti:


l) immobilità: si intende parlare qui della immobilità praticamente assoluta, quale è quella che viene richiesta nella posizione di «attenti» c sopratutto del « presentat'arm »; 2) caldo : è questo un fattore di notevole importanza, direi quasi il fanore primo per lo scatenamento di questi episodi. Già Bradbury (2) aveva osservato, nello studiare la sua « postural hypotension » (che qui non è di nostro argomento) che l'aumento del disagio si verificava nel calore della estate. 11 caldo è il nemico numero uno del tono venosa, c <.JUindi, in ortostatismo, la causa maggiore per un ostacolo al ritorno venoso al cuore destro. Sharpey-Schafer (33, 34, 35) ha affermato che l'ortostatismo in un giorno caldo è « bleeding », per una riduzione della « filling pressure » con venacostrizione barocettoriale assente o ridotta. Egli ha ritenuto di spiegare anche con questa situazione climatica termica la morte per crocifissione, nella quale la catena patogenctica è data da una serie di sincopi ricorrenti in ortostatismo aggravato dal clima caldo (28). Infatti l:t crocifissione fu eseguita dai Romani in un clima caldo, mentre i popoli del Nord hanno preferito metodi più violenti; 3) /ordosi Lombare: in postzwne eretta si ha una ulteriore caduta della pressione atriale destra cd un aumento di yuella cavale inferiore; è noto come nella posizione di ._attenti » e poi quella del « prcsentat'arm » si sia portati ad accentuare la lordosi lombare che diventerà poi fattore coadiuvante per la sincope in quei soggetti che già in condizioni naturali hanno una lordosi accentuata (è nota l'accentuazione della lordosi lombare nelle donne in gravidanza avanzata, nei grandi obesi, nei grandi ascitici); 4) sindrome ipercinetica: già altra volta vi ho parlato di quest:J sindrome (25, 26), per la quale si ha, costituzionalmente (psiconevrosi) o sintomaticamente (fistole artero-venose, ipertiroidismo, alcune forme di cuore polmonare cronico, alcune forme eli ipertensione arteriosa, il beri-beri. la cardiomiopatia alcoolica, la insufficienza e la cirrosi epatiche, la malattia di Paget delle ossa, la insufficienza renale secondaria a lesioni glomerulari o tubolari, la gravidanza, il tabacco, la febbre, ecc.) un aumento della portata cardiaca. E' comprensibi le che, già nella sola forma «essenziale » od «idiopatica» , questi soggetti, abituati a questo costante aumento della portata cardiaca. tollereranno male, rispetto ad altri, una riduzione delh portata cardiaca quale avviene in ortostatismo; 5) ansietà: la cerimonia del giuramento, nonostante guanto per luogo comune si dica. è sempre causa di una certa tensione d'animo per i giovani, tensione che sarà naturalmente più evidente in quelli più sensibili ed in quelli già con una certa tendenza costituzionale all'ansia. Tuno poi


si accentua per la presenza dei familiari ed in quei soldati che, per la vicinanza alla Bandiera, sono suscettibili di una più intensa emozione. Q uando ragioni sociali o di altro genere costringono un soggetto a rimanere al suo posto, in condizioni fisio-psichiche di disagio, le reazioni organiche sono in parte mobilitate ed in parte soppresse. Queste risposte circolatorie incomplete determinano una vasodilatazione periferica marcata specialmente nei muscoli de!J'avambraccio, non associata ad una adeguata risposta cardiaca, onde riduzione della pressione arteriosa; 6) iperventilazione: questa costituzionale alterazione del respiro provoca una vasocostrizione cerebrale ed una vasodilatazione muscolare specie ne1 muscoli dell'avambraccio;

7) mattino: il volume dd sangue circolante è minore, perché nel sonno una discreta quantità di sangue si è sottratta alla circolazione generale, rifugiandosi negli organi splancnici e muscolari (vasodilatazione muscolare del sonno), perché non più necessaria, data l'immobilità muscolare del dormiente, ed operandosi così una vera e propria emometacinesia. È sopratutto da· questa situazione emodinamica che è sorto il concetto fisiologico della utilità della reazione fisica del mattino che viene fatta eseguire ai soldati. Va da sé che i fattori 4 (sindrome ipercinetica), 5 (ansietà) e 6 (iperventilazione) sono molto spesso contemporaneamente operanti (21-29). Ho voluto intitolare questa mia conversazione «Giuramento estivo», perché è proprio in questa cerimonia eseguita durante la stagione calda per il II contingente, specialmente nel nostro clima siciliano, che si possono osservare quelle «cadute a candela» che, se pure non hanno mai portato a conseguenze fisiche spiacevoli, sono sempre psicologicamente turbanti per il pubblico (autorità e parenti) che le notano. Se di osservazione non infrequente fra noi, specialmente nei climi meridionali, la sincope da ortostatismo in parata è nota anche in altri Eserciti ed in altri climi. Burton (4) riferisce di un episodio che fece un certo clamore in Inghilterra: «Pochi anni fa, parecchi uomini dei reggiment1 britannici delle Guardie, con i loro pesanti colbacchi, svennero durante una parata al momento di essere passati in rassegna. Era una giornata particolarmente calda ed alcuni dei soldati più giovani stavano rigidamente impalati sugli attenti alla presenza della Regina, mentre i «veterani », pro. babilmente ignoranti in fatto di fisiologia ma ricchi d'esperienza, muovevano i muscoli della gamba entro i ristretti limit1 imposti dalla piega dei pantaloni ed in tal modo evitarono lo svenimento. Nell'esercito questo disgraziato episodio fece naturalmente ritenere che gli svenuti fossero di gracile costituzione, ed allora fu loro imposto, non a titolo di punizione, ma allo scopo di correggere il loro difetto, di correre tutt'intorno alla piazza d'armi


per delle ore quando erano liberi dal serviZiO. Ne derivò una infuocata valanga <.li lettere al Times da parte di alcuni fisiologi, i quali spiegarono che i soldati non avrebbero dovuto essere puniti essendo essi soggiaciuti alle ordinarie leggi fisiologiche degli effetti posturali sulla circolazione, soprattutto data la stagione calda, nella quale il tono venosa è ridotto ». Ma questi avvenimenti non sono rari nemmeno in altre circostanze. Ad esempio la sincope da ortostatismo accade a volte nei giardinieri, che, costretti ad assumere la posizione di accovacciamento (« squatting ») nella cura delle piante, cadono in sincope per un brusco ritorno all'ortostatismo (33, 34). Sono stati inoltre riferiti episodi di sincope in caso di levata brusca durante la notte da un letto caldo, ad es. in medici chiamati urgentemente al telefono. Sono noti poi i casi di sincope dopo un bagno caldo tn vasca. In genere, quando la vittima è caduta a terra, avviene la guangtone e la cosctenza ritorna rapidamente quando la disfunzione circolatoria viene compensata. La sincope diventa invece pericolosa quando la vittima è impedita di cadere, come è stato descritto nella morte all'interno di una cabina telefonica, oppure nella stretta da panico della folla (28). Questi ultimi episodi non sono stati rari nella seconda guerra mondiale durante i bombardamenti delle città, quando la folla si accalcava, presa da panico, verso i rifugi. Ne è rimasto, doloroso, il ricordo di Genova, dove la folla aveva trovato chiusi i rifugi. Naturalmente in questa evenienza la sincop~:: viene provocata non dall'ortostatismo in se stesso, ma dall'ortostatismo durante la stretta (28); successivamente la impossibilità alla caduta trasforma la sincope in morte. Sincope a tragica concl usione si può avere quando il soggetto cade nell'acqua (vasca da bagno). In definitiva la sincope, e con essa la caduta a terra, è un fenomeno di autoprotezione. E veramente molto spiacevole come spesso si può osservare nelle strade, quando persone peraltro di buon senso, ma ignoranti, si precipitano a sostenere e ad impedire a qualcuno di cadere a terra per effetto di un collasso. Raccolta quindi del caduto, facendogli conserttare La posizione clinostatica, avendo cura di tenerlo anzi in posizione di Trendclenburg, cioè con la testa in basso e gli arti inferiori in alto, per facilitare il ritorno venoso al cuore e quindi al cervello. Allontanando il soggetto con una barella, è ovvio che bisogna ancora trasportarlo in un luogo ombroso c liberarlo di tutte le costrizioni del vestiario, invitandolo ad eseguire una ginnastica respiratoria come sarà detto più avanti in occasione della profilassi.


In genere non è necessaria una vera e propria terapia farmacologica, che a volte si metterà in atto, ma solo raramente, a mezzo dei comuni e ben noti analettici cardiaci e respiratori. Notevole importanza ovviamente avrà la profilassi: a) abbigliamento non stretto; sconsigliabile ]'uso dell'elmetto; b) schieramento possibilmente in zona ombrosa; c) cerimonia non iniziata né protratta nelle ore calde del mattino; il) brevità della cerimonia; e) istruzione preventiva della truppa ad alcune precauzioni: - movimenti muscolari degli arti inferiori, che possono essere eseguiti senza che appaia movimento, sopratutto ad opera del quadricipite femorale, del tibiale anteriore e degli estensori delle dita, movimenti tutti che possono essere eseguiti dentro i pantaloni e dentro le scarpe; tutto questo, sia nella posizione di «riposo», ma anche in quella di «attenti» o di c presentat'arm », quando queste per ragioni di parata debbono durare un po' a lungo; - movimenti respiratori: inspirazioni profonde, ma non sostenute, ad impedire che lo « stadio di deplezione » (in cui l'afflusso dalla cav::~ superiore aumenta in proporzione diretta del gradiente pressorio) si trasformi nel secondo «stadio del collasso >>, in cui un ulteriore aumento del flusso non può verificarsi, ma si ha anzi una cessazione di esso (teoria del collasso di Hol t e Duo marco) ( l l).

L'inspirazione deve avere come scopo quello di aumentare la pressione negativa del torace, senza però aggravare quella addominale, e quindi inspirazione prevalentemente costale e scarsamente diaframmatica. Sarà invece nella espirazione che sarà messo maggiormente in uso il diaframma, in modo da aiutare la espressione cavale inferiore.

Vi chiedo scusa di avervi intrattenuto su problemi di fisiologia piuttosto elementari e che forse qualcuno di voi potrà considerare persino banali. Ma in Medicina non vi sono problemi banali e tanto meno problemi di fisiologia banali. Da Erofilo in poi forse ancora nessun problema di fisiologia e comunque certamente pochissimi di essi possono oggi considerarsi definitivamente risolti. Sono le realtà di alcuni fatti, sono le nuove acquisizioni su obiettività strumentali che ogni giorno saggiano e a volte persino sovvertono le cosidette leggi della fisiologia. Da quando Galileo ci ha fatto comprendere che scienza può essere detta solo la conoscenza di fenomeni misurabili,


ctoc quantiGcabili, la Medicina vive continuamente sul piede della contestazione di pensiero, perché è solo la fisiologia che può far comprendere la non-fisiologia, cioè la patologia. Vi ho parlato di alcuni dei meccanismi che vengono messi in opera già solo per effetto di una modificazione di decubito che noi eseguiamo quotidianamente, eppure noi ancora non li conosciamo tutti e bene. Ed anche quando alcuni di essi ci sembrano chiaramente illuminati nella catena causa-effetto, di nessuno di essi noi conosciamo tutti gli anelli che legano questa catena. Quanta perfezione nella «fabrica» del corpo animale e soprattutto in quella umana, che noi ancora stiamo imparando a conoscere, ma di cui la completa conoscenza è ancora lungi da venire. Se poi noi buttiamo nella meravigliosa macchina umana quei grandi perturbatori della fisio logia animale che sono il pensiero e la psiche, allora considerare banale soffermarsi su di uno degli anelli della catena vuol dire peccare di superbia, e nello studio della Natura e dell'Uomo il superbo è sinonimo di ignorante.

RIASSUNTO. - Dopo un bre\C accenno ai compili del medico militare nel campo della medicina sportiva, l'A. descrive la diversa funzione emodinamica, nel circolo sisn:matico, dci sistemi cli resistenza c di capacità, soffermandosi sulle conoscenze attuali del wno venosa. Vengono analizzate le \'ariazioni emodinamichc che si instaurano nel passaggio dal decubito clinostatico a quello ortostatico ed i meccanismi protcuivi. Vengono riportati i mecc::tnismi etio-patogcnetici, le conseguenze cmodinamichc e la sintomatologia della sincopc-lipotimia da orto~tatismo. Tra i fatwri favorenti viene data molta importanza alla temperatura calcb ambientale ed alla immobilità. L'A. conclude la sua conferenza parlando delle provvidenze tcrapeutichc e delle previdenze profi lattiche.

su~tM\R\ . . The Author shordy menuones thcArmy medicai officer's tasks in sporting medicine and afterwards describcs different hemodinamic function of the rcsistence :wd capacity systems in thc blood circulation. He dwells upon prcscnt knowledges of venous tone. Hemodynamic variations from clinost:nic to orthostatic dccubitus and protecti,·e mechanism are examincd. lt is refcrrcd aboul symptomatology, ctiopathogcnetic mcchanisms and hcmodynamic conscqucnces of the syncope-lipothymia caused by orthostatism. Great importance, as casual factor, is attached to ambient warm temperature and to morionlcss slancling. The Author concludes his lccture discussing tbcrapy and prophylaxis.


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DIREZIONE DI SANiTÀ DELLA REGIONE MILITARE DELLA SICILIA Direttore : Magg. Gen. Med . Prof. E. MELCHtoNDA OSPEDALE MILITARE DI MESSINA Direttore : Col. Med. A. Mu t.o

FATTORI DI RISCHIO CORONARICO: POSSIBILITA DI PREVENIRE L'INFARTO CARDIACO ? Magg. Gen. Med. Dott. Pasquale Ruggeri, cardiologo

Fino a parecchi anni fa le forme degenerative del sistema vascolare venivano designate col termine generico di arteriosclerosi, che - come è noto - è caratterizzata da un complesso di alterazioni degenerative della tonaca media delle arterie; si associa sovente ad ipertensione arteriosa ed è comune ad ambedue i sessi, colpendo prevalentemente l'età presenile e senile. In questi ultimi anni però l'« aterosclerosi >> ha cominciato ad essere distinta dall'« arteriosclerosi » e ad acquistare una fisionomia ben distinta nel contesto più ampio delle alterazioni arteriose ad evoluzione cronica. Essa è una infiltrazione di lipidi a livello dello strato intimale dell'aorta e delle sue principali diramazioni, colpisce tutte le età, si associa assai di rado ad ipertensione arteriosa ed è prevalente negli uomini ed ha sempre carattere patologico. L 'enormi masse di ricerche effettuate sulla etiologia della arteriosclerosi con l'affinarsi soprattutto ·delle tecniche più moderne della istochimica, hanno potuto dimostrare che essa è fondamentalmente la conseguenza di un disordine metabolico e che gioca un ruolo prevalente, se non esclusivo, l'alterazione nel metabolismo colesterolo-lipoproteine. Per quanto riguarda il meccanismo patogenetico tre sono le teorie - stando almeno alle più importanti e accreditate correnti di studio - che si contendono il campo, per spiegare lo sviluppo del processo aterosclerotico: a) la teoria della filtrazione, la quale postula che i fattori costituenti la placca ateromatosa traggono origine dal sangue che si deposita nei tessuti subencloteliali, appena superato l'endotelio. Indispensabili si renderebbero pertanto un elevato contenuto eli colesterolo, che favorirebbe un aumento di pressione di filtrazione, oltre ad un incremento della permeabilità intimale; b) la teoria trombogcna, la quale sostiene che la placca aterosclerotica

è fondamentalmente legata ad un processo di trombosi parietale, per cui


il trombo non sarebbe l'effetto dell'aterosclerosi. bensì la causa. Si de,·e - pur essendo una opinione molto antica - a Duguid (1), l'aver, nel 1946, chiarito che i trombi organizzati sono assai somiglianti alle placche ateromatosc; c) la teoria dell'infiltrazione: secondo questa teoria, la placca aterosclerotica troverebbe il suo fondamento in una infiltrazione abnorme del colesterolo negli strati subintimali. Diciamo subito - per inciso - che nella pratica clinica sono frequenti i casi misti e le associazioni delle due arteriopatie (arterio-e aterosclerosi), ciò che può spiegare l'uso indifferente che, sovente, viene fano di un termine al posto di un altro. Ci sembra acconcio considerare, poi, a proposito delle teorie tcsté indicate, che la validità di ognuna di esse è in stretto rapporto patogenctico, nella pluralità dci casi, con una concorrente «sindrome umoralc ~ . per cui la ipercolestcrolemia - da sola - è insufficiente a chiarire la insorgenza e lo sviluppo della placca ateromatosa. E parlando, della sindrome umorale, dobbiamo far cenno a tutta una somma di elementi che intrecciandosi tra di loro, con vari meccanismi, favorenti e precipitanti, assurgono al ruolo di 1c fattori di rischio coronarico » di cui appresso tratteremo. E' ormai largamente documentato, attraverso le numerose indagini epidemiologiche eseguite su scala internazionale, che l'aterosclerosi coronarica risulta presente in tutte le età, contrariamente a guanto si pensava fino a non molti anni (a, allorché si riteneva che essa fosse appannaggio dell'età presenile e seni le. Sono stati riportati dalla letteratura mondiale casi di ragazzi colpiti da lesioni ateromatose a carico delle arterie coronariche. Significativo è il caso di morte di un bambino di tre mesi riferito da Stryker (2), in cui al « tavolo autoptico è stata messa in evidenza la occlusione completa di una arteria coronarica dovuta a proliferazione intimate con calcificazione e prolifcrazione fibroblastica della media ». Va ricordato, a proposito, il contributo d'esperienza offerto, durante la guerra di Corea: dci 300 soldati americani uccisi di età intorno ai 20 anni, ben il 77% erano portatori di lesioni aterosclerotiche coronariche. Durante la seconda guerra mondiale, in soggetti adulti giovani, sono stati riscontrati non pochi casi di morte per trombosi coronarica di genesi aterosclerotica. Per converso, è stato dimostrato statisticamente che nell'età senile la aterosclerosi coronarica ha scarsa incidenza. ln questo particolare periodo della vita, la malattia passa, per ripetere le parole di Greppi (3) c della sua Scuola, «dalla fase attiva a quell a fredda ». · « Io ho esaminato -- dice Fricdberg (4) - molti cuori di soggetti al di là dei settant'anni, morti a casa propria, per età, ed ho spesso osservato


che l'aorta e le arterie coronariche erano notevolmente libere da significative moùi.ficazioni arteriosclerotiche ». Ciò premesso, passiamo in esame tutti i possibili fattori etiologici incidenti sull'aterosclerosi. SESSO.

Non cade dubbio che gli uomini pagano il maggior contributo alla malattia ateromatosa, a parità di età, e nelle medesime condizioni ambientali e dì lavoro, rispetto alle dom1e. Tale diverso comportamento, pare s1a legato a due fattori fondamentali: l) fattore locale: Dock (5) ed altri AA. banno visto che l'intima delle arterie, nei maschi, è molto più spessa di quella delle femmine e che tale rilievo anatomico , differenziale costituirebbe il substrato per rendere più facilmente vulnerabili gli uomini di fronte alle alterazioni aterosclerotiche; 2) fattore ormonico: gli estrogeni costituirebbero una valida protezione delle arterie coronariche contro l'aterosclerosi sperimentale. È stato infatti dimostrato che nelle donne che sono state ovaricctomizzate bilateralmente, la malattia aterosclerotica ha inciso molto più frequentemente che nelle altre, integre, cioè ad ovaia presenti e ben funzionanti. In base all'associazione frequente di aterosclerosi manifesta, nel mixedema, ed alla scarsissima incidenza dell'aterosclerosi sperimentale nel con1glio, allorché vengano somministrati preparati a base ·di joduri o sostanze tiroidee, è stato prospettato, da taluni studiosi, un rapporto con la tiroide. Anche l'associazione dell'aterosclerosi col diabete fa pensare all'influenza di fattori endocrini: ipofisi anteriore, corticosurrene e isolotti pancreatici. R AZZA.

Il fattore razziale, di per sé, non sembra assumere un ruolo importante nel determinismo d eli 'aterosclerosi. EREDITARIETÀ E COST1TUZlONF..

Molti autori che si sono occupati dell'argomento sono d'accordo nello ammettere una impronta familiare dell'aterosclerosi, documentata dalla precocità e soprattutto dalla maggiore incidenza della malattia in soggetti di comune origine. Non infrequentemente nella nostra pratica clinica abbiam o osservato famiglie con numerosi componenti colpiti da cardiopatie aterosclerotiche. E ciò in rapporto ad un presunto, genetico alterato metabolismo lipidico con conseguenti elevati tassi colesterolemici.


Per quanto riguarda poi i fattori costituzionali è stata avanzata l'ipotesi che i soggetti brachitipi stenici siano più facilmente esposti alla malattia. T ABACCO.

E stato da tempo indicato il fumo delle sigarette come fattore di rischio concorrente nell'aterosclerosi, attraverso lo spasmo che esso determina a livello delle coronarie. Autorevoli studiosi hanno osservato che la colesterolemia è più elevata fra i fumatori in rapporto a quelli che non fumano. Si deve ammettere - fa notare E. Giovanelli (6) - una correlazione fra fumo e livelli ematici dei lipidi, ma solo per gli individui la cui età non abbia oltrepassato i 50-60 anni; per i soggetti più anziani non sono dimostrabili sicuri rapporti. Vanno poi ricordati, sulla scorta di dati sperimentali, gli effetti del fumo specie per quanto riflette l'incremento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, attraverso la liberazione di catecolamine indotta dalla nicotina. VITA SEDENTARIA.

Oggidì gli AA. sono pienamente d'accordo nell'attribuire valore prevalente a tale fattore nella etiologia delle affezioni ischemiche di cuore. Sono, a tal proposito, quanto mai suggestivi alcuni rilievi statistici atti a chiarire in modo inequivocabile che coloro i quali conducono una vita sedentaria sono più facilmente colpiti dalla malattia. Il movimento e l'esercizio fisico, in generale, contenuti ovviamente nei limiti della moderazione, concorrono efficacemente a diminuire il livello della colesterina e soprattutto a tenere in efficienza il sistema circolatorio favorendo la formazione di un circolo coronarico collaterale.

!PERTENSION.E ARTERIOSA.

«L'associazione dell'aterosclerosi con l'ipertensione arteriosa è frequente ma non costante; si calcola che il 40"/o circa degli aterosclerotici sono ipertesi e il 60% degli iperlesi sono aterosclerotici » (7). È stato documentato infatti che l'ipertensione svolge una azione di spinta al processo aterogenico. STRESS EMOZIONALI E OCCUPAZIONALI.

Gli stati emozionali intensi, il surménage psichico e l'ansia della vita moderna sono fattori coadiuvanti di _Rarticolare rilevanza nell'insorgenza della malattia aterosclerotica, e sui quali si appunta l'attenzione e l'interesse

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degli studiosi in considerazione della enorme incidenza di tale affezione, in quest'ultimo trentennio. Tali stress agirebbero aumentando il lavoro del cuore in relazione ad una iperincrezione catecolaminica con particolari riflessi nocivi: azione scatenante un attacco cardiaco, in soggetti nei quali, a causa di qualche m alattia predisponente il flusso sanguigno coronarico non può essere adeguatamente aumentato, come è stato evidenziato da taluni AA. Sul rapporto stress-infarto, gli studiosi hanno poi riscontrato e documentato un brusco incremento dd la colesterina : lo stress agirebbe infatti da «catalizzatore » m quei soggetti che una dieta iperlipidica. ha reso ipercolesterolemici. OBESITÀ.

L'obesità esercita una stcura azwne noCiva su tutta l'economia dell'organismo, per cui l'obeso è più fragile e meno resistente di fronte alle malattie tossinfettive e a tutte le aggressioni esterne, ma il danno maggiore si concretizza nel sollecitare lo sviluppo di alterazioni aterosclerotiche. «Ci sembra - osserva il Masini (8) - che, anche se l'obesità di per sé non possa essere sicuramente considerata come fattore diretto di rischio coronarico debba essere ritenuta almeno tu1 fattore indiretto in quanto si complica o si associa a diabete, ad ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia o altre alterazioni delle lipoproteine (9) ed in quanto peggiora una condizione di insufficienza coronarica». E parlando dei rapporti tra obesità cd apparato cardiovascolare, vogliamo ricordare una car·diopatia strettamente connessa all'obesità stessa : ci riferiamo appunto alla sindrome di Pickwick, così denominata da Burwel l (10) ed altri, nel 1956. Essa è caratterizzata, come è noto, da ipoventilazione alveolare e sonnolenza, ipossia, ipervolemia, ipert·ensione del circolo polmonare fino allo scompenso del cuore destro. DIABETE.

È ormai largamente documentato che il diabete assume un ruolo di particolare rilevanza nel determinismo delle manifestazioni vasculopatiche di tipo aterosclerotico. Quale che sia il meccanismo d'insorgenza delle alterazioni vascolari, i pareri degli studiosi, in proposito, non sono univoci. Le indaginj anatomopatologiche hanno comunque svelato la compromissione assai frequente di lesioni aterosclerotiche interessanti le grosse e medie arterie, insieme agli ispessimenti della membrana basale dei capillari · e precapillari che costituiscono nel loro insieme una vera e propria forma di angiopatia (micro-

M.


angjopatia diabetica), con predilezione ed impegno elettivo per alcuni distretti vasali a livello della retina e dei glomeruli renali. Appare pertanto in tutta la sua chiarezza e dimensione il danno vascolare prodotto dal diabete, con tutti i suoi molteplici, nocivi riflessi socio-economici. Le indagini svolte su vasta scala da alcuni AA., aventi lo scopo precipuo di un'azione profilanica della coronaropatia diabetica, hanno potuto accertare che c la dimostrazione di un alterato metabolismo glicidico negli aterosclerotici, la notevole frequenza di una coronaropatia ancora allo stato preclinico in corso di diabete manifesto, c infine la significativa associazione di alterazioni del metabolismo glucidico a segni ecgrafici di ridotta riserva coronarica, osservata in un vasto campione di popolazione in normale attività lavorativa, ci indica come, in campo di medicina preventiva, il problema della rilevazionc erecoce dell'insufficienza coronarica non vada disgiunto dall'approfondito studio del metabolismo glucidico ~ (11). fATTORE DIETETI CO E COLESTEROLEMIA.

È questo indubbiamente il fattore di rischio coronarico, a giudizio di tutti i cardiologi, che ha la maggiore responsabilità nella incidenza e nella gravità della malattia ateromasica. Sui rapporti dieta-infarto, Ance! Keys (12), Capo dei Laboratori di Igiene Fisiologica dell'Università di Minnesota, studioso di fama internazionale, fu il primo a documentare, attraverso indagini condotte in varie parti del mondo, che la colesterolemia degli americani era troppo elevata e che esisteva uno stretto rapporto tra alimentazione e malattie ischemiche di cuore. Il risultato di tali importanti e vaste ricerche venne riassunto dal Keys in un libro, quanto mai interessante, scritto allora in collaborazione con la moglie, e che fu molto apprez.zato ed elogiato dai massimi esponenti della American Heart Association: « Eat well an d stay well»; con a capo Pau) Dudley White. Una dieta molto povera di grassi rappresenta un fattore profilattico ùi notevole rilevanza nell'insorgenza dell'infarto cardiaco, e in particolare verso quei soggetti che, a cagione ùi un alterato, manifesto atteggiamento metabolico, sono particolarmente predisposti all'aterosclerosi. È ormai ben not::~ la maggior incidenza dell'aterosclerosi nelle popol a~ zioni a dieta ricca ùi grassi e di colesterolo, come i paesi industrializzati dell'Occidente nei confronti di quelli a dieta povera di grassi, in generale, come i negri africani, i cinesi, i giapponesi, ed in particolare gli abitanti ùi Okinawa e di Costa Rica i quali seguono un regime alimentare strettamente vegetariano. Kinsell e Coli. (13), a proposito del tipo dei grassi, hanno richiamato l'attenzione sul fatto che non tutti i grassi esercitano il medesimo effetto


suJla colesterolemia, e cioè che i grassi animali svolgono un'azione acerogenica di gran lunga più elevata dei grassi vegetali, che, insieme a quelli di origine marina, sono insaturi e provocano addirittura un abbassamento del tasso ematico di colesterolo e fosfolipidi. A tal uopo, sono state eseguite indagini sperimentali, attraverso le quali è stato possibile accertare che su segmenti di aorta u~ana il colesterolo - da solo - o in presenza di acidi grassi saturi vi si deposita tenacemente, mentre tale fenomeno non si verifica mai con l'aggiunta di acidi grassi insaturi. H Leary (14) dice che «l'uomo è il solo animale che ingerisce uova e latte durante la sua vita ed è il solo che muore giovane per sclerosi coronarica, e che è colpito quasi universalmente dall'ateromatosi nella sua vecchiaia». Il Keys (14), da parte sua, dichiara che «se il genere umano smettesse di mangiare uova, latte, carne ed ogni altro grasso, l'aterosclerosi non scomparirebbe, però diventerebbe molto rara, e specifica che l'aterosclerosi è in relazione con la quantità di grassi contenuta nella dieta abituale, anziché con la quantità di colesterolo». È questo in realtà un campo meritevole di ulteriori e più ampie investigazioni. A questo punto appare lecito chiedersi: è possibile prevenire l'infarto cardiaco? La risposta a tale quesito appare implicita nella messa in opera di tutti quei mezzi idonei a controllare i vari fattori associati di rischio coronarico, non potendosi l'aterosclerosi ricondurre ad un unico fattore patogenetico. Ed in ciò si esprime l'intelligenza e la capacità del medico; al quale spetta il compito di selezionare, caso per caso, e con vigile senso critico, i vari fattori incidenti nella malattia, attraverso una controbilanciata azione profilattica. Lo slogan, secondo il quale è meglio prevenire anziché curare, trova nella lotta contro l'aterosclerosi, allo stato attuale delle nostre conoscenze, la sua più grande ed efficace applicazione. Da ciò scaturisce come corollario profilattico immediato la scrupolosa osservanza delle norme di una vita igienico-dietetica, limitando l'assunzione di alimenti ad elevato regime di grassi (dieta ipolipidica), povera in particolare di grassi di origine animale e, nei soggetti ad abito polisarcico ed ipertesi, anche iposodica e ipocalorica. Evitare i molteplici fattori stressanti a genesi tossica, infettiva, traumatica ed in particolare emotiva. Sono a tutti noti, infatti, le logoranti proiezioni somatiche indotte da persistenti squilibri emotivi. Evitare sbalzi bruschi di temperatura; non esporsi a cause perfrigeranti, tenendo in debito conto le nocive influenze stagionali, in rapporto


ad w1a maggiore suscettibilità del cuore durante 11 periodo invernale. Proteggere infine l'arteriosclerotico ,d a tutte quelle sollecitazioni abnormi che possano comunque portare turbamento alla sua stabilità vasco]are, mettendo in opera, di volta in volta, anche tutti i necessari presidi terapeutici che il caso richiede: dal trattamento eparinico a quello or monale, dalla somministrazione di iodur.o a quella vitaminica, ecc. Il problema della prevenzione della car·diopatia coronarica, almeno nel giovane e nella mezza età, osserva P.D. White (15), « merita effettivamente la priorità assoluta nella ricerca, nell'insegnamento, per chi si occupa della salute sia pubblica che privata ». Lo stesso Autore, dopo avere considerato gli indizi di malattia in cento individui, in età inferiore ai 40 anni, colpiti da cardiopatia coronarica, riguardanti fattori eli rischio genetici ed ambientali, ne ha sottolineato << la grande importanza dei fattori genetici del sesso maschile, della costituzione mesomorfica, dell'ipercolesterolemia familiare, del diabete nella famiglia e di una storia, nei due rami di antenati di lesioni arteriosclerotiche nel cuore, aorta, cervello, o gambe » ed aggiunge che « in prospettiva, l'obiettivo della prevenzione riveste carattere d'urgenza, per cui - dice ancora P.D. White - dobbiamo sempre più sviluppare le nostre tecniche diagnostiche e le nostre misure terapeutiche, sia mediche che chirurgiche, per soccorrere quelli che sono già vittime. Per molti di essi - con':lude - si può ancora fare molto» . Accogliamo con impegno il monito dell'insigne cardiologo di rinomanza mondiale, e trasferiamo responsabilmente nella pratica di ogni giorno i suoi ammaestramenti ed i suoi calorosi incitamenti, con l'augurio, che è per noi certezza, che molto si può fare per ridurre al minimo i fattori di rischio coronarico. << Vivendo ho imparato (M. D'Azeglio: l miei ricordi) che una fra quante approvazioni può ottenere l'uomo è la vera, la buona, la sola da cercarsi, quella che ci mantiene dolce la rbocca e ci fa trovare soffice il capezzale: ed è l'approvazione del giudice che ci portiamo tutti nel cuore quando ci dice: « hai fatto il tuo dovere».

RlASSUNTO. • L'A. passa in rassegna tutti i possihili fattori di rischio coronarico incidenti sulla malattia aterosclerotica, richiamando particolarmente l'attenzione sulla importanza del rapporto: dieta-<:olesterolemia, alla luce delle più recenti acquisizioni epidemiologiche, senza trascurare - peraltro - l'interesse etiopatogenetico degli effetti cumulativi indotti dal concorso di più fanorì di rischio.

RÉsuMÉ. - L'Auteur passe en revue routes !es possibilités dc risque ùes coronaircs qui ont incidence sur la maladic athérosclérotique, attirant surtuut l'attention sur l'importancc du rapport diéte-cholestérolémie, à la lumière cles plus récenrcs résulrats épidémiologiques. sans dublier d'autre part l'intérèt étioparhogénétittue dcs effets curnulatifs provoqués par l'action conjuguée de plusieurs facteurs de risque.


St:M.,URY. - The Author examincs ali thc possible elemcms of coronarie risk which influencc athcrosclerosis, drawing ours attention on the imponancc of thc relation: diet-cholcsterolemia, on the ground of thc most rcccnt epidemiologie acquisitions. Thc ctiopatogcnetic imerest of the cumulative cffects due to severa! elemcnts of risk togethcr.

BIBLIOGRAFIA

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OSPEDALE MILITARE PRINCIPALE DI ROMA Direttore: CoL ~fed. Prof. E. F''lUI

VALUTAZIONE MEDICA DI IDONEITÀ ALLA GUIDA DEI CONDUTTORI DI AUTOMEZZI MILITARI E. Favuzzi

R. T ucciarone

Il traffico automobilistico, nel suo convulso e disordinato sviluppo di questi ultimi decenni, ha portato alla ribalta problemi medici e organizzativi per una massa sempre più numerosa di individui che guidano automezzi o che si accingono a diventarne guidatori. Il numero sempre crescente di persone che vengono impiegate nella guida di automezzi, naturalmente comporta tutta una serie di quesiti riguardanti la preparazione, l'istruzione c l'immissione nella circolazione strada!~ di mezzi e di uomini che non sempre, specialmente quest'ultimi, presentano malgrado i controlli tecnico-pratici e sanitari, assolute garanzie di idoneità ( sicurezza. Tale fenomeno è particolarmente in continuo e crescente aumento specie nei Paesi dove più alto è il grado di sviluppo industriale, c presso i quali il costante aumento degli incidenti stradali ha indotto nell'opinione pub· blica una specie di insensibilità verso questo singolare aspetto dell'era moderna che tante vittime miete. Il pubblico, infatti, si risveglia dal suo torpore solo quando la grande stampa di informazione riporta notizie di incidenti stradali spettacolari c multipli; mentre rimane scosso da notizie riguardanti incidenti aerei e ferroviari, i quali, in tutto il mondo, assommano annualmente a poche centinaia, mentre accusano per di più una costante diminuzione. Al contrario, nel traffico stradale, le statistiche annuali mondiali attestano, nel loro chiaro significato, il costante aumento degli incidenti, unitamente al numero sempre progressivo di morti e di feriti. Tuttavia tali dati, per essere percepiti dall'opinione pubblica in tutta la loro reale entità, necessitano di continui esempi e raffronti. A questo fine molti autori pongono spesso, nell'introduzione dei loro elaborati, i dati di valutazione comparativa fatti negli U.S.A. tra il numero dei morti e feriti in oltre duecento anni di storia (che li hanno visti implicati in ben otto gr:tndi conflitti bellici), e cioè 1300.000 morti c 1.276.000 feriti, con il numero delle vittime della strada occorse negli ultimi 60 anni, e cioè ben 1.494.414 morti, con una media annua di 1.350.000 feriti.


In Italia la situazione non è certo meno grave, tenuto conto che si verifica in media un incidente ogni minuto; che ogni due si ha un ferito; cd ogni ora un morto. Inoltre è stato comprovato come la mortalità per incidenti stradali occupa oggi il terzo posto, dopo quella dovuta alle malattie cardiovascolari e ai tumori. Se poi raffrontiamo il numero di tutti i soldaLi caduti nelle nostre guerre risorgimentali dal 1848 al 1870 (6.241 morti), con quello delle vittime della strada nel solo anno 1957 (6.936 morti), non possiamo che stupirei e addolorarci per l'impressionante gravità e drammaticità del problema che sta davanti ai nostri occhi. Per ciò che si riferisce all'età, il periodo di vita compreso tra il secondo e il terzo decennio è sempre quello più colpito. Sono quindi le più giovani forze della nazione che vengono a mancare, determinando così, oltre alla dolorosa perdita di vite umane, un danno sociale ed uonomico di notevolissima dimensione. Se poi consideriamo gli elementi che intervengono nella traumatologia stradale, si vede che, nella triade uomo, mezzo meccanico e strada, gli ultimi due elementi incidono in una percentuale del 2Q% sul totale degli incidenti, mentre per 1'800/o la causa degli incidenti è da ricercare nel fattore umano, inteso in tutta la sua complessità psicofisica. I problemi or ora esposti relativi alla traumatologia stradale sono validi, in particolare, anche nell'ambiente militare. Infatti il notevole sviJuppo tecnologico verificatosi a tutti i livelli in questi ultimi anni, ha determinato nelle nostre Forze Armate un impulso notevole per la ristrutturazione dell'organizzazione automobilistica. Di conseguenza si è sentita la necessità, in rapporto all'aumento degli automezzi, di preparare un numero sempre maggiore di conduttori. Per tale motivo, attualmente, si è molto rigorosi nella scelta del personale che dovrà essere avviato ai corsi per conduttori, mentre si tende a praticare una accurata selezione dei soggetti il più possibile validi e responsabili per le esigenze attuali. Tale selezione, inizia già durante la visita di selezione attitudinale al momento della chiamata alle armi. Com'è noto nella prima fase di visita, dopo una serie di accurati controlli sanitari attitudinali, si ricavano dei profili psicofisici e costituzionali utili per indirizzare il soggetto esaminato, durante il periodo del servizio militare, nel settore più confacente alle proprie attitudini. ln seguito, in sede di selezione, nell'ambito dci controlli sanitari, vengono esaminati gli apparati somato-funzionali, cardio-rcspiratori e addominali, e l'apparato locomotore, al fine di evidenziare eventuali deficienze o limitazioni funzionali. Particolan: attenzione viene posta nell'esame della


acuità VJSJva, del senso cromatico, della tachiscopia, del tempo di recupero della sensibilità retinica dopo abbagliamento sperimentale. Per quanto riguarda l'acuità uditiva, per quei soggetti che presentano deficienze dell'udito, essa viene controllata, com'è noto, con l'audiometro. Iniine vengono praticati tests collettivi e singoli di reattivi mentali. Pertanto, attraverso una valutazione degli indici di rendimento generici e specifici ottenuti da tali tests, si perviene a formulare un giudizio complessivo sul soggetto esaminato. Tutte queste prove sono poi integrate da un esame individuale attraverso il quale tm ufficiale perito selettore, qualificato e preparato nella branca psicologica, valuta la presenza, la prontezza mentale, il tachipsichismo, la capacità di concentrazione attentiva, di osservazione, la tenacia, la perseveranza, il controllo emotivo e l'equilibrio psichico del militare osservato: in sintesi, cioè, le note caratteriali dell'indittiduo. Al termine di questi esami, e dopo aver preso visione del giudizio medico riguardante l'efficienza sornato-funzionale, l'apparato locomotore, uditivo e visivo, si perviene alla predesignazione del militare di leva alle varie discipline. E così, dopo una prima fase di ambientamento, il militare viene ammesso alla frequenza del Corso vero e proprio che ha la durata di otto settimane, con quattro giorni di lezioni settimanalmente, mentre ogni singola lezione non può superare la durata di 30 minuti. E' degno ,d j nota il fatto che, in questa fase addestrativa, il possedere la patente civile da parte del militare, non costituisce un diritto ad essere ammessi alla guida, ma solo un titolo. Tale prassi si è resa necessaria perché il conduttore di automezzi militari è sottoposto, anzitutto, a speciali manovre che non trovano riscontro nella motorizzazione civile; e poi per il particolare aspetto delle difficoltà tecniche della guida; ed infine per le condizioni delle avversità ambientali che non possono non influire sullo stato psicologico del conducente. Sotto tali profili sono degne di rilievo: le marce di trasferimento di lunga durata e in autocolonna; particolari attività di esercitazioni militari con percorrenza su terreno accidentato ed anche fuori strada, spesso in condizioni climatiche le più difficili; guida in condizioni di pericolosità per situazioni di emergenza, e comunque per espletamento di particolari missioni. È solo alla 5a settimana di tale Corso che cominciano, dopo una preparazione generica, le lezioni pratiche di guida che vengono accompagnate da proiezioni di films illustrativi e da cenni di norme di educazione stradale e sociale. Insistiamo particolarmente su quest'ultimo aspetto della formazione del conducente, la cui importanza ha trovato riscontro in tutte le riunioni, congressi e simposii degli specialisti in materia di traffico e di problemi medico-sociali (vedi i risultatt del Convegno del S.I.M.T. del 1968).

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In un pnmo momento le lez;ioni di guida vengono svolte nell'ambito stesso dei recinti delle caserme, c solo successivamente possono trasferirsi in circuiti misti comprendenti anche il traffico ordinario. Al termine del Corso, gli allievi vengono sottoposti ad esame da parte di una Commissione e quindi, se idonei, viene loro rilasciato un « patentino modello 2 ~ per la guida di vetture c autocarri, e così via fino al rilascio del c patentino ~ che abilita alla guida dei mezzi speciali per l'Esercito. Quindi, nelle nostre Forze Armate, il guidatore deve conseguire prima di tutto la patente per veicoli semplici, come vetture e autocarri di piccola portata; e solo successivamente, dopo altro esame, può conseguire .la patente di grado superiore. Anche per quanto si riferisce ai controlli sanitari del guidatore, successivi al conseguimento della patente, si è giustamente assai rigorosi; nella Marina Militare ad esempio, per gli addetti alla manovra di mezzi navali, è richiesto un controllo medico ogni tre anni fino al 55o anno; e ogni due anni dopo tale limite di età. Nell'Aeronautica Militare si va ancora oltre: basti pensare che possono costituire motivo di non idoneità, non solo una anomalia del carattere o della condotta, ma anche precedenti personali o familiari di natura neuropatica da far presumere nel candidato una certa predisposizione a tali disturbi. Si deve inoltre segnalare quanto avviene nell'ambito della Polizia Stradale, dove i partecipanti al corso di guida vengono avviati, per un periodo di nove mesi, presso speciali centri di addestramento. Durante tale periodo il controllo medico viene esplicato attraverso: l) visite periodiche ordinarie;

2) visite periodiche speciali per l'idoneità alla guida; 3) visite speciali nel caso di incidenti, sia subiti che provocati; 4) segnalazione di qualsiasi tipo di lesione traumatica. Infine è prevista, fra l'altro, la compilazione, firmata dall'interessato, di tm questiOTJario anamnestico atto a fornire notizie del candidato su malattie ben definite, ed anche su sintomi o sindromi che possono mettere il medico su ll'avviso per un ulteriore orientamento diagnostico. Non vi è chi non veda l'importanza di un tale questionario, già attuato - come sopra riportato presso le nostre Forze di Polizia per la responsabilizzazione del conducente nei confronti delle dichiarazioni rilasciate. Tale metodo, del resto già in vigore presso altri Paesi, è stato oggetto di studi da parte anche di nostri esperti. (Vedi: CECCHErro: Congresso di medicìna del traffico, Salsomaggiore, maggio 1%6).


Da quanto fin qui esposto s1 possono ricavare alcwù dati importanti circa l'efficace opera di preparazione e di controllo che viene svolta nelle nostre Forze Armate sui conduttori di automezzi militari: l) idoneità differenziata per i vari tipi di guida; 2) maggiore rigore e più lw1ga durata dei corsi di addestramento; 3) controllo medico frequente; 4) introduzione di un questionario anamnestico (nella Polizia Stradale) fumato dal candidato. Se tale è l'impostazione di base per garantire una valida idoneità alla guida, altrettanto rigorose sono le misure che disciplinano la guida stessa. Infatti superiori disposizioni ministeriali indicano i controlli da svolgere nei riguardi di conduttori di automezzi militari in occasione di incidenti stradali. In tali disposizioni si precisa che in ogni caso di incidente, anche se questo abbia causato solo danni a cose ed in assenza di lesioni personali, l'Ente di competenza può disporre il ritiro della patente al militare, specie quando dall'esame dei fatti possano sorgere dubbi sulla sussistenza dei requisiti fisico-psichici di idoneità alla guida del militare stesso; inoltre viene precisato che, ogni qualvolta si verifichino le condizioni suddette, il Comandante dell'Ente Militare dovrà disporre che i conduttori implicati vengano sottoposti a nuovi accertamenti sanitari, che saranno praticati presso ospedali militari anche per i casi di inidoneità presunta. Può costituire ancora motivo per il ritiro della patente una abituale cattiva condotta o un comportamento indisciplinare, anche se si sono avverati al di fuori della guida stessa. Se ora prendiamo in esame i motivi che hanno determinato il ritiro della patente, osserviamo che le cause più ricorrenti di tale provvedimento sono da ricercare, per i militari di truppa, nella mancanza disciplinare o in una abituale cattiva condotta; mentre, per i militari a l unga ferma, le cause sono da addebitare alle sopraggiu11te menomaziorù fisiche e psichiche. L'importanza di continui controlli che tengano conto anche del comportamento, nel tempo, del conducente è sottolineata in uno studio di Bruzzese, Cirrincione e Stomelli, svolto alcuni anni fa presso il Centro Studi della Sanità Militare, da cui risultò che su 140 militari coinvolti in incidenti stradali di varia gravità, fu possibile individuare, accanto ad elementi sicuramente patologici, casi con anomalie tipologiche e caratteriali. Dall'indagine emerse che, per il 4~fo, i soggetti presentavano una personalità psicopatica; per il 6'% erano degli ansiosi; mentre il 5% era rappresentato da neurastenici e il Pfo da isterici; oltre, naturalmente, a un certo numero di ipertimici, depressi, instabili, ecc. A tale proposito Ancona suddivide gli individui predisposti all'incidente stradale in quattro tipi; l'esibizionista, il frustrato, J'ru1sioso e il fantasioso.

