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GIORNALE DI MEDICINA MILITARE 1971

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GENNAIO · FEBBRAIO 1971

ANNO 121° - FASC. l

GIORNALE DI

MEDICINA MILITARE PUBBLICAZIONE BIMESTRALE A CURA DEL SERVIZIO DI SANITÀ DELL'ESERCITO

DIREZIONE REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE MINISTERO DEllA DIFESA-ESERCITO- ROMA Spedizione in abb. post. - Gruppo IV


GIORNALE

DI

MEDI C INA

MILITARE

MIN ISTERO DELLA DIFESA- ESERCITO -

ROMA

SOMMARIO DAt:-IELLl C.: Moderni orientamenti nella terapia ropica delle mtioni LtCCIARDELLO S., Losr M., MAIDIESCHI P.: Considerazioni clinico- radio logiche su alcuni casi di distopia renale .

28

S., TucciARONE R., CREAZZOLA M.: Sui processi ili rivascolarizzaz1one negli impiar1ti osteoarticolari autoplastici .

50

TucctARONE R., Punnu G. : Su un di~positivo per narcosi con fluotano per chirurgia sperimentale

62

RuscoNr C.: L'oscillografia demonica nello studio delle variazioni angiodinamiche indotte dalla postura negli arti inferiori di soggetti sani

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SANTORI F.

NOTE EDITORIALI SU ARGOMENTI DI ATTUALITA': AROHITTU C.: La riforma del Servizio ~anitario nazionale .

RECENSIONI DI LIBRI .

94

RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI .

95

SOMMARI DI RIVISTE MEDICO -MILITARI . NOTIZIARIO: Notizie tecnico- scientifiche

I08

Preparazione scientifica dd medico - Progressi dellJ medicina '9ìO Con il computer. maggiore cfficicnz~ negli ospedali italiani - Medicina e autom.1ziont: contrahuti attuali e prospettive future - L 'automnione nell'assistenza sanilaria - Memoria elettroni~ a disposizione dci medici - Polemiche per le operazioni di cardiochirurgia all'estero.

Congressi

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ANNO 121 • fASC . l

GENNAIO · fEBBRAIO 1971

GIORNALE DI MEDICINA MILITARE PUBBLICATO A CURA DEL SERVIZIO SANI TARI O DEll'ESERCITO

ISTITLTO DI PATOLOGIA SPI:C I.\f.E CH!RURGIC,\ 1-. PROPEDECTICA DELL'UN IVERSITÀ DI MILANO

CLl~ICA

Dirctt<lre: Prot. L. G \LLO~E OSPEDALE MlllT•\RE PRI'>CIPALE DI MILA:-;'0 Direttore: Col

\led. t.SG Prof. T. LI Hl

MODERNI ORIENTAMENTI NELLA TERAPIA TOPICA DELLE USTIONI Ten. Col. Med. Dott. Corrado Dainelli (LD.) Capo Reparto Chirurgia

INTRODUZIONE

Negli ultimi 30 anni la mortalità per ustioni è molto diminuita: in buona parte, questa flessione deve essere attribuita alla riduzione del l 'indice di mortalità per le ustioni estese fino al 6o% della superficie corporea, ma soprattutto per quelle che interessano m eno del so %, poichè le ustioni che coprono invece più del 65% del corpo rimangono tuttora letali nella grande maggioranza dei casi. Lo shock ha cessato di essere una delle cause più comuni di morte dell'ustionato. Persino lo shock consecutivo a lesioni termiche coprenti dal so all'8s% del corpo viene ora trattato con successo, quando si somministrino in quantità sufficiente le sol uzioni bilanciate di sali di sodio, sul tipo della soluzione di H artmann. Tra le possibili cause di morte consecutiva alle ustioni, anche le insufficienze renali ed epatiche sono divenute assai meno frequenti di quanto avveniva in un'epoca tuttora recente. Come principali cause di morte degli ustionati si devono attualmente considerare la denutrizione e le infezioni generalizzate. Per un secolo furono Nota. - Il lavoro è giunto in redazione il 5 ottobre 1970.


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ricercate le cosiddette « tossine da ustione » e numerose sostanze chimiche furono incriminate. In epoca più recente fu anche tentata la dimostrazione di autoantigeni da ustione. Tuttavia, mancando i mezzi atti a prevenire le colonizzazioni batteriche sulle aree ustionate, nemmeno era possibile valutare la parte rappresentata da tali ipotetici fattori tossici nella patologia delle ustioni. Dieci anni di osservazioni compiute sugli animali da esperimento e sull'uomo hanno ora permesso di riconoscere, come causa principale dell'ipercatabolismo che segue al trauma termico, l'accelerata perdita del calore di evaporazione attraverso la cute ustionata, nelle comuni condizioni ambientali e con gli attuali metodi di trattamento. Un metodo di trattamento sperimentato nel Centro di Hartford consisteva nel bagno continuo in soluzione di Locke, con aggiunta di fosfato sodico. Presso quel Centro fu allestita una vasca di acciaio inossidabile da 6oo litri, provvista di controllo automatico delle temperature c di un microfiltro. Appena giunti al reparto gli ustionati con lesioni cutanee a tutto spessore, estese dal 30 al 90% della superfice corporea, venivano immersi nel bagno e qui tenuti fino al distacco dell'escara o fino alla scomparsa di complicazioni settiche. Nel bagno i pazienti si sen tivano a loro agio, potendo muovere le parti ustionate liberamente e senza dolore: inoltre si nutrivano a sufficienza e non diminuivano di peso. I quozienti del metabolismo basale erano normali . L'escara veniva via rapidamente, senza sanguinamento e dolore. Non era necessario alcun narcotico o sedativo. L'equilibrio idrico ed elettrolitico era mantenuto, senza somministrare oralmente o per vena sali, oltre a quelli della dieta. Ciononostante intervenivano infezioni da Ps. aeruginosa e altri germi insensibili agli antibiotici. Queste infezioni comparivano durante il bagno e, dopo l'allontanamento del paziente dal bagno, nelle zone trattate con autotrapianti cutanei. Il numero dei microrganismi nel bagno era già « astronomico » un giorno o due dopo che il paziente vi era stato posto, benchè la soluzione del bagno venisse filtrata attraverso microfiltri in serie, sterilizzata agli ultravioletti e rinnovata ogni 4 ore. Il numero medio di germi per ml di soluzione del bagno, un'ora dopo il ricambio, era di circa I x 106. L'aggiunta di iodophor concentrato non assorbibile prontamente sterilizzava il bagno, dopo che ad essa si era aggiunto un litro di brodocoltura di 24 ore di Ps. aeruginosa in assenza del paziente; ma produceva soltanto una fugace riduzione (un'ora) nella crescita dello Pseudomonas e di altri germi, quando nel bagno era immerso un ustionato. Il bagno con soluzione di Locke con sentì tuttavia di trarre varie conclusioni:


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1) le ferite da ustione erano indolori in tutti gli stadì, se ricoperte da una soluzione isotonica bilanciata della stessa composizione del plasma, eccettuate le proteine; 2) le alterazioni dell'equilibrio idrico ed elettrolitico, che compaiono in pazienti tratta6 con l'esposizione all 'aria o con bendaggi asciutti, non intervenivano fìnchè il paziente era nel bagno; 3) il bagno riduceva l'evaporazione e le altre perdite di calore e il paziente manteneva il suo peso corporeo con una dieta normale, anche quando la superfice ustionata raggiungeva il 6o%; 4) l'escara poteva essere allontanata senza dolore, senza sanguinamento e senza l'uso di anestetici generali. Tuttavia, l'impossibilità d'impedire la crescita dei germi patogeni nel bagno e sulla ferita annuJiava tutti questi bene.fìd e non si conseguiva l'unico risultato di abolire le sofferenze prima che il paziente morisse per sepsi nel bagno o prima che la ferita, detersa dalle parti necrotiche, permettesse di dare inizio ai trapianti. Quando il paziente doveva essere rimosso dal bagno il dolore ricominciava. Queste esperienze hanno aperto la strada ad altri metodi, attualmente seguiti al fine di prevenire la sepsi, di allontanare l'escara senza anestesia e senza emorragia, d'impedire l'emaciazione e infine di liberare durevolmente l'ustionato dal dolore. Il bagno con soluzione di Locke conserva pertanto una funzione notevole ma non esclusiva nella terapia delle ustioni, servendo precipuamente ad affrettare il distacco dall'escara, ad accertare il numero dei germi che crescono sulla ferita e ad eseguire quegli esercizi indolori delle estremità ustionate, che prevengono le anchilosi e le atrofie muscolari. Nelle aree ustionate sono precocemente dimostrabili numerose specie di germi patogeni, da cui dipendono le complicanze infettive; perciò uno dei cardini terapeutici dovrebbe consistere in un metodo adeguato di antisepsi, dal momento che la contaminazione avviene prima che l'asepsi possa essere instaurata. Ma anche nella terapia basata su questo principio non sono mancate le delusioni, per guanto numerosi mezzi si siano impiegati allo scopo di sterilizzare le aree ustionate, senza ledere gli strati cutanei risparmiati dalla lesione. Nemmeno i sulfamidici e gli antibiotici applicati in creme e in lozioni hanno dimostrato quella efficacia protettiva che era lecito sperare (I). Quali sono, in primo luogo, i requisiti ai quali d?vrçbbe rispondere una sostanza antisettica applicabile Én sede di ustione? Moyer così li enumera: I) la sostanza non deve essere tossica, qualora venga assorbita; (1) In Inghilterra (1957) Colebrook, per qualche tempo, ha utilizzato la penicillina in polvere sulle aree ustionate mentre Weisbren e Coli. (1g61) impiegarono localmente per vari anni una tintura contenente un'associazione di agenti antibatterici. Questi due metodi non hanno dato risultati imoraggianti in mano ad altri e non hanno avuto larga diffusione.


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2) deve essere solubile in acqua, affinchè la perdita di calore legata all'evaporazione si riduca al minimo, mentre si compie l'antisepsi; 3) deve avere un'azione antisettica prolungata; 4) non deve uccidere ciò che è ancora vitale nella ferita, nè interferire con la proliferazione dell'epidermide o con l'attecchimento dei trapianti cutanei; s) non dovrebbe avere potere antigeno; 6) non dovrebbe permettere la com parsa di cepp1 patogeni ad essa resistenti; 7) dovrebbe essere di facile reperibilità. In base a questi pu nti di vista, le precedenti espenenze si possono così nassumere: - i fenoli e il betanaftolo uccidono l'epidermide normale, vengono assorbiti, sono nefrotossici ed epatotossici; - i sali inorganici solubili di mercurio sono assorbibili e fortemente tossici; - i mercuriali organici sono inefficaci come batteriostatici nelle arce di ustione; - l'acido pricrico è assorbibile e tossico per fegato, reni e cervello; - il nitrato d'argento IO% è c-ausa di n ecrosi; - lo iodoformio è assorbi bile e tossico; - gli antibiotici hanno proprietà antigene e durante l' uso locale di essi compaiono ceppi di batteri resistenti; - lo stesso può dirsi dei sulfamidici solubili; - il nitrofurazone è antigene, assorbibil e, tossico e non batteriostatico per Ps. a~mginosa e numerosi altri microrganismi che infettano le ustioni ; - il tribromofenolo (Xero(ormio) è inefficace come batteriostatico per stafil ococchi e Ps. aeruginosa; - i coloranti (violetto di genziana, verde di cresile, blu di metilcnc cd altri) sono inefficaci come batteriostatici nelle ustioni profonde. Lo studio della letteratura riguardante le proprietà antisettiche dei metalli e dei loro sali indusse Moyer a riesaminare secondo i criteri suddetti le proprietà dell'argento e dei suoi sali. Le sostanze di questo gruppo soddisfano il primo requisito: infatti l'argento in soluzione colloidale ed i suoi sali solubili sono atossici, fuorchè in forti dosi, quando vengono assunti attraverso l'apparato gastro- enterico; in tal caso l'argento si fissa nelle pareti delle cellule e nelle fibre connettive in forma di protcinato d'argento, limitan dosi a produrre una colorazione grigia del la pelle e delle mucose, nota come argiria. Se posti su una ferita, il metallo colloidale e i suoi sali non vengono assorbiti ed anche i sali solubili vengono convertiti in forme insolubili di combinazione con le proteine.


5 E' soddisfano inoltre il secondo requisito, poichè l'argento metallico in forma colloidale è stabile in acqua, in soluzione salina 0,9% e in soluzione di Locke. Anche il nitrato, il lattato e l'acetato d'argento sono solubili in acqua, benchè siano farmacologicamente incompatibili con molte soluzioni saline biologiche. Questo avviene perchè, attraverso scambi ionici, il metallo viene precipitato in forma di sale insolubile, principalmente come cloridrato e carbonato, così perdendo la capacità di produrre la batteriostasi nella profondità dell'escara. L'argento e i suoi composti soddisfano anche il terzo requisito. Infatti l'azione antisettica dell' Ag atomico e dei suoi sali solubili è prolungata. I composti che si formano alla superficie della ferita, come i proteinati d'argento e l 'ossido d'argento, sono batteriostatici in concentrazioni deboli e battericidi in concentrazioni maggiori. A ciò si aggiunga la liberazione di Ag atomico per dissociazione elettrolitica. Il quarto requisito è soddisfatto dall'uso di sali d'Ag se questi sono in concentrazione appropriata. Quando le aree cutanee datrici di innesti OllierThiersch (0,20- 0,25 mm di spessore) vengono coperte con soluzioni di nitrato d'Ag 0,5%, la riepitelizzazione avviene con prontezza, tanto che si può prelevare un altro innesto dalla stessa zona 14- 21 giorni dopo il precedente. Per quanto concerne i lembi liberi innestati, questi attecchiscono e rapidamente si estendono per proliferazione quando vengano tenuti sotto impacco di Ag . o; mtrato 0,5 o . Non vi è alcuna dimostrazione di antigenicità dell'argento in qualsiasi forma (quinto criterio). Nulla si può dire a tutt'oggi sul punto 6. Infine l'uso dei sali d'Ag soddisfa il settimo requisito, perchè l'Ag e suoi composti sono facilmente reperibili.

IL METODO DI MOYER

La copertura con strati spessi di garza continuamente inumidita con soluzione acquosa di nitrato d'argento 0,5 °~ (29,4 mEq Ag+/ 1) e cambiata una o due volte aJ giorno produce la batteriostasi di molte specie batteriche nelle aree di ustione a tutti gli stadl. Questa medicazione esercì ta peraltro un'azione batteriostatica incompleta per le specie Paracolon, Klebsiella, Aerobacter e per un certo numero di saprofiti coltivabili dalla pelle umana normale. Invece l'azione batteriostatica è intensa per lo Staph aureus, per gli strepto· cocchi emolitici e, almeno di regola, per il piocianeo e il colibacillo. Ciò fu visto anche quando la medicazione col nitrato d' Ag veniva eseguita su ferite già ampiamente infette. A parità di superfici ustionate, durante il trattamento con nitrato d'Ag la carica batterica che si raccoglie nel bagno costituito da 450 litri di soluzione


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di Locke varia da un centesimo a un milion.esimo di quanto si osserva nel corso del trattamento con bendaggio occlusivo o del bagno salino continuo o dell'esposizione all'aria. Nei casi trattati con nitrato d'Ag o,s% non furono mai osservate complicanze setticemiche (Moyer). Inoltre non fu mai dimostrata la comparsa di ceppi resistenti al nitrato d'Ag, dopo che le prove iniziali avevano dimostrato la sensibilità della specie batterica in esame: a tale conclusione Moyer è giunto al termine di osservazioni condotte per sette mesi, con oltre 1.300 esami colturali. Una sola volta fu notato un ceppo di Pseudomonas aeruginosa resistente all'azione della soluzione o,s %; la sua crescita su agar era inibita, quando la concentrazione del nitrato di Ag veniva portata ali' I %. Tale ceppo fu isolato dalla cute di un paziente dopo che la medicazione con nitrato di Ag era stata interrotta per una settimana e sostituita con impacchi di soluzione di Locke. Nel Centro ustionati di Hartford, in cui Moyer ha condotta la sua esperienza di terapia locale, benchè fossero stati ammessi diversi ustionati già ampiamente infetti da Stafilococco aureo, non si videro mai infezioni stafilococciche crociate nei pazienti che già erano in corso di trattamento con Ag nitrato, nonostante .la vicinanza di letto. Si noti che nello stesso tempo venivano eseguite quotidiane immersioni nella soluzione di Locke, in mancanza di luce ultravioletta e di filtrazione d'aria, mentre l'unica precauzione asettica consisteva nell'uso di guanti e di strumenti sterili per il cambio delle garze. Fu visto un solo caso d'infezione crociata da Pseudomonas, da un paziente già curato altrove con nitrofurazone ad un altro paziente le cui ustioni, già trattate con Ag nitrato, venivano in quel periodo medicate con un preparato di Ag colloidale. Si trattava di tre distinti ceppi di piocianeo, che in due settimane di trattamento con Ag nitrato scomparvero dalle superfici ustionate di entrambi i pazienti. Durante i sette mesi di osservazione il personale sanitario non usò vestaglie sterili o maschere, nemmeno durante gli innesti cutanei. Ai familiari fu permesso di assistere i degenti e anche di eseguire le medicazioni. L'aria dei reparti non era filtrata nè sterilizzata con raggi ultravioletti. I fogli di garza, ritagliati a mani nude da larghi rotoli, non venivano sottoposti a sterilizzazione prima di essere immersi nella soluzione di Ag nitrato e quindi applicati sulle superfici ustionate. Tuttavia non fu mai vista, nel corso di tale trattamento, un'infezione da Stafilococco aureo o da Streptococco beta- emolitico. Il nitrato d'Ag macchia di nero tutto quello che tocca, con l'esposizione all'aria. In un reparto in cui esso venga usato sono adatti pavimenti neri e pareti pure nere fino a m 1,5 di altezza. Inoltre bisogna tenere separate, per la lavanderia, le forniture dei letti, la biancheria, gli indumenti di medici ·ed infermiere, perchè, una volta che siano stati a contatto con la soluzione, non è più possibile usarli al di fuori del reparto. Prima dell'esposizione alla luce

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solare si possono rimuovere le macchie di Ag da indumenti, scarpe e mani, con polyethoxy- polypropoxy- ethanol- iodine (Wescodyne), e poi in acqua calda saponosa. MECCAATJSMO D'AZIONE E PRECEDENTI USI CLINICI DEL NITRATO D' AG

Benchè il nitrato d'Ag sia un efficace agente batteriostatico in vivo sulle ustioni e in vitro su colture in agar o brodo, nulla si conosce effettivamente sullo stato chimico dell'Ag e sul tipo di azione molecolare che il nitrato d'Ag esplica in questi processi. Ci si può forse richiamare alla proprietà battericida di piccolissime concentrazioni di metallo, e in particolare dell' Ag, osservata per primo da Raulin nel 1869 e denominata da von Nageli nel 1893 « oligodinamica », per differenziarla dalla letalità « tossica » del nitrato d'Ag in concentrazioni maggiori di I/ Ioo.ooo. In effetti è evidente che l'assorbimento di un singolo ione d ' Ag da parte di un germe è sufficiente ad ucciderlo. La forma dell'Ag che possiede azione oligodinamica è particolarmente stabile, non tossica per l'uomo e battericida in vitro per un vasto numero di germi, tra cui lo Stafilococco aureo, il Piocianeo, l'Escherichia coli, la Brucella abortus, la Serratia marcescens, la Sa/monella tiphi, il Bacillus subtilis. I composti AgN03, AgCl, Ag20, Ag3C6H 50 7, AgC2H 30 z, oltre a vari proteinati d' Ag e l' Ag colloidale sono le varie forme di cui è stata saggiata l'attività in vitro contro il Piocianeo e lo Stafilococco aureo coltivati da ustioni: tutti questi composti posseggono attività batteriostatica contro l'uno o l'altro germe in concentrazioni basse, ma più alte di quella oligodinamica. L'uso clinico del nitrato d'argento per la batteriostasi non è di data recente. Moyer iniziò tale impiego nel 1941, per liberare dai batteri le ulcere ischemiche e (la stasi, come medicazione su trapianti cutanei sottili posti in prossimità di tessuto necrotico, sui tendini allo scoperto e sul periostio. Egli notò che lo Stafilococco aureo e lo Streptococco beta -emolitico prontamente scomparivano da tutte le ferite superficiali così trattate. Tuttavia, soltanto con la recente sperimentazione del nitrato d'argento sulle ustioni fu ottenuta in modo incontravertibile l'evidenza della sua efficacia batteriostatica sulle ferite profonde e ne fu dimostrata la mancanza di tossicità per l'epitelio in via di rigenerazione. La soluzione o,s % di AgN0 3 (29>4 mEq j litro) non inibisce significativamente la crescita dell'epitelio. Innesti cutanei dello spessore di 0,2-0,3 mm; tagliati in lembi larghi da I a 4 cm e posti su ferite in fase di granulazione, crescono in modo tale che 20 lembi, con un'area complessiva di Bo cm2 , proliferando rivestono altri 400 cm2 circa di tessuto di granulazione in 14- 20 giorni, se la superficie dell'ustione è ricoperta in modo continuo da una medicazione di nitrato d 'Ag o,s%.


8 La copertura con lembi sottili è stata attuata anche stùla superficie estensoria delle articolazioni interfalangee e metacarpofalangee della mano, denudate del rivestimento cutaneo e senza tessuto di granulazione. Questi innesti, applicati tra il 20° e il 50° giorno dopo l'ustione, sono attecchiti perfettamente. Per tutto il tempo antecedente e successivo al trapianto la mano ustionata era stata rivestita con bende bagnate di nitrato d'argento. In nessuna articolazione così trattata si s<>no viste comparire limitazioni notevoli dei movimenti. Lo stesso tipo di innesto è attecchito interamente anche sul tendine di Achille e su altri tendini da cui era stata rimossa con rasoio o con dermotomo la superficie escarotica. Anche le zone datrici d'innesti spessi 0,2-0,3 m m guarivano prontamente se venivano medicate con nitrato d' Ag 0,5 °~ , così che da queste stesse zone si potevano ottenere nuovi lembi entro 14-20 giorni. Le circostanze sopraddette dovrebbero dimostrare che il nitrato d'Ag 0,5 % non ha alcuna tendenza a ledere l'epidermide in via di rigenerazione. Vi è tuttavia uno stretto margine tra la concentrazione di nitrato d'Ag non lesiva per la pelle e quella cbe invece è lesiva. Una medicazione con AgN0 3 1%, posta sulla epidermide da poco rigenerata di una ustione, la uccide in 36 ore, con la formazione di una piaga. La stessa ferita guarisce nel giro di 8 giorni, non appena la concentrazione di nitrato d'Ag nella medicazione venga ridotta a 0,5 °~ . INDICAZIONI PRATICHE.

Perchè il nitrato d' Ag o,s % abbia un effetto batteriostatico sulle ustioni e insieme non risulti pericoloso, devono essere soddisfatte alcune condizioni. Innanzitutto, dato il ristretto margine di sicurezza della concentrazione, il bendaggio deve essere cambiato almeno una volta al giorno, e con maggior frequenza se l'umidità dell'ambiente è bassa; inoltre deve essere mantenuto continuamente umido con nitrato d'Ag o,s %, al fine d'impedire che alla interfacie ferita- benda la soluzione raggiunga, per effetto dell'evaporazione, concentrazioni letali per la cute. Queste precauzioni sono essenziali quando la medicazione copre trapianti cutanei o epidermide da poco rigenerata ( r ). ( r) Secondo l'esperienza di Moyer, quando la m edicazione, invece di essere quotidianamente rinnovata, veniva lasciata in sede per 3-4 giorni al di sopra degli innesti, la sopravvivenza di questi e la batteriostasi erano relativamente basse, nonostante il nitrato d'A g. Gli innesti cutanei aderiscono con una forza variabile da ro a 30 gm di pressione d'acqua per cm• entro un'ora dalla loro applicazione sulla superficie detersa di una ustione a pieno spessore : ma il timore di dislocazioni indusse Moyer in un primo tempo a coprire gli innesti con garza a trama fine, prima di applicare la garza a lfama grossa, imbevuta di nitrato d' Ag; q uesto tipo di medicazione veniva lasciato in loco 3. 4 giorni. In seguito fu vista l'opportunità di una medica:~:ione quotidiana con la sola garza a maglie larghe ; in tal modo la percentuale d'attecchimento è raramente inferiore al 90 °~ della superficie innestata.


9 ln secondo luogo, dal momento che il sale d'argento raggiunge l'ustione per diffusione, la medicazione non deve contenere nessun impedimento alla diffusione per capillarità, deve essere piuttosto spessa, in modo da contenere abbondante volume di soluzione e inoltre in stretto contatto con la ferita in ogni punto. A questo scopo, una medicazione soddisfacente è costituita da 6- 8 strati di garza di medicazione, inzuppata di soluzione e strettamente adattata alla superficie della ferita mediante fasce elastiche avvolte a spirale. Questa medicazione è mantenuta quasi gocciolante dall'aggiunta di nitrato d'Ag o,s % ogni 3-4 ore, fino al cambio del giorno successivo. La medicazione in garza non deve contenere nessun strato di cotone o riempitivi di carta. Medicazioni del genere sono state sperimentate, ma si è visto che diventano fradice masse informi, che non permettono la libera diffusione del nitrato d'Ag dal bendaggio alla ferita, nè il passaggio per capillarità di germi ed essudato dalla superficie delle ferite all'interno del bendaggio. La medicazione non può cedere nitrato d'Ag alle superfici ustionate nè può rimuovere per capillarità l'essudato con la sua carica batterica, se la ferita non è libera da unguenti o se è coperta da epidermide morta ed impermeabile ai sali. Se prima di applicare la medicazione di nitrato d'Ag non si ha cura di rimuovere i grassi eventualmente posti sulla ferita come prima medicazione, e con essi l'epidermide che ricopre le flittene o gli strati escarotici della cute profondamente ustionata, l'Ag diviene inefficace dal punto di vista batteriostatico, non potendo raggiungere i batteri. RIMOZIONE DELL'ESCARA.

La rimozione precoce dell'escara è una manovra importante, per assicurare la batteriostasi, poichè i batteri crescono nella profondità dell'escara e, quanto più profondamente sono situati nel tessuto ucciso dal calore, tanto più difficilmente vengono raggiunti da concentrazioni batteriostatiche dell'agente chimico. Con la tecnica di NlOyer, si può in 20 giorni rimuovere completamente l'escara da un'ustione profonda che copra anche più del 70% del corpo, con la semplice somministrazione di un analgesico come la morfina, senza notevoli emorragie e senza asportare residui cutanei ancora vitali. La tecnica è semplice. Ogni giorno, durante la medicazione, si procede a un delicato sondaggio dell'escara, introducendo sotto i margini una pinza scanalata oppure una lama di forbici, tenuta parallelamente alla superficie ustionata. Si spinge lo strumento verso il centro dell'escara, seguendo il piano di clivaggio fino alla comparsa di resistenza o di dolore. Il tetto del tunnel così costituito viene tagl iato con le forbici e si ripete la manovra. Le striscie e i lembi di escara così ottenuti vengono infine rimossi (vedi figg. I I e I 2 ) . Il dolore o il sanguinamento indicano quando ci si deve fermare.


IO

Immergendo il paziente in un bagno a 35 - 36•c per I - 2 ore, si ottiene più facilmente la separazione e rimozione deH'escara; il bagno viene ripetuto ogni due o tre giorni. PERDITA DI CALORE.

Sul paziente, trattato con la medicazione di nitrato d'Ag, deve essere posta una coperta asciutta, al fine di ridurre al minimo l'evaporazione e la perdita di calore attraverso il bendaggio. La copertura asciutta ottiene questo risultato in diversi modi. In primo luogo, essa riduce la perdita di calore per conduzione e convezione, interponendo una camera d'aria tra la superficie bagnata e l'atmosfera della stanza. In secondo luogo, la copertura asciutta mantiene una riserva di calore. Difatti la temperatura della camera d'aria sotto la coperta si mantiene di I - 5 gradi al di sopra della temperatura misurabile alla superficie della medicazione bagnata. Inoltre il rivestimento asciutto mantiene un certo grado di umidità all'aria sottostante, riducendo cosi la perdita del calore di radiazione della medicazione e dal corpo; è noto infatti che l'aria umida assorbe le radiazioni infrarosse meglio dell'aria secca. In teoria, se si ricoprisse la medicazione bagnata con un telo impermeabile all'acqua, si abolirebbero completamente le perdite di calore di evaporazione o d'altro genere attraverso la medicazione. In pratica, un rivestimento del genere non è attuabile per tre motivi: r) esso ridurrebbe la concentrazione del nitrato d' Ag nella medicazione, a causa della continua precipitazione di sali d'argento alla interfacie medicazione- ferita : di conseguenza, la concentrazione del nitrato nella medicazione non potrebbe essere mantenuta semplicemente bagnandola ogni 2-4 ore con AgN03 0,5%, ma bisognerebbe effettuare cambi frequenti di tutta la medicazione; 2) il rivestimento impermeabile all'acqua ridurrebbe di molto il trasporto dei batteri entro la medicazione, bloccando la migrazione per capillarità dell'essudato dalla ferita verso la superficie esterna della medicazione; 3) l'ustionato accusa prontamente le perdite di calore, mentre è assai meno pronto ad accorgersi di un eccesso termico; di conseguenza, ricoprire larghe superfici ustionate con una copertura impermeabile al vapore acqueo sarebbe pericoloso, come ha dimostrato molti anni fa Edenbuizen. Metodiche misurazioni termometriche hanno dimostrato che la temperatura alla superficie della medicazione è sempre maggiore di quella dell'aria ambiente, se questa è tenuta al di sopra di 32- 33•c. Al tempo stesso, la perdita d'acqua per evaporazione, attraverso la cute ustionata e coperta soltanto dalla medicazione bagnata, è molto ridotta; difatti il gradiente di pressione


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del vapore acqueo tra la cute ustionata e la medicazione bagnata è prossimo a zero, come non avviene nel caso che l'ustione sia coperta da una medicazione asciutta o addirittura non sia coperta. La stessa esperienza clinica dimostra che le medicazioni umide e isolate dall'aria ambiente con una coperta asciutta, riducono la perdita di calore nelJ'ustionato e quindi servono ad abbassare il fabbisogno calorico del paziente. La prova è ottenuta dal fatto che i pazienti con ustioni estese dal 30 al 50° o del corpo, tenuti a normale dieta d'ospedale a non più di 1.900 calorie quotidiane, in 100 giorni non hanno presentato un calo ponderale significativo (Moyer). Un'altra prova è costituita dalla normalità del consumo di ossigeno in pazienti le cui ustioni ricoprivano il 65% del corpo. EFFETII I NDESIDERATI.

Le medicazioni di nitrato d' Ag 0,5% sono causa di lieve dolore, finchè non viene rimossa l'escara e non ha inizio la rigenerazione dell'epidermide nelle ustioni di 2 ° e in quelle di 3" grado a parziale spessore, invece, dopo la caduta dell'escara, il paziente accusa un dolore urente, da 15 minuti a I ora dopo ogni cambio della medicazione. La morfina e la codeina lo aboliscono. Nessun dolore accompagna invece la medicazione di ferite a tutto spessore (sottodermiche). In teoria, i pericoli biologici legati all'uso di medicazioni bagnate di AgN0 3 sono : l'argiri a, la tossicità del metallo, la deplczione salina e la necrobiosi. Durante la sperimentazione effettuata da Moyer, a meno che le medicazioni non coprissero la bocca del paziente, non si sono verificati casi di argiria. Comunque non pare che, per la comparsa dell'argiria, abbiano importanza nè l'ampiezza nè la profondità della lesione. In un solo caso su 15, sembra sia comparsa questa alterazione, peraltro in forma lieve e limitata ad un'ustione d eli a coscia. Il paziente aveva tra l'altro anche le labbra e il mento ustionati e anche queste zone venivano trattate con medicazioni di nitrato d'Ag: è quindi probabile che egli abbia inghiottito un po' del liquido di medicazione. Nessuna delle altre ustioni che lo ricoprivano per almeno il 75°o della superficie corporea mostrò alcuna traccia di argiria e tutte guarirono, con o senza trapianti cutanei, mediante il trattamento con nitrato d' Ag 0,5 °~ . Risulta pertanto che l'argiria è un'even! !!nza molto improbabile nel trattamento delle ustioni con AgN0 3 0,5%. Il fatto che l'argiria non compaia con una frequenza apprezzabile dopo un trattamento continuo con m edicazioni bagnate di AgN0 3 0,5 ~1 , attesta che la potenziale tossicità sull'organi smo di questo composto, così come è usato, è insignificante. Si noti inoltre che perfino l'introduzione di argento in quantità sufficiente a produrre un'argiria generalizzata e pronunziata, non produce alterazioni svelabili, nè della funzionalità degli organi affetti, nè delle condizioni generali di salute.


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Per quel che riguarda la tossicità, bisogna anche ricordare che i sali d'argento sono scarsamente assorbiti a livello enterico. L'ingestione di o,r g di caustico lunare (95 °1 AgN0 3 ± 5 ~~ AgCI) non provoca nessun sintomo e persino l'introduzione di 2,5 g di questo prodotto in un'unica dose è spesso innocua; al massimo produce una gastrite. La dose letale di caustico lunare varia da IO a 30 grammi. La possibilità che dalle medicazioni bagnate con nitrato d'Ag 0,5 °~ si produca una dose tossica d'argento è praticamente inesistente e infatti nessun segno o sintomo di avvelenamento da argento è comparso in ~azi~nti che pure furono ricoperti quasi interamente di nitrato per so- I 50 giOrnJ. L'uso di queste medicazioni produce invece con molta facilità una grave deplezione salin a. La velocità con cui questa deplezione si produce è più grave di quanto si potrebbe supporre, specie tenendo conto che la ferita da ustione dovrebbe possedere una superficie di scambio modesta, almeno per i primi giorni dopo l'ustione. Il meccanismo per cui tale deplezione avviene è sem plice. Innanzitutto le medicazioni contengono una soluzione ipotonica (29,4 mEq AgN03 f litro), di com posizione molto diver sa da quella dei liquidi organici, mediante lo scam bio ionico tra il catione Ag+ c gli anioni (Cl- , HC03 -, proteine), si formano alla superficie della piaga sali d'argento insolubili o poco solubili, che tendono a impover ire il corpo di anioni più rapidamente che di cationi. Dei due meccanismi il più importante sembra essere senz'altro il primo. Nei bambini ustionati, già poche ore dopo l'inizio della medicazione con nitrato d'Ag o,s olo , compare, per diluizione osmolare, un deficit di sodio e cloruri pericoloso per la sopravvivenza. Lo stesso deficit compare negli adulti, quando le medicazioni coprono da 2.500 a r5.ooo cm 2 di escara o di ustione granulareggiante, qualora la somministrazione orale di sodio cloruro e di sodio lattato sia insufficien te. La deplezione di potaggio è molto più lenta, presumibilmentc perchè il gradiente di diffusione del K+, dal corpo nella medicazione è al massimo di 5 mEq f litro, mentre quello del cloruro di sodio è di alm eno 20 volte maggiore. Nel caso di ustioni che ricoprano il 30% della superficie corporea, il deficit di potassio può manifestarsi tra la terza e la decima settimana, qualora non si somministrino supplementi adeguati di K+. N ei casi di ustioni profonde e molto ampie, è osservabilc l'insorgenza di una deplezione di calcio m algrado un'abbondante somministrazione orale di calcio lattato (7 grammi quotidiani, in un caso di Moyer). Le deficienze di magnesio c di fosfato non compaiono invece, almeno in forma riconoscibile, ancorchè tali elementi non vengano aggiunti alla dieta. Riassumendo, risulta che il pericolo più sensibile riguarda la deplezione di cloruro di sodio. Con l'uso di medicazioni di nitrato d'argento esso è così immediato, che non si dovrebbe attuare questo tipo di trattamento senza

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controlli molto frequenti del sodio, del cloruro e del bicarbonato serico. Durante la fase acuta queste analisi vanno effettuate ogni 2- 4 ore, nei casi dei neonati o bambini con ustioni superiori al 10% della superficie corporea; ogni 6- 12 ore nei casi di adulti con ustioni più estese del 20% . I controlli devono m antenere questa stessa frequenza finchè non è possibile un adeguato compenso per via orale; solo allora potranno essere ridotti ad uno al giorno. RIGENERAZIONE DELL'EPIDERMIDE.

Un aspetto estremamente interessante del metodo di Moyer è la possibilità di ottenere la completa riepitelizzazione delle ustioni, senza l'uso di omotrapianti cutanei; anche quando le ustioni sono molto estese (fino al-

l'8s%). I trapianti omologhi di cute dovrebbero servire al triplice compito di: diminuire la perdita d'acqua con la perspiratio insensibilis; ridurre l 'ipercatabolismo, mitigando la eccessiva perdita di calore di evaporazione dalla ferita aperta; infine, mantenere la ferita indolore e non infetta. La medicazione di nitrato d'argento ottiene gli stessi effetti, anche quando le ustioni non sono in grado di ricevere il trapianto ed in più vengono evitati i fenomeni di rigetto. Infine la medicazione è più sensibile dal punto di vista pratico, perchè evita i complessi problemi connessi con la ricerca di cute omologa da trapiantare. Si utilizza invece la tecnica dell'autotrapianto, che permette di ottenere la completa riepitelizzazionc delle ustioni a tutto spessore, eccezion fatta per quelle che interessano il viso, e le articolazioni, mediante lembi sottili, di spessore variabile fra 0,2 e 0,3 mm e di area da 2 a 4 cm2 , applicati sulle lesioni scoperte alla distanza di uno o due cm tra loro. Da trapianti così sottili si sviluppa rapidamente un derma spesso, e, entro un mese, il trapianto di 0,3 mm di spessore è indistinguibilc ad un altro, avente spessore originario di o,6 mm. I trapianti a lembo continuo vengono invece impiegati per coprire le superfici flessorie delle articolazioni, il collo e le pieghe ascellari, al fine di minimizzare la contrattura. I trapianti vanno posti preferibilmente su tessuto deterso, prima che si sviluppi lo strato roseo del tessuto di granulazione. Per questi trapianti sottili vanno bene, come zone accettrici, il grasso chiaro sottocutaneo, coi suoi lobuli chiaramente visibili e la fascia macroscopicamente avascolare che ricopre muscoli galea, tendini, periostio e pericondrio. Tutte le zone datrici di innesto sono guarite entro 20 giorni, la cute rimane liscia e ben uniforme, con scarsa cica\.rice. Seguendo tale metodo, si possono ricoprire ustioni a tutto spessore estese alla maggior parte del tronco, delle braccia e delle coscie, con pelle prelevata unicamente dalle gambe, al di sotto del ginocchio; ogni singola area poi venne utilizzata per il prelievo fino a tre volte nel giro di otto settimane. Quando è necessario prelevare un certo numero di trapianti dalla stessa area donatrice, bisogna aver cura di

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bendarla strettamente con fasce elastiche, per un mese, se il paziente sta seduto, in piedi o cammina: altrimenti queste zone si ricoprono di emorragie confluenti di tipo petecchiale. Questo pericolo non cessa finehè il derma assottigliato della zona donatrice non rigenera, raggiungendo uno spessore pressocbè normale. Sia i trapianti, sia le aree donatrici, vengono immediatamente coperti con la medicazione di nitrato d'Ag. Lo strato di garza più prossimo alla zona donatrice non viene rimosso, finehè non cade da solo; gli strati esterni della medicazione vengono invece cambiati giornalmente. Le medicazioni che coprono i trapianti vanno cambiate ogni giorno. Le zone coperte da innesti « a francobollo >> non vengono immobilizzate. L'immobilizzazione viene impiegata soltanto per gli innesti continui delle dita, del polso, del collo e della piega del gomito. Nessuna sostanza impermeabile all'acqua (oli minerali, gelatina di petrolio o grassi tipo lanolina) va applicata sulle aree accettrici, donatrici, in rigenerazione e sui lembi innestati, prima, durante e dopo le diverse operazioni. Infatti l'olio o il grasso, diffondendo, producono una barriera che si oppone allo scambio tra la mediazione contenente argento e la ferita che circonda la cute in rigenerazione o i trapianti proliferanti, per cui l'argento non può raggiungere la superficie della ferita stessa. In presenza di una simile barriera di lipidi o di idrati di carbonio, che impedisce gli scambi, si è visto che i germi sciolgono letteralmente a vista d'occhio il trapianto o la cute in via di rigenerazione; anche le zone donatrici, se così trattate, si trasformano, a causa dell'infezione, in perdite di sostanza a tutto spessore. Se il trapianto viene medicato con garza a trama larga, questa può essere rimossa senza inconvenienti il giorno successivo all'operazione. Infatti i trapianti vitali, a differenza di quelli non vitali, non aderiscono alla garza, bensì alla ferita. In un primo tempo si era usato, per coprire i trapianti, garza a trama sottile. Questa pratica fu abbandonata, quando si vide che questo tipo di garza interferiva seriamente nel passaggio dell'essudato dalla ferita verso la medicazione e che i trapianti aderivano più facilmente alla garza, se questa era di trama fine. Benchè il risultato estetico dei trapianti c< a francobollo » non sia perfetto, tuttavia non è peggiore di quelli che si ottiene coprendo con lembi più estesi le superfici di ustioni a tutto spessore. Prima dell'uso delle medicazioni di nitrato d'Ag o,s%, era impossibile ottenere su superfici molto estese la rigenerazione di epidermide funzionale, per quanto priva di peli e apigmentata. Ora invece questa rigenerazione è pospossibile persino quando, dopo la rimozione dell'escara, persistono solo frammenti minimi di derma. Finora questi residui dermici dovevano essere rimossi, perchè sopra di essi i trapianti non potevano attecchire, nè d'altra parte essi erano in grado di rigenerare l'epidermide in quantità sufficiente a pro· durre cute funzionale. Sotto la medicazione con nitrato d'argento, invece, la


rigenerazione dell'epidermide, al di sopra di questi residui dermici, una volta iniziata, procede con notevole velocità. Questo processo particolare, per cui dall'interno e dalla superficie di residui del derma, si rigenera cute funzionalmente normale nel giro di 70 - 120 giorni, quando l'ustione sia mantenuta continuamente ricoperta con AgN0 3 o,s%, diminuisce significativamente l'incidenza di lesioni a tutto spessore, persino in pazienti ustionati dagli abiti in fiamme o addirittura imbevuti di gasolio, o cherosene. Varie esperienze cliniche e i risultati di diverse indagini istologiche permettono di affermare che, perchè si produca una ustione a tutto spessore, per la cui riepitel izzazione, specie sulle superfici estensorie del corpo, sono necessari gli autotrapianti, occorrono non già secondi, ma minuti primi di esposizione alla fiamma prodotta da gas, gasolio o abiti infiammati, semprechè non abbia avuto luogo la denaturazione del collagene del derma, prodotta non dal calore, bensì dai germi e dall'essiccazione. Considerati gli ottimi risultati ottenibili col metodo in discussione, quando si prevengano l'essiccazione e l'infezione, non appare più necessaria una escissione chirurgica precoce o primaria dell'escara dalle mani o da qualsiasi altra parte del corpo, sotto anestesia generale. Infatti, così come è praticato solitamente, questo intervento è più dannoso che utile, perchè rimuove parti di derma vitale, causa una notevole perdita di sangue ed estende l'infezione ai tessuti più profondi. Non esiste alcuna prova circa l'utilità dell'escissione primaria dell'escara nel ridurre, sia la mortalità, sia la frequenza e la gravità delle complicazioni settiche in ustioni estese a più del 30% della superficie corporea. La cute spontaneamente rigenerata, come pure gli autotrapianti già attecchiti, sono predisposti in modo particolare all'erisipela. Per un periodo di quattro mesi dall'inizio della rigenerazione o dell'attecchimento, una minima lesione della cute può provocare l'erisipela, con conseguente disgregamento di larghe arce di epidermide apparentemente normale. Il germe coltivabile da lesioni di questo genere è quasi sempre uno streptococco emolitico: raramente si ha la crescita di uno stafilococco aureo emolitico. Per prevenire l'erisipela, il trattamento più indicato consiste nella somministrazione di 250 mg di fenossi- metil penicillina, quattro volte al giorno, durante il periodo di degenza in ospedale, e due volte al giorno, per almeno quattro mesi, dopo la guarigione completa delle ustioni. Questa terapia, fino ad oggi utilizzata solo nel trattamento delle ulcere croniche da stasi, sottoposte ad escissione chirurgica e trapianti cutanei, s'è dimostrata veramente efficace anche nel trattamento delle ustioni. L'anemia che si riscontra costantemente negli ustionati è dovuta principalmente all'infezione. Infatti le ustioni non infette non sanguinano durante il cambio della medicazione; inoltre, in assenza di infezione, la produzione dei globuli rossi avviene in quantità sufficiente, senza bisogno di trasfusioni, malgrado le piccole perdite di sangue che si producono durante il prelievo


dei trapianti col dermotomo. Questo vale nel caso che le ustioni profonde coprano meno del 40 °~ della superficie corporea. I casi invece, in cui più del 40 ~~ del corpo sia interessato da ustioni a tutto spessore, presentano un'anemia, dominabile però mediante trasfusioni di piccole quantità di sangue. In queste forme di anemia, il ferro serico ed extracellulare del midollo osseo praticamente scompare, malgrado la somministrazione di solfato ferroso. Anche il conteggio dei reticolociti può dare valori bassi. In questi casi, dopo la somministrazione di ferro per via parenterale, i reticolociti aumentano in una settimana da tre a quattro volte. Si può pensare che il derma normale contenga una notevole riserva di ferro, dal momento che questa particolare anemia non compare in seguito a ustioni che pure coprono molto più del 40°'6 di superficie corporea, se in esse non sono rimaste distrutte ampie wne di derma (Moyer).

CONSIOERAZIONl CONCLUSIVE

Negli ultimi 40 anni sono stati fatti progressi considerevoli nella chirurgia plastica e ricostruttiva per il trattamento degli ustionati che sopravvivono all'insulto termico. Tuttavia fino a pochi anni fa, l'indice di mortalità anche in centri specializzati era del 40° e perfino del roo% per le ustioni più estese. Già da tempo esistevano confronti statistici fra mortalità ed estensione e profondità delle ustioni, ma solo negli ultimi ro anni è stato definitivamente dimostrato, in base ai rilievi autoptici, che i 3/ 4 dei decessi fra ustionati sono provocati dall'infezione generalizzata che si produce per colonizzazione batterica dell'ustione. E' stato dimostrato che il germe in causa è essenzialmente il Piocianeo il quale si diffonde soprattutto per via linfatica, ma è stato dimostrato anche che spesso la morte per sepsi interviene per interessamento dell'ustione, anche in assenza di un'evidente diffusione metastatica dell'infezione oltre i confini dell'area ustionata. Tndagini morfologiche hanno dimostrato i danni a livello vasco l are provocati dall'ustione e l'immediata soppressione dell'apporto di sangue arterioso nelle aree ustionate non superficialmente. Qualora la distruzione a tutto spessore sia immediata, l'occlusione dei vasi sanguigni nell'arca dell'ustione permane fino alla comparsa del tessuto di granulazione. Nelle ustioni di secondo grado invece la circolazione si ristabilisce visibilmente dopo parecchie ore, ma solo se nel frattempo non è sopravvenuta l'infezione, perchè in questo caso si passa rapidamente da una distruzione cutanea inizialmente di spessore parziale ad una perdita di sostanza a tutto spessore. La mancanza di un efficace apporto sanguigno all'area ustionata, ci spiega facilmente l'insuccesso della terapia antibiotica per via generale, incapace eli


contrcllare l'infezione. Infatti anche se dotati di efficacia sicuramente dimo~ strabile in vitto, i vari agen ti antibatterici non possono giungere all'interno dell'ustione mediante la circolazione sistemica capillare, in concentrazione adeguata. Constatata l'inefficacia della terapia antibiotica per via generale, si potrebbe supporre che sia possibile ottenere un effetto maggiore con l'applica~ zione locale degli agenti antibatterici; tuttavia la passata esperienza con acido tannico, con soluzioni di AgN03 al 5 e ro% da sole o in combinazione con l'acido tannico, coi sulfamidici e coi vari antibiotici sia in unguento, sia in eccipiente idrosolubile, non è stata incoraggiante. In particolare l'uso dei sulfamidici, che pure faceva sperare in un successo, è stato abbandonato, perchè tossici soprattutto a livello renalc. Nelle ustioni che ricoprono iJ 50 °~ e più della superficie corporea, l'infe~ zione può essere fatale, tanto è vero che in passato il maggior numero dei de~ cessi era dovuto alla setticemia. Fino a pochi anni fa i germi incriminati erano essenzialmente i Grarn+ come gli Stafilococchi c gli Streptococchi. La sommi~ nistrazione sistematica di penicillina ha debellato l'erisipela che diffondendosi dall'ustione produceva entro i primi giorni la setticemia streptococcica cau~ san do frequentem ente la morte precoce. Attualmente il paziente sopravvive a questi attacchi precoci soltanto per affrontare un nemico più subdolo; la sepsi tardiva da ustione prodotta solita~ mente da bacilli Gram - . Nel 1956 fu constatato che molti decessi erano do~ vuti alla sepsi da Pseudomonas: ragionevolmente si pensò allora che la sepsi poteva essere evitata, qualora tutta la cute interessata da ustioni di terzo grado fosse rimossa subito dopo l'incidente. Ustioni che in teressa no più del 40% di superficie corporea furono trattate con l'excisionc primaria di tutte le aree ustionate a tutto spessore, entro 48 ~ 72 ore dall'incidente. La cute morta e il sottocute venivano asportati fino alla fascia. In certi casi veniva applicata per pochi giorni una fasciatura, in altri si attuava no omotrapianti a guisa di rivestYn-ento biologico. D al confronto fra questo tipo di trattamento e la terapia convenzionale allora in uso, vale a dire l'esposizione all'aria, risultò che l'excisione primaria del 30 ~ 50°1 della superficie corporea rappresentava una prova pressochè insostenibile per l'organismo del paziente, specie se adulto. L 'operazione stessa di excisione era assai impegnativa, con considerevole perdita di sangue; rim aneva una ferita aperta molto estesa ed era quindi diffì~ cile preservarla dali 'infezione. Nel 1958 Mac Millan presentò una relazione sui risultati conseguiti mediante J'excisione di oltre il 25% di superficie corporea ustionata; si dichiarava abbastanza soddisfatto pcrchè su r3 pazienti così trattati, il quoziente di mor~ talità era stato del 42°1 . Negli otto pazienti trattati con terapia convenzionale, s'era raggiunto il 75o . Egli riferì anche che gli omotrapianti rappresentavano


un mezzo di rivestimento discretamente efficiente in attesa di poter effettuare autotrapianti adeguati. Nel 1962 Taylor e Coli. effettuarono l'excisione in più tempi, rimuovendo l'area ustionata nel corso di due o tre operazioni. Nella revisione di 19 casi così trattati (IO bambini e 9 adulti), risultò un quoziente di mortalità del 58 °~ , contro il 57% prevedibile usando i metodi tradizionali. A questo punto fu evidente che il metodo dell'excisione primaria nel trattamento delle ustioni più gravi, determinava una mortalità a un dipresso pari al trattamento per esposizione. Un ulteriore sviluppo di tale metodo fu troncato in modo brusco negli ultimi cinque anni dali 'introduzione di efficaci agenti chemioterapici locali. Per uno di essi, il nitrato d' Ag o,s %, è stato ampiamente riferito nelle pagine precedenti, sia circa il suo modo d'azione, sia sul suo impiego clinico nel trattamento locale delle ustioni (figg. I, 2, J, 4, 20, 21 ). A tutt'oggi possiamo indicare nel Sulfamylon l'unico nuovo agente antibatterico competitivo con nitrato d' Ag. L'uso sia del nitrato d' Ag, sia del Sulfamylon, deprimendo la proliferazione dei batteri al di sotto dell'escara in ustioni a tutto spessore, ha abbassato notevolmente l'indice di mortalità nei gravi ustionati sia bambini che adulti. Sussistono ormai ben pochi dubbi circa il fatto che la tecnica corrente che utilizza uno di questi due agenti antibatterici locali produca una mortalità inferiore a quella che si ottiene nella terapia delle ustioni gravi, mediante excisione primaria, o col metodo dell'esposizione. L'applicazione locale del nitrato d'Ag sulle ustioni, fu propugnata per primo nel 1851 da Kalt il quale dichiarava:. « un'ora dopo la prima applicazione, il dolore è scomparso quasi completamente, la superficie dell'ustione risulta ricoperta da una crosta brunastra senza suppurazione. A partire dal J4° giorno, l'epidermide compenetrata dal nitrato d'Ag, si desquama lasciano apparire la cute perfettamente ripristinata». Già nel 1935 fu sostenuto da Rettman un metodo che consisteva nello spruzzare la superficie ustionata con nitrato d'Ag al 10% dopo l'applicazione di una soluzione di acido tannico pure al ro%, al fine di produrre una escara artificiale. Tuttavia fu solo nel 1965 quando Moyer raccomandò l'uso continuo della soluzione di nitrato d'Ag o,s% che questo tipo di terapia locale fu preso finalmente in seria considerazione. Il metodo di Moyer consiste nel ricoprire tutte le superfici ustionate con diversi strati di garza a trama grossolana, imbevuta con soluzione di nitrato d'Ag 0,5%. Le medicazioni vanno mantenute costantemente bagnate mediante l'aggiunta di nuova soluzione tre o quattro volte al giorno; vanno invece completamente cambiate con medicazioni fresche almeno una volta al giorno. Quanto al Sulfamylon possiamo dire che dopo anni di alterna fortuna riscuote oggi un certo numero di consensi, pur non essendo entrato ancora


nell'uso corrente. Sintetizzato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1938, non trovò applicazione in terapia, in quanto si osservò che era inefficace in vitro contro gli Streptococchi; m a ottenne nuovo favore nel 1940 quando fu nuovamente sintetizzato, questa volta in Germania, e ribattezzato Marfanil. Sperimentato contro i genni della gangrena gassosa, si dimostrò di un certo valore e fu perciò dato in dotazione alle truppe tedesche. Alcuni medici civili tedeschi, ritennero necessari ulteriori sperimentazioni e, nel 1942, questi esperimenti furono iniziati, ma furono tali da portare gli sperimentatori davanti al tribunale di Norimberga. Consistevano infatti nel produrre ferite traumatiche sulle gambe di prigionieri politici a Ravensbruck, al fine di valutare l'efficacia dei sulfamidici nel trattamento delle stesse. Gli esperimentatori erano malamente organizzati e i risultati non furono conclusivi. In compenso, delle 75 persone sottoposte a questi esperimenti (15 uomini e 6o donne), molti rimasero storpiati per tutta la vita, altre tre persone e forse cinque morirono in conseguenza delle lesioni. Quando gli inglesi s'impossessarono di questo medicamento durante la campagna in Tuni sia e Tripolitania, si prospettò ancora una volta la possibilità di utilizzare questo sulfamidico. La sperimentazione clinica del Sulfamylon hydrochloride al 10% in crema, con eccipiente idrosolubile, ebbe luogo nel 1963 al Compartimento Chirurgico di Ricerca dell'Esercito Statunitense (Brook Army Medicai Center), a Fort Sam, H ouston, Texas. Il metodo che utilizza il Sulfamylon in crema, consiste nel ricoprire abbondantemente del preparato tutte le aree ustionate, mediante una spatola o con le mani coperte da guanti sterili. L'applicazione viene ripetuta da tre a quattro volte al giorno o comunque con la frequenza necessaria a mantenere le ustioni come si dice « well buttered » . Un paziente estesamente ustionato può richiedere per il suo trattamento fino a r.ooo grammi di unguento ogni giorno. Solitamente non vengono applicate medicazioni in garza; esse vengono utilizzate solamente per impedire che i bambini o pazienti in stato confusionale o soggetti molto anziani, rimuovano il preparato. La terapia generale è la stessa, sia per i pazienti trattati col nitrato d'Ag sia per quelli trattati col Sulfamylon. Dopo l'interruzione della somministrazione di fluidi per endovena, solitamente quattro giorni dopo l'incidente che ha provocato l'ustione, si iniziano i bagni, al fine di preservare la motilità e di facilitare la separazione dell'escara. Nel Centro Ustionati di Milano, si usa riempire la vasca con 1.000 litri di acqua di rubinetto addizionata con 2 litri di Cetavlon 0,5%. Ogni giorno, mentre il paziente si trova nella vasca, si procede alla pulizia dell'area ustionata badando di non causare il sanguinamento ai margini della ferita. Terminato il bagno, si medica nuovamente il paziente con le medicazioni imbevute di soluzione di nitrato d' Ag oppure lo si ricopre di Sul famylon in crema.


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Il vantaggio più evidente presentato sia dal nitrato d' Ag sia dal SuHamylon, rispetto agli agenti precedentemente impiegati, consiste nel fatto che queste due sostanze ottengono entrambe un buon controllo della colonizzazione batterica sulla superficie ustionata. Nell e ustioni profonde di 2 ° grado, i residui cutanei che, prima dell'uso di questi due medicamenti, venivano distrutti dall'infezione, vengono conservati per merito del trattamento locale; le ustioni perciò guariscono da sole, eliminando la necessità dei trapianti cutanei (figg. 6 e 7). Con l'uso della soluzione di nitrato d'Ag, si può incorrere nel pericolo della deplezione dei sali corporei; questo pericolo può essere prevenuto mediante frequenti misurazioni del sodio, dei cloruri, del bicarbonato e del potassio serico. Questi elettroliti possono essere somministrati in giusta dose principalmente per os; non appena il paziente comincia a nutrirsi regolarmente, ma spesso si rendono necessarie anche infusioni per vena, soprattutto nel periodo iniziale del trattamento. In base all'esperienza raggiunta nel Centro Ustionati di Milano, l'uso del nitrato d'Ag o,5°io non è così << spiacevole l> in confronto all'uso del Sulfamylon, come è stato detto da alcuni autori. Al contrario, in questa stessa Divisione, dove spesso sono ricoverati contemporaneamente più di 40 ustionati gravi, si è potuto constatare che sia per i pazienti, sia per il corpo infermieristico, è meno fastidioso mantenere le medicazioni bagnate di soluzione di nitrato d' Ag (lo si fa scorrere semplicemente da una brocca), piuttosto che cospargere accuratamente il Sulfamylon in crema per tre o quattro volte al giorno, su tutta la superficie ustionata. Il paziente rivestito dalle medicazioni di nitrato d' Ag, deve essere ricoperto con uno strato o due di lenzuola di cotone al fine di ridurre l'evaporazione e la perdita di calore attraverso la medicazione. La copertura asciutta mantiene una riserva di calore tra sè c la medicazione bagnata. Allo stesso tempo si riduce ad un livello molto basso la perdita di calore per evaporazione attraverso la cute ustionata, coperta dalla medicazione bagnata, perchè il gradiente di pressione del vapore acqueo, tra la cute ustionata e la medicazione bagnata, è quasi zero a differenza del caso in cui la superficie ustionata sia coperta solo da un rivestimento asciutto o sia esposta all'aria. L'obiezione principale che si fa all'uso del nitrato d'Ag è legata al fatto che questo prodotto macchia. I pavimenti, la biancheria e, tranne la cute, tutto ciò che viene a contatto con la soluzione di nitrato d' Ag, resta permanentemente macchiato di bruno scuro. La cute del paziente riprende la sua pigmentazione naturale da sette a dieci giorni dopo la sospensione del trattamento. In ogni caso a questo problema si può ovviare con semplici misure pratiche e con l'uso del polyethoxy - ethanol- iodine (Wescodyne). Per ciò che riguarda il Sulfamylon, parecchi autori hanno riferito circa il tipo e la freque nza delle complicazioni che derivano dall'uso di questo medicamento.


TAVOLA I

Fig. 1. - Ustioni da fiamma di 2 " e 3" grado (spessore parziale) del vio;o, del torace e degli arti superiori. Fig. 2 . . Lo qesM> paziente preparato per l'applicazione della wluzione di nitrato d'Ag 0,5%.

Fig. 3· - Lo stesso ca~o dopo 24 giorni: la riepitelizzazione è pressochè completa. Il trattamento con nitroto d' Ag è stato sospeso il 21 " giorno. La pigmemazione nera della cute scomparirà in pochi giorni.


TAVOLA

Fig. 4· Ustioni agli arti inferiori prodotte da benzina infiammata. La fotografia è stata cseguna al 10" giorno; devono c~c re a11Cora rimo~sc alcune escare fortemente annerite dal nitrato d'Ag. mentre altre zone appaiono libere. Il derma superficiale m o~ tra i primi 'cgni di ricpirclizzazionc. Fig. 5· • Particolare della fì gura precedente.

fig. 6. - Rivc,timento cutaneo di ll5Ùoni a ~utto spes~orc dell'ano inferiore, mediante trapianti Ollier Thiersch di !embi di 0,3 mm di spc,~re, tagliati in «francobolli >• tla 2 a 4 cm 2 di superficie, applicati a distanza di 1 o 2 cm. Il nitrato d'Ag fu impiegato fino alla rimozione deU'Cj;cara c :Jncora, immediatamente dopo il trapianto, per ricoprire la superficie di granulazione con medicazioni continuamente bagnate della soluzione allo 0,5%. Il risu ltato fin;1le dimostra la mancanza di contrattura in corrispondenza delle articolazioni.


TAVOLA

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F1g. 7· - Ustioni ano inferiore. lni:dalmente l'ustione :.cmbr:1va ::t tutto spessore; fortun:namcn-

tc, invece, il tc\\uto di granulazione della ferita guarì 'pontancameme ricoprendosi di cute funzionale rigcnerata~i tini residui dermici profondi che il trattamento medi:mte medicazione continua con soluzione di nitrato d'Ag. aveva preservato .

F1g. 8. - Lo stesso caso della figura precedente in un:1 fast. \uccessiva. L'e~cara è stata wtalmente rimossa e dai residui degli strati profond i del de rma risparmiati dalla fiamma si \ta d iffondendo la nuo,·a epiderrnirt ..


TA\'OLA l\

Fig. 9· - Ustioni di 2n e 3" grado del viso e del torace. li trattamento con nitrato d' Ag o,)' ~ applicato anche al viso dimostra che il nitrato in questa concentrazione non è pericoloso neanche per gli c<chi.

Figg. 10 e 11. - Il caso della figura precedente in ulteriori fasi di guarigione.


T.\ \'OLA

Fig. 12. · Escarcctomia. E' vi~ibi l c il taglio praticato su l tetto del tunnel. L'escara si presenta sempre più scura dei tessuù \· ivi circostanti ed è: ben distinguibile dal sottostante tessuto di granulazione roseo.

Fig.

1 ~·

-

El>carectomia, fa>e terminale.

V


T t\ \ 'OL,\

\' f

Fig. 14. - Ustione a tutto ~pessore del l'arto -;uperiore. Autotrapianto di lem bi cuta,nei sottili a « francobollo ».

Fig. 15. - Stes..~o caso della figura precedente. Risultato finale dopo trattamento con nitrato d'Ag 0,5'' .


TAVOLA

Fig. 16. - Ustioni òi 3" grado del v1so l: delle ma n1. Fig. '7· - Stesso C:J\O della figura prccnlcnte. . \utotrapianti a ~tri~cia continua.

Fig. 18. - Stesso c;1~o delle figure ~m-cede mi. E nc:Lti dd tra tt ~unc nro con nitrato d'Ag. Fig. 19. - Stesso ca'o òelk figure precedenti. Fa>c avanzata di guarigione.

\'li


T t\ VOLA

\'Ili

Fig. 20. - Bimbo con \'a~te ustioni ùcl tronco c degli ;mi inferiori dopo ùue settimam: di trattamento con nitralo d' Ag; alcun:: aree sono giù pronte per l'autotrapianto.

Fig. 21. • Stesso caso della figura precedente. A ~pcllo fi . naie del p:tziente.


21

In circa il ro% dei pazienti sottoposti al trattamento, compare un'eruzione a grosse papule accompagnata da prurito ; questa eruzione scompare pochi giorni dopo la sospensione del trattamento. L'insorgenza della reazione allergica al Sulfamylon è legata probabilmente alla durata dell'applicazione: infatti il rash raramente compare prima del decimo giorno di trattamento. Solo alcuni pazienti non riescono a sopportare il dolore prodotto dall'applicazione del Sulfamylon in crema, quasi tutti però si lamentano di un certo fastidio. La rimozione dell'escara, attu ata il più precocemente possibile, è molto importante al fine di assicurare la batteriostasi della ferita prodotta dalla ustione (fì gg. 8, 9, 1 o). Secondo l'esperienza clinica ottenuta nel Centro Ustionati di Milano, utilizzando il nitrato d' Ag s'è con statato che è possibile rimuovere completamente l'escara da ustioni profonde parziali e a tutto spessore che ricoprano più del 50 °~ della superficie corporea, nel giro di venti giorni, senza dover ricorrere all'anestesia (si utilizza un analgesico tipo la morfina), senza notevoli perdite di sangue e senza asportare alcun residuo cutaneo vitale. In tutti i casi trattati nel Centro sopra citato, si è riusciti ad ottenere la riepitelizzazione di tutte le ustioni a tutto spessore utilizzando, per i trapianti, lembi sottil i di spessore variabile da 0,3 a 0,4 rom tagliati in pezzetti con superficie variabile da 2 a 4 cm, applicati sulla ferita aperta, distanziati fra di loro di uno o due centimetri (figg. 5, 13, 1 4). Il trapianto sottile produce rapidamente un derm a spesso ed entro un mese non è più possibile distinguere i lembi di 0,3 mm di spessore da altri aventi uno spessore originale di o,6 mm. I trapianti a striscia continua sono stati usati soltanto per ricoprire la superficie flessoria delle articolazioni, il collo e il cavo ascellare, al fine di ridurre al minimo la contrattura. Lo stesso è stato fatto per il viso (figg. 15,

16, 17, 18, 19). I lembi vengono prelevati con un dermotomo elettrico, previo blocco anestetico locale (o,s% di procaina o xilocaina). Tutte le aree datrici d'innesti, essendo state immediatamente rivestite con le medicazioni bagnate di nitrato d'Ag sono guarite completamente entro venti giorni. Tale risultato ci permette di effettuare sulla medesima area anche tre o quattro prelievi nel giro di otto settimane. Naturalmente anche l'area che ha subito il trapianto viene immediatamente rivestita con la medicazione bagnata di nitrato d'Ag; tale m edicazione viene completamente rinnovata ogni giorno. Per rimuovere l'escara e per cambiare le medicazioni, non è necessario utilizzare la sala operatoria. Solo per effettuare i trapianti, nel Centro Uscionati di Milano, si preferisce far uso della sala operatoria, frequentemente operando in anestesia generale.


22 TAB:El.LA N. I.

l l

l l

D EATHS ASSOCIATED WITH BURNS BY OPEN METHOD (I 4 I 968 - 31 4 l if><)) AND BY SILVER NITRATE (I/5II969-3II5II970) ON BASIS OF PERCENTAGES OF BODY SURFACES BURNED

O pen

l

mcthod

Si l v e r

nitratc

Pa cent bumed

l Patients

Deaths

%

Paticnts

Dcaths

%

< 15

258

o

o

533

I

0,18

16-30

48

2

4·'6

1 59

5

3· 14

31-40

43

I

2,J2

57

4

7,01

41-50

13

o

o

20

3

I)

5I- 6o

2

I

50

2

2

JOO

>6o

14

I4

IOO

9

7

77>77

T o tal

378

18 = 4>76%

22 = 2,82%

780

T AB ELLA N . 2.

D EATHS ASSOCIATED WITH BURNS BY OPEN METHOD (I I 4 I I968-3I I 4 1 I'fi9) ANO BY SILVER NITRATE (1 I5I I9~- 31 I 5 I I970) ON BASIS OF AGE

Open

mcthod

Si l v e r

n i tra t e

Patients

Deaths

%

Patients

Deaths

%

8;

3

3>52

277

10,8

38

I

2,63

Io6

3 o

21-30

TOI

5

4·95

130

o

o

31•40

73

3

4>1

102

4

3·92

•ti- 5°

36

3

8,33

8I

I

1,23

sr- 6o

3I

I

3,22

55

5

9·09

>6o

I4

2

14,28

29

9

31,03

Total

378

I8 = 4,76°{,

780

22 = 2,82°1.,

t\gc

- O- IO li - 20

l

o


In due tabelle sono portate a confronto le percentuali dei decessi verifìcatisi durante il periodo in cui nel Centro Ustionati di Milano si usava il trattamento per esposizione e di quelli sopravvenuti durante lo stesso numero di mesi di trattamento con nitrato d'Ag. Nella tab. n. 1 il confronto è stato effettuato in base alla percentuale di superficie corporea ustionata. Nella tab. n. 2 il confronto tra la mortalità nei due differenti periodi è stato effettuato in base all'età. Da questa tabella risulta an che che l'età media dei ricoverati è passata da 34 anni, nel 1968, a 48 nel 1969. TABELLA N .

DECEDUTI DALL'I APRILE 1968 AL 31 APRILE 19~

Nome:

Età

%

Diagnosi

Sesso

superf. ustion.

M. G.

30

M

f nsu!f. re naie acuta - Scpsi

8o

R.E.

40

M

Insuff. cenale acuta - Endoftalmite da sepsi

8o

P.G.

45

M

Shock in alcoolista

70

C.E.

30

M

Se psi

S.E.

6

M

Shock

8o

M.S.

3l

M

Scpsi - Anuria

75

R.O.

26

M

ColJasso c.c.

40

S.M.

26

M

rnsuff. cardiocircolat. - Anuria

70

D.F.

38

M

Shock

90

G.R.

68

F

Scompenso globale eire.

20

B.R.

5

F

Sepsi

75

Z.G.

6z

M

Coma diabetico

20

C. G.

23

M

Scpsi

6o

M.G.

55

M

Anuria - Sepsi

6s

S.R.

M

Tossicosi

100

C. R.

45 12

M

lnsuff. renalc acuta - Sepsi

100

s.o.

42

M

Scpsi

100

2,}{

M

Shock

100

Età media: 32,5 anni.

l

65


T AB ELLA N. 4· D ECEDUT I DALL'I MAGG IO 196$) AL 31 MAGG IO 1970

l

%

Nome

Età

Sesso

B.M.

74

F

Insuff. r enale acuta

55

P.P.

82

F

Infarto miocardìco

25

F.G.

66

F

Anuria in cardiopatica

40

P.R.

32

F

Sepsi - Anuria

90

A.C.

30

F

Scpsi - Anuria Collasso c.c. 10 stinale

D i ag n os i

su pcrf. ustion.

95 neopl a~ia

C.T.

67

F

A.M.

66

F

c.r.

4

M

l Insuff. renaie acuta

D.R.

2

M

Scpsi

So

T.P.

38

M

Anuria - Blocco rcnalc dn

20

C .M.

3

M

Sepsi - A nuria

70

P.P.

55

F

Insuff. re nalc acuta - Collasso

35

F

Insuf.f. renalc acu ta

35

F

Sepsi - Anuria

so

F

Anuria in diabetica

70

F

Insuff. card ioc ircol. in cardiopatica

25

l

P.A. M.G.

53 52

ime-

Anuria

20 70

6o

P.l\'.

68

E.A.

6s

S.A.

54

M

Insuff. rcnale acuta in etilista cirrosi

35

c.c.

33

M

Insuff. epatorenale in etilista

45

M

Shock - Anuria

90 IO

T. M.

56

l

G.T.

71

F

Trombosi cerebrale - Collasso

B.M.

81

M

Edema polmonare - Collasso c.c.

20

G.B.

43

M

l nsuff. renale acuta

48

Età media: 49•7 anni.


Vengono inoltre riportati i valori medi delle degenze relativi al periodo dall'I aprile 1968 al 3r aprile 19ll9 e dall' I maggio 1969 al 31 maggio 1970; essi denotano una netta diminuzione del tempo di degenza medio durante il periodo in cui si è usato il nitrato d'Ag (tabb . 3, 4). A parzial e spiegazione di questo risultato bisogna però riferire che il Centro Ustion ati di Milano, negli anni precedenti al 1968, essendo amministrato dall'I.N.A.I.L. si occupava principalmente del trattamento di pazienti ustionati nel corso di incidenti sul lavoro. Dal maggio 1969 si sono verificate nuove condizion i in q uanto l'ammissione al Centro è stata estesa a tutti i civili. Nel 1968, quando si utilizzava ancora il metodo dell'esposizione, furono ammessi al reparto 378 pazienti, questi salirono a 780 nel 19~ anno in cui fu utilizzato q uasi esclusivamente il nitrato d'Ag. Ricordiamo ancora che nel frattempo, erano mutate le caratteristiche degli ustionati ricoverati, con una forte incidenza di malattie cardiovascolari, deficit nutrizionali e alcoolismo. Per questo motivo, il fatto che la mortalità sia diminuita dal 4,76 al 2 ,82°1 va considerato un risultato piuttosto positivo, senz'altro a favore del nuovo tipo di trattamento.

Rt~SSUNTO. - L'A. nell'esaminare i vari metodi precedenti del trattamento dcll'ustionato, si sofferma sul metodo di Moyer esponendo il meccanismo d'azione. Considerando che i 3/4 dei decessi degli ustionati sono provocati dall'infezione generalizzata per colonizzazione batterica dell'ustione, l'A. propone l'uso dell'AgN0 3 allo 0,5° '~ quale indiscusso preparato che deprimendo la proliferazione batterica esalta i processi riparativi di guarigione. In competizione con tale prodotto è: il Sulfamylon hidrochloride al 10°<, in crema, ricercato dal Compartimento Chirurgico dell'Esercito statunitense (Brook Army Medicai Center) a Fort San, Houston, Texas. Nel paragonare gli effetti ter:tpeutici di questi due più anuali preparati viene valutata una notevole superiorità al trauamento con nitrato d'Argento allo 0,5°'0 , anche nel successivo trapianto di lembi ed innesti cutanei. L"A. esami na, inoltre, i dati statistici del Centro Ustionati di Milano dove sono ricoverati contempora neamente più d i 40 ustionati gravi, esponendo come la mortalità sia diminuita dal 4,76°/, del 1968, con il metodo dell'esposizione al 2,82 °~ del 1969 in cui è stato utilizzato qua~i esclusivamente il metodo con nitrato d' Ag, considerandolo, questo. un risultato piuttosto positivo, l'A. ill ustra 21 raffigurazioni fotografiche.

RÉsuMÉ. - Procédanr à l'examen des différentes méthodes concernant le traitement des brOlés, l'A. arrete tout particulièrement son attention SUI la méthode dc Moyer, dont il expose le mécanisme d'action. S'appuya nt sur le fait quc Ics 3/4 des décès des brOlés sont dus à l'infection généralisée provoquée par la colonisation bactéricnne dc la brOlurc, l'A. propose l'emploi du AgN0 1, à 0,5°<,, en tant quc produit indiscuté qui freine la prolifération bactéricnne et favorise Ics procès réparatcurs de guérison . En compétition avec cc produit est la Sulfamylon hydrochloride, à ro 0,~ crème, rechcrché par le Compartiment Chirurgica! de I'Armée Américaine (Brook Army Medica! Center),


à Fort San, Houston (Texas). Si l'on examine de près les résultats thérapeutiques obtenus aves ces plus récents produits, on constate une supériorité considérable au traitement avec le nitrate d'argent à o,5% , m~me dans la greffe successive de partics de tissus et de rransplantations cutanées. En outre, l'A. analyse les données statistiqucs du «Centro ustionati » de Milan, où sont hospitalisés à la fois plus de 40 brùlés graves, faisant rcmarquer quc le taux de mortalité est passé de 4,76% en 1~, suivant la méthode de l'exposirion, à 2,82% en r969, moycnnant l'utilisation presque totale du nitrate d'argent: ce qui semble confirmer à l'A. le succès assez positif de cetre méthode, illustrée par une séric de 2r photographies.

Su~utAJtY. - The A. in exammtng the various mcthods of burn trcatrnent dwells on thc method of Moyer, setting down thc meccanism of action. Considering that three quarters of deaths by burns are caused by gencralized infection through bacterial colonizarion of the burn, the A. proposcs the use of AgN03 at 0,5%, that undisputed produce which in weakening bacterial multiplication stimulatcs the rcmedying process of healing. In competition with this product is Sulfamylon hydrochloride at 10 °~ in cream, researchcd by the Surgical DepL of thc U.S. Army (Brook Army Medicai Center) at Fort San, Houston, T cxas. In comparing the therapeutic cffecrs of these two most rccent products thcre is estimateci to be a considerablc superiority in trcatment wi th silvcr ar o,s%. also in successive transplanring of limbs and skin grafts. The A. furthermorc examines the statistics of the Milan Burn Centcr whcrc are recovcred contcmporarily more than 40 cascs of serious burns, showing how the mortaliry rate has diminuished from 4,76% in 1~ with rhe stated merhod to 2,82% in 1969, in w i eh was used almost exclusively the Silver Nitrate method; considering this qui te a positive result, the A. illustrates 21 photographs.

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OSPEDALE MILITARE DI FIRE'.:ZE Direttore: Col. ~1e:l. Dr. S. P1s1 0 tt1 0

CONSIDERAZIONI CLINICO RADIOLOGICHE SU ALCUNI CASI DI DISTOPIA RENALE S. L icciardcllo

M. Losi

P. Manncschi

CoNSIDERAZIONI ' INTRODUn1VE.

Lo studio delle distopie renali (d. r.) non è argomento nuovo per gli specialisti urologi, tuttavia ci è apparso opportuno tornare .s ull'argomento aggiungendo anche il nostro contributo statistico, sia per la rarità di alcuni casi capitati alla nostra osservazione, sia perchè ancora oggi, spesso, nonostante le metodiche d'indagine più recenti, come l'urografia potenziata, possono presentare notevoli difficoltà diagnostiche qualora il rene distopico sia funzionalmente muto. Dobbiamo inoltre tener presente che la d. r. si accompagna ad un marcato aumento della morbilità rispetto a quella del rene in sede normale, per cui 11 mancato reperto di eliminazione .d a un lato, durante l'esame urografi.co, ci deve stimolare alla ricerca di segni di eliminazione nelle sedi abituali di distopia e, qualora l'esame cistoscopico abbia fatto rilevare la presenza di ambedue i meati ureterali, ad eseguire l'esame pielografìco per via ascendente. Nel gruppo delle displasie renali, che sono le più frequenti fra tutte le anomalie congenite (R. Kohler), un posto a sè occupano le anomalie di sede. Seguendo la dizione di autorevoli autori (S<:hinz, Turano cd altri) indichiamo tali anomalie col termine di distopie, che ci sembra più appropriato di quello di ectopie e che comunque non genera confusione alcuna con le ptosi. Le distopie vanno distinte: - unilaterali o bilaterali; - dirette o crociate; - alte (nelle varianti toraciche intra od extrapleuriche) o basse. Queste ultime, a loro volta, seguendo lo S. Smerl e coli., vanno distinte in: iliaca ilcolombare ileopelvica rene m pos1z10ne promontorio pelvica pelvica


Le d. r. si verificano per cause che agiscono durante l'ascesa della gemma renale dall'originaria sede presacrale e le impediscono di raggiungere la regione lombare; nel corso della 4•/ 6• settimana di vita fetale avviene, infatti, tale migrazione ed una contemporanea rotazione sull'asse longitudinale, per cui la pelvi da anteriore diviene mediale. Non è noto se l'agente che blocca l'ascensione della gemma nefrogena, ostacolando l'attività di quegli elementi cellulari che dirigono il movimento caudo- craniale e direzionale (cellule sticotropiche o vettrici) è insito nella gemma stessa e si estrinseca al momento della migrazione (G. I. Thomas e J. C. Barton, I936), oppure è extrarenale. Purtroppo, pur essendo state azzardate varie ipotesi, permangono ancora oscuri i fattori causali di queste anomalie, ma con C. Torricelli (1962) ci auguriamo che i futuri progressi della virologia, della genetica, e della embriologia sperimentale possano condurci alla piena conoscenza della genesi delle diverse d. r .. Anomalie ,della sfera genitale (uteri ipoplasici, setti, epi od epispadia), della colonna vcrtebrale (schisi, sacralizzazione della 5 L., emispondili, ecc.) possono, frequentemente, accompagnare tali displasie, per cui è stata avanzata l'ipotesi di un danno localizzato alla porzione caudale del mesoderma, da cui prendono origine gli organi in questione (M. Alpi e coll., 1950). Meno resistente infatti appare il rene distopico, per cui esiste una generica morbilità ad ammalarsi e, come complicazioni, sono state descritte: calcolosi, idronefrosi, pionefrosi, tubercolosi, tumori, ecc. L a sintomatologia dci reni distopici è molto variabile, 'p otendo essere asintomatica o simulatrice di affezioni compressive o dolorose di non facile inquadramento clinico. Sindromi dolorose addominali, sacralgie, nevrosi, tenesmo vescicale e rettale, dolori c parestesie agli arti inferiori (Tr·incas), possono simulare cisti ovariche o gravidanze extrauterine, fibromi sottosierosi dell'utero, annessiti, appendiciti, dare delle sindromi occlusive o stipsi prolungate per azione compressiva sul colon, disuria intensa per azione compressiva sulla vescica, ecc. I dolori gravativi e colici, ·dovuti al rene ectopico, possono essere riferiti anche alla loggia renale disabitata (Papin). Le forme asintomatiche sono riportate come le più frequenti in letteratura. Bisogna tuttavia ricordare che non tutta la sintomatologia presente in caso di distopia renale è imputabile al rene distopico, ma che bisogna prima escludere tutte le affezioni degli organi contigui. L. Lupatelli, S. Mcssinetti e M. Colombati (1960), classificano le distopie renaJi, in relazione alla sintomatologia, in: - reni ectopici non dolorosi; - reni ectopici non patologici, ma dolorosi; - reni ectopici patologici. 4·- ~.


DISTOPIA RENALE CROCIATA.

La distopia renale crociata è un 'anomalia ben conosciuta da diversi secoli; secondo il Wilmer la prima descrizione anatom ica è opera di Pannorlus (1654); al contrario Slites e Bowen n e attribuiscono la paternità all'Hunter nel 1875· L 'autore italiano che per primo si è occupato dell'argomento è il Fasiani (1926). La distopia renale crociata si verifica allorchè uno dei due reni si disloca dal lato opposto a quello abituale dell'addome, situandosi, il più delle volte, al di sotto del polo inferiore dell'adelfo lun go il suo asse longìtudinale, oppure affiancandolo. In una minima percentuale, il rene distopico può situarsi al di sopra del Normotopo. I parenchimi renali ·possono essere fusi, n eli '80°'o dei casi, assumendo, in tale evenienza, la forma ad L o ad S, con connessioni parenchimali di vario grado; oppure possono essere separati. Il r. d. può avere regolare m orfologia, oppure incisure dei bordi, (orma emisferica, lobature, ipoplasie, anomalie dell'orientamento, calici tozzi, pelvi rudimentale, essere normo od ipofunzionante. Anche il rene normotopo può presentare anomalie di volume, forma, di orientamento. L 'uretere del rene distopico, dopo aver incrociato la colonna vertebrale, sbocca nella sua sede normale; tuttavia sono stati descritti sbocchi anomali nella vagina e nel retto. Il lato preferito è il sinistro, il sesso quello maschile. L'ereditarietà non sembra giocare nessun ruolo nella genesi di tale anomalia. Le distopie crociate bilaterali sono estremamente rare. Accanto alle forme .di natura congenita esistono anche forme acqwstte, definite dal P. Bruni (( migrazioni renali eterolaterali Il , secondarie a processi morbosi che, per azione m eccanica o cicatriziale retraente, provocano lo spostam ento di un rene dal lato opposto della cavità addominale (tumori in senso lato della colecisti, del fegato, del pancreas e, più particolarmente, quelli della milza ed i retropcritoncali (specie sarcomi). Esiste inline il rene solitario in distopia crociata; in tale anomalia si trova un solo rene, il cui uretere, dopo aver incrociata ,Ja colonna vertcbrale, sbocca in vescica dal lato opposto (casi riportati dal Blancato, Horand, Foerster, ccc.). Le percentuali d'incidenza secondo i vari AA. sono molto variabili ed in rapporto al tipo di riscontro autoptico od urografico; infatti il Grilli dà una percentuale del 1/ 5o.ooo, il Lasio J/r4.ooo, il Hjman 1j8.ooo, Thompson e Pace I j io.ooo, P. Linsalata e G. Montella I j iO.ooo. Raniero c coli. in uno studio statistico clinico sulle malformazioni renali riscontrate all'Istituto


. Gaslini » negli anni 1939-63, riportano un solo caso di distopia renale crociata. Cambell ha riscontrato tale malformazione 4/ 5.188 pazienti. RENE IN DISTOPIA PELVICA.

La distopia pelvica (d.p.) è la più frequente di tutte le forme distopiche renali. Come è già stato detto può essere uni- o bilaterale. Il rene in d.p. è il più delle volte di volume inferiore al normale, di forma globosa, con calici grossolani, orientati in maniera diversa rispetto alla pelvi, ipofunzionante. La pelvi, frequentemente dismorfica, anche in assenza di complicazioni idro- o pionefrotiche, è spesso anteriorizzata. L'uretere, breve nella maggior parte dei casi (questo è elemento di diagnostica differenziale con le ptosi), può tuttavia essere serpiginoso ed ha impianto ventrale o sul polo craniale del bacinetto. Gli sbocchi vescicali degli ureteri sono normali e raramente possono esservi sbocchi anomali in vagina o nel retto. Allorchè ambedue i reni sono in d.p., molto spesso possono essere fusi, assumendo la forma ad « S n al « L H , a « ferro di cavallo ». Il rene pelvico unico è anomalia discretamente rara. Il rene in d.p. può situarsi al davanti del retto, al di dietro ed a ridosso della vescica. La conoscenza di un rene in d.p. è ·della massima importanza, per evitare danni al parenchima renale (per es. in corso di terapia radiante al bacino) ed inoltre, per il sesso femminile, pone dci problemi di carattere ostetrico ed urologico in gravidanza. Le d.r. incidono con una frequenza del 1 JT.500 (Caucci M. cd altri) 1/ T.2oo (M. Alpi). La forma pelvica è la più frequente delle monolaterali (54,2° o secondo R. Girar<!), il sesso più colpito quello femminile, il lato il sinistro. DIAGNOSTICA RADIOLOGICA .

L'esame .diretto, anche se da solo non è sufficiente per formulare una sicura diagnosi, è tuttavia di notevole orientamento in quanto dimostra una loggia renale disabitata ed, in caso di distopia crociata, una grossa ombra rcnale nella controlaterale. Può essere di aiuto l'eventuale presenza di calcificazioni, caratteristiche per la loro forma. L'esame urografìco, oltre a chiarire il quadro clinico, fornisce notizie sullo stato di funzionalità .del parcnchima renale normotopo e distopico. Nei casi <li sospetta distopia renale, a nostro avviso è consigliabile ricorrere ad esame urografico con infusione a goccia, da solo od associato a stra-


tigrafia, perchè, essendo di frequente il parenchima renaJe distopico di volume inferiore aJla norma c mal funzionante, può accadere che si proietti sul rachide, sulle ali iliache, sul sacro e quindi, per la sua sovrapposizione, non essere visibile. Inoltre, occorre sempre completare l'esame con tutte le proiezioni note (soprattutto le oblique e le laterali) per dissociare chiaramente il rene dalle formazioni anatomiche suddette. Con tali tecniche non è sempre possibile esprimere giudizi su eventuali connessioni parenchirnali fra i due reni. Accanto a queste semplici tecniche, di uso comune ospedaliero od ambulatoriale, ne vengono usate altre, strumentali, quali il retropneumoperitoneo, la pielografia strumentale, qualora tecnicamente possibile, l'aortografia. Quest'ultima è indispensabile, allorchè si debba procedere a terapia chirurgica, per conoscere l 'origine, il numero, il decorso, la distribuzione dei peduncoli vascolari. Nelle disto pie renali, qualunque sia la dislocazione del parenchima, le arterie possono nascere dalle sedi più disparate (J. C. Dos Santos); più particolarmente l'irrorazione è fornita dai rami dell'a. renale, dall'aorta, dalla biforcazione aortica, dalle iliache. Tra le metodiche diagnostiche, infine, è da ricordare la scintigrafìa. Osservazione 1". Cenni di storia clinica: uomo di 70 anni, di Firenze. Anamnesi personale: nel dicembre 1968 episodi dolorosi gravativi al basso ventre, senza particolari irradiazioni, con disur·ia intensa, scomparsi con cure sintomatiche. Nel febbraio 19~ disturbi nel ritmo della minzione, modesta disuria, nicturia. Per il perdurare della sintomatologia, un urologo consultato suggerisce esame urogra1ico per << ipcrtrofia prostatica n . E.O.: addome trattabile, non punti dolenti, non masse palpabìli. Esami di laboratorio: azotemia: o,39%o; esame urina: P.S. ro28, alcalina, senza elem enti patologici nel se·dimcnto. Rx diretto addome: a sinistra si apprezza grossa ombra renale con polo inferiore che sopravanza la cresta iliaca; nella controlateralc non visibile ombra renale. Colonna vertebrale senza evidenti anomalie. Urografia : dopo m.d.c. a destra non è visibile eliminazione dì urina opaca. A sinistra grossa ombra renale, allungata, con polo inferiore al di sotto della cresta iliaca, con due distinti gruppi di cavità calico- pieliche, di cui il superoesterno con calici di morfologia regolare, pelvi ruotata di normale aspetto, regolari il giunto pielo- ureterale c l'uretere. I calici del gruppo inferiore, la pelvi e l'uretere sono regolari. L'uretere del tratto pelvico, bilateralmente, assume l'aspetto ad « amo od uncino », caratteristico dci sollevamenti vescicali da « ipertrofia ,, prostatica. La vescica ha profili esterni


33

Fig. r. - G. R. di annì 70: descrizione nel testo.

Fig. r a. Particolare della figura

1.


34 dentellati, presenta sbocchi normali ureterali e riceve impronta arcuata dal basso di tipo prostatico e, nel suo contesto, presenta tre difetti di riempimento grandi come cc lupino ». Diagnosi: distopia renale crociata del rene d. fuso con il controlatcrale in soggetto portatore di ipertrofìa prostatica e calcolosi vescicale (fig. 1 ). Osservazione 2•.

Cenni di storia clinica: uomo di anni 19, di Firenze. Anamnesi personale: comuni esantemi nell'infanzia. Da quattro anni circa peso doloroso alla regione lombare d estra, persistente, per cui consulta sanitario che, all'esame obbiettivo, riscontra tumefazione di tipo parcnchi-

Fig. 2. - F. P. di anni 19: descrizione nel te~lO.


35 matoso, al fianco destro, mobile con gli atti respiratori e, col sospetto di massa renale, invia il paziente per esame urografico. E.O.: addome trattabile, grossa massa ovoidale a destra, a maggior asse verticale, di consistenza parenchimatosa, a limiti netti, mobile con gli atti del respiro. Esami di laboratorio: azotemia: o,26%o; esame urina: P.S. 1022, acida, senza elementi patologici nel sedimento. Rx diretto addome: a sinistra non apprezzabile ombra renale. A destra grossa ombra renale, il cui limite inferiore sfiora la cresta iliaca, mentre quello medialc si confonde con la colonna vertebrale, che presenta lieve scoliosi destro- concava. Urografia: l'eliminazione di urina opaca è assente a sinistra. A destra appare grossa ombra renale, a limiti definiti dall'esame diretto, con due distinti gruppi di calici e pelvi: uno supero -laterale, con calici di morfologia regolare, pelvi ruotata in senso antero - laterale; l'altro, infero- mediale, presenta calici modicamente dilatati, tozzi, pelvi globosa, dilatata, modi camente ruotata. Gli ureteri non presentano disturbi di canalizzazione e gli sbocchi vescicali sono regolari. Diagnosi: distopia renale sinistra crociata (fig. 2). Ossermzione ]".

Cenni di storia clinica : uomo di anni 37, di Firenze. Anamnesi personale: comuni esantemi dell'infanzia. Dopo alcuni anni di sofferenza appendicolare, appendicectomia nel luglio 196$>. Durante l'intervento, il chirurgo apprezza tumefazione parenchimatosa, e, nel sospetto di massa renale, invia il paziente per urografia. E.O. : tumefazione mobile con gli atti respiratori in corrispondenza del· la fossa iliaca destra dell'addome. Esami di laboratorio : azotemia: o,29%o; esame uri na: P .S. I 021, acida, con urati e cell ule di sfaldamen to nel sedimento. Rx diretto addome: a sinistra non riconoscibile l'ombra renale; la destra appare di volume superior e alla norma, a limiti esterni poco definiti con polo inferiore che supera la cresta iliaca. Rachidc con sei vertebre con caratteri di lombari, schisi lieve di S. ed a pieno canale del rim anente sacro. Urografia: dopo m.d.c. si conferma l'assenza dell'ombra renale sinistra nella sede abituale ; a destra si osservano due ombre renali, nettamente separate fra loro, ·d i cui la superiore è di normale morfologia e volume, l'inferiore presen ta regolare aspetto .dei calici e la pelvi r uotata in senso anterolaterale. Gli ureteri sboccano nelle loro sedi naturali. Non alterazioni morfologiche a carico della vescica. Diagnosi: distopia renale crociata sinistra (fig . 3).


Fig. 3· - B. R. di anni 37: descrizione nel testo.


37

Fig. 3 a. - Stesso soggetto della figura 3: proiezione L. L.


Osserc•azione 4"· Cenni di storia clinica: uomo di so anni, di Firenze. Anamnesi personale : sofferente da anni dì coxartrosi di notevole grado a sinistra. Nel novembre 19<)9 ematuria, disuria, che si è attenuata fino a

Fig. 4· - G. P. di anni 50: radiogramma standard.

scomparire con cure si nto matiche. Nel mlrzo 1970 di nuovo ematuria, piuttosto abbondante, per cui dall'urologo viene consigliato esame urografico. E.O.: addome trattabile, senza apprezzabili masse addominali. Esami di laboratorio: azotemia: o,35%o; e~ame urina: P.S. 1025, acida con numerose emazie e cellul e di sfaldamento nel sedimento.


39 Rx diretto addome: ombre renali non riconoscibili. Non rilievi abnormi a carico del rachide. Urografia: dopo m. d.c. pronta comparsa di urina opaca bilaterale, che dimostra a d estra ombra renale i n sede sacrale, con cavità calicopicliche regolari, ureterc corto, modicamente serpiginoso. A si nistra ombra renale con

Fig. 4 a. - Stesso soggetto della figura 4: proiezione O.A.S.

polo superiore che raggiunge il processo trasverso di L 4 ed inferiore che si perde sul sacro. Calici tozzi e grossolani che confluiscono in pelvi, di regolare morfologia, lievemente ruotata verso l'esterno. La vescica presenta profili dentellati c qualche minuto difetto. Diagnosi: distopia renale bil aterale sacrale a destra, ileosacralc a sinistra

(figg. 4, 4 a).


Osservazione 54 • Cenni di storia clinica: uomo di 21 anni, da Firenze. Anamnesi personale : glomerulonefrite nell'infanzia. A seguito di tale m alattia il paziente fa dei controlli routinari d'urina. Due mesi prima dell'esame urografìco, in un esame d'urina, è stata riscontrata ematuria ed al-

Fig. 5· - F . .-\. di anni 21: de;criz.ione nel testo.

buminuria per il persistere di tali reperti urinari si sottopone ad indagine urografica. E.O.: addome trattabile, non punti dolenti, non masse apprezzabili. Esami di laboratorio: azotemia: 0,32%o; esame urina: P.S. roro, acida. Sedimento: cellule di sfaldam ento ed eritrociti. Albuminuria. Rx diretto addome: non apprezzabili le ombre renali nella sede abituale. Non anomalie scheletriche.


Urografia: dopo m. d.c. si apprezza eliminazione pronta d'urina opaca, che evidenzia ombra renalc destra situata in corrispondenza dell'ala iliaca omolaterale con polo superiore al processo trasverso di L 5, calici tozzi c dilatati, pelvi grossolana, ruotata antero lateral mente. Uretere, ad impianto inferiore, regol armente pervio, lievemente serpiginoso. A sinistra il rene è in posizione sacrale, leggermente spostata verso destra oltre la linea mediana sacrale, presenta calici marcatamentc dilatati, che confluiscono in pelvi ruotata verso l'esterno. L 'uretere appare di morfologia regolare. I limiti fra i due parenchimi renali non sono definibili, nemmeno al controllo stratigrafico. La vescica è regolare. Diagnosi : distopia renale bilaterale iliaca destra- sacrale sinistra con parenchimi renali attendibilmente fusi (fig. 5).

Cenni di storia clinica: uomo di 65 anni, di Firenze. Anamnesi personale: da alcuni mesi disuria, disturbi del ritmo della minzione; viene inviato per sospetta « ipertrofia ,, prostatica. E.O.: non reperti patologici all'addome. Esami di laboratorio: azotemia: o,48%o; esame urina: P.S. 1023, acida, leucociti e cellule di sfaldamento nel sedimento. Rx diretto addome: ombra renale destra in sede, sinistra non riconoscibile. 1'\on anomalie della colonna vertebrale.

Fig. 6. - A. C. di anni 65: descrizione nel testo.


Urografia: dopo m. d.c. si ha pronta eliminazione di urina opaca da ambedue i lati. Non anomalie di sede o morfologiche a destra; a sinistra l'ombra renale si osserva in sede iliaca, a limiti esterni mal definibili, calici indistinti, pelvi grossolana, dilatata. L'uretere non appare mai contrastato. La vescica è regolare. Diagnosi: distopia renale sinistra in sede iliaca (fig. 6). Osservazione 7".

Cenni di storia clinica: uomo di 20 anni, di Pistoia. Anamnesi personale: nel 1958 glomerulonefrite. Da alcuni mesi em aturia. senza altri elementi patologici ne il 'urina. Per il persistere di tale ematuria si esegue urografia.

Fig. 7· - P. M. di anni 20 : descrizio ne nel leHo; obliqua destra.


43 E.O.: addome trattabile, non si apprezzano tumefazioni o masse addominali, non punti o zone dolenti. Esami di laboratorio: azotemia: o.26%o; esame urina: P.S. 10r6, acida, diverse emazie, microcristalli di ossalato di calcio nel sedimento. Rx diretto addome: ben riconoscibile l'ombra renale destra. A sinistra non evi,dente l'ombra renate. Non anomalie vertebrali.

Fig. 7 a. - Sres~o soggeuo della figura 7·

Urografia: pronta comparsa di urina opaca a destra, che dimostra ombra renale in sede, con calici un po' spastici, pelvi ai limiti della norma. L'uretere è pervio fino in vescica. A sinistra. in sede sacrale, si apprezza piccola ombra renale a limiti poco n etti, con calici modicamente spastici, pelvi ruotata verso l 'esterno. Urctere c<>rto e scrpiginoso, con inflessione variabile al terzo medio. Non rilievi anomali in vescica. Diagnosi: distopia pclvica si nistra (fig. 7). Osservazione 8'. Cenni di storia clinica: uom<> di 42 anni, di Scandicci. Anamnesi perso11ale: comuni esantemi nell'infanzia. Da alcuni mesi disuria intensa e dolenzia al fianco destro, senza particolari irradiazioni.

E.O.: addome trattabile, non punti dolenti, non masse palpabili.


44 Esami di laboratorio: azotemia: o,36%o; esame urina: P.S. 1024, acida, cellule di sfaldamento, cristalli di ossalato nel sedi mento. Rx diretto addome: ombra rcnale sinistra in sede, ben riconoscibile; la destra non apprezzabile nella sede abituale. Colonna vertebrale senza evidenti anomalie.

Fig. 8. - B. P. di anni 42: descrizione nel testo.

Urografta: l'eliminazione di urina opaca è pronta bilateralmente e dimostra ombra rcnale sinistra in sede, di normal e morfologia e volume, così come le cavità calico- picliche e l'uretere. A destra, l'ombra renale si trova a livello ileo -lombare (col polo inferiore supera abbondantem ente la cresta iliaca), i calici del gruppo superiore appaiono grossolani e modicamente dilatati, la pelvi appare lievemente ruotata sul suo asse, l'uretere è regolare. Diagnosi: distopia rcnale destra ileo- lombare (fig. 8).


45 Ossert•azione 9". Anamnesi personale: uomo di 52 anni, è stato bene fino al mese di gennaio 1970, epoca in cui cominciò ad accusare coliche rcnali a destra, episodi saltuari di iperpiressia con brividi e sudorazioni della durata di alcune ore.

Fig. y. -L. G. di anni 52: descrizione nel testo.

Un esame urografìco eseguito in altra sede, ambulatoriamente, ha evidenziato calcolosi renalc destra, rene sinistro escluso funzionalmente, difetto vescicalé, da probabile processo espansivo, nella metà sinistra. Il soggetto si ricovera in ospedale per ulteriori accertamenti. E. O.: dolore alla palpazionc profonda nella loggia renale destra, Giordano positivo. Non palpabili masse addominali. '5·- M.


Fig. 9 a. - Particolare della figura 9· )

f:g. 9 b. - Stesso caso della figura 9: piclografìa sinistra.


47

;

Esami di laboratorio: azotemia: o,46%o; esame urina: P.S. 1029; albuminuria: + + ; ematuria microscopica. Esame diretto addome e urografia: confermano quanto messo m evidenza precedentemente. Esame cistoscopico: meati ureterali in sede, non alterazioni della mucosa vescicalc. Pielografia si11istra: cateterizzato il meato uretcrale di sinistra si incontra una certa difficoltà nella progressione dello stesso per cui si introduce del m.d.c. che opacizza pelvi renale modicamente ectasica, con calici grossolani; la pelvi è situata a contatto stretto della vescica, per l'aplasia dell'uretcre, è impronta la stessa a largo raggio, da sinistra c dall 'alto, determinando il difetto segnalato al l'esame uro grafico. Diagnosi: distopia pelvica sinistra, calcolosi renale destra (fig. 9). CoNSIDERAZION I CONCLUSIVE.

La nostra casistica è composta di 9 casi di distopie renali di cui 3 di distopia crociata, 6 di distopia ileo- lombare o pelvica, dei quali 2 bilaterali. I soggetti sono tutti di sesso maschile e l'età va dai 19 anni ai 70; quest'ultimo dato non riveste carattere statistico dato che la nostra casistica è stata raccolta in un ospedale in cui la gente arriva già preventivamente selezionata. L 'esordio clinico delle manifestazioni a carico dell'apparato urinario è insorto in un periodo di tem po variabile da qualche m ese ad un massimo di quattro anni (soggetto n. 2). Sintomo principale è stata la disuria che ha polarizzato l 'attenzione sulle vie urinarie; in qualche caso la sintomatologia settica (soggetto n. 9), in qualche altro i frequenti controlli d'urina dopo episodio glomerulonefritico hanno orientato per un più approfondito esame delle vie escretrici urinarie. D al punto di vista clinico solo in tre casi i rilievi semiologici orientavano per una sospetta alterazione renalc (nn. 2, 3• 9); tuttavia ad eccezione di un solo caso, dove la scoperta è stata fortuita (soggetto n. 3), i sintomi urinari, pur aspeci fici, hanno indirizzato verso l'indagine radiologica che ha permesso una giusta diagnosi. Di interesse particolare ci è apparso il caso n. 9 dove il rene displasico era com pletamente muto c com primendo la vescica, nè alterava profondamente la morfologia. L 'aplasia dell'uretere, presente nel nostro soggetto, è m alformazione del tutto eccezionale (noi non siamo riusciti a trovare altri casi riportati in letteratura); il danno embriogenetico ·deve essere, necessariamente, molto precoce, nelle prime tre settimane, quando l'uretere si forma dal canale di Wolff e prima che inizi l'ascensione del rene.


Per concludere, le osservazioni riportate, pur rappresentando una modesta casistica, offrono lo spunto per qualche considerazione. Nei casi occorsi alla nostra osservazione non erano presenti anomalie genitaliche e, solo in due soggetti, lievi anomalie scheletriche; tuttavia ci sembra di una certa utilità l'indagine urografica, alla ricerca di eventuali alterazioni morfologiche urinarie, in presenza di gravi malformazioni genitaliche o scheletriche. Le percentuali di associazioni morbose, nella nostra casistica, non è molto elevata; la funzionalità del parenchima del rene distopico è discretamente conservata nel maggior numero. Questa buona funzionalità del rene distopico ha permesso lo svolgersi di un normale tenore di vita anche fino a tarda età (70 anni). Per cui ci sembra che le distopic renali, che non sono incompatibi li con la vita, c che spesso non hanno bisogno ài alcun presidio terapeutico, rag· giungono tUl equilibrio cui l'organismo si adatta .finchè non interviene una causa perturbatrice che altera questo equilibrio precario, per cui si manifestano quei segni clinici, che opportunamente vagliati, possono far sospettare tali anomalie. E' evidente, tuttavia, che la diagnosi è esclusivamente radiologica. L'esame urografico da solo, o con infusione a goccia associato o meno a stratigrafia, data la frequente ipofunzionalità del parenchima del rene distopico, è in grado di far porre giusta diagnosi. Le altre tecniche strumentali, a nostro avviso, devono essere usate solo allorchè l'esame urografico abbia lasciato dubbi ·diagnostici od il paziente deve essere consegnato al chirurgo per interventi demolitivi. Dal lato medico legale, riferendoci agli iscritti di leva, è owio che in armonia all'art. 79 E.I. tali soggetti devono essere sottoposti a provvedimento definitivo.

RIA~SUXTO. Gli AA., dopo aver fornito cenni anatomoclinici e di diagnostica radiologica, presentano JJOVe casi di distopia rcnale. Ritengono utile lo ~tudio dell'apparato urinario, alla ricerca di eventuali distopic, in presenza di anomalie gravi dell'apparato genitale o scheletrico. Concludono affermando che l'esame urografico, specie con infusione a goccia, è da solo in grado di far porre giusta diagnosi, generalmente.

ru~liMÉ. Les Auter~, après avoir donné cles rcnseignements anatomocliniques dc diagnostiquc radiologiquc prcsentcnt neu( cas d'ectopic du rcin. Ils estiment utile l'étude dcs voics urinaires pour la recherches des eventuclles ectopics du rein en présencc d'anomalics graves de l'apparat gcnital et squeleuique. lls concluc.lcnt cn affirmant quc l'examen urographique intra\·eneux, fait avec la melhode de l"infusion .'t gouLtc, est le ~cu1, dans h plus parte dcs cas. ctàt dc fairc poser un diagnostic justc.

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49 Sul-UfARY. - The AuÙlors afther having givcn anatomica!, clinica! and of radiodiagnostic informations, present ninc cases of o:topic Kidncy. They consider useful in ~tudying the urinary apparatus to look for e\·enrual ectopic Kidney, in Ùle presence of serious anomalies of the gonital and skeletal apparatus. They conclude stating that the urography cxamen, particularly with drip infusione, is generally, sufficient to rcach a right diagnosis.

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ISTITUTO DI CLll:':ICA ORTOPEDICA E TRAUMATOLOCICA DELL'UNIVERSITÀ DI ROMA

CE:'\1RO STt;OJ E RI CERCHE

Diren orc: Prof. G. MONTICELLI

Direttore : Cen. Mcd. Dr. C. M t.:\ILU

DELLA SANITÀ MILITARE

SUI PROCESSI DI RIVASCOLARIZZAZIONE NEGLI IMPIANTI OSTEOARTICOLARI AUTOPLASTICI F. S. Santori

R. Tucciarone

M. Creazzola

PREMESSE.

I trapianti massivi ossei od osteoarticolari sono oggi al centro di numerosi studi clinici e sperimentali. E' noto tuttavia che accanto alla possibilità ed ai vantaggi non indifferenti legati ali 'impiego di questa tecnica, molte sono ancora le difficoltà ed i problemi da superare per una diffusione routinaria della sostituzione di segmenti ossei o di capi osteoarticolari nenia pratica clinica. Questi problemi sono sostanzialmente legati a due ordini di fattori: da una parte, ai complessi fenomeni di istocompatibilità comuni a tutti i tipi di trapianti, dall'altra, ai fenomeni di rimaneggiamento e di rivascolarizzazione propri di tutti gli innesti (ed i trapianti ossei sono tutti innesti), in cui per definizione il tessuto inserito è avulso dalla circolazione dell'ospite. Questo secondo ordine di problemi riveste una particolare importanza, quando si parli di tessuto osseo, per la ben nota !abilità del circolo vascolare endosseo al quale, anche traumi o stimoli di modesta entità, possono causare lesioni irreversibil i notevoli. A danno provocato e a necrosi instaurata i processi di rivascolarizzazione procedono con estrema lentezza, associati ad imponenti fenomeni di rimaneggiamento del tessuto osseo necrotico sì che la completa riabilitazione e ricostruzione del circolo vascolare avviene spesso nel periodo di più mesi e a volte di anni. Se tale problema è già di notevole importanza in ortopedia (necrosi asettiche, osteocondriti, infarti ossei, ostcomieliti in fase cronica con zone di neerosi, ccc.), in traumatologia (frauure bi- trifocali), è facilmente comprensibile come nel campo degli innesti e particolarmente degli innesti omoplastici, la possibilità del ripristino vascolare di un frammento innestato completamente avulso dal circolo generale rappresenti un fattore determinante a che Nota. - Lavoro pervenuto in Redazione il 18 dicembre 1970.

)

i


si ottenga una corretta evoluzione del trapianto durante le sue vane fasi e un favorevole risultato clinico. Sulla scorta di queste brevi considerazioni abbiamo voluto portare un modesto contributo allo studio dell'argomento. In questa prima breve nota affronteremo soltanto il problema della rivascolarizzazione di un innesto osteoarticolare autoplastico rimandando ad una successiva trattazione le osservazioni sugli impianti omoplastici con tutto il corredo di problemi immunologici e di istocompatibilità.

MATERI ALE E METODI.

Per i nostri studi abbiamo impiegato 20 conigli giovani di due- tre mesi e del peso di circa 2 kg i quali sono stati sottoposti ad un intervento chirurgico effettuato secondo le seguenti modalità: previa incisione longitudinale sulla faccia anteriore dell'articolazione femoro- tibiale, si giunge, dopo avere lussato il tendine del guadricipite, sul piano articolare. Si incide quindi la capsula e si mettono in evidenza i condili femorali. Si esegue tenotomia a zeta del legamento collaterale e si procede alla disimerzione del condilo femorale mediante una sega da traforo delio spessore di mm OA· Il condilo femorale viene quindi riapplicato nella sua sede per mezzo di una o due viti a compressione AO di mm 22. Si procede alla ricostruzione del legamento collaterale esterno, si sutura per piani. Dopo aver eseguito periodici controlli radiografici in vita, per controllare l'andamento clinico dell'innesto, a gruppi di cinque per volta, abbiamo sacrificato gli animali in esperimento a rs, 30, 45 e 90 giorni dall'intervento, dopo averli sottoposti ad un esame angiografico effettuato secondo le seguenti modalità:

a) anestesia dell'animale (penthotal sodico 1 cc pro 1,300 kg di peso corporeo e fluotano); b) iniezione di una sostanza vasodilatatricc (ronicol Roche ~ fiala , 50 mg, r mi) ; c) previa incisione longitudinale dell'addome, cute, sottocute e retti si giunge al peritoneo che viene inciso. Si sposta sulla destra il pacchetto in testinale, si isolano la vena cava e l'aorta lombare. Si incide a tutto spessore la parete di quest'ultima che viene incanoulata con tubicino di polietilenc fissato tra due legature; l'aorta viene interrotta a monte con una legatura; d) una miscela a base di inchiostro di china così composta: inchiostro di china mi 300 gelatina gr 30 acqua distillata fino a l 1


precedentemente tenuta in termostato a 37" viene iniettata per ro' alla pressione di 150 mm H g. Questa tecnica permette la visualizzazione dei capillari per la microangiografia (la gelatina raffreddandosi al disotto dei 37"C gelatifica l'inchiostro di china che rimane così fissato nei capillari); e) si inietta solfato di bario (micropaque) per 15' alla pressione di

Questa tecnica permette la visualizzazione dei vasi di medio e piccolo calibro e consente l'angiografia del pezzo anatomico prelevato dopo il sacrificio. 210 mm Hg.

;

Abbiamo eseguito preparati istologici convenzionali (inclusi in paraffina, colorati con ematossilina eosina) e per microangiografia (fetti ne da I mm di spessore usando l'apparecchio per microangiografie, e usando lastre Kodak high resolution plates. Tutti i preparati sono stati eseguiti ìn serie a vari livelli. A tale scopo infatti sono state studiate delle linee di sezione del pezzo anatomico che permettessero una visione più che sufficiente della zona di interruzione ossea e della diversa fase di organizzazione del tessuto da una parte e dall'altra di detta interruzione. Sono state preferite sezioni trasversali che offrono una comparazione diretta dello stato dei condili (quello normale e quello reinnestato) e sezioni verticali frontali, perpendicolari alle prime che offrissero, oltre ad una visione comparativa, anche una chiara immag ine della zona metafisaria e della car tilagine di coniugazione.

RI SULTATI.

Negli animali sacrificati a 15 giorni dall'intervento, abbiamo notato una iniziale rivascolarizzazione, nel segmento osseo innestato a livello della zona metafisaria con pochi vasi a provenienza dal periostio. Gran parte della vascolarizzazione dell'innesto proviene però dai vasi della zona metafisaria controlaterale, che, attraverso la linea di sezione giungono a irrorarlo. Molto importante si è rilevata, già in questa prima fase, per tm corretto ripri stino del circolo, una perfetta coartazione dell'impianto al ricevente ottenuta medi ante una valida sintesi . Buona appare in questo stadio la vascolarizzazionc della cartilagi ne di accrescimento. Il condilo tra piantato si presenta al contrario com pletamente privo di un albero vascolare; il tessuto midollare dell'innesto è necrotico. A 30 giorni dall'intervento la zona metafisaria è già in gran parte rivascolarizzata. Sono evidenti i fenomeni di ri vascolarizzazione atti va del trapianto con neoformazione di tessuto mi dollare che appare del tipo rosso. Il processo si estende al condilo innestato.

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53 La morfologia dell'albero vascolare neoformato a livello metafìsario appare sufficientemente normale anche se per il numero e per il decorso dei vasi ancora irregolari e tortuosi il quadro non è sovrapponibile a quello controlaterale della zona metafìsaria indenne.

Fig. r. - Trenta giorni dall'intervento: buona ricostiruzione della rete vascolare sottostante la cartilagine di accrescimento.

A livello dei condili invece le differenze strutturali e di irrorazione sono ancora notevoli. Infatti mentre di norma la rete vascolare della spongiosa ha un aspetto reticolare sotto forma di formazioni poliedriche comunicanti tra loro, nel condilo reinnestato si osservano solo scarsi vasi a decorso più o meno longitudinalc, irregolar i per dimensioni c diametro che, partendo dalla zona metafisaria si approfondano nei condili. Permangono inoltre pressochè costantemente tratti vascolari in corrispondenza delle zone subcondrali.


54 In tutti gli an imali sacrificati intorno ai 45 giorni dall'intervento abbiamo notato una vascolarizzazione ottima di tutta la regione mctafisaria che appare pressochè normale. Del tutto normale sembra invece il decorso dei vasi del tessuto microspongioso subito al di sotto della cartilagine di coniugazione. Nei condii i sottoposti ad innesto infine, il processo di rivascolariz-

Fig. 2. - Angiografia a 90 giorni dall'intervento.

zazione, anche se comparativamente ai condii i non trapiantati si presenta discretamente sviluppato, manifesta tuttavia una trama vasale ancora di tipo primitivo con isole avascolari. A 90 giorni dall'intervento infine, il quadro m icroangiografico è praticamente ritornato alla norma anche da un punto di vista mor(ologico: l'albero vascolare è completo e sufficientemente regolare tale a volte da poter essere confrontato con quello della zona non sottoposta al trapianto.


55

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Fig. 3· - Micro - angiografia a 90 giorni: condilo rei mpiantato.

Fig. 4· - Micro - angiografia a 90 g•orm: a~petto del condilo normale.


Istologicamente si mette in evidenza in questo periodo la presenza della rete vasale subcondrale. In parte dei casi tuttavia (due dei cinque casi sacrificati al 90° giorno) si hanno dei deficit di irrorazione propri di questa zona, della zona cioè immediatamente al disotto della cartilagine articolare che è l'ultima a venire interessata dal processo di rivascolarizzazione.

DISCUSSIONE.

Numerosi sono gli studi sperimentali eseguiti sui processi di rivascolarizzazione degli innesti ossei ed evidenti appaiono le differenze sui tempi della neoformazione vasale fra tessuto osseo e gli altri tessuti. Per quanto riguarda ad esempio la vascolarizzazione comparativa con gli innesti autologhi di cute, Ham nel 1952 notò che al settimo giorno dall'intervento i capillari dell'ospite si anastomizzano con i vasi residui del trapianto, rimasti vitali. Le cellule sopravvivono cioè al trapianto a causa di un efficiente meccanismo dì nutrimento extravascolare che previene la neerosi, prima dell'inizio dei processi di rivascolarizzazione attiva. Risulta cioè che la vascolarizzazione è ripristinata neHa cute dopo soli sette giorni. Nell'osso sembra che le cellule periostali del l 'osso trapiantato sopravvivano per lo stesso motivo. Una precoce rivascolarizzazione avverrebbe anche in piccoli frammenti e nelle zone più superficiali di innesti più estesi. Hancox osservò vasi con cellule circolanti in piccoli frammenti di osso coltivato nella membrana corion allantoidea del pollo già cinque ore dopo il trapianto. Da ciò concluse che i vasi sopravvivono al trapianto e che si anastomizzano successivamente con i capillari dell'ospite. Bertini osservò vasi superficiali in fori praticati in trapianti corticali autologhi, al quinto giorno. Stringa usando una tecnica di iniezioni colorate, nei conigli, osservò vasi alla profondità di 0,3 cm nella corticale di trapianti autologhi al decimo giorno. Hammack c C. nel determinare l'intervallo di tempo che occorre perchè un trapianto di osso autologo od omologo venga rivascolarizzato, nei ratti, hanno concluso che in entrambi i tipi di trapianto, le proliferazioni periostali cominciano ad essere rivascolarizzate entro 48 ore dall'intervento. Fino all'ottavo giorno non c'è grande differenza tra gli innesti autologhi e quelli omologhi. Nelle seguenti p. ore i trapianti autoplastici continuano a proliferare mentre quelli omoplastici evocano una risposta infiammatoria che oblitera i vasi della proliferazione periostale. H erdnon e C. avevano studiato la possibilità di trapiantare intere articolazioni conservate cd avevano visto che alcune delle cellule nei trapianti di intere articolazioni autologhe rimangono vitali dopo il trapianto.

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J


57 L'osso è rapidamente vascolarizzato e l'osso morto è presto rimpiazzato dall'osso nuovo. Le file più profonde dei condrociti rimangono vitali anche se di solito residua la degenerazione della faccia articolare. Pap c Krompecher (r96r) eseguendo trapianti ostcocartilaginci autologhi ed omologhi, sul ginocchio del cane riportarono risultati istologici e funzionali buoni. Anche Grisolia e Zanconato sono d'accordo sulla buona evoluzione degli autotrapianti. Da questa breve revisione della letteratura sull'argomento emerge una concordanza tra la maggior parte degli autori nel ritenere buona l'evoluzione degli autotrapianti, e precoce l'inizio dei processi di rivascolarizzazione attiva. I nostri studi svolti in particolare a ricercare i processi di rivascolarizzazione dell'innesto a distanza di tempo dal suo rcinserimento confermano il punto di vista generale degli altri autori e cioè della possibilità di una rapida vascolarizzazione di un innesto autoplastico. Tuttavia, trattandosi di un trapianto di un emicapo articolare emergono alcune considerazioni che meritano di essere descritte. Innanzitutro, trattandosi di un grosso frammento osseo che viene avulso dal circolo generale, i processi di ripristino vascolarc procederanno per gradi. dalle zone più vicine alla linea di contatto con il tessuto osseo ricevente, e dalle zone più dotate strutturalm ente di una trama vasale ai distretti più lontani dal circolo dell'ospite c m eno efficienti da un punto di vista ematico.

Fig. 5· - Sviluppo completo delb rete vac;colare subcondrale a 90 giorni da·U'intervoll[o.


ss Infatti si nota che nella zona metafisaria più v1cma alla superficie di contatto con il ricevente e di norma abbondantemente vascolarizzata il ripristino vascolare avviene più precocemente che negli altri di stretti dell'innesto ed in maniera totale ed ottimale. I processi di rivascolarizzazione si manifestano invece solo secondariamente nella regione condiloidea ed in particolare nelle zone subcondrali in cui la portata ematica è più scarsa ed i vasi sono di tipo terminale. La presenza intorno ai 45 giorni dall'intervento di isole avascolari nei territori subcondrali, quando ormai il quadro angiografico del condilo innestato è praticamente ritornato alla norma, è chiaram ente dimostrativa. L'accertamento istologico della presenza della rete vasale subcondrale costituisce a 90 giorni dall'intervento una prova della massima importanza per

Fig. 6. - 1umcrosi vasi ripieni di inchiostro di china neUa zona subcondrale del condilo rcimpiantato; al di sopra è visibile la cartilagine articolare ben conservata.

,


59 la verifica della raggiunta completa vascolarizzazione dell'impianto. La constatazione in due dei cinque casi sacrificati a tre mesi dall'innesto di una scarsa od insufficiente trama vascolare in detta regione, pur con quadro angiografico e microangiografico sovrapponibilc a quelli descritti alla stessa epoca, è indice di una vascolarizzazione non ancora completa e che può essere forse imputabile (per lo meno per parte dei casi) a difetti di tecnica operatoria o ad incidenti di natura traumatica od infettiva, occorsi durante il periodo di osservazione. Infine merita particolare attenzione il fatto che l'albero vascolare inizialmente irregolare c per calibro c per il decorso dci vasi acquisti man mano un aspetto sufficientemente normale ed assimilabile al quadro controlaterale. Sulla base dei nostri studi possiamo dunque ritenere che in condizioni ottimali, il processo di rivascolarizzazione di un innesto osteoarticolare autoplastico procede rapidamente cd in maniera più che soddisfacente, il che ci fa sperare che con la soluzione dei numerosi problemi immunologici e di istocom patibilità, si possano ottenere analoghi risultati favorevoli nei trapianti massivi omoplastici, per una successiva utilizzazione nella pratica clinica.

RIAssuN1'0. - Gli AA. hanno studiato sul coniglio la va~colarizzazione di impianti massivi osteoarticolari, dimostrando come nei trapianti autoplastici, si abbia una precoce formazione di un nuovo albero vascolare. Data la rapida rivascolarizzazione del trapianto, la cartilagine di accrescimento e quella articolare rimangono \'itali, ~icchè a distanza di tempo si può osM:rvare un accrescimento in lunghezza pre!>MX:ht normale. l risultati vengono documentati con preparati microangiografici ed istologici.

RisuMf. - Les AA. ont étudié sur le lapio la vascularisation d'établissemen~ osteoaniculaires en masse, en démontrant que, dans Ics tran:.plantations autoplastiques, on a une précoce fonnation d'un nouvd arbre vasculaire. À came de la prompte (rapide) revascularisation dc la transplantation, le cartilage d'accroissem~nt et le cartilage articulaire restent viable~, <.le sorte que avec le temps on pourra observer un accroissement en long presque norma!. Les résultats sont .Jocumentés par préparés microangiographiques et hi~tologiques.

SmtMARY. - In this work has been reported a smùy about the vascularisation of large. osteo- arti eu br trasplants in rabbi t~. :More O\'Cr has been demonstrated that in antologues trasplams, it is possible to obtain the swift appcarance of a new vascular tree. Becaus vasculari7.ation happreus swiftly, articular an<.! growth cartilage rcmain alive a n<.! after some time it is poSISible to ob.serve a growth in lcngth a lmost norma!. Results are demonstrated with microangiographic and hi~tological preparatcs.


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ISTITUTO DI CLINICA ORTOPEDICA E TRAUMATOLOGICA DELL'UNIVF.RSJT.;I, DI ROMA

CENTRO STUDI E RJCERCilE

Direttore: Pro f. G. Mo:o.' TJCFUJ

Direuorc : Gen. Med. Or. C. Mt·<JLLJ

DELLA SAr-.'TTÀ MILITARE

SU UN DISPOSITIVO PER NARCOSI CON FLUOTANO PER CHIRURGIA SPERIMENTALE R. Tucciarone

,

G. Puddu

INTRODUZIONE.

Spesso in chirurgia sperimentale, il ricercatore è costretto ad operare da solo o con l'aiuto di una sola persona, e senza, quindi, la presenza di un anestesista. Troppo frequentemente, durante un intervento a volte impegnativo, l'animale muore per una anestesia mal condotta. Risulta quindi evidente la necessità dell'impiego di una metodica pratica c sicura ,d j anestesia da utilizzare per ogni tipo di animale dalla cavia, al coniglio, al cane, alla pecora. Se a ciò si aggiunge che in chirurgia sperimentale ortopedica il coniglio è uno ·degli animali più usati ed anche uno degli animali più difficili da anestetizzare in quanto va facilmente incontro, durante la somministrazione di anestetico (sia per via endovenosa che per inalazione) a paralisi respiratoria e cardiaca. Scopo di questa nota è appunto quello di descrivere un apparecchio per la narcosi con f) uotano che rispondendo alle necessità suesposte garantisce una buona sicurezza all'operatore. MATERIALE E METODI.

L'apparecchio da noi progettato (fig. I) e costruito nelle officine della Clinica ortope<iica e traumatologica di Roma, è costituito da una vaschetta (A) costruita in materiale plastico trasparente che funziona da contenitore del fluotano. Sulla parte superiore della vaschetta si trova un pomello girevole (B) che, solidale con lo spillo (C), dall'estremità conica, regola il flusso del fluotano dall'estremità inferiore della vascheta. Il tappo di plastica (D) serve alla introduzione del fluotano nel contenitore. La vaschetta è collegata ad un tubo di acciaio inossidabile del diametro di cm 2,5, che porta ai suoi estremi due raccordi per l'afflusso dell'ossigeno (E) e il deflusso della mistura ossigeno- fluotano (F).

)


Al raccordo (E) viene applicato il tubo dcll'Oz; nel suo interno e proprio al disotto della vaschetta il tubo viene riempito di garza modicamente pressata, mentre all'uscita (F) viene applicata una mascherina in gomma elastica, da applicare al m uso dell'animale.

c

Fig. 1. - L'apparecchio per la narcosi con fluotano è costituito da: (A) il contenitore del fluotano, (B- C) lo spillo con il pomello che regolano il flusso dell'anestetico, (D) il tappo che permette l'introduzione del fluotano nel contenitore, (E) il raccordo con la bombola di 0 2 ed (F) l'estremità del tubo dal quale Cuoriescc l'anestetico misto a O. e che \'3 raccordato con l a masche;ina.

N. B. - All 'occorrenza, al posto della mascherina, può essere utilizzato un guanto chirurgico opportunamente modificato.


1

TEMPI DELL ANESTESIA.

r) Somministrare all'animale, prima dell'intervento cc 0,5 di nembutal pro kg, sia per tranquillizzare l'animale che per permetterne la rasatura.

2) Quando l'animale è sul tavolo operatorio si applica la maschera e si apre la bombola di O.z che viene somministrato alla quantità di lt 1,5 al minuto.

)

Fig. 2. - L'apparecchio in funzione ~ul tamlo operatorio.

3) Si apre quindi il pomello della vaschetta facendo cadere alcune gocce di fluotano sulla garza. Si ripete l'operazione fino a quando l'animale non è perfettamente addormentato, come provato con i riflessi che si utilizzano: corneale, caudale, ecc. 4) Quando l'animale è perfettamente addormentato si arresta quasi completamente la caduta del fluotano fino ad attenerne la somministrazione di una goccia al minuto. Naturalmente l'anestesia e lo stato respiratorio e cardiaco dell'animale vanno controllati ad intervalli regolari per tutta la durata dell'intervento. Bisogna ricordare che l'equilibrio respiratorio è il primo ad essere al· terato.


DJscussiO:-IE: etere- pentotal Na- leptoneuroanalgesia (fentanul)- fluotano. I metodi più in uso in chirurgia sperimentale sono: L 'etere somministrato per inalazione con l'imbutino di cartone riempito di garza; questo offre il pregio della facilità di esecuzione, del basso costo, ma offre dei rischi che sono : a) la grande facilità di paralisi respiratoria durante l'intervento; b) un modesto rilasciamento muscolare: infatti se si vuole che l'animale sopravviva, bisogna somministrare molto poco etere e quindi l'animale sta in uno stato di 1" o 2 ° stadio, in cui è insensibile alle percezioni dolorose ma persiste una contrattura muscolare; c) la grande frequenza di complicazioni respiratorie a distanza dall'intervento che pongono l'animale in uno stato di energia proprio quando a noi serve un animale capace di reagire. Pentotal Na. - Si somministra per via endovenosa e per via peritoneale; offre il vantaggio di dare una profonda anestesia, ma per ottenere tale grado di anestesia, esso va somministrato a forti dosi, ed ha lo svantaggio di essere eliminato con lentezza c quindi molto facilmente può provocare un superdosaggio con morte dell'animale per paralisi respiratoria. A dosi minimali al contrario, è indicato per piccoli in terventi e per sedare l'animale, onde poter praticare esami radiografici e somministrare farmaci per via endovenosa, eseguire ricerche particolari (radioisotopi). Un nuovo metodo in uso da parte dei neurochirurghi è la leptoneuroanalgesia con il fentanil, una sostanza che ha l'effetto di elevare la soglia della sensibilità dolorifica dell'animale cosicchè si può operare sull'animale sveglio ma senza provocare alcuna sofferenza. Grosso inconveniente della leptoneuroanalgesia, specie nel campo ortopedico e traumatologico, è la mancanza del rilasciamento muscolare e le frequenti contrazioni muscolari dell'animale durante l'intervento. Il fluotano, sommini strato con la nostra metodica, offre il vantaggio di ottenere un ottimo rilasciamento muscolare anche durante l'intervento dell a durata di più ore. Inoltre come recenti ricerche (Gibson) hanno dimostrato, il fluotano non è tossico, nè a livello epatico nè renale. Anche con l'anestesia a base dì fluotano si possono avere, se non si è più che vigili, delle complicazioni a tipo paralisi respiratoria, o una modica ipotensione dovuta alla vasodilatazione dell'area splancnica (Ravcntos). Tali complicazioni sono però facilmente reversibili se si sospende immediatamente la somministrazione e si somministra di 0 2 puro. Con la nostra metodica, non abbiamo mai riscontrato casi di vomito nè durante, nè dopo l'intervento, a conferma dì quanto già riferito da Lumb. Inoltre, questo tifO di anestesia non provoca nessuna complicazione a distanza, nè a carico dell 'apparato respiratorio nè a carico dell'apparato cardio -


66 vascolare c nervoso. Infine, il risveglio può essere determinato velocemente sospendendo la sornmini strazione e somministrando O.z .

Rrt.sSVNTo. - G li AA. presentano un dispositivo di facile impiego per la narcosi ad inalazione di fluotano cd ossigeno, a circuito apcno. Viene descritto l'apparecchio e la metodica in uso. Vengono prese in esame le più recemi metodiche in uso in chirurgia sperimentale.

RÉsUM.É. - Le~ Auteun pre~ntenc un dispositif, facile à employer pour la narcose à inhalation a circuit omcrt, à base de Halothan c. L'apparci] et son usage sont decrits. Les metodes de anesthesie actuellement en u sage en chirurgie sperimentai ont été examin:e.

Sv~mARY. - The authors prese n t a easy sistem of H a lothanc anaesthesya for animals. T he sistem is illustrateci. The actuals methods used in experimental surgery are examincd.

BIBUOGRAFTA )

BoNO F., Mt.PELL! A., STOPPANI L.: <<Azione degli ormoni post - ipofi~ari nel cuore di cavia in anestesia con fluotano», Min~va Anestesiologica, vol. 27, n. 11,431- 437, novembre 19{)1. G1BWN J. A.: « Fluothane to:xicity : pathological studie~ of hause livcr and kidney ))' Canad. Anaes. Soc. f ., 6, 2, 148-152, aprii (959· JoNEs R. S.: « H alothane anaesthesia in T urkeys ll, Brit. J. Anaesth., 38, 8, 656- 6s8, aug. 1966. LAM BF.RT J. L.: cc Li\·er biopsy of wcanei pigs using open circuir. H alorhane anaesthesia "• Aust. Vet. f. , 43, 7, 272-273, july 1<)67. L VMB W. U.: << C losed circuir halothane anaesthesia in t he dog. A report of 142 anaesthctic periods ,,, f. Amer. V et. M ed. Ass., 134, 5, 218-221, march •959· RAvEl'."TOS J.: « The anacsthetic action of fluothane on dogs and mankeys ll, in Acta of 20 thc lnternat. Physiol. Con~r., Brussels, 1956. W1NCARD D., D.wh H. S., LEoSARD D.: " EHecb of halo:hanc and chloroform an thc liver in protein- deficiem mice n, Hut f. At1a~.cth., 37, 2, 103- IIO, fcb. 1965.


OSPEDALE MILITARE DI BRESCIA

Direttore: Col. Med . Dr. P. OL"u

L'OSCILLOGRAFIA ELETTRONICA NELLO STUDIO DELLE VARIAZIONI ANGIODINAMICHE INDOTTE DALLA POSTURA NEGLI ARTI INFERIORI DI SOGGETTI SANI S. Ten. Med. Dott. Cesare Rusconi

ella valutazione funzionale della circolazione degli arti inferiori viene data notevole importanza a quei test atti a s~udiare le risposte del circolo alle sollecitazioni di ordine fisiologico. Per quanto da tempo noti i test posturali sono stati recentemente valorizzati grazie alle metodiche strumentali di cui disponiamo. Nonostante i numerosi contributi che in questi ultimi anni sono stati dati ai fini di spiegare le modalità di risposta del distretto muscolo- cutaneo agli stimoli della postura, esiste tuttora una non uniformità di vedute per ciò che si riferisce alla entità delle modifìcazioni morfologiche dei tracciati registrati ed una sostanziale diversità nelle conclusioni di ordine quantitativo per ciò che si riferisce alle modificazionj del flusso. Tale discordanza di risultati è attribuibile al fatto che non vengono usati gli stessi criteri di valutazione dei tracciati, ed alla diversità delle metodiche impiegate (pletismografia, reografia, oscillografia meccanica, flussimetria elettromagnetica, termometria, determinazione ,della differenza artere- venosa di ossigeno, ecc.). Ci è sembrato quindi di un certo interesse condurre uno studio delle modificazioni morfoscillografìche (osci llografìa elettronica) indotte dalla posrura negli arti inferiori di un gruppo di soggetti sani. M ATERIALE E METODO.

Sono stati esaminati 50 soggetti di età compresa fra i 20 e i 25 anni scelti fra i ricoverati nei reparti di medicina e di chirurgia dell'Ospedale Militare di Brescia. Tutti erano esenti da affezioni che potessero in qualche modo infl uenzare i risultati della ricerca. Particolare attenzione è stata posta alle condizioni dell'apparato cardiovascolare. Le esperienze sono state condotte in un ambiente tenuto a 23- 25 gradi ed i pazienti venivano fatti r iposare per circa 30 minuti prima dell'inizio delle registrazioni.


68 Si è registrato il morfoscillogramma (MOG) usando l'apparecchio della Ditta Ele~tronica Trentina (morfoscillografo più elettrocar.diografo ad un canale). Velocità di scorrimento della carta uguale a 25 mmf sec. Amplificazione tale da ottenere uno spostamento .della linea di base di ~ cm introducendo una correo te di I mV. La contropressione nel manicotto pneumatico è stata di 50 mm di Hg. Le modificazioni di postura dei segmenti esplorati (cosce e gambe) sono state ottenute con opportuno artificio in modo che il soggetto fosse ~empre

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4 Fig. r.

perfettamente rilasciato anche nel momento di passaggio da una pos1Z1one all'altra. Per ogni posizione (fig. 1) si è controllata la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa, il tracciato è stato eseguito dopo un minuto di assestamento nella nuova posizione. Le posizioni n. 4 e n. 5 sono state studiate solo in 25 soggetti. Complessivamente sono stati registrati 6oo tracciati. RISULTATI.

Per ogni tracciato si sono considerati gli elementi che vengono comunemente ritenuti gli indici più significativi dell'attività sfigmica del distretto in esame. Nella valutazione morfologica dell'onda abbiamo seguito i criteri


interpretativi messi a punto soprattutto per opera di Pratesi f13]. Dal punto di vista cronologico si è posta l'attenzione al cosiddetto tempo cresta, calcolato come l'intervallo di tempo fra il piede dell'onda e la perpendicolare abbassata dal punto più alto di tutta l'onda. Nella tabella n. 1 sono riportati i valori di ampiezza sfigmica (A.S.) e di tempo di cresta (T.C.) relativi a tutte le posizioni considerate.

Posizione supina. L'ampiezza sfigmica a livello della coscia è compresa fra un massimo di 20 mm ad un minimo di 3 mm, con differenza massima fra la destra e la sinistra di uno stesso soggetto di 4 mm; solo in 5 casi (10%) si sono avuti gli stessi valori per entrambi i lari. Non si è osservata la significativa prevzlenza di un lato sull'altro. A livello della gamba l'ampiezza è compresa fra 3 e 28 mm con differenza massima fra i due arti di ro mm, solo in 8 casi (12,5 °1 ) si sono avuti valori identici sia a ·destra che a sinistra, di cui un solo caso appartiene ai 5 sopraddetti con valori simmetrici a livello delle cosce. Solo nel 2 ~, quindi si sono registrati valori di ampiezza sfigmica simmetricamente uguali a livello delle cosce e delle gambe. Un incremento sfìgmico prossimo- distale (coscia- gamba) si è osservato simmetricamente in 37 soggetti, mentre in altri r2 si è rilevato un decremento in un solo arto, in un caso (2 ° ) il decremento è .stato bilaterale. Il tempo cresta (T.C.) per la coscia e la gamba è oscillato fra 0,10 e 0,20 sec. con differenza massima fra un lato ed un altro dello stesso soggetto di 0,04 sec. Solo nel 38% i valori di T.C. sono risultati simmetricamente uguali a livello della coscia, a livello della gamba invece si è osservato nel 50° dei casi. Solo nel 20 °~ si è avuta simmctricità sia a livello della gamba che a livello della coscia. Nel 24 o;, dei soggetti il T.C. della coscia è risultato bilateralmente superiore a quello delle gambe con differenza massima di o,o4 sec. Nel 18% il T.C. della gamba ha superato bilateralmente il T.C. della coscia con differenza massima sempre di o,o4 sec. Nel 4 o~ il T.C. è stato identico sia a livello della coscia che a livello della gamba. N el restante 54 o, si è avuto un comportamento non univoco nel senso che, in un arto il T.C. è aumentato dalla coscia alla gamba e nell'arto controlaterale invece è diminuito. Per quanto si riferisce all'esame morfologico in tutti i tracciati la .durata della branca ascendente è sempre stata inferiore al 18° o della durata totale dell'onda. La linea dell'apice ha presentato sia a livello della coscia che della gamba un andamento monocuspide. La branca discendente nel suo insieme ha avuto una concavità rivolta verso l'alto; l'onda dicrota si è sempre inscritta nel terzo medio della stessa branca, solo in tre casi, in cui la frequenza cardiaca era superiore ai 90 battiti al minuto, non era apprezzabile l'incidente dicroto.


TABELLA N.

(Parte I).

1

A.$. = AMPIEZZA SFIGMICA (ESPRESSA IN MILLIMETRI) T.C. = TE"MPO CRESTA (ESPRESSO IN SEC01'1)() COSCIA

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71 Segue: T ABELLA N'. 1 (Parte 1). COSCIA

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0,16

0,20

4

0,18

l l 6

0, 14

4

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l

6

0,16

0,18

Il

0,16

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0,18

IO

0,16

15

0, 18

l o 13

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26 25

6

IO

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19

0,16

6

0,18

5

0,18

16

l

7

l

0,18

7

0,18

12

l

5

l 0,12 0.16

7

0,16

8

0,16

Sx

8 5

l l

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l

l

l ll ll l 0,20 0,18

15

l

l l

l l

o, 14 0,14

0,16 0,16

0,16 0,18

9

0,16

Il

0, 16

8

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Il

0,16

9

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Il

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12

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0,18

IO

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l

24

l

l

l

l

l 0,16

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9

9

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6

l

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l

l

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l

0,16

0,16

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l

l

0,16

6

0,16

Sx

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l

6

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l

0,14

l

8

8

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Sx

l

6

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7

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l

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21

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6

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20

6

Sx

l l l l l l 21

l l

4

l

22

l

0,16

Dx

6

22

l l

6

l

l l

11

0,18

Sx

Dx

Abbassa ta

0,16

Sx

21

Sollevata

17

5

l Dx 21

- - - - -- - -

13

13

21

l l l l

-~~rizzontale ---

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A. S. T. C. A. S. - - --- - - 2_~~~ ~~~ ~~~ ~

l Sx

l

sollevata

Orizzontal e

(Parte Il).

9

l

0,16

l

l l l l l l

6

l

5

l

0,16 0,14

0,14 0,14

0,14 0 , 14

0,14

5

0,12

4

0, 16

3

0,14

3

0, 12

4

0, 12

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7

0, 14

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0,14

29

0,18

9

0,18

27

0, 18

7

0, 16

24

0,1 8

19

0,20

25

0, 18

33

0,20

l

l

0,1 4

1

l l

l

5

0,16

4

0,12

8

0, 16

Il

0,\6

6

0,14

3

0, 12

5

0,1 6

[ 30

0,18

l

27

0,18

l

25

0,20

28

0,20

l

l 5 l

0,14


73 Segue: T "BELL" N. r (Parte 11).

.. l E

o

COSC IA Orizzontale

Età

l

O AMBA

Sollevata

Orizzontale

l

Abbusa1a

Solle vata

c. l A. S. l T. C. A. S. l T. C. - - -- - - - -- --- - -- --- ~~T.c. l~_= ~l - -

z

--~ --

1.

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20

l

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21

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20

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21

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0,20

15

0,18

14

0,20

15 l 0,16 l 36

13

0,20

24

18

0,20

23

0,20

28

0,16

0,24

18

0,16

0,18

l 18

0,16

Sx l Il

20

l

Dx Sx

l

Dx Sx

Sx

l

20

l

o. o.

21

e. L.

21

l

17 18

l

l

0,16 0,18

l

2il

l

21

27

18

l

l

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13

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Dx

14

0,18

14

Sx

12

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14

17

l

0,16

0,16

0,18

22

0,18

17

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21

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Il

0,16

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l

l 13

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l

l

l

l

0,20

16

0,16

l 54 l 0,18 l 15

0,18

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0,14

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0, 18

25

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0,20

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l

50

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54

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l

24

l

l

7

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Il

0,16

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9

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12

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12

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l

13

0,18

13

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24

l Sx l 5 0,14 l l l l l

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13

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8

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l

0,16

l

l

0, 18

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l

l

21

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l

0,14 0,14

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5

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l

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15

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l

l

l

9

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l

l

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l

0,14

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l

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l

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0,16

l

0,16

0,16

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l 20 l 0,18 l 15

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0,20

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Dx

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21

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6

0,16

l

l

l l L

0,16

l

l l

5

l

0, 16

0,1 2

l l

0, 12


74 Sollevamento dell'arto. L'ampiezza del MOG dell a coscia ha mostrato un aum ento nel 40 n~ dei casi, si è ridotta nel 18'/o e non ha subito variazioni nel 6° o dei casi. Il maggior incremento sfigmico è stato del 100% rispetto il valore basale. A livello della gam ba il sollevamento dell'arto ha determinato nel 100% dei casi un aumento dell'ampiezza sfigm ica. Il T.C. della coscia ha mostrato nel 70~o dei soggetti un aumento fino a 0,24 scc, con una differenza massima rispetto ai valori basali di o,o6 sec., a livello della gamba si è avuto un aum en to ncll'86 dei casi fino ad un massimo di 0,22 sec. con uno scarto massimo ·d i o,o6 sec. I caratteri del l'onda morfoscillografica hanno subito notevoli modificazioni col sollevamento dell'arto. Queste sono state assai meno ev}denti a livello della coscia, ma il tipo di cambiamento è stato qualitativamente identico a quello osservato alla gamba. La branca ascendente è aumentata in durata, la linea dell'apice si è fatta più smussa con accen no all'arrotondamento, la branca discendente si è fatta più concava verso l'alto c l'onda dicrota è scomparsa in quasi tutti i tracciati. Abbassamento dell'arto. Le registrazioni in questa postztone sono state effettuate solo a livello della gamba. Nel I00°'o dei casi l'ampiezza sfigmica si è r·idotta ri spetto il valore in postztone supma. Il T.C. si è ridotto nel 78 ~o dei casi, fino ad un valore minimo di o,o8 sec. con uno scarto massimo di o,o6 sec. rispetto i valori di partenza. La morfologia dell'onda, se si escludono le suddette modificazioni dell'ampiezza, non è cambiata in modo signi ficati vo. In 25 soggetti si è voluto studiare il comportamento del MOG delle gambe anche in posizione seduta ed in ortostatismo. In tutti si è osservato una ulteriore riduzione dell'ampiezza e del T.C. nella posizione n. 4, mentre nella posizione n. 5 pur diminuendo il T .C. si è registrato un aumento dell'ampiezza sfigmica. DISCUSSIONE.

Il MOG registrato tn posLZtone supina nei nostri soggetti conferma quanto è già riferito nella letteratura soprattutto per ciò che concerne la morfologia monocuspide dell'onda, contrariamente a quanto si nota nel MOG degli arti superiori in c ui è prevalente Ja morfologia bicuspide della linea dell'apice. L 'ampiezza sfigmica a livello della gamba, secondo i dati ottenuti con altre metodiche, dovrebbe superare sempre quella della coscia. Nei nostri


75 casi ciò è avvenuto solo nel 74o o dei casi, nel 2 o o si è persino verificata una riduzione sfigmica. Non ci sembra quindi che si ,debba necessariamente attribuire significato patologico a q ucsto reperto. Il T.C. ha avuto un com portamento medio uguale a livello della coscia c della gamba con valori sovrappon ibili a quelli considerati normali. Lo studio degli effetti della postura ci ha indicato una costanza assoluta della risposta angiodinamica a livello della gamba, che si è tradotta in

••

l

Fig. 2 . • Modi.ficazio11i del mor{osciUograrnma riscontrate in modo CO\lante a li,·ello della gamba. Sopra: gamba destra; sotto: gamba sinistra.

un aumento dell 'ampiezza sfigmica per l'arto in postztone sollevata cd in una riduzione per l'arto in posi zio ne abbassata (fig. 2 ). Tale costanza dì effetti concorda con i dati ottenuti nei soggetti normali con la metodica reografica. Questa univocità nella risposta non è stata osservata, aJ contrario, a livello della coscia in cui per altro è stato studiato solo l'effetto dell 'innalzamento dc!l'arto. Si ritiene che questi cambiamenti morfologicì dei tracciati siano dovuti a variazioni dell 'emodinamica legate all'intervento di meccanismi cosiddetti di autoregolazione del flusso sanguigno.


Le teorie che si contendono il campo per spiegare questi me<:canismi sono attualmente due, la teoria metabolica e la teoria miogena. Secondo la prima una modificazione della pressione di perfusione, o meglio della pressione transmurale, determina, attraverso un feed back metacolico [ rr J, tma vasodilatazione od una vasocostrizionc a secondo del P h. La teoria miogena, introdotta da Bayliss, sostiene che la parete vasale risponde (effetto Bayliss) con un ipotono quando diminuisce la pressione di perfusione e con un ipertono nel caso opposto l r, 8 J.

••

l

--1

-. .... .,--

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)

Fig. 3· - Gamba sinistra, sopra; gamba destra, sotto. Il cambiamento posrurale è stato effettuato solo a dest:.r:a, ruuavia si osserva che anche a livello della gamba sinistra è presente una modificazione del morfoscillogramma consensuale a quella dell'arto controlatcrale.

Questa seconda teoria riscuote i maggiori consensi nella regolazione del circolo muscolare e si pensa che le variazioni del tono vascolare siano mediate attraverso riflessi di tipo assonico per il fatto che sono strettamente limitati alla zona che è sede ·della stimolazione posturale e per il fatto che in condizioni patologiche può essere abolito uno soltanto dei due riflessi, o il vasodilatatore o il vasocostrittore 14, 5, 6]. Nella nostra ricerca si è osservato che questi riflessi sono costanti a livello delle gambe, non lo sono invece a livello delle coscie. Ciò con ferma che l'i ntervento dei meccanismi di autoregolazione ha carattere di costanza proprio dove questi hanno maggiore importanza nell'omeostasi circolatoria dell'arto.

'


77 E' possibile inoltre secondo le nostre osservazioni supporre che questi riflessi abbiano af.ferenze anche .ad un livello più alto (m~dollo spinale) con possibilità di efferenze anche nell'arto controlaterale a quello in cui avvengono i cambiamenti posturali. Abbiamo infatti osservato in un certo numero di casi, una « simpatia >> del comportamento dell'ampiezza sfigmica nell'arto che non è sottoposto alle variazioni di posizione (fig. 3). Prescindendo ora dall'intimo meccanismo dei riflessi considerati ci preme fare il punto, per quanto possibile, sul significato dei cambiamenti dell'ampiezza sfigmica costantemente rilevati a livello della gamba . Secondo alcuni AA. l'aumento di ampiezza nell'arto sollevato sarebbe espressione di aumento del flusso e la riduzione di ampiezza nell'arto abbassato esprimerebbe una riduzione del flusso [3, 7• 14 J. Secondo altri AA. le stesse modificazioni sono state interpretate in modo diametralmente opposto 2, 9 J. E' noto che la determinazione quantitativa del flusso sanguigno negli arti presenta notevoli difficoltà. Tra ·i vari metodi di cui di·sponiamo attualmente, solo la flussimetria elettromagnetica ci permette una valutazione quantitativa esatta l I r J, pertanto ci sembra che i rilievi effettuati con le altre metodiche sfigmografiche (reografia, pletismografì.a, oscillografì.a, morfosoillografìa) possono essere più correttamente interpretati se esaminati in parallelo con quelli ottenuti in identiche esperienze utilizzando i flussimetri elettromagnetici. Con quest'ultima metodica si è visto [9 J che innalzando l'arto si ha una riduzione del flusso in fase sistolica ma ancora più in fase diastolica col risultato che le oscillazioni fasiche del flusso sono maggiori che in condizioni basali, pur essendo il flusso globalmente diminuito. Il comportamento opposto si ha nell'abbassamento .dell'arto, si osserva infatti una riduzione dell'ampiezza delle curve pur essendo il flusso aumentato (fig. 4). Si vede quindi che questi rilievi, pur essendo quantitativamente in opposizione a quanto determinato mediante indagini reografiche, sono qualitativamente sovrapponibili, l 'ampiezza sfigmica infatti si comporta allo stesso modo sia rilcvandola con la reografìa o la morfoscillografia, sia con la flussimetria elettromagnetica. Non ci sentiamo quindi .di condividere l'opinione di quegli AA. che nel valutare il flusso negli arti si basano sulle variazioni dell'ampiezza dei tracciati; le modifì.cazioni morfoscilftografiche da noi osservate assumono pertanto un valore esclusivamente qualitativo [ 10). La morfologia dell'onda per altro ha un comportamento rigorosamente costante nei cambiamenti posturali per cui, oltre alle già citate caratteristiche modifì.cazioni delle escursioni sisto- diastoliche della parete vasale, è possibile osservare un particolare an.damento della linea dell'apice, della branca

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'7. -

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discendente e dell'onda dicrota. Nell'innalzamento ·dell'arto la linea ·dell'apice si arrotonda, la branca discendente si fa più concava verso l'alto, l'onda dicrota nella maggior parte dei casi scompare. Questo insieme di dati depone per una i potonia vascolare. Modi.hcazioni opposte, soprattutto evidente nella linea dell'apice, si osservano nelle posi-

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tl

Fig. 4· • Curve di flusso ottenute con flussirnetri elettromagnetici applicati alle arterie femorali comuni. Sollevando l'arto si ha un aumento dell'ampiezza delle curve ed una contemporanea riduzione del flusso da 187 mlfm in a ros mlf'min. A·l contrario l'abbassamento ddl'arto induce una riduzione dell'ampiezza del tracciato ed un contemporaneo aumento del flu sso da 203 mlf min a 353 ml f min. (da GRANATA e coli.).

zioni con gli arti abbassati e le modifìcazioni sono assai più evi·denti quanto maggiore è il carico idrostatico alle arterie stesse (fig. 5). Anche se da quanto si è più sopra detto, i cambiamenti morfoscillogra· nei osservati con le variazioni posturali non possono informarci sulle variazioni quantitative di flusso, non si deve credere che l'importanza di queste


79 determinazioni sia in qualche modo sminuita. L'evidenza e soprattutto la costanza .delle mo<iificazioru morfologiche riscontrate con le variazioni della postura ci permette di esprimere un giudizio sulla funzionalità vascolare

1

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...... . r.J ··

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Fig. 5· - La progressiva riduzione dell'ampiezza sfigmica c del tempo cresta passando dalla posizione 1 alla posiz-ione 3 e 4 è espressione di un progressivo aumento del tono arterioso. Nella stazione eretta il massimo carico idrostatico determina un aumento dell'ampiezza sfigmica pur essendo evidenti i segni dcll'ipertono vascolare (riduzione del tempo cresta e maggiore evidenza del dicrotismo).

nell'arto inferiore. Infatti, l'assenza o la inversione dei cambiamenti previsti secondo l'intervento .dei succitati meccanismi ·di autoregolazione circolatoria ci autorizza a ritenere quasi certa la' presenza di una ·patologia vascolare a localizzazione arteriosa talvolta in uno stadio preclinico [6] .


8o RIASSUNTO. - Si è studiato il comportamento dei morfoscillogramma degli arti inferiori di soggetti sani sottoposti a cambiamenti posturali. Si sono confermati i dati in parte già noti in letteratura e si è evidenziata in particolare l'assoluta costanza delle modifìcazioni morfologiche dei tracciati a livello della gamba. Ve ngono discussi questi referti alla luce del le teorie sull'autoregolazione del flusso negli arti e si sottolinea che con la metodica usata si hanno informazioni solo di ordine qualitativo e non quantitativo.

RÉ.suMÉ. - On a étudi~ Ics modifications de morphoscillogramme des membres inférieurs dcs sujets sains au changements de posturc. On a eonfcrmé Ics données en part déjà connucs en littcrature et on a mis en évidcnce l'absolute constance cles modlifications morphologiques cles tracés au nivcau de la jambe, tandis que on n'a pas obscrvé ceci au niveau de la cuissc. L'auteur débat ces resultaLS à la lumière cles théories sur l'aurorégulation du flux dans Ics mcmbres et souligne quc par la méthode cmployé on a des informations seulemcnr <le car::1crèrc qualirative et pas quantil::ltive.

SUMMARY. - T hc author has studicd the behaviour of thc morpho - oscillogram of lowcr limbs in healthy subjecLS cxposed to postural changes. The results alrea<ly known in literaturc have been confirmed and the absolute constancy of morphological modifications of tracing at leg -leve! has been particulary shown, while it has not bee n pointed out the thcories on fLux limbs and it emphasizes rhe f::lct that information of only qualitative order and not quantirative are achieved by thc methode in usc.

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NOTE EDITORIALI SU ARGOMENTI DI ATTUALITA'

LA RIFORMA DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE Il « Medico d'Italia » nel suo numero del r6 dicembre 1970, ha pubblicato la bozza della legge- quadro per il Servizio sanitario nazionale predisposta dal Ministro della sanità pubblica. Dato l'enorme interesse che riveste per la categoria dei medici questa importantissima materia, riteniamo opportuno dare pubblicazione integrale al testo della suddetta legge, proponendonc ai colleghi ufficiali medici, una attenta lettura e uno studio meditato. Alla fine degli articoli di cui si compone la legge, riportiamo una tabella sinottica delle scadenze previste dal progetto di legge, conosciuto anche con la denominazione di progetto di legge Mariotti, attuale Ministro della sanità pubblica. Data la vitale importanza che la riforma sanitaria riveste per tutta la comunità nazionale e in particolare per i medici e gli ammalati, che ne sono i protagonisti, e data la congerie complessa di interessi che essa investe (sociali, politici, economici, morali) ci proponiamo d1 ritorn are ancora su questo argomento.

LEGGE-QUADRO PER IL SERVIZIO SANITARIO NAZ IONALE CAPITOLO

L

Art. r. - E' istituito il Servizio sanitario nazionale, col compito di erogare gratuitamente a tutti i cittadini, in condizioni di uniformità e di eguaglianza, le prestazioni sanitarie curative di tipo generico, specialistico, farmaceutico, ospedaliero e riabilitativo e di svolgere altresì le funzioni di medicina preventiva, al fine di tutelare la salute individuale e collettiva. I compiti del Servizio sanitario nazionale durante la fase transitoria saranno assolti con gradualità secondo le modalità e i tempi indicati nei successi vi articoli. Art. 2 . - Espli cano il servizio sanitario nazionale gli enti ospedalieri e g li istituti di ricovero e cura dipendenti da altri enti pubblici, le unità sanitarie locali e gli altri presidi sanitari. La Regione, per effetto dell'art. II7 della Costituzione, disciplina, organizza c coordina l'assistenza sanitaria, assumendo, altresì, funzioni di pro-

,.


mozione, di costituzione e di controllo del! 'unità sanitaria locale e degli altri presidi sanitari, ivi compresi gli enti ospedalieri, osservando, per questi, le norme di cui alla legge 12 febbraio 1968, n. 132. A tal fine essa può costituire particolari organi regionali di amministrazione, non dotati di personalità giuridica, assicurando la partecipazione delle comunità assistite secondo le norme emanate dalla regione stessa.

Art. 3- - Al finanziamento delle spese occorrenti per il funzionamento del servizio sanitario nazional e si provvede con la istituzione di un fondo sanitario nazionale, da iscriversi nello stato di previsione della spesa del Ministero della sanità, e alimentato con le entrate indicate nei successivi articoli. Le somme di cui è dotato il fondo sono ripartite tra le regioni, secondo i criteri che saranno successivamente indicati.

C..<\PITOLO

II. - L 'assistenza ospedaliera

Art. 4· - L'assistenza ospedaliera gratuita, compresa quella neuro- psichiatrica, a favore di tutti i cittadini, viene erogata dagli enti ospedalieri e dagli istituti di ricovero e cura dipendenti da altri enti pubblici a decorrere dal 31 marzo 1971. Art. 5· - Le entrate del fondo sanitario nazionale, limitatamente al fabbisogno dell'assistenza ospedaliera, sono costituite: r) dalle somme gravanti sugli istituti mutualistici c assicurativi per l'assistenza ospedaliera calcolate in base all'incidenza percentuale della spesa ospedaliera per ciascun ente nell'anno 1970. Tale percentuale deve essere rapportata anche all'aumento totale dei contributi; 2) da un contributo a car ico dei comuni calcolato in rapporto alla popolazione presente quale ri sulta dai dati ufficiali dell'Istituto centrale di statistica relativi all'anno 1969. Tal e contributo sarà determinato mediante proporzionale ripartizione tra tutti i comuni , in base al numero degli abitanti , della spesa complessiva sostenuta dai comuni stessi per l'anno 1969 per l'assistenza ospedaliera; 3) da un contributo intcgratore dello Stato a copertura della spesa effettiva, annualmente determinato con la legge di approvazione del bilancio ; 4) dallo stanziamento iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero della sanità relativo al fondo nazionale ospedaliero costituito ai sensi dell'art. 33 della legge 12 febbraio r969, n. 132; 5) dalle somme destinate all'assistenza ospedalicra comprese negli stanziamenti iscritti nello stato di previsione della spesa del Ministero della sanità per l'assistenza ai tubercolotici, ai poliomiditici, ai discinetici, agli invalidi civili ed agli affetti da altre forme morbose, ai lussati dell'anca, non-


chè da quelle comunque destinate all'assistenza ospedaliera iscritte nello stato di previsione della spesa di altri Ministeri o di enti pubblici. La determinazione di tali somme sarà fatta con la legge annuale di approvazione di bilancio. Gli stanziamenti a favore del fondo sanitario nazionale previsti nel presente articolo hanno effetto a decorrere dal 31 marzo 1971.

Art. 6. - L a percentuale di cui al n. I del precedente articolo è determinata annualmente, con decreto del Ministero della sanità, di concerto coi Ministri del tesoro e del lavoro e della previdenza sociale. A tal fine gli enti mutualistici e asskurativi sono tenuti a comunicare gli elementi necessari al Ministero della sanità entro il 3I ottobre di ogni anno per il tramite dell'Istituto n azionale della previdenza sociale. Ove gli enti non provvedano a fornire i dati richiesti entro il termine stabilito, la percentuale sarà determinata in base ai dati risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente, dal bilancio di previsione dell'esercizio corrente, e da ogni altro idoneo elemento di valutazione. Analoga comunicazione effettuano i comuni per il tramite del Ministero dell'interno. La determinazione dell'ammontare dovuto dai comuni è effettuata con decreto congiunto dai Ministri della sanità e dell'interno. Art. 7· - L 'Istituto nazionale della previdenza sociale è delegato alla riscossione dei contributi assicurativi, secondo norme emanate dal Ministero del tesoro. Esso versa alla T esoreria dello Stato le quote destinate al fondo sanitario nazionale. I comuni provvedono ai versamenti delle somme da essi dovute alla Tesoreria dello Stato per il tramite del Ministero dell'interno. In caso di omesso o ritardato pagamento, si applica ai comuni la procedura prevista per l'omesso o ritardato pagamento delle imposte dirette dovute allo Stato. Art. 8. - Il fondo sanitario n azionale è destinato al finan zi amento della spesa ordinaria sostenuta dagli ospedali per l'assistenza ospedaliera, al miglioramento della rete e delle attrezzature degli ospedali al fine di uniformare gradualmente in tutto il territorio della Repubblica il livello delle prestazioni ospdal iere, nonchè alla concessione, limitatamente alle possibilità finanziarie costituite dalla quota del soppresso fondo nazionale ospedaliero, di contributi per gli scopi previsti dall'art. 33 della legge 12 febbraio 1968, n. 132. Il fondo sanitario nazionale è ripartito, esclusa la quota derivante dal soppresso fondo nazionale ospedaliero, tra le regioni con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Mini stro del tesoro, per i sette decimi in proporzione diretta alla popolazione presente in ciascuna region e, quale


risulta dai dati ufficiali dell'Istituto centrale di statlstlca relativi al penultimo anno antecedente quello della ripartizione e per i rimanenti tre decimi, sulla base delle proposte formulate dalle singole regioni al fine di soddisfare le esigenze effettive di adeguamento delle strutture edilizie, delle attrezzature e della organizzazione risultanti dall'applicazione delle leggi vigenti e, in mancanza di tali leggi, da determinare in rapporto a parametri di efficiente, uguale ed uniforme assistenza da stabilirsi con decreto del Ministro dell a sanità.

Art. 9· - Le regioni provvedono a ripartire i fondi ad esse assegnati tra gli enti ospedalieri e gli altri istituti pubblici che prestano l'assistenza ospedaliera. Il Ministro della sanità, ai fini di tale ripartizione, determina gli indici di normale spedalizzazione della popolazione servita da ciascun ente o istituto sulla base dci seguenti elementi: a) tassi normali di spedalizzazione; b) durata normale della degenza; c) importo medio, calcolato su base nazionale, della retta ospedaliera. Ai fini della ripartizione, ciascuna regione deve annualmente formulare un piano di distribuzione della popolazione tra le istituzioni indicate nel precedente comma. Le som me assegnate alle regioni, non utilizzate per il funzionamento della spesa ordinaria di gestione ospedaliera, saranno destinate dalle regioni stesse alla costruzione di opere <li edilizia ospedaliera in base ai piani ospedalieri regionali e al rinnovo e adeguamento delle attrezzature. Ove gli enti ospedalieri e gli altri istituti di ricovero dipendenti da enti pubblici, non dispongano di posti letto in numero adeguato ai bisogni assistenziali della popolazione da essi servita, gli organi dipendenti dagli enti stessi possono stipulare, secondo le indicazioni della regione, apposite convenzioni per il ricovero di pazienti in case di cura private, in possesso dei requisiti previsti dagli articoli 51 e seguenti della legge 12 febbraio 1968, n. 132. Le convenzioni stipulate dagli istituti mutualistici e assicurativi con le case di cura private, in vigore in data I 0 marzo 1970, conservano la loro efficacia fino alla scadenza, ma comunque non oltre il 31 marzo 1972, sostituendosi agli enti mutualistici le regioni nel cui territorio deve svolgersi l'assistenza. Al pagamento dei crediti spettanti alle case di cura private a decorrere dal 31 m arzo 1971 per effetto delle convenzioni previste nei precedenti commi si provvede con i fondi assegnati alla regione.

Art. 10. - Con successivo provvedimento gli ospedali psichiatrici saranno dichiarati o costituiti in enti ospedalieri, secondo le norme della legge 12 febbraio 1968, n. 132.


86 Fino a quando non saranno costituiti gli enti ospedalieri per l'assistenza neuropsichiatrica, le province continueranno a prestare a proprio carico l'assistenza ospedali era psichiatrica a I avore delle persone che sono obbligate ad assistere, in base alle vigenti disposizioni di legge, senza diri tto a rivalsa. Art. 11. - Con il decreto legislativo delegato previsto dall'art. 27 della presente legge si provvederà all'aumento dei ruoli organici del Ministero della sanità per far fronte alle esigenze derivanti dall'amministrazione del fondo sanitario nazionale. Per le stesse esigenze il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, su richiesta del Mini stro della sanità, può disporre col consenso degli interessati il comando presso il Ministero della sanità di un contingente di impiegati di pendenti dagli istituti mutualistici ed assicu rativi non superiore a cento unità appartenenti ai ruoli dei ragionieri e dattilografi. Alle spese per il personale comandato provvedono direttamente gli enti di appartenenza. CAPITOLO

III. - U11ità sanitarie locali

Art. 12 . - Le regioni promuovono entro il 31 dicembre 1971 la costituzione delle Unità sanitarie locali nel loro territorio. A tal fine la regione provvede, sentiti i Comuni, alla delimitazione del territorio in compren sori assumendo a parametri m inimi e massimi di popolazione, rispettivamente gruppi demografici di 25.000 e Ioo.ooo abitanti per unità sanitaria, in relazione alle caratteristiche geomorfologiche e demografiche dei singoli territori, salvo limiti inferiori nelle zone con popolazione sparsa o limiti superiori nelle zone urbane di elevata densità demografica. Art. r 3· - La legge regionale stabilirà l'ordinamento dell'unità sanitaria locale, che assumerà la configurazione di consorzio tra i comuni, quando il suo comprensorio comprenda il territorio di più comLmi e di azienda speciale, quando l'unità sanitaria medesima sia compresa nel territorio di un solo comune. La legge regionale dovrà a tal fine uniformarsi ai seguenti principi: a) elezione degli organi di amministrazione da parte dei consigli comunali o dei cittadini residenti nella circoscrizione territoriale dell'unità sanitaria locale; b) partecipazione di una rappresentanza diretta degli assistiti negli organi di amministrazione dell'unità sanitaria locale ove questi siano costituiti per effetto di elezione da parte del Consiglio comunale. La regione potrà anche prevedere che su determinati problemi dì rilevante importanza sia sentito l'avviso anche vincolante dì assemblee popolari. Art. 14. - L 'unità sanitaria locale eroga l'assistenza medica, generica e riabilitativa a favore della popolazione servita e, inoltre, ha la cura, nell'aro-


bito della propria circoscrizione, dell'igiene, della prevenzione delle malattie e dei servizi veterinari. Le Regioni e le U11ìtà sauitarie locali

Art. '5· - Ai sensi dell'art. u7 dell a Costituzione le regioni curano l'espletamento dell'assistenza medica, compresa quella neuropsichiatrica, generica e specialistica, ambulatoriale, domiciliare e farmaceutica, del pronto soccorso medico, chirurgico e ostetrico e delle prestazioni sarutarie riabilitative, a favore di tutta la popolazione residente nel proprio territorio. Ai sensi dell'art. II8, terzo comma, dell a Costituzione, la regione esercita i compiti indicati nel precedente comma, affidandoli alle unità sanitarie locali. Art. 16. - Alle regioni sono delegate, ai sensi dell'art. II8 della Costituzione, II comma, le funzioni attualm ente spettanti agli organi dello Stato, nelle seguenti materie, escluse quelle di competenza degli organi centrali dell'Amministrazione statale o dei servizi sanitari per gli scali marittimi, per le frontiere di terra c per gli aeroporti : a) prevenzione delle malattie c profilassi contro le malattie infettive; b) igiene scolastica in ogni istituto di istruzione pubblica e privata; c) igiene del lavoro e prevenzione degli infortuni nelle aziende; d) controllo sanitario sulla regolamentazione e funzionamento degli istituti e convivenze di carattere educativo e assistenziale; e) controllo sanitario sull a produzione, lavorazione, commercio dell e sostanze alimentari; !) controllo sull'igiene dell'ambiente; g) profilassi, polizia ed assistenza veterinaria, zoonos1. La regione deve esercitare i compiti indicati nel precedente comma, affidando! i alle un i tà san i tari e locali.

Art. 17. - I controlli sugli atti e sugli organi delle unità sanitarie locali spettano alla regione secondo le norme da essa stabilite. Alla regione spetta il potere di dare direttive sul funzionamento delle unità sanitarie, di attuare il coordinamento tra le unità sanitarie locali e gli enti ospedalieri e gli altri presidi sanitari ai fini della piena utilizzazione delle strutture sanitarie, della migliore efficienza dei servizi , della economicità di gestione e del miglioramento delle prestazioni erogate. Spettano al Ministero della sanità i poteri di indirizzo e orientamento sulle funzioni svolte dalle unità sanitarie locali e dalle regioni e il potere di alta sorveglianza per la tutela degli inteerssi generali sanitari del Paese, entro i limiti che verranno specificati nel decreto delegato di cui ali 'art. 29 della presente legge.


88 CAPITOLO IV. ~ Riforma dell'ordinamento dell'assistenza generica, specialistica e farmaceutica

Art. 18. ~ A partire dalla data del 30 giugno I972 cessa l'attività svolta dagli Istituti mutualistici ed assicurativi e di altri enti pubbhci compreso lo Stato, relativamente alle prestazioni in materia sanitaria regolate dalla presente legge. Art. 1 9· ~ A partire dal I " gennaio 1971 gli assicurati dell 'ENPAS e dell'ENPDEP hanno diritto all'assistenza diretta opzionale. Art. '9 bis. ~ A partire dal I 0 gennaio I97I i titolari della pensione sociale di cui all'art. 26 della legge 30 aprile 19~, n. 153, i disoccupati, ai sensi dell'art. ro della legge 29 aprile 1949~ n. 264 ed i familiari conviventi a carico indicati all'art. I della legge 4 agosto I955 n. 692, hanno diritto all'assistenza sanitaria secondo il regime giuridico attualmente vigente per gli assicurati dell'INAM sempre che l'assistenza medesima, non spetti per altro titolo. Art. 19 ter. - A partire dal r • gennaio 1972 l'assistenza specialistica ambulatoriale è erogata a tutti i cittadini secondo il regime giuridico vigente per gli assicurati dell'INAM. Art. 19 quata. ~ A partire dal 30 giugno 1972 le unità sanitarie locali erogano l'assistenza indicata all'art. 15 primo comma, a favore degli assistiti dagli enti mutualistici ed assicuartivi, dai Comuni e nonchè dagli aventi diritto per effetto della presente legge; osservando i limiti e le differenziazioni previste dagli ordinamenti dci singoli enti e secondo le norme di organizza~ zio ne che saranno stabilite dalle sin gole regioni. Art. 19 quinquies. ~ A partire dal 30 giugno 1972 cessano di avere vigore le norme che limitano le prestazioni sanitarie nel tempo a favore degli assistiti in base alle vigenti disposizioni. A partire dalla stessa data il regime di assistenza sanitaria per tutti i lavoratori dipendenti è parificato a quello vigente per gli assicurati del~ l'INAM.

Art. 20. - Al finanziamento della spesa occorrente per le erogazioni delle prestazioni previste all'art. 19 si provvede con gli stanziamenti del fondo sanitario nazionale. A tal fine il fondo sanitario nazionale di cui all'art. 5 è formato dai seguenti cespiti : 1) dalle somme gravanti sugli Istituti mutualistici ed assicurativi per le prestazioni previste dall'art. 15 comprese quelle comunque destinate in via diretta o strumentale, all'assistenza sanitaria, calcolata in base alla incidenza percentuale della spesa media relativa sostenuta da ciascun Ente nel


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triennio dal 1969 al 1971. Tale percentuale deve essere rapportata anche all'aumento totale dei contributi; 2) da un contributo a carico dei Comuni calcolato in rapporto alla popolazione presente, quale risulta dai dati ufficiali dell'Istituto centrale di statistica relativi all'anno 1970. Tale contributo sarà determinato mediante proporzionale ripartizione tra tutti i Comuni, in base al numero degli abitanti, della spesa complessiva sostenuta dai Comuni stessi nell'anno I970 per l'assistenza indicata all'art. rs; 3) da un congruo aumento del contributo di cui all'art. 5, n. 3, a copertura della spesa globale; 4) dalle somme comprese n egli stanziamenti indicati all'art. 5, n. 5, destinati alle finalità comprese tra quelle indicate al n. 15. Si applicano ai cespiti indicati ai numeri r e 2 le disposizioni contenute negli articoli 6, 7 e 8, secondo comma, intendendosi restituite all'attività ospedaliera quelle previste nel presente capitolo.

Art. 21. - Alla data del 30 giugno 1972, per effetto della presente legge, il personale sanitario, quello di assistenza immediata e ausiliaria, il personale amminlstrativo con qualifiche direttive, di concetto, esecutive e ausiliarie, in servizio di ruolo presso gli enti mutualistici c assicurativi, aventi funzioni o mansioni inerenti all'attività sanitaria è trasferito alla regione, ove travasi la sede da cui dipende. La regione provvede all'assegnazione di tale personale alle unità sanitarie locali, che provvederanno al loro inquadramento nei rispettivi ruoli.

Art. 22. - Per effetto della presente legge, alla data del 30 giugno 1972, gli ambulatori, i poliambulatori, gli altri presidi sanitari, le attrezzature, le sedi e gli uffici con i loro arredi e gli altri beni, istituzionalmente destinati alla assistenza sanitaria degli enti mutualistici ed assicurativi, e degli altri pubblici, salvo quanto disposto per i comuni dal successivo art. 23, sono trasferiti al patrimonio della regione in cui sono situati per essere destinati alle unità sanitarie locali. La regione provvederà a stabilire i criteri per l'individuazione ed inventario dei beni trasferiti. Art. 2 3· - I medici condotti, le ostetriche condotte cd il personale ausiliario sanitario dei Comuni, addetto al servizio dell'assistenza ai non abbienti sono trasferiti all'unità, o a una delle unità sanitarie locali comprese nella circoscrizione del Comune, presso il quale prestano servizio, a decorrere dal 30 giugno 1972. A decorrere dalla stessa data, per effetto della presente legge, sono trasferiti alla unità sanitaria locale, secondo il precedente comma, i presidi del tipo indicato all'art. 22, apparten enti ai Comuni. Contemporaneamente do-


vrà essere redatto l'inventario dei beni trasferiti, a cura di un rappresentante dell'unità sanitaria locale e di un rappresentante del Comune interessato.

Art. 24. - Le regioni provvedono a ripartire i fondi di cui all'articolo precedente alle unità sanitarie locali, secondo criteri che saranno fissati con leggi regionali, tenendo particolare conto della popolazione servita, dei compiti assegnati e dell'organizzazione delle singole unità sanitarie locali. Art. 2 5· - Il rapporto di lavoro per quanto riguarda il trattamento economico c gli Istituti normativi di carattere economico è stabilito previ accordi nazionali, tra i Ministeri della sanità, interno, tesoro, lavoro e previdenza sociale e i Sindacati con la partecipazione di rappresentanti delle regioni. Le deliberazioni relative alla determinazione del trattamento economico e alla disciplina degli altri Istituti di cui al precedente comma sono soggette ai controlli di legge. Art. 26. - A partire dal 30 giugno 1973 tutti i cittadini hanno diritto alla erogazione gratuita dell'assistenza sanitaria generica, specialistica, farmaceutica e riabilitativa in condizioni di uniformità ed eguaglianza a cura dell'unità sanitaria locale. Con legge separata si provvederà alla totale fiscalizzazione dei contributi attualmente dovuti dai datori di lavoro e dai lavoratori per l'assistenza sanitaria, compresa quella ospedaliera, ed al reperimento delle entrate occorrenti per integrare il fondo sanitario nazionale ai fini del finanziamento globale della spesa per l'erogazione delle prestazioni sanitarie. Art. 27. - Il Governo della Repubblica, sentita una Commissione parlamentare di dieci senatori c di dieci deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato e dal Presidente della Camera dei Deputati e una Commissione interregionale com posta dai Presidenti delle Regioni a statuto ordinario o speciale, è autorizzato ad emanare entro sei m esi dall'entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro della sanità, di concerto col Ministro dell'interno, del tesoro e del lavoro, uno o più decreti aventi forza di legge, per disciplinare i trasferimenti del personale degli enti mutualistici e dei comuni alle unità sanitarie locali, i livelli qualitativi e quantitativi delle prestazioni sanitarie, le norme fondamentali sull'amministrazione e contabilità, l'organizzazione e l'ordinamento interno dei servizi che si riferiscono alle attività di assistenza malattia e di assistenza farmaceutica e lo stato giuridico del personale addetto alle attività medesime. Art. 28. - Le norme delegate, di cui al precedente articolo concernenti il personale trasferito alle unità sanitarie locali, dovranno ispirarsi al principio di riconoscere ai dipendenti trasferiti ]e posizioni giuridiche in quanto compatibili col nuovo ordinamento ed il trattamento economico acquisito con divieto di esercizio della libera attività professionale.

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Le norme concernenti l'organizzazione e l'ordinamento devono ispirarsi al principio di assicurare l'efficienza, la funzionalità, la direzione cd il coordinamento dei servizi, nonchè l'economia di gestione ai fini di apprestare ai cittadini una assistenza pronta cd adeguata. Le norme concernenti l'amministrazione e la contabilità dell'unità sanitaria locale debbono realizzare una uniformità di sistemi contabili per tutte le unità sanitarie locali ispirandosi ai principi contenuti nel R.D. 3 marzo 1934, n. 383 c per quanto attiene al sistema di classificazione delle entrate c delle spese, a quelli contenuti nella legge 1" marzo 1964, n. 62. Le norme delegate relative all'assunzione e allo stato giuridico del personale devono ispirarsi ai seguenti principi: a) ripartizione del personale in: personale amministrativo, personale medico, personale sanitario non medico, personale tecnico non laureato, personale ausiliario; b) l'assunzione del personale di ruolo tutto a tempo pieno deve avere luogo esclusivamente per pubblico concorso per titoli e per esami; per il personale ausiliario può essere prevista altra forma di assunzione; c) lo stato giuridico deve prevedere la determinazione degli obblighi di servizio, la incompatibilità con l'assunzione di altri rapporti di impiego presso altri enti pubblici e con l'esercizio professionale; d) la possibilità di passaggio da una unità sanitaria locale ad altre della stessa regione e di altra regione con valutazione per intero del servizio prestato ai fini del trattamento economico e di quiescenza.

Art. 29. - Il Governo della Repubblica, sentite una commissione parlamentare di dieci senatori e di dieci deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato e dal Presidente della Camera dei Deputati, ed una commissione intcrregionale composta dai Presidenti delle Giunte delle regioni a statuto ordinario e speciak, è autorizzato ad emanare entro tre anni dall'entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro della sanità di concerto col Ministro dell'interno, del tesoro e del lavoro, uno o più decreti aventi forza di legge, per disciplinare gli altri servizi attribuiti alle unità sanitarie locali con riguardo al trasferimento e concentrazione in esse degli enti, uffici e servizi che attualmente esplicano tali o analoghi compi ti; alla riorganizzazione organica c funzionale di tali presidi nel! 'ambito delle unità sanitarie locali; alla definizione dello stato giuridico del personale. Nella emanazione del decreto o dei decreti delegati il Governo si ispirerà ai principi e criteri direttivi previsti nel precedente art. 28. Con lo stesso decreto delegato verrà altresì determinata una ulteriore quota di finanziamento da devolvere al fondo sanitario nazionale di cui al precedente art. 5, ispiran dosi al criterio di destinare al fondo tutte le somm e attualmen te assegnate ad enti, uffici e servizi per l'espletamento di com piti


che, per effetto della presente legge, vengono concentrati nella unità samtaria locale. Con il decreto o i decreti delegati si provvederà altresì a determinare le funzioni di indirizzo, orientamento ed alta sorveglianza di cui al precedente art. r7. Le norme delegate si ispireranno al principio di conservare allo Stato soltanto le attribuzioni che, attenendo ad esigenze ed obiettivi di carattere unitario, esigono trattamento giuridico uniforme ai fini di assicurare la tutela individuale e collettiva della salute ed a garantire a tutti i cittadini la erogazione di prestazioni sanitarie in regime di eguaglianza ed uniformità . CAPITOLO V

- N orme fina/ i e transitorie

Art. 30. - Fino a quando le regioni non provvederanno a di sciplinare l'ordinamento delle unità sanitarie locali, si osservano in materia le norme contenute nell'art. 33 del T.U. delle leggi sanitarie approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, nel testo unico della legge comunale e provinciale approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383 e nel testo unico approvato con R.D. rs ottobre 1925, n. 2578, in quanto applicabili. Art. 31. - Ove nel termine previsto la regione non abbia disposto la costituzione in tutto il territorio regionale delle unità sanitarie locali, la regione stessa dovrà comunque provvedere, mediante la istituzione di propri servizi, ad assicurare nel proprio territorio l'erogazione dell'assistenza sanitaria di competenza istituzionale delle unità sanitarie locali. I servizi di cui al precedente comma devono essere soppressi non appena saranno costituite le unità sanitarie locali. Art. 32. - A decorrere dal 31 marzo 1971 è istituita una addizionale pari al 30% dell'aliquota relativa all'imposta complementare sul reddito per il primo scaglione di reddito imponibile da applicarsi alle persone fisiche che, in base alle vigenti leggi, siano sprovviste di tutela assicurativa, comprendente l'assistenza sanitaria da parte di Istituti mutualistici c assicurativi. L'addizionale sarà aumentata in proporzione all'aumento delle aliquote per gli scaglioni successivi. Il Ministero delle Finanze provvede con proprio decreto alla determinazione delle misure delle nuove aliquote.

Art. 33· - Resta salva la potestà legislativa primaria delle Regioni a statuto speciale in materia sanitaria. Art. 34· - Alla spesa occorrente per l 'erogazione del contributo dello Stato previsto nell'art. 5, n. 3 e nell'art. 20, n. 3, calcolato per l'anno 1971 in lire .......... c a quella derivante dall'applicazione dell'art. I I pre-

,


93 vista per l'anno 1972 in lire .......... si fa fronte mediante riduzione di pari importo dello stanziamento per i provvedimenti legislativi in corso facenti carico sullo stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro rispettivamente per l'anno 1971 e per l'anno 1972. Il Ministero del tesoro è autorizzato ad apportare con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

LE SCADENZE PREVISTE DAL PROGETTO DI LEGGE MARIOTTI

r" gennaio 1971: Opzione tra assistenza diretta e indiretta per l 'ENPAS e l'ENPDEP (art. 19). 1 gennaio 1971: Assistenza sanitaria ai titolari di pen sione sociale e at disoccupati (art. 19 bis). 31 marzo 1971: Assistenza ospedaliera gratuita per tutti (art. 4). 31 dicembre 1971: Costituzione delle U.S.L. (art. 12). 1° gennaio 1972: Assistenza specialistica ambulatoriale a tutti i citta<li ni secondo il regime giuridico vigen te per gli assicurati INAM (art. I<J ter). 31 marzo 1972: Cessazione delle convenzioni stipulate tra Enti mutualistici e Case di cura private (art. 9). 30 giugno 1972: Cessazione delle attività degli Enti m utualistici (art. r8). 30 giugno 1972: Le U.S.L. erogano l'assistenza a favore degli assistiti dagli Enti mutualistici ed assicurativi osservando i limiti e le differenziazioni previste dagli ordinamenti dei singoli Enti (art. 19 quater). 30 giugno 1972: Passaggio del personal e sanitario e di assistenza immediata o ausiliaria alle regioni per la destinazione alle U.S.L. (art. 21). 30 giugno 1972 : Passaggio alle Regioni degli ambulatori, poliambulatori , altri presidi sanitari e attrezzature degli Enti mutualisti ci (art. 22). 30 giugno 1972 : Passaggio dei medici condotti e del personale sanitario ausiliario dei comuni alle U.S.L. (art. 23). 30 giugno 1973 : Diritto per tutti i cittadiru all'assistenza sanitaria gratuita (generica, specialistica, farmaceutica e riabilitativa) (art. 26).

Quante di queste scadenze saranno rispettate?

8.- M.


RECENSIONI DI LIBRI

Medicina preventiva, pt·evenzioTJe e cura della invalidità pensionabile. Edizioni Scientifiche Ttaliane, ~apoli, r969, pagg. 258 .

MIGLIORE M.:

• ella sua prefazione, il prof. Palmieri, direttore dell'Istituto di medicina legale ~: delle assicurazioni pres~ cui il lavoro è stato eseguito, osserva che la trattazione dei vari argomenti si distingue per alcuni caratteri di organicità, specie per quanto si riferisce all'indagine sul sempre crescente rischio di invalidità, in contrasto con lo sviluppo che vanno assumendo le opere di prevenzione, di cura e di riabilitazione. Degne di rilievo sono le ossen·az.ioni sul termali\mo sociale c ~ulla metodologia di applicazione, sulle :~lterazioni discvolutive dello scheletro, dal punro di vista delle attitudini lavorative e della prevenzione delle artropatie. L'opem consta di due parti. La prima parte tratta, in generale, della medicina preventiva c ,della sua evoluzione storica, dei compiti che svolgono in questo campo i massimi htituti di prevenzione ed assistenza dei lavoratori; la seconda parte riguarda la prevenzione e la cura dell'invalidità nei confronti delle malattie che dalle rilevazioni statistiche, ampiamente riportate, risultano le maggiori responsabili dello stato in va lidanLe. Nel corso della trattazione viene illustrato il concetto della invalidità pensionabile, coi relativi riferimenti alla legge ed in conformità alla giurisprudenza meglio consolidata. Su queste basilari cognizioni viene impostata l'indagine deUe cause invalidanti e lo studio dei problemi riguardanti la prevenzione c la cura dell'invalidità. Tutti gli argomenti trovano riscontro in un'ampia documentazione, anche bibliografica, e sono illustrmi da 19 tavole c figure. M. PIJLCIL"ELLI


RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

RICADUTA RADIOATTIVA (FALL-OUT) T., $t;Zl:KI T., Fl:Rl:SAW' A.: lnterhemisph~ic transfer of fresh debris from French nuclear tests in 1968. - l"ature, 1<)69, 224, 5224, 10<)6.

SOTOBA\A SHI

Gli AA. hanno studiato la ricaduta sul Giappone di prodotti di fissione a breve vita provenienti dalle esplosioni atomiche sperimentali francesi effettuate nel sud Pacifico il 9 e 16 luglio ed il 4 agosto r<)68. A pane un'inrerferenzJ di prodotti a lunga ,·ita, da attribuirsi probabilmente alle esplosioni cinesi del giugno e del dicembre tcf>j, i picchi di ricaduta del Ba140, dello P 31 c del Ce111 indicano che que~ti prodotti di fissione hanno impiegato 46-50 giorni a raggiungere il Giappone dall'emisfero sud (circa 13 .000 Km), viaggiando nella troposfera a velocità di circa I2 Km / ora; la loro velocità ~ \lata tuttavia influenzata probabilmente da quella dei tifoni n. ro c n. 13 che si sono portati sul Giappone, con direzione S\V- "E. nello ~tesso periodo di tempo.

M. PuLctNELt.l

G .. SISEFSKY J.: Debris from the 6th Chine.ce nuclear te.rt. 223, 5202, 173·

PERSON

Gli AA. esaminano il fall-out ricaduto in Svezia dopo la sesta e~ploslone speri· mentale cinese (17 giugno r~7), u n'esplosione termonucleare avvenuta a Lop Nor (4o0 N, 90"E) ad altezza di 14 Km d a terra (nella rropopausa). Il fall-out fu scarsissimo: dopo s6 giorni cominciò la ricaduta di sporadiche particelle grossolane; poi ricaddero particelle sempre più fini, sino ad un massimo di poche de<:ine per 100 kg di aria. Que~ta diversa velocità di ricaduta delle particelle del fall-out sembra debba ricollega rsi nlla loro provenienza dagli alti strati dell'atmosfera (r8- 24 Km di altezza), dove sono state sospinte, data la potenza dell'ordigno, al seguito della sfera di fuoco. Fra gli elementi più frequentemente riscomrati, il gruppo Zr- Nb, il Cew cd il Morfologicamente le particelle erano simili a quelle delle e~plosioni termenucleari russe.

eem.

M. PuLCINEt.Lt

RADIOPROTEZ/0.\E CHIMICA

L., S!KULOVA J., H osEK B., M1 susTOVA J.: Effetti radioprotettivi sui topi del fluoroacetato di sodio. - Radiation Rcscarch, 19(}9, 40, 430 .

NovAK

Gli AA. hanno condotto uno srudio sull'intensità degli effeui radioprotettivi del fluoroacetato di sodio in topi bianchi del ceppo H, di 9 - 12 settimane di vita. l ri~ul-


tati degli esperimenti mostrano che il fluoroacetato di sodio somm1mstrato in peritoneo tre ore prima delJ'irraggiamento in guamità di 7,5 mg/ kg, porta la LD 50130, da 648 R a 998 R. Un raffronto dei risultati ottenuti col fluoroacetato di sodio rispetto agli effetti ottenuti con cisteina, cisteamina, AET, serotonina e con l'ipossia, indica che l'effetto radioprotettivo del fluoroacetaro di sodjo non è statisticamente diverso dagli effetti ottenuti con questi composti. L'effetto protettivo del fluoroacetato di sodio, tuttavia, è raggiunto con una dose molto più piccola (50 -75 millimolef kg). NeLlo stesso tempo la durata della radioprotezione dura molto più a lungo, da 30 minuti circa dopo la somministrazione fino a 7 ore, con una punta massima fra la prima e la seconda ora.

M. SALVADORI TERAPTA DEGLI AVVELENAMENTI DA NEUROTOSSICI JoHNSON M.

K., LAUWERY R.: Protection by some carbamatcs against the delayed neuwtoxic efjects of D.F.P. ( diisopropiljlu01·ojosjato). - Nature, 1969, 222, 51~.

Dopo la somministrazione di una dose singola di composti organofosforici si ha una sindrome paralitica flaccida differita (8- r4 giugno). Forse ciò è dovuto alla fosforilazione di una proteina del tessuto nervoso, che acquista così azione neurotossica. Gli AA. hanno sintetizzato alcuni carbamati che sono attivi come inibitori progressivi di questo enzima in vitro. I carbamati agiscono sull'acetilcolinestcrasi inibendola, come hnno gli organofosforici; con la differenza che l'inibizione da carbamati è seguita da restaurazione. L'inibizione dei carbamati è quindi temporanea, mentre quella da DFP è permanente. Una simile inibizione temporanea è provocata anche dall'eserina, la quale dimostra azione protetùva contro il DFP negli animali pretrauati; essa però non impedisce l'insorgenza deHa paralisi differita. Al contrario, il pretrattamento con carbamati sembra fronteggiare anche gli eFFetti permanenti dell'DFP, probabilmente per inibizione di un'esterasi encefalica responsabile della paralisi flaccida. M. PULCINEI-LI

RADIOBIOLOGIA

W. D., McHALE C. G.: Escrezione utùxaria della desossipù·imidina e linfocitopenia come indicatori delle dosi di radiazio11i assorbite dai t·atti. - Radiation Research, 1~9, 40, 124.

SKIDMORE

Gli effetti di dosi miste di raggi gamma e neutroni sull'escrezione urinaria della desossipirim~dina sono stati presi in considerazione quali misuratori degli effetti bio-

logici delle radiazioni sui ratt. La desossipirimidina è stata calcolata in equivalenti di desossicitidina (DOC). l ratti furono esposti a dosi variabili fra 22 e 780 rads. L'escrezione urinaria della DOC, fra la quarta e la dodicesima ora dopo l'irraggiamento, risultò essere in funz ione della dose, per dosi fra 22 e 376 rads. l risultati non mutavano nei diversi tipi di radiazioni.


97 In un gruppo di 10 ratti esposti :~Ila stessa dose di radiazione X (450 rads) in tre giorni successivi, l'escrezione risultò in funzione della dose dopo la prima csp<>sizione, ma non dopo le due successive. Così l'escrezione totale di DOC dopo una dose globale di I350 rads risultò non molto superiore a quella che si aveva dopo una singola dose di 450 rads. La diminuzione dei linfociti circolanti andava di pari passo con l'escrezione della DOC. Dopo che i linfociti erano quasi del tutto scomparsi in conseguenza di due irraggiamenti a dosi di 450 rads, una terza dose da 450 rads provocava un'escrezione di dcsossipirimidina minore nei ratti precedentemente irraggi:~nti rispetto a quelli di controllo, non irradiati. Il calcolo dell'ammontare della DOC in rapporto con la diminuzione dei linfociti circolanti, suggerisce l'ipotesi che vi sit1no altre cellule radiosen6ibili, la cui distruzione contribuisca alla dcsossipirimidinuria. M. SALVAUORI

CARDIOLOGIA P., B1NEf J. P., CoKAO J. F., HRAUD J., WELTI J. J.: Cure chirurgic·ale d'u11e i11suj{isance mitra/e majem·e par rupture de pilier provoquée par un infarctus myocardique. - Arch. Mal. Coeur, 1970, 63, II79- 1186.

BENAIM

La rottura di un muscolo papillarc è una complicazione rara, ma gravissima dell'infarto del miocardio, perchè il grave ed improvviso rigurgito mitralico che ne cono;egue porta a morte il p. in meno di 24 ore. In alcuni casi la sopravvivenza può raggiungere I mese, qu:-mdo la rottura non interessa che uno dci capi di divisione di un pilastro oppure qu::tndo l'infarto è piuttosto limitato sl che l'energia di contrazione del miocardio ventricolare sn resta soddisfacente. La diagnosi clinica esatta è piuttosto difficile, anche se ad illuminare la diagnosi compaia, dopo il soffio ~istolico <lell'imufficienza mitralica, un ga1opp<> prorodiastolico. Anche l'ecg, pur potendo fare ricollegare l'insufficienza mitralica alla sua vera causa, può essere di insufficiente valore diugnostico trattando~i spesso di un infarto l>Ottocndocardico. L'indagine radiologica è molto utile perchè un atrio intatto, pur dimostrondosi nettamente espamivo nella sistole, re~ta di volume presso a poco normale perfino col p::tssare due mesi. Utile è anche il cateterismo con la ricerca ossimetrica, la quale permette di escludere una perforazione senale. L'intervento di chirurgia plasdca mitralica può risultare in un successo con sopra\'\ ivenza prolungata. Gli AA. riportano I caso di in~.uffìcienza mitralica per rottura di un capo del pilastro anteriore della mitrale che permise l'intervento chirurgico al 18° mese con una protesi del tipo Starr. MELCIIIONDA

RticHcorr M . J., MELM0:-1 K. L.: Bradykinin and the cardiovascular system. (Editoriale). - Gircul., 1970, 42, 563-566. La bradichinina (b.) è il prototipo di un gruppo di polipeptidi vaso:mivi denominati è composta da 9 aminoacidi con sequenza critica. Bradichininc N sostituite sono la kallidina (decapeptide) e la metionil -lisi!- bradichinina (endecapeptidc). << kinine »; essa


La b. è dcri,·ata da speciali globuline (kininogeni) probabilmente ~intetizzate dal fegato e che \'engono convertite in kinina ad opera dell'enzima kallicreina. Originariamente descritta come una sostanza contraente il muscolo liscio, la b. è stata in seguito riconosciuta come avente potenti influenze sul sistema cardiovascolare. Gli AA. riportano ampiamente le ricerche precedenti e le proprie sulla farmacologia, la fisiologia e la patologin cardiovascolare della b. l risultati di queste ricerche non permcrtono ancora una chiara e definita utilizzazione di questo polipeptide nel la clinica, ma è importante conoscc-re che le bn.ine giocano una parte paro-fisiologica ben ddìnita nel rossore cutaneo, nella ipotensione e nella diarrea dei p. con sindrome carcinoide. A scopo diagnostico può essere utile in tali casi il test dell'epinefrina, la quale provoca, come catecolam.ina, una liberazione dell'enzima kallicreina dal tumore carcinoide c pertanto una maggiore produzione, e conseguente azione farmacologica, della b.; ciò è particolarmente importanre in quei casi in cui il p. elimina nelle urine quamità minime di acidi indolici. Un 'altra interessante cono~enza ~ull'nione fìsio- patologica della b. è che essa è generata nelle fasi più precoci dello shock endotossinico, producendo la diminuzione della resistenza vascolare periferica; è dubbio però che essa possa riprodurre da sola tutte le modifìcaz.ioni vascolari regionali in detta situazione morbosa. Le ricerche future permetteranno d i definire le aree critiche degli effetti vascolari, cioè quanti c quali di essi siano d iretti e t]uali riflessi. MELCHIONDA

E.: The changing faa of amte rheumatic fucr. (Editoriale). H ean J., 1970, 32, 579-582.

B EHERMA:-.1:-.1

Brit.

E' uno studio statistico- critico sulla realtà clinica attuale in tema di febbre reumatica. Questa, infatti, che pur sempre conserva le sue caratteristiche classiche floride nelle popolazioni sottosviluppate, sembra che sia diventata una relativa rarità nelle N:.~zioni più econom icam ente progred ite. Rimane però ancora in questione se contemporaneamente in det-ri Paesi anche la cardiopatia reumatica sia declinata nello stesso senso. Numerosi sono i fattori che incidono nella epidemiologia clelia febbre rewnatica e nel suo quadro clinico ed anatomo- patologico e gli AA. li sottopongono tutti ad un..t revisione critica molto vasta, ma concludendo che una affermazione decisa è ancora non possibile. Il termine cc febbre reumatica » starebbe perdendo perfino la sua utilità diagnostica, se applicato a p. che non hanno nè reumati~mo nè febbre. Sembrerebbe però di potere affermare che, allo stato anuale delle indagini epidemiologiche, se è vero che la gravità della febbre reumatica c della cardite reumatica nell'attacco acuto è diminuita (diminuira virulenza dello streptococco, migliorate condizioni sociali, più precoce trattamento dcll'infez,ionc streptococcica con antibiotici e con sulfamidici anche sotto forma eli terapia a lungo termine), tutravia vi sia un aumento dci casi cc subclin>ici » ·di carclite reumatica che sfuggono pertanto acl un trattamento precoce. M EtCHIONDA

E. ., FRYE R. L., GwuAKI E. R.: !.Ate systolic click in non- obstructiv~ cardiomioparhy. - Brit. Hean J., 1970, 32, ~~ -695.

MERCER

Gli AA. rifanno brevemente la storia dei clicks da non e1ez1one, considera ti nel passato di origine extracardiaca e di scarso significato clinico, ma interpretati oggi come fenomeni acustici insorgenti nell'apparato valvolare mitralico in connessione con varie


99 situazioni morbose (cardiopatia reumatica, s. Marfan, cardiopatia ischemica, cardiopatie congenite, traumi, interventi chirurgici sulla mitra le ed in specie s. del soffio- click tebistolico da insufficienza della rnitrale). Gli AA. hanno studiato 2 p. con funzione ventricolare sn gravemente danneggiata c con conduzione ventricolare sn anormale, che presentavano un click !>istolico, ma molto tardivo rispeno ai casi sinora descriru. Pur essendo il meccanismo dd click sistolico mitralico ancora scono~iuto con esattezza, si tende oggi a considerarlo come uno «schiocco cordaie>> (<<cordai snap »), in rapporto ad un prolnsso di un lembo mitralico per allungamento delle corde tcndinee o per disfunzione del m. papillare. Dopo avere dimostrato con registrazioni ecgrafiche, fcgrafichc, del polso carotideo esterno, della pressione polmonare, che non <>i trattava di uno sdoppiamento del Il tono, gli AA. riferiscono che il riscontro operatorio in uno dei p. aveva mostrato che la mitrale era :tnatomicamcnte norm:tle, salvo un:t dilatazione dell'annulus e che il rigurgito mitralico appariva come secondario alla insufficienza ventricolare sn. La notevole tardivitn sistolica dei d icks viene spiegata dagli AA. o per l'aumcnt:lto volume tdedi:tstolico ventricolare sn in seguito alla ridotta funz.ione ventricolare sn o per l'anormale sequenza della eccitazione ,·cntricolare sn. Il grado della insufficienza mitralica non sembra cSM:rc un fattore della tardività dci clicks, perchè, nei due casi, in uno essa era molto lieve e nell'altro invece molto grave. Mt:.LCHIOND"

BENCHtMOL

A., BAJUtt:.TO E. C., Tt:.NG WEI T10 S.: Phasic aortic flow vdocity 111 paBrit. Hcart J., 1970, 32, 6g6 -700.

tients with pulsus alternans. -

l due fondamentali meccanismi che sono stati invocati per spiegare il polso alternante solo o una alternata soppressione di un certo numero di unità contrattili oppure un':Liternanza nella lunghezza tclediastolica delle fibre con conseguente alternanza della forza di comrazione. Quest'ultima ipotesi sembra la più verosimile, ma sinora non risultano pubblicate ricerche di una misurazione diretta della velocità del flusso aortico istantaneo in questa situazione morbosa. Gli AA. hanno pr:.~ticato quel.ta ricerca emodinamica in due soggetti con polso alternante ed hanno potuto osservare che in realtà la velocità del flusso aortico, c pertanto il volume di geuata, era maggiore in coincidenza con il battito più forte c minore in coincidenza con il battito più debole. Non sempre il polso alternante è espre)sione di una cardiopatia, ma esso può essere presente anche in soggetti normali. MEI.CHIOND\

~. J.: Echocardiographic studi~s of mitra/ valve motion. c~n~sis of the opening ma p in mitra/ stenosis. - A m. H ean J ., 1970, So, 177- 187.

