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GIORNALE DI MEDICINA MILITARE 1973

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ANNO 123° - FASC. 1•

GENNAIO - FEBBRAIO 1973

GIORNALE DI

MEDICINA MILITARE PUBBLICAZIONE BIMESTRALE

DIREZIONE REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE VIA S. STEFANO ROTONDO, 4 - ROMA Spedizione in abb. post. - Gruppo IV


GIORNALE

DI

MEDICINA

MILITARE

SOMMARIO

VALDONt P.: Il medico di fronte all'urgenza . DAcRAot A.: Stato attuale della chirurgia del fegato .

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ORstNt M.: Un nuovo telo pomferiti e sue modalità di impiego .

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CARtATI E., DE MAmxs V., BRicHENTI F · Sulle ernie diaframrnatiche posttraumatiche

43

DE MAmts V., GtBELLt A.: Su di un caso di ipcrtrofia masseterina - Studio clinico e diagnostico differenziale

so

Cccct!l<lELLO G.: Sindrome del canale carpale da fibroma desmoide .

57

Dt MARTINO M., SBARRO B. : Andamento della sc:~bbia nell'Esercito italiano dal 1955 al 1971

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NOTIZIARIO:

Notizie militari Necrologio

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GENNAIO-fEBBRAIO 1973

ANNO 123 • FASC. l

GIORNALE DI MEDICINA MILITARE

OSPEDALE .MILITARE PRINCIPALE DI VERO!"/\ • ~1ED. D'ORO S. TE:"\. MED. G.:\. DALLA BONA

Diretturc : Col. ~led. Prof. A. MAsTRORJLI 1

IL MEDICO DI FRONTE ALL'URGENZA * Prof. Pietro VaJdoni Emerito di Clinica Ch irurgica nell'Università di Roma

Ho il gradito dovere di ringraziare il caro collega Col. medico Prof. Dott. Adamo Mastrorilli, Direttore dell'Ospedale Militare Principale di Verona per il suo amabile invito a tenere oggi la conferenza inaugurale del Corso di Aggiornamento per l'anno accademico 1972-73 da lui così egregiamente program mato sul tema conduttore: le urgenze. Nel 1961, in occasione delle Giornate Mediche della Sanità Militare, io feci la proposta che la chirurgia d'urgenza venisse affidata agli ospedali militari. Allora ebbi a rilevare che vi era evidentemente un campo d'azione comune fra la chirurgia d'urgenza in tempo di pace c la chirurgia di guerra; la preparazione del chirurgo e dell'ospedale militare a tale compito diventerebbe perfetta, se in tempo di pace, a questo ospedale si affidassero i compiti imposti dall'esercizio della chirurgia d'urgenza. Si imporrebbe così la creazione di mcdici particolarmente ben preparati ad assolvere ai molteplici compiti imposti da una moderna chirurgia d'urgenza che richiede specializzazioni plurime e particolarmente impegnative. Per quanto riguarda l'insegnamento universitario che in fondo è il responsabile primo della conseguente applicazione pratica dissi allora che, per quanto riguardava la mia responsabilità personale quale Direttore della Clinica Chirurgica di Roma, avevo chiesto cd ottenuto dalla Facoltà Medica la creazione dell'insegnamento della chirurgia d'urgenza e la richiesta al Ministero della concessione di una Cattedra per questo peculiare insegnamento. E questo nel • Prolusione tenuta il 18 novembre 1972 al Corso di aggiornamento su l'« Urgenza» organizzato dall'Ospedale Militare Principale di Verona per l'anno 1972 • 73·


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corso degli anni si è realizzato. In una precedente relazione al Congresso della Società Italiana dì Medicina del Traffico nel 1960. nella mia responsabilità di relatore chirurgo, fra gli altri dettati conclusivi che ricorderò successivamente, uno riguardava il luogo dei sinistrati sulla strada. Io dicevo che non era tanto importante di ricoverare il sinistrato nell'ospedale più vicino quanto fosse importante di ricoverarlo nell'ospedale meglio attrezzato perché con i mezzi di trasporto attuali e le nuove vie di comunicazione autostradali, la distanza diventava un fattore meno importante della qualità del trattamento. E io allora mi augurai che questi malati sinistrati venissero portati negli ospedali militari dove esistessero preformate tutte le squadre di specialisti nei vari termini della chirurgia d'urgenza, per esempio. quelle trasfusionali, quelle dell'anestesia, gli esperti di chirurgia addominale, i chirurghi esperti in chirurgia toracica, in chirurgia vascolare, in chirurgia plastica, in neurochirurgia, in traumatologia, ecc. Del resto oggi non è logico mantenere la distinzione una volta esistente fra chirurgia del periodo di pace e chirurgia del periodo di guerra. Dopo la scoperta della penicillina e degli antibiotici noi possiamo ragione,·olmentc dividere la casistica chirurgica in quellfl di chirurgia su malati cronici e quella su malati acuti, cioè la chirurgia d'urgenza. Aggiungevo che in questa maniera nuova vita e nuovi compiti sarebbero imposti ai chirurgi degli ospedali militari e anche ad essi sarebbe spettata una nuova responsabilità nell'aggiornamento teorico e pratico delle cognizioni chirurgiche per i giovani. A tutti noi sembrerebbe oggi ancora difficile rispondere adeguatamente e giustificarsi di fronte a quel sinistrato che verrebbe a rimproverarcì dicendoci: «perché se una organizzazione del servizio d'urgenza era possibile di realizzare utilizzando tutto quanto esisteva non si è provveduto in modo adeguato ?» A distanza di oltre IO anni io non mi dolgo di aver presentato le proposte allora fatte c sono lieto dell'occasione per ripresentarle ancora una volta. Ho ricordato l'occasione avuta in precedenza, quale relatorc nel 1960 al primo Congresso della Società Italiana di Medicina del Traffico, di prospettare in grandi lince quali avrebbero dovuto essere le realizzazioni di un servizio di pronto soccorso dei traumatizzati della strada, degno di questo nome. E ho la soddisfazione di poter affermare a più di 10 anni da quella data di aver potuto realizzare gran parte di quanto fu allor a prospettato. Non vi nascondo che per mc era stato difficile trovare il modo di risolvere il problema delle elencazioni dei nostri doveri. Naturalmente vi possono essere direttive di vario genere tenendo conto che la entità delle lesioni del traumatizzato è nettamente in rapporto con la velocità dell'autoveicolo, con i caratteri della strada che esso percorre, con le caratteristiche della costruzione m eccanica dd veicolo e con le modalità con cui avviene l'incidente. Ma vi sono anche altri criteri che possono essere utili alla trattazione; per esempio, i fattori patogenetici sono rappresentati dal trauma diretto che agisce


3 per compressione o schiacciamento, ma anche da stati di iperpressione endoviscerale che si costituiscono per queste azioni e dalla decelerazione. L'improvviso arresto del corpo consente ai visceri contenuti, per la forza viva in essi accumulata, una proiezione che li allontana dalla loro sede strappando lagamenti e inserzioni, rompendo per lacerazione, per esempio, la aorta nel punto di passaggio fra l'arco aortico e il suo tratto discendente. meno tenacemente fissato, disinserendo all'ilo con lacerazione di tutti gli elementi, il polmone, provocando bilaccrazione nel sacco pericardico con lussazione del cuore, ecc. Ma non è con una visione puramente anatomica che si può sintetizzare c classificare i singoli casi; il trauma altera in primo luogo cd in modo imponente, la funzione stessa dei vari organi e di tutti i suoi tessuti, modificando profondamente e spesso in modo irreversibile la loro fisiologia. Qualsiasi elenco venissi a proporre e qualunque classificazione volessi seguire, per la molteplicità delle lesioni e la poliedricità dci loro aspetti, non potrei certo fare opera conclusiva c riassuntiva che venisse a corrispondere al tema che mi era stato fissato. E mi sono chiesto se non facessi meglio a impostare l'esposizione del problema rispondendo al quesito di come desidererei che le cose andassero se al posto dell'infortunato mi trovassi ad essere io personalmente. E allora cominciamo con il momento dell'incidente. Vorrei che nella mia vettura o in quella che mi segue e che mi auguro che si fermerà per assistermi e soccorrermi ci fosse un teldono in comunicazione con il 113 in modo che fosse facile informare dell'incidente chi può avere la responsabilità di utilizzare l'informazione. E' vero come molti hanno asserito, che è opportuno scoraggiare chi arriva dal prestare dei soccorsi perché spesso l'inesperto aggrava una lesione già in atto, per es. una frattura forse ancora incomplet:l c specialmente può aggravare lo stato di shock. E' un fatto però che all'atto della consegna della patente, si potrebbe richiedere al candidato un minimo di nozioni teoriche di pronto soccorso che possono essere elencate su una pagina di stampa. Perché vi sono dei dati di estrema importanza, per esempio, se l'infortunato non respira, anche se le sue lesioni sono curabili, la sua morte è certa. Non voglio discutere gui sui vari metodi per far respirare una persona e sulle modeste tecniche che vengono suggcritr c sul modo di accertarsi che la via aerea superiore sia libera. ln secondo luogo, nell'elenco delle possibilità di pronto soccorso dell'uomo della strada, è l'arresto di una emorragia esterna che è sempre importante controllare con una pressione locale, senza nessuna preoccupazione di sterilità. E dovrebbe anche essere nozione comune che l'applicJzione di un laccio emostatico è efficiente qualora venga applicato sulla coscia o sul braccio cioè là dove esiste un osso unico. E' Jnche facile di apprendere che un infortunato