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Naturalmente il ritiro della patente può essere temporaneo o definitivo a seconda che il motivo che ha determinato tale provvedimento permanga o venga meno. In tale modo è stato introdotto nel campo militare il principio dell'invalidità temporanea e quindi dell'inabilità temporanea alla guida, concetto da molti auspicato anche nel campo civile. Tutti i provvedimenti riguardanti il ritiro della patente debbono essere comunicati alla Prefettura di reside.oza del militare interessato, e quindi comportano anche un effetto civile. Per quanto riguarda l'età, concordiamo con il Di Macco che la più colpita è quella intorno al 22• anno di età, cioè proprio l'età delle giovani leve, dove varie componenti, come la spregiudicatezza, la baldanza giovanile ed altre componenti, tipiche di questa particolare età favoriscono il verificarsi degli incidenti. Sono nel vero quanto affermano Mac Farlande e Moore, e cioè che «un uomo guida come vi ve e viceversa ». È per tale motivo che nelle FJ'.AA. l'istruzione, e soprattutto la preparazione nel campo dell'educazione stradale e dell'igiene sanitaria, non si arresta al periodo del conseguimento della patente, ma prosegue per tutto l'arco del servizio. Di questo fa fede la diversa incidenza dei sinistri stradali che si può notare evidente fra Corpi a ferma fissa, Carabinieri, Polizia, ecc., e giovani di leva; e le differenze stesse che si riscontrano fra questi ultimi nei primissimi mesi del serv1zio e verso la fine del servizio stesso. Ci rendiamo conto che il rigorismo che domina nelle FF.AA. nel settore del traffico con mezzi militari, e su quella della selezione e valutazione del conduttore, è reso più agevole dalla organizzazione centralizzata, dal più facile controllo disciplinare ed educativo, e dal numero assai più limitato dei conducenti. Nel settore civile, pesanti ostacoli rendono più difficile la soluzione di un tale problema, per primo quello della necessità sociale di evitare eccessive restrizioni nel rilascio delle patenti di guida, in quanto l'automobile è ormai diventata mezzo di vita. Proprio per questo però, a nostro avviso, il controllo da parte delle Autorità deve essere più che mai oculato, non nel senso restrittivo ma preventivo; ricorrendo, nel caso di portatori di menomazioni fisiche sia permanenti che temporanee, ai precetti chiaramente indicati da Monticelli, Perugia e Monteleone (simulatori di guida, modifiche dei veicoli sull a base di concetti biofisiologici nella meccanica della guida), ed infine alla doverosa diffusione durante la Scuola dell'obbligo e, sempre, nei Corsi per il conseguimento della patente, delle fondamentali norme di educazione stradale e di igiene sanitaria.


RIASSUNTO. - Dopo aver preso in esame tutte le metodiche in uso nell'ambiente militare per iJ rilascio delle patenti di guida, gli AA. richiamano l'attenzione sui concetti di un maggiore controllo, non rr:stritti:;o ma prr:vr:nt1v0, con l'istituzione di speciali Corsi di addestramento, e la diffusione nell'ambiente militare delle norme di educazione stradale e di i~icne sanitaria.

RÉSVMÉ. - Après avoir cxaminé toutes le didactiques cmployés dans le milieu mi litaire po ur la remise de la p:nente de conducteur, les Autcurs attirent l'attention su r la nécessité de un plus grand contrale, non pas restrictif mais p1·éventif, avec l'institution des spéciales Cours d'instruction, et avec la diffusion la plus large, dans le milicu militaire. des règles de l'éducation de la route et dc l'hygiène sanitaire.

St:MMARY. - After considcring the methods used 10 the military environment for granting the driving licence, thc authors point out thc auention on the necessiry of a more accurately examination, not restrictù•e but pret'f' lltlvt:, by the institution of special Courses of training, and the most large diffusion, in the military environment, of the road's rules and thosc regarding the sanitary's hygiene.

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ISTITCTO DI P,\TOLOGLA SPECIALE CHlRtJRGICA E PROPEDEUTICA CLI'-= IC.\ DELL'L' NI\'CRSIT,\ DI PADOVA · SEDE DI VERONA Dir~ttor~ : Pro f. R. VECCH 10"1 OSPEDALE MILITARF. PRINCrPALE DI VERONA ,, MED. D'ORO - S. TEN. MED. G. A. DI\U. A BONA " Direttore: Col. Mcd. Prof. A. M•HttORIL.I t

L'ERNIA DELLO JATUS ESOFAGEO: UN PROBLEMA DI INDICAZIONI E DI TECNICA CHIRURGICA* Prof. R. Vecchioni

L'ernia dello stomaco attraverso lo jato esofago che rappresema da sola la quasi totalità delle ernie diaframmatiche dell'adulto, si distingue ormai classicamente in due tipi: ernia da scivolamento cd ernia paraesofagea. La maggioranza degli AA. aggiunge a questa un terzo gruppo costituito dalle ernie miste, forme di combinazione di un'ernia paraesofagea con un'ernia da scivolamento, le cui caratteristiche anatomopatologiche sono perciò riducibili alla somma di quelle dei due tipi originali. Possiamo brevemente descrivere le principali caratteristiche anatomochirurgiche dei due tipi di ernia. l) Ernia da scir·olamento: si for ma attraverso lo jato, quindi in un orificio preesistente, che viene ingrandito e forzato. Come le ernie inguinali da scivolamento, possiede un sacco parziale, a sede anteriore rispetto allo esofago, costituito dal pcritoneo che riveste la parte anteriore dello stomaco e che da questa si riflette sulla superficie inferiore del diaframma. È noto che la superficie posteriore dello stomaco. per breve tratto, nella sua porzione iuxta-cardiale, è sprovvista di rivestimento peritoneale, poiché il foglietto sicroso posteriore si stacca dalla parete gastrica ad un livel lo più basso, per andare a rivestire la rctrocavità degli epiploon. Lo stomaco nel far ernia entro il mediastino secondo il suo asse verticale, trascina con sé in un primo tempo la piega peritoneale anteriore che costituisce, appunto, il sacco parziale, quasi sempre vuoto. Solo quando l'ernia assume dimensioni maggiori, si può formare anche un sacco posteriore a spese del peritonco della retrocavità degli epiploon. • Conferenza tenuta il g-iorno 18 -3-1972 all'Osprdale Militare Principa le di Ve rona per il ciclo di :tg~iurnamento 197 1 l <l72.


Nell'ernia da scivolamento si osserva una dislocazione verso l'alto, nel mediastino posteriore, della giuntura esofago-gastrica, seguita da parte dello stomaco. La giunzione cardio-esofagea, occupa la parte più alta della porzione erniata e perciò scompare l'angolo acuto tra l'esofago cd il fondo gastrico. L'esofago, se non sono ancora intervenute complicanze di tipo infiammatorio è molle, deteso, con andamento sinuoso. Nella maggior parte dei casi il suo aspetto è normale; quando invece il reHusso è notevole e quasi costante, il viscere appare ispessito, rosso, iperemico, aderente alla pleura mediastinica: in questi casi la formazione erniaria è fissa ed irriducibile, poiché l'esofago, retratto ed accorciato sul suo asse verticale (esofago corto acquisito), trattiene in posizione rnediastinica la regione del cardias e parte dello stomaco. Un certo interesse presenta la situazione dello jato: con lo sviluppo dell'ernia da scivolamento, i due pilastri sono separati tra di loro in grado variabile a seconda delle dimensioni dell'ernia. Lo jato si allarga soprattutto in dietro e in basso, in direzione del forarne aortico, mentre l'allargamento in avanti, verso il centro frenico, è trascurabile. I mezzi di fissazione dell'esofago allo jato sono alterati nei loro rapporti a causa dello spostamento in alto della regione cardiale: il legamento frcnoesofageo inferiore è stirato: secondo Hayward, la sua porzione anteriore sinistra, la più resistente, non scompare mai del tutto, mentre la restante parte del ligamento può diventare molto sottile ed insignificante. Il ligamento frenoesofageo superiore è disteso in fuori dalla salienza toracica dell'esofago. 2) Ernia paraesofagea: si forma un orificio anomalo, costltwto m genere, tra le fibre del pilastro anteriore e considerato da molti AA. di natura congenita. È una vera ernia, provvista di sacco formato da quella porzione peritoneale che dalla faccia inferiore del diaframma si riflette sulla parete gastrica anteriore. Il sacco erniario si fa strada anteriormente allo esofago e a destra; eccezionalmente a sinistra e dietro. Il sacco può rimanere vuoto, oppure essere occupato da una piccola porzione della parete anteriore dello stomaco. Con il progredire della lesione; una porzione sempre maggiore di stomaco può trovar posto nel sacco, ma, poiché il viscere è mantenuto fisso dal cardias e dal piloro, è la grande curva che fa ernia nel mediastino, previa rotazione dello stomaco lungo l'asse longitudinale della piccola curva. Nelle ernie molto voluminose, anche il colon e la milza possono trovar posto nel sacco, trascinate dai ligamenti gastro-colico c gastrosplenico. Questa evenienza è tuttavia eccezionale. Da questo esposto risulta chiaro che i due tipi di ernia differiscono essenzialmente per la situazione del giunto esofago-gastrico che, mentre nell'ernia paraesofagea rimane in sede sottodiaframmatica, saldamente trat-


tenuto dai vari sistemi dì fissazione, nell'ernia da scivolamento è dislocato al di sopra del diaframma, nel mediastino posteriore, quale conseguenza di una perdita di efficacia delle strutture anatomiche di ancoraggio e particolarmente del ligamento freno-esofageo. Il sistema di fissazione ciel segmento esofago-cardiale al diaframma, è un problema anatomico non ancora completamente risolto: classicamente è noto che, a tale scopo, provvede il ligamento freno-eso(ageo, o membrana di Bcrtclli-Laimer. Esso è costituito dalla continuazione della fascia trasvcrsalis dell'addome che riveste Ja superficie inferiore del diaframma. n ligamenlo freno-esofageo si distacca perciò dalla superficie addominale del muscolo jatale al quale è saldamente applicato e, attraverso lo jato, raggiunge l'avventizia esofagea nella quale invierebbe fibre dirette verso l'alto e verso il basso. Alcune fibre attraversano gli strati muscolari e raggiungono la sottomucosa. Il livello dell'inserzione sull'esofago del ligamento franoesofageo è a circa due centimetri al di sopra della giunzione esofago-gastrica. Nel sistema di fissazione dell'esofago esiste, secondo Hayward, una seconda formazione nettamente distinta da questa: il ligamento frenoesofageo superiore, già descritto da Jiochnson come parte superiore del ligamento freno-esofageo stesso. Tale formazione, che si inserisce pure circolarmente all'esofago, prende origine dalla fascia trasversalis del torace sulla superficie toracica del muscolo jatale. Hayward afferma che tale formazione può essere molto sottile, ma sempre reperibile se ricercata con attenzione: tra i due ligamenti c'è solo un piccolo strato di tessuto areolare. L'importanza dei ligamenti freno-esofagei, quali mezzi di fissazione dell'esofago non è valutata univocamcnte dai diversi AA. Alcuni di essi (Allison, H urnphreys, Johnsrud) li considerano il mezzo pill solido di fissazione dell'esofago al diaframma, tanto che alla loro debolezza sarebbe imputabile la formazione dell'ernia; altri invece (Lortat-Jacob, Barrett, Duhamel, Davis) attribuiscono loro un·importanza scarsa o nulla, in quanto forniti di struttura troppo debole per assolvere a tale compito. Secondo Kletisch e Listerud, non si può parlare di un « ligamento ~ freno-esofageo: si tratta soltanto e semplicemente della fascia trasversale dell'addome, che si inserisce nell'esofago ed è considerata una struttura priva di importanza, soprattulto in presenza di ernia. Altri mezzi di fissazione sussidiari contribuiscono a mantenere in sede il segmento cardioesofageo: l) il ligamento gastrofrenico che fa aderire il fondo gastrico e l'esofago addominale al piano parietalc posteriore cd alla faccia interiore della cupola diaframmatica sinistra; 2) la parte superiore del piccolo epiploon; 3) l'arteria coronaria stomacica che, se corta e fissa, impedirebbe al cardias di risalire (Barrett, Lortat- Jacob);


4) secondo Barrett, anche i nervi penumogastnct avrebbero una certa importanza unendo i plessi esofageo e cardico. QUADRO CLiNICO.

L'ernia jatale di qualsiasi tipo, sia essa da scivolamento che paraesofagea, primitiva o recid ivata, può risultare asintomatica. Anche il volume dell'ernia non ha molta importanza poiché non sempre il dolore o gli altri disturbi sono direttamente proporzionali ad esso. Secondo Sharks, il 20'/ delle ernie jatali è asintomatico; Moersch, ha riscontrato 19 casi asintomatici su 246 ernie jatali diagnosticate: Rtvo, 16 su 60; Ohler, 9 su 136. Crozjer c Jonasson hanno esaminato 600 casi di ernia jatale dei quali solo 105 avevano sintomi riferibili all'ernia (45 maschi e 60 femmine). Sotto il diverso punto di vista, è necessario ricordare che una discreta percentuale di pazienti, presentanti disturbi gastrointestinali, sono in realtà portatori di ernia dello jato; Bowdens e Miller hanno trovato fra i pazienti sottoposti all'esame Rx del tubo digerente per sintomatologia gastro-intestinale, una percentuale di portatori di ernia jatale variabile dallo 0,5 al 29%. Brick e Amory su 3488 pazienti con disturbi gastro-intestinali, hanno riscontrato 398 casi di ernia jatale (8,93_., , ) contro 705 ulcere duodenali (20,51 %). H ayward afferma che, in presenza di una qualsiasi sintomatologia in individui affetti da ernia jatalc, la stessa è dovuta all'incontinenza del cardias che permette il rcflusso esofageo ed alle conseguenze di questo, oppure ad altre malattie presenti in associazione con l'ernia: un'ernia da scivolamento, serrL:a incontinenza cardialc n on produce sintomi. Egli sostiene che l'ernia jatalc da scivolamento non diventa mai tanto grande da causare sintomi direttamente legati al suo volume. Tale affermazione non è condivisa da tutti gli AA. poiché è: comune esperienza che una voluminosa ernia jatale non complicata da reflusso può essere (onte di disturbi abbastanza seri a carico dell'apparato respiratorio c cardiocircolatorio: sono ormai frequenti infatti le osservazioni di manifestaz ioni dispnoiche o pseudoanginose completamente regredite dopo la riduzione dell'ernja. A nostro avviso l'ernia jatale può essere fonte c stimolo di sintomatologia, sia perché complicata da reflusso sia per la compressione che essa può esercitare direttamente sugli organi endotoracici. La sintomatologia dell'affezione può essere la più vana: anche se nella maggior parte dei casi si tratti di disturbi dolorosi riferiti prevalentemente all'addome superiore. Essa può simulare la presenza di una colecistite, di una ulcera gastroduodenale, di una pancreatitc o di una qualsiasi affezione addominale.


Uno dci nostri casi era stato curato a lungo per « gastrite» prima dì essere sottoposto ad indagini cliniche e radiologiche accurate. Una paziente era stata operata di colecistectomia per calcoli biliari, ma la sintomatologia era rimasta invariata. Bisogna però ricordare come in un soggetto con ernia jatale ben dimostrata, la sintomatologia sia talvolta dovuta ad un'ulcera duodenale c ad una colecistite o ad altra aHezione addominale concomitante. Ciò è molto importante agli effetti della condotta terapeutica: via di aggressione chirurgica c modalità tecniche dell'intervento saranno condizionate dalla malattia concomitante. La stessa chiaramente diagnosticata, dovrà essere opportunamente trattata spesso contemporaneamente alla plastica per ernia. Di tale evenienza si terrà pure conto nella valutazione dei risultati, quando, dopo una plastica per ernia jatale correttamente eseguita, ricompaiono disturbi talvolta si mili a quelli preoperatori: non sempre si tratta di una recidiva, ma spesso di una malattia concomitante passata inosservata. Alcune volte invece, è estremamente difficile distinguere la sintomatologia dell'ernia da quella dell'ischemia coronarica, in special modo, come accade in diversi casi, se le due affezioni sono associate. Due nostri pazienti, affetti da ernia jatale, presentavano crisi anginose piuttosto frequenti : in uno di essi tale sintomatologia è scomparsa completamente dopo l'intervento. Il dolore anginoso, nei pazienti affetti da ernia jatale, sembra essere in rapporto con crisi di strozzamento del viscere erniato, con improvvisa dilatazione dello stesso e con pressione sul cuore (Valdoni). Perrotin e Moreaux affermano che la forma peudoanginosa è piuttosto frequente : essa sarebbe faci lmente spiegata con la presenza della grossa tuberosità gastrica nel mediastino e il meccanismo patogenetico potrebbe consistere o in una dimìnuz.ione di flusso nella branca sx dell'arteria coronaria (Gi lbert) o in una azione riflessa di origine vagale (Okinaka) oppure nella compressione dì un'arteria coronaria già lesa {Froment). D'altronde è ampìameme dimostrato che l'ernia jatale può coesistere con coronarite presentante alterazioni elettrocardiografìche (Gilbert, Nizum, Swcet, Hillemand e Coli.). Un altro sintomo frequente c molto importante nei pazienti affetti ad ernia jatale è l'emorragia, che può presentarsi in forma massiva oppure come piccole perdite ripetute e continue. Le emorragie abbondanti possono essere diagnosticate come provenienti da un'ulcera gastrica o da varici esofagee sanguinanti: per la verità, la loro origine è quasi sempre una manifestazione ulcerosa, o sotto forma di vera c propria ulcera gastrica, oppure più frequentemente nelle ernie da scivolamento, di ulcerazione a tipo peptico dell'esofago, unica o multipla, che trova una spiegazione etiopatogenetica nel reflusso gastro-esofageo: infatti 4· • :\-L


queste ulcere hanno una risoluzione spontanea non appena vtene a cessare lo stimolo per abolizione del reflusso. Più frequenti in questi casi sono invece le piccole emorragie ripetute e continue, che si evidenziano soltanto con il quadro dell'anemia cronica ipocromica e che, come tali, spesso vengono curate. Il quadro anemico talora molto imponente, può essere spiegato solo in parte coil le emorragie continue, in quanto vi concorre anche un diminuito assorbimento del ferro per alterazioni della secrezione gastrica. Per quanto riguarda l'etiopatogenesi delle piccole emorragie, si pensa che il moncone gastrico, erniato in torace, vada soggetto a congestione venosa se l'ori(icio jatale non è sufficientemente allargato: l'azione irritante dei succhi gastrici sui plessi venosi dilatati può produrre sia un piccolo sanguinamento mucoso, sia una franca emorragia. A differenza che nella ernia da scivolamento, in quella paraesofagea non può essere ritenuto responsabile della sintomatologia il reflusso gastroesofageo che, in questo tipo di ernia, manca grazie alla perfetta efficienza dello sfintere esofageo inferiore, saldamente trattenuto al di sotto del diaframma dal legamento freno-esofageo c dagli altri sistemi contenitivi nella loro piena integrità anatomica. Per concludere l'ernia dello jato può simulare qualsiasi affezione gastro-intestinale, e di ciò sarà bene tener conto in fase diagnostica. Ripetiamo inoltre che diverse affezioni addominali possono complicare un'ernia jatale ed essere responsabili della sintomatologia. L'attenzione da noi posta a questi problemi di diagnostica clinica, con particolare riguardo ai diversi quadri sintomatologici, trova giustificazione in alcune considerazioni, che saranno utili nella impostazione del problema terapeutico e nella valutazione dei risultati a distanza. Da quanto esposto si può dedurre che: - numerose ernie jatali sono asintomatiche o scarsamente sintomatiche; quindi il problema è se, c a quale genere di terapia, debbano essere sottoposte, una volta accertate; - ammalati, curati a lungo per malattie diverse, possono trarre reale giovamento dalla scoperta di una ernia non sospettata e dalla sua radicale terapia chirurgica; - una corretta terapia chirurgica viceversa, dell'ernia jatale può non essere seguita da alcun miglioramento della sintomatologia, qualora questa sia sostenuta da una malattia concomitante misconosciuta; - l'ernia recidiva può caratterizzarsi in vario modo : essere asintoma[ica, sostenere una sintomatologia più benigna rispetto all'ernia jatale primitiva, oppure riproporre gli stessi disturbi, talvolta anzi più intensi; - il problema terapeutico dell'ernia jatale deve tener conto, non solo dell'entità dei disturbi, ma anche della loro patogenesi; quanta responsabilità


sia da attribuirsi al reflusso e quanta alla dislocazione dei visceri in mediastino. Tutti questi problemi possono ricevere chiarimento da una attenta valutazione clinica della sintomatologia, ma è chiaro che una informazione più precisa può essere fornita da una accurata indagine radiologica che ci permetta di stabilire obiettivamente il volume dell'ernia e le sue variazioni dinamiche, nonché la presenza e l'entità del reflusso: la sua importanza è perciò fondamentale, sia per la scelta degli ammalati da sottoporre ad intervento chirurgico, sia per valutare la presenza di recidive o di persistente reflusso nel periodo post-operatorio. R ADIOLOGIA .

La validità attuale della radiologia nella diagnosi ·delle ernie jatali ha i presupposti sulle moderne conoscenze di fisiologia della giunzione esofagogastrica, che hanno ricevuto decisivi chiarimenti dalle metodologie più recenti, dalla roentgencinematografia in particolare. Radiologicamente l'esofago toracico terminale è il tratto compreso tra l'estremità craniale dell'ampolla epifrenica e lo sbocco cardiale. Sembra chiaramente opportuno un chiarimento comparativo preliminare della terminologia anatomica (ed anatomo-chirurgica) e radiologica inerente a questo segmento digestivo. Secondo Turano e Salomoni i rispettivi termini sono raffrontabili nel seguente modo:

in anatomia: Membrana elastica freno-esofagea Ampolla epifrenica Sfintere esofageo inferiore Vestibolo gastro-esofageo Orificio cardiale

in radiologia: Ampolla epifrenica Epicardias Antro cardiale Cardias

L'antro cardiale ed il cardias possono anche essere denominati « gmnzione esofago-gastrica >> . Tale raffronto terminologico è indicativo innanzitutto dei territori di competenza della anatomia e della radiologia e ne precisa a grandi linee i rispettivi confini. Nel normaie l'esofago toracico inferiore ha aspetti morfologici e funzionali abbastanza precisi che, seppur differiscono da soggetto a soggetto e in condizioni diverse nel medesimo paziente, tuttavia ricalcano uno standard comune abbastanza ben delimitato.


43 2 Alcuni tra questi aspetti hanno base esclusivamente funzionale, precisata dalla radiologia con metodo fisiologico ortodosso. L'ampolla epifrenica caratteristica dilatazione esofagea fugace, insorge per esempio ad ogni deglutazione; l'indagine radiocinematografica con controllo manometrico endocavitario ha dimostrato l'esistenza del nesso causale non con la deglutazione ma con la peristalsi primaria comunque insorta e perciò anche con stimolazioni esofagee non deglutitorie (Turano e Salomoni); con ciò l'atto deglutitorio è stato ridimensionato anche se continua a servire nel provocare l'ampolla epifrenica. Altro elemento funzionale è la costrizione dello sfintere esofageo inferiore, che topograficamente delimita caudalmente l'ampolla; esso integra perciò l'ampolla, e ne condivide il comportamento nei tempi di sosta e di transito del bario. All'antro cardiale in verità il nome conferisce significato eccedente la realtà radiologica: il lume esofageo a questo livello ha dimensioni meno evidenti di quanto non suggerisca questo termine. Esso confina distalmente con lo sbocco cardiale dell'esofago, intendendo radiologicamente come « cardias » lo sbocco medesimo e solo questo. La c.d. valvola jatale, più volte richiamata dagli anatomici, nelle immagini radiologiche ha consistenza incerta, sostanzialmente non corrispondente a quella di una formazione valvolare; maggior valore radiologico possiede lo sperone cardiale coincidente con l'angolo di His, meglio analizzabile nel suo aspetto standard e nelle molteplici variazioni. La documentazione radioJogica dell'esofago toracico terminale e dello sbocco cardia]e, nonostante le acquisizioni della radiologia moderna, rimane comunque compito a volte sufficientemente arduo.

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Semeiologia generale radiologica dell'esofago epifrenico e della gzunztone esofago-gastrica. Non è superfluo ricordare che radiologicamente a li vello digesti vo si analizza il lume di organi cavi, provvisti di tono e motilità caratteristiche. Il bolo opaco ha grande importanza anche dal punto di vista fisicochimico. Grandemente importanti sono inoltre numerosi accorgimenti tecnici e metodologici, sui quali è adatto soffermarsi, intesi alla migliore documentazione delle immagini. L'ampolla epifrenica ha forma globosa concentrica all'asse esofageo, margini netti e grandezza variabile da quella di una noce a quella di un uovo di gallina; la insorgenza sotto l'influsso della peristalsi e la sua completa scomparsa al cessare di questa sono caratteristiche fondamentali. Talora si accompagna ad immagini esofagee aborali di tipo invaginativo, o più frequentemente a formazione di incisure trasparenti fugaci


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di tipo anulare, come è il ben noto « anello di Saturno » : sono atteggiamenti collaterali della cinesi esofagea, abbastanza rari, anelli contrattili circolari della muscolaris mucosae. Scomparsa l'ampolla epifrenica, il rilievo mucoso esofageo riappare con aspetti del tutto normali. L'antro cardiale è lume esofageo che assume consistenza direttamente proporzionale alla entità del bolo che ha superato l'ampolla epifrenica ed il costrittore esofageo inferiore; su di esso, più che sul retro della giunzione esofago-gastrica ha influenza lo jato diaframmatico, specie nei suoi atteggiamenti legati alla fase respiratoria. L'inspirio per esempio è particolarmente utile a mantenere la immagine ampollare epifrenica per azione s.ull'antro cardiale. Il cardias radiologico ha espressione virtuale di foro e di sbocco dallo esofago nello stomaco; la sua rappresentazione più evidente anche se difficile da ottenere, è quella di faccia, nel fondo gastrico disteso da gas; tale immagine ripropone la rosetta delle osservazioni endogastriche. Cade opportuna qui la valutazione del fondo gastrico come entità anatomo-radiologica delimitante l'esofago terminale. L'osservazione radiologica dell'esofago terminale normale deve avere il conforto della immagine regolare del fondo gastrico, disteso da gas nella stazione eretta o variamente riempito nella posizione supina, prona e triclinare. Ed è del tutto frequente che l'attenzione del radiologo venga attirata sull'esofago epicardiale e cardiale dalla presenza del fondo gastrico non sufficientemente normale: da questo fatto deriva il concetto della « malposizione cardiotuberositaria » (Lorat-Jacob) come entità displasica, che riunisce in sé il potenziale di molteplici manifestazioni abnormi anatomiche e cliniche a questo livello. Semeiologia speciale radiologica delle ernie jatali. Nell'ernia da scivolamento gli elementi radiologici principali sono: l) ]a sacca erniata i 2) la posizione del cardias; 3) l'aspetto morfologico dell'esofago epicardialc; 4) l'atteggiamento funzionale dell'esofago nel suo ms1eme. La sacca erniata può manifestarsi già all'esame diretto in stazione eretta come bolla gassosa situata sopra il diaframma i ciò è naturalmente più frequente nelle ernie stabili. Essa inoltre è valorizzabile radiologicarnente nella grandezza, nella forma quasi sempre ovoidale con strettura relativa in corrispondenza dello jato, e nel disegno mucosa.


434 Questo ha aspetti più grossolani che nell'esofago, e le pliche sono in genere più numerose. In corrispondenza dello jato le pliche mucose tendono tuttavia ad assottigliarsi, e talvolta scompaiono quando l'azione muscolare si fa più marcata come nell'inspirio. Il cardias sbocca direttamente nella sacca erniata; ed anche se la documentazione di questo fatto non è sempre agevole, il mancato riscontro di un tratto esofageo epicardiale sottodiaframmatico può essere molto significativo. La riducibilità o la stabilità dell'ernia sono aspetti radiologici reperibili c:on una certa facilità; più difficile la riproducibilità dell'ernia instabile in molti soggetti nonostante numerosi tentativi con le tecniche più appropriate. Abbastanza agevole può essere talvolta la documentazione del trasformarsi dell'ernia da scivolamento in ernia paraesofagea. L'esofago terminale nelle ernie da scivolamento ha decorso ondulato e tortuoso, eccetto che nei casi di esofago breve congenito; frequenti inoltre aspetti discinetici esofagei, segmentari, fugaci, ma di solito ben riproducibili con la deglutizione. I reflussi spontanei o provocati dallo stomaco intraddominale nel la sacca erniata sono abbastanza rari nell'ernia da scivolamento; frequenti invece quelli dalla sacca erniata nell'esofago distale. L'ernia paraesofagea è differenziabile radiologicamente con la documentazione del tratto sotto-diaframmatico dell'esofago epicardiale e dello sbocco del cardias nello stomaco al di sotto ·dell'opacità diaframmatica. Lo studio manometrico permette di localizzare la sede dello sfinterc esofageo e di valutarne l'efficienza. Questo studio viene eseguito routinariamente nei nostri pazienti sia in fase preoperatoria per valutare la loro operabilità che nel postoperatorio per constatare la riuscita dell'intervento. L'indagine esofago-gastroscopica assume un valore determinante nella diagnosi ·dello stato della mucosa esofago-cardiale; essa consente di evidenziare eventuali malattie associate a carico del tratto esofago-gastrico e di determinarne la natura mediante una biopsia mirata ed esame istologico del frammento. In due nostri pazienti portatori di polipi del fondo gastrico tale esame ci ha permesso, in un caso, un intervento conservativo di polipectomia previa gastrotomia breve per la benignità istologica dell'affezione; nell'altro caso la diagnosi di adenocarcinoma dello stomaco ha richiesto un ampio inter~ento demolitore. In tutti i nostri pazienti abbiamo determinato l'attività cloridropeptica mediante indagine del succo gastrico dopo stimolo con insulina e con pentagastrina. Lo studio così eseguito ci ha consentito di rilevare un lieve aumento di portata cloridropeptica nei prelievi di base, con innalzamento poi di tali


435 valori in modo non determinante dopo stimolo ed in mamera molto più evidente dopo pentagastrina. Nei controlli postoperatori abbiamo notato un ritorno dei valori cloridropeptici nei limiti di norma, cosa che lascerebbe supporre una eccitazione della fase ormonale delta secrezione gastrica in presenza di ernia jatale. Non abbiamo mai eseguito il test di perfusione acida dell'esofago (test di Bernstcin) perché i suoi risultati ci appaiono poco attendibili e nulla aggiungono ai dati desunti dalle precedenti indagini sullo stato della mucosa esofagea. L'ernia jatale si associa in un'alta percentuale dei casi a patologia toraco-addomìnale. Nella nostra casistica abbiamo rilevato deformazioni della colonna vertebrale nel 33% dei casi, enfisema in eguale percentuale, patologia biliare nel 39%, ed in minor frequenza, miocardiosclerosi, patologia gastro-duodenale (21 %), patologia intestinale (5 %). Nel 5°/o dei casi era inoltre presente uno stato ansioso notevole del paziente. TERAPIA.

Abbiamo sottoposto ad intervento di correzione di ernia iatale 31 pazienti; la scelta dell'intervento operatorio è stata determinata in alcuni casi dalla inefficacia della ter::tpia medica a base di antiacidi, dieta appropriata e pastura per sei mesi od un anno. Abbiamo preferito sottoporre subito ad intervento chirurgico quei pazienti in cui era manifesta un a patologia esofagea da reflusso od un sanguinamento cronico con cospicua anemia secondaria. Riteniamo infatti, in accordo con Debrav d ali., Hilleman, Canton, Edward, Krupp, Nissen, che la terapia medi~a può portare a risoluzione o per lo meno ad attenuazione notevole del quadro sintomatologico in . una vasta percentuale dei casi di ernia jatale non complicata ed asintomatica, ·· mentre ci pare inopportuno :1spettare se un'ernia jatale con reflusso gastroesofageo sostiene la presenza di una esofagite peptica, in accordo con Mustard, Urschel, Berman, Collis, Wayre, Casten, Pearson, Nisscn, LortatJacob, écc. La scelta della tecnica ch irurgica è stata condizionata dallo studio fisiopatologico della malattia. Dopo che i lavori di Akerlund (1926) c di H.H. Berg (1931) misero in evidenza il fallimento della terapia chirurgica eseguita con semplice ricostruzione dello jatus, furono messe a punto numerose tecniche sia per via addominale che per via toracica atte ad ottenere un risultato anatomico di plastica ed una ricostruzione funzionale dello sfintere esofageo inferiore.

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Esse risentono delle vane interpretazioni patogenetiche inerenti alla malattia cardioiatale. Per alcuni autori infatti (Collis, H arrinton, ecc.) è fondamenta le la ricostruzione dello jatus eseguita con particolarità tecniche associata o meno ad altre procedure; per altri la fissazione del complesso esocardiale in sede addominale, ottenuta mediante procedimenti di gastropessi (Boerema, Nissen, Rossetti, Grassi. Ziperman, ecc.) o di cardiopessi (Pedinielli, Rampa! , Adler, Hill). Un ulteriore gruppo di autori ha messo a punto tecniche tese principalmente alla ricostruzione del meccanismo valvolare esofago-cardiale, considerando di interesse secondario la presenza anatomica dell'ernia; a tale gruppo appartengono Nissen, Belsey, Toupet, Wayre, Hureau, Dor. Un ulteriore gruppo di autori, m olto numeroso, esegue interventi combinati, derivati dall'associazione di una o più tecniche sopra menzionate; alcuni di essi ritengono poi opportuno associare all'intervento proprio per ernia jatale un intervento di vagotomia e piloroplastica, se è presente reflusso gastro-esofageo, nella convinzione di agire in modo utile su uno dei fattori patogenetici dell'esofagite peptica: l'acidità gastrica. (Berman, Casten, ecc.). Noi abbiamo eseguito nove volte una semplice fundoplicatio secondo Nisscn ed altre undici volte tale tecnica con una variante costituita dalla sutura in punti staccati di seta del margine destro dello jatus esofageo al fundus retroposto allo esofago. Nove volte è stata eseguita una retrogastrofundopessi secondo la tecnica proposta da Wayre e Hureau. L'aggressione per via addominale ci ha permesso di eseguire nello stesso tempo dieci interventi sulle vie biliari, una gastrectomia subtotale per adenocarcinoma del fundus gastrico, due vagotomie con piloroplastica per ulcera gastroduodenale. Non riteniamo opportuno eseguire sistematicamente una vagotomia con piloroplastica nei casi di ernia jatale con reflusso gastroesofageo. In un recente lavoro, Mustard ha rilevato come in caso di recidiva di reflusso in pazienti operati per ernia jatale l'associazione o meno di vagotomia c piloroplastica non porta ad una riduzione percentuale né sintomatologica né anatomopatologica del quadro morboso sostenuto dall'esofagite peptica. Una sola volta abbiamo aggredito l'ernia per via toracica; si trattava di un paziente con esofago corto acquisito sul quale fu eseguito un intervento di fundoolicatio secondo Nissen in sede intratoracica. Abbiamo sottoposto i pazienti operati a controllo dopo sei mesi e dopo un anno con esame radiologico, esofagoscopico, manometrico, Phme-· trico, del succo gastrico dopo stimolo con insulina e pentagastrina; di ogni


437 paziente si è fatta una scheda sintomatologica pnma e dopo l'intervento per valutarne il risultato clinico. Non abbiamo mai osservato recidive ·anatomiche dell'ernia: in due cast si è evidenziata una recidiva di reflusso gastroesofageo con rilievi manometrici e phmetrici solo lievemente migliorati rispetto ai valori preoperatori. Pure la portata cloridropeptica sia basale che dopo stimolo con insulina c con pentagastrina si è mantenuta elevata in questi due pazienti. La tecnica operatoria usata in entrambi i casi è stata una retrogastrofundopessi secondo Wayre e Hureau: è sorprendente notare come questi due pazienti riferiscano di aver ottenuto un buon risultato sintomatologico dall'intervento. Due pazienti con test postoperatori ritornati completamente nella norma riferiscono di non aver avuto beneficio alcuno dall'intervento; dati i loro precedenti psichici (provenivano entrambi dal reparto di psichiatria) nmaniamo perplessi nella valutazione del risultato operatorio. La mortalità nella nostra casistica è risultata nulla. Abbiamo avuto un caso di sanguinamento nell'immediato postoperatorio, che ha reso necessario un reintervento, dovuto a non perfetta emostasi nel trattamento chirurgico di una malattia associata, ed un caso di disfagia transitoria dopo intervento secondo Nissen. In tutti gli altri casi il ri sultato è stato ottimo.


CESTRO STUOI E RICERCIIE DELLA SA~IT.\ MILITARE

Direuore: Ma~:~- Gcn. Mcd. Dott. C. ~lnn11 3" RI::.PARTO - SEZIONE DI CHI~flCA E BROMATOLOGIA

Capo Sezione: T en. Col. Chom. Farm. Don. L. C1crRo

RICERCA CONTEMPORANEA DEL RAME E DEL PIOMBO NEIPRODOTTIANIMALI SCATOLATI Ten. Col. Chim. Farm. Dott. L. Cicero T en. Farm. Tratt. Dott. V. Gianni

S. Ten. Farm. Dott. S. Massa

Dott. L. Basili

In un prccL'dcnte lavoro concernente la r icerca contemporanea, per via polarografica, del rame e del piombo nei prodotti vegetali scatolati, abbiamo accennato che era nostro intendimento estendere le ricerche anche ai prodotti jn scatola di origine animale in considerazion e del largo consumo che viene oggi fatto di tali generi nell'alimentazione umana. I prodotti esaminati sono stati in massima parte reperiti dal commercio eJ in particolare si è data la preferenza a ditte produttrici di maggiore affidamento. Per le carni sono state prese in esame anche scatolette appositamente preparate per l'Amministrazione Militare da ditte civi li e dalla Scuola Sperimentale del Commissariato Militare di Maddaloni. Nella tabella appresso riportata, sono sommariamente descritti i vari prodotti esaminati, i valori in percentuale rispettivamente di rame e di piombo trm·ati, nonché le caratteristiche dei contenitori adoperati.

PARTE SPERIMENTAT.E.

Nella preparazione della ceneri della derrata è stato necessario modificare, anche se lievemente, la metodica usata nei precedenti lavori affinché la soluzione portata al polarografo risultasse la più esatta e la più idonea possibile. E ciò perché la composizione più complessa delle carni (sostanze protciche, sostanze grasse, sostanze zuccherine, brod i, gelatine, ecc.) rispetto


439 TABELLA RIASSUNTIVA·

Quantità di piombo e rame in mg/Kg di prodotto

SCATOLA (l) Carne in gelatina » » >>

C.AJU\'1': IN

»

»

» »

>>

»

(2) (3) (4)

» » »

»

scatola dorata »

scatola non dorata scatola non dorata scatola non dorata

MANZO ARROSTO Manzo arrosto

scatola dorata

MANZO AL SUGO Manzo al sugo

scatola dorata

HAMBURGER H amburger

scatola dorata

TRIPPA Trippa

scatola dorata

Wi.TRSTEL Wtirstel

scatola dorata

JAMBONET Jambonet

scatola dorata

» » »

» » »

SARDINE Sardine all'olio »

»

» »

» >>

»

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»

» »

»

>>

>>

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scatola non dorata ))

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))

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»

>>

ToNNo Confezione in vetro »

»

scatola dorata

Sardine in salsa piccante >>

»

»

>>

RAME

PIOMBO

0,35 0,49 0,39 0,45 0,39

tracce tracce tracce

1,66 4,33

0,60 0,70

0,30 0,35

0,51 0,60

0,20 0,12

0,10 0,12

tracce tracce

0,32 0,30

tracce tracce

0,30 0,20

0,20 0,24

0,30 0,25

0,10 0,15

tracce tracce tracce tracce tracce tracce tracce

tracce tracce tracce

1,00 1,10 2,50 2,60 assente assente

(l) Gli ultimi tre campwm sono stati prodotti dalla stessa ditta c per conto dell'Amministrazione Militare. (2) Inscatolata da meno di sci mesi. (3) I nscatolata da due anni. (4) Tnscatolata da oltre cinque anm.


ai prodotti vegetali, ha richiesto una magg10re accorte--.tza nella prima parre dell'incenerimento. La modifica consiste nell'eliminazione, durante la digestione ed essiccamento a bagnomaria del prodotto, dell'acido solforico concentrato e nella aggiunta di una quantità minore di acido nitrico concentrato (generalmen te per 100 g di carne si sono adoperati 25- 30 m l di HN03). Tale accortezza è stata necessaria onde evitare, per l'eccessivo rigonfiamento dovuto all'ossidazione, la fuoriuscita della sostanza dalla capsula. Le operazioni di incenerimento successive rimangono inalterate tenendo presente che l'aggiunta di acido solforico concentrato va fatta dopo il trattamento in stufa a 140° C. Si riprendono le ceneri con 20 ml di acido nitrico al 20%; si solubilizr,ano a caldo e si filtrano. La soluzione è così pronta per la determinazione polarografica. Questa è stata eseguita con lo stesso apparecchio polarografico («Potarecord E 261 » della Metrohm Erisau) usato per la determinazione del piombo, lavorando anche nelle medesime condizioni tecniche ed elettrochimiche (commutatore di sensibilità di corrente del registratore potenziometrico 2.10- 8 ; selettore di modulazione di tensione 30 mVrms; commutatore della scala di potenziale del registratore potenziometrico 500 m V; elettrolita di supporto KN03 O,I M) variando soltanto il campo di esplorazione (commutatore della scala di tensione di origine -0,25 V: commutatore della scala di tensione di esplorazione +l V). Per il piombo, naturalmente, il campo di esplorazione è stato come per le noti precedenti (commutatore della scala di tensione di origine -0,25 V; commutatore della scala di tensione di esplorazione - l V) (1-2). Sono state effettuate prove con registrazione c velocità di tensione di esplorazione sia a scorrimento lento, che veloce. I polarogrammi riportati sono esempi di entrambi i sistemi di registrazione. Dato che i tracciati ottenuti risultano, naturalmente, differenti in altezza si è dovuto ricorrere alla costruzione di due relative scale. Le cur ve di taratura di entrambe le scale sono state eseguite sia con una soluzione pura di solfato di rame, sia aggiungendo quantità note di rame ai prodotti presi in esame. I risultati ottenuti hanno dato una perfetta concordanza. (Cfr. lavoro precedente riportato in bibliografia con il n. 1). Sono stati presi in esame i seguenti prodotti animali scatolati di diverse ditte tra le più note in commercio e della Scuola Sperimentale del Commissariato di Maddaloni: carne in gelatina, manzo arrosto e al sugo, hamburger, trippa, wiirstel, jambonet, sardine e tonno. Nella tabella rias-suntiva sono riportati in mg/ Kg i valori trovati dopo al meno due determinazioni per ciascuna voce di ogni prodotto.


_J ~: A)

-·----~- ' ---

-.

B)

Fig. 1. - Carne 1n gelatina.

A) in scatola da due anm:

Pb

r,66 mgf kg

B) in scatola da oltre cinque an m: Pb

4>33 mgf kg

polarogrammi sono srari effettuati con registrazione e commutatore di velocità di tensione a scorrimento lento.


A)

B)

~

-- --

-~-------

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l 7- ! . l ' - • '--.J__,_·__ _:,,...l_• Lt.... . .J._--..:._.._l_t._J,_ ··--------~--

t

....,._ !- 1 ,_ '

i

_

Fig. 2. A) Sardine all'olio (scatola non dorata):

Pb

1,10 mgjkg

B) Sardine in salsa piccante (scatola non dorata): Pb

2,50 mg/ kg

I polarogrammi sono stati effettuati con registrazione e commutatore di velocità di tensione a scorrimento veloce.

_...._

..

A)

B)

Fig. 3- - Carne m gelatina.

A) Cu

o,49 mgf kg

B) Cu = 0,45 mgfkg


443

A)

- ..o., -----

B)

Fig. 4· A) Tripp:1 al sugo: Cu

o,J2 mgjkg

B) Manzo al sugo: Cu

o,sr mgf kg

CoNCLUSIONI. Mentre le osservazioni concernenti la metodica analitica seguita sono del tutto simili a quelle ricavate nel lavoro precedente, vi sono alcune conclusioni che riteniamo utile mettere in evidenza: l) la quantità di rame trovata nei prodotti esaminati dipende esclusivamente dalla naturale presenza dell'elemento nel prodotto, a differenza del Pb che varia al variare del sistema di conservazione; 2) con l'aumentare del periodo di conservazione le quantità dì Pb aumentano in maniera assai sensibile. Ciò è risultato evidente dall'analisi delle scatolette di carne (oltre il doppio in tre anni); 3) nel caso delle sardine all'olio, come era da prevedersi, si sono riscontrate tracce di piombo nelle confezioni dorate all'in terno, mentre in quelle non dorate la concentrazione di questo elemento è notevolmente supenore; 4) si è anche osservato che il tipo di condimento adoperato influisce in modo non indifferente nel passaggio ,d el piombo nc·Jia derrata (vedi tabella alla voce sardine); 5) dai dati ricavati, analizzando il tonno in confezione di vetro, nonché da quelli dei lavori precec.lenti, in cui il prodotto era conservato in scatole di latta, si può affermare che la confezione più sicura, al fine di evitare la presenza dei metalli ricercati, risulta quella nel vetro anche se presenta, come ben noto, l'inconveniente della poca resistenza all'urto.


444 RIASSUNTO. - Gli AA. propongono un metodo polarografico per la determinazione contemporanea del rame e del piombo nei prodotti animali scatolati.

RÉsuMÉ. - Les AA. décrivent un procédé polarographique pour la determination contemporaìne du cuivre et du plomb dans !es denrée animaux an conserve.

SuM.JVlARY. - A polarographic method for the contemporaneous quantitatìve analysis of copper and lead in the animai tinned foods, is proposed.

BIBLIOGRAFIA

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RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

!GlENE NUCLEARE G., DELLA MAGGIORE U., VENTl' RINI E.: Smaltimetl!o dei rifiuti radioattivi nell'uso clinico dei radioisotopi. Nota 1•: Indagine sulla radioattività delle acque di scarico a provenienza ospedaliera. - Rivista italiana d'Igiene, settembre-dicembre 1970, pag. 244.

SPAZIALE

L'impiego di numerosi radionucledi nella diagnostica e terapia di svariate malattie di carattere me<lico e chirurgico d iviene di giorno 111 giorno più freque nte negli ambienti ospedalieri e nelle Cliniche. Di conseguenza si impone con sempre maggiore importanza il problema dello smaltimenw dei rifiuti radioattivi scaricati nelle reti fcgniarie dagli Ospedali e dalle Cliniche. Gli AA. hanno condotto uno studio accurato sulla radioattività dei liquami di fogna provenienti sia dai reparti di isolamento dell'Ospedale Generale Provinciale di Lucca nel quale erano stati ricoverati due arrunalati affetti da carcinomi della tiroide trattati con forti dosi di I l31 (50 rnillicurie di T 131 per paziente) sia dalla rete fogniaria generale dell'abitato di Lucca, la quale riceve anche i liquami dell'Ospedale.

Radioattività dei liquami ospedalieri. Nei numerosi campioni di liquami provenienti dagli scarichi dei Reparti di isolamento gli AA. hanno riscontrato una elevata radioattività nei due giorni success1v1 alla somministrazione dello Iodio radioatti.vo ai pazienti. Dei 174 Campioni esami nati 53 hanno rivelato una radioattività superiore ai l 000 impulsi/minuto e di essi 25 hanno raggiunto valori superiori ai 2000 impulsi/minuto.

Radioattività dei liquami extraospedalieri a seguito della mdiocontaminazione ospedaliera. Allo scopo di accertare la radiocont:~minazione della rete fogniaria extra-ospe<laliera in concomitanza con quella ospedaliera gli AA. hanno prelevato numerosi campioni di lìquami dalla rete fogniaria urbana a distanza di 10 Km. dall'Ospedale di Lucca. Nell'intento di porsi nelle migliori con<.lizioni sperimentali gli AA. hanno inquinato un pozzetto della rete fogn ìaria dell'Ospedale con l 00 millicurie di I 131, immettendo contempora namc nte una solu1.ione di fluoresceina, destinata a funzionare da rivelatore macroscopico dell'arrivo dci liquami contaminati a distanza di IO Km. dal punto dell'inquinamento radioattivo. A questa distanza, dopo 7 ore dall'immissione dello Iodio radioattivo, gli AA. hanno trovato significativi valori di rarlioatti vi t?l nei numerosi campioni di liquame prelevati. La radioattività del supernatante è risultata superiore a quella del sedimento. A dismnze ancora maggiori, la radioattività dei liquami fogniarì è risultata ne1 limiti normali e cioè nei limiti del fondo radioattivo ordinario.