FR!EmiAK

E' ormai da tutti accettata l'antica imerpretazionc del rwnore di media frequenza e di breve durata che si ascolta doop il Il tono nella stenosi mitralica come dovuto ad uno schiocco di apertura della mitrale. Attualmente lo sviluppo dello ecocard iogralìa permette una valutazione dettagliata del movimento del lembo anteriore della mitrale e della durata di esso.


1 00

Sinora il punto O dell'apicocardiogramma è considerato come il parametro migliore per lo studio dello schiocco di apertllra (SA), ma le ricerche ecocardiografiche hanno permesso di inlù·mare questa affermazione. L'A. ha studiato 29 p. con stenosi mitralica reumatica e con SA a mezzo di regi· strazioni fcgrafiche, apicocardiografiche ed ecocar-diografiche simultanee, in paragone con xo soggetti normali. Egli è arrivato alla conclusione che l'apicocardiografia, pur rimanendo un mezzo utile per la differenziazione dei toni cardiaci, non lo è altrettanto per la localizzazione dello SA, mentre l'ecocar·diografia permette di chiarire il mecca" nismo di produzione dello SA con questa sequenza: dopo la chiusura della valvola aortica, quando la pressione ventricolare sn cade sotto quella dell'a:ltrio sn, i lembi mitralici iniziano ad aprirsi; i lembi reumatici cicatrizìali si muovono inferiormente ed anteriormente durante l'apertura; al tempo della massima apertura vi è una improvvisa decelerazione o cessazione del movimento del lembo ed è in quel punto che l'energia meccanica viene convertita in energia acustica, lo SA. Tn conclusione, quindi, lo SA è simultaneo con la fine dell'apertura del lembo mitralico. MELCHIONDA

CH. D.: Physical activity a11d coronary heart disease. 1970, 8o, 137- 141.

HENSELBERC

Am. Hearr J.,

Nonostante l'assenza di una 'Prova inequivocabile, i benefici dell'attività fisica nel trattamento delle coronaropatie sono perssochè comunemente acccttad. Su questo argomento non pochi sono gli interrogativi, se cioè l'allenamento fisico possa ridurre l'incidenza dell'aterosclerosi, <Se possa ridurre la morbilità e la mortalità per coronaropatia. La realtà clinica ci mostra l'~nnoouità e l'utilità dell'allenamento fisico in queste evenienze, ma sinom la risposta a questi fondamentali quesiti non è possibile. L'A. fa una revisione critica della letteratura e si sofferma anche sulle modalità di esecuzione di questo allenamento fisico sia nel trattamento di una coronaropatia, sia nella riassunzione deU'attività fisica dopo irufarto miocardico. Dalle osservazioni cliniche e da ricerche eseguite sugli animali sembrerebbe che l'attività fisica provochi un aumento ·dei vasi collaterali, una diminuzione dell'incidenza della trombosi innravascolare ed un miglioramento dell'attività contr·attile del miocar,dio. Anche se tutte queste ipotesi si dimostrino non corrette e si debba ammettere che l'effetto maggiore r~posa su una base psicologica, già solo questo, conclude l'A., potrebbe giustificare la prosecuzione nello studio dei vari programmi di allenamento fisico. MELCHIONDA

Q uERO M.:

Circul.,

Atresia of the left atrioventricular orifice associated with a Holmes heat·t. J 970, 42, 739 ·744·

In occasione di un caso bene documentato di cuore di Holme<S associato con un orifìcio a- v sn atresico, il primo descritto in letteratura, l'A. compie una revisione critica della classificazione dei ventricoli singoli secondo Van Praagh e secondo Levi, definendo cosa si deve intendere per ventricolo morfologicamente ds e sn e per ventricolo topograficamente omologo. Nel caso studiato, l'A. precisa che ha intenzionalmente usato il termine di « atresia dell'orificio a- v sn » invece ·di atresia mitralica, poichè in queste situazioni le due


101

valvole a - v sono spes~o bicuspidi e pertanto i termini « mitrale )) c « tricuspide )) perdono il loro significato. A conclusione della sua discus.~ione, l'A. ritiene di potere affermare che il cuore di H olmes può essere considerato come un ventricolo singolo in cui la camera principale ha la caratteristica morfologica di un ventricolo sn, la camera ìnfundibolare non è invertita ed i grossi va~i sono normalmente disposti. L'importanza di questa segnalazione consiste nella constatazione che la coesistenza di un vero ventricolo singolo e di una atresia a· v è possibile. Mt.LCJIIO::-<D~

B ESSE P., c~R!OU

veineuses. -

A., Cuouss~T A., lhrc.wo r I.: L' hémodynamiqtle de.< fìstttles artério. Arch. Mal. Coeur, 1970, 63, ~ · 1016.

Le comunicazioni permanenti fra le arterie e le vene periferiche sì accompagnano nell'uomo ad un aumento del debito cardiaco c generano a volte un quadro di seompenso congestizio. Il meccanismo e la na tura di questa insufficienza non sono però stati ancora bene delucidati. Alcuni srudi sperimentali sui cani con anastomosi aortacava hanno permesso di verificare che, malgrado la comparsa di edema e di ascite, la qualità contrattile del ventricolo sn era conservata. Gli AA. si sono doman<lati se lo stes~ •vvienc anche nell'uomo e, pertanto, hanno ritenuto utile di approfittare di 14 casi di fistole a- v raccolti in un .decennio per portare una risposta al quesito. Essi hanno ritenuto utile studiare da una parte il meccanismo delle perturbazioni emodinamiche riscontrate sia localmente nella fase acuta e cronica sia nelle conseguenze emodinamiche generali, e dall'altra parte la natura della insufficienza cardiaca. In base alle loro ricerche essi ritengono di potere affermare che la qualità della contrazione miocal'dica non si altera, malgrado la installazione di una sindrome con· gestiva <li insufficienza cardiaca e che la contrattilir:ì, espressa nel rapporto velocità di accorciamento· tensione, non diminuisce. Si rimenc co~ì in causa il concetto <li seompenso cardiaco a grosso debito. La sindrome da ritenzione idrosalina non è automaticamente sinonimo di scompenso del mio-cardio. Si può bene riscontrare una ritenzione idrosalina durame una lesione valvolare, così come nelle fistole a· v con grosso debito con iperpressionc diastolicn \'entricolare. La sindrome da ritenzionc idrosalina compare quando esista una disparità fra il debito sanguigno richiesto dal resto dell'organismo e la possibilità del cuore <li assicurarlo. Mentre in certe situazioni le condizioni circolatorie periferiche restano normali c la disparità risulta da una depressione della funzione miocardica, nelle fistole a·\" essa è secondaria alla impossibilità per u n ventricolo normale con funzione miocardìca intatta di mantenere nel circolo periferico un regime di pressione ed un debito adatto, di fronte alla perdita di carica creata a livello della comunicazione a- v. Per quanto riguarda l'efficacia della terapia chirurgica, si può dire che la chiusura chirurgica delle fistole a- v permette un ritorno di un ::t funzione circolatoria normale ta nto più rapido quanto più intatto è il miocardio. MF!.CH!0:"\"1>~

PH!LL!Ps J. H., BuRCH G. E.: Angina cercbrii. Pane l e Il. So, 125 · 136 e 268 -28 1.

Am. Heart. J., I9Jo,

E' uno stu<lio molto esauriente della vasculopatia del cervello, la q uale è, negli USA, una de!Je cause più importanti che conducono a morte ex! alla inabiHtà. li cardiologo


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esperto è abitualmente in una postztone migliore del neurologo e del neuro- chirurgo nel trattare tali p. a causa della sua migliore comprensione del sistema cardiovascolare e della importanza di una malattia sistemica intesa come una unità. Egli però deve conservare una esatta conoscenza dell'anatomia ncuro- va.scolare e della n curo - anatomia. Gli AA. hanno scelto il termine d i « angina cerebri » perchè esso richiama al cardiologo il ben noto avvenimento vascolarc a carico delle coronarie. Infarti gli attacchi ischemici cerebrali focal i transitori possono paragonarsi all'angina pectoris, quelli in stato di progressione all'insufficienza coronarica (s. coronarica intermedia, angina pectoris pre- infartuale) e l'ictus com pleto all'infarto miocardico. Naturalmente questo acco>tamento non deve suonare confusione nella fìsio - pato logia dei due organi, dato il loro ben diverso metabolismo e la loro notevole differenza nella resistenza alla i·s.chem ia. La fisiologia e l'anatomia neuro- vascolare sono ampiamente integrate, nella loro descrizione, da numerose figure schematiche. Molte teorie sono state avanzate a proposito dei rneccani5mi c della patogene>i degli attacchi transitori, ma nessuna sinora si è dimostrata sufficiente a spiegare percbè gli attacchi sono interm ittcnti c reversibili e localizzati ad un dato lato del sistema ner'voso. Si pensa soprattutto a fenomenj di embolia ateromatosa e pia.strinica, ma non debbono essere trasourari altri fanor i, il più importante dei quali sarebbe il vasospasmo arterioso. H circolo collaterale gioca una parre importante nella manifestazione della insufficienza cerebro-vascolare (circolo intracranico attraverso il circolo del Willis, il circolo carotide esterna· interna attraverso l'orbita, il circolo branca occipitale della carotide esterna- circolo vcrtebro- basilare, le anastomosi fra le cerebrali anteriori, medie e posteriori). Accenni eh iari vengono fatti aLla sindrome del furto delia succlavia. Per quanto riguarda le manifestazioni clin iche degli attacchi ischemici transitori, la gravità del danno neurologico è in rapporto alla estensione ed alla localizzazione del disordine vascolarc, alla durata di esso ed alla adeguatezza del circolo collaterale, oltre, naturalmente, ad altri fattori generali. Gli AA. tracciano un quadro semeiologico molto accurato, riportando anche qualche esempio della loro casistica personale. In generale le man ifestazioni cliniche di questi attacchi possono dividersi in due gruppi, a seconda che si tratti del sistema carotideo o di quello vcrtebro - basilare. Vengono pertanto presentate delle tabelle d idatticamente chiare per questa diagnosi differenziale. Una diagnosi differenziale però deve anche essere compiuta per differenziare gli attacchi ischemici transitori dai disordini di altra origine, come le malattie del labirinto, le emicranie, le ncuropatic radicolari, i blocchi atrio- vcntricolari, ccc. In aggiunta all'accurato esame anamnestico e :semeiologico clinico possono essere di buona utilità la oftalmodinamometria e l'angiografia cerebrale. Gli AA. concludono la loro rivisra con accenni alla terapia degli attacchi ischemici transitori, insistendo soprattutto in quella medica che va dalla igiene alimentare, fisica e psicologica a quella farmacologica. Circa l'utilità dell' uso degli anticoagulanti, bisogna convenire che non è ancora bene d imostrata la loro interferenza nell'abbassare la frequenza della mortalità nè quella delle recidive. L'evidenza che la terapia chirurgica si sia dimostrata utile nel trattamento di gue· sti attacchi non è molto convincente, in quanto alcuni studi mostrano che la morbilid e la mortalità dopo l'intervento sarebbero più alte che nei p. non operati. Come con la angiografia, for>c il solo possiible importamc posto della chirurgia sarà nei casi in cui i rilievi clinici puntano per una vasculopatia isolata e bene localizzata in un vaso extra - cra nico. M ELCHIONDA

..


M. M., SrRKIS l., WURZEJ. L.: Splitting of sccond hcart sound rn patients with aortic regurgitation. - Circul., 1970, 42, 745 ·749·

AYCEN

Lo s<loppiamenro del lT tono nella insufficienza aortica può essere rilevato con lo stetoscopio solo in pochi casi. Gli AA. hanno studiato gli intervalli Q- A 2 cd A,- P, in 50 soggetti con insufficienza aortica grave, paragonaodoli con quelli di 57 soggetti normali. L 'intervallo Q- A2 nei soggetti con insufficienza aortica è più lungo durante ambo le fasi del respiro che nei soggetti normali; deuo prolungamento della sistole ventricolare sn può essere dovuto al reflusso aortico e pertanto all'aumento del \·olume di riempimento e delia gettala venrricolare sn che richiedono un aumento della durata della eiezione. Questo prolungamento può essere il f::tuore responsabile della scomparsa della normale asincronia della chiusura delle semilunari nella insufficienza aortica. Per quanto riguarda l'intervallo A. - P , questo ha dimo\trato un aumento in~pi­ ratorio molto lieve rispetto ai soggetti normali, ma la causa di questo fenrmeno non è molto chiara, ma forse essa può ri~icdere in una ridotta <• compliance >• del venrricolo dx di fronte alle fluttuazioni re~piratorie. MJ:;.LCH!O:-rDA

JA\{ ES T H.

N.: Angina tvithour coronary disease. (Editoriale).

Circul., 1970, .p,

189 • 191. L'introduzione della tecnica della coronarografìa ha mc~so in evidenza che in alcuni soggetti, spesso donne, vj può es~ere un dolore toracico senza una contemporanea coronaropatia. Naturalmente debbono essere esclusi da queste situazioni i soggetti con pseudo- angina, sia per malattie extra- cardiache (esofagoparie, ernia iatale, pericardite, bioni muscolo- scheletriche del torace) che per malattie c:trdiache (valvulopatie aortiche e mitraliche). La possibilità che e~i~ta una card ioparia ischemica senza una coronaropatia evidenZiaLa dalla coronarografin può es~ere data da tre evenienze: r) l'ischcmia miocardica è dovuta ad una affinità anormale della emoglobina per l'O, il cosiddetto concetto della emoglobina avara, come avviene ad esempio nella intossicazione d:1 CO e nello shock emorragico. E' questa una evenienza che bisogna ammettere, anche se essa richiede ancora ulteriori ricerche, data l'osservanza clinica che non in tutti questi p. il dolore anginoso compare; 2) la i~chemia miocardica è dovuta a malattia occlusiva dci piccoli vasi coronarici. Anche questa evenienza è reale, ma anche essa richiede ulteriori ricerche; 3) la tecnica della coronarografia non sempre permette una esclusione chiara di una coronaropatia. Questa evenienza, che potrebbe sembrare una vera eresia, è però una triste realtà, perchè: non sempre i giovani ricercatori sono a conoscem~a della di~tri­ buzione anatomica delle coronarie e non sempre es~i conoscono tutti gli errori tecnici e funzionali di una coronarogralia. La coronarografia resta pur ~empre il mezzo più valido per documentare una coronaropatia e, quando e~~a è negativa, il clinico deve essere molto attento a considerare « normali » le immagini radiologiche, prima di rifugiarsi nella diagnosi di emoglobina anomala od in quella di piccole coronarie anorm ali. MELCHIONl>A


SOMMARI DI RIVISTE MEDICO~ MILITARI

INTERNAZIONALE REVUE INT ERNATIO:\!ALE DES SERVICES DE SA. Te IJES ARMf.ES DE T ERRE, MER ET AIR (n. 9- 10, 1970): Morelj M.: Importanza dell'accenamento e della eradicazione di sorgenti endemiche (difficoltà specialmente incontrate nelle malattie tropicali); Filart E. S. : Srudi sulla lotta contro la malaria nelle Forze Annate filippine; Vu- Gnoc -/Joan: L'assistenza medica ai prigionieri di guerra nel Sud- Vietnam: Lahikainen E. A.: I protettori delle orecchie nelle reclute delle Forze Armate fìnJande!>i; REVUE lNTERNATIONALE Dl<:S SERVICES DE SANTI~ DES ARMl!ES DE TERRE, MER ET ALR (n. 11, 1970): Sima11go L. 1-:.: Controllo ed eradicazione delle malattie infettive: fattore importante della difesa nazionale; Augustin Al., ?opesco Al.: Aspetti medico - militari nell'eradicazione della malaria in Romania; Eid H. K. O.: Importanza dell'accertamento e dell'eradicazione delle ~orgenti di malattie infettive ed endem iche; Magyar l. , J::gervary 0., Kemenczy I.: La valutazione psichiatrica della personalità patologica dal punto di visl:'l milìLare.

ITALIA RIVISTA DI MEDICINA AERO 'AUTICA .E SPAZIALE (A. XXXIIl, n. 3, luglio - settembre 1970): Di Renzi L., Gassone F., Lucisano V., Gambe/li G.: Sulla velocità di propagazione dell'onda reografica agli arti inferiori in soggetti normali. in soggetti con arteriopatia obliterante ed in soggetti con sclerosi arteriol>a periferica; lA Marca L.: Recenti conoscenze circa gli effetti del volo sull'app•tr:tto urinario; Meineri G., Sorano V.: Os~ervazioni sul comportamento della visione centrale in talunc situazioni simulate di volo; Maniero G., Toffano G., Vecchia P.: Effeuo dei fosfolipi<li neuro- omologhi associati ad altre sostanze sull' i nto~icazione sperimentale di dimetilidrazina asimmetrica. , ota I : Fosfolipidi corticali e piridossina; Rotondo G.: Volo supersonico su velivolo TF.104 G. Esperienze personali di un medico aeronautico: Sparvieri F.: Sul problema della selezione psicologica degli allievi piloti. Primi ri~ul­ tati relativi all'appliçazione del test di Zulliger collettivo su un gruppo di allievi piloti; Longo L.: L'incidente di volo ed il suo ruolo socio- psichiatrico quale fattore psicoreatti,·o di gruppo.

ARGENTINA REVISTA DE LA SA:\!IDAD MILITAR ARGENTINA (A. LXIX, n. r, gennaio - giugno 1970): Buroni f. R., Bonelli J. A.: Fibrona dermoide della parete addominale; Villa gran Ptzlacios f.: T rilogia diagnostica della bronchiectasia; Di Pasquale


C. B.: Importanza sociale della odontoiatria; Romero Perez M. A., Quinci A. L. F.: Sanità militare e cure termali; Buroni f. R., Ferreira R.: Varicocele. Trattamento chirurgico per via pre- peritoneale; Budt4ba C. A.: L'influenza nella neurochirurgia argentina nel metodo del dott. Mariano Alurralde; Buduba C. A.: L' influenza nella neurochirurgia argentina nel pen&iero del dott. C. F. Carrega Casaffousth; Santiago Actis A.: Relazione tra \'ircmia e siero- anticorpi secondari alla vaccinazione antiamarillica in persone vaccinate con « CEPA 17 D - EP )) ; Santiago Actis A., Sa Fl~tas M . f.: Malattia di Chagas Mazza, nella provincia di Buenos Ayres.

FRANCIA REVU E DES CORPS DE S.\ N TÉ DES ARM~ES DE TERRE, IJE MER, ET DE L'AIR (A. Xl, n. 5, ottobre t970): Pichard E., Pois11ert M ., Hurtaud f. P., Juanotf f ., Cara M., AuOret l~ .. Demange f. , Seris G.: Le accelerazioni e le vibrazioni nella patologia da tra~porto sanitario; Lachaud f. C., Hadni f . C.: Le perdite per incidenti aeronautici; Boutdier C., Coli n f., Timbal f.: Valutazione fisiologica ~ul­ l'efficacia degli indumenti di protezione antitermica; De Brisson de Laroche A.: Medicina aeronautica ed ergonomia; Delal1aye R. P. , M angin H., Gueffier G., Combes A., Cren M., Metges P. f.: L'esame radiologico sistematico della colonna vertebrale nel quadro della visim di ammissione al personale navigante; Antouu: H. M., Nicolle 1< .. Lebon P.: Epatiti vira li cxl « antigene Australia >> . Risultati preliminari di un'inchiesta di accertamento dell'« antigene Australia>> in ambiente militare; Chippaux: A proposito della comunicazione di Coulibcuf, Aulong c: Siffrc su 55)8 casi dj ferite e contusioni delle arterie degli arti o~sen·ate nel corso della campagna di Algeria. LE MEDECIK IJE RESERVE (A. 66, n. 5, novembre-dicembre 1970): Pannirr R.: Gli sgomberi sanitari per via aerea; Leluan: Il trasporto per via aerea di materiale medico- chirurgico; Morati- Gentile: Servizio di sanità al mare.

GRECIA BELLE 'JC ARMED FORCES MEDICAL REVIEW (vol. IV, n. 4· agosto 1970): Marketos S., Tsigourakos D., Michas D. , Kyriazidu f., Korkos S. : Adenocarcinoma renate : manifestazioni cxtrarenali o parancopla~tiche ; Papageorgioiu S.: La scabbia: problema di attualità; Papastra11rou T., Panagiotopoulos N., Assikis f. : Esami batteriologici c ricerche qualitati\·e nei formaggi greci; Costeas Fr. X.: Cicli biologici e ritmi periodici della vita e della malattia; lAlosis D.: Differenze meccaniche tra il sovraccarico venrricolare sistolico c diastolico. Il loro rilievo elettrocardiografico; Kotsipoloulos P. N. : L'equilibrio acido - base e il trattamento delle sue alterazioni; Angelidis S. A.: Unità di cura coornarica; Papargyriou D. Th.: Con~idcrazioni di base sulla costruzione e sul funzionamento di una unità di cura intensiva; Papoutsakis S.: Trattamento d elle ustioni da esplosione nuc.leare; Kyritsis P. E. , Andrinopoulos G., Papadias C.: Disarticolazione dell'anca nei paraplegici; Sambanis P. N.: Su di un caso di rene: a ferro di ca\·allo; Makris P., Balbouzis D.: Su di un caso di macrodattilia congenita della mano; Sambanis P. N.: Dimostrazione radiografica di gas nel cranio di Ceto quale segno d i morte intrauterina; Kyn'mis Ph. f.: Il prof. Kou retas: 40 an ni di lavoro scientifico.


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JUGOSLAVIA

VOJNOSANITETSKI PREGLED (A. XXVII, n. 9, settembre 1970): Marianec A. e coll. : Srudio epidemiologico dei traumatismi in ambiente militare; Vitosevic V. M.: Ritenzione di dextrano di produzione nazionale in qualche organo e tessuto dopo introduzione parenterale; Piscevic S. e coll.: Epatcctomia urgente in caso di lesioni gravi del fegato; Letica Z. e coli.: Polisierusite nel corso d'infezione meningococcica; Mijatovic M. e coli.: Osteoartropatia ipertrofìca idiopatica; Mihailovic M. e col!.: I nosLri primi risultati ottenuti nel rrattamento con cefaloridina; Spm11g M.: Adenoma tossico della tiroide. VOJNOSANITETSKI PREGLED (A. XXVII, n. ro, ottobre 1970): Ercegovac N. e coli.: Forarne arcuato dell'atlante come fattore eziologico dell'insufficienza vertebro-

basilare: decompressione dell'arteria vertebrale; Sokolovski B. e co/l. : Esperienze risultanti dall'epidemia idrica di febbre tifoide di tipo B; Savicevic M. e coli.: Importanza dell'angiografia e della biomicroscopia con fluoresceina nella distinzione tra edema vero e pseudo- edema della papi Ila del nervo ottico; Vurdelja N. e col!. : A proposito di un caso di aggravamento da Dimecron; Mitrovic T. e coli.: Trattamento ortodonzicoprotesico del pragmatismo mandibolare; Lezic Z. e .colf.: I problemi di neuropsichiatria c il Servizio sanitario alle truppe.

REPUBBLICA FEDERALE T EDESCA

WEHRMEDLZINJSCHE MONATSSCHRIFT (A. '4• n. 9, t970): Matzkies F.: Disordini del metabolismo lipidico: loro significato e diagnosi; Kt·ob W., Freund B.: Sulla presenza di isopromotazina in vecchie tavolette di prometazina ricoperte di zucchero; Piekenbrock K., Bry R., Krauss H. f.: Sulla preparazione del test << STADA ll nella cromamgrafia su strato sottile; Clogowski G.: Aspetti diagnostici e terapeutici delle distorsioni e delle conrusioni. WEHRMEDIZINTSCHE MONATSSCHRIFT (n. to, t 97o): Kindier W.: Incidenze delle malattie psichichc nd le Forze Armate; Overbeck G., Beckmann D . : Statistica sanitaria militare e stwi rapporti con fattori psico- sociologici; Witzel L.: Trattamento dell'unghia incarnita dell'alluce con escissione dell'unghia e della sua matrice; Fischet· H.: Deficienze nella cura dei traumatizzati.

ROMANIA

REVTSTA SANITA.RA MILITARA (n. 4, 1970) : Tudor V., Armasu V.: Aspetti medici della guerra biologica; Niculescu Gh., Danciuloiu Al., Budac A., Fulop Al.: Alcune considerazioni etiopatogenetiche e terapeu6che su Uo shock dei politraumatizzati a componente principale osteoarticolare; Szalay Fr., Ma:xim B.: Diagnosi, cura e profilassi del colpo di calore; Stanicioiu CII., C!Jinta Gh., lliescu O.: Cicatrizzazione e cicatrici della faccia; Vasiliad M., Anton M.: Influenza dei medicinali sulla gravidanza e sul prodotto del concepimento; Zamfù· C., Marinescu 8., Turcu E., Efanov A., Teodorescu C.: Importanza delle sostanze bloccanti dei recettori beta- adrenergici nella

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diagnosi di alcune forme di eretismo cardiaco; Suteu 1., Cindea V., lltescu 0.: La linfografia cervicale; Strimbearw !., Singer D.: Con~idcrazioni comparative sull'utilità di alcune tecniche citologiche sull'accertamento della malignità negli strisci vagin:di; Cretu 1.: Considerazioni sulla sindrome cutaneo-mucosa (Stevens- jhonson); Mun teanu M. , Vasilescu M., Dumitriescu L.: Considerazioni su un caso di reazione tera peutica con l'a~petto <Iella sindrome di Stevens · Jhonson; Plaian E.: Contributo al mi· glicramento con mezzi conservatori della funzione uditiva nelle forme post · infiammatorie; Nastoiu V.: Produzione di una sostanza antimicotica da parte di un ceppo atipico di cntcrobatterio; Corda n G.: Indagini sulla v::~ l idità dello jodio nella disinfezione dell'acqua; Longhin S., Popescu Ar., Antonescu St., Barbilian Gh., 0/aru TI., Crisan F.: Dermatosi profes~ionale nell'Esercito; PredeJcu C., Tetu G.: Concomitanza di rinosinusiti e otiti medie acute; Mi hai/a /., Mi hai/a A., Ti tu M.: L'estrazione dentaria nei soggetti emofilici; Titesctt /., Sanda Gh.: C'..ono~enze a[tuali sulla con~en·a­ zione della ca rne per congelazione; Br1ciu A.: Aspetti deontologici dell'attività del mc· dico dei reparti.

U. S.A. MILITARY MEDICINE (vol. 135, n. 8, agosto uno): Mo.cer R. H.: Malattie iatrogene; Deller f. f., Saylor f. L., Huste/1 T. C., Di Raimondo T'. C.: Effetti delle alterazioni dietetiche sulla -.ecrezione dell'insulina in indi' idui normali; Camp F. C., Shields C. E.: Il ruolo del gruppaggio sanguigno automatico; Hirsh J., Karpeles H . D.: Problemi di sanità pubblica: i vantaggi dell'interscambio di informazioni tra sanità militare e sanità civile; fachson F. E., Back J. B., Pratt R. A.: Complicazioni vascolari delle lesioni intracranichc; Machen D. L., Ne/san W. P., Bedynek J. L , Kamin E. f., Hall R. J.: Osservazioni sulla terapia intensiva coronarica presso l'Ospedale generale W alter Reed; Patton R. D .. Damato A. S., Stein E.: Brachicardia sinusale persistente trattata con << Paccmaker 11 transvenoso; Plag f. A., Arthur R. J., Gof}man f. M.: Aspetti delle malattie psichiatriche tra le reclute navali negli Stati Uniti; Kent D. C.: La meningite meningococcica epi·demica nell'Africa c nel Medio Oriente; Jacobs E. C.: L'uso del tabacco: suicidio insidioso e contaminazione dell'aria; Booth D. f. , Kemmerer W. T., Skinner D . R.: Acidità nel tratto distale dell'esofago. MlLITAHY MEDICINE (vol. 135, n. g, settembre rg7o): Artenstein M. S., Go/d R.: Stato attuale della profilassi delle malattie meningococciche; Forrester R. H., Shields C. E., Camp F. R., Harville T. P.: Valutazione di un metodo automatico per i gruppi sanguigni nel Servizio militare; Rohner T. f., Rlancard T. IV.: T rattamento delle lesioni uretrali in guerra; Moore W. S.: Su una pratica classificazione dei feriti per studi di simulazione con i computers; Varrei LAne C.: Un altro nemico nel Vietnam: gli animali feroci nella ju ngla; Ford V. C.: Retinite foveo · maculare: sua relazione con lo stress; Reinstein M.: Sulla terapia di gruppo nei centri di addestramento; Reary D. T. , Hazelwood R. R.: La morte di carcerati e la responsabilità degli agenti di cu~todia; Aktmson R. M.: l pazienti a carattere psichiatrico nel servizio di guardiacoste: valutazione, trattamento e destinazione; Edmonds C.: Una sindrome da aspirazione di acgua salata; Devillez R. L., Ellis G. f.: Sindrome di Turner in un maschio; Parker f. M.: Una cisti calcificata nelle ghiandole surrenal i; Heymann R. L., W he/an T. J.: Complicazioni vasco! ari di una sindrome toracica da svuotamento; Sullivan T. f. , Carnahan V. A., Cutting R. T.: Filariosi senza microfilaremia: descrizione di un caso.


NOTIZIARIO

NOTIZIE TECNICO- SCIENTIFICHE Preparazione scientifica del medico. Dal «Corriere sanitario)) riportiamo quanto Comaschi scrive sulla necessità di elevare la preparazione culturale, la dignità e il decoro del medico! Il movimento di contestazione del Mondo Giovanile Universitario tende a ri,·endiearc una giusta quota di potere, il rispetto della Personalità dello Studente ed il rinnovamento della didattica, degli istrumenti cioè e della mctodologia di insegnamento. Non si è occupato, invece, dci programmi di studio; e questo costituisce una lacuna grave, almeno per quanto riguarda le nostre Facoltà Mediche pcrchè a nulla varrebbe rinnovare ab imis le strutture, qualora si lasciasse insoluto il problema dei contenuti. Mentre la preparazione dci Medici licenziati dalle nostre Università fino ad oggi è \Lata su base biologica, è indispensabile che in a\·venirc essa sia su base biologica psicologica - sociale. Tale necessità è convalidata da molteplici motivazioni le più importanti delle quali, el.presse in alcune formulazioni, vengono bre,·emente illu~trate. L'uomo è un binomio inscindibile, composto di materia e di spirito, che si scioglie soltnnto con la morte. L'Homme, malade ou bien portant, forme une unité phycho · somatique. La persona umana va intesa in ~enso globale, come una unità nella quale dinamicamente e vicendevolmente si integrano le forze e le istanze biologiche, psicologiche c sociali; la separazione delle une dalle altre significa e comporta la cessazione, nel singolo individuo, dell'armonia c dell'equilibrio vitali. « Nella personalità rientrano tre dimensioni, la biologica, la Pl>icologica, la sociale, ciascuna delle quali de,·e essere fì!>Sa in funzione del rutto di cui è parte imegrame. Il concetto di unitas multiplex ed il principio di imcgrazione sono riferiti anche alle condizioni patologiche: e ciò ~ia nel :.enso che i fattori eziopatogenetici di una data alterazione morbosa non sono mai univoci e sono il più delle volte riconducibili a tutte c tre le dimensioni della Personalità, sia con riferimento alle ripercussioni ed alle reazie:ni g<-'nerali che ogni alterazione, per quanto isolata e localizzata, determina)) . Qu<.sta concezione, originariamente riferita all'uomo sano o malato, va estesa alla mal:mia in quanto. nella realtà clinica, esistono so!o le malattie della persona umana c non le malattie rigidamente circoscritte ad un organo od a una funzione: << En ce sens, la maladie n'est donc ni pschog~11e ni somatogéne, Elle est, tout simplcment n; va estesa, pertanto, anche alla medicina. In tutti i paesi civili il medico generico è ritenuto un medico minore; la sua figura sbiadisce, perde in prestigio c nell 'e!>timazione sia delle popolazioni che delle nuove generazioni di medici che sempre meno si dedicano all'esercizio della medicina generica. Egli stesso accusa il disagio della propria svalutazione che attribuisce alla dotaz ione cu lturale comune, senza infamia e senza lode c priva di ogni altro alone di pre-


stigio di una qualsiasi spccializzazione e senza altra contropartita quale potrebbe essere raggiunta di una formazione psicologica c sociale. " La lacuna che il medico intellettualmente più esigente an-ene nella sua forma zionc professionale è in realtà duplice. Egli ha bisogno di una psicologia che provenga dalla pratica medica e sia destinata ai compiti pratici della sua professione. Questo è il punto principale. D'altra parte molto spe!>So l'esigcn7a di una cultura p~icologica risponde anche ad un bisogno del medico, sia pure indeterminato, di gettare al di là dei limiti della propria ristretta specializzazionc uno sguardo in più campi dottrinali, come la teoria della conoscenza, i problemi etici cd estetici, lo sviluppo della vita dei popoli. ecc. per poter collegare organicamente la 1.ua cultura medica c naturalistica all'orizzonte delle scienze dello spirito 11. Ora, lo sv ilimento del medico generico c la sua riduzione numerica costituiscono un grave problema di sanità pubblica perchè, specialmente oggi che le specializzazioni sono in progressivo aumento, e proprio per questo, sarebbe necessario che il medico generico, che rappresenta quanto ancora rimane del medico di fiducia, di fam iglia, del medico di sintesi, del contatto umano, del medico inteso in senso globale e umano, aumentasse numericamente, in capacità cd in prestigio. Per raggiungere questo scopo è necessario che il medico generico innalzi ed arricchisca il proprio patrimonio culturale presentandosi come il medico dalla cultura completa, su base non solo biologica, ma altresì socio - psicologico c di qui la necessità che alla psicologia «sia riconosciuto in tutti i Corsi Universitari di Medicina quel ruolo che chiaramente le compete " · P rogressi della medicina 1970. Un anno caratterizzato da annunci clamorosi : l'isolamento di un gene, la fabbricazione di un gene, l'identificazione della d istanza fra un gene e l'altro, la fusione di due geni con rispetto della loro integrità funzionale. Una chiara tendenza a confrontarsi con i problemi del creato, a compiere imprese soprannatUrali. E dietro questa facciata di superscienza, una cospicua e feconda ricerca di soluzioni pratiche a vantaggio dei malati. Art~riosclerosi.

Tra i •problemi p iù contestati c fìnalm entc risolti, quello dell'arterio!><:lerosi, di cui si riconoscono quattro cause: precoce inseoilimento della parete arteriosa, ccce~siva quantità di grassi nel sangue, eccessiva coagulazione del sangue, eccessiva quantità di o~moni adrcnalinici nel sangue. L'arteriosclerosi pertanto deve essere combattuta su quattro fronti: rinforzando la parere arteriosa con vitam ina C e piridinolcarbamato, evitando l'eccessiva alimentazione, praticando esercizi fisici che riducono la coagulabilità dci sangue, e infine evitando gli srress psichici, fonte di adrenalina. L'esperienza dei kibbutz israclia ni ha ulterio~mente dimostrato l'importanza dell'esercizio fisico. Nei kibbutz dove la dieta è uguale per tutti, l'infarto colpisce più frcquentememe gli addetti ai lavori sedentari. Bisogna stare accorti alle «diete di fame>~, ai digiuni prolungati: e~ i possono provocare d olori nevralgici e per.sino la caduta dei capelli. Si va facendo sempre più frequente una malattia, chiamata cc morbo celiaco Jl, caratterizzata da un catti\'0 assorbimento dei grassi a livello delrintestino. E' una malattia amiarteriosderotica per eccellenza. E non è improbabile che per le leggi della selezione darwiniana, l'uomo del futuro :JVrà come wa utile malattia caratteristica il morbo celiaco.

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Il O Longevità. Sì ~no chiarite le cause della diversa durata della \Ìta nei due !.essi. La \"Ìta delle donne è dì qualche anno più lunga rispetto agli uomini. Lo sì è dimostrato anche nelle ricerche sui gemelli: que~ta differenza è dovuta ai cromosomi, agli ormoni, alla minor frequenza dell'arteriosclerosi nelle donne e alla loro maggior capacità a formare anticorpi contro le malattie infettive e ì tumori. Tra le donne, le suore sono le più longeve. Secondo un'inchiesta compiuta negli Stati Uniti, su 170 mi la suore, esse vivono 3 anni in più rispetto alle altre donne. Lr.: suore hanno meno malattie del fegato e della cistifellea, non hanno mai cancro del collo dell'utero, mentre sono particolarmente colpite dal cancro della mammella e dello ~tornaco.

E' stata riabilitata la menopausa: essa sarebbe respomabile soltanto dei transitori rossori e delle vampate di caldo. Non è in\'ece responsabile di lUtti gli altri disturbi che le erano stati addebitati, come il mal di capo, le \"Crtigini, i dolori lombari, l'aumento di peso. Il peso- forma. Si è rifatta la tabella dci pesi · forma . Per le donne alte m r,50 il peso - forma è 46 kg, per le dollD'e alte m 1,6o è 52 kg, per m x,6s è 55 kg, per m 1,70 è 59 kg. Per le donne che Jlanno ossatura ~piccola, questi pesi possono essere ridotti di 3 kg, e per le donne che hanno ossatura robu~ta possono essere aum~ntati di 4 kg. Per g li uomini alti m r,6s il peso- forma è 6o kg, per m 1,70 è 63 kg, per m 1,75 è 6s kg, per m t,8o è 7' kg. Per gli uomini con ossatura piccola, tali pesi possono essere ridotti di 3 kg, e per gli uomini con ossatura robusta possono essere aumentati di 5 kg. 1/ VISO.

Sono state identificate cento espressioni del viso. La più singolare è quella dell'uomo che ha raggiunto il successo ma lo ha a lungo faticato. Ha le grinze vizze, stirate agli angoli degli occhi. Si è anche stabilito che l'uomo perfettamente in forma, immune da aNcriosclerosi, ha il viso scavato, emaciato e stirato. (Quel viso che è proprio della carne che ha in odio l'intelligenza cui essa stessa ha dato vita - direbbe lo scrittore siciliano Vita· liano Brancati). Il viso acceso, rubizzo, lucido, non 'iene più considerato lo specchio della salute. LA d~pressione. Si è identificato un test semplice per riconoscere gli stati depressivi. Coloro che ripetono la frase del Cantico dei Cantici di Salomone « Tutto è vanità >> sarebbero affetti da astenia psicologico· depressiva. Si è anche interpretato l'aumento degli stati doprCMìivi che si verifica nell'età adulta cd avanzata. Essi sarebbero dovll(i all'eccesso dell'enzima monoaminossidasi, che distrugge certe molecole cerebrali che danno tono e stimolo al pensiero e all'azione. Per le forme depressive gravi, si pratica oggi l 'elettro~hock monolaterale, che viene ciot: applicato ad una sola metà del cervello. H a il vantaggio, rispetto a quello bilaterale sinora praticato, di evitare le cadute della memoria c gli stati convulsivi. La rollcrabilità di questo nuovo clenroshock è dimostrata dal fatto che può essere applicato anche a coloro che hanno disturbi cardiaci così gravi da essere costretti a portare un pacemaker che regola il loro cuore.


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Trapianti. Tun'alrro che finita la cona ai trapianti. Si sono praticati trapianti di zampe nei cani, e questi si reggono c si muovono sulle nuove zampe da oltre tre mesi. Il recor·d dei trapiami cardiaci spetta al dott. Shumway che ne ha eseguiti 20, di cui 8 ancora vivi. Il record della sopravvivenza è del signor Lewis Russcll che vive da due anni e mezzo con un cuore nuovo trapiamatogli dal dou. Lower. Una specie di nemesi storica perchè Shumway è l'ideatore della tecnica che venne utilizzata da Barnard, e Lowcr fu in realtà il primo ad eseguire il trapianto cardiaco inserendo in un uomo un cuore di scimmia. Anche i trapianti di fegato continuano: uno dci trapiantati 'ive da 18 mesi. Quanto ai trapianti renali, ne sono stati eseguiti 4 mila. Alcuni degli operati sono vivi da oltre 12 anni. Oggi si trapiantano con successo anche enz1m1. Si sono trapiantate sotto la pelle cellule di fegato munite di un enzima capace di formare la bile: queMo enzima è entrato nel sangue ed è andato a localizzarsi nel fegato di animali che erano nati privi dell'enzima cd erano quindi incapaci di fom1are la bile. L'enzima h<1 attecchito, ha funzionato, c quel fegato è riuscito a fabbricare la bile.

Trm10ri e società. Nel campo dei tumori si è scoperta una differenza fondamenrale tra cellule normali e tumorali. Le prime sono ricoperte da una pellicola che le fa aderire l'una all'altra, che manca invece nelle tumorali. Ed è proprio questa carenza che consente alle cellule rumorali di moltiplicarsi senza fine, di invadere, di distruggere. Perciò si sono create delle pellicole artificiali a base di lecitina che, applicate alle cellule tumorali, hanno fatto loro per.dere l'abituale aggressività. Si è anche visto che i virus cancerogeni provocano la scomparsa delle pellicole, il che invece non fanno i virus non cancerogeni. In una società più libera, più generosa, più democratica, avremo anche meno tumori. Si va infatti rinforzando il principio che i tumori abbiano anche radici psicologiche come è dimostrato dai seguenti fatti: i ropini tenuti in cattività cd isolati hanno più tumori ri~pctto ai topini alb·ati in buona compagnia. E i ratti coccolati hanno meno tumori dei ratti frustrati . Anche gli uomini che non possono esternare i propri affetti e i propri istinti sono più soggetti a tumori.

Giovani e bambini e intelligenza. Anticipato l'inizio della logica formale, cioè del ragionamento astratto nei giovani. Un tempo iniziava a II anni, oggi a 8 anni. E' anticipata anche la logica delle operazioni concrete, che un tempo iniziava a 6 anni e oggi a 4 anni. I segni di irnmaturit:à di un ragazzo sono talvolta svelati dalla presenza di un particolare ritmo delle onde cerebrali chiamato « theta ». Dopo i 4 anni di età si dispone di un mezzo molto semplice per valutare d'inte.lligenza del bambino. Si misura la sua circonferenza cranica perchè questa è direttamente proporzionale al suo grado di intelligenza. Si è dimostrato che i ragazzi che banno un più alto livello di acido urico nel sangue sono più ambiziosi, hanno miglior rendimento scolastico e sanno risolvere più rapidan1ente gli anagrammi; inoltre harmo, un ottimo quoziente intellettuale, hanno un carattere stabile e non sono ansiosi.


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Sociologia. La scienza che ha avuto il maggior sviluppo quest'anno è la scciologia. Su 215 mila scienziati praticanti in USA, 50 mila si dedicano a problemi di sociolcgia, c in Inghilterra le richieste di iscrizione alla facoltà di wciologia sono così numerose da poter esser soddisfatte solo una volta su sei. Questa materia sembra rispon~ere all'esigenz-a di globalità dell'uomo moderno, che vuole guardare ai problemi individuali e universali, dalla psiche alla vita sociale e politica. l sociologi hanno analizzato anche i problemi apparentemente minori,come le m otivazioni dei cosmetici. La motivazione più diffusa è quella di rendersi socialmente accettabili. Segue il desiderio di essere correggiati, e, da ultima, quella di dare mag· gior risalto aUa propria bellezza. I sociologi hanno indagato anche come si raggiunge w1a buona preparazione politica. Il miglior mezzo è quello di leggere molti giornali e periodici.

Alcoolismo e tossicomanie. Sono stati chiariti gli effetti dell'alcool. Esso impedisce l'utilizzazione del ferro, per cui si ha anomia, frena la mobilità dei globuli bianchi del sangue per cui più facili sono le infe:z..ioni, provoca un aumento dei grassi trigliceridi che contribuiscono alla formazione dell 'arteriosclerosi, cd è responsabi.le di molte assenze dal lavoro nei giorni successivi alle festività. Unico dato positivo dell'alcool: l'alcool provoca un aumento dell'insulina, esercitando un buon otfetto antidiaberico. Per combattere gli effetti dell'alcool e le tossicomanie si è rivelata particolarmente utile la 2 -pirolil - donecatamide, un farmaco che stimola la memoria, l'intelligenza e la forza fisica, e nel contempo riduce l'eccitazione, l'aggressività, l'insonnia. Un mezzo per stroncare il vizio ·dell'alcool c del fumo e la « aversion therapy » a base .di iniezioni di succinilcolina, una sostanza che provoca un breve arresto respiratorio e un senso di angoscia mortale. Il fumatore e il bevitore non si avvicinano più al fumo c all'alcool pcrchè ogni volta riprovano la stessa penosa sensazione.

Epatite. Due le osservazioni originali in tema di epatite: la visualizzazione del vtrus nel fegato .dei bambini colpiti da questa malattia, e l'aver constatato che l'epatite si tramette non solo con gli alimenti e le trasfusioni di san~e, ma anche con i contatti venerei.

Smog. Sono stati fabbricati nasi elettron ici che denunciano automaticamente gli eccessi di inquinamento, e macchine cornputers in grado di raccogliere campioni di aria e di analizzarli automaticamente. Tali macchine costano all'incirca un milione di lire. Lo smog più pericoloso, soprattutto per i bambini, è quello che si sviluppa in prossimità .delle acciaierie, delle raffinerie di petrolio e delle centrali elettriche in quanto contiene anidride solforica, idrocarburi e pulviscolo. Questo ~mog può provocare anemia, riduzione della capacità respiratoria e sclerosi dei polmoni.

Varie. Il problema della sovmppopolazione può trovare un suo freno naturale nel sovraffollamento. Si è visto infatti in ricerche sperimental i che gli animali tenuti in ambienti


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sonaffollati, perdono buona parte della loro fertilità. La natura ~arebbe dunque in grado di nutodelimitarsi. Nascono ogni anno 108 milioni di bambini, di cui So milioni nel terzo mondo, c i giovani souo i 15 anni c~tituiscono poco meno della metà della popolnzione generale. Essi infatti ~ono 1 miliardo e 350 milioni. Una nuova terapia per l'anemia falciforme , un'anemia caratterizzata da una deformazione dci globuli rossi che assumono la forma di falce. La cura consiste nel somministra re una sostanza, l'urea, che rompe certi legami molecolari abnormi dci globuli rossi, legami che sono alla base della malattia. Si può misurare la velocità di circolo del sangue mediante spirale di risonanza magnetica applicata al braccio. Utile è la \'accinazionc contro le infezioni da germe pscuclomonas, frequcmi e gravi negli ttstionati. La vaccinazione dovrebbe esser praticata non oltre il sesto giorno dall'ustione. Imponame il normalizzare la pressione del .;angu~. Gli ipenesi sono quattro volte più colpiti dalle emorragie cerebrali. Come edulcoranu di cibi e bevande, in sostituzione dei ciclammati che sono stati esclusi per la loro paventata azione tUmorigena, si pro~petta l'impiego del dipeptide dcll'aspartilfenilalanina, che è 150 volte più dolce dello z ucchero. Le industrie sono riuscite a preparare filtri che riducono di 3/ 4 la pericolosità cancerogena delle ~igareue. Forse per questo, dopo due anni di progressiva riduzione dd consumo di sigarette in USA, vi è stato quest'anno un aumento: 13 miliardi di sigarette in più rispeuo allo scorso anno. Si è lìnalmente capito perchè le aire concentrazioni di ossigeno cui vengono talora esposti i neonati asfittici sono dannose. L'ossigeno, quando è in alta concentra zione, blocca l'attività di alcuni gruppi chimici chiamati sulfidrili, implicati nella respirazione cellulare, che ,·iene pertanto bloccata. Ne conseguono danni ai vari visceri. Si prevede che lo stato di antagonismo che corrode oggi la società sarà presto sosti~ tuito da uno stato di agoni~mo, cioè da uno spirito di emulazione co~truttiva.

(Da 11/Ul conferenza del Prof. C. Sirtori alla Fondazione Carlo Erba).

Con il computer, maggiore efficienza negli ospedali italiani. N el 1<}68 la disponib i lit~ in Italia di posti letto era sostanzialmente identica a quella della Gran Bretagna: 530.195 i letti a disposizione di 55 milioni di italiani, contro i 528.276 posti per 53 milioni di inglesi La crisi degli ospedali italiani quindi, non è solo imputabile ad una cronica mancanza di !cui, quanto piuttosto ad una catti,·a " qualità n dei medesimi, do,·uta, ad esempio, ai << tempi lunghi » richiesti dalle analisi di laboratorio, dagli esami radiologici e dai servizi i n genere. Un miglioram ento dell'attuale situazione potrà certamente venire dall'introduzione dell'automazione negli ospedali. Proprio su questo tema il senatore Giovanni Zonca, sottosegretario per la ricerca scienrifìca e tecnologica, ha aperto a Milano, il 29 gennaio 1971, presso la sede della Fast, il convegno su " L'Automazione nell'Assistenza Sanitaria >> . Dopo il saluto del rappresentante del governo, il prof. Paride Stcfanini, directorc deUa seconda clinica chirurgica del policlinico «Umberto I >> di Roma, ha tenuto la prolusionc ai lavori. << Fino a dieci anni fa, ha c.sordito Stefanini, l'uso del computer in biomedicina era pre~~ochè sconosciuto e ancora oggi, nonostante i risultati note,oli


della elaborazione elettronica applicata alle discipline medico- biologiche, Ì! così scarsamente noto che solo pochi hanno avuto occasione di apprenderne i principali rudimenti>>.

La conduzione automatica dell'anestesia. Il relatore, dopo aver affermato di essere convinto che l'impiego del calcolatore m metlici na aumenterà con una curva esponenziale, ne ha rilevata l'importanza per la m<Xlicina preventiva, in qunnto ... arà possibile, grazie alla elaborazione elettronica, la realizzazione e la gestione di poliambulatori multifasici, « versione moderna della vi sita periodica di controllo, importantissima ai fini di una valida prevenzione della malattia ». << Anche se di recente si sono aperte interessanti prospettive sulle possibilità da parre dei calcolatori - ha continuato Stcfanini - di interpretare radiografie, vetrini isrologici, preparati citologici c foto endoscopiche, i risultati più signifìcativi riguardano la mcmorizzazione e l'elaborazione di dati ematochimici e l'analisi automatica di se gnali elettrofisiologici : la "lenura" degli elettrocardiogrammi pre~enta sviluppi sempre più interessanti. <<E' noto che l'i nte rprewzione di tali tracciati presentn talor:-e delle divergenze tra medici; a volte poi lo stesso medico può interpretare in modo diverso lo stesso tracciato annlizzato a distanza di tempo; interpretazioni molto buone possono essere, invece, raggiunte mediante un calcolatore programmato da specialisti; questo consente di valutare un gran numero di par:~metri simultaneamente e categorizzare i risultati secondo procedimemi statistici complcs~i. Un computer utilizzando diversi parametri e rifacendosi a precedenti esperienze dt C\·enti s\·oltisi in modo analogo, può prevedere l'e,oluzione di un certo fenomeno biologico e quindi indirizzare verso una diagnosi e proporre di comeguenz.a una o più ~luzioni diagnostiche. ((Tutto ciò porterà prob:~bilmente alla conduzione automJtica dell'anestesia ed :1 un largo impiego del monitoraggio "online" mediante il <JU:lle si realizza una pitt continua e completa sorveglianza del paziente, con conseguente tempestiva segnalazione di siruazioni di allarmi ».

L'esempio svedese. "Un altro degli obiettivi che si propone l'elaborazione elettronica - ha continuato Stefanini - è rappresentato dall'automazione ospedaliera, come sta avvenendo in s,·c zia; tale sistema è stato introdotto per rendere più efficace, più economico e più snello il sistema di sicurezza sociale oltre che per prevenire delle diffìcoltà nel reperimento dei sanitari e del personale assistenziale che, secondo i dati statistici disponibili, porrebbe mettere in crisi, l'assistenza sanitaria in quel paese. « Il primo stadio del progetto, in parte già realizzato presso !"ospedale di Dandcryd c al Karolinska Ì! rappresent:Jro dalla istituzione di una memoria centrale in cui sono raccolti tutti i precedenti medici di ogni svedese, in d ividuabili sulla base di ·un numero di identificazione riportato sui documenti d i identirà del soggetto. Lo stadio successivo prevede che ogni medico ed ogni ospedale periferico disponga di un terminale collegato nlla memoria centrale per repcrire ed aggiornare i dati dei m:~lati che giungono alla loro osservazione. L'obiettivo di questa iniziativa è una migliore cura dei pazienti, una a\sistenza adeguata ai malati. una riduzione del tempo medio di degenza, un risparmio del personale. Altre applicazioni del sistema integrato medico in tempo reale riguardano l'accermzione dei pazienti, il monitoraggio, la gestione dei magazzini, il :,crvizio di farmacia, il ccmro trasfusionale, 1:~ biblioteca "·


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Contro l'obsolescenza profemonale. « Un medico - ha proseguito Stefanini - che dopo la laurea non si sia più aggiornato, dopo dieci anni sarà al correme solo del 50°·0 delle terapie più mo<.lcrne; il computer anche nel campo dell'aggiornamento professionale si è dimostrato estremamente valido. <<L'enorme sviluppo della documentazione sanitaria da un lato (250.000 nuove notizie all'anno, pubblicate su oltre 20.000 riviste specializzate, delle quali 7.ooo importanti, in 35 lingue) e l'esigenza dall':.tltro di disporre di informazione aggiornate per poter svolgere un'attività medica, ha portato alla realizzazione di sistemi automatici per il reperimento dell'informazione, disponendo nella memoria dell'elaboratore una serie di dati bibliografici opportunamente codificati ed aggiornati. «Un sistema di questo tipo, e che riguarda appunto tutta la lcueratura medica è il Medlars (Medicai Literature Analysis and Retrieval System) "·

L'ospedale automatico. Succe~sivamente ha preso la parola il prof. Umberto Pdlegnni, Presidente della sezione milanese dell'At\'IPLA, che ha illmtrato come le tecniche dell'automazione possano rendere più efGcicnte l'assi~tenza sanitaria; a questo proposito il relatorc ha presentato il progetto SAGO (Sistema Automatico di Gove-rno Ospodalicro), che è stato elaborato ed è in fase di 'LUdio presso i laboratori di unn gro'>Sa società milanese. Il SAGO, collegando al ~i~tema la strumentazione per il controllo dei pazienti, di analisi biochimiche, bio elettriche, e le altre apparecchiature che intere~ano l'archi,iazione delle informazioni cliniche e tcrapeutiche con un centro di elaborazione di dau corredato da un calcolatore capace di operare a partizione di tompo, prevede l'automazione degli esami biochimici, bioelettrici. il controllo dei pazienti, la compilazione automatica delle cartelle cliniche e l'ouimizzazione della ge~tione ospcdaliera. Que~ri servizi saranno accessibili in modo automatico non solo nella sede do\·e è fisicamente localizzato il calcolatore di go"erno, ma anche da ospedali, reparti, o ambulatori pure molto distanti fra loro, purchè collegati al calcolatore centrale con una opportuna rete di trasmissione di dati, c dotati di una strumentazione elettronica compatibile per la connes~ionc diretta con il calcolatore. Il rcl:nore infine ha rilevato la pos~ibilit3 di ser\ire, con i nuovi mezzi tecnici tutta una rete ospedaliera di un 'intera regione, i'i compresi o~pedali di paesi e ambulatori periferici, rendendo disponibili a molti i \antaggi dci nuo\·i ritrovati tecnici finora accessibili spesso solo a pochi.

Medicina c automazione: contributi attuali e prospettive future. Per indicare i contributi, attuali o prc\·edibili dell'automazione all'assistenza sant taria bisognerebbe percorrere tutto l'itinerario dell'atto medico, in senso lato. Ad ogni crocevia, anzi ad ogni passo incomreremmo l'automazione come realtà o come pro messa: talvolta, bisogna dirlo, come suggestione. Restando al concreto e distinguendo, per comodità di discono. rra medicina cura ti\·a e medicina preventi\ a consideriamo anzitutto la prima. I suoi momenti fondamentali sono ~emplificando: 1) l'esame del malato; 2) la formulazione di una diagnosi e di una prognosi; 3) la prescrizione di una terapia medica o l'e~ecuzione di un intervento eh: rurgico.


[ [6 Quali i contributi dell'automazione all'esame del malato? Innumerevoli se si pensa che negli ultimi decenni tale esame è venuto fondando~i sempre più largamente ~u lievi strumentali, ottenuti cioè con apparecchiature e tecniche <pecializzatc: dall'elettrocardiografia alla scintigrafia, dagli esami funzionali a quelli di laboratorio, dalle esplorazioni m icroscopiche a quelle radiologiche. Ogni tecnica di guesto e dì altro tipo pone problemi di standardizzazione, di rapidità di esecuzione, di rcgistra7ione dei dati, ecc. che l'automazione può risolvere molto bene. Oggi sono automatici il conteggio dei globuli rossi nel sangue, la registrazione del battito cardiaco fetale, la misura dd glucosio nell'urina, la determinazione dello jodio radioattivo fissato dalla tiroide e così via. Domani lo saranno altre CO)>C come: il ricono~imento di una cellula tumorale in mezzo ad altre sane, la conta dci cromosomi di un neonato, la lcuura di una radiografia, la integrazione del <• profilo biochimico)) di un soggetto e molto di più. Il medico raccoglie tutti questi dati c molti altri anzitutto per formulare la diagnosi: l'operazione forse intellettualmente più impegnativa cui è chiamato è, talvolta, estremamente difficile. Nella sua mente ~egni, sintomi, rilievi anamnestici, ciascuno con il suo parziale contributo di informazione, ciascuno con una sua di,·ersa attendibilità, devono confrontarsi e comporsi perchè ne scaturisca, ~enza errore o con il minor rischio di errore, l'identità ,della malattia. Può un processo del genere essere automarizzato? in alcuni casi c in una certa misura sì, se si fa ricorso alle grandi capacità di memoria e di calcolo degli elaboratori. Non si tratta di sostituire il medico, ma di fornirgli strumenti e tecniche con i quali verificare le sue ipotesi, dalle quali avere indicazioni - come da altre tecniche e da altri strumenti - che resterà suo compito insostituibile valutare e utilizzare nel modo migliore. Manca lo spazio per sviluppare degli esempi : basti ricordare che risultati positivi sono stati ottenuti in questo modo nella diagnostica di malattie cardiocircolatorie, endocri nologiche, psichiatriche e di altra indole. Anche la cura del malato può avvantaggiarsi, anzi già si avvantaggia dci contributi dell'automazione. La programmazione di una terapia può essere complessa come quando si tratta di una cura con raggi X di un tumore profondo: bisogna fare in mcdo che sulle cellule tumorali si concentrino le radiazioni, distribuite, oricmate e dosate in modo che rechino il minor danno possibile alle cellule sane: ebbene, esistono metodi e apparecchiature per la soluzione automatica di questo problema. A volte la cura è chirurgica con interventi che richiedono prolungate anestesie, circolazione extracorporea, sorveglianza continua, segnalazione immediata di condizioni ·d i pericolo durante e dopo l'operazione. Esiste tutta una serie di dispo~iti,·i automatici (sen~ri, convertitori, analizzatori di segnali, ccc.) che assistono il chirurgo nel suo lavoro e garantiscono al pazieme un monitoraggio <Ielle sue condizioni. La medici11a preventiva è però quella destinata a trarre dall"automazi~1c i benefici maggiori, nel senso che siano tali veramente non solo per alcuni singoli pazienti, ma per la col lettività. La medicina preventiva è molto più che la diagnosi precoce d i malattie non ancora sintomatiche, ma la diagnosi precoce è una fonte fondamentale della medicina preventiva. Questa, per definizione, non si occupa soltanto dei malati ma dei sani esposti al rischio di malania: quindi il numero delle persone cui de\'e ri,•olgere la sua attenzione, applicare i suoi esami, dedicare i suoi servizi è enormemente maggiore: cento, mille volte rispetto a quello delle persone cui si ri,·olgc la medicina clinica. Così si moltiplica per cento o per mille il numero di elettrocardiogrammi, di esami dd sangue, di radiografie, ccc. che vanno non solo esegu iti, ma poi ktti, interpretati, memorizzati: come :.arebbe possibile senza l'automazione? E come sarà possibile raccogliere, coordinare, analizzare tutti i dati necessari a seguire tempestiva-


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mente g li eventi demografici e sanitari di una popolazione (di una Unità Sanitaria Locale o di una regione sanitaria) per la quale si voglia rendere efficace un sistema moderno di vigilanza cd intervento medico? :--Jon e'è dubbio che l'automazione è nel futuro (e già nel prc~ente) della medicina. Sarebbe assurdo dire che il futuro della medicina è nell'automazione. Occorre ben altro - in termini di uomini, strutture e istituzioni - perchè la medicina superi l'empasse in cui si trova: ma occorre, indubbiamente anche l'automazione.

L'automazione nell'assistenza sanitaria.

Motivazioni. L' introduzione dell'automazione elettronica negli ospedali viene auspicata da più pani nell'intento di migliorare l'efficienza ed il livello qualitativo dell'assistenza sanitaria e per far fronte al numero sempre crescente degli assistiti. Le principali considerazioni addotte in proposito, possono essere così riassunte: - l'incremento della popolazione assistita è maggiore dell'incrememo del personale tecnico c medico necessario per garantire il livello desiderato di assistenza; - le diagnosi e le cure diventano sempre più ccmplesse e richiedono tempi sempre più lunghi. Le analisi multifasichc chimico- cliniche con strumcntazione elettronica automatizzata accelerano l'effettuazione delle analisi e rendono disponibili per ogni soggetto una maggiore quantità d'informazioni e pcnamo un quadro sanitario più completo; - l'elaborazione elettronica consente diagnosi più rapide c precise c trauamemi più efficienti e rapidi, riducendo così le degenze in o\pedale e creando capacità ospedaliera maggiore già negli attuali impianti; - la disponibiliu\ di un archivio elettronico permette analisi statistiche più attendibili, mentre la rivelazione ed elaborazione elettronica dei dati biomedici è necessaria per attuare nell'assisten7a sanitaria le pratiche della medicina prcventi\ a; - il governo dell'ospedale con calcolatore permette di gestire più organicamen:e le operazioni di acquisti, di ricettario, di amministrazione riduccndone i costi e libera il personale dalle operazioni di routine consentendo loro di dedicare maggior tempo alla cura dei pazienti.

Applicazioni. Per una stima dci vantaggi anche economici comeguibili con l'automazione elettronica dei Centri Ospedalieri, si può con~ultare il rapporto "Computer Applications in U.S. H ealth C'.-are and lnsurancc » pnparato nel dicembre 1g68 per l'OECD (Organisation for Economie Cooperation ancl Devclopment, Paris) dal SRI (Stanford Rcsearch lnstitute - California), da cui sono stati presi alcuni dci dati riportati in seguito.

Gli ~sami di laboratorio, Per quanto riguarda gli e~ami di laboratorio si può ricordare ad esempio quanto è stato raggiwlto presso il Generai Hospital's l nstitutc of Laboratory Medicine in Perrh Amboy - New Jersey: le sole elaborazioni dei dati per l'analisi del sangue dci pazienti io entrata che, con i metodi usuali. richiedevano prima una spesa di 40 ccnts per paziente al giorno, raggiungono ora con un'elaborazione automatica solo 7 cents per paziente al giorno.


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L'analisi automatica ha permesso inoltre di rh·elare un r.umcro quattro volte maggiore di anormalità che prima sfuggiva all'esame e che si sono ri\·clate nella metà dei casi determinanti per la diagnosi. l n effetti negli ultimi anni si è verificata una notevolissima espansione delle analisi chimico · cliniche. Il fenomeno naturalmente si è verificato anche nei confronti della popolazione italiana. l dati riportaù dall'INAM indicano ad esempio che il numero degli esami pratic:ni nel 1958 era di 2.500.000, mentre nel 15}68 questo numero è salito a 16 .000.000 con un incremento del 640% . E' possibile oggi predisporre un programma multibsico di analisi chimiche per le \·isitc ambulatoriali periodiche, per la determinazione delle condit.ioni di un soggetto in rapporto ad esigenze particolari (a scopo di lavoro assicurativo, ccc.), per la diagnosi precoce di malattie ed infine per gli accertamenti diagnostici.

La strum~ntazione di momtoraglJio. Soluzioni con nuove strumentazioni automatiche vengono studiate anche per altre applicazioni mediche, come ad c'empio le stazioni di monitOraggio per il reparto di cura intensiva dove vengono accolti i malati gravi, e •per il rep:~no di cura coronarica dove vengono accolti i malati colpiti da infarw. La strumemazionc di rnoniroraggio JX"r queste unità può essere definita come un mezzo automatico per acquisire, presentare e registrare i dati fi~ iologici, per segnalare condizioni di allarme in forma acustica o visiva, per fornire segnali utili nei casi di emergenza, quali i segnali di stimolazione cardiaca. Lo scopo di questa strumentazione non è quello di rimpiazzare le infermiere, ma di consentire loro o~ervaziooi continue e dettagliate dello stato di più pazienti, con intenenti più efficienti c tempestivi. Va lutazioni statistiche riferite da Centri Ospedalieri che adottano queste strumentazioni ~cgnalano che la frequenza d1 mortalità per attacchi cardiaci si ~ ridotta del 20.30° nei reparti che adottano quc~ta strumcntazionc di moniLoraggio.

Elettrocardiogrammi più rapidi e diagnosi più precise. Nell'analisi degli elettrocardiogrammi si stima che il tempo medio necessario per l'analisi del cardiogramma ~i riduce da 15 minuti a 3 minuti circa (Mayo Clinic, e Hartfor,d Hospital • Connecticut) mentre aumenta la sicurezza c l'obiettività della dia gnosi. Ad esempio uno studio di Pipberger, inteso a confrontare l'interpretazione con· \enzionalc e quella automatica di q4 casi di \·cechi infarti, ha messo in evidenza che l'analisi automaùca permetteva di formulare una diagnosi corretta in tutti i ca~i esaminati, mentre quella convenzionale ha soddisfano solo il 22° 0 dei casi considerati. Un altro effetto dell'automazione negli ospedali è che il tempo delle infermiere prima occupato per il 40% od :~nchc il 6o% a com piti di scrittura e di trasmissione d'informazioni, può essere invece quasi totalmente destinato :~Ile dirette cure del pa zie mc. l vant:~ggi dell'automazione nella ricerca me-dica sono forse più intuibili m a meno quan tifìcabili in termini economici. Un esempio autorevole di applicazione nella gestione ospcdaliera è costituito in USA dal « Sara Mayo Hospital >> in Ncw Orleans • Luisiana, dove la sola gestione automatica degli acquisti per i pasti ha introdotto un risparmio del 2<J 0 0 nelle spese giornaliere. La stessa percentuale di economie viene riferita per il Rcsearch H ospital and }\fc dica! Ccnter di Kansas City dove si rileva anChe che il lavoro prima richiesto per la preparazione delle diete si è ridotto con il programma CAMP (Computer Assisted Mcnus Planning) da 8o ore uomo · giornaliere a solo 4 vrc uomo.


Un programma ambizio~ è stato messo in arro dalla Ncw York State Hospital Au thority per il coordinamento sia degli acquisti dci materiali, delle app:m:<:chiature e dei moduli, sia dei cibi per tutta una rete di 36 ospedali psichiatrici: ci si attende un'economia di 9QO.ooo dollari all'anno. Economie ancora maggiori ~ono ane:,e nella ge~tione automatica delle ricette mediche, ::mche se finora non è stato messo a punto u n programma ddinitivo di automazione in questo settore. Un esempio da tener presente per questa applicazione è il Massachusens Generai llospital che ha r.ofYJ letti e che ogni giorno deve gestire in media 3.000 ordini scritti dci medici, provvedere a 10.000 dosi c trattamenti, nelle cartelle cliniche dei pazienti circa 30.000 dati. In questa applicazione si ritiene già un successo il raggiungimenro di precisione e di leggibi lità nelle registrazioni.

Nuovi sviluppi. Nuovi sviluppi tecnologici cd industriali potranno essere svolti da laboratori ed indu.mic nazionali nei se~ucnti settori dell'automazione elettronica per l'organizzazione sanitaria: - ricerca, progetto e costruzione di nuO\C strumcntazioni per ri\·elazione, r.· sura c preelaborazione dei dati biomedici, compatibile per connessione diretta con calcolatori digitaii; studi di 'i~tcma ed installazioni di centri di calcolo collegati con ~trumcnta­ zione elettronica per il gO\·crno automatiuato di un Centro Ospedaliero; - s\·iluppo di linguaggto di progranunazione e di programmi applicati orientati verso la medicina e l'assistenza sanitaria. 0Ani sviluppo, attuato oggi con tempt!stività in sc<ie nazionale, comporterà indubbiamente vantaggi tecnici sociali ed economici, giacchè in que~ti \t'ttori si è dovunque alla prima esperienza e la compctiti\·ità scientifica ed indumiale in campo intcrnazi<r naie non è compromessa, come in altri campi, da divnri troppo gra,·i già co~tituitisi nel passato.

Memoria elettron ica a disposizione dei medici. l calcolatori elettronici sono entrati anche nell'industria farmaceutica. Da qualche mese infatti pres\0 la Farmitalia di Yfilano è stato costituito un \enizio di ncerca dell'informazione scientifica mediante calcolatore elettronico. Gli archivi, memorizzati su d ischi magnetici sono costituiti attualmente da circa 400.000 lavori sciemifici di carattere biochimico, farmac01- toSMcologico e te.rapeutico c raggiungono un incremento annuo di circa 50.000 lavori. l vantaggi di tale innovazione sono rilevanti \C \i pensa alla velocità con cui vengono forniti dati bibliografici relativi ad un determinato h voro scientifico c alla precisione con cui il calcolatore, in base alla richiesta fana, se!eziona tra le migliaia di lavori quelli chc particolarmente interessano. Il servizio vien:! utilizzato non soltanto dai farmacologi c ricercatori della Farmitalia, mn è a disposi zionc di tutta la classe medica. Se, ad esempio, si \'uolc approfondire lo studio sugli effetti mssicologici della daunomicina (antitumorale isolato nell'Istituto di ricerche di base della Farmitalia), attraverso una scheda opportwlamcnte perforata, si ricorre al calcolatore c in un breve spazio di tempo (cinque o sei minuti al massimo) si possono conoscere i nomi degli autori c.he hanno scritto sull'argomento, i titoli delle riviste relati\·e, la data di pubblicazione e<i il luogo dove la ricerca è stata compiuta. Queste informazioni sono già sufficienti per identificare compiutamente i documenti, tuttavia il calcolato re fornisce anche il


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numero di codice per l'immediato reperimento del ria~sunto del Ja,·oro. DiH~nta così possibile per lo sperimentatore procurarsi con la mas~ima rapidità e la massima completezza la letteratura di base che riguarda il particolare argomento oggetto della spcrimentazione che deve sviluppare. Per il medico pratico sarà alrresl agevole ottenere la documentazione necessaria al caso particolare che d eve trauare. Questa iniziativa, inoltre, prima del genere in Italia nell'ambito delle specialità farmaceutiche, e una delle prime in Europa, offre una valida documentazione a chiunque voglia approfondire rapidamente le sue conoscenze professionali in un particolare campo biomedico.

Polemiche per le operazioni di cardiochiru rgia all'estero. Sui casi di bambini cardic.pazienti, per i quali viene inrerpellata la cardiochirurgia estera invece di quella italiana - quelli di Paolo Fanciulli c Stefania Sbordonc sono tra gli ultimi casi del genere che abbiano trovato una certa eco nella stampa - si è aperta una sorta di polemica tra genitori e cardiochirurghi, proseguita poi tra i cardiochirurghi stessi. America, Svizzera, Francia c Sud Africa sono generalmente le «terre promesse» di chi per una ragione o per l'altra ritiene non poter trovare in Italia soluzione chirurgica per la ùi~funzione cardiaca del proprio bambino, e, nel caso di famiglie non particòlarmente abbienti, queste situazioni trovano immeùiata eco nella stampa, in genere in funzione di una sottoscrizione che consenra quello che è stato definito il •• viaggio della speranza)). Attorno alla più recente di que~te iniziative, riguardante Stefania Sbordone, una bambina di sette anni affetta da cardiopatia congenita cianotizzante, è stato sollevato più in generale il caso di questi «viaggi », quale eventuale sintomo di arretratezza c dell'attrezzatura disponibile in Italia, o della stessa scuola cardiologica italiana. Di fronte a tale quc~tione, la ·risposta di chi ha deciso il viaggio all'estero è estremamente recisa: non esistono da noi nè centri specializzati adeguati, nè aruezzature o~pedaliere ~ufficienti; anzi, sono gli stessi chirurghi italiani a consigliare di riYolgersi altrove. Di altro parere sono i Proff. Chidichimo e Valdoni, chiamati direttamente in causa nella polemica. Il Prof. Chìdichimo, Primario del reparto ùi cardiochirurgia dell'Ospedale S. Camillo di Roma, ha replicato in una intervista citando, in primo luogo, come centri cardiologici estremamente efficienti i due di Roma (oltre al S. Camillo, quello del Policlinico) e quelli di T orino, Milano, Pado,•a, Napoli, Bari c Ancona; riconoscendo, è \'ero, l'assenza a volte di alcune attrezzature (nel suo padiglione, ad esempio, manca l'indispensabile apparecchio per La coronarografia), ma ribadendo come ciò sia ben lontano dall'autorizzare pareri o accuse che vogliono la cardiologia italiana ancora ad uno stato embrionale; concludendo, infine, come in runo questo stato di cose, che culmina nella sfiducia più totale per la cardiochirurgia italiana, gli sembri soprattutto dover ravvisare la insopprimibile mania esterofila italiana. Il Prof. Valdoni, anche lui chiamato in causa, esprimendo la convinzione che il suggerimento, dato ùai chirurghi, di rivolgersi all'estero, non possa che risalire a vari anni fa, ha tenuto a sottolineare come ormai i progressi compiuti dalla cardiochirurgia vengano rapidamente assimilati da ogni •c scuola n, c sia quindi da escludersi la possibilità che all'estero sì compiano •• miracoli » che in Italia vengono ignorati. Di parere completamente diverso è invece il Dott. Gaetano Azzolina, rel!ponsabile del reparto di cardiochirurgia dell'Ospedale provinciale di Massa Carrara: in diretta polemica con i ~uoi illustri colleghi egli ha riconosciuto, in una intervista, come perfettamente giustificata l'emigrazione dei cardiopatki, proclamando la quasi assoluta


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inesistenza della cardiochirurgia in Italia: e cioè mancherebbe comunque la «scuola». mancherebbero comunque veri cardiochirurghi, anche là dove fossero o siano dispo nibili le at tre7.zature. Forte di un lungo apprendistato compiuto negli Stati Uniti dove per spcrializzazìonc è prevista la permanenza a tempo pieno in un centro per sette anni - il Ooa. Az1.olina defini~c fantascientifiche per noi operazioni cardiache che là sarebbero di pura e semplice << routine »; considerando ciò, aggiunge Azzolina, sarebbe asl>urdo voler sostenere che la cardiochirurgia italiana sia diventata adulta cd abbia raggiunto gli stessi traguardi di quella statu ni tense. Premesse indispensabili per avvicinarsi a questi tra~uardì - conclude il chirurgo dì Massa Carrara - sarebbero il buon funzionamento dci « pochi centri qualificati ,, ora a disposizione, la crea1.ione di u na seria << produ7ione di nuovi professionisti n in grado poi di formare un:l scuola sulla base dì una forte esperienza, la creazione, infine, di strutture atte ad <<attirare, contenere c potenziare,, il talento delle forze giovani che, specializzatesì nei migliori centri esteri, non trovano alcun incentÌ\'O al ritorno.


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CONGRESSI

XX Congrès international de médecine et de pharmacie militaires sous le Haut Patronage de Sa Majesté le Roi des Bdges (Bruxelles, 27 juin - x.er juillet 1971).

Le XX Congrès lnte rnational de Médecine et de Pharmacic Militaires se tiendra à Bruxelles du 27 juin au I.Cr juillet 1971, au Palais cles Congrès. Il coincidera avcc le Cinquantenaire du Comité International dc Médccinc et de Pharmacic Militaires. Les questions mises à l'ordre du jour et orientécs vers la médecine militairc de 15}8o sont: I. - L'H~pital mi/itairc de l'avenit· dans son rélc du temps de paix. Nouveaux concepts et perspectives d'avenir dans l'organisation cles hopitaux et cles soins médicaux dans le~ Forccs Ar>mécs, influencc de la technologic moderne cn médccine militaire (télémétric, miniaturisation, emploi d'ordinateurs, emploi de T.V., emploi de laser en pratique chirurgicalc, ecc.).

IJ. - Repercussiom de progrès réaliséJ dans Ics moyem modemes d'évacuation sur le triage, la réanimalion et la chirurgie de l'avant (organisation et techniques, unités dc soins intensifs, ecc.).

III. - Analyses et tcchniques de laboratoire dc campagne. a) pour Ics besoins médico- chirurgicaux de l'avant; b) pour Ics bcsoins dc m6decine pr6vcntive et d'hygièoe en campagne. IV. - En outre des communications libres sur d'autres sujcts seront acceptécs cn nombre limité. Pour tout cc qui concerne le Congrès prièrc de s'adresser au: Secretariat du XX Congrès International de M6decine et dc Pharmacic Militaires. Impcction Général du Scrvice de Santé, Avenue dc la Cava!cric, '4 1040, Bruxelles. Tél. (oz) 35-00.oo, Extcnsion: 555·

Direttore responsabile: Ten. Geo. Med. Prof. T. SANTILLO Redattore capo: Magg. Gen. Mcd. Prof. C. ARcHin'U Autorizzazione del T ribunale di Roma al n. 944 del Registro ----~-----------REG101'ALE -

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DIREZIONE REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE MINISTERO DELLA DIFESA-ESERCITO - ROMA Spedizione in :~bb. post. - Gruppo IV

~~


GIORNALE

DI

MEDICINA

MINISTERO DELLA DIFESA· ESERCITO -

MILITARE ROMA

SOMMARIO FERRAJOLI F .: Brevi cenni ;;torici sul Servizio sanitario militare italiano .

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CoLAJANNI G.: L'esame della funzione visiva per la .selezione del personale aeronavigante (sua impormnza nella prevenzione degli incidenti di volo) .

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FRENI S.: Motivazione dd possibile impiego di alimenti surgelati nella collettività militare italiana

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SALVATORE A., SBARRO B.: Indagini schcrmografichc di massa nelle Forze Armare - Resoconto statj.stico degli anni 1~6 c 15}67

171

ALESSANDRO A.: Inchiesta sul consumo delle bevande alcooliche ed analcooliche da parte dei giovani medici

176

RuscoNI C., BENDINELLI S., BoRGATII P.: Studio vettor- elettrocardiografico dd cuore normale secondo Grant

r8r

RECENSIONI DI LIBRI .

t88

RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI .

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SOMMARI DI RIVISTE MEDICO-MILITARI .

19(5

NOTIZIARIO: Notizie tecnico -scientifiche

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La riforma universitaria · Nuo,•e tecniche chirurgiche del Prof. Conlcy • Giovani e droga • Le droghe e la loro azione deleteria sull'intcllctw · Il lavoratore iraliano in Germanja - Trattamento del diabete insipido · Importanza dell'acqua p« l'uomo · Corrùtato di smclio per l'inquinamento delle acque • Per la lotta conuo l'inquinamento atmosferico c delle acque • Trattamento della sterilità maschile • L'eroina · Gli incidenu da antidiabctici orali • Aumento delle allergie • Assbtcnza a domicilio per gli anziani • La menopausa malania, mito o problema psicosomatico? · Frequenza delle aberrazioni cromosomiche · Sono pericolosi i pazieotj ràdioatti vi · Di:fcrenza tra " surgelati .. c cc congelati» · Condannabile l'eutanasia anche sul piano umano · La Rifampicina nuova sper:u1za per i lebbrosi · Le molteplici malefauc eli un virus • La mammografia contro jl cancro.

Notizie militari

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ANNO 121 - FASC. 2

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GIORNALE DI MEDICINA MILITARE PUBBLICATO A CURA DEL SERVIZIO SANITARIO DELL'ESERCITO

BREVI CENNI STORICI SUL SERVIZIO SANITARIO MILITARE ITALIANO Teo. Gen. Med. Prof. Ferruccio Ferrajoli

La data di n·ascita del Corpo Sanitario Militare dell'Esercito Italiano si suole far risalire al 4 giugno r833: data questa, sotto la quale Re Carlo Alberto emanò quel Regio Viglietto concernente il « Riordinamento del personale e del Servizio Militare per l'Armata di terra in tempo di pace », con il quale veniva a concludersi quel ciclo di riforme e di riassetto del già esistente servizio sanitario militare dell'Esercito Piemontese, che, iniziatosi nel 1831 (Regio Viglietto del 24 dicembre) con l'istituzione degli Ospedali Militari D ivisionali, aveva vista nel 1832 la istituzione del Consiglio Superiore di Sanità (Regio Viglietto del 22 dicembre). La istituzione degli ospedali militari divisionali - limitata nel 1831 a quattro sedi fra le più impor tanti (Torino, Genova, Alessandria e Chambery), ai quali si aggiunsero in breve altri tre, nelle sedi di Nizza, Cuneo e Novara, denominati, con quel lo di Chamber y, di seconda classe, rispetto agli ospedali di Torino, Genova ed Alessandria, denominati di prima classe (oltre a questi, alcuni ospedali civili funzionavano da « succursali » ai principali) - fu indubbiamente il punto di partenza ed il fulcro della nuova organizzazione, poichè questi stabilimenti militari, al comune compito della cura degli infermi, un altro venivano ad aggiungere in forza dci nuovi provvedimenti, assai delicato ed importante : quello, cioè, di coscituire tanti centri di istruzione e di perfezionamento tanto per i giovani volontari, come per quelli obbligati al servizio, che desideravano intraprendere la carriera dcii 'Ufficiale di Sanità. Su questo primo passo, seguito l'anno dopo dalla istituzione del Consiglio Superiore di Sanità - cui era devoluta l'alta sorveglianza del Servizio Sanitario Militare, tanto dell 'Esercito che della Marina - si basa la riforma che due anni appresso doveva portare alla creazione del Corpo Sanitario Militare.


Con l'editto del 4 giugno 1833, ai meàici dell'Esercito venne concessa una divisa c con essa l'assimilazione ai gradi militari, furono completamente riorganizzati il personale sanitario e gli stabilimenti di cura e fu emanato un nuovo regolamento concernente le norme ordinative e regolamentari circa il servizio, la disciplina e l'amministrazione degli ospedali militari. Il Servizio sanitario veniva, così, disimpegnato dagli ospedali divisionali, dagli ospedali civi li cc succursali», dagli ospedali reggimentali, dalle infermerie milltari dei vari corpi e presidi. Con l'editto del 1833, venne inoltre istituito un corpo di roo allievi medici militari, formato da giovani studenti di medicina, che, dopo aver acquisito il titolo di baccelliere, erano assegnati agli ospedali divisionali di Torino, Genova e più tardi anche a quello di Cagliari, dove ricevevano, dai chirurghi e medici addetti, ripetizioni ed insegnamenti di anatomia, di operazioni chirurgiche ed istruzioni sui regolamenti del Servizio Sanitario Militare, frequentando contemporaneamente i corsi delle rispettive Università: si può ben dire che la istituzione di questo Corpo di allievi preluda, a distanza quasi di un secolo e mezzo, alla fondazione dell'attuale Accademia di Sanità Militare. Nel 1836 (Regio Viglietto del 24 settembre), gli stessi ordinamenti vennero estesi al Regno di Sardegna e, pertanto, col r" gennaio 1837 venne istituito l'Ospedale militare divisionale di 2• classe di Cagliari. Il Corpo Sanitario Militare risultava così composto: a) dal personale direttivo: il Consiglio Superiore di Sanità, formato da un Presidente, nella persona ·del medico generale, da un vice- presidente, il chirurgo generale dell'Armata, da tre membri or·dinari, medici- chirurghi, e da due membri straor.dinari, il chirurgo generale dell'armata e un chimico farmacista (r); b) dal personale esecutivo, complessivamente 107 medici e chirurghi militari: medici in capo di ospedali (capitani), medici di r• e di 2 '" classe (capitani e luogotenenti), medici di presidio (sottotenenti), chirurghi in capo di ospedali (capitani), chirurghi maggiori in seconda (luogotenenti), chirurghi di presidio (sottotenenti); di nove farmacisti, di cui uno capo (capitano) e gli altri di I 3 e di 2 .. classe (capitani e primi tenenti); ino l tre di roo allievi di medicina, chirurgia e farmacia. Se al piccolo Corpo Chimico- Farmaceutico Mil itare era stato così provveduto per il personale, bisognava attendere il 1853 pcrchè nascesse quell'Istituto Chimico F armaceutico Militare, che oggi a Firenze, rappresenta uno dei nostri maggiori vanti.

(t) Il Dott. Gillio fu il primo presidente del Consiglio Superiore di Sanità, carica che mantenne per un decennio, fino al 1843, quando venne sostiruito da Alessandro Riberi. Il Gillio fu anche prcsiJe della Facoltà Medica dell'Università di Torino.


125 Nel personale del Corpo sanitario erano compresi anche gli ufficiali di sanità addetti al Servizio sanitario della R. Marina, il quale costituiva un ramo speciale e non autonomo, con un ospedale particolare a Genova : ciò .fino al r862. Nel r848, con R. Decreto del r6 settembre, venne istituito un Corpo di infermieri mil:i tari presso l'Armata, per il servizio degli ospedali e delle ambulanze. Le sue compagnie furono assegnate in ragione di una per ciascuna Divisione del Corpo d'Esercito, compresa la Divisione di riserva (r). Con il Decreto 30 ottobre r85o, si apre una nuova èra per il nostro Corpo: con esso, infatti, venne abolita qualunque distinzione fra medici e chirurghi, prima esistente, e tutti gli ufficiali di sanità militare vennero indicati 'Con l'esclusivo titolo di medici militari. Fino ad allora, infatti, il Servizio Sanitario dell'Esercito era distinto in due rami, medico e chimrgico; il servìzio presso i reparti di truppa era disimpegnato esclusivamente dai chirurghi, mentre agli ospedali erano addetti medici e chirurghi. Una tale distinzione manteneva, oltre tutto, uno stato di dissidio fra i due rami del personale, affettando i medici verso i chirurghi una certa tal quale superiorità, avanzo dell'epoca in cui chirurgo e flebotomo erano sinonimi. A sanare questo stato di cose, quanto mai pregiudizievole al servizio ed al decoro del Corpo, giunse assai opportuno il citato Regolamento del r8so, i cui primi due articoli escludevano dal CorJX> Sanitario Militare i muniti di una sola laurea, rendendo obbligatoria per l'ammissione la doppia laurea in medicina e chirurgia; il solo appellativo di medici militari designò da allora in poi tutti i sanitari militari, che vennero distinti fra loro solo dalla denominazione assunta dalle unità presso le quali prestavano servizio, per cui divennero divisionali, di reggimento, di battaglione. Con gli articoli successivi vennero stabiliti la gerarchia, gli esami di concorso per l'ammissione e per l'avanzamento, l'uniforme (2), le competenze (3), lo stato e l'organico dd nuovo Corpo, che così risultò, oltre ai membri de] Consiglio Superiore di Sanità, composto, in totale, da r69 unità così distinte: 9 medici divisionali di 1~ e 2 3 classe (equiparati a maggiore), (1) Le compagnie, per l'impiego in guerra, erano divise in due plotoni (pelottom), con a capo un sottotenente, a loro volta suddivi.si in quattro -squadre comandate ciascuna da un sergente, od io otto mezze <Squadre, agli ordini ciascuna di un caporale. Un sottotenente, privo dd comando di plotone, in guerra doveva attendere alla direzione contabile ed amministrativa dell'ambulanza presso cia5cuna Divisione. (2) La divisa prescriuta fu la seguente: cappello con pennacchio nero ricadente, tunica di panno turchino, con co1letto e con mostrine omati di ricami in argento ~ndo i vari gradi, cravatta di seta nera, pantaloni turchirl!i. con bande di boa cilestrina, cinturino con fermagl io portante lo <Stemma dei Savoia, giberna contenente gli strumenti chirurgici, con bandoliera in tes-suto d'argento. I diversi g.radi erano indicati -dai ricami del colletto, chiamati bacchette. (3) Gli stipendi andavano da un minimo di L. 1.300 all'anno per il luogotenente, ad un massimo di L. 3 .200 all'anno per il maggiore.


!26 48 medici di reggimento di ra, 2"' e 3~ classe (equiparati a capitani), u2 medici di battaglione di Ia e 2"' classe (equiparati a luogotenenti). Il presidente del Consiglio Superiore aveva il grado equiparato a colonnello, l'ispettore ed il medico capo a quello di luogotenente colonnello. Questo nuovo ordinamento si deve ad Alessandro Riberi, che può ritenersi il vero fondatore del Corpo Sanitario Militare italiano (1). Nel r8sr, il ! luglio, vide la luce il primo numero del « Giornale di Medicina Militare», di questo nostro vecchio, glorioso Giornale, che con i suoi 120 anni di vita è oggi, per continu~tà di pubblicazione, il periodico medico più antico d'Italia e fra i più antichi d'Europa (2). Il 1852 segnò solo la definitiva soppressione delle vecchie infermerie di presidio e reggimentali, che vennero sostituite dagli ospedali succursali. Il Servizio sanitario in guerra compren<ieva a quell'epoca gli ospedali temporanei e le ambulanze: queste, che possono essere considerate come vere unità di prima linea, erano costituite essenzialmente da un determinato numero di carri a due e a quattro ruote per il trasporto dei feriti, da corbe o cassoni d'ambulanza contenenti i medicinali e gli oggetti di farmacia, da ceste contenenti il materiale di cucina e dallo strumentario chirurgico (ogni divisione conduceva al seguito cinque di detti cassoni). Gli ospedali temporanei si chiamavano così perchè ·dovevano servire di transito, in contrasto ai permanenti che corrispondevano ai nostri stabilimenti territoriali e che erano considerati luoghi centrali di convegno e di scarico dci primi. Alle Divisioni di linea ed a quelle di riserva erano assegnate, infine, le compagnie degli infermieri militari. Questa, in linee assai sommarie, l'organizzazione sanitaria militare dell'Esercito Piemontese, che l'esperienza delle guerre di indipendenza e ·della 0

(r) Nato a Stroppio in qud di Cuneo, nel 1796, si laureò a Torino nel r8r5 in chirurgia e nel r8r7 a Genova in medicina. Chirurgo assistente nell'Ospeda~e di S. Giovanni Battista e ahlievo ·di Lorenzo Geri, a soLi 30 anni raggiuru;e la cattedra di istituzioni chirurgiche, di operazioni e di ostetricia nell'Università dì T orino. Chirurgo valentissimo, fu nominato primario ·dell'Ospedale di S. G iovanni Battista e coll.Sl\Ùente di queJlo Mauriziano; fondò la Reale Accademia di Medicina e per i suoi meriti di studioso, di clinico e di valente operatore fu fatlto Senatore del Regno. Nominato, a soli 25 anni, chirurgo maggiore delle Guardie dci Corpo del Re, venne chiamato dopo pochi anni a far parte del Consiglio Superioire di Sanità, succedendo nel 1843 al Gillio, alla morte <di quesci, .nell'altissima cari:ca di presidente, che .renne per ben 18 anni. (2) Nato per volontà ·di Alessandro Riberi, appena un anno dopo quel x8so, che, con il suo Regolamento, !Segna la ·data dell'effettiva costituzione del Corpo Sanjtario Militare, il Giornale iniziò la sua vita come pubblicavione settimanale, in fascicoli di orto pagine ~u due colonne. Suo programma: << Mettere in mutua relazione gli sparsi figli della fam iglia medico- militare e <rendere loro profìtrevoli .i frutti dehle conferenze scientifiche tenute negli Speciali divisionali, pubblicandone i processi verb ali, le storie lette delle malattie e tutti i lavori .scientifici in dette conferenze comunicati, non tralasciando in pari tempo di trattenersi sugli interessi del Corpo Sani·tario e suilile riforme che possono chiamarsi utili al buon andamento dd servizio sanitario ddl'A-rmata ».


127 campagna di Crimea avrebbero in seguito gradatamente e faticosamente migliorato. Il Corpo Sanitario Militare sardo nelle guerre di indipendenza si prodigò interamente e, nonostante la scarsezza dei mezzi e del personale, rifulse per il valore dei suoi componenti e riuscì in breve, nella guerra di Crimea (1854- 56), a reggere non solo il confronto con quelli ,degli altri eserciti, ma a collocarsi addirittura fra i primi, raccogliendo così il plauso di tutto il mondo civile. J>RIMA GUERRA DI INDIP.ENDENZA (r848).

Nella prima guerra di indipendenza ( r848), l'Esercito, forte di oltre 40 mila uomini, su cinque divisioni, poteva contare solo su cinque ambulanze divisionali con un personale esecutivo di soli 19 ufficiali di sanità, 4 allievi militari laureati e 8 studenti del sesto anno di medicina. Tutto il materiale di mobilitazione consisteva poi nei carri di ambulanza, in roo corbe o ceste di materiali vari (medicinali, medicazioni, strumenti), in 105 barelle, 2.000 marmitte di campagna, 6o bidoni di latta, 5 dotazioni complete di biancheria, stoviglie e mobilia di servizio d'ospedale, 3 grosse casse di medicazioni avute in dono e 6 casse di medicazioni che dovevano costituire la riserva. E, nonostante tanta penur·ia di tutto, a dimostrazione del generoso spirito di sacrificio dei medici militari, gli ospedali di ambulanza riuscirono a smaltire faticosamente - in una attività che non perse mai di vista i principi della chirurgia più conservativa - l'ingente numero di feriti: come, ad esempio, quello di Volta, che ebbe perfino un movimento complessivo, fra entrati ed usciti, di ben 500 individui al giorno. L'Ospedale dei Veterani cd Incurabili di Asti r icoverò da solo, dopo i combattimenti di Volta, Goito, Rivoli, Roverbella e Villafranca, ben r.6oo feriti. Solo a S. Lucia le perdite furono di 8oo uomini e verso la metà di giugno ben 6.500 uomini giacevano negli ospedali a causa della malaria, che aumentava ogni giorno il numero delle sue vittime. Qualche ospedale sorse dalla carità privata, anticipandosi così l'organizzazione delle formazioni sanitarie di soccorso. Un bilancio finale, in tali condizioni, non poteva essere che negativo: lo scarso personale, nonostante che avesse moltiplicato fino ai limiti del possibile la sua attività, non fu in grado .di prodigare in tanta povertà, oltre tutto di mezzi, una sufficiente assistenza sanitaria, !imitandola anche al solo compito della cura dei malati e feriti.

CAMPAGNA DI CRIMEA

(1854- 56)·

La non felice esperienza della prima guerra di indipendenza consigliò adattamenti e modificazioni degli ordinamenti sanitari, grazie ai quali il


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Corpo Sanitario, pur contenuto in ristretti limiti di personale e di mezzi, potè nella campagna di Crimea (I854- s6) acquistarsi quelle benemerenze cui già si è accennato, elevandosi su quasi tutti i corrispondenti corpi degli eserciti operanti. Sotto la guida di Giovanni Antonio Comissetti, medico di Divisione, che sol lecitò un aumento di organ.ico del personale e l 'adozione di materiali sanitari adatti ad una guerra di montagna, il Servizio Sanitario del Corpo di spedizione piemontese riuscì a mantenersi all'altezza dei suoi compiti. Le cinque Brigate che scesero in campagna, con un totale di 21.000 uomini, quasi subito dopo il loro sbarco, poterono giovarsi di ben 16oo posti leno in baracche- ospedali a Jeni- Koi, nonostante che il naufragio del Cresus avesse impedito l'approdo di gran parte del materiale ospedaliero. I nostri medici si trovarono quasi subito a dover lottare col colera importato da Costantinopoli e con lo scorbuto: non solo riuscirono in breve a domare l'epidemia colerica con una buona organizzazione igienico- sanitaria, ma riuscirono anche ad impedire che potesse propagarsi in Italia per mezzo dei rimpatriati. Le unità sanitarie di prima linea poterono seguire e soccorrere quasi sempre le truppe operanti ed il servizio di sgombero, che già cominciava a delinearsi nella sua grande im portanza al pari della necessità di uso di unità essenzialmente mobili e leggere, fu bene coordinato.

SECONDA GUERRA DI INDIPENDENZA (1859).

La seconda guerra di indipendenza (1859) venne anch'essa combattuta in una tal penuria di mezzi e di personale sanitari, che lo spettacolo del campo di battaglia di Solferino, se destò in tutti quell'orrore dal quale doveva nascere la benefica iniziativa di H enry Dunant sboccata dopo tante faticose traversie nell'istituzione della Croce Rossa Internazionale (1884), non meravigliò certo i tecnici e gli esperti del servizio sanitario dell'epoca, che all'inizio della campagna non erano riusciti a persuadere il Ministero della Guerra della inadeguatezza dell'organizzazione sanitaria alla vera entità della guerra che ci si apprestava a combattere. Il Corpo Sanitario Militare contava ancora solo 133 medici e 29 farmacisti, la Compagnia Infermieri disponeva ancora di solo 366 uomini di truppa comandati da 21 ufficiali. I mezzi sanitari di ricovero e cura dci feriti c malati si riducevano in tutto ad una diecina di ospedali mobili (della capacità variabile da 100 a 500 lerci ciascuno, complessivamente inferiore ai 4.000), ed alle ambulanze divisionali e reggimentali ridotte alla più semplice espressione di due coppie di casse di medicazioni portate da un mulo e di


qualche carro (1). Comunque, mezzi preparatl m tutta fretta, personale privo di un sufficiente addestramento, mancanza di istruzioni regolamentari precise, crearono una situazione assai grave, alla quale soltanto in parte potè ovviare la buona volontà, l'iniziativa e lo spirito di sacrificio dei medici militari, come attestano le motivazioni delle ricompense al valor militare concesse a molti di essi. Quando nel r86o le forze dell'armata della Lega d'Italia Centrale passarono, come anche l'armata dei volontari, a far parte integrante del nuovo esercito, molti medici già addetti a tali reparti gradirono l'ammissione. In breve il Corpo Sanitario militare contò 739 ufficiali (1 colonnello, 13 tenenti colonnelli, 40 maggiori e 685 ufficiali inferiori). TERZA GUERRA DI INDIPENDENZA (1866).

Il Corpo Sanitario Militare, all'inizio della terza guerra di indz"pendenza

(1866) contava 970 ufficiali. Le dotazioni sanitarie erano state migliorate (2) e, pertanto, la campagna potè svolgersi in buone condizioni per ciò che concerne il servizio sanitario; le cui perdite assommarono a 5 ufficiali tra morti e feriti ed a ben 20 medici costituitisi prigionieri « per non abbandonare i feriti senza soccorso ed in mano al nemico ». Dopo la guerra del 1866, gli ef&ttivi del Corpo Sa.nitario, per necessità di economie, vennero ridotti di ben 200 unità. Nel 1873 la legge Ricotti doveva finalmente dare al nostro Corpo un or.d inamento degno dei tempi e quella tanto attesa autonomia, conferendo, fra l'altro, il grado effettivo agli ufficiali del corpo sanitario militare, ed affidando loro la .direzione degli ospedali costituiti in enti amministrativi autonomi. CAMPAGNA D'AFRICA

(x887).

All'inizio della campagna d'Africa, un ospedale che funzionava a Massaua, con pochi ufficiali medici, rappresentava da solo il Corpo sanitario di spedizione. A Dogali, nel 1887, quando le orde di ras Alula distrussero il (t) Solo dopo iniziata la camrpagrna, apparve U «Regolamento su l Servizio Sanitario di terra in campagna)), orx:linato dal Lamarmora, che distirtgucva le ambulanze: in divisionali di fanteria (r4.300 medicazioni), divisionali di cavalleria (4.300 medicaz,ioni), divisionali di montagna (3.400 medicazioni), reggimentali (250 medicazioni), di battaglione (2o medicazioni): esse potevano costiruire coi loro mezzi ddle sezioni leggere, che avevano U compito di recarsi sulla linea del fuoco a raccogliere i feriti: inoltre, un tipo analogo di ambulanza legg~ra seguiva le avanguardie. (2) Furono costiruite 25 ambulanze più leggere, fomite di un maggior numero di carri di trasporto, di cacolets a sedile ed a lettiga e eli una buona dotaz.ione di b~relle: l'organizzazione .disponeva anche eli tende coniche e di materiali vari per l'imptanto di ospedali provvisori.


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piccolo manipolo agli ordini del maggiore De Cristoforis, il capitano medico Gasparri ed il tenente medico Ferretti trovarono gloriosa morte. Il Servizio sanitario del Corpo di Spedizione, riorganizzato negli anni successivi, specie per ciò che riguarda lo smìstamento e lo sgombero dei feriti, potè affrontare la sfortunata campagna <lei I895- 96 in un assetto abbastanza completo, che valse ad assicurare l'espletamento dei suoi compiti, particolarmente complessi in zone tanto selvagge e con un nemico tanto barbaro. Nella terribile giornata di Abba Carima, I2 ufficiali medici lasciarono gloriosamente la vita sul campo e gli altri furono fatti prigionieri dopo aver combattuto corpo a corpo con gli assalitori. Per porre in evidenza il lavoro svolto dal Servizio sanitario, basti ricordare che dal I 0 dicembre I895 al Io giugno I896 furono complessivamente curati negli stabilimenti della colonia, fra bianchi ed indigeni, quasi I7.000 feriti e malati, .&a i quali molti di tifo (1.500 casi solo in Adigrat) e malaria. Il numero di perdite nella giornata di Adua fu del 29%, mentre il numero dei malati raggiunse talora l'Bo%. GuERRA n r LIBIA (I9II- 12). Nella guerra di Libia (r9II- 1912), un buono studio preparatorio sulla base dell'esperienza della precedente campagna, condusse all'allestimento di una organizzazione sanitaria che rispose egregiamente allo scopo. Il corpo sanitario contava allora 76r ufficiali medici, le cui capacità altamente rifulsero, oltre tutto, nella realizzazione di quella complessa opera igienico- sanitaria che valse a soffocare l'epidemia colerica, che minacciava di diffondersi nella zona tripolina all'inizio delle ostilità, a combattere e trattenere le epidemie di tifo, di dissenteria e ,di altre forme infettive, nonostante le avverse condizioni climatiche e la scarsezza di acqua potabile. Fatti questi che - tenuto conto dei numerosi ed aspri combattimenti, delle marce faticose, degli ammassamenti forzati e delle continue relazioni col territorio per lo scambio di truppe fresche, di convalescenti e di malati, comunque di rimpatriati - mettono da soli in evidenza quale sia stata l'importanza di una difesa sanitaria bene intesa ed organizzata, che, non solo seppe domare fin dall'inizio le più pericolose manifestazioni epidemiche (si ricordi anche la repressione di tutti i focolai di peste bubbonica che, a cominciare dal 1913, minacciò, talora in forma di vera epidem1a, la nuova Colonia), ma ne giunse ad impedire ancora la propagazione nel territorio metropolitano. A questa attività igienico- sanitaria, all'assistenza sanitaria in senso stretto ai combattenti, venne ad aggiungersi l'opera di penetrazione coloniale attraverso l'aiuto portato alle popolazioni indigene con i numerosi ambulatori, che, guardati sulle prime con diffidenza, attirarono poi a frotte gli indigeni. Quattro furono gli ufficiali medici che caddero sul campo di battaglia. Una medaglia d'argento al valor militare fregia la bandiera del Corpo: « Per


gli importanti servizi resi nella campagna di guerra in Libia 19n- 1912, ove l'estremo pericolo non fu limite nella grande, umana opera pietosa ». PRIMA GUERRA MONDIALE (1915- ]918).

La guerra 1915- 1918, durata quattro lunghi anni, fu guerra di logorio nella quale il Paese gettò tutte le sue migliori risorse umane. Gli effettivi mobilitati, solo per l'Esercito, furono infatti ben 5.728.277· Il totale delle vite umane perdute in questa guerra dall'Italia, ammonta alla enorme cifr.a di 68o.OJI, delle quali 4o6.ooo per fatti bellici. Il solo Esercito contò 317.000 morti sul campo di battaglia, su un totale di morti per ferite di ben 402.000. I feriti furono 950.000, cifra questa che rappresenta il 16,57% del totale dei mobilitati. Gli invalidi, a seguito di ferite o di malattia, furono, in complesso, 462.812, il che porta ad un totale di morti e di invalidi di ben 1.142.883. L'Esercito italiano entrò in guerra con soli 770 ufficiali medici in s.a.p., ai quali si aggiunsero, per la mobilitazione generale, tutti i medici aventi obblighi d i leva fino alla classe r876 inclusa e, successivamente, anche quelli delle classi dal r87o al 1875· Nel maggio 1916, allo scopo di ripianare con elementi giovanili le numerose ed impellenti necessità della prima lin ea, venne creata l'Università castrense di S. Giorgio di Nogaro, che -raccolse dalle varie parti della zona di guerra, gli st1.1denti degli ultimi anni di medicina, che in tale Università da campo completarono così i loro studi, raggiun gendo ben presto la linea col grado di sottotenente o di aspirante ufficiale medico. Le unità <Ji ricovero funzionanti sui vari teatri di guerra <Jurante la lunga campagna furono 453, di cui 233 ospedaletti da campo <Ja 50 letti, 174 ospedali da campo da 100 e 46 ·da 200 letti. La capacità <Ji questi ultimi tu assai spesso, per necessità di ospedalizzazione, portata fino .a 300, soo ed anche rooo posti letto, in modo da costituire altrettanti ospedali militari stabili in zona di operazione. Nel territorio - dove già si disponeva in tempo di pace di 28 ospedali militari principali, di 2 ospedali militari succursali, di 31 infermerie presidiarie e di 6 depositi di convalescenza - si dovette cominciare con l'ampliare gli stabilimen ti sanitari esistenti e quindi con l'aumentarne il numero: per modo che l'Intendenza Generale dell'Esercito mobilitato aveva fin dal 1916 a sua disposizione 948 ospedali di riserva dell'Esercito, 146 ospedali territoriali della Croce Rossa, I ospedale del Sovrano Militare Ordine di Malta e 21 depositi di convalescenza, con una capacità complessiva di 259.570 posti letto per uomini di truppa e di 8.874 per ufficiali. Negli anni 1917 e 1918, i posti letto vennero port.ati a 300.~3, ripartiti in 1.412 stabilimenti sanitari. Il particolare più importante in una organizzazione di così vaste ·dimensioni, fu la specializzazione ·dei vari servizi ospedalieri, spinta fino quasi alle prime linee del fronte, che rese possibile affidare sempre malati e feriti


a medici competenti m quella data specialità, in stabilimenti anch'essi specializzati, adeguatamente attrezzati per la diagnosi e per la cura. Vennero così creati i gruppi chirurgici e le ambulanze chirurgiche spostabili su automezzi propri fin sulle linee più avanzate, ambulanze radiologiche ecc. e, nella stessa zona di operazione, ospedali chirurgici e neuro- chirurgici, reparti stomatoiatrici, otorinolaringoiatrici, oftalmici, ciascuno dci quali sgomberava su formazioni sanitarie della stessa specialità nel territorio, che, a loro volta, erano articolate con corrispondenti centri di rieducazione e di recupero (I). La guerra 1915- r8 impose al servizio sanitario di affrontare il grave problema .degli sgomberi, fino ad allora mai presentatosi in termini e dimensioni tanto massicci. Nei quattro anni ·di guerra, si ebbero infatti punte mensili che talora sfiorarono le centomila unità per malati e feriti sgomberati direttamente dalle formazioni sanitarie della zona di guerra a quelle del territorio e, per quanto riguarda la zona di primo sgombero, nei primi dieci mesi del 1918, il numero dei feriti e malati sgomberati dai posti di medicazione e dalle sezioni di sanità sugli ospedali da campo dell'Armata del Grappa, fu di 197.000 ammalati e 30.000 feriti. All'entrata in campagna, l'Esercito operante disponeva di poco più di 50 sezioni di sanità, che, durante la guerra, raggiunsero la ragguardevole cifra di 89 sezioni di sanità con salmerie, più 9 reparti someggiati per gruppi alpini. I carri per il trasporto dei feriti, assegnati alle sezioni di sanità, furono ben presto sostituiti dalle sezioni di autoambulanze. Per gli sgomberi a grande distanza, si fece largo uso della via ferroviaria: l'Esercito allesti 59 treni attrezzati (270- 36o posti ciascuno), la Croce Rossa Italiana 23 treni ospedali, in grado di trasportare ciascuno 300 infermi coricati su lettucci- barelle, ed il S.M. O. M. 4 treni ospedale, capaci ciascuno di 306 posti- barella. Dal maggio 1915 all'ottobre 1918, i soli treni ospedale della Croce Rossa trasportarono ben 835·501 infermi, eseguendo 4·572 viaggi, per complessivi km. 2.824.519. Dopo la vittoria, il servizio sanitario militare dette il suo più valido concorso negli aiuti alle popolazioni civili delle terre liberate: con provvida sollecitudine, seguendo la ritirata del nemico, si irradiarono nei territori redenti le sezioni di sanità, gli ospedali da campo, le sezioni di disinfezione, prodigando alle popolazioni denutrite e colpite dal tifo, dalla malaria, dalla dissenteria, i soccorsi più premurosi, in medicinali, in alimenti, in ricoveri. Quattrocento furono gli ufficiali medici caduti in combattimento e ad essi dobbiamo aggiungere altri 320 medici militari, morti per ferite negli (1) La bontà di una siffatta organizzazione viene provata dalle seguenti cifre: nel 1917 e nel 1918, su 100 feriti ospedalizzati in zona di guerra, 1::1 mortalità fu solo del 5,62% nel 1917 e dd 6,17~~ nel 1918; la mOI"taJità per malattie, SU 100 militari ospedalizzati in zona di guerra, fu dello 0,70~6 nel 1917 e dello o,82% nel 1918. T ali confortanti dati non erano mai stati raggiunti neUe precedenti guerre.


ospedali. Per un totale così elevato <ii per.dite, in un calcolo proporzionale, il Corpo Sanitario Militare è secondo solo alla Fanteria. Tanto tributo di sangue e di sofferenze la Patria onorò con 255 medaglie d'argento al V. M., n64 di bronzo, 375 encomi e migliaia di croci di guerra, concessi ad ufficiali del Corpo Sanitario. La medaglia d'oro al V. M. venne decretata alla memoria del Soldato portaferiti Angelo Vannini. Una medaglia d'argento al V. M. fregia, per questa guerra, la bandiera del Servizio Sanitario Militare: « instancabile, modesto, sereno ... costante, mirabile esempio di ardore e di valore, di sprezzo del pericolo e di devozione al dovere ».

GUERRA ITALO- ETIOPICA ( 1935- 1936).

La guen·a itala- etiopica cominciò il 3 ottobre 1935 e terminò il 9 maggio 1936. Durante questo periodo le sole truppe nazionali del fronte nord e del fronte sud - compresi i nuclei di operai organizzati in centurie militarizzate - ascesero a circa soo.ooo uomini. Per la prima volta nella storia del mon<io, una cosl imponente massa di truppe bianche veniva portata a combattere in zona tropicale, gran parte della quale, la Somalia, a clima torrido. L'Esercito aveva in Africa Orientale, durante il periodo bellico: 135 ospedali di base e da campo (ciascun ospedale con attrezzatura radio logica e con un laboratorio batteriologico), 55 sezioni di sanità, 13 unità chirurgiche, 15 ambulanze radiologiche, I I ambulanze odontoiatriche, 4 istituti centrali di analisi, 12 sezioni di disinfezione, 6 stazioni di bonifica, 139 potabilizzatori, 4 magazzini generali di materiale sanitario. Il Servizio Sanitario Militare inviò in Altica 2.250 ufficiali medici, che con gli ufficiali medici della Marina (n7), dell'Aviazione (42) e medici coloniali civili (12o) raggiungevano le 2-484 unità. Gli ufficiali chimico- farmacisti ·dell'Esercito erano r78, i soldati di sanità, rs.soo. La lotta contro le malattie infettive, endemiche in zone tropicali, venne condotta con estrema decisione e con larghezza di mezzi, ·da un corpo sanitario che si rivelò perfettamente addestrato: la malaria, la dissenteria, il tifo e i paratifi, il tifo petecchiale, la febbre ricorrente, il vaiuolo vennero affrontati con misure profilattiche massicce e lo stesso dicasi del beriberi, della pellagra e dello scorbuto. Per modo che, se avemmo in quella campagna 1.099 morti in combattimento o deceduti per ferite, i morti per malattia furono solo 599, appena cioè la metà, quando l'esperienza di rutte le passate guerre coloniali combattute dai vari eserciti europei in Africa aveva ~atto mettere in bilancio per il nostro Esercito un numero di perdite non 10feriore alle 2o.ooo unità, solo per malattie; per la prima volta, nella storia delle guerre coloniali, si assistè ad una inversione del rappor·to fra morti


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per malattie e morti per ferite, chè, sempre, questi ultimi erano stati di gran lunga inferiori ai primi. Quanto mai adeguato alla realtà appare dunque il giudizio di un autorevole giornale straniero, che « una delle principali cause del successo italiano fu, senza dubbio alcuno, lo stato di salute sempre ottimo dell'Esercito, dovuto all'efficienza dei servizi sanitari». Il Corpo Sanitario Militare contò in questa ,d ura campagna ben 47 morti. Quattro medaglie d'oro al V. M. vennero concesse alla memoria di quattro ufficiali medici. Alla Bandiera, la medaglia di bronzo al V. M.: « ... Sul campo di battaglia non ha posto limiti al suo valore, versando sangue generoso pur di recare le cure fin sulle primissime linee ... )) .

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SECONDA GUERRA MONDIALE ( I940- 45).

Nella seconda guerra mondiale, 1940-45, il Corpo Sanitario Militare è stato presente su tutti i fronti, da quello nord- occidentale all' A.O.I., dall'Africa Settentrionale all'Albania, alla Grecia, alla Russia, con una imponente organizzazione, sapientemente concepita ed attentamente realizzata, grazie alla preparazione scientifica, alla capacità ed all'immenso spirito di sacrificio dei suoi ufficiali e gregari. Al nostro soldato non è mancato mai il più amorevole ed efficiente soccorso fin sulle primissime linee: gli sgomberi, anche nelle più avverse condizioni belliche, vennero sempre eseguiti fino all'estremo limite delle possibilità e la cura, dagli ospedali da campo avanzati agli stabilimenti sanitari del territorio, fu sempre prestata con perizia e con ricchezza di mezzi; affermazione questa, che si basa, oltre tutto, anche su numerosi riconoscimenti ,di autorità sanitarie nemiche. Seimila furono i caduti della Sanità Militare in questa guerra e non meno generoso fu il tributo che il Servizio sanitario militare seppe dare durante la guerra di liberazione che costò la vita a ben 526 fra ufficiali, sottufficiali e soldati di sanità, oltre a ben 224 dispersi. Due ufficiali medici furono fucilati alle Fosse Ardeatine. Sedici medaglie d'oro al V. M. vennero concesse per questa guerra ad ufficiali medici e ad un soldato di sanità, tredici alla memoria e tre a viventi. 49 medaglie d'argento, r62 medaglie di bronzo, 366 croci di guerra al V. M. hanno premiato il sacrificio, la dedizione al dovere di ufficiali, sottufficiali e soldati appartenenti alla sanità militare dell'Esercito. Di tanto sacrificio, di tanta gloria silenziosamente e generosamente conquistata sui campi di battaglia, è prova e segno di riconoscimento della Patria la medaglia d'oro al V. M. concessa alla Bandiera del Servizio Sanitario Militare con la seguente, superba motivazione: « Erede e custode di una secolare tradizione di dovere, di eroismo e di sacrificio, divideva sempre con i combattenti Ja buona e l'avversa fortuna nelle guerre di indipendenza, d'Africa e contro l'Austria- Ungheria. Du-

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rante l'ultimo conflitto su sette fronti, nella lotta part1g1ana e nella guerra di liberazione, confermava, rinnovandole, le sue altissime virtù militari di coraggio, di amor di Patria e di olocausto, aggiungendo alla schiera dei suoi Eroi, innumeri schiere di caduti immolatisi con alto spirito di sacrificio e nobile senso umanitario per la salvezza dei fratelli colpiti e<l. a maggior gloria della Patria. Africa Settentrionale ed Orientale - Albania - Fronte russo Guerra di liberazione, IO giugno 1940-9 maggio 1945 ». A testimonianza di tanta gloria, a ricordo imperituro per le generazioni presenti c future, sta nel cortile del Maglio della Scuola di Sanità Militare di Firenze, il monumento al Me<lico caduto in guerra, opera nobilissima e mirabile di Arrigo Minerbi. Sul basamento, il motto della Sanità Militare: 11 Fratribus ut vitam servares, munera vitae sprevisti; o Pietas maxima digna Deo ».

LE PlÙ IM PORTANTI REALIZZAZIONI DELLA SANITÀ MILITARE, DOPO LA SECONDA GUERRA MONDIALE.

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, il Servizio Sanitario Militare non ha mai cessato da una continua opera di. ammodernamento e di aggiornamento alle nuove, incalzanti esigenze scientifiche della medicina in genere e di quella militare in specie, onde poter soddisfare alle necessità sempre più complesse di un esercito moderno, n el quadro, principalmente, dei nuovi imperativi di ordine sociale voluti da questa civiltà, nata dalla guerra, in continuo fermento alla travagliata ricerca ·di nuove forme. Il Servizio Sanitario Militare dell'Esercito, sotto la direzione di un unico organo direttivo centrale, la Direzione Generale della Sanità Militare, è coordinato e diretto, alla periferia, dalle Direzioni di. Sanità delle sei. Regioni Militari. L'assistenza e la cura degli infermi è assicurata, oltre che dalle in fermerie di corpo, da 29 ospedali militari, fra principali e secondari, dall'Ospedale militare specializzato di Anzio, dagli stabilimenti balneo- termali di Ischia e di Acqui. Le compagnie di sanità sono otto ed otto le sezioni d i disinfezione. Dall'organo centrale dipendono il Collegio Medico Legale, il massimo organo medico -legale dello Stato, la Scuola di Sanità Militare di Firenze, il Centro Sh1di e Ricerche della Sanità Militare, lo Stabilimento ChimicoFarmaceutico Militare e l'Accademia di Sanità Militare.

Lo Stabilimento Chimico- Farmaceutico Militare, istituito a Torino nel r853 e trasferito quindi a Firenze, rappresenta oggi uno dei più moderni c più attrezzati stabilimenti industriali d'Italia ed assicura il rifornimento dei medicinali e materiali sanitari di tutte e tre le Forze Armate, direttamente o, per l'Esercito, attraverso i due Magazzini centrali di materiale sanitario di Parma e di Maddaloni.


La Scuola di Sanità Militare di Fù·enze, istituita nel r882, accoglie i corsi degli Allievi Ufficiali Medici e Chimico Farmacisti di complemento ed i corsi di applicazione per Tenenti in s.p., delle due branche, dell'Esercito. Per essa sono passati e passano tutti i giovani laureati in medicina e chirurgia aventi obblighi di leva, tutti gli ufficiali del Corpo Sanitario in s.p.e. per il corso di applicazione ed in seguito per i vari corsi valutativi. Essa è dunque la Casa Madre del Corpo Sanitario e vive nel cuore di tutti i me~dici italiani per il ricor·do lieto e sereno ,del dovere militare compiuto. In essa sono conservati i ricordi e custo.dite le tradizioni di una così lunga, gloriosa vita di un Corpo Sanitario, che oggi conta ben 138 anni dalla sua fondazione. Ad essa è affidata la bandiera del Corpo. Ma la Scuola svolge, oltre che attività .didattica, anche attività scientifica, seguendo l'evoluzione ed il progredire della scienza medica ed impegnandosi a fondo in compiti di studi e di ricerca pura. Il Centro Studi e Ricerche della Sanità Militare, istituito nel 1960, ha sede in Roma. Esso è un organismo creato per permettere ,di partecipare alla ricerca scientifica di avanguardia, a mezzo di installazioni e di apparecchiature moderne e funzionali e servendosi di personale specializzato. Tra gli argomenti di ricerca e di indagine sperimentale programmati, in elaborazione o in corso di realizzazione presso i predetti Istituti, i più attuali e di maggiore rilevanza sono: le ricerche di radiobiologia, con particolare riguardo alla protezione dalle radiazioni ionizzanti; le indagini sperimentali sull'impiego degli isotopi radioattivi per la terapia dei tumori maligni; le esperienze su sostanze alimentari o di altro genere, non solo al fine di controllarne le qualità igieniche e nutritive, ma anche allo scopo di realizzare nuove tecniche di conservazione o atte a scoprire eventuali frodi; gli studi sulle convenzioni internazionali ·di neutralità per la protezione, la tutela, la difesa dei m alati e feriti, del personale sanitario di assistenza, dei prigionieri ed internati civ.ili, della popolazione civile; gli studi, ~nfine, volti a dotare l'organizzazione sanitaria specie del tempo di guerra, di attrezzature e di materiali più adeguati e meglio rispondenti alle esigenze di un conflitto moderno. Di recente istituzione è l'Accademia di Sanità Militare, sorta nell'anno 1968, che si propone di risolvere l'annoso e difficile problema del reclutamento degli ufficiali in s.p.e. ·del Servizio Sanitario con l'accogliere i giovani, che hanno conseguita la maturità e che ne facciano domanda, dopo un concorso che prevede - oltre che una visita medica di idoneità fisica ed una accurata selezione psico- attitudinale alla professione di medico militare che dovranno esercitare - prove di esami scritte ed orali su materie attinenti alla cultura geperale. Gli ammessi all'Accademia, per l'Esercito, seguono, a totali spese dello Stato i regolari corsi universitari (di sci anni

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per i medici e di quattro anni per i farmacisti), presso l'Università di Firenze, alloggiati per il momento presso la Caserma Curtatone e Montanara, in attesa che sia pronta una degna sede dell'Accademia, che sorgerà molto probabilmente nella zona di Careggi, per dar modo agli allievi di essere vicini alle Cliniche Universitarie ed agli Istituti della Facoltà di Medicina. Il progetto prevede la costruzione di alcuni fabbricati per alloggio degli aJlievi i quali saranno sistemati in camere a tre letti - piscine, palestre e campi di tennis, secondo i principi del confort più moderno e più razionale c secondo tutti quegli accorgimenti che valgono in una collettività, sia pure militare, a salvaguardare quel senso di libertà individuale, tanto necessario ai giovani di alto livello culturale. Superati gli esami del primo biennio, gli allievi assumono la qualifica di aspiranti ufficiali, conservando tale qualifica fino alla fine del corso di studi, percependo un assegno mensile pari allo stipendio iniziale di sottotenente. Essi, una volta conseguita la laurea e la abilitazione professionale, vengono nominati tenenti in s. p.e. ,del ruolo medici o chimico- farmacisti. Il Gìornale di Medicina Militare, fondato nel 1851 da Alessandro Ribcri, allora capo del Corpo, da 1 21 anni è palestra ampia e feconda di miglioramen to e di affinamento culturali degli ufficiali del servizio sanitario, stimolandone le capacità di studio e catalizzandone l'iniziativa scientifica.

2.- M.


L'ESAME DELLA FUNZIONE VISIVA PER LA SELEZIONE DEL PERSONALE AERONAVIGANTE (SUA IMPORTANZA NELLA PREVENZIONE DEGLI INCIDENTI DI VOLO)

Ten. Gen. Med. C.S.A. (RO) Giuseppe Colajanni libero docente di Clinica oculistica

INTRODUZIONE Con lo sviluppo dell'aviazione e con il progresso tecnologico, l'uomo, dopo essersi insediato in ogni regione climatica è riuscito ad estendere il suo habitat, sia pure ancora temporaneo, alla terza dimensione della terra abitabile. Questo fatto, se da un lato conferma il grande potere di adattamento dell'organismo umano, dall'altro impone un notevole impegno tecnico e scientifico al fine di maggiormente consolidare, estendere questa nuova conquista. Sotto questo aspetto riveste particolare importanza il problema della prevenzione ·degli infortuni aeronautici, in quanto la graduatoria della mortalità per incidenti del traffico, secondo le .diverse vie di com unicazione, vede al primo posto le autostrade, al secondo le vie aeree, al terzo le ferrovie. E' da ritenere che nel prossimo futuro il fenomeno assuma imponente rilievo, a causa della crescente diffusione del mezzo di trasporto aereo e della maggiore capienza dei jets supersonici; la prevenzione degli incidenti aviatorii diverrà perciò un problema di indubbia rilevanza sociale e medicosociale, così come è già avvenuto negli ultimi decenni per gli incidenti automobilistici. Un notevole contributo a tale prevenzione è stato arrecato senza dubbio dal continuo progresso tecnologico, sia mediante la costruzione di velivoli forniti dei più perfezionati sistemi di sicurezza, sia mediante l'assistenza al volo, che si è fatta via via più perfezionata. Il progresso tecnologico, tuttavia, non può sminuire la insostituibile funzione del pilota, al quale spetta in ogni modo il controllo della strumentazione di bordo, e, in caso di emergenza, l'eventuale ritorno alla guida diretta dell'aereo, al di fuori di ogni assistenza meccanica.


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Pertanto, sia nella fase attuale dello sviluppo tecnologico, sia nelle fasi che porteranno alla completa automazione del volo, l'efficienza psico- fisica del personale aeronavigantc costituirà sempre elemento fondamentale di sicurezza per il traffico aereo. Di qui la necessità di un'accurata selezione dei piloti ai fini della prevenzione degli incidenti aerei. Particolare valore assume, nel quadro di tale selezione, l'esame della funzione visiva del pilota, per le caratteristiche precipue dei compiti di osservazione e di controllo connessi con la guida del velivolo. Riteniamo pertanto di un certo interesse esporre in questa nota i diversi metodi di esame dell'organo visivo, nei suoi vari aspetti funzionali, in rapporto con le particolari prestazioni richieste al personale aero- navigante. L'esame funzionale dell'organo visivo, nelle visite di ammissione degli aspiranti al servizio di navigazione aerea ed in quelle di controllo del personale aeronavigante mira particolarmente a determinare: r) l'acutezza visiva centrale e periferica, 2) il senso luminoso, 3) il senso cromatico, 4) la percezione della distanza e della profondità ed il senso stereoscopico, s) la motilità oculare.

I. - ESAME DELL'ACUTEZZA VISIVA I. - A CUTEZZA VISIVA CENTRALE.

Mentre nella deambulazione ordinaria l'uomo, con visione normale, distingue esattamente tutti gli oggetti che lo circondano, aumentando la rapidità del suo movimento, come .durante un viaggio, in ferrovia o in aeroplano, la visione diviene indistinta; ciò a differenza di quanto avviene per gli uccelli, che, pur volando velocemente, sono in grado di afferrare la preda, di evitare gli ostacoli, ccc. La ragione per cui col rapido movimento il nostro potere visivo diminuisce ·d ipende dal fenomeno della persistenza delle immagini sulla retina: se queste si succedono lentamente, danno eccitazioni separate; se, invece, si succedono con una certa rapidità, l'eccitazione diviene continua, similmente a quanto avviene per la contrazione dei muscoli, che diviene continua quando gli stimoli si succedono con una certa rapidità, avendosi così quello stato di contrazione che costituisce il teta11o. Come per il muscolo, gli stimoli che si susseguono con la rapidità di un decimo di secondo danno luogo al tetano, così per il nostro occhio le


immagini che si susseguono con una rapidità superiore ad un decimo di secondo, si fondono in una sensazione continua. Sicchè le impressioni visive possono essere percepite distinte quando non sorpassano il numero di ro per secondo. Questo limite rappresenta l'indice della velocità di reazione. E' evidente che, data la velocità raggiunta dai moderni aeroplani, sproporzionata alla rapi,dità di reazione della nostra retina, non è possibile una visione distinta del terreno su cui si vola; sorpassando una data velocità, vengono a mancare del tutto al pilota i dati visivi necessari per l'orientazione, e si rende indispensabile sopperire con l'uso di strumenti di bordo. In condizioni normali si calcola che il nostro occhio può ,distinguere alla distanza ·dì un piede (33 cm) un oggetto di r f ro mm, che sottenda a un angolo di r' (angolo visivo) (r) e che formi sulla retina un'immagine di mm o,oo43, corrispondente alla base di un cono o di un bastoncello. A un metro, cioè alla distanza tre volte maggiore, occorre che l'oggetto sia tre volte più grande, ossia di mm 0,3, affinchè sia visto sotto lo stesso angolo di r'. A due metri l'oggetto dovrà essere di mm o,6, a tre mm 0,9, a quattro metri di mm 1,2, e così via. Su questi principi è basata la costruzione delle comuni scale ottornctriche di Snellen, .di W ecker, Monoyer, nelle quali l'acutezza visi va è misurata dalla lettera più piccola che a una distanza stabilita può essere distinta da lettere della stessa grandezza, separate esse pure da intervalli di grandezza eguale a quella delle lettere stesse. 2. - AcUTEZZA VISIVA PERIFERICA (campo

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visivo).

L'esame del campo visivo si esegue ordinariamente col perimetro, di cui esistono diversi modelli. Il più comunemente usato nella pratica clinica è quello di Forster (fig. 1), costituito essenzialmente da una lamina metallica semicircolare di 33 cm di raggio, annerita nella parte concava e graduata in quella convessa a partire da o•, segnato nel centro del semicerchio, sino a 90• da entrambi i lati. La lamina è .fissata nella sua parte mediana ad un supporto ed è girevole su un pernio in modo da descrivere un semicerchio. Il soggetto in esame poggia il mento su apposito sostegno in maniera che l'occhio da esaminare si trovi al centro del cerchio di fronte allo o•. L'osser(r) Più propriamente possiamo dire che l'angolo visivo è l'angolo sotteso al punto nodale dell'occhio dallo spazio che separa due punti situati alla distanza minima sufficiente per essere visti separati (minimo separabili). Il minimo reparabile (o acutezza visiva o potere tùolutivo) non è costante, potendo variare col variare dell'intensità di illuminazione ordinaria. L'acutezza visiva è maggiore in corrispondenza della retina extrafoveale, ove prevalgono i bastoncelli, mentre i coni vanno diminuendo man mano che si va verso la periferia, sino a scomparire del tutto. Secondo la teoria della 'duplicità funzionale della retina, a luce ridotta (luce crepuscolare) funzionano i bastoncelli (visione scotopica); a luce più intensa funzionano i coni (visione fotopica).

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Fig. r. - Perimetro di Forster.

vatore, stando davanti all'esaminando, lo invita a fissare un punto bianco corrispondente allo o• della gradazione, tenendo l'altro occhio coperto, mentre fa scorrere sulla faccia interna dell'arco, nei vari meridiani, dalla periferia verso il centro, delle mire, formate da quadratini o da piccoli dischi di varia grandezza da 2 a 20 mm e colorati di bianco, azzurro, rosso e verde. Non appena il soggetto comincia a distinguere il colore, si legge il numero dell a gradazione sull'arco c si riporta sull'apposito ·diagramma. Negli individui normali, i limiti periferici del campo visivo lungo il meridiano orizzontale sono per il bianco circa 90" dal lato temporale e circa 65 dal lato nasale; nel meridiano verticale sono circa 6oo in alto e 70• in basso. Nei nostri istituti medico- legali per l'esame del campo visivo si adoperano il perimetro di Maggiore o quello .dj Goldmann, che sono fra i più moderni.


IL - ESAME DEL SENSO LUMINOSO Preliminari fisiologici. E' di osservazione comune che nel passare da un ambiente illuminato ad un altro buio o 'poco illuminato non si è in grado sul momento di ·distinguere o si distinguono con6usamentc gli oggetti che ci circondano; ma, dopo qualche tempo di permanenza al buio, si riesce a distinguere i particolari di oggetti, che prima non avevano destato nella nostra retina alcuna sensazione visiva. Ciò avviene percbè la sensibilità luminosa della retina diminuisce alla luce ed aumenta nell'oscurità. Questo aumento, rapido all'inizio, diviene tanto più lento quanto più a lung-o l'occhio permane nell'oscurità, finchè, dopo circa tre ore, la sensibilità luminosa rimane costante. Quando la retina, dopo un soggiorno prolw1gato al buio, ha raggiunta la sua massima sensibilità, ·diciamo che essa è adattata; tale stato di adattamento si suole denominare assoluto, per distinguerlo dall'adattamento relativo, ohe corrisponde aUo stato di sensibilità raggiunto dalla retina, quando l'occhio è stato esposto ad una data intensità luminosa costante, qualunque essa sia. Il tompo necessario per ottenere l'adattamento relativo è tanto più grande quanto più grande è La differenza fra l'intensità luminosa alla quale l'occhio è stato esposto e l'intensità luminosa alla quale si adatta. Praticamente, per misure dell'acutezza visiva mediante piccoli aumenti dell'intensità luminosa, il tempo necessario per l'adattamento relativo è di circa 20'. Si è convenuto di distinguere una sensibilità luminosa assoluta o soglia di eccita· mento o minimo visibile, che corrisponde alla più piccola intensità luminosa che l'occhio può percepire, ed una sensibilità luminosa differenziale o soglia differenziale, dhe corrisponde alla più piccola differenza di chiarezza che l'occhio può apprezzare.

Emeralop-ia. E' noto come alcuni individui, apparentemente sani, mostrano una particolare difficoltà a dirigersi di notte in ambienti poco illuminati: essi procedono titubanti o a tentoni, urtano facilmente contro ostacoli, talvolta non sono in grado di fare un passo senza essere guidati. Il disrurb-o visivo si accentua quando questi soggetti passano da un ambiente illuminato ad un altro buio o viceversa, a causa di un ritardato adattamento della retina alle variazioni d'illuminazione. Il più delle volte si trana di individui che non presentano alterazioni apprezzabili dell'apparato sensoriale dell'occhio e il cui disturbo funzionale è ([ovuto a peculiari condizion-i morbose extraocu lari, che è possibile jn molti casi individuare mediante l'esame clinico generale. La deficienza visiva crepuscolare, detta emeralop-ia o cecità crepuscolare, costituisce un grave ostacolo alla normale attività, qualunque sia la causa che la determina. Specialmente al pilota occorre per i vd1i notturni un senso luminoso perfetto ed una capacità di adattamento rapido ai diversi gradi d'illuminazione, non solo perchè egli deve passare istantaneamente dall'osservazione degli strumenti di bordo a quella dello spazio, per esplorare il terreno che sorvola, per dirigere la rotta, per avvistare obiettivi militari o la p resenza di altri apparecchi in volo, ecc., ma anche perchè può trovarsi spesso in condizioni d'illuminazione bruscamente variabili, come accade quando è investito dalla luce dei proiettori durante l'atterraggio su un campo illuminato. I disturbi del senso luminoso si possono presentare sotto tre forme : possiamo avere soltanto un perturbarnento della soglia di eccitabilità luminosa retinica o un perturbamento dell'adattamento al buio, oppure l'uno e l'altro insieme.

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METODI DI ESAME

L'esame del senso luminoso viene praticato con diversi metodi, di cui i ?-ù comuni sono: l'esame con i fotometr•i e l'esame con le tavole a grada~ zioni grigie. Esame con i fotometri. ~ Esistono svariati tipi di fotometri. Di questi il più semplice è il fotometro di Forster (1). Il fotometro di Forster (fig. 2) è costituito da una cassetta quadrangolare, la cui parete anteriore è munita di due fori, ai quali si applicano gli occhi,

Fig. 2 . - Fotometro di Forste.r . (da fiSCHER).

(r) Molto noto, anche nella nostra aviazione, per la su~ semplicità e praticità, è il fotometro di Birsch - Hirschifeld. Per una più esatta misurazione del senso luminoso è consigliabile però l'adattometro di Nagel, che consente .di determinare il tempo di adattamento all'oscurità oo iJ grado di visione crepuscolare nelle zone di retina da osservare. Infine tra gli apparecchi più moderni dobbiamo menzionare anche quello di Maggiore, col quale è possibile misurare con precisione l'intensità della sorgente luminosa mediante la cellula fotoelettrica.


mentre quella posteriore porta internamente un foglio bianco, sul quale sono tracciate delle strisce nere di I- 2 cm di larghezza. Una candela annessa all'apparecchio manda la luce nell'interno attraverso un altro foro , che si può chiudere ed aprire mediante un .diaframma graduato in maniera da poter ottenere ampiezze diverse. Prima d'iniziare l'esame, che si esegue in camera oscura, bisogna lasciare l'esaminan·do per 15-20 minuti con gli occhi bendati per il necessario adattamento al buio. Lo si invita poi a guardare nella cassetta e si apre il diaframma gradatamente sino a quando egli distingue le linee nere del fondo. Da un soggetto con un senso luminoso normale le strisce nere vengono distinte con un'apertura di 2 mm. Quando si sorpassano tali limiti, è segno che esiste tma diminuzione .del senso luminoso. Se, ad esempio, per distinguere le strisce nere occorre tm 'apertura di 8 mm, si dirà che il senso luminoso è di r l 4 del normale.

Esame con le tavole a gradazioni grigie. - Questo metodo d'esame non consente misurazioni esatte, ma può riuscire utile quando si richiede soltanto una determinazione approssimativa del senso luminoso. Dei vari tipi di tavole a gradazioni grigie il più razionale è quello di Treiter, costituito .da undici quadratini di un centimetro quadrato di lato di chiarezza decrescente sul fondo nero. Il soggetto da esaminare deve essere situato ad un metro di distanza dalla tavola: se egli distingue la prima gradazione, ha senso luminoso (L) normale; se distingue soltanto la seconda, ha L = T 12, se la terza, ha L = rl3, ecc. Per quanto riguar.da i limiti della capacità visiva notturna richiesta per l'ammissione al pilotaggio aereo, le opinioni sono discordi. Beyne e Worms, dopo esperienze comparative tra la visione notturna sul terreno e l'illuminazione in camera oscura, posero 51roo di acutezza per i piloti or.dinari e 7 l roo per i piloti specializzati nelle operazioni notturne, con una illuminazione di o,oo15 lux, dopo 20 minuti di adattamento. Nutting propone come intensità media d'illuminazione notturna o,OIIJ lux. Occorre notare che le condizioni .di visibilità durante il volo notturno variano molto, sia in rapporto alle condizioni meteorologiche, sia in rapporto all'intensità e qualità .d'illuminazione artiilciale degli strumenti di bordo. Per quanto riguarda l'illuminazione di bordo, Beyne ritiene più adatta la luce rossa. Però si osserva che l'adattamento alla luce rossa fa sì che i segnali luminosi vengano vist!i scoloriti e non possono essere distinti a grande distanza.


145 Talenti e Mei11eri, sperimentando in camera oscura con luci di vario colore (rosso, giaJJo, verde e bleu), ma di uguale intensità ai fini della visione, hanno trovato che esse disturbano in eguale misura l'adattamento retinico. La miopia spaziaie. - Nel 1783 Lord Rayleigh riferiva di aver osservato su se stesso, stando n ell'oscurità, una miopia di circa I diottria; ma non fornì alcuna spiegazione del fenomeno. Mol ti anni dopo, nel 1926, Beyne e Worms, nel corso di alcune ricerche sulla visione crepuscolare, osservarono che i soggetti esaminati mediante gli anell i di Landolt, illuminati con o,oo15 lux, dopo un istante di fissazione, avvertivano un notevole oscuramento dell'immagine, che appariva di nuovo chiara, se, dopo aver chiusi gli occhi per qualche minuto, li riaprivano. I due AA. ritennero che il fenomeno fosse dovuto allo sforzo di ace~ modazione necessario per distinguere la mira ed alla concomitante contrazione pupillare, per cui, alla già ridotta luminosità dell'immagine retinica, si aggi ungeva la riduzione della luminosità per la minore ampiezza della pupilla.

Sclmpfer, in seguito, esaminò il fenomeno della " miopia notturna » su

150 soggetti con e senza installazione di atropina, tutti giovani dai 18 ai 25 anni, con visione crepuscolare pari a IO/ IO non corretta. In tutti i soggetti, durante la permanenza al buio, osservò una miopia variabile da 0,75 a 1,50 in quelli atropinizzati e tra 0,75 e 2,50 (nei casi estremi sino a 2,75) in quelli non atropinizzati; in 7 casi nei quali la miopi a fu di zero ·diottrie si rilevò l'esisten za d i un a ipermetropia, per cui anche essi nella visione di notte si comportarono come miopi. In base a tali ricerche, eseguite presso l'Istituto di Arcetri, diretto dal prof. Ronchi, l'A. giunse alla conclusione che la miopia notturna era dovuta allo spostamento a distanza finita del punto remoto dell'occhio, che a luce diu rna, in un soggetto normale, trovasi all'infinito, verificandosi così le condizioni dell'occhio miope. In questo fenomeno avrebbe molta importanza la aberrazione cromatica dell'occhio e in minor misura l'aberrazione sfenca. . I~ q uesti ultim i tempi Wh1teside (1), con accurate ricerche ha messo tn cvtdcnza che gli aviatori, durante i voli a grande altezza in un campo vuoto e tmiforme, come quello rappresentato dalla volta celeste o dal cielo coper_to 'Uniformemente da nubi o da nebbia, oppure di notte nella completa o~urttà, si m anifestava un fenomeno simile alla miopia notturna che denommò ":iopia spaziale o da campo t•uoto. Il fenomeno è stato attribuito allo stato d1 assoluto riposo dell'occhio, che determina un'incapacità dell'occhio

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( •) wlUTESIDE

T.C.D.: Acrospaa Medicine, vol. 32, pagg. 710-725, 19(}1.


stesso di adattarsi a distanza infinita e un avvicinamento del punto remoto sino a r - 2 metri. Notevole importanza, sullo stesso argomento, hanno le ricerche di Niischuler e Terrana (r) eseguite mediante l'attometro ideato da Cialdea e Bagolini. Tali ricerche hanno consentito di constatare notevoli variazioni nelle distanze ·del punto remoto in visione scotopica, ma non necessariamellte nel senso miopico. Inoltre i due autori non ritengono, in base alle loro osservazioni, di poter escludere quali probabili cause della miopia notturna e di quella spaziale alcuni fenomeni ottici ritenuti validi dai precedenti ricercatori, quali le aberrazioni sferiche e cromatiche e l'effetto Purkinje. Pertanto, il vero meccanismo di tale fenomeno, di cui è evidente l'importanza pratica, anche nel campo della medicina aeronautica sarà oggetto di più approfondito studio.

III. - ESAME DEL SENSO CROMATICO Pre/imin ari fisiologici. Il s~nso cromatico può definirsi la facoltà che ha l'occhio di distinguere i colori e di apprezzare le diverse gradazioni intermedie risultanti dalla fusione di uno o pilì di essi. E' noto che la luce solare è un miscuglio di luci elementari, ossia di raggi luminosi di diversa lunghezza d'onda. Ciò fu dimostrato per la prima volta da Newwn, che col suo noLo esperimento ottenne la scomposizione ·della luce bianca in luci elementari di vario colore, che, raccolte su uno schermo formavano nell'insieme lo spettro solare. Il posto che ciascun colore occupa nello spettro dipende dalla sua lunghezza d'onda. Il rosso è quello che ha la maggiore lunghezza d'onda; poi vengono, in ordine decrescente, l'arancion~, il giallo, il verde, !'azzurro, l'indaco e il violetto. Si comprende che, col crescere del numero delle vibrazioni che si succedono nell'unità di tempo, cresce la velocità di propagazione, della luce e conseguentemente la sua refragibilità, essendo quest'ultima in ragione diretta della velocità di propagazione stessa. Sicchè, procedendo dall'estremo rosso all'estremo violetto, diminuisce la lunghezza d'onda, e si ha invece aumento del numero delle vibrazioni c della refrangibilità delle luci componenti lo spettro solare.

Colore dei corpi. Dai colori spt:tJrali, che si ottengono scomponendo la luce bianca nelle sue diverse luci elementari, dobbiamo distinguere i colori dci corpi o colori pigm~ntari, i quali derivano dalla proprietà che hanno i corpi di assorbire certi raggi e di rifletterne altri (corpi opachi), oppure di estinguere alcuni raggi e di lasciarsi attraversare da altri (corpi diafrani).

(1) NuscHULER e TERRANA: Riv. di Medicina Aeronautica e Spaziale, Anno XIX, vol. 29, aprile- giugno 19(56.


Un corpo apparirà bianco, se è capace di riflettere tutti i raggi componenti la luce bianca : nero, se è capace di assorbirli tutti; apparirà colorato, ad esempio, di giallo, se assorbe tutti i raggi luminosi tranne i gialli. Costanti del colore. Ogni colore è caratterizzato da tre qualità, dette le tre costanti del colore, e cioè: il tono, la satt4raziom:, l'intensità. Il tono è dato dalla posizione che occupa il colore nello spettro e quindi dalla maggiore o minore lunghezza d'onda. Ciascun colore spettrale costituisce dunque un tono cromatico e tutte le derivazioni intermedie non sono che altrettante gradazioni di tono. La saturazione dipende dalla quantità di bianco che si trO\'a mescolata al colore. Ogni colore dello spettro, essendo costituito esclusivamente da raggi cromatici, si dice saturo nello stretto senso della parola, mentre i colori pigmentari non sono mai saturi, perchè sempre mescolati con una cerra quantità di bianco. Per questi ultimi si ha quindi la saturazione relariva, il cui grado aumenta col diminuire della quantità di bianco che viene mescolato. L'intensità di un tono cromatico è data dalla quantità di luce che lo determina c non deve essere confusa con altra qualità propria a ciascun colore spertrale, la luminosità o chiarezza, In quale è mas~ima per i colori di mezzo dello spettro e va diminuendo verso le due estremità. &

discromatopsie.

Si ammette che tutte le sensazioni colorate di cui l'occhio è capace risulta dalla eccitazione di tre diverse componenti della sensibilità cromatica (teorie di Joung- Helmoltz e di Hering) e cioè quella del rosso, quella del verde e quella del violett~. Si sono chiamati tricromati normali gli individui che posseggono tutti e tre questi componenti cd hanno quindi una normale sensazione per i tre colori fondamentali. Coloro che mancano di uno di questi componenti sono detti dicromati, e vengono distinti in proumopi. se mancano del rosso, deuteranopi, se mancano del verde, tritanopi, se mancano del violetto. Sono detti invece monocromati coloro che mancano di due dei tre componenti, e perciò hanno la percezione di uno solo dei tre colori fondamentali. Eccezionale è la cecità totale per i colori o acromasia , per assenza di tutti e tre i componenri. Coloro che ne sono affetti (aeromoti) vedono tulto grigio con diverse gradazioni di chiarezza, corrispondenti ai diversi toni cromatici, ma senza alcuna traccia di colore. Una forma di discromatopsia congenita, che ha notevole importanza per le visite d'ammissione al pilotaggio, è il cosiddetto daltonùmo relativo o tricromasia abnorme. Gli individui che ne sono affetti dimostrano un senso cromatico apparentemente normale, c perciò sono capaci di distinguere, come i tricromati, tutti i colori dello spettro; ma alle prove delle eguaglianze cromatiche si dimostrano difettosi. Il miscuglio rosso+ verde = giallo per alcuni tende al rosso, ed è necessario aggiungere una maggiore quantità di verde per avere la sensazione identica al giallo; per altri tende al verde e bisogna aggiungere maggiore quantità di rosso per ottenere la stessa sensazione del giallo. Di qui la classificazione dei tricromati in due categorie: tricromati normali e tricromati anormali. Questi ultimi furono distinti in protanomali o anomali per il rosso e in deuteranomali o anomali per il verde. Hess ha proposto di designare come affetti da relativa visibilità del verde i -primi, e da relativa visibilità del rosso i secondi, considerando che i primi vooono, ((relativamente » al normale il miscuglio verdastro, i secondi lo vedono rossastro.


Per semplicità sono preferibili le denominazioni di anomalie pel rosso nel primo caso e di anomali pel verde nel secondo caso (Ovio), oppure quella di daltonismo relativo contrapposta all'altra di daltonismo assoluto con la quale viene designato il daltonismo vero e proprio (Blum- Schaff). Dai disturbi congeniti della visione cromatica vanno distinte le discromatopsie acquisite, che si veriiicano in diverse affezioni oculari (neuriti, reriniti, ecc.). Esse si accompagnano quasi sempre ad alterazioni caratteristiche ded campo visivo, sia sotto forma ·di scotoma centrale che di restringimento concentrico. Spesso vi si associano disturbi della visione centrale ed alteraz.ioni del fondo oculare, che si mettono in evidenza con l'esame oftalmoscopico. Classificazione e ft·eqru:nza delle discromatopsie congenite. Pratrcamente possiamo classificare le varie forme di discromatopsie congenite come appresso: I. - Discromatopsia assoluta o daltonismo assoluto: r) Discromatopsia assoluta o daltonismo assoluto per il rosso - ver-de: a) protanopia (discromatopsia per il rosso); b) deuteranopia (discromatopsia per il verde).

2) Discromatopsia assoluta o daltonismo assoluto per il giallo- azzurro. 3) Acromatopsia (cecità per tutti i colori).

IL - Discromatopsia relativa o daltonismo relativo o anomalia cromatica: r) Discromatopsia relativa o daltonismo relativo .per il rosso- verde: a) protanomalia (discrom. relat. per il rosso); b) deuteranomalia (discrom. relat. ·per il verde).

2) Discromatopsia relativa o daltonismo relativo per il giallo - azzurro. La forma di gran lunga più frequente .di discromatopsia congenita è quella per il rosso- verde.

METODI DJ ESAME

L'esame del senso cromatico nelle visite ·del personale aeronavigante va praticato col massimo rigore, avendo presente che qualsiasi specie e grado di discromatopsia è incompatibile col servizio di navigazione aerea, data la necessità, specialmente per i piloti ed osservatori, di riconoscere da notevole distanza, e spesso attraverso la nebbia e il fumo, il colore delle segnalazioni luminose e dei fari, che di notte indicano al pilota se il campo di atterraggio è libero. Lo stesso .dicasi per i fanali che gli aeromobili in volo devono portare per le segnalazioni ai campi di atterraggio. I colori usati, sia per le segnala-


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zioni che per i fari, sono il rosso, il verde, e il giallo, ossia i colori che più facilmente vengono scambiati dai daltonici. La perfetta capacità di distinguere i colori è necessaria ai piloti ed osservatori anche per l'esatto riconoscimento del terreno, che, visto dall'alto, presenta quella varietà di colori che ne caratterizzano la natura e permettono anche, in base a minime differenze di tinte, di giudicare se sia possibile un atterraggio di fortuna o di riconoscere la presenza dì opere militari, quando si eseguono rilievi topografici a scopo bellico. Accenneremo ai metodi più in uso per l'esame delle visioni dei colori: I. - Esame con le lane Holmgreen. - Il metodo più comunemente usato anche in Italia per l'accertamento delle discromatopsie era un tempo quello di H olmgreen, che si esegue mediante un certo numero di matassine di lana di vari colorì : si mostra al soggetto in esame un ca m pione verde chiaro e lo si invita a scegliere tutte le matassine che gli sembrano simili al campione. Lo stesso si fa per il rosso porpora e per il rosso chiaro. Si possono eseguire altre prove1 ma non si ha mai la sicurezza di poter escludere con questo metodo l'esistenza di una discromatopsia relativa.

Esame con Le tavole pseudoisocromatiche. - Più sicura è la ricerca delle discromatopsie mediante la lettura delle tavole pseudocromatiche. Queste tavole furono ideate da StiLli11 g allo scopo di raggruppare in diverse maniere dei colori di con fusione, che, visti da un soggetto normale, appariscono differenti, mentre, visti da un discromatopsico, sembrano tutti di una stessa tinta. Esse sono formate da piccole macchie irregolari o dischi colorati in maniera che alcuni di essi compongono nel loro insieme una cifra, mentre gli altri, che corrispondono al colore di confusione, costituiscono il fondo. Sullo stesso principio sono state eseguite le tavole d'Ishihara, quelle dì Green, quelle di Schaff e Blt4-m . Queste ultime sono costituite da piccoli poligoni di grandezza differente; alcuni colorati in modo da formare l'anello di Landolt e gli altri, destinati a formare il fondo, colorati col colore di confusione corrispondente. Nell'eseguire l'esame con le tavole pseudoisocromatiche, bisogna badare che queste siano lette alla distanza prescritta e con buona illum inazione diurna, facendo situare l'esami nando con le spalle rivolte alla finestra e tenendo davanti a lui le tavole in posizion e verticale. 2. -

3· - Esame con le luci colorate. - Viene eseguito con le comun i lanterne a luci colorate. Qualunque sia il metodo d'esame del senso cromatico, i pareri dei vari autori sulla validità degli attuali metodi in uso sono tuttora discordi. Ciò deriva dal fatto che le nostre cognizioni sulla vera essenza dei disturbi della v~sione colorata sono ancora imperfette e molti giudizi si basano su conceztoni teoriche, che non hanno riscontro nell'osservazione clinica. Accade in-


fatti che ove si voglia tradurre in pratica i risultati dell'esperimcntazione scientifica, si rimane disorientati nella scelta del metodo che meglio risponda alle esigenze degli esami professionali. A parte le suddette considerazioni, nell 'esaminare il senso cromatico di un aspirante al pilotaggio aereo, bisogna aver presente che molti daltonici riescono con l'educazione a distinguere i colori soltanto dalle minime differenze di luminosità. Ma in date circostanze di scarsa luminosità (nebbia, abbagliamento, contrasto fra due colori vicini, come nel caso in cui una luce bianca, vicina ad una luce rossa, viene scambiata per verde) il soggetto può commettere dei fatali errori. In Italia, presso gli Ist1tuti medico -legali dell'Aeronautica, il senso cromatico viene esaminato con le tavole pseudo - isocromatiche di Ishihara. O ve si voglia ottenere una classificazione più completa, si consiglia adottare il metodo di Farsworth (roo Hue) (r). Nei casi previsti dall'emendamento 152 all'annesso I dell'I.C.A.O., dovrà essere esaminata la percezione dei colori per trasparenza mediante la lanterna a luci colorate.

IV. - ESAME DELLA PERCEZIONE DELLA PROFONDITÀ ESAME STEREOSCOPICO Preliminari fisiologici. Lo spazio visivo si proietta sulla nostra retina sotto forma d 'immagine piana, ossia d'immagine a due sole dimensioni (estensione in longitudine ed estensione in latitudine), simile a quella di un paesaggio che vediamo disegnarsi sullo schermo della macchina fotografica. Tuttavia noi percepiamo lo spazio sotto tre dimensioni, che, per semplicità, possiamo ridurre a due: estensione in superficie ed estensione in profondità: questa ultima è detta comunemente terza dimensione. La nozione della profondità o della terza dimmsione o senso del rilievo, deruva dalla facoltà che noi abbiamo di apprezzare le differenti distanze che ci separano dagli oggetti del mondo esterno o dalle parti di uno stesso oggetto ed è legata ad un complesso di fattori psicofisiologici, che intervengono in misura diversa nell'atto visivo. La nozione della profondità o della terza dimensione non si deve confondere con un altro fenomeno visivo, detto comunemente visione stereoscopica, ma che potrebbe definirsi illusione ottica del rilievo.

( 1) Questo metodo di esame consiste nel presentare all'esaminando un test costituito da una serie di 85 dischetti colorati rappresentanti tutta la gamma di colori spettrali e non spettrali ripresi dall'atlante dei colori di M unse/l. Le risposte vengono riponate in cifre su apposito grafico, che consente di classificare, in base al numero totale degli errori commessi, i soggetti sottoposti ad esame in soggetti con percezione cromatica elevata (valori compresi fra 20 e So), in soggetti con scarsa percezione cromatica (valori sopra gli So). Con questo test è possibile m ettere in evidenza le più lievi anomalie del senso cromatico.


La v1s1one stereosco{'ica deriva dalla proprietà che ha il nostro organo visivo di fondere deUe immagini prospettichc geometricamente dissimili d'uno stesso oggetto. Se, ad esempio, si prendono due fotografie di un paesaggio, spostando per ciascuna fotografia la macchina fotografica di una distanza eguale a quella che intercede fra i due occhi, si avranno due immagini dello stesso paesaggio, che, osservato allo stereoscopio. <lanno l'illusione di una immagine unica a rilievo. I due fenomeni, per quanto diversi hanno lo stesso meccanismo fisiologico. Alla nozione della profondità o percezione del rilievo concorrono, come è noto, vari altri fattori, tra cui i più importanti sono : la grandezza apparente degli oggetti, la prospettiva aerea, le ombre, lo spostamento para/lattico, i mov-imenti di convergenza e di accomodazione degli occhi. Dalla grandezza apparente di un oggetto, ossia dall'impiccolimento che esso presenta per la sua lontananza, possiamo farci un'idea delia ,distanza, quando ne conosciamo la grandezza reale. Per prospet~iva aerea s'intende la maggiore o minore luminosità, nettezz-a e precisione delle immagini retiniche io rapporto alla minore o maggiore densità degli strati d'aria che separano l'osservatore ·dagli oggetti Questo elemento di giudizio è però spesso illusorio per la variabilità delle condizioni atmosferiche; se infatti l'atmosfera contiene molto vapor d'acqua, noi g;iudichiamo gli oggetti lontani, come case, colline, ecc., più lontani e quindi più grandi ,di guanto sono in realtà; il contrario avviene quando l'aria è molto pura, come è di regola a grandi altezze. Alla •prospettiva aerea si deve anche il fatto che il sole e la luna ci sembrano p iù grandi quando sono all'orizzonte che non allo Zenit, pur conservando la medesima grandezza angolare; all'orizzonte noi li vediamo attraverso uno strato d'aria più spesso, per cui li giudichiamo più lontani e per conseguenza più grandi (Tscherning). Le ombre influiscono sull'apprezzamento delle distanze, in quanto un oggetto che proietta la sua ombra w una superficie deve trovarsi più vicino a noi che non la SIUperficie stessa. Lo spostamento parallattico, ossia lo spostamento apparente del punto fissato rispetto al punto non fissato, che si percepisce nei cambiamenti dj posiz.ione dell'occhio, è un mezw indiretto ,di apprezzamento della distanza, di cui si serve specialmente il monocolo. Nel caso della visione monoculare l'apprezzamento della distanza si basa sulla comparazione delle immagini retiniche successive, che cambiano posizione per ogni nuova posizione dell'occhio. Ma nella visione ordinaria, quando fissiamo un oggetto con i due occhi, ciascun occhio riceve un'immagine prospettica dell'oggetto: poichè i due occhi non sono situati nello stesso punto, le due immagini retiniche sono differenti e la differenza sarà tanto più pronunziata quanto più vicino è l'oggetto. In questo caso il confronto non si fa tra immagini successive, come avviene nella visione monoculare, in cui l'immagine cambia posizione per ogni nuova posizione dell'occhio, ma tra immagini simultanee. Ciò potrebbe spiegare perchè noi giudichiamo le distanze megiio colla visione binoculare che con quella monoculare, in cui il confronto tra le immagini, essendo affidato alla memoria, è difettoso. Importanza della percezione della distan.za e della profondità in avtazzone.

Di particolare interesse è lo studio della percezione della profondità e dei suoi fattori nel campo della medicina aeronautica. E' noto come l'apprezzamento della distan~ c della profondità abbia importanza soprattutto nell'atterraggio del velivolo per giu?tcare esattamente la propria altez,za rispetto al terreno, la distanza da altri apparecchi lll volo, da ostacoli, la qualità del terreno, ecc.


Fondandosi su alcuni dati statistici sugli infortuni a\•iatori, \'art autori sostengono che buona parte delle sciagure che si verificano in atterraggio siano causate da inesatto apprezzamento della distanza e della profondità. Altri ritengono che la visione binoculare non sia necessaria per la riuscita dell'atterraggio, quando si tratti di av iatori già esperti. fongoloed riferisce di aver seguito su un certo numero di aviatori il scgueme esperimento: a ciascun pilota faceva eseguire 5 atterraggi, prima con i due occhi, poi con l'occhio sinistro bendato. L'atterraggio era controllato dallo stesso pilota, da un altro pilota a bordo e da un terzo pilota a terr:L . essuna differenza sarebbe stata notata nell'esecuzione tecnica della manovra di atterraggio, per quanto la maggior parte dei soggetti sottoposti all'esperimento abbia avvertito, dopo l'esclusione di un occhio, una certa difficoltà nell'apprezzamento della distanza. In occasione di un congresso della Società Oftalmologica del Regno Unito, il Guilfoile, ufficiale superiore doli' Aeronautica inglese, invitato a riferire sulle proprie impressioni di volo come monocolo, dichiarava che i primi atterraggi eseguiti dopo la perdita dell'occhio erano piuttosto difficili ed imprecisi, perchè, guardando dall'apparecchio con l'occhio sinistro superstite, il terreno gli sembrava più vicino di quanto non fosse in realtà ed iniziava troppo presto la manovra di atterraggio. Per riuscire ad atterr are correttamente egli imparò ad iniziare l'atterraggio quando già credeva di toccare il suolo. Più tardi, con l'uso degli apparecchi plurimotori, incontrò nuove difficoltà nell'atterraggio; ma col tempo si abituò ad atterrare anche con questo tipo di apparecchio. Sottoposto a visita di controllo, •potè dimo!>trare molta esatte-.tza ndl'atrerraggio, per cui fu lasciato in servizio. In Inghilterra, a quanto riferisce Brad~y, sono stari trattenuti in servizio numerosi aviatori che erano diventati monocoli.

Iivingston considera come piloti monoculari, quelli che, pur avendo entrambi gli occhi, ne escludono uno dall'atto visivo binoculare, c come unioculari quelli che sono ciechi da un occhio. La dr.ffercnza fra i due gruppi è soprattutto nel campo visivo. Le ragioni per le quali taluni piloti monocoli vengono mantenuti in servizio risiedono soprattutto nelle note\·oli capacità tecniche che essi dimostrano di possedere. Tra le ragioni per le quali i pilori monocoli non devono essere mantenuti in servizio Iivingston annovera anzitutto il restringimenro del can,po visivo, che si accentua con l'uso degli occhiali protettivi. Un altro pericolo è rappresentato dalla possibilità che un corpo estralleo venga a colpire l'unico occhio del pilota, mettendolo q uindi nell'impossibilità di vedere. L'appre-aamento della distanza infine è in questi individui poco sicuro, onde riesce particolarmente difficile un atterraggio di fortuna in un luogo non conosciuto. Colajanni ha seguito alcune osservazioni su r8 soggetti con ambliopia monoculare, strabici od anisometropi, molti dei quali vanno considerati praticamente monocoli. In tali soggetti fu determinata mediante l'« apparecchio a tre aste n, la percezione della profondità alla distanza di cinque metri, eseguendo per ciascuno non meno di tre prove consecutive.

Da que~te osservazioni risultarono i seguenti dati:

a) nelle anisometropie con differenza di visus tra i due occhi da 3/ ro a 6f ro esiste sempre una deficienza della percezione della profondità variabile da soggetto a soggetto e, comunque, non proporzionata in tutti j casi al grado di anisometropia, essendosi riscontrato per differenza di 4/ ro di visus tra i due occhi errori di 20 mm in un caso, di So mm in un altro caso : per differen~ze di visu s dj 6jro tra i due occhi errori di 20 mm in un caso, di 82 mm in un altro caso;


b) negli anisometropi con differenza di ''isus tra i due occhi di 9/ xo e di rof iO, che possono considerarsi, in rapporto alla percezione della profondità, come monocoli, ~i c;ono avuti errori da 6o a So mm; c) nei casi di strabismo di lieve grado la deficienza di percezione della profondità non ha suoerato i 20 mm di errori, mentre nei casi di strabismo di medio c di alto grado, da ~onsiderarsi anch'esili com<:: monocoli, la deficien7a della percezione della profondità è stata molto elevata;

t{) nei monocoli, per ambliopia grave, si ha sempre un notevole grado di deficienza della percezione della profondità. Benchè queste osservazioni non consentano di giungere a conclusioni definitive, che richiederebbero uno studio molto più approfondito, sono tutravia sufficienti a dimostrare se non altro, l'imponan7a della visione binoculare nella percezione della profondità, specie se si consideri che su varie centinaia di soggetti con visione binoculare normale e acutezza visiva pari a ro / to in entrambi gli occhi, sottoposti alla stessa pro,·a c con lo stesso apparecchio, la media degli errori non ha superato i 15-20 mm. Si potrebbe obbiettare che non mancano esempi di piloti, divenuù monocoli, che hanno potuto conùnuare ad esplicare la loro normale attività di volo senza il minimo incidente, come è il caso sopra citato del Guilfoyle, al quale possiamo aggiungere quello dell'americano Post, che fece il giro del mondo, del pilota di guerra Bongartz od altri. Si tratta di casi eccezionali, che non autorizzano a stabilire il principio che tutti siano in grado di \'olare con un solo occhio, nè a ritenere che la visione binoculare non sia indispensabile per il giudizio della distanza e della profondità. Sah-o i casi di piloti di provata capacità, che, malgrado la loro deficienza visiva, consen ino integra la visione periferica e dimostrino di essere in grado di atterrare senza difficoltà con qualsiasi apparecchio, a noi sembra che l'esclusione dal volo di aviatori con abolizione o riduzione della funzione visiva di un occhio non merita neppure di essere discussa. Nessuna eccezione può essere consenùta per i piloti addetti ai trasporti. Per gli aspiranù al pilotaggio aereo sia civile che militare gli errori di percezione della profondi~à superiori a 20 mm (apparecchio a tre aste) dovrebbero essere causa di inabilità.

METODI DI ESAME

Esame co11 l'apparecchio a tre aste. - I vari tipi di apparecchi comun emente usati per questo genere di esame sono costituiti essenzialmente da tre aste verticali, di cui una centrale fissa a due laterali scorrevoli, comandate a distanza m ediante corde in modo da poter essere spostate avanti e indietro in rapporto all'asta centrale. L'esaminando, situato alla distanza di circa 3 mm, viene invitato a disporre le tre aste nello stesso piano e gli errori sono letti sopra una scala grad uata in mm. Questi tipi di apparecchi, un tempo in uso anche nella nostra aviazione, mal si prestano per un'illuminazione uniforme e costante, indispensabile q uando si vogliono ottenere risultati attendibili. Inoltre questi apparecchi offrono all'esaminando la possibilità di apprezzare indirettam ente la posizione delle aste, o mediante le ombre che si proiettano sulla parete poste-

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riore, o mediante altri punti di repere, quali, ad esempio, l'estremità delle aste per le loro variazioni apparenti di altezza durante gli spostamenti in avanti e indietro. Nell'intento di eliminare tutti questi difetti, Colajanni ha fatto costruire un nuovo modello di apparecchio a comando elettrico con illuminazione propria (fig. 3). Tale apparecchio consta essenzialmente di una scatola di legno rettangolare, internamente verniciata in bianco, di 45 cm di altezza, 47 cm di larghezza e 6o cm di lunghezza, provvista anteriormente di un'apertura ovale, attraverso la quale sono visibili 3 asticelle di 4 mm di sezione,

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Fig. 3· - Apparecchio di Colajanni per l'esame della percezione della profondità.

verniciate in nero, una centrale fissa e due laterali mobili, comandate elettricamente a distanza mediante una cloche. Manovrando la cloche s'imprimono alle due asticelle laterali dei movimenti di va e vieni: l'esaminando deve cercare di disporre sullo stesso piano di quella centrale le asticelle laterali. Gli errori sono letti su una scala millimetrata situata su una delle pareti laterali dell'apparecchio. Esame stereoscopico. - Per tale esame si fa uso nella pratica ordinaria di un comune stereoscopio tipo Brewstcr, costituito da due lenti prismatiche o più esattamente da <:lue mezze lenti biconvesse con base all'esterno, scpa-


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rate da un tramezzo verticale. Le lenti producono un certo ingrandimento e, per l'azione prismatica, fanno sì che si ha bisogno di divergere gli occhi per mettere le linee visive in parallelìsmo. Le due figure prospettiche si sovrappongono in una immagine a rilievo. Quando si vuole ottenere la riproduzione stereoscopica di un oggetto o di un paesaggio, si prendono due fotografie dell'oggetto o .del paesaggio da due punti diversi che abbiano tra loro una distanza eguale a quella che intercede fra i due occhi (6o- 6s mm). Amnentando questa distanza, si ottiene un effetto stereoscopico maggiore.

Esami con i tests. - I tests costruiti di Pullflich per l'esame della visione stereoscopica riproducono due oggetti, di cui uno principale ed uno accessorio; quest'ultimo presenta, in rapporto all'altro una piccola differenza di profondità, che misura l'acutezza visiva stereoscopica. Sullo stesso principio è stato costruito lo stereotest di Wirt in uso presso l'Istituto Medico -legale dell'Aeronautica di Roma (fig. 4).

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Fig. 4· - Stereotest di Wirt.


Secondo Cantonet l'esame allo stereoscopio è preferibile a quello con l'apparecchio a tre aste, poichè nelle prove con quest'ultimo non interviene unicamente la visione binoculare, ma altresì la comparazione del diametro apparente ·dell e aste. Secondo altri osservatori, con lo stereoscopio noi utilizziamo soltanto la visione binoculare: le immagini piane non iden tiche dei due occhi si fondono, in un'immagine unica, che, per un fenomeno d 'illusione ottica, dà un 'impressione di profondità, che non è reale. Con l'esame mediante l'apparecchio a tre aste noi utilizziamo non soltanto la visione binoculare, ma altresì la diplopia fisiologica, la C011t'ergenza, la parallasse bi11oculare, che sono clementi essenziali per la percezione della profondità (Thorne).

V.- ESAME DELL'APPARATO OCULO-MOTORE La dinamica ocular~.

La facold di nppprezzare la dilimnza e la profondità è intimamente legata, come si è visto, alla funzione dell'apparato oculo- motore, la cui integrità anatomica e funzionale deve ritenersi fra i requisiti più importanti per l'ammissione al pilotaggio aereo. Se, peraltro, si consideri che un distu rbo della dinamica oculare (paralisi di un muscolo estrinseco, alterazione dci riflessi pupilJari, anisocoria, ecc.), rappresenta spesso per lungo tempo l'unico segno rivelatore di una grave affezione generale (tabc, sifilide cerebrale, lesioni dell'apparato respiratorio, ecc.), appare evidente quanto sia importante nelle visite di ammissione al pilotaggio e in quelle di controllo del personale aero- navigante esaminare attentamente le condizioni statiche e dinamiche dei globi oculari, i riflessi pupillari, la grandezza e la forma delle pupille, l'accomodazione e la convergenza. Nella dinamica oculare ciascun occhio può compiere movimemi di rotazione in tutti i sensi ottorno ad un determinato punto fisso, detto centro di rotazione, e siLUato a circa 13 mm dietro la cornea. A seconda della direzione del movimento abbiamo: -

abduzion~

o rotazione del globo all'esterno;

-

addur::ion~

o rotazione del globo in dentro;

-

elevazion~ o rotazione del globo in alto;

-

abbassamento o rotazione del globo in basso.

A questi movimenti dobbiamo aggiungere quelli in senso obliquo. E' detto punto di mira o di fissazion~ il punto verso il quale l'occhio si dirige nell'alto della visione:. La linea di mira è la retta che unisce il punto di fissazione col centro di rotazione dell'occhio, e coincide presso a poco con la lin~a visiva, ossia la retta che ''a dalla fovea al punto di fissazione, passan<lo per il centro ottico; il piano di mira o piano di sguardo è il piano che passa tra le linee di mira dei due occhi. Diciamo che gli occhi sono in posizione primaria, quando le lince di mira sono parallele tra loro cd il piano di mirn è disposto orizzonta lmente. Tutte le altre posizioni dello sguardo sono dette secondarie.


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E' deuo campo di sguardo l'insieme di tutti i punti che un occhio è capace di fissare ~uccessivameme; esso segna i limiti estremi delle escursioni che !"occhio riesce a compiere nell'atto della visione. Come già si è accennato a propo:.ito della percezione della profondità, si ammette comunemente che le due retine siano funzionalmente collegare fra loro, per una speciale disposizione anatomica degli elementi nervosi, in maniera che l'impressione luminosa ili due determinati punti rctinici, detti punti identici o corrispondenti, si confonde in una sola sensa-t.ione (visione unica !::inoculare), mentre l'impressione di due punti non identici dà la sensazione di due immagini luminose. Tuui i movimenti simultanei dei due occhi o movimenti associati hanno lo scopo di mantenere la visione unica binoculare. Se l'oggetto è situato all'infinito, le due linee di mira si dispongono in direzione parallela tra loro, c ciascuna fovea riceve l'immagine dell'oggetto stesso, avendosi così le condizioni richieste per la ,-isione binoculare distinta. Se, rimanendo im·ariata la distanza, l'oggetto si sposta nel!e varie direzioni del campo di sguardo, i due occhi ne seguono i moviment; conscn·ando il parallelismo delle linee di mira e la visione rimane distinta. Se invece l'oggetto \i avvicina, portandosi a distanza finita, le immagini si spostano all'esterno delle fovee su punti non più identici, e si avrebbe la visione doppia, se i due occhi non provvedessero, per un atto rifles~o, a dirigere in dentro le due linee di mira, riportando le due immagini sulle rispettive fovee: sono questi i movimenti di convergenza o movimenti associati senza parallelismo degli assi. L'atto della convergenza si as~ocia ad altre due specie di movimenti, detti movimenti intrinseci, per distinguerli dai precedenti, che Yengono denominati moYimemi estr111scci. Essi sono : i motnmcntt pupillari, che hanno lo scopo di regolare la quantità di luce, che penetra nell'occhio, 5ia per proteggere la retina dall'azione troppo intensa dei raggi luminosi, sia per ouenere sulle foYee immagini più nette degli oggetti percepiti; i movimenti di adattamento refrattivo o di accomodazione, che scn·ono a regolare l'azione refrangente del sistema diottrico oculare per la percezione distinta degli oggeni a varia distanza.

A.fETODJ DJ ESAME I. - ESAME DELLA

~tOTILITÀ ESTRINSECA.

A) Esame allo stato di riposo. (Equilibrio statico).

Si è detto che la visione unica binoculare è condizionata dalla convergenza delle due linee di mira sullo stesso punto dell'oggetto fissato. T ale stato di normale equilibrio muscolare degli occhi è detto ortoforia. Si designa invece col nome di eteroforia uno stato .di deficit ,del l'equilibrio muscolare, nel quale le due linee di m ira tendono a deviare dal punto fissato, o per un'esagerata convergenza (endoforia o esoforia), o per una insufficienza della convergenza (exoforia), o anche per una tendenza a deviare verso l'alto o verso il basso di una delle due linee .di mira (iperforia). Il deficit dell'equilibrio muscolare può essere corretto con la volontà mediante uno sforzo di contrazione di alcuni muscoli estrinseci degli occhi, che è sufficiente nel maggior numero di casi ad assicurare la visione binoculare; ma questo sfor-


zo di contrazione dà luogo a particolari disturbi di affaticamento, caratterizzati da stanchezza della vista e senso di pressione dei bulbi oculari, cui segue spesso una vera e propria nevralgia, che si propaga alla regione orbitaria e non di rado a quella occipitale. In molti casi, specie se il lavoro è intenso e prolungato, si ha iperemia congiuntivale, lacrimazione, senso di bruciore agli occhi. Nei gradi elevati di eteroforia si può anche avere diplopia, che però è sempre transitoria. Mentre i disturbi subbiettivi dell'eteroforia sono abbastanza caratteristici, manca qualsiasi segno obbiettivo di squilibrio funzionale; gli occhi non presentano, sia allo stato statico che dinamico, alcuna deviazione apprezzabile, e ciò giustifica la denominazione di strabismo latente con cui si suole indicare tale disturbo funzionale, per distinguerlo dallo strabismo propriamente detto o strabismo concomitante, in cui la visione binoctùare è abolita e uno degli occhi è costantemente deviato in rapporto all'altro. Esame dell'eteroforia. - E' evidente la necessità di svelare con speciali metodi d'esame l'esistenza dell'eteroforia, tanto più che nelle visite di ammissione al pilotaggio, e spesso anche in quelle di controllo del personale aeronavigante, difficilmente i soggetti rivelano al medico l'esistenza di disturbi subbiettivi, per timore di essere esclusi dal pilotaggio. Il metodo di esame più semplice per la ricerca dell'eteroforia è il seguente: si invita il soggetto a llssare con i due occhi un punto situato a cinque o sei metri di distanza. Si copre con uno schermo uno degli occhi e si osserva come questo si comporta: se vi è ortoforia, l'occhio dietro lo schermo non fa alcun movimento; se invece vi è eteroforia, esso devia all'esterno o in dentro a seconda che si tratti di exoforia (divergenza latente) o di endoforia (convergenza latente). Togliendo lo schermo, se l'occhio coperto era ·deviato, devia di nuovo, ma in senso contrario alla deviazione primitiva, (in dentro nell'exoforia e all'esterno nell'endoforia), per correggere la falsa posizione e riprendere quella di Jlssazione binoculare. Con questo metodo obbiettivo, che ha il vantaggio della semplicità, si possono mettere in evidenza soltanto i gradi elevati di eteroforia. Per i gradi leggeri, bisogna ricorrere ai metodi subbiettivi. I metodi subbiettivi in uso si propongono di mettere in evidenza l'eteroforia , togliendo al soggetto la possibilità di mantenere la fusione delle due immagini retiniche, provocando, cioè, la diplopia. Ciò si può ottenere trasformando l'immagine di un occhio o nella posizione (metodo di Graefe), o nella forma (metodo di Maddox), o nel colore (vetro colorato). Mi limiterò a descrivere il primo di questi metodi , che è da preferire per la sua semplicità. L'esame dell'eteroforia col metodo di Graefe si esegue applicando davanti ad uno degli occhi un prisma con la base rivolta in alto o in basso e facendo fissare un punto nero su fondo bianco, oppure una sorgente lumi-


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nosa. Poichè il prisma ha la proprietà di deviare verso la base i raggi che lo attraversano, l'immagine retinica del punto fissato dall'occhio provvisto di lente prismatica non cadrà sull a fovea, ma si sposterà verso l'alto o verso il basso, a seconda che la base del prisma sarà rivolta in alto o in basso. Per la legge dell'esteriorizzazione, l'occhio vedrà invece il punto spostato verso la direzione opposta alla base del prisma, ossia verso l'angolo di questo. Occorre servirsi di prismi di 8- ro gradi, la cui azione non può essere vinta dallo sforzo muscolare tendente a ristabilire la fusione delle immagini. Se esiste ortoforia, le due immagini del punto fissato , saranno viste l'una sull'altra sulla stessa verticale; quella inferiore (supposto il prisma con la base in alto) è l'immagine falsa. Se vi è eteroforia, le due immagini si allontaneranno anche in senso trasversale, ossia quella inferiore si sposterà a destra o a sinistra della linea verticale, a seconda del genere di eteroforia. Se l'immagine falsa è deviata verso il lato corrispondente all'occhio provvisto di prisma, la diplopia è omonima e si tratta di convergenza latente o endoforia; se l'immagine falsa è deviata verso il lato opposto a quello dell'occhio provvisto di prisma, la diplopia è crociata e si tratta di divergenza latente o exoforia. Come mezzo mnemonico si abbia presente che l'immagine è spostata in senso inverso alla deviazione dell'occhio, e cioè: a) immagine falsa all'esterno (diplopia omonima): occhio deviato all'interno (endoforia); b) immagine falsa all'interno (diplopia crociata): occhio deviato all'esterno (exoforia). Per misurare il grado della deviazione si applicano davanti allo stesso occhio, già munito ·di prisma con base in alto o in basso, dei prismi progressivamente più forti con base all'interno nell'exoforia e con base all'esterno nell'endoforia, sino a trovare il prisma che riconduce le due immagini sulla stessa linea verticale; il grado dell'eteroforia si esprime in prismadiottrie. Per determinare le deviazioni verticali si colloca il prisma con la base disposta orizzontalmente in modo ·da provocare una diplopia orizzontale. Se vi è ortoforia, le due immagini saranno viste più o meno distanti l'una dall'altra, ma sulla stessa linea orizzontale; se vi è deviazione verticale (iperforia o ipoforia), le due immagin i si spostano anche in senso verticale. Molto discordi sono i pareri ci rca i limiti di deviazione che possono essere tollerati per l'ammissione al pilotaggio. Alcuni sostengono che non si debbano escludere dal pilotaggio individui con elevata eteroforia, quando dimostrino di possedere una buona capacità nel valutare la distanza e la profondità e che pertanto nelle visite di


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amrrusswne e di controllo ci si debba limitare al semplice esame dell'acutezza visiva stereoscopica (Cantonet). Noi non condividiamo tale opinione e riteniamo che, indipendentemente dalla visione stereoscopica, i disturbi che accompagnano l'eteroforia limitano notevolmente l'efficienza del pilota, in quanto essi possono insorgere o aggravarsi in particolari condizioni di debilitazione, o per effetto della fatica oculare, cui vanno soggetti gli individui eteroforici, specie durante un 'intensa attività di volo, o quando passano repentinamente dal lavoro prolungato di tavolino al volo di allenamento, come accade in coloro che hanno anche mansioni di ufficio. Per quanto possa ritenersi discutibile 1'esattezza delle statistiche americane, che attribuiscono circa il 50-70% degli infortuni aviatori ad errori di manovra in atterraggio per deficiente capacità nell'apprezzamento della distanza, di cui gli squilibri muscolari degli occhi costituiscono il fattore più importante, non vi è dubbio che l'eteroforia rappresenti un elemento non trascurabile nella valutazione delle cause determinanti o coadiuvanti di molti incidenti di volo.

B) Esame dell'equilibrio dinamico. (M ovimcnti estrinsect). Per esaminare i vari movimenti estrinseci degli occhi si procede nel seguente ordine: movimenti monoculari, movimenti associati di lateralità e di verticalità, convergenza.

Esame dei movimenti monoculari. - Il soggetto, tenendo un occhio coperto, fissa con l'altro il dito dell'osservatore o una matita; si osserverà se tutte le escursioni dell'occhio in esame sono complete. Lo stesso esame sarà fatto per l'altro occhio. Esame dei movimenti associati di lateralità e di verticalità. - Si fanno eseguire ai due occhi movimenti laterali e verticali, osservando se tutti raggiungono l'estrema posizione dello sguardo binoculare. Si osserverà anche se nelle escursioni laterali si produce il nistagmo. Esame dei movimenti di convergenza. - Si potrà avere una idea approssimativa dello stato della convergenza di un individuo facendogli fissare un oggetto, che viene avvicinato progressivamente sino al punto in cui comincia ad essere visto doppio: questo punto segna il limite della massima convergenza, ossia il punto più vicino che il soggetto è ancora capace di fissare con i due occhi, il punto prossimo assoluto della co11vergenza (p). E' detto invece punto remoto assoluto della convergenza (r) il punto più lontano di fissazione binoculare ed è misurato dal prisma a base nasale più forte che consente la visione binoculare, quando gli occhi guardano all'infinito, senza dar luogo a diplopia.


2. - EsAME DELLA MOTILIT,~ I~TRINSECA.

Esame della motilità pupillare. - Prima di procedere all'esame della motilità pupillare occorre esaminare le pupil1e allo stato di riposo, sia all a luce del giorno che a luce artificiale, osservandone l'ampiezza e la forma, allo scopo di accertare l'eventuale presenza di una midriasi, di una miosi o di un 'anisocoria. Esame del riflesso pupillare alla luce. - E' sufficiente per lo più la luce del giorno. Fate sedere il soggetto di fronte ad una finestra ben illuminata e copritegli ermeticam ente un occhio con una mano, mentre con l'altra proteggete il secondo occlùo in maniera però che esso venga sottratto all'azione diretta della luce, ma non alla vostra osservazione. Allontanate ora rapidamente la mano che fa da schermo al secondo occhio ed osservate il comportamento della pupilla. Se questa si restringe rapidamente non appena viene esposta alla luce diretta, è segno che il riflesso fotomotore è conservato; se invece la pupilla si restringe lentamente e in modo limitato o rimane immobile, è segno che il riflesso fotomotore è diminuito o scomparso. Esame del riflesso pupillare all'accomodazione. - Invitate il soggetto a guardare in lontananza in modo che possa rilasciare l'accomodazione: fate poi fissare il vostro dito avvicinandolo rapi·d amcnte a circa 25 cm dagli occhi: se la pupilla si restringe prontamente, è segno che il riflesso all'accomodazione e convergenza è conservato. Al contrario, il restringimento lento o l'assenza di qualsiasi movimento dell'iride è segno di torpore o di assenza del riflesso all'accomodazione. Esame dell'accomodazione. - L'accomodazione è la facoltà che ha l'occhio di percepire distintamente gli oggetti a diversa distanza, modificando il potere refrangente del cristallino, per un meccanismo non ancora del tutto chiarito. Per esaminare l'accomodazione si determina il potere accomodatit•o, che è dato dalla distanza oltre la quale, avvicinando un oggetto, si ha un'immagine sfocata. metodo più sem plice per la misura dell'accomodazione consiste nel ricercare a quale distanza il soggetto riesce a leggere un carattere molto piccolo (scala di Jaeger, regolo di Prince).

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RIASSUNTO. L'esame accurato della funzione visiva è di fondamentale importanza per la selezione del personale acro - novi game. Da tale esame dipende, infatti, in larga misura, la possibilità di prevenire il numero :tncora elevato di incidenti avi a tori i dovuti ad errore umano.


t6.2

E' preveclibilc che con il crescente svìluppo <.lell'aviazionc civile questo problema assumerà in un prossimo futuro, una rilevanza medico- sociale ancora maggiore. L'A. ha ritenuto opportuno, perciò, descrivere e discutere, in questo lavoro, le diverse metodiche atte a valutare le singole funzioni dell'organo visivo. L'A. ha potuto rìlevare come vi siano alcune disparità nei vari Paesi, per quamo riguarda i limiti di tolleranza, rdati,·i alle singole funzioni visive, per l'ammissione al volo.

RÉsu.MÉ. - Un soigneux examen de la fonction vts1ve est sfirement d'importance fondamentale pour la sélcrtion du perso nnel aéro - navigatcur. En cHct, de tel examen dépend largemcnt la possibilité dc prévcnir la quantité eucore élevée d'accidents d'aviation dfis à erreur humaine. On peut prévoir comme, a\·ec le croissant d éveloppement de l'aviation civile, ce problèmc :-mumera, dans un prochain futur, une importancc médicalc et sociale bien plus grande. L'A. a trouvé, à ce propos, l'occasion favorable pour exposcr et discuter, dans son oeuvre, Ics différentes manières de méthodes pour évaluer chaque fonction de l'organe visi f. L'A. a pu relevcr commc on trouve cles disparités dans Ics divers pays, en cc qui concerne Ics limites de tolérance relatives à toute fonction visive pour l'admission dans l'aviation.

SumlARY. - A careful axamination of the ''isual function is esscntial to sdect aircraft staff. Indecd, lhe possibility to prevent thc numerous air casualties due to man's errors stili depcnds on said examination. Wc can foresec that in a near future this problem will bccomc stili more important - in rhe social - medicai Jicld - owing to the incrcasing dcvelopment of Civil Aviarion. Thercfore rhe Aurhor deemed it advisable to describe and debate the various methods apt to value the single functions of the visual organ. The Author could notice that there are some diffe.rences in the various countries in regar<i to the endurance limits concerning tbe single visual fuoctions required for admission to flying.

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T ALE""TI


SCCOLA DI S:\:-\IT.\ MILITARE Comandante: Magg. Gen. Med. Dott. M. C~PPELLL

ISTITUTO DI IGIENE Direttore : Col. Med. Prof. S. Fu...-1

MOTIVAZIONE DEL POSSIBILE IMPIEGO DI ALIMENTI SURGELATI NELLA COLLETTIVITÀ MILITARE ITALIANA

"

Col. Med. Prof. Salvatore Freni

In tema di alimentazione di collettività, sia pure di ordine particolare quale la militare, non si può prescindere dai termini concreti della realtà in cui questa si muove e dove i parametri stanno continuamente evolvendo nella pluralità degli aspetti scientifici, tecnici, sociali, economici e giuridici, peraltro su un piano non regionale o nazionale ma conti nentale e-d intercontinenta!e e con un ritmo che spesso sfugge ad ogni previsione. Persistere a priori in una visione di tipo tradizionale dell'intera problematica significherebbe non aderire ad una situazione che si va trasformando non solo nei caratteri primari ma in quella ricchezza di elementi accessori che le sono propri e così sfumati e talora n-on sempre percepibili. Volutamente astraendo da stati di imprescindibile necessità che in particolari contingenze quali !e operative, belliche o meno, costringono in tutte le collettività militari a disinserire questo e quel termine valutato conveniente od essenziale al fine di una razionale alimentazione degli uomini, il fenomeno moderno di maggior rilievo che da qualche tempo polarizza ogni attenzione delle autorità centrali è quello maturatosi nel nostro paese durante gli ultimi lustri. E' esso espressione del nuovo tenore di vita medio acquisito dagli italiani che, superate le posizioni raggiunte nel periodo tra le due guerre mondiali, si è andato attestando su valori di uno standard nutrizionistico prossimo al razionale. Cadute, infatti, molte delle determinanti economiche, geografiche e consuetudinarie che per lungo tempo, in stretta dipendenza con le disponibilità locali, avevano costretto la popolazione a sensibili limitazioni quantitative e qualitative dell'alimentazione, il migliorato potere di acquisto e la natuNota. Dagli Atri del Congresso " Alimemazionc. oggi >>, Panna, 1I· 14 giugno 19io.

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r6s rale diversificazione delle richieste hanno consentito a più larghi strati sociali il raggiungimento dell'ambito traguardo. Sia pure nelle alternanze di momenti congiunturali, è un dato di fatto che modifica la base dalla quale la collettività militare estrae la sua popolazione. Se da un lato il confluire dei vari standards alimentari regionali del nor·d e del sud d'Italia, livellando molte situazioni deficitarie, sembra aver tolto gran parte di peso a quel primario fattore educativo in senso nutrizionale che era connaturato alla alimentazione del momento militare, è altresì chiaramente evidente che questa ancora oggi deve continuare a spingere, nei limiti consentiti ad una alimentazione collettiva, verso un'ampiezza qualitariva di più alto livello nel contempo aderendo alle caratteristiche nuove che tipizzano la fisionomia dietologica della popolazione civile. Sono le ragioni profonde del binomio alimentazione- rendimento che, al di là di considerazioni d'or.d ine puramente temporale o di una semplicistica valutazione di resa energetica, dilagano nel rapporto alimentazione e migliore salute, termine questo che condensa il movcns della personalità individuale. E per gli eserciti moderni, più di ogni gruppo sociale o di lavoro, la ragion d'essere ha il suo pilastro nell'individuo non entità numerica ma uomo soldato nella precipua funzione spesso a limite dell'umano. Obiettivo non nuovo per le collettività militari che trova con il progredire delle acquisizioni scientifiche la definizione di alcuni dei suoi termini e nello stesso tempo costringe a superare il traguardo raggiunto anche se l'esperienza acquisita conforta su una sufficienza dell'odierno operare. Concor·di ormai sui fabbisogni di base, almeno su quelli quantitativi correlati alle varie richieste energetiche delle plurime situazioni di servizio, e già ampiamente risolti attraverso le molteplici integrazioni codificate, il punto che rispecchia invece perplessità, per conflitto con le remare imposte dalle disponibilità e dal potere di acquisto concesso, rimane quello del soddisfaci mento dei fabbisogni qualitativi intesi nel senso più lato. L'im postazione seguita e realizzata dalla collettività militare italiana subito dopo la seconda guerra mondiale è risultata prontamente aderente ai canoni fisiologici per il soddisfacimento dei principi alimentari fondamentali nell'ambito di una alimentazione congrua ed equilibrata. Gli sforzi compiuti sono stati notevoli e dall'esame della composizione dell'attuale razione ordinaria del sol·dato ne traspare chiaramente l'aderenza a criteri avanzati: la quota proteica ha assunto consistenza nella sua differcnziaZJionc qualitativa, l'apporto lipidico rispetta le necessità e le tradizioni alimentari del nostro popolo, quello glicidico è naturalmente il più ampio. Ma è stato raggiunto qualcosa di più: il n umero delle voci che compongono la razione è stato incrementato, si è inserita una certa fl essibilità di composizione che permette sostituzioni tra alcuni alimenti ai livelli di utilizzazione ed, infine, è stato concesso un diretto potere di acquisto dal mercato


r66 locale attraverso il sistema delle giornate libere e se ne è accentuata la duttilità mediante il cosiddetto riporto ad economi a. Posizione voluta contro un limite proprio di tutte le organizzazioni di un servizio viveri di così vasta portata, un modo di superare quel termine condizionante ab origine che è l'esigenza di una disponibilità assicurata a priori e che naturalmente limita la composizione in alimenti, la cui scelta cade tra quelli meglio conservabili. Deriva automaticamente, è vero, una razione realmente distribuita ma, nonostante tutto, una monotonia alimentare con effetti non sempre favorevoli a livello delle preparazioni, talvolta ridotta appetibilità generica c specifica, con relativi deficit di assimilazione ed una qualche opposizione psicologica all'ambiente che il pur diffuso potenziamento delle attrezzature, la migliore qualificazione del personale addetto, l'ambientazione più confortevole nei limiti di una certa austerità consona al carattere addestrativo ed educativo del contesto militare, non sempre riescono totalmente a superare. Nell'odierna realtà, in definitiva, al peso di quella proposizione tipica dell'alimentazione collettiva che deriva dall'obbligo di una disponibilità a lungo termine dei viveri, si assomma il mutato atteggiamento del giovane consumatore, dotato oggi ·di una differenziata percezione del problema, sia pure questa frutto di un'esperienza non del tutto razionale, contrastante per l'elemento motivazionale, forse prevalentemente edonistica ma ricca di sollecitazioni qualitative. Sono note l'elevata sensibilità delle comunità militari verso ogni possibile potenziamento in ampiezza di disponibilità qualificate e la costante attenzione verso i molteplici aspetti correlati, siano questi d'ordine nutrizionale, igienico, psicologico ed economale, nè occorre rilevare come più volte le stesse si siano trovate ad anticipare soluzioni divenute poi norma di vita per le popolazioni civili. Gran parte di queste ha fatto leva sulla tecnologia della conservazione degli alimenti, una tecnologia che ha raggiunto alti livelli di perfezione metodologica e fornisce prodotti spesso equivalenti a quelli freschi sia sul piano energetico che su quello nutrizionale in genere. In tempi recenti, la diffusa conoscenza di alcuni aspetti, il superamento di molti interrogativi correlati all'idoneità al consumo in proporzioni massime di alimenti conservati, la fi~ucia nella validità dci sistemi di controllo hanno determinato la convinta adesione della nostra popolazione civile ed un crescente uso nel Paese ove anche per altre ragioni si è attenuata la resistenza dovuta alla tradizione. All'iniziale, disordinata richiesta di carni bovine, ed in tagli pregiati, è seguita una più stabile tendenza verso la utilizzazione di alimenti diversi, sempre ad alto valore biologico, di frutta, di ortaggi ed il consumo crescente di cibi conservati, con preferenziale orientamento verso gli alimenti surgelati specie nei grandi e medi centri.


Per quanto le statistiche posizionino l'Italia negli ultimi posti della graduatoria europea dei consumi di surgelati, l'incremento della richiesta appare così netto ·da far valutare stabile la motivazione e ragionevole la previsione di un raggiungimento di quote individuali & rilievo, a breve scadenza se confortate da una seria pubblicizzazione. Da quanto accennato scaturisce evi·dente il peso da ascrivere a questo termine nello stato odierno della problematica nutrizionale di convivenze italiane e la sostanziale indicazione dell'uso dei prodotti surgelati anche nelle collettività militari. Vi concorrono peraltro, con la potenzialità attuale e lo sviluppo programmato dell'industria del settore, la vasta gamma di prodotti .disponibili e la possibilità di un pronto adeguamento capillare ·della catena del freddo già operante nell'organizzazione militare. L'approfondita conoscenza degli aspetti fisico- tecnici del procedimento, la ricca letteratura esistente, concorde e più che confortante sulla validità dei valori nutrizionali, sulle proprietà dei caratteri organolettici e sulla saiubrità dei surgelati nel loro iter dalla natura al consumatore, esime da un ulteriore analisi di questi elementi. Non appare altresì necessario sottolineare altri vantaggi intrinseci al prodotto surgelato, e di estrema importanza pratica nell'alimentazione di comunità, quali l'eliminazione delle comuni e talvolta laboriose lavorazioni preliminari già eseguite dall'industria prima della surgelazione, l'utilizzazione completa dell'alimento per pregressa esclusione di parti non commestibili, l'effettiva rispondenza delle porzioni ricavabili per inesistenza di taluni m otivi di deteriorabilità causa invece non infrequente di perdite nell'uso apparentemente immediato di cibi freschi, la reale costanza della qualità correlata questa peraltro ad un ottimale rifornimen to da parte dell'industria, le garanzie igieniche offerte dalla confezione obbligata del surgelato, la mancata incidenza di marcate fluttuazioni nei prezzi di acquisto, ecc. Si aggiunga, inoltre, che la già vasta gamma di derrate conservate con la tecnica della surgelazione è passibile di incremento, che essa concerne alimenti di natura vegetale, prodotti della pesca, carne e ·derivati, pane e pasticceria, prodotti di composizione varia e che il procedimento di conservazione può investire gli alimenti nella loro forma naturale, semifinita o precucinata. Ampiezza di una disponibilità continua e piena accettabilità, flessib1lità nutrizionale e caratteristiche idoneé all'utilizzazione collettiva costituiscono premesse troppo valide per ulteriormente ritardarne ,l'impiego nelle collettività militari e realizzare così, sia pure gradualmente, sia pure attraverso oneri non lievi ed una paziente opera di educazione dietologica .delle masse, quella forma organizzativa del servizio viveri che con la variabilità della dieta e la liber tà ·della scelta provve.de al soddisfacimento del vero fabbisogno individuale, energetico, qualitativo, emozionale.


168 Tuttavia, all'inserimento <ii questo tipo di disponibilità nelle comunità in genere, ed in quelle militari, alcune obiezioni vengono mosse; esse convergono su tre punti: la necessità di grandi confezioni, la delicatezza dello scongelamento, il costo dei prodotti. La prima, d'ordine squisitamente tecnologico, è del tutto apparente in quanto la produzione delle grandi confezioni è facilmente realizzabile procedendo prima al surgelamento delle singole pezzature e poi alla confezione in stock modulari, e questi di diversa entità numerica per un miglior adattamento. La seconda introduce un elemento determinante che fa riferimento ai pochi accorgimenti da impiegare per uno svolgimento corretto dello scongelamento, operazione che corona la relazione tra qualità e regime termico <ii conservazione. Pur essendo vero che si richiedono modalità differenziate onde evitare <ii ridurre l'alta qualità dei prodotti e che talvolta si impongono brevi remore alla loro utilizzazione immediata, è altrettanto vero che una razionalità del processo di scongelamento non presenta ·difficoltà tali da non essere superate dal personale addetto alla preparazione specie quando questo, come nelle collettività militari, è adusato ad impiegare continuamente derrate conservate con il freddo ed ha acquisito una specifica sensibilità valido presupposto di rapido perfezionamento istruttivo ed educativo nel settore particolare. Il terzo punto è il costo odierno delle derrate surgelate; qualora inquadrato esclusivamente nel limite netto e non a breve termine modificabile del potere di acquisto della convivenza conduce generalmente a valutario non lieve ostacolo al diffuso impiego. Tale impressione deriva dal considerare il costo al di fuori di altri aspetti economali del servizio viveri in comunità, aspetti che investono la struttura del sistema di approvvigionamento e distribuzione, la consistenza dei consumi, le attrezzature, il personale, i tempi di lavoro, gli scarti, ecc. e, più che altro, da una visione che tende a realizzare un quantum più che una qualità dietologica. Per la collettività militare italiana si dà atto dei tentati vi sia pure parccllari già sviluppati dal Servizio di Commissariato per una soddisfacente soluzione economale del problema, iniziative che nascono dalla convinzione che l'attento studio dei più elementi concorrenti porti ad una convergenza anche <id fattore economico. Io conclusione, si può affermare che i requisiti dei prodotti surgelati dalla disponibilità immediata in vasta polivalenza alla per(etta conservabilità a lungo e medio termine, alla favorita dinamicità del rifornimento, alla rapi<iizzazione delle preparazioni, alla sensibile riduzione degli scarti, ai valori edonistici pieni costituiscono condizioni molto favorevoli per realizzare una alimentazione ottimalc.