4 debba essere adagiato su l fianco e che gli arti inferiori devono essere rialzati, a meno che non siano fratturati. In questo frattempo dovrebbe arrivare l'ambulanza per il trasporto dell'infortunato. Fino a che questi trasporti non saranno multipli c facili si può sempre provvedere anche al trasporto con una automobile comune perchè i costruttori, cedendo agli inviti dei medici, hanno generalmente realizzato un sedile anteriore con lo schienale ribaltabile così da dare la possibilità di un piano unico su cui adagiare il traumatizzato. Nel caso dell'autoambulanza si è discusso se in questa dovesse esserci obbligatoria, la presenza di un medico. Nel momento attuale questo non è possibile e del resto oggi l'infermiere che vi è addetto, ha nozioni elementari sufficienti per assicurare una emostasi temporanea, per porre una ferula di sostegno c per adagiare il sinistrato sulla barella. Un medico, anche capace di atti operatori complessi, non potrebbe certamente eseguire in strada, come una volta si è cercato di realizzare in Germania, un intervento d'urgenza. La sua presenza può assicurare già durante il trasporto un trattamento antishock con medicamenti adatti e con una trasfusione di sangue. Si è dimostrato però che questo non è necessario. Riprendendo la direttiva di risolvere un caso personale, dovrei rispondere ora alla domanda: « In quale ospedale desideri essere trasportato? ~ - « Vorrei essere trasportato in un ospedale dove ci sia una attrezzatura di risuscitazione e rianimazione con personale competente; dove vi sia una sufficiente quantità di plasma e sangue c a disposizione un laboratorio che possa correttamente ricercare il mio gruppo sanguigno ed eseguire le microanali~i sui parenti più importanti, bene e rapidamente ottenibili con la metodica di Alsdrup. Vorrei che i medici sapessero che non si deve trasferire dalla barella un malato in stato di shock, che l'anestesista sapesse che l'anestesia generale può provocare la morte del malato in stato di shock. Vorrei che vi fosse un gabinetto radiologico con buoni apparati che potessero praticare una radiografia del malato giacente nella sua barella e un radiologo competente nel giudicare i reperti. Le arteriografie selettive sono di estrema utilità nei politraumatizzati c capaci di dimostrare lacerazioni di meso, interruzioni della capsula splenica, rottura dei vasi surrenalici e dei vasi renali, interruzioni dei rami dei vasi mesenterici ecc. Vorrei che vi fosse un chirurgo ben allenato e che se fosse necessario l'intervento, questi potesse venir iniziato in pochi minuti. E vorrei che mi si facesse un esame clinico completo, che nel caso di lesione cr:mica si potesse chiamare un neurochirurgo. che nel caso di fratture si potesse chiamare un esperto ortopedico-traumatologo. E vorrei che il responsabile del coordinamento del reparto di chirurgia d'urgenza sapesse che nei traumi addominali l'intervento è assai spesso indicato più che dai sintomi, dalla sede del trauma e che è abitualmente da eseguirsi con urgenza mentre nei riguardi del torace l'intervento può essere rimandato, ad eccezione dei casi di asfissia e dci casi di traumatopnea. E infine vorrei che


5 dopo l'esecuzione del pronto soccorso d'urgenza potessi essere posto in un reparto tranquillo con una monotorizzazione la più accurata possibile e con la ~orveglianza continua di una esperta infermiera. E' evidente che un servizio così attrezzato, capace di funzionare 24 ore su 24 non può essere relegato all'ultimo grado della gerarchia ospedaliera magari affidato ad u11 assistente ancora non completamente maturo e sprovvisto di scarsi mezzi di dotazione. Per quanto riguarda la mia responsabilità personale io ho potuto realizzare una organizzazione corrispondente ai miei postulati nel Policlinico Universitario di Roma, organizzazione oggi affidata ad un Professore di ruolo universitario in ambienti attrezzati a questo scopo c specialmente da me progettati e programmati per l'esecuzione delle premesse. L'esperienza ha dimostrato l'enorme frequenza dello st:lto di shock condizionato da una sproporzione fra sangue e letto vascolare, cioè fra contenente e contenuto. Le perdite di sangue esterne sono più facilmente valutate, meno quelle interne. Si pensi per esempio, alle emorragie che hanno sede nel grasso retrosperitoneale, nella loggia adiposa d el rene, nei focolai di fratture comminute, ecc. E' incredibile la grande quantità di sangue che occorre nei singoli casi; è facile arrivare a due litri e anche a quattro. Le infusioni con le soluzioni macromolecolari sono utili ma se molto abbondanti possono essere cause di complicazioni renali tardive. Del resto la misurazione della pressione arteriosa dà un buon criterio di giudizio per quanto riguarda la risoluzione dello stato di shock. Ma la sorveglianza continua dci valori pressori è l'unica che mette al riparo delle anurie post- traumatiche. E' opportuno introdurre un sondino gastrico nello stomaco per vuotarlo cd è opportuno a11che mettere a permanenza un catetere vcscicale. Con questo semplice mezzo si potrà non solo escludere un 'eventuale rottura dell'uretra, ma anche controllare le condizioni di funzionalità del rene. La riduzione della frequenza del polso oltre al ripristino della pressione sono buoni criteri nei riguardi della risoluzione dello stato di shock. In ogni modo è molto difficile il giudizio quando vi sia associazione con uno stato di incoscienza: se non è secondaria ad uno stato di alcoolismo acuto o all'assunzione di droghe, l 'incoscienza è indicativa di una lesione cerebrale quando il polso e la pressione sanguigna ritornino al normale. In questi casi è assai importante una abbondante e corretta som ministrazione di ossigeno. Se l'intubazione tracheale non appare sufficiente e non vi sia indicazione all'anestesia generale, è opportuno ricorrere subito ad una tracheotomia perché alla cannula tracheale può applicarsi un respiratore meccanico che. non dovrebbe mancare mai nei servizi di pronto soccorso. Di regola è il dolore nel focolaio traumatico; in tali condizioni la morfina non è indicata perché abbassa il tono respiratorio mentre oltre all'infiltrazione di novocaina locale si può usare uno dei tanti preparati che sono degli ottimi succedanei a quelli oppiacei.


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E' evidente che molti e numerosi sono i problemi di diagnostica e quelli di terapia che vengono ad essere p()sti nei singoli casi. Di fronte alla frequenza, dei traumi alla testa è da ricordare in secondo luogo per frequenza, il trauma del torace. La gabbia toracica è facilmente colpita da traumi, da contusione e schiacciamento e naturalmente, oltre alla parete toracica, i visceri ivi contenuti sono esposti a rotture, lacerazioni, scoppi. Tutte queste lesioni sono accomp:.1gnate da un grave risentimento della funzione respùatoria c hanno come denominatore comune uno stato di anossia. Per nessuna altra sede è tanto importante di stabilire l'alterazione fisiopatologica piuttosto di quella anatomica. La diagnosi anatomica è certamente necessaria ma è una diagnosi che potremo dire del «secondo tempo». Si pensi come uno stato anossico possa dipendere da una respirazione paradossa per rotture costali multiple, per cui durante la fase inspiratoria, un tratto di parete toracica più o meno esteso, si deprime rendendo impossibile la distensione del polmone. Lo stesso stato anossico può dipendere da un ingombro broncoalveolare per rottura bronchiale e tnondazione con sangue c per emorragia di organi parenchimali. Frequente causa dell'anos~ia può essere la presenza di un pneumotorace o di un emotorace o di un emopneumotorace per lacerazione del polmone. In questi casi è specialmente l'esame radiografico che chiarisce perfettamente la diagnosi, importante, perché se esiste una compressione polmonare, la trasfusione di sangue, invece di migliorare le condizioni del malato, le aggrava provocando un sovrariempimento del piccolo circolo. In tali casi è urgente e necessario anche durante lo stato di shock, di procedere alla rimozione delle cause della compressione polmonare. L'impiego della tracheotomia c della respirazione controllata può risolvere perfettamente. nella maggioranza dei casi, la anossia provocata dalla deformazione traumatica della parete toracica. La correzione con apparecchi di compressione e la correzione operatoria della respirazione paradossale può essere rimandata ad un tempo ulteriore. Assai di rado vi può essere una indicazione operatoria nei traumatizzati toracici in un primo tempo, e cioè quando vi siano lesioni del cuore, dei grossi vasi polmonari (e allora l'emotorace si rinnova continuamente) dell'esofago, ampie lacerazioni del polmone con impossibilità a mantenere la ncgatività del torace con una aspi razione continua attraverso un tubo introdotto nel cavo pleurico per mezzo di un tn:-quarti. Tranne quindi dei casi eccezionali in cui si arriva alla diagnosi di lesioni anatomiche, la toracotomia è abitualmente controindicata nei traumi del torace. Solo nei casi in cui con b tracheotomia J'nnossia sia i n correggibile, si potrà porre questa indicazione. La lacerazione polmonare da questo riguardo, dà risultato operatorio più notevole mentre le lesioni del cuore e dei grossi vasi, raramente sono guaribili.