5· - M


Gli AA. sottolineano la grande importanza del .:omrollo della radioatti\ità negli scarichi degli Ospedali che impiegano sorgenti non sigillate di radioisotopi a scopo diagnostico o terapeutico e si riservano di tornare sull'argomento per trattare l'importante problema dello smaltimento dei rifiuti radio:mivi provenienti dai luoghi di cura. c. ARGl iiTTt:

MALATTIE 1.\'FETTJVE EDITORIALE: Ncw influ~nza (!L mtovo VIrus i11fluem::alc) , novembre 1972, pag. 251.

British Medicai Journal,

Durante l'inverno del 1972 un nuovo ceppo Yirale, appartenente al tipo A, ha fatto la sua comparsa in Inghilterra c in altre parti tlcl mondo (Asia, Australia, Estremo Oriente etc.). Questo nuovo ceppo virale che è responsabile tli casi tli influenza, già accertati nel 1972 e che molto probabilmente provocherà l'epidemia influenzale del 1973 è stato così dcnomtnato: virus A/EnglanJ/42/72. Tale virus differisce antigenicamentc, sebbene in form:-t non spiccata, dal virus A/Hong Kong/ l /68, che è responsabile delle epidemie influenzali degli ultimi anni. Non essendo questa differenza antigenica molto spiccata è da presumere che l'immun:tà contro il \ irus A/Hong Kon / l /68 sia abbastanza valida anche contro il virus A/England/42/72. Esisterebbe cioè una immunità crociata, sebbene non sia da presumere che essa Sia valida al 100%. Pertanto è necessario che le persone particolarmente esposte a contrarre l'influenza o i soggetti affeLti da malattie croniche (specialmente cardiopatici, diabetici, etc.) o già avanzati in età, si sottopongano - in previsione di una prossima epidemia influenza'c alla vaccinazione con vaccini contenenti il nuovo virus influenzale A/England/42/72, che è stato isol:no Jurante il corrente anno, in casi sporadici o nel corso di p'ccolc epidemie influenzali in varie parti del mondo. La preparazione di questo nuovo vaccino è già in allestimento in Gran Bretagna c si pensa che nel giro di pochi mesi possa essere prodotto in forti quantità sfrut· tando la n uova tecnica di combin:tzione tra il n•;ovo virus c virus di precedenti epidemie che hanno già acquisito l:t car:nteristica d i una r:tpida crescita in laboratfJrio.

c. ARGIIITTt: MALATTIE PARASS/ T ARIE EDITORIALE: Tetmcyclincs for malaria (Impiego deLle tl'tracicline nel tmtltimen/o della malaria). - British Medicai Journal, agosto 1972, pa_!!. 486. Alcune recenti ricerche sull'impiego delle tetraciclinc nel trattamento della malaria hanno dato pmmettcnti risultati m questi ultimi anni. Esperienze importanti, a questo proposito, sono st:nc condotte in Tailandia, ovc si registrano numerosi casi di malaria sostenuti da P. falciparum c resistenti al trattamento con la clorochina.


447 In molti di questi casi malarici re~istenti alla clorochina si t: ricorso alla assoctazione di questa sostanza con la tctraciclina, ottenendo brillanti risultati. I nfatti nel 97 ~ dei casi trattati si ebbe una guarigione completa della malaria. I primi tentativi di terapia ddla malaria a mezzo delle tetracicline risalgono al 1950 e si ispirarono al principio che gli antibiotici inibissero la sintesi delle proteine e degli acidi nuclcici. Ma soltanto negli ultimi cinque anni il problema della inaspeuata resistenza di P. fa/c,parum alla clorochina ha stimolato una attiva ripresa delle esperienze con numerosi riconosciuti a ntimalarici quali 1 sulfoni, le sulfonam id i, gli a ntibiotici, c infine le tetraciclinc. Specialmente gli studiosi americani rireriscono di aver ottenuto ottimi risu ltati terapeutici in numerosi casi di soldati stmunitensi affetti da malaria clorochino - resistente e trattati con una associazione di chinina e tetraciclina. Queste esperienze positive stanno a dimostrare la gr:tnde importanza che riveste l'impiego della tetracidina associata alla Yecchia chinina, rimedio sovrano e intramontabile nei casi di malaria e~tivo-autunnale, specialmente se a cararrere pernicioso.

c. ARCHITTU CARDIOLOGIA Y., \VAYNBERGER M., GAVI LLE P.: A. propos des frontières des myocardwpathles primitives non obstructll't'S. - Arch. Mal. Coeur, 1972, 65, 151-155.

BO!..YR >\JN

Le malattie definite da Laubr} c Walser sotto il nome di c miocardie ~ hanno ricevuto successivamente appellativi diversi, ma sarebbe più esplicito definirle miocardiopatie da causa ignota od essenziali non cstruttive. Purtroppo i criteri che perm~.;ttono di fissare i limiti di questo quadro nosologico sono unicamente negativi: nessuna malformazione ùel miocarùio - nessu na etiologia uota. l) carattere «essenziale:.: csclu~ionc quindi d i malattie infiammatorie, di fenomeni di sovraccarico o di degenerazione (emocromatosi, ami losi, g licogenosi, collagcnosi), di intossicazione da cobalto addizionato alla birra, del cuore senile, della localizzazione cardiaca nella malattia di Stei nert, de lle miocardiopatie familiari del sistema nervoso (paraplegie spastiche familiari, atrofia ereditaria dei muscoli peronieri, malattia di Frieclreich l; 2) a volte bisogna includere all'interno delle frontiere delle miocardiopatie essenziali alcune turbe del ritmo appan:ntcmente isolate, nelle quali sarà il decorso clinico che ne chiarirà la genesi da una miocardioparia essenziale; 3) le frontiere sono notevolmente incerte fra le forme ostruuive e quelle non ostrutrive, nelle quali non sempre i dari del cateterismo permettono una differenziazione, nea nche con il risultato della somntinistrazione dell'isopropilnoradrenalina; 4) le ipcrtrofie diffuse del mioc::t rdio c q uelle che provocano una costrizione possono essere due aspe tti evolutivi della stess.t malattia. Si può accettare la classificazione recente d i Goodwin in: a) miocardiopatie c congestive ~, malattie acquisite. dovute ad una affezione sconosciuta che provoca la dilatazione delle ca,·ità, provocante molto spesso la morte; in esse l'ipcrtrofia è accessoria e sproporzionata con la dilatazione; b) miocardiopatie ipertrofiche, m:Jianie costituzionali caratterizzate da una ipertrofia importante senza dilatazione~ la turba funzionale è la resistenza al riempimento vcntricolare, menrre l'o•tacoi<J alla eiezione è accessorio.


Lo stabilimento di una frontiera fra le miocardiopatie ipertrofiche e quelle cbngestive del tipo di insufficienza cardiaca essenziale è tuttavia una acquisizione importante. La storia naturale ed i differenti aspetti clinici delle prime restano da precisare. Il quadro nel quale si iscrivono le seconde è meglio delimitato, ma scarso progresso è stato ottenuto per ciò che concerne la etiologia. MELCH!ONDA

LENÈGRE J.: M yocardiopathieJ" non obstructives primt!tves. Editoriale al Meeting della Société Française de Cardiologie. Names, giug!llo 1971 , Arch. Mal. Coeur, 1972,

65, 1-6. E' un editoriale in apertura di un Simposio della Società francese di Cardiologia tenutosi in Nantes nel giugno 1971. Benché le pubblicazioni cd i simposi consacrati alle miocardiopatie si siano moltiplicati da un decennio persiste una grande confusione nel senso che conviene attribuire a questo termine, nonostante il tentativo di Hudson nel 1970 di ricostruire «l'ordine partendo dal caos». Anzitutto è da precisare che, se si dovesse accettare l'affermazione che per fare le diagnosi delle miocardiopatie primitive è necessario l'esame autoptico, ivì incluso quello del sistema di conduzione del cuore, non si potrebbe quasi mai fare diagnosi clinica e post-mortem di esse. Inoltre è da precisare ancora, per la storia, che già sin dal 1925 Laubry e \Valser avevano descritto queste forme con il termine di « miocardie ». Il termine di miocardiopatie è preferibile a quello di cardiomiopatie, sia per ben limitare il soggetto in studio alle malattie del miocardio, sia per eliminare ogni confusione con le offese del miocardio nelle miopatie. Con il termine di miocardiopatie si deve quindi intendere quello di una malattia che colpisce il muscolo cardiaco inizialmente ed in modo predominante, se non esclusivo, al di fuori di ogni malattia precedente nota, cardiaca o generale, e pertanto, data la attuale ignoranza di una etiologia, queste miocardiopatie debbono conservare L'aggettivazione di «primitive> od « idiopatiche>. Pur nella « irritante e persistente ignoranza etiologica >, queste miocardiopatie conservano un loro carattere clinico chiaro, sostenuto da due caratteri costanti: l'insorgenza di segni clinici e di alterazioni anatomiche ed emodinamiche suggestive di uno scompenso cardiaco globale e l'assenza di ogni causa apparente specifica. Esse possono essere divise in due categorie: ostruttive e non ostruttive, aoche se non sempre sono possibili delle nette differenze fra di esse; comunque l'oggetto in argomento riguarda le forme non ostruttive. Queste forme di miocardiopatie non ostruttiv.e « idiopatiche> sono in crescente aumento; esse, pur colpendo in netta prevalenza i. soggetti giovani, non risparmiano i soggetti anziani. L'A. critica le varie etiologie supposte, quella dismetabolica (avitaminosi del tipo beri.berico), quella endocrina (iper-ipotiroidismo, gravidanza, puerperio), quella virale, microbica e parassitaria (miocardite di Chagas) perché queste forme in definitiva non possono conservare il termine di « idiopatiche». Lo stesso dicasi per le forme familiari, genetiche. Gli esperimenti di Selye, l'intossicazione etilica per il tramite o meno di una cirrosi epatica, quella da birra addizionata di cobalto, quella da olio di ravizzone con l'intermediario dell'acido erucico, la teoria di una autoaggressione da auto-anticorpi-anticuore non possono sempre applicarsi alla patologia umana.


449 Pur nella incertezza etiologica, bene conosciuta è la semeiologia funziona le ed obiettiva: inizio silenzioso, latente (svelabile a volte in casuali esami ecgrafici, ascoltatori, radioscopici), lo stadio clinico, sintomatico od ipertrofico (soprattuttO ritmo di galoppo atriale, esame radiologico, ecg. apicocardiogramma), 2o stadio che sfocia nell'insufficienza cardiaca congestizia irreversibile sino all'edema polmonare, fatale. Evoluzione lunga, di anni, ma a volte anche morte improvvisa. La diagnosi differenziale, molto difficile, va posta con la miocardiopatia ischeroica, la ipertensione arteriosa antica c decapitata, gli shunts inrracardiaci, la insufficienza mirralica primitiva. La frequenza crescente della malattia, il fatto che essa colpisce soggetti giovani, il suo carattere praticamente inesorabile legato all'insufficienza delle nostre risorse terapeutiche e concludentesi con la morte del 100% dci casi, impongono che si prosegua lo studio con tutti i mezzi. M EL-CHJONDA

A.: Allongement de Q-T et ~·yn copes, snns surdité: le syndome de RomanoWord. - G. Ttal. Cardini., 1972, 2, 218-225.

GIIL-1.-EZ

La sindrome di Romano-Ward è caratterizzata da un allungamento dello spazio QT e dalla insorgenza di crisi sincopali che in qualche caso possono anche essere fatali. Essa è una ~indrome familiare a trasmissione autosomica dominante e si differenzia dalla sindrome di Jervell e Lange-Nielsen (sindrome sordo-cardiaca) per la mancanza di sordità e per la sua distribuzione geografica più ampia; inoltre nella sindrome dì Jervell e Lange-Nielsen la trasmissione è a carattere autosomico recessivo. Dopo una breve revisione della letteratura, l'A. riporta 10 nuovi casi constatati nell'ambito di una stessa famiglia belga, di origine francese: 6 adulti (5 avevano presentato ripetute crisi sincopali) e 4 bambini fra l 1/2 e 14 anni, di cui 3 asintornatici ed uno sottoposto a trattamento profilattico con propranolo dopo il 3• episodio sìncopale. Gli attacchi sincopali, con o senza convulsioni, compaiono di regola durante i primi mesi di vita, ma persistono a volte sino all'età adulta; i fattori scatenanti sono in generale la paura, uno shock emozionale o giochi ed esercizi fisici violenti. I dati biochimici seri ci ed urinari (elettro! iti, glicemia, catecolamine, chetosteroidi) sono normali. Caratteristico è l'allungamento dell'intervallo QT di varia entità, ma non in rapporto con la gravità della malattia, associato a volte con anomalie dell'onda T ed anche dell'onda U. Esistono a volte extrasistoli vcntricolari. Responsabili degli attacchi sincopali sono episodi di fibrillazione venrricolare. · Fra le varie terapie proposte, la più efficace ser!lbra quella con i bloccanti betaadrenergici. MEI..C H!O>lDA

]OHIINSSoN B. W., joRMING B.: Hereditary prolongation of 9T Ùlterval. }., 1972, 34, 744-751.

Brit. Heart

Sulla base comune di un quadro ecgrafìco e clinico, caratterizzato da un prolungamento dell'imervallo QT e da attacchi sincopali e/o morte improvvisa e ad incidenza familiare, si differenziano due si nd rom i: l) sindrome di Jervell e Lange-Nielsen, io cui si associa una sordità nervosa congenita ed in cui la trasmissione ereditaria è del tipo autosomico recessivo;


2) sindrome di Romano-Ward, in cui la trasmissione ereditaria è del tipo autosomico domina nte. Gli AA. riportano due casi, padre di 36 anni e figlio di 9 anni, con prolungamento dell'intervallo QT, ma senza sordità. Varie teorie sono state avanzate sulla causa biochimica, enzimatica o anatomica del prolungamento dell'intervallo QT, il quale, estendendo il periodo di vulnerabilità, predispone il cuore a battiti ectopici che po~sono scatenare aritmie ventricolari o asistolia. La teoria più suggestiva sembra una stimolazione simpatica asimmetrica del miocardio ventricolare oppure un difetto nel metabolismo della noradrenalina mio· cardica. Successi terapemici sono stati a volte conseguiti con l'atropina o con il fcnobar· bitone o con la difeni lidantoina. La digitale, se riduce l'intervallo QT, comprende il rischio di scatenare battiti ectopici, mentre la chinidina, se riduce il rischio dei battiti ectopici, allunga l'intervallo QT. Attualmente sembra che il farmaco di $Celta sia il beta-bloccante adrenergico. MELCHIONDA

A ., ScHWARTZ P. f., GRAZI S.: A cnrdiac murmur depending on the Wolff· Parkinson-White svndrome. -· Amer. Hcart J., 1972, 83, 532-534.

LIBRETTI

G li AA. presentano un caso di sindrome di Wolff-Parktnson-White (WPW) imermittente con un ritmo nodale in una ragazza di 18 anni. Solo nei battiti con m()rfologia WPW si ascoltava c si registrava un soffi() mesosistolico di grado 4° del tipo ejezione, mimante una cardiopatil organica, con massimo nel 4° spazio intercosta lc, senza irradiazione, con aumento inspiratorio. Responsabile della inLermiuenza della morfologia WPW era la presenza di un wandering pace-macker del nodo del seno, essendo gli stimoli sinusali seguiti da complessi WPW, mentre gli stimoli nodali c quelli intermedi erano seguiti rispettivamente da complessi normali o di morfologia intermedia. l tests farmacologic i (atropina, nitrito di amile, noradrenalioa) dimostrarono una stretta relazione fra iJ tip() del la eccitazione ventricolare e la presenza del soffio. E' verosimile che la prccccitazionc imeressava quella parte del setto vcntricolarc che fo rma il tratto di efflusso del ventricolo sn, provocandone quindi la disfunzione iniziale ed il soffio da rigurgito. Questo caso è interessante, dicono gli AA., perché la sua conoscenza permette di interpretare come funz ionali almeno una parte dei soffi sistolici variamente tnterpretati nel WPW stabile.

MELCHIONPA

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SOMMARI DI RIVISTE MEDICO ~ MILITARI

INTERNAZIONALE REVUE INTERNATIONALE DES SERVJCES DE SANTÉ DES ARMÉES DE TERRE, MER, AIR (A. 45, N. 3, 1972): Bruce-Chwatt L. f.: La malaria e la sua prevenzione nelle campagne militari; C/ement f . Pardaen.r J.: Reazioni psicobiologiche osservate in una serie dj prove di rotazione lenta attorno all'asse trasversale del corpo. REVUE INTERNATIONALE DES SERVICES DE SANTÉ DES ARMÉES DE TERRE, MER, AIR (A. 45, n. 4, 1972): Pot~.r f., Monteil R., Lourmet f., Bouhours G.: Sulle ustioni del viso; Gutzeit H.: Le cure dentarie negli appartenenti alle Forze Armate della Germania federale; Dietz H.: L'organizzazione delle Unità dentarie nel Servizio sanitario delle Forze Armate tedesche; Atdu.r H. 0.: Formazione rle!rufficia le dentista e del personale ausiliario nella Repubblira federale tedesca.

ITALIA ANNALI DI MEDICINA NAVALE (A. LXXVll, fase. Il, aprile-giugno 1972): Moretti G., Fontanej·i S., Ghittoni L.: La narcosi da gas inerti in cond izioni di iperbarismo ambientale: rassegna degli aspetti più salienti della letteratura mondiale; Musari C.: in tema di acroosteolisi; Ghittoni L.: Criteri clinici diagnostici e principi di terapia fa rmacologica d'urgenza nelle tachiritmie; Pezzi C.: Mare, arte e medicina. RIVISTA DI MEDICINA AERONAUTICA E SPAZIALE (A. XXXV, n. 1-2, gennaio-giugno 1972): Paolucci G., 13/undo G., Ba!la A.: Comportamento di alcune attività enzimatiche <.lei siero in politraumatizzati; Sasso G. F., RoJSanigo F., Donnanno A., Fot·chì G., Pesclzle C.: Indagini sperimentali sulla produzione dell'eritropoietina in rapporto all'intensità e durata dell'ipossia; Sasso G., Ro.<sa11igo F., Fon·hl G., Peschle C.: Indagini sulla produzione renale èd extrarenal~ di eritropoietina in ratti di sesso maschile o femminile; Rota P.: Modificazioni ematologiche per esposiz ione acuta al calore; BaLla A., Romanin A., Rota P.: L'impiego dei cristalli liquidi di colesterolo nello studio della temperatura cutanea e loro applicazione in medicina aeronautica; Busnengo E.: L'indice di Macruz c la sua valmazione clinica in elettrocardiografia in tema di selezione e controllo del personale navigante; Paolucci G.: Variazioni del fenomeno coagulativo del sangue in animali traumatizzati; Maniero G., Tolfa1lo G., Vecchia P.: Effetto dei fosfolipidi neuroomologhi associati ad altre sostallZe sull'intossicazione sperimentale da dimetilidrazina asimmetrica. Nota II: Aspetti biochimici dell'associazione piridossi na-fosfo lipidi: Paolucci G., Blundo G.: La catecolamine (adrenalina e noradrenalina).


ARGENTINA REVISTA DE LA SANII)AD MILITAR ARGENTI:-.IA (A. LXXI, n. 2, lugli~ dicembre 1971): Rottjer D. E., Cwurchet Ragusin f. E., Abuin C. f.: Anemia emolitica di probabile natura paraneoplastica in un vecchio; Anrognazza H. L. E.: Personalità psicopatiche; Lucchini A. D.: Su un tumore deU'ovaio di origine tiroidea; Villagran PatJdilla f.: L'aumento delle dermatosi e il loro trattamento terapeutico.

FRANCIA REVUE DES CORPS DE SAl\TÉ DES ARMJ.~ES TERRE, MER, AIR (Vol. Xli, n. 2 aprile 1972): Audoire P. f., Rnmel P., Lameaum( Th., Le Clerc A. M., Yver M ., Dulac F.: Ricerche del laboratorio centrale S.C.E.R.S. relative alla messa a punto di un biscotto arricchito di sostanze proteiche utilizzabile in combattimento; Decht:!lotte, Memin, Hubault, Giudtee/11: L'evoluzione a medio termine delle sindromi di Ficssinger-Le Roy-Reiter osservate in ambiente milit:ue nel periodo 1956-1965; Camus: Problemi biologici attual i rela ti vi al vaccino B. C. G.; Bergeret, Sayersc: Il controllo radiochimico sistematico del plutonio e dell'uranio; Demange /., Vettes B.: Possibilità d i utilizzazione della pletismografia elettrica negli studi ergonomici applicali alle Forze Armate. REVUE DES CORPS DE SAt\T~ DES ARMtES TERRE, MER, AIR (vol. XII n. 3, giugno 1972): Carsin: Inquinamento dci mari da parte di idrocarburi; Dan1ou Ph.: A proposiw di una intossicazione collettiva alimentare da piombo a bordo di una petroliera; Larroque C. H.: Prodotti di contrasto idrosolubili; F.hrhardt /. P., Drouer f., Monteil R.: L'uomo di fronte agli squali. LE ME DICIN D E RESERVE (A. 68, n. l, gennaio-febbraio 1972): Evrard E., Bosly H.: Il segreto medico durante le operazioni di guerra; Col/et, Descuns P.: Su i problemi creati dalle fratture e lussazioni recenti della colonna vertebrale e cervicale. LE M EDICIN DE RESERVE (A. 68, n. 2. marzo-aprile 1972): Doury: Inconvenienti di carattere sanitario nelle truppe corazzate; Fros.rard: Le realizzazioni del scn izio sanitario nel campo dell'igiene nucleare.

G RECIA HELLENIC ARMED FORCES MEDICAL REVIEW (Vol. 6, n. t febbraio 1972): Avgoustakis D. , Haijgergiou C., Koroxenidis G., Towouzas P., Korkondilas A.: Studio emodinamico sulla stenosi della valvola aortica; Psomadakis C. f.: Un metodo di studio delle emoglobinopatie congenite. Applicazione di questo metodo nell'Esercito; Achimastos A ., Plainos T., Paizis C., Chloros G.: Secrezione di alcune sostanze ormonali nei soggetti di gruppo sanguigno A, B, O e ulcera gastroduodenale; Poulantzas f., Karatzas G., D osios T.: Corpi estranei nel tratto gastro-intestinale; Constantimdis E. D.: Problemi psichiatrici durame la riabilitazione dopo infarto del miocardio;


453 Rentis G., Theodorou V., Stamatù G.: Incidenza delle ossa accessorie nel piede; Demoeliopoulos J. D.: Sul lobo azigos; Papagiorgiou S., Giannatos N.: Trattamento terapeutico delle dermatosi secondariamente infeue; Aspiotis N. Elezoglou V.: Sulla conduzione dell'impulso nervoso; Voutsadakis A.: Sindrome di assorbimento e di malassorbimento dei monosaccaridi; Rentis G.: Artrodesi dell'anca; Tzalonicos T.: Sul gozzo tossico; Paidousis N., Politis E., Tsevrenis H.: Problemi di trasfusione del sangue in Grecia; Soulis D.: Sul nuovo metodo di diagrammare la personalità secondo il metodo di Rorschach; Evangelou G.: l problemi immunologici nel trapianto degli organi; Papoutsakis S.: 11 trapianto del fegato nell'uomo; Katsaros V.: Il pericolo del laser e la protezione contro di esso; Vissoulis H.: Trattamento dei portatori asintomatici di epatite associata all'antigene (HAA) nelle forze armate greche; Symeonidis P. P., Pagalidis T. A., Arldroulokakis P. A.: Trasporto aereo di pazienti e di feriti; Arabattzis G.: Sulla scelta di appropriate tecniche di laboratorio nelle operazioni campali; Fertakis A., Mihas A., Papazacharias A., Dariotis A., Angelopoulos V.: Sulla sindrome di iperviscosità del siero nella macroglobulinemia di Waldestrom; Kevrelcidis G., Sarafianos V., Moschos M., Skalidis T.: Broncopolmonite causata da aspirazione di benzina ; T~·ingos A. Kat.w yannis A., Dosios T.: Un caso di ostruzione intestinale dovuta a diverticolo di Meckd perforato; Matthaiou Z., Georgiadis f.: Un caso di lipoma del colon ascendente; Loucopulos N.: Sulle fratture delle ossa della faccia.

INGHILTERRA JOURNAL OF THE ROYAL ARMY MEDICAL CORPS (vol. 118, n. 2, 1972): Fraser f.: I doveri del medico verso il soldato; Williamson T.: Le tecniche ultramicroscopiche nella pratica dei laboratori d i <"himica clinica; Rrudenell M.: La gravidanza non pianificata; Perry C.: Il Corpo san1tarìo e la Medicina aeronautica; Bradj01·d D. E.: La dermatite da processionaria.

JUGOSLAVIA VOJNOSANITETSKI PREGLED (A. JG'\JX, n. 4, aprile 1972): Bordoski M. e co/l.: Infezioni da arboviru s nella R. S. Serba; Bervm· M. e co/l.: Contrihuto sulla operazione precoce nella colicistite acuta; Starcevic M . e coll.: Possibilità di guarigione di personale dell'A.P.Y. affetto da malattie paradentali; Ve!ianovslci A. e coll.: Contributo alla protezione del personale di lavanderia a secco; Bt·itvic M.: Considerazione sui metodi di sgombero di feriti e malati nell'ambito della difesa nazionale totale; Puskaric l: Il problema dell'equipaggiamento sanitario standard del servizio di emagenza nelle ambulanze di guarnigione; Krnnja T.: L'Anajra11il negli stati depressivi. VOJNOSANITETSKI PREGLED (A. XXIX, n. 5, maggio 1972): Romano M. e coli.: L'ipertensione nei militari; Kraguliac V. e coll.: l risultati ottenuti nel trattamento del dito a martello con l'applicazione di una stecca individuale di materiale acrilico; Veselinovic Z.: Lesioni perforanti del globo oculare; Sliskovic Z.: L'importanza del tubo faringo-timpanico nel tuffo; Palmar l. e coll.: Encefalopatia dopo vaccinazione antivaiolosa con rcliquati permanenti.


454 PO RTOG ALL O REVISTA PORTUGUESA DE MEDICINA MILITAR (A. 20, n. l, 1972): Arghittu C.: Malaria: Cenni storici. Etiologia e morfologia del plasmodio della malaria umana. Terapia della malaria. Profilassi della malaria; Pham Ha Thanh, Duong Hong H uan, Tran VarJ T hin: Risultati preliminari della chemioprofilassi e della terapia della malaria nelle Forze Armate della Repubblica del Viet-Nam con l'associazione di sulfadoxina-pirimetamina; Gonzaga Ribeù·o: T erapia della malaria; Let· tao M.: Profilassi della malaria nell'Esercito portoghese; Dias E., Paredes F.: Sul trattamento delle us tioni chimiche; Augustin Al., Voico V., Popesco Al.: Fisiopatologia generale delle ustioni chimiche e !oro trattamento in condizioni di guerra; Macanita f. C. S .: Prevenzione della tubercolosi nelle Forze Armate; MaldorJado Simones A.: L'ossigenoterapia iperbarica. Prospettive atn1ali; Coelho R.: La lipotimia e la prova d i Prousseau sotto controllo elettromiografico.

ROMANIA REVISTA SANITARIA MILITARA (n. l, 1972): Garau C.: Considerazioni c ritiche sulla terminologia impiegata nella patologia esofagea; Macarie O.: Considerazioni sul meccanismo biochimico e sul trartamento della nefropatia tossica dovuta a glicol-etilene; Tarcoveanu Gh., Petca Gh., P!oscaru V., Cioara R.: Problemi diagnostici e terapeutici in cene forme di e mope ri toneo; Ni.culescu Gh.: Il uattamento chirurgico con un metodo personale della lussazione recidivante della spalla; Prundeanu C.: Criteri dj diagnostica differenziale tra l'epatite epidemica anitterica c l'epatite cronica; Plaian E.: Riflessi medico-militari della labilid uditiva in un ambiente rumoroso in individui psico-labili; Gordan G., Ma~·ovescu AL.: Frequenza de l significato di ceppi di colibacilli patogeni isobti da culture di urine in un Ospedale mi litare; Cindea V., Singer D., Bacur A.: Tiroiditc di Hashimoto nel gozzo multinodu lare. lpertiroidismo e trasformazione pre-cancerosa; Stoian M., Nastoiu V.: Aspetti medici dello sviluppo dell'aeronautica nel corso degli ultimi 50 anru; PintiLie / ., Teodorescu V.: Effetti della respirazione di ossigeno supercompresso sui tempi di reazione del personale aeronavigante; Bodeanschi 1., Tacu V.: Metodi efficaci di eradicazione della dermatomicosi nelle unità Mi litari; Nicolatt A., Cazan A.: Indicazioni dei lassativi e limite della loro utilizzazione; Manta N., Melita N .: Studio della relazione tra la capacità massima di sforzo e l'attività psichica tra gli allievi di una Scuola Mi litare; Mardare M. D.: La malattia da carri a rmati; Baditoiu l., Cavulea 0.: Alcuni dati concernenti gli effetti dell'onda di urto e dell'abbagliamento da scoppi nucleari sugli animali da allevamento; Dijmarescu l., Runceau R.: Mod ificazioni apportate all'apparato di segregazione del tipo ITM per l'ottenimento di acqua distillata necessaria alla farmac ia di un Ospedale.

SPA GNA REVISTA DE SANlDAD Ml LITAR (Vol. XXXIV, n. 3, ma rzo 1972): Royo· ViUanova Perez M.: Le fughe con particolare attenzione al problema delle diserzioni; de la Ton·e-Femandez f. A., de Orbe Machado A., Pied1·o!a Angttlo G., Pilo MartÙl /.: Me ningite cerebrospinale epidemica nel 1971; Pilo Marti11 1.: Chemioterapia antitumo-


455 rate e aotileucemica; Hen·eo Aldama P.: Difficoltà nella diagnosi dell'epilessia in medicina aeronautica; Fernandez Meijome S.: Alterazioni extra epatiche nell'epatite virale; Jonckheerre: La logistica e il medico militare. REVISTA DE SANIDAD MILITAR (vol. XXXIV, n. 4, aprile 1972): Ct·espoNeches A., Alvarez de Nicolas: Traltamento cruento delle fratture sottocapitali del femore: Escudero Saiz E.: Sgombero ~anitario a mezzo di autoveicoli nel teatro di operazioni; de la Torre Casa>" L: Trattamento del cancro del retto; Linm·es R., de Sotomayor A., de L/ano Benejto R.: Studio morfologico funzionale delle piastrine e pratica della trasfusione dei conctntrati delle stes~e.

U.S.A. MIL!TARY MEDICINE (vol. 137, n. l, gennaio 1972): Akers W. A., Sul-zberger M. B.: Le vcscicole da sfregamemo; Koranda F. G.: Guida per gli studi degli incidenti aerei dal punto di vista medico; San Filippo S. A ., Rattistone G. C. Chandler D. W.: Il contenuto del fluoro nella razione alimentare campale; Rengstorff R. H.: Occhiali e lenti a contatto: una indagine sulle reclute; Ben·ey B. H.: Medicina e politica estera negli Stati Uniti; Acord L. JJ.: Sostanze allucinogene e danno cerebrale; Lat·sen G. L: Il ruolo della patologia del linguaggio nella dispnea neuromuscolare; Blatt l. M., Fayla A.: Impianti di materiale acrilico nei difetti dell'osso frontale; Resenbaum R. J.: Concetti moderni sul trattamento del colera; Tmutein f. f.: Ricovero dei pazienti neuropsichiatrici e visite mediche isolate; Robson M. C., Nichols R. T., Branch L. B.: Su di un caso di gastroschisi trattato con una protesi.

MfLITARY MEDJCINE (Vol. 137, n. 2, febbraio 1972) : Eisemann B. , Hill G.: Gli ufficiali medici di riserva della Marina; presente e futuro; Meng G. R.: L'addome acuto; Wichlacz C. R., Del fon e>· F., Stayer S. f.: Previsioni c raccomandazioni di carattere psichiatrico: stud io sul carattere ed il comportamento di pazienti psicopatici; Montgomery F. A., Stephen.• M.: Tentativi di suicidio a Fort-Leonard; Davey F. H., Gmelich f. T. , Glenn G. C.: L'epatite acuta da alcool; Cirillo N. C., Castell D. 0., facoby W. f.: La secrezione acida dello stomaco nella epatite infettiva; Parker W. A.: Criteri di valutazione sulle caratteristiche dci materiali di ricostruzione anatomica; Niebel H. H., Keough G.: Su un programma di igiene della bocca in pazienti ricoverati in Ospedale; Hartenbower D. ! ... Kantar G. L., Rosen V. f.: Insufficienza renale dovuta a g lomerulonefrite acuta insorta nel corso di malaria da plasmodio falciparo; Glasser S. P., D'Ambrosia U., Osborn f. R.: Tachicardia parossistica di origine atriale.


NOTIZIARIO

NOTIZIE TECNICO- SCIENTIFICHE

Recenti progressi medici. Alla Fondazione Carlo Erba, riferendo sui più recenti progressi medici, il prof. Carlo Sirtori ha parlato delle trombosi senza trombosi e degli infarti senza infarto. « Negli organi più vitali come il cuore, il cervello, i reni - ha detto - può verificarsi un «furto del sangue~. cioè alcune zone dell'organo nel momento di massima prestazione, avendo arterie più elastiche e più duttili, possono accumulare maggior quantità di sangue sottraendolo ad altre zone che ne restano prive, ne soffrono e vanno incontro a modificazioni che si manifestano con angi11a, infarto cardiaco o renale, trombosi cerebrale, ecc. « In questi casi non c'è occlusione vascolare, si tratta di fenomeni emodinamici, non c'è dunque né trombosi né infarto c la prognosi è molto migliore rispetto ai casi in cui vi è un reale ostacolo al circolo sanguigno. Anche Pasteur ebbe una trombosi senza trombosi, ne guarì c dopo di essa scoprì altri quattro vaccini. « T sintomi che debbono richiamare l'attenzione sulle trombosi senza trombosi sono le subitanee amnesie, le vertigini, le improvvise abulie, transitori disorientamenti spaziali e temporali. E' bene ricorrere ai farmaci vascolari, alle vitamine E e C e agli oli polì-insaturi ». Sirtori ha riferito anche degli estremi tentativi per « vitalizzare » un atleta in momenti particolarmente determinanti come una Olimpiade. L'ormone ACTH e le iniezioni di ormoni femminili associati agli ormoni maschili possono vincere alcuni stati depressivi psichici c muscolari. In particolare, gli ormoni femminili accelerano le trasmissioni muscolari, i maschili aumentano la sintesi delle proteine muscolari, e I'ACTH conferisce scioltezza. « Al recente congresso di biofisica di Mosca - ha concluso Sirtori - il più gran numero di relazioni è stato dedicato a questi problemi del rendimento muscolare».

Novità sulla sehizo&enia. « La dieta senza cereali e senza latte può curare la schizofrenia», lo ha affermato la Prof.ssa A. P. Ridges, dell'Università di Liverpool, nella sua conferenza alla Fondazione Carlo Erba. I cereali e il latte possono facilitare, nei soggetti predisposti alla schizofrenia, l'assorbimento di sostanze tossiche che agiscono sul cervello c creano pensieri distorti. Nei Paesi dove cereali e latte non. fan no parte della dieta la schizofrenia è estremamente rara, .venti volte meno. Anche durante la guerra, con le restrizioni alimentari, era meno frequente. Quali sono le molecole tossiche che scatenano la schizofrenia? La Prof.ssa Ridgcs ne ha elencate quattro: la proteina S., la dimetiltriptamina, la teraxeina e un polipep-tide recentemente isolato.

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457 Secondo il Prof. Carlo Cazzullo, Direttore della Clinica Psichiatrica dell'Uoivt>rsità di Milano, che ha presieduto la riunione, c'è sempre un confluire di diversi fattOri nel determinismo della schizofrenia: genetici, ambientali, dietetici, psicodinamici. Il Dott. Enrico Smeraldi non ha escluso anche fattori immunitari, mentre il Prof. Bruno Manzini ha suggerito un'indagine sulla dieta dei nosrri ospedali psichiatrici. Il Prof. Carlo Sirtori, Presideme della FGndazione Carlo Erba, ha detto che della dieta priva di cereali e di latte può giovarsi anche una strana forma di disattenzione dispersiva che spazia in ogni dove senza riferimenti precisi e senza costrutti. Insomma un'attenzione senza attenzione denominata « stimulus overinclusion ». In Italia g li schizofrenici sono circa 500.000.

Un capitolo nuovo della medicina: le piastrine del sangue umano. Le piastrine del sangue umano sono cellule miracolo - ha detto il prof. H. Stormorken della Università di Osio nella sua conferenza alla Fondazione Carlo Erba perché pur essendo le più piccole del corpo umano esplicano una infinità di funzioni: fabbricano tre fattori impUcati nella coagulazione del sangue, un quarto fattore per stabilizzare il coagulo, un quinto che si chiama serotonina, propiziatore del sonno, un sesto - la istamina - che è il protagonista dei fenomeni allergici. Le piastrine inoltre bloccano virus, germ i, tossine e irnped iscono l'ac.::umulo di sostanze grasse. Tt~tte queste attività - ha concluso il prof. Stormorken - sono al diapason quando l'organismo è in stato di « arousal », di eccitazione. sono invece al minimo quando l'organismo è in stato depressivo. Il prof. Storrr.orken ha anche enumerato i vari far maci che stimolano questa o quella attività delle piastrine. Il prof. P. M. Mannucci dell'Università di Milano ha fatto presente che in cas1 di infarto si ha una accentuata aggregazione delle piastrine, le quali finiscono con l'occludere le arterie del cuore. Il prof. Carlo Sirtori, presidente della Fondazione Carlo Erba, nel suo intervento conclusivo ha definito le piastrine « i p iccoli muratori » che corrono nel sangue, pronte a riparare qualsiasi falla. Portano infatti con sé una sostanza cementante - ·il condrojtinsolfato - in una misura dieci volte superiore a tutte le altre cellule. Possiedono inoltre un forte apparato « muscolare », chiam~to rrombostenina, che conferisce loro particolare agilità e le rende capaci di chiudere in pochi secondi quelle piccole ferite che si formano ad esempio nel radersi la barba.

Nuova terapia del tetano. Il Professar Giuseppe Lconardi, primario medico dell'Ospedale di Portogruaro (Venezia) ha presentato alla Fondazione Carlo Erba la sua nuova terapia del tetano. « Questa malattia - ha detto - è provocata da una tossina formata dal germe Clostridium. E' una tossina che si lega indissolubilmente ai centri nervosi irritandoli e pro-vocando spasmi muscolari spesso mortali. Questo spasmo impedisce persino la respirazione. Tutti questi gravi sintomi spesso non vengono ovviati né dal siero antitetanico, né da misure chirurgiche come la tracheotomia, né da mezzi meccanici come la respi-razione artificiale». Insomma, secondo il prof. Leonardi, il tetano è ancora una malattia grave, indomabile, che causa 700 morti all'anno in ltalia. Di qui il suo interesse per uno studio


45~ più accurato e sistematico di questa malattia, studio che l'ha portato a identificare la causa di tutto in un eccesso di acetilcolina nel sistema nervoso, acetilcolina che per solito viene disciolta da un enzima. Nel malato di tetano l'acetilcolina non viene disciolta, si accumula, stimola continuamente i nervi e provoca un costante spasmo muscolare. Il prof. Leonardi ha perciò suggerito l'impiego di farmaci capaci di bloccare l'acetilcolina, e per provarne l'efficacia si è recato al K.E.M. Hospital di Bombay in India dove ogni giorno vengono ricoverati in media 4 casi di tetano. Qui, mediante uno studio randomizzato della casistica, ha potuto dimostrare l'efficacia della nuova terapia.

Il diabete è dovuto ad una lesione epatica: la nuova teoria del. prof. Luft. Il diabete cambia volto, cambia dottrina. Si sosteneva che era dovuto ad un esaurimento del pancreas, incapace a formare insulina. Invece secondo il professar Rolf Luft, direttore della Divisione di Endòcrinologia c M etabolismo del Karolinska Institute di Stoccolma, il diabete è dovuto alla carenza di una molecola pancreatica chiamata « recepror > e a un difetto del fegatO. Oice Luft che il 20 °/., della pop0bzione ha carenza di receptor, e che almeno il 2-3.% della popolazione ha carenza di receptor e difetto del fegato. Solo questi ultimi sono i veri diabetici; i primi, quelli con la sola carenza di reccptor, sono predisposti. Cos'è il receptor? E' una molecola sensibile allo zucchero. Appena lo zucchero aumenta nel sangue subito il receptor si attivizza e obbliga le cellule a formare insulina per eliminarne l'eccesso. Circa la lesione epatica, Luft dice che non è ancora ben chiaro di che natura essa sia, e che probabilmente tutti i problemi attuali del diabete si risolveranno appena sarà identificata questa lesione epatica e adeguatamente corretta. Insomma il diabete non lo si curerà più con i farmaci attuali pur eccel lenti ~ insulina per iniezioni e sulfaniluree per bocca - ma con farmaci capaci di riportare il fegato alla sua giusta condizione.

Anticoncezionali e sovrapopolazione. Gli anticoncezionali per il loro contenulo in progesterone impediscono l'insorgenza di tumori mam mari, utcrini, ovarici e renali. Conferiscono anche una maggior efficienza fisica, come è dimostrato dal minor assenteismo delle donne che ne fanno uso. Così ha detto il Prof. Carlo Sirtori nella sua conferenza alla Fondazione Carlo Erba. Egli ha rilevato che nel. mondo è in atto una notevole contrazione delle nascite: nell'ultimo decennio si sono ridotte della metà nel Nord America e di due terzi in Cina. Sul piano medico g li anticoncezionali dovrebbero essere consigliati ai coniugi che non sono nelle migliori condizioni per concepire un figlio sano. Su 100 coppie interrogate sui motivi per cui fanno uso di anticoncezionali, 60 hanno risposto per ragioni economiche, 20 per salute imperfetta, 6 per evitare la sovrapopolazione. Sirtori ha ricordato che i più forti consumatori di anticoncezionali sono la Nuova Zelanda, dove il 27% delle donne ne fa uso, il Belgio con il 26%, Svezia 25 %, Ger-


459 mania 17%, Nord America c Svizzera 14%, Inghilterra Il '' 0 , Francia e Portogallo 6°'.,, Argentina 5%, Brasile 4° 1 , Italia e Spagna 2° 0 , India 0,6° 1 • Sirtori ha anche riferito gli ulumi dati sugli aborti: in Inghilterra, dove L'aborto è comentito, nel 1968 furono 50 mila, nel 1971 furono 200 mila. Analogo fenomeno si è verificato nella Germania Orientale cloYe l'aborto è libero, esclu~e le ragazze sotto i 18 anni, per le quali occorre il conscn~o dei genitori, c le donne che ne abbiano eHcttuaw uno nei sei mesi precedenti. In mcriw alla sovrapopolazione Sirtori ha ricordato che nell'età della pietra vivevano sulla terra l 00 milioni eli persone, agl i albori del Cristianesimo 200 mi lioni, nel 1800 un mi liardo e nel 1972 tre mi liardi c mezzo. Con una adeguata applicazione dei progressi tecnici la terra potrebbe, ~econdo recenti ind:~gini, ospimre 18 miliardi di persone.

Dodicimila i « figli artificiali •>. Si calcola che siano attualmente 12.000, in Gran Bretagna, i bambini nati da inseminazione anificiale (Alli, cioè con seme del marito, o Al]) se con inseminazione a opera di un « donatore:.): un risultato di rilievo, specie se ~i co n~idera che ancora undici anni or sono un comit:Jto gove rnativo aveva studiato il fenome no concludendo che esso andava «condannato come pras~i comraria agli interessi della società>. L'esperienza ha dimostrato, al contrario che la « Artificial lnsemi nation >, anche con AIO, favorisce considerevolmente l'accordo coniugale (e sotto questo aspetto è quindi anche di interesse per la società) in quelle coppie in cui il maschio sia in parte o del tutto afflitto da c impotentia generandi > o rechi malattie ereditarie che non vuole trasmettere alla prole. Nelle coppie in cui il marito sia sterile, l'AIO presenta consistenti vantaggi rispetto all'adozione: evita la congerie di cane e la complicazione burocratica, si presenta in pubblico come un normale lieto evento in sostanza di matrimonio, c infine, forse sopranullo, fa sì che il bambino sia sicur:1mente, almeno c per metà ,, della coppia; ciò acquieta certamente la madre, che è d'al tromle tale al 100 per cento, mentre il padre (il quale già ha ben meritato per avere :1rcenato la scelta iniziale del l'A I D) può esercitare appieno la sua patria potestà. Unico neo nel quadro, l'inadeguatezza delia legge: il figlio nato da AID è considerato c illegittimo>. Per evitare questo rischio il genitore c legale > accetta frequentemente di commettere un piccolo falso al momento della nascita del bambino, occultandone la vera origine c denunciandolo all'anag rafe come suo proprio.