)


r 6g L 'attuazione del regolamento esecutivo della legge n . 32 (rg58), precisando i criteri di scelta dei prodotti naturali, i limiti del procedimento tecnico, le strutture degli impianti nonchè q uanto è connesso al confezionamento, alle modalità ·di conservazione e distribuzione, ai sistemi di controllo consentirà inoltre uniformità di standards q ualitativi di grado elevato e sicurezza di utilizzazione. L 'evoluzione del nostro popolo nel senso biologico, sociale e nel costume alimentare, in una consapevolezza di diritto alla salute sollecita l 'opportunità di modificare l'orientamento delle disponibilità qualitative tradizionali attraverso l'i ntroduzione di alimenti che rispondendo sempre alle esigenze soddisfino i fabbisogni in pieno gradim en to e salvaguardia dei requisiti igienici. N ella ricerca e nella utilizzazione quindi di disponibilità continue qualitativamente idonee si fondono interessi specifici più o meno differenziati ed è in questa visione e in questo momento che si inserisce con pienezza di significato la motivazione ·dell'impiego degli alimenti surgelati nella collettività militare.

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)


DIREZ10NE GENERALE DELLA SANITÀ MILITARE Direnore Generale: T e n. Gen. Mcd. Prof. F . L\OEVAJA

INDAGINI SCHERMOGRAFICHE DI MASSA NELLE FORZE ARMATE RESOCON TO STATISTICO DEGLI ANN I 1966 E 1967

Col. Med. A. Salvatore

Ten. Col. Med. B. Sbarro

Nel campo delle provvidenze sanitarie a scopo preventivo, il servrzro schermografìco - così come è organizzato e viene attuato nelle FF. AA. è certamente uno dei più impegnativi per l'Amministrazione in ragione dell'estensione della sua organizzazione, ,dell'entità dei mezzi che vengono impiegati, e del numero cospicuo del personale sanitario e tecnico addetto. Finalità originaria e fondamentale del servizio schermografico nelle FF. AA. è senza .dubbio quella relativa alla selezione degli idonei nel reclutamento delle classi di leva e del personale volontario; tuttavia tale servizio assolve collateralmente una importante funzione di medicina preventiva, attraverso il controllo per-iodico del personale in servizio, l'esame dei militari all'ingresso negli ospedali od al termine del servizio attivo ed il dépistage di interi reparti in caso d'insorgenza di focolai a carattere diffusivo di affezioni delle vie respiratorie. Nè va tralasciata la considerazione che, anche quando è dùamato ad assolvere compiti ·di selezione, il servizio schermografico svolge indirettamente una efficace azione profìlattica per le informazioni di ordine sanitario che è possibile fornire agli aspiranti volontari ed ai giovani di leva risultati non idonei per imperfezioni o lesioni ignorate ·degli organi toracici e perchè, arrestando l'immissione nelle collettività m ilitari dei soggetti portatori di lesioni specifiche polmonari, elimina il maggior danno che questi soggetti potrebbero arrecare in un ambiente collettivo di facile diffusibilità della malattia tbc. A riguardo i dati statistici sono quanto mai significativi: fra il personale dell'Eserci~o la incidenza della tbc polmonare rispetto alla forza media, che prima dell'istituzione del servizio schermografico si manteneva intorno a valori superiori al 2,5%0, nel decennio 1957- I#, dopo l'entrata in funzione di questo servizio, è scesa allo o,56%o. Fin ·dai primordi dell'era schermografìca le Autorità sanitarie militari hanno ravvisato l'importanza del ruolo che avrebbe assunto, nel controllo


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radiologico delle collettività, questo potente e relativamente economico mezzo di indagine. Già durante l'ultimo conflitto mondiale alcuni reparti radiologici ospedalieri furono dotati di buoni apparecchi che producevano schermogrammi di piccolo formato ma tecnicamente sufficienti a sostituire l'esame radioscopico, che costituiva allora l'unico mezzo radiologico per l'esame di massa degli arruolati. Lo sviluppo maggiore ·dell'organizzazione schermografica si ebbe però nel periodo ·della ripresa economica post-bellica quando il progresso tecnico della produzione nazionale mise a disposizione attrezzature sempre più perfezionate e versatili che consentirono ·da un lato di ottenere schermogrammi di maggiore formato e di elevata definizione dell'imll!agine, le cui possibilità dimostrative, con l'ausilio di adeguati visori, non risultavano affatto inferiori a quelle del radiogramma standard, dall'altro di estendere gradualmente il servizio schermografico a tutto l'apparato militare e di articolarlo con le varie esigenze tecnico- sanitarie ed organizzative. Il definitivo assestamento del servizio schermogralico nelle PP. AA. si ebbe nel r9<)6 con l'entrata in vigore della riforma del sistema di reclutamento, caratterizzata essenzialmente dall'abbinamento ·delle operazioni di leva e di selezione attitudinale in precedenza disgiunte. In questa occasione venne portata a termine l'organizzazione di una rete ·di 44 stazioni scherrnografiche fisse, di pertinenza dei gruppi selettori, sistemate in parte nei distretti militari e depositi della Marina, in parte negli Ospedali militari, lasciando a disposizione delle Direzioni di Sanità perifefliche un minor numero (r3) di unità scherrnograliche mobili per prestazioni di emergenza o sostitutive e per il controllo dei reparti distaccati. Con le 5 stazioni schermografiche .fisse di dotazione delle Accademie e Scuole delle 3 Armi si raggiunse il numero complessivo di 62 unità schermograliche attualmente funzionanti nell'intero apparato militare. Contemporaneamente all'organizzazione della rete schermogralica fu disciplinata Ja normativa dell'intero servizio e curato l'ordinamento del personale di competenza avendo per direttiva il criterio di assegnare a ciascuna unità schermogralica, oltre al personale tecnico e di governo, un medico radiologo o tisiologo coadiuvato da un aiuto radiologo. Il motivo che oi ha indotti ad escludere le statistiche schermograliche precedenti il 1966 è dovuto al fatto che prima della riforma del sistema di reclutamento l'esame schermogralico era praticato solo sui giovani risultati idonei alla visita di leva. Con questo sistema veniva quindi esclusa dall'indagine quella frazione della classe di leva di maggiore interesse clinico- statistico. Con l'entrata in vigore della riforma del reclutamento vengono invece sottoposti a controllo schermografico tutti i giovani di leva con la sola esclu-

1


sione dei soggetti portatori di vistose imperfezioni o mutilazioni e ài qualche infermo intrasportabile. E' lecito quindi ritenere che gli specchi statistici che presentiamo siano meritevoli di attenzione in quanto riflettono un quadro, a nostro avviso abbastanza fedele, ·delle condizioni toraciche dei maschi nati nel 1945 e 1946 c costituiscono la premessa per avere, negli anni a venire, una visione panoramica ·della evoluzione della patologia toracica nei giovani delle nuove generaztoru. Nel I~ sono stati esaminati schermografi.camente, per il reclutamento nelle 3 Forze Armate, n. 474·332 giovani ài leva della classe 1945· Di questi 8.099 - cioè una percentuale dell'1,7% - hanno presentato alterazioni toraciche. Riportiamo qui di seguito il quadro numerico dei casi positivi su<:ldivisi in 12 grandi gruppi <:li alterazioni cd il rapporto millesimalc di ciascun gruppo con la massa degli esaminati.

REc LUTAMENTO

1966: SoGCETII ESA~ONATI: N. 474·332·

l

dei casi posilÌ' i

Incidenza %o rìspcuo alla massa degli esaminati

449

0,9)

2) Alterazioni cardio-vascolari

1.106

2·33

3) Ncoformazioni intratoraciche

27

o,os

4) Affezioni bronchiali

343

o,p

5) Processi polmonari aspecifici e loro esiù

184

0,38

6) Alterazioni ilari

991

2,09

7) Esiti di pleurite

2.638

5·57

8) Vcrsomcnti pleurici

34

0,07

9) Pncumotoraci

59

0,12

1.920 26g

4·05 o,s6

79

0,16

8.099

q,o;

Gruppi di alterazioni toracìchc:

x) Malformazioni ed anomalie congenite

to) Tbc polmonare fibro- sclerolica • I x) T bc

polmonare attiva non cavitaria

12) T bc polmonare atti\'a c:l\'itaria

TOTALE

~umero


174 Nel 196] sono state esaminate 481.724 reclute della classe 1946. Su 7-970 di queste- cioè su una percentuale ,dell'r,6s % -l'esame schermografico ha rilevato lesioni del torace. Si riporta qui di seguito il quadro delle alterazioni analogo a quello precedente.

REcLUTA-\U:NTo 1~7: SoGGETTI ESAMINATI: N.

481.724.

Numero dei casi po~itivi

lncidcnzJ %o rispetto alla mas~a degli esaminati

595 1.018

!,24 2,11

41

o.o8

4) Affezioni bronchiah

339

0,70

5) Processi polmonari aspecifici e loro esiti

t98

0,41

6) Alterazioni ilari

1.077

2,24

7) Esiù di pleurite

2.4)8

5,10

8) Versamenti plcurici

39

o,o8

9) Pneumotoraci

66

0,14

!.792

Gruppi di alterazioni toraciche

1) Malformazioni ed anomalie congenite 2) Alterazioni cardio-vascolari 3)

eoformazioni intratoracich'!

10) Tbc polmonare fibro- sclerotica I 1) Tbc polmonare atti,·a non cavitaria

2~

3·72 o,;6

12) Tbc polmonare attiva cavitaria

78

0,16

7·970

t6,54

TOTALE

Ringraziammto. Gli AA. ringraziano l'Ispettorato di Sanità della Marina Militare ed il Generale Medico ( E ) Dott. Sebastiano Impallo meni per i dati schermografici tanto gentilmente fiomiti.

)


1

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RrAS~UNTO. Nel campo della Medicina preventiva il contributo delle FF. AA. si esplica anche nell'indagine di massa delle affezioni dell'apparato respiraLorio mediante esami schermografici praticati su tutto il contingente da arruolare. A1 fine di maggiormente illustrare i vantaggi legati a tale indagine schermografica di massa si riporwno i dati statistici degli anni 1<}66- xrftl delle FF. AA., che dim~ strano l'efficacia di tale metodo di accertamento diagnostico.

R.É~UMÉ. - Dan~ le domain de la Médccine Préventive la contribution cles Forces Armées se déroule aussi dans la recherchc de masse cles affcctions dc l'apparci! respiratoirc au moyen de radiophotographies executées sur la totalité des jeunes conscrits. Au fin de mettre en évidence Ics avantages de la rccherche radiophotographiquc de masse, on reporte !es donnécs statistiques cles Forces Armées pour Ics annécs r9i)6 et r<ftl, qui démontrent I'efficacité de cene méthode diagnostique.

SuM~IAR\'. Thc contriburion of the Armed Forces in the field of thc Pre,·entive Medecine in also carried out by mass testS of the lunchs' diseases, namely by secreen photographies of thc whole bulk of the young recruits. In order to point our the advanrages of the mass scrcen photography test, the Armed Forces' statistica! dara of 196() and r96J, which demonstrate the efticacy of such diagnostic test' method, are reported.


SCUOLA DI S1\:-\IT.\ MILIT ARE Comandante: Magg. Gen. Med. Dott. M. CAJ>Pfl.ll ISTITUTO DI C[J[MICi\ Direttore : Ten. Col. Chim. Farm. Prof. A. ALE~H'o•o

INCHIESTA SUL CONSUMO DELLE BEVANDE ALCOOLICH E ED AN ALCOOLICHE D A PARTE DEI GIOVANI MEDICI Ten. Col. Chim. Farm. Prof. Antonino Alessandro

In questi ultimi decenni il consumo delle bevande alcooliche in Italia è andato progressivamente aumentando, .fino a raggiungere delle cifre che hanno messo in risalto l'entità e la vastità del problema. Fino a qualche tempo fa era opinione diffusa che gli italiani fossero essenzialmente .dei moderati e saggi consumatori .di solo vino, ma tali affermazioni e convinzioni sono, purtroppo, risultate ben lontane da quella che è la reale situazione del nostro Paese. Per dare l'idca di quanto siano aumentati la produzione ed il consumo delle bevande alcooliche, citiamo soltanto alcuni dati. Nel 1965 sono stati prodotti 57.249.000 ettolitri di vino e 4.464.000 ettolitri di birra; nel r968 la produzione è salita a 62.8p.ooo ettolitri per il vino ed a 5·4oo.ooo ettolitri per la birra. Per quanto riguarda i consumi, dal 1941 al 1961 si è avuto un aumento del roo% per il vino e del 200% per la birra. Dal I~ al 1~8, il consumo pro capite del vino è passato da no,4 a u8 litri; quello della birra da 8,6 a ro,I litri. Al consumo della birra e del vino bisogna poi aggiungere quello d ei superalcoolici (liquori e bevande ad alta gradazione alcoolica), il cui consumo pro capite annuo, dal 1941 al 1962, risulta aumentato di ben 7 volte. Nel 1959, sono stati spesi per l'acquisto di bevande alcooliche, 696 miliardi, mentre sono stati spesi nello stesso anno, 150 miliardi per me.dicinali e 250 miliardi per spettacoli. Nel r964 la spesa per le bevande alcooliche ha raggiunto i 1.126 miliardi, con un aumento del 7,3% rispetto al 1963. Certo è da tener presente che i dati riguardanti i consumi non sono esenti da critiche. Nota. - Dagli Atti del Congresso « Alimentazione oggi », organizzato dalla UNAMSI, Parma, II- 14 giugno 1970.


1

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Si potrebbe obbiettare che il consumo delle bevande alcooliche negli anni '40 è stato sicuramente basso per la situazione politico- economica che l'Italia attraversava in quel periodo; si potrebbe anche dire che la donna, in questi ultimi anni, si è sempre più emancipata ereditando dall'uomo, oltre a nuovi diritti, alcuni difetti; si dovrebbe tener conto anche del notevole spostamento di masse turistiche da una nazione all'altra, ma resta innegabile che l'aumento è reale e di notevoli proporzioni. Ora, viene spontaneo chiedersi perchè il consumo delle bevande alcooliche sia così sensibilmente aumentato. Certo le cause sono molteplici, ma sicuramente hanno avuto grande influenza le migliorate condizioni economiche, il sensibile cambiamento di abitudini, il diffondersi dello stesso tipo di vita sia nelle città che nei paesi, l'influenza sensibilizzante delle campagne pubblicitarie e, non per ultimo, quel senso di « carpe diem » e di insoddisfazione che serpeggia in tutti gli strati sociali. In tutto il mondo si parla oggi, con un certo allarme, del fenomeno dell'alcoolismo, problema complesso e delicato che suscita la massima attenzione da parte di sociologi, educatori, ed uomini di governo. Nel consumo dell'alcool bisogna distinguere, però, l'uso dall'abuso, la moderazione dali'eccesso. Per quanto riguarda il vino, bevanda che entra nella razione ordinaria del nostro soldato, è possibile dire che alla luce delle moderne conoscenze scien tifiche, può essere oggi considerato non soltanto un alimento ma anche un medicamento. Già i popoli antichi erano a conoscenza dell'azione disinfettante del succo d'uva fermentato. Ciro il Grande durante la durissima marcia contro Babilonia aveva ordinato di distribuire « quantità di vino sufficiente a tutelare la salute dei soldati fintanto che essi non si fossero gradatamente avve7r zati alle nocive acque locali ». I Greci ed i Romani facevano rientrare il vino nel normale rancio delle truppe e molti storici si sono chiesti se le imprese militari dell'età grecoromana non siano da attribuirsi anche all'uso di questa bevanda alcoolica che aveva il potere di impedire il dilagare di forme infettive a carattere epidemico. T ornando a tempi a noi più vicini, ricordiamo la acuta osservazione fatta da John Gardner, che si trovava di stanza nel Mediterraneo nel 1943 quale ufficiale medico dell'eserc1to U.S.A., ,durante una dilagante epidemia d i enterite: mentre venivano colpiti i soldati americani, forti consumatori di bevande ad alta gradazione alcoolica, al contrario la popolazione, che consumava durante i pasti esclusivamente e parsimoniosamente vino, ne era q uasi immune. Studi recenti hanno dimostrato che le proprietà antibatteriche del vino non sono dovute soltanto all'alcool, tanto è vero che l'azione battericida persiste anche nel vino privato di alcool, e sembra si possa attribuire essenzial-


mente alla presenza di composti polifenolici specialmente abbondanti nel vrno rosso. L'azione del vino sulle salmonelle della tifoide ed in genere sugli ente~ robatteri patogeni, è rapida e sicura. Tra gli antibiotici ed il vino si può riscontrare l'effetto additivo o si~ nergico o antagonista; l'azione delle tetracicline, per esempio, ne risulta esaltata. Nel novembre r~, in occasione del « Secondo salone internazionale delle macchine per enologia ))' fu tenuto un convegno medico sul vino con la partecipazione & illustri clinici italiani. Furono trattate, in quella occa~ sione, le specifiche proprietà igieniche e fisiologiche del vino, e tra l'altro furono messi in evidenza l'azione stimolante sulla secrezione pancrcatica, sul sistema nervoso e su quello cardiovascolare, l'efficace azione protettiva sull'alimentazione troppo ricca di grassi, l'azione diuretica specie dei vini bianchi, la stimolazione dell'attività dei centri respiratori, l'azione sul vago~ simpatico. Fu inoltre ribadito, ancora una volta, il concetto che il consumo del vino deve essere guidato dalla ragione e dal buon senso per evitare quei pe~ ricoli che sono insiti in qualunque eccesso. Tutto ciò premesso, ci è sembrato interessante condurre un'indagine sta~ tistica riguardante il consumo di bevande alcooliche ed analcooliche tra i giovani medici italiani, sfruttando l'opportunità di trovare riuniti presso la Scuola di Sanità Militare di Firenze centinaia di neoprofessionisti frequen~ tatori dei corsi A.U.C. Importante ci è parso anche il fatto che gli allievi ufficiali medici, a~ prossimativamente della stessa età e provenienti .da tutte le regioni ,d'Italia, oltre a riflettere i costumi delle nuove generazioni, per la specifica professione che esercitano, sono a conoscenza dei vantaggi e svantaggi dell'uso dell'alcool, e per l'ascendente che hanno nella società possono sensibilmente orientare ed influenzare l'opinione pubblica verso determinati consumi, considerato anche il fatto che ai nostri f:,riorn i il sistema di alimentazione ha grande importanza nel mantenimento della salute. Una prima indagine su 691 persone era stata da noi condotta nel r966; abbiamo quest'anno ripetuto l'inchiesta su altri 4II giovani allo scopo di mettere a confronto i dati ed avere più valide indicazioni. Per rendere semplice c rapida l'indagine, è stata approntata una scheda con un certo numero di domande: - Consumate vino durante i pasti? - Preferite vino rosso ? - Preferite vino bianco? - Con quale grado alcoolico preferite il vino? - Consumate birra durante i pasti e fuori dei pasti?


1 79

- Consumate bevande alcooliche ad alta gradazione? - Consumate acqua minerale, - Consumate bevande an alcooliche? Nella tabella che segue si riportano i dari percentuali relativi alle varie risposte, confrontandoli con quelli ottenuti nel r966. RiSULTATI DELL'INCHIESTA t

Non consumatori .d i vmo Consumatori dì vino bianco Consumatori dì vmo rosso Preferiscono grado alcoolico ro Preferiscono grado alcoolico r r Preferiscono grado alcoolico 12 Preferiscono grado alcoolico 13 Consumatori di birra durante i pasti Consumatori di birra fuori dei pasti Consumatori di bevande ad alta gradazione alcoolica ·Consumatori di acqua minerale . 'Consumatori di bevande analcooliche

1966

1970

5·3 %

II,92%

2IA o~

24,oB OIo 64,000.,

73,3 °~ 14,03%

9>39°1..

3°·77%

26,24%

36,87 0~

42,000~

8,3

o

22,370~

17,7 0/0 /c

16,78%

61,6 %

61,55%

I

O'

87•5 o.~

49>7 °~ 84,7 %

I risultati dell'inchiesta, che naturalmente si possono prestare a vane interpretazioni, ci portano ad alcune considerazioni. La percentuale dei non consumatori di vino dal 1966 al 1970 è passata dal 5,3 % all'u,92%; anche se vi è un certo aumento dei non con sumatori di vino, la grande maggioranza dei medici della nuova generazione è indirizzata all'uso quotidiano di questa bevanda alcoolica tipica italiana che deve ancora considerarsi la vera bevanda nazionale. Occorre, perciò, cercare di migliorare sempre più la qualità del vino, combattere severamente ogni tipo di frode in modo da eliminare ogni diffidenza verso la genuinità del prodotto ed evitare il diffondersi di notizie distorte col risultato di insinuare nel consumatore meno avveduto l'idea che tutti gli alimenti costituiscono continui attentati alla sua salute oltre che alla sua buona fe-de. Tornando ai giovani che risultano non consumatori di vino, c'è da tener presente come essi non siano degli astemi in senso assoluto ma che in gran


180 parte consumano bevande alcooliche diverse dal vino; la percentuale di quelli che non consumano assolutamente alcool è risultata del 2,74% nel r~ c del 2,6]% nel 1970. Il vino rosso è sempre quello di più largo uso e si nota maggiore tendenza verso le gradazioni medie cioè n- 12 gradi. Ci piace anche ricordare che i giovani medici, nei colloqui avuti, si sono mostrati interessati verso l'adozione di vini dietetici, cioè di quei vini che, per particolari caratteristiche organolettiche e chimico fisiche, servono ad integrare le diete più adatte alle varie situazioni patologiche e fisiologiche, senza obbligare il malato ad una completa astinenza che può rivelarsi, all'atto pratico, più dannosa di un modesto consumo. Dopo il vino, la birra .deve considerarsi la bevanda fermentata più importante. La percentuale dei consumatori è rimasta praticamente costante; il 17% circa beve birra durante i pasti ed il 6r % circa fuori dai pasti. Per quanto riguarda il consumo delle bevande ad alta gradazione alcoolica, nel 1970 si è ottenuta la stessa percentuale del rg66 (87% circa), il che farebbe pensare ad una ormai diffusa stabilizzazione del costume. I consumatori di acqua minerale hanno subito un certo incremento e sono passati ·dal 49,7% nel 1966 al 60,58% nel 1970. La maggiore diffusione di questo tipo di acqua è da attribuirsi, essenzialmente, alla scarsa accettabilità dell'acqua condottata, sottoposta ai vari sistemi di potabilizzazione chimica. Sono diminuiti i consumatori di bevande analcooliche, passando dallo 84,7% al 66,9r% e tutto ciò potrebbe essere legato ad una non razionale diffidenza nei riguardi dei prodotti puramente artificiali. I risultati di questa inchiesta, i cui dati sono molto vicini a quelli ottenuti nel rg66, permettono di conoscere quali sono le tendenze dei giovani nei riguardi delle bevande alcooliche ed analcooliche, ed inducono a pensare che il qua-dro dei consumi si sia ormai stabilizzato. Le migliorate condizioni economiche ed il cambiamento delle abitudini di vita, all'uso ormai tradizionale del vino hanno aggiunto' quello ·dei liquori e di tutta una serie di aperitivi e di bevande con tasso alcoolico più o meno alto. Oggi si parla tanto di criptoalcoolismo, di piccolo alcoolismo e di grande alcoolismo, ed allora è giusto che sia intrapresa una seria campagna d i informazione igienico- sanitaria impostata sulle moderne acquisizioni scientifiche, in maniera che il consumatore prenda conoscenza della lunga serie di danni causati dall'abuso dell'acool e sia in grado di capire, vagliare e difendersi. D'altra parte occorre sem pre più salvaguardare la salute di tutti quelli che bevono, con leggi severe tendenti a reprimere eventuali frodi ed a tutelare le genuinità dei pro-dotti.

,

,


OSPEDALE MILITARE DI BRESCIA

Direttore: Col. Med . Dolt. P. Df.NZA

STUDIO VETTOR- ELETTROCARDIOGRAFICO DEL CUORE NORMALE SECONDO GRANT S. Ten. Med. Dott. C. Rusconi S. Ten. .Med. Dott. S. Bendindli

S. Ten. .Med. P. Borgatti

Uno dei metodi più pratici per la rappresentazione vettoriale dell'elettrocardiogramma convenzionale è quello introdotto da Gran t [ r]. Tale metodo consiste nel ricercare nel tracciato elettrocardiografico la derivazione in cui il complesso vcntricolare rapido è isodifasico e quella in cui ha maggior positività. Il vettore è perpendicolare alla derivazione in cui il QRS è isodifasico e si dirige verso la derivazione in cui il QRS ha maggior positività. In questo modo è facilmente determinabile, in clinica, anche il vettore medio corrispondente ai primi o,o4 secondi (vettore iniziale) e quello corrispondente alla rimanente parte della .depolarizzazione ventricolare (vettore terminale). Le caratteristiche spaziali di questi vettori sono state studiate soprattutto in condizioni patologiche ed in particolare nell'infarto miocardico, nella ipcrtrofìa ventricolare sinistra, nei blocchi di branca e nel blocco peri infartuale [3, 4] ; gli 0,04 secon di iniziali del complesso QRS, infatti, sono anomali nella necrosi del miocardio mentre gli o,o4 secondi terminali identificano il tipo del blocco di branca 5]. Nel cuore normale non sono noti altri contributi al di fuori di quelli di Grant e di Niggli e Coli. [ r, 2, 61. Abbiamo quindi ritenuto di un certo interesse, potendo disporre facil mente di materiale umano norm~ùe, intraprendere una ricerca sui vettori medi di Grant in un gruppo di soggetti sani .

r

.MATERIALE E METODO

Sono stati esaminati 140 soggetti di età tra 20 e 21 anni selezionati in un gr uppo di 150 alpini che sono stati preposti per un corso sciistico ed in-


r82 vran all'Ospe·dale Militare di Brescia per essere sottoposti alle visite speCialistiche. Tutti i soggetti sono stati sottoposti ad accurato esame clinico, a determinazione della glicemia, azotemia, V.E.S., esame delle urine, esame radiologico del torace ed esame elettrocardiografico. P er la nostra ricerca sono stati presi in considerazione solo i soggetti in cui non si è evidenziata alcuna anormalità degli esami effettuati. Sono stati infatti esclusi 10 soggetti, ·di cui 9 per anomalie del tracciato ecgrafico (turbe del ritmo, turbe della conduzione, turbe della repolarizzazione), uno per deformità toracica (pectus escavatum). Tutti i soggetti sono stati tenuti a riposo clinostatica prima della esecuzione ·del tracciato. Onde avere una maggiore precisione nella determinazione dell'asse elettrico si è usata una amplificazione doppia ( rmV = 2 cm) ed una velocità di scorrimento della carta di so mm/ sec. Si sono registrate le classiche sei derivazioni periferiche e le sei precordiali. Si sono ritenuti validi per questo studio (analogamente a quanto fatto dagli altri AA.) solo i tracciati con frequenza inferiore a 90/ mi n e quelli con durata del QRS superiore a 0,07 sec ed inferiore a o,ro sec. Del complesso ventricolare rapido si è calcolato il vettore medio globale (A.QRS), il vettore iniziale corrispondente ai primi 0,04 sec (A.QRS t) od il vettore terminale (A.QRS:). Data la scarsa precisione delle determinazioni effettuabili sul piano orizzontale utilizzando le abituali derivazioni precordiali, e quindi la minore importanza P!atica di queste determinazioni, il nostro lavoro si è limitato allo studio dei vettori nel piano frontale facendo riferimento al sistema esassialc (unipolari e bipolari degli arti).

RISULTATI VETIORE GLOBALE (AQRS).

L'asse elettrico medio globale si è situato fra -30° e + II0° con maggiore incidenza a + 90" (2o%), fra + 90° e + 60° si trova il s6% dei casi, fra , 30" e + 90° 1'86% . Due soli casi sono a -30° ed uno solo a + II0°. VETTORE INIZIALE (J\.QR$ 1).

Il settore di distribuzione ·di questo vettore è molto più limitato e si trova fra 0° e + 8oo con il 33% dci casi a + 6o" ed il 97% compreso fra + 30" e +Bo".


V.EITORE TER.i\HNAL.E

(AQRSz).

Questo vettore presenta il maggiore settore di .dispersione fisiologica. Gli estremi sono rappresentati da - 90• e + 170° con il 74% dei casi situato fra + 70° e + 120° (fig. 1).

"~ .. IO

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1 QIS 1

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Fig. 1. - Settore di dispersione nel piano frontale del vettore globale, iniziale e terminale. Sulle ascisse sono espressi i gradi, sulle ordinale il numero dc:i casi relat i,·i ai tre vettori.

ANGOLO FRA AQRS , E AQRSz.

Nei singoli casi l'angolo compreso fra il vettore iniziale e terminale va da 0° a 140°, nel ~,5 % dci casi è ~ IIO", nel 93% L 6oo, solo in un caso è di 140°.

Facendo la media di tutti i valori di AQRS , e rispettivamente di .AQRSz, e rappresentandoli in un grafico in modo che per ogni valore del vettore globale medio si abbiano i corrispondenti valori dei due vettori medi iniziale e terminale, si è ottenuto la fig. 2 in cui si vede che le curve relative all'andamento dei due vettori si incrociano attorno ad un valore di AQRS di circa + 40°. Questo significa che l'angolo compreso fra AQRS, e AQRSz è nullo


e quindi i due vettori sono paralleli al vettore globale quando questo è diretto a + 40°.

iQRS

••

~·~-----.~,o~.------.~,~~----~------~u.-------,•,.-------,~o.------,~. AQRS,

fQIIS r

Fig. 2. - Curve delle medie dei vettori iniziale (ÀQRS,) c terminale (ÀQRS 2 ) in rapporto al vettore globale (ÀQRS). Sulle ordinate è indicata la direzione del vettore g lobale e sulle ascisse quello dei vettori iniziale e terminale. Si vede che per la direzione del vettore globale a + 40° le due curve si incrociano (vettori parziali paralleli), al disopra dei + 40° A.QRS, precede i\QRS 2 (rotazione oraria), al disotto avviene il contrario (rotazione antioraria).

DISPOSIZIONE DEI VETIORI.

La deviazione del vettore globale è in rapporto alla magg10re dispersione del vettore terminale. Il vettore terminale si dispone, rispetto il vettore iniziale, sempre m senso orario per valori di A.QRS a destra di + 50°, in senso antiorario per valori di A.QRS a sinistra di + 40°. Per valori intermedi si possono avere sia l'una che l'altra rotazione, con vettori sensibilmente paralleli attorno a + 40°

(fig. J).


31

• : rotaz . anti11raria

B : vettori paralleli O : rotaz . orar'ia 20

10

l

o 40.

. l Il

Do 40.

eo•

n(

ÌQRS Fig. 3· - Sulle ascisse è indicata la direzione nel piano frontale del vettore globale e sulle ordinate il numero degli stessi vettori. Jn bianco sono quei vettori globali i cui vettori parziali hanno una rotazione oraria, in nero quelli i cui vettori parziali hanno una rotazione antioraria, a linee trasversali i vettori globali i cui vettori parziali sono paralleli.

DISCUSSIO. lE

A differenza delle ricerche effettuate dagli altri AA. [ 2, 6] questa pre~ senta la peculiarità di essere stata eseguita su un gruppo omogeneo di soggetti sia per età che per sesso e conformazione fisica. Ci si aspettava quindi di trovare dati che potessero per qualche aspetto discordare da quelli noti in letteratura e riferiti a gruppi eterogenei di sog~ getti sia per sesso che per età. In effetti nella nostra casistica predomina una deviazione dei vettori verso destra (sempre nell'ambito fisiologico) rispetto ai 100 casi di diversa età esaminati da Niggli e Coli. Ciò è d'altra parte ben comprensibile data la giovane età dei nostri casi. Questa relativa deviazione assiale destra si è visto essere legata solo al comportamento del vettore ter~


186 mina le; infatti gli estremi del settore di dispersione del vettore globale e del vettore iniziale sono perfettamente sovrapponibili nei nostri casi e in quelli degli AA. citati (A.QRS com preso fra - 30• e + no•, A.QRS . compreso fra o• e + 8o•), mentre il vettore terminale ha gli estremi del settore di dispersione più spostati a destra (- 90• e + 170• invece di - 140• e + 150"). Sovrapponibili sono i d ati relativi all'angolo formato dal vettore iniziale con quello terminale. L'importanza di tale angolo è stata enfatizzata da Grant soprattutto nella diagnosi di blocco perinfartuale e lo stesso Grant ha stabilito il suo limite superiore a no•. N ella nostra casistica l'angolo è L JJ0° nel ~% dei CaSt e nel 93'}o è L 00°. Il dato infine che acquista più valore e che va a confermare in pieno ciò che gli altri AA. hanno osservato è quello concernente la rotazione oraria od antioraria del vettore terminale rispetto al vettore iniziale: se il vettore globale è a destra di + 40• la rotazione è oraria, se è a sinistra la rotazione è antioraria, quando il vettore globale è a + 40" i due vettori parziali sono paralleli.

RIASSUNTO. E' stato condotto uno studio nel piano frontaJc dci vettori mcdi di Gran t in 140 soggetti normali di 20-21 anni di età. Il vettore globale presenta una dbpcrsione compresa fra -30 e + no•, il vettore iniziale fra o e + So•, il vettore finale -go e + IJ0°. L'angolo compreso tra il vettore iniziale e il vettore finale è risultato minore o uguale a uo• nel 96,5% dei casi. L 'angolo è di zero gradi (vetto.ri paralleli) per la direzione di AQRS = + 40°. Con deviazione a sinist.ra da questa posizione prevale una rotazione antioraria del veuore terminale sul vettore iniziale. Con deviazione a destra, prevale invece una rotazione oraria. I dati ottenuti sono perfettamente sovrapponibili a quelli delle ricerche di Grant e Niggli e Coll.

RÉ~t!\IÉ. - On a conduit une étude dans le pian frontal cles vecteurs moyens de Gran t sur 140 sujets normaux agés de 20- 21 ans. Le vecteur global présemc une dispcrsion compri se entre -30 et + no•, le vèctcur ioitia[ entre O et + 80°, le vccteur fina! entre -90 et 1J0°. L'angle compris cntre le vecteur initial et le vecteur finaJ est plus pctit où égal à n o0 dans le 9(),5% des cas. L'angle est de zéro degrés (vecteurs parallèlcs) pour la dircction de .AQRS = + 40". Au cas de déviation à gauche de cene position on remarque une rotation anti horaire du vecteur terminai sur le vccteur initiaJ. Au cas de déviation a droite, on observe au contraire une rotaùon horairc. Le données obtenues sont parfaitemcnt superposables à celles des recherches de Grant et Niggli et Coli.

.


StntMARY. - A ~tudy on the frontal piane of the averagc Grane vectors has been made on one hundrcd and forty 20- 21 years old norma! subjects. Thc global vector presents a dispersion cornprised bctwecn -30 and + 110°, the initial between o and + 8o0 , thc final bctween -90 and + 170°. The anglc compriscd between thc iniùal and the fina! vector has resultod smallcr than II0° or equal ro it in 96,5% cases. For the direction i\QRS = + 40° t.he angle is of zero degrces (parallel vcctors). With deviation to thc left from this posiùon an anùclockwise rotation of the termina! vector prevails over rhc initial one. On the contrary a dockwise rotation prevails with deviation to the right. The data which havc been obtaincd can be perfectly superimposed on thc ones obtained from the researches of Grant, Niggli and Coli.

BIBLIOGRAFIA

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RECENSIONI DI LIBRI

MEDULLA M.:

Rosolia e vaccinazione antimbeolica: acqwsizioni; prospettive e problemi.

- n Progresso Medico, YOL XXVI, novembre I9JO, pagg. 575·

La rosolia è una malattia esantematica con sintomi che in parte ricordano il morbillo e in parte la scarlattina, ma con un decorso clinico più benigno di queste due ultime malattie. L'esantema è caratterizzato da un 'eruzione maculo- papulosa localizzata prevalentemente alle gote, alla fronte e alle parti superiori del tronco, rarameme agli arti. L'eruzi~ne esantematica è accompagnata da febbre che dura di solito tre giorni. Caratteristiche della rosolia sono inoltre: linfoadenopataria dei gangli nucali e rctroauricolari. lieve splenomegalia, leucopenia con linfomonocirosi relativa e plasmacellule nel sangue circolante. Nonostame la sua benignità, la rosolia è una malattia estremamente insidiosa per i danni che può provocare sul prodotto del concepimento, specialmente durante il primo periodo della gravidanza (aborto, cataratta uni- o biolaterale, glaucoma e retinopatia, ipoacusia sino a sordità, malformazioni cardiache, ritardo p~icomororio con o senza microcefalia, ecc.). La grande epidemia di rosolia che ha colpito gli Stati Uniti, negli anni 1964 - 1!}6), ha messo chiaramente in eYidenza i disastri che può provocare il virus della rosolia nell'embrione e nel feto (embriopatia rubeolica e fetopatia rubeolica). Il virus della rosolia è stato isolato per la prima volta negli Stati Un i ti nel 1961 da due gruppi di ricercatori che operavano in Laboratori differenti (Bethesda e Boston). Si tratta di un virus costituito da Acido ribonucleico (RNA) termolabile. Esso deve essere conservato ad una temperatura di - 6o°C. Il virus della ro~olia, dopo aver infettato la gestante c determinato in e~sa una infezione apparente o inapparente (40°'" dei casi) passa nella placenta e successivamente determina una viremia embrionale o fetale con possibilità di localizzazione nei più svariati tessuti e organi dell'embrione o del feto. Il virus attacca i tessuti embrionali con una duplice azione: un'azione cirolitica e un'azione inibente la mitosi. Ne risultano, quindi malformazioni ed arresti di accrescimento a carico dci più svariati organi. Considerando l'alta lesività dd virus della rosolia sui tessuti emb.rionali e fetali, ~ della massima importanza realizzare uno stato di immunità nelle donne in età feconda. Questo stato immunitario può essere realizzato in forma temporanea o in (orma permanente. L'immunità temporanea si realizza inietta ndo gamma- globuline alle gestanti esposte alla infezione rubeolica. Per raggiungere una buona immunità con que~to metodo è necessario iniettare almeno 20 mi di gamma- globuline al più presto po!;sibile dopo l'avvenuto contatto. Questo tipo di immunità presenta l'incom·eniente della sua scarsa durata e del suo alto costo. Una più duratura immunità, anche se non permanente, è quella che si ottiene con l'inoculazione di vaccini viventi attenuati. T ra questi i più importanti sono quelli realizzati con il ceppo HPV 77• con il ceppo HPV 77/ DK 12, con il ceppo HPV 77/ DE 5 e con il ceppo denominato O:ndehill.

)


Le preparazioni vaccinati consistono in materiale liofilizzato, contenente il virus ,-ivente che viene sciolto con opponuno diluente al momento della ,·accinazione c inienatO per via ipodermica o intramuscolare. Vi è anche un ùpo di vaccino preparato con il ceppo RA 27 i3 che ha dato buone risposte immunitarie per instillazione intranasale. La risposta anticorpale, dopo inoculazione dci suddetti vaccini in soggetti l;Ìeronegativi, si rende evidente, in genere dopo 4 o più settimane. Purtroppo la dur:Ha di questo stato immunitario pare che sia limitata nel tempo, e che non si prolunghi per tutta la vita come avviene invece nell'immuni tà che deriva dal superamento della malattia. Inoltre vi sono alcuni problemi importanti legati alla somministrazione del vaccino rubcolico vivo e attenuato. Anzitutto questo vaccino non può essere somministrato a donne in stato di gravidan7a e ciò per evitare il pericolo che il virus ''ivo, sebbene attenuato, penetri ama'erso la placenta nell'organismo del feto. T enendo presente l'anecchimcoto del virus rubcolico nei soggetti 'accinati, è bene escludere dalla vaccinazione non solo le donne in stato di gravidanza ma anche q uelle che possono divent:Jre gravide nei tre me~ seguenti la vaccinazione. L'ideale sarebbe quindi vaccinare i soggetti di sesso femminile in età scolare, tenendo presente che sarebbe bene estendere la vaccinazione ai soggetti di sesso maschile onde poter arrivare, in futuro, ad una completa eradicazione della malattia.

C. A.RGHIITU

JA~I'

B., H uNTER D. T., Rrc!IARI>) D. F. A netu m~thod for detecttng Plasmodia. (Su

un nuovo metodo per svelare i plasmodi della Malaria). Si calcola che durante l'anno I<J7I saranno rimpatriati dal \'ietoam circa 50.000 americani, portatori di parassiti malarici. N egli ultimi anni sono state descrine in America ben 6 piccole epidemie di malaria, provocate dai reduci dd Vietnam. portatori di parassiti. Pertanto s-i riùene che il continuo rimpatrio dei soldati provenienti dal VieLnam, e port::tlori di parassiti malarici costituisca un pericolo per la popolazione americana. Una diagnosi di malaria in un paziente si può formulare con certezrza soltanto quando si dimostri il Plasmodio nel sangue periferico. Il metodo classico di colorazione dd Plasmodio malarico su strisci di sangue o su goccia spessa non sempre è sicuro e !>Oprattutto non è molto rapido. D'onde la necessità di trovare un metodo di accertamento dd parassita malarico, rapido e sicuro. Questo metodo, secondo gli AA., è stato m esso a punto: esso consiste nell'applicare la tecnica della fluorescenza ai preparati di sangue. A questo scopo si trattano gli strisci di sangue con il fluorocromo Acridin - arancio. Questo colorante ha una particolare :~fJinità per gli acidi nuclcici. L'Acridin - arancio ha la proprietà di colorare l'acido desossiribonucleico (D.N.A.) in verde brillante, c l'acido ribonucleico (R.N.A.) in rosso brillante. l plasmodi malarici sono particolarmente ricchi in R.N.A. e pertanto essi appariranno, negli strisci di sangue, esaminati con il microscopio a fluorescenza, come corpiccioli rosso brillanù, che spiccano sul fondo verde del preparato. Secondo gli AA. questo nuo,·o metodo di colorazione del parassita malarico è molto più sicuro e molto più rapido del metodo classico basato l>ull'impiego della colorazione del May - Grunwald Giemsa e della semplice microscopica ottica.

c. ARGHIITU


RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

CARDIOLOGIA 1 • M oRGA!':

J. R. e FoRKER A. D.: Syndrome of hypoplasia of the right lung and d~xtro·

posirion of the heart: "Scimitar sign" with norma! pulmonary venaus dr~nage. Circul., 1971, 43, 27 • 30. La sindrome della scimitarra deriva il suo nome dalla carartensuca immagine radiologica dovuta alle vene polmonari ds che drenano atlormalmente nella cava inferiore c producono pertanto un'ombra va:.colare incun-ata nel campo polmonare inferiore ds che ricorda la lama di una scimitarra. Detta immagine radiologica è sim:>ra stata considerala matognomonica della sindrome, la quale è rappresentata, anotomo- patologicamente, oltre che dall'anomalo drenaggio delle suddette vene nella cava inferiore, da una ipoplasia del polmone ds e da una destroposizione del cuore. Gli AÀ. riportano però il caso personale di un giovane di 26 anni, nel quale, pur essendo presente il segno classico della scimitarra, le immagini angiografiche hanno dimostrato che un'ampia vena comune polmonarc ds, dopo essersi incurvata, come è abituale nella sindrome, verso il diaframma, invertiva il suo decorso andando a sboccare completamente nell'atrio sn invece che nella cava inferiore. Era sempre associata una ipoplasia del polmone ds ed una desrrorotazione del cuore. Viene r.iponata una rivista della letteratura sull'argomento, nella quale vengono descritti casi in cui non tutte le anomalie caratteristiche erano presenti. mentre altre anomalie vascolari erano aggiunte. Gli AA. non sono d'accor-do con Massumi e coli. che ritengono le anomalie associate come le conseguenze fisiologiche dall'ostruzione al ritorno venoso dal polmone ds, in quanto nel loro caso la vena polrnonare ds sboccava nell'atrio sn e non nella cava inferiore, salvo che non si voglia ammettere che una certa ostruzione occorreva all'angolazione acuta in vicinanza del diaframma o all'cmrata nell'atrio sn. MELCIIIONDA

RoBERTS

W. C.: Palpation of th~ breast. A part e>f the pr('cordial cxamination. -

Da

« Annotations » in Am. Heart J., 1970, 8o, pag. 578.

l\:elle donne la porzione più prominente del precordio è la mammella. E proprio la mammella è probabilmente la parte più trascurata nell'esame del precordio. Le mammelle sono considerate da alcuni cardiologi come degli ostacoli per una buona ascoltazione del cuore o per una buona palpazione del precordio riguardo agli impulsi caJ'I. diaci, ai rumori, ai thrills. Con l'esame delle mammelle, tuttavia, si può avere una chiave per la causa di una disfunzione cardiaca in una articolare paziente. Nelle donne, il carcinoma della mammella è, in cifre assolute, il tumore con più fre.1uenti metastasi al cuore. In 104 pazienti con carcinoma della mammella studiate dall'A. con ne-

r


croscopia, 24 (23%) avevano metastasi al cuore ed 88 (85 /o) al polmone. Circa 30.000 dollJ1e negli USA sviluppano un carcinoma della mammella ogni anno. Bcnchè masse della mammella occorrano sia nelle donne giovani che in quelle vec· chic la incidenza del carcinoma della mammella aumenta con l'età. La donna giovane con una cardiopatia congenita o con una stenosi della mitrale ed un nodulo nella mam mella (; più facile che abbia un tumore benigno (malattia fibrocistica o fibroadenoma); la donna oltre i so anni con una coronaropatia ed una massa palpabilc è più facile che abbia un tumore maligno. Le neopla!>ie della mammcll:l possono essere classificate comc ,, tlon infiltranti>> od «infiltranti )), con origine delle cellule neoplastiche dai doni o dai lobuli. In ogni mammella sono presenti da 15 a 20 dotti autonomi, separati, ognuno contenente lobuli multipli. Nelle paziemi con rumori non infitrami le cellule ncoplastiche crescono entro i dotti o lobuli c, per conseguenza, un sanguioamento del capezzolo è un segno abitualmente presente. Un nodulo discreto non è abitualmente palpato. Nella malattia di Paget il Lu more intraduttale si è esteso dal dotto interesSt.\1\ do la cute del capezzolo e dell'areola. Nella varierà non infiltrante le cellule rumorali penetrano nelle pareri dei dotti o dei lobuli ed infirrano lo stroma circostante. Il nodulo che ne risulta è abitualmente palpabile.

O'RovRKE R. A. Thc atrial sound. Factors regulating its occurrencc and timing. Da « Annocuion » in Am. H ean J·., 1970, 20, pag. 715. Il tono atriale udibile (4° tono) è prodotto nel vcntricolo durante il riempimento ventricolarc associato con una contrazione atriale. Il vero meccanismo della sua produzione rimane controverso. La presenza di un tono atriale è abitualmente dipendente da tre fattori : 1) contrazione atriale efficace; 2) riempimento ventricolare non o~tacolato; 3) diminuita «compliance >> ventricolare. Il tono atriale non è presente durante la fibrillazione atriale c può essere assente nei pazienti con grave miocardiopatia per parecchi giorni dopo il ritorno al ritmo sinusale. F requentemente il 14° tono compare quando la funzione migliora tre o più giorni dopo il ritorno al ritmo sinusale. Il tono atriale può essere assente, nonostante una malattia ventricolare, quando una contrazione atriale inefficace sussegue ad una ischcmia ad una fibrosi o ad un in farto atriale e può comparire con il miglioramento della fun. zione e della portata atriali che accompagna la terapia digitalica. n 4° tono è abitualmente assente durante la diminuzione del riempimento ventricolare ed t: frequentemente presente nei pazienti con ipertensione, con stcnosi aortica, con insufficienza mitralica acma, con miocard:opatia c con coronaropatia. T unavia il tono atriale può essere presente anch e negli stati ad alt.1 portata quando vi è un au· mento del riempimento del ventricolo con « compliance» normale. Kincaid · Smith c Barlow hanno documentato una dimin uzione dell'intervallo tono atriale· 1° tono nei pazienti iperresi durante il trattamento c nei pazienti reduci da un infarto miocardico. Questa osservazione t: stata confermata da H ill e coli., ma appare in contrasto con il rilievo di Braunwald e Frahm che l'intervallo di tempo fra l'apice dell'onda << a » della curva pressoria ventricolare sn e l'inizio della contrazione ventri· colare tende a diminuire quando ~rumcnta la pressione telediastolica ventricolare sn. In realt:ì non vi è alcun contrasto in queste due osservazioni. 11 tono atriale e l'onda presisrolica cc a>> dell'apicocardiogramma occorrono con l'onda ,·entricolare «a» sn, ma non necessariamente con il suo apice. Quando la pres~ione ventricolare tdediastolica


sn aumenta, il tono atriale e l'onda presistoUca dell'apicocardiogramma occorrono più precocemente e frequentemente corrispondono al tratto ascendente dell'onda ventricolare c< a » sn piuttosto che al suo apice. MELCHIONDA

C., DuPUIS C., GILGDIKRANTZ S. e Huuu ]. M.: Syndrome ù Holt- Oram et malformations du mains associées à une cardiopathie congéniuzle. - Arch. Mal. Coeur, 1970, 63, 1428- 1444·

PER1"0T

Si designa abirualmente con il nome di sindrome di Ho!t- Oram l'associazione di una cardiopatia congenita non cianogena, generalmente comunicazione imeratriale, spesso associata a sua volta a turbe del ritmo, con una malformazione delle mani e degli arti superiori che interessa sopratrutro il pollice, a carattere familiare. Gli AA. riportano I I casi personali, 5 dci quali appartengono a 3 generazioni di una stessa famiglia, tratti da una serie di 1.200 cardiopatie congenite. La prima o~e:r­ vazione è la quasi esclusività delle malformazioni del pollice (digitalizzazione o trifalangia, pollice bifido, agenesia, polidattilia). La seconda osservazione è predominanzn della comunicazione interatriale (sindrome atrio,- digitale) sulla comunicazione interventricolare (sindrome ventnicolo - radiale). La terza osservazione è il carattere ereditario. Le turbe del ritmo erano rappresentate da un flutter o da una tachisistolia atriale. Un punto comune fra i 5 membri della stessa famiglia è stato l'aspetto dei dermoglifi che può essere pertanto considerato come un altro criterio della sindrome. Dopo un'ampia discussione sui vari componenti della sindrome, gli AA. concludono che la sindrome di Holt- Oram raggruppa forse delle anomalie genetiche di diversa origine. La localizzazione sul cariotipo della rurba dell'informazione genetica non è ancora nota, ma si può solo affermare che essa è portata da un autosoma. MELCHIONDA

REUMATOLOGIA BuacH G. E., G1us T. D. e CocoLoUGII H. L.: Pathogenesis of rheumatic heart disease: Critique and theory. - Am. Heart J., r97o, 8o, 556-561. E' una critica serrata ed ampiamente documentata contro la comune accettazione che lo streprococco sia l'unico agente etiologico responsabile della sindrome della « febbre reumatica» e della «cardiopatia reumatica ». Sinora infatti non vi è una documentazione scientificamente esatta per una tale afiermazione. Gli AA. ritengono pertanto necessario una indagine scientifica accurata, rivolta soprattutto allo studio dci virus, essendo essi dell'opinione che questi possano giocare una parte significativa nella patogenesi di quella che è spesso chiamata cc cardiopatia reumatica», acuta e cronica, perchè molte domande sinora senza risposta circa questa entità potrebbero essere spiegate in base alla etiologia virale. I ben noti c< criteri Jones » non possono essere più considerati utili per una diagnosi di certezza della « [ebbre reumatica», in quanto essi si sono dovuti modificare ed ulteriormente revisionare a distanza di un decennio rispettivamente, per cui ci si jomanda quale sarà la loro re,·isione fra un altro decennio c quale valore possano avere


i dati epidemiologici del passato basati su diagnosi desunte da criteri dimostratisi successivamente erronei. Le relazioni etiologiche della febbre reumatica con lo streptococco non sono paragonabili a quelle della febbre tifoide con il bacillo tifoide. Una cardiopatia 'al volare cronica senza una storia di cardite acuta dovrebbe forse essere definita come una << cardiopa tia valvolare di ignora etiologia », piuttos.to che come una u cardiopatia reumatica >l. E' indubbia una associazione fra la cardite acuta e la faringite streptococcica, ma è noto che circa il 90% delle faringiti hanno una causa virale, ma, anche nei casi in cui fu potuto isolare uno rueptococco, ciò non vuoi dire che i virus sono da considerare come non responsabili della malattia, in quanto lo streptococco è un ospite abituale del faringe e non rutti gli ospedali sono attrezzati per studi di virologia. Si cerca di spiegare con la presenza di << fattori ospiti » la discrepanza fra la incidenza della cardite o di un'artrite nelle faringiti streptococciche (circa il 3° 0 ) e fra la ricorrenza di cc febbre reumatica >> con una seconda infezione streptococcica (circa il 50 6o% ). Il cosiddeuo titolo della ASO non può e~sere più considerato adeguato immunologicamente ed è strano, dicono gli AA., che la presenza di un indicatore secondario di infezione possa essere considerata più importante della presenza dell'agente etiologico in sè; sarebbe come se si considerasse una reazione di Widal una evidenza migliore per una febbre tifoide rispetto ad una emocultura. Gli AA. riportano gli studi sperimentali di precedenti ricercatori e propri che sembrano dimostrare che i virus possono essere invece i diretti responsabili della cc febbre reumatica >J, anche se possibilmente potenziati dallo streptococco, nel quale caso si spiegherebbe l' utilit~ della terapia penicillinica. La storia delle malattie infettive è ricca di questi esempi di a~~azione virus-batterica (cimurro da cani, polmonite influenzaJe, ecc.). E' verosimile che virus " dormienti n siano presenti nell'endocardio e che parecchi fattori condizionanti possano u s\·egliarli >>, fattori che possono essere rappresentati non solo dallo streptococco, ma anche dall'alcool, dal trauma, dalla gravidanza, da altre infezioni, dalla malnutrizione, ecc. Gli AA. suggeriscono pertanto che debba essere fatto un serio sforzo per anrezzare ogni centro medico per l'isolamento di virus come ricerca di routine in modo che possa essere accelerato il progresso scientifico in questo campo della reumatologia. MELCHIONDA

CARDIOLOGI A E MEDICINA LEGALE

CHoussAT A., BRoussoN R., ZEBROWSK t A. e BRtCAuo H.: Syndrome card1o - auditif familiai. - Arch. Mal. Cocur, 1970, 63, 17 15 - 1727. Ancora un Ja,•oro sulla sindrome card io - auditiva di grande interesse medico -legale militare (G. Mcd. Mil., 19(59, pag. 477). In una famiglia di Io figli, il padre di 50 anni, solo fra gli altri 7 germani, ha presentato ne!Ja sua giovinezza nu me rose manifestazioni sincopali che si sono spaziate nell'adolescenza per scomparire sui 20 anni. Dei suoi 10 figli, 2 sono morti ad 11 e 12 anni dopo una serie di manifestazioni sincopali, mentre i due maggiori, di 20 e 19 anni, hanno presentato a più riprese manifestazioni sincopali o malesseri od (( assenze », .<enza perdita di conoscenza.


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Questa inchiesta genealogica è stata condotta dagli AA. in occasione del ricov<:ro del figlio di I I anni, mono in ospedale. In questo modo la loro osservazione si è arricchita di altri 6 casi supplementari, in quanto due altri figli, di 8 e 5 :10ni, pur non presentando alcuna manifestazione car diaca, avevano le stesse anomalie ecgrafiche degli altri fratelli e del genitore, cioè un allungamento dello spazio QT cd alterazioni dell'onda T. Lo studio dell'udito è stato potuto eseguire solo in 3 dei soggetti ed ha rivelato un deficit elettivo alle alte frequenze. Gli AA. descri\·ono la sindrome cardio- auditiva di Jervell e Lange - r\'iclsen, in cui ad una sordità generante spesso una mutolezza si associa una lesione cardiaca. Questa è caratterizzata da manifestazioni parossistiche (che vanno dalla semplice temporanea perdita di conoscenza, alle assenze di breve durata, agli accidenti mortali), da anomalie elettriche (allungamento dello spazio QT ed alterazioni dell'onda T), da anemia ipocromica e da anomalie dci dermawglifi. Poichè da Ward e da Romano è stata descritta una sindrome con caratteristiche cardiache esattamente sovrapponibili alla sindrome di Jervell e Lange- Niclsen, ma senza lesione auditiva, gli AA. si domandano se queste due sindromi non possano es· sere fra loro coUegate, anche se sembra che esse siano genericamente distinte, in quan to, pur essendo ambedue autosomiche, la prima sarebbe di tipo dominante, mentre b seconda sarebbe del tipo recessivo. Ancora oscura è l'etiopatogenesi di queste anomalie, ma è \Crosimile che il cuore e l'orecchio rappresentino due localizzazioni di una stessa turba metabolica gener:~lc. Molte teorie sono state proposte (turba elettrolitica, turba del metabolismo del glicogeno), ma sinora la rarità della sindrome e la incompletezza delle ricerche effettuate le rendono solo molto suggestive. Un'altra teori:~ è quella che il cuore e l'orecchio sarebbero le due localizzazioni di lesioni vascolari sviluppatesi in utero. La prognosi è, come si è visto, spesso fatale, ma essa può essere migliorata notevolmemc se si riesce a fare superare l'adolescenza agli infermi e questo può essere otte· nuto con la digitalizzazione oppure con l'uso dei bloccanti di beta- recettori. MELCIIIONDA

FISIOLOGIA D. F., SHAVER J. A. c LEONARD J. J.: R~flcx h~art rat~ contro/ in man. Heart J., 1970, So, ]29 - 739·

LEON

Am.

La necessità di studi:~re il decorso cronologico della reinnervazione di un cuore umano trapiantato con successo ha spinto gli AA. di riesaminare sperimentalmente e criticamente le parti relative dei sistemi nervosi simpatico e parasimpatico nel controllo della frequenza cardiaca per effetto delle modifìcazioni pressorie arteriose. Essi hanno condotto le loro ricerche usando il propranololo come bloccante dci beta - reccttori adrenergici, l'atropina come bloccante del parasimpatico ed ambedue farmaci per provocare un blocco combinato. I risultati sono stati i seguenti: a) nel soggetto normale l'attività beta- simpatica non gioca una parte impor· tante nella risposta riflessa della frequenza cardiaca :Jlle modifìcazioni della pression ~:. arteriosa, ma essa è dovuta alla ~tirnolazione riflessa del parasimpatico (ipertensione) od alla sua ipotonia (ipotcnsione);


b) le modificazioni della frequenza cardiaca per effetto della manovra di Valsalva (tachicardia durante lo sforzo espiratorio e bradicardia nella fase di << overshoot ») sono una misura della integrità della funzione parasimparica piuttosto che di quella beta. simpatica c pertanto la manovra di Valsalva non dovrebbe essere coO>sidcraln come un metodo valido della funzione simracioo di base; c) nei soggetti con cuore trapiantato con successo la frequenza cardiaca rimatu• fissa nonostante la stimolazione dei baro · recettori a mezzo di modificazioni della pre,_ sione arteriosa farmacologicamente indouc; i soggetti, cioè, si comportano come quanto avviene nei normali in ~eguito a blocco cardiaco combinato (il propranololo e l'atropina possono pertanto influenzare la denervazionc cardiaca farmacologica). In questi sog· getti successivamente, le risposte della frequenza cardiaca alla manovra di Valsalva, alla inalazione del nitrito di amile cd alla infusione di fcnil -efrina possono essere indici validi di reinnervazione parasimpatica del cuore trapianlato. Come si vede, viene notevolmente scossa la concezione classica per la quale nei sog· getti normali la bradicardia conseguente ad una ipertensione fosse dO\·uta ad un intergioco fra la stimolazione vagale e la ipotonia simpatica e la tachicardia conseguente ad una ipotemione fo~se dovuta ad un intergioco fra la stimolazione simpatica e la ipotonia vagale. MELCHlONOt\


SOMMARI DI RIVISTE MEDICO - MILITARI

INTERNAZIONALE REVUE INTE~"'JATIONALE DES SERVICES DE SANtt DES ARMtEs DE TERRE, DE MER ET DE L'AIR (n. 12, 1970): Gonzaga Ribeiro N. L.: L'importanza nelle Forze Armate dell'accertamento e della eradicazione di focolai endemici: Merayo Magdalena F.: Eradicazione delle malattie endemkhe. Casi di malattie tropicali. Trasporto aereo; Varma R. N.: L'importanza dell'accertamento e della eradicazione di focolai endemici nelle Forze Armate; Janos Gy: La chirurgia iniziale del h: ferite da proiettile.

ITALIA ANNALI Or ~EDICINA NAVALE (A. LXXV, fase. V, settembre-ottobre 1970): Migliorino G., umetta G.: Ricerche ~ulla psicofisiologia della visione in rel,1 zione alla produttività ed alla prevenzione degli infortuni negli operai dell'industria; Tatarelli R.: Su di un caso gemellare monozigotico di craniostenosi; Belleng hi G.: La razione alimentare del personale imbarcato su Unità di superficie e subacquee; Catalano L., Tatarelli R.: Sulle sindromi cliniche da insufficienza cerebrovascolare da stenosi delle arterie del collo; Catalano L., T atarelli R.: Aberrazioni cromosomiche e disturbi psichici. ANNALI DJ MEDICINA NAVALE (A. LXXV, fase. VI, novembre - dicembre 1970): Musiari C., Basile C., Subelli M.: In tema di parotiti scialecrasiche; Moretti G. C.: Nuovi orientamenti sulla fisiopatogcnesi della malattia da decompressione; Bellen-

ghi G.: La razione alimentare del naufrago. RIVISTA DI MEDICINA AEROKAUTICA E SPAZIALE (A. XXXIII, vol. 33· n. 4, ottobre-dicembre 1970): Janigro G., Meineri G.: Lavoro muscolare attivo e passivo c dispendio energetico; Rotondo G., De Angelis A. A.: Considerazioni anatomo cliniche e medico -legali sull'ernia inguinale da volo acrobatico; Busncngo E.: L'imponanza del comportamento del gradiente \·entricolare spazialc in elettrocardiografia (Nota preventiva); Rossanigo F. , Rota P.: Caratteristiche psico- fisiche di piloti non professionisti e sicurezza di volo.

FRANCIA REVU E DES CORPS DE SANTC DES ARMÉES, DE TERRE MER ET AJR (vol. XI, n. 6, 1970) : Larrey D. L., Hinc1csonn H.: Su una ossen·azione clinica rilevata per la prima volta da Larrey; Doury: La spondiloartitrite anchilosame; Lauzu, Pcriollc, Maillet: Esperimenti di pronto soccorso medico nella regione media dci Pirenei; Bulflcr: Studio sull'azione rapida delle antocianosine, rilevata a mezw della scotofcr tometria in un Centro di selezione attitudinale; Martin de Lasso/Le, Boussat M.: 11 t a-


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ruaggio : studio medico psicologico su roo casi osservati tn un Centro di selezione attitudinale; A ngiade: Enrero - arterioplastica sperimentale nei cani; Ehrhardt f. P., Niaus. sat P. : TI danno provocato da vermi invertebrati nelle barriere oceaniche coralline; Ducros H., Laurent C., foannes F.: Meccanismo di reazione dci gas respiratori sull'ipcrossido di potassio negli apparecchi respiratori a circuito chiuso. LE MEDECIN DE RESERVE (A. 6], n. 1, gennaio- febbraio 1971): Francfort R.: Le conoscenze attuali sugli ultrasuoni e suoi loro effetti fisiologici; Lavernhe f .: L'uomo nello spazio.

GRECIA H ELLENIC ARMED FORCE$ M EDICAL REV IEW ('·ol. IV, n. 5, ottobre 1970): Panetsos A., Mantis A .. Kilikidis S.: Un episodio di avvelenamento da forma~­ gio dovuto alla cnterotossina stafi lococcica di tipo A .; Achimastos A., Kokolios H ., Ky· /anidis D ., Ral/is D.: Prove di precipitazione positive per la sifilide tra donatori volontari di sangue; Panagiotopoulos N., Spanos G.: Uno studio del pH e della flora microbica totale nella carne di bue congelata; Vlontis V., Vent>tis C.: Le prove di Pancreo· zymin · secretina nella diagnosi delle malattie pancreariche; At1gelidis S.: Effetti secondari dei farmaci ami - depressivi triciclici sul sistema circolatorio; Kotsifopoulos P. N.: Com posizione elettrolitica ed equilibro tra i compartimenti extracellulari e intracellulari; Angelidis A. A.: Ansietà e neurosi ansiose; Symeonides P. , Pagafides T., Tapa · dimitious f. : Lo scafoidc accessorio nella diagnosi differenziale delle lesioni del piede; Kardalinos A. Costeas Fr., Koz4remenos S., Valvis F.: Anomalie elettrocardiografiche associate con lesioni del cervello; Toussimis D. G.: Sinostosi congenita radio- ulnare; Perperas A., Dandolos E., V/ondis V.: Su di un caso di triade di Saint; Pichion A., Georgariou P.: Su di un caso di ricaduta di toxoplasmosi oculare; Swmatis G., Tiniakos G .: T umore misto della mascella di particolare estensione; Contogeorgos L., Koktas N. , Zissis f.: Fibroma della \'CSCica urinaria; T iniakos G., Panopoulos C.: Su di un caso di tubercolosi cndometriale dopo la menopausa, con estensione al tratto cervicale; T zalonikos T. N.: Impressioni sulla prima seduta scientifica della Società ellenica d i nefrologia.

INGHILTERRA JOURNAL OF THE ROYAL ARMY MEDICAL CORPS (vol. 117, n. 1, 1971): Cab/e H. R .: Sulla valutazione della perdita dell'udito; Croton L. M .: 11 rumore c il soldato di fanteria; Greenwood R. A., Morris T. M., Powell A. M. : Su un servizio aperto di audiometria in un O spedale militare; Amrolitvalla F. K. , Bennett R. M .: Una insolita complicazione del morbo di Pagct; Cormack J. D.: Alcune osservazioni cliniche sulla gotta.

JUGOSLAVIA VOJNOSANITETSKI PREGLED (A. XXVII, n. n, novembre 1970): Davidovic ]. e co/l. : Su alcuni criteri dell'aumento della resistenza all'ipossia; Ra1sic R.: Applicazione dell'altitudine artificiale nella terapia dell'asma bronchiale; Krstic N. e coli.: Cambiamenti della temperatura del sangue nel cuore destro durante la respirazione SOtto tensione positiva; Cmclic S.: Attenzione operativa e controllo emotivo in condi-


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REPUBBLICA FEDERALE T EDESCA WEH RMEOIZIN ISCHE MONATSSCHRlFT (n. 11, 1970): Baerwa/d H. R.: Effetti delle microondc e misure protettive contro di esse nell'ambiente militare; Schulze W.: Un medico tedesco nel Togo; Voss A. C.: T ecnica delle iniezioni intramuscolari. WEHRM13DJZINISCHE MONATSSCHRfFT (n. 12, 1970): Atwein J., Mairose V. B., Poetzsch M.: Simulazione e dissimulazione; Sturde H. C., Heinke E., Bohm K.: Sintomi, diagnosi e trattamento dei disturbi della (ccondità nel maschio; Gartner F.: Tumore maligno in seguito ad un trauma della mascella riportato durante il servizio militare; Grob E., Freygang E.: L'importanza della vaccinazione antitetanica nella medicina militare; Emptcr Chr.: Vaccinazione contro la rabbia; Fassbender H. G.: Anatomia patologica della colonna vertebrale e suoi riflessi funzionali.

ROMANIA REVISTA SANfTARA MEDICALA (n. 5, settembre-ottobre 1970): Sutcu l., Vaideanu C., Cindea V.: Il trattamento chirurgico del trombo-embolismo; Tudor V.: Recenti progressi nella diagnosi biologica dell'epatite epidemica; Macovucu Al., Gordan G. : Dati recenti sulla resistenza agli antibiotici; Gurat4 G., Paun C.: La eliagnosi radiologica della osteocondrosi vertebralc; Predesca C., Tctu G., Bercu C.: Considera· zioni sulla diagnosi c il trattamento chirurgico delle infezioni focali; Niculescu Gh., Baciu D., Giurgiu T., Danciuloiu Al., Savu St.: Indagini sulla fisiopatologia e terapia


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delle ferite duodenali; Vasiliad .\!., :Ha/in l., Popa V., Rodica Vutoit~ . Torna T.: Com plicazioni della malattia trombo- embolica nella chirurgia ginecologica; Vain~r E., So· cosan Gh., Zamfir C., Serban L.: Commenti sulla efficacia della cura della tubercolosi primaria del polmone; Mihalceanu St., lonac D.: Considerazioni cliniche, diagnostiche e rerapeutiche su alcuni casi di sLrong iloidosi; Flesetiu 0., fofcea T., Ili~ Al.: Commenti sulle indicazioni della riduzione chirurgica e della immobilità nelle fratture dell'angolo della mandibola; Vlad Gh., Floriatl l ., Ghituleasa M.: Commenti su due casi di sifopaùa accertati chirurgicamente; Pop~scu Al., Balas E.: Considerazioni cliniche c: terapcuriche su di un caso di malattia di Besnier- Boeck - Scaurnann; Zamfir C., Tt~rcu E., Efanov Al.: La prevenzione della cardiopatia ischcrnica; lanculescu V., Armasu V., Tocan G.: Commenti sull'ingegneria sanitaria nelle FF. AA.; Ca/in Al., Dudoiu Gh., Nastoiu l., Dinu V.: Considerazione sulla distribuzione dei gruppi S:Jnguigni ABO e la loro importanza in medicina militare; Periiu Al., Ciuca T r.: Tricomon.iasi uro -genitale; Dijmar~scu /., Zdrafcovici A., Rtmceanu N., Bad~a A.: Os<;ervazioni sulla conservazione e sulla data di scadenza di alcuni prodocti preparat.i nella farmacia dell'Ospedale Militare Centrale; Baidan .V., Oita .\'., Cotiga D.: L'uso dei moderni eccipienti in terapia oculare.

U.S.A. MILITARY MEDICINE (vol. 135, n. 10, ottobre 1970): Palm~r E. D.: L'esperienza militare della malattia ulccro~a; Cardarelli f.: 11 laboratorio di conservazione del sangue intero nelle Forze Armate; Hirsch E. F., Ballanti n~ T. V. N., Earn~st D.: Alterazioni biochimiche osservate nella sindrome da colpo di calore durante operazioni campali; Patton R. D., Cohen S. I .. Lau S. H., Damato A. N., Young M. V., St~in E.: Sindrome di Stokes- Adams; Warkel E. L., Doyle W. F.: Sctticemia da clostridi nel corso di una malattia a carattere maligno; Vick f. A., Klein F., Roberts C. R., Lincolrl R.: Tossicità e purezza dell'entero - tossina stafilococcica di tipo B.; Serem~tis M. G. , MacDonald f. C.: Pneumotorace spontaneo e carcinoma del polmone; Noya J. J., Breaux C. V., Pitha N. R., Lcon W.: Neurilemmoma bronchiale; Co/fey G. H.: Criteri di valutazione clinica cd elettrodiagnostica della paralisi BeU; M~ng G. R.: Occlusione intestinale ricorrente con enterite batterica; Finck P. A.: Orientamenti nell'interpretazione delle ferite da proietùli nell'uomo. MILITARY MEDICINE (vol. 135, n. n, nov'embre 1970): Camp R., Cont~ N. F., Ellis F. R., Nalbadian R. M., Kessl~r D. L.: Standardizzazione c studi sulle reazioni da trasfusione sanguigna nell'ambiente militare; Kellu H. l.: Il comportamento terapeutico nei pazienti oligurici; Watt D. M.: Assistenza sanitaria in una Unità mobile Clu\'iale nel Viet-Kam; jacobs E. C.: Ricordi di un medico prigioniero di guerra; Gooch W. M.: Proposta di vaccinazione contro la rosolia in una popolazione avente rapporti con l'ambiente militare; Herr~ll f. M.: La categoria di nascita e la sua influenza sul comportamento di pazienti psichiatrici in ambiente milirare; Wallcn V. C.: Terapia stimolante nei veterani in età avanzata; Fraa.s L. A.: Il soldato di Sanità in veste di paziente in una Unità terapeutica; Cunningham M. D., Mace f. W., Schanberger f. E.: Alcuni aspetti post- narali delle trasfusioni intrauterine; Cronheim G. E.: Considerazioni teoriche e pratiche sugli effetti dei farmaci; Cohro M. , Taddonio L. C., Branderburgh H. T.: Il sistema codificato applica[O ai computers nella diagnosi patologica; Gross R. L., Goldberg A. F.: Riduzione delle lesioni necrotiche ai margini dei processi di riparazione; Gruber R. P., Amato f. f.: Errori nella determinazione del P.0. 2 nei tessuti; Dieter R. A., Slatcr S., Wilso11 F., Williams H., Dietr B.: I giovani nativi dell'Alaska: il loro stato fisico nelle scuole pubbliche.


NOTIZIARIO

NOTIZIE TECNICO - SCIENTIFICHE La riforma un iversitaria. In Italia c'è l'inflazione delle matricole in medicina, cioè degli iscritti al 1° anno della facoltà di medicina. Quest'anno sono stati 20.000, distribuiti in 26 università. Negli Stati Uniti, dove la popolazione è quattro volte superiore (200 milioni di ab itanti), gli iscritti sono stati 10.8oo, distribuiti in 126 università. In Polonia, con una popolazione di 32 milioni, gli iscritti sono stati 2.500, distribuiti in 10 facoltà . Pcrchè questa inflazione in Italia? Perchè chiunque può iscriversi alla facoltà di medicina senza dover superare quelle prove ohe sono tassative per gli studenti degli altri Paesi. Così in Polonia, su 8oo studenti che vogliono iscriversi a medicina, solo 200 vengono ammessi, e sono quelli che han superato le prove di ammissione. Altri mali dell'università italiana? !'e ha riferito il prof. Luigi Rossi Bernardi, direttore dell'Istituto di Enzimologia dell'Università di Milano. A Milano, ha detto, ci sono 17 ultracentrifughe che coStanO circa 4 milioni l'una, ma sono ben poche quelle che realmente sono in attività, le altre sono state acquistate ma non utilizzate. Così dicasi per i microscopi elettronici, dei quali molti non sono in grado di produrre lavori scientifici di standard internazionale. L 'on. Pier Luigi Romita, direttore dell'Istituto di Idraulica agraria dell'Università di Milano, ha aggiunto che in llalia vi è nell'ambito dell'università una eccessiva poi verizzazione o frazionamento dci poteri, una mancanza di contano fra i docenti del! ~ varie specialità e decisioni espresse da consigli troppo eterogenei. La creazione del docente unico nelle università italiane - ha concluso Romita - consentirà di allargare La cerchia decisionale e renderla più responsabile. In Francia - ha detto il proL H enri Gastaut, rettore magnifico dell'Università di Marsiglia - la legge emanata dal Ministro per l a Pubblica Istruzione Faure nel t9()8 ha consentito alle singole facoltà il metodo più idoneo di insegnamento. Così a Mar· siglia lo stessa Gastaut ha pensato di riunire insieme gli studenti di medicina, farmacia e odontotecnica per i primi due anni di studio. Ha potuto così risparmiare personale tecnico docente e attrezzature. Superati questi due anni con esami severi, ripe tibili una sola volta, gli studenti possono scegliere tra le tre facoltà di medicina, farmacia e odo:Hotecnica. Per la laurea in medicina debbono superare altri 12 esami. Nella scelta degli esami lo studente si orienta verso que lle m:neric che costituiranno la sua specializzazione dopo la laurea.

N uove tecniche chirurgiche del Prof. Conley. Il prof. John Conley del Pack Medicai Group di • ew York è considerato il più grande chirurgo del viso e del collo. Egii è in grado di rifare completamente un viso, di l>OStituire una mascella e addirinura le ossa orbitali. E per raggiungere questi risulta t i


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ha inventato una nuova tecnica che consiste nel trapiantare non soltanto la pelle ma anche i muscoli e le ossa sortosranri, in monoblocco. Ad esempio, se deve sostituire una mandibola disrruna da un tumore o da un incidente, il prof. Conley prende un lembo di pelle del torace insieme ai muscoli e a un.1 coswla o ad una clavicola e trasferisce il tutto in sede mandibolare. Una tecnica nuova, originale, che l'A. ha introdollo da pochi mesi e con la quale ha operato 40 malati con risultati soddisfacenti. ll prof. Conley, che alla Pondaz,ione Carlo Erba è stato presentato dal prof. Ettore Bocca, direttore della Clinica otorinolaringologica dell'Università di Milano, ha anche illustrato con un film un suo intervento sulla parte alta dell'esofago. In una stessa seduta operatoria egli ha asportato la pane superiore dell'esofago e l'ha sostituita con un pezzo di pelle sicchè l'esofago all'interno rimane costituito da pelle ruvida e pelosa. Ma dopo qualche tempo la pelle, nella nuova posizione, diventa levigata, sottile, Ydlutata proprio come la mucosa dell'esofago. Il prof. Carlo Sirtori, presidente della Fondazione Carlo Erba, ha elencato i vari fattori che favoriscono l'insorgenza del cancro esofageo: eccessivo consumo di alcool e di sigarette, carenza di vitamina 812, di ferro, di proteine, cibi e acqua contaminati da rame, piombo, zinco e nitrosamine, vivere in città congestionare, avere una prcdisposizione organica che si manifesta con la comparsa di squame cutanee a livello palmnrc c piantare. Ha ricordato ru1che che nel Kenya il cancro esofageo è 23 volte più frequente che nelle altre regioni pcrchè è largamente usata una bevanda, il kachasu, che è ricca appunto di nitrosaminc e zinco. In una grande fanoria del Sud Africa le pecore si sono ammalate di cancro ewfageo percbè veniva loro somministrato solfato di nicotina e di rame per combattere i parassiti. Quando si sospese questo trattamento non ci fu più nessun tumore.

Giovani e droga.

La Scuola dei Genitori ha tenuto, a Milano, una tavola rotonda sul tema: « I Giovani e la Droga ». Moderatore della Tavola Rotonda è stato il prof. Carlo Sirtori, presidente delJa Fondazione Carlo Erba. Gli srudi compiuti nel senorc delle droghe - ha detto Sirtori - sono come le minigonne: quello che ri,·elano è interessante ma quello che nascon· dono è fondamentale. Siamo ancora nella fase di esplorazione superficiale. E' interessante rilevare tuttavia - ha aggiunto - che i ragazzi cui è stato somministrato un placebo c a cui sono stati fatti ascoltare dischi Beatlcs si soni sentiti più su di quelli cui è stata data la marijuana. Il grande genetista prof. Haldane ha scritto d'altro canto che nessuna gioia gli è venuta dalle varie droghe pari a quella del suo lavoro intellet· ruale. Anche un gruppo di 20 tossicomani ha an1messo che dopo aver praticato la meditazione trascendente, una sorta di viaggio speleologico nel proprio intimo, hanno ripudiato le droghe, cos~ quelli che si sono applicati alla «maratona rhcrapy », una sona di affaticamento fisico, psichico e mentale. Parrebbe dunque - ha continuato Sirtori - che la droga 'ia un espediente per colmare il vuoto dell'animo, prima colmalo da una maggior applicazione al lavoro, alla cultura, al perfezionismo, aJia religione. Svalutati i principi morali, spenta la comperi· zione, quasi soppressi esami, prove, concorsi, poco rimane a chi da que~te battaglie trae\'a stimoli formativi per la propria personalità, donde la ricerca di falsi sostitmi come le assurde contestazioni o le droghe. 6. · M.


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Ha aperto il dibattito la dott. Maria Volpe, insegnante, la quale ha effenuato una indagine personale, in seguito alle ri,·elazioni di alcuiti ragazzi che avc,·ano vissuto una esperienza nel mondo della droga. La relalrice ha fauo anche riferimento a interessanti interviste con genitori, insegnanti, magistrati minorili, psichiatri, psicologi. Dalla sua relazione emerge un quadro piuttosto preoccupante, con un grave squilibrio tra il diffondersi del fenomeno c l'impreparazione ad accettarlo. Il prof. Alessandro Marco Madcrna - aiuw dell'Istituto di Psicologia della Facoltà di Medicina dcii'Uni,·ersità di Milano - ha insistito sul fatto che in questa n <r stra società che si preoccupa di difendersi, punendo c reprimendo, piuttosto che &j prevenire, di curare, di rieducare, la ~luzione dei gio\'ani schiavi della droga sembra avviar;i nello stesso deludente modo con cui si è v::tnamente tentato di a(frontare il problema dell'an ti- socialità, della prostituzione, delle malattie ment::tli. ì'on è certo sempre facile giungere a conoscere ha proseguito l'oratore - le: vere cause dell'assunzione della droga. Possiamo ricordare l'imitazione, l'immawrità, le carenze affetti,·e, la curiosità, l'insoddisfazione esistenziale. il rifiuto " contestati\'O " della società, la fuga dalla realtà, l'assuefazione a sostanze assunte a scopo terap<:urico o sedativo, ecc. Per prevenire il fenomeno socio- patologico occorre un'ampia informazione, da attuare attraverso l'educazione civica e sanitaria della popolazione; ma soprattutto occorre favorire un armonico, equilibrato sviluppo della person::tlità. Fare in modo, cioc, che il giovane raggiunga una maturità nuova e completa che gli permena di rifiutare i comportamenti immaturi, di respingere l'artificio per la conquista di una autentica realtà. Anche i grandi mezzi di comunicazione di massa - ha proseguito il prof. Maderna - potranno contribuire ad estirpare oppure a diffondere la piaga: dipenderà dalla forma, dal contenuto, c dalla validità del messaggio. Ha preso la parola il prof. Luigi Valzelli, direttore della Sezione di Psicofarmacologia dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri. Uno dci fattori che fa maggiormente presa su coloro che si rivolgono alla droga è quello di poter trO\'are la soluzione dei loro problemi con l'impiego di sostanze ritenute rivelatrici di poteri cere· brali nascosti, o comunque in grado di moltiplicare e dilatare le capacità della mente umana. Tutte le ricerche scientifiche riguardanti il sistema nervoso centrale concordano nel dimostrare che è fondamentalmente erroneo attendersi che i farmaci possa110 gratuitamente arricchire la mente, inserendovi qualcosa che non sia già presente in essa. Nè visioni mistiche, nè filosofica saggezza, nè potere cre::trivo possono venir procurati da una pillola o da una iniezione: lo psicofarmaco non può aggiungere nulla alle facoltà cerebrali. Ha concluso la Tavola Rotonda l'an•. Vittorio D'Ajello, presidente del Comitato Provinciale della Croce Rossa Italiana. Egli ha affermato che la legge è sbagliata e va cambiata . Essa infatti mette ~1J ll o stesso piano il tr::tfficante di droga, il consumatore cd il semplice detentore. L'art. n. 4 C.P.P. imf>Qne in questi casi l'obbligatorietà del mandato od ordine di cattura. L'imputato deve cioè affrontare il processo in stato di detenzione. Occorre un'urgente riforma per questo articolo, che stabilisca minimi e massimi di pena, differenti per chi specula sulla droga c per chi invece la detenga non a fini di lucro, dando modo al giudicante di valutare caso per caso quale pena il pre· venuto debba il concreto meritare c ~ debba scontare o meno la pena detentiva. E' necessario, però, che gli intossicati dall a droga non siano considerati dalla legge dei soggetti meritevoli di sanzione penale, ma soprattutto degli ammalati da curare in ::tpp<r si ti reparti specializzati.


Le droghe e la loro azione deleteria sull'intelletto. In questi giorni al sole della Florida - a Miami - vengono fuori i d ifetti, le malattie e soprattutto la schizofrenia di cui soffrono gli american i. Un panorama che in fondo non è allegro, visto che gli americani, in sindromi e problemi psicologrici sono all'avanguardia come del resto lo sono nella tecnologia e nella società di tipo urbano. Sono staù essi ad esperimentare per primi i grandi concentrameneti urbani e per primi a fuggirne : sono andati in campagna, nelle casette tutte uguali, le mogli tutte uguali, i figli tutti uguali, le piante del giardino tutte uguali: ma anche lì sono stati raggiunti o stanno per essere raggiunti da altre schizofrenic. Così a Miami, in questi giorni di sole, è scaturito il ritratto di un giovane fumatore di marijuana, nato in uno di quei lindi sobborghi da una famiglia della classe media. I poveri sono più propensi alle droghe forti, tipo cocaina: i disperati, infatti, nel campo delle super - droghe sono quasi tutti negri. Ecco il ritratto del fumatore di marijuana: la prende (questi i dati raccolti da una inchiesta in profondità in due università di Nuova York) per ragioni intellettuali, pensa che la marijuana lo aiuti nel capire di più. E invece secondo gli esperti, questi ragaz?;-i non sanno che è vero il contrario. Infau i, nelle università i giovani drogati sono anche i più somari. Metà dei fumatori di marijuana non sono d'accordo con i sistemi della scuola: sono contro. In poche parole il 50% dei contestatoTi americani (universitari) è dedito alla fumata dell'oro di Acapulco. Fra i fumatori, solo il 20% è scontento del sistema scolastico: fra colow che usano maggiori dosi di marijuana o altri <<intrugli)) più forti, andare a scuola è una grande fatica. Il rapporto in questione è stato preparato dal dott. Edwin dell'Università di Nuova York, sostiene che, per quanto molti pensino il contrario, l'uso degli stu.pefacenti nelle scuole superiori non è poi così popolare. Ma molti studenti usano altri tipi di sostanze stupefacenti: in tutto trentanove. Secondo lo studio, molto spesso a portare i giovani sulla via della droga sono gli stimolanti o i sedativi che, senza prescrizione medica, si procurano in vista di esami difficili: dopo passano alle cose più forti . La marijuana in generale viene provata per la prima volta dagli studenti americani alla scuola superiore. Perchè - hanno chiesto gli intervistatori - prendete le droghe? Le risposte degli studenti sono state: combattono la debolezza e l'insonnia, diminuiscono la paura di dover affrontare problemi difficili, aumentano il senso di socialità e i piaceri sessuali, soddjsfano la curiosità, aJiargano la sensibilità estetica e la vibione ~ comprensione .delle cose. I medici replicano che fra i più accaniti fumatori di marijuana, o consumatori d1 altre droghe hanno riscontrato ansia, noia, cinismo, disgusto, apatia.

Il lavoratore italiano in Germania.

Le condizioni fis iche e psichiche del lavoratore italiano in Germania sono state illu.st!rate dal prof. Wilhelm N~swetha dell'Università d i Marburg in una con.ferenza alla Fondazione Carlo Erba. Il lavoratore - ha detto - subisce gradualmente tre trasformazioni : la prima riguarda il cuore e la circolazione del sangue: il battito cardiaco aumenta di circa 2 0 pulsazioni e la quantità di sangtic che il cuore getta in circolo diminuisce. Ciò è dovuto al tipo di lavoro che non Tichicde forza muscolare ma particolare attenzione. Si nota inoltre - ha continuato il prof. Nesswetha, che dirige l'Istituto di Medicina del


Lavoro a Marburg - una difficoltà ad assuefarM ai rumori della fabbrica, che può portare a cefalee, ,-ertigini, stanchezza, svogliatezza. Vi è infine il pericolo della sm drome dello sradicamento, che consiste in uno stato depressi,·o ipocondriaco a ,-ob: così persistente da indurre al rimpatrio. Questo sradicamento è legato alle difficoltà ambientali e sociali, al senso di alienazione che può cogliere i meno preparati, i più emotivi. Il prof. Salvatore Maugeri, direttore della Clinica Medica del Lavoro dell'UJ1iversità di Pavia, ha suggerito di preparare per ogni emigra to un libreno sanitario dove sono indicati i tipi di lavorazione e le sostanze con cui è venuLo a contatto, perchè unn volta rientrato in patria si possano riconoscere anche a distanza di anni eventuali postumi di malattie o di intossicaz.ioni del lavoratore e provvedervi su un piano medio. a~sistenziale e di indennizzo. Il prof. Luigi Carosi, dirigente sanitario dell'I 'AM di Milano, ha fatto rilevare che le difficoltà psicologiche dell'immigrato derivano anche dal fatto che gli immi grati pro,·engono dal settore della disoccupazione, dal settore del lavoro non specializzato e da zone non industrializ:r.ate e quindi estranee al laYoro di fabbrica . Si dovrebbe anche informare esattamente i lavoratori che emigrano sulle loro possibilità di guadagno c di reddito netto, perchè la scelta sia responsabile e razionale. Il prof. Alessandro Maderna, dell'Istituto di Psicologia dell'Università di Milano, ha detto che sarebbe opportuno preparare anche la società che deve accogliere gli immigrati, c il dott. Ugo Sbutega, dircuore sanitario centrnle deli'INAIL di Milano, h:1 ricordato le provvidenze internazionali che sono state gi3 pattuite nei riguardi degli infortuni dei lavoratori. Il prof. Carlo Sirtori, moderatore del convegno, ha concluso dicendo che l'emigrazione (; anche uno stress e come tale crea disturbi psicosomatici, che ruttavia potrebbero essere evitati con una particolare preparazione psicologica oltre che con adeguate misure sociali. Secondo dati recenti, lo stress da p-aura ha un indice di 300, lo strel>S da cambiar casa di 30, l'emigrare 70· Nei soggetti molto giovani lo stress viene compen sato ed annullato dai motivi della speranza c in quota parte, anche dallo spirito di avventura.

T rattamento del diabete insipido. Dopo ·la scoperta, nel 15)66, dell'effetto an ti- poliurico della clorpropamide da parte di Arduino e coll. l'efficacia di questo antidiabetico sulfamidico, nella terapia del diabete insipido, è stata largamente confermata. L 'interesse per questa attività terapeutica è resa più importante dalla constatazione che il trattamento del diabete insipido è molto difficile da realizzare utilizzando preparazioni ormonichc più o meno purificate. I nfatti le forme iniettabili in soluzione acquosa hanno una grande fugacità di azione, le forme farmaceutiche ad azione ritardata, che utilizzano il poliv~nilpirroli­ done, non sono esenti dai pericoli di una tcsaurismosi. L'impiego della ·polvere di postipofisi per via nasale ha reso e rende molti benefici ai pazienti di diabete insipido, ma ta lvolta la m ucosa nasale può essere intollerante a questo tipo di preparazione. La scoperta dell'azione dei diuretici tia7.idici e la utilizzazione di questi si mostrò come un certo progresso terapetuico di fronte ai composti di post - ipofisi, ma l'azione di tali diuretici è incompleta, poichè non modifica affatto nell'organismo la stigmata fondamentale del diabete insipido: la carenza di A.D.H. (ormone antidiuretico) e la clearance positiva dell'acqua libera. I vantaggi invece della clorpropamide sui due suddetti medicamenti sono evidenti: essa provoca una rapida riduzione della poliuria io quasi turri i pazienti facendo au-

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mentare contemporaneamente J'osmolarità unnana e la clcarance dell'acqua libera di· \'iene negativa. T ali risultati possono essere ottenuti con dosi di 500 mg, a volte anche con dosi dimezzate (u11 quarto di grammo al dì). Ricordiamo che la durata d'azione della clorpropamide è di 36 - 48 ore. Questo a11tidiabetico sarebbe capace di provocare uno stato di antidiuresi, mantenendo negativa la clearance dell'acqua libera anche durante un sovraccarico idrico. Occorre però dire che Webster ha descritto casi in cui ~i \'erifìcarono :~ccidenti da ritenzione idrica. L'azione antidiuretica della clorpropamide sembra riservata solo a questo sulfa· midico an ti -.diabetico: non è stata infatti ritrovata in alcun altro sulfamidico oc.x:ettuata la tolbutamide che presenta però una efficacia molto debole. T utti i diabeti insipidi rispondono bene all'azione della clorpropamide, salvo il diabete insipido nefrogeno. Gli effetti collaterali della somministrazione di clorpropamide sono: accidenti da ipoglicemia più o meno marcata, accidenti altrimenti osservabili in corso di sulfamido terapia come disturbi ematologici, eruzioni cutanee, disturbi gastro~intestinali, itteri. Webster non ha mai segnalato però alterazioni delle cellule B (beta) delle isole di Langerhans. Il modo di azione della clorproparnide non è ancora ben chiarito; sembra che agisca sul tubulo renale senza l'azione intermediaria dell'ormone antidiuretico farmacologicamenre mobilizzato o dopo forzata stimolazione della post- ipofìsi. La maggior parte degli AA. crede che la clorpropamide rinforzi o potenzi l'azione dell'A.D.H. in ~ufficientemente prodotto o insufficientemente efficace sul tubulo renale. Questa ipotesi è resa più consistente dall'osservazione che la clorpropamide è più efficace quanto meno è grave il diabete insipido e dall'altra osservazione che la soppressione totale della secrezione dcli'A.D.H ., per es. esercita con l'alcool etilico, si accompagna ad un aumento della diuresi. Alcuni recenti esperimenti in vitro convalidano l'ipotesi sovra esposta. Poichè si osservano casi di diabete imipido insensibili alla terapia con clorpropamide J. Decoun ha sperimentato un farmaco, utilizzato nella terapia dall'atero sclerosi e delle dislipemie: il clofibrato. Gennes nel 19()9 aveva già segnalato l'attività di questo composto, Decourt ne ha precisato la posologia: 1,50 g- 2,25 g pro die ripartiti in tre somministrazioni. Questo ultimo medicamento provoca, come la clorpropamide, una negativizzazione della clearance dell'acqua libera. (Révue du Pmt. , t. XX, n. 33, pag. 5288, dicembre 1970).

Importanza dell'acqua per l' uomo. L 'acqua, tra tutte le sostanze del la terra, è l'elemento più importante per l'uomo, ad eccezione, ovviamente dell'aria che respira. Lo stesso organismo dell'uomo è per tre quarti, acqua. Non è un modo di dire, ma una constatazione di fatto che pone in rilie,·o il motivo per cui l'uomo non può vh·ere senza acqua. Riporùamo qui appresso, espressi in litri, i dati del consumo di acqua nelle ,·arie attività umane: per la casa l'uomo nell'era precristiana consuma\ a ogni giorno 12 litri di acqua; nella civiltà greco- romana 20; l'uomo dcll"Soo nei centri minori consumava 40 litri di acqua al giorno e nei centri maggiori 6o; ai primi del '9oo nei Paesi più evoluti se ne consumavano Ioo litri giornalieri. L'uomo di oggi nelle città m aggiori ne adopera ogni giorno 8oo litri e nelle città medie 450; per una doccia di 3 minuti OC(Orrono 50 litri di acqua,


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per un bagno in vasca o una doccia di cinque minuti roo e per il condizionamento in una casa di otto piani occorrono 3.000.000 di litri di acqua al giorno. Nell'industria il consumo dell'acqua è molto più cb·ato: sì calcoli che per una tonndlata di acciaio occorrono 250.000 litri di acqua, per una tonnellata d'alluminio I2).ooo, per una tonndlaLa di carta r.ooo.ooo, per una tonnellata di filo di raion 6oo.ooo, per una tonnellata di filo di corone 200.000, per una tonnellata di carbone 6.ooo, per una tonnellata di esplosivi 8oo.ooo, per una tonnellata di gomma sintetica 2.750.ooo, per una tonnellata dì sapone 2.000, per una tonnellata di frutta conservata 25.000, pe r una tonnellata di zucchero 20.000, per un disco fonografico occorrono 9 litri dì acqua. Anche nell'agricoltura occorre molta acqua: per una tonnellata dì cereali occorrono 450.000 litri di acqua, per una tonnellata di canna da zucchero ne occorrono 1.8oo.ooo. per una tonnellata di carne di manzo 31.500.000.

Comitato di studio per l'inquinamento delle acque. H problema dell'acqua si è posto o;empre più impcriosarueme in questi ultimi anni all'attenzione preoccupata delle autorità locali e centrali, nonchè dei legislatori della maggior parte dci Paesi del mondo, in particolare in quelli dove l'alta densità della popolazione, il grande numero e la notevole varietà degli insediamenti industriali, lo sviluppo delle attività agricole e il loro amroodernamenro hanno mostrato in modo e\·idente l'urgenza del problema idrico con le sue notevoli comples~ità. Esso si pre~nta, infatti, con molti aspetti tra di loro connessi : disponibilità (pre~ntc e futura) delle acque superficiali e sotterranee; fabbisogni (attuatli c prevedibitlì) per gli usi civili, industriali e agricoli; scarichi e inquinam~rzti che ne possono derivare. Riguarda, inoltre, le acque interne superficiali (fiumi, laghi. stagni) e sotterranee e la conservazione quali quantitativa di tali risorse; le acque marine, e la difesa delle stesse dai pericoli di inquinamento (soprattutto lungo le coste, e negLi estuari dei fiumi); nonchè lo studio e le possibilità tecnico - economiche di applicazione delle tecnologie :me a conservare il patrimonio idrico o a potenziarlo (depurazioni delle acque di rifiuto; riutilizz.azionì di acque usate; dissalazione delle acque marine o salmastre). Dall'acqua, della conservazione delle sue qualità, dei suoi utilizzi in relazione alle disponibilità, in una parola della ~ua oculata « gc~tione » si preoccupa, dunque, 1:1 maggior parte dei Paesi più sviluppati. Di qui la formazione, soprattutto nell'ultimo quindicennio, nella quasi totalità dci Paesi dell'Europa Occidentale e Orientale negli USA, di una legislazione in proposito assai ampia che si è sdluppata per lo più in due direzioni: da un laro, sono sta;tc redatte leggi· quadro, fissami i principi fondamentali e le strutture degli organi amministrativi che sono preposti al •< governo>> delle acque; dall'altro, leggi particolari hanno regolamentato gli strum enti c i mezzi dì lotta contro l'inquinan1ento delle acque, primo e urgente compito che l'autorità deve affrontare. Della situazione italiana e dello sforzo legislativo e normativo per impost::trc in modo moderno il problema idrico si può, purtroppo, dire in poche righe. l'el senore delle disponibilità e dei fabbisogni idrici, è stato redatto il Piano Regolatore Generale degli Acquedotti, che ìnrende pianificare tutta la materia delle risorse di acqu::t potabile e degli utilizzi per usi civiLi fino all'anno 20t). Ma nulla, a tutt'oggi, è stato regolamentato circa disponibilità, utilizzi c fabbisogni di acqua non potabile per usi agricoli e industriali. Ogni pos~ibìlità di una realistica, efficace pianifìcnione, ogni indicazione di scelte di prioprità risultano, pertanto, vanificate. ( In questo fondamentale campo, come in tuni quelli di maggior interesse in materia di acque, sta Ja,·o-


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rando la Conferenza Nuionale delle Acque, convocata nel dicembre 19(}8 per iniziativa dell'Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni, che ha fatto appello alle Amministrazioni, agli Istituti ~pecializzatil c a studiosi per giungere, entro un bi<mlùÌo, ad una panoramica della situazione idrica del Paese, ed a suggerire al Governo e al Parlamento le decisioni più opportune). 1\'el settore della prote-.tione dei cor~i idrici dall'inquinamento (o meglio: nel settore della lotta contro l'inquinamento idrico che, soprattutto in alcune regioni italiane, va crescenc.lo in maniera preoccupante) esiste un disegno di legge governativo che ha subito una lunghissima e tormentata preparazione e che è attua1mentc all'esame del Senato. Da più parti lo si giudica incompleto, e inccrro, se non ambiguo, in numero~i punti fondamentali; pure, gran parte degli ambienti interessati auspica che l'esame e la discussione abbiano luogo sollecitamrntc, nella convinzione che il pron-cdimento dovrà necessariamente subire chiarimenti, modilìche, completamenti anche di fondo. Infine, per quanto riguarda le acque marine, e la loro protezione dall'i nquinamento (problema tanto importante per l' Jt:llia, con i suoi 8.6oo km di coste, densa.mcntc popolate c con importanti insediamenri industriali) esiste da quakhe tempo una legi stazione internazionale elaborata in sede O.N.U., a mezzo del suo organismo spcciaiizzato, l'I.M.C.O. (lntergovernarnental Maritimc Consultative Organization), e precisamente la «Convenzione Internazionale per la prevenzione daH'inquinamenro delle acque marine da idrocarburi», firmata a Londra il 12 maggio 1954 e divenuta legge italiana soltanto nel febbr::tio 19(}1. Sono stati presentati cd approvati in quella sede, r 11 aprile r9(}2. gli cc Emendamenti •> alla detta Convenzione, emendamenti che solo !::t Camera dci Deputati, a distanza di circa 8 anni, ha approvato. E ', quindi, da rilevare il grande ritarclo col qu::tlc il nostro Paese ha assunto forma1memc c.legli impegni interm'lzionali che, anche se oggetto di contraddittori giudi7i a livello di organismi specializzati e di esperti, rappresentano in ogni modo uno sfor70 di soluzione conc01·dato tra un grande numero di Paesi interessati ai difficili problemi in materia. Di fronte aJla frammentarietà c alla carenza della normativa italiana in materia, avverte ndo la drammaticità della situazione e l'urgenza di provvedervi in modo razionale, il P reside nte della Camera, on. Pcrtin i, affiancato dal Segretario Generale, avvocato Cosentino, ha ravvisato l'opportunità che il Parlamento, attraverso i suoi servizi, predispone~~e un materiale di documentazione specifico ed adeguato in materia. Di più, per a\ viare in concreto l'azione di incanalamento dei \'ari interessi ed esigenze, l'on. Pcrtini ha voluro che si costituisse un Comitato di studio di Parlamentari, con ti compito di approfondire i vari aspetti del problema idrico in Italia, in vista delle d<."CÌ sioni che in campo legislativo dovranno essere responsabilmente prese in un prossimo futuro. Il Comitato, recentemente formatosi, del quale è stato eletto Presidente l'on. Caiati, già Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e per sene anni Presidenre dell'Acquedotto Pugliese, ha posto tra le sue direttive lo studio dei disegni c progetti di legge presentati in materia di acque alla Camera, ma anche l'esame det risultati degli studi c delle indagini che gli ambienti specializzati hanno effettua[O nei diversi settori del problema idrico: dalla d issa lazione delle acque mari ne e salmastre, ai problemi della na,·igabilità delle acque interne, e a quegli usi promiscui dell'acqua che scienza e tecnologia suggeriscono ormai sempre più frequentemente. Un vasto c complesX> lavoro, dunque, che dovrà superare difficoltà e resistenze di vario genere: suscettibilità di A..-nm inistrazioni centrali e locali; scarsa disponibilità illa col laborazione tra loro dei diversi organismi (Autorità Amministrative; Istituti universitari e di ricerca; organizzazioni di categoria) che possono e devono tuttavia partecipare, anche se indirettamente, alla elaborazion~ di decisioni che riguardano tutti c ciascuno.


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Il problema delle acque dovrà richiamare gli organi puhblici alla soluzione di questioni che si inseriscono, in una visione moderna, nel più vasto panorama dell'assetto territoriale e, più in generale, della conservazione dell'ambiente naturale nel quale l'uomo vive, e che dall'uomo stesso è ormai mortalmente minacciato.

Per la lotta contro l'inquinamento atmosferico e delle acque. «Lo Stato incontra difficoltà ad affrontare il fenomeno dell'inquinamento delle acque, sopratruno dal punto di vista economico, ed è opportuno che si faccia ricorso all'opera delle grandi aziende pubbliche » : lo ha affermato il Ministro per la Sanità, on. Mariotti, in una intervista all'A.N.S.A. sui problemi dell'inquinamemo. In un recente convegno, il Ministro aveva accennato alla cc impotenza dello Stato ad affrontare funzionalmente ed economicamente la questione dell'inquinamento delle acque ». Alla richiesta di precisazioni in proposito, l'on. Mariotti ha così risposto: cc Ho sperimentato io stesso che un problema come questo, che investe del resto tutta l'umanità (citerò il discorso di Nixon all'inizio dell'anno e l'appello della conferenza del Consiglio d'Europa), trova prova in particolare lo Stato italiano in gravi difficdltà soprattutto di carattere finanziario. Sul piano legislativo potremo anche fare molto (però un mio progetto del 1967 non ha ancora trovato una sua collocazione parlamentare a causa degli intralci che, come Ministro per la Sanità ho incontrato anche a causa della guerra delle competenze fra burocrazie diverse!), ma una legge che possa diventare operante ha bisogno di un ingente sostegno economico. E non mi sembra onestamente di poter dire che il nostro Paese abbia la possibilid - così come stanno le cose - di risolvere in bre\'e tempo il problema della tutela delle acque. Ecco perchè ho espresso pessimismo circa l'esito di convegni che, un po' dappertutto, si sono tenuti in materia. Ecco perchè mi sono riferito in particolare al convegno c agli studi dQlJ'E.N.I. e deli'LS.V.E.T., secondo i quali occorrono diecimila miliardi di lire per risolvere la questione in cinque anni ». Per superare l'ostacolo economico- finanziario - ha detto il Ministro rispondendo un'altra domanda - ((occorre anzitutto evitare ulteriori fonti di inquinamento c ~tudiarc nello stesso tempo adeguati mezzi di coperrura finanziaria; ma bisognerà comunque im·estire le grandi aziende pubbliche, quelle cbe in questi anni hanno dimomato di poter mobilitare i mezzi necessari per un intervento capilbre e valido. E' stato chiesto all'on. Mariotti da che cosa parte il suo scetticismo verso gli organi dello Stato. cc Intanto - ha risposto - dalla carenza di personale: abbiamo uomini di altissimo livello tecnico e scientifico che sono malpagati, nè esiste la possibilità che per essi la situazione migliori. C'è poi la questione dello scontro delle competenze: lavori pubblici, Marina Mercantile, Industria, Agricoltura, Sanità; e cito i primi ministeri che mi vengono in mente. Una legge ~eria verrebbe stritolata e richiederebbe troppo tempo. Il Paese d'altra parte non può attendere. Ecco perchè occorre provvedere, in carenze di una legislazione efficace e tempestiva per la quale comunque resta fermo il nostro impegno, al deterrente tecnico. La mia proposta è questa: occorre sapere il tipo di apparecchiatura che occorre caso per caso. cc Da qui - ha aggiunto - il discorso verso le aziende pubbliche come l'E.N.I. o l' I.R.I. affinchè, con il convributo deMo Stato e con altre fonti di finanziamento di· rette, riescano a produrre depuratori magari associandosi con altre aziene pubbliche sul piano internazionale (così come si è cominciato a dire nella ste~sa conferenza di Strasburgo). La mia non è quindi tanto sfiducia negli organi dello Stato e nella sua organizzazione- ha concluso l'on. Mariotti - ma coscienza dell'ampiezza di un fenomeno che lo Stato, attraverso la sua burocrazia, non è oggi in grado di controllare n.

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Trattamento della sterilità maschile. La terapia della sterilità maschile dispone di due mezzi principali quali l'intervento chirurgico e la utilizzazione delle gonadotropine umane e di mezzi complementari quali l'igiene di vita, la dieta, i trattamenti con androgeni, con anabolizzanti e con antibiorici o chemioterapici. Questi trattamenti comportano indicazioni preferen7iali fondati sulla pre5unzione ctiologica nei suoi due aspetti: spermarica o ormonalc. L'intervento chirurgico si impone in presenza di un \·aricoccle o di sospetto ostacolo meccanico della via deferen7jale. Il varicocclc deve essere sistematicamente trattato soprattutto se si accompagna ad una teratospermia con predominanzn di spermatozoi a testa allungata. L'ostruzione della via deferenziale è talvolta evidente in soggetti azoospcrmici, con testicoli morfologicamente normali e gonadotropinuria normale. La percezione di anomalie dell'epididimo o del deferente o di una ipemofia del H globus major ll , antecedenti anamnestici di infezioni urogenitali, quali la tubercclo:;i o la gonorrea, semplificano la diagnosi precisandone la etiologia. Talvolta può cilevarsi una azoospermia escretoria associata ad una oligospermia con etiologia comune molto spesso infettiva. Quando la biopsia testicolare mostri una spermatogencsi più o meno attiva c suscettibile di essere migliorata dal trattamento medico, si potrà porre un trattamento chirurgico: per es. una anosromosi epididimo- defcrenziale o la costituzione <.li uno spermatocele artificiale eseguito in modo tale da costituire una specie di tasca dove potranno accumularsi tanti spermarozoi da potersi poi prele,are con una spermatocentesi c iniettare nei genitali femminili . La sommi.rtistrazione <.li gonadotropine umane (gonadotropine di donna in menopausa - HMG più gonadotropina di donna gravida - HCG Pregnyl) è indicata quando vi sia il sospetto di una insufficienza ipofisaria; esse sono tanto più attive quanto l'insufficienza è più grave (i.mpuberim1i ipogonadotropi). Una buona jndicazione all'uso dt dette gonadotropine sono le oligoastcnospermir con scarso eiaculato, con ipotestostcronemia e ipogonadorropinuria c le oligoasrenospermie normogonadotropinuriche. Altra indicazione sono quelle forme con gonadotropinc urinarie elevate quando la biopsia testicolare mostri lesioni non troppo gravi (sclcroialinosi moderata, esistenza di una spermatogencsi nella grande maggioranza dci tuhuli, assenza di anomalie della meiosi). Il trattamento con le due gonadotropine deve essere mantenuto per 75 giorni (quanto la durata della spermatogenesi); è di rigore la sommini~trazione della gonadotropina corionica (HCG) quando l'eiaculato è inferiore a 4 mg. L'HMG si somministra a dosi di 75 U. FSH tre volte la settimana per 12 settimane consecutive valutandone gli effetti sugli spermogrammi mensili. La gonadotropina corionica si somministrerà ogni 5-7 giorni a dosi di 10002000 U . per volm. Questo trattamento può esser prolungato oltre i 90 giorni o ripetuto a dosi più elevate qualora lo si giudichi necessario. Se l'efficacia del tranamcnto è manife~ta (aumento del numero degli spcrmatozoi c della loro motilirà) la cura può essere prolungata fino a 2 anni. Le prescrizioni igienico- djetetiche debbono essere consigliate sistematicamente; esse vanno dalla soppressione dell'alcool e del tabacco alla ricerca di una vita tranquilla e al diradamento dei rapporti sessuali. Si correggeranno tutte le turbe metaboliche (obesità, magrezza, di:tbete palese od occulto); si cercherà di migliorare lo stato di nutrizione con gli anabolizzanti o con piccole dosi di testosterone.


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Il trattamento con antibiotici o chemioterapici è necessario quando evidente sia la infezione del tratto urogenitale. Un altro mezzo tcrapcutico che ha mostrato la sua efficacia è l'utilizzazione c.lel cosiddetto effetto « rebound >> , basato sulla somministrazione di forti dosi di tcstostC· rone (250 mg alla settimana per es. Sustanon Organon) per otto settimane consecutive. Questo trattamento esercita una azione frenante sulla funzionalità del testicolo; dopo una fase di azoospermia transitoria, la spermatogenesi riprende quando si arresta il trattamento c porta alla formazione di liquido seminale a più alto valore fecondante. La conoscenza dci fanori immunologici della sterilità può spiegare in parte tali risultati e può permetterei di porre le indicazioni migliori. Infatti si è scoperto che alcuni uomi ni sterili possiedono, sia nel proprio ~perma sia nel plasma, anticorpi aggluùnanti o immobilizzanti gli spermatozoi. Si pensa che questi anticorpi si formino per strava~o o per fuoriuscita degli spermi dalle loro vie escretrici; se ne conclude così che l'arresto temporaneo della spermawgcnesi facendo scomparire l'antigene 'possa portare alla con· seguente scomparsa degli anticorpi spermoagglutinanti. Se è sicura la conoscenza dell'azione gonadotropinica sul testicolo normale, sono sconosciuti i meccanismi metabolici, circolatori e strutlUrali che condizionano la risposta del testicolo, come sconosciuto è il ruolo della composizione chimica del liquido seminale sulla vitalità degli spermatozoi. (CL. Alexandre e J. Scbaun, Revue du Prat. T. xxr, n. 2, rt gennaio J97I).

L'eroina. E' un problema l'eroina per tre mouvr: r) non è il numero dei tossicomani che è aumentato, ma quello delle esperienze; 2) l'eroina non è più appannaggio delle città, ma la si trova ora nei colleges, nei licei c nelle dimore residenziali agiate; 3) l'età di quelli che la usano è sempre più bassa (persino adolescenti dai 9 ai r4 anni). Tra le cure disintossicanti, negli Stati Uniti, la più nota è quella con idrocloruro di metadonc, per via orale alla dose di 30- 120 mg al giorno (V. Dole e M. Myswan· der), che ha dato risultati molto promettenti ed ha determinato una netta diminuzione della criminalità. Ma nella lotta contro la droga esi)tono numerose organizzazioni, di cui occorre valutare l'importanza e la priorità. La tendenza attuale mira sol?rattutto alla rieduca· zione dei tossicomani; ma bisogna tener presente che il numero degli stupefacenti cresce sempre più e quelli che ricorrono all'eroina rapprsentano una piccola parte di fronte a quelli che fanno uso dell'LSD o di altri stimolanti o sedati\i. D'altra parte aumenta sempre più il numero di coloro che usano l'eroina ad intervalli e che non po~ sono essere qualificati tossicomani. Sembra, pertanto, che per una lotta a lungo termine ed efficace contro la droga, il mig lior mezzo sia quello preve ntivo, rivol-gendosi vigorosamente contro i fornitori e facendo campagne intensive di informazione. Infine non sembra che i medici abbiano fatto, in questa lotta, tutto ciò che potevano, malgrado potessero a\·ere enorme influenza in \'ari campi. Sono, infatti, i medici i meglio qualificati per condurre la lotta ami -droga conoscendo a fondo i vari aspetti del problema. Inoltre i medici potrebbero curare la formazione degli educatori e dovrebbero essere interpellati sulla promulgazionc delle leggi anti-droga. Tnfi11e i medici devono interessarsi più da vicino dei tossicomani confermati e far sì che questo problema sia iscritto nel programma delle Scuole di medicina, onde i giovani medici siano meglio preparati alla lotra anti - droga.


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Gli incidenti da antidiabetici orali. Il trattamento orale del diabete, effettuato mediante le sulfaniluree ipoglicemiz· zanti e le biguanidi, è in genere ben tollerato in quanto questi prodotti sono scarsamen te tossici, tanto che la loro dose letale è sempre molto superiore al grammo pro chilo di peso. Questi farmaci, tuttavia, possono essere all'origine di incidenti di\ersi sostengono Plauchu e Pousset (« Revue du Praticien »). fra gli incidenti provocati dalle sulfaniluree ipoglicemizzanti, il più grave c temibile è senz'altro rappresentato dall'ipoglicemia, che si verifica soprattutto con l'mo dei composti più attivi, vale a dire carbutamide e tolburamide. La frequenza di queste ip<r glicemie è di difficile accertamento, anche in considerazione del fatto che la loro comparsa è in rapporto sia con la gravità del diabete, sia con la potenza del farmaco, sia con l'intervento di fattori aggravanti_ Fra questi ultimi assumono particolare importanza l'insufficienza renale e !"associazione di altri trattamenti. L'insufficienza renale deve essere scnz'altro considerata come un importante fattore predisponente od aggravante la ipoglicemia; essa rende infatti maggiore la semivita del prodotto, specialmente quando esso non viene distrutto dal fegato ed è eliminato principalmente con le urine. Per quanto riguarda la possibile responsabilità di altri trattamenti associati, la lista di quesù farmaci sarebbe troppo lunga; si potranno ricordare fra essi il fenilbutazone, gli an ti- MAO, altri sulfamidic'i non ipoglicemizzanti, come il sulfafenazolo, ed anche l'alcool. Dal punto di vista clinico, le ipogliccmie da sulfaniluree ipoglicemizzanti sono spcsM> imprevedibili c non in relazione con la dose somministrata. Se è vero che si trana spesso di incidenti benigni, non mancano veri comi ipoglicemici la cui diagnosi è facile solo se il medico è a conoscenza del tranamento in corso; molro spesso, infatti, l'origine viene attribuita ad un disturbo del circolo cerebrale, anche per la notevole fretjuenza delle emiplegie. Nei ca~i benigni è sufficiente la sospensione del trattamento in corso e la sornmini$trazione di zucchero, ma non mancano casi - e sono in genere i casi di insufficienza renale - in cui l'ipoglicemia recidi,·a a distanza di qualche giorno. In casi non rari si verificano complicazioni vascolari cerebrali, per lo più transitorie. Oltre alle ipogliccmic, l'uso delle sulfaniluree ipoglicemizzanti comporta un certo rischio ematologico, an eh 'esso legato più spesso all'uso della carbutamide e della clorpropamide che non della tolbutamide. Le alterazioni piastriniche, che possono presentarsi sotto forma di anemia emolitica manifestantcsi talvolta in forma iperacuta, ovvero sotto forma di anemia epercrom1ca mcgaloblastica. Più fretjuenti, tuttavia, sono le alteriazioni isolate della line~ leucocitaria; queste si manifestano come semplici leucoponie e neurropenie, che risentono favorevolmente della M>spensione del trattamento, o come agranulocitosi, In cui evoluzione è spesso rapidamente fatale. Il meccanismo causale dell'agranulocitosi è di natura immunitaria, l'ipoglicemiz?:antc più spesso in causa è la carburamide. Le alteraz.ioni del fegato sono rare. l casi di ittero, rari con la carbutamide c la tolbutamide, sono relativameme frequenti con la dorpropamide; si tratta di irteri colostatici relativamente benigni, che solo in casi eccezionali possono progredire fino alla necrosi epatica. Le ma nifestazioni cutanee, che si osservano soprattutto con l'uso della carbutamide e della clorpropamide, comprendono il prurito semplice, gli eritemi tossici, le eruzioni lichenoidi e le eritrodermie bollose. Secondo le circostanze d'apparizione il meccanismo dj queste lesioni può essere interpretato come un fenomeno di fotosensibiliz7.azionc ovvero di allergia cutanea; sono segnalati casi, sia pu rari, di evoluzione mortale.


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In circa il 10% dci casi trattati con clo11propamide si osservano gli «effetti anta· buse », caratterizzati da reazioni vasomotorie della faccia, da vampe di calore e da lipotimie consecutive all'ingestione di alcoolici. Più rari sono i disturbi digestivi, generalmente rappresentati da nausee e gastralgie, che prevalgono durante il periodo iniziale di trattamento e scompaiono con la successiva riduzione di dosaggio, e sono comunque più rare se l"ipoglicemizz;ante viene ingerito durante i pasti. Soprattutto nel caso della carbutamide è possibile osservare diarree con modiiìcazioni della flora intestinale. Sono inoltre possibile numerose altre manifestazioni, la cui insorgenza è talvolta difficilmente riporrabile al trattamento, come quelle di ipotiroidismo <listurbi labirinrici e nevritici. E' infine opportuno ricordare che le surlfaniluree ipoglicemizzanti comportano un rischio terarogeno, peraltro molto lieve alle dosi abiltuali, per cui non vanno impiegate in corso ·d i gravidanza. Contrariamente alle sulfaniJuree ipoglicemizzanti, le biguanidi sono in genere ben sopportare ·dal punto di vista epatico, rona1e, ematologico e cutaneo esse danno però frequentemente luogo a disturbi intestinali di tipo ed entità variabili da un paziente all'altro. Particolarmente frequenti sono l'anoressia e la nausea, talvolta così intense e persistenti da richiedere la sospensione del trattamento; altrettanto può dirsi della diarrea. Una particolare complicazione delle biguanidi, che sembra prevalere nei casi trattati con feniletilbiguanide, è l'acidosi lattica, la cui comparsa in diretta dipendenza dal trattamento stesso è però ancora oggetto di discussione. Eccezionali, infine, sono i casi di ipoglicemia da biguanidi. Da quanto sopra ricordato discendono alcune regole fondamentali: r) gli incidenti sono rari e il timore di provocarli non deve far evitare l'uso degli ipoglicemizzanti orali, ma solo indurre a prendere le dovute precauzioni; 2) le sulfamidi ipoglicemizzanti debbono essere usate con pru<:lenza nei soggetti anziani, in cui le vasculopatie cerebrali sono frequenti; 3) prima di iniziare il trattamento, occorre accertare l'eventuale presenza di fartori che possono favorire l'ipoglicemia, come l'insufficienza renale; 4) data la possibilità di .effetti collaterali, dermatologici, vanno ricercaù eventuali precedenti di intolleranza medicamentosa; 5) soprattutto durante il trattamento con sulfaniluree si dovranno eseguire rou· ti11ariamente esami emometrici e tests di funzione epatica; 6) alcuni disturbi, come quelli digestivi e quelli derivanti dall'effetto antabusc, non sono tali da indurre alla spspcnsione dd trattamento. (da c< Il Policlinico»).

Aumento delle allergie. E' noto che l'allergia è uno stato di ipersensibilità per una sostanza, che in quantità normale è per lo più inoffensiva. Le malattie allergiche (asma, ma1atria da fieno, orticaria, eczema) sono espressione del conflitto antigene- anticorpo, cui segue nell'organismo la liberazione di sostanze tossiche determinanti i ·disturbi allergici. Questi disturbi si manifestano a livello cutaneo sulle allergie cosiddette da contatto (orticarna, eczema) a livello delle vie respiratorie (asma, bronchite allergica, raffreddore da .fieno; più rare sono le emicranie od i disturbi digestivi, la cui origine allergica è più difficile ad evidenziarsi.

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Secondo ~{au rei (santé du Monde, r, 26, 1970) quasi il 10°, della popoln~om: in Francia è affetto da allergia e - ciò che allarma - la percentuale delle affezioni allergiche aumenta ovunque e sistematicamente. L'inquinamento atmosferico, gr:t\'C problema di igiene pubblica nei Paesi .industrializzati, aumenta i pericoli dell'allergia respiratoria. I pollini degli alberi e <Ielle graminacee sono da tempo riconosciuti responsabili della maggior parte delle riniti allergiche o raffreddore da fieno. Inoltre l'atmosfera della grande città contiene in sospensione sostan7..e chimiche capaci di pro\·ocare sensibilizzazioni. Le poheri che sono nell'aria pro\'ocano anche allergia (frequente è l'allergia alle polveri di casa) c facilitano l'azione nociva di altre sostanze irritando le mucose dei bronchi c del naso. Soprattutto nel ca mpo delle allergie cutanee (orticaria ed eczema) si manifesta l'influenza pericolosa dei progressi delle industrie chimiche. Quasi tutti i prodotd chimici recenti sono sostanze particolarmente scnsibilizzami: esistono allergie da tinture di capelli, da rossetto per labbra, da smalto per unghie, da creme, ecc. Molti prodotti di bellezza, colorati e profumati producono allergia. Gli eccipienti sintetici, che hanno sostituito la vaselina c la lanolina - grasse e poco penetranti - hanno aumentato l'attività dci preparati attuali, ma anche le possibilità di provocare reazioni indesiderate qualora rali sostanze siano mal tollerate. L'associazione d i varie sostanze chimiche, che si ha in molti prodotti di bellezza ed in molte pomate, aumenta la pos.sibilità di allergie. Si giunge così a situazioni paradossali: dermiti prodotte da cosmetici sono sostenute e talora aggravate da pom:ne prescritte cd usare per guarirle. Tali pomate ~no in effetti di per sè sensibilizzanti, in quanto contengono sostanze anti - infettive (antibiotici e sulfamidici) ed anti - istaminiche capaci di dare allergia se usate in associazione. Vi è oggi una deprecabile tendenza ad :tbusare di propria iniziativa di antibiotici. Occorre che si sappia quali reazioni dannose possono essere provocate dalle associazioni di antibiotici. Le resine sintetiche sono parzialmente responsabili dell'aumentato numero di dermatosi professionali, in quanto sono usate in numerose industrie. Le allergie respiratorie pongono problemi ancora più gravi. Si calcola che in Francia vadano perduti ogni anno due milioni di giornate lavorative per l'asma ed ouo milioni per la bronchite. Come per l 'allergia cutanea, anche per quella respiratoria si può ricorrere ai tcsts epidermici per scoprire La sostanza responsabile. Ogg i si preferisce, per le allergie delle vie aeree, praticare rests cosiddetti « di provocaz5onc re~pira­ toria >>; essi consistono nel vaporizzare sotto forma di aerosol soluzioni di allergeni a li\cllo dei polmoni c di vedere come reagisce la mucosa bronchiale. E' un test che va attuato con molta precauzione, ma fornisce risultati più netti. ~ei sofferenti di allergie respiratorie la desensibilizzazione è possibile in quanto gli anticorpi circolano nel sangue. Il metodo consiste nel riabituare progressivamente l'organismo alla sostanza alla quale è divenuto intollerante inicttandogli dosi prognessivamente crescenti. Si tratta di una terapia che può durare vari anni. Possono aversi buoni risultati sin dal 3° mese di cura. L'introduzione recente di allergeni - ritardo (allergeni trattati con idrossido di alluminio, ritardante la loro azione) ha reso la cura più efficace e soprattutto più accetta da parte dei malati, in quanto consente di inter\·allare largamente le iniezioni. Perchè dia buoni risultati, una cura di desensibilizzazionc deve essere istituita precocemente. Gli allergeni - ritardo danno una media del 70°.{, di successi contro il so% che si ha con gli allergeni idrosolubili classici. I problemi psicologici costituiscono una causa di insuccesso frequente nelle cure desensibilizzanti, in quanto è ben nota l'importanza dei fattori emotivi negli asmatici.


Un di~piacere, una contrarietà, l'iquietudine per un esame, una preoccupazione profes· sionale sono spesso sufficienti a provocare una crisi di a~ma. Importanti sono anche i fanori armonici: le donne asmatiche hanno crisi più fre. quemi prima delle mestruazioni. Le precauzioni igieniche conservano tutta la loro importanza. L'allergia deve e\·itarc il contatto con sostanze note come facilmente sensibilizzanti (polvere, piume, peli di an imali, lana angora, profumi, ecc.); non deve prendere di sua iniziativa alcuna medi· cina senza prescrizione dd suo medico. Spesso può bastare per LIII allergico il soggiorno in alta momagna per vedere scom· parire i disturbi. Si è creata artificialmente in taluni ospedali l'atmosfera ddl'alta montagna (da 3 anni è stata istituita nclb Fondazione Rorhschild a Parigi l'unità ipoaller· gica, diretta dal dr. Gervais), con aria totalmente purificata. Questa unità, unica in Europa, si è dimostrata preziosa ~otto \·ari profili: dal lato diagnostico facilita la messa in evidenza dell'allergia responsabile; dal lato terapeucico consente di far e\·itare al paziente farmaci sintomatici; dal lato dell'igiene generale rende innocui freddo, caldo, secco, umido tradizionalmente considerati come fattori aggra\·anti l'allergia respiiatoria. (da « La Riforma Medica))).

Assistenza a domicilio per gli anziani. Un importante problema sociale ed economico è stato posto allo studio dall'I:.JAM : l'assistenza a domicilio per gli anziani. L'istituendo servizio interes~a circa 7 milioni di assicurati, cioè rutti coloro che sono assistiti dall'Ente come pensionati. In una relazione del prof. D~ Santis, Capo del Servizio prestazioni medico generiche dell'L AM si precisa che due sono gli scopi dell'iniziativa: evitare il ricovero in ospedale dell'ammalato nei casi in cui è possibile curarlo con eguale efficacia in casa e rendere, nello stesso tempo, disponibile un rilcvamc numero di posti letto. I vecchi affollano in alt~ percentuale gli ospedali, perchè, in seno alla famiglia, non trovano un'adeguata ass;stenza. Questo ricorso all'ospedale costa all'INAM circa 150 miliardi all'anno, il 39% dell'intera spesa che l'ente sostiene per l'assistenza ospedalicra. Il servizio dovrebbe essere articolato anraverso i seguenti ordini di intervenro: prestazioni domiciliari di medicina generale e farmaceutiche; prestazioni domiciliari, spccialistiobe, sia pur limitatamente ad alcune branche; assistenza infermieristica; assistenza sociale. Per l'assistenza medico- generica, la natura e le modalità di erogazione delle stesse non subirebbero sostanziali modifiche. Modifiche di fondo, invece, si determinerebbero nella util izzazione di tali prestazioni. Ciò che rende oggi scarsamente utilizzabile l'opera del medico generico, nell'ambito dell'assistenza all'anziano, può individuarsi principalmente nell'attuale impossibilità di ricorrere a prestazioni specialistiche domiciliari, sopratlutto diagnostiche, nella mancanza d i adeguata gara nzia che - in particolari condizioni ambientali - la terapia venga integralmente e correttamente attuata e ven. gano osservate le principali norme igieniche; nella manca.n:w di sorveglianza od infor. mazioni ~ull 'andamento di malattia, a cui il medico deve sopperire con un più gravoso impegno personale. Sulla scorra dell'analisi condotta per gruppo di forme morbose è possibile rilevare come le malattie che maggiormente postulano il ricorso a prestazioni specialistiàhe domiciliari, a prevalente fine diagnostico ma anche per un altrettanto importante indirizzo terapeutico e riabilitatim, siano quelle dell'apparato cardiovascolare e del sistema nervoso centrale, per le quali dovrà quindi con~iderarsi la possibilità di una erogazione a domicilio delle prestazioni specialistiche.


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L'assistenza infermieristica rappresenta indubbiamente uno dci cardini del scrnz10. L'infermiera può favorevolmente influire sull'igiene generale ambientale e su quella personale del paziente; può provvedere alla corretta esecuzione delle terapie prescritte dal medico, ivi comprese le medicazioni; può seguire l'andamento generale della malattia, rilevando al loro primo manifestarsi cvenruali fatù nuovi nello stato dell'infermo e dandone tempestiva notizia al medico, con ben maggiore conoscenza cd esperienza di quanro ci si potrebbe attendere da un familiare. L'infermiera può infine costituire un efficiente tramite tra le esigenze assistenziali dell'anziano e l'organizzazione d eli' Istituto. Anche le assistenti sociali avranno numerosi ed importami compiti da ~volgere: dovrebbero portare so&tegno e conforto morale al malato, in rapporto anche nlle condizioni socio- eco no m ichc della famiglia, promuovere iniziati ve solidaristiche in favore dell'anziano malato non autosufficiente; cooperare per l'opportuno reinserimento dell'anziano nel contesto sociale, curare il coordinamento sociale del servizio. ~cll'organiz7are l'assistenza domiciliare aglì anziani si tratterebbe quindi di con centrare servizi già esistenti, ma dispersi, opportunamente coordinandoli c finalìzzandoli per i particolari intenti da realizzare. I vantaggi, d'altro canto. sarebbero molteplici. Oltre a quelli derivanti dnlla maggiore disponibilìtà di posti -letto osp<xlalieri, si ridurrebbero in tal modo gli altri oneri ospedalicri che gli cnù mutualistici sopportano per gli anziani, la cui frequenza di ricovero è di circa il doppio rispetto agli altri assistiti. Si eviterebbe, infine, agli anziani ammalati il trauma psicbico dell'allontanamento spesso per lunghi periodi, dall'abitazione c dalla ,•icinanza dei familiari, proprio quando di ciò l'anziano sente più acuta· mente il bisogno.

L a menopausa malattia, mito o problema psicosomatico? 'ella società odierna la menopausa viene considerata in due modi di,·ersi: da un lato si parla di un u periodo critico » ma normale, atteso, accettato, inerente alla vita della donna; dall'altro essa viene trattata come una malattia con sintomi psichici o psicologici da non accettare, da rifiutare quale realtà fisiologica. Sovente il modico trascura i diversi aspetti della menopausa, non potendo spiegarli nel quadro scientifico e si limita ad un atteggiamento stereotipato. Come in nessuna altra situazione il problema della menopausa si presenta così individuale, sempre di\CTSO, da trattarsi caso per caso e non sempliccmenre con la somministrazione dell'ar· mone maschile (mette in rilievo << Il Policlinico» dal quale riportiamo la notizia). Que~ta androgenizzazione sistematica della donna nel periodo della menopausa non solo manca di effetto obiettivo, ma se non provoca addirittura perturbazioni ormonali, è causa in se stessa di disturbi psichici, in quanto segna nell'animo della donna la rinuncia alia sua femm inilità. Analoga esagerazione è la 11 profilassi)) mediante somministrazione di ormoni fem minili già dopo i 35 anni, che non evitn nè i disturbi della menopausa nè la involu· 7ione naturale dovuta all'età. Ed infine la menopausa non è da considerarsi un mito dovuto al comportamento isterico di donne insoddisfatte e dominatrici, da trattare con soli sedativi o tranquillanti. Occorre dunque che il medico tenga conto che la menopausa si manifesta in un soggetto che è già <<un individuo)), che ha già avuto le sue esperienze specifiche dell::J pubenà, deiJa vita sessuale, della maturità, della maternitn e che, a parte i disturbi organici cd endocrini che richiedono una terapia adarra, presenta difficoltà psicologiche


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inerenti all'ambiente in cui la donna vive, ai rapporti coi familiari. Una donna che ( giunta ad una propria individualità essendo cosciente del suo valore di individuo, arriva alla menopausa pronta ad accettare un cambiamento, a fare nuove esperienze, pur essendo conscia delle modifìcazioni fisiche e mentali della sua persona. In questi casi i preparati ormonali, se necessari, saranno sufficienti e la paziente non avrà bisogno di aiuto per mantenere il suo equilibrio p~ichico. Tuttavia numerosi sono i casi in cui, non avendo la vita offerto benefiche sodd •. sfazioni, la menopausa si presenta come uno stato angoscioso col senso di essere chiu~i in una strada senza uscita o di non avere nulla da sperare più dal (uturo, con svalu tazionc della propria persona come es~ere umano. l\fié, ilie Cl. (Praxis, 57, 1786, 1<)68) riporta tutte queste considerazioni per d imo strare che la menopausa non è una malattia. e nemmeno un miro, ma è sempre un conflitto che provoca una sinromatologia somatica, neurovegetativa e psichica: è la illustrazione dei rapporti psicosomatici fra l'ind ividuo e l'ambiente.

Freq uenza delle aberrazioni cromosomiche. I progressi recentemente realizzati nel campo delle tecniche citogenetiche colturali rapide hanno permesso l'identificazione di anomalie cromosomiche in molti casi di malformazioni congenite, infertilità c ritardi mentali. Gli studi citogenetici sono stati eseguiti in quesù casi in quanto esistevano indicazioni per un'analisi cromosomica. Molto scarsi sono stati invece finora gli studi riguardanti l'incidenza delle anomalie cromosomiche nella popolazione generale. Alcuni studiosi ingbi (Cfr. The New England Journal of Medicine), hanno studiato l'incidenza delle anomalie cromosomiche in 2.159 neonati venuti alla luce presso il Victoria Hospital di Londra tra l'aprile 196'7 ed il marzo rSJ68. A tale scopo si è provveduto ad estrarre dal cordone ombdicare pochi millilitri di sangue e successi\ l mente, previa coltura per tre giorni, a studiare il quadro cromosomico dei luericL Nel biennio considerato nacquero 1.100 maschi. e 1.059 femmine. Dai risultati dell'indagine wno stati però esclusi 78 neonati complessivamente (34 maschi e 44 femmine) in quanto i campioni di sangue da essi prelevati non diedero colture soddisfacenti. Il gruppo di neonaù su cui è stata svolta l'indagine ha compreso pertanto un totale di z.o8r bambini, di cui r.o66 maschi c I.OJ5 femmine. I risultati preliminari dell'indagine indicano una percentuale di g rossolane anom:1 tic cromatiche dcllo 0,48%. T ali anomalie sono state riscontrate in ro neonaoi (6 maschi e 4 femmine) sotto forma di trisomia 2l ( 2 casi, entrambi i neonati di sesso fem· minile), di trìsomia D / 0 1 (un caso in un maschio), di quadro cromosomico sessuale tipo XYY (4 casi in neonati di sesso maschile), di quadro cromosomico sessuale tipo XXY (un caso in un maschio), di mancanza del braccio breve del cromosoma B (un caso in una femmina) e di traslazione D / D (un caso in una femmina). Altre anomalie minori sono state risconrrate, ma non è per ora possibile pervenire a conclusioni definitive circa il loro significato. E' possibile infatti che esse rapprcscnùno varianti normali oppure anomalie patologiche. In due neonati di sesso maschtlc è stato rilevato un mosaicismo XX f XY, ma esami successivi non hanno più evidenziato tale anomalia; poichè in entrambi i casi era stata praticata nel corso del parto un'episiotomia, è verosimile che vi sia stata una contaminazione del campione di sangue fetale con sangue materno. Per quanto riguarda lo studio clinico dci neonati portatori delle predette anomalie, nulla di rilievo si è osservato nei quattro maschi con quadro cromosomico sessuale tipo


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XYY. Kel maschio con quadro cromosomico sessuale tipo XXY (sindrome di Klinefelter) non erano presenti alla nascita anomalie della sfera genitale ed in particolare i testicoli erano emrambi <:liscesi e di normali dimensioni c consistenza. La femmina con quadro cromosomico caratterizzato da assenza del braccio breve del cromosoma B morì improvvisamente al ventesimo giorno dalla nascita e l'autopsia evidenziò la persistenza <:lei dono arterioso; questa neonata presentava varie anomalie di sviluppo caratteristiche della cc sindrome del grido del gatto ,, (bocca e mento piccoli, microcefalia, incurvamento dei mignoli, ecc.). Il neonato con trisomia D fD1 morì immediatamente dopo la nascita; l'esame autoptico evidenziò una serie di gravi malformazioni (trasposizione dei grossi vasi, agenesia delle valvole polmonari, persistenza del dotto arterioso, atresia dell'urcterc destro, intrauretcre destro, marcata idronefrosi bilaterale, esofago corto congenito, crnin diaframmaticn), oltre alla presenza di ·Un dito soprannumerario a carico di entrambe le mani e dd piede sinistro, ad un versamento ascitico ed alla mancata discesa de i testicoli. La neonat:J con traslocazione D / D non presentava anomalie di rilievo. I n entrambe le neonate con 47 cromosomi e trisomia 21 erano presenti i caratteristici segni clinici della sindrome di Down. (da << Il Policlinico 11).

Sono pericolosi i pazienti radioattivi? E' un quesito che formulano Buchan R.C.T. e Brindle J. M. (British journal of Radiol., 43, 479, 1970) in una relazione sul lavoro svolto nell'area di Plymouth. Un paziente dimesso dall'Ospedale dopo aver rice\·uto una dose terapeutica di materiale radioattivo può essere una fonte di radiazioni per parecchie settimane e forse di contaminazione per altre persone. Sono meno pericolosi g li irnpianLi di radium che sono da ti solo a pazienti ospedalizzati, mentre l'eventualità di una contaminazione radioattiva in infermiere, visitatori o altri malati può essere controllata senza gravi difficoltà: il paziente che ritorna a casa con un impianto di grani di oro radioattivo emette radiazioni gamma in misura decrescente, che si esauriscono in un paio di settimane. La sola precauzione necessaria è evitare un contatto fisico, spe<:ialmente per i bambini. La situazione ~ ben diversa quando si impiega la dose terapeutica di iodio radioattivo, come spesso si fa per i pazienti non ospedalizzati. In tali condizioni il paziente emette radiazioni per alcune senimane dopo la cura c scarica anche piccole quantità di iodio- 131 con l'orina, il sudore, la saliva ed anche col respiro. La possibilità che in tali condizioni si verifichi una contaminazione fra le persone che vengono a contatto col malato è amme)sa, tanto che le autorità sanitarie inglesi hanno disposto, oltre ad altre precauzioni, che i pazienti in queste condizioni non usino i mezzi di trasporto pubblici per il ritorno a casa se la quantità di iodio- 131 nel loro corpo supera 15 millicurics e non ritornino al lavoro se non quando tale livello sia disceso al di sotto di 7•5 millicuries. Poichè l'eventuale contaminazione radioattiva è in genere distribuita nei liquidi extracellulari e in larga misura nella tiroide, è possibile determinare il grado della contaminazione di un soggetto. Buchan c Brindle hanno determinato con la misura della scintillazione la quantità di J- 131 nella ghiandola tiroide di 39 persone che convivevano con pazienti trauati con tale isotopo per ipertiroidismo. Nella maggior parte delle famiglie le precauzioni raccomandate erano state osser· v:ue, ma in alcune, scelte per la loro capacità di comprendere la finalità dello studio, non era stata adotrata nessuna misura precauzionale.

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2 I8 Qua~i in tutti i soggeni si è svelata la presenza di iodio- 131 nella tiroide. La doo,c di radiazioni che essi ricevevano era piccola, benchè superiore a quella che la tiroide e gli altri organi ricevono dalla caduta di materiale radioattivo n el corso di un anno nella situaz.ione attuale. Altre indagini mirano a<l accettare la dose esterna di raggi y che questi pazienti ricevono in più nel corso di un anno. Buchan e Bridle hanno concluso che, escludendo i bambini nella prima età, per la generalità della popolazione si possono abbandonare le precauzioni per evitare la contaminazione radioattiva nei conviventi con pazienti curati con jodio -13 1, anche al livello di 200 mill icuries usati per il carcinoma tirodco.

(da cc Rassegna clinico scientifica», febbraio 1971).

Differenza tra «surgelati» e «congelati ''· Capita qualche volta di vedere confusi tra loro gli alimenti cc surgelati'' (in termini tecnici, più precisamente, si dice <<congelati rapidamente n) e gli alimenti «congelati'' (cioè «congelati lentamente ))). Per ciò si rende necessario un chiarimento a tale proposito. L'fstituto Italiano Alimenti Surgelati (l.I.A.S.) così ha definito gli alimenti surgelati: '' l surgelati sono degli alimenti freschi, genuini o naturali, o delle pietanze o dei derivati alimentari, conservati solo pu azione del freddo lungo tutto l'arco del etr· cuito produzione- distribuzione fino al consumo ». E ha sottolineato che: « Il termine surgelazione implica quattro aspetti fra di essi concatenati : r) l'impiego di basse temperature per la congelazione rapida e per la conservazione; 2) la rapidità dd tempo di congelazione; 3) la ininterrotta continuità della <<catena del freddo» fino al consumo; 4) il confezionamento alla trod~tzione, per consegu ire caratteristiche di pronto consumo e le necessarie garanzie per il consumatore>>. E la legge n. 32 del 27 gennaio 19(59 ha praticamente confermato tali concetti definizionali. Da quanto esposto, appaiono evidenti le differenze tra la surgelazione e il procedimento di pura e semplice congelazione (lenta). Con la surgelnzione (congelazione rapida) si ha la solidificazione dei liquidi conten\Jti nei tessuù di origine animale o vegetale, con formazione di soluzioni ipertoniche (concentraù di soluto). Il rapido raggiungimento di basse temperature arresta o raUenra i danneggiamenti dovuti: - alle reazioni biochimiche, dovute agli enzimi, il cui effetto comporta la decomposizione, la distruzione delle vitamine e dci principi nutritivi, l'alterazione del colore, il deterioramento del gusto, l'inacidimento; - alle reazioni chimiche dovute all'ossidazione, che ha per conseguenza l'inacidimento, il peggioramento del sapore, la distruzione di alcune 'itamine. Per ciò il prodotto surgelato, riportato a temperatura normale, presenta le stesse caratteristiche dell'alimento allo stato naturale : uguale sapore, aspetto, odore, perdita minima di alcune vitamine, leggera modificazione nella struttura molecolare, che si risolvono per lo più in un aumemo del potere digestivo e a volte del valore nutritiv0. Cosa che invece non si riscontra nel prodotto congelato, che presenta alcune modifìcazioni strutturali rilc,·anti sono l'aspetto qualitati,·o, e quindi economico- commerciale.


Condannabile l'eutanasia anche sul piano umano. Il problema dell'eutanasia è stato affrontato in una colllferenza nella sede della «Civiltà Cattolica» dal P. Vittorio Marcozzi, professore di biologia e antropologia alla Pontificia Università Gregoriana. Senza giustificazione dal punto di vista della morale cattolica, in quanto nessun uomo può arrogarsi il diritto di decidere della morte di un suo simile, l'eutanasia è da condannarsi anche sul piano umano. Si può contestare la posizione di coloro che, non credendo in Dio, datore della vita e, in quanto tale, unico legittimo signore e garante di essa, ritengono che la soppressione di un essere « condannato alla sofferen?-a >> sia un atto di pietà. L'eutanasia, ha affermato P. Marcozzi, parte comunque da una visione incompleta dell'uomo, e porta alla giustificazione di crimini ripugnanti. Troppi interrogativi pone l'argomento avanzato in favore di essa. Se «è meglio che non viva chi è destinato alla sofferenza » ogni abuso è possibile. Chi deve decidere, e come, la misura della sofferenza a partire dalla quale è preferib ile la morte? Tale principio può arrivare a giustificare la soppressione degli anziani, dei cronici, degli alienati mentali, degli anormali, cd è significativo che pensino di allargare la pratica dell'eutanasia alcune legislaz!ioni che stanno per introdurre la pratica dell'aborto. Inoltre, come negare che spesso gli invalidi fin dalla nascita possiedono maggiore ricchezza di doti morali e spirituali, e sono quindi più in grado di vincere la loro sofferenza fisica? La sof.ferenza umana non è un problema che possa essere risolto in maniera univoca e semplicistica. Chi sosùene l'eutanasia misconosce la realtà di una sofferenza che diventa fattore di elevazione morale e spiriwale dell'uomo. Cosl come forse dimentica che la nostra civiltà, la quale aborrisce il sacrificio e sopravvalura le doti fisiche e i! benessere, non ha per questo contrib-uito ad aumentare il numero degli uomini felic'i. Riconoscimento, quindi, dei valori della sofferenza, che peraltro, ha concluso l'Ora· tore, è un mistero comprensibile solo alla luce della Croce.

L a Rifamp icina nuova speranza per i lcbbrosi. Per i milioni di lebbrosi che popolano la nostra terra, lo spiraglio della speranza si sta allargando sempre di più. E' arrivato il farmaco che, sembra, toglierà alla lebbra il suo aspetto di flagello. La Rifampicina, il nuovo antibiotico antitubercolare, sta acquistando la fama di essere anche il più potente farmaco antilebbroso, superando pure l'attuale medicamento standard, il dapsone. Infatti a Londra, nell'Istituto nazionale per la ricerca medica, sperimentando il nuovo antibiotico su topi iniettati col m icobatterio della lebbra c su uomini affetti da lebbra lepromatosa pura, si è potuto constatare che la Rifampicina esercita una chiara aLÙvità anche contro ceppi del micobatterio della lebbra resistenti a qualsiasi altro farmaco anti - lebhroso. Inoltre uccide i micobatteri più rapidamente del dapsone. Di grande importanza è che la contagiosità dolla malattia viene Pidotta dalla Rifampicina ad un periodo che varia soltamo da tre a 24 giorni, mentre col dapsone tale periodo è di 69 giorni. Un ultimo vantaggio del nuovo prodotto è l'assenza di tossicità.

L e molteplici malcfatte di un virus. Anche il carcinoma nasofari ngeo, come la mononucleosi infettiv a e il linfoma di S.urkitt (e forse anche il morbo di Hodgkin), è causato dal virus di Epstein- Barr'?


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Sembra molto probabile, visti i sorprendenti risullati delle ricerche di un gruppo dt scienziati guidati dagli svedesi Peter Gunvén e Georgc Klein del Karolinska Institutct di Stoccolma, intraprese per tutt'altro scopo: per studiare cioè la frequenza nel siero di africani affetti dal linfoma di Burkitt, di anticorpi anti- virus EB, e correlarne il titolo con l'andamento della malattia. Avendo adoperato come comrolli sieri di soggetti sani c di individui affetti da neoplasie diverse, i ricercatori furono insospettiti dall'alta frequenza di tali anticorpi nei portatori del carcinoma nasobringeo. Risultando negativa la ricerca di particelle virali nelle cellule tumoral i, nonostante queste fossero portatrici di antigeni virus dipendenti, essi pensarono di coltivarle in vitro in condizioni adatte allo sviluppo del virus. L 'osservazione successiva ha avval<r rato i sospetti: in un'alta percentuale di cellule er a chiaramente visibile il virus incrj minato.

La m ammografìa contro il cancro.

Circa sci donne su 100 vengono colpite da cancro della mammella nel corso della loro esistenza. Una cifra enorme. E come al solito, dietro i numeri, una somma scon finata di ansie, di dolori, di beni irrimed iabilmente distrutti. Gli esperti dell'OMS ri levano, sulla base di indagini incontrovc:rtibili, che il 50 per cento dei tumori maligni potrebbe guarire radicalmente se la loro diagnosi fosse: posta in tempo. La legge italiana per la lotta contro i tumori punta la sua azione di « dépistage >> sovrattutto sulle neoplasie dell'utero e della mammella che, più facilmente, possono esser riconosciute in tempo. La diagnosi precoce dei tumori della mammella può avvalersi oggi di strumenti rad iologici capaci di ottenere radiografie mammarie altamente d ifferenziate. Per cui, con la senografia (Amici, Lutzu alla AMIS), è possilibc avere immagini perfette di noduli mammari, anche molto profondi, dai cui particolari si formula un giudiziO di benignità o malignità. Un convegno sulla funzione della mammografla nella lotta contro i tumori mammari avrà luogo nel corso delle: XI Giornate Mediche Jnternazi(} nali di Vibo Valentia.

NOTIZIE MILITARI Promozioni nel Corpo Sanitario Miliure.

Da Colonnello a Maggior Generale medico «a disposizione »: Farina Angelo Pagano Mario

Cicone Mario Bartoloua Felice

A tu n i i neo- promossi le più vive congratulazioni del nostro Giornale. Medaglie d'oro al merito della Sanità pubblica.

Jl Signor Ministro per la Sanità ha insignito della Medaglia d'Oro al Merito della Sanità Pubblica i seguenti Ufficiali medici, che durame la loro lunga carriera, si sono distinti per la loro attività in campo sanitario :

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Magg. Generale Medico Pericle Tanini » » » Michele Cappelli >> » >> Gennaro Zampelli » » » Cristino Arghittu >> >> >> Vincenzo La Rocca Colonnello Medico Alfonso Parisi Le medaglie d'oro sono state consegnate ai su·ddetti ufficiali medici dal Direttortc Generale della Sanità Militare, nel corso di una solenne cerimonia, svoltasi presso la Direzione Generale di Sanità, il giorno 29 aprile 1971. A tutti gli Ufficiali modici che hanno ricevuto l'ambita onorificenza, i più cordiali rallegramenti del «Giornale di Medicina Militare>>.

NECROLOGIO Colonnello medico in s.p. Cirrincione P rof. Antonino.

La sera dcll'rr maggio è venuto a mancare all'affetto e alla stima dei suoi familiari, dei suoi numerosi amici, dei suoi molteplici ammiratori e degli ufficiali medici della Sanità Militare italiana, il Colonnello medico Prof. Antonino CIRRTNCJ01\TE, Direttore dell'Ospedale Militare Principale di Roma.

~i. è spento prematuramente, dopo una intensa vita dedicata alla famiglia, alla Med~c~na c alla Scienza, uno dei più valenti, appassionati, operosi e competenti ufficiali mcdtcl della Sanità Militare. Il vuoto che questo ufficiale, dotato di altissime doti intellettuali, di profonda c vasta cultura umanistica e neuro- psichiatrica, di elevatissime qualità, morali e di carattere, lascia con la sua prematura scomparsa, è incolmabile.


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La carriera di questo prcstigioso ufficiale si inizia il 30 agosto 1943 con la sua nomina a Tenente 111( dico in s.p.e. Dopo circa un tricnnio di servizio presso i Reparti di Truppa venne assegnato, il 7 luglio 1946, all'Ospedale Militare di Pircnze dove iniziò la sua lunga cd ininterron::t atti,•ità o.spedaliera, disimpegnando nel primo penodo i compiti dì segretario della C.M.O. c dì assistente del Reparto Osservazione. Gii\ in questi servizi cominciarono a rìfulgere le spiccare qualità intellettuali, culturali, morali e dì carattere del compianto ufficiale. Ma la sua brillante carriera di ncuropsichiatra e criminologo doveva iniziarsi nel biennio accademico 1949-1950, 1950 - 1951, con la sua assegnazione a frequentare, in qualità di assistente militare, la Clinica delle Malattie Nen·osc e ~[cotali dell'Università di Firenze. In questo periodo Egli si dedicò con passione, entusiasmo, tenacia c spirito di sacrificio allo studio approfondito di quelle br::mche della Medicina che lo dovevano affascinare per tutta la vita: la NeuropaLOlogia e la Neuropsichiatria. Coronò il periodo di studio intenso e di a~siduo e solortc assistentato militare con il con· seguimento della specializzazione in malattie nen·ose e mentali. J:\el 1952, pur essendo ancora Capitano, divenne Capo reparto Neuropsichiatrico dell'Ospedale Militare di Firenze, incarico che tenne ininterrottamente fino al novem· bre del 1955· Con l'incarico di Capo Reparto si inizia quella luminosa mi~sione o, per meglio dire, quel mirabile apo~tolato, di Cirrincione nel difficile, complesso c rischioso campo della 'europatologia e della reuropsichiatria. In queste due fascinose branche della ~[edicina trova modo di esplicarsi e di affermarsi la ~ingoiare personalità di Cirrincione, la sua passione per lo studio e per i complessi problemi della specialità neuropsichiatrica, il suo amore per la ricerca scientifica, il suo coscienzioso scrupolo nell'esame minuzioso c accurato deglj ammalati e nella ìm postazione della diagnosi esatta. L'impegno dell'ufficiale per il Repano che dirige ~ continuo; la sua intelligenza, la sua cultura, il suo alto senso di responsabilità sono sempre tesi al miglioramento e al perfezionamento del delicato c impegnativo scrvÌ7.Ìo a lui affidato. r superiori dì quel periodo ne apprezzano e ne ammirano l'opera infaticabile e meritoria e sono prodighi di elogi per << lo spiccato attaccamento al dovere, per l'elevatissimo rendimento in servizio e per la passione e l'amore con cui l'ufficiale esplica la sua anività di Capo Reparto >>. Nel novembre del 1955, Cirrincione viene trasferito all'Ospedale Militare di Roma, ovc assume subito l'incarico di Capo Reparto Neuropsichiatrico. Si inizia così la seconda fase della vira e della carriera dell'Ufficiale, caratterizzata da una intensa attività clinica e scientifica, da un fen·orc di attività c di iniziative, che hanno suscitato l'ammirazione dei superiori e dei colleghi, hanno dato lustro alla Sanità Militare italiana, c hanno contribuito al progresso scientifico in campo neuropsichiatrico. Frutto di questa inesausta passione per la clinica c per la ricerca scientifica e dì questa indomabile volontà di affinare il proprio spirito e di perfezionare la propri:i cultura professionale sono il conseguimento di due libere docenze (una in 1curopsichiatria, nel settembre del 19(53 e una in Antropologia criminale, nell'ottobre del 19()6) e la pubblicazione di 68 lavori scientifici, tutti ad alto livello, tra i quali è degno di particolare menzione una Monografia, intitolata c< Psichiatria militare» che ha avuto risonanz:t in Italia e all'Estero, non solo negli ambienti militari ma anche negli ambienti civili. La incessante e assillante attività di Capo Repano •europsichiatrico non impedisce a Cirrincione di partecipare atti,·amente a Congressi e Simposi nazionali c inter-


223

nazionali con relazioni e comunicazioni che riscuotono vasti consensi e apprezzamenti e che danno lustro alla Sanità Militare. La D irezione Generale di Sanità Militare, che segue attentamente l'attività scientifica dei suoi dipendenti, apprezzò c ricompensò ripetutamente la fattiva collaborazione dell'Ufficiale a Congressi e Simposi, concedendogli quattro encom i scritti e proponendolo per la concessione della medaglia d'oro al merito della Sanità Pubblica. Vale la pena di riportare qui di seguito e per intero l'ultimo encomio concesso a Cirrincione dal Direttore Generale della Sanità Militare in occasione della Settimana Psico- Somarica che si svolse a Roma nel settembre del 1967 : <<Ufficiale superiore medico, di elevate dori intellettuali e culturali, libero docente in Neuropsichiatria e Antropologia criminale, si è sempre ·distinto per l'entusiasmo che porta in ogni campo di attività affidatagli. Incaricato dell'organizzazione del Simposio internazionale di Medicina Psico - somatica militare per la Settimana Psico- somatica tenutasi a Roma nel settembre 1cfi7, ha contribuito al successo con encomiabile solerzia, riscuotendo il qualificato elogio del Presidente del Comitato. Relatore sull'argomento <<Medicina Psico - somatica c Igiene mentale nell'Esercito )) e correlatore su altri sette argomenti, ha suscitato l'unanime plauso del Congressisti per le interessanti esposizion i, portando così nuovo prestigio alla Sanità Militare it:a!liana. Con la promozione a Colonnello, avvenuta alla fine del 19')9, è indubbio che si sviluppa in Cirrincionc un desiderio intimo e segreto, una aspirazione profondamente sentita a raggiungere una meta prestigiosa, qualificante e determinante nella carriera di un ufficiale medico : quella di D iiettorc di Ospedale. Questa meta agognata viene raggiunta nell'ottobre 1970 con la nomina a Direttore dell'Ospedale Militare Pri ncipale di Roma, d i quell'O~pedale cioè al q uale l'Ufficiale aveva dedicato una buona parte delia sua vita e la maggior parte delle sue cneng'ie intellettuali, culturali e spirituali. Cirrincione affronta La nuova e grossa fatica con animo sereno e con una forza morale che ha del sovrumano, se si considera che Egli era pienamente consapevole di una grave malattia che aveva profondamente minato la sua robusta tempra. L 'Uomo che per tutta la vita aveva lottato per affermarsi, per emergere, per raggiungere la meta agognata, per migUorare il Corpo Sanitario dell'E sercito, continua a lottare con energia morale indomabile contro un male insidioso che gli scava dentro e lo rode. L'impari lotta si conclude con la sconntta delle Forze spirituali, sopraffatte da un male fisico nuovo ed inesorabile sovrappostosi al vecchio. La sera dell'n maggio 1971, il C<>lonnello Cirrincione si spegneva stoicamente lasciando nella più profonda costernazione la sua adorata Famiglia e la Sanità Militare italiana. T utti quelli che lo conobbero e lo apprezzarono nella sua diutuma fatica rimpiangono la scomparsa di una g rande figura d i Uomo e di Ufficiale Medico. Ai familiari inconsolabili vadano le espressioni del più sentito cordoglio della Sanità Militare. c. ARGHIITlJ

Direttore responsabile: Tcn. Gen. Mcd. Prof. T. SANTILLO Redattore capo: Magg. Gen. Mcd. Prof. C. ARGHITTU Autorizzazione dd Tribunale di Roma al n. 944 del Registro TIPOGRAFIA llEGIONALE - ROMA •

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MAGGIO - GIUGNO 1971

ANNO 121 o • FASC. 3

DI

MEDICINA MILITARE PUBBLICAZIONE BIMESTRALE A CURA DEL SERVIZIO DI SANITA DELL'ESERCITO

DIREZIONE REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE MINISTERO DELLA DIFESA - ESERCITO - ROMA _ _ _ S edizione in abb. post. • Gruppo IV


GIORNALE

DI

MEDICINA

MINISTERO DELLA DIFESA- ESERCITO -

MILITAR E ROMA

SOMMARIO SrcNORINI L. F.: Inquinamenti atmosferici e salute .

225

CrRRIKcrosE A.: I. Selezione psichiatnca e profila~>i criminologica ndl'ambito delle Forze Armare. II. Il contributo della p~icopatologia generale all'igiene criminale in ambiente militare

239

O•sr:-n M.: Nuovo metodo d1 rilevamento rad:ologico e protezione del personale addetto ai rilievi radiometrici in zone contaminate .

256

MASTRORILLI A., SAJ>ro A.: Granuloma cosinoiilo della clavicola. Studio clinico e diagnostico differenziale

268

GREco L.: Controllo a di.~tanza di tempo di giovani iscntti di leva riformati per cardiopatia organica: considerazioni medico- oocia:li .

28o

Clcuo L., GrA!'òNI V., MA~sA S., BA,! LI L.: Ricerca contemporanea del rame e del piombo ne1 prodotti vegetali scatolati .

288

RECEl\TSIONI DI LIBRI .

305

RECENSIONI DA RlVISTE E GIORNALI.

3o6

SOMMARI DI RIVISTE MEDICO - MILITARI .

3u

\OTIZIARIO: Notizie tecnico •scientifiche . Malattie infetth·c: al Li lancio del : 9·o - Inibito il \'Ìnu dell'erpete !abaale - Li 'accinazionc antitumorale • Le vaccinl?.IOOJ in ~r.l\ irbnza • Sindrome dd cri du ch.1t » - Le armi chimiche e baologichc: al pericolo pt·: l 'uomo - A lcguatc !t misure pt-r la protc· zione dnllc cadi:1zioni • Ccn<imcnLÌ di ricercatori biomedici in !tali:~ La mi<ura della giovinezza c della \Cnililà m~rli<lnte una nuova tecnica • Le prosta~:bndìnc - La prosU· tcetomia negli ultrascuantcnna • Dimcua:u il tempo di guarigione per usuoni - Un pace- makcr awmico in FrJnca.J.

Notizie militart Necrologio


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MAGGIO ·GIUGNO 1971

ANNO 121 • FASC. 3

GIO RNALE DI MEDICINA MI LITARE PUBBLICATO A CURA DEL SERVIZIO SANITARIO DELL'ESERCITO

IST!Tl'TO DI ICIE~E DELL'LiNWERSITÀ DI FJ:RENZE

Direttore: Prof. L. F. SrcsoruM

INQUINAMENTI ATMOSFERICI E SALUTE * Prof. L. F. Signorini

« Signori, tutti sanno che l'uomo dal momento del suo nascere fino a quello in cui muore, vive respirando l'aria che lo circonda; c niuno ignora che se egli cessasse anch e per un breve istante di attingere, per così dire, col proprio organismo, aJ serbatoio universale ed inesauribile dell'aria, ove natura lo volle costantemente immerso, la morte non tarderebbe a colpirlo, come nelle stesse condizioni colpirebbe ogni altro essere vivente, che per esistere appunto ha bisogno dell'aria. cc Nè solo la mancanza assoluta ·dell'aria è causa etf.fi.cicnte della morte, a produrre la quale, più o m eno prontamente, basta p~e una leggera alterazione nella composizione dell'aria stessa, o la presenza in quella di talune sostanze, anco in quantità tenuissime, ridotte allo stato aeriforme. « Ad ogni modo poi dove l'uomo si trovi per avventura a dovere respirare aria più o meno alterata se non sarà condotto da questa a morte sollecita, finirà sempre però con lo sfibrare e logorare profondamente la sua salute. « E' evidente dunque per chicchessia, che l'aria, e l'aria pura, costituisce un elemento indispensabile, per la esistenza normale dell'uomo ». (ANGELO VEGNI : Lezione detta nel R. Museo di Fùica e Storia Naturale di Firenze, l' 11 aprile 1869). Queste poche frasi , vecchie di oltre un secolo, adombrano efficacemente ciò che noi oggi intendiamo col termine « inquinamento atmosferico » : cioè la comparsa nell'aria di sostanze di varia natura estranee alla sua normale composizione e capaci di alterarne la salubrità, costituendo pregiudizio di• Conferenza tenuro agli A.U.C. del 48° Corso, presso la Scuola di Sanità Militare, il giorno 23 mano 1971.


retto o indiretto alla salute <lei cittadini e danno ai beni pubblici o privati (Legge 13 -7- 1966, n. 615, art. 1). In realtà il problema degli inquinamenti atmosferici e dei <lanrù ad essi legati non è nuovo. Anzi, l'immissione nell'atmosfera di gas, ma soprattutto di fumi e di polveri, poichè costituisce un fenom eno imme<liatamente e notevolmente appariscente, da molto tempo ha richiamato l'attenzione del pubblico, degli studiosi e <ielle autorità. Il problema acquistò una considerevole importanza già a partire .dal XII secolo, in concomitanza con la progressiva utilizzazione della combustione a carbone al posto <li ·quella a legna, in maniera particolare in Gran Bretagna e in Germania, Paesi nei quali per contare essi il carbone fra le materie prime locali - l'impiego di questo combustibile segnò il più rapido sviluppo, condizionando anche il precoce incremento delle attività industriali. Spontaneo fu subito l'associare <ùl'cvidente insudiciamento dell'aria l'insorgenza <li .danni alla salute. Così nel volgere dei secol i si ebbe, per esempio già nel '300 a Londra un e<litto che proibiva l'uso del carbone; nel r66r .fu presentata a Carlo II di Inghilterra una memoria sull'argomento (Ev.ELYK: Fumifugium); nel r8n fu varata in Austria una legge sul risarcimento dei danni prodotti da inquinamenti atmosferici ed al tre analoghe furono votate negli Stati germanici a partire dal 1820. Ma poco di concreto si ottenne, e col continuo progresso del nostro tipo di civiltà l'aria che il buon Dio all'inizio dei secoli aveva immaginata per noi limpida e pura .divenne sempre più rara e, come nel dantesco Purgatorio (XV, 142), ... ecco a poco a poco tm fummo farsi verso di noi come la notte oscuro, nè da quello era /oco da causarsi: questo ne tolse gli occlzi e l'aere puro.

Dopo la parentesi della seconda metà dell'ottocento in cui l'attenzione fu rivolta principalmente verso le scoperte nel campo della batteriologia, nei decenni più recenti il problema sanitario ·dell'inquinamento atmosferico si è ripresentato, con ben diverse .dimensioni e ben diversa attualità, essenzialmente come conseguenza degli eventi qui di seguito schematicamentc indicati. 1° - La progressiva diminuzione ·d ell'importanza relativa delle malattie infettive in seguito ai successi in campo pro.filattico e terapeutico ha portato a una sorta di « rivalutazione » delle malattie non infettive, che vanno ovunque acquistando una prevalenza relativa, di pari passo col progredire del nostro attuale tipo di civiltà: valgano come esempio le malattie cardiocircolatorie e i tumori, in special modo quel]i .dell'apparato respir~torio. La ricerca delle possibili cause di esse e dci mezzi per eliminarle costituisce oggi l'impegno maggiore .dal punto di vista sanitario. Le condizioni di inquina-


monto dell'atmosfera, come .del resto di tutti gli ambienti in cui l'uomo vive e lavora, rappresentano uno dei campi di .indagine più suggestivi e presumibilmente più capaci di suggerire elementi concreti. 2° - L'immissione nell'aria di inquinamenti si è accresciuta in ~ortissi­ ma misura negli anni più recenti, come conseguenza del progressivo e cospicuo incremento degli affluenti industriali, degli affluenti degli impianti di riscaldamento ·domestico, degli scarichi dei prodotti di combustione dei motori a scoppio. Queste ultime due sorgenti di inquinamento sussistono ovunque, per quanto in misura e in proporzioni variabili, e rappresentano la cosiddetta « contaminazione di fondo »; a questa può sovrapporsi la contaminazione, che potremmo dire occasion.ale, da impianti industriali, diversa come durata, come entità e come natura nelle singole circostanze. Tutti questi elementi sono direttamente o indirettamente legati alla formazione di grossi agglomerati urbani : proprio in questi si possono infatti identificare gli inquinamenti più massicci dell'aria atmosferica. 3o - La comparsa di alcuni clamorosi episodi di morbosità acuta, la cui stretta relazione con inquinanti atmosferici ha potuto essere accertata (Vallata della Mosa, Belgio, 1930; Donora, U.S.A., 1948; Poza Rica, Messico, r95o; Londra, 1952 e 1962; Los Angeles, 1943 e seg.) ha rappresentato però l'elemento determinante per richiamare l'attenzione dei sanitari e del pubblico sul problema della contaminazione atmosferica. Gli innumerevoli studi da allora .dedicati all'argomento hanno permesso ormai di stabilire che, indipendentemente dai clamorosi ma occasionali episodi acuti sopra ricordati, legati a particolari condizioni non facilmente altrove ripetibili, la presenza nell'atmosfera di sostanze estranee, sia pure in quantità non sufficienti a provocare clamorosi fenomeni di ·danno collettivo, può hlttavia non essere indifferente per la salute delle popolazioni, nel senso che, soprattutto se è a lungo protratta nel tempo, può rappresentare un ostacolo per le normali condizioni di lavoro dell'apparato cardiorespiratorio, con la conseguente insorgenza di sindromi morbose croniche a sede broncopolmonare, specialmente nei soggetti più vulnerabili, quali i vecchi, i bambini, i malati. 4o - L'adozione di apparecchiature sempre più precise e la possibilità di utilizzazione di sempre nuovi metodi di analisi hanno infine fornito lo strumento proprio negli ultimi due decenni, per poter affrontare ·in termini precisi e proficui l'intero problema dell'inquinamento atmosferico.

Il grado di contaminazione dell'aria dipende, in ogni momento ed in ogni località, dal rapporto che si stabilisce tra la immissione nell'atmosfera


228 di sostanze estranee alla sua normale composizione e le capacità di autodepurazione di essa. Queste ultime non sono come per qualche tempo si è avuta la tendenza a voler ammettere, indefinite: quando l'immissione supera certi limiti, sarebbe vano sperare di poter mantenere un'aria pura, soprattutto se non si realizzano alcune condizioni climato- meteorologiche, alle quali specialmente è legato il grado delle possibilità autodepuratrici dell'atmosfera. E' ben nota, a questo proposito, la favorevole influenza di alcuni fenomeni atmosferici (venti, precipitazioni, ecc.) c, al contrario, quella negativa, in maniera determinante, di altre (specialmente inversione termica, nebbia, ecc.: vedi Londra, Los Angeles, Milano). Il nostro attuale sistema di vita indubbiamente comporta un cospicuo e continuo aumento dell'immissione nell'aria di sostanze estranee; immissione che è inoltre di solito notevolmente concentrata in alcune aree relativamente ristrette: se in queste le capacità autodepurative dell'atmosfera non sono particolarmente elevate per una fortunata concomitanza di favorevoli condizioni climato- meteorologiche, sarà inevitabile la comparsa di un notevole inquinamento atmosferico, che permarrà fino a quando la diminuzione .della immissione di sostanze estranee od il realizzarsi di più favorevoli condizioni meteorologiche non ristabiliranno il turbato equilibrio immissione- autodepurazione. Per questi motivi non è rara la tendenza a considerare gli inquinamenti atmosferici come una conseguenza, spiacevole ma inevitabile, del nostro tipo di civiltà. In realtà è dovere ed interesse comune cercare di mantenere, dove ancora fortunatamente sussiste, o di ripòstinare, dove ormai sfortunatamente si è perduto, l'equilibrio in parola. Per ottenere ciò, poichè non si può artificialmente aumentare l'autodepurazione, occorre agire (e se ne ha molto spesso, oggi, la possibilità tecnica) suJl'immissione delle sostanze estranee, non tanto cercando Lma ipotetica ed irrealizzabile eliminazione totale delle fonti di esse (industrie, impianti termici, motori a scoppio), quanto piuttosto ricorrendo ad accorgimenti capaci di limitare al massimo la produzione degli inquinanti, o -in via subordinata - di abbattere nella maggiore misura possibile quelli prodotti, ovvero, quanto meno, di facilitarne la dispersione nell'atmosfera. Tutto ciò, in molti Paesi, ha dato la spinta alla recente adozione di provvedimenti atti a difendere l'uomo dalle sostanze inquinanti da lui stesso a proprio danno scaricate ne Il' atmosfera .

••• Sugli effetti sfavorevoli che da tali inquinamenti possono essere prodotti si è raccolta negli ultimi anni una bibliografia estesissima. Ad ogni modo, schematizzando, i principali di tali danni possono essere elencati nella maniera seguente.

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I. - DANNI D! ORDINE ECONOMICO.

Di recente sono stati valutati in alcune circostanze, fornendo cifre di dimensioni impressionanti (r). Essi possono essere rappresentati: da danneggiamenti agli immobili, alle opere d'arte, alle mercanzie, alla biancher,i a ed altri effetti d'uso ,all'agricoltura ed alle piante ornamentali, al bestiame; dalla diminuzione dell'illuminazione naturale, con conseguente necessità di un maggiore .ricorso a quella artificiale; dalle perdite in polveri e gas da parte degli stabilimenti industriali e degli impianti termici. Proprio i danni economici sono in genere lamentati per primi dalle popolazioni e richiamano l'attenzione sugli inquinamenti atmosferici, specie pulviscolari. 2. - EFFETTI SUL BENESSERE.

Benchè innegabili e da tenere nel dovuto conto, tuttavia per la loro stessa natura sfuggono ad una precisa valutazione. Sono rappresentati .da tutto ciò che nelle nostre città determina una molestia o un disagio fisico, una diminuzione, insomma, della « gioia di vivere », tale da incitare ciascun abitante dei grossi agglomerati urbani alla periodica ricerca di « aria pura n. Si tratterà di volta in volta di deficienza di radiazioni ultraviolette quando vi sia presenza nell'atmosfera di notevoli quantità di polveri e fumi (ma ciò ha anche l'effetto positivo di ridurre l'azione cancerogena di tali raggi); di comparsa di odori sgradevoli (che possono anche produrre cefalea, vomito, inappetenza, insonnia, ecc.); di modeste ma persistenti irritazioni alle congitmtive e alle prime vie respiratorie, ecc. Non è facile stabilire un preciso confine fra tali stati di disagio fisico e i veri e propri danni alla salute, sia perchè il passaggio tra lo stato di benessere e quello di malattia è sempre sfum ato c talora opinabile, sia perchè le immancabili differenze individuali possono far sì che la stessa causa produca in alcuni soggetti (i più sensibili) un vero stato di malattia ed in altri, invece, soltanto una sgradevole sensazione di molestia.

3· - DANNI ALLA SALUTE. Rappresentano, ovviamente, l'effetto più importante - .dal punto di vista medico - degli inquinamenti atmosferici e interessano evidentemente sopratnltto cute, congiuntive, mucose delle vie respiratorie, che più direttamente vengono in contatto con le sostanze inquinanti. Fra tutte, le vie respiratorie assumono la massima importanza, a cagione dell a più estesa superficie, della elevata sensibilità e della molto maggiore ( r) Sessanta miliardi di lire in otto giorni nell'inverno 1_962 - 63 in Gran Bretagna; otto mi liardi di doLlari (sooo miliaroi di lire) negli Stati Uniti nel 1_968.


capacità <li assorbimento. Tuttavia la esatta determinazione anche di questi danni non è facile; si può comunque ritenere che gli inquinamenti atmosferici, almeno in alcune condizioni, partecipino al determinismo almeno delle seguenti manifestazioni morbose: 1 ° - Intossicazioni acute, dovute talora ad incidenti, tal'altra a particolari condizioni di inquinamento e meteorologiche, come nel caso degli episodi più sopra ricordati. 2° - Fenomeni riflessi: i ricettori olfatti vi sono sensibili a sostanze chimiche anche a livellì non determinabili con metodi analitici; essi scatenano dei riflessi che possono agire sull'intero organismo: recenti esperienze sovietiche hanno dimostrato che l'inalazione dì concentrazioni non titolabili di sostanze fortemente odoranti può provocare modificazioni nel ritmo respiratorio e negli scambi gassosi.

3° - Fenomeni allergici.

4o - Fenomeni ad andamento cronico, dovuti all'azione prolungata di piccole quantità di alcune delle sostanze responsabili delle manifestazioni acute : a) avvelenamenti sistemici (il rischio riguarda in particolar modo il CO, che provoca il blocco dell'emoglobina ed esercita un'azione lesiva sui sistemi enzimatici da cui dipende la respirazione ·delle cellule; e inoltre il berillio, il manganese, i fluoruri); b) azioni lesive sulla cute, sulle congiuntive e sulle mucose dell'apparato respiratorio (bronchiti croniche), soprattutto ad opera ,della S02; c) azioni lesive sulle congiuntive ad opera degli idrocarburi attivati dall'azione fotochimica del sole in presenza degli ossidi di azoto dell'aria (Los Angeles).

5o - Cancri polmonari: il rapporto di questi con alcuni inquinanti dell'atmosfera (3- 4 benzopirene, prodotto soprattutto nella combustione dei motori a scoppio) è stato accuratamente indagato. Per quanto alcuni punti siano ancora da precisare, tuttavia l'ipotesi della connessione dell'aumento dt frequenza di tali neoplasie anche con l'incremento dell'immissione di quelle sostanze nell'atmosfera si presenta senza dubbio suggestiva e suffragata da molti dati positivi. E' da tenere presente la possibile coesistenza, con i fattori oncogeni, di fattori irritanti capaci di produrre paralisi dei movimenti ciliari e conseguente prolungamento del contatto dd cancerogeno coi tessuti. 6° - Malattie da radiazioni ionizzanti (anemie, leucemie, alterazioni della tiroide e delle gonadi, malformazioni congenite). La questione, nuova ma ben nota, è finora di limitata misura ed è legata non tanto ad esplosioni atomiche quanto all'uso di radiazioni in medicina e come sorgente di ener-

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gia; ma si presenta gravida di pericolose conseguenze se non sarà tenuto nel debito conto il problema ·della eEminazione dei rcsi·d ui radioattivi.

t - Lesioni traumatiche: da inciden ti aerei c stradali dovuti a diminuzione di visibilità. Nonostante il gran numero di indagini condotte fino ad oggi nel campo dei rapporti fra inquinamento atmosferico e salute, tuttavia permangono ancora numerose incognite; soprattutto pcrchè, se è stato possibile talora dimostrare una correlazione cronologi<:a anche stretta fra inquin amento atmosferico e frequenza di talune manifestazioni morbose, tuttavia non è mai agevole dimostrare l'esistenza di un preciso rapporto causa- effetto fra i due fenomeni. Comunque già adesso qualche rapporto preciso è stato accertato fra i singoli inquinanti e lo stato di salute. Come è noto, nell'atmosfera possono pervenire sostanze inquinanti nei più ·diversi stati fisici. 3.r. Polveri, fumi e nebbie rappresentano gli inquinanti solidi (o liquidi) presenti allo stato di aerosol; la maggioranza di essi sono grossolanamente visibili e costituiscono il principale motivo della perdita delle condizioni di benessere nella maggioranza dei grossi agglomerati urbani. Soprattutto dalle dimensioni delle particelle di pende la maggiore o minore durata della loro sospensione nell'atmosfera: quanto più le dimensioni sono elevate, tanto più rapida è la sedimentazione e tanto minore la diffusione attorno al luogo di produzione; le particelle di dimensioni maggiori hanno una velocità di caduta relativamente notevole e costituiscono le polveri sedimentabili, alle quali è imputabile l'insudiciamento e il danneggiam ento delle superfici su cui si depositano, mentre quelle di dimensioni inferiori (fra le quali sono compresi tutti i fumi) permangono a lungo nell'atmosfera, possono allontanarsi anche notevolmente dal punto di immissione nell'aria ed hanno inoltre la capacità di arrivare più facilmente alle vie respiratorie profonde, sulle quali possono, in ipotesi, provocare <lei danni ed essere successivamente assorbite nel sangue attraverso gli alveoli, raggiungendo vari organi su cui pure possono esercitare azioni lesive. Le sostanze corpuscolare che possono ritrovarsi nell'atmosfera hanno varia natura e origine : tralascian·do quelle (minerali, vegetali, animali) di origine naturale, esse possono essere prodotte principalmente da focolai di combustione (ceneri, particelle di carbone incombusto, fuliggine, sostanze catramose), da impianti industriali (polveri prcdottc da acciaierie, fonderie, fabbriche di refrattari , cementerie. industrie del carburo di calcio, ecc.), dal logorio del m anto stradale e dei pneumatici dei veicoli. E' ovvio che nei singoli casi le dimensioni, la composizione e le caratteristiche dell 'inqtùnamento pulviscolare variano sensibilmente. Tn molti agglomerati urbani le polveri sedimentabili raggiungono ogni mese molte tonnellate per Km\ specie nei


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mesi invernali, allorchè sono in buona parte prodotte dalle combustioni dei focolai domestici e allorchè la loro dispersione nell'atmosfera è resa meno facile dalle sfavorevoli condizioni atmosferiche. Nei riguardi della salute dell'uomo, all'inquinamento pulviscolare sono state attribuite azioni allergizzanti, irritanti, tossiche; anche alle polveri cosiddette inerti sono state però attribuite azioni dannose sull'apparato respiratorio, in quanto anche queste, al pari delle nebbie e dei gas, possono ostacolarne il normale lavoro. Appare quindi opportuno ridurre il più possibile la concentrazione delle polveri nell'atmosfera, sia contenendone al minimo la produzione (agevolando l'uso di combustibili adatti, facilitando le combustioni complete, migliorando le caratteristiche dei bruciatori; diminuendo la produzione e la dispersione di polveri negli stabilimenti industriali per mezzo di apposite apparecchiature e schermature), sia facilitandone, dopo che sono state prodotte, il rapido allontanamento e la massima diluizione (alte ciminiere di scarico, ecc.), ovvero l'abbattimento il più completo possibile (filtri).

3.2. Nell'atmosfera che noi respmamo possono però essere presenti anche inquinanti gassosi che, al contrario degli inquinanti solidi, sono generalmente invisibili e possono restare a lungo nell'atmosfera: caratteri, questi, adatti a prolungare c a rendere più insidiose le azioni dannose, e ad attribuire pertanto un particolare interesse alla ricerca degli inquinanti gassosi nel!' atmosfera. A parte i singoli contaminanti gassosi, immessi nell'atmosfera dai più diversi impianti industriali (ad es.: cloro, ammoniaca, acido fluoridrico, idrogeno solforato, mercaptani ccc.) e che sono pertanto reperibili soltanto nell'aria sovrastante zone ove sono concentrati particolari impianti industriali, un certo numero di gas è eliminato costantemente dagli impianti di riscaldamento e dai motori a scoppio e costituisce quindi una quota importante della cosiddetta « contaminazione di fondo >). I vari prodotti della combustione che avviene negli impianti di riscaldamento non sono visibili quando la combustione è completa, allorchè vengono a formarsi essenzialmente anidride carbonica e vapore acqueo; assumono invece l'aspetto di fumi visibiJ,i per la presenza di particelle di carbone e di sostanze catramose incombuste, guando - come avviene di frequente - la combustione non è completa; in queste circostanze si forma, inoltre, una certa quantità di ossido di carbonio (CO), che si associa agli altri prodotti della combustione e alla anidride solforosa (S02), presente in quantità più o meno elevata a seconda del contenuto in solfo del combustibile. Più numerosi sono i prodotti finali dd1a combustione che avviene nei motori a scoppio: ancora C02, va por acqueo, S02 (se il combustibile contiene S) quando la combustione è completa; CO, e inoltre aldeidi, ossidi di N e idrocarburi, quando la combustione è incompleta; infine, prodotti cleri-


vari da antidetonan ti e da lubrificanti (cloruro di piombo, derivati del piombo tetraetile, acroleina, ecc.). La quantità di CO nei gas di scappamento varia entro limiti abbastanza ampi, a seconda del tipo di benzina bruciata (è maggiore per le benzine ad elavato numero di ottano) e a seconda del regime del motore (massimo in folle). In condizioni otrimali di regolazionc i motori Diesel producono meno inquinanti ·dei motori a benzina. I motori a due tempi scaricano una quota notevole di prodotti non ossidati. E' chiaro, in definitiva, che nella contaminazione di fondo, qualunque ne siano le sorgenti, rivestono un interesse del tutto particolare alcuni inquinanti gassosi, quali co, so~ e idrocarburi.

3.2.1. L'ossido di carbouio è un gas inodore e incolore, di peso specifico di poco inferiore a quello dell'aria. Quest'ultima caratteristica fa sì che esso possa essere smaltito con una relativa facilità; pertanto, sebbene si produca durante tutti i processi di combustione incom pleta, tuttavia la quota reperibile nell'aria atmosferica ad altezza d'uomo, deriva solo in piccola parte dai focolai di combustione (privati, pubblici e industriali), in quanto questi eliminano i loro prodotti al di sopra dei tetri, facilitando la dispersione del gas. La fonte principale dell'inquinamento atmosferico da CO a livello stradale è quindi indubbiamente rappresentata dai veicoli a motore, che eliminano i gas di scarico proprio a livello del piano stradale : appare pertanto giustificato che il CO sia generalmente assunto come indice di inquinamento da scarichi di motori a scoppio, tra i cui residui è il più facilmente dosabile. E' chiaro che, date le caratteristiche fisiche del gas, il livello dell'inquinamento da CO nell'aria sarà strettamente legato ai caratteri urbanistici: la dispersione sarà, cioè, notevolmente ostacolata nei centri urbani di antica costruzione con vie strette, ad asse non parallelo alla direzione dei venti dominanti e delimitate da edifici di considerevole altezza, cen tri nei quali spesso si è venuto determinando nel corso degli an ni più recenti un sovraccarico di traffico, con circolazione congesta, accompagnata da freq uenti intasamenti. Sono queste le circostanze in cui la concentrazione di CO nell'aria può raggiungere i valori più elevati, anche con la conseguenza di possibili effetti dannosi: giova qui precisare che il CO determina nell'uomo rapidi avvelenamenti gravi ed anche mortali , solo allorchè raggiunga una concentrazione di almeno 2500 parti per milione (p.p.m.); nell'aria atmosferica i tassi reperibili di CO sono ben lontani da si mili valori, tuttavia le piccole dosi presenti, prolungando nel tempo la loro azione, possono risultare non indifferenti per la salute delle popolazioni (causando malessere, ~efalea, astenia, vertigini , tachicardia, temporanea diminuzione della acuità visiva, ecc.), c specialmente per quella dei soggetti più vulnerabili. D a più parti sono stati indicati come lim iti massimi di tollerabilità per l'uomo livelli di CO pari a 100 p.p. m. (o,OI 0 o): essi si riferiscono però ad


ambienti industriali dove si trovano solo soggetti giovani e sani esposti per non più di 8 ore giornaliere. Al contrario nel caso dell'inquinamento dell'aria atmosferica, l'esposizione può essere di 24 ore su 24 con la conseguente mancanza della possibilità di un qualunque recupero nell'intervallo; essa può interessare persone particolarmente sensibili (vecchi, bambini, anemici, soggetti con lesioni cardiorespiratorie); ed è più difficile prendere provvedimenti capaci di contenere i livelli o ridurre gli effetti biologici. Pertanto i livelli ammissibili di CO nell'aria atmosferica devono essere ridotti convenientemente, per esempio a 30 p.p.m. per l'esposizione di 8 ore o a 120 p.p.m. per l'esposizione di un'ora, secondo gli standards dello Stato di California. Si tenga ad ogni modo presente che il CO non dà fenomeni di accumulo e quindi la tossicità da essa prodotta è di regola di tipo acuto e non cronico. La sua presenza anche a livelli non tossici è comunque sempre indice di inquinamento, specialmente da autoveicoli.

3.2.2. L'anidride solforosa ha origine essenzialmente da focolai di combustione sia domestici che industriali, alimentati da combustibili contenenti S, e in piccola parte dai motori a scoppio. La quantità di S02 che si produce nel corso delle combustioni è direttamente proporzionale al contenuto in S del combustibile. L'S02 è presente con grande frequenza nell'aria delle zone in·dustrial i e degli agglomerati urbani, tanto che è generalmente assunta come indice preciso di inquinamento atmosferico ad opera dei processi di combustione. E' ben nota la sua notevole azione irritante sulle vie respiratorie, ove provoca a basse concentrazioni uno spasmo temporaneo d ci bronchioli, a medie concentrazioni una produzione di m uco, ad alte cocentrazioni infiammazioni della mucosa e desquamazione dell'epitelio. Per questi motivi la bassa concentrazione di 5 p.p.m. è generalmente considerata il massimo limite di rollerabilità per un esposizione quotidiana di 8 ore di lavoro. Non va però dimenticato che nei gravi e noti episodi acuti sopra ricordati di into'ìSicazione da inquinamenti atmosferici con lesioni dell'apparato respiratorio, la responsabilità dei quali è stata fatta risalire proprio all'S02, sono state spesso rilevate quantità massime di composti solforati nettamente inferiori a tale limite. 3.2.3. Idrocarburi si eliminano in occasione della combustione non completa dei carburanti nelle installazioni industriali e, in maggior quantità, durante la marcia dei veicoli a motore. Fortunatamente la loro permanenza nell'atmosfera è condizionata dalla notevole instabilità in conseguenza <li processi di oss1dazione. In seguito alla reazione fotochimica fra luce solare e ossidi di N, con prcduzionc di ossidanti che agiscono anche sugli idrocarburi, a prodotti da


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questi derivati è dovuta come si è detto, l'azione irritante sulle congiuntive e sulle mucose naso- faringee (Los Angeles). L'im portanza degli idrocarburi immessi nell'aria atmosferica è però legata soprattutto alla funzione cancerogena attribuita ad alcuni di essi (ed in specie al 3+ Benzopirene), anche sulla base di numerose osservazioni sperimentali. Nell'aria di molte città si raggiungono spesso i 20 y / roo mc di 3+ benzopirene: si tenga presente che sperimentalmente mezzo y è capace di produrre un tumore nel topo. Se un uomo respira 12- 13 mc di aria al giorno, non dovrebbe essere difficile raggiungere la quantità di benzopirene teoricamente sufficiente a produrre un tumore all'apparato respiratorio. L'azione cancerogena del benzopirene può esercitarsi, oltrechè sul polmone, anche sulla cute e, attraverso il sangue, su tutti gli organi. Non si dimentichi, infine, che le quote di benzopirene che da questa provenienza vengono a contatto con l'organismo umano si sommano nei loro eventuali effetti a quelle introdotte per altra via (p. es. col fumo). Secondo gli standards generalmente accettati la massima concentrazione ammissibile di idrocarburi complessivamente presenti nell'aria non deve superare le soo p.p.m. per esposizioni di 8 ore giornaliere. Tenendo presenti tutte le considerazioni sopra esposte, negli ultimi anni, anche nel nostro Paese si è ritenuto opportuno controllare le condizioni di inquinamento, in diverse circostanze. Si sono, così spesso trovati livelli molto elevati di sostanze sedirnentabili, di polveri sospese e, ,&-a i gas di S02 c di CO, quest'ultimo come spia non tanto delle combustioni incomplete dei focolai domestici e industriali, quanto piuttosto delle combustioni dei motori a scoppio i cui scarichi sono gli unici che vengono eliminati a livello stradale c che, in relazione con il generale sviluppo della motorizzazione, sono in fortissimo aumento in qualunque località. Ora, a me sembra che uno degli elementi più salienti registrati ovunque sia costituito proprio dal reperto molto frequente (il 6o 0 u dei campioni esaminati a Firenze, p. es.) di tassi elavati di CO nell'aria prelevata all'aperto nelle strade cittadine ed anche in locali chiusi a livello stradale. Ciò costituisce motivo di preoccupazione, tanto più che in un numero notevole di casi la concentrazione di CO ha raggiunto e superato l'allarmante tasso di roo p. p.m.; un simile l ivello rappresenta poi quasi la norma nelle gallerie (urbane ed extra- urbane) ad intenso traffico automobi listico.

Che cosa si può fare allora per difendersi da questo crescente pericolo per la nostra salute? Qualunque provvedimento ha un costo, quindi bisogna attentamente valutare in termini economici il rapporto costo- risultati, cioè benefici attenibili nei confronti della salute.


Talora provvedimenti anche severi sono stati sollecitati dall'opinione pubblica per motivi economici o «estetici » piuttosto che per motivi di ordine sanitario, e perciò a volte essi sono stati attuati contro i soli inquinanti c< visibili n , che non sono necessariamente i più pericolosi. Va invece tenuta presente la difesa della salute dell'uomo. Poichè non è possibile gi ungere ad una eliminazione totale delle sorgenti di inquinamento, bisogna procedere per gradi nella maniera seguente: 0 I - .dimostrare con sicurezza che talune sostanze inquinanti possono causare danni diretti o indiretti alla salute; 2 " - stabilire a quale concentrazione di essi nell'aria atmosferka ciò avv1ene; 3• - identificare le fonti di tali inquinanti. Solo a questo punto possono essere presi provvedimenti razionalmente giustificati e con probabilità vantaggiosi nei termini sopra indicati, rispondenti ai requisiti della prevenzione primaria. E' ciò che si è fatto recentemente anche in Italia, con la emanazione della legge 13-7- 1966, n. 615, che, come è noto, prevede una serie di provvedimenti nei confronti delle tre fonti principali di inquinamento atmosferico. 1 " - Inquinamenti industriali. Viene disposta la in stallazione ·d i dispositivi atti a contenere entro i più ristretti limi ti consentiti dal progresso tecnico l'emissione di fumi, di gas, di polveri, e di esalazioni che costituiscono pericoli per la salute o contribuiscono all'inquinamento atmosferico (art. 26). Questa parte della legge non è ancora operante, in quanto fino ad oggi manca il regolamento di esecuzione.

Inquinamenti da impianti di combustione. Vengono .fissate norme relative alle specifiche caratteristiche degli impianti (camera di combustione, camini per il tiraggio e per la ·dispersione); alla conduzione e vigilanza degli impianti, allo scopo di ottenere la migliore -combustione; alla scelta dei combustibili ; tra questi sono specificati come non inquinanti quelli -ch e contengono poche sostanze volatili e poco S: gas, -coke, antracite, gasolio. Kerosene (art. 12). Questa parte della legge è già operante, perchè da tempo è stato emanato il relativo regolamento di eseèuzione. 2" -

3" - In quinamenti da veicoli a motore. E' prescritto che sia limitata nei gas di scarico l'emanazione di prodotti tossici, comunque nocivi o molesti (art. 22). Il regolamento di esecuzione, attualmente all'esame del secondo ramo del parlamento, prevede che a partire dal J 0 ottobre 1971 le auto nuove di fabbrica •non emettano quantità di CO superiori al 4,5% c di idrocarburi superior.i allo 0,15° (1500 p.p.m.); che nelle auto già circolanti sia controllata l'esistenza di idonee condizioni di regolazione della carburazione; che sia eventualmente disposta l'adozione di dispositivi atri a ridurre lo scarico


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dei gas tossici (p. es. dispositivi per l'ossidazione catalitica o per la ventilazione c la postcombustione nel carter). Dispositivi di questo tipo, di costo molto modesto, che hanno una durata di 30-:-50.000 Km, e che consentono una riduzione del 6ooo del CO e dell'Bo% degli idrocarburi incombusti, sono da tempo imposti dalle legislazioni della California (1) e degli Stati Uniti (Clean Air Act, 19(}5; nuove norme 1968 e 1970). Per ridurre la produzione e facilitare la dispersione degli inquinanti emessi dagli autoveicoli è opportuno però ricorrere anche ad altre misure complementari, quali, ad esempio: a) Stabilire zone vietate a1la circolazione nei centri storici o per lo meno snellire e accelerare il traffico con opportuni provvedimenti, tra cui soprattutto l'istituzione di sensi unici di marcia, specialmente nelle strade urbane strette e parallele fra di loro, con la conseguente riduzione di numero e sincronizzazione dei semafori (e dei vigili addetti alla regolazione della circolazione), i quali rappresentano per definizione l'occasione del periodico arresto degli autoveicoli, che è responsabile della massima eliminazione di CO e di altri gas in quanto obbliga a fasi di decelerazione, arresto e accelerazione. Anche una attenta regolamentazione della circolazione dci veicoli di notevole ingombro e di scarsa velocità potrebbe contribuire notevolmente allo snellimento del traffico. E' ovvio che contemporaneamente si dovrebbe adeguatamente provvedere ai passaggi pedonali, da realizzare di regola a livello diverso dal piano stradale. b) Sostituire, dove è possibile, i veicoli a carburante con altri veicoli : da questo punto di vista per esem pio, sembrerebbe assai opportuna la sostituzione dei veicoli pubblici urbani a combustibile liquido (autobus) - responsabili di una quota non indifferente dell'inquinamento atmosferico soprattutto in fase di partenza, allorchè entra in funzione il dispositivo di iniezione supplementare - con altri a trazione elettrica (filobus). c) Ridurre la produzione dei gas di scarico mediante una corretta condotta del veicolo (specie nelle soste e nelle partenze) ed una regolare manutenzione.

d) Faci litare la dispersione dci gas ·di scar,ico prodotti, per esempio prolungando gli scappamenti al di sopra del tetto dei veicoli. In tutte queste direzioni fortunatamente si è cominciato a muoversi anche nel nostro Paese, c gli effetti benefici non potranno tardare.

(1) 1 ella zona di Los Angeles circolano 3·5oo.ooo di autoveicoli, che scaricano nell'atmosfera ogni giorno 12.000 tonneUare di CO e di re~idui incombusti di idrocarburi. 2 . - M.


"" * * A questo punto sembra di dover concludere che un solo livello di inquinamento atmosferico è accettabile: quello che non ha alcun effetto diretto o indiretto sulla salute umana, in pieno accordo col prcambolo deli'OMS: << la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non consiste soltanto in una assenza di malattia o di infermità ». Pervenire al migliore stato di salute deve essere l 'obiettivo di tutti i popoli, e in questo quadro gli sforzi congiunti di tutti i governanti, amministratori e ricercatori devono essere indirizzati anche a mantenere o a ripristinare la purezza d eli'aria. Mi si perdoni, di grazia, la ahimè troppo lunga chiacchierata. Angelo Vcgni, nel 18~ concludeva la sua ricor.d ata lettura con queste parole: <l E' pur forza , adunque, riconoscere che fin qui si amò in Italia il sontuoso, ma non si pensò m ai al necessario! Sarebbe dunque tempo che e governo e municipi ed ogni altra Autorità prendessero a cuore di far cessare uno stato di cose per noi , diciamolo pure, così vergognoso; sarebbe ormai tempo che anche fra noi si intraprendessero forti studi per diffondere largamente i canoni della nuova scienza igienica, perchè le sue utili applicazioni potessero diventare abituali anche in Italia. Dal canto mio, nulla sarà mai omesso per tentare di raggiungere, con la mia debole voce, così nobile intento. Frattanto io mi reputerò ben fortunato, se, con questa nostra lettura avrò potuto trasfondere in voi la convinz,ione profonda: essere ormai indispensabile che anche in Italia si provveda senza più, alla necessità di rendere più pura l'aria che respiriamo ».


OSPEDALE MILITARI: PRL~CIPALE DI ROMA DtrCltore : Col Mcd. Prof. A. C t RK I '~CIONE t CENTRO STUD I E RICERCHE DELLA SA:-JlT,\ MILI TARE ESFRCITO Direttore: M:agg. Gcn. Mcd. Dr. C. MntLLI

I. - SELEZIONE PSICHIATRICA E PROFILASSI CRIMINOLOGICA NELL'AMBITO DELLE FORZE ARMATE II. - IL CONTRIBUTO DELLA PSICOPATOLOGIA GENERALE ALL'IGIENE CRIMINALE IN AMBIENTE MILITARE * t Col. Med. Prof. A. Cirrincione l. d. di psichiatria e di antropologia criminale nell'Università di Roma

PARTI' PRIMA

SELEZ IOr-:E PSICHIATRICA E PROFILASSI CRIMINOLOGICA NELL'AMBITO DELLE FORZE ARMATE

Vorrei augurarmi che le esperienze fornite dalla Criminologia militare possano contribuire a creare, come nel passato, una collaborazione feconda con i cultori dell'Antropologia Criminale di oggi. Ovc si pensi che presso la Scuola di Sanità Militare di Firenze fu tenuto nel lontano 19II il 1" Corso di Antropologia Criminale agli Allievi Ufficiali Medici, c che il Lombroso fece le sue prime osservazioni di Antropologia Criminale negli otto anni durante i quali prestò servizio come Ufficiale Medico, si comprende facilmente i] significato della nostra partecipazione e la gradita considerazione dd Presidente ·della Società InternaZJionale ·d i Diritto penale militare e di diritto di guerra. • Relazione tenuta al Congresso d ella « Société internationale de droit penai militaiu et de droit de la guerre l>, Dublino, maggio 1970. Lavoro pervenuto in Redazione iJ 30 marzo 1971. Questo lavoro che pubblichiamo dopo la morte del Col. Medico Prof. Antonino Cirrincione vucle essere un omaggio alla sua memoria indimenticabile di Ufficiale medico di grande cultura neuro- psichiatrica e di eccelse doti morali e intellettuali.