7 Nei riguardi dell'indicazione operatoria, a differenza di quanto avviene per il torace, questa è invece assoluta nei traumatismi dell'addome appena sia passato lo stato di shock. Ne fa chiara eccezione a ciò la rottura della milza, causa ·d i shock irreversìbile per l'emorragia interna altrimenti infrenabile e perciò in questo caso l'intervento è imperativo nello stesso stato di shock. In tutti gli altri casi, è meglio attendere la risoluzione dello shock. Si pensi che le lesioni viscerali sono spesso multiple e che perciò è necessario di fare delle esplorazioni assai complete ed estese. Sotto questo riguardo può essere di straordinaria importanza l'angiografia selettiva nel territorio del tronco celiaco e in quello della arteria mesenterica superiore. La detersione peritoneale è anch'essa manovra che richiede un traumatismo notevole che per se stesso può essere stato causa di shock. Nello stesso ordine sono da considerarsi la rottura della milza, la rottura della vescica sia intra- che extraperitoneale, in cui è necessario non solo la messa in opera di un drenagg1o soprapubico dopo riparazione della rottura, ma anche una accurata detersione del cavo addominale. Le lesioni delle parti molli e le fratture passano in ultima linea nel compito del soccorso al politraumatizzato. Con ciò non si vuole minimizzare la loro importanza. E' certo che la presenza di più traumi concede una prognosi meno favorevole dì quello che si potrebbe porre per ciascuno dì essi. Ed è in questo campo cht è importante l'opera del traumatologo e del chirurgo plastico; l'esperienza del ricorrere al chirurgo plastico dimostra una riduzione assai notevole degli esiti lontani non soddisfacenti. Il provvedere quindi alle lesioni degli arti con relativa urgenza non deve significare negligenza nei politraumatizzati; evidentemente è imperativo di provvedere prima di tutto a conservare la vita rimuovendo le cause che più gravememe la minacciano. Fra queste in prima linea, sono le lesioni dei visceri addominali. Anche per (]Uesti, come per quelli toracici può essere impossibile la diagnosi anatomica precoce a meno che non si dimostri una raccolta di aria sotto il diaframma. In presenza di nausea, di vomito, di distensione addominale di scomparsa dei rumori peristaltici, di comparsa di zone dolenti e ancora più di difesa e contrattura, bisogna assolutamente intervenire. Purtroppo, fa meraviglia di vedere come in reparti, dove l'indicazione operatoria per qualsiasi malattia addominale è consider<J.ta assai largamente, nel caso di traurnatismi addominali si indugi e si aspetti di arrivare ad una più precisa diagnosi di lesione d'organo mentre una laparatomia, posta con indicazioni generiche dell'esplorazione in addome traumatizzato, avrebbe salvato la vita del malato. Ed è tanto più 1mportante la tempestività di un intervento se si consideri che le resistenze all'infezione sono profondamente diminuite nel traumatizzato non solo in senso generico, in quanto i tessuti contusi mal si difendono, ma anche perché il fe-


8 gato, in condizioni di ipotensionc, non rappresenta più una barriera al passaggio dci germi intestinali in circolo. Infine è da ricordare come la reazione più grave e più importante al traumatismo, e in modo particolare allo stato della ipotensione in condizioni di shock, sia l'alterazione della funzione renale. Il rene si esclude dal circolo sia per vasocostrizione come difesa alla perdita dci liquidi che per l'abbassamento della pressione arteriosa. Quando queste condizioni d uri no per qualche tempo, si stabiliscono lesioni degenerative gravi delle cellule di rivestimento del nefrone. La lesione è ben conosciuta con il nome di nefrosi del nefrone inferiore. La sindrome da uremia traumatica e mvece condizionata dall'ingombro dei canalicoli con cilindri occludenti costituiti da emoglobina cd è causa di un'uremia mortale. Il medico non può trascurare nello studio teorico della prassi quei fenomeni generali che abbiamo in parte già elencato e che sono comuni nei traumi ma che occorrono anche nell'evoluzione clinica di malattie e nel decorso post-operatorio e che erano considerati una volta capricciosi ed imprevedibili. (L'esposizione della corrispondente trattazione dell'argomento in corpo piccolo. Manuale di Chirurgia di P. Valdoni e in Surgery di Schuartz). In realtà, la varietà casistica che noi osserviamo non è soltanto relativa alla qualità del trauma, alla malattia ma è anche in rapporto con la reazione individuale. Risposta generica e spontanea è anche la reazione endocrina c metabolica, ed è questa risposta che può essere profondamente modificata e ciò è assai importante, da una serie di condizioni che sono anzitutto rappresentate da fattori iatrogeni condizionati dall'intervento del medico e che pos-sono essere rappresentati d~tll'anestesia, dalla trasfusione, da somministrazioni di liquidi vari e di elcttrolitri, da variazioni nella ossigenazione e specialmente da stasi, da ipossia, da stati di shock, da stati conseguenti allo stesso intervento operatorio se questo viene eseguito. Ana lizziamo anzitutto le modificazioni endocrine. Se l'arca dove è avvenuto il trauma o l'area di partenza dello stin1olo quando si tratta di operati per altra indicazione venga denervata. gli stimoli che da questa area partono e arrivano al cercello sono incapaci di provocare l'aumento della secrezione dell' ACTH. In clinica, questa condizione è stata osservata nel corso di operazioni eseguite in paraplegici e naturalmente è una osservazione sperimentale che facilmente può essere ripetuta. Del resto, a proposito di questa sperimentazione, ricordiamo la più volte ripetuta dimostrazione che nell'esperimento è impossibile provocare una condizione di shock con lo stimolo su un arto se non rimane intatta h conduzione nervosa. Può essere interrotto il fascio vascolare, può essere interrotta qualsiasi continuità però deve essere integra la via nervosa. Altri stimoli che sono responsabili della risposta endocrina sono rappresentati dalla emorragia e dalla conseguente diminuzione del volume ema-


9 tico o ipovolemia. L a sede dello stimolo costituito dalla ipovolemia è quasi certamente localizzata nei sistemi barorecettori (cioè sistemi sensibili alle variazioni della pressione arteriosa) che sono localizzati nell'arco aortico, nel seno carotideo, nel rene, dove sono rappresentati dall'apparato juxtaglomerulare, e nell'ipotalamo. Oltre agli stimoli dipendenti dalla ipovolemia, è da ncordare l'importanza di sostanze tossiche che partono dalla sede del trauma spontaneo o operatorio e che anch'esse sono responsabili di stimoli ipovolemici come l'edema, le perdite dei liquidi organici. e le endotossine. Queste sono particolarmente importanti nelle sepsi da germi gram negativi e sono responsabili della maggior parte dei sintomi costituenti la sindrome clinica dello shock da germi gram negati vi; come essi però agiscono anche secrezioni come il succo gastrico, la bile, il succo pancreatico versato in cavità peritoneale, ecc. Per queste sostanze c'è anche da tener conto che oltre all'azione sti molan te sui barorecettori, esiste anche una capacità di interferire con l'azione cardiaca attraverso un aumento della potassemia. E' evidente che nelle condizioni di ipovolemia e di abbassamento conseguente della pressione sanguigna, si stabil iscono notevoli riduzioni della perfusione sanguigna capillare, specialmente in tessuti di importanza vitale come il cervello, il fegato, il cuore, il polmone e il rene. In queste condizioni si stabilisce facilmente uno scompenso funzionale organico dei singoli organi parenchimatosi e si stabi lisce facilmente uno stato di acidosi. indipendentemente dalle condizioni ricordate, uno stato di acidosi si verifica per esempio negli operati in circolazione extra-corporea, negli operati con diabete scompensato, c negli avvelenamenti per ingestione di sostanze acide. All'opposto, lo stato di alcalosi può essere provocato sempre da un trauma, per esempio, quando venga applicato un sond ino gastrico a permanenza per cui vada perduto l'acido cloridrico della secrezione gastrica; lo stesso si osserva nelle operazionj nei cirrotici e nei pazienti iperventilati e trattati con troppo bicarbonato. Per quanto riguarda l'azione diretta di alcuni stimoli. ricordo che per esempio le endotossinc sono responsabili di una diretla stimolazione ipotalamica; le infezioni sono responsabili di deficienze funzionali del rene, del fegato, del miocardio ; l'anestesia può deprimere o stimolare varie condizioni come la vasodilatazione c la vasocostrizionc; lo stato di ipossia o di iperossia; il pentotal può deprimere l'attività secretoria del fegato, la morfina deprime il centro respiratorio, l'ipotalamo e blocca la motilità gastro-intestinale; l'atropina provoca attacchi cardiaci e abbassa l'attività delle ghiandole salivari. I traumi del sistema nervoso centrale influenzano le reazioni endocrinemetaboliche; già abbiamo ricordato che nel coma per lesioni cerebrali si hanno difficilmente risposte ad una trauma che avvenga in altra parte del corpo e nei traumi de! midollo spinale, per l'interruzione della trasmissione ncr-