Contro la vecchiaia non ci sono farmaci. Al XIX Congresso nazio nale della Società italiana di Gerontologia e Ge riatria, tenutosi a Parma dal 7 al 9 ottobre, il p roblema della farmacoterapia cosiddetta antivecchiaia è stato dibattuto in una intcrcssantl' tavola rotonda, di cui è utile esporre subito le conclusioni formulate dal prof. V. Patrono, della Fondazione c Endocrineia:. di Roma. c Secondo i fatti finora acqui~iti, non si conosce ancora alcun farmaco od alcuna associazione di farmaci che consenta di :1nuare una c farmacoterapia anti\·ecchiaia >, ove cun questo termine si intlnda una brmacoterapia atta a far regredire la vecchiaia già in ano o a prevenire l'avvento della \'ecchiaia, o quanto meno capace di arrestare


o di rallentare l'invecchiamento o di ritardarm: la comparsa. Ogni afferma~ione contrarLa è frutto di fantasia ». Se questa è una conclusione pacifica secondo la comune esperienza, la tavola rotonda è servita per raccogliere ed ordinare tune le prove documentative necessarie a dire ufficialmente e autorevolmente Ji no a quanti sostengono o credono che sì possa arrestare la vecchiaia o addirittura ringiovanire. Una terapia globale dci processi di invecchiamento sarà possibile soltanto dopo che sarà conosciuta la etiopatogenesi della senescenza e dopo che saranno colmate quelle lacune, in tema di biometria della senescenza, èhe impediscono ancora la realizzazione dì una metodologia rigorosamente scienti fica indispensabile per la corretta spc· rimentazione clinica dci farmaci a presuntìva azione antivecchiaia. Attualmente, in attesa che previsioni e programmi trovino concreta realizzazione bisogna accontentarsi di quel tipo di far macoterapia che Patrono ha proposto di chiamare « eugerontica >, cioè- di quei provvedimenti farmacoterapici che sono capaci di riportare la « vecchiaia-malattia » nei confini della « vecchiaia-fenomeno fisiologico>. Ad esempio, nelle donne anziane con osteoporosi-malattia, è « farmacoterapia-eugerontica > il trattamento con estrogeni o con preparati e~troprogestinic i ; negli anziani con insufficienza cerebrovascolare, è «farmacoterapia eugerontica > il trattamento con diìdroergotossina. Il prof. S. Garattini, dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche « Mario Negri:. di Milano, ha illustrato le «prospettive farmacologiche per i problemi biomedici posti dall'invecchiamento». Ha preso in esame tre aspetti principali: l'adattamento della terapia attuale alle caratteristiche del paziente anziano; la terapia di situazioni patologiche caratteristiche della vecchiaia e infine la terapia globale dei processi di invecchiamento. Riguardo ai processi fisiopatologici tipici della vecchiaia, Garattini ha messo a fuoco le attuali acquisizioni sperimentali sulle possibilità di dimtouire l'accumulo di prodotti non fisiologici, quali b lipofucsina o la sostanza amiJoide, di interferire sulle complesse modificazioni che subisce il collagene in rapporto all'età, sull'opportunità di stimolare la risposta immunitaria verso nuovi antigeni, sulla prospettiva di attenuare la diminuzione di memoria che si verifica nei soggetti anziani. Per questo tipo di studi sarebbe opportuno stabilir~ modelli sperimentali direttamente nell'animale vecchio, in modo da poter evidenziare eventuali differenze di attività di una stessa sostanza chimica nell'animale vecchio rispettO al giovane. Il prof. M. Passeri, incaricato dell'insegnamemo della Gerontologia e della Geriatria all'Università di Parma, ha svolto un'acuta disamina delle attuali possibilità della «terapia farmacologica antivecchiaia l}. I-b pa~sato in rassegna e ha vagliato accuratamente tutti i preparati proposti a tal fine, dagli ormoni agli antiossidanti e radioprotettori, dagli inibitori degli accumuli di lipofucsina agli inibitori della formazione di legami crociati, dai farmaci attivatori della funzione cerebrale alle viramine, ~c- concludere che nessun prodotto è risultato attivo contro la vecchiaia, mentre taluni farmaci possono essere considerati soltanto dei sintomatici. Il prof. V. Patrono, discutendo della « utilizzabilità degli ormoni per una farmacoterapia cosiddetta anti-vecchiaia » ha potuto formulare alcune considerazioni essenziali. Gli ormoni-farmaci, c in particolare quelli sessuau, non si sono dimostrati idonei a prevenire, ad arrestare o a fa r regredire i processi di invecchiamento; ed anzi, specialmente se somministrati in dosi e circostanze incongrue, possono anticipare o accentuare tali processi. Detti ormoni possono invece svolgere un'azione « eugerontica », cioè atta a riportare in limiti fisiologici quei processi di invecchiamento, che per precocità ed intensità, hanno Jssunto caratteristiche patologiche. La condizione indispensabile per una efficace terapia eugcrontica è l'impiego dell'ormone giusto nella dose giusta


e nell'organismo adatto, CIOC non in tutti gli anziani, ma in quelli in cui sia stata accertata una carenza ormonalc patologica. Il prof. G. Scardigli, Direttore dell'Istituto Geriatrico Comunale di Firenze. è intervenuto autorevolmente sul tema della « Procaina quale presunto farmaco amivecchiaia~- La terapia procanica, praticata secondo la metodica della Aslan, si è dimostrata innocua ed abbastanza efficace nel modificare alcuni disturbi caratteristici dell'età involutiva, migliorando il «tono:. generale e recando beneficio in alcune forme morbose che più facilmente si riscontrano nell'età anziana, come la malattia artrosica. Così Scardigli, pur riconoscendo, dai dati della ~ua casistica, l'utiljtà dell'impiego della cura procainica in molte malattie della pre-senilità e della vecchiaia, può affermare che non si tratta in nessun modo di una « terapia di ringiovanimento>. 11 prof. C. Bianchi e U. Zuliani, della Clinica Medica dell'Università di Parma, hanno infine svolto acute considerazioni «a proposito della metodologia per la sperimentazione di farmaci anti-vecchjaia in campo umano~. analizzando criticamente le modalità per la scelta di un «campione» sperimentale statisticamente valido e per la valutazione, quantizzazione cd elaborazione dei dati risultanti dai trattamenti effettuati.

Modelli per un'alimentazione antisenilità, anticancro e antiarteriosclerosi. Il Prof. Carlo Sirtori, nella sua conferenza al Simposio Internazionale di Zootecnia alla Fiera di Milano, ha illustrato e discusso le ultime ricerche in campo alimentare che si possono riassumere nei seguenti punti: Una tavola ben imbandita e cibi allettanti provocano una dilatazione delle coronarie, qwndi un effetto benefico sul cuore. La distensione psichica e il relax favoriscono l'eliminazione di acqua dall'organismo, perciò riducono il ~cmo di gonfiore gastrico c intestinale. I cibi dolci conciliano il sonno perché provocano un aumento dell'ormone serotonina chiamato anche dormiotonina. Dai 25 ai 65 anni mangiamo in media 14 ronnellate di cibo mentre ne potrebbero bastare 8-10. Avremo presto le bistecche a l progesterone perché gli allevatori somministrano questo ormone agli animali per aumentarne hl fertilità. Infatti gli ovini col progcsteronc hanno sempre parti trigemini e diventano fertili già a 6 mesi di età anziché a 18 come è di norma. 11 progestcrune è anche un ormone anticancro c favorisce un maggior sviluppo dell'intelligenza. Si deve variare la dieta in rapporto a ciò r.hc dobbiamQ fare. Per un'attività rapida, vivace, elettrizzata si consigliano alimenti ricchi di tiramina (contenuta nel formaggio forte e nel vino Chianti). Per accendere la memoria, rendere fluida la dizione e più rapida la lettura si consigliano d;ete liquide a base di agrumi c di the, senza grassi e con pochi zuccheri. Per ottenere una buona abbronzarura della pelle s1 consigliano uova e latte. Introducendo 100 calorie in più del necessario al giorno, il peso aumenta di 5 Kg. l'anno. 100 calorie sono contenute in due fett ine di pane o in una patata bollita o in 20 gr. di cioccolato o in una mela. Quando il digiuno supera le 24 ore compaiono « autofagosomi » nelle cellule. Per autofagosomi si intendono rorzioni di cellula che vengono delimitate da membrane c poi dige rite: una sorta d i m icrocannibalismo. Per le persone pletoriche obese il microcannibalismo può essere provvido, per le persone asteniche è nocivo.

6. - }.!.


Quando si è bevuta una certa quantità di alcool i tranquillanti prolungano la loro azione anche di 5 volte. Gli alimenti più anticancerogeni sono - in base alle ricerche sperimentali i cavoli che fabbricano per ogni grammo 23 unità di enzima antibenzopirene, le rape che ne fabbricano 5 unità, i broccoli 3, i cavolfiori e gli spinaci l unità. L'acqua debitamente arricchita con litio è antistress, antinfarto e antiarteriosclerosi. Chi si sente a suo agio nella vita e avverte il piacere della tavola non ha certamente malanni nascosti, mentre può a\erne colui che non ama la vita e la buona tavola. Anzi un calcolo statistico ha dimostrato che nei primi la probabilità di una malattia obsoleta è del 4%, nei secondi del 25 %. . Gli animali cresciuti allo stato naturale contengono una maggior quantità di acidi grassi insaturi antiarteriosclerotici. Un'eccessiva attività cerebrale fa aumentare i trigliceridi che provocano ingrassamento e favoriscono l'arterioslerosi. Bastano tre giorni di dieta ricca di colesterolo per determinare alterazioni dell'aorta. Il cuore del fumatore ha 10.000 battiti in più al giorno e questo comporta un dispendio di energie c quindi una riduzione di peso. Perciò il fumatore pesa 1n media 6 Kg. meno del non fumatore. Le diete antiarteriosclerotiche hanno anche un effetto anticancro, antireumatismo, antisenilità e antirughe. Il fruttosio contenuto nella frutta e nel miele provoca un lieve aumento dell'acido urico che è uno stimolante dell'intelligenza. Si è creduto in passato di dover eliminare le uova dalla dieta di alcune persone per evitare un aggravio del colesterolo. Oggi invece le uova - che contengono le protei ne più corroboranti - vengono consentite purché nella dieta si faccia uso di ol"i ricchi d i acidi polinsaturi antiarteriosclerotici. Alcune società assicuratrici sulla vita pretendono dai loro assicu rati un premio 4 volte superiore al normale se essi hanno ~n alto tasso di colesterolo. La carenza di proteine nella dieta provoca stato di apatia, irascibilità, depressione e depigmentazione dei capelli.

La pressione alta accorcia l'esistenza. Con una pressione aneriosa che si aggiri sul valore di 150 come sistolica (o massima) e di 100 come diastolica (o minima), un soggetto di 35 anni corre il rischio di perdere 16 anni c mezzo di vita. Con la stessa pressione, una persona d i 45 anni perde undici anni e mezzo. Questi naturalmente sono valori statistici, ma la loro d rammaticità è stata segnalata al trentatreesirno congresso della società italiana di cardiologia, che si è tenuto a Viareggio. Una serie di dati attuariali riguardanti i danni della pressione arteriosa sono stati presentati in un fi lm scientifico proiettato nel pomeriggio e realizzato nei laboratori statunitensi della Merck Sharp and D home. I risultati dello studio condotto negli Stati Uniti sono articolati sull'analisi di quattro milioni di «campioni,: si tratta di un'indagine poderosa anche per i sistemi americani abituati alle statistiche su larga scala. Un altro aspetto che - come è stato rilevato a Viareggio - non mancherà di suscitare sensazione, è quello secondo cui le 26 compagnie di assicurazioni statunitensi interessate al sondaggio hanno de-


ciso di applicare le tariffe per una polizza sulla vita sulla base della pressione arteriosa del soggetto che intende assicurarsi. Più lo stato delle arterie e del cuore desta preoccupazione, e maggiore sarà l'importo del premio da corrispondere. Su questo aspetto dell'ipertensione si è svolta una tavola rotonda cui hanno partecipato tre specialisti milanesi (Bartorelli, Folli e Paoletti) i quali hanno messo in rilievo i vantaggi di un controllo personale e costante mediante l'uso del relativo apparecchio lo sfignomanometro - che dovrebbe usarsi, pressappoco, con la familiarità e la fre· qucoza con la quale si adopera il termometro.

Per una vecchiaia serena. <La regola fondamemale per invecchiare bene consiste nel mantenere un'attività fisica, un'elasticità mentale cd il proprio posto nella struttura del gruppo e della società. Devono naturalmente es~ere evitati gli abusi e gli sforzi, ma se l'individuo rinuncia ad ogni attività, i risultati sono ancora più dannosi. La rinuncia costituisce il gran nemico da combattere». Questo è il consiglio che dà il Prof. Francesco Mario Antonini, dell'Istituto di Gerontologia di Firenze, nel numero di aprile di « Santé du Monde $, la rivista dell'O.M.S. Questo numero, intitolato «La terza età», affronta alcuni dei problemi posti dal prolungamento della vita. Come appare da una statistica pubblicata da <>: Santé du Monde », la speranza di vita alla nascita è ancora molto diversa nei vari paesi del mondo. Infatti, essa varia, per il sesso maschile, da una media di 25 anni in alcuni paesi dell'Africa ai 71 anni nei Paesi Bassi, e, per il sesso femminile, da 35 a più di 75 anni in Canada ed in Francia, e fino a 76 anni nei Paesi Bassi La percentuale di popolazione con più di 65 anni è in continuo aumento. Ad esempio, in Austria il l4"fo della popolazione, cioè un abitante su 7, ha raggiunto o superato tale età.

lmpianto di pacemakers nucleari. l primi trapianti di uno stimolatore cardiaco (pacemaker) nucleare sono stati effettuati su due pazienti americani, rispettivamente di 43 e 48 anni, da un'équipe di medici del Veterans Administration Hospital di Buffalo, nello Stato di New York. Gli interventi hanno avuto successo ed ambedue i pazienti stanno migliorando notevolmente. li « pacemaker » utilizzato è stato progettato congiuntamente dalla Medtronic Inc. di Minneapolis, Minnesota, e dalia società francese Alcatel di Parigi sotto la direzione dei medici Pau! Laurens e Armand Piwnica, i quali hanno compiuto in Francia nell'aprile del 1970 il primo trapiamo di un « pacemaker » isotopico. Il congegno, che è già stato trapiantato in oltre 50 pazienti europei, ha una prevista durata di 10 anni di vita effettiva. L'energia nucleare fornita proviene da un'unirà ter· moelettrica al plutonio-238. La Commissione Americana per l'Energia Atomica (AEC), che ha portato a termine un particolareggiato studio sul congegno, di recente ha concesso l'autorizzazione al Veterans Administration Hospital a procedere alla valutazione clinica sotto la dire· zione del Dott. Andrew Gage (Primario Chirurgo) assistito dai Dottori William Chardack e G . Federico.


Dopo gli interventi, i chi rurghi hanno espresso la loro soddisfazione per la nuova apparecchiatura con la quale sarà ora possibile offrire ad un numero di pazienti selettivo un congegno che può durare 10 anni senza dover ricorrere a ripetuti interventi sui pazienti come era precedentemente nccess:uio con i « pacemaker ) convenzionali attivati con batterie chimiche. I chirurghi americani sperano che altri gruppi di medici si uniscano a loro nella valutazione dei futuri sviluppi sotto la guida della AEC e che il risultato di queste ricerche possa essere messo insieme a beneficio della comuni tà mondiale.

La gas cromatografia chiarisce le cause di molti malanni. La gas cromatografia può svelare la causa di rughe precoci, di eccessiva peluria, disturbi mestruali, di gravidanze non serene, cefalee, ossa fragili, di capelli grigi e stopposi. Può identificare anche minime quantità di inquinami, di droghe e di doping. Questo è stato detto alla Fondnionc Carlo Erba nel corso di un Simposio Internazionale, sotto la presidenza dei Professori Vittorio Zambotti, diretto re dell'Istituto di Chimica Biologica dell'Università di Mibno, e Carlo Sirtori, direttore generale dell'Istituto G. Gaslini di Genova. Se nella pelle c'è scarsa quantità di acido arachidooico, svelabile con la gas cromatografia. le rughe sono più facili. Bisogna modificare la dieta. Se c'è peluria eccessiva bisogna stabilire se è dovuta alle ovaie o ai surreni e la gas cromatografia lo può dire. Se ci sono disturbi mestruali bisogna control lare ritmo e qua ntità degli ormoni e se la gravidanza non è serena la valutazione dell'ormone estriolo è indispensabile. La Regione Lombarda, nel suo programma di protezione delle gravide, istituirà un laboratorio centrale per l'analisi dell'estriolo. Le ossa fragili possono essere dov ute a carenza di ormoni estrogeni c così la cefalea. Se ci sono capelli g rigi e stopposi bisogna dosare l'acido decoesaenoxenico. Con la gas cromatografia si può anche stabilire quanto ossido di carbonio proveniente dallo smog o dal le sigarette abbiamo nei polmo ni. Basta un cc di aria per l'analisi. Con una qua ntità ancora minore - 0,2 cc di sangue possiamo dosare l'alcool negli automobilisti, come si fa in Francia in ogni inci.dente stradale. La gas cromatografia identifica anche le droghe c nella cocaina, spacciata come tale, spesso si rinvengono m iscele fraudole nte a base di piramidone, procaina c persino aspirina. La gas cromatografi a può identificare qualsiasi tipo di doping - secondo i professori L. Boniforti dell'Istituto Superiore di Sanità di Roma, c G. B. Cartoni, dell'Istituto di Medici na dello Sport di Roma - anche se in taluni casi si richiede l'apporto della fotospettrometria di massa. Novità scientifìche per la salute e il rendimento scolastico dei giovani. Nel riassumere alla Fondazione Carlo Erba le novità scientifiche degli ultimi congressi internazionali il Prof. Carlo Sirtori si è richiamato soprattutto ai giovani e alla scuola. Ha premesso che i giovani sotto i 20 anni nel 1950 costituiva no in Italia il 43 % della popolazione; oggi sono scesi al 32% a causa della più lunga vita degli anziani.


Circa l'imelligcnza ha deno che per il 50°'o è ereditaria c per il 30% è acqUISita, doYuta aH'ambieme. Più intelligenti sono i figli nati da madri che durante la gravidanza hanno ricc\ uto, per ragioni varie. urmoni maschili o prcgestcrone. I la n no un maggior rendimento scolastiw i nati negli ultimi 4 mesi cldl'anno. Sirtori ha distinto g li studenti in c ucnofili :~> cioè dipendenti, vincolati, bisognosi o ltre misura di continue auenzioni c di ,ti moli, e in c hatofili • (da acrobata) vogliosi di spcricolatc Libertà c indipendenza. L'in~egm1ntc, quindi, deve assumere una veste quasi psicoanalitic:l per riconoscere le c.u:~neristiche dei propri allievi. Il numero ottimale degli allicv1 per ogni classe si ag~ira sui 25-30. Due malanni sono particolarm("nte diffusi tra i giovani: la decidofobia e la ponofobia (da pono lavoro), che deriv:~no da un'incerta, oscillante stima dei valori esistenziali. Alcune radie:~tc credenze - ha continuato Sirtori - sono cadute. Ad esempio, le ragazze hanno meno sensibilità tatti le e sopportano meno il dolore rispetto ai loro coetanei, sono invece meno permalose. Come cre~cita staturale esse, dal 1950 ad oggi. hanno fatto maggiori progressi: sono passate dall' 157 all' 1,62, mentre i ragazzi sono fermi sull'l ,70. Circa la dieta, nel 1800 - ha usservaw Sirtori - si parlava di cibo pitagorico o erbaceo per i letterati. Un'alimentazione sana è d'obbligo anche per gli studenti perché si è scoperto che l'impegno a llo studio provoca il distacco del colesterolo dalle proteine del sangue, lo rende più c: fluttuante:. c aggressivo, s~ da ridurre la capacità intelletuale. Una dieta adeguata e l'esercizio fisico possono ovviart" questi pericoli.

Morfi na, eroina c tossicomanie. cc Dopo l'epidemia tlt colera, ecco l'epidemia dell'eroina: :t Washington il 38" dei giovani dai 19 ai 24 anni ha nro\ato l'eroin:t :.. Con queste parole il prof. Rodolfo Paoletti. direttore dell'htituto d1 Farmacognusia dell'Uni,·ersità th \tftlano. h:1 dato inizio al simposio sulle droght• :tlla fondazi1mc C:trlo Erba. Il prof. Paoletti ha ricord:1tu :tnche :::hc il Governo americano ha messo :t disposizione oltre 700 milioni di dollari per le ricerche sulle tossicomanie, di cui l 20 riservati a lla sperimcntazione clinica dci nuovi an:~ lgesici che non danno fenomeni di assuefazione e di tossicomania. Il prof. J. Knoll, direttore dell'htituw di Fa1 macologi:J dell'Università di Budapest, ha presentato uno d1 questi nuo\·i analgr,ici - l'azidomurfina - che ha un effetto analgesico superiore alla morfina rr.a non provoca tossicomania. Il prof. Davide Della Bella a su:~ voh:t ha pre~entato il viminolo, un prodotro di ~intrsi che pure ha un effetro analgesim superiore alla morfina e non provoca tos ~icomania.

Il prof. Sergio Ferri ha illustrato LI « test della coda » per misurare l'effcno analgesico: quando il topo, pur ricevendo una scossa elettrica sulla coda, non squittisce più, segno è che l'anal~esico ha raggJUnrc1 il ,uo effetto. Il prof. Alberto Madeddu ha fatw presente che SI st.lnno cercando virus che impediscono la cre,cita della pianta che dà la marijuam. ~a - ha aggiunto ti \'irus più idoneo s::rchbe quello che dunina le tendenze deteriori dci drogati, la loro conscia o inconscia volontà di tra~gredirc le leggi sociali. ll prof. Carlo Sirtori, presidente.: della Fondazione C:trlo Erha, ha ricordato che spesso i bimbi nati <h madri dedite al l'croinn devono subire la tracheotomia. ed ha


{ano presente che l'Organizzazione Mondiale della Sanità vorrebbe abolire la coltivazione dell'oppio, e quindi la produzione della morfina, dell'eroina e della codeina, perché oggi questi farmaci possono essere validamente sostituiti da altri analgesici. Nel mondo vengono Yendute ogni anno 1350 tonnellate di oppio come farmaco c 1200 come droga. Sirtori ha poi ricordato che 1:1 porzione del cervello chiamata talamo influisce in modo determinante sulla assuefazione e sulla dipendenza alle droghe e che pertanto l'agopuntura - agendo sul talamo - potrebbe costituire un mezzo per la disassuefa zione dei morfinomani. Ha concluso dicendo che il costo dell'eroina al mercatO nero ~ aumentato di 6 volte in questi ultimi tre anni, e che non esiste uno stesso metro di valutazione per le tossicomanie: ad Ann Harbour ad esempio chi fa uso o vende la marijuana è punito con soli 5 dcllari di multa. Una crociata contro le cerebropatie del bambino.

Il bambino alla nascita ha 200 riflessi e 7 di questi andrebbero subito esaminati per poter rilevare eventuali cerebropatie. Lo ha affermato il professar Vaclav Voita, neuropediatra dell'Università di Colonia, nella sua conferenza alla Fondazione Carlo Erba. Ha aggi unto che l'accertamento alla nascita di una cerebropatia permette una cura immediata e una guarigione assoluta. La terapia consiste in manovre di strisciamento e rotolamento che sono i movimenti propri del bambino, ma che egli viene costretto ad eseguire usando le parti non lese del cervello. Si abituerà in tal modo ai movimenti normali, al cammino, alla parola, alla perfetta esecuzione di qualsiasi atto muscolare. Se non si procede a questa terapia il bambino diventa uno spastico. In Italia ogn1 anno nascono un milione di bambini e di questi 6000 sono ~pastici. Questa minora zione potrebbe essere evitata se tutti coloro che hanno a che fare con i bimbi - medici, pediatri, neonatologi ed anche le ostetriche e i genitori - fossero in grado di controllare i 7 riflessi . Questo controllo richiede iO minuti. Ha presieduto la riunione il Prof. ErmenegiJdo Castaldi, Direttore della C linic:~ delle Malattie Nervose c Mentali dell'Lìniversità di Milano, il quale ha detto che questa crociata non ha bisogno di un grande battage, perché è nel cuore di tutti il doveroso affettivo senso di responsabilità di fronte all'integrità del bambino. Ila aperto i lavori l'Ing. Luigi Antonini, Presidente della Associazione Italiana Assistenza Spastici (Sezione di Milano), il quale ha sottolineato l'efficienza in Italia dei centri per spastici - nelle Puglic ad esempio ne esistono 7 - per cui gli accertamenti e le terapie sono facili e tempesti\·i. Schema per la vaccinazione antitubercolare obbligatoria. 11 Ministro della Sanità, Valsecchi, ha sonoposto al Consiglio superiore della Sanità lo schema del regolamento sulla vaccinazione antitubercolare obbligatoria. Esso ~tabilisce di sottoporre alla vaccinazione i figli di tu bcrcolotici o coabitanti in nuclei familiari di ammalati o ex ammalati di tbc., dal 5o al 15° anno di età; i figli del personale di assistenza in servizio presso i sanatori; i soggetti cuti-negativi addetti ad ospedali e cliniche; gli studenti di medicina cuti-negativi, al momento della loro ISCrizione all'Università; le reclute all'atto dell'arruolamentO e i soggetti cuti-negativi dal 5° al 15° anno d'età che abitano in zone depresse.

r


I servizi di vaccinazione saranno svolti dai Consorzi provinciali antitubercolari, dagli Uffici d'Igiene comunali, dalle Cliniche tisiologiche universitarie, dai Centri assistenziali per la protezione della maternità e infanzia e da tutte le istituzioni sanitarie autorizzate a questo scopo dall'autorità sanitaria locale. Il decreto legge verrà emanato appena lo schema del regolamento avrà riportato i pareri del Consiglio superiore di Sanità c dd Consiglio di Stato. Antibiotici a colazione. Cosa si trova nelle carni che mang1amo quCJtidi:mamente? Protidi in abbondanza, si spera, ma accanto a questi, e in altrettanta abbondanza, un vero nugolo di pericolose e ormai ben accertate sostanze chemioterapiche (sulfarnidici), ormonali (estrogeni) e antibiotiche (cloramfenicolo, penicilline, streptomicina, tetracicline). Recenti analisi condotte nei macelli di Germania e Francia hanno infatti dimostrato che si ritrovano residui di prodotti ad attività antibiotica nel 58 per cento dei maiali, nel 36 per cento dei vitelli e nel 7 per cento dei buoi abbattuti. All'atto della vendita al minuto i residui vengono ad ammontare al 26 per cento nelle carni suine e al 20 per cento nelle bovine, al 15 per cento nelle carni di vitello e al 10 per cento in quelle di pollo. In certi casi ancora, nonostante la presenza delle dette sostanze, si è anche potuto evidenziare una notevole quantità di germi pato~eni . Il fenomeno minaccia di divenire un vero flagello in tutti i paesi del mondo sino a che, ovviamente, non entreranno in azione debite ed efficaci mimre legislative. Potranno provvedere al proposito le prossime Direttive CEE sul medicamento veterinario? Prime azioni, perintanto. sono state prese dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti. L'FDA, per esempio, ha annunciato che l'utilizzazione degli antibiotici nell'aliment:tzione arùmale verrà proibita, dati i rischi che tale uso presenta per l'uomo. A partire dal 1° luglio 1972 verranno proibite tetracicline, sulfamidici, penicillina e streptomicina. Il divieto toccherà poi anche tutti gli altri antibiotici a partire dal 31 dicembre 1973. La notizia è riportata da un recente numero di Le Mo11de.

Vaccirlo prodotto da culture di cellule umane. l Laboratori Pfizer annunciano di a\"er ottenuto l'autorizzazione dalla Division of Biologics Standards of P ublic lnstitute of Hcalrh a produrre il vaccino orale contro la poliomelite in culture di cellule umane. E' questa la prima volta che si produce un vaccino coltivato su cellule umane: si viene così a eliminare il rischio di veicolizz::tre contami nazioni con vi rus di origine animale. Jl vaccino orale polio di Sabin è stato sinora preparato su cellule di rene di scimmia, ed è ben noto che il rene della sci mmia può costituire la sede di svariati virus (almeno 20 ne sono conosciuti). li nuovo vaccino, indicato come WI-38, origina da una cultura su tessuto poimenare di embrione umano fatta nel 1962; è il vaccino sinora studiato più accuratamente. L'Autore - il Dou. Hayflick - l'ha mantenuto sotto controllo per oltre 10 anni: durante tutto questo periodo non ve nne mai osservata la presenza di elementi di altra origine. Si prevede che fra poco negli Stati Uniti altri vaccini, come quello della rabbia, rosolia, morbillo, verranno preparati su culture W J-38. Tutti gli attuali vaccini ora in uso originano da culture su cellule di animali; ogni cultura è preparata di recente e nessun vaccino può assicurare la certezza della innocuità che viene ora offerr:t da un vaccino c,r igin:~to dalla cultura Wl-38.


Un nuovo anti-emetico.

E' stato sperimentato da M. Wilkenìng. B. CaillarJ e G. Thobu: la metopimazina, nuovo derivato de ll:1 fe notiazina. Nell'animale da esperimento l'effetto antiemetiw è 250 volte superiore :1 quello c.Jclla clorpromazina. In 52 malati - 30 curati con iniezione endovenosa alla comparsa del sintomo, 22 con iniezione intramuscolare - gli AA. hanno avuto, con questo nuovo farm:1co, nella cura delle nausee, <.Ici vomiti c dei stnghiozzi post-opcratori, i seguenti risultati: favorevoli 73%, miglioramenti netti 19%, insuccessi 10%. Se la tolleranza locale, circolatori:~ e neurologic:l è stata buona, l'azione del preparato è stata così rapida da non richiedere la via cnc..lovenosa. La via intramuscolare è pertanto anche efficace c gli AA. la consigliano per maggior sicurezza.

Problemi medico- sociali delle tossicomanic.

La tossicomania è uno stato di intossicazione periodica o cronica, nociva all'individuo ed alla società, generata dal consumo ripetuto di sostanze stupefacenti naturali e sintetiche. L'azione stupefacente abbassa il grado di percezione agli stimoli scnsitivi e determina uno )lato di benessere con piacevole euforia, non disgiunto in alcuni casi da uno stato di eccitazione psicomotoria. Altra caraneristica comune è l'assuefazione. onde i tossicomani ha nno b(sogno di dosi progressivamente maggiori di Jroga. Alla origine dell'intossicazione, oltre ai f:mori sociali che ngiscono prevalentemente come Fattori concausali, vi è sempre una anomalin della volontà e dell'azione, un p:trticolare stato di ansia, evasione dalla realtà quotidiana, o~scssione edonistica. Si tratta cli in<.lividui apparentemente normali, ma che si rivelano psicopatici ad una più approfondita analisi. La tossicomania si in~taura, quindi. in una particolare costituzione ps:chica dell'individuo cd è Favorita dal bisogno, sempre sentito dall'umanità. di procurarsi para<.lis1 artificiali come evasione dell:1 dura realtà quotidiana. Dopo a\·cr accennato all'azione comune delle sostanze stupefacenti natur:di c sinte· tichc, G.P. Perrero (Difesa Sociale, XLIX, 117, 1970) ha passato in rassegna i v:m up1 di stupefacenti, in particolare l'oppio ed i ~uoi alcaloidi, la cocainn, l'bascish, 1:1 mnriyuana cd i più importanti stupefacenti sintetici. Accennato anche bre,·emente alle rossicofilie, l'A. ha esaminato i problemi medico· sociali delle tossicomanie e la particolare importanza che deriva principalmente dagli aspetti sociali con cui si presenta l'abuso degli stupefacenti. Ha quindi accennato alle difficolt?l della Jifesa dall'intos~icazione c ne ha spiegato i motivi. La difesa socinlc va orientatn su due direttive: azione legislativa ed azione sull'am· hicnte familiare c s<>ciale. Dopo a,·er tratteggiato le principnli leggi c convenzioni nazionali ed internazionali. l't\. ha riJe,·nto quanto può svolgere la Mcdicinn soci:~le, oltre che per quanto riguarda prc,enzione. anche per la cura (criticando, a tal riguardo l'attunle legislazione previ dcnziale). Si accenna, infine, al piano <.li stuui c he la Medicina Sociale deve proporsi per meglio lumeggi:Jre il problema <.!egli stupefacenti c per poter predisporre nuove norme legislative di prevcn7ionc e di lotta. Questi studi dovranno proporsi due direttive: di


carattere epidemiologico e di cunoscenz:1 dell'ambiente sociologico in cui le tossic<r manie si diffondono. Dalle considerazioni esposte risult:t e,·idenrc come il problema delle tossicomanie c delle tossicofìlie sia estremamente gra\e in una Società in cui gli indi,·idui ansiosi aumen· tano sempre, specie nella gio\entù, ed in un periodo storico-culturale in cui la spiritualità della \ita va offuscandosi e gli impera tivi morali perdono ~mprc più di valore. Bisogna, pertanto, fare ogni sforzo per argin:~rc c circoscrivere il triste dilagare del vizio.

Le centrali nucleari meno pericolose di quanto si creda.

L'indumia sta attualmente compiendo grandi sforzi per liberare le centrali nucleari, specie nelle regioni densamente popolate, dal pericolo della radio:tni,·ità. Soprattutto al raggiungimcnto di tale meta era dedicato il Convegno sui reattori organizzato ai primi di aprile 1971 a Eonn dal Forum atomico tedesco. Ai molti che si oppongono alla proliferazione dei reattori nucleari, è stato fano notare, tra gli altri dal professor Gri.imm di Vienna, che le centrali atomiche sono assai meno re,ponsabili dell'inquinamento dell'ambiente degli impiami tradizionali. Nei soli Stati Uniti le normali centrali tcrmoclettriche diffondono annualmente nell'atmosfera circa venti mi lioni di tonnellate di gas combusti nocivi alla salute. Da non sottovalutare ~ pure l'effetto delle centrali terrnoelettriche sulla radioauivitJ c.lell'ambieme. Misurazioni compiute in America hanno dimostrato che la radioattività che si sprigiona da una centrale a carbon fossile può superare di ben quattrocento volte quella di una ad energia atomica. I n queste ultime isotopi radioattivi possono sfuggire dall'impianto soltanto in seguito ad un qualche gual>to, un rischio, secondo le esperienze fane nei quindici anni passati, sensibilmente inferiore di quanto non sia possibile in altri complessi tecnici. Al convegno di Bonn si è stati d'accordo che, dato che da tempo il consumo di energia sulla terra ogni dieci anni si raddoppia e che le riserve di combustibile fossile non potranno un giorno essere più sufficienti, è necessario pensare fin d'ora ad una soluzione a lunga scadenza, che può essere offerta soltanto dal l'energia nucleare.

Deodoranti per ascelle, pericolosi a• polmoni.

Secondo il dr. G. Ward l'uso prolungato di alcuni deodoranti per ascelle, applicati mec.liante vaporizzatori, può causare, in taluni soggetti, danni ai polmoni. 1\'oo si sono \'olute precisare le marche dei c.leodor:~nti, in quanto gli studi in proposito sono ancora in uno stadio preliminare. Parlando acl una riunione della Società Americana per le ma lattie del torace. il dr. Ward ha fatto rilevare che non ~ ancora chiaro q uale sia l'agente chimico specifi ca mente responsabile di tali complicanze polmonari, né come esso colpisca i polmoni; comunque tali deodoranti rappresentano un pericolo potenziale per pazienti affetti da malattie cardiache o delle vie respiratorie. A Washington, un portavoce del Federai Drug Administrat10n - organo preposto al controllo dei prodotti farmaceuti.:i c delle sostanze stupefacenti - ha detto che in 2 casi è stata constatata la presenza di lesioni di tipo precanceroso, provocate dall'uso di prodotti vaporizzati, c che la morte di uno di essi è stata attribuita all'inalazione di sol.tanze ' 'aporizzate.


470 NOTIZIE MILITARI

Promozioni nel Corpo Sanitario Militare.

Da Ten. Colonnello a Colonnello Medico tn spe:

Amato Aldo

Da Maggiore a Ten. Colonnello Medico w spe:

Bernini Alberto

Da Capitano a Maggiore Medico 111 spe:

Trojsi Enrico Palmieri Pietro Infurna Calogero Parlangeli Renato Rejes Rodolfo Fusco Mario Poy Carlo Ninno Giuseppe Licciardello Sebastiano Ventre Guglielmo Parini Costante Meo Gabriele Cardarelli Alberto Penco Giuliano Lops Vincenzo Aloia Onofrio De Pascale :-.Jicola

Pulvirenri Vincenzo Caputi Corrado Dipierro Annunzio Dc T orna Mariano Scirè Gaetano Ristagno Ettore Carollo Francesco Paolo Vincenti Giuseppe Sampò Franco Manganiello Raffaele Vincenti Gastone Sisto Nicola Irrequieto Cata ldo Mattarelli Antonio Coppola Nicola Assini Luca Genovese Felice

Da Capitano a Maggiore Chim. Farm. m spe:

Brizz.i Giancarlo Soresi Aldo

A tutti i neo -promossi te più vtvc congratulazioni del nostro Giornale.

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47I

NECROLOGIO Ten. Colonnello Medico spe Rinaldi Dott. Pietro. Il 7 settembre 1972 la nobile figura del Ten. Col. Med. spe RJNALDI Dott. Pietro lasciava questa vita terrena, recisa da morbo crudele e infrenabile. Si è spento così, lontano dagli anùci, dai colleghi, da chi lo conobbe apprezzandolo e ha creato un vuoto di affetto, di rimpianto, di struggente dolore. Se ne è andato con modestia, con quella signorile modestia con la quale aveva vissuto e alla quale aveva improntato la sua stessa esistenza. Era entrato nella Facoltà di Med icina di Palermo, dalla quale, dopo un regolare corso, era uscito laureato con il massimo dei voti (1947).

Venne nominato tenente medico in spc, in seguito a regolare concorso il 5 aprile 1952. Iniziò cosi una carriera che Egli sentiva come una missione e· per la quale visse intensamente, pur nelle sofferenze degli ultimi anni. Mise in evidenza le sue qualità di uomo e di medico quale Dirigente il Servizio Sanitario presso la Scuola Telecomunicazioni FF. AA. di Chiavari. Ricoprì brillantemente questo incarico dal 1952 al 19{)r. Nel 19{)0 ottenne il diploma di specializzazione in Medicina Legale e delle Assicurazioni presso l'Università degli Studi di Genova. Trasferito nel 1961 presso l'Ospedale Mìlitarc Principale di Palermo, ebbe modo di mettere in luce la sua preparazione medico -legale presso la C.M.O. di quest'Ospedale, prima come segretario e success..ivamenre come Presidente. Nel 1g68 fu ·trasferito alla Direzione Generale di Sanità Militare dell'n" C.M.T. con l'incarico di Capo Sezione Medicina Legale. La sua carriera seguì un rapido sviluppo: Capitano, Maggiore, T en. Colonnello. A questo punto la morte lo ha fermato precocemente, e ha fermato un giusto, un onesto, un ottimo professionista, un Soldato credente e fermamente convinto. Resta il ricor.do, il rimpianto. Il pensiero ritornerà spesso a Lui con commozione, con affetto: ha lasciato dci segni indelebili, e perciò il suo ricordo rimarrà in ' noi perennemente.

D. CALÌ


Direttore responsabile: Ten. Gen. Med. Dr. Uco P\RF.:"Tl Redattore capo: Magg. Gen. Med. Prof. C. ARcurrru :\utorizzazione del Tribunale di Roma al n. 944 del Registro Tli'OCRAII\ RrGIO)';\LE • RO~IA • 1973


ANNO 122° - FASC. 6°

NOVEMBRE - DICEMBRE 1972

GIORNALE DI

MEDICINA MILITARE PUBBLICAZIONE BIMESTRALE

DIREZIONE REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE VIA S. STEFANO ROTONDO, 4 - ROMA Spedizione in abb. post. • Gruppo IV


GIORNALE

DI

MEDICINA

MILITARE

SOM\1ARJO

ARGHtrru

C.: .Malaria

REctNATO E.:

Un'insidia mortale: la vipera .

BALESTRIERI A.:

Nosografia e struttura della p~iconcvrosi

TRABUCCHI C.:

La neurosi: riflessi soggettivi cd obieuivi nell'ambtto della vita

militare L'eliporto dell'Ospedale Militare di Caserta e l'esercitazione sperimentale di soccorso aereo ' Caserta 1 » .

473 503 530

536

0RSINI M.:

544

RECENSIONi DA RIVISTE E GIORNALI

56o

SOMMARI DI RIVISTE MEDICO-MJLTTARI.

564

NOTIZIARIO: Notizie militari

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ANNO 122 • FASC. 6

N OVEMBRE· DICEMBRE 1972

GIORNALE DI MEDICINA MILITARE UfF ICIO DEL CAPO DEL SER\"IZIO DI SA:-;ITA DELL"ESERCITO

Capo dd Scrv i7io: Tcn. Gcn. Med. Dr. U. PAJtPm

MALARIA * Magg. Gen. Med. Prof. C. Arghittu t

TI TRODUZIONE

La malaria è una affezione parassitaria causata da emosporidi (Sporozoi) appartenenti al genere Plasmodium. Questo genere è costituito da diverse spec1e, di cui alcune sono parassitc dell'uomo, altre di diversi animali, specialmente mammiferi e uccelli.

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Fig. T.

Anopht>li maculip"nnis: a) maschio; b) femmina. (da cc Medicai d i scasc~ l>, in Tropical and subtropical ar"as, 1942).

La malaria umana è trasmessa dall'uomo infetto all'uomo sano a m ezzo della puntura di zanzare femmine, appartenenti esclusivamente al genere Anopheles. • Relazione svolra alla XXXI Sezione Internazio nale di Documentazione di Medicina Militare tcnutasi a Lisbona dal 4 all'8 Aprile 1972.


474 La malaria degli animali, è trasmessa dalla puntura di zanzare appartenenti a generi diversi dall'Anopheles. l parassiti malarici umani svolgono il loro ciclo completo di sviluppo tra l'uomo, ospite interm edio, c la zanzara, ospite defini tivo. Nell'uomo si svolgono due cicli: un ciclo asessuato o schizogouia e un ciclo sessuato imperfetto o sporogonia. Il completamento o il perfezionamento del ciclo sessnato o sporogonico si svolge nello stomaco della zanzara. Clinicamente la malaria umana è caratterizzata dai seguenti sintomi che sono sempre costanti: febbre intermittente, splenomegalia, anemia. La malaria costituisce, ancora oggi, uno dei più gravi flagelli che affliggono l'umanità, non ostante la intensa lotta e i nuovi mezzi che sono stati messi in opera contro questa insidiosa e pericolosa malattia dopo la seconda guerra mondiale. Sebbene non si possa negare un netto regresso della malaria in territori abitati da popolazioni evolute (America del Nord, Svezia, Norvegia, Russia del Nord, Germania, Francia Belgio, Olanda, Inghilterra, Italia etc.) tuttavia è altrettanto vero che questo flagello continua a infierire su interi continenti che fanno parte delle fasce tropicali o subtropicali della terra. Allo stato attuale si calcola che le popolazioni esposte al grave pericolo della malaria ammontino nel mondo a un mi liardo e mezzo di persone, di cui due milioni soccombercbbero annualmente alla malattia (Vaucel). Nella sola India si calcola che il numero di persone affette ogni anno da malaria sia di 100 milioni e che il numero dei morti ascenda ad un milione (Vauccl). Distribuzione geografica della malaria. Si può affermare che la malaria è un'affezione diffusa in quasi tutti i continenti; tra questi i più colpiti sono il continente africano e il continente asiatico. La maggiore incidenza della malaria si osserva in quelb grande fascia del globo terrestre che è compresa fra le isoterme estive di 15°, approssimativamente corrispondenti al fjf parallelo Nord c al 45° parallelo Sud. ln queste vastissime r egioni si verificano le condizioni ideali per lo sviluppo dell 'in(ezione malarica c cioè : - presenza dei plasmodi nel sangue dell'uomo; - presenza dell'insetto vettore e cioè dcii' Anopheles; - temperatura esterna favorevole allo sviluppo del ciclo sessuato dei Plasmodi nello stomaco della zanzara. Il continente africano è particolarmente flagellato dalla malaria poiché in esso si realizzano le con di zioni climatich e ideali per la diffusione e la persistenza della malattia.


475 L'agente vettore, prevalentemente responsabile della diffusione della m alaria in Africa è l'Anophe/es gambiae. Nelle regioni equatoriali e tropicali dell'Africa (Africa equatoriale fra ncese, Congo, Angola, Uganda, Kenya, T an ganika, Mozambico etc.) la malaria assume un carattere di iperendemicità, e cioè essa incide sulla m aggior parte della popolazione durante tutto l'anno. In altre regioni l'endemia è intensa (Nigeria, D ahomcy, Costa d'Avorio, Guinea francese, Guinea portoghese, Rhodesia etc.) c la malattia è trasmessa per circa sei mesi l'anno. Vi sono infine altre regioni, situate prevalentemente nella parte Nord del continente, nelle quali l'endemia è meno intensa e la malattia assume un carattere prevalentemente stagionale (estate-autunno).

Nel contineute asiatico l'India è particolarmente flagellata dalla malaria. D al punto di vista endemico la situazione dcll'lndia può essere paragonata a quella dell'Africa: si riscontrano in essa infatti vaste zone di ipcrendemicità (Territori del Golfo del Bengala) c zone ad endemia intensa. Altre regioni asiatiche ad endemia intensa sono la Birmania, il Siam, I'Indocina, Formosa, e la Malesia. L'agente vettore, prevalentemente responsabile della trasmissione della malaria nel continente asiatico è l'Auopheles mmrmus. Nel continente americano la situazione è .la seguente : casi sporadici di malaria sono segnalati in alcune r egioni degli Stati Uniti; una vera e propria endemia malarica esiste sulle regioni della costa orientale del Messico; una forte endemia malarica colpisce alcuni stati dell'America Centrale (Guatemala, H onduras, El Salvador, N icaragua, Costa Rica e Panama). l n Europa il flagello della malaria un tempo molto diffuso, si può considerare oggi quasi completamente debellato. Persiste solo qualche focolaio circoscritto e localizzato, in via di estinzione. L'halia che fino a qualche decina di anni addietro era considerata regione malarica per eccellenza, oggi è completamente liberata da questo fl agello secolare, grazie alle grandi opere di boni(ica eseguite e al!a intensa lotta contro gli insetti alati intrapresa dopo la seconda guerra mondiale. Per apprezzare in tutta la sua enorme importanza il brillante risultato di questa lotta basterà citare alcune date e alcune cifre: nel 1945, prima dell'inizio della cam pagna antimalarica sono stati denunciati in Italia 41 1.600 casi di malaria; nel 1953, dopo cinque anni di campagna, sono stati denunziati solo cinque casi di malaria.


CENNI STORICI

L'infezione malarica era certamente diffusa e conosciuta nell'antichità. Chiare descrizioni di febbri imermittenti a tipo quotidiano, terzanario e quartanario ci furono lasciate da Ippocrate (400 a.C.) da Celso (50 d.C.) e da Galeno (150 d .C.). La credenza popolare e anche quella dei medici dell'antichità attribuivano la malaria a miasmi malefici che si sprigionavano dalle zone paludose e malsane e che contagiavano l'umanità per via respiratoria. Si deve arrivare all'epoca batteriologica per scoprire che l'agente responsabile della malaria è un parassita del sangue. Fu Laveran, medico militare francese, che nel 1880 descrisse, per la prima volta, la presenza di un parassita nei globuli rossi di soggetti malarici. E' merito della scuola malariologica italiana (Marchiafava, Celli, Golgi e Bignami) di aver approfondito le ricerche di Laveran, di aver dato il nome di Plasmodium al parassita malarico, di averne studiato il ciclo di sviluppo nel sangue (Ciclo schizogonico di Golgi) e nella zanzara (ciclo sporogonico eli Grassi) e di aver distinto tre specie di Plasmodi: il Plasmodium z;ivax, il Plasmodium praecox e il Plasmodium malariae. La scoperta che l'agente trasmettitore del parassita malarico è la zanzara del genere Anopheles si deve alle pazienti e geniali ricerche di Grassi, Bignami e Eastianelli (1898). Grassi per primo riuscì a provocare la malaria nell'uomo, esponendo dei soggetti volontari alla puntura di zanzare infette (1899-1900). Questa esperienza fu confermata poco tempo dopo (1900) dal malariologo inglese Manson, il quale provocò la malaria nel proprio figlio, facendolo pw1gere da zanzare infette inviate a Londra dall'Italia. Nel 1900 i cicli schizogonico e sporogonico dei tre parassiti responsabili della malaria umana erano completamente conosciuti. Nel 1922 Stephens descrisse un quarto parassita della malaria umana, che egli chiamò Plasmodium ovale. Nel periodo 1934-1936 il malariologo italiano Raffaele studiando la malaria negli uccelli osservò che il parassita malarico inoculato dalle zanzare invade prima le cellule del reticolo endotelio dove si sviluppa (fase esoeritrocitica o fase E) e in un secondo tempo si riversa nel sangue e invade i globuli rossi (fase eritrocitica). Shortt, Garnham e Malanos studiando la malaria nelle. scimmie, tra il 1945 e il 1948, riuscirono a dimostrare, che i parassiti malarici inoculati dalle zanzare (sporozoiti) raggiungono dopo breve tempo il fegato e quivi si sviluppano all'interno delle cellule del parenchima epatico (fase pre-eritrocitica). Dopo un periodo di sviluppo e di moltiplicazione i parassiti (merozoiti) si riversano nel torrente sanguigno e penetrano

...


Fig. 2. - Parassiti malarici nel sangue sonoposto a doppia colorazione di eosina c bleu di metilene. Fra le emazie normali colorate in rosa con l'cosina si d istinguono i seguenti elemcnri: a a a a, corpi sferici aderenti ad emazie; b, due corpi sferici liberi giunti a sviluppo completo; c, due corpi in crescita; d, corpi segmencati; e, leucociti; ingrandimento a 500 diametri. (da LAVERAN A.: Du paludisme et de son hématozoaire).