Partendo dallo scopo fondamentale che per le Forze Armate riveste il problema dell'adattamento del contingente di leva all'attuale ambiente militare, reso sempre più complesso dalla evoluzione delle tecniche e dalla struttura stessa deli'Armata, che richiede una maggiore plastici tà da parte di individui, è evidente che la nostra attenzione debba essere portata su alcuni gruppi sociali, che divengono sempre più numerosi, per l'abnormità del loro comportamento e della loro condotta, e che ineluttabilmente danno luogo ai tipici reati militari. Lo psichiatra militare, chiamato spesso ad operare nell'ambito della selezione del contingente di leva, non ve<lrà che raramente passare sotto la sua osservazione tutti quei soggetti che per i loro precedenti penali potrebbero fornire l'incentivo per la identificazione di quelle personalità psicopatiche non idonee al servizio militare. L'occasione di tali visite nueropsichiatriche potrebbe essere resa obbligatoria, senza che all'individuo (che si sia reso colpevole di un reato nella vita civile) debba essere tolto il diritto oltre che il dovere di adempiere agli obblighi .di leva, ma lasciando all'Autorità sanitaria militare la responsabilità di arruolare individui fisicamente e psichicamente idonei. Mai un criterio di valutazione di « malattia 11 nel concetto di reato ha avuto una sua più valida conferma quanto nell'ambito militare, ove l'orientamento a considerare il reato non solo sotto l'aspetto sociale e morale, ma psichiatrico- forense, può portare perfino ad esprimere un giudizio di idoneità o meno al servizio militare. Le indagini si articolano su tre piani: quello sociologico (che tiene conto dei fattori ambientali nei quali la personalità si è sviluppata), quello psicopatologico c clinico (che inquadra la personalità entro schemi nosologici e quanto meno tipologici) analizzando i rapporti tra personalità, situazione e reato, e sul piano criminologico, che dovrebbe indicare il trattamento penitenziario e studiare i problemi relativi alla prognosi criminale e al reinserimento sociale. Ma fermandoci a considerare un momento quanto s1 realizza già nell'ambito dell'Esercito, viene spontaneo chiedersi se mai nell'ambito civile si verificherà una occasione più favorevole per operare su vasta scala una azione cosi importante di profilassi e prevenzione criminologica della società. Nell'interesse delle varie Nazioni dobbiamo riconoscere un ruolo sociale essenziale alle Forze Armate, che finora non è stato sufficientemente sottolineato: l'Esercito è attualmente la sola istituzione che può imporre ad un individuo adulto un esame psichiatrico. E poichè, almeno nella attuale fase organizzativa sanitaria delle Forze Armate, soltanto lo psichiatra militare, dotato di una ben fondata coscienza metodologica, può assolvere quei compiti impliciti in un servizio crimino-


logico, soltanto lo Stato ha uno strumento permanente di controllo, attraverso l'esame psichiatrico di una intera popolazione maschile. Nessuno dei soggetti che hanno manifestato tendenze delinquenziali dovrebbe sfuggire, raggiunta l'età della leva, a quei controlli psichiatrici che !'_Autorità sanitaria militare può imporre attraverso una adeguata osservaZlonc. Il momento di maturazione di un problema così importante come quello criminologico mi sembra che sia ormai giunto, ed il programma di profilassi potrebbe intanto cominciare col formare un filtro, attraverso una vera e propria leva della criminalità, da inserire nel lavoro dei Centri Regionali di Profilassi criminale che si intendono istituire in Italia. H o detto che il momento è venuto per muoversi in questa direzione, tanto più che l'esame psichiatrico militare in armonia con l'evolversi dei tem pi, ha ormai trovato una nuova dimensione sociologica, che integra quella tradizionale. Si tratta di una integrazione reciproca di punti di vista clinico e sociologico che hanno portato a valorizzare metodi di indagine nuovi che possono rispondere meglio ai criteri di adattamento. In effetti questa o quella condizione patologica porta ad una serie di diagnosi disparate, avendo ciascun individuo una maniera propria di esprimere il proprio disadattamento. Non esistono in definitiva schemi nosografici basati sul solo orientamento clinico e ciò perchè si ha un intercambio permanente tra le prospettive cliniche e quelle sociologichc. Quindi il fenomeno del disadattamento può essere studiato sia nella sua espressione dinamica, come condotta, che nelle sue trame di rapporto tra l'individuo e l'istituzione, cioè n elle dimensioni sociologiche di condotta. In questo senso le prime conclusioni di queste ricerche (già estese nella vicina Nazione francese) sono di particolare interesse nel campo criminologico mi litare. In primo luogo i soggetti disadattati all'ambiente militare differiscono dalla popolazione comune e si avvicinano ai nevropatici ed agli psicopatici; in secondo luogo i soggetti che si adattano male alla istituzione militare sono in definitiva quelli che hanno dato scarsa prova di adattamento alle istituzioni familiari, scolari, professionali, psicosessuali, religiosi e morali. Partendo da questi dati è possibile affinare il procedimento di selezione del contingente di leva, fornendo anche (e questo mi sembra particolarmente importante) « un indice di disponibilità sociale >l . E' evidente che proprio da questa nuova presa di coscienza della dimensione nosologica da parte della psichiatria m ilitare (che si esprime nei termini di socio- psichiatria) si creano delle condizioni di maggiore comprensione dei particolari problemi di criminologia militare.


IL CONTRIBUTO DELLA PSICOPATOLOGIA GENERALE ALL'IGIENE CRIMINALE IN AMBIENTE MILITARE

La presente trattazione affronta il problema dell'igiene criminale da un duplice punto di vista e ;eioè: 1° - come insieme degli atti idonei da esercitarsi al fine di identificare le cause della criminalità; 2° - come insieme dei mezzi opportuni da usarsi al fine di svolgere opera di pretJenzione nei riguardi della criminalità medesima. Atti e mezzi - in quanto ricondotti sotto il comune denominatore dell'ambiente militare - subiscono qui un particolare ordine di condizionamenti. Il primo di questi è rappresentato dalla particolarità dell'oggetto umano cui viene diretta la nostra attenzione; il secondo di essi è la situazione peculiare nella quale questo soggetto viene a trovarsi. Quanto a particolarità dell'oggetto umano va .detto che questa è rappresentata dal fatto che dall'età di 19 anni all'età di 25 anni tutti gli individui di sesso maschile divengono oggetto d'attenzione della Medicina Militare ed ancora va aggiunto che, ·in quell'epoca, l'individuo in questione, seppure ha completato lo stadio evolutivo della sua esistenza, non si è ancora affermato in senso deterministicamente irreversibile. Queste condizioni sono molto importanti perchè - nell'ambito di una prospettiva igienica - consentono di realizzare: 0 I - l'indagine globale su una massa omogenea; 2° - l'azione terapeutica idonea nei casi che, selezionati, necessitano o la correzione delle istanze criminali o la prevenzione delle medesime. Quanto alla situazione pectdiare nella quale l'oggetto d'attenzione viene a trovarsi va detto che essa è importante perchè, se per un verso la medesima introduce il singolo all'esistenza collettiva, per altro verso, lo isola dall'atmosfera protettiva ed a volte oppressivo- repressi va della famiglia inducendolo in una condizione di autenticità e di responsabilità di fronte a se stesso ed alla collettività. Disponendo dunque ,della possibilità di esercitare l'indagine su una massa omogenea, potendo altresì attuarla su tale massa rapportata a condizioni di vita altrettanto omogenee per la totalità dei singoli e potendosi infine far risentire gli effetti dell'i!ldagine in misura identica su tutti gli elementi costituenti la casistica, va qui riconosciuto che l'ambiente militare costituisce al riguardo il miglior terreno sperimentale così come il medesimo appare il più completo banco di prova agli effetti di qualsiasi finalità d'ordine igienico sociale e quindi anche di igiene criminale. Nel titolo abbiamo esplicitamente chiamato igiene il compito identificativo e preventivo della criminalità. Tale termine si addice a stretto rigore


di significato alle due attività che in esse sono state unificate ed alle medesime è rigorosamente pertinente proprio in quanto l'esercizio identificativo e preventivo non ha soltanto riguardo alla selezione degli individui in vista di una sana strutturazione della collettività in armi della Nazione ma proietta i suoi interessi al di là della fase di esperienza militare allorchè il singolo, definitivamente immesso nell'agone della vita, dovrà far leva esclusivamente sulle proprie forze e sui principi di etica personale e di etica sociale che gli hanno approntato l'istruzione e le prime esperienze di integrazione nella collettività.

*** Dovendo vedere i fatti nell'ambito di una prospettiva criminologicamente fondata ci è giocoforza ricorrere ora ad un ordinamento della casistica umana secondo tm sistema classificatorio peculiare, sistema che, se rispetta la metodologia criminologica, ba in essa il solo ufficio di dotare di chiarezza esemplare i fatti che si vogliono portare ad oggetto di conoscenza. Nell'ambito infatti di una prospettiva di giudizio criminologicamente determinata dobbiamo riconoscere che gli clementi umani si tripartiscono nell'ordine seguente: 1° - aliquote per le quali non si richiedono considerazioni di ordine criminologico ma alle quali la criminologia clinica si rivolge come campione di determinazione normativa; 2° - aliquote criminalmente determinate in epoca anteriore all'immi~ sione in ambiente militare c per le quali la considerazione crirninologica deve porsi ad oggetto l 'identificazione e la prevenzione delle istanze criminali; 3° - aliquote suscettibili di incorrere in condotte criminalmente qualificate per le quali la considerazione criminologica deve aver riguardo sia all'identificazione preventiva sia alla correzione in via profilattica di eventuali deviazioni in nuce. Così tripartita la casistica, è opportuno rivolgersi in primo luogo al campione di determinazione normativa. Una descrizione circostanziata del medesimo è qui fondamentalmente superfiua non essendovi particolari aspetti da impostare problematicamcnte ed a cui conferire soluzioni particolari. Per tali motiv·i preferendo esporre subito le conclusioni metodologiche che ci sembrano più opportune agli effetti di una sistemazione scientifica dell'argomento, precisiamo che: 0 I - la determinazione normativa deve essere calcolata di volta in volta per ciascuna aliquota e non deve discendere da una campionatura realizzata una volta tanto c non più rideterminata ; 2 ° - la determinazione normativa deve svolgersi tramite il ricorso all'analisi psicologica secondo i criteri della quantificazione nomotetica correlata dalla maggiore estensione possibile del criterio idiografico;


3" - la determinazione normativa dell'assetto psicologico deve essere contemperata allo studio .del profilo sociologico della casistica con riguardo alle singole situazioni ambientali economiche e di igiene mentale collettiva e personale; 4• - la determinazione normativa deve tener conto della situazione storico- politica e culturale del momento e<l integrare con essa il criterio di orientamento nel giudizio di personalità normali od ab1zormi; 5° - la determinazione normativa non deve limitarsi a circoscrivere un solo campione scegliendo esclusivamente nella aliquota che coincide maggiormente con i presupposti della normalità del momento, ma deve altresì isolare campionature di varianti prossime alla norma dominante onde conferire un ampio grado di libertà al sistema così dedotto ed aver prefissari i limiti di escursione compatibili con la norma medesima; 6" - il grado di libertà da consentirsi aJla determinazione normativa deve essere attuata in rispetto del criterio nomotetico, sulla scor ta del principio idiografico e va contemperato alle singole situazioni socio- ambientali ed economiche .di igiene mentale c di contingenza storica. Al principio della demarcazione orizzontale va poi congiunto il criterio di ordinamento verticale onde disporre di schemi ad effettiva signi.ficazione strutturale. Determinato il campione secondo gli anzidetti criteri è opportuno indicare i presupposti del suo impiego ed a tal fine va sottolineato che la norm alità è un principio ideale della realtà umana e non già un dato quantitativo della sua concretezza esistenziale. Alla norma inerisce infatti la qualità delle strutture umane mentre le sue varianti e con esse i criteri della loro determinazione sono sussumibili in termini quantitativi. Questo è un punto di centrale importanza in ogni determinazione intenzionata in senso psicologico e questo punto va salvaguar.d ato pena la nullificazione della significatività scientifica di ogni ricerca a carico del versante psichico di qualsiasi soggetto umano. Proprio in quanto la norma è qualità ideale dell'essere psichico si comprende come la sua determinazione non possa attuarsi se non attraverso la collezione delle qualità sia che esse discendano dall'endon della costituzione, sia che esse investano esogenicammte il singolo. E' appunto in vista di tali caratteristiche che si è invocata la obbligatoria integrazione ·del carattere e del temperamento con gli elemen ti del complesso circunfondente storicoculturale, socio- economico ed ambientale del soggetto umano essendo impensabile un esserci della persona non solo al di fuori di queste coniugazioni esistenziali ma addirittura non condizionato .dalle medesime. Salvaguardata la qualità .dell'essere così detto normale, presupposta la sua configurazione nell'ambito della realtà ideale, si comprende come ogni sua adeguazione al caso concreto si realizzi i n forza delle determ inazioni quantitative del singolo e ci si convince altresì come sia proprio il quantum


non riducibile a norma l'elemento che progetta e realizza lo statuto teoreretico delle varianti. In forza di ciò non è l'estensione del principio dell'idealità normale al si ngolo quello che realizza il giudizio intorno ad esso quanto l'affiancamento delle caratteristiche del singolo al criterio ideale quello che ne quantifica le varianti. Queste premesse metodologiche della ricognizione psicologica sono i presupposti necessari per realizzare l'identificazione del campo di determinazione propria delle aliquote criminalmente qualificate ed altresì stabiliscono gli ambiti di operatività in funzione diagnostica preventiva degli assetti individuali suscettibili di qualificazione criminale.

•*• Quanto è stato detto sin qui ci porta a trattare circostanziatamente della seconda aliquota nella quale abbiamo distinto gli elementi umani delle collettività mi litari suscettibi li di considerazione criminologica. Rientrano in questa aliquota soggetti che, anteriormente alla immissione in ambiente militare hanno tenuto condotta criminale c ne hanno subito le sanzioni afflittive previste dalla legge. Poichè il problema che essi suscitano è quello della ammissibilità alla collettività militare dobbiamo subito dire che per lo studio di costoro è indispensabile quanto segue: 1° - il possesso di preventive informazioni intorno al titolo del reato compiuto, intorno alle circostanze dentro le quali è maturato l'illecito cd intorno alle caratteristiclu di re'alizzazione del medesimo. Tali informazioni però non debbono essere derivate dai dispositivi delle sentenze in quanto queste hanno ,dj mira la criminogenesi e la crirninodinamica dell'evento in vista esclusiva della motivazione della sanzione afflittiva così come ogni sentenza esprime i passi atti a chiarire i valori del diritto sostenuti e protetti dal giudice nella loro contemperazione alla realtà ideologica prevalente nel momento in cui ha luogo la formulazione del giudizio. Sotto tali profili il titolo dell'illecito penalmente perseguibile deve essere quello che ha inviato il soggetto all'attenzione della Corte giudicante una volta che il Magistrato Istruttore ha concluso la sua ricognizione, così come circostanze del reato e caratteri'Stiche del m edes1mo si debbono intendere come quelle e ~ol o quelle poste in luce dalle indagini dell 'ufficio istruttorio; 2° - il possesso <ii cognizioni intorno alla condotta ed al contegno predelittuoso del soggetto con riguardo a tutte quelle attività che, pur non essendo seguite dall'intervento de jure dell'attività giuridica, esprimono abbastanza chiaramente il profilo sociopsicologico differenziale del giovane oggetto d'indagine; 3° - il possesso di inform azioni estremamente documentate sulla situazione della famiglia, sull'assetto socio- economico di questa, sulla confi-


gurazione culturale e di lavoro dell'ambiente dentro al quale l'esaminando ha trascorso la sua precedente esistenza; 4" - il possesso di un completo studio di psicologia clinica del caso effettuato in adeguato ambiente militare al di fuori, per questa prima fase, da qualsiasi vincolo restrittivo di un ambiente medico. Lo studio di psicologia clinica naturalmente va demandato a personale sanitario e qualsiasi osservazione comportamentale deve essere effettuata da tecnici specificamente qualificati al riguardo.

La somma di questi dati deve essere presentata al criminologo il quale deve possedere qualifiche mediche ed in tale scienza deve altresì disporre della specializzazione in neuropsichiatria. Compito dello psichiatra criminologo è di decidere sui seguenti passi: I se concludere esclusivamente sugli atti lo studio del caso; 0

-

se avocare a sè il caso sottoponendolo a ricognizione specialistica i n ambiente medico. 2° -

Il primo passo può prestarsi a contestazione implicando decisioni su una persona realizzate al di fuori di una diretta osservazione della stessa, ma, per quanto si possa giudicare deprecabile una tale condotta, essa non appare arbitraria sopratuno quando la medesima derivi i suoi criteri di giudizio dalla natura di taluni reati (quali gli atti di libidine e gli atti osceni) per i quali il titolo stesso del l'illecito è q uahficativo della personalità dell'autore. Il secondo passo è quello metodologicamente più corretto fondandosi la decisione non soltanto sull'identificazione del cosidetto criminale ma altresì implican·dosi nella considerazione di questi anche un giudizio di terapia e di ricducazione. Questo giudizio deve comunque darsi al termine della ricognizione specialistica e, se esso può essere alquanto gravoso nei casi di resistenza ed oltraggio a pubblico ufficiale (art. 337 e 341 C.P.), nei casi di i1lgiuria (art. 594 C.P.), <li minaccia (art. 612 C.P.), di esercizio arbitrario delle proprie ragioni cotz violenza alle persone (art. 393 C.P.), di lesioni personali colpose (art. 590 C.P.), è poi essenziale soprattutto laddove v'è stata simulazione di reato (art. 367 C.P.), furto (art. 624 C.P.), tentata estorsione (art. 629 C.P.), appropriazione i11debita (art. 646 C.P.), partecipazione a giochi d'azzardo (art. 720 C.P.). Abbiamo riferito diversi titoli di reato i quali configurano indoli particolari nei loro autori, indoli che possono essere pregiudizievoli laddove il singolo sia immesso in una vita collettivamente condizionata. In effetti ogni ·determinazione collettiva di una esistenza elimina molteplici barriere d'ordine - se non naturale - almeno convenzionale, ma se tale eliminazione può avere valore psicoprofilattico ed cmendativo per un soggetto immesso a vivere in tali gruppi, addirittura può essere per taluno di essi suscitativa di ulteriori sollecitazioni criminali.


Vogliamo prendere qut tn considerazione più particolarmente questi aspetti riferendoci dapprima al furto, all'appropria:àone indebita cd alla tentata estorsione, titoli di crimini che vengono per così dire sollecitati dalla vita collettiva sopratutto quando l'agente abbia dietro di sè pregressi itinerari difficili di esistenza sia d'ordine sociale che economico, culturale, familiare ed ambientale. La decisione al riguardo è allora di esclusiva competenza della considerazione psicopatologica alla quale compete l'ufficio di individuare le dissonanze e le incongruenze della personalità di base le quali - come è noto - in associazione alle risultanze intrinseche dell'ambiente originario oggettivano il criminale. Desumendo la nostra opinione in proposito dalla casistica che abbiamo direttamente osservata in quest'ultimo decennio, possiamo asserire che: r" - L'esistenza nella collettività militare per soggetti che hanno anteriormente commesso reati di frerto, appropriazio11e indebita o tentata estorsione è da proscriversi quando: a) gli habitat socio- economico, culturale e familiare siano gravemente tarati e la personalità di base del soggetto sia da ascriversi ad una variante abnorme dell'essere psichico d'ordine congenito; b) gli habitat socio- economico, culturale o familiare siano modestamente inquinati ma sussista una grave abnomità della personalità (psicopatici stabili cd inemendabili); c) gli habitat socio- economico, culturale e familiare abbiano configurazione nevrotica (situazioni nevrotiche delle famiglie del ceto medio) e la personalità di base del soggetto abbia subito tale determinazione psicopaticinandola nel senso dell'istrionismo, della volubilità o della instabilità. Le condizioni negative che abbiamo testè indicato portano tutte in discussione la struttura psicopatica della personalità, vale a dire contengono gli elementi di dissociazione della naturale integrazione sociale e comportano che prima o poi si abbia pregiudizievole conflitto fra l'ambiente e le anzidette personalità. Qui non ha senso determinante la considerazione del reato secondo che esso sia stato realizzato, oppure soltanto tentato perchè la condizione comunque aggravante è pur sempre rappresentata dalla struttura della personalità, c questa, attesi i suoi caratteri di stabilità, permanenza ed inemendabilità, non può portare <:he a giudizi prognostici negativi. Induce altresì a tal genere di prognosi anche la configurazione della famiglia soprattutto quando la medesima ha assetto nevrotico. In tali contingenze il soggetto è un essere privato, sin dall'inizio, della sua esistenza, del modello sociale primario, e per quanto possa non essere stato inquinato nevroticamente l'instabilità e la volubilità di cui dà prova conferiscono un alto grado di libertà alla ripetizione di condotta delittuosa.


2° - L'esistenza nella collettività m ilitare di soggetti che hanno anteriormente commesso reati di furto, appropriazion~ ind~bita o tentata estorsio11e, può invece accettarsi quando : a) gli habitat socio- economico, culturale c familiare non siano tarati e la personalità di base del soggetto non sia da riferirsi ad alcuna delle varianti abnormi del carattere; b) fermo il titolo del reato questo sia stato soltanto tentato con pieno ravve·dimento del protagonista; c) la dinamica dell'azione delittuosa discenda da una coordinazione dei fatti di tipo associativo, associazione nella quale però il soggetto non è stato un leader ma un collaboratore di importanza secondaria. In tali condizioru è agevole un giudizio positivo così come è possibile una prognosi favorevole quanto a reiterazione della condotta criminosa perchè qui è tutto il circumfondente ambientale che presta la sua opera di agevolazione all'integrazione sociale, perchè ancora difettano strutture caratteriali che creino contrasto con l'immi ssione nella vita collettiva e perchè infine, di fronte al ravvedimento, l'esperienza d'esistenza collettivamente condizionata - protratta sia pure per breve tem po - equivale ad un esercizio d'autodisciplina utile alla affcrmaz~one della personalità. Già all'inizio avevamo avvertito com e la principale caratteristica del giovane in età m ilitare sia quella d'aversi completato il suo sviluppo psicofìsico ma di non avere ancora determinato rigidamente ed irrevocabilmente la propria affermazione di sè. Questa mobilità d'essere nell'esistenza concreta, questa possibilità di scegliere una o più d 'una delle direttrici esistenziali è è sempre suscettibile di favorevole influenzamento c lo è anche quando vi sia stata una precedente condotta criminalmente condizionata. Lo è certamente quando l'atto di ravvedimento ha comportato ·di per sè una chiarificazione essenziale dentro la scelta fatta in precedenza e quando ha oggettivato criticamente l'ambito dei criceri che banno portato a quella data scelta. In tali condizioni quell'aggravante dell'associazione a delinquere. che ha pur sempre tanto peso riguardo alla determinazione della sanzione afflittiva, non deve essere giudicato alla stregua di un carattere preclusivo alla immissione in ambiente militare, sibbene come espressione di una !abilità di strutturazione della personalità, )abilità che appunto l'esperienza di vita collettiva in un ambiente che, come quello militare, è limpido per ·d iritti e doveri , è ben suscettibile di pervenire ad intelligente maturità.

*** Dobbiamo ora trattare di un secondo raggruppamento di reati che si configura nei titoli di r~sistenza ed oltraggio a pubblico ufficiale, ingiuri~, minaccia, esercizio arbitrario delle proprie ragioni con viole11Za alle persone, lesioni personali colpose.


Si tratta di crurum piuttosto particolari nella loro configurazione in quanto, come ben lo mostra il loro titolo, discendono dal confronto aggressivo della personalità del protagonista con la personalità del soggetto che ne esce leso. Anche qui si rendono necessarie decisioni sull'opportunità o meno di immettere il protagonista in tali atti antigiuridici in ambiente militare. E' dunque necessaria la circostanziata disponibilità di elementi identificativi intorno al titolo, alle circostanze ed alle caratteristiche del reato così come si esige l'estensione delle identiche metodologie di conoscenza dell'uomo e del suo ambiente sociale, familiare, economico, storico e culturale. In questi casi però, per quanto preciseremo meglio in seguito, si rende subito indispensabile il controllo della condotta del soggetto in ambiente specialistico neuropsichiatrico, in quanto proprio la natura dei reati porta in primo piano la personalità ed esige che le caratteristiche della stessa siano indagate poli,dimensionalmente. Ri assumendo al riguardo il complesso dei dati emersi nello studio decennale che abbiamo dedicato a questi casi, possiamo asserire che: 1° - i protagonisti dei reati diretti contro la persona ed il suo prestigio, non costituiscono mai espressione di una personalità che si possa considerare aderente al criterio ideale di normalità m edia; 2° - i protagonisti .di reati <:ontro la persona dal punto di vista psicopatologico sono personalità abnormi la cui abnormità si circoscrive però in pochi tratti psicopatologici prevalenti; 3o - nel novero di protagonisti di reati contro la persona si rinvengono soggetti affetti da stati psicotici a diverso livello di evoluzione o di esiti. E' proprio questa circostanza che im pone di recedere sin dall'inizio da investigazioni circoscrivibili alla sola ·dimensione psicologica per investirsi della responsabilità immediata ·del l'indagine di psicopatologia dinica condotta con estremo rigore metodico. Desumendo le tipologie abnormi esclusivamente dalla nostra casistica abbiamo: 1 ° - personalità psicopatiche di tipo ipertìmico, siano ipertìmici eccitati che t·pertimici litigiosi; 2° - personalità psicopatiche di tipo impulsivo disforico; 3o - personalità psicopatiche di tipo esplosit'o; 4o - personalità psicopatiche di tipo iustabile potenziate o scatenate nelle loro condotte antigiuridiche da abusi etilici o tossicoma11igeui occasionali. Appare superfluo sottolineare ulteriormente le caratteristiche cliniche e criminologiche di queste casistiche le cui rilevanze divengono immediatamente evidenti non appena si disponga del criterio nosologico del loro ordinamento. Il nesso fra evento antigiuridico e sue determinanti è qui insito


nelle personalità stesse ed è così marcato da non richiedere ulteriori approfondimenti. Più importante dal punto di vista clinico appare però l'aliquota di psicotici a diverso livello di evoluzioni ed esiti. Derivando le risultanze dalle osservazioni personali dobbiamo dire che in quest'ultimo decennio abbiamo osservato: 1 ° - soggetti che già in età evolutiva avevano presentato tipici episodi sia di tipo depressit•o che di tipo eccitatit·o della psicosi maniaco- depressiva; 2° - soggetti che ancora in età pubere erano andati incontro a manifestazioni psicopatologiche non megl io qualificabili, che alla stregua di sitJdro-

mi dissociative p1·imarie; 3o - soggetti che anteriorm ente alla attività delittuosa avevano presentato manifestazioni acute di alterazione dello stato di coscienza variamente connesse ad abusi etilici di tipo pseudodipsomaniaco (individui provenienti dalle arce rurali) ovvero dipendenti da esperienze tossicomanigene (individui rientrati dall'estero o appartenenti alle grandi arce cittadine della Nazione); 4o - soggetti con una abnorme disposizione - in senso deficitario dei poteri intellettuali la cui precedente esistenza era stata condizionata da questo più basso livello congenito dell'intelligenza. Mentre la problematica suscitata dalle personalità psicopatiche, anche se piuttosto complessa, è pur sempre lineare, j casi clinici relativi ai due ultimi gruppi suscitano controversi problemi diagnostiçi, tali da dover essere demandati ai reparti ·d'osservazione degli Ospedali Psichiatrici o delle Cliniche Universitarie per le malattie nervose e mentali. Tali provvedimenti si rendono necessari non tanto al fine di una semplice ricognizione in funzione nosografica della casistica quanto perchè nei riguardi di tali soggetti debbono essere emessi motivati provvedimenti di riforma ineccepibili a tutti gli effetti. I criteri che debbono operare ai fini della discriminazione clinica della casistica sono per noi i seguenti : 0 I - provvedimento motivato di riforma per la totalità ·degli psicorici c dei soggetti con abnorme <lisponibilità del patrimonio intellettuale; 2° - provvedimento motivato di riforma per la quasi totalità degli psicopatici con eccezione a seguito di speciali indagini c dell'ottenimento di risultati positivi delle medesime, per gli psicopatici instabili; 3° - studi specifici sulle personalità instabili con successivo acclaramento delle loro possibilità di sopportare l'ambiente militare. Questa eccezione relativa alla personalità psicopo.tica di tipo instabile ha ragione d'essere in forza delle seguenti condizioni .di fatto e cioè che: 0 I - l'instabile, soprattutto quando è ancora giovane, è suscettibile dj trarre armonizzazione dall'ambiente trasfcrendolo allà propria esistenza, e qui l'esperienza militare è a tale titolo estramementc proficua; 2° - la maggior parte dei cosiddetti instabili, diagnosticati tali alla conclusione della fase evolutiva .della loro esistenza, sono di massima, psicopatici di situazioue per i quali l'uscita dalla famiglia ed tm ambiente edificato sul-


l'ordine e sulla disciplina agiscono utilmente nella ristrutturazione della personalità.

*** Volendo porre ora in chiara evidenza i dati di fatto criminologicamente determinanti che sono emersi dallo studio della casistica testè esaminata dobbiamo richiamare l'attenzione su una serie di caratteristiche il cui significato, oltre a essere l'elemento definitorio del gruppo, è nel contempo il sistema dei presupposti dai quali debbono derivare i criteri di prevenzione della criminal ità. Queste caratteristiche, secondo un puro ordine espositivo della materia, risultano le seguenti: Gli stadi finali dell'età evolutiva così come le fasi iniziali .dell'età adulta possono essere criminalmente inquinatli. da occasioni delittuose di varia natura e di diversa entità, occasioni che si sono realizzate in ragione di particolari circostanze e secondo peculiari caratteristiche di attuazione. Titolo del reato, circostanze e caratteristiche del medesimo condizionano e determinano - come sempre - ]':interesse criminologico, interesse che dallo studio dei fatti e delle persone estrae gli elementi per la sòentifizzazione del fenomeno. I

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Ricondotti nell'ambito di una determinazione scientifica, i fatti criminologicamente rilevanti mostrano che: 2" -

a) la multiforme varietà dei crimini investe la quasi totalità dei titoli di costituzione del codice; b) li impegna secondo la totalità delle circostanze possibili di attuazione ·degli illeciti; c) li evoca secondo la più completa configurazione del le caratteristiche di realizzazione dell'an ti giuridicità stessa. Non vi è dunque, crinùnologicamente parlando, una realtà di fatto che si ponga in senso autonomo rispetto al sistema ·della criminologia generale o che evochi ed imponga - sotto il profilo dell'indagine crimìnologica - la applicazione di criteri particolari ai fini del principio di comprensibilità. 3° - Riconducen,do nell'ambito ,dj una determinazione scientifica le persone protagoniste di illecìti penalmente perseguìbili si osserva che : a) la pèrsonalità dell'attore viene variamente ad includersi nello spazio proprio delle varianti abnormi dell'essere psichico individuale e vi si include o al titolo di personalid psicopatica fra12ca o al titolo di situazione psicopatica transitoria o al titolo di soggetto psicopaticizzato dal concorso anormalizzante & situazioni esogene significative;


b) mentre per talune delle anzidette fisionomie psicopatologiche il nesso fra personalità e reato può essere ricostruito evocando particolari situazioni socio- ambientali, economiche e ctùturali, condizioni queste che pongono in secondo piano il ruolo della personalità nell'evento, in altri - e non pochi- casi questo nesso è irricostruibile così come ancora questo medesimo nesso è immediatamente determìnato ed anz,i •imposto dalle caratteristiche di peculiare abnormità della personal·ità, sia questa del tipo psicopatico franco, sia ancora la medesima del tipo psicopatico di situazione o sia infine del tipo di psicopaticizzazione successiva; c) riguardando dunque il rapporto fra personalità ed illecito e progettando in tale ambito un ordinamento .dei .fatti che procede dalla person~lit~ è giocoforza accettare la seguente sistemazione della realtà criminologLCa m: a - crimini .da situazione; ~ - crimini di personalità; y - crimini personalisticamente indiscernibili.

4o - Riconducendo i dati emersi sotto il criterio della metodologia operativa dell'igiene criminale in ambiente militare si determina immediatamente il triplice ordine di investigazioni che a tal fine si rende necessario e che può essere così riassunto: a) valutazione della personalità e dell'ambiente con rilevanza del significato dell'ambiente nei crimini da situazione; b) valutazione della personalità nei crimini cosiddetti ·di personalità; c) valutazione psicopatologica specifica nei .determinismi criminali personalisticamente indiscernibili. Dall'applicazione di tali criteri o dal significato delle loro risultanze emergono i provvedimenti che rendono operativa l'igiene criminale nei riguardi di soggetti protagonisti di reato in ·epoca anteriore al servizio di leva e che attuano l'ammissione in ambiente militare ·di tali casistiche alla condizione che .detto ambiente sia di giovamento ad una proficua strutturazione finale della personalità. 11 criterio del proficuo alla personalità è dunque il presupposto che deve dominare l'ammissione in ambiente militare di soggetti che anteriormente all'età di chiamata al servizio di leva sono incorsi in illeciti penalmente perseguiti. Dobbiamo qui riconoscere che siffatto criterio non è mai stato contraddetto e non lo è stato quando la decisione della sua applicazione è discesa dalla rigorosa quanto esclusiva consi·derazione clinica dei fatti. E' stato per contro nullificato quando in luogo di .decisioni .dedotte dalla clinica ci si è richiamati a considerazioni d'ordine sociologico, psicologico attitudinale ovvero a criteri personalistici di comodo contingente; secondo taJj determinazioni si sono avute realtà di fatto che, a scadenza più o meno Junga, sono riesitate in condotte criminalmente pregiudizievoli


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Questi aspetti della situazione ci conducono a trattare della terza aliquota di distinzione del materiale oggetto di igiene criminale militare; ci riferiamo qui a quella che abbiamo chiamata aliquota dell'ambiente militare su~ettibile di incorrere in condotte crimin almente qualificate.

Le aliquote delle collettività militari suscettibili di incorrere in condotte criminalmente qualificate di massima sono piuttosto ridotte ma, ancorchè limitate nel loro numero, pongono pur sempre problemi acuti sia riguardo all'ambiente militare stesso, sia nei con&onti della validità di quella selezione iniziale che è premessa necessaria per accedere alla collettività militare medesima. .Adottando l'identico criterio d'impostazione della materia che è stato seguito in precedenza, appare subito opportuno ordinare il materiale casistica secondo il titolo, le circostanze c le caratteristiche dd reato, secondo i criteri di informazione applicati e secondo le risultanze degli accertamenti psicologici o psicopatologici cui sono stati assoggettati i protagonisti di illeciti penalmente perseguibili. Operando sulla scorta di tali criteri, vediamo che t'ordinamento della casistica in relazione a1 reato distingue un primo gruppo di soggetti incorsi in illeciti cotJtro le persone e l'autorità ed un secondo gruppo di soggetti che hanno commesso reati contro la proprietà. Prendendo subito in esame questa seconda aliquota della casistica osserviamo quanto segue: 1" - si tratta di reati nei quali la motivazione, di massima, è data dalla appetizione ad un modesto miglioramento dello stato economico attuale, miglioramento che viene sollecitato o per sopperire ad un ruolo presentatosi casualmente al protagonista, ovvero per assolvere ad un cosiddetto debito di gioco, oppure - infine e limitatamente ad un numero molto circoscritto di casi - per venire incontro ad esigenze tfamiliari; 2° - gli h abitat socio- econ omici e culturali nei quali hanno gravitato i protagonisti anteriormente alla loro ammissione al servizio militare sono di tipo per lo più semiqualificato, anche se non mancano casi provenienti da ambienti socio- economici c cui turah ben qualificati; 3" - qualunque siano le motivazioni degli illeòti e le strutture socioambientali di derivazione della casistica, negli antecedenti <lei soggetti si rinvengono analoghe soluzioni di problemi economici personali o di difficoltà contingenti che hanno avuto l'ambito familiare quale palestra della propria attività ed ivi hanno ovviamente dato luogo a situazioni di crisi affettive; 4o - dal punto di vista di una configurazione caratterologica la casistica riunisce prevalentemente:


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a) soggetti a debolezza intellettuale relativa; b) personalità psicopatiche bisognose di valore; c) psicopatici instabili con facilità all'acting out. Come è agevole constatare vi sono nelle biografie personali le più ampie premesse anticipatrici delle future condotte delittuose ma tali premesse o perchè in origine non sono state valorizzate adeguatamente o perchè in sede di ricognizione della storia del soggetto non sono state ricercate intenzionalmente, non hanno mai consentito l'esercizio di una efficace azione di psicoprofilassi e l'epilogo non voluto è stato in ogni caso lo scivolamento nell'attività delittuosa. Parliamo ·di scivolamento perchè date le strutture di base delle personalità in questione il passaggio al fatto avviene automatie<tmente sorretto se non addirittura agevolato da una considerazione in certa qual guisa piuttosto acritica della realtà. E' questa in effetti la dimensione che definisce più nudearmente la casistica in esame ed è nel contempo la circostanza che rende piuttosto scarsamente influenzabili questi soggetti ad un trattamento ·rieducativo efficace. Ogni azione al riguardo, infatti, investe esclusivamente la loro superficie e si arresta alla medesima esercitando effetti relativi solo per la durata del trattamento e rimanendo per il prosieguo esperienza inattuale. Proprio in relazione a questa dimensione ipocritica di strutturazione della personalità è impossibile per questi soggetti rendersi validamente consapevoli della instabilità e precarietà delle condizioni sulle quali odiiìcano i progetti della loro esistenza e l'inconsistenza di fondo, la fatuità e la superficialità ·delle loro azioni li determina altresì nelle argomentazioni dei propri ravvodimenti che in definitiva appaiono un'ulteriore menzogna sul sistema di falsi dentro i quali i medesimi hanno racchiuso la discernibilità della realtà quotidiana. A nostro giudizio anche se talvolta gli illeoiti da essi compiuti non comportano un deferimento al Tribunale si dovrebbe pur sempre definirli in sede di determinazione clinica sottraendoli in ordine di tempo ad un ambiente che non può esercitare nei loro confronti alcun utile ufficio ma che da tali soggetti viene ad essere gravemente inquinato. Prendendo in esame la restante aliquota della casistica troviamo in essa ordini di attività delittuose che - così come è stato di già osservato in precedenza - operano a livello di una insufficienza di rapporto interpersonale e che come tali impegnano direttamente le personalità dei loro protagonisti. Nell'ambito di una identificazione psicopatologica accanto ad ipcrtimici litigiosi, troviamo personalità psicopatiche di tipo impulsivo disforiche, personalità esplosive, instabili occasionalmente potenziate dall'alcool. Scorgiamo agevolmente che mancano in definitiva caratteristiche diverse da quelle individuate a carico del gruppo omologo della seconda aliquota della classificazione criminologica generale.


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Volendo approfond:re il rapporto identificativo riconosciamo che i loro precedenti storici sono ampiamente gravati da manifestazioni impulsive e da reazioni esplosive e da atti di corto circuito sì che una precedente conoscenza delle loro storie avrebbe imposto provvedimenti di esonero da una attività militare che - date le strutture delle loro personalità - si conclude in attività antigiuridiche. Al riguardo riteniamo di poter ·dire che qui l'unica profilas si utile è la esclusione di tali soggetti dall'ambiente militare.

Quanto è stato esposto sin qui mostra l'importanza di una attenzione criminologica - identificativa e preventiva - nell'ambiente militare. La criminologia militare non appare una sezione della materia criminologica per la quale si possa propugnare una differenziazione rispetto a quest'ultima. In ambito definitorio si deve ammettere che la prima conclude la seconda e viceversa. Tuttavia, la criminologia militare si presenta come il terreno sul quale è più possibile l'operatività e dove è .più agevole il conseguimento di risultati positivamente apprezzabili. Lo è per le caratteristiche d'età e di omogeneità delle sue casistiche e ancora lo è perchè la condizione base d'esistenza offre aspetti d'identicità per tutti. I problemi fondamentali rimangono comunque quelli che sono alla base di ogni scienza medica e che sono l'identificazione, la profilassi, la prevenzione. Nelle pagine precedenti abbiamo esposto quali sono le premesse necessarie all'assolvimento di tali compiti. Abbiamo ·detto quale valore abbia una condotta penalmente perseguita in epoca anteriore alla chiamata alle armi, e che cosa la medesima significhi quanto ad opportunità di ammissione in ambiente militare. Abbiamo ancora precisato quali siano le morfologie della criminalità in ambiente militare e come le sue vestigia primarie debbano essere rintracciate in epoca anteriore alla chiamata alle armi. Tutto ciò è apparso sufficientemente significativo e tale da determinare una serie di misure che responsabilmente affrontino la contingenza. Secondo le risultanze emerse dalla nostra ricognizione è ·d'obbligo che identificazione e prevenzione della criminalità vengano esercitate all'atto della chiamata alle armi con modalità dinicamente ineccepibili, quelle modalità di cui abbiamo esposto la necessità e l'utilità nelle pagine precedenti c che comunque debbono avere ad unico comune denominatore la conoscenza psicologico- clinica e psicopatologica per realizzare la conoscenza dei soggetti che sono materia del loro interesse.


OIREZIO'\E DI SAN ITÀ DELLA REGIOXE MILI TA RE MERIDIOK\ l.E

Direuore: Gen. Med. Dou . U. P\RO-"TI

NUOVO METODO DI RILEVAMENTO RADIOLOGICO E PROTEZIONE DEL PERSONALE ADDETTO AI RILIEVI RADIOMETRICI IN ZONE CONTAMINATE Col. Med. t.SG Prof. Mario Orsini

PREMESSA

La regolamentazione in vigore stabilisce che, a seguito di esplosioni nucleari contaminanti, vengano eseguiti rilevamenti radiologici terrestri ed aerei. Il rilevamento radiologico ten·estre viene eseguito da squadre di rilevamento radiologico che operano direttamente sul terreno contaminato, impiegando per gli spostamenti propri mezzi di trasporto. I valori della radioattività vengono letti ad una altezza standard di r metro dal suolo. Il rilevamento radiologico aereo può essere eseguito con l'impiego di ~erei leggeri o di elicotteri ed i valori della r adioattività vengono letti in quo-

ta. T ali dati vanno successivamente trasformati, con ]'.impiego ·di un « fattore di correlazione aria- terra l> (AGCF), in quelli corrispondenti a!l 'altezza di I metro dal suolo (I). Il fattore di correlazione può essere calcolato con due sistemi : 1° sistema: mediante passaggi in quota su tre o quattro punti opportunamente scelti, su ognuno dei quali il velivolo effettua almeno tre succe~ sivi passaggi a quote di verse, già prestabilire. I valori delle relative letture vengono riportati su carta semilogaritmica, in modo da ricavare per estrapolazione, l'intensità di dose radiologica ad 1 metro dal suolo. Anzitutto si esegue il rapporto tra i valori ricavati ad I metro dal suolo e quelli rilevati alla quota prestabilita e poi viene calcolata la media aritmetica tra i detti rapporti : tale modi a rappresenta il fattore d i correlazione.

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Le altre letture, eseguite in quota sugli altri punti della rotta, vengono

poi moltiplicate per il fattore di -correlazione; si riportano cosl tutti i valori ad I metro da terra. 2 ° sistema: mediante atterraggi. Si applica allorchè le caratteristiche del velivolo e la natura del suolo lo consentano. Anche in questo caso le letture vanno eseguite su tre o quattro punti, opportunamente scelti per l'atterraggio. L'operatore si porta fuori ·dall'aereo ed esegue la lettura a circa 40 metri da esso. Sulle verticali dei suddetti punti vengono eseguite le letture alla quota prestabilita di rilevamento, in modo da ricavare un rapporto tra la lettura eseguita a terra e quella in quota. La media aritmetica fra tal·i rapporti fornisce il fattore di correlazione, Fer 11 quale si moltiplicano tutti gli altri valori determinati in quota sugli altri punti della rotta.

Il primo sistema è molto approssimativo e richiede un'elaborazione anche granca dei dati rilevati. secondo, quando l'atterraggio è possibile, è più attendibile, ed il mezzo aereo più idoneo per tale sistema è l'elicottero, essendo l'aereo leggero vincolato ad almeno tre strisce di atterraggio disposte nella zona. Tuttavia l'impiego dell'elicottero presenta l'inconveniente della contaminazione ·del personale e dei mezzi. Infatti il turbinio generato dal rotore determina accumuli di materiale radioattivo con distribuzione diversa da quella realmente esistente sul posto e che investe anche la stessa cabina. Pertanto si creano delle condizioni che facilitano errori ·di riJevamento, resi più grossolani da eventuali depositi di polvere radioattiva sugli strumenti di misura, che inficiano le successive determinazioni. Le suddette condizioni portano ad un rischio radiologico elevato per a personale di bordo non protetto da maschera (contaminazione interna), e soprattutto per l'operatore che deve portarsi fuori dal mezzo aereo ed eseguire la lettura in piena zona conta_minata. Per ovviare agli inconvenienti prospettati e conferire maggiore semplicità, rapidità e precisione al rilevamento radiologico aereo, con personale operante in condizioni di sicurezza, è stato progettato e costruito (2) un nuovo apparecchio automatico con il quale si possono eseguire .dall'elicottero in hovering, misurazioni ·dirette dell'intensità di ·dose radiologica esistente alla altezza di I metro .dal suolo (figura 1). Il dispositivo trova anche altri campi di applicazione come appresso indicato.

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SUOLO

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SUOLO

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2 59

APPARECCHIO PER IL RILEVAMENTO AEREO AUTOMATICO DELLA RADIOATTIVITA' a. STRuTTURA.

L'apparecchio, di cui è stato sperimentato con successo un prototipo, viene montato su elicottero AB 47 J al momento dell'uso, in circa 15 minuti; è indipendente dagli impianti del velivolo, essendo alimentato da una propria batteria di 12 V e 44 Ah, consta di un dispositivo automatico collegato con un trasduttore di impulsi, e comprende le seguenti parti (figura 2): I

0 -

rivelatore contatto suolo con quadro di comando e sensorc con-

tatto suolo (foto 1); 2° -

verricello, con motore e riduttore (foto 1);

'-'

.....

'

t

(

'. •

b

Foto t. - Verricdlo con ca vetto e sensore contatto suolo.

a) Complesso verricello, motore, ridunore. b) Rivelatore contatto suolo con quadro di comando. c) Sensore contatto suolo. d) Sensore di onde dettromagnetiche.

...

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OUAORO 01 COMANO O

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STOP STARTER SPIA RITORNO STARTER

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VERRICELLO MOTORE RIOU TTORE

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RIVELATORE CONTATTO SUOLO

APPARECCHIO

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(A BOROO DELL' ELICOTTERO)

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( AO UN STINA

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SUOLO )

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SUOLO

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ESISTENTI.

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APPAAECCHIATURE REALIZZATE.

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RILEVAMENTO AUTOMATICO.

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ESCLUSIONE INTERRUTTORE FINE CORSA PER AVVIAMEN TO,

Figur:1 2. • <;eh ma a bi<Arhi Jc:ll'appan.:cduo per il nkvamcnto aereo automatico <Iella radioattività.

...

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3o - registratore dati (foto 2); 4° - misuratore di radioattività; 5° - senso re di radioattività; 6° - telecomando (loto 3); 7" - carrucole con interruttore di fine corsa (foto 4).

Foto 2. - Registratore dati.

a) Apparecchio registratore con proienori e scatto automatico sincronizzato con il ~ensore contatto suolo. b) Ricevitore per la misura della radioattività simulata in Rf h.

Ai fini addestrativi, è stata realizzata una vers10nc sperimentale con le segue n ti sostituzioni : - invece dell'intensimctro, un ricevitore per la m1sura della radioattività simulata in Rf h (foto 2); - invece del scnsore di radioattività, un sensore di onde elettromagnetiche generate da un apparato simulatore di radioattività (foto 1).


Foto 3· - Telecomando.

Foto 4· - Carrucole con interruttore di fine corsa.

a) Sistema di carrucole per il passaggio del cavetto dall'interno della carlinga all'esterno. h) Dispositivo per interruz-ione del circuito di alimcnLaz ione a fine corsa.


b. IMPI EGO. Le letture vanno eseguite (figura r) ad una quota di circa 20 metri (dai 15 ai 25), ossia al di sopra della zona di turbinio suscitata dal rotore del! 'eli-

t

cottero. Da tale quota, mediante il verricello, viene ahbassato un cavetto che porta all'estremo inferiore il sensore. Questo, al contatto con il suolo, chiude un circuito elettrico provocando l'eccitazione di determinati relais con conseguente registrazione fotografica dci dati rilevati e risalita automatica del sensore stesso. La registrazione dei dati segnalati dall'elemento radiosensibile posto lungo il cavo ad 1 metro di distanza dal trasduttore è sincronizzata con lo stesso ed avviene al momento dell'impatto. Oltre che nei rilevamenti radiologici a seguito di esplosioni nucleari contaminanti, il dispositivo trova impiego in caso di incidenti a reattori nucleari con rilascio di isotopi radioattivi e conseguente contaminazione di aree più o m eno vaste. Un altro campo di applicazione industriale e di più vasto raggio può essere rappresentato ·dall'impiego del dispositivo, previa opportuna riduzione della distanza tra trasduttore ed elemento radiosensibile, nelle prospczioni radiometrichc aeree volte alla ricerca di giacimenti uraniferi, ecc., specie in zone di difficile accesso. Infine possono essere eseguite determinazioni radiomctriche anche su superfici liquide, variando opportunamente la distanza tra elemento radiosensibile c pelo d'acqua ed impiegando opportuni materiali impermeabili a protezione del sensore e piccoli galleggianti. Una descrizione tecnica par ticolareggiata delle singole parti costitutive dell'apparecchio e .del loro funzionamento è in corso di pubblicazione (2).

REQUISITI DEL

TOVO METODO

a. R APIDITÀ DI ESECUZIONE.

Può essere eseguito in un tempo molto ridotto il rilevamento di ampie zone contaminate che, in funzione della potenza dell'ordigno nucleare e della velocità dei venti in quota, possono avere una estensione sottovento anche di centinaia di chi lometri.

b. SEMPLICITÀ DEL PROCEDIMENTO. La registrazione dei valori di radioattività rilevati direttamente dalla sonda ad 1 metro dal suolo esime dal calcolo dell'AGCF, necessario con il metodo attualmente in vigore, per dedurre la radioattività ad 1 m etro da terra in base ai valori rilevati ad una determinata quota.


C. P RECISIONE DEl DATI RILEVATI.

Il calcolo dell'AGCF porta a definire valori di radioattività ad I metro da terra che spesso sono molto lontani da quelli realmente rilevati con la lettura diretta. Il nuovo procedimento, consentendo letture dirette con automatica registrazione dei valori, dà risultati coincidenti con quelli ottenuti da operatori terrestri. 1

d. ELIMINAZIONE DELL A1TERRAGG10 DEL VELI VOLO. Anche per l'elicottero si presentano a volte difficoltà di atterraggio. Col nuovo metodo la sonda può essere impiegata su terreni difficili restando l'elicottero in « hovering » per tutto il tempo necessario alla discesa c risalita del cavetto, ossia circa 20 secondi. Per ragioni di sicurezza l'elicottero può traslare dal " punto fi sso » solo dopo che il cavetto è pervenuto, a fine corsa, a bordo.

PROTEZIONE DEL PERSONALE

Il rilevamento radiologico viene eseguito dopo varie ore dallo scoppio in superficie di un ordigno nucleare. In tale tempo avviene in massima parte la ricaduta al suolo del materiale radioattivo (fallout) che dipende dalla distanza dal punto zero, dal tempo di caduta de1le particelle, dalla velocità e direzione dei venci in quota (3). Lo scoppio di un ordigno nucleare produce due tipi di radiazioni: a. iniziale, costituita essenzialmente da raggi gamma e <la neutroni , che viene emessa entro il primo minuto dall'esplosione. Tale tipo di radiazione non interessa ·il personale addetto ai rilievi radiometrici. b. residua, costituita da raggi gamma c particelle alfa e beta, che viene emessa, dopo il primo minuto dallo scoppio, dai prodotti di fissione della bomba. E' da questo tipo di radiazione che il personale operante in zona contaminata deve proteggersi. Il pericolo deriva sia dalla irradiazione esterna che dalla contaminazione esterna ed interna. Irradiazione estema. E' causata dai raggi gamma e produce effetti biologici correlati alla dose di radiazioni (4). Il decadimento radioattivo è rapidissimo subito dopo l'esplosione; successivamente diventa sempre più lento, e la radioattività residua tende a


n

persistere lungamente a livelli via via più bassi. pericolo quindi decresce con il trascorrere del tempo. Contaminazione esterna. Deriva da materiale radioattivo che si .deposita sugli indumenti o sulla cute non adeguatamente protetta. Oltre che dai raggi gamma il pericolo è rappresentato dalle particelle beta; queste a contatto con l'epidermi·de producono danni superficiali, soprattutto ustioni, perdita di capelli, ecc., con conseguenti periodi di inabilità più o meno lunghi del personale colpito. Contaminazione interna. Deriva da pcnetrazione di materiale radioattivo emittente alfa, beta o gamma, secondo la natura del radioelemento, nell'interno dell'organismo, ed è la più temibile. La penetrazione può avvenire per inalazione, ingestionc o attraverso soluzioni di continuo della pelle. Successivamente il radioelemento va a localizzarsi nell'organo o tessuto per cui presenta particolare affinità, continuando ad emettere le proprie caratteristiche radiazioni. Presentano maggior pericolo i radioisotopi solubiLi nei liquidi organici, emittenti alfa e beta, a lungo periodo di d imezzamento fisico ed a lungo periodo biologico (5). Quali sono in sintesi i mezzi a disposizione per difendere il personale dai suddetti pericoli? a. MEZZI PROFJLATTICI DELLE LESIONI DA RADIAZIONI.

Alcuni agenti chimici di sintesi, sperimentati tra l'altro anche presso il Centro Studi e Ricerche della Sanità Militare, hanno dato favorevoli risultati negli animali da esperimento (6); presentano però per l'uomo una tossicità superiore alla dose efficace, per cui non sono utilizzabili. Gli agenti biologici hanno mostrato maggiore utilità, in sede sperimentale, per una possibile applicazione all'uomo. Gl·i agenti protettivi fisici danno, allo stato attuale, il maggiore affidamento.

b. MEZZI TERAPEUTICI PER LA CONTAMINAZIONE INTERNA. Particolarmente difficile si presenta il problema del trattamento terapeutico, specie dopo l'avvenuto assorbimento del radioisotopo, in quanto basato sulla somministrazìone di sostanze chelanti non scevre, a lungo andare, di seri inconveruenti (6). Dopo quanto .detto risulta evidente che la migliore misura consiste essenzialmente nelf.evitare la contaminazione del personale addetto al rilev:>mento e nel ridurre l'effetto dell'irradiazione gamma.


Il nuovo metodo, presenta requisiti che consentono di raggiungere tale scopo. Infatti viene ridotto il tempo di esposizione del personale, che si avvale della schermatura del velivolo, operando ad una certa distanza dalla sorgente; vengono quindi utilizzati tutti i fattori di attenuazione della radiazione. A questa generica difesa dalle radiazioni gamma va associata la ancor più valida difesa dalla contaminazione; infatti il personale può « operare in zona contaminata restanclone fuori », e questo rappresenta la migliore delle misure protettive. A tal proposito, è generalmente riconosciuto che la sola misura veramente valida contro la contaminazione interna è costituita dall'impiego degli adatti mezzi protettivi (5). Il personale addetto al rilevamento radiologico aereo di zone contaminate, ossia pilota e operatore, dovrebbe fare uso della maschera c di indumenti protettivi per tutta la durata del volo perchè dopo il primo atterraggio dell'elicottero, necessario alla ricerca dell' AGCF, la cabina di pilotaggio viene invasa dal pulviscolo radioattivo contaminante. Questo è sollevato dal rotore dell'elicottero c penetra nell'interno del velivolo durante l'apertura dello sportello necessaria all'uscita dell'operatore. Tuttavia la maschera c gli adatti indumenti protettivi costituiscono un notevole ingombro per il personale e limitano la capacità reattiva del pilota durante l'atterraggio, ossia proprio in quella fase che richiede la maggiore prontezza dei riflessi, a discapito della sicurezza del volo. Con il metodo proposto, :invece, può essere evitata l'adozione delle suddette misure protettive da parte del personale di bordo, ovviando agli inconvenienti lamentati e consentendo un nuovo tipo di rilevamento radiologico mediante elicottero, in sostituzione di quello terrestre.

CONCLUSIONI

Il nuovo metodo di rilevamento radiologico aereo della radioattività consente una protezione del personale notevolmente superiore a quella offerta .da} metodo in vigore. I vantaggi prospettati riguardano: a. indirettamente, il personale delle squadre di rilevamento radiologico. Infatti il rilevamento radiologico terrestre può essere sostituito da quello aereo che, fornendo dati della stessa precisione, consente di sondare rapidamente aree contaminate da fallout anche molto estese c presurnibilmente poco percorribili dati gli effetti meccanici e termici dell'esplosione nucleare;


b. direttamente, il personale di bordo che, operando al di fuori della zona contaminata, viene sottoposto solo ad irradiazione gamma per breve tempo, protetto dalla ·schermatura dd velivolo e ad una certa distanza dalla sorgente. Di conseguenza, tale personale può operare in condizioni di sicurezza per quanto riguarda il pericolo della contaminazione e viene esposto ad un rischio radiologico notevolmente inferiore avvalendosi di tutti i fattori di attenuazione della radiazione.

RIASSUNTO. - Vengono prospettati i vantaggi di ca.rattere protettivo che un nuovo metodo di rilevamento radiologico aereo- terresore offre al personale addetto ai rilievi rachiometrici in zone contaminate. Tale personale può operare in condizioilli di sicurezza dal pericolo della contaminazione.

R ÉsUMÉ. - On représente les advantage5 concernanr la protection qu'une nouvelle méthode de rolèvemoot aéro- radiologique offre au personnel chargé de reliefs radio· metriques dans cles zone5 contaminées. Ce personncl peut agir dans des conditions de sureté loin du danger de conramjnation.

SuMMARY. - In this work are pointed out the adva.ncages about the personnel's protection which a new method of air rad:ological measurement offers to those who are attached to the radiometric meaS<urement>s in the contamined areas. The personnel can work without the contamination danger.

BIBLIOGRAFIA r) SME : « Istruzione tecnica sull'Aviazione Leggera dell'Esercito - Pub. n. 5602 », lst. Po1igr. dello s~ato, Roma, I965· 2) 0RsrNt M., VIGGIANO G.: « Rilevamento aereo auromatko deHa radioattività su terreni contaminati e protezione del pei'SOnale - N uovo apparecchio per el:icott~i >>, in corso di pubblicazione. 3) GLASSTONE S.: «Effetti delle armi nucleari», Ediz,ioni Italiane, Roma, I959· 4) ARGHtTTU C.: «Gli effetti -delle esplosioni nucleari sull'organismo umano », Giorn. Med. Mil. , t19, wg, r9()g. 5) ScuoLA !NTER FF. AA. - D IFESA ABC: «Esplosioni nucleari. Effetti sull'organismo umano c misure di difesa», Roma, rg63. 6) IADEVAIA F.: <~Aspetti sanitari dell'irradiazione e della contaminazione radioattiva >l, Bollettino d'Informazioni della Scuola di Guerra, XT, 427, rg66.


OSPEDALE MILITAR E « LORENZO BONOMO • - BARI

Direttore : Col. Med . Dr. N.

L EONE

REPARTO CHIRURGIA

Capo Reparto: Col l\ led. ProL A

M\STilOklLLl

GRANULOMA EOSINOFILO DELLA CLAVICOLA STUDIO CUNICO E DIA GNOSTICO DIFFERENZIALE

Col. Med. Prof. Adamo Mastrorilli, l. d. S. Ten. Med. Dott. Antonio Sapio

La recente osservazione nel nostro reparto di un caso di granuloma eosinofilo a localizzazione clavicolarc dx ad insorgenza muta, ci ha spinti a rivedere quanto nella letteratura è scritto sull'argomento, non tanto per la rarità della forma clinica, quanto per il problema di diagnostico differenziale che la forma morbosa ha posto. Il caso clinico : trattasi di un soldato di 29 anni del Distretto Militare di Foggia, di professione laureato in legge. AF. : negativa. A.P.R. : negativa. A.P.P.: nel maggio 1970 in pieno benessere ha cominciato ad accusare sintomatologia dolorosa a tipo causalgico in sede claveare dx che è andata man mano aumentando accompagnandosi ad impotenza funzionale dell'arto. Attribuita, dapprima, tale dolenzia, ad una forma reumatica, il paziente fu trattato con terapia specifica per qualche tempo con scarsi risultati. Capitato in licenza or·dinaria al proprio domicilio si fece ricoverare presso questo Ospedale (rep. Medicina) con diagnosi di « artrosi scapoloomerale dx ». Durante gli accertamenti dall'esame radiografico della regione ~ evidenziata una formazione rotondeggiante del 3° medio esterno della clavicola dx a carattere cistico. Dimesso ed inviato al Corpo, avendo rifiutato l'intervento, !'8-7-70 fu ricoverato presso l'Ospedale Militare Celio di Roma donde venne dimesso il 23 luglio con 6o giorni di licenza di convalescenza, con la diagnosi di « zona di osteolisi della clavicola dx di natura da determinare ». Allo scadere di tale licenza ebbe altri 30 giorni .di licenza di convalescenza dal nostro reparto di Osservazione, che al termine e precisamente in data 16- 1 2 -70 ce lo trasferisce per eventuale trattamento terapeutico.


E.O.G.: normotipo in buone condizioni di nutnz10nc e sanguificazione, nulla di patologico a carico <lcl sistema linfoghiandolare, muscolare ed articolare in genere. Apparato car,diovascolare c respiratorio indenne. Nulla di patologico a carico dell'addome e degli organi endo- addo-

minali. E.O.L.: la regione clavicolare dx si presenta lievemente deformata nel suo profilo estetico al 3° medio distale per tumefazione fusiforme ricoperta da cute normale della grandezza di una mandorla, di consistenza scheletrica, lievemente dolente alla pressione, facente corpo con lo scheletro clavicolare. I movimenti articolari dell'arto superiore sono tutti possibili, ma accusati modicamente dolenti, specie nell a elevazione ed in maniera particolare nella predetta sede. Esame di laboratorio: Urine: nulla di patologico. Azotemia: 0,28%o. Glicemia: o,85%o. Emocromo e formula nei limiti della norma ad eccezione di una lieve eosinofilia (3 o/.,). V.E.S.: indice di Katz 12. W asserman : ......... . Mantoux: ......... . Per l'accertamento radiolog1co sono stati pres1 m esame i radiogrammi precedenti eseguiti durante i vari ricoveri del paziente in questo ospedale. 1 ° Ref. dell't 1- 7- 70: <l ampia zona di rarofazione ossea con margini assottigliati del terzo medio distale della clavicola dx della grandezza di una mandorla verosimilmente cistica >> (fig. 1). 2" Ref. del 21 -9-70: «ampia zona di rarefazione ossea con margini assottigliati del terzo medio distale della clavicola dx della grandezza di una mandorla » (fig. 2).

Referto sostanzialmente invariato rispetto al precedente.

f

Ref. del 17- l 2- 70 : « al controllo attuale la zona di rarcfazione in precedenza segnalata appare notevolmente ridotta di grandezza » (fig. 3). 4" Esame stratigrafico d el 2 1 - l 2 - 70 : << l'esame stratigrafico eseguito <.on strati da 7 a 9 cm ~ dal piano posteriore conferma quanto messo in evidenza nei precedenti radiogrammi. La lesione è più evidente agli strati 7 e 7~ » (fig. 4).

Per ulteriore controllo si sottopone il paziente a consulenza ortopedica presso la Clinica Ortopedica dell'Università di Bari che conferma la dia4· • M.


270

FJg. I. - r• Ref. dell'n luglio 1970.

Fig.

2. -

Rcf. del 21 :.ettembre 1970.


2JI

Fig. 3 a. - 3• Ref. in A. P. del 17 dicembre 1970.

Fig. 3 b. - 3" Ref. tn P. A. del 17 dicembre 1970.


Fig. 4a. - 4" Ref. del 21 dicembre 1970 : stratigrafia cm 7·

Fig. 4 b. - 4° Ref. dd 21 dicembre 1970 : stratigrafia cm 7}z.


2 73

gnosi radiologica seguente: « aerea di osteolisi da granuloma eosino.filo in fase riparativa rispetto ai precedenti esami radiografici ''· Poichè la sintomatologia dolorosa e Jiunzionale col trattamento fisioterapico e mineralizzante a base di calcio e dimetazina (Roxilon) era migliorata ed anche perchè, prossimo a congedarsi, il 23- 12-70, il paziente veniva dimesso, avendo rifiutato qualsiasi trattamento chirirgico ed in fase di miglioramento. DISCUSSIONE DEL CASO.

Come si evince dalla descrizione fatta precedentemente si è trattato di un caso di granuloma eosinofilo del terzo medio esterno della clavicola dx a sintomatologia clinica molto scarsa e con esami di laboratorio del tutto negativi, la cui evoluzione è stata possibile seguire solo radiologicamente. Il G.E. è una forma morbosa che si manifesta principalmente alle ossa ed alla cute, osservata pure nei polmoni, nell'intestino, nel fegato, nella milza, caratterizzata istologicamente da una proliferazionc granulomatosa dcgli elementi del s1stema reticolo endoteliale, accompagnata da una infiltrazione più o meno intensa di leucoòti eosinofili (CeccareJii). Una prima descrizione del G.E. a localizzazione frontale si deve al F inzi nel 1923 che lo definì << mieloma con prevalenza di cellule eosinofile ''· A Lichtenstein e Jaffe spetta la priorità del termine di G.E. dell'osso e a questi AA., contemporaneamente ad Otani ed Erlich il merito di aver tracciato il quadro clinico ed anatomo- patologico delle manifestazioni scheletriche. Colpisce soprattutto soggetti giovani; infatti più della metà delle osservazioni sono riferite nella letteratura a soggetti al di sotto & 20 anni ed I/ 3 al di sotto dei IO anni con lieve prevalenza del sesso maschile. Le lesioni sono più spesso uniche, talvolta però multiple. Malan descrive un caso con 36 localizzazioni; Green e Farber con 25. Le ossa più colpite sono in ordine le costole, il cranio, il femore, il braccio, le vertebre, più raramente la clavicola. Nelle ossa lunghe generalmente la sede è la diafisaria. La sintomatologia è piuttosto scarsa, il primo segno clinico è rappresentato dal dolore talvolta causato da un trauma anche .di lieve entità. Spesso si accompagna a tumefazione di consistenza clastica con aumento del calore locale nelle lesioni superficiali. Talora viene scoperto in seguito ad una frattura patologica o tal'altra del tutto casualmente durante accertamenti radiografici. Nelle localizzazioni metafìsarie vi può essere risentimento articolare. Nelle localizzazioni craniche, a seconda della zona colpita, la sintomatologia può essere varia: così i granulomi della volta danno cefalea persistente, q uelli sovraorbitari diplopia o esoftalmo; quelli della mastoide, paralisi della


2

74

facciale, vertigini, otalgie, ecc.; nelle localizzazioni mascellari è possibile anche la caduta dei denti. Le condizioni generali dei pazienti si mantengono di solito buone e la temperatura corporea è di solito normale. Gli esami di laboratorio mettono in evidenza, solo in un buon numero di casi, una lieve leucocitosi ed in qualche <:aso è stata segnalata una modica eosinofilia. La cultura del materiale prelevato a scopo bioptico non ha dato mai sviluppo di germi. Radiologicamente non si hanno note caratteristiche particolari. Le lesioni si presentano come delle perdite di sostanze rotondeggianti ed ovalari , talvolta pomellate o moriformi e plurisepimentate con netta delimitazione perifocale. La corticale dell'area di osteolisi è assottigliata, rigonfiata c qualche volta interrotta. Ciò avviene soprattutto nelle ossa piatte e nelle regioni metafisarie dove il granuloma eosinofilo realizza aspetti a così detta « bolla d'olio » o « bolla di sapone ». Queste bolle possono confluire o regredire ed in tale evenienza i contorni si addensano e le cavità vengono attraversate da travate radiopache che finiscono gradualmente per estendersi a tutta la zona alterata e ricostruita. Nelle ossa lunghe il G.E., dopo aver distrutto la corticale espandendosi solleva il periostio: in questi casi è frequente l'insorgenza di una formazione reattiva periostale che avvolge il focolaio ·di distruzione conferendogli un aspetto sovrapponibile a quello del tumore di Ewing a foglia di cipolla (Pietrogrande e Maiotti). Creyssel distingue nel quadro radiogralico del G.E.: r) « una forma lacunare priva di reazione corticale » (granuloma distruttivo di Farber) propria delle ossa piatte; 2) « una forma lacunare con reazione osteogenica periferica>>, propria delle ossa lunghe, caratterizzata dalla presenza di. un fuso di osso neoformato che avvolge a manicotto la zona di osteolisi centrale entro la quale si effondono gli estremi dia.lìsari; 3) « una forma ad immagine multiloculare soffiata », propria delle localizzazioni costali e clavicolari. Da quanto sopra esposto, il quadro radiologico e clinico non è affatto caratteristico perchè può ammettere dubbi con altre reticoloendoteliopatie come: la cisti ossea ed il tumore gigantocellularc. Le localizzazioni vertebrall del G.E. se isolate offrono immagini sovrapponibili a quelle dell'ostcocondrosi giovanile di Calvè. Il quadro anatomopatologico presenta n ella sede della lesione integrità della corticale che si presenta piuttosto sottile, fragile di consistenza pcrgamcnacea.


2 75

Nel suo interno la cavlta contiene tessuto granulomatoso rappresentato da una massa molle quasi gelatinosa, facilmente isolabile e staccabile dalle pareti, <li colore bruno e giallastro con zone di necrosi. L'aspetto istologico varia a secon<la degli stadi della lesione. Nello stadio di intensa osteolisi vi è tessuto granulomatoso in cui prevalgono essenzialmente leucociti eosinofili ed istiociti grandi col nucleo vescicoloso fittamente raggruppati. Nei focolai in rapi<la evoluzione gli eosinofìli sono di solito grandi, ricchi di granulazioni facilmente colorabili. Si osservano inoltre plasmacellule, linfociti e gruppi di leucociti polimorfo nucleari. Nella compagine del granuloma spiccano formazioni nodulari rappresentate da ni.di di elementi reticolari in attivazione istiocitaria con ampio citoplasma frammisto ad eosinofili (Casuccia- Melanotte). In stadi più avanzati gli eosinofili diminuiscono di numero; si osservano soprattutto grandi cellule mononucleari, con l'aspetto di vere e proprie cellLùe spugnose. La etiopatogenesi della malattia è incerta. Si è .data importanza al trauma, ma più come fattore rivelatore che come agente provocante la malattia stessa. Alcuni AA., pur non essendo stato isolato alcun germe, ritengono l'affezione di natura infiammatoria, giustificando tale asserzione con i modesti fenomeni reattivi periostali che si vengono a creare intomo al focolaio osteoperiostale. Jaffe e Lichtenstein hanno pensato anche alla patogenesi virale della malattia, ma ciò non è stato ancora dimostrato. Il posto occupato dal G.E. nelle osteopatie è molto discusso. Lo studio istologico che ha messo in evidenza un notevole polin1orfismo con aspetto diverso a seconda degli stadi evolutivi (prevalenza di pohnucleati eosinofili inizialmente; presenza ·di oe llule schiumose e tessuto fibroso in fasi più avanzate), la somiglianza di alcune immagini radiografiche e talvolta l'assooiazione .del G.E. con un diabete insipido, hanno indotto a riavvicinare il G.E. alla malattia di Hand- Schuller- Christian ed alla istiocitosi non lipidica di Lettere- Siwe. Secondo vari AA. queste tre affezioni avrebbero una patogenesi comune ed il G.E. ne rappresenta la forma più benigna. Il comune legame sarebbe rappresentato dal suhstrato istologico che consiste in una intensa proliferazione più o meno notevole .di eo.sinofìli o nella presenza di cellule schiumose (Lipoidosi) o di entrambi gli elementi (Polak. e Schajowicz). In questa ·te!ldenza unificatrice, anche se è quasi identico il quadro istologico, diverso è il quadro clinico, perciò secondo Ceccarelli è preferibile tenere distinte tra loro queste forme morbose. Il G.E. è un'affezione generalmente benigna con guarigione spontanea nel giro di pochi mesi o un anno al massimo.


Soltanto nelle forme poliostotiche la prognosi è in genere riservata anche per le frequenti e concomitanti lesioni extra - scheletriche. La prognosi si modifica anche quando al G.E. consegue una frattura patologica con le relative alterazioni funzionali a seconda del segmento colpito. Per quanto riguarda la terapia, i pareri sono discordi perchè si è visto che anche lasciato a sè il granuloma, se non subentra una frattura patologica, guarisce spontaneamente. Comunque indubbiamente giovevole è una terapia medica rimineralizzante e soprattutto stimolatrice dei processi osteorigenerativi e fissatrice dei sali ·di calcio (calcio, vitamina A e D , dimetazina, preparati ormonali). La terapia chirurgica è riservata con notevole successo a quei casi nei quali è prevedibilmente prossima una frattura patologica e si basa soprattutto sullo svuotamento della cavità granulomatosa con immissione di osso auto- orno- eteroplastico. Buoni risultati si ottengono anche con la roentgen- terapia specie nelle forme chirurgicamente non aggredibili. CoNSIDERAZIONI SUL CASO.

Dopo questa ampia disamina sul G.E. appare evidente il perfetto inquadramento del quadro clinico c radiologico presentato dal nostro paziente in questa entità nosografica piuttosto che in altre. La mancanza di un quadro radiografico tipico c patognomonico del G.E., il cui aspetto incostante multiforme e spesso contraddittorio ass\lroe talora caratteri ampiamente e rapi·dame.nte costruttivi, contrastanti con la modestia del rilievo clinico c dì laboratorio, la sintomatologia tutt'altro che caratteristica e<i i dati dì laboratorio negativi ci hanno imposto il problema della diagnosi differenziale del G .E. e la sua differenziazione da altre osteopatie soprattutto benigne. Il quadro radiologico del G.E. fu spesso pensare alla cisti ossea che il G.E. colpisce soggetti adolescenti e giovani con localizzazioni uniche caratteristiche in sede metafisaria, come nel nostro caso. In tal caso sono di ausilio i classici caratteri radiologici descritti dal Beck (Triade dì Beck): rigonfiamento osseo che si continua con osso normale; regolarità e sottigliezza diafana della corticale; trasparenza uniforme della cavità di vario aspetto. Nel caso in esame mancava proprio la sottigliezza diafana della corticale e la trasparenza uniforme della cavità che era invece occupata da una fine trabecolatura a tipo <}uasi moriforme. Un'altra entità nosologica che abbiamo preso in considerazione per il diagnostico differenziale è " l'osteoma osteoìde >> che col piscc anch'esso i giovani, a localizzazione generalmente nelle ossa lunghe, la cui immagine

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radiologica diventa tipica nella fase avanzata, nella quale si notano zone di avan zamento osseo con all'interno una piccola immagine radiopaca che si distacca dall'osso, circondata da una zona ovalare (nidus), e che presenta sin dall 'ini~io una sintomatologia dolorosa sorda coi caratteristici parossismi notturnt. Tale sintomatologia in genere precede di alcuni mesi la comparsa delle tipiche alterazioni radiologiche e può portare ad un decadimento piuttosto inten so deLle condizioni generali del paziente; cosa che non è avvenuto nel nostro caso nel quale la sintomatologia dolorosa è stata di scarsa entità anche se prolungata nel tempo tanto da richiamare il paziente alla necessità di praticare degli accertamenti. Le forme localizzate di djplasia- fibrosa sono di facile differenziazione dal G.E. in quanto esse si manifestano con la triade caratteristica del dolore intenso nel tratto colpito, della facilità alla frattura spontanea e della deformità scheletrica con le tipiche immagini radiologiche, a tipo cistico- multiple. Alcuni aspetti radiologici <.Ici G.E. specie se localizzati alle ossa lunghe sono sovrapponibill al tumore di Ewing ma il quadro clinico <ii quest'ultimo è cosl tipico da non ammettere dubbi, tanto che si parla di sindrome di Ewing. Talvolta gli aspetti radiologici del G.E. possono far pensare alla osteocondrosi ed al rumore giganto cellulare dell'osso ma anche in questi casi la diversa sintomatologia clinica dirimerà il dubbio. L'ideale per la risoluzione del diagnostico differenziale è rappresentato dali' esame istologico che non sempre, come nel nostro caso, si riesce a fare, in q uanto data la scarsa sintomatologia i pazienti, specialmente nel nostro ambiente, difficilmente si sottopongono all'esame bioptico. RIASSUNTO. Gli AA. descrivono un caso di G.E. capitato alla loro osservazione, rappresenrandone specialmente ·le difficoltà nel campo diagnostico differenziale delle osteo - displasie.

RisUMÉ. - Les AA. parlent d'un cas de C.E. arrivé à leur observation en repré<>entanr surtout !es difficultés dans le champ du diagnostique d1fférentid des ostcody5plasies.

SuMMAJtY. -

AA. describe a mcdical case of C.E. come to rhcir obscrvation re-

pre~enting particuJarly the difficulties in the <lifferential diagno~is of the bone - displasies.

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~ER.\1ERIA PRESIOlARJA - Lf.CCf. Direttore: T en. Col. ~fed. Dr. G. D"Ava

CONTROLLO A DISTANZA DI TEMPO DI GIOVANI ISCRITTI DI LEVA RIFORMATI PER CARDIOPATIA ORGANICA: CONSIDERAZIONI MEDICO· SOCIALI Cap. Med. Dott. Luigi Greco specialista in cardiologia

<< Flagello sociale » denominò le malattie cardio-vascolari, Froment. E non può certo ritenersi eccessiva tale espressione ove si pensi che, tra tutte le malattie sociali, quelle interessanti l'apparato car·d io- vascolare sono le più importanti sia per la mortalità e morbilità sia sopratutto per gli esiti invalidanti. L 'interesse « sociale ll per le cardi.ovasculopatie, inteso come necessità di interventi preventivi, curativi, assistenziali e riabilitativi molto complessi c tali ·d a richiedere la partecipazione dello Stato (G. Del Vecchio) fu rico. nosciuto ufficialmente nei D.M. 20 dicembre 1~1 e 20 gennaio 1963 e ad esse si applicano le norme del D.P.R. I I febbraio r~I. Ma la vastità, l'importanza e la gravità del problema ha impegnato molto prima gli studiosi (Puddu, Masini, Condorelli), ed essendosi resi sempre più evidenti e massicci i danni sia fisici che economici, impegna tuttora, più largamente, non solo i medici c le organizzazioni assistenzial i ma anche l'opinione pubblica in generale. Da un esame dei dati forniti dali '1STAT si rileva com e, a causa delle malattie cardio-vascolari, si verificano oltre 162.000 perclite all'anno e che l'indice d i invalidità per queste infermità è elevatissi mo (oltre 2 milioni). Secondo i calcoli. di alcuni AA. (Antoniotti, Masini e Concina) le malattie cardiovascolari provocano, in Italia, un danno economico .di. circa 150 miliardi annui, ·di cui 40 miliar·di solo per le cardiopatie reumatiche. Tali infermità, da sole, superano, nelle percentuali di mortalità, tubercolosi e tumori maligni messi insieme (Puddu). Nel r~ sono state assegnate oltre 400.000 pensioni di invalidità per malattie dell'apparato cardiocircolatorio, per un ammontare com plessivo di circa 6 miliarDi. Sono pochi ·dati, ormai ben conosci uri, sufficienti però a giustificare ogni. sforzo teso a ridurre i danni provocati dalle cardiopatie.


Gli studi statistici ed epidemiologici hanno a tal .fine inestimabile e fondamentale valore per l'approntamento dei mezzi di lotta e l'impostazione di qualsiasi piano organizzativo profilattico- assistenziale (Iadevaia e Col l.). La Sanità Militare, come sempre all'avanguardia nel campo della medicina preventiva, intesa come orientamento ed adeguamento dell'arte sanitaria ver~so la collettività, nel senso quindi della più pura medicina sociale (Pierre), ha già portato, come nel passato per la tubercolosi e le malattie in~ettive, tm valido contributo. Sia negli studi statistici (Iadevaia, Farina, ecc.), che nel!'approntamento di validi ed adeguati presidi terapeutici specializzati, come l'Ospedale ·di Anzio, è prccorritrice degli adeguamenti e trasformazioni previste ed auspicate anche nella Sanità Civile, in modo quindi che le strutture sanitarie siano flessibili e facilmente adattabili alle diverse e mutevoli esigenze epidemiologiche. Oggi che le car.diovasculopatie sono al I posto come causa di morte ed invalidità, le misure profilattiche, terapeutiche e riabilitative devono essere orientate prevalentemente, nell'organizzazione generale della Naziooe, in questa direzione. Tenendo conto delle necessità emerse nel wrso di questi ultimi anni e via via segnalate .da ·diversi AA., un piano per la lotta e l'assistenza alle malattie car.diovascolari richiede interventi in tutte le varie fasi che possono così essere indicati (Colao): I) ricerca delle forme misconosciute; loro diagnosi precoce; 2) assistenza ospedaliera; 3) recu pero lavorativo del cardiovasculoparico; 4) educazione sanitaria; 5) opportune norme legislative. La Sanità Militare può intervenire, ed in effetti interviene con ottimi risultati, soprattutto nei punti I e 4· Accurate indagini .di gruppo (Tosetri R.) hanno stabilito che c'è, a tutti i livelli sociali, un largo difetto informativo su queste malattie. L'e.ducazione sanitaria, inserita nel più vasto quadro della formazione morale e oivile di un cittadino modello, ha sempre avuto nelle FF. AA. grande importanza. Le nozioni, teoriche e pratiche, di igiene individuale e collettiva .apprese dai giovani durante il servizio militare, possono essere certo valida base per quella « coscienza cardiologica >> indispensabile alla vaJi.da attuazione della profilassi primaria e secondaria. In queste note vogliamo soprattutto richiamare l'attenzione sull'·importanza del dépistage car.djologico nei militari di leva e fare alcune cons~de­ razioni su quanto riscontrato al controllo, a distanza di dieci anni, di alcuni giovani esonerati ·dal servizio militare per cardiopatie organiche. Il ·dépistage si pone come .fiase essenziale nella lotta di tutte le :infermità, ma assume un ruolo fondamentale nelle cardiopauie in considerazione della 0


importanza che ha ai fini della terapia, .della profilassi .di recidive, e della riabilitazione, una diagnosi quanto più precoce possibile. Fino ad oggi non sono mancate inchieste sulla frequenza .del numero dei cardiopatici misconosciuti. Da un elenco riportato da Pannain e Coll. si rileva che nelle diverse zone sono state riportate percentuali variabili: a Torino r,85 % (Robecchi), Milano 11 2>44% (Guglielmi), a Bari 1,20% (Colonna), ecc. Da un questionario rivolto a 210 soggetti. riformati alla visita .di leva per cardiopatia organica, quasi sempre esiti valvulitici di cardite reumatica, abbiamo rilevato che ben 72 di questi erano completamente all'oscuro della loro infermità. Spesso anzi, esercitando mestieri pesanti e non avvertendo ancora sintomi preoccupanti, sono rimasti scettici ed increduli della nostra diagnosi. Eppure si trattava quasi sempre di vizi valvolari clinicamente assai evidenti. Questa alta percentuale di forme misconosciute ci ha spinti ad indagare sulla ev~luzione :cJ i~ decorso di alcuni casi diagnosticati, sempre in sede di osservazwne, anru pnma. Abbiamo voluto approfondire con ciò non solo alcuni aspetti medico sociali ma ricercare .anche una conferma o per lo meno un ~ndirizzo al nostro lavoro quotidiano. Intendiamo, in una prossima pubblicazione, affrontare lo stesso problema anche per i disturbi cardio- funziona] i che hanno dato esito a riforma, a mente ·dell'art. 71 E.I. !~atti ci è sembrato giusto controllare .a distanza .di tempo le nostre diagnosi per tr·arne utili elementi di giudizio per il futuro, per annotare il margine di errore, per confrontare la metodica dì ieri e quella .di oggi, per vedere se « col senno di poi » alcune osservazioni potevano essere interpretate diversamente. Uno degli inconvenienti del nostro lavoro medico -legale per gli iscritti di leva, infatti, consiste nel dover porre .diagnosi e relativo provvedimento medico -legale, in Wl tempo relativamente breve e, comunque, perdendo sempre dì vista l'eventuale evoluzione d"ll'infermità nel tempo che, a volte, può essere fonte di utili insegnamenti. Abbiamo quindi invitato, privatamente, 150 giovani iscritti .di leva che ci risultavano esonerati per cardiopatia organica (attuale art. 70 E.I.) negli anni 1958 e 1959· A prescindere dagli inconvenienti ed incomprensioni di ogni genere che ancora si incontrano in questo tipo di indagine, per lo meno nella nostra regione, ·dovuti a timidezza, atavica diffidenza, prevenzione, ma soprattutto ignoranza e .diseducazione sanitaria (a volte però è mancata anche la collaborazione dei medici curanti), hanno risposto al nostro invito ben n2 soggetti. ·


Ma solo 98 sì sono presentati per la visita, i controlli strumentali e le informazioni del caso. Alcuni erano all'estero, altri si sono dichiarati non interessati, qualcuno ha fatto rispondere .dal proprio legale... Pur non essendo comunque una massa molto elevata, considerata l'omogeneità del campione e gli interessanti risultati, ci sembra utile riferirne. Le diagnosi che avevano determinato a suo tempo il provvedimento medico- legale sono state riscontrate quasi sempre rispondenti ancor oggi alla obbiettività clinica, spesso anzi, con caratteri di più netta gravità. Qualche caso, 4- s% in tutto, sì poteva forse ascrivere più verosimilmente a forme ftmzionali, trattandooi di rumori dipendenti da i percinesia di circolo. Ma oggi si tende ad inquadrare anche i cosiddetti « soffi funzionali >> protosistolici, brevi e musicali, a timbro aspirativo, senza irradiazioni, ad alterazioni del « complesso mitralico » (Mclchionda). E' pur vero che, ricorrendosi ora quasi di routine all'elettrocardiogramma, al tele<:uore e comunque al card;iologo, le diagnosi sono più precise ed i filtri selettivi più accurati, ma bisogna pur dire che, nel complesso, anche nel 1958 il margine di errore, almeno per le forme ·diagnosticate, è stato molto limitato. Abbiamo controllato 59 forme di insufficienza mitralica, 18 di stenoinsufficienza, n di stenosi, I di comunicazione interventricolare (operata), 5 iper tensione arteriosa persistente, I con comunicazione interatriale appena apprezzabile clinicamente, 3 con sindromi acrocianotiche ·delle estremità. Fra gli affetti ·d a c.ardiovasculopatie all'atto della visita nel '58- 59, n. 51 erano dediti a lavori bracciantili medio- pesanti (agricoltor·i, cavamonti, falegnami, muratori, ecc.), 16 a lav.QrÌ medio -leggeri, oi restanti a lavori leggeri o intellettuali. Tra i primi solo u avevano nel frattempo cambiato attività, ma di questi solo 3 per motivi di salute, cioè perchè in tal senso consigliati dal medico. Gli altri 8 esercitavano mestieri più leggeri ma solo per caso, mentre tutti gli altri avevano conti nuato nei lavori pesanti, spesso emigrando all'estero. Nell'anamnesi prossima di questi soggetti figuravano spesso chiari sintomi anamnestici e clinici ,di prescompenso (dispnea da sforzo, edemi malleolari serotini, nicturia, rantolini alle basi, sdoppiamento del ! tono alla punta, aumento ·dell'aia cardiaca, ecc.) ed anche l'esame strumentale (ecgr. telecuore) evidenziava una chiara evoluzione peggiorativa della cardiopatia. Nessuno di costoro si era preoccupato, dopo l'accertamento in sede di leva e presso l'Ospedale Militare, di consultare periodicamente il medico o di seguire regolari controlli ospedalieri o ambalatoriali. Continuavano peraltro ad esercitare lavori non confacenti alle loro condizioni fisiche molto precarie non solo, come hanno dichiarato alcuni, per mancanza di aiuti adeguati ed incentivi o guide alla riqualifìcazione ma spesso per un volontario, assurdo e quasi fatalistico atteggiamento. 0


E queste d~Baillances erano più evidenti propno tra i più bisognosi di cure. Infatti i soggetti con un gra<lo <li istruzione media o superiore, che da un punto di vista riabilitativo erano i meno bisognosi, avevano, più o meno, cognizione deUa loro infermità e si sotto_IX>ncvano a regolari controlli. Un altro <lato è risultato evidentissimo e <li grande rilievo medico - sociale: l'.invali·dità. Ben 16 soggetti erano già titolari di pensioni INPS di invalidità. Giovani <li 32- 36 anni! Il danno economico era una logica conseguenza di un vuoto m edico sociale. Se quei soggetti, e gli alti"i che di certo li seguiranno a breve distanza sulla strada .d ell'invalidità, fossero stati educati, istradati diversamente, riqualificati per lavori meno pesanti (Ruggeri), invece di essere di peso per la società sia per l'aiuto economico che q uesta ha il dovere di dare sia per quanto viceversa non può ricevere, potrebbero concorrere ancora, con il loro lavoro, al comune progresso cui tutti siamo, nel nostro piccolo, necessari. Le suddette osservazioni sono certo modeste per _IX>ter trarre conclusioni definitive ma sono dimostrative di quanto sia necessaria anzi indispensabile in questo campo un'adeguata azione medico- sociale senza la quale l'amaro, sconfortante ma logico epilogo è quello riportato. Cioè l'invalidità. Come giustamente sostiene Stornelli l'organizzazione sanitaria militare « si inserisce armonicamente ed autorevolmente nella vita umana tra il periodo scolastico e quello della sicurezza sociale >> ma, pur in un momento in cui si parla, finalmente in termini concreti , di medicina preventiva, riabilitativa e sociale, si nota, in pratica, una carenza di fondo ·di questi servizi. Mancano o non sono sufficienti le strutture per seguire periodicamente sia dal lato sanitario sia, sopratutto, da quello sociale, il cardiopatico, specie il cardiopatico misconosciuto, che viene d iagnosticato con ritardo e che avrebbe quindi più bisogno di interventi riabilitativi. Ed ove ri centri car·diologici funzionano non sono adeguatam ente sfruttati per quella diffusa mancanza di educazione sanitaria di massa che è, a mio parere, la condizione indispensabile per affrontare e risolvere, senza de~agogie m a con coscienza il problema della prevenzione c terapia precoce m genere. La Sanità Mili tare si è adeguata, come sem pre, alla necessità del rn(}mento. Il contributo di esperienza, di idee e di risultati non è stato trascurabile (Ferraioli, Iadevaria, Melchionda, Farina, Ruggcri, ecc.). Ma si nota, a mio modesto avviso, specie per quanto concerne le cardiopatie ·dei giovani, una frattura fra il momento della diagnosi posta dai medici militari, che ovviamente non possono andare oltre ed affrontare pr(}-


blemi che esulano dalla loro sfera di competenza, ed il success1vo decorso dell'infermità strettamente legata al caso singolo. Manca l'anello che lega il lavoro della Sanità Militare a quella Civile. Anello che non può consistere in una generica buona volontà di reciproca collaborazione, ma che necessita di più concrete e previste possibilità di scambi. La medicina è unica e non può permettersi nè tappe nè com partimenti stagni. La medicina scolastica, la medicina militare, il sistema di sicurezza sociale debbono essere un tutto unico che controlla e sorveglia sempre lo stato di salute del cittadino. Una più stretta, continua e pianificata collaborazione tra medici, sia, ancor più facilmente, attraverso un servizio di assistenci sociali e personale para- medico, è indispensabile a tutti i livelli ed a tutte le età per portare un effettivo ed efficace contributo alla salute in genere ed alla lotta alle cardiopatie ·i n particolare. Nel momento in cui stanno per avere concreta attuazione le Unità Sanitarie Locali che devono tra l'altro affrontare compiti di medicina preventiva e riabilitativa, mi sembra, alla luce di quanto prima esposto, di poter suggerire che la giusta collocazione di un Centro Unico per le malattie sociali, con funzioni soprattutto di programmazione e collegamento, comprendente « tutte » le strutture sanitarie debba essere ivi prevista. A tale Centro debbono far capo tutte le informazioni da parte di medici, enti, ospedali, ecc. idonee al dépistage precoce, alla prevenzione, al recupero dei soggetti affetti da « malattie sociali » il cui elenco deve essere opportunamente e tempestivamente aggiorn ato secondo le esigenze epidemiologiche. A tal e Centro, per la parte di sua competenza, potrebbe far capo la Sanità Militare col compito di segnalare le forme morbose necessitanti, dopo la diagnosi, di terapia, riabilitazione e di misure preventive (per es. tbc, cardioreumopatie, malattie sessuali, nevrosi, ecc.). La diagnosi non rimarrebbe allora fine a se stessa, ma troverebbe, nei compiti socio- previdenziali dell'USL, il naturale prosieguo e completamento. Non bisogna dimenticare che le cardiopatie sono la malattia del secolo, perchè colpiscono soggetti giovani, nel pieno della maturità e rendimento lavorativo, creando vasti c<! impegnativi problemi non solo per i danni fisici ma anche per queHi economici. Sono dichiarate << malattie sociali » pcrchè interessano la comunità nel complesso e ci devono trovare tutti pronti a portare il nostro contributo seppur modesto, per la loro sconfitta, per un sempre maggior progresso e benessere di tutti. RIASSUNTO. L 'Autore, dopo aver bre,·emente evidenziato gli a$petti sociali delle malattie cardiovascolari, riferisce, :tlla luce di quanto risultato dal controllo a distanza di dieci anni, di giovani esoncr::~ri d::1l servizio militare per cardiopatie organiche, sul-


286 l'importanza del dépistage delle forme misconosciute e sulla necessità di un'azione volta all'educazione sanitaria di massa e ad una dovuta riqualificazione professionale det giovani cardiopatici. Ritiene indispensabile una sempre maggiore e più diretta collaborazione tra Sanità militare e civile, specie nel campo ·delle malattie sociali.

RÉsuMÉ. - L'A. rréfère, après avoir mis en évidence Ics aspects sociaux .cles maladies cardiova9Culaires, à la lumière de ce qui est résulté du controle, à distance de dix ans, de jeunes hommes dispensés du service militaire par des cardiopathles organiques sur l'importance des formes méconnues et sur la nécéssité d'une action didgée à l'éòucation sanitaire de masse et à une nouvelle qualification professionnelle cles jeunes hommcs cardiopathiques. Il retient indispensable toujours une collaboration, la plus grande et la plus dirccte. encre Santé miLitaire et civile, pa!1ticulièrement dans le champ des maladies sociaux.

Su.MMARY. - After briefly pointing out the social aspects of cardiovascular di~>eases, the Author reports on the « ·dépistage >> importance of the ignored forms according to what has come out through ten ye:~rs' contro} of youngmen exempt &om militan• service because of organic cardiopathies. He holds on an action aiming at sanitary mass educacion and at a new and pro fcssional quaJ.ication of cardiopathic youngmen. He mainrains it is essential a greater and more direct collaboration between military Jnd civil H ealth, especially in the field of social diseasc:s.

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s,


CENTRO STUDI E RICERCHE DELLA SA!\ITA. MiLITARE Dìrcuore: Magg. Gcn. Mcd. Dott. C. MusrL.LJ

3o REPARTO • SEZIONE DI CHIMICA E BROMATOLOGI,\

Capo Sezione : T co. Col. Chim. Farm. Dott. L. CrnRO

RICERCA CONTEMPORANEA DEL RAME E DEL PIOMBO NEI PRODOTTI VEGETALI SCATOLATI Ten. Col. Chim. Farm. Dott. Leonardo Cicero S. Ten. Farro. Dott. Vincenzo Gianni

S. Ten. Farm. Dott. Silvio Massa

Dott. Luigi Basili

.

Risolto il problema della ricerca qualitativa c quantitativa <lel piombo nei prodotti alimentari scatolati, si è presa in considerazione la ricerca <lei rame, altro metallo la cui importanza nel campo tossicologico, cd igienico è ben nota, ·dato che la sua presenza è .dovuta, oltre che alla quantità naturalmente contenuta nelle derrate, andhe alla possibile contaminazione di composti anticrittogamici a base di rame, rimasti nei prodotti alimentari per effetto della disinfestazione. Poichè nelle analisi chimico- bromatologiche di molti prodotti viene richiesta la determinazione quantitati va sia del piombo che del rame, si è pensato di mettere a punto un metodo che permettesse il contemporaneo dosaggio dei due elementi, onde soddisfare facilmente le suddette richieste. Inoltre, una volta messo a punto il metodo, ci è parso interessante valutare sotto l'aspetto bromatologico il loro com portamento nei vari prodotti presi in considerazione, anche in rapporto al sistema di conservazione ed al tipo di contenitore adoperato. ToSSICOLOGTA ALIMENTARE DEL RAME.

Il rame ha diverse funzioni negli organismi animali e vegetali, cosl da essere considerato un componente normale anche se presente in piccolissime quantità; tuttavia esso in rapporto agli altri metaJli, è contenuto in concentrazione superiore. Rappresenta il catalizzatore in molte reazioni ossidative di composti organici (sintesi dell'emoglobina) e·d il componente indispensabile <li certi fermenti ossidasici (orto- fenol- ossi dasi). Un uomo di circa 70 chilogrammi possiede totalmen te nel suo corpo 140- 210 mgr di rame.


La tossicità del rame è argomento ancora dibattuto: i suoi sali, avendo azione prevalentemente astringente e caustica formano con i pr.otidi degli albuminati compatti, che ne limitano la penetrazione in profondità. Inoltre, quando vengono introdotti nello stomaco, provocano rapidamente il vomito, evitando in gran parte l'assorbimento. E' noto, tuttavia, che 15 gr di solfato di rame sono la ·dose letale per un uomo di 70 chili. Nella tossicologia pratica i sintomi locali possono essere: sapore metallico, sete intensa, nausea, vomito, dolori gastrici ed addominali e diarrea; mentre gli effetti sistematici comportano danno ai capillari, offesa al rene ed al fegato e stimolazione al sistema nervoso centrale seguita da depressione. Secondo alcuni AA. il rame metallico, assorbito come tale nel sangue, agisce come agente emolitico. Esperimenti hanno dimostrato che la vitamina C viene distrutta dai sali di rame. Gli stessi, inoltre, favoriscono la formazione di idroperossidi, portando all'irrancidimento dei grassi. Grande importanza pratica ha, invece, la questione ·dell'intossicazione cronica, perchè con l'ampio uso agricolo dei sali di rame come antiparassitari e delle stoviglie di rame per la cottura dei cibi, ancora in uso in molte zone del nostro Paese, vengono ogni giorno introdotte con gli alimenti piccole quantità di questo metallo. E' ancora da tener presente l'aggiunta di prodotti a base di rame ai legumi conservati in scatola allo scopo di ravvivare e mantenere il colore verde c l'aspetto di freschezza, dato che si formano combinazioni chimiche tra metallo e prodotti di scissione della clorofilla. L'organismo umano assorbe normalmente con l'alimentazione due o tre mgr di rame al giorno; per il normale metabolismo sono sufficienti .due mgr. Nelle normali condizioni di introduzione ne viene assorbito circa l'un per cento, il rimanente viene escreto per la maggior parte con le feci e solo una minima parte attraverso la via urinaria. I livelli minimi per l'avvelenamento cronico sono scarsamente conosciuti: quantità dieci volte maggiori assorbite attraverso le .diete (20- 30 mgr) sono sufficienti per procurare una intossicazione cronica. Interessante è risultata la conoscenza della successiva localizzazione del rame dopo somministrazione orale: ]'esperienza è stata eseguita con rame radioattivo (Cu 64). Dopo 15 minuti dalla somministrazione la radioattività era localizzata nella albumina serica, dopo sei ore una notevole quantità di essa si era trasferita nell'~- globulina nella quale era rivelabile nella quantità del 70% anche dopo 12 ore. Alla distanza di 24 ore la maggior parte della radioattività era localizzata nella ceruloplasmina c soltanto piccole quantità erano ancora rivelabili nell'albumina. Per quanto riguar.da il campo più strettamente bromatologico, secondo il Buogo nel suo trattato di « Chimica applicata all'igiene» ]a quantità di rame naturalmente contenuta negli alimenti esaminati è la seguente (calcolata in m gr f Kg di materiale fresco edibile):


r6,o

Ceci Spinaci Asparagi Fagioli Crauti Peperoni Piselli

4·7 4·6 3·4 2,6 1>3 o,6

Inoltre la Food Standard raccomanda come contenuto limite in rame: 2 p.p.m. per le bevande e 20 p.p.m. per gli alimenti in genere. Infine possiamo rilevare che, essendo presente in taluni alimenti anche l'arsenico, sebbene in piccolissime quantità, potrebbe verificarsi la formazione di composti rameo - arsenici, la cui tossicità è di gran lunga superiore a quella del rame e dei suoi sali. PARTE SPERIMENTALE.

Per il rame, in un primo momento, era stato applicato il medesimo metodo usato per la ricerca e determinazione del piombo nei prodotti ittici scatolati (r). Si è constatato però, che con il suddetto metodo si perdeva durante la calcinazione parte d ei sali di rame contenuti nel prodotto (vedi tabella riassuntiva). Si è proceduto, pertanto, ad una modificazione del trat-

T ABELLA RIASSUNTIVA

Quantità di Rame e di Piombo espressa in milligrammi per chilogrammo di prodotto tal quale. A SPARAGI

Rame

Piombo

3·2 5 3,10 2,85 2,90 3,00

0,20 0,2) O, I) 0 ,18

Scatola dorata

,

.

))

)l

))

CEC I

Scatola dorata )l

))

))

li

))

)l

Contenitore .di vetro

assente


291 CRAUTI Cotti all'aceto (metodo A) Cotti all'aceto (m etodo B) Cotti all'aceto Crudi (metodo A) Crudi (metodo B)

Ram~

Piombo

o,65

0,75 I,oo 1,10 0,30 o,65

I,IO

J,20 0,70 1,15 F AGIOLI

Scatola dorata

1,70 1,5o 2,1) 2,30 2,25

0,25 0,20 0,15

o,96 r,oo o,98 o,88

10,00

0,90 I ,OO

0,2) 0,15

1·45 1,10

0,18

0,90 0·97 I,os 0,90

) ,00 6,12 ),82 4; 15

Contenitore in metallo dorato o,6s )l in metallo dorato 0,76 )) in metallo non dorato . 0,75

1,00 1,10 2,10

)l

))

))

))

Scatola non dorata ))

)l

))

I ,OO

o,87

GIARDINIERA ALL'ACETO

Mi sta Mista Mista Mista

Contenitore di latta di latta )) di vetro )) di vetro ))

6,53 1,00 0,90

M ARMELLAT A DI FRUTTA

Pesche Albicocche Ciliege More

Contenitore ,di metallo dorato ))

))

))

)l

)l

))

))

)l

))

))

))

))

O, I O

OLIVE IN SALAMOIA

Scatola dorata ))

))

))

))

))

))

P ESCHE SC IROPP.\TE


Contenitore in metallo non dorato . in vetro )) in vetro ))

Ram~

Piombo

0,70

2,69 0,40 0,29

0,70

0 ·77

PEPERONI

Con olio ed aceto . Scatola dorata )) )l Con olio ed aceto )l Con olio li n Con olio Peperonata n n Pcperonata )>

r,oo

)l

o,8o

0,98

5·00 4·70 o,6o 0,58

))

1,00

assente

1 1 10

O,JS

r,oo

1,15

PISELLI

Al naturale Al naturale Al naturale Al naturale Al naturale Surgelati Surgelati

))

n

r,6o

0,20 0,2)

)l

))

0 ·95

0,30

1 ·57

0,70

0 ·97

1,00

Scatola dorata

Scatola non dorata )l

))

))

1,40

AAll naturalle l stessa scatola non ,dorata \ metodo A natura e 1 i metodo B

1 ·45

assente assente

1 ·35

0,55

2, 10

I,OO

r,8o

0,20

1

0,35 0,48

PoMoooRo Pelati Pelati Pelati Doppio concentrato (conserva) Doppio concentrato (conserva) Doppio concentrato (conserva) Doppio concentrato (conserva) Doppio concentrato (conserva)

·47 ·95 8,oo 5· 2 7 1

1,30 1,05

7,20

1,90

9·37 7·05

r,8o r,6o

SPINACI

Scatola dorata

2 ·45

0,30

)l

)l

2,60

0,28

l)

))

3,8o

o,so

})

n

2,90

assente


~ --+ "

Fig.

1. -

Polarogrammi ottenuti con soluzioni di rame a titolo noto.

tamento iniziale: a 100 gr di prodotto prelevato in modo da contenere proporzionalmente il liquido di con servazione (in linea di massima ci siamo attenuti, per quanto era possibile, alle seguenti percentuali: 8o ~ di prodotto e 20% di liquido) sono stati aggiunti so cc di acido nitrico concentrato cd I cc di acido solforico concentrato; dopo aver lasciato a riposo per 12 ore circa, il m iscuglio viene portato dapprima su bagnomaria bollente, quindi viene completata l'essiccazione in stufa a 140 C. Dopo questo trattamento 0


Fig. 2. - Polarogramma ùi un milligrammo di rame in soluzione pura.

si porta la capsula in muffola awnentando gradatamente e con cautela la temperatura fino a non superare i soo<'C. Ad incenerimento avvenuto, per purificare ulteriormente le ceneri, esse vengono riprese con pochi cc di acido nitrico eone. ed alcune gocce di acido solforico. Si porta cautamente a secco su piccola fiamma e si completa la calcinazione in muffola non oltre 500°C. Si riprendono le ceneri con 20 cc di acido nitrico al 20(!G , si solubilizzano a caldo e si filtrano. La soluzione è così pronta per la determinazione polarografica. Questa è stata eseguita con lo stesso apparecchio polarografico (Polarecord E 261 della Metrohm Erisau) usato per la determinazione del piombo, lavorando anche nelle medesime condizioni tecniche ed elettrochimiche


A

B

c

Fig. 3·

A) Olive in salamoia: Pb = 4,15 m gr / kg.

B) Pesche sciroppare, contenitore in metallo non dorato internamente: Pb =

2,69 mgrf kg.

C) Peperoni con olio e<! acero, scatola dorata internamente:

Pb = 4,70 mgr f kg.

(commutatore di sensibilità di corrente del registratore potenziometrico selcttore ,di modulazione di tensione 30 m Vrms; commutatore della scala di potenziale del registratore potenziometrico 500 m V; elettrolita di supporto KN03 o,r M) variando soltanto il campo di esplorazione (commutatore della scala di tensione di origine - 0,25 V; commutatore della scala di tensione di esplorazione + 1 V). Per il piombo naturalmente iJ campo di esplorazione è stato come per le note precedenti (r- 2) (commutatore della scala di tensione di origine -0,25 V; commutatore della scala di tensione di esplorazione - r V). Sono state effettuate prove con registrazione e velocità di tensione di esplorazione sia a scorrimento lento, che veloce. I pola2.ro- 8 ;


A ...

B

--~~·~-~-~--~~~~~~----------~, ) ------~ o

c Fig. 4· A) Doppio concentrato di pomodoro (conserva): Cu

= 7,05

mgrfkg.

B) Pesche sciroppate, contenitore in metallo dorato internamente: Cu = o,65 mgr fkg. C) C rauti cotti all'aceto (metodo A) : Cu

o,65 mgrj kg.


2 97

A

B

c

Fig. 5· A) Pomodori pelati: Pb =

0,48 mgr f kg.

B) Fagioli, scatola non dorata internamente: Pb = C) Spinaci, scatola dorata internamente : Pb

1,00 mgrf kg.

= 0,50 mgr f kg.

l polarogrammi sono stati effettuati con regi.strnione e commutatore di velocità di tensione a scorrimento lento.

rogrammi riportati sono esempi di entrambi i sistemi di registrazione. Dato che i tracciati ottenuti risultano, naturalmente, differenti in altezza, si è dovuto ricorrere alla costruzione di due relative scale, di cui viene riprodotta come esempio quella a scorrimento veloce (vedi figg. 1, 2). Pertanto le curve di taratura di entrambe le scale sono state eseguite sia con una soluzione pura di solfato di rame, sia aggiungendo quantità note di rame ai prodotti presi in esame. I risultati ottenuti hanno dato una perfetta concordanza.


Fig. 6. Doppio concentrato di pomodoro (conserva): Cu = 5,27 m gr f kg. Polarogramma ottenuto con registrazione e commutatore di tensione di esplorazione a scorrimento lento.

Infine a conferma dei nostri valori otten uti, abbiamo per taluni prodotti, effettuate prove in parallelo con il metodo ufficiale riportato su « Metodi ufficiali di analisi delle conserve vegetali » del Ministero dell'Agricoltura e <ielle Foreste, ottenendo concordanti risultati. Sono stati presi in esame i seguenti prodotti vegetali scatolati di diverse Ditte tra le più note in commercio: Asparagi, Ceci, Crauti, Fagioli, Giardiniera, Marmellata, Olive, Pesche sciroppate, Peperoni, Piselli, Pomodori (pelati c conserva) e Spi naci. Nell a tabella riassuntiva sono ripor tati in mgr / Kg i valori trovati dopo almeno ,due determinazioni per ciascuna voce di ogni


--··--- Noo

o

....

li')

Fig. 7· Conserva di pomodoro: Cu = 7,20 mgr / kg. Polarogramma ouenuto con regi~trazione e commutatore di tensione di esplorazione a scorrimento lento.

prodotto. Per alcuni alimenti (crauti e piselli) la ricerca del rame e del piom-

bo è stata effettuata con ambedue i metodi suddetti per sottoli neare i differenti risultati ottenuti.


A

B o c N

Fig. 8. A) Ceci, contenitore in metallo, scatola dorata: Cu = 2,90 mgr f kg. B) Asparagi: Cu =

3,00 m gr f kg.

Polarogrammi effettuati con registrazione e commutatore di tensione di esplorazione a scorrimento lento.


A

8

F ig. 9· A) Fagioli, scatola dorata: Cu =

2,15 mgr f kg.

B) Spinaci: Cu = 2,45 m gr f kg. Polarogrammi effettuati con registrazione e commutatore •di tensione di esplorazione a scorrimento lento.

0SSERVAZIONI.

Dai dati analitici raccolti dalla sperimentazione effettuata si sono tratte alcune osservazioni concernenti la metodica analitica che ci sembra opportuno sottolineare :


0

- Il metodo da noi messo a punto per la determinazione del rame è simile al metodo già usato per la determinazione ,del piombo nel latte condensato e nel concentrato di pomodoro. Ci è parso, pertanto, opportuno applicarlo senza ulteriori modifiche, dal momento che con questo si sono ottenuti risultati molto esatti per la ricerca di entrambi i metalli. 2° - L'aver fissato la temperatura di calcinazione a non oltre soo"C dipende dal fatto, che contemporaneamente al rame, si è cercato anche il piombo, che come è noto a temperature superiori può perdersi. 3° - La preventiva essiccazione del campione su bagnomaria e quindi in stufa è indispensabile perchè impedisce la proiezione di particelle del cam~ione. stesso, a causa della presenza dell'umidità, durante la successiva calcmazwne. 4° - Durante o prima della calcinazione non occorre aggiungere sostanze ossidanti come ossido di magnesio, soluzioni tipo Ash- Aid, ecc. poichè nelle nostre esperienze abbiamo notato che esse non influivano nelle determinazioni stesse. 5o - Nelle ceneri non devono essere presenti residui carboniosi perchè questi, oltre a trattenere sempre tracce di piombo e rame, creano notevoli interferenze, anche meccaniche oltre che elettrochimiche, nella successiva determinazione polarografica.

I

CoNCLUSIONI.

Le indagini sopra accennate ci consentono di trarre alcune conclusioni che riteniamo utile mettere in evidenza: 0 I - Mentre la quantità di rame trovata nei prodotti esaminati è dovuta esclusivamente sia alla naturale presenza dell'elemento nel prodotto, sia agli eventuali residui di composti anticrittogramici, sia all'aggiunta di prodotti coloranti, la quantità di piombo, invece, cambia sensibilmente col variare del sistema di conservazione. 2 o _ Tra gli alimenti da noi esaminati, quelli che contengono il rame in maggior quantità sono i ceci, gli spinaci, i pomodori e gli asparagi. Per gli uni (ccci) il fenomeno è spiegabile con l'alto contenuto di rame natura!mente presente; per gli altri (asparagi e spinaci) oltre che con la quantità naturalmente presente, anche con l'aggiunta di sali di rame allo scopo ,di rinverdire le derrate; per gli ultimi (pomodori) con l'ampio uso, ancora attuale, di composti a base di rame come anticrittogamici. 3° - Il piombo è contenuto in maggior quantità nei peperoni all'aceto, nelle olive in salamoia, nella giardiniera e nel concentrato di pomodoro. Come è chiaro, nel caso dei primi tre prodotti, l'acidità notevole ed il cloruro di sodio sono i maggiori responsabili del passaggio del piombo nelle derrate; nei pomodori invece, questo passaggio è facilitato oltre che

f •


dal cloruro di :;odio e dall'acidità anche dalla flora specifica (aci.dofila, acidogena ed acidurica). 4• - Interessante è anche notare come varia il contenuto di piombo al variare del liquido di governo: nei peperoni di una stessa ditta, ad esempio, si passa da 5 mgr fkg a o,6 mgr fkg a seconda che il mezzo di conservazione sia l'aceto oppure l'olio. s• - L'importanza del contenitore adoperato risulta evidente ove si osservino le diverse quantità di piombo contenute nella giardiniera e nelle pesche sciroppate, quando questi prodotti siano conservati in contenitori di vetro o di latta. 6• - Infine l'apparente .differenza tra le quantità di rame da noi trovate e quelle date dal Buogo, può essere così spiegata: a) per effetto della cottur a molto del rame contenuto nella derrata passa nell'acqua; si hanno così perdite anche notevoli come per esempio ptr i ceci del 68,7% circa, per gli asparagi del 66,9% circa, per i crauti del 39,2% circa, ecc.; b) mentre i dati dell'autore sopra citato sono riferiti al solo vegetale, nelle nostre determinazioni, invece, si è preferito, per maggior esattezza, lavorare sia sul vegetale che sul liquido di governo (vedi parte sperimentale). Reputiamo importante estendere la ricerca d ei due elementi studiati anche ai prodotti scatolati di origine animale, in considerazione del largo uso che oggi viene fatto di questo tipo di alimentazione: tali eventuali ricerche sono confortate dai buoni risultati ottenuti nel presente lavoro. Inoltre è nostra intenzione allargare il campo sperimentale ad altri elementi anche più tossici quali mercurio ed arsenico. RIAssuNTO. - Gli AA. propongono un metodo polarografico per la determinazione contemporanea del !l'amc e del piombo nei prodotti vegetali scatolati. RÉscMÉ. - Les AA. décrivent un procédé polarographique pour b determination contemporaine du cuivre et du plomb dans les denrées végétales an consen·e.

SuM~L~RY. - A polarographic method for the contem poraneous quantitative analysis of copper and lead in the vegetablc tinned foods, is proposed.

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RECENSIONI DI LIBRI

D1 GtoRCio: Deil'~quo ind~nnizzo a favor~ dd personal~ civil~ ~ militau dello Stato. - Stamperia Arri~tica Romana. La pubblicazione, svolta in stretto riferimento alla giurisprudenza del Consiglio di StatO, rappresenta un pregevole apporto alla conoscenza della delicata materia cd una guida di particolare rilevanza sul piano tecnico - giuridico e pratico. Presentata in \"Olumetto di piacevole veste tipografica e completa dello stralcio delle leggi di riferimento nouchè delle Tabelle delle inftrmità o lesioni indennizzabili e delle T abelle di liquidazione, la pubblicazion~ tratta un argomento di attualità per tutti gli Ufficiali medici cd in specie per quanti sono addetti a compiti medico -legali.

L. DELUCA


RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

MALATTIE INFETTIVE E PARASSITARJE Dow:-~a: A.

W., TAYLOR -Rost:-ISON C. H., CAUNT A. E., N.ELSON G. S., MA!':SON-BAHR P. E. C., MAITHEWs T. C. H.: Il « Tanapox ». Una nuova malattia causata da un virus pustoligeno. - British Medica! Journal, Vol. I- 1971, pag. 363.

Due epidemie di una nuova malattia virale - il Tanapox - si sono manifestate nel 1957 e nel 19(}2 tra la tribù dei Wapatomo, che vive nel Kenia lungo il fiume Tana. Alcune centinaia di persone furono colpite da una malattia febbrile di bre,·e durata, accompagnata da cefalea e prostrazione, e caratterizzata dalla comparsa di una singola pustola ombclicata nella parte superiore del corpo. Un virus pustoligeno, senza alcuna affinità con il virus del vaiuolo o della varicella, è stato identificato come l'agente etiologico della malat.tia. Questo virus si sviluppa solo in culture di cellule umane e di scimmia e riproduce sperimentalmente la malattia soltanto nelle scimmie. La caratteristica e tipica lesione cutanea che provoca il virus è stata riprodotta in esseri umani prestatisi Yolontariamente all'esperimento. Gli studi istopatologici e di microscopia elettronica mettono in evidenza che il virus appartiene al gruppo dei virus pustoligeni, ma le prove sìerologiche climostrano che il virus differisce dagli altri virus che provocano pustole negli animali. Un virus affine a questo ma non identico ha provocato epidemie in alcune colonie di primati negli Stati Uniti. Si ritiene che il « T anapox >> sia una zoonosi e che la malattia \'cnga trasmessa, nella regione del Kenia, dalle scimmie agli uomini.

C. ARcmrru

IMMUNOPROFILASSI

L., BARME M., ToMMA St U. B., BRES P., GAUTHIER M.: Studio sull'utilizzazione di un iniettare a pressione senz'ago ( Ped-0-Jct) nella vaccinazione intradermica con B.C.G. - Medicine Tropicale, vol. 30, novembre- dia:mbre HJ70, pag. 809.

CHAMBON

L'esecuzione di una buona vaccinazione antitubercolare con il vaccino B.C.G. richiede il rispetto di un certo numero di regole, tra le quali una delle più importanti consiste nella inoculazione intradermica di un determinato volume di vaccino. Gli AA. espongono i risultati dì un loro studio il cui scopo principale era qudlo di stabilire se gli iniettori a pressione senz'ago, del tipo Ped-0-Jet, danno risultati paragonabili a quelli ottenuti impiegando la tecnica classica, e cioè quella delle iniezioni intradermiche, eseguite con le comuni siringhe.


L'esperimento è stato eseguito su 2433 bambini dai sette ai sedici anni di età. Questi bambini, dopo una prova tubercolinica prevaccinale, sono stati vaccinati con i due metodi. In seguito essi sono stati osservati a distanza di tre mesi e nove mesi dall'avvenuta vaccinazione allo scopo di controllare l'allergia tubercolinica e le reazioni vaccinali. L'esperimento è Hato programmato in maniera tale da permenere un raffronto statistico sulla efficacia e sulla innocuità delle due tecniche di vaccinazione. I risultati ottenuti hanno messo in evidenza che il Ped-0-Jet è un apparecchio molto utile e preciso, che permette di realizzare le inie-L.ioni intrademriche, ma che non permette di dosare esattamente il volume del vaccino iniettato, a causa della differenza nella elasticità della pelle, esistente tra un individuo e l'altro. Questo inconveniente non compromette però in alcun modo l'esito della vaccinazione eseguita con il Ped-0-Jer; infatti l'allergia tubercolinica osservata con questo metodo di vaccinazione è dello stesso ordine di grandezza di quella osservata, impiegando il metodo della comune siringa. Anche il diametro medio di necrosi cuLanea osservato con i due metodi è grosso modo dello stesso ordine di grandezza sebbene nelle inoculazioni eseguite con il Ped0-Jet, esso appaia leggermente più grande di quello risultante dalle inoculazioni con la comune siringa. Il che non costituisce un vero c proprio inconveniente in quanto in nessun caso di vaccinazione eseguita con il Ped-0-Jet sono state osservate complicazioni, quali ad es. ascessi cutanei o adeniti suppurate. Gli AA. hanno inoltre osservato che nel 95 % dei soggetti vaccinati con la tecnica del Ped-0-Jet, residua sul punto di inoculazione una cicatrice c·he è un segno rivelatore dell'avvenuta vaccinazione. Dai risultati positivi ottenuti con la tecnica di vaccinazione antitubercolare a mez:.Cò dt iniettore a pressione senz'ago, gli AA. deducono che l'iniettore Ped-0-Jet può essere impiegato con grande utilità e senza pericoli nelle campagne di vaccinazione di massa con il vaccino B.C.G.

C. ARCHITTU

S I LVER

M. D., LA.M J. [L C., RANCAN.o\11-IAN K., Wtcu: E. 0.: Morphology of the Circul. I9'JI, 43, 333, 347·

human tricuspid valve. -

Gli AA., che hanno di recente riesaminato la morfologia della mitrale stabilendo una migliore correlazione clinicopatologica nei vari tipi di anomalie mitraliche, riferiscono adesso i loro risultati di uno studio su 50 valvole trkuspidi di cuori normaJi (soggetti maschi e femmine di varia età), continuamente precisando le concordanze c le differenze rispetto alla mitrale. Le corde tendinee della tricuspide possono essere classificate in 5 tipi: le corde tendince a ventaglio, <JUeUe della zona rugosa dei lembi, quelle basali e, uniche nella tricuspidc, le corde tendince profonde c quelle del margine libero. Le corde tendinee profonde sembrano fornire una seconda arcata dell'attacco del lembo e forse esse sono necessarie a causa della maggiore larghezza dell'anello valvolarc e del più ampio tessuto valvolare che discende nella cavità ventricolare. Questa classificazione, che si discosta dalla precedente di Tandler (tre ordini solo di corde tendinee), è migliore soprattutto pcrchè permette un più esatto rapporto fra il lato di inserzione e la loro funzione. Essa inoltre permette una più chiara defini. zione delle comrnissure, aiutando in tal modo a risolvere alcune contrdversie circa l'anatomia della valvola.


Per quanto riguarda i lembi vah-olari, anche se ancora in molti testi si affermi che essi sono tre, sJ accenna anche che il loro numero può variare a volte sino a 5 per la presenza di lembi accessori. Definite bene invece le commissure, si riesce a concludere che i lembi della tricuspide sono solo tre, uno anteriore, uno posteriore ed uno senale. Sono proprio le corde tendinee a \'entaglio che pos!>Ono rappresentare un utile punto di repere per la definizione delle commissure, ma, in loro mancanza, altri punti di repere possono essere usati. La presenza occasionate di una intaccatura profonda nel lato posteroscttale del lembo settale ed in quello anterosettale del lembo anteriore non significa che esista un lembo accessorio ( 1). Anche la superficie dei lembi della tricuspide può essere divisa in tre zone, come nella mitrale rugosa, basale e chiara, ma nella tricuspide la seconda è presente in tutti i lembi e si estende nelle aree commisurali con la presenza occasionale di corde tendinee. L'origine obliqua del lembo settale ed il suo attacco alla parete senale del ventricolo con corde tendinee corte suggerirebbe che questo lembo può essere il meno mobile dei tre e forse anche il più suscettibile alla insufficienza SOlto lo stress \'entricolare. Le imprecisioni anatomiche e morfologiche sinora esistenti nella tricuspide sono forse dovute al fatto che la commissurotomia ~icuspidale è stata molto meno frequente di quella mitralica. MELCHJONDA

MEDfCINA DELLO SPORT

D.: Cardiovascular observations on Tarahumara Indian runners the modt:rn Spartans. - Am. Heart J., 1971, Br, 304·314.

GROO}i

I Ta.rahumara sono una strana tribù primitiva, poco conosciuta, di Indi:mi residenti in un'area isolata di montagne che circondano lo spartiacque del Messico settentrionale. Il loro nome è probabi lmente una corruzione di « Raramuri » che significherebbe « piede veloce ». Più che la guerra, incentivo per lo sviluppo fisico fra i pacifici Tarahumara è la rude necessità di vita. Il loro sport preferito è una gara caratteristic.'l, il << kickball '' che consiste nel correre, a squadre, continuamente, di giorno e di notte, calciando col dorso del piede una palla della grandezza di una palla da tennis. Vi sono gare nelle quali si percorrono, in percorsi impervi, distanze lineari di 75 miglia, ma vi sono gare maggiori per le quali SI percorrono per due giorni e due notti perfino 150 miglia c piLI. Queste gare danno luogo anche a scommesse e sono circondate da molto misticismo e da una notevole esaltazione p~ichica. L'A. riporta quanto è noto dai racconti degli esploratori e sopratutto quanto può essere riferito dal Padre Llaguna, missionario di. una missione vicina alla loro area di residenza. Il loro linguaggio, strano cd unico e che non conosce scrittura, e la loro notevole rjtrosia a qualsiasi avvicinamento medico strumentale rendono difficile uno studio accurato della loro straordinaria capacità di resistenza che esula da qualsiasi esperienza raccoglibile da altri atleti civili, come gli olimpionici. I Tarahumara sono dei soggetti molto magri e bassj, ma con masse muscolari bene compatte, si alimentano prevalentemente ma scarsamente di corboidrati e molto più scarsamente di proteine animalj, gareggiano con i cervi di cui varmo a caccia, bevono la tesguina, prodotto di fermentazione dei germogli .di grano, fumano tabacco avvolto in gusci di mais. (1) Una \'olta ddinite le commissure, rutto il tc~suto valvolare fra esse fa parte dei lembi.


Un po' meno primitivi sono quegli Indiani che vivono nei dintorni delle missioni cd è approfittando di questa minore difficoltà di avvicinamento che l'A. riferisce di una gara di corsa organizzata su due squadre di 4 corridori ciascuna, dai 22 ai 32 anni, tutti normotesi e normofrequenri, per un percorso totale di 28 miglia circa. Sono degni di nota alcuni dati fisiologici: perdita. di peso di ca. 5 libbre, marcata diminuzKone della pressione sistolica e diastolica (questa scende a volte sino a zero) che però risale entro pochi minuti. Le frequenze cardiache sono state, a fine di corsa, di 120 - rso battiri f min in ortostatismo. In nessuno fu mai osservato aumento dell'aia cardiaca ai raggi X, ma purtroppo non furono potute eseguire misurazioni dello spessore delle pareti vcntricolari. L'A. si attarda a discutere sui fattori biologici capaci di spiegare questa straordinaria resistenza che va al di là di ogni comprensione biologica: ad es. perdono per cffetro di una gara cli 100 miglia più di 11.000 calorie, presentano oliguria c perfino anuria che perdura anche per giorni dopo la gara. Nessuno mai si è dovuto ritirare dalla gara per dolori al torace e nessuno mai è morto durante la gara. Sembra che l'unico fattore limitante di queste maratone sia non il miocardio, ma la muscolarura scheletrica delle gambe. Secondo l'A. una spiegazione per questi loro straordinari meccanismi di adattamento può essere, sulla base di una rigida selezione naturale nei secoli, la discesa, invece che l'aumento della pressione arteriosa e specialmente della diastolica durante ed immediatamente dopo la gara. Queste loro caratterisùche di straordinaria resistenza allo sforzo sembrano possano considerarsi come una evidenza che molti di noi, portati alla vita sedentaria della ci\·iltà odierna, sviluppiamo realmente ed usiamo solo una frazione della nostra riserva cardiaca potenziale. MELCIIIONDA

MEDICINA LEGALE PococK W. A., BARLOw J. B.: Postexercise arrhythrnias in the billowing posterior mitra/ leaflet syndrorne. - Am. Heart J., 1970, 8o, 740 · 745· L'associazione di un soffio telesistolico, di un click da non ejezione, di un modesto rigurgito mitralico e di un rigonfiamento del lembo posteriore della mitrale è ora bene documentata. In questa sindrome, spesso familiare, si possono associare alterazioni ecgraficbe del tipo ischemia miocardica posrero- inferiore, aritmie (extrasistoli atriali o ventricolari, fibrillazione atriale), dolore toracico e palpitazioni. Nonostante la conclusione che detta sindrome sia da considerarsi cc benigna», è stata documentata in alcuni di questi soggeni una morte improvvisa, specie in seguito ad un modpsro sforzo. Gli AA. hanno studiato le modilicazioni ecgrafiche da sforzo in 3 soggetù giovani, di cui uno però di 21 anni che essi aggiungono alla loro casistica personale precedente ed a quella della letteratura. Essi discutono il significato dell'alterazione di tipo ischemico delle alterazioni ecgrafiche (interferenza secondaria con il rifornimento coronarico forse conseguente ad una anormale tensione e stiramento di un muscolo papillare o ad una distorsione della branca circonflessa delh coronarica sn. nel rolco a- v), la eùo-patogenesi dell'alterazione valvolare o cordiale (anormalità molto spesso primaria piuttosto che secondaria ad una disfunzione del muscolo papillare) e di quella della morte improvvisa (vcrosi-


milmente ad una insorgenza di fibrillazione ventricolare, specialmente in seguito a numerose extrasistoli ventricolari multifocali della varietà R su T). Fino a che la risposta a rutti questi quesiti non sarà delucidata, tutti i pp. con questa sindrome, con o senza il quadro ecgrafico, debbono essere considerati sotto il rischio di una morte improvvisa inaspettata, anche se il loro quadro ecgrafico sia rimasto immodificato per mesi od anni. Essi pertanto suggeriscono che tutti questi soggetti siano sottoposti ad un ecg da sforzo e che, se compaiono contrazioni ventricolari premature, sia istituita una terapia con propranololo da solo od associato con fenil - idantoina. MELCHIONDA

DEuvs W ., ENCHOFF E.: Studies of the centrai and peripheral hemodynamic effects of amyl nitrite in patients rvith aortic insttfficìency. - Circul., 1970, 42, 787 · 796· Gli effetti emodinamici del nitrito di amile sono ben noti e sono attribuiti ad una marcata caduta della pressione arteriosa sistemica, alla tachicardia e ad un aumento della portata cardiaca, pur essendo accettato che gli effetti centrali sono dovuti ad una dilatazione arteriosa e ad una costrizione venosa. A questo riguardo però poche misurazioni sono state fatte. Il nitrito di amile è un farmaco bene adatto per studiare la regolazione dd sistema cardiovascolare, anche perchè esso è innocuo e permette una buona riproducibilità dei fenomeni. Gli AA. hanno eseguito questo test in un gruppo di 1 I pp. con insufficienza aortica grave ed isolata ed in un gruppo di altri 7 pp. con insufficienza aortica di media gravità combinata con altre lesioni. Sono stati studiati gli aspetti generali dell'effetto del nitrito di amile sul circolo centrale, sui letti vascolari venoso ed arterioso e quelli particolari sul letto vcnoso. Viene riconferm:lto l'aumento della portata cardiaca subito dopo la caduta massima della pressione arteriosa sistemica. Di particolare interesse si sono però dimostrati gli effetti sul letto venoso. In contrasto con le affermazioni precedenti, le ricerche eseguite sembrano permettere l'affermazione che l'effetto totale del nitrito di amile non è dovuto ad una dilatazione arteriosa generale, essendosi osservata una chiara differenza nella reazione fra i vasi muscolari delle estremità superiori ed inferiori. Si è <>sservata una venocostrizione pr<>nunziata sia nell'avambraccio che nel polpaccio, La quale causerebbe un aumento del ritorno venoso. Sarebbe proprio questo il responsabile dell'aumento della portata cardiaca. La reazione al nitrito di amile non è stata significativamente differente nei due gruppi di pp. MELCHIO!WA


SOMMARI DI RIVISTE MEDICO- MILITARI

INTERNAZIONALE REVUE INTER. ATIONALE DES SERVICES DE SAl T~ DES ARMÉES D E TERRE, DE MER ET DE L'AIR (n. r, 1971): Kovacs L.: Alcuni aspetti dell'igiene alimentare nelle Forze Armare ungheresi durante un lasso di tempo di 10 anni; Chippaux G., Nosny P.: I t,aumatismi del fegato. Osservazioni su 63 casi. REVUE INTER 1ATIO 1ALE DES SERVICES DE SANT~ DEs ARMÉE$ DE TERRE, DE MER, DE L'AIR (n. 2, 1971): Redazionafe: Simcsi delle relazioni al V Corso Internazionale dì perfezionamento per giovani ufficiali medici.

ITALIA

ANNALI DI MEDICINA NAVALE (A. LXXVI, fase. r, gennaio-febbraio 1971) : Arosio G., Mocavet·o G. : Problemi di anestesia e di rianimazione a bordo delle navi mercantili di navigazione; Gallone L.: Indirizzi attuali nel trattamento delle gravi ustioni; Nicolini R., Cuttin D.: Problemi trasfusionali a bordo delle navi; Terzi J.: Prospettive di impiego dei mezzi trasfusionali nell'organizzazione del soccorso sanitario a bordo; Guarini L., Baldassarre G.: Le reazioni post- trasfusionali; Baldassarre G., Guarini L.: La plasmaferesi (tecnica od utilità) nei grandi ustionati; Pcnnacchia S.: Problemi di anestesia e rianimazionc a bordo delle navi; Postiglione M.: Che importanza ha la malaria, per il navigante, al giorno d'oggi?; Tccializich H.: L'assistenza medica del lattante a bordo delle navi; Casti G.: Nuovi concetti di terapia odontoiatrica d'urgenza in na\'igazione; Tortori Donati N.: La disinfestazione a bordo delle na\·ì; Postiglione M.: L'istruzione sanitaria del personale di bordo; Marass l . : L'edilizia ospedaliera come fattore terapeutico; Zorn E.: Problemi medici del trasporto per m:J.re delle merci pericolose.

FRANCIA LE MEDECIN DE RESERVE (A. 67, n . 2 , marzo - aprile 197r): Raynaud G.: N uovi metodi di m iglioramento della vi>ione notturna dei combattenti; Bellaud R.: Psicologia di guerra.

GRECIA H E LLENIC ARMED FORCE$ MEDICAL REVIEW (Vol. IV, n. 6, dicembre

1970): Kodakis A., Georgiou V., Antonakìs E., Mìchaclidis G.: Gruppi sanguigni ABO e infarto del miocardio; Schizas N., Yannitsiotis A., Demertzis D., Achimasros


312

A., Mandalaki T.: L'epatite virale c l'antigen~ Australia; Demoeliopulos f., Matthaiou Z.: La morbosità da tubercolosi polmonare nelle reclute greche; Vast!akis f., Mantzaris V., Boudouris f.: Esperienza sul trattamento delle complicnioni da ulcera duodenale con la vagotomia e la piloroplastica; Papastravou T h., Panabiotpou/os N.: Flora microbica dello zucchero prodotto in Grecia; Angelidis A.: . uove tttniche terapeutichc in psichiatria; Deliyannakis E., Panagopoulos C h., Kouretas N.: Simul:1zione delle malattie mentali nell'Esercito c difficoltà diagnostiche; Kotsijopoulos P. N.: Gli anioni nell'alcolosi metabolica; uonìdis S., Defaranas E., Panagopoulos N.: Lo scivolainemo delle estremità inferiori del femore; Symeonidis P., Pagalidis A.: La rotu1a multipartita e i problemi della sua diagnosi differenziale; Katikos G.: Lenti a contatto; Vafìadis S., Koumenti1kou K.: Carcinoma alveolare primario del polmone; Papoutsakis S. , Haìdemenakis f., Glymis N., Papathnasìou C.: L'ulccrazione da ana~tomosi; fordanidt s T/1.: Su di un caso di ~personalizzazione Ja inquadrare nella sindrome di Koro; Linardos G., Theodoropoulos G.: Su di un caso di osteopoichilosi; Kokotas N., Contogeorgos P., Zissis f., Karabelas B.: Carcinoma a tipo embrionale del testicolo; Tossio f f.: Lipoma sottosieroso dell'intestino tenue; Arabat:::ìs G.: Il futuro dei laboratori di biochimica.

JUGOSLAVIA VOJNOSANITETSKI PREGLED (A. XXVIII, n. r, gonna io 1971): Zovic D.: Sull'efficacia del ricambio d'aria assicurato dalle finestre nelle camerate dei soldati; Petrouic M. e Col/.: Flora batterica dell'intestino tenue nelle persone con resezione sub-totalc dello sromaco; Tokin I. e Col/.: Effetti della soluzione lattica di Ringer del destr:1no e del sangue in toro sulla sopravvi,·enza dei ratti salassatì acutamente; Arsie B. e Col/.: Novità in epidemiologia; Roncevic R. e Col/.: La preparazione dei soggetti emofiliaci alle estrazioni dentarie e agli interventi di chirurgia orale. VOJ ·osANITETSKl PREGLED (A. XXVIII, n. 2, febbraio 1971): Morelj M. e Col/.: L'epidemia influenzale da virus H ong-Kong nelle Forze Armare jugoslave; Kraguljac V. e Coli.: Problemi chirurgici nella ricostruzione dci difetù del cranio; Duknìc M. e Coli.: Le nostre esperienze nel trattamento dei tumori benigni dello stomaco; Petrovic D. e Coli. : Dermatosi profcssion:1li causare da liquidi refrigeranti nella lavornione dci metalli; Radovic M . e Co/l.: La terapi:1 ematica nell'attività ambulatoriale dei Policlinici; Bervar M. e Coli.: Lesione chiusa del pancreas; Bunta S.: Più lavorano i medici pratici e meno si ricorre agli specialisti.

REPUBBLICA FEDERALE TEDESCA WEHRMEDIZINISCilE MONATSSCHRIFT (A. 15, n. 2, febbraio I97I): Seeman K., Sontag M.: Lesioni delle caviglie nei nuotatori che impiegano le pinne; Kleinhans G., Wiegand D., Fische,. W.: Il problema della riùuzione dell'attività mentale e fisica nelle persone soggcne a vaccinazione. WEllRMEDIZIN ISCI-JE MONATSSCHRIFT (A. rs, n. 3, marzo 1971): Poetzsch M.: Cinque anni di attività clinica degli ufficiali medici della Sanità Militare dell'Esercito nella facoltà medica di Magonza; Fassbender Il. G.: Meccanismi della


morte nella prima fase dello shock; Becher T., Fassbender H. G., Schafer R.: Le morti improvvise nelle Forze Armate tedesche; Altwein f., Mait-ose U. B., Tic h w· f. E.: Le alterazioni tessutali iniziali nello stomaco c nel duodeno durante la prima fase della morte da shock; Butz Jf., Hess K.: Rilievi sulle alterazioni dei fattori umorali dopo irradiazione con raggi X negli animali in parabiosi; Rockert H., Altwein ]., Streit W.: Alterazioni morfologichc e funzionali dopo trapianti in cellule dello stomaco; Richter l. E., Bierther M., WegnCJ· K.: Ricerche clettromicroscopiche nell'epitelio gastrico del ratto nella prima fase dello shock acuto; Brtming Brinkmann K.: Reperri autoptici nell'infarto del miocardio negli ipcrtesi; Heckmann K., Ritter K., Scwedler T.: Alterazioni microcircolatorie nei tessuti centrali c periferici nello shock ipovolemico.

ROMANIA REVISTA SANITARA MlLITARA (n. 6, novembre-dicembre r97o): Augusth1 A., Menaide l.: Stato attuale del problema dei traumatismi conseguenti a traffico stradale; Augustin Al., Deac R., Jacob M., Dragomirescu L., Menaide 1., Moldovan l., Nìculescu C h., Oancea T r., Rasiga l., Suteu l., Tarcoveam~ C h.: Le caratteristiche dci traumatismi conseguenti a incidenti del traffico nelle Forze Armate romene; Badralexe L.: I l ruolo del fattore umano negli incidenti del traffico; Costachescu Gh ., Oancea Tr., Niculescu Gh., Baciu D.: r problemi della rapida diagnosi c dei provvedimenti terapeutici nei casi di numerosi traumatismi dovuti a incidenti del traffico; Oblu N., Sandulesct4 Gh., Cozma N., Aldescu C., Tetraru M.: Aspetti neurochirurgici degli incidenti del traffico; lacob M.: La terapia di urgenza nelle lesioni della testa e del midollo spinale dovute a incidenti del traffico; Chipail Gh., Diaconescu M., P/esa C., Dragomir Cr., Teodorescu C., Stratatl l.: Lesioni del torace dovuti a incidenti del traffico; Oancea Tr., Popescu P., Stefanesctt- Galati T.: Difficoltà di trattamento dei politraumatizzati con lesioni toracichc e necrosi dei tessuti molli; Butureanu Vl., Lazar C., Chi fan M., Strat V., Dolinescu C.: Difficoltà di diagnosticare le lesioni addominali nei politraumatizzati; Suteu l., Vaideanu C., loan Gh., Mancas 0., Dimitriu R .• Boca A.: La puntura esplorativa addominale come metodo diagnostico nella chirurgia dell'addome acuto; Botez R., Gotia D.: Lesioni addominali chiuse nei bambini in seguito a incidenti del traffico; Suteu l., Vaideanu C., Ci ndea V., Dimitriu R.: Lesioni vascolari degli arti inferiori negli incidenti del traffico; Nuculescu Gh., Baciu D., Danciuloiu Al., Babolea C., Savu St., Bua~ A., Fulop A.: La nostra esperienza nd trattamento delle lesioni degli arti inferiori dovuta ad incidenti del traffico; Augustin Al, Grigorescu C., Man"nescu l., Roman !., Boldisor A.: Il comportamento terapeutico nelle lesioni uretrali del traffico; Predescu C., Tetu G., Glazov C.: Considerazioni cliniche sulle lesioni della piramide nasale negli incidenti del traffico; Stanicioit.l Gh., Chinta Gh., Iliescu 0.: Le caratteristiche deUe lesioni maxillo-facciali dovute a incidenti dd traffico; Maiorov M., Vasile Al.: Ustioni riportate in incidenti del traffico; Atanasescu S., Marda1·i l., l ofcea T., !Zie Al., Antofie D., Hristea R.: Consi•dcrazioni su traumatismi da incidenti del traffico curati in un reparto di chirurgia generale; Tuleasca [., Birsu D., Gradinaru l.: Aspetti degli incidenti del traffico nei bambini; Ca/in V., Ghisoiu M., Nica /., Cali n E.: Pronto soccorso negli incidenti dd traffico; BandiTa T r., Cindea V ., Novatsek A., Teodorescu - Exarau L.: Cure di emergenza negli incidenti del traffico; Miron Al., Carini V.: La lotta contro le infezioni negli incidenti del traffico; Tudosie A.: L'atti\ ità dello specialista in terapia intensiva negli incidenti del traffico; Tarcoveanu Gh., Petca Gh. , P/oscam V.: E' risolto il problema dell'assistenza medica negli incidenti del traffico? Le caratteristiche fisiopatologiche della moderna traumatologia.


SPAGNA MEDICINA Y C IRUGIA DE GUERRA (V. XXXII, n. 6, giugno 1970): Gonza/es Spinola A.: L'organismo e la malattia infettiva; Atienza N i no ]. P.: Effetti della ipotermia mediante refrigerazione e dell'ibernazione artificiale su alcuni :tspetti istochirnici della ghiandola surrenale della ca\•ia; .\.farube Dd Casti/lo ]. : Relazione sulla riunione della Associazione internazionale dello strabismo. MEDICINA Y CIRUGIA DE GUERRA (Vol. XXXII, n. 9, settembre 1970): Criado Amrmategui A.: Educazione medica dei quadri e del personale dell'Esercito J tutti i livelli in materia di igiene e di trattamento di pronto soccorso; Triguero Pena/ver F.: Pianificazione di un ospedale in caso di catastrofe; Meri no Peinado A.: Il C.I. R. c la selezione medica delle reclute; Grane/l Font ]. , Aznar Aznar A.: Esperienza sulla determinazione dei gruppi sanguigni c del fattore RH con la metodica di Eldon.

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NO T I Z I A RIO

NOTIZIE TECNICO- SCIENTIFICHE Malattie infettive: il bilancio del 1970. H Ministro della Sanità ha fatto il punto sull'andamento delle principali malattie infettive del 1970. La meningite cerebro- spinale epidemica ha avuto nel 1970 un andamento severo, con 2955 casi denunziati contro i 2224 del 1969 e i 2681 del 19()8. Nei primi mesi del corrente anno la malattia ha assunto, dovunque, un andamento più favorevole: nel trimestre testè decorso ne sono stati denunciati 821 casi contro i 14o6 del primo trimestre r<)68. La febbre tifoide ha mantenuto nel 1970 l'incidenza degli anni precroenti, con 11.551 casi denunziati contro gli I1.461 del r<)li9 e gli 11.714 del 19l)S. L'incidenza maggiore si è verificata nelle regioni meridionali ed insulari. L'epatite virate che negli ultimi anni ha mostrato un andamento in continua ascesa ha fatto registrare nel 1970 una sensibile diminuzione dei casi: ne sono stati denunziati, in detto anno, 46.459 contro i 54.259 del 15/>9 ed i 50.354 del 1968. Per la difterite e il tetano si sono registrati nel 1970 ulteriori progressi, in rapporto al miglioramento della coscienza vaccinale della popolazione. Sono stati denunziati 837 casi di difterite, contro i 997 del 1969 e i 1949 del 19l)S: il progresso può essere valutato appieno se si tiene conto che nel quinquennio 1g61- 6s si verificavano in media oltre 3.000 casi all'anno. I casi di tetano sono stati 398, contro 402 del 19()9 e i 547 del 1g68: la morbosità si è quindi, pressochè dimezzata rispetto alla media del quinquennio rg6r - 6s (752 casi all'anno). Per quan to rigu::trda la poliom ielite nello scorso anno sono stati denu nz iati 6o casi (pari a un quoziente di 1.1 a1so per t milione di abitanti) contro i 64 casi .del 15)69 e i 90 .del 19f}S. La loro di~tribuzione territoriale è stata la seguente: 19 casi si sono veri/ìcati nelritalia settentrionale (o,8 per milione di abitanti), 3 nell'Italia centrale (o.3 per milione di abitanti) 24 nell'Italia meridionale (2,5 per milione di abitanti) e 14 nelle isole (2,2 per milione di abitanti). NeUa grande maggioranza (85 per cento dci casi) sono stati colpiti soggetti non vaccinati, che non avevano portato a termine la vaccinazione: la malattia ha continu:no, poi, a interess:1re soprattutto bambini del 2" semestre e del 2" anno di vita (49 casi su 6o). Di qui la necessità che i nuovi nati siano tutti protetti, e tempe~tivamcnte, iniziando la vaccinazione nel 3° mese di vita.

Inibito il virus dell'erpete labiale. Un virus che provoca l'insorgere dello sfogo carattcn sttco alle labbra noto come «erpete labiale » nell'uomo - parente stretto di certi virus cancerogeni sugli anim::tli --=- è stato « addomesticato » con succes<;O da ricercawri americani.


Per prevenire l'infezione di erpete in topi e conigli, gli studiosi hanno utilizzato acido ribonucleico sintetico (RNA), un materiale genetico che si è rivelato efficace anche nella terapia di animali di laboratorio colpiti da « herpes simplex >>. TI lavoro costituisce un passo importante verso h realizznione di un vaccino contro l'erpete semplice e, allo stesso tempo, un punto di partenz..'l per ricerche su eventuali agenti immunizzanti contro certi cancri dell'uomo. Protagonisti della scoperta sono il dott. Leonard D. Hamilton, del Centro Ricerche Mediche del Laboratorio Nazionale Brookhaven, dipendente dalla Commissione Americana per l'Energia Atomica e il dott. Chester M. Southam e la dott.ssa Virginia I. Babcock, dell'Istituto Sloan- Kettering di Ricerche sul Cancro a ~ew York. L'« herpes simplex » ha una gamma di virulenza contro l'uomo non perfettamente conosciuta. Il più delle volte provoca piccole bolle sulle labbra che si cicatrizzano in una settimana o due. In taluni casi provoca gravi infezioni agli occhi che portano alla cecità e, talvolta, infezioni dell'inrero organismo che portano alla morte. E' stato accertato che alcuni virus di tipo analogo producono il cancro su animali. Secondo i tre studiosi americani, due tipi di RNA sintetico a doppio legame hanno protetto i topi contro infezioni si~tematiche di erpete semplice ed hanno impedito lo sviluppo del virus su cellule umane in coltura di tessuti. Un gruppo di topi non immunizzati in precedenza con l'RNA sono invece morti dopo essere rimasti esposti al virus. cc E' questa la prima volta, che viene annunciato che un agente è riuscito a combattere un'infezione sistematica>>, hanno :.ottolineato i ricercatori. Secondo i tre scienziati, l'RNA interviene aumentando la produzione di interferon, una so~tanza naturale negli organismi umano e animale che assicura la difesa contro le infezioni virali. La vaccinazione antitumorale. Presto avrà inizio la prima vaccinazione antitumorale. Lo ha annunciato il Prof. M. A. Epstcin dell'Università di Bristol nel corso della sua conferenza alla Fondazione Carlo Erba. Questa vaccinazione verrà fatta in Africa perchè in questo continente si manifesta molco frequentemente nei bambini un tumore mortale (linfoma), che colpisce soprattutto le linfoghiandole. La vaccinazione verrà fatta con un virus Herpes reso inoffensivo mediante precauzioni particolari, quelle stesse che sono state seguite nella preparazione del \'accino antipolio e anùrosolia. Non c'è altra possibilità - ha detto Epstcin - che quella della vaccinazione per provare che il tumore umano è dovuto a un virus. Epstein a questo punto ha ricordato le lente tappe della virologia tumorale. Fu nel 1912 che il dott. Rous scoprì il primo virus tumorale, un virus che provoca il tumore dei polli. Rous ebbe il premio Nobel solo nel 19<)6 per questa sua scoperta. Nel 1937 Bittner scoprì il virus del cancro mammario del topo. Nel 1951 Gross scoprì il virus della leucemia del topo. Epstein scoprì nd 1964 il virus del tumore africano, e si appresta ora a preparare un vaccino. Epstein ha ricordato i11oltrc la recente scoperra .di virus anche nel cancro mammario umano. Nel latte di donne appartenenti a famiglie con alta frequenza di cancro il virus può essere presente nel so% dei casi. Nelle donne Parsi in India - donne particolarmente colpite dal cancro mammario - il virus è stato trovato nel 40% delle donne. Alcune di esse diventano portatrici del virus e non si ammalano di cancro, altre invece sl.


E' come per gll altri virus, dell'epatite per esempio, 111 cw ci sono ponatori sani ed altri che ammalano di epatite.

Le vaccinazioni in gravidanza.

Il problema delle vaccinaz..ioni in gravidanza presenta alcune caratteristiche singolari - rileva L. Dardanoni (Annali Sciavo, 12, ro6, I9'JO) -: infatti gli aspetti positivi c negativi d i ciascuna vaccinazione vanno considerati da un duplice punto di vista, rispettivamente della madre e del prodotto del concepimento. In altre parole, un intervento immunoprofilattico attivo può essere effettuato sia per la protezione della gestante che del neonato (attraverso il noto meccanismo dell'immunità attiva congenita); d'altronde una vaccinazione, certamente innocua per la madre, può non esserlo per il prodotto del concepimento nelle sue diverse fasi di sviluppo. Viene rilevato il rischio della vaccinazione con virus vivi ed attenuati, che comporta la possibilità più o meno frequente di wu fase viremica con possibilità di una localizzazione placentare e successiva infezione del feto. Altri due motivi di possibile controindicazione sono l'acquisi?Jone di tolleranza immunologica da parte del neonato agli antigeni vaccinali inoculati alla madre e l'interferenza degli anticorpi di origine materna ~u lla immunizzabilità del neonato. La vaccinazione io gravidanza va considerata alla luce dell'entità del rischio specifico di malattia, sia della madre che del neonato. Pertanto ogni decisione va subordinata ai risultati dello studio epidemiologico ed è suscettibile di modificazione col mutare nel tempo c nello spazio, delle condizioni epidemiologiche. Nell'attuale situazione sembra opportuno consigliare l'esecuzione di vaccinazione (o meglio rivaccinazione) antitetanica a tutte le gestanti tra il 2 ° e il t mese, somministrando 3- 2 - 1 dosi di anatossina ad intervalli di 3- 4 l>Cttimane, a seconda se si tratta di prima vaccinazione o di riohiamo, c in questo ultimo caso, della distanza dall'ultima inoculazione (ciò perchè vi sono ancora casi, sia pure infrcguenti, di tetano puerpcrale e neonatale, e per la relativa prevedibilità della data di esposizione al rischio). In secondo luogo si suggerisce anche l'esecuzione della vaccinazione ami- influenzale in periodo pre - epidemico: è infatti indesiderabile che la gestante vada incontro ad un attacco di in fluenza, specie nei primi mesi di gravidanza (anche se insufficientemente dimostrato il sospetto che il virus influenzale sia fornito di azione teratogena), poichè va in ogni caso evitato possibilmente il moYimento febbrile che suole accompagnare l'influenza. A queste indicazioni, per co~ì dire assolute, potrebbero aggiungersene altre, ad es. le vaccinazioni antiadenovirus od anti - paramixovirus, quando si avrà sufficiente esperienza al riguardo; il gruppo delle vaccinazioni « permesse » in caso di rischio inevitabile (antitifo, paratifica, anticolerica, ecc.); infine le vaccinazioni antidifterica e quelle antipoliomielitica ed antimorbillosa (con agenti inattivati) solo nel caso che le indagini epidemiologiche e inchieste sierologiche apposite dimos~ri.no lo spostamento della malattia rispenivamentc ai primi mesi di vita ed alle età più avanzate e la riduzione della frequenza di tassi significativi di anticorpi nelle madri e nei neonati.

Sindrome del « cri du chat ». Fu individuata e descritta da Lejeune e coli. nel 191}3: attualmente i casi descritti si aggirano sul centinaio, tra i q uali uno descritto da C. Ia.nnuzzi e M. G. Viaoello (Minerva Medica, 22, 125, 1970) in una bambina di 3 anni.

7· - M.


Non sono ancora ben note la sua frequenza e le cause profonde che ne determinano la comparsa. L'aberrazione cromosomica, che sta alla base di questa malattia, si traduce nel (cnotipo in un insieme di sintomi capaci di evocare La diagnosi clinica della malattia stessa. Tuttavia elemento indispensabile per la diagnosi di certezza resta sempre l'evidenziazione nel cariotipo di un elemento del gruppo B (4- 5) amputato di una porzione variabile del suo braccio corto: più precisamente i caratteri morfologici e l'autoradiografia depongono per la localizzazione dell'anomalia nel cromosoma 5· 1 el quadro clinico colpisce immediatamente il fatto che i soggetti affetti da que!>ta sindrome emettono un pianto flebile, ohe por la sua somiglianza al miagolio di un gatto ha dato il nome alla malattia stessa. Il riscontro di questo sintomo è più facile nel 1° anno di vita, anche se le malformazioni laringee - tipo ipoplasia e malacia che sarebbero alla base permangono anche in seguito. Abbastam,a caratteristiche sono anche la dismorfia facciale col volto arrotondato, la micrognazia e le rime palpebrali antimongolichc, l'epicanto per l'aumentato scarto caruncolare. Costante è l'osservazione di una microcdalia; questo segno e J'ipertelorismo trovano il corrispondente radiologico nell'alterato valore di clue parametri, il volume cranico c la distanza intcrorbitaria. Già alla nascita è presente una note,•ole ipotrofia pondero- staturale, mentre il ritardo psicomotorio tende ad aggravarsi con l'età. Alle palme delle mani sono carattcr i~licì dermatogli1i; mentre risultano rare le malformazioni di organi interni, in genere limitate al cuore ed ai reni. ~el caso descritto si trattava di una bambina di 3 anni affetta da sindrome del <<cri du chat », in cui la sola sintomatologia clinica orientava verso la diagnosi.

Le armi chimiche e biologiche: il pericolo per l'uomo. E' certo che i progressi recenti e futuri in biologia abbiano ed avranno notevoli riflessi S\JIIa nostra vita e su quella dci nostri discendenti; ma il cattivo uso che potrebbe farsi dei progressi della medicina e delle scienze affini - microbiologia, biochimica, farmacologia - avrebbe conseguenze molto gravi. M. Mesclson (Santé du Mondc, ottobre 1970) si è voluto occupare dapprima della natura <.Ielle armi chimiche e biologiche, quindi degli sforzi internazionali fatti attualmente per pre,·cnire la produzione e l'uso di queste armi, infine degli ostacoli che tali sforzi hanno sinora incontrato. T alune conclusioni di una relazione dcll'OMS fanno rilevare che: 1) le armi chi miche e biologiche sono una minaccia reale per le popolazioni civili; 2) l'uso massivo, ed anche in taluni casi limitato, di armi chimiche e biologiche potrebbe provocare una morbilità tale da scavalcare i servizi sanitari esistenti; 3) l'uso massivo di armi chimiche e biologiche potrebbe anche causare nell'ambiente naturale dell'uomo alterazioni durevoli ed imprevedibili; 4) è molto difficile determinare e prevedere in anticipo gli effetti possibili delle armi chimiche e biologiche; 5) sisremi d i anni ben perfe7.ionati sarebbero necessari perchè l'uso dei mezzi chimici e biologici contro grandi obiettivi civili presenti un reale interesse militare; ma in talune circostanze e con taluni me-ai, operazioni isolate o di sabotaggio fatte con mezzi più semplici potrebbero essere efficaci contro tali obiettivi. Secondo la relazione deli'OY1.S, per arma chimica di guerra si intende ogni so stanza usata per il suo effetto tossico sull'uomo, sugli animali o sulle piante; per arma biologica ogni sostanza che produce il suo effetto moltiplica ndosi nell'organismo vi vente colpito e provocando la malattia o la morte dell'uomo, degli animali e delle piante.


3 19 Armi chimiche ed armi biologiche avrebbero gli stessi effetti psico- sociali. La legge internazionale ne limita l'uso. Vi sono numerosi punti in comune nella tecnologia della loro dispersione e nei mezzi di protezione necessari. Ai fini della loro composizione e dei loro effetti potenziali possono distinguersi 5 gruppi: armi biologiche mortali; armi biologiche invaJidanti; armi chimiche mortali; armi chimiche invalidanti; mezzi fitotossici. Le armi biologiche (carbonchio, virus dell'encefalite equina, febbre gialla, peste, colera, ecc.) possono essere disseminate al d i sopra dell'obiettivo o nella direzione dd vento potrebbero uccidere o invalidare popolazioni intere su vaste estensioni; rappresenterebbero un pericolo per l'intera umanità. Per fortuna questa grave minaccia sembra allontanarsi, in quanto la maggior parte delle Grandi Potenze ha detto di volere rinunciare alla produzione ed all'uso di tali armi (onde sarebbe propizio il momento per accordi internazionali). Il problema delle armi chimiche è più immediato, in quanto sono armi già usate nella prima guerra mondiale ed attualmente in possesso degli Stati Uniti, dell'Unione Sovietica e di altri Paesi (i più recenti sono i gas neurotossici, messi a punto ma non usati nella seconda guerra mondiale). Le tossine (ricina, tossina botulinica, ecc:) possono paragonarsi alle altre armi bic:r logiche, sia dal punto di vista della fabbricazione che da quello dell'effetto ottenuto. Infine i fitotossici possono essere considerati come armi biologiche o chimiche. Dopo lunghi negoziati internazionali - come tutti ricordano - nel 1925 fu sottc:r scritto dalle maggiori Potenze il Protocollo di Ginevra, per prevenire l'uso delle armi chimiche e biologiche; ma gli Stati Uniti, pur essendo stati i promotori dell'acdondo, non l'hanno ratificato (lo scorso anno il Presidente Nixon ha detto che avrebbe presentato di nuovo il Protocollo al Senato per attenerne la ratifica). Si discute ancora per sapere se il Protocollo di Ginevra vieta o non l'uso dei fìtotossici. La maggior par!te delle Nazioni hanno espresso il loro parere, favorevole all'interdizione. Lo scorso inverno, all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 2r Nazioni non allineate hanno proposto congiuntamente una risoluzione secondo la quale il P·rotocollo interdirebbe l'utilizzazione militare di tutti i mezzi chimici diretti contro l'uomo, gli animali o le piante. Questa risoluzione è stata accettata: So voti a favore, 3 contro, 36 astensioni. E' certo che l'esistenza stessa del Protocollo giustifica la speranza che i gas ed i batteri non saranno usati a fini militari ed aiuta la prevenzione della proliferazione delle armi chimiche. Oltre il Protocollo di Ginevra, ohe vieta l'uso delle armi chimiche e biologiche, la conferenza del Comitato del Disarmo a Ginevra ha accordato quest'anno la priorità alle proposte di disarmo chimico e biologico.

Adeguate le misure per la protezione dalle radiazioni. Il pubblico è protetto adeguatamente contro le radiazioni che vengono emesse dalle centrali elettronucleari, dagli appare.cchi televisivi a cblori, nelle indagini cliniche con apparati radiologici, daiJa «pioggia » ·di raggi cosmici provenienti dagli spazi interstellari dell'UniversO e da un numero elevato di altre sorgenti sia naturali che artificiali. Questo è il giudizio espresso -da un gruppo scientifico americano che •ha stu diato la questione negli ultimi dieci anni. Gli esperti del gruppo denominato ufficialmente Consiglio Nazionale per le Radiazioni e le Mismazion.i, hanno pubblicato nei giorni scorsi i risukari di una paziente, ampia e approfondi~a i1idagine. Pur rilevatldo nelle misure prese sinora una prl.l!dente


valutazione dei rischi, essi hanno rivolto un appello affinchè si ricorra a criteri rigorosi di sicurezza ogniqualvolta siano in gioco delle radiazioni. «La nostra indagine sulle attuali conosce112e degli effetti biologici dell'esposizione alle radiazioni non fornisce alcuna base per apportare drastiche riduzioni ai livelli rac comandati di esposizione, contrariamente a quanto vanno sollecitando pochi critici » , ha spiegato il presidente del Consiglio, don. Lauriston S. Taylor. Il Consiglio non ha effettuato esperienze di laboratorio, ma, attraverso i suoi 6s membri effettivi e rso volontari, ha avuto accesso ai programmi di ricerca di tutto il mondo. l trentasei comitati scientifici del Consiglio hanno esaminato i risultati di tutte le ricerche attualmente in corso nel settore della protezione dalle radiazioni prima di giungere alle loro raccomandazioni. Tra i mombri del Con.slglio e dei comitati sono rappresentate tutte le specializzazioni scientifiche che si occupano dei vari aspetti della complessa materia. Vi figurano gli esperti di biologia, fisica, chimica, radiologia, genetica, patologia, matematica, stomatologia e veterinaria. Secondo il dotL Taylor, il piccolo rischio delle lesioni prodotte dalle radiazioni viene compensato dai grandi vantaggi che si hanno amaverso la loro utilizzazione. Il ricorso più frequente alle radiaz.ioni viene fatto dalla diagnostica e dalln terapia con raggi X e le sorgenti di energia nucleare e dai processi nucleari che servono a produrre l'elettricità destinata ad incrementare lo sviluppo economico dei paesi. Consiglio per le Radiazioni ha raccomandato che vengano prese alcune ulteriori salvaguardie per quanto si riferisce alle donne in stato mteressante sottoposte ed esami radiologici o esposte alle radiazioni per ragioni di lavoro. Il gruppo ha raccomandato inoltre che si abbassino i livelli permessi nei casi n<:::i quali si trovino esposte la pelle o la ghiandola tiroide. La stessa misura viene raccomandata anche per i Lavoratori impegnati in operazioni di soccorso o in interventi per riparazioni di emergenza in impianti che emettono radiazioni. Il gruppo ritiene opportuno che siano prese misure di sicurezza per le famiglie delle vittime del cancro o dei pazienti sui quali sono stati impiantati materiali radioattivi per l'effettuazione di terapie speciali. ll Consiglio non ha considerato alcun cambiamento nei limiti fissati per l'es-posizione annua complessiva alle radiazioni per gli individui. Per gran parte degli americani, il limite raccomandato per l'esposizione alle radiazioni rimane fissato a o,5 rem all'anno. Per la popolazione in generale, l'esposizione è di 170 millirem, ovvero 170 millesimi di rem. Il pubblico si trova esposto a un millirem in prossimità di sorgenti di radiazioni come gli apparecchi televisivi a colori o nei viaggi in aeroplano (per effetto di un'esposizione maggiore ai raggi cosmici alle alte quote) e a 55 millirem quando si sottopone ad indagini mediche con i raggi X. L'individuo si trova esposto in media a 120 millirem per le radiazioni ambiente o di cc fondo 11, che non possono essere evitate in nessun modo, trattandosi di un fenomeno naturale della Terra e dell'atmosfera. Nel commentare i risultati del lavoro del Consiglio il dott. Taylor ha detto: cc Sembra che nella comurutà scientifica informata vi sia una concordanza di pareri sul fatto che non vi sia motivo da preoccuparsi per l'esposizione ai livelli raccomandati nelJa relazione. Ciononostante, rientra nella posizione del Consiglio incoraggiare procedure per la protezione migliore di quelle prescritte dai li,·elli minimi, e questa posizione è confermata dalla richiesta di mantenere l'esposizione alle radiazioni al più basso livello possibile 11 . Dopo aver sottolineato che l'ampia adozione delle raccomandazioni del Consiglio dipende in ultima analisi dalla comprensione e dall'approvazione dell'opinione pubblica, il dott. Taylor ha soggiunto : « Le esposizinoi attualmente permesse rappresentano un u,·ello di rischio così piccolo, se paragonato con altri rischi della vita, e così bene

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compensato dai benefici che se ne possono trarre, che l'approvazione dell'opinione pubblica non mancherà quando il pubblico illuminato avrà finito di esaminare il documento ».

Censimenti di ricercatori biomedici in Italia. Quanti sono, di preciso, i ricercatori italiani? In quali settod operano? Quanti e dove sono i laboratori di ricerca? Che attività svolgono? Di quali apparecchiature dispongono? Quali metodologie impiegano? Potrà sembrare paradossale, ma le risposte a questi interrogativi sono estremamente vaghe e spesso discordanti: in Italia manca assolu tamente un quadro esatto e completo della situazione, e ciò non facilita certo quel lavoro di coordinamento c di riorganizzazione, invocato da più parti per superare la crisi della ricerca scientifica nel nostro Paese. Acquista perciò evidente importanza la decisione del Laboratorio di Studi sulla Ricerca e la Documentazione del C.N.R. di affidare all'Istituto di Ricerche Farmacologiche cc Mario Negri )), fondazione indipendente per ricerche scientifiche, il compito di promuovere un primo gruppo di tredici censimenti, riguardanti altrettanti settori di ricerca biomedica (sistema nervoso centrale, utilizzazione di elaboratori elettronici per ricerche non di carattere statistico, tumori, sistema cardiovascolare, processi infiammatori, metabolismo dei farmaci, sistema neurovegetati,·o, farmacologia clinica, processi degenerativi, immunologia, trapianti d'organo, biologia molccolare, utilizzazione di metodi gas- cromatografici). Tali censìmemi lierviranno a mettere a disposizione di tutti gli interessati le seguenti informazioni: 1) elenco dci ricercatori italiani suddivisi ·p er campi di attività (elenco alfabetico cd elenco analitico per settore); 2) elenco dei laboratori italiani, con informazioni relative alle attrezzature e metodologie di ricerca (elenco alfabetico e ripartizione geografica); 3) bibliografia delle recenti pubblicazioni degli Autori italiani censiti dal xcfi7 (elenco alfabetico ed analitico). Per chiarire l'utilità pratica di un lavoro del genere basterà citare un episodio quanto mai significativo: u n precedente censimento <<pilota>> svolto nel 1968 dallo stesso Istituto Negri c riguardante i ricercatori che utilizzano metodi di coltura dei tessuti, portò a scoprire che alcuni laboratori italiani si rivolgevano regolarmente ad istituti americani per farsi inviare ceppi di cellule tumorali, ignorando che essi erano, in certi casi sin da parecchi anni, coltivati e disponibili presso altri laboratori nazionali operanti, in certi casi, a non più di qualche centinaio di metri di distanza dai richiedenti! E' un esempio, fra i molti che si potreb):>ero citare, della mancanza di conoscenza reciproca verificabile fra i ricercatori italiani, un esempio che conferma l'importanza dell'iniziativa affidata dal C.N.R. all'Istituto Negri e la necessità che tmti i ricercatori offrano la loro migliore collaborazione all'iniziativa.

La misura della giovinezza e della senilità mediante una nuova tecnica. E' possibile una misurazione quantitativa dello stato di giovinezza o di scnilid? le ha parlato il 22 febbraio scorso al la Fondazione Carlo Erba il P:rof. T. Maruyama, ricercatore capo del Centrai Application Laboratory doHa JEOL di Tokyo.


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Nei nostri tessuti - ha detto il Prof. Maruyama - vi sono molecole ~tabili e molecole instabili. Quando la giovinezza è nel suo fiore prevalgono le molecole stabili, che danno sicurezza, ordine, vigore alle funzioni organiche; quando la senilità fa breccia nel corpo umano, prevalgono le molecole instabili che, proprio per la loro instabilità , alterano le varie funzioni e creano legami errati con altre molecole. Si è potuto misurare la quantità delle molecole instabili - ha continuato il Prof. Maruyama - mediante il calcolo degli elettroni che vengono liberati da queste molecole. Il metodo può essere applicato ai singoli tessuti del corpo umano. Questo è di estrema importanza perchè oggi, più che La senilità dell'organismo si tende a valutare la senilità scuoriale, di questo o di quell'organo. Ciascuno invecchia a modo suo: vi sono persone che invecch iano nell'apparato digerente, altre nei muscoli o nei polmoni o nei vasi sanguigni. fl Prof. Maruyama ha studiato anche le molecole ~tabili e instabili dei tumori. Il tumore, quanto più è in attiva crescita, tanto più è ricco di elettroni liberi. La mas~ima produzione di questi elettroni si ha quando il tumore è costituito da r milione di cellule, il che corrisponde a un piccolo tumore del diametro di o,I c.m e del peso di o,I gr. E' questo il periodo di maggior attività del tumore. Fa seguito uno stato di proliferazione più lenta. Successivamente si assiste ad un fenomeno che non era mai stato rilevato finora: il tumore ha un lungo periodo di so~ta, in cui la crescita è modesta o nulla c gli elettroni liheri diventano meno numerosi, fino a scomparire, come se il tumore rientrasse nelle linee dei tessuti normali. La valutazione degli elettroni liberi viene fatta con la tecnica dell'Electron Spin Rcsonance. Il tipo di terapia da applicare a ciascun tumore - ha detto il Prof. Maruyama - potrà esser scelto anche in ba~ :~Ila valutazione degli elettroni liberi.

L e prostaglandine. l)al Michigan alla Svezia e ali'Uganda scienziati e clinici di tutto il mondo ~i stanno interessando ad uno dei più affascinanti e mi~teriosi segreti della medicina moderna: le prostaglandine. Le prostaglandinc sono delle sostanze lipidiche che sembrano giocare un ruolo determinante nel mantenere il normale staro di salute nell'uomo. rio dalla loro scoperta, all'inizio degli anni '30, questi composti trovati in piccole quantità sia nell'uomo che negli animaJi, avevnno sfidato gli scienziati nella ricerca delle loro proprietà e della loro azione nell'organismo. Soltanto alla fine degli anni '6o è stato chiarito che le proRaglandine esplicavano una azione nel regolare le mestruazioni, la fertilità, il normale decorso della gravidanza ed il parto. Inoltre, si erano dimostrate anche promettenti nella prevenzione e trattamento dell'ulcera peptica, nelle trombosi e nel controllo della pressione arteriosa Il primo successo venne ottenuto negli anni 1957- r959 dal dott. Su ne Bergstrom e da altri scienziati dell'Istituto Karolinsb di Stoccolma, quando r iuscirono ad isolar.:: due prostaglandine in forma cristalllna pura. E' degli stessi anni la prima sornministrazionc nell'uomo delle prostaglandine descritte da Bergstrom e dai suoi collaboratori. Con questa prima esperienza essi ottennero un aumento dell'attività cardiaca c una leggera caduta della pressione arteriosa. Un ruolo di primaria importanza ha quindi svolto per 14 anni la The Upjohn Company di Kalamazoo (Michigan) negli Stati Uniti, una delle più importanti industrie farmaceutiche del mondo, che non solo ha studiato que~ri nuovi composti dal punto di vista chimico e biologico, ma collaborando con ricercatori di vari Paesi, ha messo a punto dei procedimenti di biosinteSI e di sintesi totale di alcune prostaglandine ed ha dato un contributo determinante nel mettere a disposizione que~te nuo,·e so-


323 stanze agli SJCienziati di tutto il mondo. Attraverso il suo serVIZIO bibliografico poi, la Upjohn prcp:1ra ogni 4 mesi bollettini aggiornati contenenti tutti i dati bibliografici sulle prostaglandine, mantenendo così costantemente informati quanti si interessano a questi nuovi ormoni. :-.legli ultimi anni vi è stata addirittura una esplosione nel campo delle ricerche sulle prosraglandinc c nuove pubblicazioni stanno ora comparendo sulle riviste di tutto il mondo con una frequenza addiri ttura più che giornaliera. Lo sviluppo delle prost:l· glaudine è considerato di importanza p:tri a quello dci corticosteroidi all'inizio degl'i anni 'so. All'inizio del 1970, il dott. S.M.M. Karim dell'Università di Makrere in Uganda e il don. G. M. Filshic del King's College Hospital di Londra, hanno descritto sul '' Lancet >> i risultati ottenuti in 15 donne trattate con una particolare prostaglandina, la PGF2•4 u., per interrompere b gravidanz:1. ll trattamento, per via endovenosa, ebbe successo in I4 su 15 donne. Le ricerche negli Stati Uniti sono ancora in una fase iniziale c pertanto ogni con elusione a questo momento è da comiderarsi prematura, anche se è evidente quale possa essere l'importanza dal punto di 'ista sociale, di disporre di un abortivo di facile applicazione locale, non nschioso e di sicura efficacia. Nel 1930 d ue ginecologi di New York, i dott.ri Kurzrok e Licb, descrissero per primi l'osservazione che l'introduzione di liqui<:lo seminate umano provocava contrazioni della muscolatura uterina. L 'identid delle prostaglandine venne stabilita per la prima volra nel 1930 da due ricercatori indipendentemente l'uno dall'altro: il dott. Goldblatt in Inghilterra ed il dott. Von Euler dell'I stituto Karolinska in Svezia. Il dott. Von Euler, pi ù ta rdi coniò il tertnine « prostaglandine » che ha continuato ad essere applicato malgrado che q ueste sostanze non si originano affatto nella ghiandola prostatica. Le prostaglandine sono sostanze biologicamente attive, presenti in grande quantità nel liquido seminale umano c della pecora e in minor quantità nell'utero, nel polmone, nel cervello, nel timo, nel pancreas e nei tessuti renali. Secondo alcuni ricercatori le prostaglandine esisterebbero praticamente in tutti i tessuti. Esse derivano dagli acidi grassi insaturi attraverso una serie di trasformazioni chi miche che si ,·erificano nella maggior parte delle cellule e funzionano come rcgolarori del metaboli)mo cellulare. Fino ad ora sono stare identificate 14 prostaglandinc naturali, anche se si pensa che ne esistano altre. Ohimicameme, tutte le prostaglandine naturali contengono 20 atomi di carbonio ed hanno la stessa struttura molecola re basata su un acido: l'acido prostanico. I diversi gruppi idrossilici o cheton.ici ed i doppi legami permettono di separarle in quattro categorie, cioè la << E li, la cc F >) , la « A )) e la << B )). Pe r ora, quelle che si sono dimostrate più attive sono le prostaglandine appartenenti ai gruppi « A », « E )) cd « F )). Le prostaglandine sono tra le sostanze biologiche più potenti fi110 ad ora cono sciute. Questo è dimostrato dagli esperimenti su tessuti animali nei quali è stato messo in rilie,·o come un microgrammo per ml di prostaglandine è in grado di provocare la contrazione della muscolatura liscia. L a maggior parte dci ricercatori hanno lino ad ora sperimentato le prostaglandine negli animali da laboratOrio o in viLro. Tutt:tvia, alcuni studi con le prostaglandine in campo umano sono stati condotti sia negli Stati Uniti che altrove. Si ritiene che le prostaglandine possono essere utili nei seguenti campi: - processi riproduttivi, mestruazione, fertilità, concepimento e parto;


- controllo della pressione ematica; - trattamento dell'ulcera pcptica e delle trombosi; - sviluppo di un decongestionamento nasale a tipo deposito. Queste considerazioni sono basate sugli studi fino ad ora compiuti sulle prostaglan· dine, sugli effetti da esse indotti c sulle azioni fisiologiche proprie di questi composti. Le varie prostaglandine differiscono tra di loro sia qualitativamentc che quantita· tivamcnte : esse hanno un ampio spettro di azioni biologiche, come stimolatori della muscolatura liscia, vasodilatatori o vasocostrittori, inibitori della lipolisi o dei fenomeni di aggregazione piastrinica o della secrezione gastrica. Ognuna di queste azioni delle prostaglandine dipende dall'effetto stimolante o inibitorio che questi composti hanno sulla muscolatura liscia, sul sistema nervoso vegetativo, sulla circolazione, sullo stomaco c sugli organi deputati alla riproduzione. Ne risuha che i maggiori campi di interesse, ai quali i dedica l'attenzione degli scienziati, sono oggi il sistema cardio-vascolare, l'apparato renale, la fisiologia della riproduzione, la secrezione gastrica, il metabolismo cellulare ed il sistema nervoso. Per quanto attiene in particolare agli studi sul sistema cardio-vascolare e rcnale, i ricercatori sperano di trovare una prostaglandina utile nel trattamento della ipertensione arteriosa e delle malattie delle arterie e delle vene. E dato che le malattie del cuore, dei reni e delle arterie rappresentano praticamente il pericolo più grave per la vita c per la salute dell'uomo, è evidente come la scoperta di un'azione delle prostaglandine in questo settore rappresenterebbe una delle più importanti conquiste della scienza medica di questi ultimi anni.

L a prostatectomia negli ultrasettantenni. In chirurgia geriatrica ha grande importanza lo studio medico e biofisico del p., per valutare le capacità di resistenza e di riserva delJ'operando, stabilire la tecnica operatoria, il ti1po di preparazione all'intervento, <li aneStesia c di rianimazionc. In tal modo e per le migliorate tecniche operatorie si rendono possibili atti operatori in soggetti che prima venivano abbandonati al loro destino. E' inoltre da tener presente anche le possibilità di assistenza ambientale, familiare e paraiamiliare, in cui il p. vive. I. Sonni (Cardarelli, XII, 63, IfJ?o) ha preso in esame 321 operati di prostatectomia negli ultimi 10 anni presso la Divisione Urologica del ~uovo Ospedale Loreto di N'apoli, di età ''ariabile dai 70 ai 92 anni. La durata di degenza è stata varia: alcuni pazienti sono stati rapidamente avviati al tavolo operatorio; altri hanno avuto bisogno di un lungo periodo di accertamenti e cure preoperatorie. L'indagine dell'A. si riferisce, pertanto, ai pazienti di età superiore ai 70 anni, operati di prostatectomia dall'aprile 1959 all'apirle 1970: su 321 pazienti si sono avuti 4 dccessi, con una percentuale di poco superiore all'1 %. In un elenco parziale sono stati riportati i malati a più lunga degenza ed in peg· giori condizioni generali, con la data di entrata in ospedale, quella dell'intervento, il tipo d'intervento, l'esito, la data di dimissione. Secondo l'A. non csil;te un'età per essere opcrabili di prostatectomia, ma vi sono condizioni di operabilità, che ~i dilatano sempre più col miglioramento delle tecniche operatorie, mediche ed assistenziali. J risultati ottenuti !>Ono molto soddisfacenLi, se si pensa alla particolare fragilità di tali pazienti; ma non sono un traguardo, perchè migliorabili con la maggiore organizzazione nei reparti ed un'assistenza più tecnica e capillare.


Dimezzato il tempo di guarigione per ustioni. Interessante sperimentazione clinica in campo dermatologico all'Ospedale <<S. Corona >> di Pietra Ligure: numero~i pazienti affetti da gravi lesioni che stentavano a cicatrizzarsi per alterazione tessutale e conseguente perdita di tessuto cutaneo, sono stati trattati con terapia locale a base di Trofodermin. L'impiego del Trofodermin ha determinato un nettissimo accorciamento del ,periodo di riparazione di queste lesioni; infaui è stato possibile giungere ad una guarigione definitiva in un periodo di soli 20 giorni. Questi dati relativi all'azione del T rofodermin sono già stati peraltro confermati da una vastissima sperimentazione clinica comprendente lesioni cutanee di origine diversa: nelle ustioni di secondo grado, ad esempio, si è avuta nel giro di pochissimi giorni una completa riepitelizzazione; in quelle di terzo grado il processo di riparazione si è protratto per soli r2 • 15 giorni. Questo successo nel campo della terapia riparatrice delle lesioni cutanee si basa su un principio completamente nuovo: l'impiego trofico del Clostebol, originale derivato steroideo realizzato nell'Istituto Ricerche di base Farmitalia, che agisce stimolando, a livello cellulare, la sintesi proteica con rapido effetto riparativo sia del tessuto conne~­ tivale che epiteliale. Accanto a quest'nione si associa nel Trofoclermin quella antibiotica della neomicina, necessaria per la prevenzione ed il controllo di componenti irtfet· tive che spesso complicano e ritardano la riparazione delle lesioni stesse. Il Trofodermin si presenta in crema e in spray ad impiego topico. Studi condotti in laboratorio su ferite sperimentali sia della cute che ddla cornea del coniglio, hanno evidenziato come l'applicazione diretta del Trofodermin a livello di lesione permeua di raggiungere risultati di maggiore efficacia terapeutica rispetto alla somministrazione per via generale, con il vantaggio di concentrare l'azione dei farmaco al punto di applicazione sen7.a perciò provocare alcun effetto secondario sull'organismo. Anche nel caso di una vasta applicazione del preparato e di una lunga durata del trattamento, non si sono riscontrati effetti negativi dovuti ad un eventuale assorbimento, nè fenomeni di carattere allergico sia locali che generali.

Un pace- maker atomico in Francia. E' stato ideato dal dott. P. Laurens, della Clinica Cardiologica dell'Ospedale Brous· sais (laureato anche in ingegneria): lo stimolatore cardiaco è alimentato da una pila al plutonio 238. L'innesto dell'apparecchio è stato attuato alla fine di aprile da una !quip~ chirurgica dell'Ospedale Broussais, diretta dal prof. A. Piwnica, in una donna di 58 anni. L'apparecchio dovrebbe rimanere in sito c funzionare per almeno 10 anni, secondo le previsioni fatte (è noto, che la « vita>) dd p lutonio è di 34 anni). Se si pensa che nei pace - makers tradizionali le pile devono ossere sostlituite i10 me· dia ogni 20-24 mesi, è evidente quanto decisivo sia il progresso compiuto con l'al1imentatore atomico. In esso il calore svolto dalla disintegrazione degli atomi di pluronio viene trasformato in corrente elettrica da un convertitore termo- elettrico. Il dispositivo comprende una serie di termocoppie al telluro di bismuto, il cui rendimento sembra essere di gran lunga superiore a quello delle termocoppie metalliche dd progetto americano. In America hanno mosso \'arie critiche al pace- maker al piutonio; comunque una Società americana se ne è assicurata l'esclusiva mondiale di vendita.


NOTIZIE MILITARI 138° Annuale della Fondazione del Corpo Sanitario Militare: 4 giugno 197 t. In occasione del 138° Annuale della Fondazione del Corpo Sanitario Militare, il Ministro della Difesa, on . Mario Tanassi, ha inviato al Direttore Generale della Sanit?t Militare, Tcn. Geo. Medico, prof. Francesco Jadevaia, il seguente messaggio: " • ella consape,·olezza di un insigne passato illuminato dalla purissima luce della più !>erena dedizione al dovere, il Servizio Sanitario celebra oggi con leginimo org<l'glio il 138° ann.ivef'Sa!'ÌO della sua costituzione. Mi è: particolarmente gradito in questa circostanza ri,olgere agli ufficiali, ai sotrufficiali et ai soldati del glorioso Corpo il mio cordiale bencaugurante saluto alt Tanassi · Ministro Difesa ,,_ Il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Generale di Corpo d'Armata, Francesco Mereu, ha emanato il seguente ordine del giorno:

« Fiero della nobile tradizione affermata dai sacrifici offerti in ogni guerra combattuta nel nome d'Italia, il Servizio di Sanità Militare celebra oggi il 138" anniversario della sua coMituzione. «Dalle lontane camp;1gne risorgimentali ha sempre diviso con i fanti, i cavalieri, gli arciglieri cd i genieri l'onore e il rischio di tutte le battaglie, recando ovunque il Suo pronto, valido ed umano intervento inteso a sal\'are la vita ai fratelli in armi c a lenire le loro sofferenze. «Le ricompense al Valor Militare che fregiano la gloriosa Bandiera del Servizio, 1 Suoi Caduti c i Suoi eroi ne sono testimonianza eloquente. « Il Servizio di Sanit?t Militare celebri oggi con fierezza questa ricorrenza an~ ,-ersaria, nell'orgoglio del Suo insigne passato di valore, di amore e di scienza e nel fermo proponimento di tramandarlo ed arricchirlo, fedele ad un ideale di abnegazione sublime e ai comandamenti della Patria. « L'Esercito nell'odierna ricorrenza porge con me al primo dci suoi Servizi un saluto affettuoso e riconoscente e il suo mi~_liore augurio>>. 11 Capo del Servizio di Sanità dell'Esercito, T en. Generale Medico prof. Tommaso Sanrillo, ha diramato il seguente messaggio: «Ufficiali, Sonuificiali, Accademisti c Soldati di Sanità, <<da 138 anni la Sanità Militare assoh·e la sua alra missione con abnegazione, slancio altruistico e completa dedizione, offrendo, sia in pace che in guerra, il contributo della sua opera, ovunque il dolore c La sofferenza hanno richiesto il suo pronto 1ntervcnto. " La medaglia d'Oro e le altre decora7ioni che fregiano la sua Bandiera !>OnO la testimonianza del suo glorioso passato. <<Sono convi nto che assolverete il vostro delicato c non facile lavoro con entusiasmo e sacrificio, dimostrandovi degni eredi dei nostri Caduti, che si immolarono per l'affermazione degli ideali di fratellanza e di solidarietà umana. 11 Certo di poter sempre conmrc sulla vostra fattiva collaborazione c sui vostri sentimenti per le maggiori fortune della Sanità Militare, porgo a voi tutti il mio saluto augurale l>. ~

Celebrazione della festa della ~epu~bl.ic.~ : Roma, -

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Ufficiali medici in s.p.e. dell'Esercito assistenti militari alle Cliniche ed agli Istituti scientifici delle Università - Anno accademico 1971 - 1972. 1. L'Ufficio del Capo del Servizio di Sanità dell'Esercito determina che, per il prossimo anno accademico 1971-72, Ufficiali medici in spe siano avviati alle Cliniche ed agli Istituti Scientifici delle Università in qualità di «assistenti militari».

2.

I posti a concorso saranno i seguenti: a) due presso Cliniche ch.irurgiche; b) d ue presso Cliniche chiru rgiche (per anestesiologia); c) due presso Cliniche neurologiche; d) due presso Cliniche oculistiche; c-) uno presso Cliniche ortopediche; l) due presso fstituri di radiologia; g) due presso Istituti di igiene (per analisi cliniche). h) due presso Cliniche otorinolaringoiatriche.

3· Potranno concorrere per una sola specialità gli Ufficiali medici in spe deii'Eser. cito che, alla data di emanazione della presente circolare: a) non abbiano superato il 45° anno di età; b) abbiano compiuto il prescritto periodo di servizio ai Corpi previsto dalla legge sull'avanzamento; c) comprovino di possedere una buona preparazione nella branca prescclta. 4· L'assegnazione sarà fatta per un anno accademico, salvo la facoltà di confermarla per un secondo anno. Gli Ufficiali vincitori saranno comandati - prcvio trasferimento nella forza amministrativa di un Ente di stanza nella sede universitaria - alle Cliniche ed agli Istituti che saranno ri tenuti più opportu ni a seconda del caso, e, alla fi ne del periodo di assistentato, saranno destinati agli Ospedali Militari, ove le esigenze di servizio richiederanno la loro attività. 5· Gli Ufficiali che intendono concorrere, dovranno, tramite gli Enti in indirizzo inoltrare regolare domanda in carta legale all'Ufficio del Capo del Servizio di Sanità dell'Esercito, allegando i documenti ed i titoli atti a comprovare il possesso dei requisiti professionali richiesti, indicando la branca prescdta e dichiarando espressamente di assumere: a) l'obbligo .di rimanere in servizio per un periodo <li 6 (sei) anni a decorrere dalla data .di ammissione all'ossistentato; b) l'impegno di accettare la destinazione che verrà loro attribuita, sia per l'Università che per la sede di servizio, al termine dell'assistentato. 6. Gli E mi in indirizzo faranno •pervenire direttamente a questo Ufficio, non oltre il 31 !t~glio I 97 I, la domanda con i documenti annessi, accompagnando ciascun a domanda con una breve relazione, la quale ponga in evidenza le reali attitudini e capacità del candidato, ed esprima il parere sulla opportunità del S\.10 invio in Clinica o Istituto. 7· Nel caso che i posti fissati dalla presente circolare non fossero tutti coperti in qualcuna delle su indicate specialità, per insufficienza di candidati idonei, questo Ufficio, lasciando im·ariato il numero complessivo dei 15 assistenti militari, si ri9erva di aumentare i posti di quelle specialità per le quali vi fosse eccedenza di concorrenti in possesso dci requisiti richiesti.


Promozioni nel Corpo Sanitario Militare. Da T en. Co!oflne/lo a Colontzello Medico s.p.e.:

Verardi Antonio Merlo Antonino Malleo Giuseppe Monaco Domenico Sparano Gennaro A tutti i neo· promossi le più vive congratulazioni del nostro Giornale

NECROLOGIO Colonnello medico in s.p. Morfino dott. Annibale. Il 3 maggio 1 971 si è spento prematuramente il Colonnello medico s.p. MORFINO dott. Annibale, Direttore del! Ospedale ~ilitare di Livorno. La sua carriera militare si era iniziata il 16 luglio 1939 con la sua nomina a T enente medico in s.p. e con Ja sua assegnazione al 18° reggimento fanteria in Merano.

l n qualità di Dirigente dd Servizio Sanitario prese parte con questo Reggimento alle operazioni sul fronte alpino- occidentale e sul fronte greco- albanese. In questo ultimo fronte riportò congelazioni di 2° e 3D grado su entrambi i piedi. Durante il periodo di operazioni belliche mise in luce le sue doti di medico valente e di Ufficiale coraggioso, destando l'ammirazione dei suoi superiori, che furono prodighi di encomi e di elogi nei suoi riguardi.


Negli :~nni 1945 e 1946 diresse l'O~pcdale Milit:ue di Asti c contribuì in maruera· determinante alla completa ripresa e riorganizzazionc di questo Stabilimento sanit:.rio. Nel periodo compreso tra il 1946 c il 1952 prestò la sua opera di perito sanitario presso diverse Commissioni di Leva e preSM> vari Distretti Militari distinguendosi p,r la sua accuratezza nella sdezione medica dei giovani di le\'a e per la sua competenza medico -legale. Fu promosso Maggiore nel 1952. Nel periodo 1952 - 1957 fu effettivo all'Ospedale Militare di Torino ove ricoprì numerosi incarichi, specialmente di carattere medico - legale, assolvendoli tutti con grande impegno e con brillanti risultati. La intensa attivit~ ospcdaliera non gli impedì di dedicarsi allo ~rudio di alcune discipline universitarie e particolarmente della Radiologia e della Tisiologia, materie nelle quali conseguì la spccializzazione, rispettivamente negli anni 1955- '957· Nel novembre 1957 fu trasferito all'Ospedale Militare di Livorno ove assunse la carica di Capo reparto di Radiologia c Fisioterapia. In questo incarico ebbe modo di far brillare le sue l>piccate doti di specialista profondamente versato nella materia e di Ufficiale medico imegerrimo e nello stesso tempo ricco di comprensione e di umanità nei riguardi dei militari ammalati. Fu promosso Colonnello a disposizione il 1° gennaio 19()6. TI 19 gennaio 1970 assunse la Dire-~ione dell'Ospedale Militare di Livorno. L'Ufficiale si dedicò a questo nuovo e gravoso compito con passione ed entusiasmo, profondendo tutte le sue energie nel miglioramento delle attrezzature ospedalien: e nel perfezionamento dd servizio di assistenza a favore dei sofferenti. La morte lo ghermì improvvisamente il 3 maggio 1971, spezzando prematuramente il filo di una esistenza interamente dedic:na al dovere c al servizio. Con Morfino è scomparsa una nobile figura di Ufficiale medico, colto, distinto c profondamente buono.

c. MGHJ'JTU

Direttore responsabile: T en. Gen. Mcd. Prof. T. SANTILLO Redattore capo: Magg. Gen. Med. Prof. C. ARCHtrru Autorizzazione del Tribunale d1 Roma al n. 944 del Registro TIPOGRAFlA REGIONALE - ROMA -

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LUGLIO - AGOSTO 1971

G l O R N A LE· x'VtiJDI

MED ICINA MILITARE PUBBLICAZIONE BIMESTRALE A CURA DEL SERVIZIO DI SANITA DELL'ESERCITO

DIREZIONE REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE MIN ISTERO DELLA DIFESA-ESERCITO- ROMA

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GIORNALE

DI

MEDICINA

MILITARE

MINISTERO DELLA DIFESA- ESERCITO -

ROMA

SOMMARIO un caso di alternanza dd mu..colo papillare della mitrale durante la fase dd dmbalzo della manovra di Valsah·a .

MtLCIIIO!'IDA E., URC!UOLO O.: Su di

M., D t MART1xo M., D1 AooARIO A., Frv.co~n~'a R.: Effetto dell'irradiazione U.V. sul con~umo di O;~ in sarcina lutca

331

MJRA~"D.~

MASTROR1LLI

A.: Problemi medici del traffico .

F. S., CREAZZOLA M., Mum.1.1 C. : Attualità delle prote~i diafisarie e loro indicazioni

355 365

SAl'.'TORt

381

RuscoNt C., BEI'.'"DINELLI S., HoRcA'M"t P.: Alcuni aspeni ddla vascolarizzazione normale del piede valutata in modo incruento. Incidenza dcll'a!>senza dell'arteria pedidia e della tibiale posteriore . Ro~SE'M"I G.: Generalità sull'analisi fisico- tecnica delle sostanze alimentari

391 397

NOTE EDITORIALI SU ARG0.\1EXTI DI ATTuALITA': ARcmrru C.: Maxidroghe e minidroghe

RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI SOMMARI DI RIVISTE i"\.1EDICO-M!LITARI • :VOTIZ/AR/0: Notizie tecnico- scientifiche Chcmioprotilassi e vaccinnione antitubercolare - lnchic~ta mondi~le <ulla rabb:a - La mortalità per cardiopatia nel mun lo - Loua contro la lebbra - R.1pporu fra viru' c cancro umano - A~~ociazione Amantidina - L. Dopa nel Parkimon - Trallamcntn delle impotenze ses,uolì - Cura della P'oria>~ col mct.llrnate Diagnosi preco~e ddl'rp;llite vir~lc: nuovo procedimenw me~so a punto nei laboratori di ricerca Farmitalia - Il fegato del bomhino l cc ~egrcti " della long~vità: i gerontologi hanno cercato di carpirli .ti '11JllTCl·ntcn;lr:; vita arriva, intcrc\se: per ciò clw li cir~unda, alimemnione, 1nggit•rnn in çampagna Riflessi sanitari dei voli spniJii • La peste nel rl)68 - Quanta C•t(fdna è contenuta in un caiiè' - In 1.1 anm 5000 trapianti • Ottenuta una pillola u ~cttlmanalc • in Francia L.t papavcrina ad alte dosi ncll'artcrio,clc:rosi cerebrale - li congcl.lmcnto in biologia.

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SU DI UN CASO DI ALTERNANZA DEL MUSCOLO PAPILLARE DELLA MITRALE DURANTE LA FASE DEL RIMBALZO DELLA MANOVRA DI VALSALVA * E. Melchionda

O. Urciuolo

Nel corso di una serie di ricerche sulla manovra di Valsalva (m.V.) nella medicina spor tiva c nella medicina militare (126 casi) 70 l e sulle modifìcazioni nelle varie sue fasi dell'indice di Macruz (76 casi) [72], abbiamo avuto occasione di osservare un fenomeno che ci piace ora di riportare per la sua singolarità. Si trattava di un giovane di 26 anni, nel quale l'anamnesi e l'obiettività semeiologica clinica erano assolutamente negative per sofferenze cardiovascolari. La frequenza cardiaca di base era di ]6 polsi l mi n e la pressione arteriosa di 125l8o mmHg. Sottoposto allo sforzo espiratorio «calibrato » secondo la metodica da noi usata (40 mmHg per 20") 71 l' egli ha mostrato una risposta che poteva ben rientrare fra quelle (( buone » l7o]. Infatti la freq uenza cardiaca si ridusse nella prefase e nella 2~ fase a 66 polsi l min, risall a 104 nella ~"' fase (tachicardia massima) e ridiscese br·uscamente a 50 nella 4• fase (bradicardia massima), con un indice di Levin pertanto di 2.o8, cioè chiaramente al di sopra di r.so, fissato da Lcvin come cifra attimale. Anche le modificazioni della pressione arteriosa ~ei suoi valori sistolici furono ottimali; nella 4• fase essa salì a 15ol85 mmHg; in particolare non fu potuta rilevare alcuna oscillazione del tipo dell'alternanza.

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• Conferenza tenuta all'Ospedale Militare di Palermo il 24 aprile 1971.


Il pletismogramma rivelò una riduzione della pulsatilità arteriolare in fase che scomparve completamente in coincidenza della bradicardia finale. In definitiva questo soggetto rispose in modo ottimale alla espirazione forzata a glottide aperta, mostrando, nella fase dell' « overshoot » (4• fase), una ipertensione arteriosa massima ed una bradicardia. Il fenomeno originale, invece, che potemmo osservare all'ascoltazione cardiaca in sede puntale e che abbiamo potuto registrare, è stato la presenza ·di un rumore di soffio alternante olosistolico del grado 3°- 4" della scala di Lcvine, chiara evidenza .di un rigurgito mìtralico alternante. L'analisi fcgrafica ha fatto rilevare che non vi era alcuna modificazione significativa nè del I nè del II tono ed anche l'ecg contemporaneo non mostrava alcuna modificazione alterna nè nelle sue oscillazioni componenti nè nella durata dei vari intervalli. Contingenze varie ci hanno impedito di potere registrare contemporaneamente uno sfigmogramma sia periferico che centrale. Nonost.:mte queste deficienze ,di registrazione strumentale, rimane il dato singolare del soffio puntale alterno, olosistolico, e l'assenza clinica e sfigmomanometrica di un polso alternante. L'interpretazione più semplice di questa alternanza fonica era quella di una alternanza meccanica del muscolo papillare mitralico e, in particolare, data l'insorgenza precoce del soffio e la sua durata, del muscolo papillare anteriore. Abbiamo pertanto fatto una revisione della letteratura sull'argomento, sia per confortare il nostro pensiero, sia per assegnare o meno al fenomeno da noi osservato l'etichetta <iella singolarità. La ricerca è stata in un primo tempo infruttuosa, ma, memori del « nihil novi sub sole » o, per dirla argutamente con il redattore di Circulation, (1970, 42, 96o), « old timers have stolen our best ideas », abbiamo continuato la ricerca ed infine siamo riusciti a trovare che nel lontano 1906 il nostro Galli [33 ], in una sua comunicazione in lingua tedesca, aveva descritto con precisione il .fenomeno di un soffio puntale alterno che aveva interpretato proprio come una insufficienza mitralica alternante di natura funzionale per una alterazione della capacità di contrazione dei muscoli papillari. Sembrerebbe in tal modo caduta la originalità <iella nostra osservazione e della sua interpretazione, ma noi riteniamo che una certa caratteristica di originalità possa venire ad essa conservata, in quanto, nel caso di Galli, al soffio alterno puntate si accompagnava un polso alternante e percbè il fenomeno si era prodotto spontaneamente e per una lunga durata. Nel nostro caso, invece, da una parte mancava il rilievo palpatorio e sfigmomanometrico di un polso alternante e dall'altra l'alternanza fonica si era pro<iotta nella fase di « overshoot » della m.V. ed a questa fase si era limitata nella sua durata. Singolare o meno, è rbene, noi riteniamo, che questo fenomeno sia consegnato in letteratura, sia perchè esso possa essere ancora ricercato e stur a - 2a



334 diato da altri, magari corredandolo di tutte le registrazioni strumentali ritenute classiche nell'alternanza del cuore, sia perchè, in tema di alternanza del cuore, è proprio la casistica quella che potrebbe apportare un contributo interpretativo di questo strano fenomeno dell 'attività cardiaca intesa in senso globale, che è l'alternanza, fenomeno il cui meccanismo vero ancora sfugge alla nostra comprensione da Traube in poi. Abbiamo detto .di attività cardiaca intesa io senso globale ed infatti noi sappiamo che essa, iniziata come un fenomeno elettrico, si conclude come un fenomeno meccanico, ambedue dominati da processi m etabolici, per cui, quando parliamo di alternanza del cuore, non possiam<? confinarla nell'attività specilica e diremmo grossolanamente appariscente che è la contrazione, ma dobbiamo intenderla globalmente, in base alle leggi della fisiologia che i fenomeni elettrici, quelli meccanici, ambedue riposanti su processi biochimici, sono fra loro concatenati e consequenziali.