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vosa, mancano tipiche reazioni al trauma; per esempio. la vasodilatazione nel territorio a monte. Ma vi sono anche altre condizioni che sono meno evidenti dal punto di vista dell'etiologia, come il trauma emozionale; noi conosciamo come l'emozione possa provocare scariche adrenaliniche nell'individuo, scariche che si manifestano con sudorazione. tachicardia, bocca secca. pallore, i permotilità intestinale e vescica le, aumenti della pressione arteriosa. ecc. Ma anche la sola immobilizzazione prolungata a letto è capace di mobilizzare il calcio c il fosforo delle ossa. ridurre la secrezione della renina, dell'aldosterone e del cortisone con conseguente abbassamento della pressione arteriosa e rallentamento del flusso refluo venosa creando condizioni favorenti la comparsa di trombosi nelle vene profonde degli arti e nelle vene del bacino. La stessa inanizione rende negativo il bilancio proteico e la quantità di vitamine e di calorie a disposizione dell'organismo, indirettamente provoca uno stato di ipoglicemia che è responsabile di una stimobzione del centro ipotalamico con ipersecreazione di ACTII. Ma su questa secrezione influisce anche un aumento della temperatura cutanea che d'altra parte fa aumentare il numero degli atti respiratori, provoca la perdita per la sudorazione di liquidi e di elettroliti, provoca l'aumento del consumo dell'ossigeno, l'aumento dell'attività cardiaca, ecc. Condizioni simili possono essere anche provocate dalla ingestione di alcool etilico. La maggior pane dei fenomeni reartivi agli stimoli elencati e ad altri sono conseguenti ad un eccesso di secrezione di ACTH e quindi di cortisone. Infatti, se sperimentalmente si somministra cortisone, si può inibire la secrezione dell' ACTH; se si provoca una atrofia della surrenalc con dosi abbondanti di cortisone e questa insufficienza surrenalc non sia sospettata. il malato può morire perché il cortisone è necessario a mantenere la vita. Condizione analoga esistente in clinica è quella che si trova nel morbo di Addison e nella sindrome adrcnogenitale: febbre, perdita di peso, vomito, iposodiemia, shock. Più comune dell'atrofia surrenalica è l'insufficienza relativa quale si trova in pazienti trattati con corticosteroidi. Si sono descritti del resto casi di pazienti in trattamento eparinico c che dopo l'intervento sono andati incontro ad una emorragia surrenalica bilaterale morendo di conseguenza con una iposodiemia e ipoglicemia. Il cortisone è particolarmente necessario all'organismo quando si tratta di superare le conseguenze di un trauma. Nel corso del trauma aumenta la secrezione di un altro ormone surrcnalico e cioè dell'aldosterone; questi. provocando la ritenzione del sodio, concorre al mantenimento della pressione sanguigna. Altro ormone surrcnalico è rappresentato dalla renina che viene secreta dall'apparato juxtaglomcrulare. La renina attiva l'angiotcnsinogeno prodotto dal fegato tras(ormandolo in angiotensina prima che nel circolo sanguigno si converte in angiotcnsina seconda. QuestJ stimola il surrcne a scccrnare l'aldosterone. Oltre ad aldosteronismo vi è anche un aumento della


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secrezione di ACTH che a sua volta è il principale responsabile della secrezione del cortisone. Da quanto si è detto risulta che I'ACTH è meno importante della renina nella produzione dell'aldosterone. l o scopo di queste secrezioni è quello di mantenere la pressione sanguigna e di conservare il sodio quale compenso destinato a combattere la ipovolcmia. Allo stesso scopo di mantenere la pressione sanguigna o di aumentarla, servono anche l'adrenalina e la noradrenalina il cui aumento secretorio è però di breve durata. Allo scopo di mantenere un volume normale Jel sangue vi è anche la secrezione da parte dell'ipofisi posteriore dell'ormone antidiuretico così da conservare l'acqua nei tessuti; questo fatto può essere di danno molto grave per il rene quando il circolo renale sia compromesso da uno stato di shock in quanto che l'ormone antidiuretico favorisce una necrosi tabulare per aggravamento della ischemia vasomotoria. Altre secrezioni ormonali, come quella del glucagone pancreatico, della tiroidina, ecc. hanno meno importanza. Le modificazioni delle secrezioni endocrine che si conoscono sembrano dirette ad una finalità utile che è quella della conservazione dell'acqua e dei sali, del mantenimento della pressione sa nguigna, della glucogcncsi e della glicolisi per provvedere alla facile disponibilità di energia necessaria per l'attività muscolare, per quella cardiaca e per quella cerebrale. Abbiamo ricordato che nelle condizioni elencate esistono anche modificazioni metaboliche. Vi ~ infatti un forte catabolismo organico che dipende dall'intensità dello stimolo, dal carattere della sepsi e anche da altre complicazioni e che è sempre più notevole nei giovani che negli anziani. Importante è il tener conto del mezzo digiuno c del digiuno completo del malato tenendo conto che l'ingestione giornaliera di proteine va da 80 a 120 grammi al giorno, corrispondenti a tredici venti grammi di nitrogeno. Due o tre grammi sono perduti con le feci, undici- diciassette con le ori ne e quasi tutto come azoto ureico. Ma si deve tener conto anche delle perdite che sono massime quando vi siano secrezioni per soluzioni di continuo per esempio della superficie cutanea o per secrezione peritoneale, come quando ci sia una ascite ecc. TI contenuto proteico del fegato e degli altri organi si mantiene più a luogo che non quello muscolare le cui proteine di deposito sono facilmente mobilizzabili. Diminuiscono nel sangue particolarmente le albumine ed è nota l'importanza di rim piazzare le perdite plasmatiche con trasfusione di sangue, di plasma, con iniezioni endovenose di sieri iperalbuminati ecc. N egli stati di shock vi sono variazioni cicliche dalla ipercoagulabilità del sangue. Dopo trasfusioni multiple vi può essere una tendenza emorragica per •popiastrinemia e per diminuzione del fattore V, condizione questa che può essere facilmente controllata con una trasfusione di sangue molto fresco e con la somministrazionc di 500 mg di cortisone. La fibrinogenopenia dovuta a perd ite di fibrinogeno ed aumento della fibrinolisi è secondaria a molte cause; viene trattata con cortisone, con fibrinogeno, con trasfusioni di sangue fresco


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con iniezione endovenose da l a 6 gr. di acido E, aminocapronico. Nelle epatopatie gravi si somministra la vitamina K e sangue fresco; nella emofilia occorre somministrare il fattore VIII; se vi è deficienza dei fattori IX e XI si deve invece somministrare sangue fresco. Per guanto riguarda il metabolismo dei carboidrati questi servono essenzialmente alla produzione di energia: vi è una iperglicemia con un aumento della glicogenolisi epatica. Il glicogeno è depositato nel fegato e nei muscoli. Energia supplementare è però fornita anche dalla ossidazione dei grassi. Vi è anche la possibilità di una variazione della reazione ematica nel senso dell'alcalosi come avviene negli operati con macchina cardiopolmonare e viceversa acidosi come avviene negli stati di shock. Nei casi di acidosi respiratoria e metabolica si può verificare un arresto cardiaco perché l'acidosi è responsabile di una riduzione della contrattililà miocardica, della diminuzione della nsposta alle catacolamine del rniocardio e del circolo periferico ed è sua caratteristica la predisposizione alle aritmie e alla insufficienza renale. Per quanto riguarda il metabolismo dell'acqua e degli elettroli.ti, importanti sono le perdite insensibili di acqua cd evidentemente si possono avere di conseguenza modificazioni della funzionalità di tutti gli organi e di tutti i sistemi. In conclusione, queste nozioni devono insegnarci i modi di protezione della funzione renale, l'importanza del controllo della pressione venosa centrale. Ci insegnano ancora la necessità di rimpiazzare le perdite di sangue, di mantenere normale la pressione nervosa, di correggere l'acidosi con il bicarbonato endovenoso e con il tham, di correggere i difetti di coagulazione e risolvere i problemi respìratori e specialmente polmonari. Nei riguardi dello studio degli stati di shock è opportuno premettere oggi la definizione moderna dettata da Richard Lillehey che nello shock il flusso sanguigno è insufficiente a sostenere le normali attivilà cellulari perché la pressione arteriosa è abbassata. Naturalmente vi sono delle differenze come negli stati di shock da germi negativi e che sono in rapporto sia all'azione tossica di questi germi che anche in rt~pporto all'uso smodato e improprio degli antibiotici. Così nello shock cardiogeno dove la frequenza di preesistenti lesioni miocardiche negli uomini che hanno superato i 40 anni è assai notevole. Per l'esistenza di questa lesione miocardica il cuore ha una minore efficienza per cui è facile la riduzione della gittata cardiaca. Naturalmente, alla stessa riduzione della gittata cardiaca si arriva a cuore integro se vi è perdita di sangue. (Low Pressure Syndrom). Il primo effetto è l'abbassamento della pressione arteriosa e questo abbassamento stimola il sistema simpaticoadrenalinico che provoca una conseguente vasocostrizione periferica. Se in questo momento continua la riduzione della perfusione sanguigna nei visceri e nella cute si produce una anossia stagnante nella microcircolazione periferica. In questo momento, riducendo la vasocostrizione periferica si ridu-