479 nell'interno dei globuli rossi ove mtztano la fase di sviluppo eritrocitica che dà origine ai fenomeni morbosi della malaria. La concezione del ciclo di sviluppo esocritrocitico o precritrocitico del parassita malarico sostenuta da una parte dal Raffaele negli uccelli e dall'altra da Shortt, Garnham e Malanos nei mammiferi superiori è oggi negata da alcuni illustri malariologi e specialmente dai malariologi italiani Corradetti e Vero lini, i qual i in seguito a numerose ricerche sperimentali eseguite nei mammiferi infettati con sporozoiti o inoculati con sangue contenente Plasmodi, non hanno mai riscontrato né nel fegato né in altri organi forme esocritrocitarie del parassita malarico. Pertanto secondo le vedute più recenti non esisterebbe un ciclo esocritrocitario del parassita malarico, ma esisterebbe soltanto il ciclo eritrocitario. Ne viene di conseguenza che anche le frequenti forme di recidiva che sono caratteristiche della malaria non sarebbero dovute ai parassiti che si annidano nelle cellule clel reticolo endotelio o nelle cellule del parenchima epatico, ma ai parassiti che persistono nell'interno dei globuli rossi e che sfuggono all'azione parassiticida dei medicamenti antimalarici o dei poteri immunitari dell'organismo.

EZIOLOGIA

Le specie di plasmodi responsabili della malaria umam sono quattro. Ciascuna di esse dà luogo a una forma dinica di malaria e precisamente: - il P. vivax dà luogo alla terzana benigna; - il P. malariae clà luogo al la quartana; - il P. falciparum dà luogo alla terzana maligna; - il P. ovale dà luogo a una forma attenuata di terzana benigna.

CICLO DI SViLUPPO DEL PARASSITA MALARICO NELL'UOMO SVILUPPO ESOERITROCITICO DEL PARASSHA

Abbiamo già detto nella parte introdurtiva che il ciclo completo di sviluppo del parassita rnalarico si svolge tra l'uomo, ospite intermedio, e la zanzara femmina del genere Anopheles, ospite definitivo. Nell'uomo si ·svolge il ciclo asessuato (schizogonia) e parte del ciclo sessuato. Nella zanzara si completa e si perfeziona il ciclo sessuato (sporogonia). L'infezione malarica nell'uomo si inizia con la puntura delle femmine di zanzare Anopheles le quali succh iano il sangue e nello stesso tempo


mrettano il liquido delle ghiandole salivari, che quando sono infette contengono i parassiti malarici sotto forma di sporozoiti. Questi hanno l'aspetto di sottili organismi fusiformi e costituiscono il prodotto ultimo del ciclo di sviluppo dei parassiti malarici nella zanzara. Gli sporozoiti inoculati dalla puntura della zanzara ragg1ungono il torrente circolatorio dove permangono per breve tempo e d'onde passano rapidamente, secondo Shortt-Garnham e Coli., nell'interno delle cellule del parenchima epatico.

Fig. 3· - Sporozoiti nelle ghiandole salivari d i Anopheles Maculipennis. (da GIORDANO M.: Patologia e pctrassitologia dei Paesi caldi).

Nel fegato gli sporozoiti della malaria subiscono un ciclo di sviluppo (ciclo esocritrocitico), assumono la forma rotondeggiante, si accrescono e si trasformano in schizonti esoeritrocitici. Lo schizonte raggiunge il suo completo sviluppo, assumendo grandi dimensioni, di 40-60 !-1, e poi il suo nucleo e il suo citoplasma si dividono in numerosissimi e minuscoli parassiti figli, chiamati merozoiti. Ogni schizonte può dar luogo a migliaia di merozoiti. Questi liberatisi in seguito alla rottura degli schizonti si riversano nei vasi sanguigni del fegato, vanno in circolo e penetrano nei globuli rossi ove danno inizio al ciclo di

sviluppo eritrocitico.


A proposito del ciclo di sviluppo esoeritroctttco del parassita malarico, che è ancora ammesso da molti m alar1ologi, è necessario sottolineare, come abbiamo già fatto in precedenza nel capitolo sui cermi storici, che alcuni autorevoli mala'riologi moderni ne negano l'esistenza ed affermano che il solo ciclo di sviluppo del parassita nell'uomo avviene nell'interno del globulo rosso e non fuori. SVILU PPO ERITROClTlCO DEL PARASSITA

l merozoiti riversati dal fegato nel torrente circolatorio penetrano nell'interno dei globuli rossi dove iniziano la fase del loro svi luppo. Nel primo stadio di questa fase esaminando un preparato di sangue fresco i parassiti appaiono come minuscole amebe bianco - grigiastre, le quali emettono pseudopodi c presentano nel citoplasma numerosi granuli di pigmento nerastro. Esaminando un preparato di sa ngue colorato con uno dei tanti metodi di colorazione (Romanowski, Giemsa, Leishman, Wright etc.) i parassiti in questo primo stadio del loro accrescimento presentano una forma anulare nella quale le branche dell'anello sono costituite dal citoplasma colorato in azzurro e il castone è costituito dalla cromatina nucleare, di color rosso-carmm10. Durante la fase di sviluppo i parassiti vengono denominati ttofozoiti. Dopo la prima fase dello sviluppo i trofozoiti perdono la loro forma anulare e assumono aspetti morfologici peculiari, a seconda della specie alla quale appartengono. I trofozoiti durante la fase del loro accrescimento all'interno del globulo rosso si nutrono di emoglobina trasformando questo pigmento rosso in pigmento nero, chiamato emozoiua, che si accumul a sotto forma di gramlli all'interno del citoplasma del parassita. Quando lo sviluppo del trofozoita è quasi completo si inizia all'interno di esso una intensa fase di divisione nucleare e citoplasmatica destinata a originare numerosi a ltri piccoli parassiti. In questa fase di attiva divisione il trofozoita prende il nome di schizonte. I numerosi piccoli parassiti risultanti dalla intensa divisione dello schizonte prendono il nome di merozoiti. Questi sono piccoli corpiccioli rotondeggianti costituiti dal nucleo colorato in azzurro e dal citoplasma colorato in rosso. Al termine della fase di divisione o schizogonia i merozoiti fuoriescono dai globuli rossi distrutti. invadono il sangue, e penetrano in altri globuli rossi, ove danno nuovamente inizio a un'altro ciclo di sviluppo. L'accesso febbri le, tipico del l'infezione malarica, corrisponde, secondo la teoria di Golgi alla liberazione nel sangue dei merozoiti.


A un certo punto del loro ciclo di sviluppo alcuni merozoiti si trasformano in elementi sessuati o gametociti. Tra questi si differenziano elementi maschili o microgametociti e elementi femminili o macrogametociti. · Questi elementi scssuati sono destinati a compiere la loro ulteriore evoluzione nello stomaco della zanzara Anopheles. $ViLUPPO DELLE FORME SESSUATE NELLA ZANZARA

Il completamento del ciclo sessuato del parassita malarico, iniziatosi nell'organismo umano st compie e si perfeziona nello stomaco della zanzara. All'interno di questo organo i gametociti contenuti nd sangue succhiato si trasformano in gameti: i gameti maschi subiscono un processo di maturazione, detto flagellazio1le, che consiste nella formazione ed emi~

Fig. 4· - Ciclo di ~,·iluppo del plasmodio malarico nell'uomo e nell'insetto rra.smettitore. (da GIORt>A:-10 M.: Patologia e parassitologia dei Paesi caldi).


sione di flagelli mobilissimi, chiamati microgameti, i quali vanno rapidamente a fecondare i gameti femminili o macrogam eti. Dalla fusione del microgamete e del macrogamete risulta un nuovo elemento fecondato, di forma rotondeggiantc, che prende il nome di zigote. Questo si trasforma subito in una forma allungata mobile, detta vermicolo o ookinete, il quale penetra nella parete dello stomaco attraversandola e andando a fiss:mi nella tunica elastico-muscolare che circonda questo organo. In questo tessuto l'ookinete perde la sua forma allungata e si trasforma in un corpo rotondeggiante. chiamato oocisti. N ell'interno d ell'oocisti la cromatina nucleare si divide attivamente in numerosi granuli attorno ai quali si dispone una porzione di citoplasma a forma allungata o fusiforme. Ciascuna oocisti contiene diverse migliaia di questi corpiccioli fusi formi che prendono il nom~ di sporozoiti. Quando il processo di divisione è compiuto l'oocisti si rompe liberando gli sporozoiti, i quali si riversano nella cavità celomatica della zanzara. Gli sporozoiti così liberati subiscono un particolare tropismo e si dirigono verso le ghiandole salivari della zanzara, ove si annidano, pronti a rinnovare il ciclo del parassita malarico, non appena la zanzara punge e li inietta nel sangue umano con il liquido salivare. Nella figura che si riporta qui solto, tratta dal « Trattato di Parassitologia ~ del Brumpt, sono schematizzati, in forma molto chiara, i due cicli fondamentali del parassita rnalarico e cioè quello asessuato o schizogonico nell'uomo, e quello sessuato o sporogonico nella zanzara.

MORFOLOGTA DET PLASMODI DELLA MALARIA UMANA PLASMODlU M

VI vAX

E' l'agente responsabile della for ma clinica di malaria conosciuta come terzana benigna. Il suo ciclo di sviluppo nel sangue ha la durata di 48 ·h., donde il carattere terzanario che assume l'andamento degli accessi febbrili. Il parassita è caratterizzato da movimenti vivacissimi, che gli hanno valso l'appellativo di t'Ìvax c da alterazioni spiccate dei globuli rossi, i quali sotto la sua azione diventano più grandi, più pallidi e soprattutto presentano nel loro citoplasma numerose granulazioni color rosa, chiamate

granuli di Sclziiffner. l trofozoiti giovani si presentano sotto la caratteristica forma ad anello, le cui branche sono costituite da una sottile banda di citoplasma colorato m azzurro c il cui castone è costituito dalla masserella nucleare colorata m rosso.


Con lo sviluppo i trofozoiti acquistano un aspetto ch iaramente ameboide con contorni irregolari a causa dei pseudopodi che essi emettono e a causa della loro vivace contrattilità. Quando si inizia la divisione nucleare il trofowita passa allo stadio di schizonte, all'interno del quale i vari frammenti nucleari circondati da citoplasma si dispongono a forma di rosetta. Questi frammenti che sono in numero di 16-24 e che hanno forma rotondeggiante o ovoidale prendono il nome di merozoiti. Ciascuno di essi rappresenta un nuovo parassita destinato a penetrare in un globulo rosso c a riprodurre il ciclo critrocitico che abbiamo descritto. A un certo punto alcuni merozoiti anziché continuare il ciclo si trasformano in forme sessuatc: compaiono allora i macrogametociti o gameti femminili e i microgametociti o gameti maschili. l macrogametociti del P. vivax si riconoscono per l'intensa colorazione azzurra del <:itoplasma e per l'eccentricità del nucleo che è generalmente situato alla periferia del parassita. I granuli di pigmento nero sono sparst nel citoplasma c hanno forma bacillare. l microgametociti sono più piccoli dei macrogametocitt, presentano un citoplasma debolmente colorato in azzurro, ed hanno il nucleo situato al centro. I granuli di pigmento nel citoplasma sono molto numerosi. PLASMOUIUM OVAl-E

Questo parassita è molto simile al P. v1vax e può essere facilmente confuso con esso. li p. ovale è responsabile di una forma molto attenuata di terzana benigna che tende spontaneamente alla guang10ne. Il parassita, che è diffuso prevalentemente in Africa, compie il suo ciclo asessuato nel sangue nell'arco di 48 h. I trofozoiti giovani banno la solita forma anulare di tutti i parassiti malarici. I trofozoiti più maturi presentano una forma rotondeggiante più spesso ovoidale. I globuli rossi parassitati si presentano ingranditi, di forma ovale e con numerose granulazioni di Schiiffner nel citoplasma . Gli schizonti hanno generalmente forma rotonda e la divisione nucleare che avviene all'interno di essi dà luogo, in genere, alla formazione di 8 merozoiti. I gametociti, morfologicamcnte, sono molto affini, ai gametociti del P. vivax. Pu.sMODIUM MALARIAE

E' l'agente della forma clinica di malaria denominata quartana. 11 suo ciclo schizogonico si svolge nel sangue nell'arco di 72 h.


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8 Fig. 5· · Plasmodium vwax. 1. globulo rosso normale . · 2. giov3 ne trofozoire anulare • 3-6. trofozoi ti :1mcboidi. • 7·9 schizonli in divisione. · 10. \egmcnta?ione dd lo schizontc, mero7.oiti. · 1 t. microg:~merocito. · 12. macrogametocito.

(da TNTROZZT P.: Trattato dì Medicina interna).

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Fig. 7· - Plasmodium malariae. r. trofozoite accollato al l 'cmni~. - 2. trofozoilc anulare. - J·5 trnfMoiti .rd ulti , due forme a fascia. 6·9· 'chizonri in divi sione. - ro. segmcnt:rziCJnc e mcro:witi. - rr. macrog~•mctocito. - 12. microgamctcx:ito.

(da lNTROZZI P.: Trattato di Medicina interna).

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Fig. 8. - Plasmodium falciparum. 1. trofozoiti accoll:ni all'emuia. - 2. trofozoite anulare. - 3-4. trofozoi ti pil'1 adulti pig mentati. 5· forma con blocchetto di pigmento . - 6-11. ~chizomi in divene fasi del la divisione nucleare. -

12- 14· accrescimento dci gamctcx:iti . - rs-r 6. gametociti immaturi

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- 17· macrogamctcx:ito.

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(da I NTROZZI P.: Trattato di Medicina interna).


I trofozoiti giovani si presentano, come al solito. in forma anulare. I trofozoiti più adulti assumono una caratteristica forma a fascia disposta attraverso il globulo rosso. I globuli rossi parassitati non appaiono ingranditi e presentano nel loro citoplasma granulazioni di color rosa, dette granuli di Ziemann. Gli schizonti occupano l'intero globulo e la divisione nucleare che in essi si compie da luogo alla formazione di 6-12 merozoiti che si dispon~ gono a forma di margherita. I gametociti sono morfologicamente affini a quelli del P. vivax. P LASMODIUM FALC IPAR U M

E' l'agente etiologico della terzana maligna, o estivo - autunnale, o tropicale. Il suo ciclo schizogonico si svolge nel periodo di 48 h. I giovani trofozoiti hanno forma anulare e parassitano rn numero di due o più ciascun globulo rosso. Quando nell'interno di un globulo rosso si riscontrano due o più forme anulari bisogna sempre sospettare la terzana maligna. I globuli rossi parassitati dal P. falciparum si presentano rimpiccioliti e molto pallidi, di colore giallo ottone, per cui vengono designati come globuli rossi ottonati. Le forme anulari di P. falciparum sono le uniche forme di trofozoiti visibili nel sangue periferico. Le forme più mature di trofozoiti si sviluppano nei capillari degli organi interni (milza, fegato, cervello, ossa etc.). Quando gueste forme pi ù mature si osservano nei preparati ordinari di sangue periferico è segno che la terzana maligna sta acquistando un carattere di perniciosità. Di norma però i trofozoiti maturi si accumulano negli organi interni ove avviene la divisione nucleare e la formazione dei merozoiti . Ciascun trofozoita di P. falciparum dà luogo alla formazione di un numero di merozoiti che va da un minimo di 8 a un massimo di 24. l granuli di pigmento nero che si trovano nel trofozoita, tendono a raccogliersi in un unico blocchetto e a disporsi al centro del parassita. I gametociti del P. falciparum sono facilmente ri<:onoscibili in quanto assumono una forma caratteristica, a falce o a banana o a salsiciotto. Per questa loro tipica forma essi prendono il nome di semilune.

TERAP IA DELLA MALARIA

I medicamenti antimalarici possono essere divisi 111 due grandi categone:


l) i medicamenti schizonticidi che agiscono prevalentemente sui trofozoiti e sugli schizonti e che pertanto trovano il loro migliore impiego nel combattere le forme acute di malaria; 2) i medicamenti gameticidi che hanno azione prevalente sui macra e microgameti e sulle forme esocritrocitarie e che pertanto sono molto utili a prevenire le recidive che sono così frequen_ti nell'infezione malarica, e specialmente in quella da Plasmodium vivax.

MEDICAMEN TI SCHIZON TICIDI CHININA

La chinina che è uno dei tanti alcaloidi estratti dalla corteccia dell'albero di China (Chincona succirubra) è stata per diversi secoli il medicamento specifico e indiscusso dell'infezione malarica nelle sue varie forme. I sali della China (solfato, bisolfato, cloridrato e bicloridrato) sono stati universalmente impiegati con successo nella lotta antimalarica nel periodo che precede la seconda guerra mondiale. Durante il secondo conflitto mondiale c negli anni che seguirono la China ha perso molta della sua importanza di medicamento antimalarico principe ed è stata rimpiazzata da farmaci antimalarici sintetici che si sono rivelati molto più attivi ed efficaci di essa. Ciò non astante i sali di Chinina restano ancora oggi il medicamento di scelta nelle forme gravi di terzana maligna o estivo-autunnale con tendenza alla perniciosità o con andamento francamente pernicioso, sostenute dal Plasmodium falciparum. In questi casi, se si vuoi salvare la vita dei pazienti è strettamente necessario e urgente ritornare alla vecchia e gloriosa Chinina. La cura d'attacco delle forme gravi di terzana maligna consiste nella somministrazione immediata, per via intramuscolare, di 2 grammi di Cloridrato di Chinina, seguita dopo 12h da un'altra iniezione di l grammo. Nei giorni successivi si continueranno le somministrazioni di Chinina alla dose di 2 gr. al giorno per via intramuscolare e per via orale non appena le condizioni dell'ammalato lo consentano. Cessato il pericolo della perniciosità la terapia della terzana maligna va continuata con i farmaci sintetici, i quali possedendo un'azione gameticida che non possiede la Chinina, distruggono le forme semilunari, eliminando così le sorgenti dell'infezione per gli Anofeli. Nelle forme gravi di perniciosa a tipo comatoso è indicata la somministrazione dei sali di Chinina per via endovenosa. In tal casd si dovranno somministrare gr. 0,50 o gr. 0,65, oppure gr. l di Cloridrato di Chinina diluiti in 20-50 ml. di soluzione fisiologica, da


iniettare lentamente endovena. Questa stessa dose potrà essere ripetuta dopo un intervallo di 8-10 ore in caso di necessità. Oggi molti malariologi preferiscono somministrare il medicamento per perfusione lenta endovenosa, diluendo uno o due grammi di formiato basico di Chinina in un litro di soluzione fisiologica c iniettando questa soluzione goccia a goccia durante un periodo prolungato cii alcune ore. Se necessario la stessa dose sarà ripetuta dopo un intervallo di 8-10 ore. All'infuori delle forme di tcrzana maligna e dì perniciosa nelle quali si impone la somministrazione della Chinina per via intramuscolare o endovenosa, nelle altre forme di malaria e cioè nelle forme di terzana benigna o di quartana, la Chinina sarà somministrata preferibilmente per via orale alla dose quotidiana di l gr. o di gr. l ,50 suddivisa in tre dosi intervallate di 8 ore. Il ciclo di trattamento con la Chinina che è esclusivamente schizonticida c che dovrà durare per un periodo di 8-10 giorni, sarà seguito da un ciclo di trattamento gamcticida da attuarsi con la somministrazione di plasmochina o di primachina. ACRIDTNICI

Il solo antimalarico sintetico derivato dall'acridina è la Mepacrina che è stata scoperta in Germania nel 1932 e che è stata messa in commercio sotto il nome cii Atebrin. Questo potente antimalarico di sintesi ha dominato la scena della terapia antimalarica negli anni immediatamente precedenti la seconda guerra mondiale e durante tutto il tempo della sua durat:'l. L'Atebrin è molto attivo contro tutte le forme asessuate del parassita malarico, comprese quelle del Plasmodium falciparum, ma è scarsamente efficace contro le forme sessuatc. Pertanto il ciclo di cura antimalarico eseguito con l'Atebrin deve essere completato dalla sornministrazione òi farmaci gamcticidi, quali la plasmochina o meglio ancora la primachina. Attualmente la terapia antimalarica eseguita con l'Atebrin è caduta in disuso, sia per i disturbi secondari che guesta sostanza provoca, sia per la scoperta di antimalarici molto più potenti di essa c meno tossici, quali ad es. la Clorochina.

BrcuANTDT. A questo gruppo appartiene il Proguanil, conosciuto m commerciO sotto il nome di Paludrina o di Palusil. La Paludrina ha una spiccata azione schizonticida, specialmente contro le forme asessuate del P. falciparum.


Recentemente però sono stati trovati ceppt eli P. falciparum resistenti alla Paludrina. La terapia dell'attacco malarico acuto con Paludrina St effettua somministrando da 300 a 600 mg. al giorno della sostanza, frazionata in tre dosi, per la durata di 10 giorni. Anche nei riguardi della Paludrina vale l'affermazione che questa sostanza ha un'azione schizonticida nettamente inferiore a quella della Clorochina. DIAMINOPTRIMIDINE.

A questo gruppo appartiene la Pirimetamiua, conosciuta m commercio sotto il nome di Daraprim. Questa sostanza possiede una buona azione schizonticida contro tutte le forme asessuate del parassita malarico. Però in considerazione della sua lentezza di azione il Daraprim viene soprattutto usato nella profilassi collettiva della malaria. SuLFAMtDtct E SULFONt.

I sul famidici e i sulfoni dopo aver dimostrato una buona eHicacia terapeutica contro la malaria sperimentale provocata nelle scimmie, sono stati impiegati per combattere la malaria umana con buoni risultati. Tali risultati però sono stati inferiori a quelli conseguiti con gli antimalarici sopradescritti. Tra i sulfamidici sperimentati dobbiamo citare, la Sulformetoxina, il Sulfalene o Kelfizina, la Sulfadirnetoxina, la Sulfametoxipiridazina, c la Sulfadiazina. Tra i Sulfoni ha dato buoni risultati il Diafenilsulfone o Daosone. Tanto i SulEamidici citati quanto i Sulfoni hanno dimostrat~ una buona afficacia schizonticida sopratutto contro gli schizonti del P. falctparum. CLOROCI lfNA.

La Clorochina o 4 - aminochinolina è stata sintetizzata in Germania nel 1939. Questa sostanza è stata largamente impiegata e sperimentata dagli americani durante la seconda guerra mondiale. Dopo la lunga esperienza bellica e post-bellica possiamo affermare che la Clorochina è forse il più potente schizonticida che oggi noi conosciamo contro tutte le forme di malaria, e quello ad azione più rapida; inoltre la sua tossicità è bassissima.


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La Clorochina ha sugli altri antimalarici il vantaggio di un'azione molto prolungata dovuta alla sua lenta eliminazione. La cura dell'accesso malarico acuto con la Clorochina viene attuato secondo lo schema seguente: dose iniziale d'attacco: l gr. di bisolfato di Clorochina per bocca; ulteriori dosi 0,5 gr. dopo 8 e 16 ore e nei due giorni successivi - Totale: 3 gr. Bastano quindi tre giorni per far abortire l'attacco malarico acuto. Qualora l'attacco malarico acuto sia accompagnato da vomito la Clorochina potrà essere somministrata per via intramuscolare alla dose di 0,3 gr. ogni 6 ore. Vi sono forme di P. falciparum resistenti alla Clorochina. In questo caso la grave forma di malaria dovrà essere combanutta ritornando alla vecchia terapia chininica, come abbiamo già affermato in antecedenza. Esiste un composto molto affine chimicamente alla Clorochina che prende il nome di Amodiacl1ina. La sua efficacia antimalarica, come schizonticida, può essere paragonata a queiJa della clorochina. MEDICAMENTI GAMETICTDT

Come completamento della cura antimalarica con i farmaci schizonticidi è indispensabile integrare la terapia con la somministrazione finale di farmaci gameticidi destinati a distruggere le forme sessuate del parassita malarico, le quali in linea generale sono resistenti ai farmaci attivi contro le forme asessuate. I principali gameticidi sono i seguenti: la Plasmochina, la Pentachina, e la Primachina. PLASMOCHINA.

Questa sostanza appartiene al gruppo degli 8- aminochichinolinici. E' il primo farmaco antimalarico sintetizzato in Germania nel 1932. La Plasmocruna ha un'azione profilattica e curativa. ma le dosi utili ad ottenere l'effetto provocano spesso fenomeni tossici quali: metaemoglobinemia, cianosi, crampi addominali. Nella razza negra la Plasmochina può provocare disturbi ancora più gravi: emolisi acuta con ittero, febbre, vomito, emoglobinuria, albuminuria e cilindruria. PRIMACHTNA.

Questa sostanza appartiene allo stesso gruppo degli 8- aminochinolinici

è molto meno tossica della Plasmochina. Per questa sua minore tossicit3 essa ha sostituito la Plasmochina come farmaco antigameticida. 2. -

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l La Primachina si sommtmstra alla dose di 15 mg. al gwrno per la durata di 10-14 giorni. La sornministrazione dei gameticidi nelle forme malariche è molto utile sia perché essi riescono ad evitare le recidive, che sono così frequenti specialmente nella malaria benigna e nella quartana, sia perché essi eliromano l'infezione dell'organismo infetto distruggendo i macro e microgameti .

PROFlLASSI DELLA MALARIA

La profilassi della malaria ha lo scopo di prevenire l'instaurarsi di questa grave malattia parassitaria nell'uomo. Per raggiungere questo scopo è necessario interrompere il ciclo parassitario che si stabilisce tra l'uomo infetto e ['agente vettore, che in questo caso è l'Anopheles. Questo intento si può realizzare o con la sterilizzazione del serbatoio dei parassiti, rappresentato dall'uomo infetto, o con la distruzione del vettore parassitario (Anopheles) o con l'impedimento del contatto tra portatore di parassiti e Anopheles. La profilassi antimalarica si distingue in due grandi categorie: profilassi individuale e profilassi collettiva.

PROFILASSI INDIVIDUALE

Questo tipo di profilassi ha per scopo di proteggere i singoli individui che si trovano in zona malarica o le piccole collettività familiari. Essa può essere attuata con mezzi chimici, mezzi mcccantci, e con sostanze insetticide o insettifughe. PROFILASSI INDIVIDUALE CON MEZZI CHIMICI O CHEMIOPROF lLASSI.

Questo tipo di profilassi medicamentosa consiste nella somministrazione di farmaci schizonticidi e gameticidi a soggetti che entrano o vivono in zone malariche, allo scopo di prevenire in essi la insqrgenza delle form e 1 cliniche della malaria. Fino a pochi anni fà la chemioprofilassi della malaria- veniva eseguita con la somministrazione quotidiana di sali di Chinina o di antimalarici sintetici (Atebrin, Paludrin). Queste sostanze, purtroppo, hanno molto spesso dato dei risultati negativi nel campo profilattico.


493 Migliori risultati sono stati osservatt mvece, in questi ultimi anni, con l'impiego della Clorochina. Questa sostanza oltre che un ottimo curativo si è rivelata anche un ottimo profi lattico. La dose quotidiana di Clorochina da somministrare come profilattico è di 100 mg. al giorno. Si consiglia di iniziare la profilassi con questa dose 14 giorni prima dell'ingresso in zona malarica e di continuarla per 3-4 settimane dopo l'abbandono della zona malarica. Con questo semplice schema di chemioprofilassi individuale si sono ottenuti risultati brilJanti in questi ultimi anni. PROFILASSI

INDIVIDUALE

CON MEZZ I

MECCANICI.

Q uesto tipo di profilassi meccanica si realizza con l'applicazione di reti metalliche a maglie molto streue alle finestre c alle po~te delle abita: zioni nelle zone malariche, con la sistemazione di zanzanere attorno aJ letti durante le ore di riposo, e con il porto di indumenti appropriati, atti a coprire tutte le parti scoperte del corpo. P ROFIUSSI INDIVIDUALE CON SOSTANZE INSETTICIDE O L'lSETTIFUGHE.

Questo tipo di profi lassi si realizza con l'uso di sostanze ad azione abbattente sulle zanzare o ad azione repellente. Le principali sostanze ad azione insetticida impiegate per uso individuale o familiare sono le Piretrine, il D.D.T. e il cicloexanone. Queste sostanze mescolate insieme sono contenute in bombole a pressione, dalle quali possono essere facilmente erogate nell'ambiente domestico sotto forma di aerosoli. Le sostanze ad azione repellente sulle zanzare si usano sotto forma di creme o di lozioni da cospargere sulle parti scoperte del corpo. Tra queste sostanze repellenti più efficaci e più recenti sono da citare il dimctilftalato, l'indalonc c il pirenone.

PROFILASSI COTLETTII' A

Per profilassi collettiva si intende quel complesso di misure antimalariche atte a proteggere le popolazioni che v1vono nelle regioni dove la m alaria è endemica. Lo scopo di questa profilassi come primo intento, è qttcllo di abbassare notevolmente la morbosità per la malaria, c come intento definitivo è quello di eradicare completamente questa affezione parassitaria da tutte le vastissime regioni ove essa è ancora endemica.


494

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Per condurre a buon fine questa lotta contro la malaria è necessario creare dei servizi speciali, costituiti da personale molto ben addestrato nelle varie e complesse tecniche del processo di eradicazione della malaria, che saranno descritte in seguito. Il fine ultimo di questa campagna antimalarica in grande stile è quello di spezzare la catena parassitaria che si stabilisce tra uomo infetto e Anopheles; questo intento si raggiunge come abbiamo detto più sopra, seguendo contemporaneamente due vie parallele: una è la sterilizzazione del serbatoio del parassita (uomo infetto), l'altra è la distruzione dell'insetto vettore. STERILIZZAiZIONE DEI~ SERBATOIO DEL PARASSrfA.

E' questa una impresa molto difficile, il cui fine ultimo è quello della conseguente cessazione della trasmissione del Plasmodio, rlall'uomo alla zanzara. Questo sistema di lotta si attua con la chemioprofilassi colletti\·a di tutta la popolazione che abita nelle zone di endemia malarica. Il metodo consiste essenzialmente nella somministrazione settimanale di uno schizonticida associato a un gameticida, a tutti gli abitanti di una zona malarica. Uno schema di chemioprofilassi collettiva molto ben collaudato è il seguente: somministrazioni settimanali di gr. 0,30 di Atebrin associate a gr. 0,03 di Plasmochina, oppure somministrazione settimanale di Clorochina associata a Primachina. La chemioprofilassi collettiva quando è eseguita sistematicamente ed è estesa a tutta la popolazione rivela ben presto i suoi benefici effetti che consistono, essenzialmente, nell'abbassamento dell'indice parassitario nel sangue, nella diminuzione della morbosità e nella scomparsa della mortalità. DISTRUZIONE DELI.'INSETTO VETTORE O LOTTA ANTIMALARICA.

La distruzione dell'Anopheles s1 può realizzare sia allo stadio larva/e, s1a allo stadio di insetto adulto. LoTTA ANTILARVALE. La campagna larvicida si può eseguire con mezz1 meccanici di piccola e grande bonifica dei terreni paludosi, con mezzt biologici e con mezzi chimici. Le opere di piccola e grande bonifica consistono nella eliminazione radicale dei focolai o delle dimore delle larve. T aie eliminazione si ottiene con il drenaggio e con il prosciugamento dei terreni paludosi e con la successiva messa a coltura degli stessi. Un classico esempio di grande bonifica è stata quella realizzata in Italia con il prosciugamento delle paludi

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495 pontine nell'agro romano. Queste immense distese paludose esistenti nella campagna romana erano all'origine della grave endemia malarica che flagellava da secoli la regione che circonda Roma. La realizzazione di una grande opera bonifica, nel periodo compreso tra le due guerre mondiali, ha fatto scomparire la malaria da tutto il vasto territorio che sta attorno alla Capitale d'Italia. La lotta antilarvale con m~zzi biologici si realizza immettendo nelle acque che contengono larve di Anofeli dei piccoli pesci che si cibano di larve. I più comunemente impiegati tra questi piccoli pesci, sono quelli appartenenti alla specie Gambusia. Questo m etodo di lotta ancilarvale non è mai stato ricco di buoni c definitivi risultati. Lo-n·A ANTILARVALE CON ;vtEZZI CHIM ICI. QueStO tipo di lotta antilarvale si è rivelato finora il più efficace c il più radicale di tutti gli altri descritti. Le principali sostanze impiegate sinora nella lotta antilarvale sono le seguenti: petrolio e oli i combustibili, verde di Parigi, piretrine, D.D.T. o dicloro di fenil tricloroetano, gammexane o esacloruro di benzene. Dieldrina, composti organofosforici o esteri fosforati.

ll petrolio cosparso in strato sottile sulle superfici idriche ha la proprietà di uccidere le larve delle zanzare sia per asfissia (occlusione dei sifoni respiratori) sia per intossicazione (deglutizione del prodotto). Lo spargimento del petrolio in strato sottile, alla superficie delle raccolte d'acqua, avviene con l'ausilio di polverizzatori o motopompe a pressione che hanno la funzione di aerosolizzare la sostanza. 11 petrolio, come larviciua, si impiega alla dose di 10-20 ml. per metro quadrato di superficie idrica. Gli oli pesanti, sebbene molto meno impiegati del petrolio hanno b sua stessa funzione. T anto il petrolio quanto gli oli pesanti, oltre all'inconveniente del cattivo odore, non possono essere cosparsi su raccolte idriche destinate al rifornimento idrico delle popolazioni o del bestiame. Il cospargimento del petrolio deve essere eseguito ogni 10-12 giorni. Il t'erde di Parigi è un arsenito di rame contenente il 50-55% di anidride arseniosa. Il verde di Parigi si impiega mcscolat0 a polvere di strada o cenere o talco nella proporzione di l a 100. Questa miscela viene polverizzata in strato sottile sulle superfici idriche a mezzo di apparecchi polverizzatori, che possono essere montati anche su aerei quando si tratta di cospargere vaste distese di acqua. I granuli di verde di Parigi galleggiano a lungo sulla superficie dell'acqua cd esercitano la loro azione tossica sulle larve delle anofeline dopo essere stati inglobati c deglutiti.


La dose di verde di Parigi, normalmente impiegata, è di 100 gr. di miscela per 10 metri quadrati di superficie idrica. Le polverizzazioni debbono essere ripetute ogni 10-12 giorni. D.D.T. o diclorodifeniltricloroetano. Questo potente insetticida, pur essendo stato sintetizzato in Germania nel lontano 1874, è entrato trioufalmente nella pratica solo nel 1942, in seguito agli studi accurati dei ricercatori americani. Il D.D.T. sul quale torneremo più avanti quando tratteremo della lotta contro le zanzare adulte, è una polvere bianca cristallina quasi insolubile in acqua, molto solubile nei solventi organici, nel petrolio e suoi derivati. Come larvicida il D.D.T. agisce soprattutto per azione tossica dopo essere stato ingerito dalle larve. Il D.D.T. viene comunemente sciolto in petrolio o in olio pesante nella proporzione del 5%. Esso viene erogato e polverizzato sulle superfici idriche a mezzo di particolari pompe a pressione o anche a mezzo di aerei o di elicotteri quando si tratta di vaste distese idriche. La dose da impiegare è di 10 litri di soluzione al 5% per 4.000 metri quadrati di superficie. Concentrazioni superiori a quella suddetta sono dannose per la fauna e la flora acquatica. Piretrine. Sono sostanze estratte dai fiori del Piretro. Queste sostanze oltre ad essere efficaci nella lotta contro l'insetto adulto sono molto utili anche nella lotta antilarvale. Il loro impiego è però limitato al trattamento delle piccole raccolte di acqua. Le piretrine agiscono con azione tossica sul sistema nervoso delle zanzare. Gammexane o esacloruro di benzene. Questa sostanza sintetica appartiene al gruppo degli idrocarburi clomrati come il D.D.T. Il Gammexane, che è stato principalmente impiegato nella lotta contro l'insetto adulto, è stato anche usato in questi ultimi anni come larvicida, particolarmente contro quelle specie di larve che avevano rivelato una resistenza al D .D.T. La sostanza viene preparata in sospensione nella proporzione di 40 gr. per 100 m l. di acqua. DielJ.rina. E' un prodotto di sintesi derivato dal dimctanonaftalcne. Questa sostanza è stata impiegata come larvicida nelle specie di Anopheles diventate resistenti all'azione del D.D.T. La dieldrina è molto efficace contro le larve di Anopheles, però ha il grave inconveniente di essere tossica anche per i pesci. Composti organo - foJforici o esteri fosforati. Quesri composti che sono molto tossici per l'uomo se non si predispongono adeguate misure

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497 preventive, sono stati largamente impiegati, in questi ultimi anni, oltre che nella lotta contro gli insetti adulti anche nella lotta contro le larve. Tra questi numerosi composti sui quali ritorneremo più tardi, più comunemente usati come larvicidi, in questi ultimi anni, sono seguenti: il diazinone, il malation, il clorotione, il fentione, e l'Abate. Tutti questi preparati si sono dimostrati molto efficaci nella lotta contro le larve che avevano acquisito una resistenza al D.D.T. La tossicità di questi esteri fosforati alle diluizioni impiegate per distruggere le larve, è risultata nulla per i pesci. Per l'uomo però questi prodotti sono altamente toss1C1 e pertanto gli addetti alle squadre di bonifica che hanno il compito di irrorare tali sostanze debbono accuratamente proteggersi la cute e l'apparato respiratorio. La prima con indumenti impermeabili e il secondo con maschere. LoTTA CONTRO LE ANOFELINE ALATE. La scoperta e l'impiego di potenti insetticidi sintetici ha segnato una svolta decisiva nella lotta contro le zanzare adulte, durante la seconda guerra mondiale e negli anni che ad essa sono seguiti. I principali di questi insetticidi di sintesi sono, in ordine cronologico d'impiego i seguenti: D.D.T., Gammexane, dieldrin, esteri fosforici, carbamati.

D.D.T. o didorodifeniltricLoroetano. Questo potente insetticida del quale abbiamo parlato a proposito della lotta antilarvalc, è stato impiegato per la prima volta durante la seconùa guerra mondiale. Negli anni seguiti alla guerra esso ha trovato un vastissimo impiego in tutte le parti del mondo. All'inizio della grande lotta antianofelica con il D.D.T. gli effetti insetticidi di questa sostanza sono apparsi così potenti da alimentare la grande speranza che il grave flagello del la malaria sarebbe stato definitivamente eradicato in tutto i l m ondo, per distruzione dell'agente vettore. Purtroppo questa speranza t: caduta quando si è cominciato a constatare che molte specie di Anopheles erano Jiventate resistenti all'insetticida. 11 D.D.T. è un insetticida di contatto che viene assorbito dalle zampe delJe zanzare quando queste si posano sulle pareti che sono state irrorate con soluzioni della sostanza . 11 composto una volta assorbito sotto forma di minutissimi cristalli, segue le vie nervose della zanzara e raggiunge il sistema nervoso centrale c qui esercita la sua azione tossica, seguita da morte dell'insetto. Una delle caratteristiche principali del D.D.T. è la sua lunga persistenza sotto forma di minutissimi cristalli sulle superfici sulle quali esso è stato irrorato. Questo «effetto residuo» del D.D.T. è molto importante perché permette di spaziare nel tempo le operazioni di irrorazione della sostanza sulle superifici dove prcsumibilmente si posano le anofeline. Que-


ste superfici sono soprattutto le pareti delle abitazioni rurali e delle abitazioni urbane, nonché le pareti delle stalle del bestiame e delle case coloniche in generale. A causa del potente effetto residuo del D.D.T. le irrorazioni della sostanza possono essere ripetute una volta ogni sei mesi. Il D.D.T. viene irrorato comunemente sotto forma di soluzione in petrolio al 5% . Perché la sostanza raggiunga il massimo effetto insetticida è necessario irrorare tutte le pareti sulle quali possono posarsi le anofeline con uno strato continuo della soluzione di D.D.T. come se si trattasse di uno strato di colore. Per eseguire correttamente questa irrorazione si impiegano speciali pompe a pressione che erogano getti di soluzione a forma di ventaglio. La quantità ottimale di D.D.T. da irrorare sulle pareti per ottenere un buon effetto insetticida è di 2 gr. della sostanzà'per m2 di superficie. A questa concentrazione le soluzioni di D.D.T. lasciano sulle pareti irrorate un deposito biancastro, che assicura l'« azione residua >> d~ll:l sostanza per lungo tempo. Le grandi campagne di eradicazione della malaria ingaggiate in vaste contrade malariche a mezzo di un gigantesco impiego di D.D.T., sia come larvicida che come insetticida, hanno dato negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale risultati brillanti. Volendo citare alcuni esempi tra i più significativi si può dire che in Italia, e particolarmente nell'isola di Sardegna la malaria è completamente scomparsa dopo una intensa campagna eseguita con polverizzazioni di D.D.T.; negli Stati Uniti d'America la malaria è stata completamente eradicata e i pochi casi clinici segnalati in questi ultimi anni sono stati osservati in reduci dal Vietnam. In Argentina la morbosità annuale è caduta da 300.000 casi a 2.000. In Brasile la morbosità è diminuita del 9'?/o. Nel Messico da 63.000 nuovi casi nel 1950 si è scesi a 11.000 casi nel 1966; a Formosa da 78.000 casi nel 1952 a 30 nel 1%6; in Turchia da 1.200.000 casi nel 1950 a 3.868 casi nel 1965. Purtroppo la grande speranza di eradicare completamente la malaria da tutte quelle parti del mondo nelle quali essa era endemica è andata delusa a causa della resistenza che alcune specie di anofeline hanno acquisito nel tempo contro il D.D.T. Di &onte a questo fenomeno inatteso i ricercatori e i malariologi hanno cercato eli mettere a punto nuovi e potenti insetticidi atti a continuare la lotta contro le anofdine. Di questi i principali sono i seguenti: Gammexane o esacloruro di benzene. Questa sostanza, di cui abbiamo già parlato come larvicida, è molto efficace anche contro l'insetto adulto. La sua efficacia però e il suo effetto residuo sono inferiori a quelli del D.D.T.


499 Le irrorazioni con il Gammexane infatti debbono essere ripetute ogni tre mesi. L'esacloruro di benzene è solubile in acqua distillata. Esso si impiega alla dose di 200 o 400 mg. per m2 di superficie da irrorare. Una delle proprietà del Gammexane, oltre alla sua azione residua, è quella di essere relativamente volatile e pertanto esso può uccidere le zanzare non solo per contatto, ma anche per azione fumigante. Dieldrin. E' un prodotto di sintesi, derivato dal dimetanonaftalene. Il Dieldrin è più tossico del D.D.T. sia nei riguardi delle zanzare che ne1 riguardi dell'uomo. La sua tossicità per le anofeline è sette volte maggiore di guella del D.D.T. E' un insetticida che agisce per contatto e il cui effetto residùo è inferiore a quello del D.D.T. Queskl è il motivo per cui le irrorazioni con il Dieldrin debbono essere ripetute ogni quattro mesi. La dose della sostanza da impiegare nelle irrorazioni è di 60 ctgr. per m2 di superficie. Purtroppo, nel corso delle campagne antimalariche di questi ultimi anni, è stato osser vato che alcune specie di Anofeline sviluppano una notevole e rapida resistenza al Dieldrin. Questa sostanza inoltre si è rivelata molto tossica per l'uomo. Per questo motivo è necessario che gli uomini addetti alle irrorazioni adottino particolari misure di precauzione. Esteri organo - fosforici. Queste sostanze sono largamente impiegate in agricoltura, come potenti insetticidi. Come tali esse sono state ampiamente adoperate, in gucsti ultimi anni, nella lotta antianofelica. C ii esteri fosforici sono chiamati anche tossici nervini, per la loro azione prevalente sul sistema nervoso deglj insetti e anche degli uomini. Tra queste sostanze le più comunemente impiegate nella lotta antianofclica sono le seguenti : il Diazinone, il Malatione, il Paratione e il Fentione. Il Paratione, dopo le prime esperienze di lotta antimalarica, è stato abbandonato a causa della sua alta tossicità per l'uomo. Gli altri tre invece (Diazinone, Malatione, c Fcntione) sono stati ampiamente impiegati in diverse campagne antimalariche e hanno dato ottimi risultati, specialmente contro l'Anophelcs adulto. Questi insetticidi si differenziano dal D.D.T. sia perché si presentano sotto forma liquida, sia perché possiedono un minore effetto residuo e una maggiore volatilità. A causa del loro modesto effetto residuo le irrorazioni delle pareti con i tre suddetti insetticidi debbono essere ripetute ogni due o tre mesi. La dose di questi insetticidi da impiegare per ogni metro quadrato di superficie da irrorare è: di circa 2 gr. Dei tre suddetti insetticidi, il Malatione, è queJlo che ha dato sinora i migliori risultati. La campagna di eradicazione condotta in Uganda con


so o l'impiego di questo insetticida, negli anni 1964-1967 si è conclusa con ottimo successo. Al gruppo degli esteri fosforici appartengono infine altre tre sostanze: Fenitrotione, Bromophos e Diclorvos - che sono state recentemente impiegate nella lotta antianofelica - ma che non hanno mostrato sinora di possedere azione insetticida superiore a quella .rivelata dalle tre prececlenti sostanze citate. Carbamati. I metilcarbamatì svolgono un'azione antianofelica analoga a quella degli esteri fosforici. Essi agiscono sia per contatto sia a mezzo dei vapori che da essi si sviluppano dopo la loro irrorazione sulle superfici. Le principali di queste sostanze sinora impiegate nella lotta antianOfelica, negli anni recenti, sono le seguenti: Baygon, Carberyl, Carbamolt, Hcrcules 5727. Di queste quattro sostanze, quella che ha dato migliori risultati nella lotta antianofelica, specialmente in Nigeria, a El Salvador e nell'Iran, è stato sinora il Baygon. In queste tre regioni la trasmissione della malaria è stata interrotta dopo il trattamento con il Baygon (Pampana).

Rl\~~v:-<To. L'Autore, dopo una bre\·e nota introduniva sulla diffusione e sulla distribuzione geografica della Malaria nel mondo, si sofferma a illustrare l'eziologia, la morfologia dei Plasmodi, la terapia e la profilassi di questa tcmibilc affezione parassitaria, che costituisce ancora oggi, dopo tante lotte e tanti sforzi intesi alla sua eradicazione, un grave e preoccupante flagello specialmente per le vaste collettività umane che vivono in Africa c in Asia. Sono state messe in luce le acquisizioni recenti sul vasto capitolo della Malaria , con particolare riguardo al di~us~o ciclo esccritrocitario del parassita malarico nell'uomo, alla terapia e alla profilassi dell'affezione parassiraria. on sono state trattate ddiber:namente le forme cliniche della Malaria, in qu:!nto eS!>C c~ubva no dall'oggetto asse~nato alla trattazione.

RfsL:MÉ. - Après une brèvc note d'introduction sur la ùiffusion et la d istribu tion géograph:que du paludismc dans le monde, I'Auteur expose l'étiologie, la morphologie des Plasmodiums, la thérapic et la ~rophylaxie de cettc affcction parasitaire reùoutable, qui est encore aujourd'hui, après plusieurs luttes et efforts tendant 3 l'eradiquer un f!éau grave et inquiét:lm, surtout pour !es grande~ collcctivités humaincs vivant en Afrique et en Asie. L' Auteur a mis en évidence Ics connaissances récente~ :1cquises en matière de Paludi ~mc, eu égard notamment au cycle excérythrocytaire fort débattu du parasire paludéen chez l'homme, à la thérapic et à la pro?hylaxie de l'affcction parasitaire. Les formes cliniques du Paludisme n'ont été délibéréiT'ent traitécs, parce qu'ellcs ne faisaicnt pas l'objet de cct exposé.