*** L'alternanza meccanica (a.m.) fu ovviamente quella che cronologicamente venne osservata e studiata per prima da Traube circa un secolo fa [ 104l c si parlò allora di polso alt~mante (p.a.), ma fu subito precisato che il p.a. poteva essere di scarso c perfino di nessun rilievo e che la turba della contrattilità poteva agire non su tutto il miocardio, ma solo su una regione di esso, per cui Lian 55] propose di inglobare tutti questi casi nel termine più comprensivo e più esatto di ri~mo altemante. Con l'avvento della registrazione e<:grafìca cominciarono ad essere osservate alternanze elettriche (a.e.), in principio in seguito ad osservazione sperimentale [ 431 e poi in osservazioni cliniche. Possiamo pertanto iniziare una prima suddivisione .dell'a. del cuore in a.m. e<i in a.e., m a, poichè la prima può essere studiata con vari mezzi strumentali, possiamo a sua volta suddividerla in a.m. periferica o vascolare e centrale o miocardica sensu strictiori, perchè a volte è solo la ricerca strumentale che può m ettere in evidenza e documentare un'a.m. In aggiunta, si è potuto osservare e dimostrare ancora che, mentre nelle prime osservazioni si parlava solo di a.m. limitata al ventricolo sn, nelle successive osservazioni si è potuto rilevare che esiste non solo un'a.m. del ventricolo ds, concor·dante o discordante 168"1, ma perfino un'a.m. delle ·singole camere cardiache, cioè anche degli atri, a volte tutte contemporaneamente presenti e concordanti, ma a volte dissociate e perfino non concordanti. Come abbiamo accennato in precedenza, sono state tutte queste singole osservazioni risultate e dalla clinica e dalla spcrimentazione animale che hanno arricchito ed arricchiscono ancora il capitolo dell'a. del cuore e che hanno permesso ai singoli ricercatori, di volta in volta, di costruire una teoria interpretativa del suo meccanismo, anche se purtroppo nessuna di esse

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335 ad oggi può vantare di avere chiaramente e definitivamente delucidato il problema nella sua interezza etiologica e patogenetica. Cercheremo pertanto di ricapitolare, per nostra intelligenza, queste varie manifestazioni dell'a. del cuore, per cercare di trovare, nel fenomeno singolare da noi osservato, spunti per una migliore comprensione di esso, tentando anzitutto di definire l'a. del cuore come una variazione ciclica ed aJterna di manifestazioni meccaniche efo elettriche del cuore rivelate clinicamente efo strumentalmente, io presenza però di una sequenza cronologica tutt'affatto ritmica ed indipendenti da variazioni respinatorie, esci.Judendo io tal modo tutte le cosiddette pseudo- alternanze. Noi pensiamo però che certamente il futuro ci permetterà di completare questa definizione, aggiungendo alla a. delle manifestazioni meccaniche ed elettriche anche quella biochimica, chiudendo così nel modo più completo il cerchio della fisiologia del cuore.

I. - ALTERNANZA MECCANICA (a.m.). Iniziamo con questo tipo di a. sia per ragioni storiche e sia perchè essa

è più aderente alla clinica. A) ALTERNANZA PERIFERICA O VASCOLARE

a) ALTERNANZA SFIGMICA (PULSUS ALTERNANS: p.a.). Iniziata circa un secolo fa con la classica osservazione di Traube [ 104] come a. palpatoria radiale e poi come a. manometrica, si è perfezionata rapidamente nella sua forma gra:fica, con il nome di pulms altemans, per la quale un battito forte si alterna con un battito debole. Si parlò in un primo tempo di sola a. sistolica, per la quale la misurazione manometrica dimostrava una modificazione di IO- 20 mmHg nei valori della massima, tanto che si è definito il p.a. come una anomalia della pressione differenziale l no]. La casistica successiva ha però rapidamente fatto rilevare che non sempre la palpazione della radiale riusciva a mettere in evidenza una modificazione alterna del polso e che anche manometricamente le modifìcazioni della pressione differenziale potevano essere o molto deboli oppure invece tanto grandi da impedire non solo un rilievo palpatorio, ma perfino un rilievo manometrico, sì che la pulsazione debole non poteva essere nè avvertita nè misurata, venendosi così a creare una falsa sensazione di bradicardia che veniva però facilmente svelata dalla contemporanea ascoltazione. Fu per questo fenomeno che Liu e Luisada [ 6r l coniarono il termine di pulsus bisectus. Sono


note a tutti le modalità manometriche per evidenziare l'a. della pressione massima cd è noto anche il cosiddetto artificio del doppio bracciale di Vaquez l ro6]. Ben presto però si è potuto osservare che a volte l'a. riguardava o la sola pressione diastolica, sia pure molto raramente 6r J' od ambedue oontem poraneamen te, sistolica e ·diastolica 63 J' tanto che i valori della pressione differenziale potevano persistere immutati. Con la registrazione grafica del polso, sia esso periferico (radiale) che centrale (carotidogramma), si è potuto ancora osservare che l'a. poteva assumere 4 tipi: a. dell'apice o a. sistolica, a. del piede o a. diastolica, a. di ambedue, sistolica e diastolica, e a. dell'onda dicrota 63]. Inoltre a volte una a. sfigmica presente nella radiale poteva n on essere rilevata nel tracciato tibialc [63] . Si è osservato inoltre che, pur essendo ritmici i singoli battiti, quello debole era un po' più vicino al battito forte susseguente che a quello precedente. A questo proposito può essere interessante ricordare che in un primo tempo Wenckebach [ 109], partendo dal concetto che una pulsazione debole doveva trasmettersi più rapidamente di una pulsazione forte, credette di risolvere la suddetta realtà obiettiva con il supposto che al ritmo alterno si sovrapponeva una turba della conducibilità. Questa sua affermazione è stata però ben presto rigettata cd oggi tutti gli AA. sono d'accordo che in realtà una pulsazione •debole si trasmette meno rapidamente alla periferia c pertanto si avvicina alla pulsazione forte susseguente. Alle osservazioni cliniche si sono rapidamente associate le osservazioni sperimentali, come quelle di Gaskcll f34J con la stimo/azione del vago nelle rane, come quelle di Green [39] pinzcttando la coronaria principale, ccc. Per tutte q ueste osservazioni rimandiamo alle belle monografìe di Poumailloux [861 e di Kisch 48]. Il p.a. è un fenomeno abbastanza frequente, certamente più frequente di quanto possa essere stato riferito, sia perchè non <Sempre si pensa ad esso in caso di una cardiopatia, sia perchè non sempre esso riesce ad essere apprezzato con la semplice palpazione radiale. Il fenomeno dell'a. del miocardio senza una con temporanea a. d el polso è stato osservato e Luisada [62] ne ha •dato una spiegazione pensando che le fibre danneggiate possono trovarsi in un'area che non dà effetti sul polso, mentre li dà su altre mani festazioni dell'attività cardiaca. Questo fenomeno di una a.m. di·ssociata è particol armente evidente nella stenosi aortica a causa d ell'effetto attenuan te dell'ostruzione all'efflusso ventricolare l I5 l· Bisogna inoltre dissentire da Traube, il quale riteneva che si dovesse parlare di p.a. solo quando le turbe persistano per alcune ore o per alcuni giorni. Fu proprio il Vaquez [ ro6] che criticò questa affermazione c ritenne che si ·doveva invece parlare di p.a. anche se esso veniva rilevato solo per pochi istanti; infatti, egli diceva, il segno di Babinski non perde il suo valore diagnostico per il fatto che lo si constata in modo affatto transitorio durante un attacco epilettico: varierà solo il valore prognostico.

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337 E ' da riferire infine che, ~specialmente ad opera di Guntcroth e coli. l4o, 41], si sta tentando di modificare il concetto classico dell'a.m. come rapprc~ sentata da una pulsazione normale e da una pulsazione debole alternate, in quanto, secondo questi AA., la pulsazione maggiore non sarebbe una pul~ sazione normale, bensì una pulsazione « potenziata ». Già Wiggers [ n4J si era prospettata questa possibilità, ma aveva concluso che in realtà si tratta di un indebolimento ~della contrazione di alcune fibre alternantesi con una contra~ zione normale di tutte le fibre, mentre Koch ~ Weser e Blinks [5r J avevano affermato cbe esiste un potenziamento, prodotto da un aumento degli cf~ fetti inotropi positivi dell'attivazione, i qual1 non sono << consumati» du~ rante la pulsazione debole. Guntcroth e coli., pur ammettendo una soppres~ sione alterna di akunc cellule miocardiche, hanno trovato evidenza nelle loro ricerche che vi è anche un potenziamento del battito forte per il fatto che il gruppo di fibre miocardiche che non banno risposto ad una contra~ zione hanno però accumulato energia che restituiscono quindi poten ziata al sopraggiungere della contrazione successiva.

b) ALTERNANZA VENOSA (FLEBOGRAMMA GIGGULARE). Permette di riconoscere un 'a. atriale nell'a. dell'ampiezza delle onde a, c e v [3]. B)ALTERNANZA CENTRALE Ben presto il progresso tecnico delle registrazioni grafiche ha permesso rapidamente di perfezionare le registrazioni periferiche con quelle centrali:

a) APICOCARDIOGRAMMA . Si è rivelato scarsamente utile nell'a. ventricolare, ma utile, come il fie~ bogramma giugulare, nella distinzione di un'a. ventriwlarc da una a. atriale r31·

b) EsOFAGOGRAMMA. Non ha potuto evidenziare un'a. atriale [31·

c) ELETI'ROCHIMOGRAMMA. Si è rivelato molto utile [3J, come pure il radiochimogramma [ 62], per meglio evidenziare non solo le differenze contrattili di tutto il miocar~ dio, ventricolare od atriale, ma perfino quelle a carico dell'aorta [n].


d) ALTERNA:-."ZA EMODINAMICA. Ultime, ma di notevole valore anche per la costruzione dì una teoria interpretativa emodinamica, sono state le registrazioni emodinamiche ricavate dal cateterismo cardiaco delle varie cavità, con la misurazione delle variazioni pressorie endocavitarie, della gettata e della portata cardiache. C) ALTERNANZA FONICA (a.f.)

Ammessa l'origine centrale dell'a.m., è chiaro che un altro suo segno, oltre che il polso periferico o centrale, debba essere un'a ..f., cioè il rilievo acustico e grafico di modificazioni alterne sia dei toni principali che di eventuali rumori occupanti la piccola e la grande pausa. Essa però deve essere ricercata molto accuratamente con l'ascoltazione 791· Volhard rIO? l ha riferito di un'a. nella intensità e nel timbro del II tono aortico in tutte le rivoluzioni e di un'a. del I tono solo nelle 3- 4 pulsazioni che succedevano alle contrazioni premature. La prima registrazione grafica di questo fenomeno è stata eseguita da Kahn [ 45], ma si trattava di un fenomeno sperimentale (cani, ai quali aveva iniettato endovena dell'acido gliossilico). Gallavardin e Gravier [32] hanno riferito di un'a. di un soffio sistolico e perfino ·dei toni arteriosi, ma essi hanno avvertito che questa a. deve essere ricercata molto accuratamente con l'ascoltazione perchè possa essere rilevata. Bennet c Kerr [8] hanno registrato un'a. dei toni atriali durante un flutter atriale. Cossio [19] ha riferito di un'a. delle oscillazioni del I tono in un caso di tachicardia parossistica nodale. Lian [s6l ha descritto in un caso di stenosi aortica l'a. del soffio aortico e successivamente 57 l tre casi di un'a., una agente sui due toni e su di un tono di galoppo atriale, una sul II tono solamente e la terza su di un tono di galoppo atriale. Anche un'a. di galoppo atriale e quella dì un galoppo ventricolare è stata descritta da Froment e Coblentz [31]. In un caso di stenosi aortica Calò [3] ha descritto un'a. di un tono di galoppo ventricolare. Littmann [6o] ha d escritto due pp., in uno dci quali vi era un'a. del galoppo atriale e di quello di sommazione oltre che del II tono, ma senza un'a. del I tono, mentre nell'altro vi era un'a. di un .soffio sistolico con a. dei toni atriali c del I tono. Un'a. del galoppo di sommazione ventricolare sn è stato descritto da Forte coll. j27] . Come si vede, a. del timbro e della intensità sia dei toni principali che di quelli diastolici aggiunti (più frequente quella del IV tono che quella del III tono) cd a. dei soffi nella loro intensità, pur dovendo riconoscere con Calò [ 14] che l'a. ·dei soffi è una evenienza piuttosto rara e che si nora non è ·stata osservata un'a. di un soffio diastolico. Si è parlato sinora di un'a.f. non solo associata acl un p.a., ma anche di un'a. concordante con questo intesa nel senso che al battito forte ed al bat-

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339 tito debole corrispondono un'accentua~ione ed una diminuzione delle varie manifestazioni foniche rispettivamente. Ma la Clinica, veramente grande Maestra di osservazioni (che dovrebbero comportare altrettante rationes), ci ha offerto e ci offre fenomeni che dobbiamo accettare, anche .se di essi non sempre riusciamo a renderei conto, forse perchè legati a preconcetti teorici. Cossio e coli. [ r8] hanno avvertito che l'a. del I tono non è necessariamente Jegata con il p.a. Battro e Quirino [3] hanno riferito di un caso in cui, mentre l'a. del I e del II tono era concordante, quella del tono atriale (a. del galoppo) era discordante. In un caso di aneurisma pericardìco Calò [ 13] ha osservato un'a. concordante per il soffio sistolico e discordante per il I tono. Ritornando all'a. dei soffi, preme.sso come si è detto che ·sinora non risulta riferita un'a. di un soffio diastolico, si intende sempre parlare di un'a. della intensità di essi. Unico caso riscontrato nella letteratura, invece, della comparsa alternante di un soffio sistolico puntale, è quello già riferito di Galli [33], al quale adesso va aggiunto quello di nostra osservazione.

D) ALTERNANZA BALISTICA (a.b.)

Non potevano mancare anche osservazioni con questo metodo dì registrazione grafica della meccanica cardiaca, anche •se i riferimenti non sono molto abbondanti; gli AA. sono cbncordi nell'affermare il notevole contributo che può portare il bcg nello studio del p.a. r5, ~], anzi per Pescador e coli. [85] esso è l'unico mezzo pratico per individuare il p.a. ventricolare ds. Questi AA. però hanno fatto osservare che non vi è rapporto fra l'a. sfigmica e l'a.b., in quanto questa presenta un difetto dei meccanismi ·di ammortizzamento .fra la circolazione generale e quella polmonare e che, se può esistere un'a.m. senza a.b., può esistere anche un'a.b. senza a.m., per cui responsabili dell'a.b. non sono i <fenomeni dell'a. ventricolarc sn, ma piuttosto i fenomeni a carico della sezione cardiaca ds. L'a.m. viene rilevata .soprattutto in condizioni di insufficìenza cardiaca sn (affezioni miocardiche tossiche e trofiche, ipertensione permanente, malattia coronarica, in.farto mioc~u.dico, miocarditi acute, miocardiosclerosi, pericarditi acute, aortopatie). A proposito di queste ultime, frequente è il p.a., anche se non di facile rilievo nella stenosi aortica. Cooper e coll. 17]' che l'hanno osservato in 15 di 28 pp. con stenosi aortica acquisita, hanno riferito di non averlo però mai rilevato in 22 casi di stenosi aortica congenita, il che fa pensare, essi dkono, che, se pure un .fattore patogenetico possa essere la discrepanza .fra il fabbisogno di 02 e 1'02 disponibile, la coronarosclerosi e la miocardiopatia reumatica ,debbano essere fattori contribuenti.

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Altra causa che abbastanza frequentemente può essere all'origine di un p.a. è la intossicazione digitalica, forse per una stimolazione vagale che causa vasocostrizione coronarica [281. Come non raramente avviene per i cosi·ddetti segni di intossicazione dii,ritalìca, la digitale può però fare scomparire un p.a. [ 89 J ; la stessa azione può avere anche la uabaina, anche se non vengono modificati i parametri cmodinamici [38 J. Accanto a questi momenti etiologici strettamente miocardici, il p.a. può comparire al seguito di tachicardie parossistiche per diminuzione del tempo utile per un ristoro diastolico [ 78[ od anche dopo bradicardia (le cosiddette a. da frequenza) o dopo extrasistoli (a. post- extrasistolica), specialmente quanto più la extrasistole è precoce. Accanto a queste forme di p.a. di chiara origine miocardiopatica, sono stati segnalati anche casi di cosiddetta « a. genuina », cioè in soggetti apparentemente sani dal punto di vista cardiovascolare l61 e perfino in giovani sportivi [ 42]. Sicgel 97] ha riferito di un caso in cui ·si potè accertare la presenza di un tumore del timo c Hajek ( 42] di un altro in cui vi era una cisti del pericardio, anche se essi non sono riusciti a trovare un nesso etiopatogenetico convincente &a p.a. e queste forme morbose.

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Come si è detto precedentemente, per potere parlare di p.a. è necessario che il ritmo sia regolare e che non interferiscano i fenomeni respiratori. La prima diagnosi differenziale deve pertanto essere fatta con il bigeminismo extrasistolico. Questa evenienza è molto spesso facile a rilevare, ma può offrire a volte qualche difficoltà quanto meno anticipata è la sistole ectopica, sì da creare un pseudo- ritmo regolare: in tale caso si noterà, allo sfìgmograrnma, che la pulsazione debole è più vicina al battito forte precedente che a quello susseguente. Anche la pseudo- alternanza respiratoria è facile a differenziarsi, in guanto è sempre buona regola eseguire le osservazioni cliniche e grafiche in apnea; ha importanza questa cautela specialmente in quei casi in cui la tachipnea è tale da essere perfettamente la metà della frequenza cardiaca. Altra diagnosi differenziale è necessario impostare, in caso di bradicardia, con la bradicardia totale da dissociazione a- u completa ed, infine con il polso dicroto. E veniamo adesso, sia pure brevemente, ai meccanismi patogenetici invocati nel p.a. Molte teorie sono state costruite, spesso in netto contrasto fra loro, ma nessuna sinora ha potuto apportare dati di fatto costanti e valevoli per tutti i casi di osservazione clinica. La prima teoria, sorta ad opera di W enckebach l 109], riconosceva nel p.a. una alterazione delta capacità di contrazione miocardica, col concorso di fattori emodinamici : dopo le extrasistoli, il I 0 battito che segue alla pausa compensatoria è più forte, onde una maggiore geuata ed un minor volume residuo; nel battito successivo si ha una diminuzione della tensione iniziale


e perciò uno svuotamento inferiore al normale, per cui viene di nuovo ad aumentare il volume residuo e ne segue un battito forte. E' questa la teoria « emodinamica >, della iposistolia totale che riposa sul ben noto principio di Frank- Starling (l'energia di con trazione ventricolarc o lavoro ventricolare è in rapporto con la lunghezza delle fibre alla fine deUa diastole e pertanto con il volume telediastolico ventricolare). Questa teoria è stata seguita dai ricercatori della scuola di Frank- Starling [ 9, 10, 11, 36, 100 l : quando il p.a. compare dopo una extrasistole, è il sovraccarico dovuto al successivo riempimento ventricolare durante la lunga pausa post- extrasistolica che scatena l'a. Sono le variazioni del riempimento ventricolare diastolico che possono contribuire a modificare il volume delle successive sistoli. La teoria dell'iposistolia totale, sostenuta da una impostazione concettuale ·di fisiologia miocardica ed anche da alcune osservazioni cliniche ed emodinamiche, non ha trovato c non trova però la conferma di molti altri ricercatori. Sulla base ·di esperimenti su animali_, Gaskell 34, 35] è venuto alla conclusione che non tutte le fibre partecipano, nel battito debole, alla contrazione, perchè esse restano in uno stato di refrattarietà, mentre nei battiti forti si ha una contrazione completa di tutte le fibre e tutto ciò in assenza di una fluttuazione del volume ventricolare. E' questa la teoria miocardica » della iposistolia parziale periodica che sarebbe meglio chiamare della asistolia parziale, in omaggio alla legge del Bowditch del tutto o niente. Essa è seguita da molti AA. 5, 26, 39• 44• 8o, 8r ]. Anche Wiggers rIJ2, rq, II41 e Fricxlman 130] si sono adeguati a questa teoria, precisando che le variazioni del volume telediastolico, a volte osservate, possono essere la « conseguenza ,, piuttosto che la causa del p.a. Per Cohn e coll. r15 j il meccani·smo della teoria miocardica non nega in nessun modo la possibilità che il principio di Frank- Starling sia alla base in alcuni casi, come è anche vero che una a. del volume telediastolico possa essere la conseguenza e non la causa del p.a., ma i due meccanismi possono agire separatamente o sinergicamente. Questa teoria, oggi molto accettata, non è però concorde nei suoi particolari. Infatti, mentre per alcuni si tratterebbe di una parzialità localizzata ad alcuni gruppi muscolari, per altri si tratterebbe di una parzialità difft-tsa delle fibre. Hering [ 44] ad es. ha constatato che in certi casi la regione apicale non partecipava alla contrazione cardiaca una volta su due. La pausa del p. a. è per Luisada [ 62! un'a. della forza di contrazione ventricolare in quanto una zona determinata del miocardio ventricolare possiede un periodo di refrattarietà più lungo del resto del cuore (lesa od ischemica). Per Cohn e coli. tr5] è ignoto se queste a.m. siano dovute a variazioni semplicemente nel numero delle fibre contribuenti ad ogni sistolc o se occorra un'a. nella « forza di contrattilità )> di alcune o di tutte le fibre. Singole cellule, localizzate o diffusamente sparse nel cuore, possono alternare le

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loro proprietà elettriche o meccaniche [77] : se ogni fibra sia interessata nell'a. o se porzioni del miocardio siano iposistolichc o totalmente asistoliche non può essere per ora stabilito. Ma non sempre i dati clinici c sperimentali permettono una completa applicazione della teoria dell'asistolia parziale. Luisada [62] ad es. dice che è possibile che il p.a. sia dovuto, qualche volta, ad un'a. della reazione tonica dell'aorta e perfino di quella di una o più arterie periferiche, parlando così di un'a. distrettuale del polso. Anche Ferrer e coli. f25l accennano ad una risonanza nell'intero sistema ventricolo-vascolare, Fricdman e coli. [ 29] a variazioni dell'aHlusso di sangue e delle resistenze periferiche e Pace c coli. l82] a fattori periferici che possano esaltare distalmente le modificazioni tensive volumetrichc centrali. Pur nella accettazione della teoria « miocardica ll, rimane sempre l'incertezza sulla localizzazione delle fibre refrattarie ed inoltre rimane sempre inspiegato il motivo primario per cui alcune fibre od alcuni gruppi muscolari si trovino in stato di refrattarietà diversa, senza che vi ,sia un ben documentato rilievo anatomo- patologico. Questa incertezza sul reale meccanismo dell'insorgenza di un p.a. si riflette inevitabilmente anche sul coTJcetto prognostico. Infatti, ammettendo la teoria dell'asistolia parziale, la prognosi diventa severa, mentre, ammettendo la teoria emodinamica, la prognosi è meno grave. E' però comunemente ammesso che la comparsa di un p.a. sia un segno mali omi11is, per il fatto che esso viene frequentemente osservato in pp. con insufficienza miocardica, ma sinora nessuno studio è stato fatto a dimostrazione di questa affermazione. Cioè, altro è dire che il p.a. si osserva frequentemente in cuori insufficienti. altro è concludere che esso è un effetto di una grave insufficienza miocar·dica. Nessuno studio statistico è stato fatto, ad es., per dimostrare una prognosi ·diversa fra cuori insufficienti senza e con p.a. Annettendo alla comparsa di un p.a. costantemente un significato di gravità miocardica, si può arrivare alla affermazione che, se in un cuore apparentemente sano compare un p.a., ad es. dopo uno sforzo, si deve pensare ad una insufficienza latente l~]. Non si è potuto inoltre constatare che il p. a. ,sia un segno di gravità a breve scadenza 3]. Noi pensiamo che, a proposito del p.a., si sia incorsi nello stesso equivoco occorso a proposito del ritmo di galoppo, il quale, nato come un segno clinico, più palpatorio che fonico, di gravità imminente, si è poi confuso con il ritmo a tre rtempi solo perchè graficamente esso era indistinguibile dal IV tono atriale o dal III tono che fu detto perfino fisiologico, non poco trascurando l'ammonimento di Laubry e Pezzi che, per legittimare la diagnosi di ritmo di galoppo, bisogna che il rumore aggiunto sia compreso in un insieme di circostanze raggruppate c che sono questi « circunfusa » a creare la cosiddetta (( atmosfera del galoppo )) 53].

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343 A togliere un deciso e costante carattere di gravità al p.a. per sè, concorrono anche tutte quelle circostanze in cui la sua comparsa avviene in soggetti giovani e persino in sportivi r42], senza alcun segno anamnestico e clinico di cardiopatia, realizzando la cosiddetta « a. genui11a », anche al di fuori di ogni accesso di tachicarxiia. O realmente il p.a. è espressione di una insufficienza miocardica grave per sè, oppure esso è un segno come il rumore di galoppo che ha bisogno di « circunfusa n per aggiungere un volto prognostico severo al quadro cardiopatico già per altre vie dimostrato e diagnosticato. Del resto già Vaquez lro6], pur riconoscendo non esservi dubbio che il p.a. coincide con un grado di debolezza miocardica, aveva attenuato non poco la gravità ·della prognosi, af-fermando che il p.a., nei suoi casi, si era mani festato non come il segno di morte vicina, ma come segno premonitore di eventualità terminali. Anche Lian [55] disse che, data la grande varietà del ritmo alternante, la prognosi va di volta in volta rapportata ai singoli casi, specialmente i n riguar·do alla sua durata. White rJIO l e Friedberg l28l ritengono che la gravità della prognosi debba essere correlata alla frequenza cardiaca: tanto più grave il p.a. quanto meno fre<Juente il ritmo cardiaco. A mettere in dubbio il significato prognostico grave del p.a. per sè, vale inoltre l'ammonimento di Bellet [5] e di Ryan r89l che la scomparsa dell'a.m. o di quella elettrica non indica necessariamente un miglioramento, poichè un aumento od una •diversa distribuzione delle zone lese può determinare una reciproca neutralizzazione, mentre il processo morboso continua a progredire. Che il p.a. non rappresenti di per sè un segno che aggrava le condizioni di insufficienza miocardica per altra via dimostrata, è sostenuto anche dal fatto che nella terapia non vengono richiesti provvedimenti diversi da quelli che com porta il quadro clinico funzionale, sempre tenendo presente che l'efficacia ad es. della terapia car·diotonica non può essere desunta dalla scomparsa del p.a.

Il. - ALTERNATIVA ELETTRICA (a.e.)

Si parla di a.c. quando un tracciato presenta un'a. delle varie fasi dell'ecg in presenza di un ritmo peraltro regolare, con costante punto di origine dci complessi, cioè con iden tità del segnapasso c con una dimostrata indipendenza dell'attività respiratoria. Vengono pertanto esclusi i ritmi bigemini e quelle variazioni respiratorie che, come nell'a.m., possono simu-


344 lare un'a., cioè quando ad es. una tachipnea raggiunga la frequenza metà di quella cardiaca (necessità di registrare l'ecg in completa apnea). Si riconosce ad Hering [ 43j la prima segnalazione dell'a.c. nel 1908 in un esperimento animale con acido gliossilico. L'a.c. è notevolmente meno frequente della a.m., anche se Marcolongo [64] ritiene che la sua rarità deriva dalla accuratezza con cui si esaminano gli ecg nelle diverse derivazioni e nelle varie onde. Colvin [ 16] ha riferito che al 1958 erano stati notificati solo 64 casi di a. e. del QRS, di cui 49 con ritmo sinusale, 11 con tachicardia parossistica e 4 con fibrillazione o flutter atriali. Green f39 J ha riferito di un solo caso di a.e. dei QRS in Io.ooo ecg raccolti in 13 anni, K.leinfeld e coli. [sol che dal 1910 al 1963 erano stati raccolti 72 casi molto spesso in ritmo sinusale e solo il 20°1., con tachicardia parossistica. L'a.c. può concorrere, separatamente od in concomitanza, sia nelle singole onde dell'ecg che nei tratti fra esse : onda P, complesso QRS, onda T, intervallo PR, tratto S- T, per cui si parla, di volta in volta, di a. di velocità di depolarizzazione, di a. nell'ampiezza della repolarizzazione [49] e di a. della conduzione. Onda P (a. atriale): essa può occorrere nell'ampiezza, nella durata e nella morfologia; quella isolata è molto rara Iso J. Complesso QRS: l'a. limitata dell'ampiezza e non ·della forma è molto rara [21, so, no]; ancora più rara è l'a. contemporanea del QRS e dell'onda T [ 47] ; a voi te si può osservare un'a. direzionale solo in alcune derivazioni: es. QRS ampio nelle precordiali e meno ampio nelle standard f7], onde la necessità di registrare tutte le derivazioni per potere scoprire un'a.e. Di grande interesse è l'a. della conduzione, per quanto riguarda il complesso QRS, risultandone un'a. di blocco di branca, completo ed incompleto, sia sn [ 2] che ds [83, 91]' un'a. di blocco del fascio di His r2, 24] e perfino di blocco delle arborizzazioni [59, 83l· OtJda T: l'a. dell'onda T, con o senza quella del QRS, è il tipo più comune [s], molto meno frequente però ·se limitata solo all'altezza [no]; vale anche per l'onda T la necessità di osservare la sua ampiezza nelle varie derivazioni, potendosi avere un'ampiezza maggiore nelle precordiali e più scarsa nelle standard f71· Intervallo P- Q: l'a. del blocco a- v è stata riferita da alcuni AA. ls, )2, 62,

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Tratto S- T: l'a. del tratto S- T è stata osservata in animali, per offetto deJI 'anossiemia o della pitressina, spesso circoscritta alla sola regione puntale l 1 l· Non molto dissimili che nell'a.m. sono i momenti etio- patogenetici invocati per l'a.e.: miocardiopatie organiche, ma soprattutto intossicazione digitalica e tachicardia parossistica [65, 941 · Littman e Spodick [58] però


34S hanno riferito che non sempre l'esame autoptico ha dimostrato che l'a. del QRS e della P risultino da una malattia miocardica diffusa. Anche per l'a.e. il meccanismo interpretativo del fenomeno non è noto ed anche qui varie teorie sono state proposte e difese, sia in base alla esperienza clinica che a queUa sperimentale. La teoria più nota è che in alcune parti del cuore la fase di refrattarietà è prolungata sì che, dopo un'attiv::zione, un successivo impulso trova questa regione miocardica refrattaria e la risposta ad ogni secondo stimolo è differente elettricamente dalla risposta allo stimolo precedente. Un'altra teoria è che l'a.c. potrebbe essere il risultato di due focolai di impulsi che si alternano [ 12, 83l o perflno di due vie , alternative di conduzione [ 121. Queste teorie però non convincono molto e Bellet [5] osserva che, siccome a volte l'a.c. è limitata alla sola fase di ripolarizzazione e non all'intero QRS, è probabile che essa sia da attribuire ad uno stato di sofferenza degli strati sottoendocardici che rallenta in modo notevole i processi di ristoro del cuore che vengono in ta.l modo alterati con cadenza alternante, perchè la parte di complesso ventricolare compreso fra la punta della R e la fine della T dipende solo o prevalentemente dall'attività di questa porzione miocardica esterna. Kleinfeld e coll. [so], in seguito all'esperienza che l'a.e. si può verificare anche in una sola fibr a miocardica, concludono che non v'è ragione alcuna per affermare che l'a.e. si possa sempre produrre con un solo meccanismo e che, nel caso della fibra singola, si debba pensare ad un'a. nella velocità e nella estensione dei trasferimenti elettrolitici trans- membrana. Per <]Uanto riguarda l'a. dell'intervallo Q- T , Kimura e Yoshida (47 J invocano l'ipocalcemia che, come è noto, influisce sul processo di rcgressione dell'eccitamento. Per l'a. del tempo di conduzione a- v, una sola teoria non può soddisfare la varietà deUe sue manifestazioni, oltre al fatto che non •sempre l'esperimento animale può essere traslato nella clinica. Data la frequenza notevolmente minore dell'a.e. rispetto all'a.m., è interessante riferire brevemente dei rapporti fra di esse. Infatti, se pure l'a.c. isolata sia rara ed essa si accompagni spesso all'a.m., è piuttosto rara un'a.m. che si accompagni ad un'a.c. [s, IIO ] . Certo, la ipotesi concettuale che non vi è nessun Jenomeno meccanico d el cuore senza quello elettrico rende piuttosto perplessi a comprendere questi fenomeni d i non contemporaneità. E' bene ricordare che nell'esperimento con una cellula singola non viene mai registrata un'a.e. senza un'a.m. rso l· Bellet [s] ha ritenuto di spiegare il fenomeno dell'a.m. senza a.e. con l'ipotesi che le parti miocardiche in a.e. possono essere situate in posizione tale da non permettere una opportuna registrazione elettrica, oppure che i loro effetti possono essere neutralizzati o nascosti .dalle forze elettriche di altre porzioni del miocardio. Nel caso inverso, a causa del sommarsi degli


effetti delle zone lese, la posizione del muscolo leso può facilitare la registrazione elettrica, senza però provocare un 'a.m. Kisch [ 48] naturalmente. sostenitore della teoria dell'a. limitat:l agli strati esterni del miocardi<>, ritiene che un'a.e. di essi non è sempre sufficiente a modificare in modo analogo la pulsazione meccanica del cuore. Per quanto riguarda la prognosi, ancora più concorde è l'opinione degli AA. che l'a.c. sia segno di grave compromissione miocardica [46] cd a questo proposito Bellet Jsl ammonisce che anche per essa la scomparsa non è sempre segno di migliorate condizioni dell'efficienza miocardica. Scherf e coli. [93] ritengono che l'a. morf<>logica del QRS con tachicardia parossistica si ha solo in cuori molto compromessi ed è anticipatrice di fibrillazione ventricolare. Per White J no l segno grave è l'a. in altezza della T. Significato di minore gravità ha per Goldberger f37] l'a.e. transitoria, mentre quella susseguente ad una tachicardia parossistica non ha alcun significato. Si è detto all'inizio che bisogna bene discriminare un·a.e. vera dalle pseudo- alternanze dovute a bigeminismo extrasistolico o ad inOuenze respiratorie. Un a.ltro tipo di pseudo- alternanza, questo non molto raro, è l'a.e. totale che si osserva negli abbondanti versamenti pcricardici, specie se emorragici. La spiegazione che viene comunemente accettata è quella del/' a.e. anatomica da posizione, cioè da variazione dell'asse elettrico da si stole a si stole: nell'ampio versamento pericardico il cuore si trova sospeso in un sacco contenente liquido e può quindi muoversi in misura maggiore di un cuore normale; inoltre la disposizione ad elica dei grossi vasi, insieme alla muscolatura spirale del cuore intorno al suo asse longitudinale, i polmoni e le strutture mediastiniche pongono una limitazione a questi movimenti ed aiutano il ritorno del cuore alla sua posizione diastolica, avendosi in definitiva un'oscillazione rotatoria del cuore periodica simile a quella dei pendoli rotati vi di certi orologi [ I6, 20, 23, s8, 67, 87, J03]. Erman e Sonel [ 23]' che hanno riportato 20 casi di a.c. nelle pericarditi essudative, riportano che in uno di essi l'a. scompariva dopo manovra di Mueller o di Valsalva, verosimilmente dovuta ad una modificazione della pressione endopleurica. Se pure molto suggestiva, questa teoria non soddisfa pienamente, pcrchè non sempre si possono accettare gli spostamcnti anatomic1 del cuore nel caso di disturbi della conduzione o di a.c. isolata dell'onda P [ 102]. Inoltre, non sempre l'a.c. è presente in tutti i versamenti pericardici: Erman e Sonel 23J non l'hanno potuta osservare in 17 casi di pcricarditc essudativa. Molto verosimilmente non sempre le strutture mediastiniche permettono una completa mobilità del cuore. Raftopoulos e Costeas [87] pensano che il movimento pendolare intorno ad un asse rappresentato dai grossi vasi sia influenzato non solo dalla quantità del liquido, ma anche dalla sua viscosità.

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347 Poicbè questo tipo di a.e. è più frequente nell'emopericardio [ 66] e data la natura spesso neoplastica di esso, Micelli e Salonna [761 ritengono che, quando in tm emopericardi o si associa un'a.c., vi è fondato sospetto di una neoplasia cardiaca e d'altra parte Tursi e Mjncuzzi r IO) l ammoniscono che in ogni caso di a.e. è bene considerare i l sospetto di versamento pericardico.

Dopo questa breve rassegna sull'alternanza del cuore, vediamo adesso quale contributo possa avere portato in questo argomento la nostra osservazione e quale possa essere il valore medico -legale di essa. Bisogna rifarsi anzitutto alla situazione emodinamica e neuro- vegetati va in cui il fenomeno si è osservato, cioè alla fisiologia della m.V. cd in particolare alla sua 4" fase. Ini ziato lo sforzo espiratorio a glottide aperta contro una pressione cc misurata n e diventata con esso positiva la pressione endopleurica, si realizza un ostacolo all'afflusso venoso al cuore ds, per cui viene ridotta per con seguenza la gettata sistolica del cuore sn, con caduta della pressione sistolica e diastolica, ma soprattutto di quella differenziale. E' quest'ultima che, alla fine dello sforzo, stimola la zona reflessogena senocarotidea che determina una risalita della pressione arteriosa diastolica. Cessato lo sforzo, il sangue << intrappolato 11 prossimamente alle valvole venose, si precipita « torrenzialmente >l nell'atrio ds prima e poi, per la via del circolo polmonare, nell'atrio sn e nel ventricolo sn, sì che notevolmente aumentata ne resta la gettata ventricolare; ma questa, riversandosi in un sistema arterioso ancora in stato di vasocostrizione, provoca un aumento della componente sistolica; sono queste moilifìcazioni pressorie che causano, a loro volta, una inibizione del centro vasomotorc della pressione arteriosa che dà origine alla classica bradicardia [731 : è la 4• fase della m.V., detta dell'(( overshoot 11 o del « rimbalzo ,,, caratterizzata quindi da tre avvenimenti: aumento brusco della gettata cardiaca, aumento della pressione arteriosa sistolica e bradicardia, avvenimenti cioè emodinamici e neuro- vegetarivi . Si è ritenuto sino a poco tempo fa che l'« ovcrshoot » .fosse dovuto ad un riflesso simpatico scaricato durante il periodo del diminuito ritorno venoso, ma recenti ricerche con l'atropina ed i farmaci beta- bloccanti avrebbero permesso a Leon e coll. (54 j di affermare che le modifìcazioni della frequenza cardiaca, evocate dalla m.V., sono una misura migliore della integrità della funzione parasimpatica, piuttosto che della funzione beta- simpatica. Certo è comunque che la bradicardia della fase del « rimbalzo » delIa m. V. è un fenomeno vaga.le e come tale va inquadrato nella fìsio- patologia del fenomeno da noi osservato.


Ambedue queste situazioni, emodinamica l'una e vagale l'altra, vengono ad avere una notevole importanza nel meccanismo di produzione di una a.m. del cuore: a) situazione emodinamica: l'aumento brusco del volume telediastolico ventricolare sn mette in opera il meccanismo di Frank- Starling; b) situazioue vaga/e : è nota la questione dibattuta dell'influenza della stimolazione vagale sull'inotropismo cardiaco. Mc William asserì per primo nel lontano r888 [ ~] che essa sveglia un effetto ino tropo positivo e con lui si associarono alcuni ricercatori, fra i quali Wiggers e Katz [II r l e Straub [ roi l, mentre successivamente più numerosi sono stati gli AA. che hanno a6fermato il contrario l22, 84, ro8l. Per altri ricercatori infine la stimolaziooe vagale non avrebbe che scarsa o nessuna influenza sulla contrattilità miocan:lica [ 4, 88] . Sarnoff [go] , pur aderendo a quest'ultima concezione, ha precisato che la stimolazione vagale provoca un effetto deprimente profondo sulla forza di contrazione atriale e può pertanto influenzare il riempimento ventricolarc ed il lavoro ventricolare di gettata, chiudendo in tal modo il cerchio che collega .l e modificazioni neuro- vegetati ve e quelle emodinamiche. Non è facile certamente prendere posizione decisa e stabile in tali questioni di fisiopatologia miocardica, ma è interessante ricordare che Gaskell 34] riprodusse sperimentalmente nelle rane il p.a. proprio con la stimolazione del vago. Come si vede, è cosa ardua, nel fenomeno da noi osservato, parteggiare per la teoria « emodinamica », dando così contemporaneamente importanza patogenetica ed al meccanismo di Frank- Starling ed alla stimolazione vagale inotropo- negativa, così come ritengono Spodick e coll. (99], o per la teoria « miocardica » della iposistolìa parziale. Ma, pur nell'incertezza fisiopatologica che ancora circonda il .fenomeno dell'a. del cuore, a sua volta aggravata dall'incompletezza delle indagini strumentali nel nostro caso, a noi sembra di potere concludere che, se pure le due teorie non sono in realtà fra di loro nettamente contrastanti, quella « emodinami<:a )) ci sembra più élderente alla realtà clinica di quella « miocardica )) . E' evidente infatti, nel nostro caso, che il fenomeno della prolungata refrattarietà è stato sollecitato dalle contem porance modificazioni emodinamiche (aumento brusco ·d d volume telediastolico ventricolare sn) e neurovegetative (stimolazione vagale), anche se è vero che esso si è limitato ai muscoli papillari della valvola mitrale e forse solo a quello anteriore. Resta naturalmente aperta la domanda per quale motivo, in questo nostro soggetto, proprio solo il gruppo muscolare papillare del miocardio ventricolare sn abbia risposto modificando il periodo di sua refrattarietà. La fisiopatologia dei muscoli papillari, specialmente di quelli della valvola mitrale, è un argomento tutto nuovo ed in via diremmo di « riscoprimento )) e certamente nuova luce su dì essa ci verrà da un maggiore inte-

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349 ressamento da parte dei cardiologi e dei fisiologi, anche se piuttosto scarso è ancora il contributo dell'anatomia e dell'istologia patologiche non sempre possibili ad effettuarsi, come nel nostro caso. E' certo però che questi gruppi muscolari miocardici, cosl preziosi ai fisiologi nelle loro ricerche, vanno incontro più facilmente degli altri distretti miocardici ad una loro caratteristica patologia [74], forse perchè più sensibili, a causa della loro vascolarizzazione, a modificazioni ossiche. A questa loro più facile meiopragia noi pensiamo che bisogna aggiungere anche l'importanza notevole della loro funzione, per cui, mentre altri distretti miocardici localizzati possono rimanere clinicamente ed emodin aroicamente muti durante una loro disfunzione, lo stesso non accade per i muscoli papillari, organi essenziali ed indispensabili per una corretta chiusura delle valvole a- v f751· Propendere, nel nostro caso, per un fenomeno di ipo- asi·stolia su base << emodinamica » ha anche importanza prognostica e medico -legale. Già si è detto che ovviamente la te<>ria della ipo- asistolia parziale « miocardica » comporti una prognosi più grave di quella deUa ipostistolia totale <• emodinamica » c non vi è motivo, nel nostro caso, per dovere sospettare una cardiopatia latente, quando anamnesi e<l obiettività clinica allo stato basale non permettevano ·di sollevare alcun .dubbio ·sulla efficienza cardiaca, evidenziata anche dalla risposta più che ottimale alla m.V., potendo quindi fare rientrare questo tipo di a.m. nella « a. gen uina » di H ajek (421. che potrebbe anche definirsi « innocente », data la eccezionalità del momento patogenetico di sua produzione (4a fase .della m.V.) e la sua durata tutta circoscritta alla durata di essa. Pur nella « innocenza » di questo tipo di a.m., non possiamo però di certo concludere allo stato attuale delle nostre conoscenze sulla a. del cuore ed in particolare sulle reali condizioni isto- patologiche del miocar.dio in genere e papillare in specie del soggetto in questione, per una idoneità medico - legale militare completa e pensiamo che sia saggio e prudente attribuire il coefficiente 4 alla caratteristica C del nostro profilo sanitario militare.

RIASSUNTO. Gli AA. riportano un caso di un soffio olosistolico puntale al[ernante cvmparso n ella fase del rimbalzo di una manovra di Valsalva in un giovane apparentemente sano dal punto di vista cardiovascolare. Viene fatta una breve rassegna storico - critica ddl'altenanza del cuore, sia meccanica che elettrica, soprattutto in riguardo alle teorie etio- parogenetiche ed ai concetti progoostici. Gli AA. ritengono che il fenomeno presentato possa essere spiegaw in base alla teoria «emodinamica >>, pur ammettendo una certa meiopragia del muscolo papi Ilare mitralico e concludono, sia pure con una certa prudente riservatezza, per il suo cara ttere l( innocente >>.


RÉsuMÉ. - Les AA. rapportent le cas d'un !><>uffle holosystoliquc de pointe alternane prérent! dans le phase d'cc overshoot » d'une manoeuvre de Valsalva chez un jeunc homme apparentement sain du point de vue cardiovasculaire. On fait una brève révision historiquc de l'aJternance du coeur aussi bien méca nique que électrique, surtout par rapport aux théorics eùopathogénétiques et aux concepts pronostigucs. Les AA. pensent que le phénomène présenté peut s'expliquer par la théorie « hémodynamique » en admettant meme une certaine méyopragie du muscle papillaire mitra! et ils concluent meme si c'est avec una prudente réserve, que ce cas re\·et un caractèrc « bénin».

Su~mARY. - It is reported a case of alternation olosystolic apical murmur noted by rhc AA. on the « overshoot » phase of the Valsalva's manoeuvre in a young man with no evident cardiovascular disease. h is referred a short historical and critica] survcy of heart mechanical and elcctric alternarion, with special regard to its etio- pathogenesis and prognosis. The AA. think that acou~tic phenomenon can be explained by << haemodynamic " theory, however supposing a cuspidal papillary musde dysfunction; therefore they conclude in favour of its « innocent » character, but with prudent rcserve.

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l!


CE!\TRO STUDI E RICERCHE DELLA SAN!Ti\ MILITARE

Direttore: Magg. Gcn. Med. Dott. C. MustLLl 3<> REPARTO - SEZIO!\'E MICROBJOI,OGIA

Dtrcuore : Col. \le l. Pro f. G. Cn.' TOL'

EFFETTO DELL'IRRADIAZIONE U.V. SUL CONSUMO DI 0 2 IN SARCINA LUTEA M Miranda

M. Di Marùno

A. Di Addario

R. Fragomeni

PREMESSA.

Il biologo è sempre più vivamente interessato ad elucidare le vie metaboliche dei microrganismi nell'intento di poter indirizzare tali vie verso le sintesi di determinate sostanze di interesse farmacologico, industriale, ecc. A tale scopo assume particolare rilievo l'aspetto bioenergetico del metabolismo ossidativo in quanto per la produzione di molte di dette sostanze si richiedono sintesi endoergoniche ed è noto che maggior parte dell'energia, utile ai fini degli svariati lavori <:ellulari, viene ricavata dalla fosforilazione ossida ti va. L'importanza dell'aspetto bioenergetico del metaboli·smo traspare da semplici considerazioni di termodinamica, infatti ogni lavoro in natura è accompagnato da trasferimento di energia e proprio il segno ed il valore assoluto dell'energia scambiata possono permettere di determinare a priori il senso in cui vi è maggior probabilità che un sistema evolva. La possibihtà di poter indirizzare il metabolismo ver·SO sintesi determinate è proprio legata al controllo degli eventi energetici che si verificano nelle varie tappe biosintetiche. Il sito in cui la fosforilazione ossidativa si verifica sarebbe nelle cellule precariotichc al livello dolla m embrana plasmatica e ndle cellule eucariotiche a livello della membrana interna dei mitocondri [1, 2, 3, 4, 5]. Molti ricercatori hanno indagato la fosforilazione ossidativa in cellule batteriche, protoplasti batterici, particelle fosforilanti batteriche preparate con gli ultrasuoni e tutti concordemente nei vari materiali studiati rilevarono rapporti P fO eccezionalmente bassi, nè poterono assolutamente riscontrare controllo respiratorio, nè m ediante 2-4-dinitrofenolo rendere indipendente il consumo di 0 2 daJia fosforilazione deii'ADP: azione disaccoppiante 6, 7· 8] .

r


y;6 Ciò sarebbe in favore di una differenza qualitativa della fosforilazione ossidativa nei batteri e nei mitcxondri con tutte le implicazioni filogenetiche che tale differenza comporterebbe. In un solo batterio, Mycobacterium phlei, il 2-4-<iinitrofenolo disaccoppia le fosforilazioni dalle ossidazioni, anzi inibisce anche le fosforilazioni substrate -linked [9, IO, n, 12], e in questo solo tra i batteri studiati fu riscontrato controllo respiratorio ed una catena respiratoria del tipo di quella dei mitocondri di cellule animali e vegetali f9• IO, II]. Altri AA. (13, 14, 15, 16] hanno sottoposto ad irradiazione X od U.V. Saccaromiceti e Batteri nell'intento di precisare gli effetti più ~mmediati sulla respirazione. Uebara e coli. 17, I8, 19, 20] avrebbero evidenziato la distruzione fotochimica del coenzima A e del NAD. Friedrich [ 21 l avrebbe dimostrato la inattivazione ·della gliceraldeide3-fosfato-deidrogenasi in soluzioni acquose dell'enzima con X-irradiazione.

r

ScOPO DEL LAVORO.

Scopo del presente lavoro è di tentare di precisare a quale livello la respirazione venga lesa dalle radiazioni U.V. studiando la risposta respiréltoria a sostanze eccitanti come nicotinamide-adenin-<iinuclootide (NAD), adenosin-s'difosfato (ADP), 2-4-<.linitrofenolo (DNP), saccarosio e piruvato od inibenti come il NaF. MATERIALI E METODJ.

Terreni culturali: è stato usato Eugon Agar della Case Laboratories in provette per il mantenimento del ceppo ed in piastra di Petri per lo sviluppo delle patine batteriche. Specie batterica: è stato impiegato il ceppo di Sarcina Lutea A.T.C.C. 9341. La scelta del ceppo è stata motivata dalla facilità ed innocuità di manipolazione c per la pigmentazione che permette l'agevole individuazione e rilievo ·degli inquinanti. Una sospensione del germe in S.F. veniva dispersa sulla superficie del terreno e dopo incubazione in termostato la patina veniva raccolta con soluzione di NaCl 0,30 M. Dopo ripetuti lavaggi con predetta soluzione, quantità note in peso umido di cellule venivano uniformemente disperse in volumi utili di soluzioni a diversa concentrazione. Le concentrazioni e volumi utilizzati nei vari esperimenti sono riportati nelle tabelle. Irradiazione con U. V.: aliquote delle sospensioni batteriche venivano irradiate con U.V. in contenitori di quarzo esposti in campo di intensità uniforme generato da due lampade a bassa pressione di mercurio, contrap-


357 poste, ad onde lunghe con massimo di intensità di enusstone a 360 mr. Le sospensioni venivano esposte ad una energia valutata di circa 2 erg/ sec. La lampada era una « Fluotest » della Hanau mod. 5201. Consumo di 0 2 : il consumo di 0 2 delle sospensioni batteriche, irradiate e non, fu determinato con un Biologica] Oxigen Monitor YSI Mode! 58 a 37"C. Le sospensioni irradiate venivano utilizzate immediatamente dopo la esposizione agli U.V. Reattivi: il NAD, l'ADP ed il piruvato erano forniti dal.la Biochemia Boehringer (Mannheim); i rimanenti reattivi erano RP Carlo Erba. RISULTATI.

In aliquote omogenee di cellule batteriche sospese in NaCl 0,30 M od m saccarosio 0,25 M veniva dosato il consumo di 0 2 • Come è possibile rileo o

N

x: saccar osi o 0.2 5 M

~

o : NaCl 0 •.30 M

"'E => "'o c;:

CJ

o

E 0::

2 temp o i n mrn.

Fig. L - Consumo di 0 2 di sospensioni di Sarcina lutea in NaCl o,3o M ed in saccarosio o,25 M ed azione del 2- 4 Dinitrofenolo: DNP. Il sistema era come in tabella I.

vare dalla fig. I nelle sospensioni in saccarosio la velocità di consumo di 0 2 è circa 1,87 volte più alta di quella delle sospensioni in NaCl (tab. 1). L'aggiunta di 2-4-dinitrofenolo ad una concentrazione .finale di 4,25 x Io-4 M provoca una diminuzione, sia pur minima, anzichè un in-


TABELLA

r.

VELociTÀ DI coNsuMo DI 0 2 m sosPENSIONI Dr SARciNA LUTEA IN NaCl 0,30 M

M ED AZIONE DEL 2-4-DINlTROFENOLO.

ED IN SACCAROSIO 0,25

l! sistema e-ra costituito da: MgCl2 18 fimali, potassio fosfati 24 t-tmoli, KC! 9 0 p.moli, sospensione cellulare in NaCl O,JO M o in saccarosio 0 ,25 M ml ] ,O. Gas in soluzione: a1ia. Temperatu1·a: 37"C. pH: 7,40. 2 • 4 • d inirro(cnolo

Mezzo dj sospensione

Con sumo d i 0 2 (nmol i/ min.)

(fl.•noli aggiunte)

Saccarosio 0,25 M

no

95.67

Saccarosio 0,25 M

2,0

86,70

N aCl 0,30 M

no

51,20

N aCl 0,30 M

2,0

46,8o

cmmento come si dovrebbe aspettare dall'azione che tale sostanza esplica sul consumo ·di 0 2 in sospensioni mitocondriali [ 4, 12, 13, 14, 15, r61. I rapporti delle velocità di consumo di 0 2 in presenza e non di 2-4-dinitrofenolo sono rispettivamente 0,915 per il sistema in NaCl e o,9o6 per quello in saccarosio. TAB ELLA

$ TIMOLAZIONE D ELLA VELOCITÀ DI CONSUMO DI

0 2 DI SOSPENS IONI DI S ARCINA

L UTEA DA PARTE DI NAD , ADP E P IRUVATO ED EFFETTO 1

DELL IRRAD IAZIONE U.V.

Il sistema era costituito da: MgCl1 18 fimo/i, potassio fo sfati 120 f.Lmoli , KCl 120 fimo/i , sospensione cellulare in N aCl O,J O M m l 0, 20 (corrispondenti a mg 18,2 0 di cellule peso fresco). Tempo di irradiazione: I m in nelle condizioni stan.dard. Gas in soluzione: aria. Temperatura: 37"C. pH: 7,40.

Sub>trato (!J-moli aggi unte)

No NAD

Velocità di co nsumo di o~ (nmoli/ min.)

X01t11 / XO~to-1

(*)

Controllo

Irrad iato

Controllo

Irradiato

139>4

13 1,0

1,00

I,OO

1>48

t66,o

3o8,o

1 1 19

2 >35

ADP 3,2)

r87,o

542,0

1 , 12

r,'IJ

Piruvato 50 ,0

)82,0

499,0

3,II

0 ,9 2

(•) X02t0 : velocità di consumo d i 0 2 al tempo r0 • XO~tn-L: vclo:ità di consumo d i 0 2 al tempo t 0 ,J .

II.


359 Nella tab. Il sono riportati i valori della velocità del consumo di 0 2 nelle sospensioni di Sarcina lutea, irradiate e non, dopo aggiunta di vari substrati. La riduzione di attività respiratoria nelle sospensioni irradiate potrebbe essere ascritta a diminuzione della popolazione batterica per effetto battericida. Ad ovviare a tale inconvenienti nella valutazione dei valori assoluti dei dati, questi vengono espressi in per<;entuale di variazione rispetto alla velocità del consumo di 0 2 immediatamente prima dell'aggiunta di ognuna delle varie sostanze. o o

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o o

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x ::control o o:: arrad 1ato

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4

tnmt n .

Fig. 2 . - Curva del consumo di 0 2 di cellule di Sarcina lutea irradiate 1 min con U.V. nelle condizioni standa rd : l T AD q8o (J.IDOli 2 - ADP 3,25 ;;.moli 3 - Piruvato 0,25 M 50 p.moli (i numeri si riferiscono all'aggiunta dei sostrati) Il sistema era come in tabella Il.


Dalla tab. Il e fig. 2 si può inoltre rilevare che: a) la velocità di consumo di 0 2 nelle sospensioni irradiate in assenza di NAD, ADP e Piruvato è leggermente più bassa che nelle sospensioni non irradiate; b) il tasso d'incremento per aggiunta di 1,48 ~A-moli di NAD è di 2,35 per il sistema irradiato mentre è di r,19 per il controllo; c) la successiva agg~unta di 3,25 !Jomoli di ADP mentre fa aumentare la velocità di consumo di 0 2 di r,1) volte nella sospensione irradiata, solo 1,12 nel controllo; d) l'ulteriore addizione di 50 tJ.moli di piruvato fa aumentare fortemente il consumo di 0 2 del controllo mentre determina una diminuzione di circa il w % dell'irradiato. Nella tabella III e fig. 3 si osserva: a) che la stessa quantità di piruvato che in tab. II, aggiunta nel sistema irradiato prima del NAD e del l'ADP, stimola ugua,l mente la respirazione e che questa stimolazione è più alta che nel controllo. Infatti l'incremento è di r,645 in questo e 2,IIo nell'irradiato; b) che l'aggiunta di NAD dopo il piruvato non stimola fortemente il consumo di 0 2 nei due sistemi pur avendosi un maggior aumento nell'irradiato. TABELLA

AZ IONE DELL'IRRADIAZIONE

III.

U.V. SULLA VELOCITÀ DI CONSUMO DI 02 1

DI SOSPENSIONI DI SARCINA LUTEA ED EFFETTO DELL AGGIUNTA DI PIRUVATO,

NAD E NaF. Il sistema era come in tabella Il. Cellule aggiunte: 4,52 mgj o,20 ml peso fresco. Tempo di ;,·radiazione: I min nelle condizioni standard. Velocità di consumo di ~ (nmolif min.)

Subnrato (iJ.moli

~ggiunte)

No Piruvato 50

NAD 1,48 NaF 2),0

l

l

X~t0 /X~tn·l

(•)

Controllo

Irradiato

Controllo

Irradiato

3•.6

r8,7

1,000

1,000

52,0

39·5

1,645

2,IIO

54,1

45·7

1,041

1,150

43·7

42·7

o,So]

0,934

(•) X02tn: velocità di consumo di 02 al tempo t 0 • X02tn·l: velocità di consumo di 0.! al tempo t0 • 1•


o o N

x = controlfo o~ i rrad i ato

o

lf) (J

"' "'"'

E t:

o

(J

o o

c5 .;

o

E t:

o lf)

4

3 2 tempo 111 m1 n.

Fig. 3· - Stimolazione del consumo di 0 2 da parte di Piruvato e NAD ed effetto del NaF in sospensioni di Sarcina lurea irradiate con U.V.: I - Piruvato 50 IJ.moli 2- NAD r,48 !J.moli 3 - NaF 25 [.!.moli (i numeri si riferiscono all'aggiunta della sostanza) Il sistema era come in tabella Il. TABELLA

AZIONE DELL'AD,P E DEL 2-4-DIN ITROFENOLO SUL CONSUMO DI 0 2 DI SOSPENSIONI DT SARCINA LUTEA IRRADIA1'E CON

U.V.

Il sistema era come in tabella III. Cellule aggiunte: 2,16 mg f o,zo ml

peso fresco. Tempo di irradiazione: I mìn nelle condizt'oni standard.

Subsrrato ( moli aggiunte) 14

Velocità di consumo di 02 (nmoli 02/min.)

Controllo

Irradiato

No

31,20

20,80

ADP 3,2)

2],10

27,20

2-4-DNP 2,o

zo,8o

20,80

IV.


Nella tab. IV si rileva che l'ADP stimola la respirazione dell'irradiato ma non del controllo e che la successiva aggiunta di 2,0 y.moli di DNP non porta il consumo di 0 2 alla velocità massima ma analogamente all'esperimento di tab. I lo inibisce moderatamente. CoNcLuSIONI. Da quanto esposto si potrebbe dedurre che le sospensioni di Sarcina lutea siano capaci di ossidare il saccarosio; infatti questo stimola il consumo di 0 2 ed il NaF, inibitore della enolasi, inibisce leggermente il consumo di 0 2 di cellule in presenza di piruvato. Ciò indicherebbe che il metabolismo ossidativo di qucst'ulcimo non venga ad essere limitato dal NaF. La inibizione rilevata si potrebbe attribuire all'azione esercitata dall'inibitore sulla utilizzazione di metabolici endogeni che interessino la glicolisi. ('.;()nseguentemente la minore sensibilità all'inibitore dei sistemi irradiati, dove invece più forte è l'aumento percentuale del consumo di 0 2 stimolato dal piruvato, potrebbe riferirsi alla citata inibizione fotochimica [ 2r] della gliceraldeide3-fosfato-deidrogenasi. Infatti in tale caso il NaF, inibitore di un enzima a valle della gliccraldeide-3-fosfato-deidrogenasi, esplicherebbe un 'azione meno evidente. L'irradiazione con U.V. nelle condizioni ,sperimentali da noi realizzate sembrerebbe non inibire la capacità dei sistemi irradiati a metabolizzare ossidativamente il piruvato, anche se in tab. II si era avuta una stimolazione del consumo di 0 2 da parte di questo mctabolita nel sistema controllo e non nell'irradiato; dobbiamo rilevare però che in quel caso quest'ultimo sistema aveva raggiunto probabilmente la velocità massima di consumo di 0 2 già in presenza di ADP e NAD. Infatti in tab. III ,dove il piruvato veniva aggiunto nel controllo c nell'irradiato quando la respirazione non era ancora stata stimolata, quest'ultimo presentava un maggiore incremento di velocità per effetto del metabolita che non il controllo. Quanto esposto indicherebbe che il sistema di dccarbossilazione ossidariva del piruvato non venisse leso fotochimicamente nelle condizioni sperimentali da noi realizzate e che quin di nel sistema dovesse esservi anche coenzima A in concentrazione adeguata. La capacità di esaltare più il consumo di 0 2 dei sistemi irradiati, che dei controlli, esplicata dal NAD, ADP e piruvato indicherebbe un aumento della permeabilità cellulare per effetto dell'irradiazione; infatti h prima sostanza aggiunta stimola fortemente il consumo ,di 0 2, indipendentemente da quale essa sia: NAD, 1\DP o piruvato. Cioè la risposta respiratoria dei sistemi irradiati è nei confronti di tali sostanze abbastanza aspecifica. Il piruvato, a differenza dell' ADP e del NAD, stimola fortemente il consumo di 0 2 dei controlli anche se meno degli irradiati, essendo forse la


membrana di Sarcina lutea più permeabile a tale sostanza che non alle altre due. Da ciò si potrebbe dedurre che l'ADP non stimoli il consumo <:li 0 2 nei controlli in quanto non penetrerebbe all'interno delle cellule, ma che aumentando per effetto dell'irradiazione la permeabilità della membrana cellulare tale sostanza possa esplicare un'azione stimolatrice sulla velocità di consumo di 0 2 • Quanto detto farebbe supporre che la respirazione in Sarcina lutea sia probabilmente sotto controllo: infatti l'ADP riesce a stimolare fortemente il consumo di 0 2• Analogamente a quanto da noi osservato in Sarcina lutea irradiata con U.V., Van Bekkum f22] in .mitocondri isolati da animali X-irradiati osserva un incremento percentuale del consumo di 0 2 maggiore che nei controlli e rileva una stimolazione maggiore del consumo di 0 2 esercitata da citocromo C e NAD. L'aumento di permeabilità cellulare per irra<iiazione, se da una parte ci rende conto degli 0f.fetti ·diversi del NAD, ADP c piruvato sui sistemi, irradiati e non, e ci evidenzia la presenza di una risposta respiratoria all'ADP, non fa però variare la risposta <ielle sospensioni <ii Sarcina lutea al DNP. Si potrebbe quindi ipotizzare che: a) il DNP pur avendo dimensioni molecolari minori del NAD ed ADP non penetri nelle cellule di Sarcina lutea anche essendo aumentata la permeabilità a tali molecole; b) non esplichi az.ione disaccoppiante probabilmente per diversa costituzione della membrana cellulare o per differente meccanismo di fosforilazione ossidati va rispetto ai mi tocondri.

RIAssUNTO. Sospensioni di Snrcina lutea irradiate con U.V. presentano un aumento percentuale del consumo di 0 2 per aggiunta di NAD, ADP e piruvaro magt,riore che non nei controlli. Si discute l'ipotesi di un aumento della pcrmeabilità della membrana cellulare.

Risu:.IÉ. - En ajoutant NAD, ADP et du sei dc l'acide pyruvique à cles suspcnsions de Sarcina lutca irradié avec du U.V., il y a un incrément de la consommation d'oxygène par rapport aux controles. On discute l'hypothèse d'une augmcntation de la pcrméabilité de la membrane de la cellule.

SUMMARY. Suspensions of Sarcina lutea U.V. irradiatcd, show an highcr percentual consumption 0 2 increase, in the prcscnce of NAD, ADP and pyruvate addcd, than the controls. lt is discusscd the hypothesis of an increase of the celi membrane permeability.


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1~4·

22) VAN BEKKUM D. W.: « Oxidative phosphorilation in irradiated cells ll, in Ciba Foundation Ionizing radiarion and celi metabolism. London. 1956, Ed. J. A. Churchill.


OSPEDALE MILITARE « LORENZO BONOMO • • BARI

Di rettore: Col. Mcd. Dotl. N. LEONE Capo RepJno Chirurgia: Col. Mcd. Prof. A. M•sTRORILLJ, l. cl.

PROBLEMI MEDICI DEL TRAFFICO * Col. Med. Prof. Adamo Mastrorilli, L d.

Ringrazio non solo l'Università Popolare ·di Molfetta per l'opportunità che mi dà di parlare di fronte ad un uditorio così attento, qualificato e gentile, ma sin da ora ringrazio anche voi Signore c Signori per la cortese attenzione che vorrete prestare al mio dire piuttosto disadorno, più dell'uomo pratico che dell'uomo <li lettere. Mi auguro solo di essere chiaro e di non deludere la vostra aspettativa. Sia ben chiaro: la mia deve essere considerata non una conferenza ma una conversazione alla buona tra amici su un argomento di grande importanza e, purtroppo, ogni giorno di tragica attualità. Prima però consentitemi di fare all'Università Popolare di Molrfetta una lode, poichè è forse l'unica istituzione cittadina che riesce a tenere accesa la fiaccola dell'aggiornamento culturale nei vari campi del sapere, in questa nostra città, dove purtroppo l'interesse per le cose di cultura è soverchiato dal dinamismo di una vita esclusivamente economico- consumistica vissuta alla giornata senza un miraggio per il futuro. Eppure la nostra città è stata cd è fucina di uomini di cultura in tutti i campi e che tutti ci invidiano! L'argomento che ci accingiamo a trattare è di una portata e vastità tale che se volessimo affrontarlo sotto i vari punti ·di vista andremmo molto lontano col tempo. Svolgeremo invece il tema nei suoi punti più salienti per giungere alla fine alle dovute riflessioni e condusioni. Problemi medici del traffico? Mi direte: il traffico pone .se mai dei problemi tecnici, talora di alta qualificazione, che vanno discussi da ingegneri, da tecnici, non certo da noi altri medici. Direte inoltre che il traffico offre sì dei problemi di medicina che vanno discussi e trattati dai medici, ma nel loro campo altamente specialistico, ma non può porsi una problematica medica per tutti, cittadini comuni, tecnici, medici e uomini ·della strada in genere. • Conferenza tenuta su im·ito ddl'Uni,·ersità popolare di Molferta il 3 aprile 1971.


Lo scopo che si propone questa nostra conversazione è appunto questo: porre davanti ai vostri occhi di cittadi ni comuni, di ogni estrazione sociale, i vari termini di questa nuova problematica che esiste invece e può interessare tutti, e spingere ognuno di voi a quelle consi.derazioni che dalla mia esposizione ciascuno potrà cogliere. Pensiamo un po' insieme: cosa s'intende per traffico nel senso veicolare? Per traffico s'intende lo spostamento più o meno rapido in varie direzioni di una massa di mezzi motorizzati e non, per le comuni vie terre.stri, marittime ed aeree. Esulano dalla nostra esposizione i problemi medici del traffico marittimo ed aereo; ci limiteremo invece a parlare del solo traffico terrestre ed in particolare di quello automotociclistico. Il traffico, più o meno intenso che sia, coinvolge la presenza di tre fattori qualificanti: 0 I - l'ambiente, rappresentato dalle vie di comunicazioni grandi o piccole di massima o di minima importanza; 2 ° - i mezzi che le attraversano, tutti dai più piccoli ai più grandi a quelli speciali; ed infine, 3o - l'uomo, che questi mezzi fa muovere. A prima vista sem brerebbe facile arguire che la problematica medica possa interessare •solo ed esclusivamente l'uomo, essendo gli altri due termini del problema (ambiente e mezzi) rappresentati da cose inanimate, se mai al servizio dell'.uomo; ed invece non è così. Ogni fattore ha un suo riflesso di carattere medico che si ripercuote alla fine inconsciamente ed inevitabilmente ·sugli altri ·d ue ed in maniera preminente c più dannosa sull'uomo. Esaminiamo ora dettagliatamente questli. fattori e cominciamo dall'ambiente. Esso è rappresentato come abbiamo detto non solo da tutto il complesso di strade ed edifici entro il quale il traffico si svolge, ma è rappresentato anche da tutti i fattori meteorologici, orografici, idrografici che caratterizzano l'ambiente stesso, ·SÌ che ognuno di questi .singoli elementi può e deve far porre una problematica medica propria, soprattutto nel caso della patologia traumatologica, con i suoi riflessi sulla funzionalità del soccorso. In un magnifico convegno svoltosi due anni fa a Conversano, organizzato da quoll'Ospedale Civile sulla infortunistica stradale ed al quale presero parte medici, chirurghi, neurologi, rianimatori, furono presenti anche ingegneri, industriali ed avvocati, proprio perchè l'argomento fosse sviscerato e studiato sotto ogni profilo. In quella circostanza un giovane ingegnere urbani·sta faceva presente che : almeno per quanto riguarda la viabilità le cose in Italia sono di molto migliorate e che tendono sempre più a migliorare, ma che per il numero sempre crescente di automezzi non si fa in tempo a costruire strade sem pre più larghe e più comode che già esse


diventano insufficienti a smaltire il movimento degli stessi mezzt e diventano quindi pericolose. Inoltre diceva che se è vero che l'urbanista deve progettare la rete stradale intra- ed extra-urbana tenendo presente la mole del traffico presente e futuro che deve smaltire, è altrettanto vero che deve porsi di fronte anche un problema medico per eccellenza cioè la sicurezza della strada, la quale de\ e essere la più elevata possibile nell'interesse dell'uomo, che della strada è il principale utente. Vi spiegate così i vari studi e le successive applicazioni pratiche sulla larghezza dei vari tipi di strade; sui loro tracciati in rapporto alla si tuazionc orografica ed idrografica della zona da attraver.sare; sulla loro pavirnentazione, sulla segnaletica sui mezzi di protezione (guarda rail, siepi antiabbaglianti, segnaletica orizzontale, pavirncntazione in bitume granigliato, raccordi interstradali, ecc.). In una parola l'ingegnere deve intendersi col medico e porre ad esso il quesito sanitario specifico circa i vari problemi ed è il medico che con le sue conoscenze di fisiopatologia deve collaborare alla soluzione del problem a della sicurezza della strada. Non sarà mai logico e fisiologico per esempio costruire una autostrada o super- strada a traffico veloce lungo le rive di fiumi o in prossimità di canali di irrigazioni per evitare che mezzi usciti di strada possano finire in queste vie idriche con le possibili conseguenze per il guidatore, anche se esperto del nuoto. Pur tuttavia strade di questo tipo ci sono, ma sono il retaggio di una vecchia rete viaria costruita sulla base di vecchie strade quando il traffico non era certo paragonabile a quello attuale. Comunque il nostro discorso vale non per quello che esisteva o che esiste ma soprattutto per quello che è d a fare. Un altro problema medico importante offerto alla discussione dall'ambiente è rappresentato dalla utilità o meno della presenza degli alberi lungo le strade. Qualche anno fa c'è stata un a lunga polemica sulla opportunità o meno di conservare gli alberi lungo le strade specie in quelle a scorrimento veloce. Indubbiamente l'albero costituisce un ostacolo contro il quale, purtroppo, tante volte si schianta una vita umana, ma onestamente dobbiamo riconoscere che non sempre l'albero ne ha colpa. Gli alberi offrono d'estate quel refrigerio alla calura del meriggio che è r istoratore e consentono una guida più serena; offrono, pur senza distrarre chi guida, un motivo di distensione per la varietà del paesaggio; offrono alla guida notturna la riduzione del pericolo dell'abbagliamento. Possono offrire però anche il rischio del così detto abbagliamento diurno qua ndo sono disposti a tratti seg.mcntati ravvicinati. Infatti l'occhio non può rapid amente assuefarsi al rapido passaggio dalla luminosità ridotta della strada alberata a quella chiara della disalberata; c perciò dopo tm certo pe-


riodo di tempo entra in una fase di contrazione direi quasi tetanica con i suoi poteri di accomodazione e fini,sce per rimanere abbagliato. Lo stesso fenomeno avviene quando sull'autostrada si incontrano una serie di gallerie riavvicìnate. Non si ovvia certamente al fenomeno distruggendo gli alberi ma se mai infoltendo la vegetazione in maniera d a trasformare i segmenti alberati brevi in lunghi tratti , sì da trasformarli in un fresco tunnel piacevole d'estate e riparato ,di inverno. Ciò comporta la successiva manutenzione di questi tunnel arborei che contribuiranno alla sicurezza d el traffico più che l'abbandono di tale patrimonio arboreo al suo libero ed indiscriminato sviluppo o all'illogica ed irrazionale distruzione. C i siamo mai chiesti o per lo meno si sono mai chiesti, gli sterminatori di alberi, quale importantissimo filtro naturale essi distruggono per la purificazione dell'aria dagli stessi gas .di scarico dei mezzi? Su questo argomento il discorso potrebbe proseguire ancora a lungo ma purtroppo il cammino da fare insieme è altrettanto lungo e bisogna andare avanti. L'ambiente come abbiamo visto è un insieme di .situazioni di tempo e luogo che può sempre subire in meglio o in peggio l'azione dell'uomo <Stesso. E' infatti l'uomo che riesce con tutti i mezzi tecnici più moderni a sua disposizione a renderlo il più confacente e sicuro ai fini dello smaltimento del traffico. L'ambiente però è uno ,solo dei termini del problema che si incardina con l'altro successivo cioè il mezzo. Per mezzo mobile intendiamo tutto ciò che l'uomo adopera per spostare o per trasportare cose o persone da un punto ad un altro, più o meno rapidamente. Anche sul mezzo e sulla problematica medica che esso pone, il discorso sarebbe molto lungo, di sicuro c'è che la sua importanza dal punto di vista dei problemi medici che comporta è tale che le più grandi case automobilistiche di tutto il mondo stanno spendendo fiumi di danaro per giungere alla realizzazione di ciò che possiamo considerare forse una chimera: la sicurezza perfetta del mezzo. Per questo assistiamo ad innumerevoli modifiche tecnjche che appaiono di volta in volta ,sui vari mezzi e tutte tendenti ad offrire una maggiore sicurezza per i trasportati. Si può quasi dire che ogni pezzo di una autovettura non sia esaminato dai tecnici dei grandi complessi industriali anche sotto un profilo medico. Che altro sarebbe se non un profilo medico lo studio dei vari tipi di pneumatici o dci vari tipi di carrozzeria (metallo, plastica, fibra di vetro)? Che altro è stato se non una considerazio ne di carattere medico ad imporre l'uso d ei cristalli infrangibili, dci fari abbaglian ti, anabbaglianti, anti-


nebbia, della cintura di sicurezza delle poltrone e sedili di tipo avvolgente, ecc.? Oggi non è più concepibile la costruzione o meglio la progettazione di un mezzo di trasporto senza la conoscenza dei fenomeni .fisiologici della accelerazione c della decelerazione sull'organismo umano. Ecco perchè i grandi complessi industriali si servono a tal fine della collaborazione della ricerca scientifica medica nel campo della fisiologia talvolta da essi stessi sovvenzionati. La Fiat per esempio sovvenziona studi nel campo della .fisiologia generale, nervosa, muscolare, polmonare presso istituti universitari e centri ospedalieri oltre che .studi tecnici presso .Ja facoltà di ingegneria di Torino e Milano. Ogni granello di sabbia della scienza che può far migliorare il margine di sicurezza del mezzo è ·sempre una grande conquista. Badate, ho detto margine di sicurezza e non sicurezza totale perchè questo, a mio modesto avviso, è solo un'utopia che non si raggiungerà finchè non si creerà una simbiosi funzionale totale tra l'ambiente, il mezzo e l'uomo. Ad un congresso di medicina del traffico nel 1967 a Bologna si discusse a lungo sull'utilità o meno ai fini della sicurezza dello spostamento del pedale del freno da destra a sinistra, avendo notato che essendo detto pedale attualmente vicino a quello dell'acceleratore, facilmente può essere scambiato dali 'azione inconscia ed automatica del piede destro per cui, anzicbè frenare, involontanamente si accelera c si può andare incontro all'incidente. Se il pedale fosse a sinistra ciò forse non avverrebbe. Ma mentre il problema tecnico è di facilissima soluzione, si tratterebbe di spostare il pedale dalla ·destra alla sinistra, non lo è altrettanto quello medico che ha comportato tutto uno studio sulle attività riflcssorie scnsoriali afferenti ed efferenti dell'arto inferiore sinistro. Si è visto -sperimentalmente che la risposta automatica dell'arto inferiore sinistro ai vari stimoli è più lenta .di quella dell'arto inferiore destro, anche nei mancini, per cui la frenata può intervenire un tempuscolo dopo di quanto sia necessario ed aversi così lo stesso l'incidente. In conclusione dopo un lungo .dibattito, in tutta coscienza si è potuto stabilire che è meglio che il pedale del freno resti dove è. Piuttosto l'uomo impari bene ad usarlo più con cervello assumendo prima di tutto una esatta posizione di guida, quella cioè che permette ai guidatori ormai provetti la famosa posizione della « punta e tacco» nell'uso dei due pedali. Leggevamo recentemente che secondo statistiche svedesi la guida a destra offrendo una maggiore visibilità comporterebbe un minore numero di incidenti <li circa il ro% Ciò contrasta con le statistiche degli Anglo-sassoni che per molti anni hanno usato la guida a destra e recentemente hanno accetttao invece la guida a sini stra uniformandosi al sistema di guida europeo proprio per la minore possibilità di incidenti.


37° Ciò abbiamo voluto esporre proprio per mettere in evidenza l'importanza del rapporto uomo- mezzo nei riguardi della sicurezza. Il tipo più o meno veloce del mezzo presuppone inoltre tutto un particolare tipo di patologia traumatologica che va dalle lesioni più semplici alle più gravi e delle quali, pur essendo io chirurgo, in questa sede tratteremo solo di sfuggita, in quanto sono di più acconcia trattazione tecnica in ambiente medico. Comunque potremo dire subito, per l'esperienza che abbiamo, che la gravità delle lesioni è prima di tutto legata al rapporto peso- potenza- velocità del mezzo; al rapporto ambiente- mezzo; al rapporto uomo- mezzo ed infine al rapporto uomo- mezzo- ambiente. Sembrerà un gioco di parole ma non è così. L'ulteriore cammino che faremo, insieme dimostrerà l'intima connessione di questi termini. Tanto più grosso sarà il mezzo, tanto meno veloce il mezzo sarà, però sarà più potente. Qui balza davanti ai nostri occhi tutta la serie di meccanismi che possono creare alcuni tipi di incidenti con particolari tipi di lesioni anatomiche. Più leggero e più veloce sarà il mezzo, tanto più gravi e mortali potranno essere gli incidenti in quanto mancherà al mezzo piccolo, o sarà ridotto, il fattore protezione offerto dalla massa. Anzi è bene, almeno per sommi capi, sfiorare l'argomento dei vari meccanismi di incidenti tra due mezzi. In linea di massima li possiamo ricondurre a quattro, cioè: I) scontro, 2) tamponamento, 3) slittamento, 4) ribaltame11to. E' ovvio che ognuno di questi punti può assoctarst all'altro secondo la dinamica effettiva dell'incidente. Esaminiamoli ora singolarmente: Nello scontro si ha il rapido impatto tra i due mezzi nella pos1z1one frontale o laterale che sia, con o senza eventuale incastro di un mezzo nell'altro. E' una ,dinamica molto grave nella cui evenienza giocano un ruolo importante la velocità, la mole e la potenza dei mezzi. E' la dinamica forse la più luttuosa in quanto in un vero scontro il morto ci scappa quasi sempre. Il mezzo cerca di opporsi alle conseguenze gravi dello scontro offrendo dapprima dei mezzi di protezione più o meno robusti (paraurti) e dopo la sua stessa massa rappresentata dal motore e dalla robustezza della carrozzena.

'


37 1 Ciò spiega la maggiore per<::entualc di mortalità nella statlsttca degli scontri a carico delle vetture di piccola cilindrata, leggere e a motore posteriore e facilmente schiacciabili. lnoltre il pignone dello sterzo è ancora in quasi tutte le vetture più o meno rigido con le immaginabili gravi conseguenze per il guidatore in caso di uno scontro frontale. &co sorgere il problema medico dello sterzo : come cioè dovrebbe essere lo sterzo ideale per essere il più possibile innocuo. L'ideale sarebbe rappresentato da uno sterzo a pignone telescopico che, a quanto ci risulta, pare che non sia tecnicamente possibile, almeno per ora, per cui le soluzicni adottate sono quelle del pignone mobile su snodi in avanti o in basso tipo cloche degli aerei con volano simile appunto alla cloche o addirittura a frattura segmentata preventivata in plastica che dovrebbe frantumarsi facilmente secondo le predette lince di frattura in seguito ad un urto di una determinata forza. La soluzione è però, a nostro parere, antieconomica in quanto molti volani si romperebbero anche senza alcun sforzo e non offrono garanzie di sicurezza in quanto la loro improvvisa rottura porterebbe come conseguenza l'andata alla deriva del mezzo non più controllato dallo sterzo, con tutte le relative conseguenze di ordine traumatologico. Le lesioni più frequenti pertanto nello scontro sono le più gravi della ptologia della strada e vanno dalle più semplici alle più gravi fratture e lussazioni degli arti e ·del bacino, alle grandi lesioni toraco- addominali chiuse o aperte. In una nostra monografia sui traumi chiusi dell'addome fatta nel r966 col compianto collega Prof. Mario Onnis a cui va stasera il mio reverente ricordo, trattammo appunto i vari meccanismi patogenetici delle lesioni di tutti gli organi interni addominali, che vanno dalla semplice contusione, allo scoppio dei visceri cavi, alle rotture immediate e postume degli organi parenchimatosi (fegato, milza, rene), mettendo in evidenza per questi ultimi non solo il meccanismo della lesione da colpo diretto ma quello della lesione indiretta provocata dallo slittamento violento, rapido e asimmetrico dci vari piani costituenti l'organo in senso inverso alla loro impalcatura fibro- connettivale di struttura. E' il così detto « Krasching » degli autori anglo- sassoni. In quella pubblicazione, alla quale rimandiamo chi volesse approfondire l'argomento, riportavamo la nostra casistica riguardante tale tipo di lesione che si aggira su ci rca settanta casi raccolti in circa dieci anni. Quanto abbiamo detto per lo scontro vale anche per il tamponamento che possiamo definire un violento impatto posteriore contro un mezzo situato anteriormente.


In questo caso il motore posteriore costituisce di per sé già una barriera difensiva che può attenuare i danni e le lesioni agli occupanti la vettura tamponata, ma non potrà certo impedire il famoso « colpo di frustra » cervicale o dorsale o lombare segno di un violento scuoti mento del complesso rachidomidollare con relative conseguenze anche funzionali (paresi, parestesie, paraplegie). Sono frequenti in questa evenienza perciò le lesioni vertebro- m.idollari a tutti <i livel.li, oltre alle comuni lussazioni e fratture dell'anca e del bacino per effetto del contraccolpo dei sedili anteriori sugli arti inferiori degli occupanti i sedili posteriori. La nostra statistica in questo cam po è molto vasta, supera nel decennio il migliaio di casi, ma non sono queste cifre che possono e debbono interessare l'uditorio ma il concetto base del meccanismo delle lesioni cui andiamo via via accennando, e che ci servirà tener presente quando si parlerà del pronto soccorso al quale tutti siamo tenuti non solo per coscienza morale ma anche in virtù di legge. Gli altri meccanismi dello slittamcnto e dello sbandamcnto sono collegati il primo col fattore ambientale (pietrisco, pioggia, neve, ghiaccio) c col fattore uomo- ambiente il secondo (malore, abbagliamento, nebbia, ecc.). Essi provocano l'allontanamento brusco o lento ed in posizione anomala del mezzo della normale direttrice di marcia. La conseguenza più comune è rappresentata dalla fuoriuscita del mez... zo dalla sede stradale e la fine della sua corsa o contro un altro ostacolo (albero, pietre miliari, muro, altro mezzo, via idrica, ccc.) sì che le eventuali lesioni agli occupanti sono più ascrivibili al blocco ultimo frenante che non all'incidente vero e proprio. Ecco perchè in questi casi talvolta assistiamo all'incidente spettacolare ma con modesti danni alle persone o talvolta addirittura .senza danno alcuno. In genere la patologia traumatologica qui spazia più nel campo generico delle fratture comuni che in quello delle gravi lesioni complicate, sì. che la percentualità di gravità di rischio è piuttosto bassa. L'ultimo meccanismç> patogcnetico, che prendiamo ora in esame c cioè il ribaltammto, è in ordine di gravità forse uno dei più importanti in quanto comporta come .fase finale lo schiacciamento del mezzo che, per robusto che sia, non potrà certo reggere oltre un determinato limite, alle sollecitazioni meccaniche multiple provocate dagli urti -successivi. Nessun mezzo, per corazzato che sia, potrà reggere alle sollecitazioni violente che si hanno allorchè il mezzo a caduta libera o rotolante che sia giungerà alla fine della sua corsa.


373 Nel ribaltamento noi possiamo vedere configurata un po' la somma dci quattro meccanismi patogenctici che abbiamo finora descritto. Le lesioni pertanto andranno dalle gravi alle gravissime o addirittura alle mortali e riguarderanno tutto il campo della traumatologia aperta o chiusa dell'intero corpo umano. Le le.sioni più frequenti saranno quelle da schiacciamcnto ma non saranno infrequenti, nei casi fortunati anche lesioni meno gravi o addirittura lievi quando entrerà volutamcnte o involontariamente in azione il meccanismo della eiezione del soggetto dal mezzo per apertura di una portiera o per fuoruscita dal tetto aperto del mezzo stesso. Durante il ribaltamento il mezzo perde bruscamente il contatto col suo piano di appoggio stradale e cade e gli occupanti vengono proiettati fuori, o il mezzo urta con violenza contro l'ostacolo rigido, si impenna e nella caduta successiva o si proietta in avanti scaraventando fuori gli occupanti e successivamente si capovolge schiacciandosi e con esso chi non è sfuggito all'azione eiettrice; o ricade all'indietro e ciò è meno grave, proiettando fuori gli occupanti o facendoli battere col capo tenuto rigido contro il tetto dell'abitacolo. Ecco spiegato il meccanismo delle lussazioni e fratture cervico- dorsali e del cranio nella vasta gamma della loro gravità che può andare fino alla morte istantanea per lesioni del bulbo spinale. Un altro meccanismo patogenetico che può colpire più il pedone che il guidatore è rappresentato dall'arrotamento. La parola stessa ne spiega il meccanismo di azione. Le lesioni che provoca sono per lo più lesioni da schiacciamento che interessano spesso i piedi ma talvolta anche il cranio con conseguenze gravi, gravissime o mortali. Quelle del piede sono lesioni che possono richiedere un atto operatorio amputante od un rapido intervento di plastica per cercare di salvare quanto più è possibile della base naturale di appoggio dell'uomo. In rapida carrellata vi mostro delle diapositive riguardanti un caso di grave schiacciamento dell'avanpiede capitato alla nostra osservazione qualche anno fa e trattato con un intervento ricostruttivo plastico durato oirca tre ore, che ha consentito di ottenere dci risultati funzionali veramente ottimali in quanto le mutilazioni residue sono ridotte a poche c di nessuna importanza ai fini di una perfetta funzionalità. Non sempre però i risultati sono cosi brillanti, talvolta si potrà essere costretti dopo ad amputare, ma noi siamo della teoria che a togliere si fa sempre in tempo, ad aggiungere mai ! E' per questo motivo che in queste lesioni ed in quelle delle mani in ispecie preferiamo intervenire subito cercando di recuperare quanto più è possibile di ogni tessuto e tenendo sempre di mira il concetto che è sempre meglio avere una mano o un piede proprio il più possibile hmzionante ma


374 sensibile, che avere una protesi per quanto articolata possa essere ma insensibile. Questi sono i meccanismi patogenetici degli incidenti descritti ·singolarmente più o meno schematicamente; ma è ovvio che in ogni incidente non vi sarà quasi mai un solo meccanismo di azione ma una congerie di accoppiamenti diversi a seconda dci fattori che entrano nel gioco etiopatogcnetico. Da guanto abbiamo detto finora una cosa si evince chiara ed è che il dominatore nella scena del traffico non è l'ambiente nè il mezzo che tendono sempre ad essere mutati dai vari progressi tecnici; il vero dominatore è il terzo fattore ·d d problema che ora pren,diamo a consi.derarc: ]'uomo. Questo complesso organismo del quale ancora non conosciamo tutta l'intima essenza, che con la sua unione di corpo ed anima rende sublime ogni sua azione volta al bene proprio o di tutti. Parliamone un po' insieme non tanto in termini prettamente medici ma forse più in chiave psicomedica. L'ambiente ha subito c ·subisce giornalmente le trasformazioni che l'uomo con la sua intelligenza gli impone; il mezzo piccolo o grande che sia viene ideato, costruito, modificato ed infine usato dall'uomo, che tende a dargli tutti i crismi del la più ampia manegevolczza e sicurezza, ma è anche l'uomo stesso che cerca di aumentare sempre più un numero e una potenza che non sempre l'ambiente o il mezzo possono tollerare. Al punto di rottura ideale ·di tale rapporto sta quindi l'iuc.idente che non è altro che la risultante del prevalere di una forza scatenante sovvertitrice di uno dei termini del problema. Chi ha maggiormente la res.ponsabilità di tale rottura è quasi sempre l'uomo, essere raziocinante e ragionevole, che prima di compiere qualsiasi azione dovrebbe domandarsi se può, se è in grado, se ha i mezzi per farla, se procura danno a sè o agli altri. Sono questi gli interrogativi che ognuno di noi dovrebbe porsi ogni volta che ci si pone di fronte al mezzo per iniziare la quotidiana battaglia col tr~ffico.

Si, o Signori, battaglia col traffico perchè le statistiche parlano chiaro. Ormai è notorio che ne ammazza più la strada che una guerra. La differenza sta •solo in questo: che la guerra genera morte e distruzione concentrate nel periodo di durata e nel luogo della guerra stessa, mentre il traffico ammazza giornalmente tanti e dovunque ma diluiti nel temro sì che non è difficile paragonarlo per noi medici ad una emorragia microscopica che lentamente porta a morte il paziente. Vi leggo, per mia e vostra curiosità, le statistiche degli incidenti rilevati dalla Polizia Stradale e dai Carabinieri nell'ambito delle proprie circoscri2lioni ·della provincia di Bari e un'ultima statistica su scala nazionale rilevata dal 1963 al I~ dall'A.C.I.


375 r.

TABELLA N.

INCIDENTI RILEVATI DALLA PoLIZIA STRADALE NELL'AMBITO DELL'IsPETTORATo DI BARI - ANNo

1970

N. 1.735 (dei quali mortali n. 85).

Totale incidenti Totale morti Totale feriti

))

)l

Totale danni c cose

97 1.003

6]8

)l

TABELLA N . 2.

INCIDENTI RILEVATI DAI

cc NELL ' AMBITO DELLA LEGIONE DI BARI A!'.'NO 1970

MortJh

-..:.

-"· - - -- - ·- - - - - -- -- -Feriti

l).mni ai mcui

::\.

Autocarri

53

Autocarri

36J

Autocarri

655

Autovetture

300

Autovetture

2.621

Autovetture

3·6<Jo

Motomezzi

8g

Motomezzi

672

Motomezzi

J20

Totale 442

Totale 3·66o

Totale 5·00s

TABELLA :-;.

MoRTI PER INCIDE NTI RILEVATI DALL' I sTITUTO CENTRALE DI STATISTICA DELLA REPUBBLICA ITAJ..IAKA E DELL'A.C.I.S.

Anno

A

Totale incidenti della strada

Morti

Feriti

__l

Incidenti se nza infortuni

-

230·759

rp.122

232.817

1)3·II)

8.99<>

217·533

142.113

305.857

8.904

213.200

1 41.999

1967

310.814

9·381

221.001

140-895

1968

322.000

9·809

234·003

143-827

lg6g

317·857

9·891

230.809

If2.077

1963

350-0l5

9·839

1 964

329.844

9·694

Ig()s

3o8.206

I966

M

l


Sono queste emorragie microscopiche continue, lente che noi medici temiamo m olto di più della emorragia acuta dove la stessa presenza del sangue rosso, rutilante, visibil e ci pone nella condizione <.li scoprire il più delle vol te rapidamente la fonte emorragica e di chiuderla. E' tempo che l'uomo stesso, che può dominare l'ambiente e il mezzo, impari a dominare se stesso in tutti i sensi cominciando dall'affrontare l'uso del mezzo quando si è ben certi di essere in buona salute; ed a ciò sono correl ate tutte le raccomandazioni circa la perfetta integrità fisica dell'apparato visivo, uditivo, nervoso centrale e periferico; a cominciare dall'eliminare quelle cause esterne all'organismo che più si ripercuotono sullo stato psichico del soggetto (uso smodato del fumo, del caffè, dell'alcool, uso di droghe, di pasti copiosi, stati carenziali fisiologici quali la mancanza di sonno o la m ancanza prolungata di cibo o bevanda o il mancato espletamento di naturali bisogni fisiologici) per compiere lunghi tragitti velocemente per arrivare in anticipo di qualche minuto ed avere la magra soddisfazione divistica di dire di aver impiegato un tempo minimo X per andare da A a B. Magra soddisfazione, quando si pensa che ciò si è compiuto ponendo a repentaglio la propria e l'altrui esistenza in quanto la fatalità può essere sempre in agguato. Ma per l'uomo, fattore del problema, non intendiamo solo il gui·datore o gli occupanti il mezzo m a intendiamo anche gli altri, tutti, grandi e piccoli. L'uomo con la sua volontà e la sua capacità organizzativa può piegare ai suoi voleri mezzi cd ambiente e ve ne dò un esempio pratico. Diversi anni fa fu compiuto in Basilicata un esperimento di mobilitazione generale militare alla quale presero parte ventimila uomini. Tutto fu preparato c programmato al millimetro cd al secondo. Fu fatto un trasferimento in massa di tutta una divisione dai posti di raccolta a quelli di manovra con tre autocolonne di mille automezzi ciascuno, che partite simultaneamente da tre sedi diverse, c senza interferire sul normale traffico stradale, raggiunsero Potenza senza alcun incidente nè a mezzi nè a uomini, perchè tutto era controllato: velocità, tabella d i marcia, soste, ecc. Quando ciascuna autocolonna si smembrò in tante altre più piccole ci fu qualche incidente c fra questi anche uno grave con tre morti. Un'altra dimostrazione <.li questo assioma è dato anche dalle statistiche riguardanti gli incidenti provocati da automezzi militari di ogni specie che sono obbligati da un controllo disciplinare e da precise norme a seguire determinati itinerari, a rispettare limiti di velocità e di persone trasportate. Queste statistiche sono decisamente più ottimali nei confronti delle statistiche civili.


3i7 TABELLA :-1.

STATISTICHE

FF.AA.:

Mo tocicli

'Il

.. 1antt Circo

Anno

INCIDENTi PROVOCATI D.\ MEZZI MILITARI Auto,·cuure

. 1.1nu Ctrco

llCI'd cntt

+

,\utocarrì

~Circolanti

Incidenti

--.-~- -- h- --,-

__d__

,\utospeciali

-~Circo l.tntì lncicknti -~=~-- h

=e-=J-f

lncitkntì

1

l

8.288

8.135

4.1HH

8Jk)4

7·963

3-344

y.2.t6

6.9-1'

3-344

10.232

88o

7-55~

10.]03

S!ìH

,.185

3-24(j

I.347

T~BELLA ~. 5·

STATISTICHE FF.AA.: INCIDENTI IN CU I SONO STATI COINVOLTI MEZZI MILITARI l

Incidenti

Totale \n no

deJ.!Ii

l

~egli

--

-

incidenti

l

-.thHati- --

Numero

c

l

-o rÌS('('ItO ,ti tot. trn h) e c)

l_

Fuori degli abitati o

.

--

:-.lumero

al tot. tra b) e c)

d

- - e- -

f

31,91

a

b

1963

2.288

l 1.558 l

68.09

730

19(}4

2.579

r.lh6

70,41

763

1«}6)

2.66o

1.89()

71,27

764

28,]3

I# 19Wt

2.647

l.<)O<)

72.12

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2],88

2.515

1·742

f'l9.26

773

30·74

l

- -

rh peno

l

2 9.59

Non possiamo certamente dire di applicare al campo civile queste limitazioni giuste e logiche nell'ambito di una grande comunità quali sono le Forze Armate, ma crediamo che se ognuno di noi programmasse quotidianamente gli itinerari del proprio mezzo e si ponesse dei limiti di velocità le cose andrebbero certamente meglio.


Inoltre ·Se gli Istituti Assicuratori non fossero così prodighi nel definire i vari sinistri e stringessero i freni responsabilizzando i propri assicurati , crediamo, che ognuno, toccato nel proprio portafoglio, andrebbe più cauto anche per non avere grane legali. Un altro dato è certo ed è che nelle Forze Armate dove il soldato autiere consegnatario del mezzo, non assicurato (ingiustamente diciamo noi) è responsabile in proprio ~di ciò che avviene al mezzo o a terzi, il numero degli incidenti è basso ed il più delle volte gli automezzi militari sono più vittime che attori degli incidenti stessi. Osserviamo ora in rapida carre! lata ciò che avviene subito dopo l'i neidente nel quale un uomo, guidatore o passeggero o pedone abbia subito delle lesioni. All'atto dell'incidente fuggi fuggi generale; poi subito dopo accorrere in massa di gente che si limita a commentare, a guardare, a commiserare e magari ad urlare ma nessuno che si muova a cercare di soccorrere il malcapitato ferito. Poi subito dopo subentra la fase che noi chiamiamo d ell'arrembaggio durante la quale tutti, e sono molti , vogliono fare tutto e subito senza alcuna cognizione di causa. Cominciano così a tirar fuori senza alcuna cautela e considerazione il povero ferito che senza alcuna grazia viene sospinto più o meno a forza in un mezzo anche piccolo in rapporto alle sue stesse proporzioni c trasportato alla men peggio al pronto soccorso più vicino. Fatto questo, son tutti soddisfatti e stanno lì a commentare l'accaduto, sanno tutto, hanno visto tutto, hanno già assolto o condannato. Quando arriva la polizia tutti se la squagliano, nessuno ha visto niente, sono arrivati tutti dopo e gli agenti debbono brancolare nel buio per venire a capo della dinamica dell'incidente. Ma il ferito intanto al pronto soccorso può anche essere giunto morto non tanto per le lesioni riportate ma per le conseguenze di un incongruo ed irrazionale trasporto. Oggi, nell'epoca delle più alte conquiste industriali, sociali e scientifiche non è più concepibile ·d a parte del pubblico l'ignoranza delle pitJ elementari norme di pronto soccorso. E' questo forse il problema medico del traffico più importante, perchè dalla razionalità e rapidità di un soccorso e di un trasporto può derivare la salvezza di una vita. Oggi nelle scuole, nelle caserme, nelle case, tramite la radio e la televisione un'opera di educazione sanitaria stradale in questo senso viene svolta. Ma onestamente domandiamoci quanti di noi si sono mai provati a fare almeno per gioco quelle semplici manovre del massaggio cardiaco esterno o della respirazione bocca a bocca?


379 Quanti di noi per esempio teniamo presente all'atto di un qualsiasi incidente del traffico e non che interessi gli altri, il vecchio proverbio medico u braccia al collo e gamba a letto " che in parole povere vuoi dire che per immobilizzare un arto inferiore basta una qualsiasi asta di legno legata con dei fazzoletti e che l'arto superiore lo si immobilizza appendendolo piegato al collo con una sciarpa, con un foulard? Quanti sanno che nelle emorragie esterne l'esatta applicazione di un laccio o la esatta pressione delle dita su alcuni tratti scheletrici può bloccare emorragie anche gravi di vasi importanu? E pure i piccoli manuali di pronto soccorso si trovano dappertutto e sarebbe bene che ognuno li leggesse e li imparasse bene per metterli in pratica al momento opportuno. (.,omunque l'uomo della strada che interviene nell'opera di soccorso, sappia che il soccorso per essere efficace non deve far danno. Perciò è bene che il soccorritore segua almeno queste norme basilari: 1) rendersi conto dello stato generale del ferito interrogandolo, toccandogli il polso ed osservando .Ja sua posizione nell'abitacolo; 2) tentare la sua estrazione che se facile va completata portando il ferito al m argine della strada, se difficile è meglio non tentare affatto; 3) provvedere ad avvertire i mezzi di soccorso telefonando al JI3 e se ciò non è possibile cercare di avvertire un sanitario ed in caso negativo cercare di caricare il ferito disteso in un mezzo più grande possibilmente. ad apertura posteriore (tipo furgone) od in altro automezzo sul sedile posteriore facendolo entrare ,dopo aver rimosso il sedile anteriore; 4) nel caso di lesioni vertebra- midollari o craniche il ferito disteso non va assolutamente mosso fino al sopraggiungere di autoambulanza; 5) rianimare ai m argini della strada il ferito con respirazione bocca a bocca e con massaggio cardiaco dopo averlo liberato di tutto ciò che lo stringe al collo ed alla vita. Diversi anni fa leggendo su un giornale che un contadino investito da un trattore era stato trasportato da un carretto agricolo a tutta velocità verso il più vicino ospedale dove appena giunto morl pitt per il trasporto irrazionale che per il trauma in sè, ci ponemmo il problema di studiare un mezzo capace di raccogliere un ferito per terra in qualsiasi posizione egli fosse senza che compisse alcun movimento. Si trattava cioè di invertire l 'attuale concetto funzionale delle barelle. Non più il ferito alla barella ma la barella al ferito. Dopo molti studi tecnico- sperimentali, in quanto si trattava di trovare un piano della barella che fosse allo stesso tempo rigido ed elastico, sì da consentirne il suo passaggio al di sotto del corpo del ferito senza muoverlo, ideammo e facemmo realizzare da un'industria artigianale meccanica locale che in questa occasione ringrazio pubblicamente per la disinteressata collaborazione tecnica (trattasi delle officine Abbattista) tma barella metallica in


anticorodal con piaru m metallumal radio- trasparenti che risponde perfettamente allo scopo prefissoci. Abbiamo chiamato appunto la barella < subcorpore >> . E' una attrezzatura leggera, del peso complessivo di circa 13 kg, meno cioè di una barella di una autoambulanza, che si smonta e sì riduce ad una cassetta di dimensioni modeste (cm 50 di h per 6o di larghezza per 20 di profondità) e si monta con estrema facilità nel giro di pochi minuti e, a nostro modesto modo di vedere, potrebbe contribuire a salvare molte vite umane qualora almeno gli automezzi più grandi ne fossero provvisti come dotazione. Noi l'abbiamo usata anche per uso ospedaliero ed alcuni colleghi amici che sono malauguratamente incappati in incidenti stradali me ne hanno richiesto l'uso con sincera loro soddisfazione. Abbiamo sentito il dovere dì parlarvene perchè ognuno si sforzi di trovare una soluzione agli innumerevoli problemi medici proposti dal traffico e che si racchiudono in un assioma incontrovertibile: è l'uomo che può e che deve •dominare l'ambiente cd il mezzo; è l'uomo che deve provvedere a questo con tutti i miglioramenti tecnici possibili ed immaginabili; è l'uomo che deve affrontare le insidie del traffico con ragionevolezza, con cognizione .di causa e di effetto per sè e per gli altri, pensando sempre al rispetto delle norme di legge sul traffico non per banale acquiescenza ma per intim a convinzione. considerando il prossimo come noi stessi e tenendo di mira l'avvertimento del Sommo Poeta : Fatti non foste per vit·er come bruti ma per seguir t'irtute e conoscenza, dove virtute sta per prudenza e conoscenza sta per studio e ricerca tecnica e medica per migliorare l'ambiente, il mezzo e l'uomo.

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CLINICA ORTOPEDICA E TR,\L\1 ,\TOLOGICA DELL'l:NIVERSlT\ DEGLI STL'Dl DI ROMA

D• rcuore: Pro f. G. CF~'-.'TRO

M o,...HClLLI

SlTDI E RICERCllE DELLA SA>J IT.\

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Prof. C. M nrt.r

ATTUALITÀ DELLE PROTESI DIAFISARIE E LORO INDICAZION I F. S. Santori

M. Crrazzola

C. Musilli

P REMESSE.

Lo scopo di questa prima ricerca è quello di studiare le possibilità di im piego, nonchè i problemi concernenti l'applicazione in vivo di protesi sostitutive d[ segmenti di diafisi, fissate mediante la utilizzazione di •sostanze cementanti. La presente trattazione si occuperà principalmente dei problemi tecnici connessi all'intervento ed alle sue possibilità di effettuazione, nonchè illustrerà le possibilità di una sua successiva applicazione nella pratica clinica, q uando, e questo costituirà il tema per un successivo studio, saranno conosciuti i risultati a distanza e le verifiche di carattere biomeccanico sulla resistenza e dell'osso e della protesi c quando saranno ancora meglio conosciuti gli studi a livello istologico delle reazioni dei tessuti viventi al cemento al metil - metacrilato, impiegato per l'ancoraggio della protesi stessa.

M ATERIALE E TECNICA.

l nostri studi vengono condotti su di una prima serie di cinque pecore adulte e del peso di circa 40 kg. Per questi animali abbiamo progettato, previo studio radiografico delle ossa lunghe degli arti posteriori, delle protesi diafisarie standard, applicabili alla tibia, della lunghezza complessiva di 15 cm, comprendenti due steli metallioi endomidollari della lunghezza di 6 cm ciascuno e di un cilindro centrale lungo 3 cm ed avente 1,5 cm di diametro, pur'csso metallico, fissato ai due steli suddetti, mediante un doppio incastro e due spinotti conoidi. Gli steli sono a sezione triangolare, lentamente decrescente verso gli estremi; gli apici sono a forma di piramide conica.


Tale particolare forma è stata appositamente studiata per ottenere il duplice scopo, primo di non spingere il cemento in fondo nel canale midollare, secondo di riuscire ad esercitare una pressione in senso latero- laterale onde diminuire le possibili usure del carico e comprimere meglio il cemento, facendolo meglio aderire alle asperità del canale.

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c

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Fig. r. - Schema <.Ici progetto della protesi, m rapporto alla lunghezza della dialisi tibiale della pecora.

Le protesi realizzate in acc1a1o inossidabile presso le officine tecniche della Clinica Ortopedica dell'Università di Roma, hanno un peso complessivo di gr 15 e sono state applicate alla diafisi ribiale della pecora per mezzo di un intervento effettuato secondo le seguenti modalità: previa incisione sulla regione anteriore della gamba (la protesi è applicabile indifferentemente a destra o a sinistra), si incide il sottocutaneo e si scollano i muscoli della regione pretibiale. Si raggiunge il piano scheletrico e si isola il segmento centrale della diafisi tibiale dai piani laterali e sottostante, liberandolo dal periostio. Si asporta quindi , per mezzo di due linee di osteotomia trasversali, un cilindro diafisario di circa tre cm di lunghezza; si svuotano i canali midollari, e infine, previa preparazione di cemento e introduzione dello stesso nei canali midollari, si fissano agli stessi i due steli separatamente. Si allinea tutto il segmento scheletrico e, per mezzo di un apposito divaricatore, si applica ai due steli così ancorati il cilindro metallico diafisario che viene reso solidale al resto della protesi per mezzo dei due spinotti conoidi che vengono battuti. Si sutura per piani. Per fissare la protesi abbiamo utilizzato un cemento consisten te in rnetilmetacrilato arricchjto di solfato di bario reso sterile ai raggi gamma, per la visualizzazione radiologica.


Figg. 2 e 3· - La protesi diafì~aria in acciaio inossidabile, completa c scomposta nelle sue parti per l'applicazione in vi,o.

Come abbiamo già detto, la sostanza impiegata è un polimetilmetacrilato. Il monomero da cui esso si forma è stato sinteti zzato nel 1 902 ed ha formula CH2C(CH3) COO CH3 • E' un liquido volatile che polimerizza spontaneamente in forma solida quando esposto alla luce. Il cemento viene preparato dì norma unendo una parte liquida composta da dimetil p. toluidina 1,2 '{, come iniziatore e acido ascorbico 0,02°-G come inibitore ed una parte in polvere composta da polimetilmetacrilato 97°{, , perossido di benzoile 2,2X, come attivatore e pigmenti o,8%. Microscopicamente la polvere è formata da innumerevoli microsferc e da polvere amorfa. In presenza della amina terziaria che funge da attivatore, il monomero polimerizza e unisce i granuli sferici e le polveri in un aggregato solido in un periodo variabile, alle dosi standard, da sei a nove minuti, a seconda della temperatura ambiente.


Il polimetilmetacrilato polimerizza con reazione esotermica, raggiungendo valori di 8o- 102 C al momento della massima reazione. Non sembra tuttavia che tale momentanea produzione di calore, provochi grossi danni di proteine o formazione di coaguli, eccetto che nelle cellule a diretto contatto che vanno in necrosi. Sembra infatti che il sangue circolante in abbondanza nel tessuto spongioso funga da ottimo refrigerante. Il cemento non può essere applicato se non dopo che il polimero liquido si sia in gran parte volatilizzato, in quanto esso, se assorbito in circolo, è citotossico e può determinare inoltre squilibri pressori. Una volta solidificato, il cemento si comporta come un materiale totalmente inerte. 11 polimetil- metacrilato non aderisce all'osso, ma, aderendo perfettamente alla struttura polialveolare di questo, permette non solo una perfetta fissazione con eliminazione anche dei più piccoli movimenti, ma anche un

Fig. 4· · Dimostrazione istologica, col microscopio a luce incidente. della perfetta aderenza del cemento al polimetilmeracrilato alle microasperit:l del rc-;mto osseo.

aumento notevolissimo della superficie su cui viene distribuito il carico a cui viene sottoposta la protesi. Per questi motivi il cemento viene preparato estemporaneamente durante l'intervento, subito prima della introduzione degli steli, in quanto, come già riferito, esso solidifica in un periodo di tempo variabile dai sci ai nove minuti.


CoNSIDERAZIONI E DISCUSSIONE CLINICA.

I risultati ottenuti in passato con l'impiego di protesi diafisarie, non sono mai staci particolarmente brillanti, tanto che a lungo andare questo tipo di tecnica di trattamento è stata definitivamente accantonata. Le ragioni di questo insuccesso sono presumibilmente in relazione alla mancanza di una stabile e duratura fissazione del mezzo protesico all'osso. Infatti, non riuscendo ad ancorare stabilmente la protesi al segmento osseo su cui questa deve essere fissata, si andrà incontro, a distanza più o meno breve dall'intervento ad un duplice tipo di inconvenienti: danni all'osso dovuti allo stele e danni alla protesi stessa. In mancanza del cemento o di un altro tipo di sintesi altrettanto valida, il carico viene trasmesso pressochè totalmente sulla linea di osteotomia, con conseguenti episodi di sovraccarico e fenomeni di necrosi e di riassorbimcnto. Inoltre, data l'impossibilità di fare aderire perfettamente lo stele della protesi al canale endomidollare, si verranno a creare immancabilmente dei micromovimenti, con conseguente riassorbimento di tessuto osseo ed ulteriore allargamento dd canale midollare. Conseguenza di ciò sarà una sempre maggiore motilità della protesi, con comparsa di instabilità funzionale, di algie reattive ed a lungo andare con il pericolo della piuttosto probabile comparsa di fratture. Anche la protesi poi può andare incontro a dei danni che pregiudicano in modo irrimediabile il trattamento e ciò quando, proprio per i suesposti fenomeni di riassorbimento osseo e di allargamento del canale endomidollare, gli steli perderanno la loro immobilità. E ' facile comprendere come. se da un lato aumenta la possibilità di fratture ossee, dall'altro aumentano le possibilità di inginocchiamenti o di fratture da durata dello stele stesso. Questi problemi di incompatibilità meccanica tra osso e protesi, sembrano essere finalmente superati dalla introduzione, nella pratica clinica, di sostanze plastiche cementanti, che quindi ben si adattano anche alle piccole asperità del l 'osso e che, solidificando in un tempo relativamente breve, determinano la formazione di un complesso omogeneo tra tessuto osseo e protesi, permettendo una uniforme distribuzione del carico. Non bisogna inoltre dimenticare che la perfetta aderenza del cemento acril~co alle asperità del canale midollare, oltre a garantire una distribuzione uniforme del carico, fa sì che il carico stesso agisca su di una superficie grandemente aumentata, il che equivale ad una minore sollecitazione pressoria per unità di misura. Ciò evita necrosi e riassorbimcnto. Ne deriva la mancata e progressiva insorgenza dci fenomeni di allargamento del canale e di micromotilità degli steli, presupposti questi indispensabili per evitare l'insorgenza dei danni suesposti, che portano al comnlcto fallimento del trattamento.


Fig. 5· - Applicazione delb protesi d iafìsa ria in vivo nella ti bia di pecora. Controllo radiografico.

F ig. t\. - Applicazione della protesi dialìsaria i n vivo nella tibia di pecora. Controllo radiografico.


Per quanto riguarda poi le possib~lità applicative di un siffatto tipo di intervento, che comprenda cioè l'applicazione in vivo di w1a protesi diafisaria fissata con cemen to, queste appaiono quanto mai evidenti, quando si pensi ai tumori primitivi e secondari dello scheletro, ed in particolare a tutti quei tipi di neo p lasia che predilU.gono la diafisi delle ossa lunghe e che lo colpiscono per lo più, in forma isolata. A proposito delle neoplasie secondarie o metastatiche che colpiscono lo scheletro, è noto ad esempio, che il carcinoma tiroideo dà, in una percentuale alta di casi, metastasi isolate della diafisi delle ossa lunghe, ed in particolare dell'omero. Talora, anzi, le metastasi isolate della diafisi omerale, compaiono anche in assenza dei segni clinici di un adenocarcinoma tiroideo, tanto che si è a lungo discusso se si trattasse di un tumore tiroideo primitivo dell'osso, di gemme aberranti di tale tessuto, o di un particolare tipo di neoplasia primitivamente tiroidca ed a decorso pressochè asintomatico, definito ora come 1< struma benigno metastatizzante ll , ora come « cancro latente tiro ideo mctastatizzante >> . E' inoltre altrettanto noto che questi tipi di rnctastasi sono generalmente tardive ed hanno in genere carattere osteolitico. Questo intervento inoltre sarebbe applicabile a numerosi altri cipi di neoplasie ed in specie in tutti quegli altri casi, che si verificano peraltro piuttosto frequente mente, in cui il tumore primitivo o la metastasi si m anifestano in un segmento diafisario dell'arto inferiore, con possibilità di fratture patologiche e quindi con grave compromissione della stazione eretta e della deambulazione. A ciò consegue, da un punto di vista terapeutico, l'applicazione di grandi apparecchi gessati e l'impossibilità di far mantenere al paziente la stazione eretta con inevitabile limitazione dell'autosufficienza del malato e con la possibilità della facile insorgenza di nuove complicanze: broncopolmoni ti, flebiti, tromboflcbiti, ulcere da decubito, ccc., che aggravano le già precarie condizioni di salute del paziente stesso, costringendolo a letto fino all'exitus. Si aggiunga a ciò che la frattura patologica di origine neoplastica si comporta diversamente da tutti g li altri tipi di (rattura, in quanto la pre~ senza nel focolaio di tessuto ncoplastico, privo per sua natura di alcun potere osteogenetico, ma con caratteristiche variamente invasive, ostacola cd impedisce la progres~ione dei fenom eni riparati vi da parte del tessuto osseo circostante. Occorre inoltre tenere presen te che la sintomatologia di un a frattura patologica di origine neoplastica, non è muta, nè si completa con il semplice reperto radiografico od ispettivo di tma deformità lungo l'arto superiore od inferiore, bensl si rende evidente principalmente per mezzo di manifestazioni dolorose spesso di notevole entità. E ' chiaro dunque che l'impiego di questa tecnica operatoria e l'adozione di un si ffatto trattamento terapeutico è foriero di numerosi vantaggi.


In primo luogo esso permette il rapido recupero dell'individuo che (nei casi in cui sia colpito l'arto inferiore) già in ottava giornata dall'intervento può riassumere la stazione eretta e può quindi essere reinserito nella società come soggetto indipendente cd autosufficiente fino agli ultimi stadi della malattia. Evitando inoltre in tal modo una lunga quanto penosa (trattandosi generalmente di individui defedati già in fase terminale), contenzione in apparecchio gessato, si eliminano tutti i conseguenti accidenti di natura vascolare, cui già abbiamo accennato. Altro vantaggio deriva dal fatto che l'intervento è comunque di facile esecuzione e può volta a volta adattarsi a sedi diverse. La protesi può essere applicata sia in caso di frattura patologica che di semplice zona osteolitica (primitiva o metastatica). Nella prima evenienza acquista il valore di una stabile osteosintesi ed inoltre, l'asportazione del tessuto neoplastico, se si associa a terapia radiante preventiva, ritarda la diffusione del processo stesso. Non presupponendo infatti questo tipo di intervento la formazione di callo osseo, si può eseguire prima dell'atto operatorio un ciclo preventivo di terapia radiante onde evitare la diffusione del tumore, o quanto meno, ritardarla. Nella seconda evenienza poi acquista un carattere preventivo, in quanto abolisce i rischi della comparsa di una frattura patologica. La protesi diafisaria infine permette, e questo ci sem bra uno dei vantaggi più considerevoli, proprio per tutti i motivi sopra esposti, l'abolizione di quella sintomatologia algica talora imponente, che questi pazienti a volte presentano.

La metastasi dunque, rappresentando di norma la diffusione dd processo neoplastico in atto in altri distretti dell'organismo, acquista il valore significativo che sta per la inoperabilità del tumore primitivo stesso. Ne consegue che le metastasi, specialmente quelle ossee, in omaggio a questo principio, non vengono quasi mai toccate chirurgicamente, nè tanto meno ciò avviene quando sono molteplici e disseminate in vari segmenti scheletrici. Nel caso invece di lesioni isolate, i criteri su cui si fonda la odierna terapia, sono ancora orientati verso una chirurgia ampiamente demolitiva, che fa anche ricorso alle amputazion i cd alle disarticolazioni. In tutti i casi poi, indipendentemente dalla sede o dalla pluralità delle lesioni, si effettuano come terapia le irradiazioni locali, con dosi che variano in rapporto alla radiosensibilità del tumore. Per tali motivi oi sembra, in definitiva, interessante segnalare come la introduzione, nella terapia di queste forme morbose, di protesi sostitutive di segmenti scheletrici vari, resa finalmente possibile dall'ancoraggio con quelle sostanze plastiche cementanti che hanno permesso di eliminare la


maggior parte dei rischi di insuccesso cm m passato si andava più facil~ mente incontro, possa fare virare gli odierni orientamenti terapeutioi, verso una chirurgia iìnalmente conservativa. Terapia chirurgica conservativa, ca~ pace cioè di ripristinare la funzione e di permettere quindi il più completo recupero del paziente. Infine l'adozione di una siffatta metodica di trattamento non esclude i cicli di terapia radiante, ma li diminuisce !imitandoli a poche sedute di irradiazioni locali ed inoltre, in tutti quei casi in cui ~l decorso manifesta un andamento particolarmente cronicizzato, può permettere, in un secondo tempo, un intervento sul tumore primitivo stesso.

RIASSUNTO. - Gli AA. studiano l'applicazione di una protc!'i diafisaria sulla tibia di pecora, fissandola con cemento. Il cemento al polimetilmetacrila·to è infatti l'unico sistema offerto s1nora dalla pratica clinica, per garantire uno stabile e duraturo ancoraggio della protesi all'os-so e per evirare rutti quegl<i inconvernenti che in passato ave\'ano portato al completo ÌMuccesso del trattamento ed all'abbandono dell'impiego di mezzi protesici di questo ripo. Gli AA. passano quindi a cortSiderarc le principali indicazioni cLiniche adatte ad un tale nipo di trattamento, soffermandosi prevalentemente sulle neoplasie primitive e secondarie isolate della dialisi delle ossa lunghe, elencandone i vantaggi rispetto ai tradizionali sistemi di terapia di queste forme morbose.

RÉsu~rÉ. Lcs Auteurs érud ient l'applicarion d'une prothèsc diafìsaire sur la tibia de mouton, en la fixant avec un béton. Le béton. au poLimellÌllmeracnilate est, en effet, le seui système offert jusqu'à présent par la pratique clinique, pour garantir un stable et durable ancrage de la prothèse à l'os, et pour évitcr tous Ics inconvbnients que, dans le temps passé, avaient conduit au complet in.succès du traitcment et à l'abandon dc l'empJoi de prothèses de ce typc. Les Auteurs, donc, vont con~idércr Ics principaux indications cliniques aptes à ce type de traitement, en s'arrctant principalement sur Ics neoplasies primitives et seconda<ires isolée de la diafisie des os longs, en ne ca-ra.Joguant les avantagcs en com paraison du tradinionnel système de thé:rapie de ces formes morbides.

SuMMARY. The Authors examJOe a diaphysis prothesis appEcation on a sheep tibia, by cCilTiellt fastening. Tndeed, the polymethylmethacrylate cement is the only system hirherto provided by clinica! praclJÌce, ro assure a finn and lasùng prothesis fastening to the hone and lO evoid ali the troubJes, that in thc past had led tO a whoJe treatment faiJure :md the giv<ing up of such prothes1s employment. The Authors, then, consider the main clinica! indicarions suited for such trcatmcnt, dwellìng prevalently upon isolared primitive and sccondary neoplasia of long bonc diaphysis, pointing out the advamagcs comparcd with rraditional therapy system of such diseases.


BIBLIOGRAF IA CHARNLEY J., Fou.Accr, HA~!Mmm: cc T hc long- rerm re3ction of bone ro sdf- curing acrylic cement », J.B.J.S., novembre x9()8. CHARI\'LEY J.: cc Biomccbanics in orthopaodic surgcry », in « Biomechanics and rdated bio engineering ropies », Glasgow, settembre 19{>4. CHARNLEY J.: << Biomechanics », X Congresso S.LC.O.T ., Paris. CHAJL'I'LEY J.: << The fìxation of prothesis in living bone ». CHARNLEY ]'., CRAWFORD : << llistology of bone in contact with self- curing acrylic ce· mcnt », f.B.f.S., 50 B 228. HEmiCHSEN E., JANSEN K., KROGH, Pouu;E:-: W.: cc Experimental invcstigarion of the tissue reaction to acrylic plaslics », Acta Orthopaed. Scand., 22, 141.


OSPEDALE MILITARE DI BRF.SClA Direttore: Col. :\led. Dr. P. Dt.'-7..\

ALCUNI ASPETTI DELLA VASCOLARIZZAZIONE NORMALE DEL PIEDE VALUTATA IN MODO INCRUENTO INCIDENZA DELL'ASSENZA DELL'ARTERIA

PEDIDIA

E DELLA T/8/ALE POSTERIORE

S. T en. Med. Dott. Cesare Rusconi S. T en. Med. Dott. Stefano Bendinelli

S. Ten. Med. Dott. Paolo Borgatti

E' noto che l'arteria pedidia e la tibiale posteriore possono mancare per cause anatomiche ben precise, tuttavia sia i testi di anatomia umana normale che la letteratura angìologica sono assai scarsi di indicazioni circa le possibilità statistiche di mancato riscontro di uno dei polsi del piede. Non è certo da sottolineare l'importanza che riveste nella scmeiologia angiologica l'accurata ricerca dei polsi arteriosi ed in particolare di quelli del piede; le arteriopatie periferiche infatti, costituiscono un terzo circa di tutte le malattie car·diovascolari ed in questi ultimi anni si fanno sempre più numerose le segnalazioni di arteriopatici al di sotto dci trent'aruù. L'indagine angiologica, sia essa strumentale che clinica va quindi assumendo una importanza crescente non solo in età adulta o geriatrica ma anche in età decisamente giovane. E' d'altra parte vero che, proprio nei soggetti più giovani, le arteriopatie vengono più spesso mi sconosciute c questi pazienti vengono quasi sempre etichettati come portatori di neuropatie periferiche o artropatie di varia natura ed infine ancora come dei neurodistonici prima che venga loro diagnosticata la natura vascolare dei disturbi. Purtroppo a questo punto sono per lo più sempre presenti alterazioni trofiche cutanee, indice di assoluta insufficienza del circolo arterioso con compromissione vascolare praticamente irreversibile. Nell'ambito di un dépistage precoce delle arteriopatie ·degli arti interiori secondo alcuni AA. la semplice palpazione del polso pcdidio riveste un'importanza notevole soprattutto in considerazione del fatto che abitualmente la tibiale anteriore è la prima arteria della gamba ad essere interessata dal processo arteritico od arteriosclerotico. Secondo altri AA. invece l'assen5· . M.


39 2 za del polso è da attribuirsi in una percentuale più elevata a varianti fisiologiche della irrorazione dci piedi (assenza congenita o decorso profondo dell'arteria pedidia). Considerazioni analoghe sono state fatte per l'arteria tibiale posteriore. Di fronte a questa discor·danza di vedute e constatata la povertà delle indicazioni bibliografiche sull'argomento, abbiamo ritenuto di un certo interesse studiare le caratteristiche ·della irrorazione arteriose dei piedi in un certo numero di soggetti sani con una metodica incruenta che ci ha permesso una valutazione separata di entrambe le arterie del piede.

MA'fERIALE E METODO. Abbiamo esaminato J6o militari di leva (età compresa fra i 20 e i 23 anni) in parte ricoverati all'Ospedale Militare di Brescia (esenti tuttavia da affezioni di interesse angiologico) ed in parte in servizio attivo presso una Caserma bresciana. La metodica impiegata è stata quella fotopletismografica e modo- oscillografica. Prima di effettuare le registrazioni strumentali ai soggetti da esaminare venivano opportunamente riscaldate le estremità inferiori per circa 15 minuti così da eliminare lo spasmo arterioso eventualmente presente che ci avrebbe potuto fa lsare i risultati della ricerca. Successivamente si è proceduto all'accurata ricerca del polso pedidio e del polso tibiale posteriore. Abbiamo quindi registrato il fotopletismogramma dell'alluce di entrambi i piedi in condizioni basali e nelle seguenti condizioni : 1) durante compressione manuale di entrambe le arterie; 2) durante compressione della sola arteria pedidia; 3) .durante compressione della sola arteria tibiale posteriore; 4) nuovamente senza alcuna compressione. In effetti la compressione contemporanea o isolata delle due arterie suddette è realizzabile con facilità poichè scorrono entrambe su piani ossei. E' cos1 possibile studiare l'importanza funzionale rispettivamente ·dell'arteria pedidia e della tibiale posteriore assumendo come H monitor >> l'alluce che sappiamo essere irrorato da rami provenienti da entrambe le arterie. Nella semeiologia clinica angiologica queste manovre sono da tempo conosciute sotto il nome di test di Allen. Ci siamo così proposti di vedere : 1) quanti soggetti non bano il polso pedidio e quanti non hanno il polso tibiale posteriore; 2) quanti di questi soggetti con polso non palpabile hanno un'attività sfigmica digitale (dovuta al decorso profondo od anomalo dell'arteria) e quanti non l'hanno (reale assenza anatomica dell'arteria);


393 3) in che misura le due arterie contribuiscono separatamente all'irro~ razione dell'alluce che sappiamo essere particolarmente vulnerabile dal punto di vista vascolare. La valutazione è stata effettuata in base alle variazioni di ampiezza del tracciato fotopletismografico durante le compressioni. Abbiamo inoltre registrato il morfoscillogramma del terzo inferiore della gamba onde evidenzi are, nei casi in cui si fosse dimostrata fotoplctismograficamente l'as~ senza di una delle due arterie, un eventuale caratteristico asiXtto dell'onda morfoscillografica in rapporto alla condizione di assenza di un'arteria. RISULTATI E DISCUSSIONE.

Il polso pedidio è risultato clinicamente assente in 24 soggetti, mentre il polso tibiale posteriore si è rivelato sempre presente. Dei 24 soggetti con assenza bilaterale del polso pedidio in n essuno si è potuta evidenziare una

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Fotopletismogramma dell'alluce.

Sopra: scomparsa dell'onda pulsatile digitale dopo compressione del polso pedidio (osservato in soli 5 casi). Sotto: scomparsa dall'onda pulsatile digitale dopo compressione del polso tibiale posteriore (osservato in 24 casi).

attività sfigmica digitale a livello dell'alluce da mettersi in rapporto ad un possibile decorso profondo dell'arteria. In soli 5 casi si è registrata un'irrorazione dell'alluce esclusivamente da parte dell 'arteria pedidia, pure in presenza del polso tibiale (fig. 1 ).


394 In 74 casi si è osservata la prevalente im portanza dell'arteria pedidia nel determinare l'onda pulsatile digitale mentre in 19 casi si è dimostrata una prevalenza funzionale a carico ,della tibiale posteriore (fìgg. 2 e J)·

Fig. 2. - Fotopletismogramma dell'alluce. Caso di prevalenza dell'arteria tibiale po:;teriore. Da sinistra a destra: condizioni basalì, compressione di entrambe le arterie, compressione del solo polso tibiale posteriore, compressione del solo polso pedidio.

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Fig. 3· - Fotopletismogramma dell'::~lluce. La prima freccia indica la compressione di entrambi i polsi del piede, la seconda la compressione del solo polso tibiale posteriore, la terza una nuova compressione di cnt.rambi i polsi, la quarta la comprcs~ione del solo polso pedidio, la quinta freccia infine indica che è stata tolta ogni compressione. (Caso di prevalenza ddla pedidia).

In 36 soggetti le due arterie contribuivano in egual misura alla attività sfigmica digitale (fig. 4). Solo in 3 casi, pur in presenza del polso pedidio si è dimostrata la sua non partecipazione ali 'irrorazione .digitale. Questi nostri dati, per quanto riferiti ad un gruppo non molto numeroso di soggetti, son tuttavia indicativi del fatto che l'assenza del polso pedidio può considerarsi normale in una percentuale di soggetti piuttosto elevata (per noi del 18%) c che al contrario l'assenza del polso tibiale posteriore, da noi mai riscontrata, ha maggiori possibilità di costituire un reperto patologico.


395 Per quanto infine si riferisce all'importanza funzionale delle suddette arterie nella irror~ione dell'alluce, confermiamo solo in parte i dati noti in letteratura che fanno ritenere come predominante l'arteria pedidia inviando essa afferenze vascolari di maggior calibro. Questo infatti non può secondo noi essere affermato in modo assoluto dal momento che nella nostra ricerca si è osservata la predominanza dell'arteria tibiaJe posteriore del T2 °~ dci casi. Non ci sentiamo di condividere l'opinione di coloro che enfatizzano l'assenza del polso pedidio come espressione di una patologia arteriosa, anche se, co-

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Fig. 4· - Fotopletil,mogramma ddl'alluce. Tre casi di partecipazione in egual mÌ$UI'3 dell'arteria tibiale posteriore e deJia pedìdia all'irrorazione dell'alluce. Durante la compressione isolata delle due arterie si hanno modificazioni quantitativamente uguali dell'attività l.iìgmica digitale.

me abbiamo detto è noto che l'arteria tibiale anteriore è la prima ad essere colpita dall'arteriopatia quando questa si localizza agli arti inferiori. Ci sembra anche che la possibilità <ii un decorso profondo dell'arteria od un suo sfioccarsi in rami sottiLi a livello ·del tarso costituisca una eventualità di scarsa rilevanza. Il dato che ci sembra debba essere sottolineato in oltre, si riferisce alla costanza della partecipazione all'irrorazione digitale dell'arteria tibiale posteriore, questa infatti è presente nel 96°<. dei casi mentre la pe<iidia n eli '82° 1 • Per ciò che riguarda le registrazioni morfoscillografìche del terzo inferiore della gamba non abbiamo notato una particolare morfologia ·dell'onda nei casi in cui una delle ·due arterie è risultata assente eccetto una riduzione dell'ampiezza sfìgmica tuttavia non in misura tale da costituire un reperto tipico.


R rAssuNTo. -

Si sono studiate le carattcristriche della vascolarizzazione dci piedi

in r6o giovani normali, utilizzando il test di Allen e registrando il fotopletismogramma dell'alluce. Il polso tibiale posteriore è risultato sempre presente e la partecipazione dell'arteria omornma all'irrorazione dell'alluce è stata d.imosl:irata nel 96% dei casi. Il polso pedidio è apparso assente bilateralmente in 24 casi, unilateralmente in soli 3 casi. In nessun caso si è evidenziato un decorso profondo ddl'arteria pedidia; la sua partecipazione all'irrorazione dell'alluce è apparsa nell'82% dei casi. Si sottolinea il fatto che, per un d6pistagc deJle arteriopatie degli arti inferiori, secondo questi dati, ha maggiore probabilità di costituire reperto patologico l'assenza dd polso tibiale pc-.. steriore piuttosto che quella del pedidio.

RÉsuMÉ. - On a étudié les caractéristiques de la vascularisation des pieds dans r6o jeunes gents normaux, avec l'utilisation du ~st d'Alle n et l'enrcgistrement du photoplctismogrammc du gros orteil. Le pouls tibia! postérieur a été toujours présent et la partecipation dc l'artèrc homonyme à l'irroration du gros orteil s'est avérée cn 96% des cas. Le pouls de l'artère dorsalis podis n'a pas paru bilatéralement en 24 cas, lors qu'on a eu que 3 cas unilatéralement. En aucun cas s'est mit en évidence un cours profond de l'artèrc dorsalis pec.lis; sa partecipation à l'irroration du gros orteil a paru dans le 82"/, des ca.s. Il y a lieu à remarquer que pour un dépistage cles artéropathies cles membres inférieurs, selon ces données, l'absence du pouls tibial postérieur a plus de chances d'établir un sens pathologique que celle du dorsalis pedis.

SuMMARY. - The pecularites of the vascularization of feet in t6o norma! youngpcople have been srudied making use of the Allen test and recordjng the photople· thysmogram of the big roe. The rcar tibia! pulsc has rcsulted always present and the taking part of the homonymous artery in sprinkling the bog toe has been proved in 96% cascs. The dorsalis pedis pulse has appeared bilatcrally absent in 24 ca.c;es, unilatcrally in 3 cascs only. ln no case a deop course of the dorsalis pedis artery has becn pointod out; its taking part in sprinkling the big toe has appearod in 82% cases. The author lays stre5s on the fact that for an carly diagnosis of arteriopathies of lower limbs, according to the given data, the abscncc of thc rear tibia! pulse has more possibilities to be a pathological report than the pedidial one.

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OSPEDAtE MIUTARE DI PERUGIA

DIREZIONE

GENERALITÀ SULL'ANALISI FISICO- TECNICA DELLE SOSTANZE ALIMENTARI* Magg. Chim. Farm. Dott. Giampiero Rossetti

Le sostanze alimentari possono essere analizzate sotto diversi punti di vista, sia per conoscerne completamente la composizione chimica allo scopo dt stabilire l'importanza del cibo dal lato fisiologico ed il suo ufficio biologico, sia per scoprirne le trasformazioni od alterazioni in caso di fermentazione dci principi alimentari oppure per mettcrne in evi<lenza le frodi e le sofiscicazioni. Allo scopo di coadiuvare la vigilanza igienica sono stati trovati dei mctodi di analisi per determinati generi di derrate alimentari, i quali sono sufficientemente esatti e contemporaneamente semplici e poco costosi. L'analisi di una sostanza alimentare comprende le seguenti operazioni: prelevamento del campione, esame fisico- tecnico ed esame chimico- analitico. L'attendibilità dell'analisi spesso dipende dalla scelta del campione e dalle modalità seguite nel suo prelcvamento, per cui il campione in esame non deve essere troppo esiguo e deve rappresentare la media delle sostanze alimentari che debbono essere sottoposte ad analisi. Speciali cure si devono seguire nella raccolta dell'acqua allo scopo di impedirne l'inquinamento, specialmente per i campioni sui quali deve essere eseguito anche un esame batteriologico. Per alcune sostanze occorre una 'speciale preparazione del campione allo scopo di impedire alterazioni durante la conservazione.

L'esame fisico- tecnico degli alimenti comprende essenzialmente i seguenti dati: peso specìnco, ponti di fusione e di ebollizione, punto crioscopico, conduc~bilità elettrica, calorimetria, grado di rifrazione, potere rotatorio, colorimetria, spettroscopia, esame microscopico, fluorescenza, cromatografia e gascromatografia. La determinazione del peso specifico, che viene eseguita spesso sia per le sostanze liquide che per quelle solide, assume una particolare importanza nelle analisi dei vini e delle sostanze grasse, in quanto rapportata ad altri • Conferenza tenuta presso l'Ospedale :\lilitare di Perugia il 14 aprile 1971.


dati può dare preziose indicazioni sulla genuinità o meno dell'alimento. r mezzi per determinare il peso .specifico sono diversi, a seconda che si tratti di un liquido più o meno pesante dell 'acqua, o di un solido. Allo scopo si adoperano speciali apparecchi, come la bilancia di Stohmann o quella di Fesca, usate per notevoli quantità di prodotti agricoli. N el caso di liquidi o soluzioni si adoperano areometri a scala, appositamente costruiti e tarati per ogni tipo di liquido, oppure la bilancia di Westphal, la quale consente una determinazion e esatta e molto rapida della .Jensità di quasi tutte le soluzioni. Una grande esattezza n ella determinazione del peso specifico si può però raggiungere sol tanto con il picnometro, il quale consiste in una piccola boccetta che consente di trovare il rapporto esatto tra il peso di una determinata quantità d ella sostanza in esame e quello di una uguale quantità di acqua distillata a 1)0 , ossia la sua densità. Il punto di fusione, ossia la temperatura alla quale un corpo passa dallo stato sol ido allo stato liquido, è importante in chimica bromatologica specialmente per le sostanze grasse e per i corpi che si possono separare d ai grassi propriamente detti, in quanto ognuna di tali sostanze ha un suo caratteristico punto di fusione, che serve per metterla in evidenza. E' interessante notare che il punto di solidificazione di un corpo, il quale teoricamente dovrebbe coincidere con il punto di fusione, in pratica è sempre leggermente inferiore. Per le sostanze che fondono sotto i I 00° si adopera come bagno l'acqua e per quelle che fondono a temperature superiori si possono usare la glicerina, alcuni olii vegetali e minerali, l'acido solforico, ecc. Il termometro da usarsi d eve essere molto esatto e suddiviso al quinto o al decimo di grado. Per determinare il punto di fusione del burro, della margarina e grassi affirù si preparano dei tubicini capillari rigonJìati nel mezzo. Si aspira il grasso fuso nel centro del rigonfiamento indi dopo raffreddamento si pone il tubetto con il grasso vicino al bulbo del termometro. La temperatura di fusione sarà quella alla quale il grasso comincia a colare lungo le pareti della bolla. Per punto di ebollizione si intende la temperatura alla quale un liquido passa tumultuosamente allo stato di vapore. Per determinarlo esattamente occorre che la colonna del mercurio si trovi interamente nel vapore e che l'operazione sia condotta a velocità moderata. Se l'ebollizione avviene ad una pressione diversa da 'J6o mm di mercurio occorre anche introdurre la correzione che si riferisce alla pressione barometrica. Un tipo particolare di ebulliometro è quello di Malligand, il quale è usato per .la determinazione del grado alcoolico nei vini ed altri liquidi alcoolici. Esso è basato sul pri ncipio secondo cui una soluzione alcoolica


399 bolle a temperatura tanto più bassa quanto maggiore è il suo grado alcoolico, ed in misura proporzionale. Tale apparecchio consiste in una vaschetta nella quale pesca uno speciale termometro con capillare finissimo; sulla scala anzichè le temperature sono riportate direttamente le gradazioni alcooliche corrispondenti. Previo azzeramento dell'apparecchio eseguito con acqua, allo scopo di annullare gli effetti delle variazioni della pressione atmosferica, si può leggere rapidamente e con sufficiente precisione (un decimo di grado) la gradazione alcoolica del vino o della soluzione da esaminare. Il punto crioscopico, o di congelamento, obbedisce ad alcune leggi fissate da Raoult nel r882, e che si possono così riassumere: 1) il punto di congelam ento di una soluzione è inferiore a quello del solvente puro; 2) l'abbassamento è proporzionale alla concentrazione della soluzione; 3) l'abbassamento è lo .stesso per le soluzioni equimolecolari di un madesimo solvente. Pertanto la determinazione del punto crioscopico trova larga applicazione in chimica bromatologica; così può servire a stabilire la costanza di composizione chimica delle acque potabili e minerali, la purezza e la genuinità del latte, dei succhi zuccherini di frutta, della birra, dell'aceto ed altri. Il metodo è stato reso di facile applicazione con l'apparecchio di Beckmann. La calorimetri a è importante per la determinazione del potere calorifico degli alim enti, il quale è in stretta relazione con l'energia calorifica di tutto l'organismo. I calorimetri più usati per la m isura delle calorie emesse dalla combustione degli alimenti sono quelli in cui la combustione avviene mediante ossigeno a volume costante e sotto forte pressione. Di questi il principale è la ,bomba Berthelot- Mahler. La refrattometria si basa sulla determinazione del potere refrattometrico dei liquidi, mediante la misura dell'entità della deviazione che subisce la luce attraversando uno strato d ella sostanza in esame. T ale metodo analitico si presta egregiamente per stabilire la concentrazione di soluzioni e di liquidi : Lm'applicazione particolare consiste nella misurazione <del valore refrattometrico del siero di latte, da cui si può scoprire un eventuale annacquamento. Le sostanze grasse hanno un indice di rifrazione caratteristico per ognuna di esse, che permette di scoprire eventuali sofisticazioni con grassi di diversa natura. L'apparecchio più comunemente adoperato allo scopo è oggi il burro- refrattometro di Zeiss, per mezzo ·del qual e si misura l'angolo limite della rifl essione totale, cd è di impiego pronto e facile per le misure correnti.


La determinazione <iella conducibilità elettrica, la quale è proporzi~ naJe alla quantità di ioni contenuti in un liquido, è molto importante nella chimica dell'alimentazione per giudicare sulla costanza di composizione delle acque potabili e delle acque minerali , poichè una infiltrazione di acque estranee nella falda principale farà variare la composizione ionica dell'acqua in analisi e quindi anche la conducibilità elettrica. Parimenti tale determinazione è utilissim a per giudicare se il vino, l'aceto ed altri liquidi organici naturali furono addizionati di aòdi minerali liberi, i quali come è noto sono fortemente ionizzati. Molti principi alimentari, come le proteine, gli zuccheri, · alcuni amm~ acidi, molti acidi organici, gli olii essenziali, molti alcaloidi, hanno la proprietà di deviare il piano della luce polarizzata; queste sostanze sono dette « otticamente attive ». L 'angolo <ii rotazione è proporzionale allo spessore dello strato della soluzione o della sostanza solida che è attraversata dalla luce polarizzata; inoltre se il raggio di luce polarizzata attraversa più liquidi differenti l'angolo di polarizzazione sarà uguale alla somma algebrica <ielle rotazioni prodotte da ciascuno dei liq uidi separatamente. Inoltre l'angolo di rotazione varia secondo la concentrazione, la temperatura, la lunghezza d'onda dei raggi luminosi e la n atura del solvente. Da ciò deriva che, conoscendo l'entità della rotazione provocata da una determinata ~ stanza in condizioni standard, si può facilmente risalire alla sua concentr azione in una data soluzione. E' stato pertanto definito « potere rotatorio specifico n l'angolo <ii rotazione dato da un liquido contenente in un cc un grammo di sostanza attiva e attraversato dalla luce polarizzata gialla del sodio, per lo spessore <ii un decimetro, alla tempertura <ii 20°C. Gli strumenti usati in laboratorio per misurare il potere rotatorio delle 'SOStanze otticamente attive si distinguono in saccarimetri e polarimetri. I primi ..sono destinati alle analisi delle sostanze zuccherine c portano una scala speciale che dà ,direttamente la quantità d i zuccltcro contenuto in una soluzione. I polarirnctri in vece sono di uso generale e la loro scala è divisa in gradi di arco. In chimica bromatologica essi sono usati, fra l'altro, per l'esame polarimetrico del vino, allo scopo di rivelare aggiun te di glucosio o di saccarosio: queste sostanze infatti producono forte deviazione destr~ gira mentre le sostanze naturali contenute nel vino producono deviazione levogira, tanto maggiore quanto m eno completa è stata la fermentazione alcoolica. L'analisi colorimetrica si basa sulla vanaztone dell'intensità di colore delle soluzioni al variare della concentrazione. Tale metodo <ii indagine accoppia alla rapidità di esecuzione esattezza c sensibilità, e permette <ii esaminare anche sostanze disponibili soltanto in piccole quantità. Per determinare la concentrazione di una soluzione in base all'intensità <iella colora-

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zionc si possono adottare metodi comparativi c metodi fotometrici. I pnml sono affidati alla sensibilità dell'occhio di chi opera e perciò sono suscettibili di errori; i metodi fotometrici invece danno sempre risultati precisi e costanti, essendo l'apprezzamento dell'intensità crom atica dovuto alla celIula fotoelettri ca. I metodi comparativi si effettuano mediante confronto della soluzione colorata in esame con una serie di soluzioni della stessa sostanza a concentrazioni diverse (colorimetro Dubosq) o con una serie di vetrini colorati che presentano lo stesso assorbimento cromatico delle soluzioni a concentrazioni scalari (comparatore di Hellige). I metodi fotometrici impiegano colorimetri a cellula fotoelettrica, i quali si basano sulla proprietà che hanno le cellule fotoelettriche di trasformare l'energia luminosa in energia elettrica. La luce monocromatica prodotta da una lampada viene fatta passare attraverso la soluzione da esaminare, la quale effettuerà un certo assorbimento dal raggio luminoso. L'attenuazione del raggio verrà registrata dal voltmetro collegato alla cellula fotoelettrica, ed il valore letto si ricondurrà alla concentrazione mediante un grafico precedentemente costruito con soluzioni note a concentrazioni scalari. Gli spettrofotometri sono apparecchi usati per misurare la concentrazione della sostanza colorata, mediante gli spettri di assorbimento. Lo spettro prodotto da un fascio luminoso è decomposto da un prisma nei suoi colori elementari; se attraversa un corpo colorato verrà modificato per effetto dell'assorbimento prodotto: tale assorbimento se è unilaterale annullerà una intera porzione dello spettro; se è bilaterale lascerà soltanto una porzione media. ln altri casi lo spettro è solcato da bande con bordi più o meno sfumati, e tali bande sono caratteristiche per ogni tipo di colorante. Gli spettri di assorbimento servono così per distinguere i colori naturali da quelli artificiali , ad esempio nelle bevande. L'esame microscopico, sebbene non sia di competenza del chimico, riveste una speciale importanza nel distinguere specialmente i corpi organizzati e molti principi alimentari nel le loro varie forme. Scopi della ricerca microscopica sono la messa in evidenza delle eventuali alterazioni di una sostanza, special mente quando l'origine che ha prodotto l'alterazione è di ordine batteriologico o microbiologico, oppure il rintracciare nel prodotto alimentare le sostanze estranee introdotte inconsciamente o dolosamente nell'alimento inquinandolo. Per le sostanze alimentari che derivano dal regno vegetale i particolari microanatomici dei vari organi possono essere di particolare utilità per in-


dividuare c differenziare la derrata dalle sostanze sofisticanti: così la presenza ài canali resinosi, le forme particolari dei grani ,di amido, le sinuosità dei vasi laticiferi, lo spessore <Ielle loro pareti ccc. possono essere caratteri utili per dare un giudizio sui vegetali esistenti nella sostanza in esame. Per i loro aspetti caratteristici si possono evidenziare al microscopio le sostanze proteiche, le sostanze azotate non proteiche, alcuni carooidrati, i grassi, gli ohi essenziali, le resine, le cere ed alcune sostanze minerali che cristallizzano sotto forme particolari. L'esame microscopico del latte serve a distinguere il latte colostrale da quello normale, quello intero da quello scremato, se è stato sofisticato con sostanze amilacee o con emulsioni estranee. Nei cereali e nelle loro farine sarà facile con l'esame microscopico svelare la sostituzione di farine più prcgiate con quelle di minor pregio, ciò che si può scoprire mediante l'esame dei granuli di amido oppure esaminando la forma dei peli del pericarpio. Sarà inoltre facile riscontrare l'abbondanza delle parti crusca1i, oppure il corozo o la polvere di legno, i quali ultimi si adoperano in sostituzione ,dei cruschelli. L'applicazione di due « nicols » polarizzatori al microscopio può spesso dare utili cd importanti indicazioni. n nicol polarizzatore si applica sotto il piano del microscopio, l'analizzatore invece è situato al disopra dell'oculare. Si fa girare l'analizzatore fìnchè il campo diventi oscuro: se l'oggetto in queste condizioni non è più visibile, signi.fica che risulta inattivo alla luce polarizzata; se l'oggetto invece ri,sulta vis1bile o brillante in campo oscuro significa che è attivo. Tale è il caso della margarina cristallizzata ed attiva sulla luce polarizzata, che si distingue dalle gocce di burro genuino inattivo. L'amido alla luce polarizzata presenta delle strie in croce ben visibili e caratteristiche per le varie forme di sostanze amilacee. Negli estratti di carne veri si distinguono i cristalli di creatinina e creatina, che sono brillanti in cam po oscuro, dai cristalli di cloruro di sodio dei falsi estratti di carne, che sono inattivi alla luce polarizzata. Alcune sostanze, sia organiche che inorganiche, possiedono la proprietà di diventare fluorescenti sotto l'influenza dei raggi ultravioletti, assorbendo questi ultimi ed emettendo radiazioni visibili di maggior lunghezza d'onda. Per l'esame ,della ·fluorescenza si impiega comunemente la « luce ài Wood )) che si ottiene .filtrando, attraverso schermi spec1ali di vetro all'ossido di nichelio, i raggi ultravioletti provenienti da una lampada di quarzo a vapori di mercurio in modo da far passare solo quelli la cui lunghezza d'onda è inferiore a 3650 A". L'applicazione più notevole della luce di Wood è quella di scoprire gli olii di sofisticazione nell'olio di oliva. I vari olii, infatti, quando sono puri danno fluorescenza di colori caratteristici: giallognola l'olio di sesamo, azzurra l'olio di ricino, azzurrognola l'olio di soia, ecc.

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La cromatografia è un metodo fisico di separazione di diversi componenti, mediante distribuzione tra due fasi: una stazionaria, di grande su~rfici~, l'altra consistente in un fluido che percorre o attraversa la fase stazlOnana. Il fluido contiene in soluzione la miscela da esaminare, e la fase stazionaria è per lo più un foglio di carta bibula o una lastra di vetro su cui è depositato uno strato di materiale adsorbente. La soluzione sale per capillarità lungo la fase stazionaria e vi deposita, separandoli a diverse altezze, i componenti la miscela. Questi poi possono essere messi in evidenza attraverso reazioni cromatiche caratteristiche per ogni componente. La gascromatografia utilizza come fase stazionaria colonne di vetro o di metallo, mentre la fase mobile o fluido trasportatore consiste in un gas inerte contenente la miscela da analizzare. Questa, sotto forma di gas o di vapore, scorre attraverso la fase stazionaria. I componenti la miscela si ripartiscono tra la fase liquida e quella gassosa secondo un coefficiente caratteristico: in questo modo i componenti di miscele anche complesse si separano e giungono in tempi diversi all'uscita della colonna, dove è posto un apparecchio detto « rivelatore », che evidenzia la comparsa di ogni frazione e ne valuta la concentrazione. Ogni singolo componente viene registrato sotto forma di « picco >> in un grafico, tracciato da un registratore collegato al rivelatore. Un moderno gascromatografo costituisce un'apparecchiatura assai complessa, che permette però la simultanea separazione, identificazione e determinazione quantitativa di uno o più composti presenti anche in quantità m inima in una miscela complessa. All'uscita della colonna gascromatografica può venir collegato uno 'spettrografo di massa, allo scopo di identificare la struttura chimica del o dci componenti di ogni frazione separata. Tale abbinamento rappresenta quanto di più progredito si possa avere oggi a disposizione nel campo dell'indagine analitica.


NOTE EDITORIALI SU ARGOMENTI DI ATTUALITA'

MAXIDROGHE E MINIDROGHE

Il problema della diffusione e del consumo nel mondo intero di droghe ad mone stupefacente c ad azione allucinatoria, sta diventando di giorno in giorno sempre più preoccupante e •Sempre più pressante per le deleterie conseguenze fisiche e psichiche che tali sostanze esercitano su vaste collettività e su numerose popolazioni. Con il termine di « droga », secondo il Mascherpa, si intende designare <<qualsiasi farmaco attivo sulla psiche che venga usato liberamente per ottenere un effetto voluttuario e quindi a scopo di piacere » . Nel linguaggio comune la parola «droga» si identifica con sostanza stupefacente o meglio ancora con sostanza atta a provocare tossicomania. Gli stupefacenti, secondo la definizione proposta dal farmacologo Di Mattei nel 1931 sono « veleni dell'uomo e della società, agenti elettivamente sulla corteccia cerebrale, suscettibili di promuovere una gradevole ebbrezza, di essere assunti a ·dosi crescenti senza determinare avvelenamento acuto e morte, ma capaci di generare stato di bisogno tossico, gravi e pericolosi djsturbi da astinenza, alterazioni somatiche e psichiche profonde e progressive. Le cosiddette droghe, quindi, così vastamente impiegate oggi nel mondo, a scopo voluttuario, specialmente tra la popolazione giovanile, altro non sono che veleni o tossici .del sistema nervoso centrale e dell'intero organ1ismo. A seconda della intensità degli effetti che producono e a seconda dello stato di intossicazione cronica cui esse danno luogo, si suole oggi distinbruere le droghe in due grandi categorie: maxidroghe o macrodroghe e minidroghe o microdroghe. Alla prima categoria e cioè alle maxidroghe appartengono quelle sostanze ad azione stupefacente, che danno luogo costantemente a tossicomania, vale a dire a quello stato morboso caratterizzato dai tre seguenti fenomeni: l'abitudine, Ja farmacomania e l'intossicazione cronica. Per abitudine si intende la capacità dell'organismo dell'intossicato a tollerare dosi progressivamente crescenti di droga. Per farmacomania o farmacodipendetJza si intende la necessità assoluta del tossicomane di ricorrere continuamente alla droga per procurarsi uno stato di piacere e una evasione dalla realtà. La interruzione brusca della sornministrazione deJia droga provoca l'insorgenza di gravi disturbi psi-


chici e somatici conoscJull con il termine di « accidenti da astinenza », che possono estrinsecarsi con la seguente sintomatologia: stato di agitazione psichica e di ansia, logorrea, tremori, crampi muscolari, sudorazione, lacr1mazione, tachicardia, algie precordiali, dolori addominali, iperestcsia generale. Nei casi gravi di farmacodipendenza possono insorgere forme deliranti con allucinazioni, impulsi aggressivi, tendenza al suicidio e all'omicidio, infarto del miocardio, ecc. Se la fase di dipendenza si prolunga nel tempo, possono insorgere alterazioni psichi che gravi: depressione, scadimento dei valor·i morali, indifferenza per la famiglia e per la società, scadimento, degli affetti familiari, mancanza di autocritica, idee ossessive, tendenza a commettere delitti di vario genere pur di procacciarsi la droga. Per intossicazio11e cronica si intende quello stato patologico generalizzato che interessa c compromette preminentemente il sistema nervoso centrale e coinvolge ·in uno stato degenerativo tutti gli altri organi e apparati dell'organismo. Nella fase finale ·dell'intossicazione cronica si instaura un vero c proprio stato di cachessia c una sindrome demenziale completa, che portano a morte l'intossicato. Alle maxidroghc o macrodroghe appartengono l'oppio e alcuni alcaloidi naturali di esso (morfina ed eroina) e la cocaina. L'oppio propriamente detto è il lattice condensato ottenuto per Dncisione delle capsule non ancora mature ·del Papaver sonniferum varietà album. I suoi derivati sono: morfina, eroina, cocaina. La cocai11a è il principio attivo estratto dalle foglie di alcune piante originarie dell'America meridionale, di cui la più importante è un alberello alto 2-3 metri: l'Erythroxilon Coca Lamk. La morfinomania, l'eroinomanja e la cocainomania sono tra le più gravi tossicomanie che determinano assuefazione, dipendenza e intossicazione cronica e che provocano nei soggetti drogati un progressivo decadimento fisico e psichico, un precoce invecchiamento e un annientamento della personalità. I quadri clinici di queste tre gravi intossicazioni sono generalmente e abbondantemente descritti nella letteratura tossicologica, ragione per cui ci asteniamo .dal trattarli ·in questa breve nota redazionale. Alle minidroghe o microdroghe appartengono quelle droghe che sono oggi abbondantemente usate dalla gioventù « hippy >> o dalla gioventù contestataria c che sono apparentemente meno tossiche delle grandi droghe su elencate poichè danno minore assuefazione e minor dipendenza. Tuttavia l'esperienza sta insegnando che una separazione netta tra maxidroghe e mini·droghe non è giustificata pcrchè anche queste ultime a lungo andare provocano uno stato di intossicazione cronica e di decadimento somatico e psichico.


Alle minidroghe appartengono: la Marijuana, la dietilamide dell'acido lisergico o LSD 25, la mescalina, la psilocina e la psilocibina, le anfetamine e i barbiturici. Queste droghe appartengono quasi tutte al gruppo delle cosiddette droghe. « ~llucinogene » il cui effetto principale è queUo di provocare allucinazwm. Questi allucinogeni sono chiamati anche << psicodislettici » in quanto producono vere e propnìe psicopatie di tipo allucinatorio e maniacale, del tutto simili a quelle che si riscontrano nel vasto campo della psico-patologia. Della Marijuana abbiamo estesamente parlato in una precedente nota editoriale (v. Giornale di Medicina Militare, luglio- agosto 1970, pag. 385). Qui possiamo ripetere in sintesi che la Marijuana o canape indiana produce effetti somatici e psichici che interessano vari organi e apparati e cioè essa può indurre: effetti visivi, effetti uditivi, effetti tatti li, effetti gustativi, effetti sessuali, effetti sulla percezione del tempo e dello spazio, effetti sull'ideazione e sulla memoria, effetti sulle emozioni, effetti sul sonno, ecc. Sebbene molti autori sostengano che l'uso della Marijuana non è da ritenersi più tossico del tabacco, tuttavia bisogna tener presente che sotto l'azione della ,d roga e specialmente dell'« hashish>> che è la resina secreta dalle foglie c ,dalle IÌnflorescenze della canape indiana, sono stati compiuti efferrati ed atroci delitti. A questo proposito è interessante ricordare che il termine « assassino» sarebbe derivato dalla parola araba << hashi shian », che significa consumatore di droga. Bisogna inoltre considerare che l'impiego sistematico della Marijuana predispone fatalmente i drogati all'impiego di allucinogeni più potenti quali l'LSD e la mescalina, e di stupefacenti, quali la morfina e l'eroina. Uno dei più potenti e pericolosi allucinogeni è senza dubbio la dietilamide dell'acido lisergico o LSD25 , sostanza che è contenuta in natura n ella segale cornuta e che è stata ottenuta per sintesi, nel 1943, dallo svizzero dr. Hofmann, nei Laboratori San.doz, a Basilea. I fenomeni improvvisi di pazzia collettiva osservati in svariate collettività europee nei secoli scorsi e anche in quello corrente, in seguito ali 'ingestione di pane confezionato con farine contaminate da segala cornuta, sono dovuti all'azione dell'acido lisergico in essi contenuto. Anche molçi episodi di « estasi collettiva» osservati in popolaZiioni medievali sono quasi certamente da attribuirsi all'impiego di farin e avariate. L'LSD è il più potente allucinogeno che oggi si conosca: esso agisce anche a piccolissime dosi dell'ordine di alcune decine di microgrammi. Il soggetto sotto l'azione dell'LSD inizia un viaggio cosiddetto psiclzedelico c cioè esaltatore, amplificatore dell'Io e della personalità. Durante il viaggio il drogato avverte visioni luminose, piacevoli, intensamente colorate, con i più svariati colori e percepisce suoni armoniosi o musiche celestiali.


Qualche volta però queste allucinazioni visive e uditive possono essere deformate, mostruose e sgradevoli, tanto da indurre noi drogati un vero e proprio panico. Allora il « paradiso della droga >> si trasforma in « inferno >> della .droga. La personalità del soggetto drogato si espande, si stacca dal corpo dando luogo ad uno sdoppiamcnto tra soma e psiche. Alcuni soggetti sotto l'effetto della droga subiscono una esaltazione di tipo mistico e hanno la sensazione di entrare m diretto contatto con la divinità. Questa esaltazione mistica, questo accostamento dell'uomo alla divinità sta alla base dell'impiego diffuso di sostanze allucinogene in seno a numerose sette religiose. Un'altra caratteristica dell'azione dell'LSD è la distorsione del tempo e dello spazio. n drogato perde la. cognizione del tempo: ogni minuto per lui ha la durata di un'ora. La distorsione dello spazio consiste nella sensazione del drogato di un allontanamento dalla realtà, di una sopraelevazione della propria persona, che contempla dall'alto tutte le cose terrene. Secondo l'americano ~dr. Leary che è considerato in tutto il mondo il profeta della diffusione e dell'impiego delle droghe allucinogene, l'LSD sarebbe un potente afrodisiaco e l' « esperienza psichedelica consiste essenzialmente in una esperienza sessuale ». Il romanziere inglese Aldous Huxley che era un consumatore di allucinogeni esprime così le sue aUucinazioni sotto l'effetto della droga «ciò che Adamo vide il mattino della creazione ... la fonte divina di tutta l'esistenza ... una visione di grazia e di trasfigurazione >> . La dose di LSD necessaria per ottenere un viaggio psichedelico della durata di alcune ore è compresa tra i 25 e i 40 microgrammi. Al di oopra dei 50 microgrammi si avrebbero effetti sgradevoli ed anche tossici. Una attenta osservazione, ormai più che ventennale, sugli effetti dell'LSD ha indotto molti studiosi ad affermare che questa droga è capace di indurre nei soggetti che ne fanno abuso uno stato psicosico molto simile alla schizofrenia. Per questo motivo l'LSD viene chiamato « droga psicomimetica » in quanto riproduce un vero e proprio quadro psicotico. I pericoli insiti nell'uso e nell'abuso di questa sostanza sono pertanto numerosi: stati psicosici, impulsi sociopatici, panico, tendenza all'omicidio c al suicidio. Oltre all'LSD si conoscono e si impiegano altri c potenti alluc·inogcni: ricavati specialmente dai ·funghi che crescono spontanei nel Messico e nell' America del Sud. Si tratta principalmente della mescalina, della psilocina e della psilo-

cibina. La mescalina è un allucinogeno che si estrae dal fungo « pegote >) che cresce nel Messico e negli Stati sud- occidentali degli Stati Uniti. I decotti di questo fungo venivano usati anticamente dagli Atzechi e dagli indiani, a scopo allucinogeno, durante lunghi e complicati riti religiosi. I bevitori


di questi decotti in preda alle allucinazioni, avevano l'impressione di entrare in diretto contatto con la divinità. La mescalina provoca allucinazioni visive ed auditive, simili a quelle provocate dall'LSD. _ Anche la psilocina e la psilocibina si estraggono da un fungo messicano, conosciuto con il nome di Psilocy>bc Mexicana. L'azione allucinogena di queste due sostanze è molto affine all'azione della mescalina. Altre droghe molto impiegate oggi dai giovani e che hanno un'azione prevalentemente stimolante sono le anfetamine (simpamina, psichergina, ecc.). Queste droghe hanno il potere di attenuare o di eliminare la fatica fisica e psichica: esse sono dei veri e propri <iefaticanti e perciò vengono normalmente adoperate in caso di iperlavoro fisico o mentale. Le anfetamine, a forti dosi, possono anche provocare allucinazioni. Le minidroghe che abbiamo sopra elencato e illustrato sono, oggi, purtroppo, un appannaggio della gioventù che contesta la cosiddetta società dei consumi e del benessere, senza però saper proporre un'alternativa e cioè un'altra società di ricambio che sia migliore di quella che si vorrebbe distruggere. La droga è diventata oggi un mito e il suo uso ed abuso si va diffondendo ed estendendo in tutto il mondo a macchia d'olio. Secondo il rapporto di Lindsay del 1970 sulla diffusione della droga negli Stati Uniti, il sessanta per cento degli studenti universitari americani e il trentacinque per cento ·degli studenti delle scuole medie di New York si ·drogherebbe! In Italia il fenomeno non ba ancora acquisito così vaste proporzioni ma troppi indizi e troppi •scandali nel losco mondo della droga s'tanno ad indicare che anche in Italia l'avanzata degli allucinogeni è in continuo progresso. Molteplici sono le cause che spingono i giovani e i non più giovani nostrani all'impiego delle maxi e minidroghe: il desiderio di imitare e scimmiottare la dilagante moda americana, il gusto di sottoporsi a una piacevole espePienza, l'insuccesso nella vita e l'insicurezza della vita moderna che portano a uno stato ·di frustrazione, il bisogno .di sfuggire allo stato di ansia e di agitazione che caratterizzano la società attuale, la mancanza di protezione e ·di atfetto ·da parte del.la famiglia e la conseguente necessità di supplire a questo vuoto stab11endo rapporti di intima colleganza con gruppi di giovani che hanno gli stessi problemi e avvertono le stesse frustrazioni. Secondo la magg1oranza dei ·farmacolog1 e <lei tossicolog1 non vi è dubbio alcuno che anche l'impiego delle minidroghe, analogamente a quello ddle maxidroghe porta, a lungo andare, a un deterioramento fisico e psichico, a uno stato di intossicazione cronica, a un annientamento c a una distruzione progressiva della personalità. Il grave stato .di tossicomania che è caratteristico delle grandi droghe o droghe stupefacenti colpisce fatalmente anche i consumatori delle piccole droghe.


Pertanto gli effetti deleteri di q ueste ultime anche se meno accentuati sono sovrapponibili agli effetti distruttivi delle prime. Ne consegue che la lotta imponente da ingaggiare sul piano medico, sociale, morale e scolastico contro l'impiego delle droghe deve essere condotta su un unico fronte, senza cioè artificiose distinzioni tra maxidroghe e minidroghe.

C. ARGHITTU


RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

MALATTIE INFETTIVE DI ORTGINE AUMENTARE A., FA.\IICLU:ITI B.: Gli alimenti come veicolo di agenti vira/i. liana di Igiene, 15)68, 5-6, 732.

ALBANO

Rivista Ita-

Gli alimenti sono in grado di diffondere virus patogeni per l'uomo in quanto non .sono poche le sostan7..e alimentari di origine animale o vegetale contaminate da virus (contaminazione primaria); inoltre i cibi specialmente durante le manipolazioni e il trasporto possono facilmente subire una contaminazione anche da parte dei virus dell'uomo (contaminazione secondaria). Partendo da questi presupposti teorici gli AA riportano le notizie esistenti in letteratura sulle malattie viraii di odgi 11e alimentare e sulle indagini finora effettuate riguardanti la presenza e il comportamento di questi agenti negli alimenti. Per quanto iiguarda il primo punto i dati epidemiologici indicano che le malattie virali sono causate quasi sempre dai virus dell'uomo, più di rado dai virus degli animali, mai da quelli dei vegetali. l virus dell'uomo che hanno dato luogo ad infezioni generalmente ad andamento epidemico sono stati per lo più i virus dell'epatite infettiva e della poliomielite veicolati da molluschi eduli dal latte e meno frequentemente dagli ortaggi; i virus degli animali che hanno causato infezioni sono quelli dell'encefalite, dell'afta epizootica, della malattia di Newcastle, dell'ornitosi, ma generalmente solo in forme sporadiche il che pare dimostrare una loro scarsa tendenza diffusiva nell'uomo. Per quanto riguarda le indagini effettuate sulla presenza e sul comportamento degli agenti virali negli alimenti, queste hanno dimostrato che i molluschi eduli sono in grado di assumere virus di origine umana dal loro ambiente naturale, di concentrarli e di depurarsi degli stessi. Nel latte c suoi derivati i tentativi di isolamento dci virus dell'uomo hanno sempre avuto esito negativo mentre spesso positivo è stato .il reperimento di virus degli animali specialmente dei virus della poliomielite e della encefalite, che hanno dimostrato una scarsa resistenza ai processi di pastorizzazione. Le ricerche sulle carni r!guardano il virus dell'afta epizootica che è labile a valori di pH inferiori a 6,2 e scompare quindi nell'acidificazione susseguente ai processi autolitici dei tessuti che si hanno dopo la macellazione; la refrigerazione e il congelamento ne prolungherebbero invece la sopravvivenza per il rallentamento dei suddetti processi. Dall'insieme dei fatti c delle osservazioni raccolte risulta che glì alimenti sono in grado di diffondere poche infezioni c generalmente di origine umana come l'epatite infettiva e la poliomielite, malattie entrambe causate da virus a notevole resistenza c a lunga eliminazione intestinale. Considerando che il problema è apparentemente circoscritto a due malattie, una, l'epatite, che sembra poco diffusa cogli alimenti, l'altr:l, la poliomielite, che tende a scomparire si sarebbe indotti a conclusioni ottimistiche ma gli AA. ammoniscono di considerare anche le forme sub - cliniche o asintomatiche che possono originare da sole episodi epidemici o contribuire a mantenere uno stato endemico. Dai dati raccolti risulta inoltre che, nel complesso, la diffusione virale è meno frequente di quella batterica per analoga via; tale fatto secondo gli AA. dipenderebbe


~oprattu no

dall'impossibilità dei virus a trovare negli alimemi condizioni adatte d1 moltiplicazione onde la trasmissione risulterebbe condiziOnata dalla carica iniziale, che generalmente tende a ridursi fino ad annullarsi ·per l'impiego dei metodi di produzione (concimi chimici, antiparassitari, ecc.) e di trattamento dei cibi (calore, stagionatura, salatura, addittivi chimici). Ne consegue che la trasmissione si realizza solo in certe circostanze e ad opera di pochi alimenti (come molluschi, latte, ortaggi) prodotti cioè con scarse precauzioni igieniche di consumo immediato e non sottoposti a particolari trattamenti Gli AA. concludono che allo stato attuale molteplici sono gli aspetti non ancora accertati di questa via di contagio e che sul piano pratico non rimane che adouare ruue quelle misure (Yedi condizioni igienicamente sufficienti durante la fase di prepa razione ed adeguati mezzi di depurazione) che siano in grado di ridurre le possibilità dd comagio. P. TARRONI

MALATTIE INFETTIVE E PARASSITARIE EmToRIALE:

Cholera in Bengal. -

British Medicai Journal, giugno 1971, 66<).

Il Bengala è da lungo tempo la principale zona colengena del mondo. Molte sono

le condizioni che nel Bengala facilitano la traMnissione di una malattia così contagiosa come il colera: ·disastri nazionali (guerre carestie, terremoti inondazioni migrazioni); la sovrappopola?Jione (a Calcutta 10 famiglie vivono in uno stesso appartamento); e naturalmente la scarsa igiene (le scorte d'acqua sono spesso prive di tubature e in prossimità di latrine; le latrine stesse ingorgate dal superuso e tra i profughi le condizioni sono perfino peggiori). La sorgente d'infezione è l'uomo con microrganismi colerici nelle feci, sia che presenti una sintomatologia colerosa o che non la presenti affatto o che sia convalescente; in questo ultimo caso può continuare ad essere sorgente d'infezione per seni· mane o anche per mesi e si è visto ch e questo avviene non di rado dopo una terapia reidratante e antibiotica eseguita in ospedale. Ogni persona non vaccinata corre dei rischi; ma purtroppo anche la vaccinazione offre una protezione limitata e incompleta, specialmente da quando quella con Vibrio Cholerae biotipo E l T or ha sostitu ito quella col classico Vibr.io. Naturalmente tutte le persone che dall'estero si dirigono verso le zone endemiche dovrebbero essere protette con « dosi rinforzo>> di I mi ad intervalli di tempo non superiori ai sei mesi, ma dovrebbe essere chiaramente compreso che la protezione non è completa e che assolutamente non sostituisce l'importanza di buone condizioni igieniche. E' particolarmente importante che tuna l'acqua di consumo sia in ogni caso bollita. Allo stesso modo tutte le persone provenienti dalle zone endemiche dovrebbero essere vaccinate da poco ed inoltre i viaggiatori che presentassero una sintomatologia diarroica dovrebbero essere visitati attentamente. Q uello che nella situazione auuale serve di più in Bengala è il personale, sia medico che non medico. Per quanto riguarda la terapia gli antibiotici sono molto utili, ma quello che salva la vita è la terapia rcidratante con soluzione fisiologica endovena e in grande qua ntità per i malati gravi, per quelli meno gravi una iniziale introduzione di liquido endovena seguita da adeguate quantità per via orale è sufficiente; nei bambini l'introduzione inrra-peritoneale di liquido ha dato buoni risultati.


La sommtntstrazione della soluzione fisiologica compete al personale, che deve anche preoccuparsi della eliminazione delle feci infette e della clisinfe-Lione dei vestiti contaminati. Sono misure di questo genere che dovrebbero avere la massima priorità nell'attuale situazione di emergenza in cui cosl forte è la contagimità della malattia. Una condotta a lungo termine è naturalmente diversa; deve cioè tendere principalmente all'approvvigionamento di scorre d'acqua non contaminata e ad un sodclisfacente metodo di eliminazione delle acque di scarico e, cosa non meno difficile da ottenere, alla cooperazione della popolazione nel rispetto delle norme igieniche.

P. TARR0:-.'1

CARDIOLOGIA C., MAEDER J., ScHERRER J. R.: Signiftcation hémodynamiqu~ des varratzons d'intensité du pr~mier bruit dans le rétréciss~ment mitra!. - Arch. Mal. Coeur,

PERRERo

19]1,

64, 231 - 245·

Nella stenosi mitralica in fibr,illa7Jonc atriale l'intensità dd I tono vana da una sistole all'altra. I criteri che permettono di apprezzare la gravità di una stenosi mitralica con l'ascoltazione sono poco numerosi ed a yolte discutibili e non permettono comunque di valutare la pressione atriale sn. Gli AA. hanno eseguito uno studio fcgrafico- emodinamico- statistico in 20 casi di stenosi mitralica in fibrillazione atriale, divisi in due gruppi secondo l'entità della pressione polmonare capillare: fra 10-20 mmHg (8 casi) e superiore a 20 mmHg (12

casi).

L'intensità del I tono dipende da numerosi fattori che interagiscono secondo che la pressione polmonare capillare superi o meno i 20 mmHg. Nella stenosi mitralica la velocità di salita della pressione ventricolare so ha un comportamento in due fasi, più lenta la prima e più rapida la seconda, perchè manca il rigonfiamento sistolico precoce dei lembi rnitralici nell'atrio sn e perchè questi si chiudono durante la contrazione ventricolare sn e non prima di essa (come nel normale). In base ai risultati delle loro osservazioni, gli AA. arrivano alle seguenti conclusioni: a) se il I tono è costantemente più intenso dopo cliastoli corte, la pressione polmonare capillare è inferiore a 20 mmHg; b) se il I tono varia di intensità senza rapporto alcuno con le ·durate dia~tOliche, la pressione polmonare capillare è superiore a 20 mrnHg. Questo criterio appare di impiego più pratico di quello dell'apprezzamento della durata che separa il Il tono dallo schiocco di apertura e comporta un significato emodinamico più preciso di quello della .durata del rullio diastolico. MELCHIO!'IDA

De LA CRUZ M., MuNoz- CAsTELLANOs L., NADAL -G INARO B.: Exstrinsic factors m the gen~sis of cong~nital h~art diuas~. - Brit. Heart J., 1971, 33, 203-213. L'evidenza che il virus della rosolia causa una cardiopatia congenita, la scoperta dell'azione teratogena per il cuore del virus Coxsackie B, la scoperta che forme subcliniche di viropatie sono teratogene, i progressi nelle \'iropatie a mezzo della diagnosi


sierologica precoce, il recente sviluppo del vaccino per il vir.us della ro~olia che fornisce una terapia prevemiva ed i recenti srudi sulla generica che puntano sulla importanza della ereditarietà multifattoriale e sulla sua interrelazione con i fattori estrinseci nella genesi di alcune cardiopatie congenite, inducono a rivedere l'importanza dei fattori estrinseci come agenti reratogeni per il cuore. I fattori terarogeni per il cuore, cioè che interferiscono con il normale s,·iluppo dell'embrione, sono generalmente divisi in estrinseci (fisici, chimici e biologici) ed in intrinseci (modi ficazio ne genetica spontanea a carico dell'acido desossiribonucleico dei cromosomi), ma questa loro divi~ione è per lo più convenzionale, in quanto essi sono spesso intimamente correlati, per cui essa ha ,·alore più di predominanza che di esclusività. Gli AA. hrumo studiato questi agenti reratogeni sia dal punto di vista clinico che da quello sperimentale e, partendo dal la,·oro di Saxe e Rapola, a nalizzano la palogenesi delle cardiopatie congenite basata sulla alterazione dei processi morfogenetici che normalmente partecipano allo sviluppo del cuore e dci grossi vasi. La scarsa informazione ottenuta dagli studi eseguiti sui fattori tcratogeni intrinseci nella genesi delle cardiopatie congenite, l'aumemo del numero dei soggetti con queste malformazioni che, in seguito ad un trattamento chirurgico, sono messi in condizione di procreare, rende difficile praticare un::t efficace medicina preventiva. Molto invece può essere o ttenuto per quan to riguarda la prevenzione delle card iopatie congenite da fattori estrinseci, basata l><>prattmlo ~ulla prevenzione c la diagnosi precoce delle viroparie, specie la rosolia. Ciò naturalmente non trascurando tutti quei fatlori c he, pur non essendo tcr::ttogeni per se ste•si, possono interferire aumcnt:tndo o potenziando l'azione teratogcna di fattori noti o trasformando in fattori teratogeni quei fattori che non lo sono di per se stessi (fattori ambientali come la malnutrizione, l'ipossi::t, l'affollamento, le endocrinopatie della madre, ecc.). M ELCHIONDA

DAVACHI

F., M o LI,ER J. li., EnwARDs J. E.: Diseases of the mitral valve zn infmJcy.

An anatomie analysis of 55 cases. -

Circul., r97r, 43, s6s -579·

Gli AA. hanno fano uno studio anaromo- patologico su 55 cuori di b:1mbini sotto due anni, portatori di una valv ulopatia mitralica (in un caso l'esame fu condotto su di una mitr:1le escissa in vita d urante un intcrvcnro di protesi). Furono esclu~i quei casi in cui vi era anche un canale atrio- ventricolare comune persistente, un ventricolo singolo, una trasposizione completa dci grossi vasi ed una asplcnia od un:t polisplenia. Lo srudio è s tato condotto sistematicamente tenendo conto <Ielle 4 componenti della valvota mitrale: i lembi valvolari, le corde tendince, le commissure ed i muscoli papillari, componenti che sono state definite e descritte in rapporto anche alle ' ingole funzioni. In 29 dci 55 cuori vi era una malformazione congenita primaria, mentre negli altri 26 la lesione mirralica e ra acquisita, causata da un infarto dei muscoli papillari a sua volta secondario ad alcune altre malformazioni. Furono osservate in totale 6] condizioni anatomiche patologiche, di cui 41 solo nei 29 casi. In questi la anomalia congenita più frequente è slata una anomalia de1 muscoli papillar.i associata con fibroelastosi endocardica, arcata mitralica anormale e muscoli papill::tri ostrue nti il tratto di aHluSl>O. li secondo tipo più comune è stato l'intere,samcnto dei lembi sotto forma d i anello sopravalvolare, di tessuto vah·olarc accessorio c di una malformazione del tipo Ebstein.


La fusione delle commissure è stata osservata una volta, mentre in due cast vi era un interessamento multiplo delle componenti della valvola. Fra i 26 cuori con infarto dei muscoli papillari, esclusi i casi con fibroelastosi endocardica (10 casi), le anomalie congenite fondamentali erano rappresentate da una stenosi aortica (15 casi), da una coartazione dell'aorta (6 casi) e da una origine anomala della coronaria sn dal tronco della polmonare (5 casi). A meno che non siano eseguiti studi speciali, può essere difficile determinare se la valvulopatia mitralica nota si traduca, funzionalmente, in una stenosi od in una insufficienza. MELCH IONDA

E., CRAIGE E., Hooo W. P.: T h~ Austin Fli11t munnur and the <<a>> wav~ of the apexcardiogram in aortic regurgitation. - Circul., 197t, 43, 349- 359·

PARX ER

La stima della gravità di una insufficienza aortica è oggi sempre più importante, data la possibilità di un intervento chirurgico con inserimento di una protesi valvolare. A complemento dei ben noti dati della semeiologia fisica (tipico soffio diastolico aspirativo, ingrandimento del ventricolo sn, segni periferici, ecg), si rendono necessarie le tecniche cruente del cateterismo. .Ma esse purtroppo non possono essere eseguite ripetutameme, per cui gli AA. si sono domandati se invece le tecniche incruente esterne, cioc! il soffio di Austin Flint e l'apicocardiogramma con la sua onda « a » non potessero essere usate per scoprire un danno, anticipando i rilievi ottenibili col cateterismo, sl da permettere poi utilmente quest'ultimo c l'intervento chirurgico conseguente. Ancora una volta viene rifatta la storia del soffio di Austin Flint e riportate le varie spiegazioni fisio-patologiche. Austin Flint descrisse il suo soffio caratteristico nel x862, considerandolo presistolico ed indistinguibile da quello della stenosi mitralica. Successivamente le interpretazioni sono state diverse, dissentendo non solo sulla sua genesi, ma anche sulla sua cronologia. La spiegazione attualmente più accctta~a di questo fenomeno acustico è che esso interessa una vibrazione del lembo mitralico anteriore in risposta al riempimento dci due tratti di afflusso e di efflusso del ventricolo sn, così come la canna di un oboe vibra nella doppia corrente <li aria alla quale è esposto. Benchè la cronologia del soffio sia abitualmente mesodiastolica, può essere trovata anche una accentuazione presistolica. Gli AA. riportano i dati emodinamici ottenuti in 45 soggetti portatori di una insufficienza aortica con e senza soffio di Austin Flint o con insufficienza aortica c st<::nosi mitralica, correlandoli con l'ampiezza percentuale dell'onda «a» dell'apicocardiogramma. Il soffio di Ausùn Flint ha dimostrato una correlazione significativa con le modificazioni del ' 'olurne ventricolare sn e quindi la sua presenza è utile nella predizione di un ampio volume di rigurgito c di un'alta gettata vemricolare sn, essendo presente anche in associazione con un'elevata pressione media atriale sn e con una elevata pressione telediastolica ventricolare sn. Anche le modificazioni dell'onda l< a ,, dcll'apicocardiogramma si correlavano bene con le corrispondenti modificazioni della pressione cardiaca sn, ma non con le variazioni di volume. Questi studi dimostrano che i due daLi sussidiari della insufficienza aortica, una alta onda 11 a» dell'apicocardiogramma cd il soffio di Austin Flint, sono di grande valore nell'anticipare le alterazioni nella emodinamica ventricolare sn come determinata dal cateterismo c dagli studi di volume. M ELCHIONDA


L., SARMA R. N., SuRAWICZ B.: T- wave abnormalities during hyperventiAm. Heart J., 1971, 8r, 166 - 174· E' noto che la iperventilazione (IP) può produrre delle onde T anormalmente basse

B rBERMAN

lation and isoproterenol infusion. -

od invertite in soggetti sani senza cardiopatie. La causa di queste anormalità delle onde T è ancora incerta; sono srati invocati parecchi fattori come l'alcalosi respiratoria, le modificazioni della concentrazione plasmatica del K, le modificazioni nella posizione del cuore, la tachicardia ed il riflesso vagale mediato. Gli AA. si sono proposti nel loro studio, eseguito in 12 soggetti senza cardiopatie e nei quali l'JP produceva delle onde T ed in n soggetti sani volontari, di rivalutare rutti questi fattori, di studiare gli effetti ecgrafici dell'alcalosi respiratoria in assenza di tachicardia e di studiare gli effetti della infusione di isoproterenolo. Anzitutto gli AA. tengono a precisare che la frequenza della inversione delle onde T da lP è molto maggiore di quanto è stato riferito, poichè questa inversione può presentarsi solo in alcune derivazioni, per cui è necessario registrare tutte le derivazioni. In questo modo essi hanno osservato la inversione delle onde T nel 73% di 11 st.u denti sani scelti a caso. Gli AA. predsano inoltre che a volte le anormalità delle onde T possono essere più pronunziate durante la lP che 6o" .dopo di essa : r) modificazione della posizione del cuot·e: è un fattore non confermato; infatti le anormalità delle onde T sono molto maggiori quando il soggetto respira aria ambiente il più rapidamente e profondamente possibile (3o"- 6o") che nell'ortostatismo o nella inspirazione massima o nella espirazione in posizione supina; 2) alcalosi resfJiratoria, dovuta alla rapidità di caduta della pC02: anche questo fattore non è stato confermato; infatti la inversione delle onde T occorreva anche quando il soggetto rirespirava aria auraverso un respirometro, .in modo che l'alcalosi veniva prevenuta; 3) aumento transitorio della concentrazione p/asmatica del K: gli AA. non ritengono che guesto fattore sia operante, perchè nei loro casi non hanno trovato modificazioni signifìcative plasmatiche nè del K, nè del Na, nè del Ca, nè del Mg; 4) frequenza cardiaca: la frequenza cardiaca è stata maggiore quando il soggetto iperventilava in aria ambiente che quando rirespirava L'aria nel respirometro. L'infusione di isoproterenolo produceva una inversione transitoria similare a quella prodotta dalla sola lP c, come questa, un prolungamento dell'intervallo Q- Te con una isteresi dell'intervallo Q- T. Se si accetta l'ipotesi, concludono gli AA., che l'onda T è normalmente positiva perchè la ripolarizzazione dura più a lungo negli strati sotroendocardici che in quelli subepicardici, allora l'inversione osservata delle onde T durante la stimolazione simpatica o l'infusione di isoproterenolo può essere attribuita ad un accorciamento asincrono della i['ipolarizzaz.ione, cioè più rapida negli strati subendocardici che in quelli subepicardmci. MELClliONDA

SPODICK D. H.:

Acoustic pher10mena in pe~-·icardial disease. -

Am. Heart J., 1971, 81,

114- 124.

E' una rivista dei fenomeni acustici nelle pericarditi, alcuni dei quali sono conse. guenze dirette od indirette del processo pericardico per sè, mentre altri sono causati da una malattia .degli organi valvolari comite della pericardite acuta od adesiva e pochi altri ancora sono dovuti ad una coincidenza naturale dei due processi morbosi. I fenomeni ascoltatori possono essere raggruppati in 5 categorie: x) effetto del pneumoidr-ope,·icardio, spontaneo o iatrogeno : i segni acustici dipendono dalla quantità relativa del gas o del liquido nel sacco pericar.dico; quando la quantità di gas è abbondante, si può ascoltare il classico « bruit de la rout hydraulique ));


2) sfregamenti: sono considerati il segno patognomonico della pericardirc acuta c possono essere endopericardici (fra le superfici infiammare e ruvide dci due foglietti pericardici viscerali) od esopericardici (fra il pericardio parietale e la pleura o la parete toracica) o combinati. Gli sfregamenti sono stati classicamente designati come 11 toand -fro » (va- e- vieni), cioè bifasici, ma in realtà uno studio accurato ha dimostrato che .di regola essi sono trifasici (58%), mentre quelli bifasic i sono :llu·ettanto frequenti (24%) come quelli monofasici (18%); 3) soffi : i soffi nella pencardiopatia possono essere dovuti a vera e propria cardiopatia (associata o meno al processo pericardico) oppure a sclerosi o calcificazione pericardica costrittiva; 4) clicks : sono vibrazioni ad alta frequenza, neuamente distinti, più spesso rcgistrabili che ascoltabili, simili spesso nel timbro ai rumori da eiezione cd agli schiocchi di apertura delle va h ole a- v; sono però di regola meso - telesistolici, per cui si disti n· guono facilmente dai clicks da eiezione che sono protosistolici e dagli schiocchi di apertura che seguono il II tono. In presenza di un fri tono, essi danno origine al classico ritmo quadruplo macchinario (« train • track >l) oppure, in assenza del [Jl tono, al cosiddetto ritmo triplo ((( bruit dc triolet ll). La loro origine è piuttosto incerta, ma si tende a considerarli come di origine cndocarclica acl opera di una sclerosi delle corde tendinee degli apparati valvolari a- v; 5) toni cardiaci: le anormalità dei toni carcliaci sono il risultato di un isolamento del cuore, delle anormalità emodinamiche o delle modificazioni della 11 compliance ,, miocardica, singolarmente od in combinazione. Gli AA. si diffondono sulle caraueristichc del III tono aggiunto (tono protodiastolico anormale) che può essere ~Ludiato sia con l'apicocardiograrnma che con il bcg, con il flebogramma giugulare e con la curva di pressione ventricobre; mentre è verosimile che questo TH tono dovuto alla pericardite costrittiva possa essere dovuto a tutte le cause che producono il III tono normale e quello da galoppo nella insufficienza mitralica, mancano ancora dei mezzi specifici per differenziarli Gli AA. studiano con particolarità anche lo sdoppiamento ciel Il tono, presente spesso nella pericardite costrittiva, nella quale si possono ossen·are due gradi, cioè uno sdoppiamento mobile ed uno sdoppiamcnto fisso. NUI..CIII ONDA

MEDICINA LEGALE

P., L UOMANMA IU K., HE IKKILA J., E1sALO A,.: Syncopt: and Q - T prolongation tvithout deafness : The Romano· Ward syndrome. - Am. Heart J., 1970, 8o, 820 · 823.

KARK.UNE:-<

La sindrome di Romano- Ward è caratterizzata da un allungamento dell'intervallo

Q- T con alterazioni del complesso T -U e da facilità a sincopi che possono concludersi anche con una morte improvvisa. Essa fu descritta nel 19(}3 in un bambino da Romano e coll. e l'anno successivo in due fratelli da Ward. Gli AA. riportano un caso personale in una donna d i 26 anni che aveva avuto episodi sincopali a u anni che si ripresentarono a 21 anno 6 mesi dopo una gravidanza ed un parto normali. La storia familiare era negativa cd i tracciati ecgrafici eseguiti nelle due sorelle e nel figlio erano normali. Gli studi emodinamici erano normali. L'aud iogramma normale permise di escludere la sindrome di Jervcll - Lange Nielsen.


Dato però lo scarso numero di pp. sinora descritti (10), non è esclusa la possibilità che la sindrome di Romano - Ward possa essere una forma fru sta della sindrome sordo- cardiaca di Jervell - Lange • ichen. La base patofisiologica della anormalità ecgrafica non è ancora chiara, ma si può pensare che l'allungamento dcll'intcn allo Q - T sia dovuto alla fusione di un'onda U prominente con l'onda T. Gli :ttlacchi sincopali sono probabilmente riferiti ad una aumentata tendenza del mioc~1rd io alla tachicardia cd alla fibrillazione ventricolare (nel caso riferito questa si era sviluppata in occasione di un caLctcrismo cardiaco). MELCHIONDA


SOMMARI DI RIVISTE MEDICO ~ MILITARI p

INTERNAZIONALE REVUE INTERNATIONALE DES SERVICES DE SANT.t. DES ARM.t.ES DE TERRE, MER ET AIR (n. 3, 1971): Laaban j., Dumas A., Dupuy J. F.: D reumatismo articolare acuto nell'adulto; Jackson F. E., Back f.: Trattamento delle ferite del cervello causate da proiettili; Chippaux C., Nosny P., Perquis P.: Aspetti chirurgici delta drepanocitosi REVUE INTERNAT IONALE DES SERVICES DE SANT.t. DES ARM.t.ES DE TERRE, MER ET AIR (n. 4, 1971): Pons J., lziquel M., Cluzel Ch.: Traumi da proiettili della regione mandibolare; Ghinta Ch.: ] principi dd la standardizzazione stomatologica applicati agli effettivi delle forze Armate rumene: Staniciou Gh.: L'organizzazione delle cure dentarie nelle Forze Armate rumene; M.enard M., Antoine H. M.: La diagnosi di laboratorio del colera.

ITALIA AN!'\'ALI DI MEDICINA NAVALE (A. LX.'\:VJ, fase. II, marzo-aprile 1971): Musiari C.: Considerazioni a proposito di un caso di calcinosi dell'aona addominale in soggetto affetto da artrite reumatoide; Rutoli A., De Vincenzo F.: Valutazione me<lico legale degli esiti dei traumi renali; Pelaggi A.: Sulla qualificazione giuridica della ricetta medica. RIVISTA DI MEDICIKA AERO. AUTICA E SPAZIALE (A. XXXIV, vol. 34, n. r- 2, gennaio- giugno 1971): Pese h/e C., Rossa11igo F. , Mastroberardi110 G., Mancini L.: Il dosaggio dell'attivid eritropoietica <flcl topo policitemico per .ipossia ipobarica intermittente; Peschle C., Sasso G. F., Rossanigo F., Mastroberardino G.: Indagini sul meccanismo determinante l'iperattivirà eritropoietica da ipossia ipobarica; Peschle C., Sasso G. F., Rossanigo F., Mauroberardino G., Iipparini F.: Ricerca sulla produzioJ1e extra- renale dcll'eritropoietina. Indagini preliminari su animali binefroctomizzati e sottoposti ad ipossia; Rotondo G.: Distorsione vertebrale in volo acrobatico. Considerazioni cliniche e medico-legali; Sul/i E.: La prevenzione degli incidenti della strada cd il soccorso aereo per traumatizzati del traffico; Paolucci G. , Blundo G. : Comportamento del metabolismo della .serotonina in piloti di elicottero; Sparvieri F.: Sul problema <iella selezione psicologica degli allievi piloti. Studio sullo stupore affetU\'O di fronte alle ta\'ole colorate del test di Rorschach in un gruppo di allievi piloti; Sparvieri F., De Angelis E.: Sul problema della selezione psicologica degli allievi piloti. Primi risultati dell'applicazione del Minnesota Multiphasic Personality lnvenrory (MMP I) su un gruppo di allievi piloti.


ARGENTINA REVISTA DE LA SAi'JIDAD MILITAR ARGENTINA (luglio- dicembre 1970): Equioiz L. P., Si/va G. A.: Le ricadute nella tubercolosi; Buroni f. R., Blazquez Rodriguez O. P.: L'appendicectomia per invaginazione; Luxardo f. C.: La lombosdatalgia senza ernia discale; Castellano A. T., Viotti H. J.: Su di un caso di critr<>lcuccmia; Covicllo A.: L'esame funzionale renale nell'uomo; Pico M., Atlas J., Andrade f. H., Barghe/li R . F.: Srudio dello stato nutrizionalc nei cittadini di 20 anni di età nella provincia di Misiones.

FRANCIA REVUE DES CORPS DE SANTJ:. DES ARMI?.ES DE TERRE, DE MER, ET DE L'AIR (V. XII, n. 2, aprile 1971 ): Forissier R.: Lo ~;gombero sanit:uio di Forze operanti in un conflitto che comporta forti perdite; Defayolle M., Dinand J. P., Fou,·cade f.: Problemi teorici e pratici dd la vigì.laoza; Frossard H., Andrieu L., Golhen A., Flauder M., Poutrain P.: La spettrometria umana. Un mezzo diagnostico della contaminazione interna; Fromantitl M., Beccuau M., Duriez R., Rottembourg /.: L'accertamento del diabete zuccherino al Centro di selezione n. 1; Thabaut A., Canayer H . : Sensibilità agli antibiotici, lisoripia e sierotipia di ceppi di stafilococco patogeno isolati in ambiente militare dal x965 al 19{)8. LE :MEDICTN DE RESERVE (A. fr;, n. 3, maggio-giugno 1971): Crenes: L'ergonomia nella Marina. Le condizioni di vita e di lavoro a bordo delle navi di supe:fìcie; Bernardini A.: Le condizioni di vita c di lavoro a bordo di sottomarini.

GRECIA HELLENIC ARMED FORCES MEDICAL REVIEW (vol. 5, n. r, febbraio

1971): Rentis G.: Frattura sopra· condiloidea dell'omcro con allontanamento dei frammenti. Srudio su 44 casi; Papathanasiuou C.: Un nuovo metodo ultrasonico per accertare le malattie vascolari periferiche; Papadopoulos C.: Sviluppo del corpo di Wolff; Deliyannakis E.: Le mononeuropatie e la loro etiologia ; Symeonidis P., Pagalidis T.: Fratture \'ertebrali da compressione nei piloti proiettati fuori dal loro apparecchio; Tamvacopoulos S. A., Michas P.: Problemi clinici delle alterazioni dell'equilibrio dell'acqua e degli elettroliti dopo intervento operatorio; Tamvacopoulos S. C., Michas P.: T erapia con fluidi parenterali ed elettroliti nel paziente operato; Asvestis P.: Jper -piasia benigna e tumori maligni della prostata; Costeas Fr., Salemis D., Papavasilopoulos N., Mastroyannis C.: Morte improvvisa in un caso con sindrome frusta di Marfan; Costeas Fr. , Mastroyannis C., Gatsopoulos V., Gotzoyannis S.: Sindrome di T hibiergeWeissenbach; Apostolou A., Symeonidis P. , Fyssas P. , Paschaloglou C.: Su un caso di rotrura traumatica dell'arteria carotide seguita da morte; Karadimas f.: Formazione di cisti multLple provocate da un praticante non medico; Tossisos f., Grigoras G.: Rehzione su due casi di adenoma a cellule di Hurthle; Evangelou G.: L'addome acuto; Papoutsakis S.: Il trapianto di organi. P resente c futuro; Catsiya,lllis S.: Procedimento per la conservazione delle salsicce.


INGIIILTERRA JOU&~AL OF THE ROYAL AR~Y MEDICAL CORPS (vol. n7, n. 2, 1971): Goodall T. N.: Operazioni << Shoveller »: lo spiega.mento e i compiti -del secondo ospedale da campo R.A.M.C.; Frascr l. C.: Operazione << Shovdler >> : i problemi .sanitari nell'Esercito; Barry N. A.: Operazione « ShO\·eller •>: l'anestesia in Giordania; Boyd N. A., Davics A. K.: Operazione « Shovellcr » : i compiti chirurgici .nel 2° Ospedale da campo R.A.M.C.; Kirby N. G. : Operazione « Shoveller » : chirurgia a Cipro; Abraham P.: Operazione << Shoveller » gli accertamenti delle alterazioni mentali con l' elettrocncefa logralì a.

JUGOSLAVIA VOj.::-JOSANITETSKI PREGLED (A. XXVIII, n. 3, marzo 1971): Papo l. e co/l.: Stenosi polmonare con setto ventricolare intatto; Kapor G.: Dinamismo dell'autoaggressività nei soldati; Joviccvic J\J.: Importanza dell'ambiente militare dal punto di \'ista di socializzazione positiva della personalità; Milovanccv M. c coli.: Contributo allo studio dell'alimentazione del soldato; Popovic V. e col/.: Analisi comparativa dei risulLati neurologici clinici ed oftalmodinamometrici nelle lesioni cranio- cerebrali gra,•i; Birtasevic B. c col/.: Alcuni problemi di attualità sull'epidemiologia della dissenteria, della salmonellosi e dell'epatite virate; Dunjic S. e co/l.: Frattura del femore da arma da fuoco; D1·agic D.: Medicina, farmacia e medicina 'Veterinaria durante la guerra di liberazione nazionale in Bosnia ed Erzegovina. VOPJOSANITETSKI PREGLED (A. XXVIli, n. 4, aprile 1971): Heneberg N. e co/l.: Isolamento della Coxiella burneti dal topo a collo giallo e da zecche adulte in un focolaio di febbre << Q l>; Jovic R. e co/l.: Tossicità acuta e possibilità terapeutiche in caso di intossicazioni sperimentali provocate da Soman; Marjanac A. e colf.: L'attività di medicina preventiva nelle Unità di Banja Luka; dopo il terremoto; Patztelic D.: Succedanei del sangtlc; Berva1· M. : Lesioni chiuse del segmento duodeno- dign• · nalc; Vlajic l.: Frattura del dente dell'epistrofeo. MESSICO REVISTA DE LA SANTDAD MILITAR (vol. XXIV, n. 5-6, settembre- dicembre 1970): Esparza Villar~al ]. M., Arriaga Franco L.: Dati st:nistici della Direzione Generale di Sanità Militare riferiti agli anni 1963- 1969. REVISTA DE LA SA!\'IDAD MILITAR ('ol. XXV, n. x, gennaio-febbraio 1971): Carrcra Cardenas R .: L'impiego dei psicofarmaci da parte del medico non specialista in psichiatria; Torreso Eyras H .: 11 concetto attuale di urgenza ·nella me· dicina; Lozano Lozano G. B., Castaneda Perez F.: Priapismo del clitoride.

PORTOGALLO REVIST A PORT UGUESA DE MEDICINA MILIT AR (18, 3, 1970): Pinto Cee/ho ]. : Il terrore patologico del volo nell'aviatore; Gelly R.: La psicopatologia di adattamento in Aeronautica; Guerra e Paz L. I-1., Braganfa- T ender M. J. : Un sistema automatico di ipotermia.