cono le r esistenze periferiche che si oppongono al lavoro del cuore; questo aumenta di capacità funzionale, aumenta di conseguenza la perfusione nel letto circolatorio viscerocutaneo e si promuove il ritorno venoso. Questo concetto fondamentale di ridurre la resistenza al flusso circolatorio provocata ·dalla vasocostrizione è antico. Però purtroppo Lillehey fu presto dimenticato c si cercò di superare la condizione aumentando invece la pressione arteriosa con farmaci vasopressori naturali e sintetici. Solo nel 1%0 per merito di R. Lillehey si ritornò al concetto di agire sulla microcircolazione periferica con i vasodilatatori e non al centro con i farmaci vasopressori. E' anche recente il concetto della riduzione della gittata cardiaca che si verifica nello stato di shock. (Low Pressurc Syndrom). Quando si abbia una diminuzione del flusso perché vi è stata una perdita di sangue o perché il sangue circolante si immagazzina prevalentemente nei territori splancnici, viene a ridursi la pressione venosa centrale e la pressione nell'atrio destro. Si ba quindi caduta della gittata cardiaca e riduzione del fl usso sanguigno in tutto il corpo con prevalenza nei territori splancnici, renali polmonari e cutanei. In queste condizioni vi è un aumento delle resistenze periferiche dovuto alla presenza dei sistemi barorecettori localizzati nell'arco aortico, nel seno carotideo e forse anche nello stesso ipotalamo. I barocettori rispondono con una diminuzione di tono a qualunque causa che abbassi la pressione sanguigna sia essa rappresentata dalla caduta del ritorno venosa per perdita di sangue o per immagazzinamento periferico o per diminuzione del ritorno venoso per rid uzione della gittata cardiaca da insufficienza ventricolarc relativa. L'abbassamento di tono dei barocettori attiva i centri nervosi simpatici dell'ipotalamo con il risultato di una risposta simpatico- adrenalinica, cioè della secrezione di noradrenalina dalle terminazioni nervose simpatiche postganglionari. Si tenga conto che la risposta vasocostrittiva di origine simpatica è sempre selettiva e avviene precisamente nei territori che sono sensibili all'adrenalina (splancnici, polmonari e cutanei) perché in questi vi è un 'alta concentrazione di recettori alfa. L 'adrenalina e la noradrenalina sti molando i recettori alfa inducono vasocostrizione tanto nel territorio dell'arteriole che delle venulc e nan1ralmente ne provocano riduzione della circolazione capillare. Nei muscoli striati sono localizzati essenzialmente i bctarccettori la cui stimolazione provoca invece la vasodilatazione. Retareccttori sono stati trovati anche nel miocardio e qui la loro stimolazione causa un aumento della iorza e del grado di contrazione del cuore. E' interessante ricordare che le arteriole e le vene cerebrali e quelle coronariche non abbiano addirittura recettori alfa e beta; generalmente questi vasi reagiscono solo a m etabolici acidi, il cui effetto generico è la vasodilatazione. Ma ritorniamo ai responsabili della vasocostrizione conseguente allo stimolo simpatico-adrenalinico e cioè alle arteriole prccapillari e postcapillari in


cui esistono gli alfa recettori (visceri e pelle). Sotto l'effetto dello stimolo si ha la vasocostrizionc con comparsa di una anossia ischemica per la riduzione della pressione idrostatica capillare. Questo provoca l'arrivo nei capillari di liquidi extravasali che vanno a riempire il letto capillare vuoto. Naturalmente vi è una relazione fra i valori della pressione idrostatica che svuotano del loro contenuto i capillari sanguigni c i valori della pressione osmotica tessutale che sono la causa per cui il liquido extra vasale dai tessuti entra nel lume dei capillari: questa relazione è alla base della legge dci capillari dettata da Starling. Se la perdita di volume dd sangue non viene compensata e rimpiazzata con una trasfusione di sangue, aumentano i metaboliti acidi dei tessuti locali, specialmente l'acido lattico perché diminuisce la perfusionc sanguigna e l'apporto di ossigeno. Questi acidi determinano una diminuzione della vasocostrizione arteriolarc precapillarc mentre la vasocostrizione venosa postcapillare persiste. Il sangue che arri va nella rete capillare, non circola atti vamente per la vasocostrizione venosa c si stabilisce una condizione di ipossia da ristagno che rimpiazza quella precedentemente da noi esaminata c che era una ipossia da ischemia. Vi è anche un aumento in questa fase, della pressione idrostatica dei capillari il che fa aumentare la perdita di plasma che da essi si verifica per aumento della pressione idrostatica nei territori splancnici c polmonari. Nell'intestino, il plasma passa nel lume intestinale mentre nel polmone passa negli alveoli. Può esservi aggregazione dci globuli rossi nei capillari con danni irrcvcrsibili per i visceri a seguito di morte cellulare; questo caratterizza lo stato di shock irrcversibile. Nell'uomo, il fenomeno è particolarmente evidente nella polmonite emorragica e per caduta della secrezione renale. L 'importanza dell'azione del sistema simpatico è- dimostrata dal fatto che se il simpatico viene interrotto, nella zona corrispondente all'interruzione viene a mancare l'azione vasocostrittiva. Ciò si osserva anche quando venga praticata l'anestesia spinale e naturalmente nei casi di lesione del midollo spinale. L a ragione della selettività c non uniformità della risposta è essenzialrr:ente quella di deviare il volume del sangue ridotto per la vasocostrizione di vasti s;~temi in modo da conservarlo al cervello, al cuore. ai muscoli volontari. E' l'esempio più evidente del primo aiuto naturale di difesa. La vasocostrizione quale risposta simpatico-adrenalinica è adeguata alla intensità dello stimolo; anche sperimentalmente vi è una sopravvivenza significativa, in rapporto alla somministrazione dei farmaci alfabloccanti. L'aumento del l'acidosi tessutale per aumento della produzione di acido lattico provoca una diminuzione dell'integrità della membrana cellulare e della membrana dei lisosomi intraccllulari. Questi hanno enzimi che durante lo stadio di ischcmia cellulare iniziano una autolisi cellulare. Del resto, come


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è logico, quando aumenta il metabolismo anaerobico ne risulta una riduzione di uumero delle unità energetiche disponibili per il metaboltsmo cellulare. Vi è anche alterazione della coagulazione c si costituiscono coagulazioni intravasali e microembolizzazione nel letto capillare stagnante. Vi può essere anche aumento della fibronolisi, distruzione piastrinica c diatesi emorragica. In riassunto, l'evoluzione del fenomeno è abbastanza sistematica. Si abbassa anzitutto la gittata cardiaca, cala la pressione venosa centrale c quella ar teriosa sistemica; questo abbassamento provoca un abbassamento del tono dei barorecettori carotidei c aortici c per questa ragione la stimolazione del sistema simpatico-adrenalinico. Vi è così un aumento delle catacolamine circolanti e per la vasocostrizione perifenca un aumento delle resistenze periferiche. A seguito della vasocostrizione arteriolare e vcnulare. viscero-cutanea l'estremità diventano fredde, pallide, e compare la cianosi come espressione dell'anossia da ristagno. Analoga espressione per il rene è l'oliguria. A mano a mano che la perfusionc sanguigna cala nei tessuti e negli organi, diminuisce il consumo di ossigeno e aumenta l'acido lattico del sangue. La somministrazione di catacolamine esogene non migliora la perf usi o ne sanguigna dei tessuti: sono effetti della stimolazione simpatica come gli aHa bloccanti e i betastimolanti. Analogo effetto hanno anche dosi massive di corticosteroidi. La cura deve avere per obbietti,•o il ristabilimento della perfusione sanguigna, la riduzione della vasocostrizione periferica, la regolarizzazione della gittata cardiaca. Occorre anzitutto stabilire una buona ventilazione e poi assicurare il ritorno venoso adeguato somministrando sangue e se non vi è stata perdita di sangue, plasma o dextran a basso peso m olecolare. La quantità di liquidi da somministrare è indicata dal valore dell'cmatocrito che ne indica anche la qualità: se inferiore al 30"fc si preferirà la trasfusione di sangue, se superiore del plasma e dci suoi sostituti. Quando vi sia un controllo manometrico della pressione venosa centrale, si può regolare ottimamente il volume tenendo conto che il valore pressorio non deve superare i 12 cm. di acqua. La vasocostrizione viene ridotta con il beta stimolante (isoproterenolo), con gli alfabloccanti (fenossi benzamina, cloropromazina) o con idrocortisone o metil prednisone o desametazone, tutti in alte dosi. La cloropromazina in piccole dosi per via endovenosa, ripetuta spesso, è un ottimo vaso dilatante; anche i corticostcroidi hanno la stessa azione che viene potenziata ancora dagli alfabloccanti. Attraverso la microdeterminazione con l'Aisdrup diventa facile la misura e la determinazione del PH, del pC02; si hanno anche altri importanti rilievi. Con il cateterismo venoso si può rilevare continuatamente la pressione ,·enosa centrale così da controllare la sindrome « da bassa gittata;)) . E' evidente che il rilievo continuo dei vari fattori può essere ottenuto con il monitoraggio.


Oggi si preferisce affidare ad un particolare ambiente di ricovero il controllo e il trattamento di questi malati in cui è tanto importante la sorveglianza continua e il controllo delle condizioni e dei parametri. Questi reparti giustamente vengono designati con la dizione di reparti per cura intensiva. In questi reparti la responsabilità della diagnosi delle alterazioni post-traumatiche e quindi post-operatorie e le indicazioni terapeutiche relative devono essere affidate a personale medico specializzato come è quello preparato e allenato nei reparti di rianimazione e di risuscitazione. Modernamente si sono addirittura creati dei reparti con super-specializzazioni come quelli per coron:uiopatici c come quelli dei reparti cardiopatici, per radiolesi, ecc. E' perciò auspicabile che almeno negli ospedali regionali e provinciali accanto ai reparti di chirurgia d'urgenza si creino questi nuovi reparti di cura intensiva a cui siano demandati i compiti di una cura intensiva che non può essere lasciata alla responsabilità dei medici curanti in quanto richiede una sorveglianza continua con mezzi adeguati, una monitorizzazione sempre più complessa, la disponibilità di appareccru e di strutture particolarmente adeguate a quanto viene richiesto. La creazione di questi nuovi reparti diventa sempre più impellente e assoluta.