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sor SuMMARY. - After a short introductory note on the diffusion and geographic dìstribution of Malaria in the world. the Author !>tops to illustrate plasmodia aetiology ami morphology, the therapy and prophylaxi\ of this dreadful and para~itic disease, which represents, up to lhis day, after so much figh1ing an<.l so much hard work aimed at its eradication, a serious and worrying calam ity, especially for thc large human comunicaties living in Africa and .\sia. The Author also stups to consider the rc:cem acquisitions on the extcnsÌ\'C subjecl of malaria, particularly with refcrcncc to the debated csoerythrocytic cycle of the malaric parasitc in man, thc therapy anc.l prophylaxis of para\itic diseasc. The clinica( forms of Malaria ha\·e delibcrately not been considered. bccause thcy wcnt bcyond thc subject to be discussed.

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DIREZIO~'E

GENERALE S.\IS'IT.\ MILITARE - COLLEGIO MEDICO- LEGALE Prcsideme. Ten. Gen Med. Prof. L. s~~ro"t

CE:-..'TRO STUDI E RICERCHE DELLA SA:-\ITÀ ~ULITARE Direttore: Geo. M ed. C. Mt:~llll

UN'INSIDIA MORTALE: LA VIPERA Col. Mcd. Prof. Enrico Reginato Ld. in Igiene

Dedico qursta breve 1101a alla memaria del Cap. degli Alpini G1orgio Pom::mibio deceduto pt'r fatale errot·e di com portamento in seguito n morso di vipera.

Persone qualificate ed enti responsabili levano richiami sempre p1U allarmanti per le profonde alterazioni che l'uomo apporta alla natura; e ciò non soltanto a causa degli inquinamenti dcU'aria e delle aCCjUe ma anche per le modifiche apportate al delicato equilibrio fra specie animali utili e nocive all'uomo, a tutto vantaggio delle seconde. Ciò si verifica, ad esempio, per i rettili e per i più pericolosi fra essi: le vipere. Specie animali alleate all'uomo nel la lotta contro le vipere vanno scomparendo per caccia indiscriminata o perché vanno creandosi condizioni non idonee alla loro sopravvivenza. Scompàiono, infatti, i rapaci diurni e notturni Era i quali il biancone che si nutre soprattutto di rettili, i nibbi, le poiane, le aquile minori ed altri che sogliano portare nel nido i rettili per nutrire i loro piccoli; scompaiono i ricci c i tassi antagonisti delle vipere e immuni al loro veleno, Je martore e le puzzole, come pure i cinghiali ed i maia li allo stato brado. Dove l'uomo si ritira abbandonando la terra agli sterpi, là si insinua la vipera. Il fieno in montagna c nell'alta collina non viene più falciato e nell'erba alta i rettili trovano l'ambiente favorevo le dove occultarsi dai nemici, tendere agguati alle prede e moltiplicarsi indisturhati. Cascine e casolari disabitati e diroccati offrono anch'essi ai pericolosi rettili rifugi adatti alla loro moltiplicazione c riproduzione, e piccoli roditori, di varie specie, estremamente prolifici, aumentando a dismisura, forniscono alle vipere facile caccia e fonte inesauribile di nutrimento. Le vipere attratte da facili prede e non più ostacolate da antagonisti, si avvicinano sempre più alle zone frequentate dall'uomo e questi, a sua


...,. volta, attraverso il turismo e l'escursionismo, in numero sempre crescente, raggiunge luoghi solitari, naturale habitat delle vipere, ~icché le possibilità di incontro occasionale tra l'uomo e il rettile si fanno sempre più frequenti. La presenza di vipere è già stata segnalata in ben 3.200 comuni montani, perfino in zone storicamente indenni dal rettile. Recenti statistiche segnalano pocomeno di duecento persone morse da vipere in Italia nel 1971 e purtroppo anche decessi, specie di bambini. I bambini sono i più esposti a questa insidia mortale per la loro inesperienza, }a loro naturale imprudenza e per il loro gioioso avventurarsi in luoghi solitari o nei boschi: per essi il pericolo mortale è maggiore data la piccola mole del loro corpo, rispetto all'adulto, e perché, di solito, il motivo del loro malessere viene accertato con eccessivo ritardo e con eccessivo ritardo attuati i provvedimenti terapeut.ici specifici. Esposti all'aggressione delle vipere sono i militari durante le esercitazioni estive che di norma hanno luogo in zone remote di collina e montagna, i forestali, gli operai delle telecomunicazioni o comunque addetti a lavori all'aperto in zone disabitate o boschive, i racèoglitori di funghi, specie se occasionali, i cacciatori, i turisti, gli escursionisti, i giovani esploratori, ecc. E' di recente memoria la dolorosa scomparsa di un giovane Ufficiale degli Alpini per accidente cardiaco successjvo a morso di vipera subìto durante il campo estivo: più esatte cognizioni sul pericolo mortale rappresentato dalla vipera e la conoscenza delle norme cui deve attenersi la vittima del morso avrebbero evitato un fatale errore di comportamento; la pronta attuazione di un facile provvedimento di emergenza avrebbe consentito di conservare alla famiglia e all'Esercito una ~iovane promettente vita. Da quanto sopra esposto abbiamo sentito la necessità di richiamare l'attenzione su questo insidioso e mortale pericolo e di indicare e diffondere mezzi e procedimenti atti a scongiurarne le conseguenze più gravi. Non saranno mai spese abbastanza parole per raccomandare, specie agli scolari e ai militari, di essere cauti ed accorti nei luoghi infestati da v1pere. La vipera è un rettile timido e prudente; durante il giorno si nasconde nel fitto delle piante all'ombra di pietraie, in prossimità di cisterne, di corsi d'acqua o in giardini irrigati e morde l'uomo o l'animale di grossa taglia solo se molestata. Ma poiché, il più delle volte, non si riesce a scorgerla in mezzo alle pietraie o alla vegetazione a causa del suo mantello mimetico, può capitare di provocarne l'aggressione calpestandola o toccandola inavvertitamente. E' imprudenza perciò camminare a piedi nudi o con sandali e pantaloni corti, in luogo di scarpe e pantaloni lunghi, in posti di montagna o di campagna o comunque sospetti; le zanne del rettile non riescono,

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infatti, a perforare il cuoio delle calzature e quando incontrano indumenti spessi e resistenti, difficilmente arrivano a scalfire la pelle. E' imprudenza porre le mani in posti che l'occhio non possa esplorare: cespugli, erba alta, mura ricoperte di edera, cavità d'alberi, tane di animali, ecc. F.' imprudenza abbandonare a terra giacche o altri indumenti e indossarli senza scuoterli; le vipere possono aver trovato in essi un tiepido rifugio ed esservisi annidate; è imprudenza, per la stessa ragione, lasciare aperte le portiere delle macchine in sosta. Le vipere percepiscono le vibrazioni del terreno e fuq~ono a rumori insoliti: perciò è bene, nei luoghi sospetti, annunciarsi camminando con passo pesante e battendo i cespugli con un bastone; nei posti erbosi, nelle radunc, in vicinanze dei corsi d'acqua, è prudenza esplorare e battere il terreno prima di fermarsi o attendarsi; nell'entrare in casolari abbandonati o semidiroccati, è imprudenza rimuovere assi sconnessi, pietre o mattoni. La prudenza, nelle regioni infestate da vipere, è necessaria dovunque; esse possono annidarsi anche nei luoghi più impensati e pros~imi all'abitato.

CARATTERI ESTeRNI DELLE VIPERE

Al genere vipera appartengono varie specie; ma tutte !e specie hanno caratteristiche comuni che permettono di distinguerle nettamente dagli altri rettili non pericolosi per l'uomo. Le vipere hanJlO abitudini prevalentemente terricolc; hanno la testa appiattita, di forma triangolare, ricoperta da piccole scaglie, assai più larga del collo dal quale decisamente si distingue; l'occhio è di media grandezza; la pupi Ila è allungata a fuso verticale e contratti le, caratteristica che concede possibilità di vita notturna; il corpo è tozzo e grosso, la coda corta, le scaglie carenate; la lunghezza variabile da 50 a 80 cm. secondo le specie ed il sesso. Le vipere trascorrono l'inverno, in stato di letargo, nelle cavità di un muro o sorto grosse pietre, o addirittura dentro tane di altri animali, sole o in gruppo. In primavera si accoppiano: attorno ad una femmina possono raggrupparsi numerosi maschi formando quei grovigli di serpenti che è possibile osservare a primavera.

.Vota. Secondo recentissime notizie riportate dai quotidiani, sarebbero state catturate, perfino in centri urbani, ,-iperc della specie c Aspide ~ e c Berus • di eccezionali dimensioni raggiu ngendo la lunghezza di 110-120 centimetri. Le vipere sarebbero quindi non solo in un momento di grande espansione numerica, ma anche di aumento di dimensioni, quindi di pericolo~ità, per la maggior qu:~mità di veleno prodotto (bile loro ghiandole veleniferc.


so6 I piccoli nascono a fine agosto, in numero di dieci o dodici. D'estate le vipere amano allungarsi al sole; fuggono, in genere, davanti all'uomo, ma possono restare immobili, pronte ad aggredire se percepiscono un pericolo o se vengono disturbate mentre, in agguato, insidiano la preda; si cibano in genere di uccellini di nido, di lucertole e di piccoli roditori che aggrediscono con morso fulmineo a zanne erette; colpiscono e lasciano fuggire la preda, ne seguono la traccia saggiando il terreno con la lunga lingua forcuta, la raggiungono morente e l'inghiottono. La colorazion e del mantello delle vipere è· varia, ma di solito non brillante, con tendenza al grigio o al bruno rugginoso: la superficie dorsale è percorsa da una fascia irregolare a zig-zag a volte formata da macchie confluenti; sulla testa, portano un marchio a V o X o A e due trattini scuri sopra gli occhi; la superficie ventrale è anche di colore vario. per lo più grigio-ardesia; la coda, in certe specie, è rossastra o colore corallo. L a natura ha favorito le vipere dotandole di un mantello cromatico spiccatamente mimctico. Il genere vipera è rappresentato in Italia da quattro specie: URSINI, BERUS, ASPIS, A MMODYTES.

vlPERA URSII\'1. Detta anche vipera del Gran Sasso: corta e grossa, ha il muso a punta ottusa, il m antello di colore giallo o bruno pallido percorso sul dorso da una linea bruna a zig-zag formata da chi azze scure confluenti; la superficie ventrale è nera puntata di bianco. Sopra la testa porta una figura a « A » e un trattino scuro sopra gli occhi; è lunga 50/51 cm. E ' presente nelle zone Appenniniche dell'Umbria, delle Marche e dell'Abruzzo, con predilezione per la zona montana del Gran Sasso, dove la si può incontrare in pieno giorno, sia nei pendii erbosi, sia nel fondo umido delle alte valli. T imida di carattere, ri fugge dall'aggredire l'uomo; il suo veleno è considerato il meno tossico tra i veleni di vipera . VIPERA BERUS.

Detta anche marasso, vipera tJera o marasso delle paludi: ha forma corta e tozza, muso superiormente piatto e tronco in avanti; il colore del mantello, variabilissimo: grigio giallastro, oliva, bruno o rossastro, con striscia nera che corre a zig-zag lungo il dor so e macchie nere, più piccole, ai fianchi; talvolta è completamente nero. Sopra la testa porta un marchio scuro a forma di « A>> o « X » e un trattino nero sopra l'occhio; la coda è giallastra o rosso corallo; 1:1 lunghezza è di cm. 65 nel maschio e 70 cm.


VIPERA ASPI S

~ A

B

Vipua Aspu. Caraueristichc della testa (A, Att A2), del mantello (B) c sua distribu7.ione geografica (C).

•• ••• ••••

• d

••••••• • ••

a

Particolare della testa di vipera Aspis. ghiandola 'elenipara; b = occhio con pupilla ellittica; c d - >egni la~ciati sulla pelle dal mor>o.

7.anne velcniferc;


so8 nella femmina: il marasso fugge le regioni calde dell'Europa; il suo habitat, in Italia è limitato alla zona centro-orientale dell'arco Alpino e alla pianura Padana scendendo fino all'Emilia al Lazio settentrionale. Lo si può incontrare tanto al di sopra dei 2.500 mt. di altitudine, in zone sassose e brulle, quanto in terreni paludosi, in risaie ed acquitrini~ in giardini trngm o nei sottoboschi umidi e ombrosi fra piante di mirtilli e di lamponi. Nelle zone più fredde, ama esporsi al sole; nelle zone calde segue abitudini notturne. Assai irascibile, se disturbato aggredisce l'uomo: il suo veleno, per quanto ritenuto meno tossico di quello dell'aspide, può essere causa di accidenti mortali, specie in bambini. Per l'uomo adulto, una dose completa di veleno, raramente mortale, può provocare disturbi seri. Mortale è il morso per il cane, soprattutto se di piccola taglia. VIPERA AsPIS.

E' la vipera comune, aspide: di forma più allungata delle precedenti, ha la parte superiore del muso appiattita e tronca; il suo colore è vario: grigio, giallo-rosso, bruno a seconda dell'ambiente; porta sul dorso chiazze simmetriche confluenti in un disegno a zig-zag, . più o meno continuo e, come nel marasso, un marchio ad c< A >> sopra la testa ed un trattino nero sopra l'occhio; anche la superficie ventrale è di colore variabile, di ordinario, giallo-grigio o rosa punteggiato nella femmina, nera o grigio arde~ia nel maschio; la lunghezza è di circa 67 cm. L'habitat dell'aspis si estende in gran parte dell'Europa ed in tutto il territorio nazionale, ad eccezione della Sardegna dove non esiste alcuna specie di vipera; sulle Alpi, la si può incontrare anche oltre i 2.500 mt. d'altitudine. L'aspide predilige località elevate; ha abitudini diurne e notturne; caccia al crepuscolo piccoli roditori c, durante il giorno, ama riscaldarsi in luoghi riparati e luminosi, raramente in pieno sole, preferendo le boscaglie che setacciano la luce del giorno. Assai lenta nei movimenti e timida, se impaurita emette un leggero sibilo, ma quando percepisce un pericolo si erge ad << S » pronta alla difesa e all'aggressione: per mordere, proietta la testa in avanti e colpisce con una fulminea rapidità. Diffusa dovunque, rappresenta un serio pericolo per l'uomo, soprattutto per i lavoratori dei campi e dei boschi, per turisti ed escursiorusti; per tutti coloro che si avventurano, a qualunque fine, nelle campagne e nei boschi e che possono disturbarla o calpestarla mentre fa la siesta o, in agguato, insidia la preda. Molti animal:i domestici, anche di grosse dimensioni, come cavalli, buoi, pecore, sono sensibili al veleno dell'aspide e possono rnonrne. Anche per l'uomo e per il cane il morso dell'aspide può essere mortale.


BERUS

URSINI

AMMODYTES

NATRIX

2

~ ~ BERUS

~2 URSINI

3

IIJJJ13 AMMODYTES

4

NATRIX Caraneristichc della tc~ta c del mantello e distribuzione geografica della vipera Buus, della vipera Ursini, della vipera Ammodytes e della biscia del genere .\'atrix (biscia del collare).

4


510

VIPERA AMMODYTES.

Vipera cornuta, vipera ciel Carso: di forma corta e tozza, ha sul muso l'estremità rostrale sollevata in una appendice a forma di corno ricoperta di 10 o 12 piccole scaglie. Il mantello è di colore grigio o brun<r rossatro ed è percorso da una fascia scura, ondulata a zig-zag; sulla testa, non ha segni simmetrici ma, spesso, il trattino nero dietro gli occhi; la superficie ventrale è rossastra o rosea e l'estremità della coda color arancio o rosso corallo; il maschio è lungo cm. 55, la femmina può raggiungere cm. 64. La vipera cornuta predilige il clima secco c caldo, le colline sassose d aride; è diffusa nell'ItaLa nord-orienta le, specie nella zona Carsica, nella Carnia, nei Friuli ed in Alto-Adige; in Europa: nell'Austria, nei Ealcani e nelle coste Dalmate. Può essere osservata nelle ore più calde del giorno mentre striscia in radure brulle e spoglie verso cespugli o zone verdi, in cerca di refrigerio; essa ripercorre lo stesso cammino nelle ore fresche in cerca di tepore. Nelle zone di montagna, queste vipere hanno abitudini diurne e cercano il sole; ma nelle zone calde, preferiscono la notte e possono mostrarsi in gruppo sotto il chiaro di luna; ibernizzano durante l'inverno, ma talvolta escono per riscaldarsi qualora sentano il sole; il loro veleno è considerato il più tossico tra i veleni delle vipere europee e il più ric.co in neurotossine. Esso provoca, con freq uenza, nell'uomo e negli animali, specie nel cane, accidenti mortali.

CARATTERI ESTERNI DEI SERPENTI INNOCUI PER L'UOMO

LA « NATRICE COMUNE » . Fra i serpenti innocui per l'uomo il più comune c diffuso è la natrice o biscia del colla1'e. Questo rettile ha la testa di forma ovale, appena distinta dal collo, l'occhio di media grandezza, la pupilla rotonda, il corpo allungato, la coda assai lunga. La natrice ha m:-~scellar i armati di den ti aguzzi leggermente rivolti all'indietro, di dimensioni tutti uguali , che lasciano, nel morso, una netta impronta. Il mantello della natrice è molto vario: molteplici :;ono, infatti, le sue specie e varietà. I n genere, è di colore sobrio, grigio, bleu o oliva, marcato di macchie non regolari sul dorso e da strette barre verticali ai fianchi. Tipica è la presenza di un disegno a forma di collare bianco, giallo o arancione sopra la nuca, talvolta bordato di due macchie nere confluenti medialmente ; la sua lunghezza varia da 90 a 190 cm. secondo l'età c il


5I I sesso. La natrice vive in v1cmanza dell'acqua, è buona nuotatrice, mfl è più terricola che acquatica. Le femmine depongono 30-40 uova su mdi di fortuna di foglie secche ed umide o di letame. Ha abitudini diurne, ama crogiolarsi al sole, si nutre di roditori, pesci, rane e girini; caccia nell'acqua ma ingerisce la preda a terra .

................

..

d

·. ...... . .. .. . .. a c

Natrice comune o biscia del collare. ghiandola del veleno (innocuo per l'uomo); b = occhio con pupille rotonde; ghiandole salivari; d = segni lasciati sulla peHe dal morso di una biscia del genere Natrix.

Non è aggressiva verso l'uomo ma può mordere con cattiveria se disturbata; aggredisce ergendosi ~ come la vipera e si difende emettendo dalla cloaca un contenuto maleodorante. Il suo morso è poco doloroso ma può provocare infezioni secondarie. La secrezione salivare della parotide è velenosa per le piccole prede che ne muowno anche se riescono a sfuggirle, ma è del tutto innocua per l'uomo.

MECCANISMO D'AZIONE DEL MORSO DELLA VIPERA

L'arma offensiva della vipera raggiunge il grado più alto di perfezione tra gli apparati veleniferi di tutti i rettili. La vipera, infatti, inocula il veleno servendosi di 2 zanne canicolare, a forma di aghi da iniezione acutissimi, delle quali è armato il mascellare superiore. Le zanne, nell'atto del morso, si ergono minacciose; a riposo, restano ripiegate all'indietro, contro il palato, alla maniera di una lama di coltello ripiegata sul suo maruco. Il veleno viene inoculato nei tessuti, sotto forte pressione, per contrazione del muscolo temporale anteriore di


5I2

cui una parte, il fascio compressore, serve appunto per comprimere le grosse ghiandole veneniparc che, a forma di acino con lungo collo, sono poste a lato della bocca. Il veleno, spremuto dall'acino nel canale escretore della ghiandola, penetra nella lunga zanna e, attraverso il canale velenifero, arriva direttamente all a profondità dei tessuti con un sistema del tutto analogo a quello di una iniezione ipodermica.

Testa di vipera con i particolari colorati in verde relativi al muscolo temporale e del complcs ~o vcncniparo c vcnenifcro.

(da P111SALIX M.: Animaux vmimeux et Vt'nins).

Il meccarusmo del morso e dell'inoculazione del veleno può essere sintetizzato nelle seguenti fasi:

l) la vi pera, in agguato, più o meno arrotolata su se stessa, erge la parte anteriore del corpo ondeggiando il capo in un zig-zag piano. con il capo leggermente retroflesso; 2) scatto fulmineo sulla preda e morso con simultanea protrazione delle zanne rette; 3) penetrazione del veleno, sotto pressione, nei tessuti e simulraneo distacco della bocca dalla preda.


V. URSINI NATRIX (o biscio del collore)


TOSSIClTA' DEL VELEl'O DI VIPERA

La tossicità del veleno della vipera è misurato dalla quantità cJj veleno sufficiente per determinare la morte della specie ch e lo riceve. Per l'uomo la dose minima mortale pare si aggiri sui 15 milligrammi ; la quantità che può essere inoculata da una vipera con un morso può raggi ungere 30 milligrammi (peso a secco). La mortalità per morsi della vipera europea è relativamente bassa rispetto alla mortalità per morsi di vipere c serpenti velenosi di altri continenti; essa è abbassata negli ultimi decenni dal 14 a ci rca l'SOlo dei soggetti colpiti, quindi al di sotto del 5% ; attualmente, pur essendo in progressivo aumento la pcrcenn1alc dei soggetti colpiti dal morso, sem bra non superi il 2%. Ciò, per la m aggiore conoscenza e diffusione dei presidi sanitari e per l'impiego tempestivo dei sieri specifici. Le vittime dei morsi di vipera sono per lo più bambini, persone anziane o adulti defedati ; ma talvolta anche adulti vigorosi; ciò a causa di errori di comportamento, intcmpestività eli soccorso o mancanza, inefficienza o insufficienza di cure specifiche. Il veleno di vipera agisce esclusivamente per via cutanea e in maniera assai più rapida se casualmente dovesse penetrare in un vaso o venisse inoculato in p rossimità dei centri nervosi. Se il morso ha colpito il volto, il collo o la nuca, si ha rapida m orte per edem a acuto del cervello; se, per m era causalità, il veleno venisse inoculato in una vena, anche un adulto vigoroso può morirne in breve tempo. Il veleno di vipera può venire ingerito dall'uomo senza danno purché le mucose dell'apparato digerente siano integre e non permettano il passaggio del tossico in circolo; i prodotti tossici ingeriti vengono rustrutli, a quanto sembra, ad opera dei succhi pancreatici. CoMPOSIZIONE

DEL

VELEKO m

VIPERA.

Tra i numerosi prodotti tossici che fo rmano il velano dci serpenti predominano, per l 'imponenza dci fenomeni patologici che inducono e per i loro eHetti mortali, le neurotossine, auive verso il tessuto nervoso, e i veleni emorragici, attivi verso gli elementi corpuscolari del sangue e le pareti vasali; ma non è possibile suddividere i veleni in neurotossici ed emorragici; in tutti i rettili velenosi il veleno risulta composto da elem enti tossici variamente mescolati, sia pure con predomi nio di un tipo di tossine sulle altre. Ogni veleno di serpente è composto, infatti, di elementi neurotossici, di emorragine ed em olisine, di sostanze trombi~ zanti, di fattori anticoagulanti, eli sostanze an6battericidc, di fermenti, ecc.


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L'agguato, l'aggressione, l'inscguimenro e il drammatico pasto della \'ipera.


sr6 Nelle vipere prevalgono gli elementi emolitici e citotossici; ma sono presenti anche neurotossine. La composizione del veleno di vipera è comunque estremamente complessa e la sua azione corrisponde ai molteplici fini, di natura biologica, ai quali è devoluto. Scopo primo del veleno è uccidere la preda; ma la preda viene inghiottita intera cominciando dalla testa: spesso il drammatico b:mchetto inizia che la vittima è ancora palpitante. Si delinea così il secondo compito del veleno che è quello di favorire la digestione di una preda ingerita intatta. La secrezione della ghiandola velenifera, la parotide per esattezza, è appunto molto ricca di enzimi e fermenti di grandissima efficacia atti a disintegrare una relativamente grossa preda. L 'azione del veleno, attraverso il morso, è quindi rivolta non solo ad uccidere, ma anche a diffondere attraverso il sangue circolante della vittima innumerevoli e potenti fermenti che contribuiscono al disfacimento dei tessuti. Il corpo della preda, una volta inghiottito, viene così Jggredito dall'esterno, per opera dei fermenti propri dello stomaco e dell'intestino, e dlll'interno, per opera dei fermenti proteolitici ad azione pepsino-tripsinosimile, e rapidamente dissolto e digerito. Ai fermenti proteolitici sono imputabili nell'uomo e nei grossi animali i fenomeni dei necrosi dei tessuti prossimi all a zona del morso. Il veleno delle vipere contiene non soltanto fermenti proteolitici. Molto attivi e tossici sono le fosfotasi A che intaccano la lecitina e la lecitinasi che formano la lisolccitina la quale possiede potente effetto emolizzante sui globuli rossi; esercita azione patogena sul muscolo cardiaco e distnH{ge l'endotelio dei capillari, favorendo le emorragie superficiali e profonde. L'istamina che si libera per effetto di questi fenomeni provoca. a sua volta, la rapida caduta della pressione sanguigna. Alle neurotossine sono da ascriversi gli effetti eurarosimili sulle fibre muscolari e la paralisi dei centri respiratori; all'ialuronidasi, la distruzione (polimerizzazione) della membrana cellulare costituita da acido ialuronico che è un mucopolisaccaride, la rapida diffusione delle tossine in circolo c il pronto instaurarsi degli edemi che possono assumere dimensioni imponenti. E' chiaro che la ialuronidasi favorisce anche l'insorgenza di infezioni e i fenomeni di sepsi . Si possono annoverare ancora innumerevoli altri enzimi: catalasi, ossidasi, deaminasi, ribonucleasi, disossiribonuclcasi i quali, intervenendo tutti sui meccanismi vitali dei tessuti, entrano in causa nel provocare complessi e pericolosi fenomeni dell'intossicazione da veleno eli vipera.


AZ IONE DEL VELENO DI

VIPERA.

Dolore - 11 dolore nel morso di VIpera è sintomo costante ma può variare d'intensità: può essere moderato, simile ad una puntura di spina tanto che il colpito può non prestarvi eccessiva attenzione; può essere acuto, persistente e lascia una sensazione dì bruciore a tutto l'arto colpito. I cani da caccia, se morsi, guaiscono lamentosamente tenendo l'arto sollevato. Tumefazione - Ben presto la zona del morso si fa gonfia e pallida; le tracce delle zanne veleniferc non sempre sono visibili a causa della loro finezza, ma il veleno irùettato non tarda ad agire e, sulla zona del morso, le due ferite apportate dalle zanne prendono un alone violaceo per precoci emorragie; il gonfiore dapprima localizzato, si estende tlU'arto colpito soprattutto nelle parti declivi. Le parti tumefatte, dolenti, poco a poco si ricoprono di un gemizio sanguinolento. L'edema, per vicinanza del morso al capo o al collo, o perché il veleno fu inoculato in un vaso, può interessare la lingua, la glottide, la laringe con pericolo immediato dì soffocazione e può interessare, in forma acuta, il cervello portando a rapida morte; i cani, morsi al muso, rimangono spesso vittime di questo incidente.

Macchie litùle - Tutta la regione tumcfatta si andrà ricoprendo di chiazze emorragiche sottocutanee che, col tempo, variano di colore dal rosso al violaceo al giallo, prima di scomparire per guarigione, come avviene nelle normali emorragie. I linfatici possono anche essere interessati e apparire come cordoni rossi che raggitmgono i gangli ascellari o inguinali: questi possono diventare sede eli infiammazione c di tumefazione. Sintomi generali - I sintomi generali provocati nell'uomo dal veleno di vipera, quando è inoculato in dose elevata (15 o più milligrammi) sono impressionanti. Al gonfiore, alle precoci emorragie e versamenti di sangue nei tessuti prossimi alla ferita, susseguono gravi emorragie agli organi interni; pareti gastrointestinali, polmoni, vescica; sopravviene intensa cefalea, nausea, vomito, diarrea, prostrazione, angoscia, soffocazione; il corpo è bagnato di sudori (reddi, la salivazione si fa abbondante, la respirazione affannata, la pressione del sangue e la temperatura del corpo si abbassano sensibilmente; il polso diviene piccolo e rapido, gli occhi arrossano e si riempiono di lacrime, le pupille si dilatano: talvolta compaiono crampi, convulsioni, trisma, subdelirio, per effetto finale del componente tossico più scarsamente rappresentato nel veleno: le neurotossine. Nei casi mortali, il polso diviene debolissimo e quasi impercettibile, le estremità gelano, la respirazione rallenta e si affievolsce fino al suo definitivo arresto.


518 La morte, in genere, sopravviene nel coma, in una percentuale assai superiore per bambini ed anziani rispetto agli adulti vigorosi, nel giro di 24 ore; ma può sopravvenire anche in 4 o 5 ore, qualora il veleno sia stato introdotto, causualmente, in un vaso ed il morso abbia colpito il volto o il collo. Nei casi più benigni, ad esempio per morso di parti del corpo parzialmente protette da indumenti, l'azione locale, più costante, può essere accompagnata solo da nausea leggera. Nei soggetti morti nelle 24 ore o prima, l'autopsia rivelerà emorragie gravi e versamenti ematici negli organi interni, specie endoaddominali, compromissione grave del rene per emorragie sottocapsulari ed interstiziali, compromissione del fegato con fenomeni di degenerazione c necrosi. I cani, i bovini e gli ovini per azione del veleno di vipera cadono in profonda prostrazione ed è costante, in essi, l'ematuria: le femmine oossono dare latte ematico. Nonostante tutti questi possibili effetti, il numero delle guangwm da avvelenamento per m orso da vipere raggiunse, negli u ltimi anni, oltre il 95% dei casi registrati contro 1'85% di un recente passato. Ciò è dovuto alla maggiore capillarità dell'assistenza sanitaria, alle più estese cognizioni del pericolo mortale, alla maggiore conoscenza e applicazione delle norme di emergenza c della terapia specifica. Generalmente, il ferito da morso di vipera guarisce completamente dopo che sono scomparsi gli accidenti locali c generali: però sono stati descritti, specie nel passato, accidenti tardivi.

Accidenti tardit•i - Specie quando meno capillare era l'assistenza sanitaria e meno diffuso l'uso dei sieri specifici, vennero descritti sia casi di convalescenza protratta complicata da anemia e cachessia, sia casi d'im provviso deperimento, dopo remissione completa dei sintomi c ripresa delle normali occupazioni, con affievolimento delle facoltà e segni di senilità precoce; in bambini, ritardo nello sviluppo fisico e psichico. Sono riportati nella letteratura casi di m orte improvvisa, dopo apparente guarigione, per accidenti cerebrali e cardiaci (trombosi) anche a 2 anni dal morso: ciò denota quanto i centri nervosi e gli endoteli vasali risentano dell'azione del veleno.

TRATTAME ' TO DEI MORSl DI VIPERA

Nei casi di morso di rettile prima cosa da farsi è l'accertarsi se trattasi realmente di morso di vipera. Se il rettile è visto e ucciso, l'accertamento sarà faci le, in caso contrario varrà la ricostruzione del fatto, la sintomatologia osservata o riferita, la osservazione, quando possibile, dei


5 19 segni lasciati dai denti del rettile. Un rettile, anche se ucciso, non va toccato con le mani: il riflesso nervoso che provoca l'iniezione del velt'flo, perdura per qualche tempo anche dopo la sua uccisione, per cui è giustificato il detto popolare che le vipere uccidono anche dopo morte. Il morso da vipera )ascia le impronte delle zanne velenifere simile a due punture di spillo, distanti l'una dall'altra 7 millimetri e, in linee parallele più ravvicinate, l'i m pronta dei denti della mascella; il morso dei serpenti innocui, come la biscia d'acqua del genere Natrix, che è la più comune, lascia una doppia impronta semicircolare di puntini ravvicinati, tutti uguali. impressi dai denti d ella mascella e della mandibola. T RA1TAMENTO

NON

SPECIFICO.

Accertati i segni lasciati dalle zanne che presto assumono l'aspetto di macchioline violacee, la vittima del morso va adagiata e tenuta calma per quanto possibile: la stnione eretta, il camminare, lo stesso stato emotivo, rendendo più rapida la circolazione del sangue, favoriscono la diffusione del veleno nell'organismo e la più rapida comparsa dei sintomi generali dell'avvelenamento. 11 soccorritore occasionate dovrà immediatamente agire tenendo presente i tre fini ai quali dovrà essere diretta la sua azione: l) rallentare l'assorbimento del veleno nell'organismo; 2) sottrarre quanto più possibile veleno dalla sede del morso; 3) provvedere per un tempestivo trattamento specifico c per le cure sintomati che locali e generali. 11 rallentamento dell a penetrazione del veleno in circolo si ottiene mediante l'impiego di un laccio emostatico. La penctrazione in circolo della dose inoculata di veleno, che può superare la dose minima mortale, è sempre pericolosa e la si deve prevenire con una legatura a monte della zona colpita dal morso, se trattasi di un arto, e precisamente tra il morso e la radice dell'arto stesso. Quale laccio, possono essere usati mezzi di fortuna: cravatte, calze, lembi di stoffa ecc. L'applica7.ione del laccio è corretta quando essa arresta o rallenta fortemente la circolazione del sangue nelle vene superficiali senza che venga ostacolata la circolazione profonda: le vene superficiali si faranno sporgenti mentre da lle piccole ferite, impresse dalle zanne, usciranno due perle di sangue. Al di sotto del laccio dovrà essere possibile introdurre il dito e percepire il battito della circolazione profonda. La legatura è detta «temporanea fissa» quando è applicata in un solo punto; essa è indirizzata a d eli mirare il territorio cutaneo nel quak il veleno resterà bloccato fin tanto non sia possibile ricorrere ad altri rimedi;


è detta << intermittente mobile» quando è posta il più possibile v1ono alla piaga e spostata ogni dieci minuti verso la radice dell'arto. La legatura può essere realizzata sia con laccio rigido sia con laccio elastico moderatamente teso. LA SOTTRAZIONE DEL VELENO DALLA ZONA DEL MORSO. Si ottiene incidendo la ferita con uno scarificatore o una lama taglientissima e facendola sanguinare. E' necessario che il mezzo sia tagliente come una lama di rasoio: un mezzo poco affilato strappa i vasi in luogo di reciderli nettamente; i vasi strappati si accartocciano e rendono difficoltosa la fuoriuscita di sangue. L'incisione va eseguita riunendo i punti di penetrazione delle zanne, se sono visibili (capita spesso, ma non sempre, che siano marcati da una perla di sangue) o meglio, praticando una incisione ad «X,. in cornsoondenza di ciascuna impronta delle due zanne. E' necessario che la lama penetri almeno ad una profondità corrispondente alla lunghezza delle zanne del seprente che ha morso: per le nostre vipere europee la lunghezza delle zanne non supera, di norma, i 7 millimetri: si consiglia pertanto l'incisione di l cm. di lunghezza per un centimetro di profondità. Si farà quindi sanguinare la ferita premendo tutto attorno alla zona dell'incisione. Per facilitare la fuoriuscita del sangue e del veleno si può anche succhiare la piaga: questo è un metodo istintivo praticato dai tempi più remoti da chi è morso o punto, ma non scevro di pericolo. · La suzione non è pericolosa di per sé: il veleno dei serpenti può venire a contatto con la bocca del soccorritore senza danno purché non ci siano lesioni al le mucose delle labbra e della bocca; non agisce per via intestinale a tubo digerente integro, e viene distrutto, come precedenteme accennato, ad opera dei succhi pancreatici. Ma se vi fossero lesioni di continuo anche minime delle mucose orali, sussisterà il grave pericolo di edemi del cavo orale e della glottide con rischio di morte per asfissia! L'aspirazione orale può essere vantaggiosamente sostituita dall'applicazione sulla ferita di una ventosa. La ventosa evita assieme al rischio di edemi mortali lo sgradevole contatto della bocca con la parte ferita, svolgendo azione assai più efficace. L'intervento, comunque, deve essere immediato, perché la diffusione del veleno inizia subito dopo il morso, ancora prima che appaiono gli effetti congestizi locali. Compiuta questa operazione, la ferita va abbondantemente lavata con acqua corrente perché il veleno di vipera è solubile in acqua. A contatto con l'alcool, il veleno di vipera forma composti tossici; non si deve, pertanto, procedere a disinfezione con ah:ool o con profumi bensì con disinfettanti non alcoolici.


Il laccio va lasciato seguendo il metodo intermittente mobile, fino ad inizio delle terapia specifica. Fino ad un recentissimo passato, venivano consigliate per neutralizzare il veleno, varie sostanze da inoculare nella zona del morso o da porre sopra la ferita sbrigliata: si trattava di permanganato di potassio all'uno per mille, ipoclorito di calce, soluzioni Jodo-Jiodurate, tintura di Jodio ccc. Si consigliava perfino di bruciare o cauterizzare la ferita: queste operazioni sono da evitarsi in modo assoluto perché o sono ineWcienti o sono dannose in quanto ostacolano il drenaggio del veleno. Sono da evitare tutti i rimedi e i trattamenti di uso popolare o suggeriti da guaritori e fattucchiere. E' da evitarsi anche la somministrazione di bevande alcooliche, preferendo, invece the o caffè. Quando la zona colpita non permetta l'applicazione del laccio si dovrà procedere immediatamente al secondo tempo dell'operazione, ossia all'incisione, tenendo presente che essa corrisponda alla penetrazione massima della zanna. Si provvederà quindi alla sprcrnitura manuale o alla applicazione della ventosa o alla suzione, a seconda delle possibdità. Riassumendo, la tecnica del trattamento immediato consiste: l) posa del laccio a circa 5-10 cm. sopra la ferita, moderatamente stretto; o

o

2) incisione, sbrigliatura dci tessuti, sprernitura o suzwne o aspl!azwne del sangue misto a veleno; 3) lavaggio della ferita e sua medicazione. Questo trattamento di carattere abortivo, se tempestivo e ben attu~to,

è in grado di sottrarre oltre il 50"/,_, del veleno ed è sufficiente per evitare complicazioni gravi c mortali. La terapia specifica completerà il trattamento c, all 'indomani del morso, non resterà che curare la piccola ferita. Dopo il trattamento aborrivo è necessario praticare, in tutti i casi, il trattamento curativo onde evitare complicazioni prossime o remote e sequele gravi, lunghe da guarire. Sovente gli accidenti avvengono lontano da ogni risorsa: il veleno ha quindi tempo di agire e provocare le manifestazioni generali dell'avvelenamento. La vittima apparirà angosciata, tormentata da vomito, ricoperta da sudori freddi, in uno slato impressionante di adi n arnia. l n questo caso il trattamento abortivo è del tutto inutile essendo il veleno già entrato in circolo e la cura d'urgenza, in mancanza del siero. dovrà essere puramente sintomatica. Il trattamento sintomatico deve tendere alla prevenzione e al trattamento degli squilibri respiratori e circolatori. Il soccorritore occasionate dovrà compiere semplici ma importanti manovre quali: -

rimozione di cuscini o indumenti ripiegati sotto al capo;


- liberazione del soccorrendo da cinte, cravatte e da tutto ciò che possa stringere il tronco; - ricerca e rimozione delle protesi mobili; - ricerca e rimozione di lenti corneali o sclerali; - assunzione all'intossicato di posizione in decubito dorsale ponendo il capo in iperestensione per liberare il retrobocca ed evitare di far cadere la lingua ali 'indietro. Se ne sussistesse la possibilità, la vittima andrà posta a letto avvolta in coperte; verrà somministrato the o caffè e, localmente, ghiaccio. Se sopravvenissero difficoltà di carattere respiratorio sarà da attuare, senza indugio, la respirazione artificiale con il metodo « bocca a bocca » o meglio servendosi dell'ausilio, disponendone, di rianimatore (i metod i di respirazione artificiale che comportino movimenti delle braccia sono da evitare perché accellererebbero la diffusione del veleno in circolo) e si dovrà ricorrere, con la massima urgenza, all'opera di un medico o alla ospedalizzazione della vittima per una intensa, insostituibile terapia specifica. Qualora la vittima del morso fosse sola dovrà, mantenendo la massima possibile caLma: l) legare un laccio a monte del morso; 2) portarsi lentamente alla strada più vicina; 3) farsi trasportare da un medico o nell'ospedale più prossimo dove verrà provveduto alla eliminazione del tossico ed alle cure specifiche. Qualora egli, prudentemente, avesse portato al seguito una scatola di pronto soccorso antiofidico contenente lacci, bisturino e ventosa, può immediatamente provvedere, con un piccolo atto di coraggio, all'isolamento della zona del morso, all'incisione e alla sottrazione del sangue e del veleno. In genere, una incisione immediata sottrae, come sopra accennato, oltre il 50% del veleno iniettato portando la quantità residua assai al di sotto della soglia di pericolosità. TERAPIA SPECIFICA.

Il trattamento specifico è indirizzato a combattere i sintomi generali dell'avvelenamento. Esso consiste nell'inoculare, per via sottocutanea, intramuscolare o anche endovenosa, il siero antiofidico specifico. Il siero antiofidico è l'unico mezzo tera peutico che possa neutralizzare l'azione tossica del veleno, anche se penetrato nell'organ.ismo. Costituisce pertanto il mezzo più efficace e, in molti casi, il solo mezzo efficace per attenuare gli effetti prossimi e lontani dell'avvelenamento. Il siero, se disponibile, va iniettato sempre al più presto.


Di fronte ad una sintomatologia severa, l'iniezione del siero, oltre che localmente, va praticata anche endovena per iniezione diretta o per infusione lenta: questi procedimenti però esulano dallo scopo di questa breve nota che vuole limitarsi ad indicare gli interventi d'emergenza. L 'introduzione del siero, specie per via endovenosa o per infusione, deve essere praticata da personale sanitario specializzato ed in ambiente adatto perché l'impiego del siero antiofidico, come di ogni altro siero, non è scevro di pericolo. Le istruzioni e le misure prudenziali da praticare nell'uso del siero sono riportate chiaramente nelle istruzioni allegate alla fiala, a cura delle case produttrici. ME.zz1 ANTlOFlDICI DISPONlBil.I

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Il morso di una vipera rappresenta un pericolo mortale, certo, immanente, laddove la crisi anafilattica rappresenta un pericolo ipotetico, di minore gravità e dominabile terapeuticamente. Si consiglia perciò di inoculare il siero in tutti i casi; l'eventuale crisi anafilattica andrà dominata mediante inoculazione di adrenalina ali' l %o, che l'operatore prudente tiene sempre a portata di mano quando inocula ur, siero, o mediante corticosteroidoterapia con corticosteroidi solubili a pronto effetto come, per es. l'emisuccinato di idrocortisone a forti dosi, utile anche per combattere lo stato di collasso che il veleno apporta: sarà opportuno non omettere la sieroprofilassi antitetanica, ciò anche per morsi di serpi non velenosi. La Ditta Euroarnerican Safcty Center (Via del Mare 45 - Milano) ha posto in commercio un « comp.lcsso di medicazione e trattamento antiofidico » in 3 versioni: Euro Camping Kit, Euro Kombi Kit e Euro S1zaki Kit. l primi due modelli contengono, in quantità diverse, materiale di medicazione; oltre a ciò un disinfettante non alcoolico, un piccolo bisntri a lama retta con cappuccetto, una ventosa con boccucce intercambiabili e adattabili alle diverse zone della cute, una fiala di siero antiofidico di 10 cc. La terza versione, lo (( Snaki Kit n , contiene solo i mezzi per l'incisione, la sottrazione del tossico, la clisi n fez ione e medicazione. Le operazioni da svolger~i per l'intervento abortivo immediato, non speci fico, sono Je seguenti: l) mantenere quanto più possibile immobile la vittima; 2) applicare il laccio emostatico secondo le norme già descritte; 3) tracciare un cerchio attorno ai due punti di pcnctrazione dei denti veleniferi utilizzando la fiala di methiolato (soluzione antisettica colorata) dopo averla schiacci:ua tra pollice ed indice al fine di localizzare le impronte che possono rapidamente scomparire; 4) estrarre il bisturi dal conten itore, passarlo alla fi1mma o disinfettarlo immergendolo nella soluzione disinfettante e praticare l'incisione ad << X>> sopra i punti di pcnetrazione delle zanne come già descritto evitando di incidere le vene superficiali ben visibili perché rigonfie; 5) girare in senso antiorario il bottone zigrinato della ventosa c, dopo aver scelto la boccuccia più adatta ed averla fatta aderire alla cute, aspirare più volte lasciando applicata la ventosa fin tanto che il sangue gema dall'incisione; a cessazione del gemizio, ripetere l'operazione premendo sullo stantuffo della ventosa senza staccarla a meno che non sia colma di sangue. Nota. Alcuni centri o~pcJalicri Ji,pongono di servizi antiav,·dcnamento: questi ce ntri sono in grado di inviare urgentemente. su richiesta, personale specializzato, medicinali specifici ed ambulanze :tttrraa te.


Per effettuare ]a terapia specifica d'urgenza, le modalità sono le seguenti: dopo averne versato alcune gocce sulla ferita, si effettuerà una serie di iniezioni con circa 5 cm. di siero nélla zona immediatamente circostante il morso; si inietteranno gli altri 5 cm. alla radice dell'arto offeso: alla coscia per l'arto inferiore; al braccio, per l'arto superiore. Compiute queste operazioni il laccio può essere tolto e la vittima del morso trasferita presso l'ambulatorio di un medico per successive cure. In tutti i casi è essenziale ricorrere all'opera di un medico perché può accadere che, nonostante questi provvedimenti, le condizioni della vittima si aggravino, specie se trattasi di bambini i qua)i, data la piccola massa corporea, hanno minore resistenza al veleno. Estrema urgenza di intervento sanitario è òchiesta, si ripete, pet; morsi di vipera al collo ed al volto perché rapidamente mortali

RIASSUNTO. - L'Autore leva una voce di allarme per il moltiplicarsi delle vipere e delle loro vittime nel nostro paese; descrive le caratteristiche delle varie specie che vivono in Italia, gli effetti patogeni del loro morso e indica i mezzi di intervento e i provvedimenti, da attuare, con criterio di emt::.rgenza, per scongiurarne le conseguenze più gravi.

RÉsuMÉ. - L'Auteur s'elève ccntre l'augmentation des vipères et cles victimes de celles-ci en Italie. Il decrit les caractcristiques dcs differentes espèces qui y vivent, les cffets pathogéniques de leur morsure et indique les moyens thèrapeutiques et les procédés à app!iquer e n cas de nécessité pour conj iurer ce péril et en eviter les plus graves consequences.