ROMANIA REVfSTA SA..'JITARA ~11LITARA (n. 1, gennaio- febbraio 1971): Neculescu Cr., Dragoi N.: L"indice coordinato: un metodo moderno di manipolazione delle informazioni bibliografiche; Suteu l., Cafraa A., Bucur Al.: Attuali vedute sulla fisiopatologia c trattamento dello shock; lonescu M., Ciorcilie D., Zelfer E.: L'etiopatologia .del diabete mellito; lonescu Fl., ]e,.can E., Perlea R.: Alcuni problemi relativi all'impiego del sangue conservato e dei suoi derivati; Calin A., Mihailescu C., Constantinescu L., Tt4tunaru V., lonifa l .: Studio sull'impegno nsìco degli equipaggi dei carri armati nel corso di una esercitazione in montagna; Niculescu. Gh., Bacit4 D. : Limiti del trattamento conservatore nei traumaùsmi gravi degli arti; Tudor V., Armam V.: Aspeui attuali della epidemiologia della clinica e della terapia delle meningiti cerebrospinali epidemiche; Turcu E., Efanot' A., Urseanu 1., Mardare l.: u difficoltà di una diagnosi precoce della spondiloartrice anchilosante; p,.cJescu C., 1/iescu A., Tetu C., lovaneli S.: Il ruolo dell'educazione fis-ica e dello sport nell'aumentare la resistenza dell'organismo alle infezioni acute del tratto superiore dell'apparato respiratorio; Atanasesc'4 S., .",.{ardari 1., llie Al.: Alcune considerazioni sulle lesioni renali; Cretu I.: Indagini ~ul trattamento delle infezioni gaSLro- intestinali acute e diarroiche con disinfettanti intesLìnali nelle Forze Armate; Nastoiu. 1., Constantinescu L.: Correlazione tra una alimentazione ricca di ossalati c l'eliminazione di ossaJau nelle urine dci piloti; Surdulescu St.: L'impiego del mannitolo nella risuscitazione; Bodeanschi l., Tacu V.: Diagnosi e trattamento delle uretritì nelle Unità militari; Bandita Tr., Novatsek A.: I problemi della risuscitazione a livello dei posti di medica?:ionc delle Unità militari; .\fihailesct4 C., Necula N., Lungu N., Deleanu L., Barbulescu E., Danila C.: Con~i­ derazioni su un focolaio di infezione adeno- virale in una Unità militare: Tuia M., Bianu V., Nica L., Oancea L.: L'influenza ddla sterilizzazione su alcune basi che entrano nella composizione di unguenti; Apreotesei C., lt4gulescu C.: Sulle relazioni internazionali <lei farmacisti militari romeni fino alla vigilia della seconda guerra mondiale.

SPAGNA MEDICI lA Y CIRUGIA DE GUERRA (vol. XXXII, n. 10- II, ottobre- novembre I9iO): Galve Brunengo C., Rodriguez Escanez M., Linares A. de Sotomayor R.: T erapia con il fattore p! asmatico n. 8. Preparazione di crioprecipitati nel servizio di ematologia ed emoterapia dell'Esercito; Calve Brune ngo C.: Le anemie nelle persone anziane; Linat·es A. de Sotomayor R., de L/ano Beneyto R.: Studio morfologico fun7ionale sulle piastrine cd esperienza sulla trasfusione dì concentrati di piastrine; Rodrigucz Escanez M., Linares A. de Stomayor R.: La sindrome di defìbrinazionc; Sarrion Guzman M.: Suggerimenti per un incremento della donazione del sangue nelle Forze Armate. MEDTCINA Y CIRUGIA DE GUERRA (XXXII, n. 12, dicembre 197o): Perez lnigo Quintana F.: Compiti del chirurgo militare in campagna; Quetglas M o/l J.: Lipomixoma; Sanchez Cortes A., Lope Martin A. R.: Infermità che producono ipertrofia dell'osso; Lopez Astray M.: Alcuni aspetti della chirurgia delle fratture ossee nelle persone anziane; Merino Peinadc A., Rodriguez de Lope Martin A.: La colangiografìa operatoria.


U.S.A. .MILITARY MEDICINE (vol. 136, n. 2, febbraio 1971): Sund A.: Ricerche sulla personalità come criterio sdettivo e prognostico; Hauschild T. B.: La marijuana; Pa.rternac S. T.: Valutazione del comportamento anormale nei militari in servizio permanente; Hendcrson f. R., Sato Y., French G. R., Mc Carty f. E.: Sorveglianza virologica nelle comunità militari americane in Giappone; Dillon H. C., Wannamaker W.: Infezione della pelle e glomerulo - nefriti acute; Patton R. D., Stcin E.: Disturbi della conduzione atriovcntricolare che accompagnano le aritmie nel corso dell'infarto acuto del miocardio; Fulkerson L. L., Stam R., Steir~ E.: Empiema tubercolare cronico trattato con decorticazionc primaria; Bcrg R. A., Jacobs G. 8.: Ferite tangenziali <la proiettili del cranio; H udgins R.: Penetrazione della teca cranica da parte di denti incisivi. Descrizione di un caso; Cross W., Geiger M. D.: Srudio dentale comparativo su 132 reclute di marina durante il periodo di due anni; Parker W. A., Civjan S., Hutchins D. W., Howard R. L.: Valutazione clinica dd materiale impiegato nella riparazione di denti cariati durante operazioni di guerra; Rcngstorff R. H., Sim V. M., Pctra li f. P.: Il CS (clorobenzil idene- malononitrile) sciolto in acqua. Effetti di dosi massive spruzzate negli occhi dì conigli; Rengstorff R.H., Mcrshon M. M.: 11 CS sciolto in acqua. Effetti sugli occhi dell'uomo; Rengstorff R. H., Mershon M. M.: Il CS sciolto in fosfato trioctilico. Effetti sugli occhi dell'uomo; T odd D. W.: Ascesso epatico da piogene; Sulliva1~ W. N.: Il contributo della scienza e della tecnologia al precoce sviluppo della bomba insetticida ad aerosol durante la seconda guerra mondiale; Caldfllell W. H.: La biblioteca nazionale di medicina; Bak~r T. D.: l fatton economici, sociali e politici nella programmazione della salute. MILITARY MEDICINE (vol. 136, n. 3, marzo 1971): B}'erly W G., P~ndsc P. U.: La chirurgia di guerra negli Ospedali chirurgici avanzati del Viet- 'aro; Handcrson A. R.: William Osler: la sua attività tra il 1914 e il 1918; Lukas W. E.: Può l'esercizio fisico aggravare l'epatite? Altwein J., Mairose U. B., W~g11er K. W.: Studio della leucemia tra le Forze Armate nella Germania dell'Ovest; Bouteric R. L.: L'assistenza medica in un gruppo anfibio nel Viet- Nam; Conger J. D ., Edwards E. A., facoby W. f.: La meningite batterica ricorrente: osservazioni immunologiche; Hasselmcyer E. G., Han E. H.: Gli effetti dcll'alimentaz.ione per Gavage sulla funzionalità card io - respiratoria di bambini prematuri; Lisci/a R. S., Corner R. D.: Il fotofluorografo come mezzo di accertamento della tubercolosi. Valutazione critica; Pilapil V. R., Beach T. B., Thomson N. B.: Proliferazione fibrosa endocardialc in un difetto scttale ''entricolare; Blaskar S. R., Cutright D. E., Htmsuck E. E., Cross A.: L'impiego degli apparecchi a getto pulsato di acqua nello sbrigliamemo di ferite di guerra; North R. L., Blakc H. A., N cison W. P.: Fistola dell'arteria coronaria e dell'atrio destro secondaria a ferite da pallottola del cuore; Crove R. R., Colbach E. M.: L'esperienza psichiatrica nel progetto roo.ooo; Farkas f. A.: L'attitudine dei medici demisti nell'ampliare il ruolo del personale ausiliario; Papas A. N.: Il programma di riabilitazione nell'intossicazione alcoolica del personale delle Forze Armate; Hanvitz D. L.: L'impiego dci computers nella ricerca biomedica; Parker F. B., Btmnett W. M.: Un caw di emoperitoneo. Una rara complicazione di pancreatite; Wclls R. F.: Un caso raro di infezione da « S. Japonicum » contratta nel Laos.


NOTIZIARIO

NOTIZIE TECNICO- SCIENTIFICHE Chemioprofìlassi e vaccinazione antitubercolare. Chemioprofilassi significa cercare di prevenire lo sviluppo di una malattia per mezzo di sostanze modicamemose. Così, ad esempio, un tempo era in voga la prevenzione della malaria mediante l'uso del chininv. Nel campo della tubercolosi, nccanto alla vaccinazione, esiste la possibilità di prevenire lo sviluppo del morbo mediante l'ingestionc per vari mesi di isoniazide, sostan· za chimica che costituisce ancora oggi, a distanza di diciotto a..n.ni dalla sua scoperta, il rimedio principale della malattia. Trattasi in definitiva di una terapia precocissima, prima ancora che il male si manifesti in forma conclamata. Questo metodo è stato iniziato ed introdotto in patologia umana presso l'Istituto Forlanini di Roma dal prof. Attilio Omodei Zorini. Da allora in poi, tale metodica si è diffusa in tutto il mondo, suscitando grande interesse ed anche critiche e discussioni, come è naturale di tutte le cose nuo\·e. A distanza di 15 anni è apparso doveroso fare un bilancio obiettivo delle applicazioni e dei risultati (Fondazione C. Erba Simposio internazionale del 29 ottobre 1970). Il metodo della chemioprofì lassi va applicato essenzialmente in particolari situazioni familiari e di collettività umane (ospedali, collegi, scuole, istituti, carceri, manicomi, ecc.) i cui componenti corrono un serio pericolo di ammnlare di tubercolosi, soprattutto quando vi siano dei conviven ti contagiosi. Qui si impone la domanda preliminare : l'isoniazide è capace di proteggere gli animali e l'uomo dal contagio con il bacillo di Koch? La risposta è nettamente positiva. Le basi sperimentali del rnetodo (Togo Rosati e M. Lucchesi) sono fondate sulle ricerche nei bovini, iniziate fin dal 1952 presso l'Istituto zooprofilattico di Perugia e rappresentano la prima dimostrazione sperimentale dell'efficacia preventiva dell'isoniazide. In campo umano sono memorabili le osservazioni di A. Dormer e collaboratori nel Sud Africa, che hanno permesso di documentare su 98 lattanti di madri tisiche lasciati a contatto delle mamme stes.se du.-ante il periodo dell'allattamento e trattati contemporaneamente con isoniazide - la loro integrità fisica dopo un anno di tratta· mento, fatta eccezione di 4 bambini, cui le mamme non avevano somministrato regolarmente il medicamento. Controversa è stata fino a qualche tempo fa la questione se convenga praticare la vaccinazione o la chemioprofilassi antitubercolare, cioè se i due metodi siano o no in competizione. Ognuno dei due metodi sono necessari e l'uno integra l'altro: la vaccinazione è il metodo fondamentale sistematico di difesa, specie nei paesi in via di sviluppo con grave stato epidemico tubercolare, la chemioprofilassi ha il suo compito principale di azione nei soggetti che vivono in famiglie o collettività a contatto permanente


con malati di tubercolosi polmonare aperta, specie se ~si sono già infettati dal bacillo di Koch, ma ancora senza sintomi clinici di malattia in ano. In questi casi la vaccinazione non è indicata e l'isoniazide razionalmente somministrata interrompe nell:~ maggioranza dei casi il ciclo ddla malarti:l estinguendo l'attività dei primi focolai di infezione. Interessanti sono le esperienze (B. Mariani) sulla chcmioprofilassi negli ospedali psichiatrici, dove l'incidenza della tubercolosi è tuttora alta; rale metodica è stata iniziata da vari anni in diversi centri psichiatrici dell'Emilia cd estesa sistematicamente in America del Nord. L'argomento interessa anche la medicina del lavoro, per la profilassi antituberc<r !are nell'ambiente delle miniere. E' noto come la tubercolosi sia ancora oggi diffusa fra i minatori c come essa si associ frequentemente alla pneumoconiosi, specie negli stadi relativamente avanzati della silicosi. Le prime esperienze risalgono al 1958 (A. Monaco) in un gruppo di 8oo soggetu nelle miniere di Sardegna c gli ouimi risultati hanno indotto vari ricercatori stranieri ad applicare ralc metodo nei loro paesi: così, Burilko\· in Bulgaria, dove la chenti<r profilassi antitubercolare è divenuta obbligatoria nei silicotici del II e III stadio; così, soprattutto nelle miniere d'oro del Sud Africa. A questo proposito è di grande interesse la relazione di P. Smit (Johannesburg) sui risultati del grandioso esperimento attuato presso cinque grandi miniere di oro su un totale di oltre 40 mila minatori, cui è stata somministrata l'isoniazide alla dose di 200 mg al giorno per un anno intero, mescolata ad una bevanda tradizionale denominata et Marevu 11. E' da rilevare che l'indice tubercolinico positivo nei minatori, a seconda dei vari gruppi di popolazione africana, oscilla dal 71 al 98 per cento, per cui essi non sono adatti ad una protezione vaccinale. I risultati epidemiologici sono stati eccellenti, in quanto l'incidenza della tubercolosi attiva è scesa all' r,09 per mille da una media del 5 per mille, qual è quella auuale delle miniere non trattate con l'isoniazide, comprendenti oltre 50 mila minatori. In conclusione, il ruolo attuale della chemioprofilassi all'isoniazide o mediante altri farmaci anche nei soggetti portatori di vecchie alterazioni fibrose ignorate nei polmoni è innegabile. E' noto, infatti, che nei paesi più avanzati nella lotta amituberc<JIare - come negli Stati Uniti d'America - una percentuale che va dal 20 al 40 per cento dei nuovi casi di tubercolosi scoperti ogni anno nell'ambito dispensariale proviene da individui portatori di vecchie alterazioni fibrose polmonari ignorate e svelare dall'indagine radiografica o schcrmografìca. Un trattamento preventivo mediante isoniazide in questi soggetti evita, almeno nei due terzi dei casi, lo sviluppo di una tubercolosi attiva. E' augurabile quindi che la vasta azione preventi\•a antitubercolare basata sulla felice simbiosi <t vaccinazione e chemioprofilassi » venga potenziata e sempre più estesa. poichè la tubercolosi, pur essendo fortemente rcgredita in un gruppo di paesi più ricchi di mezzi tecnici c finanziari e ben organizzati, costituisce ancora oggi un grave flagello sociale almeno in due terzi della popolazione del mondo. (Da t< Annali Ravasini ,,, gennaio 1971).

Inchiesta mondiale sulla rabbia. Nel 1967 l'O.M.S. ha iniziato un'inchiesta mondiale sulla rabbia inviando questionari a 132 paesi. Finora 92 paesi hanno risposto. D:~i dati raccolti risulta che il t<r tale dci decessi causati dalla rabbia è stato nel 1967 di 637, con una certa diminuzione


rispetto al valore di 699 registrato nel 1966. Sembra tuttavia che queste cifre non rappresentino in realtà che la quinta o la decima parte del numero cffctti,·o dei decessi. Dei 92 paesi che banno risposto al questionario, 63 hanno segnalato la presenza di casi dj rabbia nel loro territorio. La rabbia nella volpe è attualmente endemica in Europa orientale e centrale e si propaga verso occidente ed il sud- ovest oei paesi vicini alla Germania. In Austria la malattia è ricomparsa nel 19(}6 per la prima volta dopo sette anni . Nel 196-; l 'epidemia ha interessato anche la Svizzera ed ha continuato ad estendersi in Belgio ed in Lussemburgo. All'inizio del 1g68 ha attraversato la frontiera tedesca ed è penetrata in Francia, dove sono state trovate diverse volpi rabide. Nella Repubblica Dominicana il numero dei masi di rabbia negli animali, che da molti anni si manteneva sulla cinquantina, è salito nel xg67 a 235. Nel Messico la rabbia si è diffusa nel corso degli ultimi anni, ma il sempre crescente aumento del numero dei cani vaccinati ha determinato una diminuzione dei casi di rabbia nell'uomo. Ne· gli altri paesi dell'America Latina si segnala un miglioramento della situazione. In Paraguay il numero dci casi di rabbia è diminuito del so% tra il xg66 cd il 196-J e nel Però è passato da x.6oo a 907 nello stesso periodo grazie alle misure di lotta adottate. In Uruguay si è registrata la regres~ione più marcata: nel 1g67 ~i sono avuti soltanto 29 casi di rabbia animale e non si è registrato alcun caso di rabbia umana, mentre nel 1966 si erano avuti 516 casi di rabbia animale ed un caso di rabbia umana. l principali vettori della rabbia in Africa, nell'America Latina, in Asia e nelle regioni meridionali dell'Europa sono i cani, mentre nell'America del Nord e nelle regioni settentrionali dell'Europa sono le volpi ed altri animali ~elvatici. Lo skunk ha un ru olo importante nella trasmissione della malattia nel Nord America. In alcuni Paesi de.II'America Latina ( Brasile, Messico, T rinidad, T obago, ecc.) i vampiri sono ìmportanti vettori di rabbia, come i pipistrelli nel Canada e negli Stati Uniti. N el 196-J, su 559.848 soggetti vaccinati, son stati segnalati 123 casi di accidenti paralitici, mentre nel 1g66 se ne erano registrati soltanto 52 casi su 1.420.390 persone vaccinate. Sono stati inoltre osservati 2.637 casi di malattia da siero tra 21.870 soggetti che sono stati trattati con siero antirabbico animale e 37 con un vacci no umano; 12 paesi fabbricano un siero utilizzando prevalentemente il cavallo. I dati raccolti indir cano c he il metodo diagnostico basato sugli anticorpi fluorescenti va acquistando una sempre maggiore diffusione.

La mortalità per cardiopatia nel mondo. P iù della metà dei decessi registrati negli Stati Uniti d'America e in 20 dei 23 paesi europei che comunicano al Who le loro statistiche, è dovuta a cardiopatie e a cancro. Questi dati pubblicati da l Who !!lei World H calth Statistics Annua] si riferiscono al 19(56. Come si rileva dalla tabella qui riportata, il più alto numero di decessi dovuti a queste cause si verifica negli Stati U11iti (54,3% ) e in Finlandia (54% ) e il più basso in Jugoslavia (29,9%); e la proporz-ione delle donne che muoiono di queste affezioni è più alta che per gli uomini, tranne che in Islanda. !\:ella maggior parte di questi Paesi, le persone al di là dei 75 anrù sono le più colpite da disturbi cardiovascolari, quali le cardiopatie :trteriosclerotiche e degenerative; mentre che in B ulgaria, Francia, Grecia e Portogallo le lesioni vascolari del sistema centrale sono la causa del più gran numero di decessi.


426 NAZIONI

Austria Belgio Bulgaria Cecoslovacchia Danimarca Repubblica Federale T edesca Finlandia Francia Grecia Ungheria Islanda Irlanda Olanda Norl'egia Polonia Portogallo Romania Svoia Svizzera Regno Unito - Inghilterra e Galles Irlanda del Nord Scozia Stati Uniri Jugoslav ia

Totale

ETA'

----

in%

uomi ni

donne

41,1 44·3 46,0 44·7 )2,3 42,8 54,0 34>2 30·4 50,4 43·9 50,3 44,0 50,1 35>3 32,0 45· 1 52·4 46,1

40·3 42·5 40,0 40,6 52,2 40·7 51,3 3I,5 27·4 45·8 45·8 49,0 42·9 50, l 32,1 28,6 38·4 5I,6

47·8 46,2 )2,6 49·3 52·4 45·0 57·0 37,1 33.6 55·3 41 ·4 52,0 45·4 50,2 38,8 35·5 5 1 •9 53·3 50·4 53·9 53·5 57·5 56,J 32,8

)0,9

52,0 53·9 54.3 29·9

.p,!

48,1 50,6 50,5 52·7 27,1

Dai dati succes~ivamente pervenuti il numero dei morti per affezioni cardiovasco. lari è aumentato negli Srati Uniti e nella maggior parte dei paesi europei, ad eccezione ?ella Francia, dell'Austria, dell'Ungheria e della Jugoslavia, dove è invece in diminuziOne.

Lotta contro Ja lebbra. Secondo uoa ~tatistica relativamente recente dell'O.M.S. il numero di lcbbro~i nel mondo ammonterebbe a q uasi n .ooo.ooo: soltanto il r8 % di essi si trovano in razio· naie trattamento terapeurico. E' nv~o che il primo chemioterapico veramente efficace clara solo da 30 anni cd attualmente il numero di farmaci in uso correme è molto limi· rato. Va sottolineato che la chemioterapia della lebbra è molto in ritardo in confronto ad altri settori della medicina tropicale, forse in rapporto alle particolarità della ma lattia e del suo agente eziologico, il Mycobacrerium leprae. La malattia infarti può assumere aspetti clinici estremamente variabili in rapporto alla risposta dell'o<ip1te: si osservano forme benigne che sembrano richiedere un modesto trattamento e d'altra parte forme maligne nelle quali senza terapia le mu tilazioni sono inevitabili. Non va poi dimenticalo l'insuccesso dei tentativi di coltura dd Mycobacterium leprae in vitro, sebbene esso costitui'ICa uno dei primi germi patogeni scoperti; non esiste poi un va-


lido test sierologico. Soltanto nel rg6o Shepard propose una tecnica di sperimenraz.ione nell'animale mediante iniezione di quantità ben determinate di Mycobacterium leprae nel topo. E' interessante rimarcare che gli attuali farmaci per il trattamento della lebbra sono stati quasi costantemente impiegati all'inizio come possibili antitubercolari. Così ad esempio il Lamprène Geigy rivelatosi inadatto al trattamento clinico della rbc ed invece particolarmente efficace nella lebbra. Malgrado la sua brillante az:ione contro la tubercolosi del topo, nel corso delle ricerche condotte presso i Laboratori della Geigy, questo farmaco si è r~vclato di gran lunga meno soddisfacente nell'uomo, probabilmente in quanto il bacillo è soprattutto intracellulare nel topo ed extracellulare nell'uomo. Seguendo i suggerimenti del Medicai Research Council la produzione del farmaco è stata intrapresa su vasta scala, soprattutto in base ai risultati rimarcati negli ultimi anni: tra g li altri, Brownc nel r965 dimostrò che il Lamprène Geigy era efficace nei pazienti che manifesmvano gravi reazioni lebbrose nel corso di trattamenti con i farmaci classici che richiedevano l'impiego di dosi di steroidi molto elevate. Poichè l'impiego degli steroidi è oneroso e non privo di rischi e richiede l'ospedalizzazione del paziente, si è venuta ad imporre la necessità di utilizzare un farmaco meno tossico e somministrabile ambulatoriamente. Nel 1967 apparve evidente che il Lamprène Geigy poteva e doveva essere prodotto in elevate quantità e sperimentato intensameme. Le indagini esperite su vasta scala soprattutto in Argentina, Colombia, Messico, Pakismn, I·ndia, Indonesia, Malesia, ed in alcune regioni dell'Africa centrale, hanno fornito risultati di particolare interesse. La validità del farmaco, sulla base di tali risultati è stata ulteriormente affermata attraverso le comunicazioni presentate al 9° Congresso internazionale sulla lebbra svoltosi a Londra nel settembre 1g68.

Rapporti fra virus e cancm umano. Negli ultimi anni sono stati effettuati numerosissimi tentativi per stabilire se qualche tipo di leucemia o di tumore solito nella specie umana sia <indotto da virus. Inizialmente l'attenzione è stata principalmente rivolta alle leucemie, date le notevoli somiglianze sotto il profilo opidemiologico ed anatomo - patologico fra le leucemie umane e quelle animati. Per esempio, l'incidenza massima ·della leucemia nei bambini di 3- 4 anni può corrispondere al fatto che noi topi e nei polli l'infezione di esemplari neonati o molto giovani è necessaria per produrre una elevata frequenza di leucemie. Un'altra assomiglianza è che ogni varietà di leucemia riscontrata nell'uomo trova la sua esatta controparte nelle leucemie degLi animali prodotte da virus. Molte particolarità dell'affezione si assomigliano nei due casi: per esempio, sia negli animali che nell 'uomo la leucemia linfatica è più frequente e si sviluppa più precoce.men~e; inoltre gli aspetti ematologici e istologici sono assai simili. Sembrò al principio che la caccia ai virus della leucemia umana facesse dei progressi. Le indagini col microscopio elettronico evidenziarono delle particelle simili al virus nelle cellule e nel plasma dei Jeucemici con maggior frequenza r.ispetto ai soggetti normali. In alcuni casi le cultu.re in vitro di midollo osseo d i pazienti leucemici dettero origine a delle forme l.infoblastoidi, che sembravano maligne. Gli antisieri per il plasma concentrato di persone leucemiche, frequentemente reagiscono con cellule !eucomiche. Ma ben presto furono poste in dubbio siffatte osservazioni. Le particelle virus- simili evidenziate dalla microscopia elettronica erano in effetti il più delle volte delle false immagini dovute a frammenti cellulari o ad altri artefatti; e quando erano veramente delle particelle virali, non poteva essere esclusa la possibilità che apparite-


nessero a un viru) passeggero, cioè a un virus che cresce nelle cellule senza lederle. I virus passeggeri sono numerosi, tanto negli animali che nell'uomo. Questo dubbio fu rafforzato dal reperto sporadico di particelle virali nei pazienti leucemici, in contrasto con la loro costante presenza nelle leucemie sperimentali. La trasformazione maligna di alcune culture da individui leucemici ha anche un significato dubbio, anzitutto perchè si verifica abbastanza di rado e poi perchè può rappresemare un evento spontarn.'O, che notoriamente può verificarsi nelle culture di ceUule. La ricerca di un virus del cancro umano, segnò una brusca svolta pochi anni or sono quando Burkin descrisse il linfoma dei bambini africani, che porta il suo nome. Poichè questo linfoma si presenta in alcune zone dell'Africa secondo una distribuzione coincidente con quella di alcune specie di insetti, Burkitt avanzò l'ipotesi che il lin· foma fosse causato da un agente infettivo trasmesso da un insetto vettore. Fra le moltissime indagini condotte su questo linfoma, il reperto più sensazionale è stato che le culture di cellule linfomatose contengono particelle virali, mentre le cellule tumorali non ne presentano. La comparsa di panicelle in cellule coltivate in vitro non si verifica solo in queste cellule linfomatose, ma avviene, per esempio, in culture di tessuto adenoideo o di ghiandole salivari, latentemente infettate da ciromegalovirus o da adenovirus. Il virus riscontrato nelle culture di linfoma era un virus ad ADN, somigliante a un virus erpetico: perciò non deve meravigliare la sua somiglianza ai citomegalovirus nel comportamento biologico. Un modello animale del linfoma di Burkitt potette essere trovato nella malattia di Marek dci polli, affezione anche questa caratterizzata da un linfoma, infettato in modo latente da un virus similerpetico. Questi reperti spostarono l'attenzione dai virus ad AR:-.J ai virus ad ADN nella caccia ai virus oncogeni umani. I reperti iniziali sul linfoma di Burkitt stimolarono ulteriori indagini, i risultati delle quali possono essere riassunti nella manjera che segue. Oggi vi sono diverse varietà di cellule linfomatose, indipendentemente adatte alle culture in vitro. La maggior parte di queste linee, ma non tutte, contengono in una piccola proporzione di cellule le particelle virati caratteristiche. [ sieri dei pazienti con la sindrome di Burkitt reagiscono, alle prove di immunofluorescenza, con le cellule linfomatose contenenti i virus: però i sieri della maggior parte delle persone anormali, africane e da altri continenti, danno la stessa reazione. E' ora chiaro che il virus di Burkitt è molto diffuso nella specie umana e fra i primati. Studi epidemiologici hanno dimostrato che esso è connesso nell'uomo con la mononuclcosi infettiva, in quanto soggetti dai sieri negativi diventano regolarmente positivi quando contraggono la malattia. Ed è addirittura probabile che il virus di Burkitt rappresenti l'agente della tn()nonucleosi infettiva. Questi recenti dati rendono ancor più impenetrabile il rapporto fra virus ~imiler­ petici e Linfoma. Se da una parte nulla esclude che il virus sia l'effettivo agente causale, dall'altra nulla esclude che si tratti di un virus passeggero, specie se si tiene conto della sua ampia distrtibuzione. Quest'ultima mostra che la distribuzione regionale dei linfomi in Africa non può essere determinata dalla presenza, dalla disponibilità del virus, come si supponeva al principio. Recentemente è stata avanzata l'ipotesi che la distribuzione regionale sia imputabile a un altro agente, veicolato da insetti, il quale agisce da aiutante del virus. rulla vieta, però, l'interpretazione alternativa che l'ipotetico agente, causa della distribuzione regionale, sia il vero agente causale e che il virus rappresenti un banale passeggero, che per caso è capace di svilupparsi particolarmente bene nelle cellule del linfoma. Una difficoltà ulteriore è che finora non è stato possibile purificare il virus di Burkitt e controllare se esso trasforma in vitro le cellule umane, una difficoltà incontrata anche in altri virus erpetici, compreso quello connesso con la malattia di Marek dei polli.

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Vi è poi il dato che, in presenza di cellule linfatiche provenienti da pazienti af. ferti da mononucleosi infettin, i leucociti diventano capaci di crescere indefinitivamente in cultura, mentre, da soli, ne sono incapaci. Cos~ nelle culture miste i Jeucociri risultano trasformati e contengono particelle virali del tipo erpetico. Questi risultati suggeriscono che il virus di tipo erpetico è l'agente di trasfo~mazione, ma non danno la prova, in quanto qualche altro agente porrebbe pure essere trasferito dalle cellule infette ai lcucociti. Inoltre non è chiaro se la trasformazione dei leucociti sia di natura maligna. Secondo un modo diverso di affrontare la causa del cancro umano si è tentato di scoprire un'origine virale nei tumori solidi che si producono comunemente ricorrendo ai modelli di ADN, che abbiamo già descritti in b1eve. Mol te indagini sono state ri\·olte a!Ja ricerca di nuovi antigeni, dell'ARN- messaggero e dell'ADN virali. Per fare ciò, bisognava preventivamenre ipotizzare un possibile agente causale; e la scelta è caduta sugli adenovirus poichè sono diffusi fra gli uomini e perchè si dimostrano oncogcni in alcuni sistemi sperimentali. Finora, però, non si sono ottenute chiare indicazioni della presenza di geni di adenovirus in nessuno dci tumori umani. Per concludere, la ricerca di virus nel campo del cancro umano ha segnalato qualche pista da seguire, ma non ha dato nessuna indicazione conclusiva. Senz'altro è giustificato insistere negli sforzi, essendo probabile o addirittura ovvio che qualcuno dei tumori umani sia indouo da virus, se si considera quanti numori animali possiedono un'origine improbabile ehe i virus siano gli unici agenti del cancro. Fra gli altri agenti possibili vi sono le radiazioni, i carcinogeni chimici, le alterazioni genetiche, specialmente quelle che provocano aberrazioni cromosomiche. Infine è opinione di alcuni specialisti virologi che lo studio sperimentale sui virus del polioma e sull'S.V. 40 potrà consentire l'individuazione di quelle proteine che tramutano le cellule normali in cellule cancerose .Ciò consentirebbe di affrontare i problemi della prevenzione e del controllo del cancro, anche prima di riconoscere esattamente l'agente causale. A mo' di conclusione generale, si può credere che non occorrerà ancora molro altro tempo per conoscere l'esano meccanismo della trasformazione ncoplastica e il ruolo dell'ez,iologia virale nelle neoplasie umane.

Associazione Aman tidina- L. Dopa nel Parkinson. Come è noto da molti anni vengono studiati gli effetti della Levo Diossifenilalanina sul morbo di Parkinson e si può calcolare a più di 3000 il numero dei pazienti che traggono beneficio da questo farmaco. 'umerose sono le pubblicazioni e i lavori dodicati a questo trattamento che può definirsi specifico, anche se porta con sè effetti secondari a volte del tutto indesiderabili. Gli ultimi lavori sono quelli di G. Bondin, P. ca~taigne, F . Lhermitte et Alii su 77 casi seguiti all'Ospedale della Sal~trière di Parigi (Rev,ue N euro!. n. 2, 122, pag. 89 - w2, 1970) e quelli di J. Sigwald e C. Raymondeaud su 23 casi nei quali sotto trattamento con L - DOPA si sono verificati movimenti anormali (Revue Neurol. n. 2, r22, 103- II2, 1970). A Zurigo, J. Siegfried ha sottoposto più di 400 pazienti a terapia associando alla L - DOPA un inibitore della carbossilasi. Grazie a questa associazione le dosi efficaci di L - DOPA possono essere diminuite da 6 a to \·olte diminuiscono così a loro volta gli effetti secondari indesiderabili, quali la nausea, il vomito, la ipotensione arteriosa i movimenti involontari. Anche J"amanridina è stata proposta per il trattamento del Parkinson ed R. B. Gadwin - Austen, C. C. Frears, G. Bergman et Alii (Lancet, 7669, 383-385, 1970) m


24 pazienti hanno sperimentato l'associazione amantidina - L- DOPA col metodo del doppio cieco. La metà esatta di questi pazienti era già sottoposta da molto tempo all'azione della amantidina; a quest'ultima si aggiunse la L- DOPA e tutti i 12 pazienti trassero un beneficio supplementare signiiicativo. Gli altri 12 pazienti erano al contrario sottoposti da tempo a terapia con L- DOP A e l'aggiunta dell'amantidina non dette alcun risultato solo in quei pazienti che ricevevano la dose « optimum » di L - DOPA. Dunque le recenti acquisizioni indicano che l'associazione degli inibitori della Decarbossilasi o amantidina con L- DOPA sono proponbili in tutti quei pazienti che tollerano male o non tollerano affatto anche modesre dosi di L - DOPA.

(Brit. M~d. Joum. n. 5726, pag. 24-26, 3 ottobre 1970).

Trattamento delle impotenze sessuali. E' intuitivo che il trattamento delle impotenze sessuali è legato alla indi' iduazione eriologica. Alla base quindi di ogni terapia sta la conoscenza del meccanismo fisiopatologico in causa. Nelle impotenze di origine neurologica non occorre ricordare che qualsiasi alterazione anatomica definiti\ a pona, quasi inevitabilmente ad una impotenza non curabile. Si può tentare una terapia eutrofica a base di vitamine del gruppo B e di stricnina a dosi ·progressive per via orale da r rng a 4 mg pro dìe. Nelle impotenze dì origine vascolare la terapia più logica sarebbe quella di eliminare le stenosi, le placche ateromasiche e le ostruzioni vascolari. Ma sono eccezionaJi i successi operatori tendenti ad eliminare per es. una placca localizzata di ateromasia o una ostruzione arteriosa benchè, riteniamo, l'adozione di t< by pass » artifici::.! i poss:~, anche ·SC in casi limitati, risolvere il problema deiJa irrorazione arteriosa. Per favorire e accelerare la formazione di un circolo collaterale efficiente si potranno adoperare, a fianco dei vasodilatatori (acido nicotinico, ecc.), dei medicamenti attivi sul simpatico cercando di attuare una sirnpaticolisi medicamentosa. 11 più usato alcaloide sirnpaticolitico di prescrizione classica è la joimbina alle dosi di 12-20 mg al giomo (per es. 6- IC granuli da 2 rng regolarmente &azionati durante il giorno). L.1 posologia deve essere progressiva e il controllo medico frequente perchè sono noti gli effetti secondari deprimenti la pressione arteriosa; quindi sManno controllati spesso gli ipotesi o gli ipertesi instabili. Nelle impotenze di origine urogenitale si impone la rimozione dei focolai infiammatori, siano essi situati nella uretra, prostata, vescica, rene, ecc. Se si mettono in e\'idenza sclerosi o stenosi uretrali occorre un trattamento strumentale dilatante. Sfortunatamente alcune lesioni sono ·irreversibili come per es. alcuni processi sclerotici dei corpi cavernosi. Nella « induratio penis » è soprattutto la roentgenterapia a dosi antinfiammatorie che può far registrare successi; l'iniezione di antinfiammatori quali i cortisonici, la jaluronidosi, la alfachimotripsina, è dolorosa e non sccvra di pericoli. Più ottimisti sulla riuscita delle terapie contro l'impotenza << coeundi >> si può esser nei casi di origine endocrina solo che si riesca a guarire la disendocrinia o la endocrinopatia o anche solo (con radioiodio) a compensarla. Per es. neUa malattia di Basedow: nell'ipotiroidismo (con l'opoterapia per es. T iranon), nella insufficienza surre nale (con la associ az io ne cortisone - desossicorticoste ronc) neli' ipercorticalisrno (con l'ablazione di tumori o ~urrenolectomia totale bilaterale), nelJ'ipogonadismo da lesione


gonadica pnmmva o secondaria a patologia ipofisaria (con l'androgenoterapia sostitutiva); in tutti questi casi i successi non sono certamente rari. L'ipogonadi~mo è facilmente e felicemente corretto con tutti gli esteri di tcstosterone (ad es. con una misceb di esteri ad azione pronta e prolungata quale il Sustan.on). Occorre ricor<lare quali cause di impotenza alcuni stati o processi morbosi frequenti. Kci casi di impotenza sopravvenicnti nei gastrectomizzati si potrà tentare di ottenere un migliore equilibrio dietetico con una dieta iperprotidica (alla quale si associeranno enzimi digestivi - per es. Cotazym - e all'occorrenza acido cloridrico), alla cura dietetica si associerà una terapia con testosrerone; se l'inibizione sessuale è difficilmente rimuovibile si cercherà l'aiuto di uno psichiatra. Nota è l'impotenza del diabetico; anche in questo caso il riequilibrio c la correzione degli squilibri mctabolivi ·possono portare a qualche beneficio, ma non è lecito illudersi sulla ripresa di valide erezioni mentre è lecito associare alla dietetica, all'insulinoterapia o alla chemioterapia, la somministrazione di androgeni. Ricordiamo che nel determinismo patologico della impotenza dd diabetico non si è fatta ancora luce (si tratta di una neuropatia o di una vasculopatia o di un ipoandrogenismo?). Nei caS<i di impotenza « cocundi » idiopatica, cioè in quei casi nei quali non è possibile mettere in evidenza alcuna causa organica, quale atteggiamento il medico può prendere con il suo pazicnet? Una psicoterapia basata sul buon senso, ben condotta per accattivarsi la simpatia e la disinibizione p~ichica del paziente, può essere tentata e spesso rimuove alcuni ostacoli psichici. Alla psicoterapia deve essere associata una terapia medicamentosa, che rafforzerà l'efficacia della parola del medico; al paziente se ne spiegherà il meccanismo di azione per farlo partecipare più attivamente od efficacemente alla cura. Si prescriveranno tonici (cosiddetti generali), vitamina C, composti fosforati, stricnina. Nei disturbi dell'erezione può essere ancora utilizzata con successo la ccntroterapia di Bonnière e Palazzoli (questi due medici, se non erriamo, furono preceduti atcorno al 1920 dal medico spagnolo Asucro - di qui l'asucrotcrapia: - Xd.R.). Sia Bonnière c Palazzoli sia Asuero ottenevano buoni risultati cauterizzando zone puntiformi della testa dei turbinati inferiori con un galvanocauterio; questa cauterizzazione puntiforme deve essere effettuata ogni 4-5 giorni; le sedute possono variare da cinque a dieci a seconda dei risultati ottenuti. A questa terapia può essere associata la somministrazione di piccole dosi di ormone tiroideo (5 - IO cg al giorno) per aumentare il potenziale di erotizzazione dei centri nervosi. Spesso piccole quantità di ormone tiroideo possono correggere lievi deficit di funzione tiroidea che possono non essere messi in evidenza dai tests funzionali: anche tali lievi deficit possono causare disturbi rlell'erezione. Se la psicoterapia del medico pratico non ottiene i risultati sperati occorre consigliare la consulenza di uno psichiatra il quale potrà volta a volta consigliare l'uso dei vari psicofarmaci o una più organizzata psicoterapia. Vogliamo, in ultimo, affrontare il problema sempre più frequente della eìaculazione precoce, la quale, secondo alcuni recenti lavori, può beneficiare dell'uso della guanetidina e della tioridazina. Poichè la prima non è scevra da effetti collaterali indesiderabili, la scelta cadrà logicamente sulla seconda che alla dose di 20 mg da ingerire 2 ore prima del rapporto sessuale può efficacemente provocare un ritardo dell'orgasmo. (H. Bricaire, Révue du Pratic., n. 2, u, 1, 1971).


43 2 C ura della psoriasi col metatrexate. Gli antagonisti dell'acido folico sono entrati in terapia nel 1947 ad opera di Farber per la cura delle leucemie infantili. Più tardi (1951) Gubner accertò incidentalmente l'efficacia di tale sostanza nella psoriasi trattando pazienti affetti da artropatie con psoriasi concomitante. Attualmeme l'impiego del metatrexate è entrato nella pratica abituale e larghe statistiche, specialmente messicane, confermano tale indicazione. Grubber e Bourgeois- Spinasse riferiscono la loro esperienza in merito in Presse MUicale, 78, 1631, 1970. Il meccanismo d'azione di questa terapia è legato al fatto che il metatrexate ha una affinità molto alta, superiore a quella dell'ac. folico, per la reduttasi diidro(olica e quin· di ostacola la riduzione dell'ac. folico ad ac. folinico operata appunto da tale enzima. Poichè tale passaggio è indispensabile per la sintesi dell'acido desossiribonucleico, viene inibito alla celula di raggiungere lo stadio premitotico. Si ha, quindi, un'inibizione della moltiplicazione cellulare, particolarmente sensibile a livello dell'iperplasia epidermica della psoriasi, in cui le cellule si moltiplicano con una velocità ·sene volte più alta della norma. L'effetto della cura si manifesta rapidamente con la scomparsa delle figure mitotiche e La diminuzione della desquamazione. Purtroppo anche alle dosi deboli usate nella psoriasi, molto inferiori a quelle indicate nelle leucemie, la tossicità acuta e cronica del prodotto è sempre notevole e legata alla durata del contatto col farmaco più che alla dose, quindi alla via di sornministrazione. La via endovenosa è quella meno tossica perchè il prodotto viene assai rapidamente eliminato per via renate. La via orale è per contro più tossica, specialmente per il fegato, perchè mantiene un tasso ematico costante e l'eliminazione è lenra. Tuttavia, per qualu-nque tipo di somministrazione, la tossicità acuta e cronica è sempre presente con leucopenia, trombocitopenia, secchezza della bocca, ulcerazioni boccali, pirosi ga· strica, diarrea. Nel caso della psoriasi, dato il dosaggio modesto, i fenomeni tossici sospendendo la cura. Maggiore attenzione merita la tossicità cronica legata alla cura prolungata: sono segnalati fenomeni tossici a carico dei cromosomi del rene, dei polmoni e soprattutto del fegato. E' specialmente la tossicità epatica cronica che richiama l'attenzione, perchè nelle cure di lunga durata può presentare pericoli. E' vero che sospendendo la cura si vedono ritornare alla normalità tutti i tests 6unzionali, il che dimostra che le alterazioni non sono irreversibili, ma qualche autore ha segnalato casi di cirrosi gravi e mortali, non solo in leucemici ma anche in psoriasici. Nello studio di Gru.pper c Bourgeois- Spinasse sono stati curati in modo regolare con il metatrexate 30 psoriasici gravi, resistenti a ogni cura; psoriasi universale, pustolosa, eritrodermica, artropatica e almeno estesa al 50-100% della superficie corporea, resistente ad ogni cura, in soggetti fra 44 e 77 anni. Gli autori hanno avuto cura di escludere pazienti con affezioni generali gravi, malnutrizione, diabete, infezioni e soprattutto epatopatie anche benigne, alcoolisrno. Su tutti i pazienti è stato eseguito un bilancio comprendente emogramma, piastrinemia, V.S., uricemia, B.S.P., bilirubina, fosfatasi alcalina, S.G.O.T . S.G.P.T., glicemia, urca, Van Slyke, citologia urinaria, Vaaler - Rose, latex, proteinuria, elettroforesi delle proteine, elementi controllati ogni settimana. Una stretta sorvegliana era osservata per svelare eventuali risentimenti della mucosa boccale, della digestione, del fegato, la risposta cutanea, la comparsa di astenia o depressione. Sono stati esclusi tutti i farmaci concomitanti capaci di sposmre il metatrexate legato alle proteine e quindi di aumentare la tossicità; esclusi gli alcoolici. La cura è stata eseguita per via endomuscolare con la dose di 25 mg all'inizio, ogni sette


433 giorni; poi si è aumentata di 5 mg per settimana ·fino a un massimo di 50 mg, rag.giunto raramente e mai oltrepassato. Risultati : 10 malati hanno ottenuto la totale scomparsa delle manifestazioni; 12 un miglioramento oscillante dal 70 al 98° 0 , 8 casi un miglioramento compreso fra il 50 e il 70% . Quindi in 22 ca~i su 30 (72%) si è avuta una scomparsa delle alterazioni cutanee pari al 70%, il che costituisce un risultato eccellente data la gravità dei casi trattati; la sedazione del prurito è quasi immediata alla prima iniezione; il miglioramento completo delle lesioni ha richiesto da 5 a Io settimane con dosi spesso inferiori a quella massima, tra 25 e 50 trig, e ha interessato tutte le forme di psoriasi, anche le lesioni ungueali, in grado minore le artropatie. Il risultato è solo temporaneo; quando si interrompe la cura entro uno o due mesi compare la recidiva. Purtroppo gli effetti secondari sono stati numerosi, ma in genere passeggeri, afte boccali, secchezza della mucosa orale, nausea, vomito, diarrea, pirosi, astenia; dal punto di vista biologico si è rilevata in 7 casi una trombociotpenia in feriore a 150.000, in 5 casi una leucopenia inferiore a 5000, in 7 casi un leggero aumento delle transaminasi e altri effetti minori. Solo in 5 casi la cura ha dovuto essere sospesa, in 2 casi per astenia e aumcntd delle transaminasi e della B.S.P., in 2 casi per astenia persistente, in un caso per pielonefrite recidivantc c alterazioni dei tests epatici. Ma purtroppo gli autori contano nella loro casistica anche due dece~si. Uno riguarda una paziente di 57 anni, obesa, con esami normali e con ottimo risultato in 6 settimane. La cura fu interrotta per l'insorgenza di una grippe e ripresa dopo un mese, a guarigione avvenuta, con una sola iniezione. La morte è avvenuta dopo IO giorni con una ripresa del quadro polmonare. Il secondo caso riguarda un paziente di 77 anni, che è stato in cura per un anno con iniezioni settimanali di 25 mg, con bilancio biologico e tests epatici normali, e solo negli ultimi due mesi astenia. Un ittero improvviso con forte astenia, nausea, ipertemia, iperbilirubinemia, ascite, edemi, ecc. ha condotto alla morte. L'autopsia ha rilevato una cirrosi diffusa con fibrosi portale, un infiltr.ato micronodulare epatico e polmonare. In conclusione, questo studio conferma l'efficacia e la costanza d'azione del farmaco, l'effetto del qu.ale è però transitorio; la frequenza delle recidive, che richiede la ripresa periodica della cura costituisce il problema fondamentale di q uesta terapia. Inizialmente la cura è ben tollerata; dopo un cerro numero di mesi è difficile evitare gli effetti secondari, specialmente l'alterazione dei tesrs biologici opatici. Gli autori concludono, quindi, il loro studio qualificando il metatrexate come una terapia di eccezione, di durata limitata, d'impiego esclusivamente ospedaliero, su malati sclc;>:,jonati con rigore, evitando di continuare la cura per parecchi rumi. Il problema della terapia della psoriasi resta, quindi, aperto.

Diagnosi precoce dell'epatite virale: nuovo procedimento messo a punto nei laboratori di ricerca Farmitalia. E' noto che l'cp:nite virale è una malattia assai pericolosa c che spesso persone gta sofferenti per altre malattie possono essere contagiate per trasfusioni o per dialisi cenale da persone che l.Ono sane, m:1 che hanno nel sangue il cosiddetto antigene Australia il quale è \'irtu:llmente portatore della malattia. Il donatore di sangue, chiamato <<portatore sano», non sa di avere questa caratteristica, ma in un'altra persona il suo sangue può generare la pericolosa malattia che, d'altra parte, viene individuata solo in


434 uno stadio già avanzato. Ciò ha indotto recentemente le autorità sanitarie a fare obbligo di e~endere la ricerca dell'antigene Australia a tutti i donatori di sangue. Ora i laboratori di ricerca della Farmitalia hanno messo a punto un nuovo metodo che consente di identificare la presenza dell'antigene Australia sia nel sangue di «portatori sani)), sia in quello di malati anche allo stato iniziale o addirittura di incubazione della malattia. Un facile esame del sangue, modiante piastre di plastica appositamente predisposte, consente di conoscere entro quaramotto ore se il sangue analizzato è ponatore dell'antigene Australia. La positività del test è rivelata da un ispessimento biancastro sulla piastra in esame. Questo nuovo procedimento consente di ridurre notevolmente il tempo e la spesa ncccssari per l'accertamento e non solo offre migliori prospettive di cura per i colpiti da epatite virale, consentendo una diagnosi precoce della malattia, ma dà anche la certezza che non vi sia alcun pericolo di contamina?,ione per i pazienti, sia in caso di trasfusione, sia in caso di dialisi renale.

n fegato del bambino. I bambini hanno un kgato enorme che scende giù fino a metà dell'addome e pc'a un settimo del peso corporeo. Nell'adulto pesa solo un quaranresimo. Perchè questo fegato del bambino è enorme? Perchè deve provvedere alla crescita di tutti gli organi, comprese le ossa, perciò va salvaguardato, controllato, difeso, stimolato - ha detto il prof. Roberto Burgio di Pavia - che ha pr<!l>ieduto il simposio alla Fondazione Carlo Erba. II fegato fabbrica la vitamina D, che collabora alla strutturazione dello scheletro, e contiene il 97° 0 della vitamina A che è preziosa per la vista - ha detto il prof. Sergio Nordio di Trieste. Il fegato è implicaro :mche nello sviluppo cerebrale, e oggi disponiamo - ha detto il prof. Paolo Durand di Genova - di particolari terapie a base di plasma, di enzimi e di penicillamina, un derivato della penicillina, che consentono la cura dei difeui mentali legati alle malattie epatiche del bambino. Queste cure debbono esser praticate sin dal primo mese di vita. La cistifellea del bambino non è immune dal calcoli e da altre malattie - ha detto il prof. Lucio Parenzan di Bergamo - c alcuni disturbi gastrici del bambino dipendono proprio dal un cattivo funzionamento della cistifellea o da malformazioni delle vie biliari che il chirurgo può correggere. L 'epatite virale colpisce soprattutto i bambini. Nel 15}66 vi sono stati II mila ca.~i in Italia e nel 1969 se ne sono avuti 54 mila. Il prof. Salvatore Del Prete di Milano ha detto che oggi esistono esami più sicuri per la diagnosi dell:t malattia c per evitarne la diffusione . .Malessere, disturbi intestinali, febbre e ittcro sono i sintomi principali. Del Prete ha aichc presentato una sua tecnica particolare che consente di distinguere le epatiti che si trasmettono attraverso i cibi o acque inquinate e quelle che si trasm(U· tono attraverso le trasfusioni di sangue. II prof. Carlo Sirtori, nel porgere il saluto della Fondazione Carlo Erba, ha sottolineato che nella maggior parte dci casi l'epatite guarisce perfettamente perchè il fegato ha straordinarie capacità riparative. E' capace infatti di fabbricare in un solo giorno 30 miliardi di cellule. Sirtori ha anche fatto presente la grande curabilità dei tumori del fegato nel bambino modiantc farmaci come la vincristina, e ha ricordato che il fegato del bambino oggi è il più utilizzato nei trapianti: \i sono adulti che vivono da due anni con un fegato di bambino.


435 I «segreti il della longevità: i gerontologi hanno cercato di carpirli ai supercentenari; vita attiva, interesse per ciò che li circonda, alimentazione, soggiorno in campagna. Il record della longevità spetta ad una don na boliviana che ha attualmente 203 anni seguita dal russo Ashura che ne conta 195 c dall'iraniano Musavi che ne ha 190. Il più studiato fra i supercentenari viventi è il russo Mislimovo, un ragazzino io confronto ai precedenti in quanto ha r6s anni. Il fatto è che questi è in condizioni per fette: peso forma di 70 kg, un polso di 72 battiti, e una pressione di 130. Due coniugi di 127 e di 125 anni, banno celebratÒ recentemente in URSS il « centenario>> delle nozze. Si è cercato naturalmente, da parte dei gerontologi di carpire a questi supercentenari i segreti della loro longevità, c se ne è ricavato un quadro comune molto significativo. In primo luogo essi << non hanno dimemicato che il so% del nostro corpo è costituito da muscoli >> e non trascurano di mettcrli in movimento ogni giorno, mentre molle persone non usano questo 50% e vivono in certa guisa dimezzati: la loro sedentarictà impedisce la eliminazione di molte tossine che si formano nell'intestino c nel fegato. Il sedentario, che è spesso obeso, crede di rimediare a questa sua situazione riducendo progressivamente la dieta, ma il rimedio è peggiore del male: in questo modo egli dimagrisce ma il suo cuore si rim picctolisce in quanto perde un certo numero di cellule c quindi la sua efficienza a vantaggio di rutto l'organismo. n dimagrimento invece che si oniene con l'esercizio fisico lascia intatte le condizioni del cuore, che non perde neppure una cellula. In secondo luogo i supercentcnari non hanno perso l'interesse per la vita, per la natura e per gli esseri animati che in essa vi\'ono. La vecchiaia è favorita spesso da un cattivo stato di animo c da una :scarsa affettività. Tutti i centenari menzionati hanno uno spiccato amore per gli animali domestici: il vezzeggiare gli animali ticn desta una parte del cendlo, il diencefalo, che gioca un ruolo importante nelle funzioni ormonali e viscerali L'età biologica si differenzia dall'età anagrafica: un medico di 107 anni, negli Stati Uniti, esercita ancora la sua professione, e Michelangelo dipinse c scolpi opere insignì dopo gli 8o anni. Tuttavia, in un mondo che è in rapida evoluzione, anche una buona età biologica impedisce una duttilità consona ai tempi. Col passare degli anni si assiste ad un certo irrit,ridimento del pensiero, come dimostrano le ricerche biochimiche condotte sul cervello. In terzo luogo l'alimentazione: tutti i supercentenari menzionati hanno la cara tteristica di rispettare una rigorosa ripartizione dei pasti, di non eccedere nel consumo di corpi grassi c <.li farinacci, di proferire i prodotti del latte e i legum i verdi. Bevono almeno I litro di liquido al giorno. E per concludere, un ultimo « segreto ,, di grande attualità: tutti ,.ivono in campagna, in aria aperta e non inquinata.

(ADN - Kronos).

Riflessi sanitari dei voli spaziali. I problemi sanitari sorti durante i voli spaziali sino all'allunaggio offrono degli spunti di curiosit?t, m:1 anche dci riflessi pratici di non trascurabile importanza. Così gli aslronauti dell'Apollo u, come medicinali, hanno portato con sè, ovviamente, pochi farmaci iniettabili (solo la marezina, contro le cinetosi ed un antalgico,


il Demerol) e qasi tutti per via orale-, un anrilinfatico, il Polycillin (ampicillina); un decongestionante, l'Actifcd; uno stimolante, la Dexcdrine; uno spray nasale, l'Af<in; delle gocce oftalmiche il Merbylcellulose; un sedativo ipnotico, il ~cona!; una crema di primo soccorso Johnson e Johnson; un unguento antibiotico, il Neosporin, dell'Aspirina Bayer. Da rilevare ancora che i cosmonauti non sono ricorsi ai sonniferi c che durante il sonno le loro pulsazioni scendevano a 40; che su essi si rilevava un aumento dell'aldosterone e dd calcio e del fosforo nel sangue, un'ipoten~ione, ed un'ipotrofìa muscolare. In quanto alle acquisizioni mediche derivate dai voli spaziali, i riOessi pratici e le idee che ne sono derivate a beneficio dell'uomo ammalato possono così essere breve mente riassumi da una conferenza tenuta recentemente dal dott. Berry. direttore mcdico della NASA ,presso la Fondazione Carlo Erba, a Milano. Interruttore oculare: montato su un paio di occhiali, permette di aprire le pone, accendere c spegnere la luce. Queste azioni vengono esercitate con il movimento dci globi oculari. Potrà servire ai minorati fisici, cd anche ai cassieri di banca che, con un semplice movimento degli occhi, potranno far scattare i segnali d'allarme e le difese di emergenza. Bastone che emette raggi per individuare ostacoli a distanza: può essere impiegato dai ciechi. Abiti spaziali: vengono usati nelle fonderie e possono essere utilizzati per combattere gli incendi ed assicurare i salvataggi. Apparecchio che misura la pressione sanguigna ogni due minuti: viene montato sull'orecchio ed è provvisto di una cellula fotoelettrica. Diete spazi ali: essendo molto semplici, richiedono poca digestione e sono promettenti nel trauamento <.li problemi nutrizionali che coinvolgono il tratto gastro- inte· stinale. T ermometro: misura gli impatti delle meteoriti sulla navicella spaziale. Con alcune modificazioni può individuare i tremori muscolari (diagnosi precoce dd morbo di Parkinson). Casco spazial e: si potrà misurare con esso l'assorbimento di ossigeno di un soggetto in movimento. ~dia che cammina. serve per camminare sulla luna; da essa è stata creata una poltrona per paraplegici. T elemedicina, tdediagnostica, telecontrollo: offrono la possibilità di rilievi elettroencefalografici a distanza. Questo sistema è stato utilizzato anche per lo studio del sonnambulismo, epilessia, schizofrenia, e comportamento del bambino. Al domicilio del malato, i segnali trasmessi dagli elcurodi sono raccolti dal ricevitore radio, trasformati e trasmessi per telefono al laboratorio. Ingessatura rapida: l'ano viene avvolto con un tessuto di fibra di vetro Beta (lo stesso impiegato per gli abiti spaziali), impregnato di resina. La legatura viene successivamente posta sotto una speciale sorgente luminosa ed indurita in 6 minuti per immobilizzare la frattura . Consente alla pelle di respirare c pasa un terzo delle ingessature convenzionali. Metodo per valutare la gittata cardiaca: il dott. Berry ha avuto incontri con i cardiochirurghi Barnard e Cooley, i quali hanno applicato il metodo cosmonautico per il rilievo della gittata cardiaca, cioè la quantità di sangue che il cuore lancia in circolo ad ogni contrazione. Prima d'ora ciò non era mai stato possibile. Esso consiste nell'applicare due fasce, una sotto le ascelle e l'altra all'altezza dell'ombelico: vi si fa passare la corrente, e le fasce rilevano i valori di impedenza. Misure per evirare il mal d'aria, di mare e d'auto: la missione Apollo 10 è stata la prima nella quale il dott. Bcrry ha preso attive misure di sicurezza per evitare pro-


437 blcmi di mal di aria che avevano disturbato i membri dell'equi,paggio dell'Apollo 9 nei primi due giorni di volo. Si tratta di un semplice esercizio: piegare la testa in avanti, in,dietro, a sinistra e a destra, poi girarla a sinistra e a destra. Ogni movimento deve essere fatto comando iìno a 2. Il dott. Berry ha raccomandato agli astronauti di fare questo movimento nelle due ore prccedemi la partenza. (da La R1jorma M~dica).

La peste nel 1968. Da oltre dicci anni il numero dei casi di peste nel mondo è sceso al di sotto di mille. In precedenza la maggior parte dei casi di peste veniva segnalata dall'India, dall'Indonesia c dalla Birmania, bencbè la malattia fosse già da tempo in costante regresso in questi tre paesi. In una parte dell'ultimo decennio ed in particolare dal 1963 al r9(56, l'America del Sud ha tolto all'Asia i record del numero dei casi di peste, ma l'Asia è successivamente passata di nuovo in testa per la situazione nel Vietnam. Secondo i dati pubblicati dali'OMS, nel 19(58 il numero totale dei casi di peste nel mondo è stato prcssochè uguale a quello regi~tratosi 15 anni fa, mentre la ripartizione nei vari paesi si è profondamente modiEcata. Per la prima volta dopo molti anni nessun caso di peste è stato segnalato in India. In Indonesia, dove la malattia era scomparsa dal 1959, essa è ricomparsa nel 19(}8 nella località dove si era manifestaat per l'ultima volta. Nel 1968, ~u un totale di 1.318 casi di peste registratisi nel mondo, di cui 160 mortali, 973 si sono verificati in Asia, 90 dei quali mortali. Nel continente americano il numero totale dei casi nel 1968 è stato di 200, 32 dei quali mortali. In Africa si sono registrati 145 casi con 38 decessi. In questi tre continenti i paesi più colpiti sono stati i seguenti: in Airica, il Congo (104 casi, di cui 2r mortali), j) Madagascar (28 casi, di cui 12 mortali) e la Tanzania (6 casi, di 5 mortali); in Aun()rica, il Brasile ( 101 casi con un numero di decessi imprecisato), il Perù (42 casi, di cui 16 mortali), in Bolivia (30 casi, di cui 14 mortali), l'Equador (24 casi, di cui uno mortale) e gli Stati Uniti (3 casi, di cui uno mortale); in Asia, il Vietnam (780 casi, di cui 37 mortali), l'Indonesia (94 casi, di cui 38 mortali), la Birmania (86 casi, di cui 3 mortali) ed il Nepal (13 casi, di cui 12 mortali). E' importante segnalare che in Asia si è avuto nel r5)68 un aumento non solo del numero dei casi di peste e dei decessi, ma anche dei te rritori colpiti. Il Vietnam, con i suoi J6o casi di peste, ha registrato per il dodicesimo anno consecutivo oltre la metà del numero totale dei casi segnalati in tutto il mondo. ?\è in Africa, nè in America si sono verificate nel 1968 epidemie importanti di peste, ma il numero dci paesi colpiti dalla malattia in questi due continenti non è affatto diminuito. Per giudicare la reale situazione mondiale nei riguardi della peste non è sufficiente considerare l'incidenza della malattia nell'uomo, ma è necessario tenere anche presenti i risultati delle inchieste sulla diffusione della malattia nei roditori. E' però evidente la necessità di organizzare e di mantenere una sorveg.tianza efficace della peste non solo in campo umano, ma anche nei roditori e nei loro ectoparassiti. (Chronique O MS, 23, 426, 19(59). Quanta caffeina è contenuta in un caffè? Gli estrani acquosi di numerose piante sono serviti come bevande per l'uomo fin dai tempi antichi. I più popolari di questi contengono caffeina, tcoiìllina e teobromina,


tre alcaloidi strettamente collegati fra loro c che posseggono importanti proprietà farmacologiche. Il caffè, estratto dai semi della << Caffea Arabica » e specie affini, contiene la caf feina, ma questa è contenuta anche nei semi del cacao, nelle foglie dd tè e nelle noci di cola, tanto usate ai nostri giorni per aromizzare le bevande. L'origine del caffè è incerta, ma la leggenda vuole che un monaco arabo, venuto a conoscenza da un pastore che le sue capre si mantenevano sveglie e vivaci anche la notte qualora mangiassero certe bacche, volle provare a preparare con queste una bevanda onde poter prolungare il tempo da dedicare alle preghiere. Se questa storia sia vera noi non lo sappiamo, ma sappiamo invece che in poco tempo la bevanda si è diffusa in tutto il mondo e non solo per il gusto e la fragranza gradevoli che solleticano il palato e l'olfatto, ma anche, e forse soprattutto, perchè essa imprime una sferzata benefica allo stato generale dell'organismo. Qual è infatti l'effetto esercitato dal caffè?

Gli anùchi, per intuizione empirica, lo usarono per aumentare il tono generale dell'organismo ed il livello di efficienza e di rendimento intellettuale. Questa credenza, dd resto suffragata dall'osservazione di un reale miglioramento intellettivo, è stata oggi confermata dai più recenti studi di farmacologia. La caffeina infatti, principale alcaloide, anche se non l'unico, esercita un effetto di stimolo sul sistema nervoso centrale ad ogni livello, così come stipula i muscoli scheletrici aumentando la capacità a svolgere i lavori muscolari. Questo alcaloide viene completamente metabolizzato dall'organismo e se, per dosi molto elevate e protratte sono stati descritti fenomeni tossici, non è mai stato descritto nessun episodio mortale, nonostante il grande uso che ne viene fatto nel mondo. Anche se non si può assolutamente considerare pericoloso per la nostra salute, resta però sempre utile definire quale possa essere la dose vantaggiosa per l'organismo e quale quella che può determinare fenomeni di intolleranza. La maggior parre <lei tossicologi afferma che la dose terapeutica si raggiunge con 250 mg di caffeina al giorno e che in ogni caso non è consigliabile superare i 1.500 mg. Resta ora perciò da vedere quanta caffeina sia contenuta in una tazzina di caffè e, di conseguenza, quante tazzine ~i porranno consumare nella giornata. Prima di procedere però è necessario fare una importante premessa: esistono, a seconda della specie botanica, diverse specie di caffè a diverso contenuto di caffeina; la caffeina poi può passare in maniera più o meno cospicua nella bevanda a seconcb della tostatura e della tecnica di preparazione. Gli italiani, che fanno un vanto del loro caffè, consumano quotidianamente e ripe· tutamcnte credono di essere tra i più forti consumatori del mondo di caffè e, di conseguenza, di caffeina, e cosl, menrre da un lato vancano le caratteristiche organolettiche del caffè <<espresso», dall'altro temono di essere più d'ogni altro esposti al rischio C:i un eccesso di caffeina nella dieta. Se tuttavia noi ci raffrontiamo con altri popoli vediamo subito che il nostro consumo medio annuo è piuttosto modesto. Confrontando infatti i nostri 2,7 Kgfcapite annui con i 12 Kgfca pite annui dell'Olanda, per non fare che un esempio, vediamo subito come gli italiani possano considerarsi dei consumatori morigerati. Ma quanta caffeina è contenuta in un caffè?

Calcolando che si usano 6 grammi di caffè per fare una comune bevanda e calce>lando le miscele che si usano in Italia, possiamo ritenere che in una tazzina, preparata secondo i sistemi casalinghi, siano contenuti 6o · roo mg di caffeina. Se poi andiamo ad esaminare la nostra bevanda nazionale, il caffè << espresso>>, abbiamo la sorpresa di


439 constatare che la quantità di caffeina contenuta è mollo minore, circa la metà di quanta ne sia contenuta in un caffè casalingo, c ciò si comprende facilmente qualora si pensi che In quanòtà di materia prima impiegata è nUnore, che il tempo di percolamento è più breve e che le temperature usate sono più elevate così da rendere pos~ibile una maggiore estrazione dei componenti aromatici (tra cui principalmente la trigonellina), fatto che consente la particolare fragranzr1 ucUa bevnncla. Come si vede, il caffè « eswes~o )) può considerarsi un caffè ~pontaneamcme semidecaffeinato, nel quale non si debbono temere i rc~idui chimici della decaffeinizza. zione. Ci si potrà perciò concedere un maggior numero di tazzine durante la giornat:I, così da ottenere un ef6cace rilnncio delle attività fisiche e psichiche, soddisfacendo nel contempo anche alle esigenze tlcl palato c dell'olfatto. Anche per quanto riguarda il caffè casalingo ci si potranno concedere 3- 4 tazzine al giorno, non essendosi mai di mostrate a queste dosi, manifestazioni. to)siche di alcun genere. Sono state mosse numero~ accuse al caffè, ma spesso si è trartato di facili generalizzazioni o di dosi eccessivamc.:nte elevate. E' comunc1ue chiaro che possono esistere delle situazioni patologiche dove un suo uso deve essere limitato e ciò soprattutto in raluni casi di epatopatie, di coronaropatie c di eretismo nen·oso, ma in queqe situazioni non si porranno limitazioni solo all'uso del caffè, ma anche ad altri alimentì. Indipendentemente però da queste limitate restrizioni, in un numero molto maggiore di casi il cailè può essere considerato come un vero c proprio medicamento c ciò specialmente nelle forme di astenie, di adinamie, di ipotensione, di bradicardia, insomma in tutte le fonne di stanchezza fisica e psichica. In conclusione perciò il caffè e la caffeina possono essere considerati dei veri ausili tera peutici, c se, come tali, possono avere delle controindicazioni c rispondono alla legge della tossicità legata ad un eventuale superdosaggio (dose ipsa vencnum), ciò non togljc che, come tutti i farmaci, possano rendere all'uomo incomparabiJi servigi.

(Da una sint~si di P. Viola, pubblicata su "Min"va Medica" vol. 62 - Supplemento al n. 33).

In 14 anni 5000 trapianti. Secondo una messa a punto fana al 1II Congresso Internazionale dell'Associazione dei Trapianti, renutosi recentemente all'Aia, dal 1957 i trapianti sono stati circa cinquemila c di essi quattromila hanno riguardato i reni, mentre il resto hanno interessato cuore, midollo spinale, fegato e polmoni. I trapianti di rene sono stati coronati dal maggior successo, facendo registrare un tasso di sopravvivenza variante dal 75 al 90 per cento. Degli altri mille pazienti che hanno ricevuto altri organi solo cinquanta sono Yivi.

O ttenuta una pillola << settimanale » in Francia. Sotto la direzione del dott. Sakiz, in Francia, presso il laboratorio Roussel - Uclaf è stata ottenuta una nuova pillola anticoncezionale, detta R-2323, cile espl ica il suo effetto con una somministrazione solo settimanale. La R-2323, gili sperimentata da quattro anni con buon esito su scimmie, cani e topi c che dovrebbe essere in vendita al più presto, svolge la funzione anticoncezion::tle senza arrestare l'ovulazione, ma solo impedendo ::tll'ovulo di << nidificarc >l nella mucosa. Inol-

R. - \.t


tre, poichè l'ovulo, per svilupparsi, ha bisogno soprattutto di un ormone femminile, cioè il progesteronc, il processo di maturazione risulterà impossibile in quanto il nuovo prodotto (che svolge una attivirà anti - progcstcrone) impedisce l'azione di guesto ormone g ià nella mucosa uterina. La R-2323 presenta numerosi vantaggi rispetto ai prodotti analoghi comunemente usati. fnnanzitutto quello di non bloccare l'ovulazione e guindi di non interferire nel ciclo della donna, per cui non esisterebbero più i sollti inconvenienti che vanno dall'aumento di peso, alle nausee e alla spossatezza. Inoltre la somministrazione di una pillola settimanale, invece che giornaliera, limita il rischio di una accumulazione eccessiva del prodotto nell'organismo ed evita infine a molte donne la tcmione dcrivamc dal timore di dimenticare l'<C appuntamento >• quotidiano, con la pillola, col rischio di non beneficiare dell'effetto voluto.

La papavcrina ad alte dosi nell'arteriosclerosi cerebrale. La pap:1xerina, benzil-iso-chinolina sotto forma di cloridrato, è un farmaco vasoattivo, ad azione vasodilatatrice, ed emocinctieo, comport:mtc un aumento del flusso sanguigno cerebrale, $Cnza provoc:tre ipotensione arteriosa generale. L'attività dd f:~rmaco è curativa - cd anche profilattica - nei soggetti predisposti a disordini circolatori encefalici. L'ef(ìcacia della pap:tverina è legata ad un adeguato dosaggio, quale è permesso dalla nuova confezione a 10 ctg, sia per le capsule che per le fiale. E' così possibile controllare l'insufficienza emodinamica, che è espres~ione della vasculopatia arteriosclerotica cerebr:1le. • L'uso della papaverina ad alte dosi è stato sperimentato da G. Bianchi (La Clinica T~rap~utica, 52, 461, HJ70) in 40 soggetti, tutti senesccnti o simili, divisi in due gruppi ( 1° gruppo: affetti da encefalomalacie c011 paralisi - p:~ resi, da paralisi pseudo- bulbare; 2° gruppo: affeui da arteriosclerosi cerebrale, da p~icosi arteriosclerotica, da demenza aneriosclerotica). La somministrazionc di papavcrina - nel dosaggio di 30 erg pro di~ (sia 3 fiale per via ,intramuscolare, sia 3 capsule per via orale) - è stata protratta per un mese. I risultati più brillanti si sono avuti nei pazienti dd 2° gruppo, in particolare nell'arteriosclerosi cerebrale e nella psicosi arteriosclerolica. I risultati favorevoli si sono colti dopo circa IO giorni <1i cura (intramu9Colare od orale). E' da notare che la pressione arteriosa non è stata influenzata dalla terapia papaverinica. Solo in 2 soggetti (5% della casistica) si è rilevata una sensibile sedazionc; ma la cura è stata ugualmente proseguita senza particolari disturbi. Non va poi trascurato l'effetto dd farmaco quale coronarodilatatore, antispastico a livello bronchiolare ed anche analettico. La terapia papaverinica può essere protratta assai a lungo nel tempo: ciò sen·e a consolidare i risultati già ottenuti ed anche :1d evitare l'in.wrgcnz.a di nuovi episodi di rammollimento, o almeno a ritardare la fatale evoluzione dell'arteriosclerosi cerebrale. La papaverina permette, infine, un'utilizzazione non prolungata dei farmaci neurolettici o timoanalettici, spesso mal tollerati dalle persone anziane. Il sospetto della natura emorragica di un pregrcsso ictus non controindica l'uso della papaverina, la cui azione vasodilatatrice - non brutale - non può rinnovare l'emorragia.


In definitiva, la papavcrina restituisce la più elevata capacità funzionale dell'encefalo, compatibile con l'entità delle lesioni arteriosclerotiche già instauratcsi, riattivando il flusso cerebrale mediante lo s~abi.lirsi di cirroli anastomotici di supplenza. Inoltre la papaverina esercita una notevole azione anti - edema nei territori encefalici colpiti da disordini circolatori c si oppone alla vasocostrizionc riflessa in prossimità delle stesse lesioni. Il farmaco appare assai ben tollerato c praLicamente privo di fenomeni tossici secondari.

U congelamento in biologia.

E ' un argomeno di grande importanza, trattato m un <.xlitoriale dc La Presse Médicale (78, 1283, 1970). Una volta il congelamento si limitava alla crioterapia con neve carbonica nella cura di talune dermatosi. Oggi il congelamento può essere usato in biologia a titolo distruttivo od a titolo conservativo. Se si applica su un tessuto un gas ridotto allo ~taro liquido - per es. azoto - , senza particolari precauzioni, si uccide il tessuto, in quanto si ha congelamento ddl'acqua, scoppio delle membrane e delle strutture. Ma non tutto il tes~uto congeht completamente; raffreddato al di sotto di o", e~so entra in uno stato, che può giungere sino a - 15°, in cui i liquidi sono instabili, ma possono ancora a\·ersi reazioni in determinate condizioni. A -50°- 6o0 un tessuto può essere completamente cristallizzato e non si rilevano modificazioni fis iche. Questa inibiz.ìone delle funzioni chimico- fisidhe non è la stessa ad una data temperatura per tutte le reazioni della stessa catena. Come è noto, la congelazione distruttiva è usata contro talune specie di tumori, esterni ed interni, sopranutto nella chirurgia stcreotassica del morbo di Parkinson. Poichè la congelazione non lede i te~~uti, sono stati saggiati vari mezzi, tra cui la vetrificazionc che si ottiene con un raffreddamento rapido. Questo procedimento evita la grossa cristallizzazione nociva, ma è applicabile solo a strati molto sottili e con un raffreddamento che raggiunge - 190° in pochi millesimi di secondo. Ma pur con queste precauzioni la morte cellulare può aver~i per shock termico. Sono stati provati anche vari preparati anti-gelo (Latte, siero) ed i disidratanti (glucosio, etilene - glicolo). La sostanza che dà attualmente i migliori risultati è la glicerina, che è un disidratante leggero, penetra nelle cellule, è un moderatore e forma cristalli filtrati poco nocJvi per le celJule. Il congelamento a fine conservativo deve essere rapido, almeno nel 1° stadio (sino a - 30°), poi si abbassa lentamente la temperatura (2° stadio). Il disgelo deve essere anche molto rapido e si ottiene con un procedimento semplice: si immergono ;i tessuti glicerinati in un bagno di acqua a temperatura ambiente; essi si riscaldano e si liberano del glicerolo. Le applicazioni della conservazione con freddo intenso sono numerose (ibernazione, congelamento dei globuli rossi, degli spcrmatozoi animali o umani, ecc.). T trapianti congelati provocano minori reazioni di rigetto: è possibile, però, conservare tessuti od organi molto piccoli; difficilmente possono conservarsi organi di un certo spessore, in quanto la loro congelazione è troppo lenta. Tuttavia, in casi eccezionali, nell'animale si sono potuti trapiantare reni o cuori congelati per q unlchc ora. E' ancora da ricordare la liofìlizzazione, che è una essiccazione senza congelamento c che ha numerose applicazioni alimentari e farmaceutiche. Il suo ultimo e forse maggiore successo è la preparazione di innesti di cuce da cadavere nella cura degli ustionaù.


NOTIZIE MILITARI Riunione del Circolo oftalmologico romano presso l'Ospedale Militare di Anzio. Nel quadro degli incontri culturali tra medici militari e civili, si è tenuta nell'Ospedale Militare <:li Anzio il 15 novembre scorso una riunione dd Circolo Oftalmologico Romano, presidente e moderatore il Pro(. Bietti. Erano presenti il T en. Generale Medico Prof. Francescso Iadevaia, Direttore Generale delia Sanità Mjlitare; il T en. Generale Medico Santillo; il Colonnello Me<:lico Garra, Direttore dell'O~opedale Militare di Anzio oltre a numero~i docenti c specia listi della materia. Dopo una breve introduzione del Prof. Bietti, che è valsa a ridimensionare il quadro delle manifestazioni oculari oggi non frequenti nè significative, nel reumatismo articolare acuto, hanno preso la parola i diversi rclatori. Argomento principe della giornata il glaucoma la cui incidenza è in continuo aumento. Lwori sperimentali su farmaci che possiedono una azione ipotonizzante oculare, sono stati presentati da \'irno, Scullica, Pccori.Ciraldi, Missiroli. Pivctti-Pozzi, Leonardj. La descrizione di alcuni casi clinici, di particolare intere~sc ha concluso la rasscgn::t cui h:11lilo, tra gli altri contributi con proprie comunicazioni Lconardi, Bucci, Modugno, Piotti, Santillo, Repossi, Ciucci.


443 Promozioni nel Corpo Sanitario Militare. Da Maggiore a Ten. Colonnello MedJGo in s.p.e.:

T addeo Gaetano Pusino Guido Stanco Alvaro Privitclli Giuseppe Della Fazia Bruno Richiello Antonio Barbiera Edu::~rdo Alberti Lorenzo Pontillo Mario 1\'atoli Tindaro Enzo

Di Capua Giovanni Barzelloni Terenzio Moschetti Paolo Calabrò Vincenzo Pczzino Sebastiano Sgroi Antonino Tusei Liberato Tarquilio Aldo Salamone Gio~'Uè

Da Capitano a Maggiore Medico w t.p.e. :

Bianchi Tommaso Celesti Antonio Prestigiacomo Gaetano Gurrado Angelo Raffaele Barbagallo Nicolò Bernini Alberto Casula Rinaldo Stinco Gaspare Abbruzzese Vincenzo Ruhcra Giuseppe Sc::~ccianoce Rosario Cefalo Enrico

Cicconc Annunziato Silvestri Giuseppe La Cavera Enrico Consigliere Francesco Chirulli Franco Scagliusi Vincenzo De Santis Claudio Prezioso Enrico Liuzzo Basilio Di D iego Franco Pompilio Aldo

Da Maggiore a Ten. Col. Cflimico farmacista:

Giordano Italo

Gibilaro Salvatore

Da Capitano a Maggiore Chimico farmacista:

Acquaro Armando Valentini Gimcppe

~1cclaglia

L'Abbate Vincenzo

d'oro al merito della Sanità Pubblica.

Nel Noti?.iario militare del n. 3 (1971) di questo Giornale abbiamo riportato un elenco degli ufficiali medici ai qu:~li è stata conce~~a dal Signor Ministro della Sanità, la Medaglia d'oro al merito della Sanità Pubblica. Per una involontaria omissione non abbiamo incluso nell'elenco il nominativo dd Maggior Generale Chimico farmacista Maggiorelli prof. Enzo, al quale è stata conferita la suddetta onorificenza.


444 NECROLOGIO Generale Medico P rof. Mario Zollo. Jn data 23 giugno u.s. è venuto a mancare all'affetto .Jci suoi familiari, dei Colleghi del Corpo e di quanti ebbero ad apprezzarne le sue quaUtà il Gen. Mcd. ZOLLO Prof. Mario. Ufficiale di elevati meriti professionali c morali, entrò a far parte del Corpo Sanitario militare esercito nel 1938.

Dopo aver partecipato a varie operazionJ di guerra oltremare durante il secondo conflitto mondiale, venne succcssivamenrc assegnato in qualità di Caporeparto accertamento tbc. presso l'Ospedale MiUtare Celio in Roma, distinguendosi per l'alto grado di preparazione professionale. Libero docente in cisiologia, e speciilista in radiologia, ha assolto il delicato incarico con alto senso di responsabilità unito a profonda conoscenza della branca medica riguardante le malattie dell'apparato respiratorio sia per quanto atteneva alla Joro terapia sia por quanto ri[)ettcva le varie questioni di carattere medico - legale alle stesse connesse. Successivamente quale direttore presso lo stesso Ospedale Militare ha svolto con intclligenz:l, competenza cd alto senso di altruismo il delicato incarico, dimostrando anche in tale direzione le più alte doti professionali cd organizzative.


445 Recentemente era stato assunto in serv1210 presso il CeUegio Medico- Legale di Roma, dimostrando anche in tali man)ioni la sua competenza e larghezza di vedute. Alla inconsolabile famiglia, ai parenti ed a quanti ebbero a beneficiare del suo disinteressato ed illuminato aiuto v:u.lano le espressioni del più vivo cordoglio c.Ia parte della Sanità Militare.

Dir~ttor~

rcsponsahik· T en. Gen. Med. Prof. T. SANTILLO Redattore capo: Magg. Gen. Mcd. Prof. C. ARC HI'IìU Autorizzazione del Tribunale di Roma al n. 944 del Registro TIPOCRAFIA RECIONALE - ROMA -

1971


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SETTEMBRE • OTTOBRE 1971

ANNO 121° • FASC. 5

GIORNALE DI

MEDICINA MILITARE PUBBLICAZIONE BIMESTRALE A CURA DEL SERVIZIO DI SANITA DELL'ESERCITO

DIREZIONE REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE MINISTERO DEllA DIFESA-ESERCITO- ROMA s~dizione in

abb. e<»t. • Gruooo IV


GIORNALE

DI

MEDICINA

MILITARE

MINISTERO DELLA DIFESA· ESERCITO -

ROMA

SOMMAR i O MARcucciO L.: Il problema det rrapianri: la istocompaubilità

447

CAPO A. : n trapianto del perone pro tibia

455

o

BAsiLE R., BRAY E., LcctARDELLO S.: Momenti etiopatogenctici nella sindrome della flebotrombosi succlavio ·ascellare da sforzo .

471

MACGIORELL! E., CoNTI L.: Comportamento del materiale idrofilo di medica tura alla sterilizza7ionc con raggi gamma

483

SAcco N.: Patogenesi dell'acne volgare

490

CtAPPt F.: Problemi Yccchi c nuovi del fascio piramida1c

493

RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI .

499

SOMMARI DI RIVISTE MEDICO- M IL/T ARI .

509

NOTIZIARIO:

Notizie tecnico- scientifiche Lo srato nnuale della chcmiotcrapi:l antivirale Un nuovo vaccino contro la rabbia Una nuova formidabile arma contro il càncro Appello dd Presidente dcU'Organ.izzazionc europea per le ricerche sulle terapie dci tumori li ptù grande impianto d'Europa per la depurazione delle acque di scarico industriale - La Commissione delle Comunità Europee prepara un programma d 'azione in marena di protezione dell'ambiente - La lotta contro le metastasi - Pro>pctùve della biologia molecolare - Potenziare le difese naturali contro l'inquinamento - L'inquinameoto delle acque sotterranee - L'uso degli Note sul problema alimentare La 'iutcs1 artificiale additivi nelle sostanze :~limenrari delle cellule: suo stgnifìcaro, suo luturo - La contracezione orale - Ottenuta una pillola " settimanale » - Spcruncmazioni sull'uomo: conciliare erica e ~cienn - Medicina c auromnione: contnbuti attuali e prospettive future - Durata del periodo di degenza per infarto rniocardico acuto • Patogc:nc~i prevenzione c trattamento delle aritmie nell'infarto miocardico - L'organizzazione sanitaria in RussJa - Una clinica per la steriliz· zaztonc maschile - L'eritema da detersivo: m pericolo le massaie - Antibiotico per il trattamento dcll'osrcitc deformante (m. di Paget) - Scioglie i calcoli ti vecchio antibatterico - Scoperto un generatore di lcucociti Tassi di sopravvive01.a di pazienti tranati con emodialisi l! con trapianto renate. o

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SETTEMBRE· OTTOBRE 1971

ANNO 121 • fASC. 5

GIORNALE DI MEDICINA MILITARE PUBBLICATO A CURA DEL SERVIZIO SANITARIO DELL'ESERCITO

ISTITUTO D! PATOLOGIA GE:-IERI\I.r. DELL' U:-JIVERSIT\ DEG LI STUDI • !1,\IU Direttore : Prof. G. SoL., RISO CATTEDRA DI

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MEDIC \

Dtreuore l ne. : Prof. D. Ft ~l\llOI '

IL PROBLEMA DEI TRAPIANTI: LA ISTOCOMPATIBILITA * L. Marcuccio 1

D problema dei trapianti d'organi rappresenta seuz'altro uno dei ptu attuali e affascinanti campi d'indagine per la ricerca biologica e medica mondiale. Per di più, la sua attualità è continuamente sostenuta e vivificata dal g rande interesse che esso ha suscitato nell'opinione pubblica internazionale, soprattutto sulla base dei successi (anche se non sempre definitivi) che hanno coronato alcuni audaci tentativi di sosti tuzione chirurgica nell' uo mo di alcuni organi importanti (rene, polmone, fegato e, soprattutto, cuore). Ci è sembrato quindi non privo di interesse procedere açl una accurata disamina della letteratura mondiale relativa allo stato attuale delle conoscenze sui rapporti tra antigeni leucocitari, istocom patibilità e trapianti: è nota, del resto, l'importanza che rivestono gli studi di immunogenetica in questo particolare settore: il superamen to della barriera immunitaria contro i trapianti sembra infatti inevitabilmçnte condizionato dal conseguimento di risultati definitivi e completi in tema di tipizzazione degli antigeni tessutali , al fine di pervenire, con le maggiori probabilità di successo, all'effettuazione dei trapianti tra soggetti il più possibile tra loro istocompatibili. Il trapianto di tessuti viventi da un organismo ad un altro non è certamente un evento naturale : pertanto l'ospite, a difesa della sua integrità • Conferenza tenuta presso l'Ospedale Mìlirare di Rari nel luglio 1971. 1 Libero Docente di patologia gc n<.:rale; aiuto ordinario alla Canedra di microbiologia medica.


strutturale e funzionale, aggredisce l'organo trapiantato nel tentativo di distruggerlo. Medawar e Burnet individuarono la natura di questa reazione in un processo immunitario, scatenato da elementi circolanti immunologicamente competenti. Questi sono cellule appartenenti alla serie linfoplasmocitaria capaci di dare l'allarme nell'organismo in presenza di antigeni che esulano dal proprio codice genetico. L'entità della reazione è proporzionale alle differenze genetiche (ra i tessuti trapiantati ed i tessuti dell'ospite cioè al grado di istocompatibilità. Nei gemelli monocoriali e negli animali inbred, i codici genetici sono identici o molto simili e pertanto i trapianti non danno luogo a rigetto. Il trapianto tra individui geneticamente diversi, invece, causa reazioni di grado diverso, e addirittura violente, a seconda che la istoincompatibilità interessi un numero più o meno grande di antigeni ed in relazione alla forza degli antigeni stessi. Questi antigeni possono essere, infatti, o forti o deboli. La maggiore entità delle crisi di rigetto nel trapianto tra individui con marcata istoincompatibilità, rispetto a quelli con minori differenze genetiche, ha portato alla messa a punto del concetto di istocompatibilità. Lo studio di questo particolare problema della immunobiologia ha preso l'avvio dalle ricerche di Snell (1948), che aveva dimostrato il controllo genetico degli antigeni tissutali della compatibilità biologica. La sintesi degli antigeni della istocompatibilità è sotto il controllo di particolari geni o geni H (da Histocompatibility) che vengono ereditati secondo le leggi dj Mendel e sono generalmente considerati a carattere dominante. Gli antigeni di istocompatibilità sono presenti su tutte le cellule nucleate dell'organismo c variano da individuo ad individuo: sono dei veri e propri caratteri individuali regolati dai cromosomi. In uno stesso locus cromosomico possono avere sede più geni. Uno studio accurato di questi geni è stato compiuto nel topo poichè di questo animale esiste la possibilità di ceppi inbred. I geni H del topo vengono indicati con le sigle H - I, H - 2, ecc. e con esponenti (H -I 8 , H-r\ ecc.) per differenziare i vari alleli; se ne conoscono I I situati sugli autosomi ed uno ciascuno per i cromosomi sessuali X e Y. Il locus più forte, e quindi il più importante, è l'H- 2. Esso determina gli antigeni che danno luogo alle risposte immunitarie più vigorose, correlate con una rapida eli minazione dei trapianti e con l'elaborazione di anticorpi circolanti, che reagiscono con l'antigene eritrocitario Il (uno dei quattro gruppi ematici del topo) dando luogo a fenomeni di agglutinazione. Si conoscono più di 18 alleli del locus H - 2, che possono dare origine a più di 26 combinazioni antigeniche. Gli altri geni H hanno « forza » antigenica variabile, sempre però inferiore ad H- 2.


449 Circa la conoscenza di geni H in altri animali, poco sappiamo per mancanza o scarsità di popolazione inbred. Per quanto riguarda l'uomo, gli antigeni H, presenti su tutte le cellule nucleate, mancano, ovviamente, sulle emazie ed infatti la diversità del gruppo sanguigno non si oppone all'attecchimento dei trapianti. Sono invece presenti, se non tutti, quasi tutti sui leucociti e pertanto, gli antigeni della istoincompatibilità sono stati riuniti in un sistema chiamato HL- A (Human Leucocytelocus A) che comprende tutti gli antigeni variamente denominati dai diversi autori. Illocus che controlla il sistema HL- A comprende almeno due sub -loci, ciascuno dei quali controlla alleli multipli. Si tratta di un sistema abbastanza complesso essendo noti, fino ad oggi, ben 18 antigeni la cui distribuzione è regolata da numerose combinazioni possibili di alleli. Inoltre gli antigeni di questo sistema sono spesso associati tra loro. Lo studio di questo complesso antigenico è stato fatto su soggetti politrasfusi e su donne con ripetute gravidanze. Gli antigeni della istocompatibilità sono localizzati a livello della membrana cellulare c sono costituiti da complessi protidolipidici e glicoprotidolipidici con peso molecolare intorno a 50.000. In individui della stessa specie vi è, quindi, una diversità genetica cui corrisponde una differenza di natura chimica. Questa è responsabile della risposta immunitaria, mentre la in tensità della risposta dipende dalla divers~tà genetica della specie. Il polimorfismo antigenico è cosi notevole che è ben difficile trovare individui perfettamente compatibili al di fuori di gemelli monocoriali. Questo perchè a determinare la compatibilità tra donatore e ricevente vi è tutta una serie di fattori importanti: il numero complessivo dei loci, il numero degli alleli che può essere contenuto in ciascuno di essi, la frequenza di ciascuno allele nella popolazione generale e l'incidenza di associazione fra i loci stessi. Il destino del trapianto è determinato dai leucociti che sono i portatori principali degli isoantigeni. Ciò è stato dimostrato da Medawar nei conigli nei quali riuscì a provocare un rigetto di cute, a tipo di reazione secondaria, dopo aver ottenuto la immunizzazione con una iniezione di lcucociti del donatore. Gli antigeni della istocompatibilità o leucocitari, vengono distinti in forti c deboli, a seconda della loro capacità di scatenare una risposta immunitaria più o meno violenta. Agli antigeni forti sono connesse le differenze di compatibilità paragonabili per intensità alle differenze esistenti tra i gruppi del sistema ABO, mentre gli antigeni deboli presentano tra loro differenze meno marcate, paragonabili a quelle esistenti tra i sotto- gruppi ematici Kell, D uffy, Lewis. Il più forte antigene leucoci tar io umano è l'A - 2.


E' utile, ora, esarrunare il meccamsrno di rigetto dei trapianti s1a per dimostrare che si tratta di un fenomeno di iperscnsi bilità ritardata, sia per valutare i diversi modi di « condizionare » un trapianto, sia. infine, per vagliare le prospettive, nel futuro, dei trapianti stessi . Un trapianto incompatibile, ad esempio di cute, tra ratti di ceppi differenti, viene respinto in circa ro giorni: tale risposta va sotto il nome di reazione primaria da omotrapianto. L'animale che ha rigettato il tessuto estraneo rim ane sensibilizzato a lungo con tro gli antigeni di istocompatibilità dell'animale donatore, cosicchè un secondo trapianto di cute dello stesso donatore verrà eliminato più violentemente e più celermente (3- 4 giorni). Si avrà così la reazione secondari a da omotrapianto. La reazione secondaria equi vale dunque al la risposta anamnestica degli anticorpi solubili. Però sia la risposta primaria che secondaria dell'omotrapianto sono fenomeni di ipersensi bilità ritardata, mediata da elementi lìnfoidi tant'è che la sensibilizzazione è trasferibile passivamente con cellule, ma non con siero, ad eccezione dei trapianti di cellule isolate (mi lza, linfanodi, midollo osseo, timo) che vengono eli m inati per l'inten•ento di anticorpi solubili citolitici e dd complemento. La reazione di rigetto avviene solo se le vie linfatiche dirette dal sito dell'innesto ai linionodi regionali sono intatte. n modo con cui gli antigeni di istocompatibilità raggiungono i linfonodi è quasi del tutto sconosciuto. E ' probabile che essi si liberino in forma solubile o che si tratti di frammenti di r.ell ule lisate o, ancora, che i linfociti dell 'accettore giungono all 'innesto attraverso il circolo ematico che precocemente si ristabilisce. I linfociti, in tal modo, si sensibilizzano e si ritrasferiscono ai linfonodi tributari. In queste sedi si assiste alla trasformazione dei piccoli linfociti in immunoblasti ; a loro volta, questi, producono nuovi piccoli linfociti immunologicamente impegnati che circolano nel sangue, invadono l'innesto in numero sempre crescente e lo distruggono. Le cellule linfoidi distruggerebbero il trapianto sia accumul andosi dentro ed intorno ai vasi comprimendoli ed ostacolando l'afflusso di sangue all'innesto, che mediante una azione citopatoge na diretta sulle cellule del tessuto trapiantato. In linea di massima, gli anticorpi circolanti che si formano dopo un trapianto non intervengono nel rigetto di un tessuto solido m a di cellule isolate, com e già detto, e soprattutto di cellule emolinfopoietiche, in associazione al complemento. Poìchè, quindi, il rigetto non è che la risposta immunitaria dell'organismo ricevente agli antigeni della istocompatibilità, l'accettazione del trapianto è un problema immunologico che si cerca di risolvere sia m ediante la selezione dei donatori sia m ediante un « condizionamento » o dell'innesto o dell'accettore.


45 1 La selezione dei potenziali donatori si attua al fine di evitare le più grossolane differenze antigeniche tra donatore e ricevente. I metodi di selezione consistono in prove di innesto diretto o in reazioni sierologiche o in reazioni biologiche extracorporee. L'innesto diretto consiste nell'innestare nel futuro accettore del trapianto frammenti di cute di ogni possibile donatore. Sarà prescelto quel donatore il cui frammento cutaneo è sopr avvissuto più a lungo. Questa prova però viene eseguita nella modificazione cosjddetta del << terzo uomo» per evitare di indurre nell 'accettore una ipersensibilità sfavorevole per il successivo trapianto. In un terzo soggetto vengono innestati vari frammenti di cute, prima del futuro ricevente e, poi, dopo il rigetto, di diversi probabili donatori. Tra questi ultimi frammenti, quello che viene rigettato più rapidamente indica il futuro donatore perchè, evidentemente, possiede più antigeni in comune con l'accettore. Le reazioni sierologiche sono o di tipizzazione dei leucociti o di confronto dei leucociti. Nella tipizzazione si cimentano sospensioni di leucociti (sia polimorfonucleati che mononucleati) tanto dell'accettore che del donatore con antisieri monospecifìci alla ricerca di una identità di risposte di agglutinazione. La prova è scarsamente attendibile poichè gli antigeni granulocitari non sono necessariamente simili a quelli linfocitari. La prova di confronto dei leucociti utilizza invece solo linfociti che vengono studiati in base all'effetto citotossico esercitato in vitro da isoantisieri specifici in presenza di complemento. Il donatore sarà quel soggetto i cui linfociti avranno dato gli stessi risultati dei linfociti del ricevente. Questo metodo è debole perchè i sieri immuni utilizzati non sono monospccifici. Le reazioni biologiche extracorporee si basano sul fatto che i leucociti del sangue periferico contengono una quota di linfociti (imrnunologicamente competenti) capaci di rispondere attivamente ad un determinato stimolo antigenico in ambiente appropriato. Esse comprendono: la prova di trasferimento dei linfociti normali, la prova del criceto irradiato, la reazione da cultura mista leucocitaria. La prima, eseguita originariamente in cavie, ha dato risultati molto poco soddisfacenti nell'uomo e tutt'al più serve per escludere donatori grossolanamente incompatibili. La seconda prova, che consiste nell'inoculare un criceto irradiato letalmente miscele di linfociti prelevati nell'accettore e dai presunti donatori e nell'osservare una eventuale reazione infiammatoria locale, è bi -direzionale poichè le cellule dell'accettore reagiscono con quelle del donatore con possibilità di risultati equivoci. La reazione da coltura mista leucocitaria è mono- direzionale ed impiega i macrofagi dell'accettore posti ad incubare in un medium idoneo e separati poi per decantazione dai linfociti insieme al medium di coltura. Ai macrofagi vengono aggiunti i linfociti del probabile donatore: si può assistere alla trasformazione dei linfociti in immunoblasti quale espressione di incompatibilità.


Il « condizionamento>> indica qualsiasi trattamento, eseguito sull'innesto o sull'accettore, capace di ostacolare la reazione di rigetto. Sull'innesto si può agire in vari modi: selezione di donatori immunologicamente immaturi cioè con tessuti che dovrebbero avere una scarsa antigenicità, con l'adattamento in ambiente ostile per favorire una prolungata sopravvivenza, con lo sviluppo preferenziale di cloni cellulari tollerati dal ricevente, con la trasformazione degli antigeni da trapianto in modo da non essere più capaci di provocare una reazione immunitaria, con il trasferimento di un frammento di un cromosoma ad un altro durante una divisione cellulare. Si tratta però, almeno per ora, di metodi che hanno solo interesse teorico. I tentativi di condizionare l'ospite sono, invece, assai più numerosi e fruttuosi dei precedenti ed alcune tecniche sono ormai di uso corrente nella clinica. Il condizionamento può essere aspecifico o specifico. Aspeciiicamente si ricorre all'irradiazione dell'ospite, all'impiego di immunosoppressori, alla tirnectomia neonatale, alla somministrazione di sieri an ti l infocitari. L'irradiazione dell'ospite fa sorgere il problema di come assicurare le difese organiche contro le infezioni, gravemente compromesse quando appunto l'effetto radiante abbia agito in dosi sufficienti a reprimere la reazione immunitaria. Gli immunosoppressori - orm oni steroidi, sostanze alchilanti radiomimetiche, antimetaboliti, actinomicina, cloramfenicolo, acido .: - aminocapronico - largamente impiegati con efficacia, deprimono anche le difese dell'organismo e, per lunghi trattamenti 0a qualcosa è comune), danno luogo a manifestazioni di intolleranza: si sono riscontrati casi frequenti di agranulocitosi, pancitopenie ed epatiti. L'asportazione del timo è positiva nel ratto neonato ma scarsamente utile nell'anima·le adtùto tant'è che oggi si ammette l'esistenza di un fattore timico umorale dimostrato da Levej e Law mediante trapianto endoperitoneale di timo racchiuso in camera a micropori con impossibilità, pertanto, dei linfociti a superare i confini del trapianto. La capacità dei sieri anti- linfocitari, ottenuti da conigli e da cavalli trattati con linfociti di dotto toracico o di gangli linfatici periferici di una specie differente, di agglutinare e di lisare le cellule bersaglio sia in vitro che in vivo era già nota a Metchnikoff (1899) ed a Besredka (r9oo) ma solo da qualche anno, in seguito all'individuazione degli stretti rapporti intercorrenti tra linfociti ed immunità, si è pensato di utilizzarla in senso an tirigetto. Rappresentano un freno all'uso del S.A.L. la frequenza delle manifestazioni anafilattiche (da siero), la possibilità pratica della insorgenza di tumori (linfomi). Il condizionamento specifico consiste nell'indurre la cosiddetta « facilitazione immunologica» e la tolleranza immunitaria.


453 La facilitazione immunologica ci viene dalla oncologia sperimentale attraverso una esperienza interessante. Se si inocula in un animale cellule tumorali provenienti da un altro ceppo della stessa specie, si osserva il classico rigetto. Se si fa invece precedere al trapianto la somministrazione di un filtrato acellulare di tessuto tumorale, la risposta antitrapianto non avviene e le cellule neoplasticbe inoculate si moltiplicheranno normalmente. La natura immunologica di questo fenomeno è attestata dalla possibilità di indurre passivamente, mediante siero c cioè mediante anticorpi (< protettori», una tolleranza al trapianto. Ciò si spiega ammettendo che nel ricevente non vi sia ri sposta immunologica di tipo cellulare. Si è ancora in fase di sperimentazione c sebbene il fenomeno della facilitazione non sia sempre, facilmente, ottenibile, si può prevedere che si cercherà di utilizzarlo per favorire l'attecchimento di trapianti nell'uomo. Con il termine di tolleranza immunitaria si indica la mancata risposta immunologica di un animale adurlto ad un antigene che gli sia stato somministrato nel periodo pre- o neo- natale, di immaturità immunologica. La tolleranza si accompagna a due interessanti fenomeni: necessità di permanenza dell'antigene; possibilità d'interrompere la tolleranza iniettando cellule linfatiche normali ricavate da un soggetto della stessa specie. Nell'uomo tale fenomeno - possibile - non è stato ancora applicato perchè comporta l'isolamento su ampia scala di « antigeni di trapianto » specifici per ogni organo e tessuto. Ciò si può però ottenere coltivando in vitro cellule di organi e tessuti umani in grande quantità. La tolleranza immunitaria costituisce, ogb>i, la via più promettente che potrà permettere, in un futuro più o meno prossimo, di abbandonare gli altri mezzi di condizionamento rappresentando il sistema ideale di difesa contro il rigetto dci trapianti in quanto lascia integro il sistema immunologico di protezione antinfettiva.

A conclusione si elencano gli indirizzi di ricerca dai quali scaturiranno i futuri progressi, desunti da controlli a distanza di numerosi trapianti renali: 1) perfezionamento e generalizzazione dci metodi di tipizzazione tissutale;

2) isolamento allo stato di purezza degli antigeni cellulari; 3) scoperta di nuovi immunosoppressori che siano atossici e ad azione selettiva sul meccanismo che sta alla base di questo tipo di risposta immunologica; 4) eventuale sfruttam ento dei dati relativi alla « facilitazione unmunologica » ;


454 5) preparazione di S.A.L. sempre più specifici, isolando eventualmente i piccoli linfociti destinati alla loro preparazione; 6) utilizzazione di antigeni tissulari altamente purificati per indurre una sempre più efficace e duratura tolleranza immunitaria nel ricevente in vista del trapianto. Tutto ciò realizzandosi, è facile formulare la previsione che l'attuazione dei trapianti diventerà più frequente, perdendo l'attuale caratteristica di terapia d'eccezione.

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JL TRAPIANTO DEL PERONE PRO TIBIA * Tcn. Col. Med. Dott. A. Capo

fl trapianto del peronc pro tibia è un atto operativo col quale si cerca di restituire la funzione ad un segmento di arto, di CtiÌ sia leso nella sua continuità un osso, mediante la funzione temporanea o permanente dell'osso anatomicamente e hmzionalmenu:e vicino, ed inteso come organo, spostato quind i dalla sua sede con il proprio mantello di parti molli. Il trapianto di p. p.t. fu sempre considerato un rimedio estremo, da attuarsi nei casi di pseudoartrosi, in cui gli altri rimedi avevano fallito. Al perone quindi si chiedeva di sostituire la funzione meccanica della tibia, ipertrofizzandosi. Si era notato che tale ipertrofia, si aveva solo nelle gravi perdite di sostanza ossea, quando al trapianto veniva richiesta la sostituzione definitiva e completa del1e funzioni dell'osso leso. Invece nelle pseudoartrosi serrate, con scarsa perdita di sostanza, il trapianto p.p.t., attuato come rimcdiu estremo, quindi in un osso esaurito da ripetuti atti operativi, da trapianti osteometallici. da processi infettivi, ecc., mentre si fondeva con la tibia, non si i pertrofizzava, c modificava lentamente le condizioni del focolaio pseudoartrosico. Tale intervento fu perciò messo da parte in tale tipo di pseudoartrosi, ed attuato solo nelle gravi perdite di sostanza ossea. Con gli sviluppi assunti dalla traumatologia moderna, in rapporto alla frequenza dei traumi , il problema delle pseudoartrosi divenne dei più palpitanti. m entre le gravi perdite di sostanza da osteomielite divenivano sempre meno frequenti, dopo la scoperta dei chemioterapici, ed an tibiotici. Si tornò di nuovo ad esperimentare il trapianto di p.p.t. nelle pseudoartrosi con scarsa perdita di sostanza, ma sempre dopo aver tentato senza successo altri mezzi di cura. Mai fu studiata la vera azione locale generale di questa forma di trapianto che non è un semplice trapianto autoplastico al lembo nutritizio permanente. Tibia e perone costituiscono due organi che concorrono alla stessa funzione, e fra le loro funzioni hanno anche quella di sostegno. La malattia pseudoartrosica interessa l'organo osso dell'intero organismo, non è una sem plice discontinuità scheletrica, nè tutte le lesioni sono diretta o esclusiva conse• Lavoro pervenuto in Reda zione il 2 maggio 1971.


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guenza di tale discontinuità. Riparare la soluzione di continuo dell'osso, non significa guarire la malattia pseudoartrosica. Il trapianto del p.p.t. è la sostituzione di un organo con un altro organo funzionalmente simile; non è la semplice ricostituzione della funzione di sostegno di un osso discontinuo. Con l'intervento di p.p.t., noi trasferiamo tutte le funzioni del peronc sulla tibia lesa, sostituendone completamente la funzione che mancherà per intero (funzione dì sostegno nelle gravi perdite di sostanza diafìsaria), e stimolandone tutte le altre. Quest'azione sostitutiva elettiva, è propri a degli organi funzionalmente simili. Quindi quando esisterà una grave perdita di sostanza ossea, il trapianto pcroneale sostituirà completamente la f unzione di sostegno mancante, ed il suo adattamento funzionale si manifesterà anche con ipertrofia. Nei casi in cui la perdita di sostanza sarà scarsa, il perone si limiterà solo a stimolare tutte le funzioni dell'osso leso, come nessun altro trapianto potrà fare, ma dovendo sostituire solo in parte la funzione di sostegno, l'ipertrofia verrà a mancare (il che non vuol dire che è mancato l'adattamento funzionale del trapianto, perchè l'ipertrofia non è che uno degli aspetti dinamici di tale adattamento). Non dobbiamo perciò meravigliarci quando in una pseudoartrosi serrata o semilassa, ribelle ad ogni cura il trapianto peroneale non si ipertrofìzza. E' ovvio che le lesioni pseudoartrosiche dell'organo osseo, saranno tanto più suscettibili di reversibilità sotto lo stimolo dell'organo trapiantato, quanto meno gravi esse saranno. Un organo esaurito da precedenti trapianti osteometallici, traùmi operatori, infezioni, risponderà meno all'azione stimolatrice del trapianto. L'azione di tale tipo di trapianto va studiata nelle pseudoartrosì semplici e recenti. Al trapianto peronealc potranno richiedersi due compiti : 1) la sostituzione e definitiva e completa delle funzioni dell'osso leso, quindi non solo ricostruzione della funzione statica, ma anche di quella dinamica, normalmente devoluta al perone, e ciò quando il complesso osseo-muscolo-nervoso, abbia subìto gravi lesioni; 2) la sostituzione o il trasferimento delle funzioni dinamiche di norma devolute al perone, sull'osso leso, perchè consolidi il (ocolaio pscudoartrosico. Si verrà in tal modo a sottoporre l'osso leso, ad una quantità di sollecitazioni muscolari, che associate a quelle del carico, ripristinate dal trapianto rappresenteranno uno stimolo efficace per la consolidazione delle discontinuità scheletrica, e per la guarigione della malattia pseudoartrosica. Ciò naturalmente sarà possibile quando le lesioni del complesso osseo- muscolo- nervoso non siano di grave entità c siano ancora suscettibili di reversibilità. In questo caso il perfetto adattamento alla funzione statica dell'osso trapiantato (con presenza anche di ipertrofia peroneale) non è richiesta. Riepilogando in questo secondo caso tr asferiamo un osso inteso come organo funzionante, sull'osso vicino, leso nei suoi vari costituenti, perchè


457 ripari le sue lesioni, sotto l'azione complessa locale generale di tale tipo di trapianto. L'azione del trapianto perone e tibia dipende in parte dal fatto che l'osso in tali condizioni ha il valore di un trapianto al lembo permanente e di tali trapianti conserva i notevolissimi vantaggi, ma dipende soprattutto dal fatto, che le due ossa della gamba, costituiscono una unità fun zionale.

CONPIZIONI ANATOMOFISIOPATOLOGICHE CHE VENGONO A DETERM:INARSI NElLE PSEUDOARTROSI, E CHE SONO All.A BASE DELLA MALATTIA PSEUDOARTROSICA.

Dalle terminazioni nervose periferiche degli organi del movimento, giungono in condizioni normali, numerosi impulsi ai centri nervosi, destinati a mantenere la vitalità. Dai centri partono nuovi impulsi, che raggiungono gli organi periferici, regolandone tra !'-altro il trofismo. I riflessi sono mantenuti da eccitazioni centripete, che partono dall'organo su cui il riflesso si scatena. Nelle lesioni di qualsiasi componente dell'organo deputato al movimento, i centri nervosi ricevono un numero minore di stimoli e diversi dal normale, per cui ne inviano alla periferia, in numero ridotto. Essi stessi vengono quindi a perdere anche le funzioni più complesse, quali l'educazione, a compiere i vari movimenti, che è promossa appunto da stimoli centripeti. Il movimento è la funzione dell'apparato motore, ed il fattore di maggiore importanza per la vitalità degli organi centrali e periferici. Nelle discontinuità scheletriche, è perduta Ja capacità del movimento. I muscoli ritornano nel loro equilibrio elastico, venendo meno quella distanza elastica, che dipende dalla distanza dei punti d'inserzione, e che tanta importanza ha come stimolo per la vitalità del muscolo. Anche il tono muscolare è perduto. Il muscolo si assottiglia, si anemizza, il connettivo interfascicolare prolifera, l'elemento nobile, la fibra muscolare, va incontro a processi regressivi. 11 muscolo leso non è più in grado di assolvere alle sue funzioni (tra l'altro intermediari? negli scambi metabolici tra osso e sangue, ed organo di trasmissione per i riflessi che dalla cute, si portano negli organi più profondi, ecc.). Anche la cute viene ad essere interessata nel processo, rappresentando un organo riflessogeno, il cui trofismo quindi è regolato anche dagli stimoli centripeti, che partono dagli organi su cui i òflessi si scatenano. F u Codivilla che per primo enunciò principi meccanici di notevole importanza « la diafisi del perone che viene trapiantata deve essere messa nelle stesse condizioni statiche della diafisi tibiale, e cioè l'asse longitudinale del pezzo trapiantato, deve corrispondere esattamente all'asse longitudinale della tibia, in tal guisa le ossa della gamba e le articolazioni vicine, ricevono in modo normale gli stimoli statici ·e meccanici. La riunione fra tibia e perone dovrà effettuarsi per il moncone tibiale superiore, in modo tale e quale che per l'inferiore, quindi non dovrà essere latera -laterale, ma per ognuno dei capi termino- terminale » (Codivilla).


Codivilla voleva inoltre che fossero lasciati legami periostei. che sarebbero divenuti ossei in secondo tempo, fra le epifesi peroneali e la diafisi trapiantata, e ciò per due ragioni: 1) perchè la testa del perone offrisse come di norma ,, un punto fisso agli attacchi legamentosi e tendinei >>; 2) perchè al mortaio tibia- peroneale, non fosse sottratta la funzione importante del malleolo esterno. L'applicazione più geniale del p.p.t. fu fatta da Putti nel 1933 nelle pscudoartrosi congenite della gamba, innestando il pcrone a ponte, nel seno formato dai capi tibiali pseudoartrosici, e quando il trapianto era bene atticcbito, rcsecando l'angolatura anteriore della tibia. « Si è pensato di raggiungere lo scopo, non già operando sul focolaio di discontinuità, ove particolari condizioni ambientali vietano l'evoluzione di qualsiasi processo riparativo, c tanto più impediscono l'attecchimento di qualsiasi materiale importato, ma a distanza di esso, !ungi quindi dall'azione dissolutrice degli enzimi, che portano fatalmente ad un rapido disfacimento, e ad un vero processq di digestione del tessuto osseo che è in sede, o che da altra vi è trasportata >> (Putti). Cn:Nr DI ANATO~IJA FfSIOl OCICA E MECCANICA DELLE DUE OSSA DELLA GAMBA.

In condizioni normali alla tibia è affidato soprattutto lo sforzo statico, al perone quello dinamico. La tibia è sottoposta ad una sollecitazione principale di pressione che è il carico, ed a sollecitazioni secondarie muscolari. Le sollecitazioni muscolari possono agire: 1) parallelamente all'asse della gamba e non esplicano allora azione flettente; 2) formando un angolo acuto con l'asse dell'osso; azione flettente; 3) agendo tangcnzialmente all'osso, e facendolo ruotare sul suo asse. Alla membrana interossea, è stata attribuita da Feuler una vera e propria funzione meccanica. Trasmetterebbe infatti al perone le pressioni e trazioni esercitate sulla estremità prossimale della tibia. Leriche sostiene che le due ossa della gamba riunite fra di loro dalla membrana interossea, costituiscono un « sistema di travi a graticciata, che fornisce con minor materiale, una resistenza, che per essere fornita da un osso solo esigerebbe una massa di materiale maggiore 11 . Nella sostituzione del perone alla diali si tibiaJe la funzionalità ed il giuoco muscolare della gamba non ~i alterano gran chè. Sulla diafisi peroneale prendono inserzione un numero maggiore di muscoli che non su quella tibiale. Inoltre i più importanti muscoli flessori ed estensori, prendono inserzione non sulla diafisi tibiale, ma sui condili femorali (gastrochcmio), o contemporaneamente sulle teste tibiali c peroneali, e quest'ultima viene lasciata in sede nell'intervento di p.p.t. Gli estensori, ~eronei ECD ed EPA, sono


4'59 attaccati al perone. Sono i flessori che si attaccano alla tibia, ma anche alla membrana interossea, che venuta a mancare la diafisi tibiale, dipende dal perone. Inoltre rimanendo in sede i due malleoli, non viene disturbata la funzione di quei muscoli che hanno bi sogno della puleggia al di sotto di esso.

CIRCOLAZIONE DELLE OSSA LUNCIIE.

Lo studio del circolo delle ossa lunghe studiato speri mentalmente da Caeiro e Mainetti, ha permesso di trarre le seguenti conclusioni. Esistono tre circuiti ben differenziati: 1) circolazione periostea: formata da rami molto tenui che penetrano per la linea mediana nella gamba, seguendo la membrana interossea. Sono più abbondanti verso l'epifisi. Raramente perforano la compatta diafisaria. In genere il circolo periosteo è molto povero; 2) circolazione epìfisaria: nasce dalla grande rete che circonda l 'epifisi. E' indipendente dal circolo diafisario. l vasi penetrano nell 'epifisi per vari punti, specie per la parte laterale, seguendo la direzione della carti lagine di coniugazione; 3) circolazione diafìsaria: proviene dall 'arteria nutritizia, che raggiunto il canale midollare, si divide in due rami. Il ramo inferiore è più voluminoso. Dal punto di pcnetrazione dell'osso, fino al punto di suddivisione (terzo medio dell'osso), non dà alcun ramo collaterale. Termina in fini ramificazioni, che si dividono c suddividono sempre di più, lontano dalle cartilagini di coruugazione. TIBIA.

1) Circolazione epifisaria, è ricca, a numerose anastomosi con la ci rcolazione periostea. Esiste un'arteria nutritizia indipendente, di calibro importante che penetra al livello della tuberosità interna, e che è costante. 2) Circolazio11e periostea, scarsa o nulla al livello della diafisi, abbondante al livello dell 'epifisi. 3) Arteria nutritizia, che penetra al terzo superiore e si divide in due rami, essendo il più importante quello inferiore, che arriva fino in vicinanza dell'epifisi distale. Il ramo superiore è piccolo. Nel terzo m edio il ramo inferiore non dà col laterali. La diafìsi a questo punto è male irrorata. Nei punti di inserzione dei muscoli sull'osso, sostiene Tandlcr, passano attraverso il periostio tutta Lma serie di vasi di gran calibro, che si dividono in una rete di piccoli vasi. l casi da noi studiati sono costituiti da pseudoartrosi di vecchia data, postraumatiche, già trattate senza successo con trapianti osteometallici, o da pscudoartrosi con gravi perdite di sostanza, secondarie ad osteomieliti. E' necessario quindi che noi ci soffermiamo sulle alterazioni determinate nell'osso, dal processo osteomielitico, dai precedenti trapi anti ostcometallici, e dal processo di pseudoartrosi di vecchia data.


OsTEOMIELITE.

Nelle forme croniche si osserva un quadro anatomo- patologico complesso, formato da un lato di ascessi, fistole e sequestri, dall'altro di distruzioni ossee (porosi) e di processi di neofor mazione (sclerotizzazione). Il tessuto di granulazione, mentre da una parte distrugge la tela ossea, dall'altro lato, per ncoformazione ossea crea valide difese verso la distruzione infiammatoria. Tratteggiamo a grandi lince il quadro anatomo- patologico del difetto osseo osteomielitico, di questa entità morbosa. li difetto osseo si verifica allorchè a causa della virulenza dei germi , una porzione piuttosto estesa di osso c di periostio cade in necrosi, perdendo il potere di rigenerarsi. Lo si osserva soprattutto nella porzione diafisaria delle ossa lunghe, dotata di una maggior facilità a cadere in necrosi a causa della minore autonomia vasale. L'infermità è messa in rapporto anche col trattamento terapeutico impiegato. Era molto frequente in epoca pre- antibiotica. L a perdita di sostanza in genere è notevole. I monconi ossei residui sono conici affilati, atrofici, riuniti da tessuto fibroso nel quale si possono osservare zone isolate di calcificazione. Nel tessuto osseo rimasto re~tano dimostrabili anche radiologicamente i segni del processo osteomielitico cronicizzato. Estese cicatrici della cute soprastante, con le ripercussioni sul circolo dei tessuti sottostanti, il microbismo latente dei tessuti viciniori, focolai osteomielitici sopiti nei capi ossei, sono queste le caratteristiche della malattia osteomielitica; sono queste le cause fondamentali dell'insuccesso dei trapianti specie osteomctallici. PsEUDOARTROSJ.

Codivilla distingueva pseudoartrosi recenti, in cui esistono ancora tessuti stimolabili ad una produzione ossea, e pseudoartrosi antiche in cui ogni potere osteogenetico è perduto o comunque insufficiente. Da un lato l'osso perde, col progredire del processo, in intensità, ed in massa, dall'altro ed in modo proporzionale, si sviluppa il connettivo fibroso, denso, stipato, povero di vasi c di cellule. Le m atrici ossee si trasformano, perdendo sempre più le loro proprietà originarie. Nei capi di pseudoartrosi, l'attività ostcoblastica è spesso deficiente su tutta l'estensione dell 'osso, quindi anche a distanza del focolaio di pseudoartrosi. La terapia, naturalmente deve essere diversa, nelle pseudoartrosi recenti ed in quelle di vecchia data. ln queste ultime spesso falliranno i trapianti liberi, ostcometallici, a causa della profonda distrofia dei monconi ossei. Solo un osso dotato di buone capacità reattive dà possibilità ai trapiant: liberi, e soprattutto osteometallici, di poter esplicare nel miglior modo possibile le loro funzioni contentive. Un trapianto libero sostiene Codivilla in un terreno così distrofico, vive di vita stentata, il processo di riabilitazione, è più lungo, c maggiori quindi le probabili tà di frattura e di insorgenza di


processi infettivi. Ecco quindi che nelle pseudoartrosi di vecchia data, le migliori indicazioni sono per il trapianto a peduncolo permanente secondo H ahn. Le cause anatomiche di pseudoartrosi e di ritardo di consolidazione, nelle fratture del terzo medio - inferiore della tibia sono: r) la tibia non dà attacco a nessun muscolo al terzo inferiore; 2) secondo Cretin il muscolo rappresenterebbe una tappa importantissima tra sangue ed osso. Specie durante i processi riparativi delle fratture, il muscolo assorbirebbe il calcio dali 'osso e lo cederebbe al sangue, e viceversa. Intimi sono infatti i rapporti fra circolo muscolare e circolo dell'osso; 3) la cute che riveste il terzo inferiore della gamba, dovendo ricoprire solo tendini, è meno elastica e si lascia distendere scarsamente da versamenti che ne compromettono la vitalità. Una cute sarJa, ben nutrita, è fattore eli prim'ordine nella consolidazione delle discontinuità ossee; 4) il frammento inferiore non essendo ancorato da fibre muscolari, si sposta con molta facilità, opponendosi ad una riduzione stabile. Inoltre tale frammento, o parte di esso, si trova sempre in condizioni di vita precaria; 5) i muscoli che corrono ai lati, a causa della deviazione dell'asse tibiate, hanno tendenza ad interporsi fra i capi di frattura. Fra le cause locali di pseudoartrosi, vanno annoverate anche gli interventi chirurgici troppo frequenti, o nel trattamento di fratture recenti, o durante i ritardi di consolidazione, i mezzi metallici di ostiosintesi, l'entità del trauma, che può determinare la necrosi delle parti molli e dei monconi ossei. Caeiro e Mainetto, propongono la seguente classificazione delle pseudoartrosi d! tibia : tipo: pseudoartrosi terzo medio. Subito al di sopra del foro nutritizio. La frattura ha determinato la rottura o la trombosi di un ramo principale dell'arteria nutritizia. Il frammento superiore è atrofico, a limiti ben marcati, conico, in preda ad osteite rarefacente nell'apice, ed incappucciato da tessuto fibroso, che non permette ai rami periostei , già scarsi, di poter raggiungere, con uo circolo supplettivo, l'osso. L'irrorazione del frammento superiore avverrà attraverso i rami anastomotici midollari ed epifisari, che non sono però così numerosi, da permettere una riparazione ossea. n frammento inferiore invece, irrorato da un ramo principale dell'art~ria nutritizia, è a forma di coppa con notevole attività osteogenetica; 0

T

2 " tipo: pseudoartrosi del terzo medio. Subito al di sotto del foro nutriti zio. Si ha la condizione opposta del 1° tipo;

f tipo: pseudoartrosi del terzo superiore o i11feriore della diafisi tibiale, molto vicino all'epifisi. Tale localizzazione è poco frequente. Le due superfici di frattura hanno gli stessi caratteri. La prima corrispondente al segmento in rapporto con l'arteria nutritizia, trovandosi più lontana da questa,


e meno rigogliosa del frammento corrispondente dei due tipi precedenti. La superficie epifisaria, trovandosi in vicinanza della cartilagine di coniugazione, ricca di vasi, ha gli stessi caratteri della superficie sottostante;

4" tipo: pseudoartrosi del terzo medio con perdita di sostanza. Essendo stata distrutta l'arteria nutritizia, i segmenti ossei sono nutriti dalle anastomosi con i rami epifìsari; tali anastomosi, non sono però sufficienti per un processo riparativo osseo. I due capi molto simili anatomicamente, si presentano atrofici, concentricamente, cd avvolti da cappuccio .fibroso. Evidentemente in questo 4o tipo, un trapianto libero, ha poche probabilità di riuscita, e negli altri tipi il falJimento del trapianto, corrisponde sempre ad un capo di pseudoartrosi: quello più atrofico, meno irrorato. Un trapianto invece a peduncolo permanente, ha probabilità molto maggiori di riuscita, in quantochè l'impianto dei suoi estremi avviene nella zona meta.fisaria, prossima alle cartilagini di coniugazione, e quindi, bene irrorata. ~ella nostra casistica le pseudoartrosi in tre casi appartenevano al I 0 tipo, di Caeiro e Mainetto, in tre casi al 3o tipo, gli altri casi al 2 ° tipo. Le pseudoartrosi secondarie ad ostcomieliti ematogene appartenevano al 4° tipo. CH!OOO METALLlCO.

Il chiodo metallico può determinare una reazione ossea: r) con azione di corpo estraneo indifferente; 2) in base alle sue proprietà chimico- .fisiche; 3) a causa della sua mobilità nell'osso. L a prima reazione soltanto è inevitabile. L 'osso non resta indifferente alla presenza della protesi metallica, anche se di acciaio supcr inossidabile. L'osso si difende in tre modi, dal corpo estraneo introdotto, come qualsiasi altro tessuto: 1) cerca di respingerlo (inflammazione blanda, suppurazione); 2) cerca di riassorbirlo (corrosione, fenomeni elettrolitici); 3) lo isola con una reazione sclerotica circostante. Le reazioni dell'osso dipendono da fattori costi h1zionali, individuali, dalla sede, dal tempo, ecc. L'aspetto radiologico di tali reazioni, è r appresentato, da osteoporosi, da ostcolisi, o da osteosclerosi. Il processo reattivo causato dalla protesi metalJica, si estende anche nelle immediate vicinanze. La funzione del chiodo endomidollare nelle discontinuità ossee, è quella di permettere che agiscano, sulle superfici di pseudoartrosi o di frattura, solo le sollecitazioni che si portano lungo l'asse, le uniche ad at:ione calloformativa. Nello stesso tempo rappresenta una protezione verso le sollecitazioni flettenti, per il tt;apianto, che sempre, nelle pseudoartrosi di vecchia data, va associato alla protesi metallica. Quando il chiodo sarà circondato da un guscio sclerotico, gran parte della sua funzione sarà esaurita.


Infatti se spesso sarà il guscio, le sollecitazioni di carico, non potranno più farsi sentire sulle superfici di frattura o di pseudoartrosi, e si scomporranno in sollecitazioni flettenti, che disturbano la formazione del callo, c rendono sempre più spesso il guscio sclerotico. Un metallo può stimolare l'osso in virtù delle sue proprietà chimico- fisiche, e con reazioni specifiche anatomopatologiche e radiografiche. Tali reazioni non sono più strettamente circoscritte alla protesi, ma si estendono a distanza, con aloni di osteolisi, circondati da aloni di sclerosi che gradatamente sfumano nell'osso sano, indice questo di una spina irritativa neJI'osso. Altra causa di reazione dell'osso al metallo, è la mobilità di quest'ultimo in seno all'osso stesso. Può essere dovuta a tecnica poco precisa d'1nfissione, o ad esagerate reazioni ostcolitiche circostanti. La protesi mobile irrita l'osso circostante, che cerca di riparare i danni provocati dal metallo sulle trabecole ossee. La protesi metallica, per le modificate condizioni locali c generali, cui dà luogo, favorisce l'instaurarsi di processi osteomielitici; le statistiche sono in proposito abbastanza eloquenti. n midollo è un organo depuratore, un emuntorio, in virtù della sua ~icchczza in elementi del sistema istiocitario. Le cellule di tale sistema, accorrendo sul focol aio infiammatorio, c trasformandosi da elementi mobili in fissi, perdono la caratteristica funzionale della macrofagia, e si liberano dei germi in clusi. Nelle osteom.ieliti, le protesi metalliche, danno sempre vivaci reazioni nell'osso. TRAPIANTI OSSEI.

La chi rurgia dci trapianti ossei è sorta proprio per riparare vaste perdite di sostanza, che i poteri rigenerativi dell'organismo, non erano in grado di sostituire. Il circolo linfatico e san guigno dell'osso è lento, tortuoso, lacunare, per cui l'osso trapiantato in maggiore o minor parte muore, non perchè la vitalità delle sue cellule, sia inferiore a quella degli altri tessuti, ma per impossibilità meccanica a contrarre rapidamente rapporti vascolo- nervosi con l'ospite. L'osso si nutre attraverso le sue arterie. Non è possibile arnmettersi che possa nutrirsi per scambi linfatici, prima che si siano ricostruite le sue vie arteriose e linfatiche, e ciò per la sua costituzione. Solo il periostco ed il midollo possono nutrirsi attraverso scambi linfatici, guando sono a contatto con l'ospite per larga su perficie. Sono queste le parti dell'osso che in un trapianto hanno maggior possibilità di sopravvivenza. Il trapianto in stato di sofferenza produrrebbe alcune sostanze (attivitatori specifici), che agirebbero da stimolo potente sul connettivo circostante, determinandone la proliferazione, lo sdifterenziam ento allo stato embrionario, ed in seguito la metaplasia ossea. Questa azione di stimolo pare che sia di natura catalitica, onde le tre funzioni del trapianto: r) azione catalizzatrice; 2) azione trofica, per apporto di sali; 3) azioue meccanica, rappresentando una trama per il


tessuto connettivo che prolifera. Le sostanze prodotte dal trapianto in stato di sofferenza, producono nell'organismo reazioni immunitarie e sierologiche, responsabili dell'attecchimento dd trapianto. Se esiste incompatibilità biologica, l'ospite uccide il trapianto, quest'ultin1o viene riassorbito, eliminato o sostituito con nuovo tessuto proveniente dall'ospite. Tutte le condizioni che abbassano i poteri immunitari dell'organismo, favoriscono l'attecchimento dei trapianti: azione contraria hanno i sieri e i vaccini introdotti nell'organismo. In un trapianto, azione diversa esplicano la corticale, c la spongiosa; la prima avendo un'alta differenziazione meccanica, a scarso potere osteogenerico, e più lento è il processo di riabilitazione, il contrario accade per la seconda. [ trapianti liberi costituiti esclusivamente di corticale, spesso muoiono senza essere sostituiti dal tessuto ospite, comportandosi come materiale inerte ben tollerato. Nel trapianto p. p.t. il perone si comporta come un trapianto peduncolato a lembo permanente. Tali trapianti v1vono di vita propria, ed assumono ben presto un'adattamento funzionale. Le modifìcazioni strutturali, che in tali trapianti si verificano dipendono esclusivamente dalle sollecitazioni statiche dinamiche, c non dall'ospite. Supponendo il perone trapiantato a successivi controlli radiolog1ci, non si è mai messo in evidenza una modificazione del tono d'ombra, o una modificazione dei rapporti fra compatta, spongiosa, c canale midollare. Tali argomenti indicano chiaramente che l'osso trapiantato non perde granchè della sua vitalità. l trapianti a lembo temporaneo, vivono di vita propria, ma non hanno una vita funzionale in un primo momento; l'adattamento funzionale come per i trapianti liberi è lento. I trapianti liberi invece non hanno una vita propria ed una vita funzionale. Il loro adattamento è subordinato al loro attecchimento, ed entrambi sono processi che si compiono molto lentamente, e dipendono da numerosi fattori locali e generali. Durante la fase in cui è massimo l'assorbimento osseo. e la sostituzione da parte dell'ospite, la loro resistenza meccanica è minima. Le possibilità di attccclùmento e di adattamento di un trapianto, sono inversamente proporzionali all'età ed al volume. Nelle vaste perdite di sostanza delle ossa lunghe, i trapianti liberi spesso falliscono. Essi infatti dovrebbero subito assolvere ai compiti fondam entali di funzion e meccanica, stimolatrice dell'ostcogenesi, mentre il loro attecchimento, ed adattamento funzionale è molto lento, ed il terreno ospite messo sfavorevole. Il trapianto a peduncolo permanente invece disponendo di una vitalità c di una vita funzionale propria, lo ripetiamo non dipende dall'ospite, ed attuato in tali condizioni è coronato quasi sempre da successo « la riuscita del trapianto alla Hahn; può dirsi costante; gli insuccessi, sono dovuti esclusivamente ad errori di tecnica, e soprattutto alla insufficiente fì~sazione del trapianto, ed alla sua inadatta disposizione sull'asse statico >> (Putti). Perchè il trapianto a peduncolo permanente possegga in sommo grado le sue caratteristiche, è necessario che venga prelevato da un osso perfetta-


mente sano e normale, ed il peduncolo mantenga intatti 1 suoi rapporti vascolo - nervosi. Tali trapianti possono essere attuati in numero limitato di casi. La fissazione nella nuova sede, determina spesso stiramenti sul pedun colo, con conseguenti lesioni nervose c vascolari. Grande attenzione dovrà porsi durante l'intervento a proteggere da traumatismi, i rami del SPE che provvedono all'innervazione delJ'osso . Il trapianto alla H ahn Huntington, è il principe dei trapianti autoplastici peduncolati, possedendo un lembo permanente. e di poco spostato dal suo ambiente fisiologico. Condizione fondamentale per una buona riuscita del trapianto, è che al più presto venga sottoposto agli stimoli funzionali, e nel modo più fisiologico e che sia quindi parallelo e vicinissimo alrasse di carico. Oggi vengono usati poco gli innesti autoplastici massivi (azione m eccanica), e si dà più importanza all'azione stimolatrice dei trapianti, affidando la ricostituzione meccanica della funzione dell'arto, ad una protesi metallica endomidollare. E' pure fra le condizioni fondamentali per la buona riuscita di un trapianto, vi è « prima la potenzialità meccanica secondo l'attitudine morfologica dell'elemento di trapianto a sostituire l'osso mancante >> (Putti). I trapianti ostco metaJI.ici da un punto di vista meccanico, hanno parecchi vantaggi : 1) l'infìssione solida del chiodo nei capi ossei, protegge le stecche trapiantate da movimenti di lateralità e di flessione che ne disturbano l'attecchimento; 2) il carico agisce sul trapianto, solo lungo il suo asse cioè nell a direzione migliore per il suo adattamento funzionale; 3) il carico può es.sere permesso più precocemente. Gli aspetti radiologici dell'evoluzione del trapianto sono: 1) la lisi marginale del trapianto, e sfumatura regolare dei suoi contorni, che ha un sigrli.ficato favorevole, in quanto indica l'attività invasiva da parte del tessuto ospitante. La persistenza invece di un 'assoluta nettezza di contorno, sta a significare la freddezza dell'innesto; 2) l'alone rarefattivo del letto d'impianto, non ha significato sfavorevole n ei primi tre- quattro m esi, e corrisponde alla lisi marginale dell'innesto. Se poi si prolunga oltre i sei mesi, e si accompagna a netta persistente delimitazione dei contorni del trapianto, è di cattiva prognosi; 3) la form azione di strutture ossee, morfologicamente e funzionalmente continue fra trapianto ed ospite, è segno sicuro di perfetta riabilitazione del trapianto. lPERTROFIA DEL PERONE TRAPIANTATO.

Nei casi di pseudoartrosi serrata in cui fu eseguita una ri union~ lateralaterale del pero ne alla tibia, non fu mai messa in evidenza una i pertrofia peroneale. Mai abbiamo notato quel rapido processo involutivo a carico dei monconi pseudoartrosici, manifestazione spesso di un osso che viene sottratto al carico. Al contrario, nella maggior parte dei casi abbiamo notato un miglioramento del trofi.smo della tibta, un graduale sia pur lento restringersi


della rima di pseudoartrosi, un ispessimento della trabecolatura, segni evidenti che la trasmissione del carico continuava ad effettuarsi anche attraverso la tibia. Il perone trapiantato, non è sottoposto in tale caso ad una sollecitazione di carico tale da richiedere una ipertrofia. E poi l'ipertrofia non è l'unica manifestazione c la manifestazione obbligata dell'adattamento funzionale di un osso. La resistenza meccanica di un osso non è dovuta esclusivamente, ne è direttamente proporzionale allo spessore della parete, ma anche ad altri fattori chimici c fisici (Ghebhardt). La radiologia non ci dà che una pallida idea delle complesse trasformazioni strutturali che avvengono ncJl'osso. Non ci mette in evidenza la struttura della compatta, di quella parte dcii 'osso cioè ad altissima differenziazione meccanica, e che trova la sua espressione nella direzione degli osteoni; e nulla ci dice la sua espressione nella direzione degli osteoni; e nulla ci dice sulle strutture di 2 n e 3o ordine. L'architettura interna dell'osso, permette una notevole economi a di materiale, ma il materiale costruttivo usato, dice Lerich è di gran lunga superiore alla intensità delle sollecitazioni alle quali l'osso è sottoposto. T ale materiale costruttivo raggiunge la sua più alta espressione nell'età adulta, e si riduce notevolmente nell'età senile. Ogni volta che si ha tale riduzione noi assistiamo ad un perfezionarsi dell'architettura interna dell'osso, cioè il materiale viene disposto più vantaggiosamente. T ra forma dell'osso e funzione non esistono rapporti unilaterali causali (Kohler- Schinz), ma si tratta solo di rapporti reciproci. E' sufficiente dunque una modificazione della struttura interna dell'osso, senza alterazioni dci suoi diametri, pcrchè l'osso tenendo presente il lusso di materiale costruttivo esistente nell'adulto, possa adattarsi funzionalmente alle nuove condizioni. L'adattamento funzionale dell'osso dipende molto da attività osteoformativa che è massima nel giova ne, e va rapidamente declinando dopo i 40 anni. Inoltre c'è da tener presente che il perone trapiantato con riunione latera -laterale alla tibia, viene ad essere sottoposto a soll ecitazioni qualitativamente diverse. Esiste un adattamento fra forma e funzione proprio della specie e frutto di una lunga evoluzione storica. ed un adattamento individuale che avviene nell'ambito del primo. L'osso si adatta molto facilmente a sollecitazioni quantitativamente diverse. Per sollecitazioni qualitativamente diverse, l'adattamento è lungo, lento e quasi sempre imperfetto, comunque nell'economia dell'organi smo, avviene molto lentamente attraverso fasi che rappresentano perfezionamenti successivi. L'osso è predisposto naturalmente ad adattamenti funzionali per sollecitazioni che vengono portate lungo l'asse. Nelle sollecitazioni meccaniche invece portate perpendicolarmente, l'osso facilmente risponde con atrofia. Kohler- Gebhardt ammettono che esista un 'architettonica generale, la quale determini la struttura caratteristica nei vari segmenti scheletrici. Quando un osso viene sottoposto a sollecitazioni maggiori lungo l'asse, si ha un aumento di spessore di numero dei sistemi principali architettonici, e spesso anche di


quelli secondari. Quando un osso viene sottratto al carico, si ha una diminuzione dello spessore dei sistemi principali, ed anche scomparsa di quelli secondari, ma l'architettura generale rimane.

I NDICAZIONI.

Le indicazioni generali sono: r) le aplasie totali o parziali della tibia; 2) le pseudoartrosi congenite di gamba; 3) le vaste perdite di sostanza della diafisi tibiale, secondaria ad osteomieliti, a traumi, a resezioni per tumori; 4) le pseudoartrosi senza grave perdita di sostanza ossea, in cui siano stati senza successo tentati gli altri mezzi di cura. Quest'ultimo è il campo in cui il p.p.t. subirà una diffusione sempre maggiore, sia attuandolo come atto operativo preliminare nell'ostioplastica libera secondo il metodo di Hahn, sia come sostituzione definitiva nelle gravi perdite di sostanza ossea, con monconi atrofici , o ancora come sostituzione temporanea (metodo con riunione latero -laterale- bipolare), stimolante la guarigione del processo pseudoartrosico, nelle pseudoartrosi con scarsa perdita di sostanza. Consideriamo il caso di una pseudoartrosi non di vecchia data, con monconi ossei dotati ancora di una certa vitalità, e con grave perdita di sostanza diafìsaria. In tal caso il perone è spesso lussato in alto ed indietro, esiste accorciamento, diminuita tensione elastica- m uscolarc. Inol tre il pero ne allontanato ed obliquo rispetto all'asse di carico, è ipertrofìco inegualmente, ed in genere deformato in varismo, con varismo anche del piede. In tal caso un trapianto osteometallico data la forte perdita di sostanza, non potrebbe ridare una stabilità meccanica alle parti, perchè sarebbe sottoposto a sollecitazioni flettenti, e quindi avrebbe poche probabilità di attecchimento. Non correggerebbe l'accorciamento. Non ridarebbe quindi la normale ten sion e elastica ai muscoli, sottraendo il trapianto alle sollecitazioni muscolari, che insieme a quelle del carico, ne assi·curano l'attecchimento. E' quindi più logico un intervento sLÙ perone, secondo il metodo di H ahn o secondo il metodo di Huntington? n secondo ci preclude altre strade. U sando il metodo di H ahn, si corregge l'accorciamento dovuto alla lussazione peroneale, e si ridà qLùndi la normale tensione elastica ai muscoli, nello stesso tempo si crea una base di appoggio che permette un carico precoce. Se il riswtato ortopedico non fosse buono (per deviazione del piede in varismo o per scarsa solidità della gamba), si potrà usare un trapianto libero di osso od osteometallico. Tale trapianto avrà molte probabilità di attecchimento : perchè la ferula peroneale mantenendo immobile i due monconi tibiali, crea le condizioni più favorevoli per l'attecchimento; mantiene quiescenti eventuali focolai osteomielitici sopiti, e che può ridurre al silenzio se attivi ; stimola l'osteogenesi e migliora il tro.fìsmo dei monconi tibiali. Consolidato il focolaio di ps.eudoartrosi o attecchito il trapianto libero, il perone cesserà la


sul funzione. Se il trapianto libero non avrà successo si potrà trapiantare l'altro estremo del perone, attuando cioè il metodo di Huntington - Codivilla. Il metodo di Hahn quindi può essere inteso come operazione preliminare, destinato a creare condizioni più favorevoli per il successo di un secondo intervento. In tal caso avrà una funzione temporanea. Cadono quindi le critiche che sono state mosse a tale metodo: sollecitazioni del piede in varismo, sollecitazione delle articolazioni in modo non fisiologico, mancanza di i pertrofia. Il trapianto alla H ah n presuppone buone condizioni di vitalità dei monconi ossei. Non dovrà quindi essere usato come estrema ratìo, quando cioè la malattia pseudoartrosica è in uno stato molto avanzato. Con tale metodo di trapianto si potrà fare a meno della protesi metallica ed usare solo un trapianto libero, cosa che invece non potremmo fare se i monconi tibiali non fossero rigidamente fissati. Esistono condizioni che permettono la fusione del trapianto peroneale cd il suo adattamento funzionale. Perchè questo sia possibile è necessario che siano integre anatomicamente e funzionalmente le connessioni vascolo nervose del peduncolo nutritizio, e che l'osso venga sottoposto gradualmente a sollecitazioni funzionali bene equilibrate su di esso. Creandosi uno squilibrio fra possibilità di afflusso sanguigno, c richieste funzionali dell'osso, l'attecchimento e l'adattamento verranno a mancare. A regolare l'afflusso sanguigno dell'osso intervengono anche i muscoli come abbiamo già detto. Molte condizioni possono dare alterazioni rcgressive distrettuali a carico delle arterie. Dai semplici processi varicosi, che per simpatia disturbano dapprima funzionalmente e poi determinando alterazioni anatomiche a carico delle arterie, alle arteropatie tossiche e tossinfettive. Nel caso poi pseudoartrosi di vecchia data, con grave perdita di sostanza, con monconi ossei atrofici, e dotati di scarsa o nessuna vitalità, e più indicato il metodo di Huntington- Codi villa, eseguito in due tempi, potendo il primo tempo essere sufficiente a stabilizzare l'arto. Un trapianto ostcometaJlico, con un'atrofia così marcata dei monconi tibiali ha scarsissime probabilità di riuscita. Il metodo di Huntington- Codivilla è un metodo definitivo, necessario quindi che il trapianto sia messo nelle migliori condizioni per un perfetto adattamento funzionale.

RtASSIJNTO. L'Aurore riferisce alcune osscrva1.ioni di tìsiologia c fisiopatologia bui trapianti in genere c sul trapianto perone pro tibia in particolare. Nota come quest'ultimo ancora oggi presenta delle indicazioni molto utili nel campo della traumatologia oltre che dclt'ortopeJia. La possibilità di potersi impiantare a notevole distanza dal focolaio di pseudoartrosi, per esempio, ne permette un facile attecchimento ed una influenza favorevole sul focolaio Messo. Inoltre, essendo una particolare forma di trapianto auroplastico, esso si sottrae alle leggi cui sono soggetti i uapianri, prime tra le ::~lrre, la riabilitazione e l'indebolimento della resiMenza meccanica durante tale periodo.


RÉstJ~É. L'Amcur réfère dcs obscrvations physiologiques et physiopathologiques conccrnam les greffcs, en général, et la greffe « péroné pro tibia >> en parriculicr, cn remarquant quc cruc dernière préscnte des indications rrès utile~ dans le domaine dc la traumatologic au~~i quc de l'orthopcdic. La possibilité dc s'implanter à distance con~idérable du foyer de pscudoanhrosis cn permet un enracincmcnt facile et une influence favorable sur le foyer meme. En ourre, puisqu'iJ s'agir d'une forme parriculièrc de grcffe autoplastique, elle dérogc des lois auxquelles sont sujcts le~ greffes et, avant toutcs, la réhabitation et l'affaiblissement dc la rési~tance mécanique pendam celte période.

Sv~>lMA RY. - Thc.: Author rclatcs some physiological anù physioparhological observations conccrning grafts, special attcntion bcing givcn to th<.: graft « fibula for shinbone » that stili nowadays offers uscful indicaùons in thc traumatological and orthopedical field. Thc possibiliry to be plamed n:markably far away from thc p~cudarthrmis centre, offers an easy root- taking an d a favourable influence on the cemre itsdf. Moreo,er, as it is a particular form of amoplastic graft, it can gct out of the graft rcgulating laws, first of ali, thc rehabitation and the weakening of the mechanical rt:~istancc during this pcriod.

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OSPEDALE MILITARE DI FIRENZE

Direttore: Col. ~ied. Dott. S. PIST0'-10

MOMENTI ETIOPATOGENETICI NELLA SINDROME DELLA FLEBOTROMBOSI SUCCLAVIO ~ ASCELLARE

Ten. Col. Med. Prof. R. Basile 1

DA SFORZO

Ten. Col. Mcd. Dott. E. Bray 2

Cap. Mcd. Dott. S. L icciardcllo 3

I. - PREMESSA.

Nel vasto quadro delle <<sindromi da ostacolato scarico venosa dell'arto superiore » - già illustrate in un 'interessante monografia del 1954 da T agaridio I) - si comprendono, come è noto, tutte quelle forme morbose che, pur differenti per natura e per meccanismo etiopatogenetico, riconoscono un comune denominatore semeiologico: tumefazione dell'~rto superiore per compromissione del deflusso venoso, in conseguenza d'un ostacolo a livello del tronco succlavio- ascellare. Dal punto di vista emodinamico, l'ostacolo può essere, ovviamente, condizionato da varie cause - intrinseche o estrinseche al tronco venosa - identificate, di volta in volta, in fattori fisiologici o patologici (sforzo unico o iterativo, compressione da parte di processi flogistici. neoformativi o dismorfì.ci, alterazione dell'emocoagulazione o delle pareti vcnose, ecc.). Nel suddetto quadro - noto genericamente anche come « sindrome di Paget- Schroettcr » [ 2, 31 - s'inserisce la sindrome della flebotrombosi, altrimenti descritta come trombosi traumatica, primitiva, spontanea, idiopatica della vena ascellare. A ragion veduta abbiamo preferito la prima espressione (si ndrome della flebotrombosi), in quanto - è appena il caso di ricordarlo - in alcuni reperti operatori non è stata riscontrata una trombosi della vena, ma soltanto un collabimento delle pareti vasali. L'osservazione personale di due casi cl ini ci, consecutivi a sforzo, costituisce occasione e motivo per soffermarci brevemente su taluni momenti etiopatogenetici, tuttora controversi e ricorrentemente ritenuti responsabili della sindrome.

r

1

Caporeparto Chirurgia.

2

ORL.

3

Radiologo.


2. - RH' ERlMENTl ANATOMICI .E FJSIOPATOLOGJ CI.

La rete venosa dell'arto superiore com prende vas1 superficiali, profondi e intermedi.

a. Veuc superficiali. A parte alcune anomalie anatomiche, sono rappresentate da due vas1 principali (cefalica e basilica) e dalle loro comunicanti. Vena cefalica. - Drena i tessuti superficiali del lato esterno della rrrano, dell'avambraccio, del braccio e della spalla. Decorre sul bordo radial e dell'avambraccio e del braccio. In quest'ultimo segmento ha un andamento pressochè costante : margjne esterno del bicipite, triangolo delta- pettorale, membrana costocoracoidea, sbocco nella vena ascellare. Vena basilica. - Inizia dal lato interno del plcsso venosa dorsale e decorre sul lato ulnare dell'avambraccio e del braccio. A livello dell'inserzione del muscolo coracobrachiale, due formazioni attraversano la fascia profonda: la vena basilica, che da superficiale diventa profonda e il nervo muscolo- cutaneo (perforante di Casserio), che si com porta in manier a opposta. Perforata la fascia, la vena basilica si unisce - a livello del margjne inferiore del muscolo piccolo pettorale - con le due vene omerali, per confluire nella vena ascellare. Vene comu?lÌcauti. - Assumono, generalmente, due disposizioni: ad H , in cui la cefalica e la basilica sono unite da una ~ola vena (cubitale mediana); a M, in cui i due vasi sono in rapporto attraverso due comunicanti (m ediana cefalica e mediana basilica) originate dalla vena mediana dell'avambraccio

(fig. 1).

Vena medi ana cefali ca

.

,•

Vena bas ilica

. Vena mediana • • • • • basili ca Vena c efalica··· --·

//

Vena basilica

Vena mediana "l .dell ' avambracc io

• Ve n a cef alica

F ig. 1. • Vene della piega del gomito: d isposizione :~d H c a M (da McGrcgor).


473

b. Vene profonde. Seguono il decorso delle arterie omonime (due per ogni arteria) e sono rappresentate, ai vari livelli dell'arto superiore, dalle vene metacarpali, dalle arcate venose, dalle vene radiali, ulnari e omerali. Dall'unione di queste ultime e dalla loro confluenza con la basilica origina - come s'è detto - la vena ascellare, che, a livello della prima costa, si continua nella vena succlavia. c. Verte intermedie.

Tali vasi mettono in comunicazione le vene superficiali con quelle profonde. L'assenza di valvole rende potenzialmente bidirezionale il senso della corrente, che, in fase fisiologica, avviene, però, dalla superficie in profondità.

In condizioni normali , la vena cefalica svolge il ruolo funzionale di collaterale della vena basilica. Sotto il profilo emodinamico, un ostacolo a livello della vena ascellare comporta - ai fini del deflusso - un netto impegno della vena cefalica, principalmente, e delle vene toracicbe laterali, secondariamente. Viene esaltato, in tal modo, il bypass naturale tra la rete venosa a valle dell'ostacolo e il segmento supero- prossimale della vena ascellare, in cui s'inoscula la vena cefalica. Peraltro, tale vaso può comunicare con la giugulare esterna per mezzo di una vena che incrocia la clavicola e che può essere lacerata nelle fratture di quest'osso. In sintesi, quindi, la vena cefalica rappresenta la più importante via di deflusso nei casi di legatura, ostruzione o escissione della vena ascellare a valle dell'inosculazione ed è ben nota la cura posta dal chirurgo nel risparmiarla, come avviene, per esempio, in alcuni casi di tumori del torace. T ali aspetti funzionali sono ampiamente evidenziati dall'indagine flebografica.

3· - MOMENTI E1'lOPATOGENETICI. La molteplicità delle ipotesi etiopatogenetiche, enunciate, in successione di tempo, per spiegare la rapida insorgenza della sindrome, esprime le incertezze e le difficoltà real i di fornire un'interpretazione univoca, che probabilmente non è perseguibile, dato il concorso di fattori diversi nei singoli casi. L'indagine anamnestica fa spesso registrare un evento traumatico indiretto, sotto forma di sforzo con il braccio in abduzjone, come nel pitturare un soffitto o nell'usare un cacciavite. In tali condizioni, potrebbe realizzarsi un'abnorme compressione sulla vena ascellare da parte di qualche struttura anatomica regionale, capace di danneggiare l'intima vasale e di dar luogo alla formazione di un tromba, estendentesi, talora, sino alla vena succlavia. Per contro, l'esplorazione chi rurgica ha fatto escludere, in alcuni casi, la presenza


474 della trombosi, avallando, in tal modo, il meccanismo di occlusione estrinseca della vena; ciò giustificherebbe l'assenza pressochè costante di fenomeni embolici. Dato, comunque, per scontato un ostacolo al deflusso venoso, i momenti etiopatogenetici efficienti sono stati riportati - isolatamente o in combinazione tra loro - alla compressione della vena fra la clavicola e la prima costa 41, alla pressione esercitata sul vaso dal muscolo piccolo pettorale 5], dali a membran a costocoracoidea [ 6], dal m uscolo sottoscapolare [ 7], dal muscolo su celavio [ 8] . Per quest'ultimo meccanismo vien fatto rilevare [91 che il tratto di vena ascellare, che giace davanti al primo segmento dell'arteria omonima, ha due importanti caratteristiche anatomiche: presenza d'una valvola in questo

r

r

Muso o lo

8\.IOOl.aviO

, ...

Clavicola Vena a aoe l lars oompr.ssa dal {IILI.80olo suoolavio

1!\usoolo

pettorale

piccolo pettorale

Fig. 2. • Vena ascellare compressa dal muscolo succlavio durante il movimento di abduzione completa del braccio (da McGregor).

punto; stretto contatto con il muscolo succlavio, che con la sua contrazione - ad arto in forte abduzione - può comprimere la vena, causando la lesione valvolare e la successiva tumefazione dell'arto per trombosi primaria o, comunque, per arresto del flusso nella vena ascellare (fig. 2). Per contro, Hughes [IO J, in base a una serie di reperti anatomici, rileva che il nervo frenico, allorchè passi anteriormente alla vena succlavia - disposizione anatomica presente nel 4% di tutti i soggetti [I I] - è capace di esercitare, in relazione ad ampie e improvvise escursioni diaframmatiche, un'azione di compressione sul vaso, nel punto in cui il nervo passa davanti al tendine dello scaleno anteriore. Peraltro, la profonda inspirazione e l'estensione del collo, accompagnandosi a contrazione del muscolo scaleno anteriore, causano ulteriore azione di compressione sulla vena (fig. 3).

,


475

Fig. 3· - La contrazione del diaframma provoca una trazione sul nervo frenico, il quale, nllorehè passi davami al muscolo scaleno ameriore, comprime la vena succlavia (da :Nfartin c coli.).

Ferma restando la riserva di poter formulare una teoria patogenetica unicistica, valida per tutti i casi, riteniamo che le nostre osservazioni cliniche siano da ricondurre a un momento eriopatogenerico esclusivamente o principalmente condizionato dal nervo frenico.

4· - CASI CLINICI. I caratteri obiettivi della si ndrome - nei tre periodi d'insorgenza, d'evoluzione e di compenso- sono ben conosciuti ed ampiamente descritti perchè se ne debba qui riferire. D'altra parte, i nostri casi non si discostano dal noto cliché se non per due segni clinici, che saranno esaminati successivamente.

Caso 1° . - Vig. Fuoco Luciano M., classe 1948, da Pistoia, carrozziere. Destrimane.


La sindrome a carico del braccio destro ebbe inizio due giorni prima del ricovero (28 marzo 19~), in relazione ad intensa attività d'istituto, che comportava il frequente impegno dell'arto in abduzi0ne. La progressiva tumefazione dell'arto fu preceduta da singhiozzo e da parestesie al lobulo auricolare omolaterale, risoltisi, peraltro, nelle 24 ore successive. RX del torace: negativo; I.K.: 2; esame emocromocitometrico e prove emogeniche: normali; polso radiale presente e simmetrico; tracciato oscillografico nei limiti della norma; esame otoiatrico: negativo; esame urine: negativo. Decorso apirettico. Il soggetto rifiutò l'indagine flcbografìca e un eventuale intervento esplorativo. Fu dimesso dopo terapia conservativa, ad edema completamente risolto, con reticolo venosa superficiale ben appariscente, ma ancora con reperto di cordone duro, <! a matita », non dolorabile, a carico della vena ascellare.

Caso 2 " . - Sold. Giovanni A., classe 1950, da Bari, perito elettrotecnico. Destrimane. La smdrome a carico del braccio sinistro iniziò un giorno prima del ricovero (31 ottobre 1970), allorchè, nel sollevamento d'una saracinesca, il braccio fu trascinato verso l'alto dalla forza d'inerzia della molla dell'avvolgibile, essendo la mano rimasta impigliata nella maniglia. Nello sforzo per liberarsi dalla presa, il soggetto avverti vivo dolore all'ascella e, quasi subito, parestesie al lobulo auricolare omolaterale e singhiozzo, peraltro transitori, ancor prima della tumefazione dell'arto, comparsa il giorno dopo l'incidente. Come nel caso precedente, le indagini collaterali diedero risultati contenuti nei limiti della norma. Il soggetto accedette soltanto all'indagine flebografica a distanza di circa un mese dall'inizio della sindrome, allorchè - in comparazione con il lato sano - era ben evidente il circolo venoso superficiale (fig. 4). In tale occasione fu documentata l'interruzione del mezzo di contrasto a livello della vena ascellare (figg. 5 e 6). Dopo trattamento conservativo c risoluzione dell'edema, il paziente fu dimesso. Rivisto occasionalmente dopo poco più d 'un mese, il militare rifiutò un'indagine flebografica di controllo. L'ispezione fece rilevare le normali dimensioni dell'arto e la presenza di un appariscente circo~o venoso superficiale (fig. 7).

5· - CoNSIDERAZIONI. Alla base dci due casi clinici osservati appare evidente l'azione dello sforzo, il cui ruolo determinante nell'insorgenza della sindrome risulta ampiamente documentato in letteratura [12, I3, q, rs, 16, 171· In effetti, l'esordio fu immediatamente preceduto da un evidente impegno dei muscoli del braccio in abduzione e non fu certo senza peso che in tale atteggiamento


(a)

(b)

Fig. 4· - Circolo collaterale superficiale ben evideme (a), a distanza d i un mese dall 'inizio della sindrome, in comparazione con il latO sano (b).

3· - M.


Fig. 5· - Flebografia con iniezione di mezzo di contrasto nella \'Cna mediana del gomito: mancata opa· cizzazione delle \'ene ascellare c succla\'Ìa. Imenso circolo collaterale.

Fig. 6. - Flebogramma dello stesso soggct • in fase tardiva.


Fig. 7· • Circolo collaterale superficiale molto appari· sccnre, a due mesi dall'inizio della sindrome occlusiva.


e in seguito a sforzo a glottide chiusa si fossero realizzate due condizioni favorenti: - rallentamento o arresto della corrente venosa dell'arto, a causa dell'aumento della pressione endotoracica (che può raggiungere valori anche superiori a roo mm H g), come già flebograficamente evidenziato durante atti respiratori forzati a glottide chiusa [ 18]; - riduzione del lume del tronco venoso succlavio- ascellare, per compressione da parte di qualche srrunura anatomica viciniore.

Piccolo nervo occipitaJ.e

Processo tra.sverso

dello te a.n :sa

·i del plesso Seconda ansa 'l'erza ansa

l>lervi

'opraclav~~- • •

col ari discendenti

Nervo frenico

Fig. 8. - Plesso cervicale: rami cutanei c nervo frenico. La radice C3 è comune al nervo frenico e al nervo grande auricolare (da McGregor, modif.).

Nei nostri casi, per quest'ultima azione (compressione) due sintomi -sia pure fugaci e, per quanto risulti, non altrove descritti - fanno convergere l'attenzione su un ruolo esclusivo o - quanto meno - preminente del nervo frenico ornolaterale alla lesione: - il singhiozzo, di più intuitiva comprensione, quale espressione di generica irritazione da stiramento del nervo frenico, per il maggior abbassamento - durante lo sforzo- della corrispondente emicupola diaframmatica; - le parestesie al lobulo auricolare - omolaterale all'arto interessatodi meno evidente significato patognomonico.


Peraltro, ci sembra che quest'ultimo sintomo (parestesie) possa trovare una sua plausibilità, se si considerino i cortocircuiti anatomofunzionali esistenti tra il nervo frenico e il nervo grande auricolare, del quale ultimo il terzo inferiore del padiglione auricolare è territorio di distribuzione. Basti ricordare che entrambi i nervi hanno in comune la radice C3 , prendendo origine il nervo frenico da C3 .u e il nervo grande auricolare da C2.3 (fig. 8). Con ciò non si vuole, ovviamente, escludere l'eventuale convergenza di azioni dovute ad altre struttur e anatomich e, fra quelle già citate e variamente sostenute dagli studiosi.

6. - CoNcLUSIONI. L'etiopatogenesi, la sintomatologia e l'evoluzione clinica rilevate nei nostri casi sono sovrapponibili a quanto già riportato in letteratura: sforzo, generalmente con arto in abduzione e a glottide chiusa, tumefazione del braccio per ostacolo al deflusso venoso a livello del tronco succlavio- ascellare, risoluzione dell'edema per impegno vicariante del circolo collaterale. Pur non negando l'importanza di altri momenti etiopatogenetici, invocati per spiegare l'insorgenza della si ndrome, ci sembra fondato che, almeno nei nostri casi, un ruolo non trascurabile sia stato svolto dalla compressione esercitata sulla vena succlavia da parte del nervo frenico, nella posizione topografica in cui esso passi anteriormente al vaso. Tale interpretazione appare suffragata dalla presenza di sintomi (singhiozzo c parestesie al lobulo auricolare omolatcrale all'arto leso), che chiamano in causa il nervo frenico e il nervo grande auricolare, con cui il primo ha in comune una radice nervosa.

R l ASSUNTO. Sulla base uell'osservazione di due casi clinici, vengono delineati i vari momenti etiopatogenetici del la s indrome della flebotrombosi da sforzo dell'arto superiore. Accanto alla sintomatologia clas~ica vengono riportati, discussi e interpretati due nuovi segni clinici (singhiozzo c pareste~ie al lobulo auricolare), che rendono plausibile - nei casi in esame - un ruolo determinante del nervo frenico nella genesi della sindrome.

RÉSUM.É. - En ayanr érudié deux cas dc ~yndrome dc la phébothrombosc par dfo rt au niveau du membrc supéricur, on en décrit les différcnt~ momenrs étiopathogéniqucs. A còté de la symptomatologie classiguc on rapporte, examinc et interprète deux neufs signes cliniqucs (sanglot et paresthésies au 1ùveau du lobule auricolaire), qui ju~tifient - dans !es cas cxaminé5 - un role déterminant du ncrf phrénique dans la gcnè~e dc la syndrome.

SuMMARY. Two cascs of effon 1hrombosis of the axillary vein are rcponecl and ùifferent etiopathological momenrs outlined. 1'\ear standard clinica! picture, two new


'ymproms are rclared, examincd and interpreted: hiccup and ear pinna paresthesia. They jusrify - in examined case~ - a determinant roll of phrcnic nerve in syndrome\ beginning.

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ISTITL'TO CIIIMICO FAR~IACEUTICO MILITARE Direnore: Maj!g. Geo. Chim. Farm. Prof. Don. E. ~hCCIORLLU

C OMPORTAMENTO DEL MATERIALE IDROFILO DI MEDICATURA ALLA STERILIZZAZIONE CON RAGGI GAMMA Magg. Gen. Chim. Farm. Prof. Dott. Enzo MaggiorelJi Ten. Col. Chim. Farm. Prof. Don. Luigi Conti

Tra i metodi di sterilizzazione, il più recente è quello che utilizza le radiazioni ionizzanti che provengono da isotopi radioattivi artificiali quali il Cobalto 6o ed il Cesio 137 o da acceleratori di elettroni. Nel caso degli isotopi, l'azione sterilizzante è dov uta in massima parte all'emissione di raggi gamma, oscillazioni elettromagnetiche simili ai fotoni, con energia cinetica compresa tra 0,03 e 3 milioni di elettroni- volts provviste di un potere di penetrazione notevole e della capacità di interreagire con la materia provocando la formazio ne di ioni. Poichè ogni reazione biologica si svolge in un mezzo acquoso, i raggi gamma provocherebbero la decomposizione fotochimica dell'acqua con formazione di radicali liberi ossidrili e idrogeno che a sua volta reagirebbero con la materia organica provocando, per una serie di reazioni a caten a, pol imerizzazioni e depolimerizzazioni con conseguente effetto denaturante sul contenuto protoplasmatico della cellula batterica. Insieme si avrebbero fenomeni di ossidazione e riduzione svolti a livello enzi matico e relativa alterazione irreversibile dell'usuale ricambio batterico l] . Proprietà saliente delle radiazioni gamma è però, la loro grande capacità di penetrazione : è noto che, mentre gli altri prodotti della decomposizione radioattiva hanno breve << corsa» (range), i raggi gamma attraversano notevoli spessori di piombo e di altro materiale, rendendo quindi possibile, per quanto ci interessa, la steril izzazione di materiale vario nella confezione ultima, ossia già insaccato od inscatolato in contenitori di natura diversa, anche metallica. Altro motivo preferenziale per l'impiego di tali radiazioni nella sterilizzazione è che, nei prodotti trattati, non viene osservata alcuna radioattività residua, per cui si im piegano i raggi gamma per la disinfestazione del grano e della frutta. La sterilizzazione con raggi gamma viene attualmente realizzata su base interamente autom atizzata che consente lavoro continuo e comandato a di-

r


stanza senza alcun rischio per gli operatori: l'apparecchiatura consta, in linea essenziale, di una costruzione isolata dall'ambiente circostante da pareti di cemento di 165 cm di spessore, nella quale si trova un sistema di binari scorrevoli su cui vengono posti contenitori di appropriate misure che si presentano alternativamente dai vari lati dinanzi alla sorgente radioattiva, di solito contenuta in tubi di acciaio inossidabile inseriti in appositi alloggi, dai quali vengono estratti quando il materiale da sterilizzare è pronto per il trattamento; la sorgente si trova al centro della camera di irradiazione per cui viene ad essere circondata dal materiale da trattare. Impianti del genere sono stati descritti in letteratura [ 2], ed a questa rimandiamo per maggiori particolari costruttivi c funzionali. Per stabilire il tempo dell'operazione in base agli effetti desiderati, occorre conoscere questi parametri: tipo ed entità della sorgente, distanza da questa del materiale da sterilizzare, dose di radiazione da fare assorbire al materiale per avere la sicurezza del risultato in relazione al tipo del materiale stesso. Mediante l'applicazione di apposite formule è possibile all'operatore ricavare il tempo di esposizione. Da studi compiuti sull'argomento [3] risulta che le forme batteriche più resistenti all'azione dei raggi gamma (come del resto ai tipi convenzionali di sterilizzazione) sono le sporigene, tipo Clostridium tetatti ed il Bacillus pumilus (ceppo americano del mesentericus): per impedire la loro sopravvivenza nel materiale inquinato occorre che questo subisca un irradiamento complessivo di 2,5 milioni di rads con periodi di interruzione compresi tra 2 e 19 giorni. L'impiego pratico della sterilizzazione con raggi gamma si è andata sempre più generalizzando e perfezionando al punto che oggi è possibile realizzare costi competitivi con i metodi tradizionali. Per la mcdicatura, specie se trattasi dei tipi più comuni (ovatta di co-. tone idrofilo, compresse di mussola) si può dire però che solo la sterilizzazione con vapore compresso prodotto da centrale termica di grande capacità, presenta al momento attuale, una marcata convenienza rispetto al metodo con raggi gamma, se si fa astrazione dai numerosi inconvenienti impliciti nel metodo a vapore: esclusione di particolari tipi di involucro, quali i film plastici, necessità di operare a « pacco aperto » con conseguente obbligo di rimanipolazioni successive contaminanti. A titolo orientativo e per quanto ci ri sulta, i costi, rapportati al Kg di medicatura convenzionale (pacchetto di IO compresse di mussola idrofila 18 x 40 cm ) possono essere indicati attualmente in lire 200 per la sterilizzazione con raggi gamma ed in lire 3-4 per sterilizzazione a vapore. Mentre l'impiego delle radiazioni come mezzo sterilizzante si è generalizzato, le pubblicazioni farmaceutiche ufficiali ne parlano ancora con molta cautela: la nostra Farmacopea Ufficiale [ 4] lo cita assieme ai metodi che im-


piegano gas sterilizzanti, !imitandone l'uso a quei materiali che possono subire trattamenti diversi senza alterarsi; nello stesso modo il Kommentar della D.A.B. 7 [5] e la U.S.P. XVIU [6]; ne parla ampiamente il Remington [ 71 illustrandone svantaggi e vantaggi. Al momento attuale, si trovano in commercio c sono usati con ottimi risultati, materiali di sutura (catgut, seta e simili) medicazione del ·tipo << non aderente », lame per chirurgia, aghi e siringhe per iniezioni da gettare dopo l'uso, sterilizzati nella confezione d'uso a m ezzo raggi gamma. Anche in Italia esistono imprese che dispongono di impianti di sterilizzazione di questo tipo e che operano anche per conto terzi. Dato l'elevato valore della sorgente, per realizzare costi di esercizio economici e tenuto anche presente il forzato decadimento del materiale radioattivo (per il Cobalto 6o è calcolata una perdita di attività annua pari al 12,50°., dell'originale), è necessario che un impianto del gen ere lavori 24 ore su 24· Ad alcune di queste ditte sono ricorsi alcuni fornitori dell'Istituto Chimico Farmaceutico Militare di Firenze nell'intento di realizzare la massima sicurezza di sterilità per materiali di medicatura rifiutati al collaudo iniziale come inquinati da germi e per evitare, nel contempo, il riconfczionamento che si sarebbe reso necessario in caso di sterilizzazione con l'usuale procedura del vapore compresso. La merce viene restituita accompagnata da una dichiarazione della ditta sterilizzatrice, confermante che il materiale è stato sottoposto ai prescritti 2,5 Mcgarad di irradiamento ed i contenitori portano all'esterno indicatori qualitativi di esposizione a raggi, il controllo di sterilità eseguito presso i laboratori di questo Istituto cd altri specialistici, secondo quanto indica la Farmacopea Ufficiale f8] conferma la caratteristica richiesta. Pur tuttavia, abbiamo voluto verificare le eventuali modifiche delle caratteristiche essenziali del materiale di medicazione (idrofìlità e resistenza alla trazione) nonchè confermare, al livello di radiazione usato (2,5 Mrads) le modifiche strutturali del polimero cellulosico costituente il materiale in oggetto come riscontrato da altri AA. a livelli diversi [9]. In tale senso abbiamo determinato, prima e dopo la sterilizzazione a raggi gamma, ossia nel corso dell'analisi di 1° collaudo e dopo la riconsegna per la prova d'appello, alcune caratteristiche chimiche come da noi usato in precedenza fIO, II, I2j per studi sullo stesso argomento, quali il numero di rame, la resistenza alla trazione c l'idrofìlità. In aggiunta a queste prove, si è applicato anche il metodo della determinazione della viscosità delle soluzioni del materiale nel reattivo Cu Et (soluzione in etilendiammina dell'ossido rameico) per appurare se e di quale entità, fosse il grado di depolimerizzazione della cellulosa, prima e dopo essere stata sottoposta all'irradiazione; in parallelo si sono compiute analoghe determinazioni su materiale idrofilo di medicazione (ovatta di cotone e di viscosa, mussola idrofila 12 x 8) di pro-


prietà di questo Istituto, tal quale, sterilizzato a vapore compresso ed a raggi gamma (r). D a tali determinazioni, di cui diamo nelle tabelle nn. I e 2 che seguono, i valori e nella parte sperimentale le modalità, risulta che la sterilizzazione con irradiazione a 2,5 Mrads provoca nel polimero cellulosico un notevole aumento del numero di rame (sino a 30 volte l'originale) una marcata diminuzione del grado di polimerizzazione (ci rca ;1 del grado di partenza), della resistenza alla trazione e dell'idrofllità, questi ultimi con valori tollerabili per l'impiego. I primi due dati, riferentisi alla struttura microscopica della fibra , danno conferma indiretta del procedimento, in quanto nessun altro metodo di sterilizzazione porta a tali risultati e suggeriscono l'ipotesi che l'azione dei raggi gamma sul polimero cellulosico si svolga in primo luogo sul legame betaglucosidico (depolimerizzazione) e successivamente sull'anello anidroglucosico con formazione della dialdeide (aumento del numero di rame). Da quanto detto si può concludere che il metodo di sterilizzazione a raggi gamma svolto sul materiale di medicazione (ovatta di cotone e di viscosa e mussola) confezionato nell 'involucro definitivo (imballo) rappresenta un efficiente modo di garantire il mantenimento della sterilità, ma determina un decadimento generale delle proprietà sia chimico- fisiche che merceologiche senza tuttavia pregiudicarne la possibilità di utile impiego. Occorrerà esaminare di nuovo i prodotti a distanza di anni onde avere un giudizio circa l'impiegabilità del metodo per medicature destinate alla costituzione di scorte. PARTE SPERIMENTALE.

Salvo quanto detto a proposito della m edicatura fornita dalle ditte già confezionata, si è proceduto per nostro conto alla sterilizzazione a vapore compresso per un 'ora ad una atmosfera (12o,6 C"): il materiale trattato era costituito da campioni di gr so di ovatta (cotone e viscosa) e di r metro di mussola idrofila del titolo 12 x 8 più volte ripiegato su se stesso, confezionati in doppio incarto di carta pergamena di puro straccio. Per la sterilizzazione a mezzo raggi gamma (vedasi quanto detto in precedenza) si impiegò analogo tipo di confezionamento.

Determinazione del 11umero di rame. Si segue la modificazione semimicro del metodo Braidy [ 13] : i valori riportati in tabella rappresentano la media di tre determinazioni. ( r) Non disponendo questo Istituto di impianto :~ raggi gamma, si è provveduro a fare sterilizzare il materiale in oggetto dalla Ethicon di Pomezia che qui ringraziamo sentitamente per la gentile collaborazione cxl in parti<olare il suo Dirigente tecnico dott. Claudio Bottari.


TABELI..\ :-~. l.

VARIAZION I RISCONTRATE I N ALCUNE PROPRIETÀ DEL MATER IALE DI MEDICAZIONE (MUSSOLA

IDROFILA

12 X 8) STERILIZZATO

A VAPORE

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(coLO~NA I )

E STERILI ZZATO CON RAGGI GAMMA (COLONNA 2)

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G rado di polimrriauiollc

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TABELLA :-1. 2.

V ARIAZIONI RISCONTRATE IN ALCUNE I>RoPRIETÀ DEL .MATERIALE D I MEDICAZIONE (OVATTA TOROFILA DI COTONE E VI SCOSA, MUSSOLA WROFILA 12 X 8) STERILIZZATA A VAPORE (coLONNA 2), CON RAGGI GAMMA (COLONNA

3), IN CONFRONTO AL

NATURALE ( COLOl\'NA I)

MJtcriale trauato

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In generale, tra la sterilizzazione del materiale e le analisi, intercorsero dai due ai quattro mesi (dalla data dichiarata dalla ditta a quella del prelievo dei campioni); nel caso del materiale fatto sterilizzare per conto deiI'T.C.F.M. intercorse circa un mese. Analisi simili svolte sullo stesso materiale a distanza di 30 giorni l'una dall'altra, dettero risultati analoghi. Idrofilità. E' stato usato il metodo UNI [ 14] previsto dalla legislazione vigente per i tessili ed identico al metodo Baroni: i valori in tabella rappresentano la media di ro determinazioni; non è stata definita la classe di idrofilità prevista nella predetta norma, avendo l'applicazione del metodo, in questa sede, carattere soltanto comparativo. Grado di polimerizzazione. Viene ricavata moltiplicando per 150 il valore di viscosità intrinseca secondo G. Prati I5], ottenuta dall'applicazione della relazione semilogaritmica di Martin l 16] ai valori della viscosità relativa della soluzione del materiale in esame nel reattivo Cu Et ricavato dall'applicazione del metodo Sappet l 17]. Per il materiale irradiato si usarono concentrazioni leggermente superiori a quanto indicato per le cellulose basso molecolari.

r

Determinazione del carico di rottura della mussola. Effettuato per mezzo di un dinamometro elettrico Dynafìl -Branca sottoponendo liste di 50 cm di lunghezza tagliate nel senso longitudinale cd aventi 50 fili di ordito. Non si riportano per semplicità i valori ricavati operando sulla trama, risultati corrispondenti. I Capitolati d'acquisto dell'Amministrazione Militare prevedono per la mussola 12 x 8 e per strisce di ordito, un carico di rottura minimo di Kg 7 sia prima che dopo la sterilizzazione.

Viene esaminato attraverso il numero di rame, l'idrofilità, la realla trazione, il grado di polimerizzazione, il comportamento del materiale di medicazione (ovatta di cotone e di viscosa, mussola idrofila) alla sterilizznione mediante raggi gamma alla dose di assorbimento di 2,5 Mrnds. RIASSUNTO. -

~i~tenza

RisuMÉ. - On examinc par la déterminarion clu nombre dc Cu, l'hydrophiliré, la rcsistance à la traction, le degré de polimerization, le comportement du matériel de medication (ouatc de coron et de viscose, gauze hydrophilc) à In stérilization avec rayons gamma, dose adsorbée 2,5 Mrads.

SuMMARY. - Cotton degradation has been studicd in :.tcrilisation by gamma rays (dose adsorbed 2,5 Mrads); number of coppcr, absorbency, degree of polimerizacion. breaking strength, have been detcrmined.


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\JSPEDALE MILITARE DI PERUGIA Diretionc

PATOGENESI DELL'ACNE VOLGARE* Cap. Med. Dott. Nicola Sacco

Una malattia può provocare effetti di vera e propria devastazione anche senza risultare mortale o incurabile: è il caso dell'acne vulgaris che produce conseguenze devastatrici dal punto di vista psicologico deturpando il viso che l'adolescente volge al mondo proprio nel momento in cui ne sta affrontando le numerose incognite. Le lesioni acneiche sono localizzate entro ed intorno ai follicoli pilosebacei del viso c del tronco, in corrispondenza dci quali è possibile riscontrare due tipi clinici di alterazioni. La prima è costituita dal comedone, ossia da un follicolo dilatato pieno di detriti cellulari e di m icro - organismi; la seconda è una lesione infiammatoria che inizia come una piccola papula ad evoluzione pustolosa o verso un nodulo più profondo che può ingrandirsi fino a costituire una pseudocisti. L 'evoluzione delle lesioni infiammatorie è stata chiaramente descritta e comprende due fasi distinte. L 'inizio è rappresentato da un'infiammazione foca le della parete del follicolo con fenomeni regressivi da parte dell'epitelio cd infiltrazioni linfocitiche nel derma sottostante. Se la lesione progredisce si manifesta una grave reazione infiammatoria con distruzione della parete del follico lo e massiccio passaggio del contenuto del follicolo nel derma. E ntrambe le fasi sono da mettere in relazione con il contenuto del follicolo. E' questo contenuto che danneggia la parete del follicolo e provoca una reazione infiammatoria; la parete danneggiata consente l'accesso al derma del contenuto del follicolo, e questo materiale estraneo provoca una àsposta infiammatoria più grave e più distruttiva. Il contenuto del follicolo è rappresentato da una massa semisolida composta da micro- organismi, epitelio desquamato e sebo (mistura li pidica derivante da cellule sebacec disintegrate). Ciascuno di questi componenti svolge un ruolo particolare nel determinismo sia della risposta infiammatoria iniziale, che di quella secondaria. Con molta attenzione è stato considerato il ruol.o dei batteri. La cultura di vari tipi di lesioni acneiche ha posto in evidenza 2 micro- organismi, quasi sempre associati, qualche volta da soli: l'anaerobico Corynebacterium acnes e una o più specie di cocchi coagulasi• Conferenza LCnuta presso l'Ospedale Militare di Perugia il 7 giugno T97I.


negativi grampositivi, più frequentemente lo Staplzylococcus epidermidis o Staph. albus. Questi micro- organismi non possono essere considerati patogeni nel senso classico: anzitutto, essi non sono presenti nell'epitelio alterato o nell'infiltrato infiammatorio nella fase iniziale dell'infiammazione; l'infezione batterica non può essere implicata nella reazione infiammatoria primaria. Tuttavia, i batteri si trovano nell 'infiltrato dermico allorchè il contenuto dei follicoli sfugge attraverso la parete follicolare distrutta e un 'infezione secondaria può comparire negli stadi successivi del processo infiammatorio. E' improbabile che l'epitelio desquamato, altro componente del contenuto del follicolo, abbia qualche ruolo neli 'infiammazione primaria: i comedoni aperti che sono pieni di epitelio desquamato non presentano alcun segno del processo infiammatorio; d'altra parte, una volta che le cellule desquamate sono penetrate nel derma, esse contribuiscono certamente alla risposta infiammatoria. Terzo componente è il sebo stesso, il quale può svolgere realmente un ruoJo di primo piano nell'insorgenza dei processi infiammatori. E' stato dimostrato che iniezioni intradermichc dci lipidi del sebo provocano una risposta infiammatoria non specifica simile a quella osservata nelle più precoci lesioni acneiche. Delle varie frazioni dei lipidi del sebo soltanto gli acidi grassi liberi riproducevano la risposta iniziale, mentre il sebo intero dal quale venivano tolti gli acidi grassi liberi non provocava alcun apprezzabile fenomeno infiammatorio. E' stato anche dimostrato che gli acidi grassi liberi applicati a cute integra provocano infiammazione e sono pertanto capaci di attraversare lo strato corneo per esercitare effetti tossici sui tessuti epiteliali e dermici . Si può pertanto dedurre che i principali, se non gli unici, componenti del contenuto follicolare capaci di provocare l'infiammazione e la rottura del follicolo sono gli acidi grassi liberi. Molte ricerche sono state compiute al fine di chiarire l'origine di questi acidi grassi nel sebo. La loro concentrazione nei lipidi della pelle è notevolmente più alta che nei lipidi degli altri tessuti. E' dimostrato che essi sono prodotti della lipolisi che avviene dopo che i lipidi sono stati escreti dalle ghiandole. I lipidi di ghiandole sebacec umane normali contengono soltanto tracce di acidi grassi lì beri. Anche i lipidi secreti entro vere cisti sebacee sottocutanee (steatocistomi) contengono solo tracce di acidi grassi liberi. Tutto ciò fa pensare che la lipolisi non è prodotta soltanto dalla disintegrazione delle cellule sebacee, ma è necessario qualche altro processo lipolitico all'interno del lume follicolare. Con tecniche istochimichc è stata dimostrata la presenza di esterasi n el fondo del follicolo ma non negli acini delle ghiandole. Sistemi enzimatici per scindere i trigliceridi sono stati rilevati sia nei comedoni che sulla superficie cutanea. La struttura degli acidi


grassi nel sebo suggerisce l'ipotesi che l'idrolisi dei trigliceridi sia la più importante fonte degli acidi grassi liberi. Quanto alla sorgente dell'attività lipolitica grazie alla quale vengono prodotti gli acidi grassi liberi entro jJ lume del (oJiicolo, la maggior importanza va attribuita alla flora che vi risiede. Considerando tutto ciò che si è sopra esposto, formulare un'ipotesi circa la patogenesi dell'acne vulgaris a questo punto è possibile. Durante la pubertà, sotto l'influenza degli androgeni, le ghiandole sebacee si sviluppano e si forma il caratteristico follicolo sebaceo. Fa parte di questa risposta una ipertrofia delle pareti del follicolo per cui può rimanere meccanicamente bloccata l'uscita del sebo dal follicolo. In ogni caso i batteri prosperano in questo ambiente ricco di sostanze nutritive; il C. acnes è particolarmente favorito dalle condizioni di relativa anaerobiosi del follicolo ; i batteri stessi elaborano enzimi lipolitici, che agiscono sui trigliceridi del sebo producendo acidi grassi liberi, i quali , a loro volta, sono i mediatori della risposta infiammatoria. In questa cornice si possono subito delineare i fattori responsabili dell'acne manifesta: la quantità assoluta dei trigliceridi nel sebo, la natura della flora e la sua intrinseca attività lipolitica, gli effetti dell'ambiente fo1licolare sull'attività della lipasi (cioè, temperatura, pH e così via), la vulnerabilità della parete follicolare all'insulto chimico, la risposta dell'ospite. Tenendo conto di questi fattori, si possono forse spiegare alcune d elle caratteristiche cliniche della malattia: la predisposizione di certe persone, il decorso ciclico nel le donne, l'influenza sfavorevole di certi cibi, gli effetti benefici dei raggi ultraviol.etti e la remissione spontanea dopo l'adolescenza. La conoscenza delle interazioni tra il sebo e i microrganismi nella parogenesi dell 'acne ci indica che la terapia razionale dell 'acne dovrebbe mirare sia a sopprimere la produzione di sebo sia ad ostacolare l'azione lipolitica dei microrganismi. Tra i tanti presidi terapeutici di uso corrente ed efficaci nel controllo della malattia stan no in prim a linea le più varie sostanze ad applicazione locale, quali saponi disinfettanti e lozioni contenenti zolfo, resorcina, benzoylperoxide, corticosteroidi e una quantità di altri composti. Ugualmente efficaci si sono dimostrati i raggi X e gli estrogeni, i quali presumibilmente annullano l'attività delle ghiandole sebacee. Invece non portano sempre al successo gli antibiotici a largo spettro: l'insuccesso può essere dovuto alla difficoltà di far giungere gli stessi ai microrganismi.


OSPEDALE MILITARE DI PERUGIA Direzione

PROBLEMI VECCHI E NUOVI DEL FASCIO PIRAMIDALE * S. T en. Mcd. Dott. Fabrizio Ciappi

La concezione classica prevede che per « fascio piramidale » si debba intendere quel sistema di fibre che, originate dalla zona motrice della corteccia cerebrale, trasportano in direzione cortico- fugale gli impulsi motori destinati ai muscoli del corpo. Gli autori prima di Charcot limitavano la zona d'influenza del fascio piramidale ai soli muscoli degli arti, da Charcot in avanti, si ascrivono invece alle vie piramidali anche le fibre destinate ai nuclei del facciale e dell'ipoglosso, denominando tutto il sistema «via piramidale totale». La concezione classica vuole inoltre che le vie cortico- motrici originino da una zona di mantello cerebrale ben definito e circoscritto. Si tratta della circonvoluzione precentrale (arca 4) individuata come sede di origi ne dell'impulso motorio nel r87o da Fritsch e Hitzig; i quali, stimol ando elettricamente la corteccia frontale, ottennero movimento degli arti dell'emicorpo controlaterale. In precedenza già Turcj (r851) e Jachson (r869) avevano ipotizzato l'origine dell'impulso motorio a quei livelli corticali e più tardi Ferrier (1879) la confermava a mezzo dell'estirpazione limitata di aree corticali nelle scimmie. Quasi contemporaneamente {1874) alle esperienze di Fritsch c Hitzig, a Kiev l'anatomico A. V. Betz metteva in evidenza nella corteccia della circonvoluzione frontale ascendente la presenza di cellule piramidali giganti e le poneva in rapporto, in via ipotetica, con la funzione motoria. Tale ipotesi veniva poi comprovata da H olmes e Maj (1909) con le ricerche sulla cromatolisi retrograda che in esse si instaura dopo sezione della via piramidale. Da tali presupposti si poteva dedurre che la via piramidale origin ava dalle cellule giganto- piramidali del quinto strato della circonvoluzione frontale ascendente. In essa si ri scontrava una precisa rappresentazione somatotopica per cui: - il fascio (cortico - bulbare) inizia dal terzo inferiore del giro frontale ascendente ed è deputato alla innervazione della muscolatura della faccia e della testa ; • Conferenza tenuta presso l'O~pedale Militare di Perugia il x8 marzo 1971.


494 - il fascio destinato a muovere l'arto superiore (cortico- brachiale) inizia dalla parte media dello stesso giro frontale ascendente; - il fascio destinato al movimento dell'arto inferiore (cortico- crurale) inizia dalla parte superiore del giro frontale ascendente c dal lobulo pararolandico. Discendendo nel centro ovale le fibre che provengono dalle zone inferiori dell'area 4 passano all'interno, quelle provenienti dalle zone superiori si incurvano all'i nfuori ed in basso per passare vic1 no al ventricolo laterale. Ne risulta una disposizione raggiata, a ventaglio, per cui, m entre a livello corticale le varie fibre sono distaccate e si vanno riunendo a misura che scendono verso la capsula interna in cui sono reperibili ormai raggruppate in un unico fascio che occupa il ginocchio ed i due terzi anteriori del braccio posteriore (Charcot). Anche qui esiste una disposizione regolare (Dejerine) per cui dall'avanti all'indietro si ritrovano: - nel ginocchio le fibre del fascio cortico- bulbare; - nel 1° terzo anteriore del braccio posteriore le fibre cortico-brachiali; - nel 2 ° terzo anteriore del braccio posteriore le fibre cortico-crurali. Dalla capsula interna il fascio piramidale discende nella zona ventrale del mesencefalo, cioè nel piede del peduncolo cerebrale, dove le fibre (Dejerinc, r895- 1901) occupano i tre quinti di mezzo e più precisamente: - la via cortico- bulbare è posta nel 5o interno; - la via cortico- brachiale occupa il 5° di mezzo; - la via cortico- crurale occupa il 5o esterno. Nel pedtmcolo cerebrale, la via piramidale viaggia affiancata nel 5o più mediate dalle fibre cortico- poncine di origine frontale destinate ai nuclei basilari del ponte. Nel 5o più laterale invece, si ritrovano le fibre corticopontine di origine parietale, e che quindi non entrano, come le precedenti, nella costituzione della via piramidale, ma fanno parte di sistemi multisinaptici in relazione colla via motrice extrapiramidalc. Procedendo nella parte vcntrale del ponte, le fibre della via piramidale perdono la loro compattezza e vengono suddivise in piccoli fascetti dalle fibre trasversc del ponte che sono di tre ordini: - superficiali, poste ventralmente alle fibre piramidali; - complesse, che frazionano le vie piramidali decorrendovi nel mezzo; - profo1lde, poste dorsalmente. Verso l'estremità distale del ponte, man mano che lo strato complesso si riduce, le fibre piramidali ritornano alla loro compattezza c si impegnano nel midollo allungato di cui occupano le piramidi, poste sulla faccia ventro- mediale.


495 Nel tratto di passaggio fra ponte e bulbo, le fibre cortico- bulbari si dividono dalle rimanenti per terminare nei nuclei motori dei nervi cranici controlaterali, ai quali sono destinate. Le fibre rimanenti, cioè quelle contenute nelle piramidi, giunte al colletto del bulbo, subiscono la « decussatio piramidum >> (segnalata per la prima volta da Mistichelli nel 1709) cioè si incrociano sulla linea mediana. La decussatio non avviene per tutte le fibre e la quantità di fibr.e incrociate non è costante. Secondo Flechsing (r87o), essa sarebbe dell'ordine dell'So90%. In più, talora, l'incrociamento è asimmetrico non essendo il quantitativo uguale per entrambi i lati. In ogni caso si formano due fasci che procedono nel midollo spinale e che sono : - fascio piramidale diretto o anteriore costituito dal ro- 20% delle fibre non decussate, che discendono nel cordone anteriore del midollo e si esauriscono di solito a livello del rigonfiamento cervicale, più di rado procedendo oltre. Anche questi si incrocerebbero man mano che scendono nel midollo, per una decussazione che avviene fibra per fibra lungo la commessura anteriore; - fascio piramidale crociato o laterale rappresentato dall'Bo- 90% delle fibre decussate, che scende nel cor·done laterale del midollo e termina a livello dei vari metameri spinali. Esiste poi un terzo contingente di fibre che scendono nel fascio cortico spinale ipsilaterale e che non si decussano nè a livello bulbare nè a livello spinale. La verifica anatomica dimostra che, nei punti di terminazione, alcune fibre si mettono in contatto con le cellule della sostanza grigia delle corna anteriori, altre prendono sinapsi con neuroni internunciali. Tutto questo è ciò che s'intende, o meglio si intendeva, per fascio piramidale. Oggi si tende ad una ristrutturazione e ad un ridimensionamento morfologico del sistema piramidale, basato sui seguenti due punti fondamentali:

I) allargamento delle aree corticali di origine; 2) precisazione della topografia e della terminazione delle fibre. I. - Venendo a considerare il primo punto, occorre anzitutto precisare che la concezione classica è ben comprensibile se inserita nel l'indirizzo rigorosamente atomistico dell'opera in cui essa venne formulata. Infatti l'indirizzo associazionistico riteneva che la corteccia cerebrale fosse un insieme di centri tra loro indipendenti ed ognuno predisposto ad una funzione precisa e totalmente scissa da quella delle aree vicine.


Coll'evolversi del pensiero scientifico riguardo alle funzioni del « pallium » la rappresentazione statica del cervello quale insieme di « organi » o « centri » nei quali si localizzano « facoltà» autonome, fu sostituita dalla rappresentazione dinamica della corteccia come complesso di formazioni dotate di grande plasticità, riunito in sistemi che partecipano collettivamente, ma con diversi rapporti, alla costituzione ed al perfezionamento delle diverse forme di attività corticali. In particolare per ciò che concerne la funzione senso- motoria, si possono distinguere due grandi settori corticali: a) il posteriore: inteso come centro di recezione delle afferenze e quindi degli stimoli del mondo esterno; b) l'anteriore: centro di partenza degli impulsi nervosi destinati alla risposta motoria. Sulla base di questa tendenza interpretativa nuova delle funzioni e della struttura corticali, si inseriscono dati sperimentali di suffragio alla ipotesi di un allargamento delle aree di partenza del fascio piramidale. Tali esperienze iniziano con Minkowski (1923- 24) che fu il primo a dimostrare il contributo fornito al sistema piramidale da fibre provenienti dalle aree parietali e premotorie, a mezzo della eccitazione antidromica delle fibre piramidali provocata a livello del midollo allungato. In seguito anche Peele (1942) e Levin e Bradford (1938) misero in luce l'importanza dei contingenti parietali; estesi fino all'area 7, mentre Minckler c coli. (1944) dimostrarono nel contesto del sistema piramidale contingenti di fibre provenienti dall'area 6. Circa nello stesso periodo di tempo i dati di Lassek (1940) sull'uomo corressero l'idea di un'origine esclusiva delle vie piramidali dalle cellule di Betz. Questo autore nel 1942- 43 stabilì infatti che il contributo delle cellule di Betz alla via piramidale è modesto dato che, mentre esse sono circa 30.000 per ogni emisfero, le fibre piramidali ammontano complessivamente a circa un milione e quindi solo per il 2-3% possono originare dalle cellule giganto - piramidaJi. Altri neutroni corticali entrano perciò nella costituzione della via piramidale, che può ritenersi costituita nei primati (Russel e Dc Mjer (r96r) per: - il 31 % da fibre a partenza dall'area 4; - i] 29% da fibre a partenza dall'area 6; - il 40% da fibre a partenza dalle aree parietali 3, r, 2, 5, 7· 2. - Passando ora a con siderare il secondo punto, si può dire che, in base

alle recenti ricerche di Kujpers (1959- 6o) di Liu e Chambers (r964) e di Petras (r~7) la topografia di origine e decorso delle fibre piramidali e la loro terminazione possono essere schematizzare nel modo seguente:


497

a) un contingente originato dall'area 6 termina a livello del tegmento mediano e paramediano del tronco cerebrale; b) un contingente originato essenzialmente dall'area 4 termina nel tegmento laterale del tronco cerebrale, nei nuclei motori dei nervi cranici, alla base del corno posteriore del midollo spinale, nel tratto grigio intermedio (lamina VII di Rexed) e nel corno anteriore del midollo stesso; c) un contingente originato dalle aree post- centrali, termina nel nucleo del tratto spinale del V e nel nucleo proprio del corno posteriore del midollo spinale;

d) un contingente proveniente dalle aree pre- e post- centrali, termina nei nuclei di Goll e Burdach e nel nucleo sensitivo proprio del V. Per quanto riguarda il contingente che proviene dall'area 4 e che termina a livello midollar.e, occorre precisare che il suo contatto sinaptico diretto con il neurone radicolare motorio del corno anteriore (lamina IX di Rexed) è un evento .filogeneticamente recente e limitato ai primati (Kujpers 1959, Liu e Chambers 1964, Petras 1967) e solo eccezionalmente ad animali .filogeneticamente inferiori quali i carnivori (Buxton e Goodman 1966), e di essi, solo a quelli che utilizzano movimenti indipendenti delle dita delle zampe anteriori. In essa il collegamento diretto fra via cortico - spinale e motoneuroni spinali, si ha solo in quei distretti midollari preposti all'innervazione delle estremità degli arti inferiori. In tutti gli altri mammiferi, secondo gli stessi ricercatori, la terminazione delle .fibre cortico- spinali avviene in corrispondenza della lamina VII di Rexed, cioè in quel settore grigio del midollo spinale che contiene neu~ roni internunciali collegati con i motoneuroni spinali. Oltre che sul piano anatomico, ciò è stato comprovato anche dalle ricerche neuro - .fisiologiche di Llojd (1944). Su base filogenetica si può quindi distinguere (Macchi 1968) nel contesto delle fibre provenienti dall'area 4 e destinate al midollo, una doppia via formata da: a) un contingente neocortico- spinale che termina direttamente sulla lamina IX di Rexed (motoneuroni spinali) e che è deputato ai movimenti fini e selettivi delle dita della mano e del piede : motilità distale;

b) un contingente: paleocortico- spinale che termina a livello della lamina VII di Rexed (neuroni internunciali) ed è deputato ad attività motorie meno specializzate del tronco e degli arti : motilità prossimale. Alla luce di queste nuove acquisizioni si può con Kujpers (1959), concludere che nella costituzione delle vie piramidali entrano quattro sistemi di .fibre:


- contingente motorio diretto (B l r di Kujpers) e neocortico- spinale (Macchi), caratteristico dei primati e dell'uomo. Origina dall'area 4 e termina nei nuclei motori dei nervi cranici e della lamina IX di Rexed del midollo spinale; - contingente motorio indiretto (B' lr) di Kujpers) e paleocorticospinale (Macchi), caratteristico dei sub- primati, che origina dall'area 4 e termina nel tegmento laterale del tronco cerebrale e nella lamina VII di Rexed del midollo spinale; - contingente cortico- reticolare, che origina dall'area 6 e termina nel tegmento mediano e para- mediano del tronco endefalico; - contingenti precentro e parieto- spinali, che provengono dalle aree pre- e post- centrali e che sono in rapporto con vari centri di relais della sensibilità somatica generale. In calce, occorre considerare, ai fini della spiegazione della sintomatologia delle lesioni piramidali c delle possibilità di recupcro motorio, le altre vie discendenti extra- piramidali, che pervengono alla sostanza grigia del midollo attraverso le vie: -

reticolo- spinale, rubro- spinale, interstizio- spinale, tetto- spinale, vestibolo- spinale.

Queste possono, sempre secondo Kujpers, esser distinte in: - contingente << A » che decorre nel tegmento mediano dd tronco encefalico e, a livello midollare termina prendendo contatto con neuroni internunciali collegati coi motoneuroni che sono in rapporto con la motilità del tronco e prossimale degli arti; - contingente << B f 2 >> che fa capo essenzialmente alla via rubrospinale; percorre il tegmento laterale del tronco e termina a livello midollare mettendosi in rapporto con neuroni internunciali collegati ai motoneuroni destinati alla motilità distale degli arti. Da quanto finora detto, risulta perciò che il contingente piramidale « Bl r » ed il contingente extra- piramidale <( B j 2 », terminano nelle stesse zone sia tegmentali (laterali) che midollari (lamina VII) per cui può essere ipotizzato che gli eccitamenti motori corticali, i quali normalmente discendono per la via cortico- spinale, possono, in casi d'interruzione del fascio paleocortico- spinale, pervenire ugualmente al midollo attraverso la via multisinaptica cortico- subcortico- spinale. Analoga possibilità non è stata ancora intravista invece per quanto riguarda il contingente neocortico- spinale.