ISTITUTO DI CLINICA CHIRURGICA GE!'.lERALE E T ERAPIA CHIRURGICA DELL'UNIVERSITÀ DI PADOVA -SEDE IN VERONA Direttor e :

Prof. A. DAGRA.D J

OSPEDALE MILITARE PRINCIPALE DJ VERONA " 1\·IED. D'ORO - S. TEN. MEO. C .A. DALLA RONA »

Direttore : Col. Med. Prof. A. MA>TROKJLLI

STATO ATTUALE DELLA CHIRURGIA DEL FEGATO* Prof. Adamo Dagradi

RESEZIONI EPATICHE

Per molte ragioni la chirurgia dei fegato ha progredito in misura relativamente modesta rispetto a quella degli altri organi addominali. Il chirurgo ha sentito timore reverenziale verso un organo di importanza vitale, unico, di così elevato regime circolatorio e complessa configurazione vascolare da esporre troppo facilmente a drammatici incidenti o a irreparabili danni; costituito inoltre da cellule così sensibili da risultare irreparabilmente offese da brevissimi periodi di ischemia e dotate di tanto scarsa capacità rigenerativa da rendere stabilmente precaria la funzione dell'organo dopo parziali demolizioni. T utto questo si riteneva sino a qualche decennio fa per convincimenti in parte giusti ma esasperati, in parte giustificati dai limiti della medicina di allora, in parte del tutto errati. Il fegato è un organo unico sotto il profilo dell'anatomia morfologica, ma in effetti lo si può ritenere costituito da due metà indipendenti ognuna servita da un proprio peduncolo porto- arteria- biliare e da una propria linea di deflusso venoso. E' un organo di importanza vitale e tuttavia l'organismo può tollerarne il silenzio funzionale o la grave insufficienza entro margini di tempo che le conquiste della farmacologia e delle tecniche biochirurgiche rendono sempre più ampi. Ogni azione chirurgica sul fegato espone a drammatiche emorragie, ma lo studio anatomico approfondito ha dimostrato che i vari territori epatici (settori e segmenti) sono serviti da peduncoli vascolari propri sicché il preventivo controllo di essi può rendere praticamente esangui ampie resezioni. • Conferenza tenuta il 28 aprile 1972 all'Ospedale Militare Principale di Verona per il ciclo di aggiornamento 1971 - 1972.


Infine, contrariamente alla concezione antica che le epatocellule fossero elementi stabili nel senso di Bizzozzero, è dimostrato che esse sono dotate di così elevata capacità di riproduzione da configurare l'iperplasia compensatoria del fegato residuo a parziale demolizione come il più alto esempio di capacità rigenerativa di un organo. Pietra miliare nel cammino della chirurgia demolitiva del fegato è da CO'lsiderarsi la lobectomia sx eseguita da Pettinari nel 1940 previa allacciatura e sezione dci peduncoli vascolari del lobo. Prima .di allora erano state eseguite anche più ampie demolizioni di parenchina epatico, ma senza una linea di condotta che garantisse la preventiva emostasi e soprattutto l'integrità anatomo- funzionale della parte del fegato residua. Lortat - Jacob nel 1952 ha applicato il principio <li Pettinari alla demolizione del lobo dx, e successivamente Seneque alla demolizione della metà sx del fegato. Oggi la chirurgia demolitiva del fegato può essere organicamente formulata come appresso. CHIRURGI.\ TIPICA.

Essa prevede la preventiva allacciatura <:Ici pcduncoli con il duplice scopo di assicurare l 'emostasi definitiva prima della sezione parenchimale, c, soprattutto, di indirizzare attraverso il cambiamento di colore delle zone da essi servite all'asportazione di territori che abbiano una precisa individualità anatomo- funzionale. Resta ·di conseguenza funzionalmente integro anche il parenchima residuo. Seguendo questa linea di condotta si eseguono ampie demolizioni lobari c precisamente la lobectomia dx o emiepatcctomia dx (asportazione del lol..K> anatomico dx che rappresenta la metà del fegato), la lobectomia dx allargata (asportazione dei lobi anatomici dx e quadrato), la emiepatectomia sx (asportazione dei lobi anatomici quadrato e sx), la lobectomia sx (asportazione del lobo anatomico sx), la lobectomia media (asportazione di parte del lobo dx e del lobo quadrato, specificatamente indirizzata al trattamento dei carcinomi della colecisti <:liffusi per contiguità al fegato). La asportazione dei territori epatici di minor ampiezza (segmenti) pet via tipica è aleatoria, essendo i peduncoli scgmentari molto difficili da repertare perché profondi nello spessore del parcnchima e soggetti a frequenti anomalie. E' preferibile ripiegare su interventi atipici.

CmRURGIA ATIPICA.

Con questa tecnica si asportano territori epatici indefiniti dal punto di vista anatomo- circolatorio, a seconda le variabili richieste dei singoli casi (resezioni « a la demande » degli autori francesi).


Sono queste le resezioni consuetudinarie un tempo c che trovano ancor oggi frequenti indicazioni quando siano da dominare focolai patologici di ridotte dimensioni, periferici, marginali. Ad esempio, in questo mcxlo possono venir allontanate numerose metastasi epatiche. Con tecnica atipica si può anche procedere alla demolizione di lobi interi. l chirurgi americani c qualche chirurgo francese (Bourgeon, ad esempio) prediligono questo procedimento che implica nell'ordine l'applicazione di una pinza emostatica sul pcduncolo epatico, la sezione del parenchima lungo i piani scissurali convenzionali (linea cava- colecisti per la lobectomia dx, versante dx del legamento falciforme per la lobectomia dx allargata, versante sx dello stesso legamento per la lobectomia sx), la allacciatura della triade porto- arteria- biliare e della vena sovraepatica alle estremità della trancia parenchimale eventualmente in blocco con il circostante parenchima. In linea teorica i due pcduncoli vengono raggiunti con accesso trans parenchimale esasperato. Queste resezioni lobari, definibili come « atipiche guidate,, in quanto la sezione del parenchima segue piani convenzionali, non tengono conto di possibili variazioni della distribuzione intraparenchimale dei vari alberi vascolari, che sono invece segnal ate nelle tecniche atipiche daJia modificazione di colore dopo allacciatura del peduncolo. Esse richiedono notevole rapidità di manovra svolgendosi sono chiusura del peduncolo epatico principale, quindi in ischemia epatica completa. Sono tuttavia operazioni m eno indaginose e difficili, in mano esperte, .delle corrispondenti resezioni tipiche e possono diventare necessarie quando i pedtmcoli lobari siano naturalmente profondi oppure nascosti o dislocati da processi patologici. Evito la lunga e noiosa descrizione delle varie operazioni di exeresi lobare, mi limito ad alcuni problemi chirurgici di portata generale. Le resezioni epatiche, siano esse condotte con procedimento tipico oppure atipico, pretendono una ottima esposizione dei territori da asportare. Se per la lobectomia sx e per la emiepatectomia sx può essere sufficiente una laparatom ia ampia con eventuale mobilizzazione dell'arcata costale, per la lobectornia dx semplice o allargata è necessaria la toraco- freno -laparatom ia onde d ominare bene le vene sovraepatiche e la cava inferiore sino all'atrio dx. N el caso della lobectomia dx è conveniente circondare la cava sovra c sottocpatica con lacci di sicurezza, da stringere quando il vaso venga leso accidentalmente. Queste lesioni della cava sono altamente probabili in corso di isolamento delle vene accessorie del lobo dx e della sovraepatica. Sul piano strettamente tecnico il reperimento e l'isolame1lto dei pedutJcoli porto- arterio- biliari all'ilo epatico rappresentano il tempo più delicato di tutte queste operazioni. L'accesso intraglissoniano, cioè l'apertura dell'involucro fibroso del peduncolo principale con successivo isolamento dei tre elementi verso dx o verso sx a seconda dei casi, è il più classico. Bisogna tut-


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tavia convenire che esso è spesso difficile, lento e pericoloso. L'accesso extraglissoniano (inter- capsulo- parenchimale degli autori francesi) è preferibile in molti casi e mi ha pien amente soddisfatto nelle ultime lobectom.ie destre che ho eseguito. Si tratta di farsi strada nel parenchima ilare appena al di sopra <iella inserzione glissoniana : con il dito o con uno strumento smusso si scolla dar parenchima l'involucro glissoniano contenente i tre elementi lobari. Questi vengono successivamente isolati oppure allacciati in blocco. L'accesso traos- parenchimale ai peduncoli attraverso la scissura mediana o attraverso la scissura ombelicale possono trovare indicazione in qualche caso. Non n e ho diretta esperienza in vivo. L'isolamento delle vene smrraepatiche pretende l'apertura ampia dei lagamen ti epatod.iaframmatici. Il decorso extraepatico delle tre vene è piuttosto corto. Anche esse sono avvolte da un involucro fibroso che è molto più sottile di quello glissoniano ilare; e che può venire inciso (via intra- capsulare di Cauinaud) guadagnandosi qualche millimetro. Ogni manovra di isolamento deve comunq ue essere delicata e prudente. Conviene talora posticipare l'isolamento di questi tronchi venosi alla sezione del parenchima seguendo il principio dell'accesso trans- parendhimale, eventualmente allacciando il vaso in blocco con il parenchima circostante. Questo suggerimento, che a mio parere non modifica il profilo tipico dell'operazione, in quanto si limita alla vena sovraepatica, è utile particolarmente quando si tratti di legare e sezionare le vene sinistra e centrale. Le resezioni lobari implicano la sezione del parenchima epatico lungo piani scissurali di notevole spessore e percorsi da vasi venosi (precipuamente sovraepatici) di cospicuo calibro. La minaccia di emorragie è sempre presen te, sia durante l'intervento, sia come complicanza postoperatoria. Non conviene sezionare il parenchima con il bisturi elettrico perché si creano escare pericolose. Conviene usare il normale tagliente, lavorando di striscio o per via smussa, favoriti dalla friabilità del parenchima. Ottimo procedimen to è la digitoclasia, che permette di rispettare i vasi di maggior calibro e di allacciarli prima che vengano sezionati. Alla fine, l'emostasi deve essere garantita con l'accurata allacciatura delle bocche vascolari maggiori e con suture a tutto spessore. La trancia deve esseer ricoperta con amento o con lembi di legamento o peritoneali.