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CLINICA PSIClllATJUCA - C.O.C. • UNIVERSITÀ D I PADOVA - SEDE DI VERONA Direttore: Pro f. A. B .• LESTRJERI OSPEDALE MILITARE PR INCIPALE D I VERONA « MED. D'ORO - S. T EN . MED. G. A. DALLA BOI'\A »

Direttore : Col. Med. Prof. Dr. A. MASTRORTLLl

NOSOGRAFIA E STRUTTURA DELLA PSICONEVROSI * Prof. A. Balestrieri

Si tratta dì un multiforme comple.sso di condizioni psichiche nelle quali non si riscontra un assoluto distacco qualitativo delle evenienze della vita. Quanto avviene nella mente dei soggetti, rimane afferrabile e comprensibile, cosicché il carattere patologico della situazione sembra riportabile a differenze soltanto guantitative di cause e di effetti rispetto alla psicologia normale (l). Il nucleo comune dei disturbi nevrotici lo troviamo soprattutto nella affettività dei pazienti, particolarmente con la natura di una tensione ansiosa, la quale si manifesta variamente nella loro vita psichica e somatica. Nei casi che andiamo ora a considerare, l'infinita varietà delle componenti statiche e dinamiche deJia personalità umana non ha raggiunto una composizione armonica, oppure tale armonia è cessata. La ricchezza e varietà delle cause e delle componenti morbose è d'altronde tale che le interpretazioni teoriche e le evenienze cliniche per le situazioni patologiche di ordine nevrotico divengono innumerevoli. Si potrebbe dire che tutto ciò che può contribuire alla costruzione ed allo svolgersi di una personalità umana può divenire causa di malattia o venir a sua volta alterato da qualcuno degli altri fattori di giuoco. E' quindi necessario w1o sforzo di schematizzazione per cogliere gli elementi patologici e patoplastici che più ci interessano. Vanno considerati anzitutto i fattori genetici ed ereditari. Sappiamo infatti che la personalità dei diversi individtù tende ad assomigliare a quelle degli ascendenti e collaterali non solo negli aspetti • Conferenza tenuta il 19 febbraio 1972 all'Ospedale Militare Principale di Verona per il ciclo di aggiornamento 1971 - 1972 in Tavola rotonda col Prof. Dott. Cherubino Trabucchi. (l ) Le nevrosi si differenziano dunque dalle psicosi, nelle quali la differenza col soggetto normale prende carattere qualitativo e porta ad un rapporto di incomprensibilità con quest'u ltimo.


normali, ma anche in quelli abnormi. E ciò sembra evidente anche a prescindere dalla influenza educativa o diseducativa che i parenti possono esercitare nel corso dello sviluppo. La stessa struttura costituzionale del S.N. e delle sue correlazioni endocrine e vegetativc sembra condizionare certi abnormi com portamenti. Disturbi attuali della personalità o disposizione a reagire in modo anormale possono poi derivare da lesioni acquisite del sistema nervoso centrale. Esse hanno grande importanza quando si producono durante la vita natale o nell'età evolutiva; ma anche in seguito le lesioni del S.N. (traumi, intossicazioni, infezioni, vasculopatic) possono causare o facilitare disturbi a carattere psicopatico, nevrosico o disreattivo. Si vedano ad es. alcuni casi di nevrastenia post-traumatica, nonché i disturbi a tipo psicopatico conseguenti alle encefaliti. Sul piano psicofisiologico si deve ammettere che nei soggetti nevrot1c1, disrcattivi e psicopatici, per cause congenite ed acquisite, siano funzionalmente abnormi soprattutto i sistemi di regolazionc affettiva e vegctativa. Lo studio delle attività nervose e vegetative (riflessi somatici e viscerali, regolazionc termica, metabolismo, costanti ematiche degli elettroliti, equilibrio vago-simpatico, funzioni genitali ed endocrine ccc.), permette spesso di raccogliere dati che sono fuori dai limiti della norma. D'altra parte la correlazione psicosomatica può far sì che sia difficile ed impossibile un giudizio suJla primarietà o secondarietà di questi reperti rispetto a quelli di ordì ne puramente psichico. Sembra perlopiù più logico pensare a fenomeni paralleli. L'importanza dei fattori di ordine psicogeno non abbisogna certo di essere sottolineata. Il loro studio ha subito il massimo impulso dopo l'esposizione della teoria di Freud, secondo la quale le nevrosi sono l'espressione di un cattivo strutturarsi della personalità a causa della incapacità dell'io di controllare le spinte Jibidinali e di armonizzarsi con il super-io. L'ansia sarebbe il risultato ed il segnale di questi sguilihri e ad essa la personalità cercherebbe di rimediare m ediante la regressione a fasi psicologiche superate e mediante la produzione dei sintomi nevrotici. T ali sintomi dovrebbero quindi deviare, mascherare, simbolizzare le sofferenze della personalità. Le varie scuole psichiatriche differiscono assai nella valorizzazionc di questi meccanismi patogeni di ordine strettamente psicogeno. Si ammette in genere la loro collaborazione con elementi costituzionali, ereditari, in ogni modo organici. Va comunque riconosciuto che le influenze diseducative e psicotraumatizzanti si esercitano in modo più autonomo e grave nei primi anni di vità, quando la personalità è ancora i n formazione. Più tardi gli eventi psicologici tendono ad avere ruolo scatenante in personalità già disreattive. Si tratta sempre di una proporzionalità variabile da caso a caso per quanto


53 2 riguarda la soglia reattiva e le cause esterne, ma si deve ammettere che esiste in ciascuno di noi una possibilità di nevrotizzazione quando i fattori psicogeni siano abbastanza intensi. Molto importante per la definizione dei disturbi trattati in questo capitolo è il loro decorso. In alcuni casi le caratteristiche patologiche appaiono insite nella personalità e tendono quindi ad avere carattere stabile, sempre nei limiti nei quali anche la personalità può modificare i propri aspetti nel corso della vita. In questi casi si parla di disturbi permanenti della personalità o di personalità psicopatiche o psicopatic. Talora si può invece stabilire un chiaro rapporto cronologico e comprensibile tra l'insorgenza di una malattia e determinati avvenimenti della vita individuale. Si parla allora di reazioni nevrotiche o psicopatiche. In un buon numero di casi, infine, il quadro clinico ha un inizio, più o meno ben definito, un decorso ed una risoluzione più o meno completa. Abbiamo dunque l'aspetto nododromico di una malattia psiconevrotica. Sottolineiamo come autorevoli autori, specie tedeschi, cerchino di eliminare il concetto di nevrosi riducendo il problema di queste forme ai due poli di personalità e di reazione. Molti, del resto, negano che le nevrosi siano vere e proprie malattie e le definiscono « abnormità >> psichiche. Noi parliamo di malattia basandoci soprattutto sulle caratteristiche di decorso ed avendo già detto come questi soggetti non siano qualitativamente diversi dai normali. E' importante rilevare che nella relazione dei disturbi nevrotici i diversi individui sembrano cercare di risolvere la propria sofferenza ansiosa seguendo alcune peculiari disposizioni della loro personalità. C'è chi ripiega nella ricerca di una malattia somatica (nevrastenico), chi si «appella» al prossim o esibendo sintomi (isterico) e chi invece ricade nelle proprie tendenze ripetitive e coatte (ossessivo). Le tre componenti che abbiamo ora considerato, personalità, malattia, reazione, sono in realtà più o meno sempre presenti. Anche le personalità psicopatiche vanno incontro a fasi di malattia, oppure reagiscono con aggravamenti e con nuovi sintomi agli avvenimenti della vita. D'altra parte, le malattie si sviluppano sempre sulla base di una disposizione latente della personalità e spesso hanno rapporti, anche se non troppo evidenti, con le circostanze della vita individuale corrispondenti al loro inizio. Infine, anche le reazioni sono sempre il risultato di un incontro tra personalità ed evento scatenante. Il loro decorso ha poi abitualmente i caratteri di malattia. Pertanto la collocazione nosografica e la definizione dei diversi quadri clinici viene fatta dagli psichiatri in base a concetti soprattutto quantitatlVI, e cioè in rapporto con quello che sembra il fattore causale ed il tipo di inizio e decorso che assumono il maggiore rilievo.


533 Le forme morbose che consideriamo in questo capitolo si differenziano anche per alcuni modi nei quali la sintomatologia può, in generale, prevalentemente esprimersi . Può infatti avvenire che la sintomatologia si riveli particolarmente notevole nel campo puramente psichico e soprattutto affettivo. Abbiamo allora in rilievo sintomi come l'ansia, le fobie, la depressione, l'eccitamento ecc. Oppure si dà il caso che i sintomi di maggiore appariscenza clinica, ed ai quali il paziente stesso presta la massim a attenzione (ipocondria), siano quelli a carico del soma. Compaiono allora tremori, tachicardia, algie viscerali, paralisi funzionali, sudorazione, vertigini, ecc. In questi soggetti il disturbo psichico non è certo assente, m a esso assume un minor rilievo soggettivo ed oggettivo perché la tensione ansiosa si «scarica~ nel corpo attraverso i meccanismi correlativi ed integrativi dell'encefalo e poi attraverso le vie periferiche del sistema nervoso vegetativo e di relazione. Si pone a tale proposito il problema se esista una patologia psicosomatica chiaramente distinguibile dalla clinica delle psiconevrosi. L'argomento è piuttosto controverso e si è cercato di impostarlo in maniere diverse. Sembra però necessario riconoscere l'esistenza di soggetti i quali presentano sofferenze psicosomatiche ma nei quali l'aspetto globale della personalità non è quello dei nevrotici. Si tratta di individui attivi, intraprendenti, che svolgono funzioni di notevole responsabilità e che sono molto autocontrollati. Il loro io non è debole come quello dei nevrotici ma è sin troppo forte. Tra l'altro, è assai difficile convincerli del rapporto che può esistere tra i loro sintomi c le loro condizioni esistenziali. Non hanno dunque l'ansia, l'allarme, l'incertezza, l'astenia, il senso di insufficienza, ecc. del neurastenico. Se mai si può avvicinarli, in qualche aspetto, alla personalità dell'ossessivo. Questi ammalati riuscirebbero dunque a realizzare nel soma la sintomatologia reattiva ai loro problemi psicologici senza che il loro equilibrio affettivo ne venga principalmente compromesso. La sintomatologia somatica di questi soggetti è assai varia. Si osservano più frequentemente: ulcere del digerente, dermatiti, alopecia, asma, ipertensione arteriosa, dismenoree, coliti, gastriti, distiroidismi, diabete, obesi dl, emicrania, turbe circolatorie corqnariche ed alle estremità. Infine, il terzo aspetto che può avere il quadro è quello delle manifestazioni soprattutto comportamentali. Il paziente nevrotico o psicopatico può «scaricare » la sua tensione in azioni scorrette, aggressive, antisociali. Si tratta del cosiddetto « passaggio all'azione» (« acting out ~) osserva bile soprattutto nelle form e dette nevrosi di carattere. Vediamo come m olte personalità psicopatiche si manifestino com e sociopatie.


534 Tenendo dunque presente quanto detto sinora, risulta che i disturbi considerati in questo capitolo possono rivelarsi come caratteristica stabile della personalità, come malattia relativamente spontanea, oppure come reazione o sviluppo della personalità. Essi possono svolgersi prevalentemente sul terreno psichico, oppure su quello somatico, o su quello del comportamento.

Dopo questo breve inquadramento generale delle nevrosi, vorrei aggiungere qualche considerazione relativa alla situazione nevrotica del giovane davanti al servizio militare. La morbilità psichiatrica nell'ambito delle forze armate è in continuo aumento. Una statistica francese ci indica un passaggio dal 6,6 % al l 5,5 '}., dal 1959 al 1964. E' ovvio che il riconoscimento di disturbi psichici ai militari varia molto in rapporto alle necessità pratiche. Durante l'ultima guerra gli americani adottarono criteri assai larghi ed ebbero ad un certo punto più dimessi dal servizio che arruolati, mentre i tedeschi videro diminuire i disturbi mentali riconosciuti durante il conflitto. Comunque sia, è evidente che oggi molti giovani vengono nevrotizzati dall'idea di andare sotto le armi. Mentre una volta si diceva che il servizio militare faceva guarire; oggi si tende ad ammettere che esso faccia ammalare o per lo meno evidenzi le abnormità psichiche latenti. Riterrei che sia inutile ripiegare su provvedimenti soltanto disciplinari o lamentarsi di una presunta degenerazione della nostra società. Se l'esercito vuole cercare di mantenere un ruolo positivo nella formazione dei • cittadini e non rilevare la propria utilità pratica solo in caso di guerra, dobbiamo chiederci che cosa ci sia di cambiato da un lato e che cosa si debba cambiare dall'altro. E' chiaro che le forze armate ricevono dalla società un certo numero di nevrotici, psicopatici, sociopatici già pronti e finiti e che nop è responsabile della loro storia precedente alla leva. Questa storia andrebbe però bene indagata anche per discernere i veri abnormi psichici dagli occ;sionali simulatori. Questi abnormi sono, d'altra parte, delle speci di sismografi o di amplificatori, rivelanti un disagio diffuso anche tra quei giovani per i quali la contestazione non è un espediente o un vizio ma bensì l'esercizio di un diritto e la manifestazione di una intelligenza. Il fatto è che una volta il servizio militare poteva rappresentare un segno di maturità raggiunta, una uscita dall'ambito familiare e locale (soprattutto agricolo), una occasione di iniziazione sessuale, una utilizzazione verso l'ufficiale di un atteggiamento positivo verso la figura del

-


535 padre. Oggi gran parte dei coscritti ha già visto il mondo, è sessualmcnte iniziata (spesso fidanzata, sposata, compromessa, ecc.), non si identifica più nel padre e critica il ruolo di quest'ultimo e l'autorità in generale. Questa è l'attuale società, probabilmente non migliore né peggiore di quelle precedenti, in quanto rivela il carico dci soliti problemi della nostra specie. Dopo tante dissacrazioni anche la gioventù ha probabilmente bisogno di essere oggi dissacrata e liberata da quella aureola che molti gratuitamente le attribuiscono. I giovani hanno, come tutti, le loro ragioni e i loro torti, ma i cambiamenti nella storia sono sempre stati promossi da loro. Le Forze Armate, se vogliono veramente essere quelle dell'Italia di oggi e non di ieri, devono cercare nell'analisi di questi problemi il proprio ruolo. Mi limito ad accennare al fatto che il servizio militare puÒ essere l'occasione per una vita di gruppo positivamente sperimentata per un rapporto interclassista per una sprovincializzazionc, per una specializzazione professionale, per una riflessione sui problemi generali della società c del Paese senza l'assillo quotidiano del lavoro e del guadagno.


OSPEDALE NEUROPSICHL'\TRICO PROVINCIALE - MARZANA (VERONA) Direttore: Prof. C. TIV\BifCCHI OSPEDALE MILITARE PRINCIPALE DI VERONA "MED. D'ORO - S. TEN. MED. G. A. DALLA BONA ., Diretcore : Col. Med. Prof. Dr. A. MAsTRORILLI

LA NE U ROSI: RIFLESSI SOGGETTIVI ED OBIETTIVI NELL'AMBITO DELLA VITA MILITARE * Prof. C. Trabucchi

Nell'ambito delle nevrosi si sono rivelati, come di fronte ad un test, i disparati atteggiamenti degli studiosi con tutti gli estremismi ed i paradossi: il somatista ha visto con i suoi paraocchi; lo psicologo con la più fervida fantasia; la medicina psicosomatica con tanta accondiscendenza all'accomodamentÒ; i troppi incapaci di sintesi che vivono più col libro che col malato, attraverso pluriclassifìcazioni particolaristiche e caotiche, narcisisti di nomenclature nuove. All'opposto, infine, studiosi intuitivi capaci di cogliere e dimensionare in visione panoramica, hanno colto nel segno, ma non sono in grado di trasmettere ad altri la loro intuizione. Un grazie particolare a Balestrieri che in questa tavola rotonda e in precedenti lavori d'approfondimento e di divulgazione è riuscito a cogliere l'essenziale ed a presentarlo in forma schematica e comprensibile. Sugli schemi da lui prospettati è mio compito inserire qualche osservazione tratta dal la esperienza ·di vari decenni di vita psichiatrica. Quattro anni di esercizio della specialità in Marina nel periodo di guerra mi sono esperienza particolarmente uti le. Dunque la neurosi è attuata da un incontro della personalità biologica m odificata dai fattori ambientali con gli avvenimenti della vita. Il servizio militare rappresenta l'avvenimento, cioè l'evento traumatico in termine medico-legale, dì fronte al quale la neurosi si scatena e si plasma, oppure, in termine terapeutico, di fronte al quale la nevrosi talvolta subisce una evoluzione favorevole o, addirittura, guarisce. Evento traumatico, in questo caso, la vita borghese, oppure meccanismo terapeutico di shock o d'adattamento alla vita militare! • Conferenza tenuta il 19 febbraio !972 :1II'Ospedale Militare Principale di Verona per il ciclo d i aggiornamento 197 1-1972 in Tavola Roton<.la col Prof. Antonio Balestrieri.


537 Teniamo presente, fino da questQ momento, una seria domanda di fondo, che a prima vista qui può sembrare fuori posto: « Quali sono i fini del servizio militare oggi? Vogliamo preparare dei tecnici che sappiano usare le armi e tutte le strutture complesse dei servizi tecnici di ogni tipo, oppure vogliamo formare anche, prima di tutto, deile personalità che abbiano una linea, w1o stile, un bagaglio di valori che poggiano e convergono verso determinati ideali? ». Questa domanda non si poneva in tempo di guerra : si potevano allora criticare i principi della guerra, la condotta di essa, la opportunità di finirla, le speranze, le illusioni, gli egoismi, ma il perché ed il dovere dell'arruolamento erano cosa pacifica anche tra persone adulte. Attualmente, lungi dal general izzare, ma limitando il rilievo ai molti nevrotici che giungono aJI'osservazione e dietro ai quali stanno gruppi molto ampi di giovani che al traguardo dell'osservazione non giungono, noi osserviamo personalità molto disarmoniche : manca la tradizione, manca una famiglia educatrice con modelli adeguati, c'è una società disorientata e traumatizzante o per lo meno non recettiva per molti giovani: donde isolamento, contestazione, disadattamento, nevrosi. La cultura nozionistica è spesso deformante invece che formativa. C'è una precocità di applicazione redditizia al lavoro con anticipazione sessuale ed anticipazione della responsabilità per impegni familiari ed organizzarivi; c'è una vita di sacrificio e di frustrazione per il lavoro, ma con molte comodità e molto tempo libero. Essa è imbevuta di vittimismo e di rivendicazione di diritti: privata di agonismo e di gioia della conquista e dell'affermazione personale. C'è un conformismo piatto, dominato da un conformismo di comodità. In sintesi, sono giovani maturati troppo precocemente, e con ogni tipo di soddisfazione fornito in scatola standard per tutte le esigenze superficiali e zoologiche, fortemente carenti di ideali e valori normativi che possano rispondere ai più importanti « perché? » esistenziali. Gli psicologi si dilettano della parola «immaturi». Ma tale definizione presuppone la possibilità di maturare. Invece è necessario distinguere tra « immatut·i » cioè giovani suscettibili di completare la Joro personalità fino a maturazione, e « m::.lmaturi >> , cioè soggetti ormai difficilmente recuperabili: «i nati stanchi », i vecchi «che mai non fur vivi». Immaturi e malmaturi sonò la sintesi, come bene illustrato da Balestrier-i, di «endogeno», cioè biologico, ed «esogeno», cioè ambientale~ meglio detto sociale. Il servizio militare, che un tempo poteva rappresentare il passaggio dall'età di formazione all'entrata nella vita dell'adulto responsabile, del civis, poteva allora essere il collaudo della personalità. Oggi, a 20 anni o più tardi in caso di rinvio, esso interviene spesso come intralcio a chi già,


bene o male, è « ClVlS ». Esso è gradito come la prima bolletta delle tasse carica di arretrati, che guasta i bilanci ed i programmi del giovane ai primi guadagni. E, proprio come la prima bolletta delle tasse, ti porta a contatto con la ingiustizia sociale per la sperequazione tra chi guadagna tanto ed è tassato poco e viceversa! « Sì, perché il mio servizio militare mi fa perdere in concorrenza, nell'ambito del lavoro, verso gli a Itri che, senza alcun danno, sono riusciti ad evitarlo e verso le donne che, nel clima di parità, con tanti privilegi, godono anche del non obbligo alle armi! » . Da ciò subcosciente ribellione all'ingiustizia, scn6ta come violenza e come offesa ed atteggiamento interiore che diventa patoplastico nell'estrinsecazione della neurosi. La nevrosi 3ssume il canale della « protesta», che si sviluppa nell'apprendimento di esibizione di disturbi fino alla maestria e nel proselitismo! E ne vediamo gli effetti! E ' così che si forma il complesso «Naia » : quella orribile parola dalla cacofonia tanto espressiva che, male predispone l'aspettativa dei giovani e cos.ì tanto giova alle forze occulte che seminano zizzania, contestazione e vittimismo là dove normalità vorrebbe che vi fosse entusiasmo, ideale, aspirazione generosa all'affermazione dell'Io, del gruppo, della Società. Il test «vita militare >>, se è test per le n evrosi, dobbiamo sottolinearlo come grido di allarme e di grave richiamo alla responsabilità nostra di medici, è anche test di psicosi. Troppi ancora sono i suicidi o altri gravi fatti di sangue che si sarebbero potuti prevenire: episodi mela nconici ed episodi schizofrenici o poussées deliranti trovano condizioni per esplodere nella vita militare. Il germe della nevrosi e il germe della psicosi per essere riconosciuti ed individuati nella fase di arbusto richiedono preparazione, tempo, pazienza e collaborazione da parte di chi osserva fuori del clima di ambulatorio, nel contatto della vita quotidiana. Proprio perché tali arbusti si assomigliano, ritengo giustificato estendere in questo punto il discorso dalle nevrosi alle psicosi. Io voglio portarvi per pochi minuti a contatto con gli ultimi militari visti di recente, in questi giorni di « stringi, stringi>> per concretare quattro pensieri da proporre al vostro ripensamento in questa Tavola Rotonda. Facciamo a volo d'uccello qualche rilievo che possa essere stimolo per una osservazione più sistematica o dalla quale rilevare proposte per nm stessi e per le superiori gerarchie. Di che cosa si lamenta il giovane al di là dei sintomi che così bene ha descritto Balestrieri, attraverso i quali ha gridato il suo allarme o la sua protesta? l) R.G.: Di sé stesso - Difficoltà di rapporti interpersonali: << non mi .;ono fatto alcun amico» senso di insufficienza: << parlavo poco con gli altri


539 perché riuscivo a dire solo cose stupide » ; senso di colpa: « non voglio essere di peso alla mia famiglia perché non lavoro. Cm pagherà le spese per la mia degenza in Ospedale? ». In Caserma : «Sono irascibile, non ho interesse per nulla, non accetto gli scherzi... ». Ottiene una licenza di convalescenza, ma in partenza compie un tentativo di suicidio. Era stato in cura psicruatrica prima di venire alle armi. Vedeva nel servizio militare una terapia ed un collaudo alla guarigione. Non è riuscito: da ciò ulteriore senso di fallimento fino al suicidio. Fabula docet: era un malato grave esitato in episodio melanconico. Nulla da eccepire su .quanto è stato fatto salvo la omissione, in sede di arruolamento, di una richiesta di dichiarazione di non ave1· sofferto di « turbe nervose o di non aver praticato cure per il sistema nervoso ». 2) B.G.: Di sé stesso - Difficoltà esistenziali consistenti essenzialmente nell'ostacolo che incontra in ogni ambiente per entrare in contatto con le persone... neppure in famiglia. Non ha saputo trovare un'armonia né dare un valore alla sua vita. Preferisce perderla piuttosto che impegnarsi a soffrire. Nelle crisi acute solo un impegno artistico lo salva, ma non sono mancati i tentativi di suicidio. La vita militare per lui rappresenta perdita di tempo ed un rivelatore terribile delle sue difficoltà sociali. Essa determina una lotta fra la sua debolezza ed il desiderio di impegnarsi, da cui deriva una tragica sconfitta. Anche qui trattasi di psicopatico. Fabula docet: omissione di richiesta di dichiarazione Circa pregreSSl disturbi e di pregresse cure per il sistema nervoso l 3) T.F.: In un anno di servizio 7 mesi di convalescenza, trascorsa in parte in ambiente specialistico, per astenia, mal di testa, incapacità di applicarsi, insuccesso professionale giustificato dai disturbi più vari di ordine somatico. Più di un parente ha presentato gravi precedenti psichiatrici. Anche qui è evidente che sarebbe stato opportuno una anamnesi ed una dichiarazione ed un provvedimento adeguato tempestivo. 4) T.G.: Trauma cranico a 15 anni. Condotta contrastante con ogm disciplina. Fuma 20 sigarette. Da borghese frequenti cambi di lavoro e di residenza per disadattamento. Fatto movimento durante i sei mesi di servizio militare in varie sedi sperando di trovare quella adatta a lui. « Non mi trovo nella vita militare. Se un ordine non mi garba sono testardo come un mulo... La vita militare è contro volontà... Una persona che senza conoscermi mi vuoi mettere sull'attenti ... >>. E soggiunge ridendo: « Per servire la Patria Il ».

5·- M.


Alla domanda se ha degli ideali e quali sono: « Adesso non saprei... >>

«Allora fra te e un animale che differenza c'è? Io so quello che faccio, l'animale fa per istinto... Noi dobbiamo avere la ragwne per corrispondere a degli ideali ... ». Fabula docet: soggetto sociopatico, picchiato (V. trauma cranico), cioè caratteropatico, impregnato di spirito contestatore e ribelle, finalizzato a provvedimenti: tipico malmaturo, peste nelle Caserme, peste nella Società, contagioso. 5) M.A.: Eredità alcoolica. Piccoli precedenti giudiziari, vagabondaggio internazionale con capelloni, instabilità nel lavoro, contestazione. Beve molto, fuma 50-60 sigarette. Abituale uso ed abuso di Oblioser: finisce per dichiarare di averne preso in discreto numero per avere una convalescenza. Fabula docet : problemi !ambrosiani con aspetti di attualità: competenza della «igiene mentale militare >>, di cui parleremo.

6) V M.: ha avuto condanne e la vita di carcere lo ha portato, potremmo dire con una licenza espressiva di linguaggio, ad w1a età clinica di livello superiore a quello della sua età cronologica. Da casa riceve notizie preoccupanti dei suoi e della ragazza con cui convive. Ha goduto di varie licenze. Ora il Colonnello alla richiesta di licenza « si è messo a far casino ». Da ciò malessere, esasperazione ed autolesionismo... 7) B.L.: Fuma 30-40 sigarette. Ha goduto di 190 gg.l. c. a successlVl periodi. Nella vita militare ha trovato i non11i che continuano a disturbarlo. In ospedale contegno maleducato e crisi di eccitamento psicomotorio... Il medico gli è antipatico e quando una persona gli è antipatica ... Non basta: si appresta «a chiedere i danni per un gavettone che gli ha sconvolto il sistema nervoso! l l ». Evidente antisociale... di persona e di ambiente, portato alla contestazione e alla rivendica! 8) F.G.: Illegittimo. In un anno 110 g1orni. l.c. Evidenti oscillazioni dell'umore in senso depressivo. Due volte episodi di tentato suicidio. E' stufo di tutto. Fabula docet: Provvedimenti radicali. 9) P.G.: Da 5 mesi alle armi. Neurosi ansiosa. Tre mesi l.c. E' portatore di un intenso tremore di carattere familiare (ramo materno) e di anomalie costituzionali evidenti. Aspirava al collaudo della sua normalità. Si è sforzato... ma ai tiri non ha saputo occultare i suoi djsturbi e si è profondamente mortificato.

.......


Fabula docet: la dichiarazione di cm sopra ed un intervento tempestivo e deciso. 10) B.A.: Militare da 4 mesi: subnorm alc evidente con evidentissime asimmetrie cranio-facciali nistagmo; lingua scrotale, crisi epilettiche. E qui mi fermo ... chiedendo scusa di questa rapidissima corsa, ma non posso annullare la mia personalità di medico pratico che cerca sempre di far parlare i fatti e di farsi interprete di essi. « Facta viam invenient ». Cosa abbiamo visto? Come mi faceva rilevare il Primario, mio collaboratore Prof. Cune~o: c'è una contrapposizione tra i veri malati che nascondono i loro precedenti per fare il militare eù altri che ostentano o esaltano i loro disturbi per sottrarsi agli obblighi: segno è che da buone posizioni ancora si riconosce alla disciplina, alla vita collettiva, all'ordine ed alla applicazione forzata quel potere positivo che in terminologia psichiatrica va col nome di «ergosocio! udoterapia » ! D'altro lato, contagio nella vita di Caserma del clima di disfattismo, di disordine, di sovvertimento sociale che contagia i più complessati cd i più deboli, in nome dci concetti resi vaghi e deformati di « Personalità :P ; « Libertà »; << Società » ; « Giustizia >>; << Universalità» ecc. ecc. troppo spesso dimentichi della realtà Uomo - H omo sapiens - Totus Homo. Chi tiene gli occhi aperti sul mondo attraverso la infelicità cd il malessere che sono oggetto del nostro lavoro di psichiatri, trova conferma giornalmente della allarmante osservazione che forze occulte lavorano strumentalizzando le disgrazie umane allo scopo di creare vittimismo cd infelicità, per innestare poi su questa distruzione dei valori, idee nuove di ribellione e di eversione sociale. Nella Caserma c nella Società che precede e segue la vita militare, si è consapevoli di questo? Si reagisce abbastanza o si lascia andare? Si tratta di forze occulte o di responsabili accecati dalla demagogia o da autocastrazione? L'umanità è neurotica. La m edia normale è largamente infestata di soggetti fragili. Se scopo o condizione essenziale del servizio militare è anche quello di formare degli uomini con dei valori e degli ideali, ci siamo aggiornati? Oppure ci stiamo aggiornando al deteriore? Ognuno si ponga il quesito: Io trovo che permettere 40-60 sigarette al giorno, abuso di farmaci, abusi alcoolici, capelli fuori ordinanza, atteggiamenti di critica c demolizione, non giova a chi vuole prevenire o migliorare, giova a chi vuole non essere sano. Ma non vedo sufficiente presa di posizione se è vero che l'Esercito sì prefigge di fare degli Uomini. I neurolabili, oggetto della mia osservazione, sottolineano spesso una frustrazione in un certo dispregio dell'uso del tempo. Essi si lamentano


molto nel confronto tra la vita borghese impegnata e calcolata a minuto, dove il tempo è denaro, e la vita militare dove c'è spesso la rabbia del non far nulla. Sarà giusto questo? Cosa ne dicono i non neurolabili? Si sente ancora la lamentela frustrante che se ti impegni m qualche attività specifica sei più legato e meno premiato. Un militare diceva che le licenze per malattia o per lavatisrno sono più facili che le licenze premio. Da ciò illusioni tentativi, atteggiamenti vissuti che poi diventano neurosi vissute e concretizzate da desiderio e da mimetismo. Altro punto che ritorna troppo spesso come vero trauma nella storia dei nostri neurosici è quello della tortura psicologica, e non raramente somatica al termine delle fatiche, costituita da scherzi non intelligenti, indclicati, offensivi, spesso veramente immorali, da parte degli «anziani). La casistica è troppo ricca per non meritare un rilievo. Proprio perché molti giovani arrivano alla vita militare in condizioni di immaturità, frustrati, sprovveduti, senza personalità o carichi di veleno c di problemi personali superiori alle loro forze, credo che sarebbe necessario un maggior impegno, per un clima formativo e assistenziale atto ad aprire un colloquio, a dare soddisfazioni e riconoscimenti, ad aggiornc1re quel senso di personalità che molti hanno, ma che i più esagitati hanno perduto e cercano di togliere agli altri. Abbiamo visto la difficoltà grande che c'è nel discernere il malato psicosico, il nevrosico ed il simulatore. Per forza di cose, più che per colpa di persone, troppo si tentenna e si temporeggia con provvedimenti controproducenti, atti a coltivare la nevrosi e l'idea diffusa del sottrarsi agli obblighi militari. In realtà il problema talvolta non è quello di scindere l'uno dall'altro malato, quanto la parte che in quell'individuo giocano malattie, vizio, clima sociale o simulazione o fattori contingenti vari. Che il problema sia difficile è ben noto. Che però possa dipendere dal nostro comportamento, aggravare le cose, soprattutto per scarsa collaborazione, non lo possiamo negare. Mettiamoci reciprocamente nei panni di quanti siamo qui a scambiarci le idee ani mati da tanta buona volontà! Primo pensiero: in dubiis pars tutior eligenda. Se c'è sospetto di pericolosità ... se c'è sospetto di sottoporre ai rigori della legge un malato... per carità... giustissimo usare tutta la prudenza. Superati questi ostacoli: idoneo al Corpo... riposo in branda... aggregato alla Com pagnia di Sanità... trasferito alle truppe alpine cd affidato alla diagnosi ed alle terapie del piccolo nucleo che non consente lavativi ..., privato, a scopo precauzionale, dell'uscita della Caserma onde evitare che possa fare « le mosse»: cioè


543 teatralità in pubblico impietosendo le persone o destan~o commenti inopportuni. Tutti provvedimenti utili, senza pericoli, ma alquanto impegnativi. Spesso essi coinvolgono, in problemi sanitari, specialisti medici che specialisti non sono e Comandanti che non sono tenuti ad una vocazione psichiatrica l Meglio però questi provvedimenti piuttosto che la licenza di convalescenza che è una macchia d'olio ed una infezione che si diffonde. Però è tanto comoda l Ad accentuarne il danno manca, e questo è grave, il necessario collegamento per cui, al termine d1 quella licenza, si prospetta un giudizio totalmente nuovo, senza scambio di pareri e di Cartelle Cliniche! Le successive licenze mettono al riparo anche la crisi di coscienza che deriva dalla riforma per malattia mentale. Si potrebbe, in molti casi, ovviare a questo danno di per sé ingiusto e contrastante con lo spirito del medico, ma ne va di mezzo il giusto per l'ingiusto! In alcuni casi, però, sarebbe vera giustizia che il vantaggio della riforma comportasse anche qualche conseguenza negativa di ordine professionale (V. concorsi ... V. amori...) e la necessità di una automatica rigorosa revisione per la concessione della patente e del passaporto a chi ha dimostrato di non essere in grado, per condizioni psichiche di prestare il servizio militare. Signori: io chiudo queste povere parole, stimolo alla Vostra conversazione con un richiamo: siamo nell'epoca delle neurosi: umanità fragile, mondo senza riposo ed in ansia; rivoluzione delle tradizioni e dei valori, contrasto tra progresso e civiltà. E' l'ora dell'igiene mentale: sono superate felicemente le grandi malattie sociali: tubercolosi, tracoma, lues. Ora dobbiamo tutti collaborare per la sensibilizzazione alle esigenze di un Servizio Militare di Igiene Mentale. Esso dovrebbe provvedere adi indagini accurate e competenti, ad analizzare ed a modificare il clima esterno della Società di chi è ad essa preposto e di quello interno relativo alle esigenze ed ai rapporti umani e provvedere anche alla terapia dei labili, alla neutralizzazione dei contagiosi, alla difesa dai tossici. E tutto questo in una giusta ed aggiornata visione delle Forze Armate come istituto di nobile e generosa affermazione e difesa dei Valori Umani.


OSPEDALE MlLITARE DI CASERTA

Direuore : Col. me. t.SG Prof. M. 0RSIKI

L'ELIPORTO DELL'OSPEDALE MILITARE DI CASERTA E L'ESERCITAZIONE SPERIMENTALE DI SOCCORSO AEREO «CASERTA l)) Col. me. Mario Orsini

l - PREMESSA L'eliporto di cui è stato dotato l'Ospedale Militare di Caserta per ÌJ1Ìziativa della Direzione del nosocomio, validamente appoggiata dal Comando della Regione Militare Meridionale e dalla Direzione Generale della Sanità Militare, ha la finalità di aderire, oltre che alle esigenze dello stesso Ospedale Militare, anche a quelle della popolazione civile nell'evenienza di trasporti aerei di ammalati c traumatizzati gravi ed in quella di gravi calamità naturali. In tali casi l'eliporto può funzionare come scalo per l'Ospedale Civile di Caserta o come vero e proprio terminale del viaggio per i soggetti da ricoverare presso l'Ospedale Militare. Nella prima evenienza, rappresenta uno scalo tecnicamente idoneo perché ubicato in un Ente dotato di personale, attrezzature e mezzi che consentono di attuare il pronto soccorso senza soluzioni di continuità e di assicurare l'eventuale trasporto con autoambulanze sino al nosocomio civile. Nella seconda evenienza, l'eliporto può rappresentare il terminale del viaggio anche per infortunati civili, in caso di pubbliche calamità, essendo stato previsto dalla Direzione dell'Ospedale Militare l'eventuale ricovero di tali soggetti in un reparto «a disposizione » per evenienze del genere. La normativa che attualmente regola il soccorso aereo, ne limita gli interventi ai soli ammalati e traumatizzati gravi in cui l'urgenza condiziona la vita del paziente e che si trovino in località isolate, difficilmente raggiungibili con i mezzi ordinari. E' da prevedere però, in aderenza al continuo evolversi dei tempi e dei mezzi aerei, che nel futuro possa venire estesa l'attuale regolamentazione ad altri tipi di interventi. L 'eliporto potrebbe in tal caso essere anche impiegato per l'imbarco di pazienti in trasferimento su altri centri ospedalieri

* PcrvenU[o in Redazione il 18 dicembre 1972.


545 perché abbisognevoli di particolari trattamenti ad elevato livello di specializzazione, evitando i disagi legati a lunghe percorrenze con i mezzi ordinari. Verrebbe facilitato in tal modo il rapido collegamento tra i vari centri ospedalieri, evitando il traffico delle grandi città. L'infrastruttura eliportuale è stata costruita con particolari accorgimenti che consentono diverse modalità di utilizzazione degli impianti secondo le esrgenze. Con la principale finalità di valutare la funzionalità della infrastruttura, è stata condotta un'esercitazione sperimentale di soccorso aereo con impiego di 4 elicotteri. Con l'occasione è stato sperimentato un tela di canapa, di particolare struttura, da impiegare con determinate modalità, per facilitare il trasferimento dei traumatizzati dalle barelle degli elicotteri in quelle delle autoambulanze riducendo i tempi necessari per queste operazioni ed evitando manovre traumatizzanti per gli stessi infortunati. Altra finalità dell'esercitazione è stata la dimostrazione del grado di addestramento specifico raggiunto dal personale nelle operazioni di sbarco ed imbarco, impiegando i nuovi tipi di elicotteri « sanitari» AB 205 e AB 206.

2 - L'ELIPORTO DELL'OSPEDALE MILITARE DI CASERTA. Caratteristiche. Nel giardino a Sud-Est del fabbricato principale è stata destinata ad eliporto un'area di circa 10.000 metri quadrati (fig. l) particolarmente idonea sia per la sicurezza del mezzo aereo che per la viabilità. Infatti sono utilizzabili tre agevoli direzioni di avvicinamento: da NordEst, da Sud e da Ovest; inoltre esistono più wne di emergenza all'intorno ed è consentita una facile manovrabilità del mezzo aereo al suolo. La zona destinata ad aerea di manovra; di circa 7.500 metri quadrati, confina a Nord, ad Ovest ed a Sud con strade rotabili, mentre ad Est è limitata da un sentiero erboso in corso di trasformazione in ampia rotabile. Su tutta la superficie è stato eseguito un impegnativo lavoro di livellamento date le particolari condizioni del sottosuolo attraversato da servizi e strutture abbandonate, residuate a vecchi baraccamenti utilizzati nell'ultimo conflitto mondiale. AI centro del prato è stata costruita una piazzuola di atterraggio di 100 metri quadrati, costituita da uno strato di conglomerato cementizio (1).

(l) Per le particolari condizioni del sottosuolo st è ritenuto opportuno eseguire le strutture in cemento armato.


Fig. 1. - Veduta panoramica dell'eliporto.


547 E' stata costruita inoltre un 'altra piazzuola « di parcheggio» con le stesse caratteristiche tecniche e delle stesse dimensioni della prima, a venti metri di distanza dall'area di atterraggio, confinante con la strada. Tra le due piazzuole è stata approntata una bretella di 20 metri di lunghezza per 4 metri di larghezza, pure in conglomerato cementizio armato. Di fronte alla piazzuola di parcheggio, a Sud della strada, è stata costruita un'ampia piattaforma in calcestruzzo, di circa 210 metri quadrati,

Fig. 2. - Dc:uaglio piazzuole dell'eliporto.

per consentire la sosta delle autoambulanze e facilitare le operazioni di ~mistamento e sgombero degli clitrasportati (fig. 2). Sono state impiantate tre prese d'acqua sia per irrigazione che per eventuali dispositivi antincendi con schiumogeni. Sono stati predisposti i cavi dell'energia elettrica per l'i nstallazione luci volo notturno ed impiantati due punti telefonici di emergenza con collegamento diretto tra essi, con la Direzione e con la centrale telefonica dell'Ospedale.


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549 Un impianto televisivo a circuito chiuso consente di controllare le operazioni dalla Direzione e di impartire, tramite il collegamento telefonico diretto, le opportune disposizioni. Manica a vento, mezzi antincendi e di segnalazione completano le attrezzature secondo le norme per l'utenza (fig. 3).

M odalità di impiego. La piazzuola a] centro dell'area di manovra viene utilizzata, oltre che per l'atterraggio e l'involo del velicolo, anche per le operazioni di sbarco o imbarco di ammalati e traumatizzati gravi, militari o civili, nel caso di un solo paziente (fig. 4). In tal caso un'autoambulanza si porta nelle vicinanze dell'elicottero percorrendo in retromarcia prima la piazzuola di parcheggio e poi il raccordo, sino a pochi metri dall'area di atterraggio. Se l'infermo va ricoverato presso l'Ospedale Militare, l'autoambulanza può facilitarne il trasporto sino al posto di pronto soccorso dell'Ospedale per il successivo smistamento ai reparti. Se il paziente va sgombrato sull'Ospedale Civile di Caserta, l'autoambulanza deve percorrere rotabili di facile scorrimento, fuori del centro urbano, c colleganti l'Ospedale Militare con quello Civile, che potrà essere raggiunto nel giro di qualche m inuto. Per tale particolare, favorevole possibilità di collegamento l'Ospedale Militare può es<><'re considerato come lo scalo più agevole dell'Ospedale Civile e tecnicamente più idoneo perché dotato del personale c delle attrezzature necessarie ad un primo ed immediato soccorso che può essere fornito in ogni momento. Inoltre dispone delle autoambulanze necessarie ad assicurare il successivo trasporto. Per quanto inerente al soccorso di ammalati e traumatizzati gravi civili, è da rilevare che la zona di influenza del moderno e bene attrezzato Ospedale Generale Provinciale di Caserta, dotato di particolari sussidi terapeutici, si estende oltre che a Ila Provincia di Caserta, anche a buona parte dell'Irpinia, Sannio ed Abruzzi. Il carattere montano di dette regioni spesso rende disagevole il percorso sulle strade rotabili, imponendo lunghi tempi di percorrenza anche su distanze relativamente brevi in linea d'aria. Esistono pertanto condizioni tecniche ed ambientali particolari che giustificano un soccorso di emergenza mediante il trasporto aereo con elicottero, che, abbreviando i tempi di percorrenza ed eliminando contemporaneamente i disagi, diventa veramente indispensabile quando l'urgenza condiziona la vita del paziente. La piazzuola di parcheggio viene utilizzata quando si debbano effettuare operazioni di sbarco o imbarco di più ammalati o traumatizzati mi litari o civili (fig. 5).


Fig. 4· - Piazzuola di atterraggio.

Fig. 5· - Piazzuola di parcheggio.


55 1 Infatti un elicottero <<sanitario>> del tipo AB 205 può trasportare sei barellati. In tal caso è necessario impiegare, per lo sgombero, tre autoambulanze del tipo A.R. A/ 12, consentendo ogni autoambulanza il trasporto di due barellati. Per evitare tempi morti e rendere più spedite ed agevoli le operazioni di sbarco e successivo smistamento e sgombero è più conveniente che il velivolo, una volta eseguito l'atterraggio sulla piazzuola regolamentare, si porti in hovering sulla piazzuola di parcheggio confinante con la strada. Le autoambulanze, in sosta sull'adiacente piazzuola, possono essere in tal modo simultaneamente utilizzate per il trasporto degli infermi. In caso di ricovero presso l'Ospedale Militare il trasporto può avvenire anche mediante barellamento a mano, percorrendo un tratto pianeggiante di circa ISO metri, sino ai montalettighe che portano ai vari reparti di cura (fig. 3). Il soccorso multiplo può essere realizzato anche con l'impiego di più elicotteri. In tale evenienza possono essere utilizzate le due piazzuole, con le seguenti modalità. Un primo elicottero prende terra sulla piazzuola di atterraggio e subito dopo si porta in hovering su quella di parcheggio, ove si svolgono le operazioni di sbarco. Gli infermi vengono trasbordati sulle autoambulanze in sosta sull'apposita piazzuola e avviati ai reparti di cura dell'Ospedale Militare o all'Ospedale Civile. Subito dopo la traslazione del primo elicottero sulla piazzuola di parcheggio, un secondo elicottero prende terra sulla piazzuola di atterraggio e, dopo l'involo del primo elicottero dalla piazzuola di parcheggio, vi si porta in hovering per poi procedere allo sbarco. In tal modo può realizzarsi un carosello con più elicotteri che possono costituire, in occasione di gravi calamità un ponte aereo tra l'Ospedale Militare e la località sinistrata. Infine, in condizioni di particolare urgenza, possono essere effettuate operazioni di sbarco, anche simultaneamente, da un elicottero sulla piazzuola di parcheggio e da un altro su quella di atterraggio. In tal caso gli infermi sbarcati su quest'ultima piazzuola, vengono da qui barellati verso la rotabile posta a Nord dell'eliporto, ove possono sostare altre autoambulanze. Nell'evenienza di ricovero presso l'Ospedale Militare, il trasporto sino ai montalettighe può essere effettuato anche con barellamento a mano. La disponibilità di due piazzuole consente di assicurare la prosecuzione delle operazioni di soccorso anche in caso di sopravvenut:J inagibilità di una delle due piattaforme per a varia al mezzo aereo. I nfatti la seconCla piazzuola può assumere, in emergenza, funzioni di atterraggio ed involo, assicurando così la continuità delle operazioni. Oltre che per lo sbarco, l'eliporto può essere utilizzato per l'imbarco di ammalati e traumatizzati da trasferire su Centri Ospedalìèrì ad elevato


livello di specializzazione, nonché per l'imbarco, in occasione di gravr calamità, di squadre di soccorso medico-chirurgiche da elitrasportare m località rimaste isolate. Il soccorso aereo ·d'urgenza si può anche concretare nel trasporto di flaconi di sangue, plasma, ecc. a favore di soggetti intrasportabili c che si trovino in località difficilmente raggiungibili con i mezzi ordinari, oppure nel trasporto di antibiotici, medicinali, medicature, plasma ed altro materiale sanitario come effetti letterecci, biancheria per infermi, ecc., quale concorso verso la popolazione civile colpita da gravi calamità. Per le operazioni di carico si possono utilizzare entrambe le piazzuole, in quanto la bretella esistente tra le stesse consente agli automezzi di portarsi sino alla piazzuola di atterraggio. Anche per tali tipi di intervento sono possibili diverse modalità di utilizzazione degli impianti. Si può prevedere una prevalente utilizzazione della piazzuola di atterraggio (fig. 4) quando si tratti di materiale sanitario leggero e di scarso ingombro, come flaconi di sangue, plasma, ecc., richiesto con massima urgenza. Viceversa può essere prevista una prevalente utilizzazione della piazzuola di parcheggio (fig. 5) nel caso si tratti di materiali sanitari più consistenti, da trasportare per interventi di più ampia portata. Tale criterio deriva anche dalla considerazione che la farmacia dell'Ospedale Militare è posta allo stesso livello, cd a breve distanza dalla già detta piazzuola, con cui è collegata da un'agevole strada. Pure nelle vicinanze dell'eliporto si trova il Magazzino Centrale di Materiale Sanitario, di cui l'Ospedale Militare di Caserta è centro amministrati vo.