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RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

IGIENE AUME:."'NTARE

G. C.: Malattit: dt:ll'uomo pt:r inquinamenti batt~rici vira/i ed elmintici dei prodotti alimt:ntgrÌ di origint: ut:getale t:d animale. - L'Igiene Moderna, LXIII, marzo- aprile 1970, n. 34·

CERRUn

L'alimentazione è una continua ed .inderogabile necessità del genere umano, ma è anche l'origine di numerose e gravi malattie infettive wssiche e parassitarie; tra le più gravi vi sono molte elrointiasi Cten~asi, trichinosi, ascaridìosi, coccidìosi), alcune infezioni barterichc da salmonclle e da altri entcrobatteri (tifo addominale, dissenteda batterica, ecc), alcune vìrosi (epatite virale, poliomielite). Enormi sono i danni che gli .inquinamenti biologici arrecano alla società, basti a titolo d'e.:.e~npio un solo dato: nel 1947 le infesrioni clmintiche nel mondo si calcola\'ano a 70 milioni. Da questa sLrua7.ione deri,·a il dovere per le autorità sanitarie ed annonarie di adottare idonee misure di profilassi in modo da diminuire la morbilità ed annullare la monaJità che può derivare dal consumo di cibi comunque inquinati. Una profilas~ì di tipo fiscale e punitivo, attuata cioè attraverso il campionamento degli alimenti e successiva distruzione delle partite di merci dichiarare non idonee al consumo parte dal presupposto che il campione rappr~nti omogeneamente la partita da cui deriva, il che in pratica potrebbe non ,·erifìcarsi. Ciò comporta che un campionamento negatiYo potrebbe portare al comuma[Qre una partita dì merci inquinate in alcuni suoi punti. Una vera profilassi deve essere ~nvcce preventiva, attuata cioè sia atu-avcrso una imellìgente azione di consulenza tecnica e di propaganda jgienico- sanitaria durante tutte le fa!>i ·dei processi produttivi sia attraverso una vigilanza igienico - sanitaria sui laboratori e sugli stabilimenti di produzione, tenendo conto ·in particolare della dinamica con la quale avviene la trasmissione di un'infe-4ione o la forma7ione dì una tossina. Per raggiungere questo obiettivo l'azione delle autorità sanitarie deve basarsi su tre punti: prrimo, incremento della catena del freddo dalla produzione al consumo per ''igilare sullo stato di con~vazìone delle merci e soprattutto delle carni destinate al consumatore; secondo, igiene e puli?.ia degli impianti, delle attrezzan1re e dei servizi igienici annessi, presenw e potabi lità delle acque di produzione e lavaggio, stato di salute e preparazione tecnica del personale addetto. Naturalmente l'attuazione di queste misure da parte del personale, e questo è il terzo ed ultimo punto, deve essere controllata compiendo esami chimici e baueriologici su campioni dei prodoni preJe,•a::i in punti strategici della catena di produzione fino ai punti dì \'endita. T risultati della campionatura non devono però essere presi in assoluto ma valutati con me~odì statistici, su determinati e precisi standard, necessari per definire le cond izioni igieniche di un dato prodotto.

P. Tt.RRON I


s oo RADIOPATOLOGIA L., PATRESE P., RoMACI'OLI G. F., 0K.OLICSANYI L., M ENDOLA R.: La n~fro­ patia s~condaria ad irrfU!iazion~. - FoJia Medica, LI, 19(58, n. 12.

CAMPANACCI

La soffere112.a. dd rene che consegue aH'esposiz1one a radiazioni ionizzanci può manifestarsi per un duplice ordine di eventi: a) in v·ia indirot:ta, in scgtJito all'esposizione accidentale di vaste aree delJa superficie corporea negli addeui all'aJJestimento di ordigni nucleari od al funzionamento <li reattori :nucleari, a causa dello shock e della necrosi di vaste masse tessutali (quadro d'insufficienza renale acuta nell'ambito della «sindrome acuta da radiazione»); b) &rettamente, in seguito all'irradiazione ddle logge renali nel corso delJa terapia radiante di alcune neoplasie. Questo secondo gruppo di lesioni è nettamente più .frequente ed è pertanto su di esse che si ferma lo studio degli AA. Vengono quindi esposti i lineamenti clinici ed umorali e gli aspotti morfoJogici dei quadri di nefropatia <la raggi finora descritti in letteratura. T ra questi va annoIVerato un quadro di « nefropatia precoce)) che inizia nel corso del ciclo radiante o entro sei mesi ed è in genere asintomatico sul piano clinico ed umorale. Dal pumo di vista funzionale si ha un calo del flusso ematico .renale e del volume del filtrato glomerulare. E' stata descritta anche una << nefri te acuta da raggi )) per radiaz.doni superiori ai 2300 rads che si manifesta dopo un intervallo di 3- 12 mesi con proteinuria, edemi talora ipertensione ed anemia. Sul piano morfologico si nota un quadro di << nefroglomerulosi » con ispessimcnto delia membrana basale. La <c nefrite acuta » porta spesso alla c< nefrite cronica da raggi))' che può anche esordire subdolamente dopo 24- 36 mesi dal ciclo radiante. Sul piano clinico ed umorale si nota di solito lieve proteinuria associata ad un quadro d'insufficienza renale poco evolutiYO; il quadro morfologico più frequente è quello della « nefrosi sclerosante )> (reni piccoli con capsula ispess.ita, fibrosi interstiziale, atrofia tubulare, ecc.). Gli AA. notano che la maggior parte della letteratura in proposito riguarda casi trattati con le tradiz io nali tecniche d i roe ntgen - irradiazione che comportano l'interessamelllo di a mpi volumi tcssutali; ritengono quindi importante rjferire la loro esperienza .su di un gruppo di 24 pazienti irradiati sulle logge renali con una sorgente di cobalto (CoG"). Dai •isultati dell'indagine parrebbe emergere che con l'uso delle alte energie non si notano più ti casi di conclamata patologia cenale da raggi che si avevano una volta con i << bagni addominali )) di radiazioni. Sembrano invece rinvenirsi aspetti di patologia renale « minore li, a~intomatici e paucisintomatici sul piano clinico ed umorale e invece caratterizzati dal calo più o m eno ma11ifcsto della filtrazione glornerulare e del flusso ematico renale e talora <!alla compromissione degli indici òi funzione tubulare. Sul piano morfologico q uesta patologia da raggi sembra principalmente ca.ratterizz.ata da fibrosi interstiziale, cui si accompagnano segni di <insofferenza glomerulare tu bulare e spesso anche vascolarc.

P. T ARRONI FARA1ACOLOGIA T ooRI:..s D.: The role of morphine in acute myocardial infarction. 1971, 8r, 566·570.

A m. Heart J.,

L'attività analgesica della morfina, uno dei 20 alcaJoicli dell'oppio, dipende dalla sua geometria molecolare; infatti la forma attiva è solo quella levogira, l'unica peraltro presente in natura.


SO I Sulla base delle caratleristiche che deve possedere un analgesico ideale così come sono state elencate da Grollman, ci si accorge che la morfina possiede non poche e non lievi defioienz.e, tuttavia i suoi vantaggi nel sollevare il dolore nell'infarto micr cardico acuto e nell'indurre sonno sono notevoli. Essa agisce non solo aumentando la soglia del dolore, ma anche rallentando la reazione al dolore, come per es. deprimendo la risposta surrenale carecolaminica. Non bisogna poi trascurare l'effetto suggestivo che consegue alla cessazione del dolore, cioè la componente psicosomatica di esso. Gli svantaggi rappresentati dalla nausea e dal vomito possono essere notevolmen[e ridOtti combinando la morfina con la ciclizina, un antiemetico . La via di sornministrazione ha notevole importanza, pe.rchè, ment.re per la ,·ia endovenosa l'effetto analgesico è quasi immediato, abbastanza rilardato esso è per b via endomuscolare ed ancor più per quella ipodermica. La morfina viene coniugata nel fegato con l'acido glutammico ed eliminata per i reni, ma molto lentamente. I maggiori svantaggi della morfina sono la caduta della pressione arteriosa c la depressione dei centri respiratori. Di grande importanza sono quindi le cautele contro questi svantaggi. Fra Je altre, p. es., in tema di infarto miocardico acuto, sono le mcr dalità del trasporto d'urgenza in ospedale dell'infermo gi.ì LraJtato con la morfina, perchè si impone il decubito supino. meccanismo della depressione respiratoria è dato da una diminuzione della rcsponsività dci cenlri r~piratori ad un aumento della pCO~ e questo è importante, perchè il sonno che succede al farmaco produce a sua volla un'altra diminuzione di detta sensibilità, per cui gli effetti della morfina e del sonno si cwnulano. Ne emergono logicamente i consigli che bisogna dare agli infermi, di respirare cioè profondamente. Dati questi effetti indesiderabili e pericolosi della morfina, si è tentato di sostituinla con altri farmaci, come la pentazocina e la mepertidina. Viene fatta una aCOJrata descrizione dell'azione di essi, ma in definitiva si conclude che in realtà non esiste una netta superiorità rispetto alla morfina e che non esistono « analgesici innocui ». Si è spesso detto che i nuovi analgesici siano meno deprimcnri dd sistema respiratcr rio, ma molti studi hanno concluso che, a dosi equianalgesiche, il grado di depressione respiratoria non è significativamente differente d<1 quella della morfina, anzi la mcperidina è ancora più deprimente. Molti medici preferiscono la diarnorfina, cioè l'eroina, specialmente quando la morfina ha fallito nella sua az.ione. Sembra che la morfina abbia il vantaggio, riducendo la produzione di catccolamine, di diminuire la insorgenza di aritmie ventricolari nell'infarto miocardico acuto. Alleviare il dolore è una delle più nobili azioni dd medico, conclude l'A., ma è necessar.io comprendere il dolore in tutti i suoi significati, non esclusa la componente psicosomatica di esso. Quando si somministra un farmaco, ha scritto Mc Ke112ie, perfino quando abbiamo fiducia in es!.O, dobbiamo sempre farlo con mente vigilante c critica, riconoscendo che, quando esso faUisce nella sua azione, bisogna ricercarne un altro che sia più efficace.

n

M!::LCHIO:IDA

MALATTIE INFETTIVE

G. H.: Rhcumatogcnic and ncphritogcnic strcpUJcocci. - Circul., 1971, 43· 915 - 92 r. Negli ultimi due decenni si è osservato w1 declino rimarchevole della febbre reumatica acuca non solo nell'America dd Nord e nell'Europa Occidentale, ma anche in

STOLLERMAN


tutti quei paest tn cui le migliorate condizioni economiche hanno indotto un notevole miglioramento igienico ed un migliore controllo della diffusione delle infezioni streptococcichc. Questo declino, nonostante la frequente comparsa di epidemie di faringite streptococcica in molte popolazioni giustifica una cena speculazione se i ceppi di str~p­ tococco emolitico del gruppo A siano andati incontro a modilicazioni qualitatiYe o quantitati\'C che possano aver agito suJ loro potenziale reumatogeno. L'A. riporta l'esperienza personale e di altri ricercatori in alcuni casi di epidemie di faringite streptococcica e delle sequde nclritogene o reumatiche che le hanno seguite, portando una critica serrata su basi cliniche, epidemiologiche e sierologiche dcgli avvenimenti osservati. Egli conclude dicendo che la evidenza clinica epidemiologica e quella microbiologica portano alla affermazione che vi sono ceppi streptococchi che sono capaci di produrre l'una o l'altra sequela ~1:reprococcica. Forse vi sono coppi che possono pro durre sia l'una che l'altra od anche nessuna delle due. Sarebbe di grande valore potere stabilire chiaramente il potenziale per un dato ceppo come nefritogeno o non nefritogeno, così come reum:nogeno o non reumatogcno. D problema è ancora in discussione. MELeHto:o-:0'\

CARDIOLOGIA

A., K o EKKER R. J.: Dynamics of the norma/ jugular bulb pulsatiotls an d their changes in tricuspid regurgitation. - Am. Heart J., 1971, 82, 252 - 268.

DoMANCHtCH

Lo scopo deLla regi~trazione di un flebogramma giugulare è di ottenere un tracciato diagnostico e di riferimento riguardante le modilìcazioni emodinamiche dci lato destro del cuo~e. E' nece:.>ario però naturalmente che venga usata una tecnica correna e costan te, preferendo il sistema piezo- dcttrico con rilevatore posto sul bulbo giugulare destro, cioè nella maggiore prossimità del cuore. Le pulsazioni giugulari sono dovute alla intcrazione del flusso del sangue venoso verso il cuore con l'attività pulsatile delle camere ds del cuore, IÌnterazione modific:ua dalla influenza cransmurale delle oscillazioni respiratorie. La nomenclatura delle varie onde del flebogramma giugulare è oggi sensibilmente modificata da quella originale di Mc Kenzìc, per cui si parla di onde positive a, c, v, h c di onde negative z, x, y, con la cronologia a, z, c, x, 11, y, Il . Gli AA. fanno un'analisi descritriva di queste varie onde sulla base delle modilicazioni emoclinamiche durante le varie fa5i del ciclo cardiaco : - onda positiva a: è causata dalla contrazione atriale; questa però non ces~a con l'apice dell'onda, bensì si persegue sino al punto negati' o z: con il simbolo a' va .indicata la << seconda onda atriale n che un tempo era etichettata come « intersisrole ,, ; - onda positiva c: in contmsto con le precede-n Li interpretazioni, essa origina all'interno dd ventricolo destro e riflette l'im.gidimento i~metrico di questo che spinge in alto i lembi tricuspidali verso l'atrio; - onda negativa x: risulta per due terzi dalJa dilatazione atriale e per un terzo dalla contrazione ven.tricolarc; rappresenta la caduta più profonda della pressione atriale (« vis a fron{e ))); - onda positiva 11: rapprc~enta la risalita della pressione atriale ed è un fenomeno composto: vi è una <<fase d i afflusso» nel segmento i niziale o fase o, il quale si continua nella « risalita diastolica " dr attraverso una incisura n, la quale è un punto di rt·pere importante pcrchè indica l'inizio d el rilasciamento ventr.icolare isome-


. trioo (chiusura deUe semilunarj), ·la cw durata è mi~urata .dall'intervallo n - t (t e' SIruato nella discesa che lega il punto dt· con quello y); - onda negativa y : rappresenta il n adi-r della dilatazione ventricolare dopo il punto t; - onda positiva h: è di origine venosa ed è semplicemente riflessa .dal lato destro del cuore; il suo apice ha forma varia, piatta od appun tita, e segna la << diast~i )) del cuore. GLi AA. conrinuano nella analisi critica dj queste varie onde nei loro rapporti di ampiezza e .si soHermano su i fattori responsabili de!Ja non sovrapponibili_t.ì delle curve intra- atriali e dei tracciati giugu lari esterni. La diagnosi clinica della insufflciènza cricuspidalc (IT) è difficile cd infida, ora speciaLneme che iJ riscontro chirurgico ha permesso dii rivelare gli errori e la 'Ìnsuffiòe.nza dei mezzi semeiologici cJassici cl.itùci. Anche i ·dati del cateterismo e la misuraz,Ìone delle pressioni illltra - atriali non apportano elementi diagnostici precisì. Vi sono tre forme di lT: r) forma primaria o valvolare, congenita ed acquisita; Ja forma acquisita può essere infiammatoria o neoplastica; 2) forma secondaria od anulare, dovuta a dilatazione dell'anello; è la forma più comWle e spesso è una faccia dello scompcnso congestizio; 3) forma mista o valvuJo- an ulare. Orbene, lin tutte queste .ere forme il flebogramma giugulare può portare il suo prezioso corrtributo diagnostico e gli AA., anche sulla base di una casistica personale, conducono un'analisi accurata delle varie modificazioni della <:urva flcbograflca nelle varie fasi dd ciclo cardiaco (proto -, mcso- e tcle- dìas.tole per la forma secondaria, sistole e tele- diastole per la forma primari·a), sulla scorta delle modificazioni emodinamichc specifiche di queste varie fasi e delle modificazioni jsto- patologiche cui vengono sollecitate le camere de.stJ·e del cuore. Il Ilebogramma, correttamente eseguito, permette cosi di rispondere a tre quesiti fondamentaJi: r) quali sono i criteri necessari per distinguere u no scompenso congestizio non complicato da una IT secondaria; 2) come diagnosticare la IT primaria senza scompenso; 3) come identificare Ja IT primaria complicata da una IT secondaria con scompenso congesrizio. Il flebogramma giugulare contribuisce anche a risolvere alcune perplessità diagnostiche come la ·differenziazione della· IT da una stenosi tricuspidale. In conclusione, affermano gli AA., la differenziazione e la di.mostrazioJ1e delle tre forme deUa IT possono essere fatte abbastanza agevolmente a mezzo di una accurata tecnìca Uebografica giugulare- esterna. E' con tali informazioni che il chirurgo sarà m condizione di potere eseguire correttamente i vari metodi di intervento utili per una correzione chirurgica cd emodinamica di w1a lT. MELCHIONDA

W. H., WHALEN R. E., MoRRJS J. J. jr., 0RGAIN E. S.: Carotid pulse tracings in hypertrophic subaortic stenosis. - Am. Heart J., 197r, 82, 180- r86.

CARTER

.. La stenosi subaonica ipertroflca idiopa~ica SSu) è una malattia con .manifestazioni proteifo(.mi che può mimare disordini vari come una stenosi aortica valvolarc, una ooronamparia, una ti<per~rofl.a m iocardica ~diopatica, una IÌnsu.f.ficienza mitralica ed una psiconevrosi. La diagnosi definiti va può essere fa·tlta solo con il cateterismo sn,


ma questo è dispendioso e non scevro di rischio, per cui molto utile si dimostra al riguardo la registrazione del tracciato del polso carotideo esterno. Esso ha un contomo caratteristico bifi<lo, con una rapida salita ed un tempo di eiez.ione ventricolare sn prolungato; ma la prima anormalità può occorrere anche in soggetti normali e la se· COJlda può occorrere fre<Juentcmente dopo inalazione di nitrito di amile. Gli AA. hanno registrato il polso carotideo in 158 pp. adu!Li, in 72 dei quali esso .fu registrato anche dopo inalazione di nitrito di amilc. La identificazione dell'onda dicrota (necessaria per il tempo di eiezione \"entrioolare sn) fu resa più agevole con la registrazione contemporanea di un fcg. Furono misurati il tempo di salita (TS), il .tempo di eiezione ventricolare sn (TEVS) ed ·il l<>ro rapporto. Dci 158 pp., solo 23 avevano una SS 1t, mentre gli al t'Ci erano portatori di una stenosi aortica pun1 (31), di una insufficienza aortica pura (n), di una steno-insufficienza aortica (xo), di una insuffidenza mitralica pura (9), mentre 6s erano portatori di disordini cardiaci vari valvulopatie semplici o miste, cardiopatie congenite, coronaropatie, cardiomiopatie) e 9 erru1o soggetti normali. Benchè non sia ancora ben chiaro il meccanismo per cui la inalazione del nitrito di amile prolunghi il T EVS e riduca pertanto il rapporto T S / TEVS, questa manovra farmacologica si è dimostrata molto utile per la diagnosi differenziale di una SSn con le altre suddette infermità ed i risultati autorizzano a concludere che le anormalità ricavate dalla registrazione del polso carotideo sono: t) rapporto TS/ TEVS minore di 0,27 che si riduce a 0,23 dopo inalazione di nitrito di amile; 2) aumento del TEVS oltre o,o6" dopo inalazione di nitrito di an1ile. MEt.Ci liONDA

D. A., ANCEI.lNI P., T Est.ER U. F., L uFSCHANOWSKJ R., LEACHMAN R. D.: La sunosi sub- aortica ipertrofica idiopatica: lluovi criteri intcrpretativi e terapeutjci. - G. Ital. Cardiol., 1971, 1, 291-301.

Coot.EY

La stenosi sub- aortica ipertrofica idiopatica (SS Il) è definibile sinora solo su di una base siodromica, come condizione caratterizzata dalla presenza di una ipertrofia selettiva del serro muscolare interventricol::tre, nella Slla porzione medio - superiore, dal lato sinistro, ma io realtà sotto questo comune denominatore si sono descritte entità che presentano differenti caratteristiche peculiari e significative. Già da tempo è stata postulata l'esistenza di un rapporto reciproco causa- effetto tra alcune malformazioni della valvola. mitralica c la SSn, nel senso che malformazioni primitive della mitrale possono determinare una SSu e che il complesso mitralico, per la sua relazione topografica con la camera d'uscita dd ventrioolo sinistro, viene necessariamente ad essere ooinvolto daUa presenza di una ipertrofia settale asimmetrica sn. Gli AA. descrivono i meccanismi an atomo- funzionali di queste ·relazioni topografiche c funzionali fra le due malattie e riportano un loro materiale clinico personale di due casi dimostrativi della prima evenienza, confortati, oltre che dal rilievo anatomico sul letto operatorio, anche <!al successo emodinamico e clinico dell'intervento chirurgico, durante ~l quale venne eseguita una sostituzione valvolarc mitralica con una protesi di Bjoerk - Shiley. Gli AA. concludono però prudentcmente che solo una esperienza più vasta ed un controUo post- operatorio più lungo potranno confermare definitivamente la validità di questa nuova metodica chirurgica per lo meno in un ceno numero di casi di SSn. MEt.CiliONDA


P., BrASCO G., MASELLI- CAMPAGNA G.: The tm:aco-rdial honk. J., 1971, 33> 707 -715·

RrzzoN

Brit .

Heart

E' uno studio accurato ed interessante eseguito nella Clinica medica dell'Università di Bwi. Il ccgrido dell'anatra <Selvatica » (« honk ») od «urJo sistolico» («whoop») è un rumore sistolico intermittente, intenso, musicale che può occorrere con o senza d'evidenza di una cardiopatia significativa. Esso fu considerato inizialmente come un rumore extracardiaco, probabilmente di origine pleuropericardica, e pertanto senza significato eli rùco. Da alcuni anni però non poche sono state le osservaz,ioni riferite dai vari AA. etc infirmano il carattere di innocenza di. questo rumore. Gli AA. presentano 9 casi di cc honk » precordiale, 3 dci quali avevano un rigonfiamento (« ballooning >>) della mitrale e 6 una cardiopatia nota (stenosi mitralica, stenosi. aortica grave, cardiopatia ischcmica). Detti pp. sono stati divisi in due gruppi. Quelli del 1° gruppo (3 giovani donne senza anamn<:M reumatica nè di pleurite e nè di pericardite) presentavano, in aggiunta all'« honk >> precordiale, la sindrome del « click mesotclesistoliw e soffio telesistoli.co >>, descritta anche come «disfunzione telesistolica dell'apparato mitralico >>, spesso familiare, con un cc ballooning » sistolico dei lembi mitralici nell'atrio sn documentato col cineangiocardiogramma. Pur non essendo presenti i segni classici della sindrome di Marfan, esse presentavano deformità congenite minori dello scheletro. Una delle pp. era portatrice di un difetto del setto interatriale .documentato chirurgicamente. Oaratte·r~stica di rilievo era, secondo gli AA., il colorito rosso dei capelli e chiaro dolla pelle, inabituali nell'Italia meridionale. La natura di questa disfunzione val volare è ancora oggn oscura. T pp. del 2° gruppo (5 pp. di sesso prevalentemente maschile e di età quasi sempre senile) erano portatori di una cardiopatia reumatica od ~schemica, con una insufficienza mitralica di grado vario, ma senza il cc ballooning » ·della mitra!e. GLi AA. descrivono i caratteri clinici e fcgrafici differenziali dello « honk >l nei due gruppi, ne1la sua cronolog.ia, nei suoi rapporti con gLi altri ·rumori (dicks e soffi) e nelle sue modificazioni con manovra fisiche (respiro, manovra d.i MuelJer e di Valsalva, decubito) e fannacodinamiche (nitrito di amile). MELCHIONDA

BRAUT D., $HAW D. B.:

Sinus b1·adycardia. -

Brit.

Heart J., 1971, 33, 742 ·749·

La bradicardia con una frequenza a.rriale lenta è considerata abitualmente come una condizione innocente comune in certi •tipi di aùeti bene allenati, ma p uò occorrere a volte in pp. con sintomi di cardiopatie. In 46 loro pp. bradicar-dici, gli AA. hanno trovato che 35 avevano, in aggiunta, alcune anormalità dol ritmo, per clllÌ si doveva pensare ad una bradicardia 'Patologica. D ata la risposta anomala all'esercizio ed al l'atropina, si poteva escludere .trattarsi di un blocco seno- atriale, anche perchè l'onda P in DI era bassa, in contrasto marcato con !'.ampiezza netta ciferita da Levine nella sua classica descrizione del blocco seno · atriale, per clllÌ. la frequenza atriale lenta doveva attribuirsi ad una bradicardia ·sinusale. La causa della bradicardia sinusale rimane ancora inspiegata nella maggioranza dei casi ed è poco verosimile che la funzione seno - atriale sia disturbata da un difettoso rifornimento sanguigno nodale, poichè questo meccanismo non poteva essere <riconosciuto in molti dei pp. studiati dagili AA. Altra ipotesi è una malattia degenerativa primaria del nodo seno- atriale, come avviene nel blocco cardiaco idiopatico.


so6 Comunque sia, la bradicardia sinusale esiste come una entità patologka distinta dal blocco seno- atriale, coo le seguenti caratteristiche: 1) lunga storia di polso lento; 2) tendenza ad anacchi sincopali od a vertigini; 3) deficienza della riunicità dcl nodo seno - atriale con arresto sinusale e con << escape » giunzionale o ventricolare; 4) onda P anonnalmente larghe e basse; 5) ecceSSÌ\'a irritabilità degli atri con tachiaritmia atriale O battiti ectopici atriali frequenti; 6) risposta anormale all'esercizio, all'atropina ed alla jsprenalina. Nell'incertezza della reale etiologia di questa sindrome bradicardica, gli AA. ritengono di etichettarla per ora come cc sindrQillc del seno pigro >> (« the Jazy sinus syndrome »). MELCIHONDA

A. K. e al.: Combined papilla''Y muscle and left ventricular wall dysfunctiotl as a cause of mitraJ regurgitattofl. - Circul., I9'JI, 44• 174- 18o.

MITTAL

La insufficienza mitralica dovuta ad una disfunzione del muscolo papillare è oramai una entità clinica comunemente accetrata, ma le componenti patofisiologiche precise jnterc.~sate non sono ancora chiaramenre definite. Infatti, pur essendo stata descritta una insufficienza mitralica dovuta alla ischemia od alla fibrosi del muscolo papillare Ùl seguito ad un infarto, già precedenti studi sper.imentali su cani avevano ·dimostrato che l'jnfarto isolato e la successiva fibrosi del muscolo papillare anteriore o posteriore non conducevano ad una insufficiCJlZa della mirrale. Gli AA. hanno ripreso questa spcrimentazione su cani, producendo un Warto dd muscolo papillare con suture attorno alla sua base ed, in aggiunta, un infarto a chiazze della parete ventr.ìcolare sinistra adiacente costringendo la rispeniva coronaria. I ·risultati sono sraù concordi con le precedenti ricerche, nel senso che solo quando venivano prodone contemporaneamente le due lesioni si produceva una insufficienza m.itralica, mentre le SLngole lesioni isolate non erano capaci <ii produrre il fenomeno. MELCHIONDA

H.: lnfluence of body posttton 011 exercise talera11ce, heart rate, blood pressure, and respiratio11 rate in coronary insufficìency. - Brit. Heart J., 1971, 33, ]8- 83.

LAcEROF

L'influenza della posizione del cOI'po sul circolo è Stata studiata abbondantemente nei soggetti normali nei pp. con cardiopatie, ma non durante l'esercizio nei pp. con angma pecroris. l.)urante l'esercizio nel decubito supino vi è un aumento del ritorno venoso al cuore ed un aumento del volume cardiaco. Nella insufficienza coronarica l'aumento del ritorno venoso può essere pensato aggravare la deficienza ventricolare sn che caratt<."fizza il disordine, e pertanto la soglia del dolore può essere più bassa durante l'esercizio in posizione supina. Questa .ricerca è stata condotta per paragonare h frequenza cardiaca, Ja p.a. sistolica, la frequenza respiratoria, la tolleranza all'esercizio e la soglia del dolore durante l'esercizio nella posiuone seduta ed m quella supina. G li studi sono stati condo~ti su 37 pp. maschi di 40- 6J anni che avevano dolore all'esercizio secondo i criteri di Rose per una angina pectork


DtscussioNE. Nei giovani sani nessuna differenza nella frequenza cardiaca è stata osservata con lo stesso lavoro eseguito su di un biciclo sia in posizione seduta che in posiz..ione supina. Nelle donne giovani è stata riferita una tendenza a frequenze cardiache più alte neUa posizione seduta, ma la differenza non era statisticamente ·significativa. Mc Gregor, Adam e Sekelj hauno trovato nei soggetti normali una frequenza cardiaca più alta cd una frequenza respirawria più alta durante il lavoro su biciclo nella posizione seduta, ma essi hanno studiato solo 4 soggetti. La circolazione negli anziani sani ~ stata studiata con il cateterismo del cuore ds duran.te l'eserciz.io nelle posizioni ·seduta e supina da Granath, Jonsson e Strandell. Nessuna differenza è stata trovata fra egua!i lavori eseguiti nelle due pos.izioni. La gettata e la por.tata cardiache sono state più basse in lavori identici eseguici in posizione seduta. Le pressioni sistolichc e diastoliche sono state lievemente più alte nella posizione seduta, ma le <differenze non erano statisticamente significative. La influenza della posizione del corpo sul volume cardiaco durante l'esercizio è stata studiata da Holmgren ed Oveniors. Ess.i hanno ·trovaro, in media, un volume car·dìaco più basso durante l'esercizio in posizione a55isa. Così, sembra che nei soggerri normali, con lo stesso carico di lavoro, non vi sia differenza nella frequenza car·diaca e nella pr. arrer., mentre il volume cardiaco, la gettata e la portata cardiache aumentino nella posizione supina. Nei pp. con soompenso cardiaco? Epstein et al. hanno trovato frequenze c.t rdiache significativamente più alte nella posizione supina, tuttavia le implicazioni di questo rilievo sul meccanismo della contrazione del cuore non sono state discu.~se. Emod.inamicamente il p. con insufficienza coronarica è caratterizzato da un danno ·nella funzione ventricolare sn almeno .durante l 'esercizio, il che significa rtma ralazionc appiattita fra il volwne telediastoLico e la gettata .nel diagramma di Frank - Starling cd una ca· pacità diminuita per fare s.alire la curva ddla funzione ventrìcolare in ·alto ed a sn durante l'eserciz.io. Nonostante l'aumento g.rande del volume telediastolico e della pressione telediastolica, il p. con insufficienza coronaràca ha una capacità molto limitata per aumentare la sua gettata. Secondo la legge di Laplace, l'aumento del voLume tdediastolico significa che un c.trico aumentato è imposto al cuore. Come conseguenza ·dell'aumento della pressione telediastolica nel ventricolo sn, il gradiente pressorio fra le coronarie od i vasi piccoli transumorali della parete ventricolare è ridotto con una conseguente diminuzione nel flusso coronarico. O:>sì, su basi teoriche, il 1avoro in posizione supina nei pp. con insufficienza coronaric.1 porta ad un flusso mioc&-rdico più basso e ciò costituisce la logica spiegazione per una più bassa tolleranza allo sforzo osservato in posizione supina. Le frequenze cardiache più alte osservate durante l'esercizio SUJpino prima dello sviduppo del dolore .roracico suggerisce che, per abbassa:re il consumo miocardico dì 02, questi cuori Liberano una più piccola gettata a frequetlz.e car-diache maggiori. Ciò indica che nella coronaropatia lo svantaggio di una diastole più corta è minore che quello di un aumento del volume di gettata che richiede un aumento della tensione della parete ve.ntricolare. Vi è una certa contro'Versia se l'incremento nella pressione tdediastolica ventricolare sn osservata durante l'esercizio nei pp. con .insufficienza coronarica sia dovuto ad una diminuzione della .compliance ventricolare o ad una deficienza ventricolare ·sn. Le frequenze cardiache aumentate osservate qui nella posizione supina sono consistenti con una diminuzione della compliance ventricolare, che tunavia non esclude un danno della funzione ventricolare sn . Se è presunta una diminuzione della compliance della parete ventricolare sn, una frequenza cardiaca più alta sarebbe svantaggiosa, poichè ciò significa che il ventricolo potrebbe espellere la stessa portata cardiaca con una m.inore gettata ad un consumo d i energ.ia più basso. Questi pp. sper.imentano un dolore cardiaco ad una tre-


so8 quenza cardiaca più bassa ed esegu.iscono un lavoro ad un più basso carico di lavoro durante la posizione supina. Questa è una conseguenza della disfunzione ventricolare sn con un aumento del volume telediasrolico e della pressione, modificazioni che caratterizzano una i09Ufficienza coronarica all'inizio dell'angina pectoris. L'ordine di grandezza della differenza media nella tolleranza all'eserciuo potrebbe avere pratiche implicazioni quando un livello di esercizio di resistenza per uno studio di cateterbmo cardiaco debba essere determinato da un test di lavoro in posizione seduta. La spiegazione per la tendenza ad una frequ enza di respi:ro più alta osservata durante la posizione supina può essere che il volume di sangue polmonare sia aumentato in questa posizione. Nei pp. con danno venuicolarc sn la differenza nel volume di sangue polmonare fra le due posiz.ioni è ulteriormente aumentata quando .il cuore non può sopportare l'aumento dell'afflusso proprio. Robinson ha impiegato .il prodotto della trequenza cardiaca e della pressione sistolica come un indice grossolano d i richiesta dj 02 mjocardico cd ha mostrato che l'inizio dell'angina poctoris occorre ad un prodotto frequenza- pressione che è rimarchcvt--Jmente costante per ogni p. Le differenze nei prodotti frequenza · pressione osservate qui, nelle due posizioni mostra semplicemente che questo indice non è valido per predire un dolore anginoso. MELCHIONDA


SOMMARI DI RIVISTE MEDICO ~ MILITARI

INTERNAZIONALE REVUE fNTERNATIO!\ALE DES SERVICES DE SANT É DES ARMÉES DE TERRE, DE MER ET DE L 'AIR (n . 5, 1971): Numero speciale: Dedicato al XX Congresso Internazionale di Medicina e Farmacia Militari (Bruxelles, 27 giugno2 luglio 1971).

REVUE INTERNATIONALE DES SERVICES DE SANT I?. DES ARMÉES DE TERRE, DE MER ET DE L'AIR (n. 6, 1971): Kilicturgay K. , Gulhan A., Avunduk A., Bi/gin T. , Sisli T.: Ricerche sull'epati.te viralc; Rivier f. L.: Le alterazioni del .ritmo cardiaco nei giovani; Laffan J. P.: Sui minimi eli approvvigionamento di farmaci e di mater.iale sanitario nella zona di combattimento.

ITALIA ANNALI DI MEDICINA NAVALE (A. LXXVI, fase. III, maggio- giugno 197r): Pancheri P., Stracca M.: Contributo alla validazione del Rorschach a scelra multipla; Pezzi C.: La meccanica del volo nell'opera <.li Leonardo e nel (( De Motu Animalium >> di Gian Alfonso Borelli.

FRANCIA REVUE DES CORPS DE SANTÉ DES ARMEEs DE TERRE, DE MER ET DE L 'AIR (Vol. XII, n. 3, giugno r971): Degrais D., Pouquet M. : I cr·iteri di selezione negli arruolati nella Marina; Riu R., Darleguy P., Biade f. , Germain A.: La diminuzione dell'acutezza visiva nell'ambiente militare; Bare t M., Ardiss(m, RouleaJJ F., Boisseau M.: A proposito di sei casi di drepanocitosi minore : problemi pratici di rilevamento del l'emoglobina S e prevenzione degli eventuali incidenti; Le Dain: Ciclamati c cidoexilamina : metabolismo, tossicità, identificazione e dosaggio; Goyffon M., Le Fichoux Y., Deloince R., Niaussat P.: Lo scorpionismo; Coyffon M ., Le Fichoux Y., Deloince R., Niaussat P.: L'araneismo.

GRECIA H ELLENIC ARMED FORC&'S MEDICAL REVIEW (vol. 5, n. 2, aprile r97r): Toutouzas P., A ravanis C., Hatzigeorgiou C., Michaelidis G.: Stu-dio fonocardiografi.w di pazienti con protesi valvolare m itralica c aortica; K atsoyannis A., Koutsopoulos D., Balas P.: Plccismografi.a digitale c reografia ultrasonica. Nuovi metodi di studio


s ro delle malattie vascola.ri periferiche; Dimacopoulos A.: Studio epidemiologico di una infe7jone micobanerka atipica nelle reclute; Voutsas S., Katikos G.: Le contusioni dell'occhio nell'Esercito; Makris P., Ba/bouzis D. , Dimitroupoulos G., Georgakis S.: La fissazione primaria nelle franure aperte; Vafìadis S.: Emodialisi periodica quale metodo di trattamento dell'insufficienza renale cronica; Pantazopoulos T .: Trauarnen to e prognosi delle dislocazioni traumatiche dell'anca; Travianoudakis E. : Episodi anormali durante il sonno; Palimeris G., Andreanos D. , Velissaropoulos P. : Metodi elettrodiagnosticl in oftalmo1ogia; Costeas Fr ., Pavlou - Karageor·giadou A. : Mixoma silente dell'atrio sinistro; Blatzas G., Polyakis G.: Pancreatite traumatica. Illustrazione di due casi; Sinnis G., Dimitsas M.: MetatarsalgJa di Morton; Plakonomù f ., Tzanatakos C.: Su un caso di polmonite cronica primaria non specifica; Karadimas f.: Calcinosi circoscritta. Illustrazione di 3 casi; Papor~tsakis S.: Moderni orientamenti nella diagnosi delle contusioni inte:.tinali; Plakonouris f .: Sindrome di disostosi epifisaria senza nanismo.

INGIIILT ERRA JUURNAL OF THE HOYAL ARMY MEDJCAL CORPS (vol. 117, n. 3, 197 1): Mackay f.: Alcuni aspetti della leptospirosi in Malesia; Bradford P. f. , Warrington G./JL., Webb f. F.: La trichinosi ad Aldershot; Velia E. E.: Sui vaccini e sulle vac· cina.zioni; Pitt C. C.: TI tetano; Piu C. C.: Febbre enterica; Cormack f. D.: Un caso sporadico di febbre tifoidea.

JUGOSLAVIA VOJNOSANITETSKI PREGLED (A. XXVIII, n. 5, maggio 1971): Ergagovac N. e co/l.: Grandi cisti idatidee cerebrali nei bambini; Stamotovic Lj. e coll.: Epide· mia <li fobbre emorragica di C'..rimca; Arsie B. e co/l.: Attua litri sul colera; Rar1kovic N . e coli. : Il ruolo degli eritrociti nelle reaz,ioni compcnsatorjc dcll'ipossia; Vujosevic K.: Sui problemi da intossicat~ione da marijuana; Pùuvic S. e coli.: Lussazione del ginocchio con rottura dell'arteria poplitea; Stefanovic P. e col/.: I traumi chiusi de~!a laringe nella nostra pratica. VOJ rOSA: ITETSKl PREGLED (A. XXVIIl, n. 6, giugno 1971): Pantelic D e coli.: Reazione generale dell'organismo nelle lesioni da radiazioni combinate; /?pdotic M. e col!.: Manifestazioni clinkhc e analisi quantitativa dei fallori potenzianti la mortalità; Radotic M. e co/l.: 11 ruolo dci fattori potenzianti la mortalità nella valutazione dalla situazione radiologica da paro(C del servizio Sanitario Militare; Piscevic S. e co/l.: Aspelti part:icolari del trattamento chtrurgico delle lesioni combinate; Piscevic S. r coli.: Possibilità del trattamento chirurgico dei vasi sanguigni lcsionati nei cani irradiati.

MESSICO RE VIST A DE SANIDAD MILITAR (vol. XXIV, n. J, maggio- giugno 1970): Casanova Alvarez N.: Tumori della vagina nelle giovani donne; Carrera Cardcnas R.:


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Epidemiologia e prevenzione dell'amebiasi; Carrera Cardenas R.: Epidemiolog-ia e prolìlassi della scighellosi, salmoncllos.i e colibacillo.si. REVISTA DE SANIDAD MILTTAR (vol. XXIV, n. 4, luglio-agosto 1970): Azcarraga Conzalez G.: Classificazione delle alte·r azioni sessuali; Mareno A. L., Her· rzandez Davila J.: Emorragia massi va da ulcera pcptica; Castaneda Morales M.: Fat· tori batterjci trasmissibili di resistenza muJtipla agli antihiotici.

P ORTOGALLO REVTSTA PORTUGUESA DE MEDICINA MILITAR (19, 1, 1971): Palla Garcia C. A.: La determinazione del colesterolo; Cambournac F. f. C.: Considerazioni sulle affezioni parassitaric più importanti tra le popolnioni rural.i: Silva Xavier A.: Guerra chimica; Falcao R. F.: I tossici organo- fosforici. Generalità, mezzi di rilevamento e antidoti; Rod1-igr.us Ribeìm A. M.: ri terzo Congresso Internazionale di Scienza e Tecnica dell'Alimentazione e il Serviz.io Veterina~io dell'Esercito americano; Altino Pereira: Malattia di Fabry: sue manifestazioni oculari

REP UBBLICA FEDERALE TEDESCA WEHMEDIZINISCHE MONATSSCHRJFT (A. 15, onobre 1971, n. xo): Fischer W. H.: Aspetti medie~ e igienici del lavoro svolto in stanz.e sotterranee; Schrank Chr, Stitter l.: Indagini qualitative e quantitative delle popolazioni batteriche che s.i riscontrano nelle grandi cucine; Scneider K.: Ricerche sulle condjzioni igieniche delle piscine nell'ambiente militare; Baumgart J.: Alcwli inconvenienti determinati da inquinamento batterico di alimenti durante il r9()9; Krauss H . J., Bry B. : Sull 'indagine cromatografica dei preparati STADA: le supposte Pasolìnd.

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cito; Dijmar~set1 l., Runaanu N.: L'organizzazione c la preparazione di soluzioni

inienabili nell'Ospedale Militare Centrale.

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Militare; Knapp S . C. : L'educazione sanitaria familiare c il s.uo ruolo nell'addestrar mento degli studenti in aviazione; Bey D. R., Zecchinelli W. A.: L'uso della ma). rij uana nel Vietnam; Mc Neil f. S., Zondervan R. f.: L'isolamento cuJturale familiare; Braatz G. A., Lum1·y G. K., Wright M. S.: Il giovane veterano quale paziente psichiatrico; Deliya1makis E., Army G.: Alterazione dci nervi perjferici in seguito ad immunizzazione attiva contro il \·aiolo od iJ tetano; Foiardo F., Rao S.: L 'ingrandimen1o delle piastrine nella malaria; Shields C. E.: Influenza del condizionamento fisico suJia atte!mazio11e delle conseguenze della perdita di sangue; Vuturo A. F . : Stato attu~•le del parassitismo intestinale nelle isole Ryukyu; Thomas T. V.: La scelta dei pazienti nella ricostruzione dell'arteria carotide; Plaut M., Winrw· S. D.: Nuove cure neurochirurgiche nel trattamento delle ferite di guerra nel personale marittimo; Volpe f. A ., Hardin V. M., Johnsto11 G. S.: Miglioramento della renografia coi radioisotopi a mezzo della scintifotogra1ia renale sequenz~ale; Lambert J. A.: I tumori della ghiandola parotide; Du.dley A. G. , Fischer C.: A:;.portazione per via vaginale di u.n dispositivo anticoncezionale ritenuto in perironeo; Niebel H. H.: Sulla formazione dell'istruz.ione basata sulla proiezione dei film.


NOTIZIARIO

N OTIZIE TECNICO- SCIENTIFICHE

Lo stato attuale della chemioterapia antivirale. Mentre disponiamo di una cinquantina di prodotti contro le infc-Lioni batteriche, ne possiediamo solo tre o quattro, di effetto relativo, per la cura delle malauie virali. Questo fatto dipende dalla localizzazione e moltiplicazione extracellulare dei bauen, in confronto con quella intraccllulare dci virus; per cui, mentre i primi sono facilmeme attaccati dai rimedi che apporta il sangue, j ~condi sono come protetti dall'ospite che hanno invaso. lnolére i process.i metabolici dei batteri differiscono da 4uelli delle cellule, in modo che le sostanze nocive per i primi non lo sono sempre a!nchc per le seconde; invece i medicamenti che si oppongono ai virus sono nocivi anche per i tessuti ammalati. Infine, le malattie da virus si manifestano, spesso, dopo una lunga incubazione, cosicchè la cura viene ini:t.iata quando il virus ha quasi ultimata la sua moltiplicazione. Di fatto solo tre medicamenti possono essere consigliati senza riserve: l'idoxuridina, il metisazone e l'amantadina. L'idoxuridina (Stoxil, lduviran, l!crpidon), sin,tetizzma da Prusoff (r959), ~ :lll.t· loga alla timidi.na nella sintesi dell'aci<lo desossiribonucleico (DNA); questa <reazione.: comporta l'arresto, più o meno rapido, della divisione cellulare. Calabresi ( r<)(>s) h.1 osservato che in ceni malati di cancro, curati con l'idoxuridina, il vaccino anrivaiolo'>O non attecchisce. In seguito, altri Autori hanno curato con l'idoxuridina, oltre ai vaiolosi, malati di forme gravi di erpete, perchè il virus erpetico ha lo sre.sso bisogno dt acido desossiribonucleico del virus vaioloso. Sfortunatamente l'idoxuridina è molto tossica e non può essere somministrata senza pericolo per via generale. Essa colpisce le cellule in v.ia di mo!Liplicazionc rapida, in particolare quelle del midollo osseo c della mucosa digestiva; al contrario è senz::t inconvenienti applicata localmente. Molti oftalmologi curano l'erpete corneale con soluzioni di idoxuridina: le lesioni superficiali <: solo epiteliali guariscono più rapidamemc di quelle profonde. Anche le affe1ioni cutanee, di origine erpetica, migliorano, se curate sollecitamente con idoxuridina. Il metisazone (. -metilisatina-beta-tioscmicarbazone) (Marboran) è il scmicarbazone più dotato di proprietà inibitrici della riproduzione cellulare e la sua attività si esercita particolarmente su alcuni ·polivirus del sottogruppo v:.1ccino- vajolo. Tuttavia la sede cd il meccanismo delh sua az;ione rimangono sconosciuti: sembra che impedisca la sintesi di una proteina non ancora identificata, necessaria alla maturazione del virus. !\"el x9l)2 Bauer ha dimostraw che il metisazone, somministrato nel periodo di incubazione del vaiolo, nelle cavie, esercita una azione profilattica rispetto all'iniezione intraccrebrale del virus. A Madras ( 1963) Bauer e coll. hanno fatto i primi esperimemi di vaccinazione con merisazone sull'uomo, ma non si è finora dimostrato che esso abbia effeno curativo sul vaiolo costituito. Invece, somministr:llo per via orale, esercita un c([etto favorevole sull'eczema vac<:inalc e sulla vaccinia gangrenosa. L'amantadina (I-adamantanamina) contiene un'amina simmetrica, utilizzata come cloridrato, per cui è i11 cornmeròo come Simmetrel. Impedisce la penetrazione del virus


nelle cellule dell'ospite, bloccando in tal maniera, le sue possibilità di evoluzione c di moltiplicazione (Davics, r5J64). Le prime osservazioni, su virus coltivati su fibroblasti di embrioni di pollo, hanno dimostrato che l'an1antadina inibisce, in maniera elettiva, la moltip}icazione di un cer.t o numero di mixovirus. La maggior parte degli studiosi ammette che i virus A, Ar, A2, e C dell'influenza, sono sensibili all'amantadina; mentre i virus dell'influenza B e delle parainfluenze (eccetto il tipo Sendai) sono refrattari. Oltre ai rnixovir.us, solo il virus pseudorabbico e quello dei sarcomi di Rous e d'Esli sono sensibili all'arnantadina. Somministrata per via orale c parenterale, nella cavia, esercita un'azione protettr.ice contro gli stessi mixovirus su cui agisce nelle culture dei tessuti. Anche in questo caso il medicamento deve essere somministrato subito dopo il virus, per sviluppare il suo massimo di attività. Nell'uomo Wendel ( 1964) e Stanley e Muldoon (1965) hanno dimostrato l'efficacia profilattica dell'amantadina verso il virus influenzale A2, ma la sua inefficacia verso gli altr.i mixovir.us. Sabin riciene che l'impiego generale di questo medicamento non è ancora giustificato e che bisogna· ancora studiarlo, in occasione di una nuova epidem~a grippale di tipo A2. Per il momento I:J chemioterapia antivirale non può sostituirsi alla vaccinazione: anche contro l'influen:1.a la vaccinazione specifica, per quanto meno sicura di quella contro altri virus, è il mez. zo più efficace di lotta. (Minerva Medica, vol. 62, n. 63, agosto r97r).

Un nuovo vaccino contro la rabbia. Un vaccino - W l 38 - ottCimto da culture di tessuti e altamente purificato, permette di evitare molti dei problemi associati agli attuali vaccini antirabbici. Il nuovo vaccino, derivato da materiale virale extcacellulare, è ottenuto da fibroblasti umani infettati; viene concentrato a mezzo di precipitazione, ultrafì:ltrazione, ultra centrifugazione o dalla combinazione di tali tocniche; è inattivato con beta- propiolacrone. La presenza <li materiale proteico estraneo è talmente elevata nei vaccini attualmente in uso, che è materialmente .impossibile purificare gli antigeni; inoltre gli antigeni della proteina non rabbica competono con gli antigeni della rabbia come produttori di anticorpi e inibiscono una adeguata risposta di anticorpi alla vaccinazione. 11 nuovo vaccino è talmente pur.ificato che le reazioni collaterali dovrebbero essere praticamente eccezionali. Il nuovo vac~o può sostituire l'applicazione del siero antirabbico e-d ovviare quindi agli inconvenienti che non in.&equcntemente si osservano con il siero. L'iniezione di una sola dose del vaccino Wl- 38 a scimmie Macacus Rhesus determina livelli di anticorpi molto più elevati di quelli che si osservano dopo le 14 dosi del vaccino attualmente in uso. (da Minerva Medica, vol. 62, n. 33, giugno - luglio 197r).

Una nuova formidabile arma contro il cancro. La Fondazione Nazionale delle Scienze ha accordato alla Stanford Univcrsity un sussidio di 375 mila dollari per la progettazione e lo costruzione di un prototipo ospcdaliero d'impianto per il trattamento del cancro mediante irraggiamento con « pioni >> . TI prototipo sarà costruito nel Laboratorio di Fisica delle Alte Energie della Stanfo:d e verrà collocato in uno speciale reparto della clinica universitaria della Scuola Ji Medicina della Stanford University, qualora gli esperinlenti preliminari dimostreranno che un accelera,rore .lineare superconduttore di elettroni è in grado di fornire uo fascio di pioni negativi sufficientemente intenso per l'impiego nella terapia del cancro con buone probabilità di riuscita.


o mc!.Oni « pi "• sono particelle subatomiche dotate di carica negativa, il cancro umano. Que:.ra esclusione era stata imposta dal fatto che non si poteva disporre ~inora di fasci di me5011i « pi » adatti alle esigenze della terapia del cancro se non mediante l'impiego di macchine acceleratrici estremamente grandi c costoo;e, come, ad esempio, l'acceleratore lineare di protoni da 8oo metri in funzione al Laboratorio Scientifico della Commu.sione americana dell'Energia Atomica, a Los Alamos, nel New Mexico. La realizzazione di questa gigantesca macchina rkhicsc a suo tempo una spesa di s6 milioni Ji dollari. ruove prospettive insorsero quando due fisici della Stanford Univcrs.ity, i donori Il. Alan Schwettman e William M. Fairbank, annUJlciarono che, graz.ie agli ultimi r~ogressi ddla fisica delle basM: tempcratllre, sarebbe stato possibile co~truire un piccolo ac~elcratore di I5 metri in grado di generare fasci di meçooi (( pi )) per la terapia dei tumori con una ~pesa pari ad un decimo di quella necc~,aria ricorrendo alle macchine più grandi. l due fisici ritengono che ~i possa costruire w1 canale di pioni, ossia un sistema di raccolta di pioni, cento volte più efficiente di quello rca1iz7ato nel Laboratorio di Los Alamos. Un canale di pioni è un apparato che cattura i mc.'>OI1i << pi », mano a mano che vengono generati dall'acceleratore, con potenti calamite che li <.lirigono sul paziente. Per produrre mesoni da 100 milioni di volt per la terapia del cancro si cb·e poter disporre negli acceleratori di energie dell'ordine di 500 milioni di elettrom·olt. Il nuovo promettente progetto che verrà realizzato daUa Stanford è affid:no :1! don. Schwcnman c al prof. Hcnry S. Kaplan, ordinario e preside del Dipartimcmo di Radiologia alla Scuola di Medicina della Stanford University. Secondo i ricercatori, se gli esperimenti iniziali dimostreranno la possibilità di realizzare un impianto a pioni, è lecito prevedere che si po~~a giungere a curare mille pazienti aU'anno con un impianto dd co~to di circa 5 milioni di dollari comprendente l'acceleratore, quattro canali di pioni per i trattamenti, ed una serie di servizi ausiliari. L'impianto verrà a11estito in un edificio sotterraneo comunicante con la clinica. Gli ideatori ritengono che la costruzione di so impianti del genere in tutti gli Stati Uniti potrebbe avere effetti importantis:.imi nel trattamemo del cancro. Nell'arco di dieci anni, sempre secondo i ricercatori, i costi per paziente per la co:.truzione di quc!>ti apparati subirebbero una forte riduzione. Per provare la praticabilità dd ·t rattamento mediante mcsoni l< pi >l, i ricercatori si serviranno di un nuovo acceleratore lineare superconduuore appena completato alla Stanford University per ricerche fondamcmali di fisica sotto gli auspici dell'Ufficio Ricerche Navali della Marina americana c della Fondazione Nazionale delle Scienze. Questo potente disi ntegratore atomico da circa 1 50 metri, mantenu to a temperature bassissime con un bagno di clio liquido, è in grado di sviluppare i mesoni 11 pi ,. negativi mediante intcrazione tra il fascio di elettroni che produce e un particolare « bersaglio>>. Il gru ppo dei ricercatori medici c fisici della Stan ford costruirà u n prototipo di impiego clinico di un canale di pioni che verrà messo in funzione mediante l'acceleratore lineare da ISO metri. Il canale di pioni raccoglierà per mezzo di calamite i mesoni « pi >> negativi mano a mano che sono emessi <.laJ «bersaglio>> e li porterà, previa regolaz ione con l'aiuto di un «computer )) 1 sulla zon a del corpo del malato che dev'essere sottoposto a trattamento. In condizioni cliniche simulare, gli scienziati proveranno il sistema e studieranno gli srandards per un più efficace impiego ospedalicro dei mesoni « pi >> sui pazienti. Se tu tto procederà secondo le previsioni, si ritiene che vcrd costruito un impia.nto a mcsoni << pi >> presso l'ospedale della Stanford per le pro,·e cliniche sorto controllo << pioni >l,

~ino ad oggi trascurate come strumento per la loua contro


medico. Peraltro, la costruzione di un impianto sperimentale del genere non potrà essere attuata, nella più favorevole delle ipotesi, prima eli cinque anni. L 'esistenza dei mesoni « pi » negat.ivi fu anticipata 35 anni fa sul piano teorico, ma la dimostrazione fisica della loro esistenza è di 25 an1ù fa . Queste particelle sub . atomiche hanno richiamato l'interesse dei radioterapisti per la loro caratteristica di produrre una microscopica detonazione atomica all'interno della zona tumorale, nell'entrare in collisione con atomi di ossigeno, di carbonio o di azoto nelle cellule cancerose usate come bersaglio. Ma, pur depositando una grande energia distruttiva nella massa del tumore, i rne.<;Oni « pi >> non danneggiano i tessuti sani durante il procedimento. Per questa ragione, il prof. Kaplan e i suoi colleghi ritengono ohe i mesoni « pi >> per la loro potenza si riveleranno quasi certan1ente uno strumenoo ideale per la radioterapia del cancro umano. Le cure con radiazioni vengono limi tate dalle lesioni che possono essere arrecate al tessuto normale. J mesoni « pi >> promcnono di ledere i tessuti sani meno di qualsiasi altra particella sinora adoperata. Il prof. Kaplan sostiene che elevando la precisione del trattan1ento dci tumori con i mesoni <<p i » si potrà estendere il sistema nella cura di altre forme e.lusive e in rapido aumento del cancro che oggi non possono essere combattute con gli acceleratori ordinari di particelle. Si calcola che su mezzo milione di casi di cancro che si registrano negli Stati Uniti ogni anno, il 50 per cento vengono sottoposti a radioterapie sia per la cura vera e propria che per alleviare il dolore nei pn..ienti. Il miglioramento delle tecniche della radioterapia negli ultimi vent'anni ha già portato ad un formidabile incremento ndle percentuali di sopravvivenza particolarmente tra i pazienti affetti dal morbo di Hodgkin. Al progetto di fisica e radiologia dcll'Universid di Stanford danno la loro opera anche il prof. Malcom A. Bagshaw, ordinario di radiologia, il dott. Douglas P. Boyd, rice.rcatore presso il Laboratorio di Fisica delle Alte Energie, il dott. Robert F. Kallman e il dott. Clarence J. Karzmark, entrambi incaricati di radiologia. La comunità scientifica americana guarda con fiducia allo svii~ppo di questo ten· tativo per perfezionare una nuova arma contro il cancro, tanto più che un'analoga collaborazione tra i radiologi c ·i fisici della Stanford University alla metà degli anni 'so portò allo sviluppo del primo acceleratore lineare di elettroni per la terapia del canoro nell'emisfero occidentale.

Appello del Presidente dell'Organizzazione europea per le ricerche sulle terapie dei tumori. Il presidente dell'organizzazione europea per la ricerca sulle terapie del cru1cro

(0. - E.R.T.C.) ha inviato questo messaggio ai governi di Italia, Austria, Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Svizzera: << Il governo degli Stati Uniti d'Ame rica ~a deciso di promuovere un massJCCJO attacco del problema del cancro, varando l1D colossale programma coordinaLo d i ricer· che sulle cure di quesra tremenda malattia. <(E' ovvia l'jmportanza di questa decisione se si considerano gli esempi dei due grandi programmi nazionali di ricerca promossi in passato dagli Stati Uniri, e cioè quello militare che portò alla fabbricazione della bomba atomica, quello spaziale che portò agli sbarchi sulla luna. « Le sofferenze ed i prob.lemi umani e sociali causati dal cancro sono gli stessi per le popolaz ioni degli Stati Uniti e de.ll'Europa e, noi Europei non possiamo asso-


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lutamente permetterei di rimanere passivi mentre gli Americani si preparano a compiere un così colossale sforzo in questo campo. « Noi Europei dobbiamo fare tutto il pos~ibile per riunire le nostre forze con quelle che stanno per essere mobilizzate negli Stati Uniti, in modo che i popoli europei possano l:cneliciare tempestivamente e nella scala più larga dei risultati che potranno essere eventualmente prodotti da questa straordinaria impresa. « Se gli Europei trascureranno di associarsi a questo programma si dovranno certamente lamentare gravissimi ritardi nell'applicazione dei risultati terapcULici, c si pagherà un tragico prezzo di sofferenze e di morti. « Come presidente dell'Organizzazione Europea per le Ricerche suJle T erapie del Cancro, rite.ngo mio dovere sollecitare i Governi dei paesi europei affinchè partecipino a questa importantissima impresa. << Oggi l'Europa non deve più limitani a stare alla finestra poichè il progra..-nma americano quesra volta non è nè nel campo militare, nè in quello del progresso tecnologico, ma ha lo scopo superiore della n•rcla della salute umana '' ·

Il più grande impianto d'Europa per la depurazione delle acque di scarico industriale. Con una spesa di 34 milioni di marchi (pari a circa 5·9 miliardi di lire), le Farbenfabriken Bayer e la Erdoelchemie GmbH hanno, recentemente messo in esercizio a Dormagen un impianto centrale di purifìcazione delle acque di scarico, a ciclo biologico completo e funzionante sulla base delle più recenti acquisizioni rccniche. L'impianto ha una capacità di depurazione che basterebbe per l'acqua di scarico di una intera cirtà di 1 milione e 300 mila abitanti, ed è attualmente il più grande ed il più effìciemc nel suo genere in Europ:t. Per il I9'J2 il nuovo impianto di depurazione, con il quale le due imprese contribuiscono in misura notevole alla « pulizia » del Reno, dovrà essere ulteriormente ampliato. Attu:tlmcnte la spesa annuale d'esercizio ammonta già a circa sette IJ\ilioni di marchi. NeLl'impianto centrale di depurazione, che sorge su un'arca di 2,5 ettari, possono essere purificati per via completamente biologica fino a ()s.ooo metri cubi al giorno di aC<JUe di rifiuto, provenienti dai settori industriali deUa petrolchimica, dci prodotti organici intermedi, della gomma sintetica, delle fibre sintetiche c delle materie plasti· che. La depurazio1le biologica richiede un costoso trattamento preliminare. Per la maggior parte le acque di rifiuto devono già essere sonopostc a pretrattamento fisico c ch imico presso gli stabilimenti dai quali provengono prima di essere convogliate al nuo\·o impianto. Dopo aver subito la neutnùizzazione e la << prc- chiarificazione i' meccanica in sci grandi vasche della capacità complessiva di 8.ooo metri cubi, le acque di rifiuto indn· striali arrivano mescolate alla depurazione biologica vera e propria. Questa si S\·olge secondo il processo con fango attivo - un processo copiato dalla natura c tecnicamente modificato - in tredici vasche con fango auivo, funzionanti in parallelo per un volume complessivo di 28.000 metri cubi. "el nuovo impiamo di depurazione i batteri racchiusi a miliardi nei fiocc.hi del fango artivo in forma di macrostrutturc, << si cibano )l delle sostanze che inquinano le acque di rifiuto. I microrganismi assimilano le so~ranze organiche contenute nell'acqua di rifiuto, trasformandole con un sufficiente apporto di ossigeno sia in prodotti di ossidazione, come anidride carbonica ed acqua con liberazione di energia, sia in nuove rostanze cellulari. L'intima mescolanza dell'acqua di rifiuto con i fiocchi dd fango :Jttivo e con considerevoli quantità di ossigeno atmosferico (fabbisogno giornaliero circa Ss tonnellate)


5 19 s1 ottiene con se1 agitatori a trazione elettrica, in forma di piattaforme gjrevoli del diametro di oltre tre metri, nonchè con una rete di 2.000 effusori. Dopo dieci ore l'acqua viene fatta passare in otto vasche di decantazione, in cui il fango si deposita nel giro di due ore e mezw, dopo di che l'acqua depurata viene immessa nel Reno. A questo punto essa è pura <tanto da poter essere .immessa tranquillamente in un vivaio di pesci. li nuovo impianto, che per il 1972 dovrà essere ancora ampliato con l'aggiwua di due grandi vasche con fango attivo (0iascuna della capacità di 5.300 metri cubi) e di cinque vasche di decantazione c che potrà allora depurare roo.ooo metri cubi d'acqua di rifiuto al giorno, è in larga misura automatizzato. Un a squadra di trenta tecnici provvede al funzionamento c alla manutenzione.

La Commissione dclle Comunità Europee prepara un programm a d'azione m materia di protezione dell'ambiente. Si calcola che una città americana media di un milione di abitanti consumi ogni giorno 625.000 t d'acqua, 2.000 t di alimenti e 9 .500 t di carburanti vari. In realtà, la percentuale di materie effettivamente consumate è molto inferiore: queste sostanze sono u~ilizzate, trasformate e scaricate per produrre 500.000 t di acque usate più o meno inquinate (contenenti 120 t di materiale solide), 2.000 t di detriti e 950 t di agenti di inquinamento atmosferico. L'u1·banizzazione costituisce per.tanto wl fattore determinan<te dd dererioramenco dell'ambiente, unitamente ad un forte aun1ento demografico c ad un inconsiderato progresso tecnologico. Favoriti dall'indifferenza della società, questi tre fattori contribuiscono, insieme t? singolarmente, a creare esigenze sempre nuove di spazio, di nutrimento, di acqua, di aria, di combustibili e di minerali, ed esercitano una pressione costante su tutte Je risorse naturali. L'lncremento demografico è tale che fra quarant'anni la popolazione della terra sarà raddoppiata, mentre all'umanità è occorso un me'l.ZO milione di anni circa per raggiungere la sua ciEra atLuale. Non è d'altronde tanto l'incremento demografico che mette in questione le disponibilità odierne c future di beni come l'acqua e l'aria considerati un tempo come inesaur,ibili, quanto il crescente fabbisogno di energia e di risorse eli ogni individuo. I soli fabbisogni individuali di acqua sembrano raddoppiare ogni quarant'anni: tenuto conto dell'incremento demografico dtLrante lo stesso periodo, il fabbisogno complessivo di acqua si quadruplicherà, mentre quantità sempre maggiori saranno rese inutiliz7~1bil i dall'inquinamento. Anche il progresso tecnologico inconsiderato è una delle cause del deterioramento ecologico. Creando nuove esigenze, insieme ai mezzi per farvi fronte, il progresso tecnologico contribuisce indirettamente a rendere più attivi tutti gli alrri fattori di inquinamen-to. Una delle particolarità dell'inquinamento dovuta al progresso tecnologico è il suo carattere imprevedibile e la sua persistenza: quante volte si è Stati incapaci di prevedere gli effetti dell'inquinamento prima che si manif~tassero in modo preoccupante e a volte irreversibile? Ne è un esempio l'impiego, a volte abusivo, che è stato fatto del DDT di. cui si trovano ora le tracce nel suolo, nelle acque e negli esseri viventi e perfino nel grasso dei pinguini dell'Antartide; il DDT, insieme ad altlri pesticicli, ha praticamente interrotto il ciclo riprodu ttivo di alcune specie di pesci nelle acque interne e s'ignora ancora quale è il suo grado di concentrazione c quali ne sono gli effetti negli oceani. E' facile pertanto capire perchè i problemi dell'ambiente c dclla protezione dell'ambiente naturale siano oggi oggetto in tutti i Paesi industrializzati, e in particolare


negli Srati membri ddla Comunità, di analisi, studi e decisioni numerosi e di di\ena natura, i quali dimostrano che la società si è resa conto deUa gravità e deUa complessità di questi problemi. Questa consapevolez7a ha già indotto alcuni Paesi ad organizzare e ad intensificare.: la lotta contro la deteriorazione dell'ambiente: negli Stati Uniti, l'En\'ironmental Protection Agency è incaricata di coordinare l'attività degli organi~mi esi~tcnti; in Francia è SUllo recentemente crc:no un Ministero per la protezione della natura e ddl'am biente; in Germania è stato elaborato un importante programma nnti,inquinarnento, ccc. [nf:mi, più che un semplice compromesso tra politica di incremento economico {. ricerca di un miglior ambiente, ? un nuovo atteggiamento lhe occorre adottare: pre· vedere con maggior precisione gli cHeti qualitativi e quanm:Hi\i del progresso tecn~ logico, orientare !"incremento economico \'erso il miglioramento della qualità della vita inserendo in particolare i fattori ecologici nei programmi e nelle decisioni economiche, accettare i sacrifici finan?iari necessari, adeguare le attuali istituzioni in modo che possano studiare e risolvere problemi che esorbitano dall'ambito politico ed cc~ nomico tradizionale. E' ovvio che i danni provocati dall'inquinamento c l'effetto dci provvedimenti adott:Jti per combatterli esorbitano dai confini nazionali. l n molti casi, gli inconvenienti ambientali non conoscono limiti territoriali e debbono <.sscre eliminati da un:J azione comune dei Paesi interessati. I provvedimenti an ti- inquinamento sono inoltre in grado di cM:rcitarc semibili effetti sull'economia nazionale c sul commercio internazionale. Essi richiedono forti spese che vengono sostenute tanto dai poteri pubblici quanto dalle imprese private dei Paesi che li adottano (spese di ricerca e sviluppo, spese d'investimento, ecc.) e che rischiano di infliggere delle perdite a taluni settori della loro econcmia e della loro industria rispetto ai loro concorrenti meno attenti ai misfatti degli inconvenienti am bicnwli. Esse possono inoltre creare barriere commerciali o avere gravi conseguenl.c economiche per gli altri Paesi. Lo Commissione delle Comunità Europ<e non potr('bbe pertanto dispensarsi dall'.:· saminare attentamente tali problemi e dall'assumere la responsabilità politica nell'inte· resse comune. Il Presidente della Commissione !'.ha ricordato davanti al Parlamento Europeo il Io febbraio scor~o. La Commissione ha pertanto deciso di costituire un gruppo di lavoro incaricato di preparare un programma in materia di protezione dell'ambiente c di organizzare nei suoi sen izi la necessaria infrastruttura amministrati\·a.

La lotta contro le mctastasi. << Uno scienziato di talento ha fiuto per i problemi più importami. Questo ses~o senso è congenito, ma i giovani lo possono acquisire se si affiancano ad un esperto. La scienza non è fredda c stncc:Jta. Durante la scoperta rutta l'emotività è implictata. Cervello, cuore, man.i, tutto è in causa. La fantasia visita un cervello, poi bisogna tradurre la fantasia in scoperta. Si comincia e per solito non viene fuori niente. Si cade, ci si rialza e talvolta si ricomincia. Solo pochi animi tenaci insistono c ritentano. E magari questa volta salterà fuori qualcosa, esisterà qualche cosa che non era mai stato». Questo è un inserto del discorso che il prof. Charles Huggins ha tenuto a San Remo, il 19 febbraio. Huggins ha conseguito il Premio Nobel nel 1g66 per aver scoperto le cure ormonichc del cancro che consentono guarigioni e lunghe sopravvivenze. E' considerato !,.. (( Scien?.iato- Clinico» perchè le sue scoperte hanno poruto e~>ere subito utilizzate a (avorc dci malati .


A San Remo, il prof. Huggins ha prc~icduto un Simposio Internazionale dedicato alle me[3stasi tumorali e in particolare ai fattori che favori~ono la diffusione metastatica del tumore. Dice Huggins: «E' facile guarire un cancro quando è ancora loca lizzato. Dobbiamo fare in modo che nessun cancro esca dal suo domicilio e si diffonda, e per fare ciò dobbiamo conoscere pcrchè e come il tumore si estende. E' la prima volta che questo tema 'iene affrontato in modo specifico. Vi sono almeno 10 fattori che fan>riscono le metastasi: occorre impedire che es~ i agi~ano. Il malato di cancro sarà salvato se noi riusciremo ad impedire l'ino;orgcnza di metastasi » . Secondo le statistiche dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, una persona su sci muore di tumore perchè la medici na non ha trovato il mezzo per evirare che il rumore si diffonda nell'organismo. La chirurgia c la radiologia sono quasi ~empre in grado di eliminare o di distruggere il tumore laddovc e~ insorge, non ~no ::dtrettanto valide ime:e per dir.truggere le mctastasi del LUmorc. Quali sono i fattori implicati nella formazione delle meta~tasi? Sono la particolare struttura delle cellule tumorali, i traumi cui il tumore ,·iene '>Ottoposto, gli crmoni, h staro di coagulazione del sangue e io stato immunitario. Al Congresso di San Remo oltre al premio Nobel Charles Huggins, anche Bernard F isher (Pittsburg) C:~rl- Magnus Rudenstam (Goteborg), Alfred Ketcha m (Bethesda), Peter Alexander (Bclmont), Bernard H al pern (Parigi), Silvio Garattini (Milano), llamilton Fair!ey (Belmont), E. Anglesio (Torino) e Carlo Sirtori (Milano), hanno "olto relazioni su ,·ari fattori che fa,•oriscono o inibiscono le metastasi tumorali. Sino a che il LUmore rimane localiz7ato nel suo punto di erigine, le terapie chirurgica e radiologica sono quasi sempre risolutive, riescono cioè a vincere il male. Ma quando il tumore è diffuso ai vari organi, le difficoltà si centuplicano e i rbultati sono effimeri. Bisognerebbe dunque ~coprire sostanze che impediscano al wmore di diffondersi. Sono 4 i metodi per evitare la meta~t::tsi. 11 primo è ba~ato sulla concanavallina, una sostanza ricavata dai vegetali che ha la prerogativa di ri,·estire come un manto le cellule tumorali togliendo loro la forza aggressi,·a. Il secondo è ba~ato su una sostanza sintetica a ba.!><: di diossipiperazina che impedi~e al tumore di crear~i il suo « letto vascolare >•. Il tumore ha come sua particolare caratteristica quella di f:1bbricare da o;(: i suoi \'asi sanguigni. E se si fa in modo che questo non avvenga, il tumore non può cre~ere, si appiattisce, ~i involve, muore. Il terzo metodo è basato su una sostanza a base di Triron che paralizza le cellule tumorali rendenùole incapaci di entrare nel sangue e di diffondersi. n quarto metodo è basato su procedimenti che rinforzano i poteri difcn'i' i dell'organismo, come le 'a::dnazioni.

Cdlule come proiewli. Infine, vi sono enzimi ch ia m~ui ncuramminidasi che d isciolgono una specie di ar· matura a base di acido sialico propria delle cellule twnorali. Senza questa armatura le cellule tumorali non riescono a diffondersi nell'organismo. Quando il tumore inizia a lanciare come proiettili le ~ue cellule nell'organismo? -el momento in cui è particolarmente caldo, cioè è in grande atti,•ità proliferariva.. Lo si è potuto \'edere con la tecnica termografica che sfrutta i raggi caloriferi e lo ~i è potuto vedere anche con la tecnica dell'electron spin resonance. Questa tecnica mette in eviden7.a le molecole instabili presenti in larga misura nel tumore che cre~ce. Perchè il tumore si diffonde nell'organismo? Perchè le celLu le tumomli pcnetr;wo vigorosamente nei vari organi, muovendosi con una velociLà sette volre superiore a quella delle cellule normali. Il più delle volte \'engono distrutte. perchè l'organismo


ha 5 poteri di difesa; gli anticorpi, i linfocìd, i macrof::tgi (le cosiddette cc cellule spazzino»), il complemento e le opsonine, ma ahre volte invece le cellule rumorali resistono, sopravvivono e continuano a correre nel sangue. Cause delle metastasi. Quando sì fermano e perchè si fermano in questo o quel tessuto? La risposta la hanno data Fischer e Rudenstam, i quaJi hanno dimostrato che le cellule rumorali ~i fermano nei tessuti quando trovano una piccola arteria o un.a piccola vena non perfettamente sane. Allora vi trovano un facile ancoraggio. Vi si abbarbicano, comi nciano a crescere, a fare massa e formare una colonia. Quale è il teSisuto ove le cellule tumorali si ancorano di più, si fermano di più e danno più frequentemente metasrasi? E' il tessuto osseo, il quale ha delle speciali strutture chiamate sinusoìdi, che vengono facilmente superate dalle celLule rumoralì. Altri organi, come la milza, sono refrattari o quasi alle metastasì. Huggins ha detto che non solo lo stato dei vasi sanguigni è importante :nel determinare la metastasi, ma anche lo stato ormonale, lo stato degli anticorpi ed anche una nuova sostanza che brilla da poco nel firmamento scienùfico. E' il 3,5 - Al\1P ovvero 3,5- adenosin monofosfato. Questa sostanza sembra stimolare gl i anticorpi, c sembra implicata anche per altri motivi nell'eliminare le mctastasi rumorali. Non è un farmaco, non è una medicina, è solo uno stimolatorc delle cellule, presente in esse, e sembra regolarne le principali funzioni. Le cause principali dell'insorgere e del diffondersi delle metasra.si sono state in conclusione cosl schematizzare: r) le condizioni dei vasi sanguigni, e soprattu~to delle cellule che li rivestono, cellule chiamate endoteli; 2) le lesioni traumatiche di questo o quell'organo, perchè negli organi traumarizzati le metastasi insorgono più facilmente; 3) la presenza o me:no nelle cellule tumorali di una sostanza chiamata « fatto:e angioformativo l>; 4) la maggiore o minore malignità delle cellule tumorali; 5) lo stato delle difese organiche. Quali sono le difese. Si sono elencati poc'anzi i protagonisti delle difese contro il cancro. Questi oinque protagonisti nel loro insieme costituiscono un esercito di r.soo miliardi di cellule che, poste sulla bilancia, pesano un chilogrammo e mezzo. Un esercito forre, potente, agguerrito. Ma allora, ci si è domandati, perchè il tumore insorge, come mai uno sparuto manipolo di cellule (le cellule rumorali quando il tumore insorge sono pochissime) riesce a vincere un esercito così agguerrito? Come mai quest' ultimo non riesce a infrenare, a imbrigliare queste poche cellule rumorali male intenzionate? Sir·torj, nella sua relazione, ha dato questa risposta. Noi parliamo sempre di difese generali di tutto l'organismo, inve<:e bisogna parlare io termini di difesa locale. Vi sono tessuti che hanno scarse difese locali c n insorge il tumore perchè ìl grosso ddl'esercito difensivo rimane tagliato fuori. Poi, quando il tumore ha raggiunto localmente un certo volume, fabbrica tossine di vario tipo, che paralizzano le difese generali. E' il momento in cui il tumore si diffonde e dà metastasi. Bisogna dunque tenere deste, attive, pronte queste difese. In che modo? Secondo Halpern è bene ·ricorrere alla vaccinazione con il Corynebacterium parvum. Co11 questa vaccinazione alcune forme di tumore molto avanzato c diffuso po'>-


sono ol'tenere un concreto miglioramento. Le stastiche portate dal prof. Halpern parlano di un raddoppio del periodo di sopravvivenza dei malati. Altri metodi sono stati illustrati da Garattini. Vi sono sostanze a base di Triton - egli ba de~to - che modificano la struttura delle cel:lule Lu.morali e ne impedisconola diffu-sione. Il tumore è bloccato, chiuso, non può evadere, diffondersi, infìlrrare, dare metastasi. Fairley ha i!lustirato un metodo che consente di stabihre la prognosi di quei tu. mori neri della pelle che vanno sotto il nome di melanomi, e ha indicato ~cuni indirizzi terapeutici per certi tumori della mammella, delle ghiandole sessuali e per il liJ1fogranuloma. Sul tema delle difese si sono (Ìrate dunque queste conclusioni: 1) distinzione tra difese locali nei singoli tessuti e difese generali; 2) definizione esatta, qualitativa e quantitativa delle difese orga..nismiche; 3) possibilità di migliorare le difese immunitarie con alcuni vaccini; 4) ricerca di sostanze che bloccano il tumore e ne impediscono la diffusione. Quésti sono i nuovi indirizzi, le nuove mete e le nuove speranze, ha concluso Charles Huggins. Il Simposio si è chiuso con una seduta aperta al pubblico. Tenuto conto che quest'ultimo ha oggi diritto ad una immediata informazione, si è permesso a chiunque di rivolgere domande agli specialisti. Moderatori del Simposio, svoltosi sotto l'egida della Fondazione Carlo Erba, sono stati i proff. R. Paolctti (Milano), G. Astaldi (Tortona) ed E. Salvi<lio (Genova).

Prospettive della biologia roolecolare.

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Premio Nobel per la Medicina, prof. Salvatore E. Luria, direttore dell'Isloituto di Microbiologia al Massachusetts InstiLUte of Technology di Cambridge (USA), ha recentemente avuto occasione, a Milano, per iniziativa della Fondazione Giovanni Lorenz.ini, di prospettare le attuali possibilità ed i problemi presenti e futuri della biologia molecolarc pura ed applicata. Il prof. Luria, dopo aver tracciato le basi della biologia molecolare per lo srudùo strutturale delle macromolecole biologiche - proteine e acidi nuole<tri - e per lo studio dei geni e delle loro funzioni, soprattutto nei rnicroorganismi, ha dichiarato che l'identifìcazione dell'acido deossiribonucleico (DNA) come materiale genetico cellulare, quella della struttura del DNA, e quella del ruolo dell'acido ribonucloico, come m.essaggero per la sintesi di proteine e del codice genetico, hanno portato allai confluenza tra la genetica e la biochimica. I recenti processi nello studio dei segnali che identificano l'inizio e il termine dei geni sul nastro del materiale genetlico gettano luce sui fenomeni di regolazione della funzione dei geni, almeno nei microorgan·ismi. Il ruolo di questi fenomeni nella regolazione dello sviluppo e differenziazione degli organismì superiori è ancora incerto. Nuovi sviluppi della biologia molecolare nello studio delle membrane cellulari sono ancora in fase iniziale. Lo studio della biologia molecolare dei geni ha già permesso di identificare il meccanismo di alcune malat~ie ereditarie, per eserripio, lo xeroderma pigmentoso, dovuto ad un difetto del processo normale di riparazione del DNA. prof. Luria ha rilevato che le ricerche sulla biologia molecolare dei virus che producono rumori in certi an·imali hanno indicato le possibilità che alcuni tun1ori dell'uomo risultino dall'azione di virus integrati nei cromosomi umani ed aprono la pos-sibilità di esplorare la terapia specifica di tali neoformavioni.

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La possibilità di correggere difetti genetici per trapianto di geni, cioè la chirurgia genetica, è ancora molto lontana ha dichiarato il prof. Luria - malgrado i progressi sia della genet>ica molecolare sia dello studio delle funzioni di cellule e di altri aspeni di biologia cellul:Jrc. Nei microorgani~m i è gi?t possibile produrre dei virus che trasferiscono certi geni da un ceppo batterico ad un altro e isolare alcuni geni in forma pura c concentrata. E' anche stata realizzata la sintesi chimica di qualche gene. Le possibilità della chirurgia genetica nell'uomo, per quanto ancora abbastan7.a lontana nel tempo, pongono questioni etiche profonde e difficili.

Potenziare le difese naturali contro l'inquinamento. La lotta contro l'inquinamento deve essere fatta non solo attraverso una legislazione più severa, un più alto senso ci,·ico, un'industrializ7azione e motorizzazione più ordinate e consapevoli, ma anche con procedimenti che mirano a potenziare le difese che la natura e lo stes~o corpo umano meuono in atto contro l'inquinamento. E' un aspeuo questo mai prima d'ora considerato c che è stato oggetto di un dibattito alla Fondazione Carlo Erba, cui hanno partecipato i dottori Giovanni Mancitti di Roma, Augusto Cola di Genova, c i proff. Robeno Gualtierotti, ViLLorio Treccani c Carlo Sirtori di Milano. Mancini ha parlato dell'anidride carbonica, che in questi ultimi anni è aumentata del 13°/, nell'atmo~fcra. L'anidride carbonica viene trasformata in ossigeno dalle foglie verdi attraverso un procedimento cui ~ancini ha dato un'interpretazione nuova: la clorofilla delle foglie funziona come una balleria elettrica che fabbrica o.~~igcno, ioni di sodio, di cloro c di iodio, elementi indispensabili ad una vita igienicamente sana. Mancini ha suggerito una maggior diffusione delle piante s~mpreverdi pcrchè p1ù abili a formare ossigeno, c di piante a grande superfirie fogliare: un faggio, ad esempio, può fabbricare giornalmente una quantità di ossige11o sufficiente per dieci famiglie. Cola ha detto che occorre migliorare le centrali termoelettriche, che sono la più larga fonte di inquinamenti atmo1.ferici. Oggi queste centrali hanno un rendimento del 40° 0 di energia: con accorgimenti moderni si potrebbe ponarlo al 6o n onencndo il duplice scopo di ridurre l'inquinamento e aumentare la resa. Ha aggiunto che non è improbabile si trovino nuovi sistemi per produrre energia con un rendimento anche dell'So- 90% · Tre<:cani ha detto che prima di immeuere in commercio un prodotto chimico si deve controllarne 1:1. biodegradabili~à. l batteri del terreno ~ d~lle acqu~ sono in grado di demolire qualsiast sostonza naturale, compresi la nafta e il catrame (i batteri gi.J vengono usati per la pulizia dei serbatoi delle petroliere), ma i batteri non sono in grado di demolire alcune scstanze chimiche, e queste ''anno C\'itate. Per migliorare le difese dell'organismo contro l'inquinamento, Gualtierotti ha suggerÌ-o il nuoto, b ginnastica respiratoria per tutti, la riducazion~ r~spiratoria per coloro che non san no respirare bene - c sono la maggior parte - la pianificazione urbanistica e la depurazione dell'aria nelle case. Ha anche stigmatizzato che purtroppo in Italia si abbattono più alberi di quanti non se ne piantino. Sirtori ha definito « op~razione ossig~no" quella del potcnziamcnro dell'organi· smo, cd ha aggiunto che l'ossigeno è un antidoto contro l'ancriosclerosi, e che si do\'rebbero studiare obitt di clorofilla. Gli inquinamenti atmo~ferici - ha detto Sirtori si depositano soprartuno nel tessuto adiposo, quindi i soggetti magri si difendono meglio. Anche il vivere almeno due giorni alla settimana all'aria aperta è un'ottima misura: i cani da caccia hanno meno tumori polmcnari c.Jci cani di città - c.Ji quc!Vti ultimi r su 500 prc~cnta un rumore polmonare all'età di dicci anni.


Anche le diete ricche di vegetali e di agrumi sti molano certi enzimi - ha continuato Sirtori - che distruggono e rendono inoffensivi gli inquinanti atmosferici. Una prima barriera di enzimi è presente nella pelle, nei polmoni e ncll'intes~ino, una seconda barriera è presente nel fegato. Con diete opportune si possono aumcnmre di dieci volte questi enzimi. La difesa di cui si è parlato alla Fondazione Ca.r lo Erba può essere definita pratica, capillare, applicativa, di facile attuazione e, opportunamente integrata con misure legislative e di altra natura, può rendere meno precaria la nostra attuale lotta contro gli inquinamenti, più concreta e positiva la soluzione al 11ostro problema.

L'inquinamento delle acque sotterranee. In ogni tempo l'uomo si è preoccupato con assoluta priorità .di procurarsi dell'acqua pura, costituente più importante dei tessuti viventi, indispensabile non soltanto alla sua vita, ma anche a quella degli animali e delle piante. Si è trattato fino a poco tempo fa di risolvere, al riguardo soltanto dei problemi << locali ll, ma. l'inquinamenro delle acque sotterranee ha assunto attualmente una dimensione mondiale e l'acqua pura tende sempre più a mancare in alcune parti del mondo. Se si considera non più l'acqua potabile utilizzata per i bisogni domestici, ma il consumo generale, si può affermare che circa la metà dell'acqua che scorre nei nostri fiumi è riservata a queste necessità. Si constata da una parte che le r isorse in acqua potabile sono prarican1ente limitate per i crescenti bisogni, c d'altra parte che esse diminuiscono in seguito ad un sempre maggiore inquinamento. In origine l'uomo utilizzava l'acqua potabile dalle sorgenti e dai pozzi. La creaz.ione delle grandi città ha reso .neòessario Ja captazione di interi corsi d'acq ua e di lagihi. L'inquinamento più apparente concerne Je acque di superficc, e si è allora gettato un occhio angosc·iato sull'ultima risorsa; le acque sotterranee. Ci si è chie~'ti se l'importanza c la dispersione geografica delle possibilità .di .inquinan1ento corra il rischio di rendere anch'esse difficilmente utilizzabili per ~ consumi alimentari e i bisogni industriali. I rischi di inquinamentç> delle nappe di queste acque sotterranee dipende naturalmente dalla loro posizione geografica, e sono infinitamente più considerevoli nelle regioni ad attività industriali od agricole intense. T ale inquinamenw arvviene sia per !a penetrazione delle acque di superficie, e in particolare fluviali, nel suolo se una falda impermeabile non l'arresta che per origine interna, dalla considerazione dei vapori ascendenti e anche di q uelli esterni secondo una teoria che r isale ad Aristotile. L' inquinamento causato dai rifiuti .industriali avviene in modi diversi: da acque di w.perficie in<J uinate che penetrano nel suolo attraverso fessure, crepe o per filtrazione; da depositi alla superficie del suolo di prodotti chimici di va.ria natura, minerali o organici (pesticidi, concimi, rifiuti industriali diversi). Esistono oggi mezzi terapeutici per la sterilizzazione di queste aree di inquinamento esistenti al suolo, anche se si tratta di prodotti biologici .ricchi di batteri. Altre fonti di inquinamento delle acque sotterranee provengono dalla filtraz ione di acque usate, stagnanti nella vicinanza degli stabilimenti; dalla ro~tura di can alizzazioni o di serbatoi che permettono il trasporto e lo stoccaggio sul suolo di prodotti come il petrolio, per esempio, o di acque o solventi; dalla pratica della « iniezione volontaria » di come avviene nell'industria petrolifera; del gettare entro buche profonde i prodotti biologici suscettibili di subire deèomposizioni enzima·tiche. La lentezza .di flusso delle acque sotterranee, il loro contatto frequentemente prolungato con vari terreni, può spesso comportare una ipe.rmineraliz.zazione che, aumen-


tando col tempo, le rende inadatte alla alimentazione soprattutto se questi composti minerali sono di derivazione industriale, come acido cromico, cadmio, nickel, rame, c1anun. A que~o si aggiunga l'inquinamento ormai ampiamente noro, derivante da prodoni organici : detergenti, idrocarburi, fogne. Gli idrocarburi, soprattutto, possono inibire delle reazioni enzimatiche che turbano la rigenerazione naturale delle acque sotterranee. Infine, l'inquinamento lento e continuo che le acque sotterranee subiscono dai terreni saturi di prodo~ti chimici, e dì cui concimi e pesticidi sono i grandi responsabili. Molti di questi prodotti hanno una tossìcità acuta o cronica elevata: organofosforati, organoalogeni, carbamati. Altri prodotti (particolarmente I-ICI) possono snaturare il gusto dell'acqua e degli alimenti. Tali rischi di inquinamento delle acque sotterranee sono strettamente legati alle proprietà fisiochimiche dei pesticidi c più specificamente alla loro solubilità e alla loro stabilità. Si trana di un problema, in questo caso, estremamente complesso: la persistenza di queste sostanze è legata a numerosi fattori che vanno dalle loro proprietà intrinseche alla natura dei terreni, alla presenza di altre sostanze e di altri inquinanti. Si tratta di dischi di tossicità «a lungo termine» ma non per questo meno pericolosi. Fra l'altro occorrono una volta individuati, numerosi anni perchè scompaiano dopo che sia stata arrestata l'utilizzazione dci prodotti inquinanti. Al contrario dell'inquinamento delle acque di superficie, che è apparente e in generale loc.alizzato, quello delle acque sotterranee profonde non può osservarsi « diret· tamente >> e viene constatato in molti casi con ritardo e lontano dalla sua origine d'inquinazione. In un primo tempo, infatti, le falde di terreno che in genere separano le fonti di inquinamento dalle nappe d'acqua sono un fattore di prote-L.ione, in quanto le terre possono trattenere o trasformare il tossico. Per contro, una volta saturato .di certi tossici, l'inquinamento potriì resistere in taluni casi per vari anni. L'eliminazione di volumi sempre più notevoli di rifiuti industriali e l'utilizzazione crescente di numerosi ingredienti agricoli deVQno essere perciò realizzati tenendo conto non soltanto dci rischi apparenti di inquinamento delle acque di superficie ma anche di quolli più discreti ma più gravi delle riserve naturali profonde.

L'uso degli additivi neUc sostanze alimentari.

11 problema degli « additivi >> usati nella preparazione dei cibi e delle sostanze alimentari è di nuovo al centro di numerose controversie negli Stati Uniti; da un lato alcuni medici accusano gli additivi di pro\·ocare rumori, se ingeriti per lunghi periodi di tempo, di causare disturbi al cuore, al fegato ed al cervello, dall'altro gli esper!ti dicono ohe tutti gli additivi nocivi alla salute sono già stati messi aJ bando e quindi non vengono usati; questi ultimi sostengono che quelli ai quali l'industria alimenmre ricorre hanno il compito di rimpinzare vitamine e sali minerali che vengono perduti nella lavorazione, e che si rivelano, anzi, utili contro talune malattie quali lo scorbuto e la pellagra. In It:tlia l'intera questione che investe gli additivi è oggetto di un decreto ministeriale del 31 marzo r5)65, del Ministero della Sanità che oltre a dettare disposizioni sul loro impiego fornisce l'elenco degli additivi permessi, Je dosi massime d'impiego, le caratteristiche chimico- fisiche cd i requisiti di purezza che questi devono avere per poter essere usati.


Sono considera.d additivi chimici quelle sostanze prive di potere nutnnvo o impiegate a scopo non nutritivo che si aggiungono in un:a fase di lavora~ne alla massa o alla superficie degli alimenti per conservare nel tempo le caratteristiche fisiche, chimiche o fisico-chimiche, per evitare l'alterazione spontanea o per esaltare particolari aspetti degli alimenti, quali il sapore, l'odore o la consistenza. Gli additivi chimici permessi sono divisi in 7 categorie: conservativi, gelificanti ed addensanti, tensioattivi, sostanze aromatizzanti artificiali, alimenti per lieviti, sostanze per trattamenti in superficie, vari. I conservati vi sono a loro volta dassi ficati in tre classi: antimicrobici, sostanze con effetto conservativo secondario, antiossidanti; alla prima delle due classi appartengono gli additivi più usati per la conservazione degli alimenti, quali acidi, sali, anidridi, esteri, designati con sigle - quelle che appaiono negli involucri e nei contenitori che vanno da «e 200 ;> ad esempio, per l'acido ascorbico, ad «e 290 » per l'anidride carbonica. Per ognuno di questi composti come per tutti gli altri, !'<allegato del D.M. dd 31 marzo I~ prt.-vede la composizione qualitativa, quantitativa e !'esatta destinazione per gli alimenti, e la quan.tità percentuale di uso ammesso e consentito; alla terza classe, gli antiossidanti, appartengono l'acido ascorbico ed i suoi sali, i tocoferoli e le lccitine; numerati da 300 a 310. La seconda categoria è composta da sostanze gelificanti od addensanti, quali le gelatine animali, la glicerina, la perctina, la gomma adragante, i poli.fosfati, le farine di semi, l'agar agar, comunemente usaù per la pasticceria, confetteria, per i gelati, le marmellate, i formaggi e gli insacc<tti. La loro numerazione è compresa fra 320 c 333· Nella categoria dei tensioattivi (numer ati ·da 350 a 352) sono compresi i gliceridi di acidi grassi alimentari, le loro miscele e gli esteri di !Saccarosio e trovano .impiego nei prodotti di pasticceria, nei gelati, nelle margarine, nella maionese. Le sOStanze aromatizzanti artificiali sono comunemente usate· por caramelle, liquori, biscotteria, gelati, cioccolati, e sono comprese in numeri d'ordine che vanno da 400 a 416; a questa categoria appartengono l'etile acerilacetato, l'etilbetanafotolo, l'etilvaniglina, ecc. Gli additivi per lieviti sono i fosfati, carbonati di <ammonio ed il eloridralto di tiammina che vengono impiegati per i terreni per lieviti, c per i mosci destinati alla vin.ificazione. Gli additivi permessi, in questa categoria sono in tutto sei (370- 375). Le sostanze per i trattamenti in su perficie, usate per le uova, i formaggi, gli ins.accati, per i confetti, l'uva secca ed il baccalà comprendono il silicato di sodio e di potassio, la calce spenta, la paraffina solida, 1a cera da carnauba e l'acqua di calce; i! loro numero d 'ordine va da 240 ad «c 245 ». l requisiti di purezza di tutte queste sostanze sono regolati da un .allegato aJ Decreto Ministeriale del 31 marzo 1965 che detta disposizioni anche sui metodi di analisi e di certificazione che tali sostanze siano esattan1ente corrispondenti, qualitativamente e quantitativamente, a quanto previsto dal decreto stesso.

Note sul problema alimentare. Il problema dell'alimentazione oggi si pone su un piano totalmente diverso che pochi anni addietro. Se .infatti poteva apparire plausibile il tentativo di rendere l'alimentazione « naturale>> mediante w1a giudiziosa scelta fra le V'arie categorie di alimenti, fatta applicando le scoperte sui fabbisogni e sul processo nutritivo del·l'uomo, un .tale tentativo è tosto sfumato d i fronte alla necessità pratica di raccolta~, confezione, conservazione e distribuzione della razione alimentare bilanciata ·per un grandissimo numero di individui. Cosl scrive il Rovem:a in cc Annali Ravasini >>.


Infatti una razione alimentare tradizionale, anche prescindendo dal gra,•e problema quantitativo che invece esiste, sarà sempre più difficilmente disponibile man mano che il fabbisogno totale andrà aumentando. Per questo motivo, ed anche per tentare di migliorare l'apporto alimentare in \ituazioni par~icolari, si sono sviluppati largamente gli studi sui cibi << sintetici ,, e sugli integratori alimentati. Quando si parla del problema alimentare la mente corre subito alle proteine e in realtà il fabbisogno prote1co costituisce il nucleo delle esigenze alimentati dell'uomo. Si è riconosciuto oggi che un sufficiente apporto proteico non si limit:l a coprire quanto i tessuti richiedono in tema di ·materiale plastico <li prim'ordine, ma incide sulla resistenza alle malattie infettive, sulla morbilità o morbosità, sulla narimortalità e 'U aspetti diversissimi del comportamento di una popolazione anche quelli apparentemente più lontani dal problema alimentare. la relazione a questo fatto si è manife:.rata una sorta di « corsa alle proteine >> nei paesi a più eb·ato tenore di vita, condizionata anche da clementi di ordine commerciale che hanno largamente modificato i consulfli tradizionali. Possiamo ammettere che in molti paesi l'alimento protcico venga appetito anche psicologicamente, oltre che somaticamentc. Ciò non toglie che La dieta ipo- p rotcica, al di fuori di particolari necessità o condizioni (dieta dimagrante, arieti, endocrinopatie) sia sostanzialmente anti· fisiologica anche se ben tollerata. Del pari scarsamente estensibili alla generalità della popolazione sono quegli esem· pi, largamente citati in letteratura, di buona tolleranza di una dieta contenente scarsissime quantità di proteine: la carenza proreica ha molteplici espressioni clinicamente definite ed anche quando sia attenuata si manifesta attraverso una diminuzione ddJa resistenza alle malattie infettive, al freddo agli stress di vario tipo che una esistenza anche. con. minime esigenze comporta. Dalle fondamentali ricerche di Rose sappiamo che mentre l'organismo è capace di fabbricare alcuni aminoacidi altri debbono essere presenti prcformati nella razione alimentare e vengono perciò detti essenziali o indispensabili: treonina, valina, leucina, isoleucina, metionina, lisina, fenilalanina, triptofano. Tuttavia la questione non è stata mutata radicalmente nei suoi termini pratici almeno in un primo tempo, dato ohe l'origine principale degli aminoacidi essenziali n manevano pur sempre le « proteine nobili ,, tradizionali. Oggi però sono disponibili miscele di Mninoacidi, razioni alimentari con esclusione, di certi aminoacidi, razioni alimentari contenuti un aminoacido in eccesso; jnfatri si è visto che non è indifferente la proporzione nella quale stanno tra loro gli aminoacidi essenziali: inoltre, la conoscenza dd metabolismo di alcuni aminoacidi ha stabilito saldi legami tra scienza dell'alimentazione e fisiop:nologia di affc7Joni oscure (oligofrenia fenilpiruvica, alcaptonuria). L'altro p3l;SO importante è la preparazione di proteine ottenute in laboratorio. In fondo la vecchia asserzione vegetariana della non indispensabilità dell'alimento carneo ha ricevuto ai nostri giorni una ina~resa e indiretta conferma, con la differenza in realtà tutt'altro che trascurabile, che la fatica metabolica di costruire gli aminoacidi essenziali partendo da una materia prima jnadatta viene risparmiata all'organismo dal laboratorio. E' da ritenere che miscde calibrate di aminoacidi essenziali o per lo meno di idroalisati pro:eici possano prendere un posto assai più importante nell'alimentazione di quanto non accada attualmente. Per quanto riguarda i lipidi è noto come lo studio dei medesimi sia Largamente dominato dall'impellente bisogno di riconoscere l'alt-erazione fisiopatologica che sta alla base dell'arteriosclerosi. Non è però ancora stato stabilito quale miscela di grassi saturi


e insaturi sia prefcribile per l'alimentazione : Ja preferenza per gll oli ad elevato contenuto di grassi insaturi è oggi prevalente. E' noto però che la somministrazionc anche abbondante di lipidi e lipoidi può essere utile in numero~c evenienze morbose. l lipidi intervengono certamente n ei processi immunitari. Anche negli arteriosclerotici la sonuninistraziooe di alimenti ricchi di colesterolo è fatta attualmente con minore rigidezza che alcuni anni addietro. Nell'obesit~ essenziale o sintomatica (diencefaloipofisaria, corticosurrenale, tiroidea, ipogenitale, insulare) indubitabilmcnte v'è accumulo di grassi e la dieta deve essere ipolipidica per il solo fatto di essere ipocalorica. E' stato notato che la causa realizzante di ogni obesità è l'iperaJimemazionc, mentre la riduzione dell'apporto calorico non impedisce la pinguedine, ma impedisce solamente che si realizzi. Però la composiz ione percentuale della razio11e non è indi((erente, e anche a parità di contenuw calorico diete diverse sortono effetti finali diveni sull'economia dell'organismo, sia per l'azione dinamico specifica sia per l'azione esercitata a carico dci vari organi. La terza condizione morbosa che invel>tc la responsabilità dei lipidi, accanto alla obesità e all'arteriosclerosi, è Ja steatosi epatica temuta sia come entità morbosa a se stante che come stadio prccirrotico. E' nozione classica infatti che la perdita delle riserve glicogeniche e l'<tccumulo di grassi sono l'espressione grossolana di grave perturbamento delle delicate funz ioni dell'epatocita. Per rullÒ i detti motivi la razione lipidica raccomandata è alquanto limitata c, come si i: dello, scelta tra le frazioni ad elevato con:enuto in grassi insaturi. Ai grassi di cucina si consiglia di preferire i grassi del latte, e meglio ancora gli oli d'oliva, d'arachidi, di mai~ e di girasole. Peraltro va rilevato che sia l'azione sclerogena che quella epatolesi,·a dei grassi non si esplicano in forma diretta ed elementare ma sono condizionate dalla carenza di altri sistemi quali queUo lipotropo e chiarificante. La razione dci carboidrati è generalmente sufficiente anche presso ,le popolazioni con alimentazione gravemente carente. Alimento dinamogeno por cccollenza, i carboidrati consumati in eccesso sono facilmente la causa di esagerato apporto calorico specie in presenza di ridotto esercizio fisico. Assorbire zuccheri, rapidamente e in grande quantità vuoi dire stimolare fortemente il sistema insulare del pancreas: iporsecrezionc con esagerata sensazione di fame e conseguente obesità; diminuzione deUa secrezione con conseguente diabete. Sotto questo pwlìlo i carboidrati più prontamenre utilizzabili sono evidentemente i più nefasti. E' questo dunque un punto negativo nella moderna ricerca di alimenti a scarso impegno digestivo c pronta disponibilità energeoica. La scarsa educazione alimentare, almeno nel nostro paese, contribuisce inoltre, a favorire una impostazione errata deUa questione: una rapida indagine dimostra che la percentuale di individui che sanno trarre vantaggio da una spiegazione in tema di alimentazione l; estremamente scarsa. Perciò ritengo che le tabelle che d imostrano il vanio contenuto salino o vitaminico degli alimenti possono aiutare a formu lare .una dieta equilibrata, ma non sopp:::riscano alla necessità dci supplementi alimentari. G1i integratori includono abitualmente vitan1ine A, l) , E, acido ascorbico e tiamina, riboflavina, niacina e vitamina B, ferro, calcio, fosforo, fluoro, talora rame c manganese. Il problema sta nelle propor-Lioni, poichè bisogna tener conto del contenuto salino e vitaminico della dieta. Spesso una dieta ipolipidica comporra una carenza di vitamina A e di vitamina D. Un inregratore sui generis assai raccomandabile, per molti versi, è il la~tc vaccino prcvian1enre scremato. Disgraziatamente la situazione della produzione casearia in Italia non solo è lontana da quella delle naz ioni più progredite, ma assai insoddisfa-


cente anche dal punto di vista essenziale che è quello della carica batterica. Infatti sterilizzare e pastorizzare non vuoi dire risanare il latte, ma semplicemente sopprimere la possibilità di una i.n(czionc lasciando però la porta apena all'ingestione di tossina preformaw. E cio è tanto più deprecabile quanto più utile appare il latte per il suo contenuto in Lattosio, lipidi, caseina c sali di calcio Se l'eccessivo raffinamento e la conservazione degli alimenti hanno reso necessan gli integratori alimentari, è tuttavia chiaro che, in questi ultimi, figurano solo gli elementi di cui è stata riconosciuta la necessità. Questa fase di transiz.1one del problema alimentare va superata al più presto. Se si esamina il rapporto fra alimentazione c carie dentaria (che da molti anni è ritenuta alme.no in parte una malattia da carenza) si osserva che fra gli aminoacidi essenziali pare che abbia importanza la lisina; fra i sali il fluoro, ma anche il molibdeno, il boro, il manganese, il lirio, quali oligoelementi che favoriscono l'utilizzazione delle molecole plastiche. Il considerare il fabbisogno alimentare dal punto di vista analitico complica dunque note,·olmcntc il problema, almeno fino a che le nostre conoscenze, in merito non saranno più complete. Mentre l'alimentazione naturale va diventando nel suo complesso i•rrealizzabile, essa offre però degl·i elementi di notevole interesse ove si considerino sotto l'aspetto di imegratori e non di alimenti completi. Abbiamo citato il lane e ricorderemo il lievito di birra, il miele e il succo fresco di agrumi. Anche se sono stati ·idenrifìc::tti i fattori viraminici prevalenti in questi alimenti, la loro ::tggiunta alla razione alimentare riesce di evidente utilità. Il consumo di alimenti conservati ~j è considerevolmente accresciuto e in realtà l'industria conserviera ha realizzato notevoli progressi riguardo alla selezione e conservazione del prodotto, senza trascurare naturalmente le proprietà organoleniche. Purtroppo ignoriamo fino a che punto sia lecit::t (biologicamente s'intende) l'aggiunta spesso non necessaria di conservanti, coloranti, eccipienti e correttivi di fronte ai quali la legislazione sanitaria si è rivelata impreparata anche nei paesi più progrediti. Ricordiamo solo il caso del ciclamato. E questo è un altro dei punti oscuri. Se anche si riuscisse a fornire una razione alimentare teoricamente ide::tle, è noto che .sarebbe ancora da aspettarsi una differenza di utilizzazione da un individuo all'altro, non solo in rapporto alle diverse efficienze secrctive e motorie dell'apparato digerente cd alle modalità di assorbimento, soprallutto auivo, ma anche proprio per motivi metabolici. E' sufficiente inJatti sommini:.trare ad un centinaio di individui Ull farmaco comuni~simo quale il salicilaro per <X>~rvare come nelle uri.ne i vari metaboliti che risultano in conseguenza delle attività disintossicanti dell'organismo compaiono in o,;ni individuo in misura diversa a testimoniare come le atQività di coniugazione con la glicocolla e l'acido glicuronico siano di\'erse nei vari indi,idui. Analoghe differenze ritroviamo nella capacità acetilantc. In dipenden7a di questi fatti la individualità metabolica appare, più che probabile, cerra, nè è impossibile che essa valga ad affiancare ai vecchi tipi morfologici e psicologi dci ripi alimentari, certamente condizionati in larga parte dall'equilibrio neurocndocrino del soggetto. A questo proposito è interessante il fano che nei rapporti fra alimentazione (; ghiandole endocrine vanno considerati partitamente (S. Gu::tlco): 1) influenza dell'alimentazione sulla struttura c sulla funzione delle ghiandole endocrine; 2) modificazioni delle varie ghiandole endocrine sotto L'influenza della alimentazione; 3) azione metabolica delle varie ghiandole endocrine; 4) endocrinopatie di presunta origine ma lnutrizionaJe; 5) alterazioni del ricambio delle malattie delle ghiandole endocrine; 6) le curbc endocrine nelle malanie del ricambio.


L'interessamc espos1z1onc farta dall'A., conviene che i rapporti fra aìimemazione e ghiandole en<locrine sono indiscutibili e molto importanti per il mamenimento del <<binomio alimento- ormone,,, Risulta infatti che l'alimentazione condiziona in notevole misura struttura e funzione delle ghiandole a secrezione interna, mentre le secrezioni, a loro volta, influenzano considerevolmente il ricambio e la nutrizione. Tale autorevole conclusione tratta dall'attenta analisi dei rapporti fra equilibrio ormonazione in varie condizioni fisiologiche e patologiche ammonisce che l'individuazionc della razianc alimenta.re non può prescindere, in nessun senso, dalla conoscenza dell'equilibrio endocrino del soggetto. A conclusione ricorderemo come l'attuale orientamento dietetico si riferisca in parte a concetti tradizionali, in parte ai più recenti progressi della scienza dell'alimentazione. Non è detto che una razione sia fisiologica perchè mantiene in apparente buona salute l'individuo: l'insorgenza di moLte malattie è dovuta a carenze o eccessi o squi libri alimentari inapparenri. Alimentarsi non vuoi dire solo sopperire ad un fabbisogno plastico cd energico, ma anche mettersi in una particolare comunicazione con l'ambiente esterno attra,·erso mediatori che vanno rivelando, uno ad uno, il loro segreto. La sintesi artificiale delle cellule: suo significato, suo futuro. Il prof. J. Frederic Danielli, uno dei massimi rappresentanti del mondo sciemifico attuale, nel corso di una conferenza svolta nell'Auditorium della Fondazione Giovanni Lorenzini di Milano, ha riferito sulle eccezionali scoperte realizzate nell'Istituto di Biologia Teoretica da lui diretto a New York. Mediante mezzi fisici Oanielli è infatti riuscito a sostituire nell'interno di una ameba, protozoo costituito da una sola cellula, gli organi endocellulari con altri prcb-ati da un ceppo diverso di ameba, ottenendo un nuovo elemento capace di vivere e di moltiplicarsi. E' st:lta in tal modo artificialmente creata per opera dell'uomo una nuova linea di cellule vitali dotate d1 propriet.1 biologiche nuove. Si è passati così, come dice Daniclli, dall'era dell':1nalisi ad una nuova era dcli::l sintesi; probabilmente nel corso del prossimo secolo, l'uomo sarà capace di sintetizza:e interi sistemi biologici od organismi (intendendo per questo i ,-irus, le cellule, animali e piante). Alcuni di questi possono essere sintetizzati già sin d'ora. Noi abbiamo infatti gi~t assistito a!Ja prima sintesi di .un gene, la prima sintesi di un virus c recentemente l:t prima ricostruzione di una cellula vivente. A livelli più alti abbiamo visto topi ottenuti dalla fusione di embrioni <ii razze diverse e ri)ultati sorprendenti nella generazione vegetale. Il nostro nuovo interesse per l'ambiente che ci circonda si fonde con la nostra capacità di capire, controllare, modificare e sintetizzare sistemi ecologici completi. Nei prossimi cinque anni possiamo attenderci di vedere grandemente estese le capacità dell'uomo di ricomposizione artificiale di cellule con componenti della più svariata provenienza, incluse mescolan7.<: animali e vegetali: - la prima riunione artificiale di cellule uovo; - la sintesi di nuovi organismi mediante fusione cellulare; - la sintesi di nuovi organismi mediante fusione di embrioni c naturalmente - la continuazione della formazione di nuovi organismi con le tecniche classiche della generazione c della genetica. Procedendo parallelamente ai programmi di manipolazione, menzionati rn precedenza, sarà fatto uno sforzo considerevole per sintetizzare nuovi geni e per incorporare


questi gem 10 cromosomi o negli organi endocellulari. Una volta raggiunto ciò la biologia dovrà anche elaborare una tecnica per « montare 11 questi cromosomi sintetici ~u cellule viventi. Poi sarà possibile trasferire sia geni sintetici che naturali in una considerevole varietà di org:.mismi. Che uso si farà di tutto ciò? Quale beneficio per l'umanità? La men:e di Daniclli non può destreggiarsi con le immense possibilità che \Orranno offerte. Elenca quindi solo pochi esempi delle possibilità che sono allo studio presso il Cenrro di Biologia Teorica da lui diretto: - La fissazione biologica dell'azoto è spesso più efficiente dell'impiego di azoto fissato industrialmente: attualmente solo poche piante, ad esempio alghe bleu - verdi, leguminose, fissano l'azoto. Il miglioramento di fissatori di azoto naruraJi già esistemi e il trasferimento della fissazione nitrogenica alle piante alimentari dovrebbero avere un'assoluta priorità. - Lo sviluppo di nuove .specie vegetali per arce semi- aride. - Lo sviluppo di organismi speciali per controlli ambientali, ad esempio per I:J desalinizzazione dell'acqua e per un trattamento più efficiente del materiale di rifiuto. - E' auspicabile per mohe ragioni la SOSlituzione parziale degli attuali meto<li di ingegneria chimica con sintesi biologiche impiegando organismi ::tppositamente co strui ti. - Il trasferimemo ai microrgan ismi deLle capacità di sintetizzare anticorpi ~1 ormoni umani renderà possibile la produzione di anticorpi e di ormoni con metodi poco costosi e di conseguenza aumenteranno enormemente le risorse della medicina. Danielli ed i suoi collaboratori hanno fano uno studio preliminare di questo probl:ma. - Lo sviluppo di nuove forme di vita per altri pianeti potrà estendere grande mente il loro valore. Possiamo così affermare senza esitazione che immensi benefici deriveranno dal l:t sintesi artificiale di nuove forme di vita. 'aturalmente prima di introdurre nell'ambiente gli organismi prodotti mediante le tecniche di sintesi artificiale o con studi associati di cc ingegneria genetica "• bi~o­ gnerà fare molta attenzione a scoprirne tutte le loro nuove proprietà indesiderabili o nocive che compaiono e determinare quale sarà l'effct'LO che il nuovo organismo av't'à sulle condizioni ecologiche esistenti e viceversa. Queste considerazioni sono essenzialmente <li ordine tecnico c vogliono essere del medesimo tipo di quelle correntemente in uso. Tuttavia va riconosciuto che man mano che aumentano le nostre capacità di produrre nuovi organismi, dovrà anche aumentare il controllo minuzioso di queste nuove forme per prevenire l'introduzione accidentale di proprietà dannose. Mettendo ·in atto la dovuta attenzione, quindi, non v'è ragione perchè le tecniche più efficienri per la genesi di nuO\'e specie non d ebbano essere di grande benefici.) scientifico e materiale per l'umanità.

La contracezione orale. Gregory Pincus, recentemente scomparso, è stato il pioniere dello studio e dell'applicazione pratica degli estroprogestinici orali per ottenere l'inibizione dell'ovulazione e di conseguenza il controllo volontario delle nascite. Nel 1956 PiJlCUS riferì i primi risultati ollenuti sulla donna con la somministraz1one di noretisterone c di noretinodrcl associati con mestranolo dal 5° al 24° giorno del ciclo. Da quel momento ebbe inizio una lunga sperimentazione nei centri del « Planned Parcnthood >l a Portorico e nel 1959 furono pubblicati i primi risultati che dimostravano l'eccellenza del metodo.


533 Successhamente sono stati preparati di,·ersi prodotti che contengono molti altri prog~­ sldtivi orali a dosi minori ed ~strog~ni orali (oltre al mescranolo anche l'crini/e- stradio/o); auualmente circa 20 milioni di donne in rutto il mondo adoperano ogni mese queste associazioni ormonali che vanno sotto il nome di (( p11lola di Pincus >> per pianificare la loro famiglia. Azion~

fisiologica nella donna.

I principali punti d'impatto degli steroidi antiovulatori sono i seguenti: r) A livello i pota/amo- ipofisario si ha un freno della produzione di << releasing {actors >> per la gonadotropine e delle gonadotropine stesse, in particolare deli'LH (ormone luteinizzante). Solo il linestrenolo (progestinico oraJe contenuto nel Lyndiol) ha un effetto inibitorio sia sull'FSlJ che suJl'LH. 2) A livello dell'ovaio molti autori hanno constatato una insensibilità dell'ovaio stesso all'azione delle gonadouopine esogene eventualmente somministrate. Comunque l'ovaio della donna trattata eon estro- progestinici corrisponde a quello normale :tl I0° - 12° giorno del ciclo, senza ovulazione e senza corpi lutei. 3) A livello dell'endometrio si ha una azione combinata estro - progestinica, eon aspello moderatamente ipotrofìco, senza comparsa di mitosi e con ghiandole a lume stretto. Si tratta di un endometrio simile a quello del r7'' - 1!!0 giorno del ciclo, non adatto aJJ'impianto dell'uovo evenLualmentc fecondato. 4) A livello del muco cervical~. jJ tappo mucoso del collo dell'utero è rarefatto, perde la sua filamentcsirà, non crisraJJizza più a foglia di felce e quindi diviene ostile agli spermatozoi che perdono la loro mobilità e non pos~no progredire YCfSO l'utero. 5) A livello delle trombe uterine, le contrazioni tubariche vengono depresse nella loro intensid, dimodochè è alterata la velocità di progressione degli spermarozoi (ed e,·enrualmente dell'ovulo), di modo che i gameti non possono incontrar!>i.

EffiCacia ~ modalità d'impiego. L'efficacia contraccettiva delle associazioni estroprogestinichc è del LOo% ; il ritorno alla funzione normale dell'asse ipoliso-ovarico avviene entro i tre mcs·i che seguono l'arresto della somministrazionc. Quando si inizia l'u.<;a della « pillola >>, la prima compressa deve essere presa al 5' giorno dall'inizio della emorragia mestruaJe; in seguito si prendono ogni sera, le 20, 21 o 22 compresse delle confezioni in commercio e infine uc giorni dopo l'ulrima compressa si ha l'emorragia da <( privazione ormonale >> che è l'equi,·alente della mestruazione. !'\el caso del prodotto con 22 compresse (Lyndiol 2,5) dopo un intervallo di sci giorni senza compresse (durante il quale si ha l'emorragia) si riprende la somministraz.ione della nuova serie alla sera dd 1' giorno e così via. Il primo e l'ultimo giorno di somministrazionc, come pure il primo e l'ultimo giorno delle serie successive cadr:tnno sempre nello stesso giorno ·del h set·timana, ohe s:trà chiamato il ((-giorno- donna», proprio di ogni soggetto. Prima di iniz.iare la contracezione oraJe il medico dovrà studiare la anamnesi della paziente per quanto riguarda lo stato vascolare (flebiti e periflebiti), le affezioni cardiache, renali ed epariche gravi, gli antecedenti di diabete e di ipertemione. Sarà inoltre opportuno studiare lo s~ato mammario (per escludere fibrosi cistiche, ecc.), lo sraro \aginale (fìbromiomi o carcinomi) ed e(fetruare uno striscio alla Papanicolau. Quando il metodo contraccettivo orale è ben accettato e tollerato, si può continuare indefinirivamente. Potrà e~sere opportuno interrompere ogni dicio:to mesi o due anni per un periodo di tre mesi per controllare il buon andamento della funzione ipo-


5 34 liso- ovarica. Per quanto riguarda la durata totale dell'impiego non si hanno ancora dati definitivi, sebbene un gran numero di donne abbia usato per dieci anni la << pillola » senza incidenti di sorta.

T ollrrabilità. La grande maggioranza del le <pazienti è com pletamente soddisfaua del metodo; 1 disturbi eventualmente riscontrati nei primi cicli si attenuano c scompaiono generalmente nei cicli seguenti: r) Nausee e disturbi digestivi. Si tratta di disturbi di tipo minore, che possono o~sere minimizzati prendendo le compresse la sera prima di andare a letto, eventualmente usando un antispastico o un amiacido, e usando le specialità con basse dosi di estrogeni (75 gamma di mestranolo o 50 gamma di etinilestradiolo). 2) Aumentc di pt:so. E' indubbiamente un fatto che preoccupa molte donne, ma in genere non supera r- 2 chilogrammi !! può essere combattuto con diuretici e anoressici. 3) Emorragie da rottura e spotting. Macchie di sangue durante la somministrazionc delle compresse possono verificarsi con. modesta frequenza, ma non devono far interrompere il trattamento; al massimo si può aumentare la dose per qualche giorno. 4) Tn caso di amenorrt:a, non si tratta di gravidanza, purchè la cura sia stata seguita regolarmente, e si può quindi, dopo sei giorni di riposo riprendere la nuova serie. Se l'amenorrea è persistente si può eventualmente ricorrere ad una stimolazione dell'ovaio con gonadotropine (HCG c HMG). 5) Dimìnuziont: della libido. Si tratta in genere di questioni puramente psicologiche c comunque molto rare. 6) Actu: e cloasma. L'acne, che raramenrc si verifica dopo la somministrazione di estro- pprogestinici, talvolta invece scompare in seguiro alla cura. Il cloasma può verificarsi nelle donne che già soffrivano in gravidanza, ed è legato ad una predispo~i­ zione razziale (Antille, ccc.). 7) M icosi vagina/i. Si possono verificare con la stessa frequenza che durante la gravidanza. 8) Dùturbi caratteriali. Somiglia no spesso a quelli della sindrome p rcmestruale, ma si tratta di fattori psicologici individuali.

Prt:eauzioni e controindicazioni. Gli estroprogestinici sembrano pro,·ocare nel 20"o dei casi una diminuzione della tolleranza ai carboidrati, come può vedersi dallo studio delle prove di iperglicemia pro,·ocata. Sarà opportuna quindi una sorveglianza negli stati di diabt:te e prediabet~. Alcuni casi di ittero colostatico sono stati osservati con i prodotti ad alto dosaggio ormai non più usati. Mentre gli antecedenti di ittero rappresentano .u na controindicazione della contracezione orale, bisogna riconoscere che i prodoni attuali a basso dosaggio sono ben <tollerati anche nei soggetti con « p iccola insufficienza epatica>>. Nei fibromi dell'utero c nei tumori mammari e uteri ni estrogeno- -dipendenti è ovvia la controindicazione. Le statistiche (in particolare le più recenti della Food and Drug Administrarion americana) depongono per l'assenza di attività carcinogenetk.l nei soggetti sani. L't:pilrssia rappresenta una controindkazione. [) rischio trombo- embolico è stato oggerto di numerose ricerche statistiche. Sembra che esso possa essere valutato del 5 per mille, contro il 2 per mille spontaneo e il 12 per mille nelle donne gravide; tromboembolie mortali si verificherebbero nel 3 per centomila, contro r per centOmila spontaneo e 6 per centomila gravide. TI Comitato


535 Dunlop inglese per la sicurezza <lei farmaci nell'aprile del 1970 ha pubblicato alcune conclusioni di studi, dichiarando che i prodotti c·he contengono reo gamma ·di estrogeni possono provocare danni di ques to tipo il 20% in più di quanto si potrebbe prevedere in base alla diffusione della specialità; queUi che contengono invece il 75 o 50 gamma di estrogeni provocano incidenti nel 18 o nel 21% in meno del previsto. ReY.a inteso che la presenza di disturbi vascolari rappresenta una controindicazione all'uso degli esrroprogestinici orali. Il rischio tcratogeno è nullo, in quanto <lopo ·trattame nti anche di lunga durata la sua incidenza resta del 3 ~ 1 , come nella popolazione in generale. Il timore <li aborti da aberrazioni cromosomiche è ingiustificato. Carr, su una statistica di 8 casi (!), 3\'C\'a rrovato il 6s 0 0 di aberrazioni cromosomiche negli aborti spontanei di donne precedentemente trattate, contro il 40% nella popolazione generale, ma lavori più recenti di Bonè su un più vasto numero di casi hanno smentito tal i dati. In conclusione, malgrado una ingiustificata campagna di stan1pa - del resto attualmente ridimensionata dalla realtà dei fatti - la contracezione orale resta b più diffusa e la più accettata nel mondo, come la più sicura, la più semplice c la più umana. (La Revue du Prat. XX, 29, 4635, 1970).

Ottenuta una pillola

<< settimanale >l .

Sotto la direzione del dott. Sakiz, Francia, presso il laboratorio Roussel- Uclaf è stata ottenuta una nuova pillola anticoncezionale, detta R - 2323, che esplica il suo dfetto con una somministrazionc solo settimanale. La R - 2323, già sperime ntata da quattro anni con buon esito a scimmie, can i e topi e che dovrebbe essere in vendita al più presto, svolge la funz ione anticoncezionale senza arrestare l'ovulazione, ma solo impc<lendo all'ovulo di « nidificare >> nella mucosa. Inoltre. poichè l'ovulo, per svilupparsi, ha bisogno soprattutto di un ormone femminile, cioè il progcsterone, il processo di maturazione risulterà impossibile in quanto il nuovo prodotro (che svolge una attività antiprogesterone) imped isce l'azione di questo ormone già nella mucosa utcrina. La cc R - 2323 )) presenta numerosi vantaggi rispcuo ai prodotti analoghi comunemente usati. I nnanziturto quello di non bloccare l'o\·ulazione e quindi di non interferire nel ciclo deUa donna, per cui non c~isterebbero più i soliti incom·enienti che van no dall'aumento di peso, alle nausee c alla spossatez7A'l. Inoltre la somministrazione di una pillola settimanale, invece che giornaliera, li mita il rischio di una accumulazion e C!=cessiva del prodotto nell'organismo ed ev:tn infine a molte donne la tensione derivante dal timore di dimenticare l'cc appuntamento " quotidiano, con la pillola, col rischio di non beneficiare dell'effetto voluto.

Sperimentazioni sull'uomo: conciliare etica e scienza.

Le polemiche recenremente esplose, c tuttora in corso, sulla spcrimentazione eli nica di nuovi farmaci o di altre sostanze chimiche sono giunte, purtro;>po, a confermare le preoccupazioni espresse nel dicembre scorso, su q ueste stesse pagine, sotro il titolo « Dal laboratorio all'uomo : una g ra ve responsabilità >l . Se ci richiamiamo o rn a tale articolo non è certo per •il vac uo compiacimento del « noi l'avevamo detto ll, ma perchè ci sembra doveroso fare in modo che l'attuale interesse dell'opinione pubblica per q uesro problema non si esaurisca in un generico senso d'allarme e serva invece a stimolare la ricerca di soluzioni positive.


Un rischio c'è sempre. Non si può che essere pienamenrc d'accordo, infatti, con quanto ha scritto il professore Alberto Dall'Ora sul Giorno del 30 marzo: «Siamo favorevol i o conrrar.i al progresso della medicina? Senz'alcro favorevoli, si risponde agevolmente, ove il procedere della scienza accetti senza eccezione i principi che sono nel d.iri<tto naturale, prima ancora che nel diritto scritto. Contra.ri, il'riducibilmente contrari, se progresso vuol dire indifferenza per la vita e per i diritti del singolo, sacrificio di soggetti arbitrariamente c i11controllatamente scelti, a loro insaputa ». Ma il punto è proprio questo: senza sperimentazione non vi può essere progresso medico e viene sempre il momento in cui bisogna passare dagli animali e dalle esperienze di laboratorio all'uomo, passaggio che presenLa in ogni caso un margine di incertezza, anche se è stato preceduto da prove meticolosissime c da risultati rassicuranti, perchè l'organismo umano può reagire in modo diverso da quello degli animali e da ogni altro modello di laboratorio. n problema sta dunque nell'evitare che tale passaggio avvenga per decisioni arbitrarie, incontrcllate, prese all'insaputa del malato, come ·dice g iustamente 11 prof. Dall'Ora. Anzi, noi aggiungiamo che no.n basta neanche che l'ammalato sia semplicemente info1-matc della cosa e che venga eh iesto il suo as:senso, perchè è chiaro che, il più delle volte, egli sarà indotto ad accettare la proposta del medico, per fìducia, per insufficienza di bagaglio critico, per le particolari condizioni psicologiche in cui si trova. E' necessario, quindi, che non sia lasciato solo a decidere. D'altra parte, non è · solo «indifferenza per la vita e per i diritti del singolo Jl che può condurre a sperimentazioni condannabili. Certo, questa è l'eventualità più grave, il caso -limite che appare chiaramente •inammissibile agli occhi di tutti e che va assolutamente bandito. Ma si possono prendere decisioni più o meno pericolose anche con le migliori intenzioni, senza venir meno al più profondo riguardo per la vita umana e proprio con la convinzione di rispettare il .diritto del singolo (il diritto alla speranza, po:remmo chiamarlo) a valersi di nuove terapie. n fatto è che non si tratta solo di sensibilità umana e di deontologia, ma anche e soprattutto ·di competenza e di mentalità professionale: il medico, in parole povere, è portato per sua natura (e non si può certo fargliene una colpa, anzi) a battere tutte le strade possibili .perchè l'ammalato guarisca, e nel più breve tempo possibile, per cui è indotto a speri mentare nuovi farmaci - specialmente quando si crova di fronte a casi apparentemente i-nsolubili - anche se dall'università non ha avuro una preparazione spe::ifìca al riguardo c se non è in grado di procurarsi ogni volta tutta la documentazione necessaria.

Non arrivare « dopo >> . In questa situazione, l'intervento della magistratura nei casi di sperimentazioni arbitrarie, incontrollate c decise all'i:nsaputa del malato è evidentemente giustissimo c doveroso. Ma non basta, sia perchè arriva ed arriverà sempre a posteriori, sia perchè, se costituisse l'unica garanzia disponibile, potrebbe veramente paralizzare qualsiasi sperimeotazione, col timore delle eventuali conseguenze penali. Occorrono quindi delle garanzie, da far valere preventivamente, nell'interesse dt:t malati ,non meno che per la tranquillità dei medici stessi. La prima, secondo noi, sta nello sviluppo e :nel potenziamento della farmacologia clinica - sia sul piano dell'insegnamento universitario che 5U quello del la collaborazione fra istiruti di ricerca e aspedal.i - quale indispensabile anello di congiunzione tra la farmacologia e la clinica, come rilevava il collega Morselli nel numero prece· dente del nastro notiziario.


537 Comitati misti. La seconda sta nel demandare le decisioni relative all'inizio di ogni sperimenta· zione sull'uomo a comitati misti di clinici, ricercatori e cinadini estranei alrambiente scientifico, in modo che tali decisioni possano essere prese tenendo presente tutti i punti di vista e che l'ammalato ed i suoi familiari, prima dì dare il loro assenso, siano resi pienamente consapevoli dei pro e dei contro. Abbi::~mo già parlato di tali comilati nell'articolo richiamato all'inizio, citando le esperienze di altri paesi. Torniamo ora sull'argomento, per rilevare che esso trova naturale collocazione nel dibattito attualmente in corso sulla riforma sanitaria. Riteniamo, cioè, che un organismo del genere dovrebbe trovar posto, sia pure in via sperimentale, nelle progettate unità saniLarie locali, come uno degli slrumenti più validi di re.~ponsabilizzazione della comunità nel campo dell'assistenza sanitaria e della ricerca scientifica. E' una proposta da discutere, ovviamente: ma ~"importante è che si affermi in concreto il principio che decisioni tanto delicate, implicanti tutto un complesso di rt'sponsabilità e di competenze diverse, non siano lasciate ad una unica persona o ad una soh categoria, ma nascano da una verifica che sia contemporaneamente scientifica, umana e sociale. (Da un articolo di Silvio Garattini pubblicato su Negri News, marzo aprile 1971 ).

Medicina e automazione: contributi attuali e prospettive future. Per indicare i contributi, anuali o prevedibili dell'automazione dell'assistenza sanitaria, bisognerebbe percorrere tutto l'itinerario dell'atto medico, in senso lato. Ad c.gnì crocevia, anzi ad ogni passo, incontreremmo l'automazione come realtà o come promessa: talvolta, bisogna dirlo, come suggestione. Restando al concreto e distingucr)do, per comodità di discorso, tra medicina curativa e medicina preventiva consideriamo anzitutto la prima. I suoi momenti fondamenm li sono semplificando: r) l'esame del malato; 2) la formulazione di una diagnosi e di una prognosi; 3) la prescrizione di una terapia medica o l'esecuzione di un inten·ento chirurgico. Quali i contributi deU'automazione all'esame del malato? Innumerevoli se si pensa che negli ultimi decenni tale esame è venuto fondandosi sempre più largamente su rilievi strumentali, ottenuti cioè con apparecchiature e tecniche specializzate: dall'elettrocardiografia· alla scintigrafia, dagli esami funzionali a gudli di laboratorio, daJie esplorazioni microscopiche a quelle radiologiche. Ogni tecnica di questo e di altro tipo pone problemi dì standardizzazione, di rapid-ità di esecuzione, d i registrazione dci dati, ecc. che l'aumm az.ione può risolvere molto be ne. Oggi <SOno automatici il conteggio dci globu li rossi nel sangue, la registrazione del battiLo cardiaco fetale, la misura del glucosio nell'urina, la determinazione dello jodio radioattivo fissato dalla tiroide e così via. Domani lo saranno altre cose come: il riconoscimento di una cdlula tumorale in mezzo ad altre sane, la conta dei cromosomi d.i un neonato, la lettura di una radiografia, la integrazione del « profilo biochimico 11 di un soggetto e molto di più. n medico raccoglie rutti questi dati e molti altri anziru~to per formulare la diagnosi: l'operazione forse intdlettualmcntc più impegnativa cui è chiamato è, tah-olta, estremamente difficile. Nella sua menre segni, sintomi, rilievi anamnestici, ciascuno


con il suo parziale contributo di informazione, ciascuno con una sua diversa attendibilità, devono confrontar~i c comporsi perchè ne scaturisca, senza errore o con il mmor rischio di errore, l'identità della malattia. Può un processo del genere essere automatizzato? In alcuni casi e io una certa misura sì, se si fa ricorso alle grandi capacità di memoria e di calcolo degli elaboratori. Non si tratta di sostituire il medico, ma di fornirgli strumenti e tecniche con i quali -.erifìcare le sue ipotesi, dalle quali avere indicazioni - come da altre tecniche e da altri strumenti - che rcsted suo compito insostituibile valutare e utilizzare nel modo miglior·e. Manca lo spazio per sviluppare degli c'\C:Illpi: basti ricordare che risultati positivi sono stati ottenuti in questo modo nella diagnostica di malattie cardiocircolatorie, endocrinologichc, psichiatriche e eli altra indole. Anche !:t cura del malato può avvantaggiarsi, anzi già si avvantaggia dei contributi dell'automazione. La programmazione di una terapia può essere complessa come quando si tratta di una cura con raggi X di un tumore profondo; bisogna fare in modo che sulle cellule tumora1i si concentrino le radia7.ioni, distribuite, orientate e dosate in modo che rechino il minor dartno possibile alle cellule sane: ebbene, esistono metodi e apparecchiature per la soluzione automatica di questo problema. A volte la cura è chirurgica con interventi che richiedono prolungate anestesie, circolazione extracorporca, sorveglianza continua, segnalazione immediata di condizioni di pericolo durante c dopo l'operaz ione. Esiste tutta una serie di dispositivi automatici (sensori, convertitori, analizzatori di segnali, ecc.) che assistono il chirurgo nel !>UO lavoro e garantiscono al paziente un monitoraggio delle sue condizioni. La medicina preventiva è però quella destinata a trarre dalla automazione i benefici maggiori, nel senso che siano tali veramente non solo per alcuni singoli pazienti, ma per la coUeuività. La medicina preventiva è molto più che la diagnosi precoce di malatrie non ancora sintomatiche, ma la diagnosi precoce è una fonte fondamentale della medicina preventiva. Questa, per .definizione, non si occupa soltanto di prcsumibili malati ma dei sani esposti al rischio di malattia: quindi il numero delle persone cui deve rivolgere la sua attenzione, applicare i suoi esami, dedicare i suoi servizi è enormemente maggiore rispetto a quello delle persone cui si rivolge b medicina clinica.

Durata del periodo di degenza per infarto miocardico acuto. Negli Stati Uniti è pratica corrente l'ospedalizzare tutti i pazienti con infarto miocardico acuto. Tuttavia sino al 1940 i modici preferivano che i pazienti con coronaropatie non complicate fossero ctLrati a casa, e questo anche dopo ohe fu introdotta la terapia anticoagulante. La situazione ora è radicalmente cambiata. La possibilità diagnostica di scoprire la sede dei disordini .del r itmo cardiaco nella prima fase dell'infarto, il notevole sviluppo farmacologico e l'introduzione di metodi elettrici per correggere le aritmie, nonchè di Unità coronariche favoriscono l'immediata ospedalizzazione del paziente. La ragione principale di questa cambiata men talità è il fatto che una delle maggiori cause di morte improvvisa nel corso della malattta coronarica è dovuta a disturbi del ritmo in genere rever~-ibili. T pazienti ospedalizzaù vengono infatti controllati continuamente da un monitor elettrico c vengono sottoposti a misure profilattiche atte a prevenire taii disturbi del ritmo. Al momento attuale il problema maggiore non è l'ospedalizzazione di questi pazienti, ma la rapidità con cui questa ospedalizzazione può essere effettuata. f n{atri, mentre è chiara l'indicazione al ricovero in Ospedale per ogni malato colpito


539 da attacco coronarico, tale indicazione è resa difficoltosa dal farro che i letti ospedalieri si fanno, anche in America, più scarsi e singolarmente più costosi. Per cui negli organizzati ospedali americani si è sottolineato che la « limitozione alla degenza in letto al minimo indispensabtle per tm 'effical'e cura dd malato è tm fattore importante per l'efficiente uso dei letti >1. Però in che modo può essere determinata la degenza in ktto dopo infarto miocardico secondo il <<minimo indispensabile per un'efficace cura del malato 11? Le indicazioni che a tale riguardo si possono trarre dalla letteratura o dai testi cardiologici non sono certamente soddisfacenti. In passato la durata dell'ospcdalizzazione coincideva con il prescritto periodo Ji 6 settimane di riposo a letto. Tale concerto derivava dagli studi di Mallor e coll. che osservarono essere di circa 6 seaimane il periodo necessario per trasformare il tessuto necrorico in tessuto di cicatrice. La successh·a dimostrazione di Le,•ine e Lown che il malato jnfartuato poteva essere mosso e posto in poltrona sin dai primi periodi dell'infarto sollevò le ammini srra1ioni e portò ad abbreviare il periodo di ospedalizzazione. Tuuora però l'opinione dci maggiori cardiologi è di prolungare il periodo in letto e l'ospcclalizzaziooe. In tal senso Friedberg ritiene necessario un periodo da 3 a (J settimane, Woods è dell'opinione che siano necessarie circa 6 settimane per i pazienti con infarto acuto transmurale e Gilchrisr asserisce che la maggior parte dei pazienti è in grado di proseguire la sua convalescenza a casa dopo un periodo di 4 settimane. Nella maggior parte degli Stati Uniri, per i pazienri con infarto non oompl.icato, il periodo eli ospedalizzazione è stato abbreviato a circa 3-4 settimane. In pratica tale periodo varia da regione a regione e spesso anche negli stessi ospedali. J el Michigan infatti il periodo minimo di ospedaJjnazione è di circa 3 settimane, nell'Ontario è ancora di 6 settimane. reJ Massachusetts Genera! IIospital la durata della degenza per infarto seguiva nel l964 due direttive: 1) nei servizi privati la maggior parte delle dimissioni avveniva dopo 2 - 4 settimane; 2) nei serviz·i di guardia (corrispondenti alle nostre corsie) la punta massima delle dimissioni avveniva fra il I9° e 22° giorno con il 25% dei pazienti dimessi fra il 20° e 25° g iorno. La dimissione della maggior parte dei pazienti nei servizi privati dopo 2 scuimane era dovuta alla notevole richiesra dei letti, mentre le 3 settimane che :;.i osservavano nelle corsie furono certamente doYute al conformarsi alle correnti convenzioni degli amministratori ddl'ospcdale. Riedd e Fitzapatrik osservarono che la situazione clinica durame il decorso dell'infarto miocardico non è il solo fattore che determina il tempo dell'ospedalizzazione. Nel Michigan i pazienti di oltre 50 anni, che pagavano il so% o anche meno dei loro conti ospedalieri, soggiornavano in ospedale per un periodo significativamente p iù lungo di ·pazienti più giovani o che pagavano una porzione maggiore dei loro conti ospcdaliori. Sembra quindi che le d ecisioni per la lunghezza della degenza ospedaliera per malati in.farmati si basino non tanto su dati cLinici quanto su fattori economici e sociali, c sulle norme di una << pratica accettata >l nella istituzione della comunità. Certo è strano che mentre tutti i lati della terapia dell'infarto siano stati studiati, altretranto attentamente non si sia studiato il periodo di ospedali7..zazione necessario. Inoltre, in ogni periodo cd in qualsiasi sede, il tempo di dimissioni dci pazienti con malauia coronarica è sempre stato uniforme indipendentemente dalla varietà della malattia e dalla gravità delle sue manifesrazioni. Prendiamo ad esempio da un lato il


pazienre che può appena accorgersi del suo episodio e dall'altro un paziente con dolore inrenso che può essere solo il prologo di un lungo susseguirsi di complicazioni e di invalidità; ebbene: quesù pazienti, che abbiamo po<Sto agli estremi, lasciano spesso l'ospedale contemporaneamente dopo un'uguale ed arbitraria durata di ospedalizzazione. Sebbene autorità quali P rinzmetal cd altri abbiano raccomandato ohe la lunghezza del periodo di o~pedalizzazione sia individualmente determinata basandosi sui dati clinici, poco è stato fatto per attuare questa raccomandazione. Lo sviluppo delle Unità coronariche ha provveduto a fornire una larga messe di informazioni, alcune delle quali possono essere riferite al problema in discussione. Ad esempio, nei primi 3 anni di attività dell'Unità cardiaca Levine al Peter Bent Brigham Hospital, limitata alla cura di pazienti con infarto miocardico acuto, sono stati trattati 450 pazienti. Il periodo medio di degenza nell'Unità è stato di 5 giomi; la frequenza della mortalità nell'Un ità è stata del r3 % con un ulteriore 5 °~ di pazienti che morirono dopo il trasferimento nelle corsie dell'ospedale. Le complicazioni cliniche maggiori quali aritmia, schock e scompenso cardiaco si presemarono in genere nelle prime ]2 ore daU'inizio dell'infarto. Dalla fine della prima settimana la maggior parte dci pazienti sopravvissuti era in uno stato di convalescenza ed abbisognava solo di cure di routine, potendo essi stare per la maggior parte del giorno seduti in poltrona senza presentare particolari problemi per i medici c le infermiere. E' quindi opinione corrente che quei pazienti che non abbiano avuto complicazioni nel corso della prima settimana di ospedalizzazione non ricevano particolari benefici rimanendo in ospedale iJ 10°- 12" giorno. Per quei pazienti che per particolari ragioni sociali non possono beneficiare di un periodo ulteriore di riposo a casa ~i provvederà a curarli per quanto ritenuto necessario. Come si vede quindi il periodo di 10 - 12. giorni rappresenta una riduzione di circa Ja metà del corrente periodo di ospcdalizzazione. Un calcolo basalo sul numero annuale di ospcdalizzazione per infarto miocardico e sul cos:o di ciascun giorno di ospedalità ha suggerito che tale abbreviazione significa un risparmio annuo di centinaia di milioni di dollari. E' da tener presente che oltre al risparmio finanziario, i leni resi liberi ridurrebbero l'eccessivo periodo di attesa di molti malati che aspettano di essere ricoveraù in ospedale. (da Cardiologia Pratica).

Patogenesi, prevenz ione e trattamento delle aritmie nell' infarto miocardico. L'impiego sempre più esteso delle unità coronariche (CCU), ha permel>SO di fare luce su uno dei più importanti problemi correlati alla morte coronarica acuta: quello relativo aUa patogcnesi, prevenzione e trattamento delle aritmie, causa precipua di questo drammatico evento. In corso d'infa rto m iocardico (specie durante le prime p ore), le cause di una aritmia, se<;ondo Lown, Kosowsky, K lcin (Circulatton, 5, 26r, 19(59) possono essere molteplici. Eccone u na schematizzazione: r) Variazioni elettriche indotte dall'ischernia sulla cccirabilità cardiaca. 2) I riflessi cardiaci, determinati dalla stimolazione dei chemocertori o pressocerrori miocardici c vascolari, possono assai frequentemente originare un effetto cronotropo negativo, donde bradicardia sinusale. 3) La necrosi e l'edema, qualora coinvolgono i nodi o le vie di conduzione, sono in grado di compromettere il ritmo cardiaco. 4) L'insu fficienza ventricolarc sinistra, in conseguenza della q uale frequentemente si originano con esito infausto flutter e fibrillazione atriale (evenienza ques•a


peraltro subor<linat.a a diversi fattori quali la distensione atriale, l'ipossiemia mtocardica, ecc.). Le prime uuc possibilità paLOgenetiche sono quelle più strettamente collegate al probltlma della morte improvvisa. L'esperienza derivata dal CCU ho dimostrato la rilevante alterazione, in corso di infarto, dello stato elettrico della fibra miocardica, cstrinsecamesi clinicamente con battiti ectopici ventricolari, extrasistoli:~, ccc., che quasi ~mpre evolvono in fibrillazione \"Cntricolare. Altro fauore condizionante le \uddeue alterazioni elettriche è la bradicardia, la quale potenzia l'insorgere di ·una nttività <.x:topica anche in corso di altre affezioni che non siano l'infarto miocardico. L'uso del CCU non può prevenire con sicurezza questi due eventi; nel caso però di pazienti che riescano a giungere :~!l'osservazione del ecu, notevoli risultati possono essere ottenuti. A questa acqui~izione si è giunti osscn·ando come le turbc della c011duzione e del ritmo siano quelle che causano il maggior numero di decessi in pazienti morti senza la possibilità di rice\ere soccorso alcuno c come tali turbe siano precedute, c <.JUindi rilevabili, dai segni già elencati ed ist:mtaneamente evidenziati dal ecu. Studiando infatti in ogni paziente, mediante il ecu ed altre metodiche sin sperimentali che cliniche ad essa associate, il complesso meccanismo delle alternioni elettriche che condizionano l'evento patogcnetico principalmente responsabile della morte improvvisa (cioè la ariunia), è possibile approntare sollecitamente quei presidi terapcutici atti a diminuire la mortalità per turbe del ritmo in corso d'infarto miocardico acuto. (da lA Riforma to.Eedica).

L'organizzazione sanitaria in Russia.

La peculiarità principale della sanità in Russia è che il problema della sanità è intieramente de-.·oluto allo Stato che si occupa della costruzione degli ospedali, lttanziJ i finanziamenti per l'attività delle istituzioni mediche, prepara i quadri per l'attivit:ì presso i vari istituti, pianifica lo sviluppo della rete di sanità in conformità con il piano generale dello sviluppo economico generale della Nazione. Lo Stato controlla anche le ricerche scientifiche sul piano medico attraverso le Accade1111ie delle scienze mediche cd i consigli scientifici presso i vari Ministeri <Iella sanità. (Ognuna delle 15 repubbliche federate c le autonome presentano al vertice un proprio Ministero della sanità, mentre a Mosca funziona il Ministero centrale che sovrintende a tutto il sistema del Paese agendo solto le direttive, l'indirizzo cd il controllo del Soviet supremo). Tutti i problemi riguardanti la sanità sono opportunamente presi in considerazione, previsti, controllati, analizzati mediante un intervento, un sistema unitario ed unificato comprendente la wtalità delle discipline sanitarie, le cui ramificaz.ioni si estendono a tutte le località, a tutti i villaggi. Al vertice si trova una marcata centralizzazione della pianificazione e <lei contro!Jo, unita ad u•na decentralizzazione quasi totale dell'esecuzione e del lavoro prat ico alla base, cosa che permette la risoluzione, a livello locale, della maggior parte dei problemi, senza compromettere l'unità dei metodi e delle conce-.tioni fondamentali. Le :.trutture rispondono, in tal modo, a particolari esigenze di un sistema sociale particolare c di una determinata ideologia. I servizi di sanatori e di case di cura, ·il servizio sanitario epidemico (che sovrintende alla loHa contro le epidemie, oi problemi di igiene industriale, comune, scola~tica), quello dei m<XIici terapeutici periferici di distretto, fnnno capo all'organizzazione repubblicana fede rata.


Diecimila cittadini possono disporre, in m<:<.lia, di 24 medici. Questi, diplomati nelle Università, vengono inviati in ospedali cd 10 cliniche e, quindi, possono di,cn tare « medici distrettuali ,, i quali si intcrcsseralltlO dci bisogni della popolazione dd distretto loro affidato. l medici non possono sceglH:re, in &rt..nere, il distretto ed i clienti, e a questi ultimi non è data pos~ibilità di preferenze. Al massimo possono scavalcare il loro medico distrettuale e ricorrere direttamente all'ospedale. 11 medico distrettuale (intcrnista generico) è un funzionario dello Stato legato ad un parricolare lavoro con orario. Ogni distretto è formato di 3.000 abitanti, :1d c~lusionc dci bambini per i quali c'è il medico pediatra (uno per 1.500 bambini). Ai medici distTettuali non solo compete la cura delle }OOO unità umane loro aflìdate, ma anche un obbligatorio :.cn·izio nella clinica rion:1lc (ve ne è una ogni 50.voo abitami comprendente 12 • l5 di~tretù), ove vi .sono, okre al direttore, un ceno numero di medici specialisti (primari). Questi ultimi, :1 loro volra, dovr:1nno essere pronti ~~ recarsi anche a domicilio del paziente quando b loro consuknza ,·enga chiesta dal medico distrettuale. La carriera universitaria è riservata a pochi elementi che inizialmente vengono « inviati>> presso le cattedre di ricerca sciemifìca, a far pane del 11 corpo c..li aspiranti ''· Dopo questo aspirantato, della durata di tre anni, possono accedere alle cattedre cliniche ove divengono assistenti o docenti (grado ~icntifico) c, avendo il titolo di « cand idato di scienze mediche •>, dopo t11on meno di dieci anni si può aspirare a divenire citolare. Solo allora, può essere chiamato professore, una \'Olta cio.! giunto alla dire· zione di una cattedra. Il titolo gli rim:Jnc anche se lascia la dirczic.ne per una qual ~i asi causa. Le canedre cliniche hanno come base l'ospedale cittadino riservandosi un certo numero di ammalati da ricoverare nei locali universitari in concordanza con il programmato delle ricerche scientifiche della cattedr:~. In tutta la Russia vi sono 3·40il professori dottori di sòenze mediche. D ci 6oo.ooo medici rus~i il 70 · So per cento ~ rappresentato da donne. Ogni mc· dico, dopo la laurea, guadagna 95 rubli al mese (66.500 lire!). Dc.po cinque anni egli avrà il primo scatto consistente in una maggiornione di dieci rubli col>Ì di cinque in cinque. Lo stipendio non è in rapporto agli ammalati curati. Tutti guadagnano egualmente in rapporto alla loro anzianit~. Per il titolare di cattedra il di~orso è diverso. Egli riceve uno stipendio non solo in qualità di medico ma anche come ricercatore, così come avviL'nc per l 'a~sistente di istituto medico che rice\e, in totale circa 350 rubli (245.<-00 lire). Il capo M!Z.ione (di· rettore di ospedale) riceve, in rapporto ai p.J.:>ti - leno dell'ospedale che dirige, uno stipendio che varia da 250 a 300 rubli (d:1 175·ooo a 21o.ooo lire al mese), mentre lo specialista primario è p:~gato sempre sulla base dell'anzianità di carriera a partire da 95 rubli mensili, aumentJti di dieci per ogni quinquennio (7.000 lire in più ogni 5 anni). L 'assistenza è completamente gratuita. Chiw1que può rivolgersi al proprio mediw distrettuale e non deve pagare. L'onere dell'assistenza sanitaria gra,•a per intero sullo Stato. Il cittadino non paga, ma non può sceglicrsi nè il medico nè l'ospedale. 1 on esistono medici privati liberi professiooisti. 11 medico viene pagato dallo St:Ho e quc!>l.o gli presc rive rigidamente incombenze, compiti e sede. Tutto è programmato: dalla dislocazione delle unità sanitarie, al loro numero, alla loro utilizzazione, al numero dei medici che ogni anno dovranno laurcani, alle ricerche che dovranno essere com piutc verso i vari istituti. (Così .'>crive Simonerti in lnformuz ìonì e attunlìtà mondiali). Una clinica per la sterilizzazione maschile. D opo un lungo periodo di esitazioni, motiYatc da una presunta illegalità della stc rilizzazione maschile, nel t900 venne uffìcialmcnle affermata, in Gran Bretagna, da


543 pane delle autorità competenti, la liceità di sterilizzare mediame vasectomia quei soggetti nei quali la conservazione della fert ilità potesse essere di pericolo alla loro stessa salute od a quella delle loro mogli. A Cardiff, presso la Clinica della Pamily Planning Association, nel corso degli ultimi venti mesi sono stati sterilizzati mediante vasect:omia 330 uomini su 390 che ne hanno fatto richiesta. In 56 casi la sterilizzazione è stata mo:ivata dall'esistenza di una fam iglia già nu merosa, in 36 da malattia della moglie, in 3 dall'esistenza di tare ereditarie, in 25 dall'età della coppia . L'interrogator-io delle coppie ha fatto apprende re che nel 40,5 % dei casi si erano avute gravidanze non desiderate e che nella maggior parte dei casi era:no già stati sperimemati v;::ri metodi contraccettivi, ma senza successo. In 30 casi è stata proposta alterna tivamente una sterilizzazione della donna, ma la coppia ha dato la preferenza alla vasectomia. In 20 casi la coppia ha chiesto la sterilizzazione della don·na, ma per rag.ioni modiche è stata p referita la vasectom1a. La sterilizzazione è stata considerata riuscita con succe5SO quando due esami consecu-tivi del liquido seminall', effettua ti a d istanza di un mese l'uno dall'altro, hanno mostrato un'azoospcrmia. Dallo studio dei risultati della vasectomia sono stati esclusi 132 soggetti per il troppo breve periodo di tempo trascorso dall'operazione. Nei rimanenti 198 soggetti, l'intervento è stato ritenuto efficace in 172 e •non completamente riuscito in 26. Nei pochi pazienti che hanno aderito alla proposta di essere riesamioati a distanza d i un anno dalla steril izzazione l'esame del liquido seminale ha dato risultato negativo in tutti i casi. (da Il Policlinico).

L'eritema da detersivo: in pericolo le massaie. Da molte parti, dall'fsti ~u to di Microbiologia di Milano nella persona dei suo• analisti opri-11Lipali, agli uffìci statistici delle maggiori Università, dall'Associazione Constunatori alle massaie, sta sorgendo come un'onda anomala, la ribeUione al detersivo. Nessuno sa cosa sia contenuto nelle varie confezioni, reclamizzate con slogan invitanti, quali: Dixan, Dash, Ava, Ali, Spie Span, Ajax, ecc. La composizione di questi detersivi è tenu ta più segreta dei codici militar i. Si sa solo una cosa: che i detersivi hanno provocato aumenti preoccupa nti delle malattie della pelle. Eczemi, piaghe ulcerate, eritemi sono a tal p unto cresciuti di numero ('he, medicalmente, si è arriva{i a coniare un nuovo tipo di malattia: (( l'eritem a da detersivo)). E' evidente che i detersiv:i contengono acido solforico, cloro, soda caustica, acido nitrico, ammoniaca. In talulfli prodotti si sono accertati ben 40 elememi diversi m olti dei quali di grave tossicità. 1< A prescindere dal fatto - ha dichiarato il professore di analisi chimica Forretti incontrato presso la Fondazione Carlo Erba con diversi collegh.i - «che i detersivi costano pochissimo, da una somma·ria analisi non riteniamo che u'lla scatola contenga più di cinque o sei lire d i prodotto, il fano assodato è che la quasi totalità dei detersivi contiene elementi dannosissimi ai vari tipi di tessuti epiteliali. Il Ministero della Salute Pubblica dovrebbe obbligare le va rie socierà ad indicare in quale modo ci si p uò difendere, e, per questo, imporre loro di pubblicare su ogni scatola i vari acidi che vi sono contenuti c in quale percentuale. << Si intossica,r.o le acque, la fauna acquatica, e non ci si preoccupa di salvare le massaie da eritemi, eczemi e piaghe >> . All"ufftcic della Associazione COnsumatori uguale opi.nione. << Altra cosa grave è che le Mutue non passano medicine contro malattie della pelle perchè le giudicano cw·e di bellezza. E le pomate al cortisone e 1-:: altlfc specialità costano migliaia di lire il tubetto. Se le può comperare soltanto la signora che non fa la massaia. Il M inistero dovrebbe parimenti intervenire ».


544 Antibiotico per il trattamento dell'osteite deformante (m. di Paget). La notizia è interessante, specialmente per il Nord America dove la malattia 'molto diffusa; basta dire che il 3% della popolazione in età superiore ai 50 anni ne è colpita. La malattia di Paget, come noto, è un'affezione cronica dello .scheletro che colpisce quasi esclusivamente gli adulti in età superjore ai 40 anni e con maggior predile:t-ione per il sesso maschile. Decorre non infrequentemente senza apparenti sintomi essendo riconosciuta, in questi casi, casualmente in occasione dì un esame radiologico per qualsiasi altra causa; si caratterizza per una esagerata distruzione ossea e 'per la successiva neoformazione ossea di struttura anormale. L'ipertrofia del tessuto osseo dà luogo a deformità per lo più localizzate. A volte la sinromatologia è invece molto accentuata e si caratterizza per forti dolori ossei, nevralgie, cefalee; frequen ti sono le fratture a seguito di traumi minimi. La causa dell'osteite deformante non è conosciuta; i valori ematici della fosfatasi alcalina sono molro elevati per l'elevata attività oste~ clastica. L'eccesso del calcio ematico secondario alla distruzione del tessuto osseo porta non infrequentemente alla formazione di calcoli renali. li nuovo metodo di cura è attuato da un team di medici del Rush - Presbiterian - St. Luke's Medical Center di Chicago; l'antibiotico usato è la Mìtramicina della Plìzer; agisce probabilmente come citotossico distruggendo o inibendo l'accrescimento degli osteoclasti. La tossicità dell'antibiotico non è eccessiva alle dosi indicate; j ] risultato terapeutico è degno di essere conosciuto in considerazione anche del fatto che sinora per l'osteite deformante non si conosceva alcun trattamento utile. Da poco è stato anche segnalato il favorevole risultato ottenuto con Calcitonina, nuovo ormone della tiroide, nel trattamento del morbo di Pagcr. (da Mint:~·va Medica. vol. 62, n. 39, 1971).

e

Scioglie i calcoli il vecchio antibatterico. Il blu ,di metilene, usato spesso come agente antibatterico, sta mostrando insospettate capacità come <<solvente» dei calcoli renali e probabilmente quest'anno entrerà in commercio a tale scopo, almeno negli USA. l calcoli più sensibili all'azione dissolvente del farmaco sono quelli di ossalato di calcio. il dottor M. J. VePnon Smith, professore di urologia al Medkal College della Y.irginia, ha reso noti i risultati di una .sperimentazione a lungo termine condotta su 89 pazi~nti portatori di calcoli renali di ossalato di calcio : dosi orali di 6s mg di blu di metilene 2 o 3 volte al dì, somministrate pazienten1en te per un lungo periodo di tempo (fino a 2 anni), hanno dissolto . i calcoli esistenti e impedito la formazione di nuovi. Non sj sono avut:i effetti colla·terali importanti; solo in alcuni animali da esperimento si è avuta una modesta anemia, ma nell'uomo non sono comparse nè anemia, nè epato-splenomegalia. Unico inconveniente: il colore blu intenso delle urine. Accanto alla ricerca del dottor Smith, ve ne sono numerose altre, in cui il blu di mctilene è stato somministrato complessivamente a circa 200 pazienti. T utti gli auto~i concordano sulle capacità dissotventi del farmaco e sulla conseguente riduzione della frequenza delle coliche nonchè della necessità di interventi chirurgici. Scoperto un generatore di leucociti. All'American Univer·sity di Washington è stato isolato da una muffa penicillinica, il leucogenenol, una sostanza che ha la proprietà d i stimolare la produzione dei glo-


545 buli bianchi e la formazione di anticorpi. Il donor ~- A. H. Rice, amore ddla scoperta, afferma che tale sostanza è una importante parte del meccanismo delle dife~ naturali: presente nel fegato umano, oltre che in quello di altri animali, verrebbe prodotta in maggior quantità nel corso delle infezioni c sarebbe la responsabile dell'aumento dei globuli bianchi. L'ufficio del Naval Research è molto interes~ato al leucogenenol: esso potrebbe infatti dimostrarsi molto efficace per combanere le leucopenic da radiazioni per aumentare le difese degli ustionati, per i quali le infezioni rapprcscntano appunto un grave pericolo. Ultima curiosità: il leucogenencl, non si sa come, sembra impedire la reazione di rigetto dei trapianti.

Tassi di sopravvivenza di pazienti trattati con emodialisi o con trapianto rcnale. L'emodialisi cd il trapianto rcnale rapprcsentzno metodi di indubbia efficacia nel trattamento di pazienti con insufficienza cenale allo stadio terminale. Recentemente, Lewis e coli., studiando la sopra\ vivenza di 302 pazienti trattati con cmodialbi presso 14 cliniche statunitensi, hanno potuto accertare che a diHanza di cinque anni dall'inizio del trattamento d ialitico il 62% d i questi malati era ancora vivente. Nc~suno studio è stato tuttavia finora compiuto sulla sopravvivenza di pazienti trattati con emodialisi a domicilio o con trapianto rcnale da cadavere nell':Jmbito di ciascun programma di trattamento dell'insufficienza rcnalc. Studiosi inglesi riferiscono sui risultati di un programma di Lrattamento dell'in~uHicienza renale che ha avuto inizio nel 1963 e che è proseguito fino al 30 aprile 1970, per una durata complessiva di 85 me:.i. Tale programma si è a\'\·also del trattamento cmodialitico domicil iare a partire dal 1964 e del trapianto renalc da cadavere dal 1968. Nel periodo d i tempo considerato sono stati trattati complessivamente rog pazienti, 89 dei quali sono -stati ammessi all'emodialisi domiciliare. l n r6 malati è stato cffet· tuato un trapianto rcnale da cadavere previo trat:amento dialitico per almeno tre mesi. Lo srudio della sopravvivenza dell'insieme di questi pazien· i ha perme~so di regi~trare i seguenti tas~i: 96,3% a sci mc:.i, 94·4"~ a dc.dici mc!>i. 88,1 ° 0 tra il primo cd il secondo anno c 8o,7° 0 a sei anni. In particolare, nei pazienti trattati a domicilio con emodialisi la sopravvivenza è sta ta del 98,9° 0 a sci mesi ed a dodici mc!>i, del 93, t % a due ann i, del 90,7% a tre anni c doll'86,2% a quattro anni. In que~to gruppo di pazienti il numero dei decessi è stato due volte più elevato nel scsso femminile che in quello maschile. Il numero dci dece.~si è stato di 16, di cui u tra le donne c 5 tra gli uomini. In 4 casi il decesso fu dovuto a complicanu del trattamento dialitico c preci\amentc in due casi ad ipcrcalccmia, in un caso ad embolia gassosa cd in un altro a squilibrio acido-basico. In 3 casi l'exirus dipese da uno stato emorragico, che in due pazienti era probabilmente in rapporto con l'eparinizzazic,ne. In 2 casi il decesso fu dovuto a miocardiopatia, in 2 a malattia autoimmune, in 2 zd infezione pclmonarc, in 2 a complicazioni conseguenti ad un trapianto rcnalc ed in 1 ad epatite.


CONGRESSI

XXXll Congresso della Società italiana di cardiologia. L'ù1flucnza della posi7.iooe del cor po sul circolo è stata studiata s1a nei soggetti normali che nei cardiopatici, ma non durante la prova da sforzo nei pp. con angina pcctoris. Gli AA. hanno srudiato le modifìcazioni dell a frequenza canliaca, della p.a. sistolica, dell:1 frequenza r-espiratoria c della soglia del dolore durante un identico carico di la\'oro su biciclo nella posizione seduta ed in quella supina in 37 pp. maschi eli 40 - 67 anni presentando un dolore :~Il' esercizio seconi:lo i criteri di Rose per l'angin01 pcctoris. \'iene fatta una ri,·ista bibliografica sull'argomento. Cl soggetti normali non vi ;. differenz01 nè nella f requcnza cardiaca nè nella p.a., me ntre il ~volume cardiaco, la gct tata e la portata cardiache aume ntano nelb posizione supina. Nei pazienti con insufficienza coronarica il lavoro in posizione ~upina porta ad un flusso miocardico più ba~so e ciò co~tituisce la logica spiegazione per una più bassa tolleranza allo sforzo osservato nella posizione su pina. In questa posizione in fatti aumenta il ritorno verso il cuore c pertanto un aumento del carico di lavoro al cuore ed una diminuzione del gradiente presM>rio fra arterie coronarie ed i piccoli vasi transmurali della parete vcntrale. Le frequenze cardiache più alte osservate d urante l'esercizio in po~izione supina prima dello ~viluppo del dolore toracico suggerisce che, per abbassare il consumo miocardico i, 02, questi cucri lanciano una gettata più piccola a frequenze cardiache maggiori, il che significa che nelle coronariopatic lo svantaggio di una dia-.tole più corta è minore che quello di un aumento del volume di gcnata che richiede un aumento della temicnc della parete ventralc. La tendenza ad un aumento della frequenza respiratoria osservata in po~izione ~u pi na può essere spiegata con il farro che au menta, in q ue~ta posizione, il volume di sangue polmonare. Gli AA. concludono criticando l'indice di Rornbinson (prodotto della frequenza cardiaca con la prc>sion e sistolica), affermanJo ohe esso ncn è valido per la predizione di un dolore anginoso (T:10rmilla, 30 maggio - 2 giugno 1971). M ELCH IONDA

L VI Congresso della Società italiana di ortopedia e traum:1tologia. Dal 7 al 10 novembre si è svolto pre~ la Clinica ortopedica dell'Università, in Roma, il LVI Congresso della Società I talia na di Ortopedia c Traumatologia sotto la Presidenza del prof. Giorgio Monticelli. Sono stati svolti tre imeressanti temi di Relazione articolati in tre giorni con un moderno criterio di tavola rotonda che ha per m es~o a Relawri e Correlatoci di eviden ziare gli aspetti più significativi delle diverse parti della Relazione ex] ai Congressi~ti di partecipare vi"ameme alle discussioni e dibattiti. I lavori del primo tema ccL'epifisioli;i dell'anca , sono stati diretti dal prof. Monticelli; quelli del secondo cc Lesion i traumatiche dci nervi periferici)) dal prof. Vi gliani; quelli del terzo " Lesioni interne traumatiche del ginocchio dal prof. Cor· nacchia.


547 Il Ten. Col. med. Guido Cucciniello, traumato!ogo dell'Ospedale Militare di Mi !ano ha collaborato alla compila7ione della Relazione sul tema " Lesioni interne traumatiche del ginocchio>> per la parte riguardante la diagnosi, tranamemo e valutazione medico -legale ed ha partecipato come Relatore ai la,·ori cd al dibattito della raYolJ rotonda del 10 novembre.

NOTI ZIE MILITARI

Promozioni nel Corpo Sanitario Militare.

Da Maggiore a Ten. Colonnello medico m s.p.e.: Palma Giuseppe.

FRR1\ TA CORRIGE

Nel fascicolo -lo (luglio

~):<>~W

"J7') ~ •b ~e~nalarc un errore IO\'olnnt3rio.

A pag. -to;. rigo 24°. c;Jncdl<trc 13 parol.1 romina c <ostituiriJ con la p3ml.t rod~it1a .

Direttore responsabile: T en. Gen. Med. Prof. T. SANTILLO Redattore capo: Magg. Gen. Med. Prof. C. ARCHJITU Autorizzazione del Tribunale di Roma al n. 944 del Registro - -- - - TIPOC RAI'J.~ REG IONALE • ROMA • 1971


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ANNO 121 ° - FASC. 6

NOVEMBRE-DICEMBRE 1971

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MEDICINA MILITARE PUBBLICAZIONE BIMESTRALE A CURA DEL SERVIZIO DI SAN/TÀ DELL'ESERCITO

DIREZIONE REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE MINISTERO DELLA DIFESA-ESERCITO- ROMA ~n..rlhinnl'

in <>hh

nn<t

• r.r11nnn IV


GIORNALE

DI

MEDICINA

MINISTERO DELLA DIFESA- ESERCITO -

MILITARE ROMA

SO M MARIO

MASTRORlLLI FAvuzzr

A., SAPIO A.: Un raro caso di gastrorragia

549

E., CAVALLARO A., ZIPARO V.: Alcune c<:onsiderazioni sulle fistole

arterio- venose di origine traumatica Btsst A.,

DAtNI.Lit

C., PAIYECCIA~ A. : Trombosi. contusi va delle carotidi

561 572

GREco L., DE SARtO C.: Il pronto soccorso agli infortUnati in gravi cataclismi: possibilità di adattamento dd veicolo M/ u3 a Centro mobile di rianimazione . RESTUCCIA

594

E. C.: Vaccinazioni profilattiche nell'infanzia

RECEi\ 'SJO'vl DI LIBRI RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

6n

SOMMARI DI RIVISTE MEDICO-MILITARI

6t6

.VOT/ZJAR/0: Notizie tecnico- scientifiche Progressi della medicin~ nel rg7r - L~ prevenzione dell'<trterio~clcrosi - La malnutrizione Incidenti da uso prolungato di anticoncezionali per os Divieto di [umare nei locali pubblici • La nevrosi del pensionam('nto - Medici generici - Anomalie della funzione endocrina cd omo,cssualità - Gravi le con\eguenze degli alludnogeni sulle donne incinte l medi.:i drogati in America - Difc•c: immunitarie: dell'organismo contro i rumori - Antbmento delle malattie infettive in Italia - Un primato sconforu.nte - lndivid~ci gli anti· corpi ~Ila superficie delle cellule tumorah - Sconsigliabìlc la vaccina/ioni! di massa :mtirosolia • La vaccinazione contro la sifilide - Il più grande impianto d'Europa per la depurazione delle acque di scarico indmtriale • Novità m tema dt emofilia alla Fonda· zione Carlo Erba di Milano • StenlizzJzione a mezzo dt ragg• gamma - La memoria è un flusso che inonda le cellule cerebrali - Il « Malignolipio • te't » - Messaggio ai Governi europei per ht lotta contro il cancro Ln mozione conclusiva sulla ritorma sanit.tria, votata dai medici condotti in occasione del loro XLV Congrc'so nazionale • Il mal d 'arta Nuovo, rivoluzionario farmaco per la cura dell'asma - Filmato l'interno del cuore in Giappone • Più embolie anche per chi vtaggJa in aereo.

Congressi No tizie militari

INDICE DELLE MA T ERIE PER L'ANNO 197 1 .

620


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OSPEDALE MILITARE "L. BO~OMO » - BARI Direttore: Col. Med. Dott. N. LEO~~>

REPARTO CHIRURGIA Capo Reparto: Col. Mc:d. Prof . .'\. MASTROR JUJ

UN RARO CASO DI GASTRORRAGIA Col. Med. P rof. Adamo Mastrorilli, Capo Reparto l.d. S. Ten. Med. Dott. Antonio Sapio, Assistente di Reparto

La recente osservazione di una grave gastrorragia in un giovane sottuffìciale ci ha spinti a descriverne il caso abbastanza raro per la varietà dei reperti operatori riscontrati e per la difficoltà del diagnostico differenziale. D ESCRIZ IONE DEL CASO .

Trattasi di un Sergente della Marina Militare, C.M., di 25 anni. L'anamnesi familiare e la patologica remota sono completamente negative. Nell'anamnesi patologica prossima il paziente ci racconta che il 19 settembre 1970, in navigazione verso Spalato, ha avuto improvvisamente un conato di vomito che ha notato subito ematico accompagnato da improvvisa lipotimia. La gastrorragia si è ripetuta un paio di volte senza alcun segno premonitore per cui fu ricoverato d'urgenza all'Ospedale Militare di Spalato (Jugoslavia). Quivi, dopo le cure antiemorragiche, veniva sottoposto ad accertamento radiografico che mise in evidenza la presenza di ulcera iuxtacardiale con megaesofago da sospetto neo esofageo. Rientrato in Italia due giorni dopo (21 settembre 1970), veniva ricoverato nel nostro reparto. Obiettivamente oltre un evidente stato anemico gli veniva riscontrata una lieve dolenzia alla palpazione profonda alla regione epigastrica. L'esame emocromocitometrico effettuato il giorno dopo mise in evidenza i seguenti valori: G.r. 3.ooo.ooo, S. B. 6.6500, H.B. Bo.


55° Azotemia: 0,28 °~ ; Glicemia 0,90. Nulla di patologico nelle urine. L'esam e radiografico effettuato dopo due giorni durante i quali il paziente non ha avuto altri episodi di gastrorragia ed ha emesso feci di colorito leggermente picco, ha dimostrato la presenza di cc piccola immagine di plus al terzo di stale dell'esofago sul versante di sinistra. Irregolarità del profilo dello stesso alla stessa altezza verosimilmente da inspessi mento delle pliche mucose. Non disturbi di canalizzazione. Stomaco con ipertrofie delle pliche mucose. Bulbo duodenale e plicatura leggermente m arcata senza immagini riferìbili a nicchia. Il radiologo consigliava esofagoscopia. Il 25 settembre 1970 il paziente veniva trasferito in clinica chirurgica universitaria per ulteriori accertamenti c cure. Qui gli veniva praticata il 2 ottobre 1970 l'esofagoscopia che evidenziò la presenza di una massa vegetante della grandezza di un cece nel terzo inferiore dell'esofago mentre la mucosa del rimanente tubo esofageo si presentava di aspetto normale. Normali tutti gli esami di laboratorio di routine eseguiti in clinica ed a conferma dei dati ematometrici riscontrati nel nostro Ospedale. Il 9 ottobre 1970 il paziente con diagnosi preoperatoria di ulcera esofagea iuxtacardiale sanguinante di sospetta natura n eoplastica fu sottoposto al seguente atto operatorio. Toracotomia postcrolaterale sinistra nel sesto spazio. Aperto il cavo toracico si evidenziò un reperto occasionale ed insospcttato, cioè la presenza di un polmone accessorio dx che sollevava ad arco l'esofago dando la sensazione di una stenosi esofagea iuxcardiale. Palpando l'esofago e la zona cardiale si m ettevano in evidenza alcune masse vegetanti, due più piccole nell'esofago e una più grande all'altezza del cardias. Praticata la frenotomia e la gastroesofagotomia sopra c sotto il cardias si evidenziarono due piccoli leiomiomi esofagei peduncolati uno dci quali con fenomeni infiammatori ed ulcerativi ed un 'altra massa dello stesso carattere della grandezza di una mandorla peduncolata irradiantesi verso l'esofago nella zona cardiale gastrica. Incisione ed esportazione delle masse lciomiomatose. Sutura della breccia gastrica ed esofagea. Apertura della pleura mediastinica destra cd asportazione del polmone accessorio. Sutura a strati e drenaggio del cavo pleurico e mediastinico. L'esame anatorno patologico dei pezzi asportati confermò : 1) l a presenza del polmone accessorio destro; 2) la presenza del lciomioma sottomucoso iuxtacardiale dello stomaco e la presenza infine di due piccole masse leiomiomatose a carattere polipoidc della mucosa esofagea con note angectasiche e flogistiche.


Il decorso postoperatorio, buono dal punto di vista chirurgico, fu complicato da epatite virale da siero per cui il paziente fu trasferito alla Clinica medica per le cure del caso il 28 dicembre e di lì succesivamente clinicamente e chi rurgicamen te guarito, ci venne trasferito l'I - 2- 1971. DISCUSS IONE DEL CASO.

Come si evince da quanto finora abbiamo detto nel nostro caso si è trattato di una imponente gastrorragia dovuta alla erosione di piccoli leiomiomì esofagei angectasici e flogistici associati ad altro leiomioma gastroiuxocardiale e presenza inoltre di amartia polmonare destra. L a sintomatologia è tutta racchiusa nella imponente gastrorragia iniziale inwrta bruscamente senza alcun segno premonitore e ripetutasi solam ente due volte a bordo della nave ed una sola volta nell'Ospedale Militare di Spalato. Per inquadrare il caso è util e dare un rapido sguardo di assieme al problema delle gastrorragie in generale. La gastrorragia è l'espressione di sanguinamento gastrico. Essa può evidenziarsi all'esterno sotto forma di:

- emorragia, microscopica, da ricercarsi nelle feci quando si suppone una lesione dell'apparato digerente e che si mette in evidenza con le reazioni ossi dasi che del sangue; - melena o emissione dal retto di sangue nero digerito, color posa di caffè, espressione di emorragia alta, ad evacuazione poco rapida. Può essere isolata o succedere ad un'ematemesi o a un'emorragia intestinal e con emissione di sangue rosso; - ematemesi : vomito em atico proveniente dallo stomaco, dal basso esofago o dal duodeno, che insorge dopo qualche sintomo generale premonitore (pallore, lipotimia, vertigi ne, tachicardia) o locale (nausea, sensazione di calore all'epigastrio e di pienezza gastrica). E' evidenziabile per due fattori: il sangue emesso col vomito, non è aerato, è sovente mescolato a coaguli e residui alimentari ; si presenta sotto diversi aspetti (sangue rosso rutilante, ne rastro, brunastro, color posa di caffè). T alvolta presenta strie di sangue in vomiti alimentari e mucosi. Possiamo distinguere secondo la quantità un'ematemesi di media abbondanza (da 300 a 500 c.c. di sangue), da una di piccola abbondanza (strie di sangue nel vomito) da una grande abbondanza od ematemesi fulminante (oltre i soo c.c. di sangue nel vomito) e precedente quasi sempre la morte. Nella maggior parte delle statistiche la causa più freque nte di gastrorragia è considerata la presenza di un'ulcera gastrica o duodenale in ragione daln~o al 90°.,. Seguono i tumori gastrici per il 5 ~~ . la rottura di varici gastriche ed esofagee per un altro 5° o e al tre cause rare per il 10° o. Numerosi fattori sono in gioco nel determini smo della gastrorragia:


552

a) cause epatiche, portali, spleniche; b) malattie delle vie biliari; c) cause generali (stati discrasici, intossicazioni esogene, forme emorragiche delle malattie infettive, ecc.); d) fattori nervosi periferici o centrali; e) fattori endocrini (insufficienze surrenaliche, corticoterapia); f) emorragie cri ptogenetiche; g) cause gastroduodenali che sono le più frequenti e sulle quali ci soffermiamo alquanto.

r. - L'ulcera è la causa principale dell'emorragia intestinale: sanguina nel 14- 15 per cento dei casi e nel 6 -7° o le emorragie sono particolarmente severe (Demole 1931, Westermann 1935, Hinton e Church 1942, ecc.). E' soprattutto l'ulcera duodenale che sanguina nella misura del1'89oo rispetto alla gastrica. L'età media dci pazienti è situata tra i 45 e i 50 anni. I1 sanguinamcnto può rilevare un'ulcera latente (5 % - 8 °~) o complicare un'ulcera già diagnostica o che si evidenzia con l'anamnesi (8o o~ secondo Tixier c Clave!). L'emorragia appare spesso all'acme di una crisi dolorosa alla quale mette fine. Sebbene rara, non sono da trascurare le emorragie da stasi a monte di una stenosi, descritte da Clave!; in esse la mucosa geme sangue nerastro a distanza dalla ulcerazione e questo sanguinamento, anche minimo, ha la sua importanza in soggetti defedati. Per quanto riguarda, infine, l'origine vascolarc dell'emorragia, essa può, eccezionalmente, essere anche di origine venosa. 2. - Il cancro gastrico tanto nella forma infiltrante, come in quella ulcerosa (meno nelle altre varietà istologiche) il cancro gastrico è la seconda grande causa di gastrorragia; comunque si tratta quasi sempre di emorragie non massive (20 °~ sec. Allen; 2" -4° sec. Cachin). La causa può essere duplice: la necrosi delle masse tumorali che apre c mette in evidenza un vaso neo- formato e l'ulcerazione stessa del cancro che rode un'arteria importante.

3· - Le altre cause gastro- duodenali: - gastriti: distinte in g. proliferative c ipertrofiche, g. alternatit,e, carattcnzzate queste ultime da edema e congestione e fragilità del tessuto in cui l'epitelio si stacca, sanguina facilmente e l'intensità del raptus sanguigno giustifica il nome di gastriti emorragiche, e in esse è facile osservare suffusioni emorragiche puntiformi a morso di pulce (Schindler); in questo gruppo si schedano anche le forme ulccrose in tutta la gamma dell'erosione puntiforme_all'ulcera classica di Cruveilheier, un particolare tipo di gastrite così dette aftoide e le uJcerazioni necrotiche che sono più rare e che si verificano più spesso sulla piccola curva; g. atrofiche; g. segmentarie; e, infine, le così

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553 dette « gastrides » (termine proposto dagli AA. francesi al congresso di Bruxelles) nel 1935 e sotto il quale si vogliono intendere quelle forme di edemi. fugaci a livello dello stomaco, espressione di un fatto allergico anafilattico generale come l'orticaria, l'edema di Quinkc, ecc., piuttosto rara sulla faccia posteriore dello stomaco c a localizzazione più frequente nella regione dell'antro e a livel1o della faccia anteriore. Per l'incidenza della gastrorragia nelle gastrite, Mourier c Cornet ci riferiscono le g. emorragiche nel 21,08 °1 ; la fragilità mucosa nel 2,8r %, le gastrides del 2>3%. A fianco di queste sono da considerare: - le emorragie gastroduodenali legate all'infezione, alle allergie, alla gotta, al saturnismo, alla colecistite, all'appendicite (vomito negro), alle avitaminosi, alle infezioni dentarie, gengivali c rinofaringee; - alle ernie diaframmatiche, causa di ematemesi che appaiono sempre più frequenti, con tendenza alla risoluzione; - a cause gastroduodenali varie: fra esse i sarcomi nel so% rivestono carattere emorragico, gli schwannomi, gli angiomi, i tumori benigni dello stomaco. Possono sanguinare le ste nosi piloriche c mediogastriche, i diverticoli. Da sottolineare il fattore vasculopatico: i sanguinamenti vasomotori congestizi, le ulcerazioni emorragiche in associazione al morbo di Buerger, la rottura di ectasie aortiche nel tubo digerente. Il nostro caso clinico va inquadrato proprio in questo ultimo gruppo. La rarità è nella genesi della gastrorragia, dovuta all'associazione di un mioma gastrico e un mioma del basso esofago, fino a quel momento assolutamente silenti dal punto di vista clinico. Reperto intraoperatorio eccezionale ed occasionale si è rivelato poi l'amarti a polmonare: nè un minimo sospetto si è potuto trarre dall'emorragia, mai presentante questa i caratteri tipici dell'emoftoe con sangue cioè schiumoso. Riferendoci al nostro caso e stabilita la causa dell'emorragia, occupiamoci ora e dei miomi gastrici ed esofagei, e delle amartie. Il leiomioma dell'esofago è i l più frequente tra i tumori benigni; compare nelle età medie della vita, con sede più frequente nel I / 3 medio inf., dove si trovano le lìbrocellule muscolari lisce. In rapporto all'origine degli strati muscolari interni o esterni, può estrinsecarsi, talvolta, con volume anche notevole, verso il lume dell'esofago o all'esterno nello spazio mediastinico; l'origine più frequente è dallo strato più interno cioè muscolare. In genere si tratta di formazioni uniche, a sviluppo unicentrico verso il lume esofageo, peduncolato o non. Raramente nel suo ulteriore sviluppo può accrescersi ci rcolarmente come anello a castone; in questi casi se il tumore ha sede nel cardias può dare una sintomatologia di cardiospasmo (Lanzara). I leiomiomi possono essere talvolta multipli e allora conglomerati. Questa molteplicità (caratteristica di un tumore benigno) non va confusa con la forma descritta da


554 Lotart- Jacob sotto il termine di « Miomatosi nodulare diffusa>>: è questa caratterizzata da una particolare disposizione di elementi della tunica muscolare di tipo iperplastico in isole diffuse qua e là su tratti anche vasti dell'esofago, specie inf., con una seguente sintomatologia funzionale discinetica che può assumere il tipico aspetto degli spasmi a più livelli o altri caratteristici della patologia funzionale. La sintomatologia nelle forme a sviluppo intracanalicolare è dominata dalla disfagia, episodica e progressiva. Nella disfagia il polipo agisce o come elemento scatenante una sintomatologia discinetico o come elemento meccanico stenosante. Nelle forme a svi luppo extraesofageo la sintomatologia comprende fenomeni compressivi su organi vicini o sull'esofago stesso (disfagie). Allison ha descritto come quadro radiologico, un difetto di riempimento a limiti netti, con lunghezza corrispondente a quella del tumore e a cui si associa un'ombra radiopaca mediastinica, visibile nelle proiezioni a senso obliquo. Ha sottolineato come caratteristica un'ombra falciforme a concavità superiore che corrisponde alla pappa di bario che si insinua fra tumore e parete a livello superiore. Il nostro paziente nella sua anamnesi non ha mai accusato alcun disturbo funzionale esofageo.

LETOMIOMA DELLO STOMACO.

I miomi dello stomaco sono tra i tumori benigni più frequenti: 1 f 3 dei casi ed anche più (Bifani). Il sesso femminile ne sarebbe colpito tre volte di più di quello maschile (Katsh e Pickert). Rara è la predilizione per l'antro pilarico; eccezionale per Feyrter la localizzazione al cardias, al contrario di quello al corpo e al fondo, che è abbastanza frequente. Prendono origine della tunica muscolare, come noduli ben delimitabili nello spessore della parete; i noduli possono sporgere nel lume o verso le sierose o in entrambe le direzioni (tumori a classidra). Macroscopicamente si presenta come una massa solida, rotondeggiantc, non capsulata a superficie liscia con qualche lobatura. Quando il tumore sporge nel lume dello stomaco, esso è rivestito da mucosa priva di pliche e tesa (nei casi voluminosi); la mucosa distesa e stirata va incontro a fe nomeni di digestione peprica e si ulcera, permettendo al succo gastrico di digerire le parti periferiche del tumore e favorendo il sanguinam ento, spesso abbondante. La superficie di sezione è di aspetto compatto, con frequenti arce circoscri tte di degenerazione (processi degenerativi). ln alcuni casi la vascolarizzazione è tanto abbondante da conferire un aspetto spugnoso e da determinare nel suo interno dilatazioni cistiche a contenuto sanguigno.

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555 Microscopicamente il tumore è costituito da fibrocellule muscolari lisce, altamente differenziate, riunite in fasci che si intersecano in tutti i sensi, con trauma connettivale appena accennata e vascolarizzazione. 11 leiomioma frequentemente viene confuso col nevrilemmoma; questo oltre a differenti elementi cellulari presenta costantemente una capsula che manca nel leiomioma. L'aspetto macroscopico e microscopico dei leiomiomi gastrici ed esofagei del nostro paziente erano del tutto simili a quelli descritti. Prendiamo ora in considerazione il reperto occasionale polmonare riscontrato al nostro paziente e parliamo delle amartie o amartomi del polmone.

Il primo caso di amartoma polmonare o amartoma condromatoso (Condorelli) sembra essere stato quello di Lebert (1845), definito, al pari di altri rarissimi reperti occasionali di autopsia, con la diagnosi di condroma per la prevalente costituzione cartilaginea. Wirchow ( 1863) e poi Chiari (1883) e Abrikossoff (1902) con minuziosi studi anatomo- istologici, dimostrarono che si trattava di formazioni « a tessuti multipli » sia pure « a predominanza cartilaginea ». Vennero allora variamente denominati in base alla prevalente struttura istologica: tumori misti, lipo- condro adenomi, fibro- adenomi, ecc. Soltanto con la definizione del concetto di amartoma (Albrecht 1904) veniva inquadrato il problema istogenetico, biologico ed istologico di questi nodi polmonari che potevano così trovare la giusta sistemazione nosografica. Per amartoma (Albrecht) s'intende infatti una malformazione nella quale, in sostanza, si può soltanto dimostrare un'abnorme mescolanza delle normali parti costitutive dell'organo nel quale compare, subnorme mescolanza che può dipendere « o dalle quantità o dalla disposizione o dal grado di differenziazione o dal grado di maturazione dei tessuti o contemporaneamente da tutte e tre queste cause >> . Gli amartomi condromatosi polmonari si possono trovare a tutte le età, ma prevalgono nei soggetti adulti con netta predominanza nel sesso maschile. Riguardo alla frequenza, nel 45 la letteratura registrava 73 casi (Mc Donald, Harrington, Clagett); nel 19.53, 200 casi (Price Thomas); attualmente ne vengono comunicati ogni anno 100 (Gullino). Sull'istogenesi vengono formulate varie ipotesi: r) derivazione da tessuto c-onnettivo intestizial.e per fenomeni di metaplasia (Vi rckow); 2) origine infi<!ffimatoria (Chiari); 3) origine disontogenica (Taeger). In favore della prima ipotesi starebbero i rilievi istologici di una funzione pericondrale o periostale delle capsule lobulari e di una diretta e graduale continuità fra tessuto connettivo capsulare, sua m etamorfosi mucosa, mucoide, cartilaginea, ossea. L'origine infiammatoria poggia soprattutto su rilievi di rimaneggiamenti strutturali prodotti da processi infiammatori nelle strutture connettivo- epi-


teliali broncopolmonari. L 'origine disontogenetica è oggi la più seguita. Si tratterebbe dell'isolamento di germi embrionali bronchiali ad evoluzione autonoma. Gli amartomi condromatosi, in base a considerazioni anatomocliniche e tcrapeutiche, dipendenti dalle varietà dei rapporti con le strutture bronco- polrnonari, si possono suddividere in quattro tipi: 1) Amartomi cotulromatosi irztraparenchimali (75- 8o~ 1 dci casi); sono localizzati in pieno parenchima, più raramente nelle: regioni cervicali, con leggera prevalenza a destra. Sono nodi rotondeggianti, nettamente delimitabili dal pareochima polmonare, eccezionalmente peduncolati, rivestiti di capsula connetti vale sottile molto aderente. Consistenza da lapidea fino a molliccia, tali caratteristiche si possono trovare tutte riunite nello stesso modo. 2) Amartomi condromatosi i11trabronclriali (15- 20 °~ dei casi) : sono formazioni polipoidi sporgenti nel lume. Data la loro sede danno una sintomatologia precoce.

3) Amartomi condromatosi eso ed éndobronchiali (2- 3c dei casi): form e intraparcnchimali che contraendo rapporti con la parete del bronco finiscono con procc::sso espansivo per superare la parete c sporgere nel lume. Mai si verifica l'opposto.

4) A martoma condromatoso peribronchiale diffuso o amartocondromatosi di Debrà (eccezionale). Microscopicamente nelle prime tre forme si ha una struttura lobulare; i Jobuli sono rivestiti da una capsula connettivale. Capsule di lobuli vicini confluendo formano irregolari spazi connettivali interlobulari. Dove invece parte della superficie lobulare rimane libera la capsula è rivestita da epitelio mono o pluri strati.ficato, coi caratteri dell'epitelio bronchiale. I rivestimenti epiteliali di due lobuli vicini vengono così a delimitare irregolari fessure otticamente vuote in cui talora sporgono pupille semplici a delicato asse connettivale, ricoperto da epitelio con la caratteristica di quella capsulare. Nella costituzione di un lobulo entrano vari tessuti sempre affini. Con maggiore frequenza compare la cartilagine; si giustifica così il termine amartocondroma. In una discreta percentuale dei casi si hanno lobuli formati da tessuto mucoide in cui, possono trovarsi nidi di cartilagine, a zone di transizione tra tessuto mucoide e cartilagineo. In alcuni lobuli a struttura cartilaginea in una discreta percentuale si trovano nidi variamente estesi di calcificazione; in altri compaiono veri e propri processi di ossificazione e la capsula perilobulare mostra evidente disposizione a funzione periostale. Possono talora nell'ambito dci lobuli verificarsi processi degenerativi che possono condurre al disfacimento necrotico con esito in formazioni cavitarie.


557 SINTOMATOLOCIA E DL\GNOS I.

Gli amartomi intraparenchimali sono asintomatici o causano pochi disturbi. L'assenza di sintomatologia deve essere anzi ricordata come un segno caratteristico. Quando esiste è sempre conseguente ad alterazioni parenchimali circostanti (atelectasia, congestione vascolare, bronchiti croniche, bronchiectasie). Si può rilevare all'anamnesi di qualche caso, specialmente se a localizzazione periferica sottoplcurica, tosse secca, stizzosa o dolenzia fastidiosa all'emitorace. Tuttavia nella stragrande maggioranza dei casi, l'amartorna polmonare intraparenchimaJe è caratteristicamente indolore. L'esame obiettivo è in genere muto. Kon esistendo sintomi patognomonici, esso viene solitamente sospettato in occasione di un esame radiologico pr:Iticato per vari motivi. Il quadro radiologico è costituito da una opacità ben delimitata e circoscritta rotondeggiante, con densità molto marcata, talora omogenea, tal'altra invece, in circa il 30% dei casi, con presenza di calcificazioni multiple, poco importanti ed irregolari, situate al centro di una opacità tondeggiante. La stratigrafia evidenzia meglio le piccole calcificazioni od ossifìcazioni. La broncografia mostra per lo più assoluta indipendenza del nodo intraparenchimale dall'albero bronchiale; talora invece rivela la mancata visualizzazione dei rami terminali, deviazioni bronchiali con assenze di alterazioni intrinseche, dimostrando un accrescimento espansivo senza segni di infiltrazione. La broncoscopia è di solito di modesta utilità, per la situazione periferica della maggior parte degli amartorni intraparenchimali. La diagnosi differenziale va posta con tutte le opacità polmonari solitarie, rotoodeggiante e circoscritte del polmone. Si devono, quindi prendere in considerazione le formazioni cistiche specie quelle da echinococco che costituiscono, forse l'errore più frequente; il tubercoloma, che può simulare molto bene un amartoma, essendo comune ad esso la calcificazione nel suo interno; il carcinoma bronchiale periferico negli stadi iniziali o le metastasi solitarie polmooari; ed eccezionalmente l'ascesso cronico del polmone e gli esiti di infarto polmonare. L'indagine radiologica si rivela il mezzo indispensabile per studiare la m alformazione, la cui natura, ripetiamo, può essere solo sospettata. L'assenza di rapporti con l'albero bronchiale e la presenza di calcificazioni, particolarmente se situate nelle parti centrali delle opacità, sono dati di notevole valore che vanno ricercati e valorizzati, ma la diagnosi di certezza finisce quasi sempre per essere posta soltanto all'esame del pezzo operatorio. Gli amartomi endobronchiali presentano sintomatologia assai simile ed in molti casi sovrapponibile a quella dell'adenoma bronchiale.


'558 Come nell'adenoma, pertanto, sono di valido ed indispensabile aiuto per la diagnosi gli esami radiografici normali, le stratigrafie, le broncogra1ie e soprattutto le broncoscopie che permettendo un prelievo bioptico, possono fornire il materiale più utile per l'esame istologico. Per l'amartocondroma a sviluppo cso ed endobronchiale si ha una sintom atologia analoga a quella dcll'amartocondroma endobronchiale e dell'adenoma; sarà, pertanto, esclusivamente l'esame bioptico del pezzo asportato durante la broncoscopia a permettere la diagnosi differenziale con l'adenoma e con il carcinoma bronchiale. Per la prognosi bisogna poter precisare e stabilire se si tratta di oeoplasia o di malformazioni. Alcuni AA. affermano che nelle forme periferiche l'assenza di sintomatologia e l'assoluta benignità, giustificherebbero l'astensione da trattamento se si potesse essere certi della diagnosi (Sentj e Coll.); altri autori, invece, considerano questi nodi come veri e propri tumori con possibilità di trasformazione maligna e con una evoluzione talora lentissima, ma talaltra molto rapida. La terapia, pertanto, è basata esclusivamente sulla exercsi chirurgica. CoNCLUSIONI.

Da quanto abbiamo sinora detto è evidente che l'episodio emorragico che colpì il nostro paziente resta da ascrivere uni camente alla presenza nel lume esofageo dei due piccoli leiomiomi in fase angcctasica ed infiammatoria. Non è stato nè illciomioma gastrico nè l'amartia polmonare basale destra a provocare la gastrorragia e quest'ultima meno che mai può averla provocata dato anche il çaratterc del vomito ematico descritto sia dal paziente sia dalla relazione dci sanitari dell'Ospedale Militare jugoslavo, dove venne ricoverato in quanto il vomito è stato di sangue rosso rutilante con coaguli e non aerato come è caratteristico nei casi di emoftoc. D 'altra parte l'assoluto silenzio si ntomatologico sia dal punto di vista gastrico che polmonare precedentemente all'episodio emorragico, ha complicato e reso difficile il quadro diagnostico differenziale pre- operatorio tanto che nemmeno l'esame radiologico, ripetutamentc eseguito, ha potuto dirimere con precisione il dubbio tra un' ulcera semplice iuxtacardiale sanguinante ed un'ulcera esofagea bassa di natura neoplastica. Pertanto solo il tavolo operatorio ha risolto il problema evidenziando la reale fonte della gastrorragia e mettendo in evidenza la presenza della malformazione polmonare. L'importanza del nostro caso, dunque, crediamo stia appunto in questa rara associazione della malformazione polmonare congenita (amartia) con malformazioni tumorali benigne gastroesofagee (leiomiomi).


559 E' per questo che abbiamo creduto opportuno segnalarlo onde richiamare l'attenzione sulla non rara evenienza di leiomiomi angectasici facilmente sanguinanti come causa di emorragie gastriche talvolta imponenti.

RtAS~UNTO. - Gli AA. pre~cntano un raro caso di gasLrorragia da lciomiomi multipli gastroesofagei sanguinanti capitata alla loro osservazione in un soggetto presentante anche una amartia polmonare ba~ale destra diagnosticata al tavolo operatorio. Dopo aver discusso le cause più frequenti di gastrorragia, affrontano il problema del diagnostico differenziale piuttosto difficile preoperatoriamcntc nel caso in esame.

Rh~;MÉ. Les Auteurs illustrent un cas rare d'hémorragie gamique pro,·oquée par cles leymiomes multiples gastro- oesophagiens sanglants. Après avoir discuté Ics causes plus fréquentes de ga~trorragie, les Autcurs abordent le problcme de la diagnose di!Iérentielle, qui a été difficile à resoudre dans le cas illustré.

SuMMARY. - The Authors illustrate a rare case of ga~tric hacmorrhagc caused by multiple gastro-oesophageal leiomyomata. After a discussion on the most frequent causes of the g:lStric haemorrhage the Authors illustrate rhe problcm o( the differential diagnosi~, whic was very difficult in the related case.

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CATTEDRA O! SEMEIOT!CA CHIRURGICA DELL'UNIVERSITÀ DI ROMA

Diretto re: Pro!. S. STIP., OSPEDALE MI LITARE PR INCIPALE DI ROMA

Direttore: Col. Md. Prof. E. F .wUZZI

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLE FISTOLE ARTERIO- VENOSE DI ORIGINE TRAUMATICA E. Favuzzi

A. Cavallaro

V. Ziparo

Le fistole arterio- venose acqulSlte, la cui prima documentazione si fa risalire a Hunter (1757), riconoscono generalmente una etiologia traumatica, accidentale o iatrogena. Non mancano, peraltro, i casi di .fistola arterio- venosa acquisita << spontanea», dovuta alla rottura di una arteria aneurismatica nel lume di una vena adiacente (Barwdl~ 1883; Matas, 1920; D e Bakey e coll., 1958; Lin e Boody, 1963). Molto rare sono le fistole arterio- venose di origine micotica (Simmonds, 1904; Libman, rgo6; Yater e coU., 1940). Per quanto concerne le fistole arterio - venose iatrogene, esse possono insorgere in seguito a legatura in massa di peduncoli vascolari, ad accidentali lacerazioni di vasi durante interventi chirurgici oppure nel corso di semplici manovre chirurgiche quali punture esplorative, biopsie a cielo coperto o la semplice puntura di una vena per prelievo di sangue o infusioni: tali evenienze, relativa mente rare, sono riferite e documentate in varie casistiche (Elkin, 1946; Hufnagel e col l., 1951; Harbison, 1954). I grandi eventi bellici del secolo XX harmo fornito un vastissimo materiale per la sistematizzazione dei problemi concernenti la diagnosi e la terapia delle fistole arterio- venose; tuttavia, anche nella vita civile, col generale estendersi della meccanizzazione e la aumentata possibilità di traumi penetranti, il chirurgo è sovente chiamato ad intervenire in questo particolare campo della patologia vascolare. Recentemente sono occorsi alla nostra osservazione tre casi di fistola arterio- venosa post- traumatica. Tutti e tre ·sono stati sottoposti ad intervento chirurgico con esito positivo.


CASO CLINICO N. I.

D.A. Francesco, di anni 24. Nulla da rilevare nell'anamnesi (amiliare, fisiologica e patologica remota. Anamnesi patologica prossima: 8 anni fa, il paziente, che lavora in un'officina, subì una ferita lacero- con tusa (scheggia metallica) in corrispondenza della superficie antero- mediale del braccio destro, 1 cm sopra la piega del gomito. Si verificò una cospicua emorragia e, presso un posto di pronto soccorso, fu riscontrata una soluzione di continuo dell'arteria oroerale, che venne riparata. Dopo un anno, durante il quale il paziente non accusò alcun disturbo, si rese evidente una tumefazione pulsante in corrispondenza della ferita chi-

Fig. x.


rurgica : tale tumefazione, inizialmente di piccolo volume, andava progressivamente ingrandendosi, fino a raggiungere le dimensioni di una noce, all'atto del ricovero. Esame obiettivo: la tumefazione ha sede in corrispondenza della piega del gomito destro, le vene superficiali viciniori sono modicamente ectasiche. Essa è animata da pulsazioni espansive sincrone col polso, che scompaiono con la compressione dell'arteria omerale; tale manovra provoca altresì una modesta riduzione della tumefazione. Su questa si apprezza un caratteristico « thrill » e, all'ascoltazione, un rumore di tunnel. Non modificazioni dei polsi distali. Ossimetria (vena superficiale in corrispondenza della piega del gomito): saturazione ossiemoglobinica: Dx 83 %, Sn 72%. Intervento: preparata l'arteria omerale circa 15 cm al di sopra della tumefazione, viene eseguita una arteriografia. Il mezzo di contrasto dimostra che l'arteria è normale fino a qualche millimetro sopra la tumefazione, ove avviene una notevole dilatazione; si verifica quindi l'iniezione di alcune vene ectasiche e tortuose (fig. 1). Si prosegue la preparazione dell'arteria, che presenta una comunicazione del diametro di circa 3 mm con una delle vene comites, notevolmente distesa (fig. 2). Tale comw1icazione viene chiusa, l'arteria riparata con mersilene, il tratto ectasico di vena resecato. Follow- up: condizioni locali ottime a 7 mesi dall'intervento.

Fig. 2.


CASO CLINICO ?\. 2.