*** Le indicazioni delle resezioni lobari epatiche sono molteplici. Si può affermare che tutta la classica patologia chirurgica del fegato è aperta ad esse. Vi sono indicazioni di urget~za ed indicazio12i di elezione. Fra le prime ricordo le lesioni traumatiche, le emorragie intraparenchimali o libere che si riscontrano nel corso di svariati processi (neoplasie maligne primitive e


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secondarie, angiomi, ecc.), le torsioni di tumori o cisti peduncolate, ecc. però è intuitivo che la grande maggioranza delle indicazioni ha carattere di elezione. Possono essere indicazioni di necessità oppure facoltative. Rappresentano indicazione di necessità ad esempio i tumori maligni e benigni, indicazione facoltativa le cisti ed in particolare le cisti parassitarie. In effetti, contro le cisti da echinococco del fegato il chirurgo ha a disposizione tutta una serie di provvedimenti che vanno dalla marsupializzazione o dal drenaggio interno (cistodigiunostomia) alla pericistectomia, alla pericistoresezione, sino alla resezione epatica; ma è chiaro che soltanto con la resezione epatica in parenchima sano si può asportare con la cisti tutto il tessuto epatico circostante compromesso in misura più o meno grande. Si raggiunge in tal modo la soluzione rapida e definitiva del problema terapeutico. Un altro esempio di indicazione facoltativa è dato dalle metastasi epatiche. Qui il convincimento del chirurgo ha un valore determinante ai fini della condotta operatoria. Per quanti, come il sottoscritto, ritengono che l'asportazione del tessuto tumorale rappresenti in ogni caso, a condizione di accettabile rischio operatorio, un vantaggio tangibile, le metastasi epatiche sono aperte in frequenti occasioni alla resezione. Anche processi patologici che non appartengono alla classica patologia chirurgica, quale la cirrosi epatica, sono stati ritenuti meritevoli di tentativi di chirurgia demolitiva nell'intento di esaltare la capacità rigeneràtiva del fegato residuo. Anche in questo campo Pettinari è stato un pioniere; bisogna obiettivamente dire che il risultato non è stato conforme alle aspettative. Resezioni epatiche, infine, possono essere condotte per malattie dell'albero biliare o del sistema vascolare extraepatico. Nel primo caso quando per l'obliterazione dell'epatocoledoco fino alla biforcazione ilaie si tratti di identificare un grosso ramo biliare intraepatico attraverso il quale drenare la bile (intra- epatodutto -digiuno oppure gastrostomia). Nel secondo caso quando la legatura obbligata o accidentale di uno dei due rami arteriosi epatici minacci necrosi del corrispondente lobo : se la ricanalizzazione arteriosa non è possibile diventa necessario rimuovere il lobo. Prima di affrontare questa chirurgia è necessario disporre degli elementi diagnostici e prognostici fondamentali, sia nei riguardi del processo patologico epatico, sia nei riguardi delle condizioni generali del malato. Per quanto r iguarda il primo problema, sono indjspensabili gli esami angiografici (arteriografia selettiva dell'arteria epatica, flebografia delle sovraepatiche, spieno- por tografia) al fine di poter avere una esatta valutazione dei rapporti del processo patologico con i gran·di vasi dell'ilo epatico ed intra- epatici. Dallo studio delle angiografie scaturisce il criterio dell'operabilità relativa, e l'orientamento verso un determinato tipo di operazione. Per quanto riguar·da il secondo problema è intuitivo come le ampie demolizioni lobari siano aperte ad incidenti emorragici e pretendano una notevole disponibilità energetica per poter garantire la necessaria iperplasia di compenso postoperato-


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rio. Gli ammalati devono dunque essere portati al tavolo operatorio con un patrimonio ematico sufficientemente ricco, e con riserve proteiche tissulari abbondanti. La valutazione delle condizioni generali è affidata agli esami di laboratorio, ai quali si richiede una specifica risposta sulle condizioni funzionali del fegato e sulle riserve organiche di materiale energetico c plastico. Un opportuno periodo preoperatorio di reintegrazione ed un accurato rimpiazzamento intraoperatorio delle perdite garantiscono contro disastrosi risultati. Non si può ovviamente prescindere dall'accertamento - di generale significato in chirurgia - di adeguate condizioni funzionali dell'apparato cardiociraolatorio, respiratorio e renale. In base a tutti questi dati si raggiunge il criterio dcll'operabilità assoluta. Seguendo i criteri clinici e tecnico- operativi che ho esposto, ho operato fino ad oggi 21 pazienti (tabella n. 1). Illustro soltanto alcuni di questi casi che meglio si prestano a sollevare problemi o ad illustrare fenomeni caratteristici di questa chirurgia. Il caso 12. 2 riguarda una donna di 45 anni che soffriva da tempo di dolori gravativi epigastrici, con disturbi del transito intestinale. Le condizioni generali si conservavano buone, normali risultavano le prove di funzionalità epatica. La palpazione dell'addome ha rivelato una tumefazione grande come testa di adulto, a superficie liscia, che occupava tutto l'emiaddome dx, in continuità verso l'alto con il margine epatico. Alla splenono- portografia il tronco portale appariva sospinto verso sx, verticalizzato il ramo; portale dx estremamente assottigliato, mentre quello di sx era ingrandito e da esso si partivano robusti e lunghi tralci a dimostrare un cospicuo ingrandimento del lobo sx. E' stata fatta diagnosi di cisti da echinococco del lobo dx. Ali 'intervento si è in effetti presentata una cisti di 25 cm di diametro, la quale occupava il lobo destro che risultava ridotto ad una sottile lamina. In base all e considerazioni che ho prima esposto, e cioè che il trattamento ideale delle cisti epatiche prevede anche l'asportazione del circostante parenchima più o meno offeso, si è realizzata una lobectomia dx alla maniera tipica. Il decorso postoperatorio è stato ideale, e non sono m ai comparsi segni di insufficienza epatica, sicché in breve tempo la paziente ha potuto venire dimessa perfettamente guarita. L'interesse ·di questo caso è polarizzato attorno all'ingrandimento del lobo di sx, già presente all'atto dell'operazione. Si tratta di una ipertrofia compensatoria da cause patologiche che trova la sua ragione nella progressiva atrofia dd parenchima epatico circostante la cisti, a seguito della compressione del ramo portale dx. Queste ipertrofie compensatorie sono frequentemente rilevate in occasione di processi benigni a lenta espansione (che spesso realizzano una sorta di legatura in vivo dei vasi portali), sono invece eccezionali se il processo patologico è maligno. Intuitivamente esse rappresentano un fenomeno molto utile che permette di evitare


T ABELLA s. l. l

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2 3 4

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6

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7 8

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9

Metastasi contiguità linfoma mnL stomaco

IO

Metastasi plurime cr. colon (sincrone) .

l I

.Metastasi solitaria cr. colon (metacronc)

63 a.

12

Cisti disontogenetica

29 a.

13

Cisri da echinococco

48 a. 62 a.

'4 15 16

17 18

19 20

21

Angiomi

l

(in portatore cr. colon dx)

Metastasi contiguità cr. storn::co ~letastasi solitaria cr. stomaco (sincronc) Mctastasi plurime cr. colon (sincrone) .

l Metastasi plurime cr. colon (sincrone) . ~1etastasi solitaria carcinoide appendice (metacrone)

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l

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32 a. 40 a.

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35 a.

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la fase di insufficienza funzionale che normalmente consegue all'asportazione di ampi territori epatici. Bisogna tuttavia essere ben attenti a non considerare ipertrofia compensatoria ogni ingrandimento dei territori a distanza dalla massa patologica, potendo - un tale ingrandimento - dipendere da stasi venosa, come ad esempio può succedere quando la massa è situata sulla convessità epatica, prossima al tripode sovraepatico. E bisogna inoltre non trascurare che, associata all'iperplasia epatocellulare, può esservi stasi biliare da compressione, che si ripercuote assai sfavorevolmente sulla prestazione funzionale del fegato residuo, anche se ipertro.fico. Il caso tl. 3 riguarda un bambino di 4 anni, già sottoposto in altra sede - quando aveva ro mesi di vita - ad una laparatomia esplorativa per tumefazione ipocondriaca dx. In tale occasìone si è evidenziato un tumore epatico che venne giudicato inasportabile; non è però stato eseguito l'esame istologico. Poiché nei tre anni successivi le condizioni generali hanno continuato a mantenersi buone, ed il bambino si è regolarmente sviluppato nonostante il progressivo accentuarsi della tumefazione, abbiamo pensato a<i un nuovo intervento. Gli esami radiologici in quest'epoca rivelavano la dislocazione dello stom aco nell'ipocondrio di sx con fenomeni <ii compressione del duodeno, mentre l'angolo colico di dx risultava abbassato in fossa iliaca. La colecisti era curiosamente spostata a sx. Alla spleno- portografia il tronco portale risultava improntato a largo raggio, il sistema intraepatico dx schiacciato contro il diaframma, assottigliato e ridotto di superficie, quello di sx ampio e ricco, senza tuttavia raggiungere dimensioni paragonabili a quelle illustrate nel caso precedente. La laparatomia ha &mostrato la presenza di un tumore cistico di dimensioni molto cospicue, indovato nel lobo dx con il polo superiore e per il resto libero ad occupare tutto l'emiaddome di dx. E' stata eseguita una lobectomia dx alla maniera tipica previo scollamento della colecisti, che ha potuto essere conservata. L'operazione è stata indaginosa ed allarmante soprattutto quando si è trattato di svincolare la cava dal lobo dx, perché ogni movimento di lussazione anteriore del tumore provocava angolatura del vaso ed arresto cardiaco. Bastava rimettere la tumefazione nella sua naturale posizione perché il cuore ritornasse a battere. Procedendo con estrema oculatezza e prudenza si è potuto realizzare con successo l'operazione, ed il bambino è in perfetta salute a distanza di 8 anni. L'esame istologico ha dimostrato trattarsi di un linfangioma cistico. L'interesse del caso è in parte legato alla struttura del tumore, essendo i linfangiomi singolarmente rari a livello epatico, ed in parte al problem<.c operatorio dell'arresto cardiaco. Ho in precedenza accennato alla convenienza <ii applicare lacci di sicurezza attorno alla vena cava per fronteggiare il