3 - L'EsERCITAZ IONE SPERI MENTALE « CASERTA l». L'esercitazione svoltasi 1'8 novembre 1972 presso l'eliporto dell'Ospedale Militare ha avuto i seguenti scopi: - dimostrare le reali possibilità e i vantaggi offerti da un elioorto ospedaliero nelle operazioni di soccorso aereo a favore della popolazione civile, sia per ammalati e traumatizzati gravi che in caso di calamità naturali; - divulgare le procedure regolamentari e d'emergenza necessarie per le richieste di intervento; - verificare la funzionalità degli impianti sia nel caso di impiego di elicotteri isolati che in quello di impiego di più elicotteri, nella ipotesi di una grave calamità che abbia colpito la popolazione civile; - sperimentare l'uso di un particolare telo portaferiti nelle operazioni di trasbordo dei barellati dagli elicotteri alle amoambulanze;


Fig. 6. - Eli:ottero AB 200: Lrasbordo di un barellaw.

Fig. 7· - T rasbordo dall'eliconero all'autoambulanza.


554 - esaminare il grado di addestramento raggiunto dal personale sanitario e parasanitario impiegato. L'esercitazione, preceduta da un periodo propedeutico di addestramento del personale, si è sviluppata in tre fasi che si sono succedute nel tempo per sole esigenze di carattere pratico ma che hanno ipotizzato tre episodi del tutto indipendenti tra loro. Nella prima fase è stato impiegato un elicottero tipo AB 206 (.fig. 6) per il trasporto d'urgenza di un ammalato grave da un Comune montano della Provincia di Isernia all'Ospedale Civile Provinciale di Caserta. Pur avendo in tal caso l'eliporto prevalentemente funzione di scalo dell'Ospedale Civile di Caserta, la disponibilità di personale, attrezzature e mezzi dell'Ente Militare, ha consentito un primo soccorso dell'ammalato all'atto dello sbarco ed il tempestivo allertamento dell'Ospedale Civile di destinazione. E' da tener presente inoltre che in caso di eventuale sopraggiunta intrasportabilità del paziente, ne sarebbe stato possibile il ricovero presso lo stesso Stabilimento Militare. Le particolari caratteristiche strutturali dell'eliporto, hanno consentito l'agevole avvicinamento dell'autoambulanza a[ mezzo aereo (fig. 7). E' da notare infine che l'elicottero « sanitario » AB 206 può trasportare anche due barellati (fig. 8).

Fig. 8. - Elicottero « sanitario » AB 2o6: sistemazione dei barellati.


Fig. 9· - Elicow.. ro «sanitario>> AB 205: sistcmm~ione dei barellati.

Fig. 10. - Elicottero u sanitario n AB 205: l!'asbordo dei barellati.


Nella seconda fase è stato impiegato un elicottero «sanitario» tipo AB 205 (figg. 9 e l O) per il trasporto eli più traumatizzati militari e civili a seguito di un supposto incidente stradale. L'esecuzione di detta fase ha : - dimostrato l'adeguata funzionalità delle strutture eliportuali realizzate, anche in caso di sbarco simultaneo di più infortunati; - permesso di valutare le modalità di impiego della piazzuola di parcheggio, per una più celere operazione di smistamento e sgombero. Nella terza fase sono stati impiegati quattro elicotteri: uno tipo AB 205 «sanitario>> (fig. 9), uno AB 206 «sanitario>> e due AB 206 Al (fig. 11), per operazioni di soccorso a favore della popolazione civile, con elitrasporto di numerosi infortunati, e nella ipotesi di grave calamità naturale. Su un elicottero AB 205 è stata imbarcata una squadra medico-chirurgica e materiale sanitario di prima necessità per la località sinistrata. E' stata rilevata: - l'opportunità di disporre di due piazzuole, in modo che, in caso di inagibilità di una delle due per avaria ad un mezzo aereo, l'altra possa assicurare la continuità delle operazioni;

F ig. u. - Elicottero «sanitario >> AB 206 ed elicotteri AB 206 A r.


557

Fig. 12. - Impiego del relo ponaferiti.

6.• - M.


558 - la possibilità di utilizzare simultaneamente le due piazzuole: di atterraggio e di parcheggio, con conseguente facilitazione delle operazioni di sbarco e di srnistamento e sgombero; - la convenienza di utilizzare eLcotteri AB 205 «sanitari» nel viaggio di ritorno, dopo aver ripiegato le 6 barelle in dotazione, per l'invio in zona sinistrata di squadre sanitarie di soccorso e materiale sanitario di prima necessità, specie nel caso di inaccessibilità ai mezzi ordinari; - l'opportunità di disporre di collegamenti radio aria-terra per la disciplina del traffico aereo sull'eliporto; - l'utilità di tenere approntato un apposito reparto «a disposizione» nell'Ospedale, per ricoverare gli infermi provenienti da zona sinistrata che non trovino ricezione presso Stabilimenti sanitari civili. L'impiego di un particolare telo di canapa (fig. 12) realizzato presso l'Ospedale Militare e distribuito in via sperimentale ai mezzi di trasporto aerei e terrestri, ha consentito, nelle tre fasi descritte di: __...., attuare il tempestivo ed agevole trasbordo dell'ammalato dall'elicottero ali'autoambulanza; -

evitare manovre lesive in caso di trasbordo di traumatizzati;

- restituire con immediatezza il particolare tipo di barella in dotaziOne all'elicottero, per un eventuale reimpiego.

4 - CoNSIDERAZIONI CONCLUSIVE. Gli impianti eliportuali approntati possono appagare le esigenze oltre che dell'Ospedale Militare, anche dell'Ospedale Provinciale di Caserta, nosocornio bene attrezzato e fornito di particolari e moderni presidi terapeutici, ma sfornito di eliporto. Gli ammalati e traumatizzati gravi elitrasportati, dopo un primo soccorso presso l'Ospedale Militare, possono prose~ guire con autoambulanze dello stesso Ente Militare sino all'Ospedale Civile, raggiungibile nel giro di qualche minuto perché a breve distanza dall'Ente Militare e con questo collegato mediante stra.de di facile scorrimento che evitano il centro urbano. E' da tener presente che la zona di influenza dell'Ospedale Civile si estende oltre che alla Provincia di Caserta, a buona parte delle Provincie di Benevento, Avellino, Isernia e Campobasso, il cui ambiente naturale montano è spesso di difficile accesso ai mezzi ruotati o comunque causa di notevole disagio ad ammalati o traumatizzati gravi. Per questi l'elitrasporto rappresenta il mezzo di elezione, e, a volte, il mezzo indispensabile, quando la loro vita è condizionata dall'urgenza.


559 Questa bivalenza di impiego accresce le possibilità di utilizzazione del-

l'eli porto stesso. A tali tipi di intervento bisogna aggiungere quelli per incidenti stradali, sempre più numerosi per il continuo incremento della motorizzazione, c che possono riguardare militari o civili. Sempre nell'ambito del soccorso urgente, può essere previsto un tipo di intervento di più vasta portata, in caso di pubbliche calamità, con elitrasporto di infortunati civili dalla zona sinistrata all'eliporto. In tal caso può essere attuato anche il ricovero di personale civile presso l'Ente Ospedaliero Militare, dotato di un apposito ed attrezzato « repalto a disposizione» per evenienze del genere. Nel quadro delle operazioni di soccorso per pubbliche ca lamità l'eliporto è impiegabile sia come terminale del viaggio aereo che come scalo di imbarco per squadre <.li soccorso medico-chirurgiche e materiale sanitario di prima necessità in concorso alla popolazione civile. L'esercitazione sperimentale di soccorso aereo «Caserta l » ha pienamente dimostrato la possibilità di attuazione di <.lette forme di intervento e la funzionalità dell'infrastruttura in esame. E' da prevedere infine, in un futuro molto prossimo, la possibilità di elitrasporto da centro ospedaliero a centro ospedaliero. Tale trasporto, evitando i centri urbani ed il relativo traffico, potrà consentire di abbreviare i tempi di percorrenza e di alleviare i disagi a quegli ammalati o traumatizzati gravi, ricoverati presso lo stesso Ospedale Militare di Caserta, abbisognevoli di particolari trattamenti terapeutici ad elevato livello di specializzazione.

RrAS~UNTO. Vengono descritte Je caratteristiche dell'eliporto dell'Ospedale Mìlì· tare di Caserta e le particolari modalità di utilizzazione dell'infrastruttura. La funzionalità degli impianti è stata sperimentata, con risultati pienamente positi\i, in una recente esercitazione dì soccorso aereo tenutasi presso lo stes~o eliporto.

RÉs uMf.. - L'Auteur illustre les caracreristiques de l'lléliport de I'Uòpìtal militair de Caserta et les modalìtés paniculieres de l'utilisation tle son infrasLructure. Le fonctionnement tlcs installations a ~ré experimenré avec tles résultats tout à fait positìvcs, au course d'une exercice de sécours aérien qui a été developpé près du susdìt Helìport.

Su MM \R\'. - The Author illustrates the H eli!'ort's characteristics of the militaq Hospital of Caserta and thc conditions of using his infrastructure. The functiona lity of Lhe installations was rested with results completely positivcs tluring a tlrill of thc acrial assistance, dcvclopped using the same HelìporL


RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

CARDIOLOGTA

J. H., DE PASQUALE N. P.: Cardiac causalgia and hoarseness. Heart J., 1972, R4, 420.

BuRcH G .. PHILLIPS

Am.

Facendo seguito acl un loro precedente lavoro sulla causalgia cardiaca (v. G. Med. Mil., r9iJ9, pag. 271), gli AA. riportano due casi occorsi in donne bianche di 6o e 70 anni, nelle quali si era associata una raucedine senza obiettività clinica laringologica. l n ambedue la nitroglicerina, pur alleviando l'angina, non ha influenzato la raucedine, la quale però è scomparsa gradualmente insieme con le sofferenze anginose in seguito ad una accurata terapia della cardiopatia ischemica. Il meccanismo delle raucedine nella causalgia cardiaca sfugge ancora acl una esatta interpretazione. MELcHlONDA

A.: Two hundendth anniversary of self- prediction of sudden, exertional ca1·diac death. - Am. Heart ) ., 1972, 84, 422- 423·

BRUCE R.

Ricorre quest'anno il secondo centenario della pubblicazione nel 1772 della classica descrizione dell'angina pcctoris fatta da Wiltiam Heberden sui dati clinici, ma senza alcuna osservazione autoptica. Un anonimo medico inglese di 52 anni, avendo letto la relazione di Hcberden, gli scrisse una lettera, nella quale descriveva i suoi sintomi c dichiarava che, in previsione di una sua morte improvvisa, aveva disposto che gli fosse praticata l'autopsia. La morte dell'anonimo medico avvenne difatti meno di tre settimane dopo, durante una breve passeggiata dopo il pranzo ed Heberdcn, con l'assistenza di John Hunter, gli praticò l'autopsia, nella quale l'unico dato patologico era rappresentato da alcuni punti di ossificazionc nell'aorta. Questo fatto convalida l'ipotesi che la causa mortis era stata una fibrillazione ven tricolare. MELCHIONPA

KERN W.

H., TucKE){ S. L.: Myxoid changes in cardiac valves: pathologic, clinica/, and Am. Heart ]., 1972, 84, 294-301.

ultrastructural studies. -

La revisione istologica di 344 valvole cardiache, aortiche, mitraliche c Lricuspida 1i, escisse chirurgicamente, ha dimostrato alterazioni degenerative mixoidi o mucinose in 262 casi, minime in 228 casi, gravi c dcstrucmi in 34· La degenerazione mixoidc era associata con una valvulite reumatica (c quindi con prevalenza del sesso femminile), mentre in 20 casi essa era predominante con localizzazione soprattutto aortica (e quindi con prevalenza maschile). In tutti i casi vi era una insufficienza val volare.


Pur riconoscendo che le lesioni istologiche possano essere rapportate a quelle della malattia di Marfan (due dei 20 pp. mostravano le stigm:llc cliniche di questa sindrome), gli AA. ritengono che non appare giustificabile considerare tuni i casi di alterazione mixoide estc~a come una variante della malmria di Marfan. Dam la grande frequenza con cui le alterazioni mixoidi vengono os~ervate nelle val vole cardiache, a1meno le alterazioni meno gravi possono essere considerate come il risultato di molti fattori etiologici, congeniti e da età. L'alterazione più evidt.ntc è la disorganizzazione e la degenerazione delle strutture fibrillari associare con alterazioni qualitativc della sostanza fondamentale costituita da mucopolisaccaridi. MELCHIOl-.'DA

MALATTIE INFETTIVE

[..asso Fever. (La febbre di i.(Jssa). - British Medicai Journal, novembre ICJ721 pag. 25.3·

EDITORIALE:

Con questO nome ,·iene oggi designata una gra,·e ma 1ania infetti,·a, ad eziologia virale, quasi sempre monale. l primi due casi di questa micidiale affezione furono osservati nel 1969, in due infermiere bianche che esplicavano la loro attività in Nigeria nella regione di Lassa. Entrambe le infermiere colpire morirono. Alrn due casi mortali di questa malattia si verificarono nel 1970 nella regione di Jos, in ~igcria. Il medico che eseguì l'autopsia dci due pazienti venuù a morte, contrasse l'infezione e morì anche lui. Nel gennaio- febbraio 1970 White ha descritto 23 casi di Febbre di Lassa trattati in Ospedale. Dodici di questi pazienù vennero a morte. La sintomatologia clinica della forma infettiva era carauerizzata da febbre alta, ce falca, ,·omito, diarrea, forti dolori nella regione epigastrica e una tipica faringite con placche bianche sulla mucosa faringea. Alcuni pazienti presentarono anche emorragie intestinali polmonari e naso - faringee. All'esame necroscopico gli organi più colpiti erano il fegato e la milza che presentavano numerosi focolai di necrosi. Frequente anche il riscontro di focolai di polmonite c di zone edematoso- emorra giche nell'intestino, nel miocardio e nei reni. L'etiologia virale della " Febbre di Lassa '' fu accertata nel t~. Il virus di Lassa ha molrc affinità con il virus della coriomeningitc linfocitaria e con il gruppo di virus Tacaribe. Nonostante le numerose indagini svolte non è stato ancora possibile idcmificare un serbatoio del \'irus. Si può tuttavia ipotizzare che, date le affinità tra virus di Lassa e viru\ della coriomeningite linfocitaria, il serbatoio del virus sia un roditore. Undici casi di « febbre di Lassa n sono stati accertati nel corrente anno nel distretto di Zorzor in Liberia. Quattro di questi casi sono venuti a morte. E' da rileva re l'alta incidenza di mortalitn in questa (orma infettiva viralc d i recente accertamento. C..\RGHJJTt;


EDITORIALE: Zoster and Hodgkir/s Disease. -

Bricish Medical Journal, 15 luglio 1972.

L'Herpes Zostcr è una infezione che colpisce con una certa frequenza i pazienti affetti da tumori maligni. Secondo le recenti osservazioni dci clinici inglesi, l'Herpes Zoster incide particolarmente su soggetti affetti da linfogranuloma maligno o Morbo di Hodgkin. In un gruppo di 91 pazienti affetti dal suddetto morbo c ricoverati allo Stanford Medicai Cen tre, l'incidenza dell'infezione è stata del 14,4% ; in un altro gruppo di 102 pazienti ricoverati al Baltimore Cancer Research Centre, l'incidenza è stata del 25% · La sensibile incidenza dell'Herpes Zoster nei soggetti affetti da linfogranuloma maligno è attribuita dagli studiosi inglesi alla caduta spontanea dei poteri immunitari di difesa che si ha in questa grave malattia alla quale si aggiunge quePa provocata da eventuali sedute di irraggiamento con radiazioni ionizzami, oppure da asportazione della milza o, infine, dalla somminisrrazione di chemioterapici ad azione immunosoppressiva. Le misure profilatrichc contro l'insorgenza dell'Herpes Zoster nei portatori di linfo· granuloma maligno, consistono neL'evitare occasioni di contagio da parte di persone affette dall'affezione viralc e nella somministrazione di globulina gamma iperimmw1e. Dal punto di vista terapeutico la somministrazionc di citosina arabinosica si è dimostrata molto utile nel combattere l'infezione. c. ARGHITTU

IMMUNOPROFILASSI STANFIELD J. P., BRACKEN P. M., WADDEL K. M., GALL D.: Diphteria · Tetanus- Pertussis Immunisation by intrade,-mal jet injection. (Immunizzazione contro Difterite, Tetano e Pertosse a mezzo dell'iniettare a «jet »). - British Medicai Journal, 22 aprile 1972, pag. HJ7. Gli AA. hanno condotto un esperimento di vaccinazione infantile in un gruppo di 443 bambini ugandesi presso l'Ospedale di Kagando, nell'Uganda dell'ovest. I bambini avevano un'età tra uno e due anni. L'immunizzazione è stata praticata contro la difterite, il tetano c la pertosse, i cui antigeni erano riuniti in un solo vaccino adsorbito su idrossido di alluminio (Vaccino D.T.P.). Le iniezioni sono state praticate per via intradermica, a mezzo dell'iniettore a pressione senza ago o « iniettare a jet ». Questo nuovo metodo di vaccinazione a mezzo del!a siringa a jet si è rivelato, in questi ultimi anni, della massima utilità, della massima praticità, e di grande economicità sia di tempo che di danaro. Inoltre il metodo della vaccinazione a jet si è dimostrato privo di incenvenienti secondari rispetto alla vaccinazione per via intramuscolarc e molto più efficace di quest'ultima come capacità immunizzante. Il vaccino misto D.T.P. è stato somministrato in tre dosi così suddivise: la prima dose all'atto della prima visita clinica, la seconda dose a un mese di distanza e la terza dose a sei mesi dopo la seconda. Alla prima dose di vaccino è stato associato il vaccino antipolio somministrato per via orale; tra la prima e la seconda dose è stato somministrato il vaccino B.C.G. per via intradermica e il vaccino antivaiuolpsa per via pcrcutanea, mentre il vaccino antimorbilloso è stato associato alla terza dose di D.T.P. La quantità di ciascuna dose intradermica di D.T.P. consisteva in 0,20 ml di vaccino. I risultati della iniezione intradermica, con il sistema della iniezione a jet, sono stati


molto incoraggianti ed hanno uguagliato i risultati ottenuti con le iniezioni intramusco lari a mezzo delle siringhe comuni. Inoltre il sistema della inil7.ione intradermica a jet presenta rispetto a quello della iniezione intramuscolare i seguenti vantaggi: t) la quantità di vaccino D.T.P. da iniettare è inferiore a quella richiesta nella vaccinazione classica intramuscolarr; 2) le reazioni secondarie da vaccinazione sono molto inferiori; 3) con il sistema della iniezione a jet non si corre il rischio di provocare epatiti virali da siringa.

c. ARGHllTIJ GUERRA BIOLOGICA Biological Warfart> banm:d. (L11 m<-ssa al bando dt>lla Guara biologica). British Medicai Journal, 22 apri'c 1972, pag. 18o.

EmTORIALE:

Nell'aprile 1972, 50 Nazioni hanno sottoscritto a Londra, a Washington e a Mosca, una Convenzione sulle armi biologiche, in base alla quale gli Stari firmatari si impegnano a rinunziare a queHo tipo di arma e a distruggerne rune k riserve in loro possesso. In particolare gli stipulanti si impegna no a non produrre, a non acquistare, c a non accantonare, agenti microbici (comprc~c le rossinc) se non in quantità tali da giustificarne i1 loro uso profilanico a scopo pacifico. Le parti ~i impegnano inoltre a distruggere, entro nove me~i le scorre di agenti microbici c di tossine microbiche 111 loro possesso, e che fossero destinate ad essere impe gnate in un conflitto armato. Purtroppo il punto cruciale di qualsia~i accordo internazionale su un disarmo totale o parziale St:J nella difficoltà di mcrtcre in ano dci mezzi validi di contro!lo per accertare c.:vcntuali violazioni clandestine alle clausole contenute nell'accordo. Purtroppo la Russia resta sempre la grande incognita degli accordi sul disarmo che c~~:J sottoscrive, in quanro questa Nazione non an1mette controlli eli sorta sul suo territorio Controlli che d'alrra parte sono indispensabili per accertare se le Nazioni firmatarie: di un accordo sul disarmo si attengono scrupolosamente alle norme in esso contenute. ln quanto all'accordo sulla di~truzione delle armi biologiche nessuno sa ancora se la Russia sta mettendo in pratica o h a messo in pratica le clausole da essa accettate e sottoscritte. Gli Stati Uniti d'Amc:rica, d'ahro camo, hanno annunziato di aver dato inizio dal marzo ICJ72 alla distruzione sistematica di rune le loro scorte microbiche e di tossine de stinate alla guerra biologica. T ale distruzione sarà completata i n un periodo di sei mc~ i. Il Centro di ricerche per la guerra biologica di cc P ine J3l u ff >> c 1n via di trasformazione in un Centro di ricerche tossico logiche alle dipendenze dell'Amm inistrazione per il controllo dei cibi e delle sostanze med icinali. Anche il Centro di ricerca microbiologica di Fon Detrick è in via di trasformazione in un Centro di ricerca per la diagnosi c la terapia dei rumori maligni. Inoltre il Centro inglese di ricerche microbiologiche di Porton è in via di trasformat.ionc in un Centro di studio per la sperimentazione di sostanze anticancerose (per es.: produzione dell'enzima asparaginasi per la terapia della leucemia). l"ulla invece si sa ancora sul destino dei Centri russi di ricerca microbiologica che erano destinati allo studio della guerra biologica. C. ARGHITIV


SOMMARI DI RIVISTE MEDICO - MILITARI

IN T ERN AZIONALE RF.VUE INTERNATIONALE DES SERVICES DE SANTÉ DES ARMÉES DE TERRE, MER, ATR (A. 45• n. 5· 1972): M.alava/ L., Mautal~n R .: Il fattore medico nel pronto soccorso; Pratte J. W.: Le operazioni di pronto soccorso nel terremoto del Perù; N~ug~baucr M . K., Gibbs B. F., T olmi~ f. D.: Rapporto sulle operazioni di soccorso in occasione del terremoto del Perù; AndJ~Iski A., Sivic .1.: Il terremoto di Skoplje dal punto di \'ista medico; V an Acker. D~wadhqns, Van Dt'n Bcrghc: La missione militare belga di assistenza medica al Bengala; De Wilde: Considerazioni sul ruolo delle Forze Armate belghe durante le recenti catastrofi naturali; UdJus L.: Le unirà militari sanitarie nelle situazioni di emergenza.

ITALIA Al" N ALI DI MEDICINA :"-1AVALE (A. LXXV H, fase. III, luglio- settembre 1972): Russo D.: Complicazioni cd incidenti della linfoadcnografia; Luccardi V., Massoni S.: Problemi anestesiologici nella chirurgia della colonna vertebrale; Luccardi V .. Massa11 S.: Corpi estranei nell'albero respiratorio. Contributo clinico; Musiari C., Dt Franco S.: A proposito di un caso di cisticercosi multipla muscolare; Renda C.: Generalità sui tumori maligni dell'uomo; P~zzi G.: Calmetrc, medico di Marina.

FRANCIA REVUE DES CORPS DE SANTÉ DES ARMÉES TERRE, MER. AIR (vol. XIII. n. 4• agosto 1972): Ronflct: La rcspopsabilità del medico; Perdriel G.: La diagnosi delle discromatopsie c la sua applicazione alla selezione cromaùca nelle Forze Armate; Dc T o fio/: Considerazioni attuali sui di~rtori nciJc Forze Armate; Delahaye R. P., Kaiur M. R., Pfistcr A.: Problemi radiobiologici posti dai viaggi negli aerei da trasporto super'on ici. Esposizione dci primi risultati di un esperimento intrapreso a bordo del prototipo ,, Concorde».

LE MEDECIN DE RESERVF. (A. 68, n. 3, maggio · giugno 1972): Sue J. M.: L'in:.ufficienza renale ac uta nei politraumatizzati; Lazorthes G.: Traumatismi cranioverrebrali; Carr~ A.: La medicina navale c la sovranità dci mari.

GRECIA HELLENIC ARMED FORCF.S MEDICAL (vol. 6, n. 3, giugno 1972): Raisakis G., Mavrogiannis A.: Fa 1 ~c reazioni positi,·e per la sifilide dopo vaccinazione antivaio-


losa; Koutolidis C., De Tovar G.: La diagnosi dei tumori cerebrali. Arteriografia, scintigrafia e angioscintigrafia seriale in roo casi operati; Giamarellou E., Zoumbouli H. , Theophilopoulos A., Daìkos G.: Esperienze cliniche con la gentamicina; Bm·tsokas S. K.. Athanassiadis D., Karabali S., Katapoti Z., Kannas D.: Concetti attuali sulla sindrome cardioudiriva in uno studio su 446 casi di bimbi sordomuti Costantìnidis E., Trichopoulos D ., Kalaportkaki V., Papavassiliou f.: Relazione fra fattori socio- bio~ogici e intelligenza umana misurata con il test di Raven; Gogas f., Ge01·goulis B., Kotsianos G. , Balar·outsos C.: Carcinoma squamoso dell'ano; Aspiotis N., Elezoglou B.: Sui trasmcttiwri chimici; Giamarellou H .: La gentamicina; Paidousis M. , T sevrenis H.: Il significato dello studio dei gruppi sanguigni nella discussa paternità o maternità; Kosmopoulos K.: La diagnosi peritonealc; Polimenidis A.: La qualità dei prodotti alimentari; Papaconstantinou J., Voutsas S.: Illustrazione di un caso di disostosi mandibola - facciale; Himonas C., Voutsas D.: Sulla schistosomiasi imestinale importata in Grecia; Paraschos A., Chatzibalis E.: La poliradicoloneurite acuta infeniva quale complicazione di epatite virale; Kotsifopoulos P. N.: Problemi diagnostici nella sferocitosi ereditaria; Sophis G. , Panageas S., Tsigos A.: Su di un raro caso di un epitelioma familiare multiplo calcificato associato a lipomatosi dolorosa; Evangelou G. , Kevrekidis G.: Un caso di osteite del pube; Karadimas J. E. , Varouchfu G.: Dislocazione traumatica del tendine dell'estensore lungo delle dita.

INGHILTERRA JOURNAL OF THE ROYAL ARMY MEDICAL CORPS (vol. u8, n. 3, 19"J2): Webb J. F.: L'criologia della sprue tropicale come appare a Hong Kong c la relazione con il morbo celiaco; Michie f.: Il malassorbimento c la morfologia dell'intestino tenue nell'epatite infettiva; Glen D. W. F.: Rapporto sull'attività clinica dci servizi psichiatrici dell'Ospedale Militare inglese di Singapore (1969- 1970); Gavourin B., Levis W. H.: Su di un caso d i gemelli congiunti; Owen - Smith M. S.: L'adrenalectomia bilaterale nelle forme avanzate di carcinoma del seno; Quitln f.: Recenti progressi nelle apparecchiature per la purificazione dell'acqua; Cmvdy f. P., Lewthwatte C. f.: Il vizio del fumo nei giovani soldati. Raffronto tra le leve del !959 e 19(56.

JUGOSLAVIA VOJNOSANITETSKT PREGLED (A. XXIX, n. 6, giugno 1972): Britvic M.: Alcuni problemi riguardanti l'attitudine del servizio sanitario al lavoro durante il tempo di guerra; Piscevic S. e coll.: Lesioni iatrogene dci grossi vasi sanguigni; Ve/ianovski A. e colf.: Identificazione e dosaggio degli insetticidi organo - fosforici nella farina a mezzo della cromatografia in strato sottile durame operazioni campali ; Starcevic M. e coli.: Frequenza c possibilità di cura della carie dentaria nei soldati della Y.P.A.; Savicevic M. e coll. : Complicazioni oculari dopo vaccinazione antivaiolosa; Vuiosevic K. e coll.: Disturbi psichici nel corso di epatite vira'e acuta; Potkoniak D. e co/l.: Il ganglio n eu roma retroperitoncale.

ROMANIA RE VISTA SANITARIA MILITARA (n. 2, 1972): Olteanu M. , H orge!., Boeras F.: Valutazione dell'esame del fondo dell'occhio nelle malattie a carattere generale; Suteu l. ,


566 Vatùantt C., Cind~a V., Bucur Al. /., Comtantin~scu V.: Trattamento chirurgico delle arteriopatie croniche degli arti inferiori; Tarcov~anu Gh., P~tca Gh., Ploscaru V.: Studio clinico dei casi di appendjcite ospeda izzati in un reparto chirurgico nel periodo rgir 1970; Popucu A., Pop~scu M.: I prodoni fotoprotetdvi; Jancul~scu V., Mihailescu M., Barhulescu E.: Risultati di un 'indagine batteriologica sulle infezioni verifica tesi in un ospedale militare; Fleschin H . D., Surdulescu St.: Considerazione sul drenaggio transepatico della bile nella chirurgia dei doni epatici; Maxim B., Colesnicov Gh ., Szalay Fr., Botez A.: Considerazioni sulle miocardiocoronariti nelle forme infettive allergiche; Munteanu M.: L'esame del fondo dell'occhio per apprezzare il fauore di rischio vascolare; Roman C.. Rosea D.: La somminìstrazione in vitro di alcuni anticonvulsivanri c il loro effetto statmocinetico; Cali n A., Zacarescu Al., Comtantin l.: Considerazioni sull'incidenza delle malattie vascolari nelle reclute; Vasiliad M., A nton R.: Accertamento precoce dci cancri genitali e mammari femminili; Grigoriou C., Jchmtn A., Busi/a S., Jucu V., Boiu A.: Sulla disinfezione di picco1i quantitativi di acqua a mezzo di preparati iodici; lonascu A., Zelter E., Ch~lemen N.: Considerazioni sulla epidemiologia e pro filassi e sull'accertamento precoce di focolai di trichinmi.

SPAGNA REVISTA DE SANIJJAD MILITAR (vol. XL'CLV, n. 5, maggio 1972): Mingo Lopez /. : Apprezzamento fonocardiografico delle cardiopatie; Gtttierrez Dtez D.: Cure intensive postopcratorie nell'infermo chirurgico cardiopatico; Segovia Vergas D.: Anestesia durante la circolazione extra corporea; Redondo / . A/.: Anomalie congenite cardiache c anestesia.

U .S.A. MILITARY MEDICINE (vo!. 137, n. 3, marzo 1972): Pcdin E., Ryan T. F., Eber·sole f. H., Wilson T. H., Moquin R. B.: Diagnosi laparatomica c splenectomia nel decorso del linfogranuloma maligno; Marantz C., Roth D. D.: La malania sistemica delle Mast- Ccllen. Linfoma maligno e paraprotcinc IgG; Akers W. A.: Linfonodi inguinali nella urctritc gonococcica; Boe G. P., V an Chinh T.: La programmazione delle trasfusioni sanguigne nel Viet - Naro; Ctanct P., Donahoo S., Minog ue T., Stav~ R.: Lo Stress come fattore di sviluppo delle forme cliniche di malaria; Morgan f. R., Fork~ A. D.: Elettrocardiogramma nella Mcnosi ipertrofica sottoaortica; N ai! R. L., Gunderson K. E .. Thompson F. A.: Studio preliminare sull'abuso della droga tra pazienti psichiatrici; Reinstein M.: Le droghe c il mt·diw mi1itare.

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NOTIZIARIO

NOTIZIE MILITARI Promozioni nel Corpo Sanitario Militare.

Da Ten. Colonnello a Colonnello Medico in s.p.e. : Castro Giuseppe Da Maggiore a Te n. Colonnello Medico in s.p.e.: Floriddia G iovanni Barzelloni Terenzio D i Capua Giovanni Mosch~tti Paolo A tutti i neo- oromosxi le più vit;e congratulazioni del nostro Giornale.


INDICE DELLE MA TERIE PER L'ANNO 1972 LAVORI ORIGINAL1 ARGH i rrt:

C. : Malaria

Pag.

473

BALESTRIERI A.: No ~ografia c struttura della psiconevrosi

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530

BASILI L., CrcERO L., GrAN~H V., MASSA S. : Ricerca contemporanea del rame e del piombo nei prodotti animali scatolati .

)l

438

BENllDETTI A., MERLI G. A., CosTANTINI F. E., MANZtK E., MARrN G.: Papilledema post · traumatico

)>

ll

BENEDETTI A .. MERLI G. A., CosTANTINI F. E.: Ri~ulrati immediati ed a di. stanza ddl'esportazione parziale dei rumori dell'acustico .

))

325

CAPO A., FAvuzzr E.: Osservazioni sui tumori primitivi del rachide .

"

241

"

352

CAZZATO A., MELORro E. : Il paracadutismo nell'ambito della collettività militare - Studio della personalità e correlazioni col test di Rorsch ach .

)>

)I

CrcERO L., GIANNI V., MASSA S., BAsru L.: Ricerca contemporanea del rame e del piombo nei prodotti animali scatolati .

)>

438

"

32 5

CosnNnNr F. E ., MERLI G. A., BENEDETTI A., MANZIN E ., MARrN G.: Papilledema post · traumatico

l>

11

CuccrNtELLO G., LuNA E . : Assenza congenita bilaterale della rotula associata ad inconsueta alterazione del cingolo pclv ico .

>•

283

"

208

CARBONI G. P. : Tpersensibilità alla penicillina: considerazioni su 122 giovani sottoposti a intradermoreazione .

CosTANTINt F . E ., BENEDETTI A., MERLI G. A. : Risulcati immediati cd a distanza dell'esportazione parziale dei tumori dell'acu stico .

Dr LEo P., FAvuzzr E . : Evoluzione clinica c radiografica delle pseudoartrosi diafisarie trattate con trapianto corticale applicato con u na nuova metodica D t M ARTINO M .: Andamento della rosolìa nell'Esercito italiano dal 1952 al 1970

"

70

)l

344

"

17

FAVUZZI E., CAPO A.: Osservazioni sui tumori primitivi del rach ide

)l

241

FAvuzzr E., Dr LEo P.: Evoluzione clinica e radiografica delle pscudoartrosi diafisarie trattate con trapianto corticale applicato con una nuova metodica

l>

208

Dr M ARTINO M. : La rumorosità come problema di igiene ambientale FARINA A.: La malattia reumatica nelle Forze Armate italiane .

FAVUZZI E., TuccrARO~E R. : Valutazione medica di idoneità alla guida dci conduttori di automezzi militari .

)l


GtAN:-<t \'.. CtcERO L., MAs~.\ S.. BASI LI L.: Ricerca contemporanea dd rame e del piombo nei prodotti animali ~carolati .

Pag.

438

Lt "1A E., Cucct:-~tELw G.: Assenl:a congenita bilaterale della rotula as!.OCiara ad inconsueta alterazione del cingolo pelvico .

••

283

MANZIN E., MERLI G. A., BF.KJ:.Df:.1'Tt A., co~TANTINI F. E., MARI'- G.: Papil ledema post- traumatico

,,

11

Mi\RIN G., Mt::RLI G. A., BENJ:.UE'I"I 1 1\ .. CosTANTTNt F. E., MANZI N E.: Papillcdcma post- traumatico

"

11

MASSA $., CtcERO L., GtAr\Nl V., B"~tLt L.: Ricerca contemporanea del rame c del piombo nei prodotti animali scawlati .

"

438

1

M~ZZETTt G.:

Ecologia medica (Il dc,uno dell'uomo)

385

MF.LCHIOSOA E.: Medicina magica c medici magi .

·•

115

MmcmONDA E.: Spunti di deontologia mçdica militare

,.

22R

Mm.CIIIONDA E.: '' Giuramento c~tivo » . Appunti di fisiopatologia del circolo. La sincope da ortostari~mo .

>l

394

Mt.t.ORIO E .. CAZZATO A.: li paracaduti~mo nell'ambito della collctuvttà mi! irare - Studio della personalità c correlazioni col test di Rorschach .

»

51

"

325

"

11

M~::RLI G.

A., BENEDETTI A., Cosnsn~t r. E.: Risultati immediati cd a di-

~ranza dell'esponazionc parziale dci tumori dell'acustico .

MERLI G. A., BENEDETTI A .. co~TANTI:-JI F. E., MANZIN E., .\1ARI' G.: Papilledema post- traumatico 0RStNt M.: L'eliporto dcll'O>pcdale Mi'itarc di Caserta e l'esercitazione sperimentale di soccorso aereo "Caserta r J>

544

PFI LEGRI - FoRMENTit.;I U., Por C.: Esperimenti su topi trattati con alfatocofcrolo e successivamente ~ottoposri a panirradiazionc Parte l . Pt.LLECIU- FoRMEKTINt U., Por C.: E>pcrimenti su topi trattati con alfatocofcrolo e successivamente sottoposti a panirradiaziont: - Part<· lT .

..

P~:.-.ctliLLESI E.,

URctt:OLO 0., \'IOLA S.: \'ariazioni del flusso muscolare studiato con 133Xenon in gio' ani normali prima e dopo addestramento. ~ota introduniva .

Pov C., PELLJ:.CRI -fOJU.JJ:.NTtNt U.: E~perimenti su topi trattati con alfa tocofcrolo c successivamente ~ottopos ti a panirradiazionc - Parte l .

,,

251

))

1)6

Pov C., PEt.LEGRt - FoJU.1J::N1t Nt U.: E'pcrimenti su topi tr::tttati con alfatocofcrolo c successivamente sottopo;ti a panirradiazione Parre Il .

Il

258

REctMTO E.: I principi umanitari ndlc cc Convenzioni di Ginc\·ra , cd il loro valore giuridico

,,

REct~ATO E.: Un'insidia mortale: 1a \'ipcra .

.

RuccERt P.: Fattori di ri'>Chio coronarico: cardiaco?

po~~ibilirà

33 2 503

di prcwnire i'infarro ))

409


570 SANTELLA l.: Diagnostica ecografica in oftalmologia .

Pag.

SBAAAO B.: Il problema della droga ScuRo L. A.: Attualità in tema di diagnostica delle malattie del pancreas esocrino . TRABUCCIII C.: La neurosi: riflessi soggettivi ed obieuivi nell'ambito della vita militare . TucCIARONE R., FAvuzzt E.: Valutazione medica di idoneità alla guida dci conduttori di automezzi milirari .

)l

..

536

"

URCtUOLO 0., VIOLA S., PESCIULLESI E.: Variazioni del flusso muscolare studiato con 133Xenon in giovani normali prima e dopo addestramento. Nota introdutti,·a .

251

Vt:ccmo:-~I

R.: L'ernia dello jarus esofageo: un problema di indicazioni e di tecnica chirurgica

VtOI.A S., URCIUOLO 0., PESCIULLESt F..: Variazioni del flusso muscolare studiato con 1B3Xenon in giovani normali prima e dopo addestramento. Nota introdutriva .

425

\)

251

NOTE EDITORIALI SU ARGOMEKTf DI ATTUALITA' ARCIIITT\1 C.: L'antigene Australia (Au) e le epatiti virali .

Pag.

RECENSIONI DI LIBR I Pag.

85

BouvRAtN Y.. WAYNBERGER M., GAvELt.E P.: A propos cles frontières cles myocardiopathies primitivcs non obstructives .

Pag.

447

BRUCE R. A.: Two hundendth annivcrsary of sclf- prediction o( suddcn, cxertional cardiac death .

,,

560

Bt:Rcu G., PHtLLIPS J. H., DE PASQUALE N. P.: Cardiac causalgia and hoarseness

\1

PASTORE G.: Patologia oculare dcU'ctà evolutiva .

RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

CARDIOLOGIA

Cou)tEL Pu .. \VAYNBERCER :M., SLAM.\ R., BouvRAI!': Y.: Le syndrome du P R court, avec complexe QRS norma! CRtSTAL N., STERN J., GuER0:-.1 M.: Atriovcntricular dissociation in acute rheumatic fcvcr

•• l)

56o


57[ EcKBERc D. L., Ross J. Jr., MoRGAN J. R.: Acquired right bundle . branch block and left anterior hemiblock in ostium primum atrial septal dcfect

Pag.

300

))

30!

GALLEZ A.: Allongement de Q -T et syncopes, sans surdité : le syndrome de Romano- Ward

))

449

Gt.ANcv D. L., MARcus M. L., EPsTEIN S. E.: Myocardial ìnfarction in young women wìth norma! coronary arteriograms .

))

HEUYLLET G., BouRDON A., SAADJIAN A., Jouvy:; A. : Diagnostic cles insuffisances mi trales d'expression phoniques atypiques par Ics épreuves clinico pharmacodynamiques

))

H umn A. M. jr., D rNSMORE R. E., WILLERSON J. T., DE SANCTIS R. W.: Early systolic clicks due to mitra! valve prolapse .

))

FoRTUIN N. J., CRAIGE E. : On the mech anism of th e Austin F li ntxmurmur

IoAN AL.: Le dédoublement du second bruit du coeur dans le rétrécissement mitra! JoHANSSON B. W ., JoRMING B.: H ercditary prolongation of QT imerval . H ., T ucKER S. L.: Myxoid changes in cardiac valves: pathologic, clinica!, and ullrastructural studies

1 73

))

))

KERN W.

LAcEROF H.: Influence of body position on exercise rolerance, gherat rate, blood pressure, and respiration rate in coronary insufficiency . LAKIER J. B., FRITZ V. U., Pococx. W. A., BARLOW J. B.: Mitra! components of the first heart sound .

)l

s6o

))

)!

L ENÈGRE J.: Myocardiopathies non obstructives primitives LIBRETTI A., ScHWARTZ P. J., GRAZI S.: A cardiac murmur d cpending on the Wolff • Parkinson - White syndrome

))

MAssrNc G. K., jAMES TH. N.: Conduction and block in the right bundle branch Mc D oNALO A., HARRIS A., J EFFERSON K ., MARSHALL J., M c DoNALO L.: Association of prolapse of posterior cusp of mitra! valve and antrial septal d efect MOORE E. N., MO!NEAU J. P., PATTERSON D. F.: Incomplete rìght bundlc branch block. An electrocardiographic enigma and possible misnomer MuELLER H. et al.: Effect of isoprotere nol, 1-norcpinephrine, and intraaortic countcr-pulsation on hemodynamics and myocardial metabolism in sh ock following acute myocardial infarction .

))

92

))

175

..

PERNOT C., HENRY M., A1cu: J. C.: Syndrome cardio. auditif de Jervcll C[ torsades de poimes PococK W. A., BARLOw J. B.: An association between the bìllowing posterior mitra! leaflet syndrome and congenita! heart disease, particularly arrial septal defect .

"


57 2 PurcH P., GROLLL\U- RAocx R., LATOUR H., C.uAsso:-~ l , R<stN ). M., BAtssus C., GtLBERT }.f.: Diagnostic des blocs tronculaircs hisiens par l'rnrcgistrement endocavirairc et la ~rim ulation du faisceau dc Hi~ . R.o\1\GAMTHAN ·., DHuRA:-;OJtAR R., PII!LLJPS J. H. , WtGLE E. D.: His bundle elecrrocardiogram in bundlc - branch block

Pag.

300

))

361

RonBAiìD S., LtnANOFF A. ]. : Thc mitra! closing snap

))

SciiUII.ENRilRC R. M., DuRRER D.: Conduction disru rbances located within the H is bundle

))

SuABETAt R., DAvmso:-~ S.: Asymmerrical hypertrophic cardiomyopathy sJmulating mitra! stenosi~

36?

StEVt.RS )AK, HALL PAt:L: Incidencc of acute rheumatic fever .

93

SoMF.RVJLLE J., Bm-.."HAM- CARTER R. R.: The heart in lenrigino~is

302

$PRINC D. A., F oLTS J. D .. YouNG W. P., RowE G. G.: Premature c1osure of thc mitra! and tricuspid valvcs . STEEl.MAN R. B., WHtTE R. s.. II IL L. J. c., NAGLE J. P., CILE'n'LJN M. D.: Mid sy~rolic clicks in artcriosclcrotic heart diseasc. A ncw facet tn thc clin ica! syndrome of papillary muscle dysfunction

1

74

STocK ). P. P.: New fromiers in arrhvthmias . STROK(, \V. R., DowKS T H. D., Ll ESMA:'-1 lcsccnt electrocardiogram

r., LIESOWITZ R.: Thc norma! ado-

TALt.IIRY V. K., DE PASQtJALE N. P., BuRcH G. E.: The echocardiogram 111 papillary musde dysfunction T oMPKtNS D. G., BoxERBAUM B., Lu~BMAN J.: Long- term prognosis of rheumatic fever patients rccciving rcgular intramuscular bcnzathinc penicillin

301

CHIRURGIA 1

EWMA:s M., HAMSTRA R., BLOCK M. : Use of banked autologus blood 111 clcctive surgcry

..

EPA1'0PATIE STANLFY N. N., WooncARE D. ). : The circulation, the lung, and finger clubbing in heparic cirrhosis

GUERRA BIOLOGICA EDITORIALE: Biologica! Warfare banncd (La messa al bando della Guerra biologica)

))


573 !GlENE ALIMENTARE TtccA M., TOMASSl G.: Conservazione· degli alimenti con il freddo: metodi e influenza sul valore nutritivo .

Pag.

r7o

)l

445

EotTORIALE : Amibodies against tumours

))

88

EotTORIALE: B.C.G. By Jet Injection .

l)

IGIENE NUCLEARE SPAZLALE G., DELLA MAcGIORE U., VENTURINI E.: Smaltimento dei rifiuti radioattivi nell'uso clinico dei radioisotopi. Nota r .. : Indagine sulla radioattività delle acque di scarico a provenienza ospedaliera .

IMMUNOLOGIA

IMMUNOPROFILASSI STANFIELD J. P., BRACKEN P. M., W ADDEL K. M., GALL D.: Diphteria- T etanus- Pertussis Immunisation by intradermel jet injection (Immunizzazione contro difterite, tetano e pertosse a mezzo dell'iniettare a «jet >>)

))

MALATTIE INFETTIVE CtHAROrrr C., GRAZIANO F.: Andamento epidemiologico della poliomielite i n Italia .

"

169

CHRtSTY J. H.: Pathophysio ogy of gram- negative shock

,.

!l6

EotTORLALE: Lassa Fever (La febbre di Lassa) .

)l

s6r

EDITORIALE: New influenza (Il nuovo virus influenzale)

>>

446

EotTORIALE: Zoster and Hodgkin's Discasc

))

s62

1

MALATTIE PARASS!TARIE EDITORIALE: Tetracyclines for malaria. (Impiego delle tetracicline nel trattamento della malaria) .

))

MALATTIE VENEREE ScHROETER A. L., TuRNER R. H., L ucAs J. B., BROWN W. J.: Therapy for incubating Syphilis. Effectiveness of Gonorrhea treatment. (Efficacia del trattamento antigonococcico anche contro la sifilide allo stadio di incubazione) .

))

r6<)


574 .WEDICINA INTERNA SATJNDER WL, StNGHAL S. :-J., B uRLEY D . .\1., CRo~~uw G.:

Effecr of rifam-

picin and isoniazid on liver function .

Pag.

171

MEDICINA SPAZIALE

H. J. : Comparative cvaluation of radi:uion environment m the biosphere and in spacc

ScrrAEFER

SOMMARI DI RI\'ISTE MEDICO MILITARI Pagine: 94, 95, g6, 97, yS, 1 77• 178, 1 79> t8o, 369, 370, 371, 45 1 • 452, 453• 454, 455•

564, s6s. s66.

NOTTZIARIO

Notizie tecnico -scientifiche

Pagine: 99, 100, 101, 102, 103, 104, IO). rc6, IOJ, 181. 182, t8:;, 1 4, tSj, 186, 187, t8!l, 189, 190, 191, 192, 193. 194, 195, t9fj, 372, 373, 374· ~75· ~76, 377• 378, 379• 380, 3 r • 382. 383, 384, 456, 457• 45 • 459, 400, 461, 462, 463, 404, 4C5. 466, 467, 468. 46cJ· Conferenze

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Necrologio Pagina: 471.

Direttore rt:JponJabile: T en. Gen. Mcd. Dr. Uco PAn:-;TJ Redattore capo: Magg. Gen. Mcd. Prof. C. MGHITTU Autorizzazione del Tribunale di Roma al n. 944 del Registro

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TIPOCRAFIA REGIONALE • ROMA • 1972.


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