F. Gaetano, di anni 21. Nulla da rilevare nell'anamnesi familiare, fisiologica e patologica remota. Anamnesi patologica prossima: due mesi fa, i n occasione di un incidente automobilistico, trauma contusivo a carico delle regioni sopraclaveare e sottoclaveare di sinistra. Dopo un mese, il paziente notò la presenza di una tumefazione delle dimensioni di una nocciola a carico della regione sopraclaveare sinistra. Essendo ai primi giorni di servizio militare, veniva inizialmente ricoverato presso l'Ospedale Militare di Roma, indi nel nostro reparto. Nell'arco di 30 giorni la tumefazione è notevolmente aumentata di volume. Esame obiettivo : in regione cl.aveare sinistra è presente, in corrispondenza del terzo esterno, una tumefazione delle dimensioni di una noce, non pulsante, ricoperta da cute cianotica e con numerose vene cctasiche. La tumefazione è parzialmente riducibilc in seguito ad una compressione prolungata; su di essa non s'apprezzano fremiti nè soffi . Arteriografia succlavia sinistra: l'arteria scapolare media, alquanto ipertrofica, alimenta una formazione di tipo angiomatoso, delle dimensioni di una noce: nelle esposizioni tardive si nota una voluminosa vena effluente da detta formazione (fig. 3).

Fig. 3·


Intervento: incisione sonoclaveare sinistra per 10 cm, circa un dito trasverso sotto la clavicola. Divaricamento delle fibre del gran pettorale e sezione di alcune fibre del piccolo pcttorale. Preparazione dell'arteria succlavia e quindi dell'arteria scapolare media, la quale si perde nel contesto della formazione angiomatosa: questa viene preparata assieme ad un lembo di cute. Legatura e sezione dell'arteria scapolare media e dci rami venasi che partono dall'angioma stesso, il quale viene escisso in toto. Follow- up : condizioni locaLi ottime a 6 mesi dall'intervento. CASO CLINICO N. 3·

P. Paolo, di anni 23. Nulla da rilevare nell'anamnesi familiare, fisiologica e patologica remota. Anamnesi patologica prossima: due m esi prima del ricovero, ferita accidentale da pallini da caccia al polpaccio destro. Presso un posto di pronto soccorso vennero estratti alcuni pallini. Dopo alcune settimane, il paziente notò un progressivo aumento di volume del polpaccio destro, con dolore gravativo continuo e modesta claudicatio. Esame obiettivo : notevole aumento di volume del polpaccio destro, su cui s'apprezza una pulsazione espansiva che scompare in seguito alla compressione dell'arteria poplitea. Ectasia delle vene superficiali fino al terzo medio di coscia. Tipico « thrill >) in corrispondenza della tumefazione, irradiato lungo la safena interna e lungo il decorso dell'arteria tibiale posteriore. All'ascoltazione, rumore di tunnel sulle stesse sedi. Tali reperti scompaiono con la compressione dell'arteria poplitea, in seguito alla quale si verifica altresì una riduzione della frequenza del polso da JOO a 6o. Ossimetria (vena femorale): saturazione ossiemoglobinica: Dx 84?'o ,

Sn. 65%. Arteriografia femorale dx: presenza di voluminosa fistola arterio- venosa a livello del terzo superiore di gamba (fig. 4). Intervento: presenza di una grossa sacca, al di sotto del solco, in comunicazione con l'arteria tibiale posteriore e con num erose vene. Applicato un angiostato sulla poplitea, viene aperta la sacca : se ne asporta gran parte, chiudendo con punti transfissi gl i orifizi delle vene che si aprono nella porzione residua; l'arteria tibiale posteriore viene legata sopra e sotto la fistola. La cavità residua viene obliterata introflenendo due lembi di muscolo soleo. Follow- up: a tre mesi, mo<iesta claudicatio; a sei mesi, non disturbi degni di nota. La presenza di una fistola arterio- venosa determina nell'organismo una serie di modificazioni generali e locali, particolarmente riguardanti il sistema cardiocircolatorio.


Tali fenomeni sono stati studiati e definiti mediante una vasta serie di osservazioni cliniche e di ricerche sperimentali: il complesso dei dati disponibili è stato rivisto criticamente e verificato sperimentalmente da Holman (1968), il quale ha svolto una serie programmata di esperienze, i cui risultati hanno permesso di chiarire, in maniera fondamentale, molti aspetti della fisiopatologia delle fistole arteria- venose.

Fig. 4·

Le alterazioni legate alla presenza di una fistola arteria - venosa possono essere distinte in immediate e tardive, locali e generali. Le alterazioni immediate sono in diretta proporzione al volume di sangue che viene deviato dal normale percorso, e cioè all'entità del corto- circuito; inizialmente, sono paragonabili alle modificazioni emodinam.iche conseguenti ad una emorragia (Allen e coLI., r962): tachicardia, ipotensione, vasocostrizione generalizzata (Anrep e Segali, 1926).


Localmente oltre alla comparsa dei segni clinici palpatori ed ascoltatori tipici della fistola arterio- venosa, :si verifica un brusco sovraccarico delle vene, con stasi a livello dei tessuti ed edema (Holman, 1923). Successivamente, l'organismo cerca di compensare, mediante adattamenti locali e a distanza, la presenza del corto- circuito arterio- venoso. Tali meccanismi di compenso, che costituiscono in effetti gran parte del quadro patologico delle fistole artero- venose, dipendono, fondamentalmente, da tre fattori e cioè le dimensioni, la sede e la durata della fistola. Il primo meccanismo di compenso consiste in un aumento della massa circolante: tale fenomeno, che ha lo scopo di ovviare alla perdita di sangue attraverso la fistola, è stato quantitativamente definito da vari Autori (Li11ehei e coli., 1950; Proctor, 1950; Warre.n e coll., 1951) ed è tale da dover richiedere talora, all'atto della chiusura della fistola, un cospicuo salasso (Heberer e Rau, 1962). La sua entità dipende dall'entità del flusso attraverso la fistola, il quale di pende a sua volta dal calibro della fistola e dal regime di flusso e pressione normalmente vigente all'interno del vaso sede della fistola. Ciò significa che, a parità di calibro, per esempio, comporta un maggior corteo di alterazioni una fistola a carico dell'arteria iliaca che non una a carico dell'arteria femorale (Holman, 1968). In base all'aumentato flusso attraverso l'arteria sede di fistola, la quale deve sopperire alle esigenze di due circuiti _, quello normale e quello della fistola - si spiega la dilatazione dell'arteria prossimalmente alla fistola stessa (Reid, 1925). Tale fenomeno, tuttavia, non deve essere considerato di natura strettamente locale, bensì come particolare aspetto dell'adattamento di tutto l'albero arterioso e del cuore al nuovo regime emodinamico (Holman, 1968). La dilatazione dell'arteria è di solito accompagnata, come risulta fin dalle prime osservazioni (Broca, r864), da un assottigliamento delle pareti dell'arteria stessa; questa, tuttavia, può presentare chiare note d'arteriosclerosi (Linder, 1951; Vollmar, 196o) ed è particolarmente degno di nota il fatto che, in qualche caso, solo le arterie facenti parte del circuito della fistola, e cioè solo le arterie impegnate nel sostenere un flusso superiore alla norma, presentano i segni dell'arteriosclerosi (Eisenbrey, 191 3). Il profondo impegno del cuore e del sistema arterioso a monte della fistola, con le conseguenti alterazioni strutturali non sempre reversibili nè arrestabili con la chiusura della fistola (Pate e coll., 1965), può assumere un andamento più o meno rapidamente evolutivo: infatti, il circuito della fistola può aumentare di volume, con progressiva dilatazione, per estensioni sempre maggiori, delle vene (Reid e McGuire, 1938). Ciò comporta un ulteriore aumento di volume della parte arteriosa della fistola, chiaramente instaurandosi un circolo vizioso sempre più difficilmente compensabile (Neuhof, 1944; Creech e coll., 1965).


Un altro importante meccanismo di compenso, che può svilupparsi in seguito all'instaurazione di una fistola arteriovenosa, è rappresentato dal circolo collaterale: questo è legato alle condizioni dell'albero arterioso a valle della fistola e alla durata della fistola stessa (Lewis, 1940; Holman e Taylor, 1952). D 'altra parte, lo stesso circolo collaterale viene coinvolto nel circuito della fistola, in quanto il sangue che da esso affluisce all'arteria - a valle della fistola - può essere convogliato, per via retrograda, verso la fistola stessa, provocando talora una dilatazione dell'arteria anche distalmente alla fistola (Holman, 1929). Sebbene sia riportato in letteratura qualche caso di chiusura spontanea di fistola arteria- venosa (Dry e Morton, 1936), la terapia chirurgica si impone quasi sempre, talora con carattere d'urgenza; vari tipi di terapia non chirurgica sono stati applicati, in genere senza successo, prima dello sviluppo della chirurgia vascolare (Callander, 1920). Sulla base dei principi stabiliti da Reid (1938) si preferisce in genere effettuare la riparazione chirurgica della fistola dopo un certo periodo dalla insorgenza della fistola stessa : in effetti, una tale condotta, oltre a mettere il chirurgo nella condizione di operare su tessuti non recanti i segni recenti del trauma (infezioni, ematomi), permette inoltre che si stabilisca un certo circolo collaterale, tale da consentire la sopravvivenza di un arto, anche quando non è possibile ricostruire la continuità dell'arteria interessata (Elkin, 1946). Tale periodo sarebbe di 3-6 mesi (Cohen e Schulenburg, 1941). Ovviamente una simile condotta d'attesa è possibile solo quando le lesioni che hanno determinato la fistola o le conseguenze emodinamiche immediate della fistola stessa, non siano tali da compromettere la vita del paziente o la vitalità di un arto: in tal caso, la chirurgia d'urgenza, con l'ausilio dei moderni mezzi di rianimazione, permette la riparazione primaria della fistola, con successo, in circa il 90"{, dci casi (Jahnke e H oward, 1933; Hughes e Jahnke, 1958; Hewitt e Collins, 19~). Il criterio fondamentale che deve guidare il chirurgo nella riparazione delle fistole arteria- venose è quello di eliminare completamente il cortocircuito, rispettando o ricostruendo la continuità delle vie arteriosa e venosa (Soyer e coll., 1970). Ovviamente la necessità di attuare questo secondo principio dipende dall'importanza dei vasi interessati - ai fini ddla nutrizione di un territorio e dalla presenza o meno di un valido circolo collaterale. Indispensabile è, a tale proposito, un corretto e completo studio artcriografico (Dilley e Swecney, 1968), che documenti, oltre al ci rcolo collaterale, anche le eventuali alterazioni dell'albero arterioso a distanza dalla fistola e quindi l'eventuale necessità di ricorrere a più ampie ricostruzioni arteriose (Shumacker, 1970). La semplice legatura dell'arteria a monte della fistola è estremamente dannosa, in quanto provoca la diversione nella fistola stessa di quasi tutto il sangue proveniente attraverso il circolo collaterale.


Per quanto concerne i casi personali sopra descritti, i primi due costituiscono esempi di fistole arterio- venose di modesta entità, a carico di piccole arterie, senza nessuna importanza dal punto di vista emodinamico. Tuttavia, almeno nel primo caso, è probabile che il progressivo aumento di volume del circuito della fistola avrebbe comportato ulteriori alterazioni a carico dell'arteria omerale, tali da non permettere una ricostruzione così agevole della stessa. Il terzo caso rappresenta invece un tipico esempio di voluminosa comunicazione artero - venosa, con impegno del sistema cardiocircolatorio; la mancanza di rilevanti alterazioni a carico delle arterie prossimali alla fistola può essere spiegata con la breve durata della fistola stessa. Il sacrificio dell'arteria tibiale posteriore è stato deciso in quanto trattasi di un'arteria di piccolo calibro, che può essere efficacemente sostituita, nella nutrizione dei tessuti, dal circolo collaterale: in effetti è quanto s'è verificato. In tutti e tre i casi, infine, è stata possibile la realizzazione del principio fondamentale di questo tipo di chirurgia, e cioè la completa chiusura del corto- circuito.

Per concludere, vorremmo puntualizzarc il fatto che la terapia chirurgica, nelle fistole arterio- venose, è sempre indicata, anche quando la smtomatologia è di scarso rilievo, e ciò per i seguenti motivi:

1) possibilità di progressivo aumento del circuito della fistola, con conseguente sovraccarico delle arterie prossimali e del cuore; 2) possibilità di rottura della fistola con emorragia e necessità di intervento d'urgenza; 3) eventuali disturbi trofici da ischemia o da stasi venosa; 4) infine, la possibilità che la fistola divenga sede d'infezione e fonte di sepsi, come varie volte riportato nella letteratura (Cutler e Wolf, 1946).

RIASSUNTO. - Gli AA. presentano rre casi di fistdlc arterio - venose post- traumatiche, trattati chirurgicamente con esito positivo. Dopo una breve sintesi della fi siopatologia delle fistole arterio - venose, punrualizzano la necessità della terapia chirurgica in questo tipo di patologia vascolare.

RfsuMÉ. - Les Auteurs illustrent trois cas dc fistules arterio - veneuses traumatiqucs traitées chirurgiqu001ent avec un résultat positif. Après une brève synthèse sur la phisiopathologie cles nsrules arterio - veineuses les Auteurs soulignent la nécessité de la therapie chirurgicale dans cc type de pathologic vasculaire.


57° su~IMARY. The Authors illustrare three cases of post- traumatic arteriovenous fistula, tteated surgically with positiv result. Afrer a concise synthesìs on the physiopatbology of the arteriovenous fistula, the Authors emphasize the need of a surgical thcrapy in rhis type of vascular pathology.

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ISTITUTO DI PATOLOGIA SPECIALE CHIRURGICA E PROPEDEUTICA CLDHCA DELL'U~IVERSIT,\ DI MLL.A:'\0 Dircuore: l'rof. L. GALLO:-.~ CATTEDRA DI A:-JATO\IIA CIIIRURGICA DEI..L'U;-./1\'FRSIT.:I, DI SIENA Direttore !ne.: Prot. A. Bts~t OSPF.DALE M!LITARF. PRINCIPALE DI MILANO Direttore: Col. Mcd. t.SG Prof. T. LtSAl

TROMBOSI CONTUSIVA DELLE CAROTIDI * A. Bissi

C. Dainelli

A. Parmeggiani

La letteratura medica degli ultimi anni è piuttosto ricca di pubblicazioni relative al trattamento disostruttivo delle occlusioni della carotide interna, nel suo tratto extracranico, e della carotide comune, dimostrando un sempre crescente interesse degli studiosi per questo problema in funzione delle migliorate possibilità di terapia chirurgica di dette lesioni. La n essa cosa non può dirsi per quanto concerne il trattamento delle trombosi delle arterie summenzionate in conseguenza di lesioni contusive non penetranti dd collo e del capo. Questa disparità di casistica sembra da attribuire al fatto che i traumi chiusi del collo non sono riconosciuti quale causa di trombosi della carotide così diffusamente quanto altri fattori, primo tra i quali l'aterosclerosi. ln realtà risulta che fin dal r872 sia stato descritto un primo caso di questo genere, come riferiscono H ouck e coll. Ad onta di ciò la casistica sino ad oggi pubblicata non sembra molto numerosa (H ockaday, Murray, Rob, Sedzimir, Schneider). L'aumento dell'infortunistica con interessamento della regione dd collo legata all'incremento della motorizzazione ed al sempre crescente numero degli incidenti di lavoro, ci ha convinti della opportunità di richiamare l'attenzione su questo particolare aspetto della patologia vascolare. Si tratta infatti di evidenti lesioni che colpiscono per lo più soggetti giovani uel pieno del le loro capacità fisic he, e per i quali il pronto riconoscimento del rapporto fra trauma e quadro clinico rappresenta l'unica possibilità di recupero attraverso l'immediato avvio del paziente verso enti specializzati per l'altrettanto tempestivo intervento. Riteniamo infatti che un processo ostruttivo anche parziale di una carotide dopo trauma del collo possa costituire motivo di estrema urgenza quanto e più di una emorragia grave. • Lavoro pervenuw in Rednionc in 4 giugno 1971.

'l


573 L'unico elemento infatti che concede un po' di tempo alla speranza di un totale recupero funzionale dei pazienti dopo interventi disostruttivi; è rappresentato dalla esistenza del circolo anastomotico del Willis che consente ad un tessuto metabolicamente molto esigente come quello nervoso, di sopravvivere anche dopo ostruzioni complete di un vaso importante come l'arteria carotide. L'esistenza del poligono anastomotico di Willis, in condizioni di normalità, non turba la distribuzione del sangue arterioso alle varie parti dello encefalo.

J'): f;r,/) {)l) I; Fig. r. - Rappresentazione schematica di possibili vanazwru del circolo di Willis, in decrescente frequenza (ro,s - 2,5%) dall'alto a sinistra in basso a destra. (da W. DoERR).

Ogni distretto si trova in uno stato di equilibrio emodinamico, condizionato dallo stato funzionale proprio delle diverse zone encefaliche, dall'intervento di leggi fisiche riguardanti soprattutto il diverso calibro dei rami arteriosi ed il vario orientamento delle anastomosi e) probabilmente, da un coordinato atteggiamento tonico dei sistemi di comunicazione tra i due circoli carotidei e tra questi e il circolo vertebra - basilare. La carotidografìa, correttamente eseguita, è in grado di dimostrare la particolare selettività della irrorazione cerebrale, evidenziando in genere i! territorio unilaterale di distribuzione di ciascuna delle carotidi interne e l'esclusione del territorio cerebellare dai sistemi carotidei. Nei casi in cui, anche per variazioni temporanee, si alteri tale equilibrio dinamico, si modifica la specifica funzione di ciascun sistema arterioso, le


574

correnti si mescolano, si invertono e si rendono manifesti i fenomeni di interferenza e di supplenza fra i vari distretti. L'arteria comunicante anteriore assume le reali funzioni di una attiva anastomosi intercarotidea, mentre la comunic::mte posteriore diventa una efficiente anastomosi intercarotido- vertebrale. Se il circolo di Willis è regolarmente conformato e pervio, il primo compenso fondamentale si svolge a livello delle comunicanti anteriori e posteriori per interferenza ed inversione delle correnti. E' noto che questa possibilità è limitata dalla notevole frequenza di anomalie a carico delle arterie comunicanti, che si verifica nel 18% dei casi (Doerr) (v. fig. 1 ), e che la funzione compensatrice di questo circolo può essere limìtata da osciJlazioni dell'apporto ematico dell'arteria basilare causato da variazioni del calibro o dall'assenza di una delle arterie vertebrali (Krayenbiihl) (v. fig. 2).

Fig. 2. - Rappresonrazioni schematiche di variazioni delle arterie vertebrali, in decrescente fre<juenz~ da sinistra a destra. (da KRAYENBUHL e YAsARG tL).

In particolare, l'occlusione di una carotide comune determina nelle vertebrali orno e controlaterali un aumento del flusso oscillante tra il 12 e il 94% del normale, e nella carotide esterna omolaterale una inversione del flusso, tale da garantire nella carotide interna un flusso pari al 30% della norma (Sxeet, Sarnoff, De Bakey). L'occlusione di una vertebrale determina nella carotide comune omolaterale un aumento del flusso pari all'8- 18% della norma (Hardesty, Toole, Rayter). Poichè è noto che una riduzione del lume vasale oltre il so% di esso determina perifericamente una caduta pressoria variabile tra i 90 e i 42 mm Hg, si deve riconoscere che solo lo sviluppo di un efficiente circolo collaterale di compenso è in grado di evitare un abbassamento pressorio al di sotto di 42 mm Hg, quando si ricordi che ·questo è il valore minimo necessario a mantenere intatta la funzionalità cerebrale (Crawford, De Bakey, Blaisdell, Morris, Fields). La riduzione del flusso ematico cerebrale, che come è noto npn si modifica con pressioni arteriose sistemiche sino a 70 rom H g (Ross Russe!), compromette la funzione cellulare cerebrale determinando una sindrome neurologica di deficit clinicamente rilevabile, se la sua portata viene ridotta del so% della norma.


575 Se tale portata raggiunge un valore appena inferiore del 15% del flusso normale, si verifica un danno funzionale che va trasformandosi rapidamente in permanente ed anatomico col persistere della condizione di insufficienza circolatoria.

Per la sopravvivenza alle trombosi carotidee e per l'esecuzione degli interventi disostruttivi, sono da prendere in particolare considerazione alcune comunicazioni che, in taluni casi, si possono angiograficamente dimostrare tra la carotide esterna ed interna e tra carotide esterna e vertebrale. Comunicazioni, che trovano i loro presupposti anatomici in vie di compenso normalmente pervie (v. fig. 3), e in rapporti anastomotici non funzionanti in condizioni normali. Essi sono: 9 I - le anastomosi tra oftalmica, ramo del sifone carotideo e diramazioni della carotide esterna. Particolarmente importante va ritenuta a questo fine la anastomosi fra l'arteria nasale e il ramo terminale dell'arteria facciale, alla sua estremità, conosciuta anche come angolare del naso; 2° - le anastomosi tra arteria occi pitale e arteria vertebrale; 3° - le anastomosi tra i rami intrapetrosi della carotide interna e rami del la mascellare interna; 4o - le anastomosi tra l'arteria meningea media, ramo della mascellare interna, e le arterie lacrimati e naso- ciliari, rami della oftalmica; 5o - le anastomosi attraverso vasi embrionali persistenti, quali le arterie primitive ipoglossiche, trigemine ed acustiche (Krayenbiihl) (v. fig. 4). Mentre non esiste una assoluta unicità di vedute sulla capacità di compenso di tali circoli (Wertheiner, Sautot ed altri), c'è accordo sulla importanza del fattore tempo per lo sviluppo di un circolo collaterale adeguato e sufficiente, in accordo a quanto avviene in ogni altro distretto vascolare. Questi dati di fisiopatologia che riguardano i circoli di compenso sono importanti a conoscersi dal lato pratico, non solo perchè anatomicamente concorrono ad attenuare gli effetti del danno ischemico, ma anche perchè forniscono quadri clinici variabili, fino a rendere talora arbitrario il tentativo di localizzazione del processo ostruttivo sulla base del solo esame clinico (Gillespie, Mumenthaler). Questi brevi cenni riassuntivi di fisiopatologia del circolo cerebrale, rappresentano la logica premessa al pronto trattamento disostruttivo delle ostruzioni carotidee secondarie a traumi. I traumi chiusi dd collo costituiscono attualmente una non trascurabile evidenza tra le cause di trombosi della carotide. Secondo V edrinne e Spay, su 76 casi di obliterazione osservati dal 1955 al 1964 nella Clinica Chirurgica di Wertheiner, le trombosi post- traumatiche occupano il terzo posto tra le


Fig. 3· - Rappresentazione schemotica del circolo, collaterale in occlusioni arteriose extra- ed in tra -craniche: 1) art. carotide est., art. facciale, art. angolare, art. oftalmica; 2) art. carotide est., art. occipitale, rami muscolari, art. vertebrale; 3) art. sucdavio, art. rireocervicale, rami muscolari, ar,t. vertebrale; 4) art. vertebrale, rami meningci, art. spinali; 5) art. cerebrale ant., al"t. pericallosa, rami callo~i, art. cerebrale post.; 6) art. cerebrale ant. dx, art. comunicante ant., art. cerebrale ant.; 7) art. cerebrale media, rami pariero- occipitali, art. cerebrale posr.; 8) sifone carotideo, art. comunicante post., art. cerebrale post.; 9) sifone carotideo, art. corioidea post., art. corioidea ant., art. cerebrale post.; ro) art. caebrale posr, rami corticali, art. cerebellare su p.; 11) art. cerebellare sup., rami corticali, art. cerebellare inf. ant.; 12) art. cerebellare inf. ant., rami corticali, art. cerebellare inf. post.; 13) art. cerebellare sup., rami corticali, ore. cerebellare inf. pose.; 14) art. carotide est., ort. mcningea media, art. oftalmica. (c.la M uMllNTiiALER) .


577

- .... -

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... ..

.. .

Fig. 4· - Anastomosi primi ti ve: r) art. trigemina primitiva; 2) art. acustica primitiva; 3) art. ipoglos<;ica primitiva; 4) art. di rieubner; 5) anastomosi fra art. cerebrale post. ed art. cerebellare sup.: 6) anastomosi fra le due art. vertebrali. (da KRAHNBUHt.).

trombosi in generale con il r3% di incidenza. Più bassa invece la percentuale secondo Lecuire e coll. Il contributo più alto a questa patologia è offerto da individui giovani, al di sotto dei 40 anni ( 18 su 38 casi secondo Vigauroux e Lavieille, e 35 su 47 casi secondo Johnson e Walkcr). Le caratteristiche del trauma contusivo possono essere diverse sia per la sede che per il meccani smo: 1° - se il trauma si esercita sul collo, può trattarsi di una contusione di entità anche non rilevante capace di provocare sia una trazione con stiramento del vaso, sia una contusione dello stesso. Il più delle volte si tratta di un'azione meccanica diretta sulle pareti della carotide che viene schiacciata contro il piano vertebralc, con intcrposizione o meno del muscolo sternocleidomastoideo. Più raramente il meccanismo è indiretto in quanto la arteria subisce un'azione di « stran golamento» da parte di formazioni muscoletendinee (Wolfe) come, per esempio, ad opera del tendine intermedio del muscolo digastrico o del suo ventre posteriore in caso di anomalia anatomica dello stesso, secondo segnalazione di D escuns e coll., e di Mc Murtry e Yahr. Fasano e coli. (P. Pietri, G. C. Nicola) comprendono in questo primo gruppo i casi in cui l'ostruzione vasale è conseguenza diretta di un'azione traumatica 3· - M.


portata sulla carotide extra cranica. I soggetti colpiti, secondo l'A. citato, sono per la maggior parte di giovane età ed esenti da evidenti ang1ocardiopatie; in più della metà dei casi è subito presente un quadro gravissimo con sintomi generali e neurologici di focolaio. La mortalità in questi casi si avvicinerebbe al 6o"{, . Nel 6]'}{, in o l tre sarebbe stato rilevato un danno cerebrale a carico del territorio silviano superficiale c profondo; 2 • - se il trauma si esercita sul capo, la contusione carotidea può realizzarsi al collo secondo il m eccanismo indiretto « del colpo di fru sta )) , oppure al sifone dove esiste una spiccata differenza fra l'ancoraggio della carotide alla struttura ossea nel suo tratto intracavernoso e quello dei suoi rami terminali solidali con il cervello (Sedzimir). Fasano c coli. comprendono in questo secondo gruppo i soggetti in cui l'ostruzione carotidea è secondari a a una lesione portata direttamente sul cranw. I pazienti colpiti sono di età in genere m aggiore di quelli del gruppo precedente e non infrequente è il rilievo carotidografico di placche ateromasiche nel lume vasale. Esiste un quadro clinico generale e neurologico assai variabile e la mortalità è m eno grave (26%). Nel 17° dei casi no n si mettono in rilievo segni di danno anatomico cerebral e evidente. D a tali osservazioni emerge la constatazione che il meccanismo patogenetico del danno vasale può risultare estremamente complesso e difficile a essere definito, soprattutto nei casi appartenenti al secondo gruppo ove, ai fattori traumatici che colpiscono il tronco vasale e ai riflessi funzionali a partenza glomica, vanno aggiunti elementi molteplici di aggravam ento, come i l frequente reperto di una pregressa alterazione parietale ateroscler otica. Nel novero delle insufficienze cerebro-vascolari da occlusione carotidea su base traumatica potrebbero infine essere ricordati i casi eccezion almente infrequenti insorti subito dopo una carotidografia: anche in tali evenienze i meccanismi aggiuntivi e aggravanti sopra menzionati possono entrare ragionevolmente in causa nel determi nismo del danno cerebrale secondario alla riduzionè del flusso ematico e assommarsi alla lesione diretta prodotta dal trauma :.trumentale e probabil mente riferibile ad una lacerazione parietale con dissociazione delle tuniche vasali ad opera del mezzo di contrasto. Una variante poco comune può essere comiderata quella dei traumi intraorali osservati nei bambini (Pitner: IO casi in letteratura più 3 personali, cd 1 di Miller Ayers). Il meccanismo intimo della trombosi nei traumatismi chi usi rimane oscuro nella mag1:,rioranza dei casi. Vi sono alcune segnalazioni di lacerazioni della tunica intima (Schneider c Lemmen, Verbiest e Calliauw, Guardyin ed altri, Hughes, Brownell e Pearce) con associazione di un danno alla tunica media. Pitner ha postulato che la contusione sull'arteria produce una rapida compressione con rimbalzo della parete del vaso che può esitare in una lesione intimale. Altri hanno sottolineato l'importanza, dopo la contusione della parete vasale, della emor-


579 ragia sottointimale, in presenza o meno di lesioni ateromatose del vaso, che provoca o la dissezione della parete vasale (Gurdjian ed altri) o uno spasmo arterioso (Schneider e Lemmen). Più recenti studi sono in grado di spiegare la trombosi post- traumatica di un'arteria anche in assenza di vere e proprie lesioni intima li macroscopicamen te o anche microscopicamente dimostrabili. Secondo le ricerche di autori americani, particolari meccanismi biofisici potrebbero spiegare il fenomeno della coagulazione intravasale in assenza di lesioni organiche. Si è infatti accertato che la mutua repulsione prodotta dalle cariche negative della parete vasale e degli elementi del sangue (Sawyer, Harchaw), impedisce l'adesione delle piastrine alla parete del vaso. Questa avviene quando si raggiunge tra i due poli il potenziale elettrico di o,3- o,4 millivolts a pH 7A· Sulla base di questi studi è ipotizzabile che il potenziale della intima di un vaso possa per diverse ragioni, tra cui anche un trauma, raggiungere il valore critico sopra citato, provocando così la precipitazione delle piastrine e la conseguente formazione di un trombo (Sawyer, Parmeggianì, Reardno, Orgoniak). Comunque è probabile che la formazione del trombo sia un processo graduale e che le manifestazioni cliniche accorrano quando si verifichi una riduzione significativa del lume vasale. Il processo occlusivo, sia nell'adulto che nell'infanzia, si istituisce solidamente entro le 36- 48 ore. Il tempo intercorrente tra trauma e l'instaurarsi de.lla sintomatologia può giungere sino a 40 giorni (Vigauroux e Lavieille). Il quadro sintomatologico determinato dall'ischemia del territorio di irrorazione della carotide può essere estremamente povero (per Yasargil, questa condizione si verifica nel 28% dei casi) o, al contrario, può raggiungere aspetti di estrema gravità, pur con una variabilità grandissima. La capacità vicariante delle anastomosi interarteriose ha valore determinante non solo per quanto riguarda l'intensità e la combinazione dei diversi sintomi, ma anche per la modalità cronologica della comparsa di essi. In corso di trombosi della carotide cervicale, si possono rivelare segni obiettivi locali a carico delle stesse arterie, oppure si rendono manifesti i segni di un deficit in relazione alla diminuita irrorazione di zone più o meno ampie dello encefalo (turbe oculari, emiplegie, paresi, ecc.). I segni obiettivi locali, possono essere di difficile rilievo. Per quanto possono sembrare il contrario, è difficile differenziare i polsi delle carotidi primitiva, interna ed esterna, anche se la palpazione si pratica dalla loggia tonsillare. Quando esiste un'obliterazione della carotide comune è caratteristica l'assenza del polso della arteria temporale e della mascellare esterna dello stesso lato. I segni neurologici sono legati ali 'insufficiente apporto ematico e costituiti prevalentemente da deficit motorii a tipo di emiplegie ed emiparesi controlaterali al lato della lesione, con disturbi concomitanti delle sensibilità di vario tipo ed estensione, con afasia in caso di ischemia corticale sinistra.


s8o La cefalea unilaterale è segno frequente, spesso precoce. L'epilessia, a tipo generalizzato o Jacksoniano, può avere i caratteri del sintomo prodromico (Bonnet c Bon amour), oppure svolgersi nel corso della si ntomatologia conclam ata, eccezionalmente come fenomeno solitario (Chiasserini jr.). Non rari i disturbi della sfera psichica sotto forma di torpore mentale, difetti della ideazione, della memoria, fugaci disfasia motoria. amnesia, c turbe della scrittura (claudicatio cerebrt). In analogia con il determinismo dei suddetti segni neurologici, quelli oculari sono in gran parte l'espressione della difettosa vascolarizzazione oculare. Essi sono omonimi al lato della lesione e la loro incidenza può essere così alta c caratteristica che qualche autore, per l'associazione frequente dei disturbi oculari con quelli motori, giustifica la denominazione di emiplegia alterna ottico- piramidale data ad alcune forme cliniche di trombosi della carotide cervicale. Con sistono essenzialmente in cecità (o amaurosi transitoria) negli stadi prodromici e nelle occlusioni incomplete, riduzione del campo visivo, modificazioni del diametro e della motilità pupillare, emianopsia generalmente omonima per deficit di irrorazione nell'ambito delle vie ottiche sopra- chiasmatiche. Quando si verifica, l'atrofia ottica è del tipo di nevrite retrobulbare. I deficit della muscolatura estrinseca de li 'occhio sono poco frequenti e non gravi, imputabili alla compromission e dei nervi cranici pericarotidei per l'estensione della trombosi alla regione del sifone. Il soffio oculare è estremam ente raro, comune del resto ad altre malattie nelle quali si verificano condizioni di ipcrafflusso o stenosi vascolarc. Alla trombosi dell a carotide interna consegue diminuzione dei valori pressori retinici omolaterali e, in particolare, si riduce maggiormen te la pressione sistolica nei confronti di quella diastolica (Milletti). Comprimendo la carotide trombotica al collo non si produce ovviamente alcuna modificazione ulteriore della pressione retinica dello stesso lato, a differenza di quanto accade nel soggetto normale, o in caso di compressione della carotide sana. In condizioni normali la pressione retinica si potrebbe stabilire su valori rispondenti alla metà circa di quelli della pressione sistemica. Alcuni metodi recenti di regi strazione oftalmo- elenrografica depongono però per valori medi di ro3 mm Hg (Mx) e 6r mm H g (Mn) (Caramozza). Un buon indice funzionale delle possibilità di supplenza del circolo endocranico si ottiene comprimendo la carotide comune a1 di sono della zona seno- glomica per 10"- 30". In caso di trombosi dell a carotide contro -laterale si può manifestare uno stato di insufficienza circolatoria acuta a livello dell'encefalo espressa da lipotimia, cloni , rotazioni del capo (prova di Matas). Per assicurarsi di non aver scatenato riflessi seno carotidei, la manovra può essere compiuta in due tempi: a livello della biforcazione, e, a scopo comparativo, distalmente ad essa. E' interessante svolgere la prova sotto controllo


s8x elettrocardiografico ed elettroencefalografico (Minvielle, Vlanovitch). Dal punto di vista strettamente clinico, i sintomi sopra elencati, generali, oculari e motori, possono indirizzare con discreta sicurezza ad una diagnosi di trombosi carotidea; semmai si possono porre alcune diagnosi differenziali soprattutto nei confronti di un ematoma intradurale. Sottolineamo alcuni aspetti clinici di un certo interesse (aspetti, che passano naturalmente in seconda linea di fronte alla documentazione angiografica): più costante nelle trombosj carotidee l'esordio brusco (cui fa contrasto quello preferenziale lento ed insidioso della compressione endocranica); relativa dissociazione tra la gravità del quadro parctico e lo scarso interessamento del sensorio; scarsi o addirittura assenti i segni di compressione del sistema nervoso vegetativo. Più agevole e meno comune è la diagnosi differenziale con un'embolia grassosa. In quest'ultimo caso si tratta spesso di pazienti politraumatizzati o, comunque, con fratture degli arti . In caso di assenza di intervallo libero, il compito appare senz'altro più arduo qualora si voglia prendere in considerazione la diagnosi differenziale con la contusione cerebrale. Anche in questo caso si può accordare un certo credito alla dissociazione tra i segni di focolaio e le turbe di coscienza, avendosi una prevalenza di queste ultime senza soluzione di continuo ed anche tali da oscurare un deficit motorio nella contusione cerebrale, inversamente nella trombosi. Altri mezzi, naturalmente, vengono in sussidio nella diagnosi. N ella trombosi l'elettroencefalogramma può presentare focolai di onde lente poliritmiche corrispondenti alla regione parieto- temporo- occipitale interessata: la compressione temporanea della carotide sana potrebbe evidenziare tale alterazione del tracciato, quando precedentemente non sia manifesta. La carotidografia va considerata l'unico esame in grado di fornire precisi dettagli sulla sede ed eventualmente sulla estensione della trombosi, sul tipo e sull'entità dci meccanismi di compenso messi in atto nei confronti dell'ischemia sopravvenuta. E ssa oggi risulta di facile esecuzione e quasi esente da complicazioni di rilievo, se W erde e Schultze su 37.271 indagini hanno riscontrato una mortalità pari allo o, r6% dei casi e complicanze transitorie pari all'r,30° o . Il metodo seriografico di questa indagine sembra l'unico in grado di fornire dati relativi al preciso sviluppo collaterale. E' assai utile, spesso necessario, eseguire la carotidografia bilateralmente per poter valutare nel suo complesso la situazione morfologico- funzio nale della irrorazione cerebrale (Pietri e Nicola). Altri autori, invece, consigliano di non praticare nella stessa seduta la carotidografia bilateralmente. Piuttosto tipica, nei casi di trombosi post- contusi va, è l'i mmagi ne angiografica di arresto c< a becco di flauto )) . Secondo Krayenbuhl è un segno patognornonico, mentre secondo Colas ha un valore puramente orientativo.


Il trattamento medico non offre risorse particolari. La somministrazione prolungata di anticoagulanti non è pienamente giustificata dalla maggioranza degli autori, senza contare, secondo il parere di altri (Cristuib- Grizzi, Ferri, Saginario), il rischio della frammentazione del tromba di recente formazione. La terapia chirurgica diretta trova, particolare indicazione nel trattamento della trombosi traumatica. Trattandosi spesso di lesioni a carattere nettamente segmentario si deve preferire la trombointimectomia, cui può seguire, secondo le norme generali della chirurgia vascolare, l 'applicazione di un patch venoso auto plastico o costituito da materiale artificiale (Pietri e Nicola). Negli ultimi anni i sempre migliori risultati conseguiti nel trattamento disostruttivo delle trombosi delle arterie periferiche ha portato i chirurghi vascolari ad operare con sicurezza e con successo crescente anche nel territorio della carotide. In caso di dimostrata insufficienza dei circoli collaterali si può garantire mediante appropriate tecniche di bypass temporaneo, l'apporto di sangue a territori encefalici che ne sarebbero necessariamente privati durante alcune fasi dell'intervento chirurgico. Recentemente, nell'Istituto di Chirurgia vascolare dell'Università di New York, è stato reaJizzato il metodo della gasendoarteriectomia applicato anche su 40 pazienti che presentavano occlusione della carotide (1965- 19~). Questa tecnica eseguita su vasi completamente ostruiti, entro poche ore dalla insorgenza dell'episodio obliterativo, dimostra la sua efficacia per la rapidità di esecuzione e per i buoni risultati ottenuti a distanza nella grande maggioranza di pazienti operati (Sawycr, Parmeggiani) (v. tabella). I risultati della disostruzione della carotide interna sono in rapporto alla localizzazione e all'estensione della lesione stenotica od occlusiva ed al momento in cui l'intervento viene attuato. · I risultati migliori sono ottenuti in caso di pazienti con obliterazione soltanto. parziale, come si può arguire dalla tabella esposta, in cui sono raccolti i dati riferjti ad alcuni autori su interventi per trombosi carotidea in genere. Un fattore che ci sembra meritare la maggiore attenzione è l'assoluta necessità di attuare al più presto possibile l'arteriografia carotidea in tutti quei soggetti che presentano segni prodromici, anche modesti, di insufficienza cerebrovascolare. L'intervento chirurgico deve infatti essere preso in considerazione non solo nei casi di ostruzione completa ma soprattutto in quelli · con parziale obliterazione del lume, al fine di prevenire l'inevitabile completa occlusione. Risultati soddisfacenti possono attenersi purchè l'episodio acuto sia di data estremamente recente. E' osservazione comune però, che i pazienti operati appartenenti a quest'ultimo gruppo, rappresentino oggi un'entità numericamente esigua per la difficoltà che si incontra nell'attuazione pratica di una tempestiva arteriografica carotidea.

l


TABELLA

N.

i\u to r c

De Bakey ( 1<;61)

c~;i

operati

Src nosi Occlusioni

97 20

Flusso ri stabili to

Flusso non ristabi lito

94 6

3 14

142 14

2 23

12 7

3 26

8s

2 20

Rob ( r<jit)

T orale

117

Stcnosi Occlusioni

I~4

-

181

Totale Ottosen (r961)

Stc nosi Occlu)ioni

15

.,.,

Thomson c Au~tin (1962)

l

37

.).)

Totale

48

Srcnosi Occlusioni

87 34

T otale

J2l

14

l

Questi semplici rilievi inducono a valorizzare gli orientamenti dei moderni angiochirurghi che preconizzano l'opportunità dell'istituzione e della programmazione di (( unità cerebrovascolari » appositamente attrezzate, onde poter consenti re lo smistamento, la pronta diagnosi cd il precocissimo trattamento dei casi recuperabili (Maspes, Malan). Concludiamo riferendo dettagliatamente su alcuni casi estratti dalla casistica che ci si è presentata nel corso degli ultimi 15 anni. I primi tre casi descritti sono stati osservati presso l'Università di Siena negli Istituti di Patologia Chirurgica e Clinica Chirurgica diretti dal Prof. L. Gallone. Di un altro caso esistono dati clinici molto probativi ma ci è mancata la documentazione carotidografica. Essi rappresentano il 2% circa dei traumi chiusi cervice- encefalici osservati in detta sede. Per uno di essi (caso n. 3) non si può escludere la componente aterosclerotica. I casi nn. 4 e 5 sono stati scelti fra una abbondante casistica giunta alla osservazione del Reparto del pronto soccorso dell'Ospedale Maggiore di Milano, e sono stati studiati dal punto di vista neurologico cd angiografico con la collaborazione del Prof. Amico della Divisione Neurologica dell'Ospedale Maggiore di Milano, diretta dal Prof. Porta.


Si è proceduto infine all'esame delle cartelle cliniche dci pazienti ncoverari presso l'Ospedale Militare Principale di Milano per gli anni 19&>1970, allo scopo di valutare statisticamente l'eventuale tendenza dei quadri clinici sui quali abbiamo posto l'attenzione, in un grosso numero di ricoverati. Su rr4.225 cartelle relative a pazienti esaminati fra il 196o e il 1970 sono stati selezionati 2.479 casi nei quali erano stati rilevati uno o più dei sottoelencati sintomi: emiparesi, paresi in genere, paraplcgie, parestesie persistenti agli arti, crisi vertiginose, ronzii, acufeni, ambliopia, riduzione visus, nistagmo, cefalee intense, artralgie e simpatalgie cervicali, disturbi del circolo dell'arto superiore, turbe dell'equilibrio e algie non spiegabili del capo e del collo. Fra le suddette 2.479 cartelle sono stati individuati 124 casi (pari al s%) nei .quali vi erano traumi nella anamnesi, 43 dei quali risultavano portati sulla reg10ne. In nessuno di questi casi tuttavia si sono avuti reliquati permanenti per cui non è stato necessario procedere ad accertamenti carotidografici. Questi rilievi portano a concludere che solo i traumi portati sulla regione carotidea con particolare violenza, ma soprattutto con meccanismo particolare (urto contro uno spigolo o circostanze simili) possono portare a quelle lesioni intimali della parete arteriosa macroscopicamente integra, che sono alla base della maggior parte delle trombosi post- traumatiche delle carotidi. CAS ISTICA.

Caso n. r. Uomo di 45 anni. Viene ricoverato in Clinica Chirurgica per emiplegia destra da sospetta neoplasia cerebrale. Al momento del ricovero il quadro neurologico era in atto da circa 30 giorni. All'esame obiettivo si rileva la presenza di emiplegia destra senza alcun segno di ipertensione en docranica, unitamente ad asfigmia della carotide sinistra e dei suoi rami palpabili (temporale e facciale). Ad una anamnesi accurata emerge che i1 paziente, tre mesi prima del ricovero, aveva ricevuto, durante una lite, tm violento pugno alla regione sternoclcidomastoidea di sini stra i cui effetti locali si erano risolti nel giro di uno o due giorni e suJJa cui importanza non era stata mai posta attenzione. Valorizzando questo dato anamnestico viene eseguita una carotidografia sinistra con puntura della carotide comune alla base del collo e viene evidenziata una netta interruzione del vaso quattro, cinque centimetri a monte della biforcazione. In considerazione del lungo intervallo fra trauma ed osservazione clinica, il paziente non viene ritenuto suscettibile di terapia disostruttiva e quindi dimesso.


s8s Il paziente vive, a 5 anni dall'osservazione, in un Istituto di assistenza con i postumi della emiplegia. Presenta anche un certo ottundimento psichico. Caso 11. 2.

Donna di anni 43· Nella anamnesi figura un intervento per calcolosi delle vie biliari all'età di 31 anni. Viene ricoverata per sindrome vertiginosa insorta da una trentina di giorni dopo un episodio di tipo « influenzale >>. La paziente era stata curata a domicilio e, nel periodo di convalescenza, si era manifestata la grave sintomatologia vertiginosa. In considerazione della natura della prima malattia era stata fatta diagnosi di « labirintite >>. Durante iJ periodo di ricovero vengono espletati i normali esami di laboratorio con esito negativo. Non si reperta alcun segno di deficit neurologico, mentre si rivelano segni che accentrano l'attenzione sull'apparato otovestibolare sinistro. Si osserva anche una iposfìgmia della carotide sinistra, non bene apprezzabile a causa della forma del coLlo della paziente, corto ed adiposo. Contemporaneamente si ha notizia di una caduta accidentale avvenuta in casa, durante la quale la paziente ha battuto il collo contro la vasca da bagno. Il trauma, secondo la descrizione dei parenti, non sembra essere stato violento, nè particolarmente accusato. Si programma, allora, una carotidografìa sinistra che dimostra l'esistenza di una trombosi completa della carotide comune di sinistra 3 cm prima della biforcazione. La sintomatologia vertiginosa si attenua leggermente nei giorni successivi; ma la paziente, dopo 25 giorni in apparente lenta ripresa, muore improvvisamente. Caso n. 3·

Uomo di anni 55· Il paziente viene trasferito in Clinica Chirurgica dalla Clinica Neurologica, dove era stato ricoverato per episodi sincopali fugaci di durata variabile, accompagnati da paresi transitorie a carico degli arti di destra, dai quali si era sempre ripreso senza postumi. Viene ipotizzata la presenza di una lesione della carotide di sinistra sulla base di un dato anamnestico: un trauma della regione cervicale sinistra di tipo contusivo. St procede a carotidografìa sinistra che mette in evidenza tma parziale ' ostruzione trombotica della carotide in corrispondenza della biforcazione (v. fig. 5).


5s6

Fìg. 5· Caso n. 3· - Carotìdografia sinistra. Ostruzione sub[Otale della carotide sinistra alia biforcazione.

In considerazione delle buone condizioni del paziente si decide di procedere ad intervento disostruttivo che consente l'ablazione di un trombo, parzialmente ostruente la carotide comune. La breccia viene chiusa con un patch di teflon. A distanza di circa 18 mesi le condizioni si mantengono buone e non sono comparsi altri episodi di rilievo.

Caso tl. 4· Uomo di anni 39II paziente riporta, in un incidente stradale, un trauma in sede parieto occipitale sinistra; al momento della prima osservazione, subito dopo l'infor-


tunio, lasciava ri levare un obnubilamcnto del sensorio, un torpore della rcflessività pupillare agli stimoli luminosi, iporeflessia agli arti inferiori; non si evidenziano, in particolare, segni di focalizzazione emisferica. Il giorno successivo oltre al sapore, v•ene rilevato un certo risparmio degli arti di destra ai movimenti attivi, compare un'asimmetr1a della reflettività profonda agli arti inferiori, per prevalenza a destra e rdlessività piramidale patologica, sempre a destra.

Fig. 6. Caso n. 4· · Carotidografia sinistr:J. Brusco arresto del mezzo di contrasto nella c:Jrotide imern:J ed estern:J a liveUo della biforcazione.

Successivam ente si instaura un'emiparesi destra netta, con deficit del VII di destra, mentre si aggrava lo stato soporoso. Viene praticato un esame ang1ografìco a sinistra: la carotide interna è iniettata, ma la sua opacizzazione si arresta bruscamente e costantemente all'altezza del terzo medio del suo decorso extra- cranico; in tutta vicinanza del punto di arresto si apprezza una zona ovalare di difetto di opacizzazione; il quadro chiaramente depone per la presenza di un tromba al terzo medio del decorso della carotide interna nel collo (v. fig. 6).


s88 Un esame carotidografico a destra rileva la contemporanea opacizzazione della cerebrale anteriore controlaterale, indice di un tentativo di supplenza da parte della carotide interna di destra attraverso la comunicante anteriore. La fenomenologia commotiva sfuma in uno stato di coma, il paziente viene a morte per ipossia cerebrale.

Caso n. 5· Uomo di anni 30. Il paziente riporta, a causa di un infortunio stradale, un trauma in sede parietale sinistra con immediata compromissione dello stato di coscienza. Lo stato di coma si protrae per circa T2 ore, seguito da un leggero migl ioramento.

Fig. 7· Ca~o n. 5· - Caroridografia destr:l. Bene visualizzato il circolo della carotide esterna. L a carotide interna appare interrotta a 2 cm dalla biforcazione. Tipica l'interruzione " a becco di flauto ».


s89 A di~tanza di 15 ore il paziente reagisce agli stimoli e risponde, se p pure a volte con(usamente, a domande semplici. Viene messa in evidenza un'asimmetria della reflessivilà osteotendinea, con reflessività piramidale patologica a sinistra. Dopo qualche ora il paziente torna in coma, si accentuano i segni neurologici e la reflessività piramidale palologica, più netta a sinistra, si fa evidente anche a destra. Il paziente respira tranquillamente, polso 8o; P.A. 120 /70. Viene eseguito un esame carotidografico a destra. L'opacizzazione della carotide interna si arresta a circa 2 cm dalla biforcazione della comune, dove il reperto angiografico depone per la esistenza di un'occlusione trombotica (v. fig. 7). Il paziente muore in com a. Col'SIDERAZIO ·1 coNCLUSIVE.

L'analisi dettagliata di questi cinque casi, pur così diversi nell'esito, assimilabili solo sulla base del momento eziopatogenetico, ci consente il richiamo di alcune considerazioni di interesse generale: In il valore dei traumi chiusi del collo e del capo quale momento eziologico della trombosi caroti dea; 2 " - la disparità dei traumi che possono essere alla base della lesione: violenti o di entità quasi trascurabile. In questo secondo caso sembra giustificato ipotizzare la concomitanza di lesioni della parete vasale precedenti al trauma; 3" - la necessità di una precoce diagnosi angiografica; 4" - l'interdipendenza tra prccocità della diagnosi ed indicazioni alla terapia chirurgica; la possibilità del completo recupero funzionale con interventi disostruttivi, tempestivi a volte di limitata entità.

s· -

RIASSl:t'TO. Gli AA. riferiscono sulla frequente incidenza, nei traumi chiu~i Jd collo, di una sindrome neurologica da insufficiente afTlusso carotideo per trombosi al fine di valutare l'importanza delle lesioni \aJ>Colari in ogni contusione del cap<> c del collo. Portano quindi alcuni casi paradigm:ttici ed esaminano una \'l~la casistic:t di contusioni cmniche e del collo dell'Osped:tle Militare Principale di Milano.

RÉsuMÉ. Les Auteurs font cles mpports sur la fréquente incidence, dans les traumatismes bouchés du cou, des syndromes neurologiques causées par in~uffìsant afflux carotidien pour throm bosis dan) le but de évaluer l'importance cles lésiom vasculaires après cootusions dc la tctc et du cou. Ib examinent plusieurs cas <le conrusions cdìniennes et du cou de l'Hòpital Mi litaire Principal de Milan et ils présentent quelque cas tipique.


su~UlARY. - The Author~ rcport the &equent coinodence of closeò traumas of the neck with neurologica! sindromes due to insufficient flow trough the carotids from thrombosis. They make an examination, in order to e\·aJuate the importance of the \'ascular aspect in every contusion of heaò :md neck, of a great number of cases of skull and neck contusions obscrved in the Milan PrincipaJ Military Hospital.

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l'JFERMERIA PRESIDIARIA • LFCCE

Di rcnore: Ten. Col. Med. Dotl. G. D'ARPE

IL PRONTO SOCCORSO AGLI INFORTUNATI IN GRAVI CATACLISMI: POSSIBILITA DI ADATTAMENTO DEL VEICOLO M/ 11 3 A CENTRO MOBILE DI RIANIMAZIONE Cap. Mcd. Dott. Luigi Greco S. Ten. Med. Dott. Claudio Dc Sario

Il grido d'allarme che da tempo si è levato da parte dei medici ed in particolare degli anestesisti- rianimatori, traumatologi e chirurghi sembra che cominci finalmente a scuotere l'opinione pubblica e le autorità. Ed infatti, non si può rimanere inoperosi di fronte a quella che è stata giustamente definita una vera e propria « epidemia traumatica » (Cerfeda). La maggior causa di morte per i giovani dai 18 ai 25 anni, è costituita dall'infortunistica stradale. I feriti assommano annualmente a molte migliaia; gli esiti sono, in una alta percentuale di casi, fortemente invalidanti, con danni economici elevatissimi per la società. Gli anestesisti rianimatori sono stati tra i primi a dover affrontare i molteplici problemi che il politraumatizzato sistematicamente creava, evidenziando nel pronto soccorso sul luogo dell'incidente e nel trasporto del leso, due punti cardine per ottenere qualche buon risultato (Gismondi, Greco e coli.). Infatti il so ~~ delle lesioni, secondo Mazzone, si instaurano a causa di un soccorso inadeguato, frettoloso e praticato da personale non qualificato. Columella parl a di « infortunio negli infortuni». Tutti gli AA. sono ormai d'accordo che è meglio fare lo strettamente indi spensabile, in attesa di mezzi idonei al trasporto razional e dell 'infortunato, piuttosto che prendere iniziative che possono precipitare l'instabile equilibrio del traumatizzato. Gismondi, in diverse occasioni, ha ribadito la necessità di un pronto soccorso qualificato sul luogo dell'incidente quale premessa indispensabile non solo a ridurre quel 20- 30 ~~ di decessi che ~eco ndo l'OMS potrebbero essere evitati in quanto dovuti ad intempestivo e carente pronto soccorso, ma anche per rendere possibili ed efficienti gli interven ti più specializzati effettuabili in ospedale.


595 Uno dci problemi su cui molto si è discusso, a tutti i livelli, è stato il mezzo di pronto soccorso. Lo stesso Gismondi, così come Damia, Arosio ed altri, hanno ottenuti apprezzabili risultati con un centro mobile di rianimazione, cioè un'autoambulanza particolare dotata delle strutture ed apparecchiature (respiratore meccanico, aspiratore, ossigeno, defibrillatore, monitor, ecc.) indispensabili a mantenere in equilibrio le funzioni vitali dell'organismo. Infatti, una delle carenze più gravi di cui spesso si sono lamentati i servizi di pronto soccorso, è la limitazione del parco autoambulanze e la loro inadeguatezza funzionale sconfinante spesso nella inidoneità e pericolosità delle stesse (Damia). Tra i mezzi di pronto soccorso sono state progettate ed adoperate delle eli- ambulanze, ma il loro numero è ancora così limitato da avere scarsa importanza pratica. Sicchè, quando si parla di mezzi di pronto soccorso, si pensa ancora esclusivamente alle autoambulanze. Nel recente Symposium Internazionale di Rianimazione e Terapia intensiva Extrachirurgiche, tcnutosi ad Asiago nel luglio 1971, una tavola rotonda è stata dedicata esclusivamente a questo problema. Ciocatto e Pattono hanno dimostrato l'importanza di una adeguata e razionale progettazione e realizzazione di questi mezzi di soccorso. Anche altri illustri oratori stranieri (Margheiter, Rotter, ecc.), hanno riferito sull'argomento che è rimasto comunque focalizzato sulle autoambulanze e sul pronto soccorso di routine. Il Ministero della Sanità, in collaborazione con esperti di traumatologia, trasporti, difesa, Croce Rossa, ecc., sta studiando la creazione di un prototipo di «ambulanza ideale » unificato per tutto il territorio nazionale che prevede tre sottotipi (normale per ammalati leggeri; a tipo centro mobile di rianimazione per gravi traumatizzati, intossicati, ecc., ed un terzo tipo per trasporto intraospedal iero). La Sanità Militare che ha indubbiamente un'esperienza, spesso tragica, e certamente insuperabile, di pronto soccorso, ha dato e può dare un contributo essenziale alla risoluzione di questo arduo problema. Illustri autori, fra cui ricordiamo il Prof. Mazzoni, hanno più volte auspicato una responsabilizzazione della Sanità Militare come unico mezzo per avviare a soluzione il problema del servizio di pronto soccorso e trasporto degli infortunati. Non a torto, nel periodo di ferragosto (quasi 300 morti in solo otto giorni), quando una serie di incidenti insanguinava le strade d'Italia, la stampa ha paragonato ad una vera e propria guerra il numero di perdite umane, di danni economici, di squilibrio sociale provocatisi. E non sono mancate voci (Cavailotti) che hanno evidenziato l'accostamento della traumatologia bellica (guerra convenzionale e non nucleare) a quella stradale.


L'Ufficiale medico ha, nella sua formazione, cogni zioni di pronto soccorso e di medicina d'urgenza preziosissime per la traumatologia infortunistica; una forma mentis adeguata per il « trìage n; un'esperienza acquisita presso corpi operativi, esercitazioni a fuoco, manovre, ecc., che ne fanno un medico di pronto intervento per eccellenza. In tempo di pace si ricorre sempre più frequentemente alle Forze Armate. ed in particolare ai loro servizi, in caso di gravi calamità, di urgenze che !nteressano ampie zone di territorio, vasti strati di popolazione. Tutte le volte cioè che si richiede rapidità di intervento, organizzazione, esperienza, spirito di sacrificio. E ciò in tutti i Paesi, anche nei più altamente progrediti ed organizzati. La nostra attenzione è stata più volte attirata e stim olata in occasione di gravi cataclismi, inondazioni, smottamenti, nubifragi, cicloni , terremoti, ecc., dalla tardività e scarsità di interventi di pronto soccorso medico qualificato. Intendiamo riferirei a quei casi, purtroppo sempre più frequenti, in cui calamità naturali creano situazioni di emergenza: divelgono ferrovie, smantellano strade, rendono pesante cd irregolare il terreno, interrompono ogni comunicazione. In queste circostanze il pronto soccorso di routine non è effettuabile perchè nè le autoambulanze nè i rarissimi elicotteri disponibili riescono a raggiungere e prelevare gli infortunati. Ma anche io questi casi, come dice Arosio, « la legittima e logica attesa di chi necessiti di una assistenza immediata è quella di poter disporre di un mezzo adeguato per il trasferimento in una sede opportuna ad un corretto e definitivo trattamento ». Neanche in casi estremi e colmi di difficoltà d 'ogni genere, il rianimatore può ritenersi soddisfatto dal lancio più che altro simbolico, di coperte e medicinali. Nè come medico nè come cittadino. Anche in questi casi, invece, c'è il diritto ed il dovere ad un aiuto pronto ed efficiente. E' per questo che occorre pensare a mezzi di pronto soccorso che possano superare gli ostacoli summenzionati. Indubbiamente non si tratta di un pronto soccorso di routine; ma ciò non giustifica la scarsa considerazione finora data al problema. Certo non si può sperare di ottener risultati soddisfacenti se ci si ricorda di simili casi a tragedia avvenuta. L 'improvvisazione e la fretta non danno mai buoni frutti ma in simili circostanze sono del tutto deleterie. Per situazioni eccezionali bisogna prevedere organizzazione e mezzi eccezionali. Evitare la dispersione, ma garantire l'efficienza e la rapidità di azione, è quanto occorre per far giungere il soccorso medico anche ai casi più drammatici.


597 Annualmente ormai assistiamo in ogni parte del mondo ad avvenimenti che se da un lato commuovono l 'opinione pubblica, dall'altro si risolvono puntualmente in veri disastri, a causa della mancanza di pronto soccorso, ostacolato da difficoltà naturali a cui abbiamo accennato e di cui non si era tenuto conto. Basti pensare ai terremoti in Turchia, ai maremoti e nubifragi in Pakistan, ove l'organizzazione di pronto soccorso ha evidenziato tutte le sue pecche e spesso ci si è dovuti limitare a guardare da un aereo i morti ed i morenti. Occorre giungere sul posto il più rapidamente possibile con attrezzatme c personale tali da poter garantire l'inizio delle manovre di rianimazione sul posto. In questi casi si può attuare in pieno il sistema di pronto soccorso e di " triage >• ben noto agli Uffi ciali medici. Si fa cioè subito, in loco, tutto il possibile per chi è grave ma ha obiettive possibilità di recupero. Si provvede quindi ad uno smistamento immediato in zone retrostanti ove si attuano provvedimenti più speciali stici c definitivi. Da quanto :tccennato, risulta evidente che il primo e più grosso problema da risolvere riguarda il « mezzo » con cui raggiungere gli infortunati, quando sul luogo non può recarsi un 'autoambulanza nè atterrare un elicottero. Le FF.AA. hanno da tempo affrontato, in tutti i Paesi, questo problema. Jeep (Pontillo) ed elicotteri variamente modificati ed attrezzati sono stati i mezzi più comunemente usati. La nostra attenzione si è fermata, in riferimento alle difficoltà di percorso dianzi accennate, al veicolo da trasporto M / II3 (fig. 1 ). Un veicolo, in dotazione all'Esercito Italiano, comunemente usato per trasporto truppa, blindato, cingolato, di fabbricazione americana. Ha caratteristiche anfibie per la possibilità di attraversare laghi e corsi d'acqua. Può essere paracadutato. Ha Lilla velocità media di 65 km oran; supera pendenze del 6o% ; fossati di m I ,6o. Queste poche caratteristiche accennate evidenziano come il suo uso sia possibile in condizioni ambientali proibitive per altri mezzi. Considerato che è dotato di una radio di bordo ed un adeguato impianto elettrico è venuta spontanea l'idea di adattare le strutture interne in modo da avere un efficiente mezzo di pronto soccorso. Abbiamo pensato a queste trasformazioni, avendo presente quanto già predisposto nelle autoambulanze adibite a centro mobile di rianimazione (Gismondi). L 'abitacolo è stato ottenuto con l'eliminazione del portello superiore del capo carro, la sistemazione del tetto per la ventilazione e la separazione del vano pilota con paratia meta1lica.


Il pavimento è realizzato da grandi piastre metalliche ricoperte da tappeto in linoleum, smontabili per l'accesso al sottoscafo dove trovano alloggiamento le barre di torsione c le due pompe di drenaggio. Sulla parte anteriore travasi una paratia che isola l'abitacolo dal vano motore, sede di gas di scarico cd in particolare di CO. La tenuta è assicurata da guarnizioni di gomma e da un cuscinetto di lana di vetro imbevuta di paraffina liquidifìcata che fissa le piccole fughe di CO, per il resto eliminata daJla ventilazione forzata dell'abitacolo. Il pilota può guardare nell'abitacolo, specialmente in occasione dell'apertura e chiusura della rampa posteriore, e parlare con il personale di assistenza attraverso la finestra munita di un foro schcrmato. Nel tetto si trovano due lampade al neon orientabili, una serie di fori per il ricambio dell'aria ed i tiranti per i ganci di bloccaggio della rampa posteriore.

Fig. r.


599 AUa destra, al di sopra del vano cingolo, si trovano (fig. 2): - il lavabo che scarica nel sottoscafo; - due cassetti contenenti sfigmornanometro, fenendoscopio e laringescopio completo; - la sede delle batterie (due batterie sovrapposte da 1 2 volt collegate in serie, alimentate da un alternatore da 100 Ampère, collegato ad un raddrizzatore al seleruo ed a un regolatore di tensione); - serbatoio di acqua (12 litri) munito di rubinetto per il lavabo; - una barella ausiliaria fissata in posizione obliqua alla parete; - uo sedile imbottito utile per 4 posti a sedere. Alla sinistra si trovano : due cassetti e due armadietti per farmaci, si ringhe sterilizzate in plastica, cannule oro- faringee, raccordi per il respiratore, forcipe di MagiU, ago cannula, attrezzature per fleboclisi, cestello sterile contenente, fra l'altro, tutto il necessario per trachcotomia. Ci sono inoltre stecche Wichers per l'immobilizzazione provvisoria delle fratture, flaconi di plasma cxpanders, ccc. Sulla mensola al di sopra dei cassetti, è possibile installare una radio tipo PRC - ro della portata di 8 km per i collegamenti col centro (fig. 3). Troviamo poi tre bombole di ossigeno; poste verticalmente, della capacità di circa 2500 litri. Sulla parete sini stra, è sistemato un pan nello con tre prese rapide dell'ossigeno centralizzato con manometro controllo, pressione di esercizio e manometro controllo pressione bombole. Alle prese sono collegati rispettivamente: un ventilatore automatico a pressione positiva intcrmittente tipo Stephenson che può erogare ossigeno puro e miscelato con aria; un erogatore di ossigeno con flussometro completo di gorgogliatore. Alla base il pedale di un aspiratore a depressione. Sul pavimento al centro dell'abitacolo è fissato un supporto elastico sul quale viene inserita direttamente una barella. Il detto supporto è costituito da due sedi collegate da ramponi ad tm cusci netto di gomma espansa che assorbe le vibrazioni in tutte le direzioni. Il seggiolino del medico, sistemato dietro la testa del paziente, avvolgente e munito di cintura di sicurezza, consente al rianimatore di raggiungere tutti i cassetti cd apparecchiature con le mani. Il medico ha spazio sufficiente per poter circolare nell'abitacolo assistendo il degente da tutte le parti. Come si può facilmente notare la descrizione tecnica è appena accennata essendo necessarie, per la pratica definizione ed attuazione, ricerche più approfondite da parte di équipes competenti. A noi interessa solo dimostrare che l'adattamento dell'M / II3 a mezzo di pronto soccorso non è difficile nè costoso e che sfruttando le possibilità meccaniche di questo veicolo ed adeguandolo internamente nel modo razionale da noi indicato, come cioè insegnatoci dall'esperienza dei pochi centri


6oo

VISTA PROSPETTICA OELL.:ABITACOLO

POSTO PILOTA

l

Figg. 2 e 3·

MOTORE

40 [

-

45

ID

o

b

(

45 l

VISTA DALL'ALTO


6or mobili già efficienti, può permettere interventi di pronto soccorso e di ini~ ziale rianimazione, non altrimenti ottenibili con i mezzi fino ad oggi descritti ed utilizzati. Gli svantaggi legati alle sospensioni inadeguate ed alla scarsa velocità non superano i vantaggi derivanti soprattutto dalla manovrabilità specie su terreni forteme nte accidentati. E ciò, tenendo anche presente che il mezzo descritto non deve servire nè di routine, nè per lunghi tragitti m a solo per il trasporto dell'infortunato dal luogo dell'infortunio fino ad un punto dove può giungere un'autoambulanza o elicottero più attrezzato, veloce e comodo per lo sgombero definitivo. In ogni caso, la frequente inoperosa attesa in corso di cataclismi vari impone agli anestesisti rianimatori, ed a tutti coloro che in questi frangenti sono chiamati responsabilmente ad operare, di prendere coscienza del pro~ blema per studiare ed adottare soluzioni adeguate. Una collaborazione tra Sanità Pubblica e Sanità Militare che si basi non su rapporti sporadici ed occasionali, ma sul reciproco scambio di mezzi ed esperienze (e nel pronto soccorso urgente, specie se di vaste proporzioni e svolgentesi in ambiente difficile, la Sanità Militare ha una esperienza certo difficilmente superabile), può essere forse il punto di partenza per una orga~ nica e razionale impostazione di questo specifico ed importantissimo proble~ ma; e di certo porterebbe a fecondi risultati anche immediati.

RtA~SUNTO. L'A., dopo aver accennato alla sempre più crescente importanza dcll'infortunistica in generale e di quella stradale in particolare, richiama l'attenzione sul problema, spesso trascurato, del pronto soccorso in caso di cataclismi vari (alluvioni, terremoti, ecc.) e propone l'adattamento del veicolo M/ n3, in dotazione all'Esercito, a mezzo mobile di rianirnazione, in grado di raggiungere infortunati non altrimenti recupcrabili.

RfsuMÉ. - L'autcur, après avoir fait allusion à l'importance qui augmente de plus en plus, cles lois sur les accidentes du travail en géneral et particulièremenr cclui routier, attire l'anemion sur le problème si souvent négligé, du prompt secours en cas des cataclysmes (alluvion, tremblement de terre, etc.) et il propose l'adaption du véhicule M/ 113 appartenent à l'armée, en un centre mobile dc revivisitation fait pour rejoindre !es infortunés qui ne pcuvenr pas autremcnt etre réchappés.

SuMMARY. - The author, afrer having mentioned the always incrcasing importance of rhe industriai accident research, in generai and of the road one in particular, calls thc attenùon to the so often neglected problem of the first aid in case of various cataclysms (fload, earthquakes an d so on) an d suggestes the adaptation of the vehicle modcl Mf n3, with which the army is provided, into a travelling centre of reviving so to reach the infured men who cannot be rccovered othcrwise.


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OSPEDALI:. ~IILITARE DI PERL"GI.\ Direzione

VACCINAZIONI PROFILATTICHE NELL'INFANZIA* S. Ten. Med. Dott. Elio Carlo Restuccia

L'argomento delle vaccinazioni dell'infanzia viene a torto ancora sottovalutato. A volte si discute su di esse con pareri discordi e soprattutto :mcora purtroppo si registrano migliaia di casi di malattie infettive che dovrebbero ormai entrare nella storia della medicina. Ciò è dovuto alla inadeguatezza della educazione sanitaria, alla scarsità delle norme legislative, alla scarsa conoscenza dei problemi vaccinali da parte di taluni medici. Proprio in questo periodo in cui si registrano sempre più di frequente insuccessi nella chemio ed antibiotico terapia, si sente la necessità della applicazione sempre più estensiva della profilassi vaccinate. E' pertanto da ritenersi non inutile sintetizzare brevemente i principi su cui si basano le singole vaccinazioni.

V ACCJNAZIONE ANTI - V AIOLOSA. E' la più antica vaccinazione. Da due secoli non ha subito sostanziali modificazion.i. Il virus vaccinico si estrae da giovenche inoculate con linfa vaccinica. Viene considerata una variante del virus umano adattata al bovino e stabilizzata. Epoca della vaccinazione : la nostra legislazione impone la vaccinazione entro i primi due anni di vita. Poichè le complicanze neurologiche sono direttamente proporzionali all'età del vaccinato, sarebbe augurabile portare il limite ad un anno, anche perchè in questo periodo l'organismo tollera meglio la malattia vaccinica. Decorso della m alattia vaccinica: dopo tre, cinque giorni dall'innesto compaiono uno o più maculo papule di colore rossiccio che si trasformano in vescicole e poi in pustole ombelicate al centro. Compare di solito la febbre. • Conferenza tenuta il 12 agosto 1971 presso l'Ospedale Militare di Perugia.


6os Alla fine della seconda settimana la pustola si trasforma in crosta che cade lasciando un'ulcera che lentamente cicatrizza. Controindicazioni: si rinvierà la vaccinazione in tutte le malattie acute febbrili, negli eczemi e affezioni cutanee. Controindicazioni assolute sono le cerebropatie, l'epilessia e malattie croniche debilitanti. Reazioni vaccina) i e complicanze: nel corso della vaccinazione si possono presentare verso l'ottava decima giornata eruzioni allergiche generalizzate, facilmente curabili con antistaminici. Come complicanze si possono avere: - eczema t'accùzico: è dovuto alla diffusione di pustole vacciniche nelle zone ricoperte da eczema. Per l'estensione della lesione, la possibilità dell'impianto di germi piogeni va considerato una complicanza molto grave; - vaccinia diffusa: a volte nel corso della prima vaccinazione si ha la comparsa di una eruzione generalizzata a tutto il corpo, data da vescicole che evolvono in pustole. Può portare a morte con il quadro di sepsi generalizzata; - tiaccittia progressiva: è caratterizzata da una eruzione che compare a poussèes successive. Gli elementi cutanei confluiscono dando ulcerazioni profonde della cute e del sottocutaneo senza tendenza a guarigione. Questa complicanza è sempre mortale; - uaccitJia cancrenosa : può intendersi come una variante della forma precedente con estensione ed approfondimento locale della lesione iniziale. Prognosi molto grave; - e7Jcefalite uaccinica: è la complicanza più frequente. Non compare quasi mai prima del dodicesimo mese di vita. E' frequente nella prima vaccinazione, è rarissima nelle rivaccinazioni. L 'età più colpita è fra i quattro e i dieci anni. Sintomatologia: i primi sintomi compaiono nel corso della seconda settimana di vaccinazione: febbre, cefalea, vomito, convulsioni, paraLisi di nervi cranici o periferici, positività di segni meniogei. La mortalità si aggira sul trenta per cento dei casi. La terapia consiste in antibiotici, gammaglobuline e cortisonici. La profilassi consiste nella esecuzione della vaccinazione entro i primi dodici mesi di vita. VACCINAZIONE ANTITUBERCOLARE.

Questa vaccinazione è ormai applicata su larga scala in molti Paesi del mondo con risultati ottimi. Purtroppo nel nostro Paese tale vaccinazione non è di uso corrente. Ciò è molto probabilmente dovuto al fatto che esistono in Italia due tipi di vaccino: il B.C. G. (usato in tutto il mondo) e il V.D.S. (di concezione italiana). Ma ormai le statistiche mondiali sulla provata efficacia


oo6 della vaccinazione antitubercolare impongono il suo uso abituale qualsiasi sia il tipo di vaccino considerato migliore. La durata della sensibilizzazione si valuta in genere sui tre cinque anni, però la effettiva protezione va oltre questo periodo. Epoca della vaccinazione: nei Paesi a bassa incidenza delia malattia la vaccinazione può essere fatta al sesto anno di vita, in quelli ad elevata incidenza deve essere fatta alla nascita. Nel nostro Paese l'epoca di elezione è il secondo anno di vita. La vaccinazione si praticherà ai bambini tubercolina negativi e non esposti a contagi. Con la cuti- reazione si è visto che il novanta per cento dei soggetti vaccinati alla nascita sono ancora tutti positivi al settimo anno di vita. Dopo questo periodo sarebbe opportuno ripraticare una vaccinazione. La somministrazione del vaccino può avvenire per via orale o per via intradermica. Complicanze: le complicanze generali sono inesistenti in soggetto cutinegativo. Se invece la vaccinazione viene praticata in corso di infezione tubercolare si assiste alla comparsa di febbre e alla rapida evoluzione della lesione locale. Le complicanze locali sono date da adeniti regionali con .fistolizzazione. Sono forme caratterizzate da benignità di decorso e da breve durata. V ACCINAZIONE ANTJDIFTEJUCA.

Il vaccino è costituito da anatossina difterica, ossta tossina resa atossica con trattamento termico e con formolo. Oggi si usano anatossine precipitate ed adsorbite su sali di alluminio, che fungono da stimolatori della risposta anticorpale. Nella vaccinazione di base già dopo quindici o venti giorni dalla prima iniezione si hanno anticorpi antitossici in giro e già dopo sette, dieci giorni dalla seconda, si ha il livello protettivo. Dopo la prima vaccinazione lo stato immunitario persiste per un periodo di circa un paio di anni. Quindi il richiamo antidifterico deve essere fatto entro i dodici mesi dalla vaccinazione di base. L'epoca in cui deve iniziarsi la vaccinazione è al secondo trimestre di vita. Sarà necessario eseguire un primo richiamo dopo dodici mesi e poi una serie di richiami spaziati ogni tre anni. Reazioni vaccina/i e complicanze: nella vaccinazione antidifterica si introducono nell'individuo proteine estranee che possono dare reazione locale e generale. Nella prima vaccinazione le reazioni sono eccezionali, mentre divengono più frequenti nei richiami successivi. Si può avere edem a ed arrossamento locale e dolori lungo l'arto. Fra le complicanze si segnala la nevrassite per quanto sia molto rara. Controi12dicazioni: temporanee sono tutte le malattie acute, la gravidanza, l'allattamento, l'eczema, l'orticaria. Controindicazioni assolute sono le malattie croniche debilitanti ed anche il diabete.


V ACCINAZIO!'fE ANTITETANlCA.

Ancora oggi il tetano rappresenta una malattia di una certa frequenza e di elevata letalità. La vaccinazione antitetanica rappresenta il mezzo efficace c privo di pericoli per la sua scomparsa. La vaccinazione viene praticata con anatossina tetanica. Si praticano due introduzioni a distanza di tre o quattro settimane ed una terza dopo sei mesi. Si è visto che la reazione anticorpale è ottima dopo la seconda introduzione e ancorpiù dopo la terza. Già alla fine del primo anno il titolo anticorpale diminuisce e quindi dal secondo anno in poi vi è bisogno di richiami periodici. Come vaccinazione profilattica verrà unita a quelb antidifterica e pertossica e si inizierà al terzo mese di vita. Si praticheranno tre somministrazioni a distanza di un mese l'uno dall'altro. Il primo richiamo con vaccino triplo si farà dopo un anno. Reazioni vaccina/i e complicanze: le reazioni vaccinali e le complicanze sono simili a quelle della vaccinazione antidifterica ma sono poco frequenti. Le controindicazioni sono temporanee e determinate da malattie acute. VACCINAZIONE ANTIPERTOSSICA.

La pertosse è malattia frequentissima nell'età infantile e soprattutto nel primo anno di vita. E ' una malattia ad elevata mortalità. E ' ormai dimostrato l'ottima risposta anticorpale allo stimolo vaccinale. L'inizio della vaccinazione è al terzo mese di vita, si potrà però ricorrere alla vaccinazione anticipata nel caso che il neonato viva in ambiente contagiante. E ' necessario un richiamo dopo circa dodici mesi. Reazioni vaccina/i e complicanze: è frequente la formazione di un nodulo che si riassorbe lentamente. A volte compare febbre con convulsioni. La complicanza più grave è la ncvrassite, per altro eccezionale. Le controindicazioni temporanee sono date da tutte le malattie acute, le permanenti sono date dalle encefalopatie in genere. Vaccinando al terzo mese c facendo il richiamo a distanza di un anno si è visto che il livello anticorpalc è ancora efficiente dopo tre o quattro anni. V ACCINAZJONE t\NTIPaLIO.MIELITICA.

La vaccinazione antipoliomielitica ha drasticamente ridotto la morbilità e la mortalità per questa malattia. Per la sua applicazione si considerano due vaccini. 0 I vaccino tipo Salk. Esso viene preparato con virus coltivato su cellule renali di scimmia ed inattivate con formolo.


6o8 Si pratica una vaccinazione di base con tre iniezioni intervallate di quattro settimane e seguite da un richiamo dopo un anno e richiami successivi dopo due anni. 2 " vaccino tipo Sabin: si tratta di virus vivi attenuati con successivi passaggi su cellule renali di scimmia e capaci di moltiplicarsi nel canale intestinale dell'uomo. Con tale vaccino sono stati vaccinati milioni di uomirri e i risultati :1 distanza di anni si possono considerare ottimi. La capacità immurrizzante del vaccino è molto rapida, infatti già ad una settimana dall'ingestione delJa prima dose, inizia il movimento immunitario. Il tasso anticorpale si riduce lentamente dopo un armo e quindi sono necessari richiami periodici. Con il vaccino tipo Salk è consigliabile la vaccinazione al quarto mese. Con il vaccino tipo Sabin si inizierà al terzo mese, si faranno tre introduzioni con un richiamo al nono mese e successivo richiamo ogni tre o quattro anni.

Reazioni vaccinali e complicanze: le reazioni da virus inattivato e da virus attenuato sono praticamente inesistenti. Per la vaccinazione da virus inattivati non esistono in pratica controindicazioni. Per il virus vivo ed attenuato le controindicazioni sono date da tutte le enteriti e sindromi da malo assorbimento. In tali casi la vaccinazione va fatta con virus inattivati. VACCINAZIONE ANTITIFO PARATIFICA.

Ancora oggi non si dispone di un vaccino ad elevata attività immunizzante e privo di pericoli. Si usano germi uccisi a calore. La durata dell'immunità è molto incerta in quanto si è visto che anche nei vaccinati dosi elevate di germi possono provocare la malattia. La vacci_nazione in genere da febbre con edemi nel luogo dell'iniezione, si possono poi avere stati di collasso con reazioni allergiche diffuse. Le controindicazioni sono numerose e vanno dalle malattie ~!Cute alle forme allergiche e alle malattie cardiache e renali. CoNSIDERAZIONI CONCLUSI v E.

La pratica della vaccinazione deve essere considerata uno dei cardini della m ~dicina dell'infanzia. E' necessario che il medico, e i genitori e rutti co1oro che sono interessati alla cura del bambino acquistino una conoscenza dei problemi vaccinali in modo che le vaccinazioni s1ano quanto più precoci ed estese. In questo ha importanza la propaganda sanitaria a tutti i livelli sociali della popolazione. Infatti l'efficacia della campagna di stampa per la vaccinazione antipoliomielitica renderebbe auspicabile che simile metodo venga usato in modo estensivo per tutte le vaccinazioni.


RECENSIONI DI LIBRI

PULCINELLI M.: Lesioni atomiche. Aspetti tecnici, clinici e organizzatzvt. bilimento Arti Grafiche Amelia, Roma, Pagg. 280, L. 5.000.

Ed. Sta-

L'A. con questo libro si è proposto il fine di esporre in man.iora remplice e piana, facilmente accessibile anche ai non iniziati, w1a materia difficile e complessa, quale è quella degli effetti biologici delle radiaz-ioni ionizzanti. Bisogna dire subito che questo intento è stato pienamente raggiunto dal Pulcinelli Il libro infatti si legge con la massima facilità, ed i suoi vari capitoli sono di piacevole lelltUra, di grande interesse, e di notevole utilità anche per coloro che già conoscono la materia. Pulcinelli possiede l'arte di volgarizzare e di rendere accessibili e piacevoli alla lettura concetti scientifici molto difficili a capire c ad esporre, quali sono quelli attinen:.i alle Scienze nucleari. Per facilitare la comprensione delle lesioni da radiazioni ionizzanti l'A., molto opportunamente, premette ai capitoli specifici nei quali questa materia viene tranata, alcuni capitoli di fisica nucleare, dì fenomenologia delle esplosioni nucleari e di radiomea-ia. Questa materia, ohe per se stessa è molto complessa e difficile, viene resa di facile lettura dall'arte ·semplificatrice dell'A. I capitoli specifici della trattazione - Nozioni di radiobiologia e radìopatologia, Lesioni da raggi, Contaminazione radioattiva, Organizzazione del soccorso sanitario nell'emergenza atomica - sono trattati -con profonda competenza di scienziato che ha dedicato alla materia lunghi e appassionati anni di studio. Non dobbiamo dimenticare infatti che Pu:lcinelli è diventato uno specialista in Scienze nucleari .facendo rparte attiva, per un lungo periodo di ·tempo (diversi anni), di un grande Centro nucleare militare interforze, conosciuto in Italia e nel mondo con j[ nome di C.A.M.E.N. (Centro applicazioni militari energia nucleare), che sorge a S. P.iero a Grado presso Pisa. Tra i vari capitoli, tutti eccellenti, è da segnalare quello sulla contamirutzione radioattiva, campo nel quale l'A. ha acquistato una par.ricolare competenza. Siamo cef'Ù che l'opera del Pulcinelli, scritta con particolare competenza e con ammirevole passione di studioso, incontrerà il favore non solo di un largo stuolo di medici, ma anahe di un vasto pubblico amante degli aggiornamenti culturali. Può interessare i colleghi medici la notizia che il libro è in vendita presso l'A. al prezzo di sole L. 3.000 anzichè al prezzo di copertina che è di L. 5.000.

c. ARGHIT11J

DELFINI D., PRINZIVALLI V.: Pensioni civili. -

U.T.E.T., Torino, L. 3.200.

La legislazione sulle pensioni statali non è certamente di quelle che stimolano Ùliz.iaùve di studio: le ·ragioni di ciò sono tante e non è il caso di ricordarle, essendo qui sufficiente constatare che per la mancanza di tali apporti l'isti~uto della quiescenza,


61o nei suoi molteplici problemi giuridici e di medicina legale, è tuttora, nonostante il suo quasi secolo di vita, per molti aspetti ancora da scoprire. Per questo, ogni pubblicazione che rechi un contributo, quale che sia, alla nostra materia deve essere accolta con compiacimento. Ciò crediamo possa dirsi per la tl'ecentc opera di due magistrati della Corte dci Conti, D. Delfini e V. Prinzivalli, i quali hanno esposto in modo organico gli istituti della pensione statale, quali r~sultano dal complesso normativo vigente, tenendo conto della loro attuazione secòndo la prassi amministrativa, la giurisprudenza della Corte doi Conti e le 'Pronunce emesse da quest'Organo in sede di controllo. Gli AA. non hanno mancato di citare tutte le sentenze della Corte costituzionale nella materia e di indicare gli effetti, talvolta rilevanti, che esse hanno avuto nel sistema normativo. Del libro a noi interessa segnalare principalmente la •parte che è stata dedicata alla pensione privilegiata per il rilievo dato ai temi della causalità ed alla puntuale esposizione delle procedure per l'accertamento della dipendenza da c:JJusa di servizio ddl'invalidità o della morte del dipendente statale. M_ CICONE


RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

BIOLOGIA CRRJU 0., VALOUllONE G.: La teoria molecolare della memoria e gli agenti chimici che la infl~Knzano. - Bollettino Chimico Farmaceutico, xo8, 6, 19(59.

Numerose ricerche e notevoli progressi sono stati compiuti in questi ultimi anni nelle ricerche sui processi della memoria c dell'apprendimento, ricerche tese soprattutto a trovare una struttura anatomica c biochimica che sia di base all'esplicarsi della funzionalità mnemonica. La memoria è un termine globale con il quale ci si riferisce contemporaneamente ai processi correlati di acquisizione, immagazzinamento e successiva utilizzazione delle informazioni derivanti dall'esperienza. Secondo la teoria molecolare della memoria il ricordo di una precedente esperienza viene « immagazzinato » nel sistema nervoso mediante 1:1 .neoformazione o la trasformazione di una molecola, o di un gruppo di molecole, che possono venir definite << engramma molecolare » o << traccia mnemonica ». Tra i vari tipi di molecole una particolare importanza è data al sistema D A- RNA proteine e cioè al meccanismo della biosintesi proteica di cui gli AA. tracciano una breve sintesi. Il processo si svolge in due momenti distinti indicati rispettivamente col termine di <<trascrizione » e di «traduzione)). Il primo avviene nel nucleo e consiste nella trascrizione del messaggio genetico insito nel DNA e determinato dalla specifica sequenza delle basi costituenti il DNA stesso suii'RNA messaggero (RNA m). Il secondo avviene a livello dei ribosomi: l'RNA m, qui trasferito, determina la specifica sequenza dei nudeotidi componenti l'ordine degli aminoacidi, traspo11tati dall'RNA .solubile, sulle proteine biosintetizzate. La convinzione dell'importanza della biosintesi protcica è basata su una serie di dati sperimentali di cui i più imponanti sono: a) cambiamenti di composizione deli'Rl"lA cerebrale o cambiamento del raf>porto DNA- RNA- proteine, per aumento <idla sintesi o di proteine o di RNA, in animali da esperimento sottoposti a determinati esercizi di allenamento; b) )'jnfluenza negativa esercitata sui processi della memoria da parte di sostanze che bloccano la sintesi protcica come la puromicina e la ciclocximide; c) il trasferimento di un'esperienza acquisita, mediante iniezioni di estratti di materiale cerebrale, da animali allenati ad eseguire particolari esercizi in animali non allenati. Numerose critiche sono state mosse a questa steoria, incentrate soprattutto sul concetto di unicità <iell'acido ribonuclcico quale unica espressione dcll'engramma molecolare. E' probabile che oltre al sistema DNA - RNA- proteine partecipino al processo della memorializzazione anche i lipidi complessi delle membrane sinaptiche, gli enzimi attivanti (tipo RNA- polimerasi), gli ormoni l'ossigeno e li l glicogeno cbe forniscouo l'energia necessaria alle varie fosforilazioni ossidative e altri fattori di crescita quali la Tiroxina e le vitamine B1 B2 Bn B 1 ~ e C. Dopo una breve esposizione sulle possibili basi biochimico - patogenetiche di alcune alterazioni mentali, gli AA. passano a trattare il problema dei farmaci della memoria, sia in senso bloccante quali mezzi di studio dci processi della mcmorializzazione, sia


6r2 dal punto di vista nettamente farmaceutico e cioè dei farmaci stimolanti e potenzianti della memoria. Le sostanze bloccanti la biosintesi proteica agiscono a di,·crsi livelli: 1) agenti che inibiscono la replicazione del DNA inibendo l'enzima D TA- polimerasi (porfiromicina, novobiocina, raggi ultravioletti); z) inibitori della sintesi dell'RNA (attinomicina); 3) inibitori della traslazione dell'ItNA, cioè del pas.saggio dell'informazione gt· netica sulla sintesi proteica (puromicina, cloramfenicolo, ciclocximide, streptomicina c tctJraciclina). Per quanto riguarda il campo dei farmaci potenz,ianti la memoria, purtroppo questo è il meno cieco di contributi fondamentali. Oltre alle varie ''itaminc, acido glutamnico fosforilserine ecc. che sono stati adoperati con più o meno ~ucccsso, altri farmaci sono stati recentemente introdotti in commercio tra questi il piritonolo cloridrato che sembra accelerare il trasporto del glucosio nelle cellule nen·ose, estratti di acido ribonucleico (ribaminol) che sembra attiverebbe il sistema preposto alla sintesi di proteine cerebrali e altri. In questi ultimi anni si sono imposti all'artenzione dei ricercatori i derivati dell'ossazolidina che mostrano una duplice azione neuro - stimolante e neuro coordinatrice, con indica7>ioni specifiohe per il trattamento del torpore intellettuale, amnesia, incapacità di concentrazione.

P. TARRONl

MEDICINA AERO-SPAZIALE Do:-:ATELLI

L.: l farmaci nella M~dicina aero - spaziak -

Minen•a Medica, 6o, zo,

843, 1969· L'avvento dell'era spaziale ha interessato molti campi di ricerca tra cui quelli di varie discipline mediche; in panicolarc in campo farmacologico ha suscitato una corrente di ·indagini .sperimentali indirizzate alla risoluzione dci diversi problemi farmacologjci attinenti ai voli spaziali. G li agenti aero - spaziali, radiazioni ionizzanci in primo luogo e poi distermic c variazioni d'umidità, forze accelerative e decclerativc variazioni di pressione, ipossia, ecc., possono modificare le caratteristiche fisiche e fisico- chimiche e quindi medicar mentosc c tossiche dci farmaci. Queste modilìcazioni possono essere sia quantitative, nel senso di variazioni in più o in meno della capacità terapeut\ca degli effetti coll:tterali e tossici (antistaminici digitalici sulfanilamid ici), che qualitative, nel senso di soppressione di ogni capacità terapeutica o di trasformazione di essa in un'altra non richiesta nè utile (anritcrmici). Gli stessi agenti aero- spazi ali agiscono in senso patologico sull'uomo operante nello spazio; si viene così a configurare una patologia aero- spazi ale contro le molteplici manifestazioni delia quale sono usati svariati farmaci specifici. Cont-ro le condizioni d'ipossia, oltre all'02 e alle miscele di 02 con co! al s% in maschere, tute spaziali, cabine pressurizzate, hanno buona efficacia anche il blu di metilene e il cloruro d'runmonio mentre un'efficacia ridotta o incostante hanno gli analettici respiratori. Comro i disturbi provocati dai fenomeni d'accelerazione e decelerazione (dispnea, ipertensione polmonare, edema polmonare, ecc.) sono usati analgesici antidispnoici, ipotensivi polmonari e specificamente l'isoproterenolo, mentre .il metaraminol si è dimostrato il farmaco ideale per accrescere la tolleranza individuale all'accelerazione. Contro l'atrofia muscolare causata dall'imponderabilit?t sono usati i farmaci rabdomiotonizzanti mentre contro la demineralizzazione ossea, grave soprattutto nei voli di lunga durata attuai-


mente c'è poco da fare. I più attivi farmaci anticinerosici sono la josdna e la difenidramina. Un grave pericolo per l'astronauta è costituito datle radiazioni cosmiche; pwtroppo i farmaci disponibili hanno un'azione preventiva solo a condizione che si trovino a concentrazione ottimale nell'organismo al momento dell'irradiazione e in questo caso non eliminano la sintomatologia ma riescono solo ad attenuarla e ad accelerare il pe,. riodo di ripresa. 11 maggior grado di protezione contro dosi letali di raggi X è dato dalla sommtinistrazione orale ed endovenosa di composti tiolici (2-aminoetilisotioronium) uniramence a dosi comarigene di barb<iturici. Anche malattie di origine terrestre possono manifestarsi durante un volo spa.z;iale e, date le modilìcazioni che le azioni dei farmaci .subiscono nelle condiz1oni aero- spaziali, si ~mpone al medico il problema di adattare la nonna!e terapia medicamentosa alle nuove esigenze, innanz.itutto compiendo ·un'a·Henta cernita dei farmaci ed eliminando quelli che possano favor.ire l'insorgenza di stati patologici aero - spaziati (ad esempio tutti gli ipossiemizza.nti), poi, fat ta la scelta in base ad un'·esatta valutazione dei possibili benefici e dei possibili o6fett.i dannosi del farmaco, adattare le sue attività farmaco- dinamiche, più o meno modificate, alla nuova situazione con variazioni della posologia o del ritmo della somministrazione. A parte i farmaci da utilizzare a scopo preventivo o curanìvo contro malattie d'origine spaziale o terrestre, vanno presÈ in considerazione anche quei farmaci che esplicano effetti utili pe-r la riuscita dell'impresa, cioè i cosiddetti « coadiutori spaziali »; tra qu~ri vi sono i farmaci sterilizzanti la cabina (come l'ossido <li etilene) o l'astronauta in modo da non contaminare l'ambiente extraterrestre raggiunto e quiri<li i campioni da esso prelevati; gli stimolanti psìchici e i trofici del SNC utili nei momenti in cui massima ·deve essere la lucidità dei piloti come •per esempio nel rientro nell'atmosfera; e inoltre tutti quei farmaci che contribuiscono a risolvere alcuni gravi problemi che insorgono in voli di lunga durata, ·relativi sia alla rigenerazione dei gas e dei liquidi biologici, sia al rifornimento alimen·tare e all'allontanamento dci rifiuti.

P. TARRONI

MALATTIE DELLA NUTRIZIONE RosEN E. U.: The controversia/ role of magnesium in protein - cal01·ie malnutrùion. Am. Heart J., 1971, 82, I- 3· E' noto che i bambini affetti da malnutrizione calorico- proteica sono propensi a notevoli disturbi elettroLitici ed è noto che, in questi casi, l'uso del potassio endove•a abbia a volte migliorato drammaticamente la frequenza di sopravvivenza. Recentemente però l'attenzione è stata rivolta anche al magnesio, specialmente quan<lo l'uso della spettrofotometria ba permesso di misurare con una certa facilità i tassi di questo elettrolita nei liquidi organici (urine, plasma, siero), oltre cbe naturalmente nel materiale bioptico muscolare. In realtà i da~i veramente scientifici sarebbero quelli risultanti da misurazioni del magnesio intracellulare (come per il potas-sio), ma si è visto ohe, quando vi è una deplezione di magnesio, i livelli nei liguidi organici (urine, pla.sma, siero) cadono virtualmente a zero, per cui essi sono praticamente sufficienti per impostare una diagnosi di deplezione magnesiaca. Clinicamente è stato riferito che 1 sintomi della deplezione magnesiaca sono rappresentati da tremori, contratture, convulsioni, anoressia, insonnia, iper-irritabiLità, tpo-


tensione arteriosa, ipoterm:ia e modifìcazioru ecgrafìche. Interessanti sono stati gli studi eseguiti in bambini malnutriti della Nigeria, nei quali era stata .iniziata una terapia « double- blind )) per documentare l'effetto terapeutieo della sommùnistrazionc di magnesio endovena, ma poi, dati <Ì risultati brillanti ottenuti nei ban1bini trattati, si è arrivati alla decisione di trattarli tutti con questo elettrolito. Purtroppo non è stata eseguita alcw1a misurazione della magnesiemia. Un altro studio similare è stato condotto dall'A. in bamhini malnutriti del Sud Africa, anch'esso << double- blind >J , ma in questa serie furono determinati i livelli plasmatici del magnesio, tutti bassi. Però i risultati .sono stani completamente negattv1, perchè la mortalità è stata uguale sia nei bambini ·trattati che in quelli non trattati, oltre al fatto che mancavano perfino i segni clinici della deplezione magnesiaca. E' stata studiata anche la possibilità che il solfato di magnesio ·somministrato per via parcnterale non fosse assorbito nei bambini con malnutrizione del tipo kwashiorkor, a cau·sa dell'edema, ma è stato <:limostrato che l'assorbimemo parenterale è rapido ,. che il livello plasmatico del magnesio -sale normalmente. Secondo l'A. la disorepanza nei risultati .delle due serie d·i bambini, in Nigeria e nel Sud- Africa potrebbe essere spiegata dalla diMerenza del contenuto di magnesio nelle diete di questi bambini, ma questa ipotesi non permette di spiegare perchè spesso i pp. più guvementc affetti con i li velli plasmatici più bassi d i magnesio del Sud - Arrica non abbiano mostrato alcuna risposta .significativa alla terapia. Ulteriori studi clinici sollO ovviamente necessari per potere stabilire l'importanza della terapia con magnesio nella malnutr>izione proteico - calorica dei bambini. lliLCHIONDA

CARDIOLOGIA B. M.: Mit1·al stenosis a.nd insufficiency: a complication of healed bacterial endocarditis. - Am. H cart J., 1971, 82, 39 - 42·

BENlSCH

La stenosì a<:<Juisita della mitrale è quasi sempre il risultato di una valvulitc reumatica e sinora, ,riferisce l'A., non risultano descritti casi di .steno~i mitraliche risultanti da vegetazioni batceriche calcificate. Egli ripor·ta tre casi occorsi in soggetti di età adulta ed anche piuttosto avanzata (un uomo di 38 anni, una donna di 6o anni ed un uomo di 81 anni). Tutti questi soggetti avevano i -segni clinici di uno scompenso congostizio da steno- insufficienza mitralica. Nei prumi due si era pensato che essa fosse la conseguenza di una valvulite reumatica. L 'esame autoptico ha dato risultati interessanti, ill quanto erano presenti voluminose vegetazioni sul lembo posteriore <:Iella mitralc, calcificate, indovate su lembi mitralioi ulcera ti cd ostruenti l'orifìcio atrio- ventricolare, mentre la circonferenza dell'anello mitralico per se -stessa era normale o solo lievemente din1inuita. L'esame istologico permise di escludere una origine reumatica e d i concludere per una endocardite batt-erica guarita. In precedenza sono stati dcscri~ti casi di endocardite batterica subacuta r isultanti in una insufficienza m itralica, ma mai in una stenosi. Tutti- i pp. avevano ricevuto in precedenza. una terapia antibiotica e ciò, riferisce l'A., può avere accelerato o perfino iniziaco la .guar igione di una endocar-dite batterica misconosciuta. Pertanto una endocar-dite batterica guarita ed insospettata dovrebbe essere iudusa nella diagnosi differenziale della. steno- insufficienza rnitralica, particolarmente dato l'uso corrente diffuso della terapia antibjorica. MELCHIONDA


HARRIS

C., WJSS J. Jr., 0AKLI?.Y C. M. : Fixed splitting of thc sccond heart sound ÙJ

ventricular scptal dcfcct. -

Brit. Heart J., Hf7I, 33, 428- 431.

Si afferma comunemente c.he uno sdoppiamento ampio e fisso dd II tono cardiaco sia un segno importante per la diagnosi di difetto del setto atriale c di importanza differem·Jia\e con il difetto del setto ventricolare. Vi è intanto da precisare che nei us pp. con difetto del setto atriale descritti da Aygen e Braunwald, se 87 mostravano in realtà una fissazione di deuo sdoppiamento con gli ani del re!>piro, in 28 vi era un aumento medio di o,or" con la iuspirazione. [nolrre gli stessi AA., pur affermando che nel difetto del setto ventricolare lo sdoppiarnento ampio aumentava normalmente con la inspirazione, riferivano anche che detto- sdoppiamento aumentava con la inspirazione di solo o,o2", cioè di una quantità molto inferiore alla variazione che si osserva nei soggetti normali. Sollecitati da una impressione eli n ica che nei difetti del setto ventricolare la variazione respiratoria dello sdoppiamento del II tono fosse minore del normale, gli AA. hanno pensato di eseguire una ricerca fonocardiogra1ica precisa ti n I r casi scelti fra soggetti presentanti un difetto del setto ventricolare documentato con il cateterismo, esenti da altri difetti cardiaci, da blocco di branca destra o sinistra completo, da ipertensione polmonare e di età tale da potere collaborare utilmente durante la ricerca. I loro risultati indicano che in molti pp. con difetto del setto ventricolare la variazione normale respiratoria dell'intervallo A~ - P 2 può essere ridotta, talè che, in quei soggeni in cui detta variazione era di o,or" o meno, lo sdoppiamento poteva considerarsi praticamente fisso, sia perchè questo lieve grado può essere os.-;ervato anche nd difetti del setto atriale, sia pcrchè l'intervallo fra due loni deve essere almeno di 0,02" perchè essi possano essere considerati ascoltatoriarnente distinti e separati. La spiegazione per la fissit~ respiratoria dello sdoppiamento del II tono proposta da A ygcn e Braunwald e comunemente accettata e cioè che nel difetto del setto ventricolare lo shunt sia diastolico, mentre nel difetto del setto ventricolare è sistolico e quindi incapace di influenzare il precarico ventricolare destro, è infirmata dalle ricerche di Wood che ha dimostrato che anche nel difetto del setto ventricolare una quantità discreta di flusso di sbunt può occorrere in diastole, tale da cancellare la variazione respiratoria nella ponara ventricolare. L'aumento del ritorno venoso sistemico al ventricolo destro in inspirazione può risul<rare in un ridotto flusso di shunr diastolico per quel ciclo cardiaco, mentre la riduzione del ritorno venoso sistemico in espirazione potrebbe risultare in un aumento dello shunt sinistro - destro, avendosi così conseguenze analoghe a queUe viste nel difetto d el setto atriale. 11 fatto che lo sdoppiamento dd TI tono nei difetti del setto ventricolare non sia esattamente fisso, ma variante da o,or" a 0,02" con la respirazione suggerisce che lo shunt diastolico non è precisamente accoppiato al flusso attraverso le vie normali, essendo sufficientemente minore per smòrzare la variazione respiratoria normale, pur non abolendola completamente. Questo non completo accoppiamento può cllpendere dalla grandezza del foro settale, anche se questa interpretazione è solo un'ipotesi non ancora suffragata da precisazioni con il catetere a fibre ottiche. Comunque sia, è importante per ora precisare che un grado relativo di fissità dello sdoppiamenco di un II tono ampiamente sdoppiato non rappresenta una garanzia sufficiente per la presenza di un difetto del setto atriale. M EJ,CHI ONDA


'SOMMARI DI RIVISTE MEDICO-MILITARI

INTERNAZIONALE REVUE JNTERNATIONALE DES SERVIOES DE SANTI DES ARM.ÉES DE TERRE, MER ET DE L' AIR (A. 44", n. 7- 8, 1971): Towtu:r A. A.: La futura organizzazione degli Ospedali militari e la prestazione delle cure; Malcom f. E.: Trattamento dei civili negli ospedali della R.A.F.; Thob C. M.: La posizione dell'ufficiale di amministrauone nell'Ospedale Militare francese dell'avvenire in tempo di pace. ITALIA ANNALI DI MEDICINA NAVALE (A. LXXVI, fase. IV, luglio --settembre 197r) : Strac(}a M.: Valutaz-ioni psicologiche e previsioni del successo in Accademia Navale; Stigliano G., Testuzza C.: Considerazioni sullo studio della taurina e il suo possibile impiego terapeutico in campo radiobiologico; Pezzi G.: Bruno Falcomatà nel trentennale dell'impiego dei mezzi d'assalto della Marina contro la base dì Malta. FRANCIA REVUE DES CORPS DE SANTÉ DES ARMÉES DE TERRE, DE MER ET DE L' AIR (V. XII, n. 4 agosto 1971): Leone, Picard: Il servizio di urgenza e le cure intensive nell'Ospedale di addestramento delle Forze Armate a Val de Grace; Eydan: Partecipazione di un servizio di rianìmazìone e anestesiologia alla rianimazione in ambiente extraospedaliero; Lt:terrie,., Mewiie,.: Studi spettroscopici e analitici di qualche composto psìcotropo; Bourrel, Blanche, Maistre : Sindrome da zaino militare; Lachaud, Salvagnac, Asseo : Alterazioni funzionali dell'elettroencefalogramma nei giovani; Duboureau, Saby: Trattamento delle distonie neurovegetative a mezzo del composto metilperidolesadifano. LE MEDECIN DE RESERVE (A. 6]", n. 4, setten1bre -ottobre 1971): Rouch: barotraumatismi nell'esperienza etologica in seno alle Forze Armll'te; Desfontaine: Il servizio di Sanità nella 673 Divi-sione; Decherneux G.: Storia dell'Unione Nazionale degli Ufficiali medici della Riserva nel Belgio; Bosly M. H.: TI diritto umanitario è una realtà <lei XX secolo? GRECIA HELLENIC ARoMED FORCES MEDIC.A.L REVIEW (Vol. 5, n. 3, june 1971): Schizas N., Caroyannis C., Michalopoulos C. D., D'emertzis D., Tamvakis N., Vakalìs N.: La febbre reumat1ca nell'Esercito. Uno studio di 256 casi; lerodiaconou Ch., Totu·mouzis T h., Theodoridis C.: Il quadro clinico nella fase iniziale della schizo&enia; Rossis C.: Trattamento locale delle ustioni con un velo di Soframicina; Albalas B.:


L'influenza delle basse temperature sulla sopran-ivcnza di ceppi tossigeni di stafilococco aureo nei cibi; K~vr~kidis G., Sarafionos V., Moschos M.: Essudato pleurico eosinofilo. Studio di 6 casi; Vafiadis S.: Manifestazioni ossee nell'insufficienza renale cronica; Tsakraklidis V., Liappa- Tsakroklidi E.: Sul significato immunologico dd timo; Kotsifopoulos P.: Trasporto enzimatico di cationi attraverso la membrana cellulare; Panta::opoulos Th.: C'..omplicazioni della dislocazione traumatica dell'anca; Angelidis A.: Il substrato anatomico della coscienza; Tsakraklidis V.: Timoma associato a sindrome di Cusingh e a simomi di miastenia grave; Costeas Fr., Sak~llaropoulos D., Shoufas P.: Ricorrenza familiare della sindrome delle palme rosse; Kypiotis N., Symeonidìs P., Paschaloglou C., Economou C.: Su di un caso di sindrome di fessura orbitale superiore; Evangelou G., Badimaroudis f.: Fistola della regione del mento; Tossios f.: Tumori retro- peritoneali; Tiniakos G. N.: Tumore polipoide dell'ombelico S\·iluppato sui resti del dotto onfalo- mesenterico. INGHILTERRA JOURNAL OF THE ROYAL ARMY MEDICAL CORPS (Vol. u7, n. 4, ottobre 1971): Waller f. G.: Mezzi strumentali del medico di reggimento; Hoyte P.f.: Chiamate nottu-rne nella pratica di un B.A.O.R.; Stephens T. lJ., Ilannon M. N.: La organizzazione di una scuola di infermiere per il trattamento di bambini minorati; Copus P. E.: T entati suicidi nella zona est del B.A.O.R.; French C. M.: Il controllo delle oùti da piscina nell'Honduras britannico; Boyd N. A., Ali S. H.: Su di un caso di d~plasia dell'osso; L'Etang H.: Responsabilità e salute. JUGOSLAVIA VOJ'l':OSANITETSKI PREGLED (A. XXVlTI, 11. 7 - 8, luglio - agosto 1971): B. e co/l.: Decontaminazione radiologica di apparecchiature sanitarie in condizioni camp.-1li; Ceramilac A. e col/.: Significato clinico e medico legale delle determinazioni del tempo di morte; Sk()k/jev A. e co/l.: Le ferite maxillo - facciali seguite da lesioni cranio- cerebrali; Pint~r T. e co!L.: Il metodo dell'acido butitrometria nella determinazione del contenuto dei grassi nella razione del soldato; Petrovic D. e col/.: Caratteristiche degli incidentj professionali in alcuni stabilimenti industriali; Sokolovski B. ~ col/.: Azione preventiva di lona anticolerica in Macedonia; Ciko Z. ~ coli.: Per una più sicura tecnica operatoria negli emofilici. P~juskovic

VOJ ·osANITETSKI PREGLED (A. XXVIII, n. 9, :.errembre 1971): Kralj~vic Lj e col/.: ll trattamento di gruppo nei casi di feriti in stato di incoscienza; Biocina f.: Valutazione diagnostica nella fonocardiografia nella stenosi della mitrale; Gosovic S. e co/l.: Le nostre osservazioni e le nostre esperienze nel trattamento dell'embolia gassosa baro - traumatica; Krstinic S. e coli.: Contributo al trattamento delle ferite cranio · cerebrali a mezzo della ipotermia; Agoli B. e co/l.: Trattamento ritardato di strisci tonsillo- faringei su fogli di carla da filtro; Kraljevic Lj. e co/l.: Esperienze nel trattamento del cancro del colon c dci retto; Zoltner D. e coli.: Scelta del metodo r.Idiologico nell'esame del colon; H~dedus l.: Gonioabrasione nella terapia dei glaucomi congeniti; Sprung M.: Distidcosi post- emotiva; 1/ic M.: Contribuzione biochimica allo studio dell'alimentazione in condizioni eccezionali nella regione marittima e insulare della Jugoslavia; Zoltn~r D. e coli.: Corpi estranei metallici nel tratto gastro - intestinale; Kralj~vic Lj.: Sviluppo e acquisizioni di chirurg1a sperimentale nel servizio chirurgico dell'Ospedale Militare di Spalato.


MESSICO REVIST A DE LA SANIDAD MILITAR (Vol. 25, n. 3, giugno 1971): Hn-nandez R.: Progressi in cancerologia; Torres F., Boullosa S., Argomedo S., Mendoza S., De ùon D.: Trapianto ortotopico sperimentale di fegato nei cani; Lagarriga f., Benitez L.: Sindrome cerebrale acuta, anasarca e rettoragia in un alcoolizzato di 57 anni.

ROMANIA REVISTA SA~lTARA MILITARA (A. LXXIV, n. 3, maggio- giugno 1971): Suteu l., Oancea T r.: Le emorragie del tratto digestivo superiore provocate da cause rare; Jonescu M., Zeltn- E., Ciocirlie D.: La profilassi del diabete zuccherino; ,\fares E., Niculescu Gh., loan Gh.: Considerazioni su di un caso di prolasso della mucosa gastrica nel duodeno; Turcu E., Nicolau A., Vmnceanu V., A/acarie C.: Il giudizio medico - legale militare e la cura ambulatoria dei diabetici; /Jaidan N.: L'eparina sodica nella terapia oculare locale; Bandi/a T r.: Particolarità di anestesia c di rianimazione nel corso di assistenza a masse di traumatizz.ati; Crivda S.: Considerazioni sui problemi di rianimazione nel corso del trattamentò d i masse di traumatizzati; Cafrùa A., Budac A., Verdes A.: L'anestc~ia. nel corso di trattamento di masse di trawnatizzati; T uJosie A.: Problemi di anest~ia negli ustionati in particolari situazioni; lonescu C., Ciobanu M., Filipescu Z.: Qualche particolarità sul riequilibrio di malati politrawnatizzati; Teodorescu -Exarcu L., Novatsek A., Nitescu P., Bandi/a Tr.: Aspetti dell'insufficienza renalc acuta post ·traumatica nel trattamento di masse di feriti; Petre Gh. , lliescu M., Stefanescu Gr.: Problemi di primo soccorso e di rianimazioni in caso di catastrofi; Torna T., Bandi/a Tr., Cafrita A.: Necessità della rianimazione nel corso dd trasporto di masse di feriti; lonescu Fl., lercan E. , Pn-lea R.: A~petti della somministrazione di sangue conservato nel corso del trattamento di numerosi feriti; Fagarasanu R., Cristea l., Litarczek G.: I succedanei del plasm a e la loro importanza nel tratta· mento degli stati di shock in particol<Jri situazioni; Curelaru 1., Soroceanu A . M., Tudosic N.: Utilità dei m iniventilatori nell'anestesia praticata in situazioni eccezionali; D umitre.sm L . l .: Criter-i medici nella organizzazione di accena.mento e trattamento dci foci infettivi in stomatologia.

SPAGN A MEDICINA Y CIRUGIA DE GUERRA (Vol. XXXIII, n. 3-4, marzo - aprile

1971): Parrilla H ermida M.: La chirurgia. vascolare nell'ambiente militare; Escudero Saiz E.: La guerra sovversiva; Castdlote VeLa C.: Leiomioma gastrico. Studio radiologico; Piedrota Angulo G. : Contro indicazioni delle vaccinazioni; Caso Sa11z F .: La sostanza « H )) e il fenotipo Bombay; T rigueros Penalver F. : Errori e difetti nel tratta· mento delle ferite; de la T orre Fernandez f.: Il nuO\'O Ospedale di addestramenro delle Fone Armate francesi cc Begin ». MEDICINA Y CIRUGJA DE GUERRA (Vol. XXXIII, n. 5, maggio 1971): /imene;; Andrade D . : Sanità Militare Croce Rossa; Garcia Conza/ez D.: Simpatectomia nel trattamento dei traumi; Perez -lnigo Quintano F.: Un caso di cisti esofagea di origine broncogena; Gonzalez Lobo f. M., Pn-ez Ca.sas A.: Studio dell'apparato nervoso intra murale dell'intestino tenue a. mezzo delle tecniche di rivelazione istochimica dell'acetilcolinesterasi c della monoaminossidasi.


MEDICINA Y CJRUGIA DE GUERRA (Vol. XXXJII, n. 6, giugno '97•): Hcmandcz A. E.: Pneumotorace spontaneo; Merino Pcinado A.: Sindrome da asportazione della colecisti; Orts Orts ]., Pera/es Ovcnich ]. : La determinazione delle catecolamine e dell'acido vanilmandelico.

U.S.A. MILITARY MEDICINE (Vol. 136, n. 6, giugno 1971): Arthur R. ].: Il futuro della medicina è prevedibilc; Voltolina ]., Moskotvitz M. M., Kammcrer W. G.: Preparazione di un gruppo terapeutico per il trattamento di ammalati psichiatrici in ambiente na\'alc; Russel H. E., Conroy R. V., Werner J. J.: Studio dd comportamento dei suicidi nell'ambiente militare; Sma/1 E. W.: Il trattamento dei pazienti affetti da traumi masceUari; Defries H. O.: Trattamento delle ferite maxillo- facciali; Kelly J. F.: Adattamento di un innesto osseo nella perdita di un tratto maxillo- facciale ripvrtata in guerra; Beasley J. D., Bhaskar S. N., Gross A., Cutright D. E.: Effetti degli antibiotici e degli adesivi chimici nelle ferite infette; Gri/fith ]. G.: Pallone retro- nasale nell'arres[O delle emorragie; Collins W. ]. , Wells R.F.: Epatiti vira li: recenti csperien7~ all'Ospedale Generale di Brookc; N ai! R. L.: Rct·initc foveo- maculare; Fischer E. P., Dudley A. G.: Pancrcatite acuta in grav-idanza; Zoorski J. R., Evangelist F. A., Sakakibara S., Katsutlc K.: Teratoma intrapericardiaco; Bliznak ]., Ramsey f. D.: Fistola atrioesofagea secondaria a ferita da arma da fuoco del torace.


NOTIZIARIO

NOTIZIE TECNICO- SCIENTIFICHE

Progressi della medicina nel 1971. Il 1971 ci ha portato notiz-ie mediche confortanti. Ha ridotto persino il nostro timore sugli inquinamenti perchè si è dimostraro che i batteri dd terreno possono distruggere i 5 maggiori inquinanti : l'ossido di carbonio, l'ossido di azoto, l'anidride solforosa, il benzopirene e il DDT. Ci ha chiarito le cause delle rughe. Sono sei: riduzione dei muscoli e delle fibre elastiche e collagene che stanno sotto la pelle; riduzione dei filamenti, dei tubuli e delle placche che stanno dentro e tra le cellule. Per ciascuna di queste cause si son trovati rimedi preventivi e curativi. Ci ha dato ·un'infinita spcranz.a perchè ci ha dimostrato che il nostro cervello può formtll·e nuovo DNA, nuovi geni, può jo1·giare una nuova personalità. Nelle cellule umane è presente infatti un enzima che può modificare le nostre cognizioni, i nostri condizionamenti, la nostra volontà. Ci ha illuminato sui sintomi della depressione. Sono : la riduzione dell'appetito, un precoce risveglio mattutino, una maggior inquietudine nelle prime ore del giorno, una pessimistica valutazione del passato, foschi presagi per l'avvenire, e •soprattutto sintomo più assurdo - il non voler chiedere aiuto, il rifiutare la possibilità di una comprensione, di una salvezza. Ci ha informato che si può contrarre l'epatite non soltamo con le crasfus-ioni di sangue e con i cibi inquinati, ma anche attraverso un contagio per via respiratoria o attraverso punture di insetti. Ci ha dato una valida interpretazione della carie dentaria. Un certo tipo di batteri, lo streptococco mutans, aderisce al dente e vi si barrica protetto da UJ1a specie di armatura, uno zucchero solidificato, il dextrano, che esso stess-o .fabbrica. l batteri traggono poi la loro energia vitale dal fosforo contenuto nei .denti, che pertanto si sgretolano. Se il process-o anzichè sui denti avviene a livello delle gengive, i germi sgretolano le gengive e vi determinano la periodontite o piorrea. Si esige un vigore particolare nella pulizia dei denti e delle gengive se si vogliono strappare questi gerrni coperti da una testuggine di dextrano. La medicina 1971 ci ha ·dato anche il metodo per valutare la creau"vità. T alvolta questo straordinario dono prende slancio da una minorazione fisica come avvenne pcr Chopin, Leopardi, Beethoven, Nobe.l, ma occorrono anche disposizioni naturali. Come riconos-cerle? Attraverso i sogni. Ohi, destato improvvisamente durante un sogno, lo sa descrivere con accesa fantasia, numerosi dettagli e larga aggettivazione, ha mente creativa. Questo il risultato di una ricerca condot-ta in Inghilterra. Le notizie sull'influenza sono anch'esse fa:vorevoli. Non ci sarà una epidemia quest'anno. Le epidemie si verificano ogni 7- ro anni e l'ultima avvenne nel r9{)8. Vi è anche da sottolineare che nei fumatori la vaccinazione antinfluenzale induce una m inor formazione di anticorpi cd è qùindi meno efficace.


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Circa i progressi tecnici basta una notlzta: ogni mese negli Stati Uniti \'engono impiantati 5.000 apparecchi elettronici o pace makers per sostituire i nervi che regolano il ritmo cardiaco. Sulle cause della senilità si dà la massima importanza alle sostanze autoimmunitarie che si formano nell'organismo e che danneggiano tessuti e cellule. Il cortisone, l'azatioprina, l'asportazione della milza, la riduzione dci cibi e della temperatura sono tutte condizioni che frenano le sostan7~ autoimmunitarie e prolungano la vita. Si sono scoperti due nuovi metocl i per svelare la cattiva circolazione delle arterie che ·p ortano il sangue al cervello. Questi metodi, basati sulla tcrmografia e sugli ultrasuoni, consentono una specie di check- up del cervello. Essi chiariscono infatti le cause di una eventuale menomazione intellettiva e mettono al riparo dai pericoli di una trombosi cerebrale. La vita sì ~ allungata c si mantiene più a lungo giovane. Casanova a 49 anni ritenne chiusa la sua vita e si ritirò in una biblioteca della Boemia. Oggi assistiamo al matrimonio di un ultracentenario sudafricano, il signor CambTidge di 105 anni, e a quello di un inglese, il signor Simpson, di g8. Un farmaco antitumorale, il 5FU, si è dimostrato particolarmente anivo quando viene somministrato per bocca anz.ichè per vena. Ha fatto regredire alcuni tumori che si erano già diffusi dall'intestino al fegato. Un nuovo farmaco antitumorale è il Mctil GAG, che agisce anche nei tumori dell'esofago. Una notizia pratica an ti- infarto. Più ohe l'esercizio delle gambe è quello delle braccia che tiene desta la circolazione delle coronarie e l'efficien7a del muscolo cardiaco. E' da tener presente che nei fumatori che tendono ad avere una maggior predisposizione all'infarto, si possono sentire anzichè due toni cardiaci come nelle persone normali, tre toni. Un sensazionale progresso può essere definito quello che riguarda i cromosomi o strutture cellulari che portano i caratteri ereditari. Oggi con 3 nuove tc:x:niche si può vedere la loro costituzione interna, interpretarne le alterazioni, controllare l'effetto degli ormoni e dci medicamenti. Si son scoperte due nuove cure contro i calcali biliari. Una a base di lc:x:irina, l'altra a base di un normale costituente della bile, l'acido chenodeossicolico. Si applica largamente l'ossitocina alle partorienti perchè in tal modo si riesce a dimezzare la durata e i pericoli del parto sia per i bimbi che per la madre. Si è constatato che 1'8°'0 delle persone sono allergiche alle sigarette. Quando sono costrette a vivere in un ambiente dove si fuma in modo eccessivo, esse lamentano disturbi nasali e oculari, senso di costrizione al torace ed emicrania. Un test particolare sui linfociti dd sangue conferma che questi disturbi sono dovuti alle sigarette. l fumatori che smettono di fumare avvertono alle volte uno squilibrio delle loro funzioni, che col tempo si attenua e scompare. Se ne è scoperta la ragione. Il fegato del fumatore ha enzini particolarmente eccitati; la sospensione del fumo ne arresta l'attività, donde vari squilibri funzional i. Una nuova cura per redimere i dediti all'alcaol: applicando loro l'elettroshock ~i ottengono buoni risultati, perdo110 il loro vizio. Si è anche compreso perchè l'alcool ha un effetto euforico, stimolante, esaltante: esso provoca un aumento della molecola AMP, scoperta dal premio Nobel Sutherland, una molecola che mette in attività tutti i metabolismi cellulari. Anche il the e il caffè agiscono sulla molecola AMP. Quest'anno si è avuto anche il record delle gravidanze multiple : una signora di Roma a'·eva in grembo 15 feti. Sul fatto di a\·er molti figli a catena si sono pronunciati negativamente gli esperti dell'Istituto Nazionale della Salute a Bethesda- Washington. Essi affermano che i figli nati in serie senza un adeguato intervallo di 3-4 anni dimostrano una minor intelligenza.


La prevenzione dell'arteriosclerosi. L'arteriosclerosi sottrae ossigeno, forza, vigore, prontezza, duttilità alla vita ha det.t:o il Prof. D. L. Azarnoff, direttore della Lipi<l Cli.nic dell"Università del Kansas e Presidente della U.S.A. Pharmacopea, nella sua conferenza alla Fondazione Carlo Erba - se poi guardiamo i suoi danni maggiori, come l'infarto, la trombosi cerebrale, la claudicazione, ci rendiamo conto che essa sottrae IO anni alla vita media dell'uomo. Senza arteriosclerosi la vita media, che oggi è sui 70 anni, salirebbe a So c sarebbe una vita rSalda, piena, gratificante. Azarnoff ha affermato che ricercare le avvisaglie, le tracce, i segni dell'arteriosclerosi, è come eseguire il Pap- test per la ricerca dei tumori femminili; cioè si tratta <li metodo standard che può e deve essere applicato alla comunità. Laddove queste indagini sono state compiute ci si è accoai che l'aumento del colesterolo e dei trigliceriJi, cioè le due sostanze che scatenano l'arteriosclerosi, è presente nel 20% della popolazione adulta. Azarnoff prevede anche una tessera dell'arteriosclerosi dove vengono segnare le percentuali di colesterolo e trigliceridi presenti nel sangue, a cominciare dal momento della nascita, quando già si può stabilire, attraverso l'esame del sangue ombelicale, se c'è predisposizione alla malattia. Anche i fattori emotivi possono favorire l'arteriosclerosi e, tra questi, Azarnoff ha indicato ooprattutto la «ambizione ansiosa», cioè quella che :non è coronata dagli sperati traguardi. Sui fattori alimentari dell'arteriosclerosi si sono intrattenuti il P:rof. G. Crepaldi, della Clinica Medica dell'Università di Padova, che ha indicato nel baccalà e in certi particolari salumi una fonte di colesterolo, e il Prof. E. Garri, primario dietologo dell'Ospedale Maggiore di Milano, che ha esaltato il riso e la pasta, cioè i cibi ricchi di amidi, come t ipici alimenti antiarteriosclerotici, mentre ha sottolineato l'eccessivo consumo di ~ucchero della popolazione italiana, aumentato di 4 vohe negli ultimi 30 anni. Anche i legumi, in quanto contengono grassi insaturi, e la frutta, in quanto contiene pectine ed emicellulose, sono alimenti antiarteriosclerotici. Il Prof. M. Mancini, Incaricato d i Patologia Medica dell'Università di Napoli, ha mostrato le caratteristiche ereditarie di alcune forme di arteriosclerosi che debbono e possono essere vinte con l'uso combinato di iarmaci . Il Dr. Cesare Sirtori, del Centro Diagnostico dell'Arteriosclerosi dell'Istituto di Farmacologia dell'Università di Milano, ha detto elle l'arteriosclerosi che colpisce gli arti c che provoca la claudicazione intermittente o << mal della vetrina», perchè obbliga chi ne è colpito a fe11marsi ad ogni piè sospinto come se dovesse guardare delle vetrine, è legata ad un aumento dei trigliceridi più che dd colesterolo e che le donne non né sono quasi per nulla colpite, perchè hanno il ricambio dei trigliceridi assai più attivo. Ha aggiunto che il dosaggio del colesterolo e dei tdgliceridi nel sangue ha oggi un costo ancora troppo elevato, ma che in numerosi Centri voluti dal Ministero della Sanità questi esami vengono fa~ti gratuitamente.

La malnutrizione. La malnutri~ione, ossia un'alimentazione insufficiente, ritarda e spesso arresta l'accrescimento : il peso e l'altezza di un soggetto malnutrito sono quindi inferiori a quelli di un soggetto ·n ormale della stessa età. Riportando l'alimentazione a livelli adeguati si ha una ripresa dell'accrescimento e, se il periodo di malnutrizione non è stato troppo prolungato, esso può non lasciare tracce permanenti. La malnutrizione incide tuttavia in maniera diversa sui vari organi e apparati, i quali hanno un ritmo di ere-


sdta differeme. Quanto più precoce e prolungata è la malnutrizione, magg1on sono le probabilità che essa produca effetti permanenti. Cosl, i maialini sottoposti a malnutrizione nei primi giorni di vita presenteranno una struttura ossea e dentaria anomala anche se poi verranno riportati ad una alimentazione normale. La malnutrizione può essere di due tipi: proteica, se è dovuta a carenza di prcr teine, calorica, se dipende da un insufficiente apporto energetico globale. Delle due, la malnutrizione proteica è forse la più subdola e pericolosa, in quanto i segni esteriori sono meno appariscenti. I bambini colpiti da questa forma di malnutrizione possono avere corporatura abbastanza normale ed essere a volte addirittura grassi, con faccia lunare per la presenza di edema. Caratteristiche sono le alterazioni cutanee, lo stato di apatia, l'irascibilità, la depressione, e i capelli decolorati, grigiastri o rossastri, da cui il nome Kwashiorkor dato in Africa a questa sindrome, che significa appunto <<capelli rossi». La malnutrizione calorica invece non produce alterazioni della personalità, ma incide più gravemente sulla struttura corporea: peso e altezza sono notevolmente inferiori alla norma e i capelli, pur conservando il colore normale, diventano estremamente fragili c sottili. Caratteristica curiooa è che sia negli animali da esperimento che nell'uomo, il maschio sembra essere più suscettibile della femmina alla malnutrizione.

Incidenti da uso prolungato di anticoncezionali per os.

Se ne sono occupati Rosembaum e Netter (« Revuc du Praticien », 19, 2317, t96<J), rilevando taluni incidenti di minore entità, spesso sopravvalutati, cd altri non sufficientemente descritti nella letteratura. Pericolo trombo- embolico. - E' stato prospettato da molti lavori. Due Scuole si fronteggiano: da un lato studi statistici americani su vasta scala non avevano rilevato un eccessivo pericolo; dall'altro studi inglesi, su minor numero di donne, avevano messo in chiaro la responsabilità dci contraccettivi orali. Sembra che tale discordanza dipenda soprattutto dalla natura dei preparati usati (varia posologia). Vi sono, comunque, fanori che favoriscono il predetto pericolo: precedenti familiari o presenza nella donna di una iperlipidemia - che rappresenta una controindicazione formale all'uso dei contraccettivi estroprogestativi -; aumento di peso rilevante dopo l'assunzione dei contraccettivi (che deve far ricercare un prediabete o un diabete); precedenti trombo embolici. Effetto diabetogeno o lipidogeno. - Da numerose ricerche biologiche si è rilevato che gli estrogeni, provocando una secrezione esagerata di STH, dimostrata dai dosaggi plasmatici, provocano un aumento della secrezione di insulina. Ciò può essere svelato non dalla secrezione a digiuno, ma dalla prova della iperglicemia provocata. In una donna prediabctica o diabetica le condizioni possono aggravarsi con i contraccettivi orali onde la necessità di fare un bilancio gluc.dico. Aumento di peso. - Sino a 2 kg può essere considerato normale ed è determinato da varie cause (discreta ritenzione di Na, modesta azione anabolizzante, aumento dell'appeti t o). Disturbi lipidici. - L'aumento dei trigliceridi e degli acidi grassi di debole densità è preoccupante; sarebbe prudente praticare un dosaggio dci lipidi totali prima della cura e dopo vari mesi di cura, per evidenziare variazioni individuali, che sembrano ossere importanti.


Modificazione del rapporto ormone- rroteina. - Questo fatto è importante in guanto rende difficile l'interpretazione di taluni esami di laboratorio (PBI, cortisonemia) durante la cura e sino a 4- 6 settimane dopo la sua sospensione. lttero co/astatico. - Taluni casi, descritti soprattutto nei Paesi nordici, avevano in comune precedenti di ittero colastatico o dì prurito in una pregre:.sa gravidanz.'l (il che costituisce una controindicazione ali 'uso ulteriore di un contracoetrivo estro- progestativo). Pericolo cancerigeno. - E' molro lontano (sono state descritte rare osservazioni di cancro dell 'endometrio dopo estrogenoterapia prolungata per osteoporosi); sembra anzi che il mancato concepimento rappresenti una profilassi del cancro utero- mammario. Gli effetti utero- vaginali degli estroprogestauvt sono : aumentata suscettibilità alle vagìnitì micosichc; cctropion ed ulcerazioni metritiche; aggravamento di fibromi (edemi, nccrobiosi) i.n taluni casi; atrofia della mucosa uterina con amenorree transitorie:; amenorree prolungate dopo sospensione dei contraccettivi; anomalie cromosomiche dcgli ovociti; aborto spontaneo; eventuale virilizzazione del feto di sesso femminile; acne, vertigini. Si tratta, comunque, di incidenti eccezionali, se .sì tien conto dcll'eno~me numero di donne che invece traggono b<:neficio dai contraccettivi orali c li sopportano pcrfetramemc. Bisognerebbe, piuttosto, prendere tal une precauzioni: svdarc accuratamente, la presenza di una delle controindicazioni alle quali prima si è fauo cenno; rispettare le indicazioni precise dei vari preparati contraccettivi; non interrompere la cura per incidenti minori che scompaiono spontaneamente dopo il 3" mese di uso; preferire i preparati che sono ancora efficaci a dosi deboli; sorvegliare regolarmente le donne che fanno uso di contraccettivi. D'altronde gli inconvenienti che possono aversi da guesti farmaci hanno il merito di stimolare la ricerca nei campi più svariali.

D ivieto di fumare nei locali pubblici. Il divieto di fumare nei locali di spettacolo e sui mezzi di trasporto pubblici è stato riproposto da un disegno di legge governativo presentato alla Camera dci Deputati. Alla Camera non molto tempo fa erano già state presentate due proposte di legge sulla medesima materia, una firmata dal socialista Usvardi, l'altra dalla on. Amalia Miotti Carli cd altri democristiani. Una iniziativa legislativa analoga fu presa negli aru1i scorsi al Senato ma decadde per la fine della legislatura. Il disegno di legge governativo parre dalla premessa che la Costituzione (art. 32) impone allo Stato di tutelare la salute pubblica ~rciò, se non si può impedire al cittadino di fumare laddove egli non arrechi, così facendo, molestia o danno agli altri, si può in1pedire che si ·fumi nei locali e sui mezzi di trasporto pubblici. Lo Stato deve infatti tutelare i non fumatori i quali non debbono essere costretti, quando utilizzino servizi o locali pubblici, a sopportare le esalazioni da fumo; in contrasto, dunque, con il principio costituzionale. Contrasto - dice la relazione che accompagna il disegno di legge - che non può essere mantenuto solo «per salvaguardare una condizione favorevole allo sviluppo di determinate iniziative private >> (qual è, per esempio, La possibilità di fumare al cinema). Secondo il provvedimento proposto dal Governo si potrà fumare nei locali pubblici di spettacolo solo a condizione che essi siano dotati d i un adeguato impianto di ricambio e depuraz.ione dell'aria; altrimenti niente sigarette, niente pipe, niente sigari. Non si potrà fumare, inoltre, sugli autoveicoli di pro-


6 -,_) prietà ddlo Stato, di Enti pubblici o di privati, adibiti al trasporto collettivo di persone; nei compar6menti ordinari dei treni delle ferrovie statali o in concessione; nelle sale di attesa delle stazioni o delle fermate. Nei compartimenti delle carrozze letro occupati da più dì una persona sarà consentito fumare solo con il consenso degli altri passeggeri. Come si vede il divieto è limitato a certe ipotesi. Gìo\'erà ricordare, allora, che J Montecitorio è stata presentata alla fine dello scorso gennaio una proposta di legge che è contro il fumo in generale. L'ha rìrmato l'on. Brizioli, il quale chiede allo Staro di organizzare una vera e propria campagna propagandistica contro il fumo di tabacco, con fondi adeguati, a somiglianza di quanto lo Stato fa già per prevenire gli incidenti stradali. " ella relazione illustrati\'a di tale prO\·vedimento si elencano gli ultimi e ptù aUannanù rapporti scientifici sui danni causati dal fumo, e sì cita il parere di Lord Roseneim, Presidente dì una commissione medica del Royal College of physìcians in caricata dì studiare i pericoli del fumo: «fumare è come partecipare ad una lotteria della morte 11. Secondo la proposta Brizìoli particolari compiti vanno attribuiti al Mi nistero della Sanità e a quello della Pubblica Istruzione, che saranno un po' i fulcri dell'azione pre\'entiva. Il Ministero della Pubblica Istruzione è chiamato in causa in seguito al ~pre crescente diffondersi del vizio del fumo fra i giovani non solo delle scuole medie superiori ma anche dalle scuole medie inferiori come dimostrano le più aggiornate statistiche. Sui pericoli del fumo si è ampiamente di~usso ed alcuni rapporti sono stati anche ampiamente divulgati all'opinione pubblica ai fini di mettere in guardia la popolazione dal rischio di andare incontro ad alcune gravi malattie quali l'infarto cardiaco ed il carcinoma polmonare, Non meno importanti però -sono gli effetti del fumo del tabacco nella genesi di altri fenomeni morbosi quali l'ulcera gastro- duodenale e il morbo di Burger, effetti spesso trascurati in quanto si tratta di malattie, pur nella loro· gravità, ad andamento di solito non mortale. Gli effetti del fumo sulla secrezione ga~trica consistono in un aumento della secrezione acida: ciò fa sì che ~i crei una situ:t7.ione funzionale :t livello della mucosa gJ· strica per cui viene favorita l'insorgenza dell'ulcera o la sua permanenza nel caso che questa sia presente. Per questo negli ammalati di ulcera gastrica o duodenale si pone come imperativo l'immediata sospensione del fumo. La malattia di Leo Burger consiste in un progres~Ì\'O rcstringimento del lume delle arterie periferiche, soprattutto a carico degli arti inferiori, per un processo infiammatorio cronico che investe tutre le ~uniche dei v:tsi; ma anche le vene vengono colpite d..1 una lesione analoga men~re i nervi vanno incontro a un processo flogistico ad andamento progressivo. La conseguenza di queste lesioni è un impoverimento sempre più grave dell'aWusso vascolare agli arti inferiori con dolori lancinanti soprattutto durante il cammino, allorquando la richiesta di sangue ossigenato ai muscoli è aumentata, o durante il decubito. Ben presto compaiono dolorose flebiti ~uperficiali e disturbi trofid con ulcere torpide e cancrena. Contrariamente a quanto si riteneva in passaro la malattia è rara in quanto molte forme sono in realtà arteriti di natura virale o processi arteriosclerotici. Ma anche in questo caso il fumo deve essere asso! utamcnte proibito per l'aggra'varsi delle lesioni che esso determina. Un effetto dannoso è anche quello della nicotina nell':unbito delle arterie che irro rano il muscolo cardiaco: esso si manifesta nei soggetti con lesioni coronariche di na tura arreriosclcrotica facilitando l'infarto miocardico. La differenza fra questi due fatti morbosi consiste nel fatto che nell'angina pectoris il deficit di ossigeno al muscolo cardiaco è tran~itorio e così pure il dolore, mentre nell'infarto il deficit è permanente c il dolore molto più prolungato nel tempo. L'effetto della nicotina può :tnche a,·ersi in


soggetti gìo\·ani con cuore sano e sì manifesta di solito dopo un eccesso di fumo con crisi anginoidi di breve durata. Nei riguardi del cancro poi il discorso assume tinte ancor più drammatiche. Alcune indagini hanno rilevato che il cancro del polmone è in costante aumento e che tale aumento è in stretto rapporto con il consumo di tabacco. Per esempio secondo Hammond e Dorn la frequenza di morte per cancro polmonare è venti volte maggiore nei soggetti che fumano più di venrì ~igarette al giorno ri~petto a chi non fuma. Tale rapporto relativo ~i riduce allorquando il numero delle s•garettc è minore. Interessante è notare che non altrettanto nocivo è il fumo dei sigari e della pipa, il che sembra dovuto al fatto che in questi casi non viene aspirato c allo stesso fenc.meno sarebbe da amputarsi la scarsa incidenza del cancro del polmone nelle donne che di solito non aspirano il fumo delle sigarette. In compenso i fumatori di pipa hanno più facilmente il cancro delle labbra e della lingua. Non sembra però che l'azione fa\·orente sul tumore sia data dalla nicotina, ma entrerebbero in gioco nuO\·i composli che derivano dalla combustione del tabacco anche se molto si discute sulla loro natura. Sembra però che un ruolo preminente \ia esercitato da alcuni idrocarburi aromatici che sono in grado per sè di dare luogo ne~ii animali da esperimento a sarcomi e carcinomi, idrocarburi presenti nel fumo delle sigarette anche se in quantità minima, tali il benzopirene c il dibenzoanraccnc.

La nevrosi del pensionamento. L'abbandono definitivo dell'anività la\or:~tiva da parte dell'anziano provoca spesso ripercussioni emotive note\·oli che si concretano nella espre.sione « neHosi del pcnsionamento " · L'anziano si rende conto che la ~un posizione, nella società e in fa miglia, è bru~ca­ mente mutata in una società centrata su classi adulte produttive, sui giovani in quanto destinati a produrre. Dal momento dell'abbandono del la\Oro, il pensionato si seme messo da parre c considerato un peso Jn famiglia l'autorità passa automaticamente al figlio maggiore che lavora e guadagna. A tutto ciò si aggiunge la noia. Si è osservato che i pensionati che a\·evano un hobby qualsiasi (lettura, pittura, musica, collezione di francobolli, ecc.) trO\'ano vamaggio dedicando a queMo loro hobby più tempo di prima. In Italia, Paese in cui risulterebbe che la grande maggioranza delle persone non hanno .hobby, il pensionato è più soggetto a deprimersi e a dar fastidio ai familiari più giovani. Non sembra che il protrarre il più a lungo possibile l'attività lavorativa sia un siMema sceno di incom·enienti: l'anziano che lasci il lavoro troppo tardi non trova infatti più tempo per contrarre nuovi mteres~i, stabilire nuovi rapporti sociali o organizzare su altre basi la sua vita di pensionato. Nei Paesi civili e ricchi gli anziani trovano facilmente case di riposo adatte e ben organizzate, in cui vivere fra coetanei in modo sereno c gradevole, protetti dagli stress dell'ambiente familiare c di quello sociale di cui son diventati, non per loro colpa estranei. In Italia non sono suffìcienti le case di riposo per an7,iani e l'ambiente nella gran maggioranza è di tipo deprimente. l figlioli, fìnchè son giovani, sembrano provare nei loro riguardi un rigetto psicologico, salvo poi a protestare quando a loro volta diventano vecchi e malati. Medici generici.

li futuro del medico generico in una società sempre più protesa all;t spccinlizzazione delle varie funzioni, è in crisi un po' dappertutto: in Italia come negli Stati Uniti


come nei Paesi dell'Est. Ques:a crisi sembra aver raggiunto punte particolarmente acute in Francia, se è vero che un Comité inter·syndical de liaison et d'action des médecins omillpraticiens et généralistes ha ritenuto necessario pubblicare un documentato e sorto certi aspetti esplosivo « Livre blanc >> (con una tiratura di 4r.ooo copie e con vasti echi nei congressi e sulla stampa), mentre il tema viene anche ripreso a un altro livello in un libro del dott. Pierre Solignac dal titolo << Pour un nouveau médecin de fami lle » (edito da Flammarion). I dati raccolti nel « Livre blanc >> sono per la verità piuttosto clamorosi. Nel 1968 l'Ordine constatava che ci sono in Francia ogni anno circa 2.000 medici in più, c che tuttavia il numero dei medici di famiglia resta stazionario o tende addirittura a diminuire. Nel Dipartimento del Valde- Marne, in un periodo di circa 6 mesi, si sono registrati soltanto 25 generici su 93 nuovi iscritti; e d'altra parte alcuni di essi sono già avviati alla speciallzzazione. Il fenomeno appare vistoso anche nei confronti di altri Paesi. ·Negli Stati Uniti, Paese- delia specializzazione per antonomasia, la percentuale di medici generici è passata dal 70 per cento del 1930 al 30 del 1950. In Francia, nel 1968 i medici di famiglia rappresentavano il 57 per cento dei laureati in medicina, memrc un'inchiesta tra ~li studenti della stessa facoltà rilevava che soltanto il 21,5 per cento di loro sarebbero diventati dei « généralistos ». Ma perohè si verifica questo crollo? Quali sono le cause dell'abbandono di una professione così gloriosa? Le risposte date dagli studenti indicano un primo ordine di ragioni: « Preferisco specializzarmi per conciliare medicina e famiglia » o « per guadagnare di più»; t< le conoscenze awnentano continuamente, e bisogna sapersi limitare»; «è più facile essere un buon specialista che nn buon generico >l. La scelta di queste frasi è naturalmente tendenziosa, nel senso che mira soprattutto a dimostrare - da parte dei redattori del « Livre blanc » - che la specialità viene preferita non per una particolare predisposizione o interesse, ma per esclusione: perchè non si vuole, cioè, div.entare generici. Tuttavia l'argomento dell'eccessivo e mal pagato lavoro del medico generico è ricorrente anche in altri sondaggi. Ci sono medici di provincia che svolgono 16 ore di lavoro al giorno, che non mangiano quasi mai a casa, che riescono a mala pena a fare qualche giorno di vacanz:J all'anno, e vantano record di 70 malati in un arco di 24 ore, dura nte le ultime epidemie influenzali. Più precisamente, risulta che un generico medico, con un lavoro di 72 ore settimanali, guadagna una cifra che - deu·atte le spese - oscilla tra i 32.000 e i 48.000 franchi all'anno (fino a un massimo, cioè, di circa 5 milioni e mezzo di lire); senza contare che il 20 per cento di loro ne g,uadagna 24.000 (2.7oo.ooo lire ci rca). Su queste cifre pesano poi delle tasse pesanti, e un'assistenza sociale c previdenziale definite « indecenti ». Per contro, non soltanto lo specialista, ma anche il medico di primo impiego funzionario presso b Sicurezza sociale, rappresenta un'alternativa vantaggiosa: s8.IJ3 franchi di stipendio oltre 6 milioni e mezzo di lire), orario lavorativo normale, spese min ime, sicurezza di lavoro e pensione. Tanto che - sempre secondo cifre del 1968 su roo medici francesi, 54 sono salariati e 46 esercitano la professione libera. I connotati del medico di famiglia, che escono da questi dati, sono perciò quelli di una professione sempre meno allenante, c non soltanto dal punto di vista economico. La sua stessa << au'torità » e << dignità» è messa in discussione. Un medico della Provenza, arriva addirittura ad accusare la televisione e la stampa di divulgazione scientifica, come responsabili di una volgarizzazione della medicina che fa spesso del paziente un contestatore del suo medico curante. E un altro, generico a Boulogne- Billancourt, vede nel cc complesso dello specialista))' non solo la causa delle scelte dei laureandi, ma anche quella dell'avvilimento del medico eli famiglia, ridotto a distribuire ricette.


Dopo le cause, le conseguenze. Anzitutto, il << salto » del primo momento diagnostico rappresentato dal medico generico, e il passaggio diretto all'apparato specialisticotecnologico dell'assistenza, porta a un enorme ·dispendio di energie e di denaro. Un sintomo, infarti, estrapolato da l contesto sociale e psicologico, può costringere a una serie di misure che un bravo medico generico avrebbe facilmente evitato. Fare per esempio tutti gli esami prescritti (elettroencefalografico, radiologico, del sangue, oftalmologici, neurologici) per una banale cefalea, sarebbe un po' come prendere un jet per pochi chilometri di viaggio, o come usare un camion per trasportare una scatola di fiammiferi. Viene individuato, in tutto questo, un limite esasperatamente organicistico, e al tempo stesso un superconsumo assistenziale che accresce il lavoro del personale sanitario, le spese farmaceutiche e ospedaliere, c il defìcit della Sicurezza sociale (che, sì aggiunge, è enormemcme più grave per quanto riguarda lo specialista e l'ospedalizz•lzione, e assai meno per la cc voce» generico). Da parte delle autorità si replica con argomenti e proposte di rimedi, che contribuiscono soltanto a rinfocolare la polemica. Estendere la specializzazione e mamenere basso il numero dci medici, per scoraggiare il superconsumo di assistenza: questa la strada ufficiale, che secondo una rivista francese, equivale a far curare soltanto le malattie « gravi », lasciando che i malati si arrangino da soli per quelle «leggere». Ma la diagnosi sulla gravità o meno deve essere stabilita all'origine, Lenendo conto dell'esistenza di malì «funzionali » e (( organici >>; sicchè torna fuori ancora una volta il ruolo del generico, con troppa disinvoltura «saltato >> . Sul generico, per di più, si addensa una m10va minaccia, quella del controllo delle sue prescrizioni, da parre dello Stato, sempre allo scopo di contenere il superconsumo di assistenza: misure amministrative sarebbero previste nei casi in cui i « massimi » venissero superati. Il che significa ribattono i medici - far ricadere sopra un isti~u to professionale già così mortificato, un peso che lo riguarda assai poco. Certo, questa lunga difesa ·del medico di fam iglia - nei termini del « Livre blanc ,, e in generale delle posizioni assunte daUa categoria in Francia - non è esente da critiche. Circola nelle argomentazioni dei medici francesi una sottintesa e incofessata cc laudatio temporis acti >>, e uno spirito corporativo che restringe l'orizzonte del complesso problema. Non c'è dubbio infatti che la moderna tecnologia (computers in testa), il più alto livello culturale del pazieme, e la tendenza a lasciare la libe-ra professione di cc généraliste >> per la specializzazione o per il lavoro salariato, siano momenti di un processo irreversibile della civiltà moderna, che si può e in certi casi sì deve correggere e integrare, ma che sarebbe per lo meno assurdo voler osteggiare. (Da « Panorama Medico ))).

Anomalie della funz ione endocrina ed omosessualità. Vi è ancora incertezza nel definire il significato dell'omosessualità. E' invalso o:·mai l'atteggian1ento a considerare tale condizione come di natura essenzialmente psicogena. Ciò ha fatto passare in secondo ordine l'opi.nionc che talune forme di squilibrio ormonalc possano svolgere un ruolo importante sul piano patogenetico. Se ne sono recentemente occupati talunì studiosi londinesi del Medicai Research Counçil Clinica! Endocrinology, sotto la guida di J. A. Loraine. Essendo scarsi i dati sull'endocrinologia dell'omosessualirà, essi hanno istituito u11a serie di indagini effettuate mediante la determinazione del comenuto urinario di ormoni e loro metabolici in alcuni omosessuali maschili e femminili. In 2 su 3 uomini dediti a rapporti esclusiva-


mente omosessuali, i tassi urin:ui di tcstosterone erano abnonnemente bassi. In 3 su 4 donne omosessuali il quadro dell'escrezione ormonale era di tipo O\'Uiatorio. Interes sante il rilievo che i tassi di tcstosteronc e di ormone luteinico erano elevati nelle donne omoc;essuali, mentre i tassi di estrogeni erano inferiori a quelli comunemente riscontrati nelle normali femmine eterosessuali nel corso della vita ferti le. In sostanza, questi reperti ribadiscono la natura estremamente complessa dell'omoses~ual ità c sorrolineano come la sua etiologia sia essenzialmente m ultipla : se è vero che i fattori psicologici sono importanti sul piano patoge11ctico, è da rilevare che anche le anomalie della funzione endocrina possono assumere un apprezzabiJc signifi<:ato, sia nell'omo<>essualità maschile che in quella femminile.

Gravi le conseguenze degli allucinogeni sulle donne incinte. Per un periodo di 2 anni il dott. Ch. ~1. Berlin, docente di pediatria nell'Università ha tenuto in osservazione 127 donne gra' ide, di cui II2 di età media di 19 anni, che si erano drogate con acido lisergico per un tempo piuttosto lungo, a volte anche dopo la cenena del concepimento. Da questo studio si è rilevato che: 1) la percentuale di aborti non procurati è stata del 43 % ; 2) su 62 bambini venuti alla luce, 6 erano anormali per deformazioni gravi di natura nenosa ed ortopedica; 3) in akune pazienti, dopo la prima gravidanza, si è avuto uno stato di apparente sterilità o il secondo neonato è stato ancora anormaJe. Secondo l'A. non può dirsi con certezza che l'acido lisergico sia la causa di tutto ciò; ma si aggravano i sospetti che già prima si avevano. cc Gcorgc Wa~hington >,,

medici drogati in America. Sono da 30 a 100 volte di più che non tra la media della popolazione americana secondo quanto riferisce l'American Medica! Association - : su 316.000 che usano 1:1 droga negli USA circa 50.000 sono medici. Numerosi sono, per i medici, i fattori predisponenti : l'impegno lavorativo, che sti· mola a cercare un rilassante c al tempo stesso la possibilità di disporre facilmente, o differenza di ogni altra categoria sociale, di stupefacenti. Secondo i dati deli'American Medicai Association il medico americano che ricorre alla droga è, in media, sui 38 anni, sposato, abitante in città o in campagna, con guadagni molto elevati. 11 drogato medio, invece, non medico, è di età tra 18 e 25 anni, scapolo, abitante in città, con scarse risorse finanziarie . Gli stupefacenti più usati dai medici, in America, sono In morfina e il demerol. L'Ss % dci medici recid ivi è stato radiato o sospeso daii'Alho.

Difese immunitarie dell'organismo contro i tumori.

Se - come attualmente numerosi indizi lasciano presumere - gli agenti causali di una larga parte dei tumori che affliggono la specie umana risuJteranno essere d:::i virus, è ragionevole immaginare che la lotta contro il cancro tenderà a polarizzarsi in futuro verso l'individuazione c la ~perimentaz.ionc di medicamenti ad effetto eminentemente profilattico - e forse anche tcrapeutico -, i quali consisteranno, piuttosto che


in veri e propri farmaci, in prodotti capaci di indurre o accrescere le capacità di difesa immunitarie dell'organismo : per intenderei, Yaccini, sieri immuni o altri ritrovati in grado di mobiliLarc ed esaltare le capacità di difesa dell'organismo. E' anzitutto possibile riuscire ad accrescere le di[e~e naturali del corpo umano contro la proli ferazione ncoplastica? Dai risultati finora ottenuti da Thomsor1 e collaboratori, pre~so il « Naùonal Jnstitute of :\1edical Rescarch )) di Londra, la ri~posta doncbbe essere affermati\·a. Le indagini effettuate si sono ~\ iluppate tenendo como soprattutto del ruolo che i linfociti esplicano nel garantire la difesa dell'organismo contro gli agenti estranei. Trattasi di un argomento che in questi ultimi ann i è stato al centro dell'attenzione scientifica per il particolare rilievo che ha assunto a proposito dei fenomeni di rigetto nei trapianti. Gli studi effettuati in proposito hanno mes~ in evidenza che i meccanismi immu· nitari si configurano in due aspetti distinti: da una pane .ussiste un tipo di immunità conferita dalle cellule, cioè in pratica dai linfociti piccoli (ed è, per e!>empio, quella che entra in gioco nei trapianti di pelle e di altri organi) c c'è un secondo tipo di immunità, quello del mezzo umorale, nc.:l quale delle cellule specializzare fabbricano dcgli anticorpi (naturalmente delle proteine) riversamloli nel sangue; questi anticorpi reagiscono con gli antigeni che hanno stimolato la loro produzione c, se questi antigeni risultano costituiti dai batteri, h neutralizzano e li uccidono. Pertanto gli antigeni, giunti a contatto con l'organi~mo, possono produrre: a) una immunità conferita dalle cellule; b) la formazione di anticorpi nel mezzo umoral'!; c) tutti e due questi fenomeni a~sicme. Dalle ricerche è altresì emerso che la immunilà conferita dalle cellule è do\·ura ai linfociti che si siano differenziati specificamente sotto la influenza del dmo. Invece la produzione degli anticorpi è effettuata da altri linfociti che non hanno subito l'influenza del timo. E benchì: entrambi questi tipi di linfociti siano capaci di reagire con gli antigeni, il risultato finale l- diverso nel caso degli uni rispetto agli altri. Una ulteriore tappa importante è rappresentata dalla scoperta, pubblicata recentemente dal « National lnstitute of ,Medicai Rcscarch 11 inglese, che le cellule linfocitarie, responsabili dei due tipi di immunità sopraindicaù, possono cooperare fra loro in modo da accrescere comiderevolmente la produzione di anticorpi c la loro concentrazione nel m ezzo umornlc. Qual è il meccanismo di questa cooperazione? Si ritiene che, quando delle sostan7.e o corpi estranei (gli antigeni) penetrano nell'organismo e stimolano ·il tipo di immunità conferito dalle cellule, fanno la loro comparsa i linfociti capaci di reagire con l'antigene. Qu~ti linfociti, che si sono differenziati ~tto l'influenza del timo, si \·anno a distribuire liberamente nel sangue e nei gangli linfatici. Sempre questi linfociti si associano con gli antigeni, verso i quali manifestano la loro specificità, c migrando nel sangue e nei tessuti li mettono a contatto con le cellule future produttrici di an•icorpi, che sono fisse - e non mobili come essi stessi - . Questo contano con l'antigene potenzia la produzione di anticorpi. D 'alt:ro canto, è ormai ben noto che l'immunità confcrira dalle cellule può es~ere provocata in condi7.ioni particolari da alcuni prodotti chimici, fra i quali ~i annovera il dinitrofenile (o l) ·P). E' stato ora dimostrato che, se il tipo di immunità conferito dalle ceUule viene potenziato dal dinitrofenile e se in seguito a un animale !>ensibile alla stimolazione effettuata da questo composto si inocula del dinit:rofenile che sia stato combinato chimicamente con un altro antigene di natura del tutto diversa (per esempio, del bianco d' uovo), la quantità di anticorpi prodotti per opporsi al bianco d'uovo risulta da dieci a trenta volre più elevata rispetto al caso che l'animale non fosse affano sensibile al dinirrofenilc. In alrri termini, il risultato pratico è che il dinitrofenile può


C~\cte utilizzato come agente ~pcdlìco per potenziare la produzione di anticorpi comro l'albume ddl'uom. E veniamo ora ai rapporti &a queste ricerche e il cancro. La più gran pan:e degli antigeni contenuti nei tumori wno ùcboli, al punto che difficilmente riescono a stimolare la formazione di anticorpi diretti specificamemc contro di e~si. Ora si spera che in futuro si possa riuscire a trattare un individuo in guisa che egli possa acquisire la immunità conferita dalle cellule contro un prodouo chimico del tipo del dinitrofenilc c che, dopo aver combinato chimicam ente il dinitrofenile con un preparato comenente gli antigeni del tumore, questo complesso operi quale agente specifico capace di aumentare fortemente la produzione degli anticorpi diretti contro il tumore stesso.

Andamento delle malattie infettive in Italia. Sono s.:.ti denunciati 2.955 ca)J dì mcningite spinale epidemica, contro i 2.224 dd 1y69 ed i 2.681 del 15)68. LJ febbre tifoidea ha mantenuto la medesima incidenza del l'anno precedente: H-551 casi nel 1970 e 11.461 nel ry6y. L'epatite virale, che negli ultimi anni ha presentato un andamento in continua ascesa, ha fatto registrare nel 1970 una sensibile diminuzione dei casi: 46.459, contro i 54.259 del 19{)9 ed i 50.354 del 1968. La difterite cd il tetano wno in continua diminuzione in rapporto alla vaccinazione siMcmatica attuata. Riguardo alla poliomielile ri~ulta da un comunicato del Minbtero della Sanità che nel 1970 sono stati notificati sS ca\i dì poliomielite, contro i 64 denunciati nel rg6g. Nella m:.ggior parte dei casi si tratta di '<>ggetti non vaccinati o incomplctan1ente vaccinati c in genere sono stati colpiti bambini nei primi due anni di vita (81°~ dei casi). La distribuzione geografica è stata la ~guentc: halia settentrionale, 20 casi, pari allo o,8 per milione di abitami; Italia centrale, 4 casi, pari allo 0.4 per milione di abitanti; hai ia meridionale, 22 casi, pari all' 1,7 per milione di abitanti; Italia insulare, 12 casi, pari a 1,9 per milione di abitanti. Nei primi 4 mesi del 1971 sono stati denunciati ro casi di poliomielite contro gli 11 dello stesso periodo dell'anno 1970. Le regioni colpite sono Matc la Campania, con 4 casi, b Sicilia con 2 casi, ·il Veneto, il Lazio, la Calabria c la Sardegna con un caso ciascuna. Sono stati colpiti in massim:1 pane bambini sotto i 3 anni. Un primato sconfortante. Secondo dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, ali'Jtalia spetta il triste primato delle malattie da sudiciume: il pae~e, occupa, infatti, il primo posto per la frequcnz.."' di malattie tifoparatifìche con 13.000 casi all'anno, davanti al Perù che conta 7· 165 casi, il Cile 6.129, Colombia 5.96g, Sud· Africa 4·143· L3 sola Campania con i suoi 3·356 casi, supera l'incidenza tifo- paratifica di ben 12r interi paesi: la Jugoslavia, la Repubblica Federale Tedesca, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Svizzera c molti altri. L a regione che registra il minor numero di casi (24) è la V::tlle d'Aosta. Secondo l'O.M.S., molte città italiane hanno incidenze tifo- paratifiche che superano addirittura quelle di inreri conti nenti in cui il male, essendo collegato all'affolla melllo e alla sporcizia, è stato eliminato o ristretto. Individuati gli anticorpi alla superficie delle cellule tumorali. f dottori Yoshida e !mai del Laboratorio di virologia oncologica dell'Aichi Cancer Center hanno scoperto che nel siero di 30 individui affetti da diversi tipi di leucemia


acuta c cronica sono presenti anticorpi diretti comro le cellule neoplasriche. Con la tecnica della immunoaderenza hanno dimostrato che questi anticorpi reagiscono con un antigene presente sulla membrana citoplasmatica delle cellule leucemiche, mentre non ~i fissano alle cellule normali che dell'antigene sono prive. Gli AA. hanno poi chiarito che l'antigene era sempre lo stc~so in tutti i tipi di leucemia considerata, cosa che rende molto più semplice affrontare il problema di un eventuale vaccino- o sieroterapia. Il rilievo più interessante è che le fasi di miglioramento o di remissione della malattia sono accompagnate da un rilevante aumento del titolo degli anticorpi presenti nel siero. Ciò conferma - secondo gli ~tudiosi gìapponcsi - che quando l'organismo riesce ad ampliare la sua reazione immunitaria il tumore viene frenato; può persino sperar~i che nei casi più fortunati il tumore possa essere rigettato come qualsiasi ornotrapianto.

Sconsigliabile la vaccinazione di massa antirosolia. Secondo il dott. J. Enders, Premio Nobel, una vaccinazione antiro~olia di massa r.: sconsigliabile in <JUanto il vaccino non è in grado di procurare una immunità permanente, pur attenuando nei bambini vaccinati i sintomi della malattia, ga di per sè mite. Se si pensa che sono state proprio le culture di virus del dott. Enders ad aprire la via al nuovo vaccino antipolio, ci si spiega perchè l'affermazione dello studioso abbia fano bruscamente rallentare il ritmo delle vaccinazioni antiro~lia nelle scuole americane. Inoltre - ha affermato lo scienziato di Harvard - la vaccinazione di tutti i bambini in età scolare con un vaccino rebd,·amente inefficace è pericolosa in quanto seleziona una popolazione di donne adulte ancora suscettibili all'infezione, non avendo acquistato l'immunità permanente come a\'\·iene im·cce nei casi di infezione naturale. Aumenta perciò il rischio di contrarre la rosolia in gravidanza e conseguentemente il pericolo di malformazioni fetali, che è proprio ciò che si voleva evitare. In attesa di una migliore riconsiderazione del problema, val la pena affidarsi alla natura e far giocare i bambini con i compagni che hanno la malattia.

L a vaccinazione contro la sifilide.

La preparazione del vaccino è dovuta al Prof. ~1ieczyslaw Metzger, dell'Università di Wroclaw (antica Bresla,ia), città a poco più di 200 Km da \'arsavia, Polonia; l'efficacia del vaccino è stata solamente riconosciuta nei conigli; ulteriori controlli sono comunque necessari prima dell'applicazione alla specie umana. La si@ide, come è ben noto, può essere curata con antibiotici, come la penicillina, che non ha azione prolilattica. La prevenzione è oggi più che mai importante : il numero dei casi è in continuo aumento; negli Stati Uniti per esempio ne1 primi 4 mesi di quest'anno sono stati denunciati 7979 casi; IliO casi di più di quelli segnalati per l'ugual periodo nel 1970. Come animale da esperimento ci si è rivolti al coniglio perchè manifesta sintomi della malattia molto simile a quella dell'uomo. Il vaccino di Mctzger ha origine da tessuti di coniglio, presuppone la presenza di antigeni sulla ~uperlìcie del treponema; la virulenza dell'agente infettante viene distrutta e attenuata, però la proprietà antigenica ~i mantiene. T entativi per la preparazione di un ,-accino erano già stati condotti da altri Autori praticando l'irradiazione del treponema pallidum o utilizzando specie di treponema affini a quella infettante l'uomo; si erano osservate nel campo ~perimentale risposte immunitarie favorevoli per la prevenzione della sifilide.


L'inoculazione del vaccmo dovrà inevitabilmente interferire con le reazioni diagnostiche immunitarie che evidenziano appunto la presenza di anticorpi. (Da « Minerva Medica », novembre 197l).

Il più grande impianto d'Europa per la depurazione delle acque di scarico industriale. Con una spesa di 34 milioni di marchi (pari a circa 5,9 miliardi di lire), le Farbcnfabriken Bayer e la Erdoelchemie GmbH hanno, recemememe, messo in esercizio a Dormagen un impianto centrale di purilìcazione delle acque di scar·ico, a ciclo biologico completo e funzionante sulla base delle più recenti acquisizioni tecniche. L'impianto ha una capacità di depurazione che basterebbe per l'acqua di scarico di una intera città di 1 milione e 300 mila abitanti, ed è attualmente il più grande ed il più efficiente nel suo genere in Europa. Per il HJ72 il nuovo impianto di depurazione, con il quale le due imprese contribuiscono in misura notevole alla « pulizia » del Reno, dovrà essere ulteriormente ampliato. Attualmente la spesa annuale d'esercizio ammonta già a circa sette milioni di marchi. Nell'impianto centrale di depurazi<>ne, che sorge su un'area di 2,5 ettari, possono essere purificati per via completamente biologica fino a 65.000 metri cubi al giorno di acque di rifiuto, provenienti dai seuori industriali della petrolchimica, dei prodotti organici intermedi, delia gomma sintetica, delle fibre sintetiche e delle materie plastiche. La depurazione biologica richiede un costoso <trattamento preliminare. Per la maggior parte le acque di rifiuto devono già essere sottoposte a pretrattan1ento fisico o chimico presso gli stabilimenti dai quali provengono prima di essere convogliate al nuovo impianto. Dopo aver subito la neutralizzazione e la cc p re- chiarificazione» meccanica in sei grandi vasche della capacità complessiva di 8.ooo metri cubi, le acque di rifiuto industriali arrivano mescolate alla depurazione biologica vera e propria. Questa si svolge secondo il processo con fango attivo - un processo copiato dalla .n atura e tecnicamente modificato - in -tredici vasche con fango attivo, funzionanti in parallelo per un volume complessivo di 28.000 metri cubi. Nel nuovo impianto di depurazione i batteri racchiusi a miliardi nei fiocchi del fango attivo in forma di macrostrutture, cc si cibano » delle rostanze che inquinano le acque di rifiuto. I microrganismi assimilano le sostanze orga!Liche contenute nell'acqua di rifiuto, trasformandoJe con un sufficiente apporto di ossigeno sia in prodotti di ossidazione, come anidride carbonica ed acqua con liberazione di energia, sia in nuove sostanze cellulari. L'intima mes~olanza dell'acqua di rifiuto con i fiocchi del fango attivo e con considerevoli quantità di ossigeno atmosferico (fabbisogno giornaliero circa 85 tonnellate) si ottiene con sei agitatori a trazione elettrica, in forma di piattaforme girevoli del diametro di oltre tre metri, nonchè con una rete di 2.000 effusori. Dopo dieci ore l'acqua viene fatta passare in otto vasche di decantazione, in cui il fango si deposita nel g;iro di due ore c mezzo, dopo di che l'acqua depurata viene immessa nel Reno. A questo punto essa è del tutto pura, ranco da poter esseTe immessa tranquillamente in un vivaio di pesci. Il nuovo impianto, che per il 1972 dovrà essere ancora ampliato con l'aggiunta di due grandi vasche con fango attivo (ciascuna della capacità di 5-300 metri cubi) e di cinque vasche di decantazione e che potrà allora depurare 1oo.ooo metri cubi d'acqua di rifiuto al giorno, è in larga misura automatizzato. Una squadra di trenta tecnici provvede al funzionamento e alla manutenzione.


Novità in tema di emofilia alla Fondazione Carlo Erba di Milano. Sono dieci le malattie che provocano emouagie, rrta la più nota, la più importante, la più diffusa è l'emofilia - ha detto il prof. Franco Mandclli dell'Università di Roma - in una Riunione alia Fondazione çar.lo Erba di Milano. L'emofilia un tempo - ha sottolineato il dott. Michele Cortellaro detl'Universi;:à di Milano - richiedeva lunghi ricoveri ospe<lalieri c trasfusioni a fiume, poi si passò al trattamento ambulatoriale, oggi si attua il trattamento domiciliare. In una organizzazione sanitaria efficiente l'emofilia oggi può essere curata come si cura il diabete, cioè con quotidiane iniezioni di fattore VIIl, quel fattore deUa coagulazione del sangue che è carente nell'emofìlico. li bambino cmofilico non adeguatamente curato - secondo il prof. Fausto Petrella dell'Università di Pavia - ha paura di muoversi, ha paura di giocare, una paura dettata dall'apprensione dei genitori, i quali temono che un qualunque trauma possa scatenare un'emorrag1a alle ginocchia o ai gomiti o sotto la pelle. Cosl l'emofìlico non adeguatamente assistito fì11isce con l'assumere un'immobilità fisica e psichica, una sorta di negazione della vita. Tuttavia egli tenta di sopperire con l'intelligenza e la cultura alla deficienza fisica, acquistando alte capacità di raziocinio e di verbalizzazione. 11 prof. P. M. Mannucci dell'Università di Milano, ha parlato di una eroica terapia, dell'emofilia: il trapianto del fegato. L'emofilico ha un fegato che non fabbrica il fat:ore antiemofilico. Il fegato nuovo lo può fabbricare. Ma quanro dura un trapianto di fegato? Perciò la cura capitale, insostituibile, sicura è quella a base di estratti <li sangue, gli estratti che contengono il fattore VIII o fattore antiemofìlico, che - come ha dimostrato il prof. Francesco Di Cataldo di Milano - non &uscita alcuna reazione secondaria anche quando viene preso in larga misura e per lungo tempo, non altera nè reni nè fegato come si era sin qui paventato. Quando non si ha a disposizione il fattore VIII prelevato da sangue uma:no si può usare quello di derivazione bovina o suina. L'av\'. U. Randi di Milano, Segretario della Fondazione dell'Emofilia, ha ricordato un regolamento della legge r~ che già prevede l'inseri mento dell'emofilia nel novero delle malattie sociali, cosl da consentire all'emofilico l'impiego del crioprecipitato senza gravosi oneri poichc! questo farmaco ha un prezzo piuttosto elevato. Ma questa legge aspetta la sua regolamentazione. li prof. Carlo Sirtori, Presidente della Fondazione Carlo Erba, ha concluso ricordando il caso di un paziente emofilico che ha dovuto essere operato di sostituzione di una valvola cardiaca e ha richiesto II35 litri di sangue per superare l'intervento, sangue che fu raccolto .nel corso di sette mesi e trasformato in crioprecipitato. Ha detto anche che un emofìlico verrebbe a costare allo Stato circa un milione all'anno per l'approvvigionamento del crioprecipitato; tutto questo approvvigionamento sarebbe un gran risparmio perchè eviterebbe ricoveri che costano circa 20 mila lire al giorno. Ha aggiunto che il fattore VIII è costituiro per l'So% da proteine e per il 20% da lipidi e carboidra-ti, che è particolarmenre abbondante nelle persone di gruppo sanguigno A. Ha concluso dicendo che l'emofìlico è esposto anche all'ulcera duodenale in una mi· sura 3 volte superiore alla media se non si fa ricorso al crioprecipitato.

Sterilizzazione a mezzo di raggi gamma. In numerosi paesi ad avanzata tecnologia, compresa l'Italia, si sta diffondendo da circa un decennio l'impiego a scopi pacifici dell'energia nucleare.


1\c,·l·ntemente ha assunto un particolare interes~ un processo di sterilizzazione di mattnale medico- chirurgico (siringhe, dcflussori, trasfusori, suture interne, contenitori pu U'><l chimico- farmaceutico) ed altro materiale parafarmaccutico che si avvale delle .!":l!.bzioni gamma. Rispetto ai metodi tradizionali dì sterilizzazione questo procesl-0 offre enormi vantaggi di efficacia c praticità di applicnione che tornano a favore, non solo delle industrie interessate, ma anche dei milioni di consumatori, grazie alle assolute garanzie igien ico- sanitarie. Ai fini dell'applicazione pr:Hica del metodo su vasta scala, una Società Italiana (Gammatom S.p.A. di Guanzate, provincia di Como) ha acquistato ed introdurrà in Italia, il 18 corrente, una sorgente di C'..obalto 6o di 100.000 Curies che è, pertanto, la più gros~a sorgente finora importata. L'impianto effettuerà, primo in Italia, ser\'iti di sterilizzazione per conto terzi. La c;orgente, fornita dall'Ente • azicnale Britannico per l'Energia ' uclearc (Radiochcmical Ccntre di Harwcll) è dotata, per il trasporto, di una schcrmarura in piombo di peso superiore ad 8 tonnellate c verrà \tabilmcnte collocata entro un'apposita strut· tura di cemento armato dell'altezza d i 15 metri, del peso di 5.000 tonnellate, per un volume complessivo di 2.300 m ~. L'avvenimento riveste c:mmerc di eccezionalità ed è di grande interesse in quanto costituisce un nO[evolc progresso per il nostro paese, sia nel campo tecnologico che in quello sanitario.

La memoria è un flusso che inonda le cellule cerebrali. La m<.-moria - ha detto il prof. Walter Essman dell'Uni,·enità di Ncw York nella \ua conferenza alla Fondazione Carlo Erba - è come un flusw, un torrente che inonda le cellule cerebrali. Ma a volte - ha aggiunto - incontra degli ost.acoli, delle chiuse che in termine tecnico si chiamano «situazioni amnesizzanti '' che la bloccano. Tra queste si annoverano gli shock emodvi, gli stati di ipotermia c c.li ipertermia, l'eccessivo uso di analgesici e di sonniferi. Tutte le t< situazioni amnesinanti >> agiscono su un punto specifico, secondo il prof. Essman, c precisameme sulle tcrminazioni presinapriche situare <ra una cellula nervosa e l'altra e che costituiscono un passaggio obbligato del flusso della memoria. Il prof. Essman ha parlato anche delle sostanze che favoriscono il flusso della memoria, tra queste la teofillina, la stricnina, la caffeina. l'acido urico c gli analettici. sostanze queste ultime che aumentano il tono psichico.

Il t< Malignolipin- test ''· Un'altra tappa nella diagnosi precoce dei tumon, 1n base agli studi di due scien· ziati giapponesi, l'ha segnata un gruppo di ricercatori romani che hanno perfezionato la cc spia anritumore ''• discutendone all'Accademia Lancisiana durante una riunione scientifica dove si è parlato della necessità di seguitare sulla strada della diagnosi precoce. Gli scienziati romani sono: il prof. Umberto Nuvoli, direttore della sezione studi radiobiologici degli 00. RR. e già Primario radiologo degli Ospedali; il prof. Ugo Cassarino, ricercatore e collaboratore dd prof. ruvoli; la dott.ssa Maria Pia Cassarino a cui si è: associata la dott.ssa Werth dell'Università di Saarlandes - Homburg in Germania: la malignolipina è stata da que~t'ulrima isolata dai tumori animali nel 92,5% dei casi osservati.


Il metodo per sondare l'organismo aUa ricerca di elementi cancerogeni è quello della malignolipina o meglio del « test mali-gnolipinico », che si risolve in un complesso esame del sangue. Dice il prof. Nuvoli: cc La val id id della malignolipina non significa assolutamente la vittoria sul cancro. Costituisce invece l'acquisizione di un metodo per accertare la presenza del male. Mi auguro un rilancio in sede scientifica di queste esperienze, un rilancio che tenga conto dei risultati degli studi e della buona fede di tutti coloro che vi hanno lavorato ». Che cosa è la malignolipina? E' una sostanza specifica isolata poco più di dieci anni fa da tessuti neoplastici ·dell'uomo e di animali ad opera di due scienziati nipponici, i dottori Kosaki e Nagakawa, che così la denominarono. Era la prova del nove: quando quella sostanza annunciava la sua presenza, metteva i medici in grado di localizzare la malattia e di combatteda in tempo. La malignolipina è legata al metabolismo della cellula neoplastica; la sostanza segue l'andamento clinico dell'affezione morbosa di modo che quando una terapia chirurgica o il radiologo con la medicina nucleare o il cancerologo con gli antiproliferativi riescono ad eliminare del tutto le cellule ncoplastiche, anche la malignolipina scompare dal sangue. Di questa sostanza si è già parlato a suo tempo all'Accademia Lancisiana e il prof. Cassarino aveva presentato le sue casistiche assai importanti in quanto affermavano come il << test- m.alignolipinico » fornisse un elemento sicuro ai fini diagnostici. Sorsero però delle polemiche anche a livello scientifico a causa delle quali le esperienze degli scienziati romani si arrestarono per poi riprendere sia pu.re lentamente. « Questo è uo esame - ha tenuto a dichiarare il prof. Cassarino - che se non dimioa il cancro ne denuncia infaUibilmenre la presenza. Siccome l'unica nostra speranza di lotta sì fonda sulla diagnosi precoce, l'avere a disposizione un .test che ci dica la presenza o meno di un qualsiasi sintomo tllJlloralc nell'orgaJlismo, rappresenta indubbiamente un dato positivo». Il prof. Cassarino in stretta collaborazione con il prof. Nuvoli sta conducendo altre esperienze: sono dirette a studiare le crisi di rigetto, che potrebbero essere utilizzate per la lotta contro i rumori maligni .

Messaggio ai Governi europei per la lotta contro il cancro. Il governo degli Stati Uniti d'America ha deciso di promuovere un massiccio attacco al problema del cancro, varando un colossale programma coordinato di ricerche sulle cure di questa tremenda malattia. E' ovvia l'importanza di questa decisione se si considerano gli esempi dei due grandi programmi nazionali di ricerca promossi in passato dagli Stati Uniti, e cioè quello militare che portò alla fabbricazione della bomba nucleare, quello spaziale che portò agli sbarchi sulla luna. Le sofferenze ed i problemi umani e sociali causati dal cancro oono gli stessi per le popolazioni degli Stati Uniti e dell'Europa e noi europei non possiamo assolutamente permetterei di rimanere passivi mentre gli americani si preparano a compiere un così colossale sforzo in questo campo. Noi europei dobbiamo fare tutto il possibile per riunire le nostre forze con quelle che ·stanno per essere mobiliz.zate negli Stati Uniti, in modo che i popoli europei possano beneficiare tempestivamente e nella scala più larga dei risultati ohe potranno e~· sere eventualmente prodotti da questa straordinaria impresa. Se gli europei trascureranno di associarsi a questo programma si dovranno certamente lamentare gravissimi ritardi nell'applicazione dei risu1Lati terapeutici, e si pagherà un tragico prezzo di sofferenze e di morti.


Come presidente dell'Organizzazione europea per le ricerche sulle terapie del can ero, ritengo mio dovere sollecitare i Governi dei paesi europei affinchè partecipino con il massimo impegno a questa importantissima impresa. Oggi l'Europa non deve più limitarsi a stare alla finestra, poichè il programma americano questa volta non è nè nel campo militare, nè in quello del progresso tecnologico, ma ha lo scopo superiore della tutela della salute umana.

La mozione conclusiva sulla riforma sanitaria, votata dai medici condotti m occasione del lor o XL V Congres o nazionale. Ecco il testo della mCY.t.ione conclusi\'a del XLV Congresso nazionale dei medici condotti: «I medici condotti d'Italia, riuniti nel XLV Congresso nazionale a Montesih·ano (Pescara), dal giorno 15 al 19 settembre, udita la relazione della Pre~idenza generale la approvano. Dopo ampia ed approfondita discussione sull'attuale situazione sanitaria nazionale djchiarano la loro ferma convinzione deUa necessità di supcrarla e di pervenire, quanto più sollecitamente possibile, alla realizzazione di un nuovo ordinamento più aderente alle esigenze cd alle attese della collettività nazionale. ConsapeYoli che il progresso e l' eYoluzione sociale, economica e scientifica, impongono strutture, fun7ioni e metodologie nuove, sono convinti che uno degli aspetti più qualificanti del sistema sanitario, debba essere la costituzione, la regolamenrazionc ed il funzionamento di U'na medicina pubblica valida cd efficiente, la quale attraverso le sue varie componenti deUa vigilanza sanitaria, dell'igiene c profilassi, ddl'educazione sarutaria, ma soprauutto dello studio delle malattie sociali, nelle loro cause, nei loro effetti, c nei loro pos~ibili rimedi, e attraverso la puntualizzazionc e il potenziamento del momento preventivo dell'atto medico, garantisca lo stato di salure alla collettività. Consapevoli che l'Istituto della condotta medica, glorioso per le funzioni ahamente sociali finora espletate, opportunamente ristrutturato ed arricchito dei nuovi compiti di meilicina pucblica, sociale e preventiva, manterrà la sua qualificata importanza so ciale e troverà la sua dignitosa collocazione ed il suo giusto spazio vitale, in una panoramica nuova, i medici condotti italiani, in considerazione ddla loro tradizionale esperienza, versatiJità e competenza nel l'ambito della medicina pubblica, sociale e preventiva, afferma-no di doverne essere i più qualificati operatori e rivendicano il loro inconfutabile diritto ad essere inseriti nel Servizio Sanitario Nazionale sotto questa veste. ComapeYoli che nes~un tipo di servizio sanitario riformato, potrà prescindere dalla utilizzazione della loro attività professionale nel campo della medicina curativa, esigono che la loro attività professionale in questo settore sia regolamentata da condizioni e nonne liberamente e democraticamente contrattate in sede nazionale, fra il governo ed i propri legittimi, naturali e specifici rappresentanti sindacali, con la assistenza della F.)J.O.M., i quali dovranno tener presente come base inderogabile di ogni trattativa: r) i diritti civili dei medici condotti en~nc iati ed approvati dai precedenti congressi nazionali; 2) le condizioni economiche e normative derivanti da un accordo comune con gli altri sindacati medici del settore>>. La mozione è stata apprO\'ata a larghi~~ima maggioranza. Solo due delegati hanno votato contro.


Il mal d'aria. Come il mal d'auto ed il mal di mare, il mal d·aria è una :;indrome che può considerarsi una reazione di difesa dell'organismo per sottrarsi a sùmoli che perturbano il seoso della spazialid. In tutte c tre le forme SI hanno gli stessi sintomi (nausea, vomito, sudorazione, Yertigi nc) ed u&ruale è il meccanismo parogenetico. Variano solo per intensità, successione di tempo e combinazione gli ~timo! i fisici che ne sono la causa: varia, insomma, il (t com plesso'' tipico dell'an1biente nel quale la sindrome si rcnlizza. L 'avvento dell'aereo, quale mezzo di trasporto ed arma bellica, ha richiamato sin dall'inizio l'interesse degli orologi e dei fisiologi, in quanto il mal d'aria può provocare durante il volo conseguenze catastrofiche o letali. oppure comportare l'interruzione dcll'arti\ità di volo con grave danno all'indi,·iduo ed alla collctti,ità. 'el volo commerciale non esiMe un problema del mal d'aria: l'aumento della \ ' C· lociùt dei ,·elivoli si accompagna ad una diminuzione parallela delle accelerazioni, con conseguente maggiore attenuazione degli stimoli che provocano mal d'aria. Nell'Aviazione militare, invece, il problema - rileva R. Caporale (Riv. di Med. Aeroll. e Spaz., XXXIIT, 40, r970) - è .ancora attuale. Per saper pilotare u n velocissimo reattore è necessario un apprend imento per gradi, e cioè che l'allievo sappia pilotare un aereo subsonico in qualsiasi asseuo acrobatico ed in qualsiasi condizione di volo. Dati statistici, raccolti presso le Scuole di piloraggio dell'Aeronautica Militare, fanno rilevnre che il 45~ 0 degli allievi, piloti di aerei da combattimento, soffre di mal d'aria durante le prime tre missioni di ,·olo e che l'I r 0/ di essi viene eliminato per fenomeni di mal d'aria. In un'inchiesta, effettuata mediante l'impiego di un questionario su un gruppo di 975 piloti, dei quali 26o militari e 715 civili con brevetti di pilotaggio di diverso grado, 26o hanno risposto di aver sofferto di mal d'aria. Sono stati presi in considerazione numerosi dnti (sintomi provati, età, ore di volo, tipo di aereo, tipo di volo, ecc.). Può di rsi che il mal d'arin, come le altre forme di cinewsi, sin espressione di un riflesso com plesso, provocato da stimoli eterogenei con prevalenza di quelli agenti sulle strutture otolitiche vestibolari. Il suo meccanismo patogcnctico è intimamente legaro all'atLività delle correlazioni neuroniche ,·estibolari. Ciò preme55o, è da chiedersi quale utilità abbiano le prove 'e~tibolari allo sçopo di prevedere l>C il candidato al pilotaggio soffrirà in volo di mal d'aria. Conoscendo il meccanismo etio- patogenctico del mal d'aria, possono così spiegar~i le ragioni della scarsa anC'ndibilità delle prove di selezione: gli eccitamenti \'estibolari svolgono un ruolo importante ma limitato nella genesi della sindrome; gli eccitamenti degli altri ester<r e proprioccttori svolgono anch'essi un ruolo significativo; il sistema analizzatore della spazialità interferisce attivamente nelle genesi del mal d'aria. Esclusa dunq ue la possibilità di selez.ionare utilmente gli allievi piloti suUa base di una o più prove rotatorie Semplici, le vie che restano aperte - secondo l'A. - per cercare di diminuire l'incidenza dd mal d'aria negU allievi piloti sono: 1) l'allenamento mediante speciali macchine (camera a lenta rotazione, centri fuga umana. sin1Uiatore a più grado di libertà sedia di Srille) con le quali vengono stimolati non solo i propriocenori ,·estibolari ma ruuo il complesso psico - somatico che entra in gioco nella patogcnesi della sindrome; 2) studiare le possibilità di ottenere condizioni di abitudine a stimoli comples~J polisensoriali, labin ntici ed extralabirintici, in variabjle relazione reciproca, al fine di realizzarne il sistemarico impiego negli allievi piloti.


N uovo, rivoluzionario farmaco per la cura dell'asma. La maggior parte degli studiosi intervenuti nel recente Congresso Internazionale di Allergologia a Firenze, hanno messo in luce la grande efficacia nell'asma di un nuO\O prodotto: il cromoglicato di~ico. Dalle ricerche cliniche è risultato che il farmaco può essere adoperato in associa· zione con altre medicine, già in uso nel trattamento della malattia, quali i broncodilatatori c i cortisonici e che, speci:Jlmente per questi ultimi, sarà possibile giungere a un:t diminuzione delle dosi giornaliere o addirittura alla loro completa sospensione nella maggior parte dei pazienti. Le statistiche riportate in una vcmina di relazioni e comunicazioni sono favorevolmente univoche, anche se l'incidenza dei benefici effetti ,·aria in parte da una auto-re all'ahro, come era da attendersi per una malattia così 'aria in cause c manifestazioni. Un altro grande vantaggio del cromoglicato disodico risiede nella facilità della sua somministrazione; questo viene infani usato per via inalatoria da due a quattro volte al giorno. Il prodotto non è ancor:~ in commercio in Jtalia; a quanto si è appreso h su;~ registrazione è all'esame delle competenti autorità.

Filmato l'interno del cuore in Giappo ne. Al Dipartimento Medico di que~ta Unh·ersità giapponese è in uso una cinepre>a che permette di filmare l'interno del cuore. L'apparecchio, denominato << Cardiofiberscope '' sfrurta le particolari proprietà delle fibre di vetro nella trasmissione della luce. Decine di migliaia di queste sottilissime fibre, ognuna delle quali ha un diametro di 9 micron, formano un sottile tubo di 4,4 mm di diametro. Il tubo viene inserito in una vena periferica del collo o della coo;cia e spinto fino all'interno del cuore. All'estremità del tubo è possibile collocare uru~ speciale macchina fotografica, oppure una cinepresa che può fissare sulla pellicola le immagini del cuore e dei su01i movimenti. Sono così possibili diagnosi accurate di tutte le cardiopatie cd anche osservazioni <<dirette 11 del cuore durante le operazioni chirurgiche in genere.

Più embolie anche per chi viaggia in aereo. Un noto cardiologo americano, il dott. Bruce Logue, ha dichiarato in questi giocni che risultano in aumento casi di embolia polmonare in gente che u~a abitualmente l'aereo. << Il fenomeno - ha detto lo studioso - provocato da una immobilità troppo pro· lungata sui sedili, è più comune ucgli obesi, nelle persone anziane c nelle persone af· fctt:.: da vene varicose. Ma può capitare: a chiunque 1> ha detto lo specialista. " L'embolia polmonare è provocata dallo stare seduti a lungo con le gambe so-spese n. Il dorr. Logue suggerisce, pertanto. a chi viaggia in aereo, di alzarsi ogni tanto e camminare.


CONGRESSI

LHI Congresso della Società oftalmologica italiana (Malta, 26- 29 settembre 197 f). Dal 26 al 29 settembre 1971 a Malta, presso il Corinthia Palace Hotel, si è svolto il un Congresso della Società oftalmologica italiana. ~ella incantevole cornice dell'Isola mediterranea sono stati dibattuti vari argomenti, ma i principali, che sono stati oggetto di relazione, hanno riguardato importami ed attuali metodi di indagine oculare, che hanno avuto notevole s\"iluppo in questi ultimi anni e che hanno contribuit<> ad importanti progressi non solo nel campo della diagnostica ma anche in quello della ricerca pura. E' indubbio che i rcccnù importanti progressi della tecnica hanno portato enormi contributi al progresso della scienza in genere ed alla indagine clinica in p:~r ticolare, tanto che vieppiù oggi si tende a dare a questa risalto e preminenza. Ora anche se non si è dell'idea di affidare l'indagine interamente alla tecnica nel campo delln nostra scienza e così abbra.cciarc il tecnicismo, pur tuttavia i risultati che ci sono of ferti dalla tecnica devono essere richiesti ed acceuati ed opportunamente valorizza:i dall'intervento personale. Al Congresso hanno aderito numerosi oftalmologi italiani e stranieri e vi è stata anche una rappresentanza deLla Sanità Militare, a.vendo notato fra l'altro la presenza del Gen. Ragni, Col. Carra, ~lagg. Frustaci, tutti oculisti mili cari. Parlerò in dettaglio dci vari argomenti che sono stati oggetto delle relazioni. Da parte del prof. G. Cristini, diretrorc della Clinica oculistica universitaria di Ber logna, è stata fatta una di..amina critica della tecnica della « flebografia orbitaria " in hase ai risultati ottenuti in quattro anni di utilizzazione della tecnica suddetta presso quella clinica. Le prime indagini flebografichc del circolo orbitario e del seno cavernoso furono opera di Dejan e Boudet della Scuola Francese di M ontpellier: le prime comunicazioni dci suddetti autor~ risalgono al 1951. Detta tecnica, scelta poi come argomento della relazione al rapporto annuale della Società di oftalmologia di Parigi del 1967 da parte della Scuola parigina di Offret, da questa sede viene diffusa a tutto il mondo oftalmolO<gico. Essa ci permette un esame approfondito dell'anatomia topogra.fica e radiologica dd distretto refluo orbitario e cavernoso, argomento che è stato profondamente illustrato dal Cristini mediante la proiezione di una vasta documentazione iconografica. Per la introduzione del mezzo di contrasto ci si può servire o della vena angolare della faccia secondo la tecnica di Otian- Boudet ed Offrer previa me~sa a nudo chirurgica della stessa o della puntura pcrcutanea della \'Cna frontale secondo la tecnica di · Vritsios. TI Cristi n i ha scelto con alcune varianti la tecnica dettata da Dejan - Boudet. L'e~amc radiologico viene eseguito prima dell'introduzione del mezzo di contra sto, a pieno circolo di deuo mezzo ed a mezzo di contrasto quasi sparito nelle proiezioni an tero- posteriore, latero -laterale, assiale e antero- posteriore con rotazione del capo di 45"· Importante è la messa in opera del metodo radiografico della sottrazi011e di immagine e quella dell'uso del colore, quest'ultimo in fase sperimentale. L'A. ha presentato quindi una vasta casistica personale di ro6 casi e si è trattenuto nell'illustrare l'importanza diagnostica della metodica flebografica e dello studio della dinamica circolatoria del distretto orbitario negli: 1) e:.oftalmi con processi espansivi dell'orbita e malformazioni vascolari orbitarie; 2) trombosi della vena orbitaria;


3) glaucomi primari soprattuuo gio' an ili, per le alterazioni più o meno evidenti rilevabili a carico dei vasi orbitari ed il mancato riempimento del ~no cavernoso; 4) otticopatia per le dimostrabili alterazioni di tipo trombotico nelle pseudopapilliti; 5) retihopatia diabetica per le alterazioni flebografiche consistenti in piccoli difetti di riempimento. La flebografia orbitaria, concludendo, si è dimostrata tecnica di grande interesse neuro- chirurgico ed oftalmologico, c può oggi considerarsi tecnica dì facile uso; essa ci consente di risolvere importanti problemi diagnostici cd offre la pos~-ibilità di una indagine ezio- patogenetica nel glaucoma e nelle otticopatie. Altro argomento di relazione è stato quello della << ultrasonografìa clinica dell'occhio c dell'orbita''· TI prof. Riccardo Gallenga c coli. hanno mirabilmente trattato il tema dell'esame ultra~onico come nuovo e import«ntc mezzo diagnostico in oftalmologia. Le speciali proprietà degli ultra~uoni ad altissima frequenza, vibrazioni meccani che di particelle della materia ~opra i 20.000 cicli al secondo, già ampiamente utilizz>1~i in altri campi della scienza c della tecnica, costituiscono oggi un mezzo valido, comodo c rapido nel campo della diagnostica oculare, come lo è in altri settori della medicina (ostetricia e ginecologia, cardiologia, neurologia). L'impulso eco ultrasonico viene trasformato in una onda ndla tecnica Ascan ed in macchie di luce che ricostruiscono immagini sezionali di varie strutture anatomiche nella tecnica B- scan. Ora la tecnica A - scan si Ì; dimo~trata utile alla diagno~tica morfologica e tes~u­ tale dell'occhio e dell'orbi[:.l, mentre la B - scan è da ritenersi complementare alla prima nello ~tudio di elementi dell'orbita. Gli autori si sono particolarmente soffermati, oltre che sui principi fisici della diagnostica ultrasonica, sulle caraneristiche tecniche delle apparecchiature e metodica di esame, c ~opmttutto nel campo della diagnostica sugli effetti scmc:ologici- econografici delle malattie dell'occhio e dell'orbita. Oltre che allo studio diagnostico delle varie malattie in oftalmologia, la ultrasonografia ha trovato utile impiego nel campo della biometria oculare, permettendo lo studio delle dimensioni delle distanze intraoculari. Dopo circa tre lustri d'indagine c dopo i fondamentali ~tudi di applicazione recnica fatti dal prof. Obala, Baum e o~~inig, oggi, la ultrosonografia ha acquistato la importanza di un valido mezzo di indagine nel campo della ricerca pura e della diagnostica oculare. Sull'indagine pupillografica hanno riferito con fruttuose argomenta7joni e pr<>fonda conoscenza dell'argomento i proff. Morone e Trimarchi. Lo studio della pupilla, sia in fa~e statica che dinamica, che è ~tata una delle ricerche più antiche dell'indagine clinica oltrechè oftalmologica, si è dimostrato sempre utili~simo Jlella diagnostica sia nel campo oculistico che neurologico. Ora l'indagine va effettuata anche mediante l'esame farmaco- diagnostico, pupil lometrico e soprattuuo pupillografico, metodo che ci dà un tracciato le cui variazioni parametriche rispetto a quello normale sono in grado di localizzare una alterazione ai Ji,eni livelli di percorso dd ri(Jesso fotico. L 'indagine pupiUografica trO\'a oggi utile impiego specie \C a\sociata a quella elettroretinografica, perchè mentre la prima ci informa sull'attività dei fotoricettori, cellule bipolari, cellule ganglionari e loro fibre, la seconda solo su quella dei fotoricetto:i c cellule bipolari. Ultimo argomento del Congresso è stato quello della eleuromiografia oculare, cioè l'analisi dei potenziali d'azione dci muscoli estrinseci dell'occhio.


L'elettromiogramma che si otcie11C, ci permette una approfondita immagine sulla attività di detti muscoli nei vari stati fisiologici e in condizioni patologiche ha permesso di chiarire la sede e il tipo delle alterazioni motorie. Relatori al Congresso su questo ultimo argomento sono stati il prof. Toselli e coll. Ha diretto i lavori del Congresso il nostro illustre Maestro prof. G. B. Bietti, Presidente della Società oftalmologica italiana. I congressisti sono stati salutati dal Governatore dell'Isola e hanno trovato calda accoglien7,a sia da parte delle autorità politiche c religiose, che delle categorie ed asso· ciazioni mediche. P. BoNoÌ

NOTIZIE MILITARI

P romozioni nel Corpo Sanitario Militare.

Da Maggiore a Ten. Colon11ello Medic-o 111 s.p.e.: Caproni A!do Ciccarelli Mariano Emanu.ele Eugenio Palmieri Agostino

Genova Giusepp:: Liccrati Angelo Olivicri Eradio Ricciardelli Enrico


IN DICE DELLE MATERIE PER L'ANNO 1971

LA VORl ORIGTh:ALJ ALESSANDRO A.: Inchiesta sul consumo delle bevande alcooliche ed analcooliche da parte dei giovani medici .

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176

BASILE R., BRAY E., LICCIARDELLO S.: Momenti etiopatogenctici nella sin drome della flebotrombo~i succlavio - ascellare da sforzo

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47 r

BASlLI L., CICERO L., GIANNI V., MASSA S.: Ricerca contemporanea del rame e del piombo nei prodotti vegetali scatolati .

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288

BENDIKELLI S., RuscONI C., BORGATII P.: Studio vettor- elettrocardiografico del cuore normale secondo Grant .

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181

BENotNELLI S., RuscoNT C., BoRGATTI P.: Alcuni aspetti della vascolarizzazione normale del piede valutata in modo incruento. Incidenza dell'assenza dell'arteria pedidia e della ribiale posteriore .

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391

Btss1 A., DAt:-IELLI C., PARMEGGIANI A.: Trombosi comusiva delle carotidi

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572

BoRGAITI P., RuscoN1 C., BENDINELLI S.: Studio vettor elettrocardiografico del cuore normale secondo G ranr.

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t8t

BoRGAITI P., RuscoNI C., BENDIN.ELLI S.: Alcuni aspetti della vascolarizzazione normale del piede ,•alurara in modo incruento. Incidenza dell'assenza dell'arteria pcdidia e della tibiale posteriore .

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391

BRAY E., BASILE R., LICCIARDELLO S. : Momenti etiopatogeoetici nella sindrome della flebotrombosi succlavio - ascellare da sforzo

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47r

CAPO A.: li rrapiamo del perone pro tibia .

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455

CAVALLARO A., FAvu zzr E., Z1PARO \ r.: Alcune considerazioni sulle fistole arrerio vcnose di origine traumatica .

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561

CtAI'Pl F.: Problem i vecchi c nuovi del fascio piramidale .

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49~

CICERO L., GIANNI V., ~fASSA S., BASILL L.: Ricerca contemporanea del rame e del piombo nei prodotti vegetali scarolati .

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288

CrRRINCIONE A. : L Selezione psichiatrica c profilassi criminologica nell'ambito delle Forze A rmate. 11. Il contributo della psicopatologia generale all'igiene criminale in ambiente militare .

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239

COLAJA:-INt G.: L 'esame della. funzione vi~iva per la selezione del personale aeronavìgante (sua importanza nella prevenzione degli incidenti di volo)

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7· - M.


CoNTI L., MAGGIORELLI E.: Comportamento del materiale idrofilo di medicatura alla sterilizzazione con raggi gamllla

P ag.

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CREAZZOLA M., SANTORr F. S., MusrLLI C.: Attualità delle protesi ilialìsarie e loro indicazioni .

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38!

CREAZZOLA M., SANTORI F. S., TucCIARONE R. : Sui processi di rivascolarizzazione negli impianti osteoarticolari autoplastici .

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50

DAINELLI C.: Moderni orientamenti nella terapia tòpica delle ustioni

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DAINELLI C., Brssr A., PARMEGGtANI A.: Trombosi conrusiva delle carotidi

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572

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NOTIZIARIO

Notizie tecnico -scientifiche

Pagine: 108, 109, 110, 111, 112, u3, n4, 115, u6, 117, n8, 119, 120, 121, 200, 201, 202, 20J, 204, 205, 2o6, 207, 208, 209, 210, 2II, 212, 2IJ, 214, 215, 216, 217, 218, 219> 220, 315, 316, 317· 318, 31 9· 320, 321, 322, 323, 324· 325· 423, 424· 425· .p6, 427, 428, 429, 430, 431, 432, 433· 434· 435· 436, 437· 438, 439. 440, 44'· 514, 515, 516, 517, 5 18, 519, 520, 52I, 522, 523, 524· 525· 52 6, 527, 528, 529· 53°· 53 1 • 532, 533· 534· 535· 536, 537· 538, 539· 540, 541, 542, 543· 544· 545· 620, 621, 622, 623, 624, 625, 626, 62], 628, 629, 63o, 631, 632, 633, 634, 635, 636, 637, 638, 639.


Conf!.ressi

Notizte militari

Necrologi

Pagine: 22 I, 222, 22 3, 329, 330, 444• 445·

Direttore responsabile: Ten. Gen. Med. Prof. T. SANTILLO Redattore capo: Magg. Gen. Med. Prof. C. ARcmrru Autorizzazione del Tribunale di Roma al n. 944 del Registro TII'()(;RAFIA RECIO:-IALE -

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