per icolo di lacerazioni del vaso durante le manovre di scollamento dal parenchima epatico. Le lacerazioni cavali a questo livello oltre che ad emorragia clamorosa espongono al pericolo di embolie gassose: l'emostasi temporanea necessaria in queste condizioni si realizza stringendo temporaneamente il vaso. E' necessario procedere con rapidità per il pericolo di arresto cardiaco da insufficiente ritorno vcnoso al cuore. Uguale pericolo è legato, come nel caso sopra illustrato, all'angolatura della cava quando si asportano tumori particolarmente voluminosi e aderenti al vaso. Anche m questo caso bisogna procedere con rapidità, sotto sorveglianza particolarmente attenta da parte dell' anestesista. Il caso n. 4 riguarda una donna di 62 anni ricoverata per una tumefazione ipocondriaca dx, semeiologicamente attribuibile al fegato. Le condizioni generali erano buone. L'arteriog rafia del tripode celiaco ha chiarito fenomeni di estremo interesse. Innanzitutto che il fegato era servito da due linee arteriose, una proveniente dal tronco celiaco con distribuzione alla metà sx, l 'altra proveniente dalla m esenterica SJ.Jperiore con distribuzione al lobo dx. Nel contesto di questo lobo apparivano due zone francamente patologtche, la prima verso il bordo inferiore (coincidente con la tumefazione ri levata all'esame obbiettivo), la seconda situata sul bordo supero- esterno, delle dimensioni di un mandarino, interpretata come una m etastasi. La flebografia delle sovraepatiche ha chiarito che la tumefazione superiore era in stretto rapporto con la vena sovraepatica dx. E' stata praticata una lobectomia dx tipica, con preventiva legatura del peduncolo epatico lobare per via inter- capsulo- parenchimatosa. Lo svincolamento della cava è stato agevole. L 'operazione ha implicato la colecistectomia, ed è stata appesantita da una resezione gastroduodenale di necessità per invasione neoplastica del bulbo duodenale. Nell'immediato decorso postoperatorio si è determinato uno stato di insufficienza epatica con iperbilirubinemia e rilevante danno della emocoagulazione. In VI giornata tutti i dati biochim ici tendevano a normalizzarsi e le condizioni generali erano soddisfacenti. Poi, improvvisamente, la paziente è morta per embolia polmonare. Questo caso si presta ad illustrare i danni della emocoagulazione che possono conseguire ad una ampia resezione epatica. Essi sono principalmente rappresentati dalla caduta del tasso di protrombina e del tasso di fibrinogeno : è tassativo il controllo frequente di queste costanti ematiche. Ma sono anch e rappresentati dal pericolo di lisi del coagulo per agenti fibrino litici onde diventa necessaria la sorveglianza m edian te trombo- elastografia, test di Von Caulla, tempo di lisi del coagulo: appena si profila il pericolo, bisogna tempestivamente ricorrere a som ministrazione di fibrinogeno o di acido epsilon- amino- caproico. ella malata in discussione il danno della emocoagulazionc è apparso clamoroso, ed è però stato dominato nel reparto di ria-


nimazione con molta competenza ed oculatezza. La morte è intervenuta inaspettatamente per embolia polmonare. Ciò dimostra che i pazienti sottoposti a resezione epatica sono minacciati da molti lati per quanto riguarda la coagulazione del sangue. All'esame istologico il tessuto proliferante è risultato costituito da un insieme di cordoni epiteliali solidi , con accenni alla formazione di lacune ghiadoliformi, irregolarmente commisti ad elementi cellulari fusati con spiccata atipia nucleocitoplasmatica, irregolarmente distribuiti, talora disposti in brevi fasci intrecciati. I cordoni epiteliali erano formati da cellule poliedriche fornite di ampio citoplasma acidofilo e di nuclei rotondeggianti, vescìcolosi, nucleolati, con carattere che nel complesso ricordano quelli delle cellule epatiche. L'anatomo-patologo ha posto diagnosi di carcinosarcoma del fegato. Si tratta di un tumore molto maligno, non frequente a livello epatico. Un uomo di 22 anni (caso n. 5) è stato da noi ricoverato per una tumefazione ipocondriaca dx di dimensioni enormi, facente corpo con il fegato, a superficie liscia. Le condizioni generali erano ben conservate. L'arteriografia del tripode celiaco dimostrò tutto il sistema arterioso del lobo dx sospinto a sx per un meccanismo di compressione che ha fatto ritenere trattarsi di una tumefazione benigna. E' stata perciò formulata - in linea di sospetto la diagnosi di cisti da echinococco. Aperto l'addome attraverso una laparatomia xifo- ombelicale, si è constatato - contrariamente al presupposto che la tumefazione era solida, e si è provveduto alla biopsia: la risposta è stata « adenoma del fegato ». Le dimensioni del tumore hanno implicato la lobectomia dx allargata (lobectomia destro- mediana), per cui si è trasfarmata l'incisione in una toracofrcnolaparatomia, si è esposto ampiamente il lobo dx del fegato, si è isolata per via inter- capsulo- paranchimale la triade porto- arterio- biliare di dx previa colecistectomia, si è isolata la vena sovraepatica dx e si è svincolata cautamente la cava d el lobo dx. A questo punto rimaneva da isolare la vena sovraepatica centrale, che doveva comunque venir sacrificata. Si è tuttavia posposto l'isolamento di questa vena alla sezione pareochimale, la quale è stata eseguita lungo il versante dx del legamento falciforme, con clampaggio del peduncolo epatico, nonostante l'allacciatura dei rami di dx. La sezione è stata condotta con particolare cautela verso l'alto, in modo da identificare per via trans- parenchimatosa la vena sovracpatica centrale cd allacciarla allo sbocco cavale. Decorso postoperatorio ideale ed ottime condizioni generali ad un controllo dopo 6 mesi. Questo caso di adenoma del fegato è paradigmatico. Gli adenomi epatici sono tumori solitamente capsulari, che possono raggiungere enormi dimensioni e che si appalesano attraverso disturbi meccanici. Il loro lento sviluppo c la compressione di vasi portali spiegano la coesistenza frequente di ipertrofia compensatoria dei territori epatici rispettati da tumore. Tutto ciò si è verificato nel mio caso. Istologica-


mente l'adenoma può risultare costltwto da epatocellule (epato- adenoma) oppure da epitelio biliare (colangio- adenoma) oppure da entrambi i tipi cellulari (adenoma m isto o colangio ~ epatoadenoma). In ogni caso la popolazione cellulare non mostra atipie spiccate, pur con variabili gradi d i attività proliferativa. Sono possibili recidiva locale e metastasi. Questa dissociazione morfo- biologica ha creato difficoltà di interpretazione com e dimostra la capricciosa nomenclatura: adenoma, adenoma maligno, epatoma, epatoma maligno, amartomo, ecc. Si tratta d i un tumore epatico relativamente raro (tre volte m eno frequente dell'angioma), che colpisce preferibilmente i bambini e gli individui giovani pur potendosi presentare in tutte le età (i casi di Berkeiser, Duckett, Sawjer, avevano rispettivamente 71, 73 e 8o anni).

I miei t-:~si nn. 6 7~ 8 9 10 e I I sono stati operati di lobectomia sx. Questa operazione, etichettabile « settoriectomia laterale sx » con riferimento alla moderna suddivisione territoriale del fegato, è più agevole sul piano tecnico- chirurgico e molto meno preccupante su quello biologico che non le lobectomie d x prima illustrate. In rutti i sei casi l'indicazione è stata dettata da tumori benigni o maligni. Il caso 11. 6 (donna di 36 anni) merita soltanto di essere ricordato per il sospetto prcoperatorio della reale natura del tumore, raggiunto per la clamorosa evidenza della triade sintom atologica di Pettinari : a) dolori a tipo di colica, post ~ prandi ali (causa congestionante); b) variazioni di volume dopo applicazione di caldo o freddo; c) ristagno del contrasto nella fase parenchimale dell'angiografia. Più interessante il caso n. 7 (donn a di 28 anni). Sottoposta ad intervento di coleciste·ctomia per calcolosi, apparve una tumefazione ·delle dimensioni di un mandarino, indovata nel lobo sx. Per caratteristiche fisiche fu interpretata come tumore maligno ed asportata mediante lobectomia: non linf~ ghiandole tumefatte n ei vari distretti controllati (ilare, peripancreatico, m esenterico, ecc.), non splenomegalia. L'esame istologico ha messo in evidenza struttura linfogranulom atosa. Nessuno elemento di forma sistemica o di altra localizzazione della malattia è emerso dalle successive indagini. La paziente gode completa salute a due anni dall 'operazione. Le altre quattro l~ bectomie sx sono state eseguite per m ctastasi, rispettivamente da cr. del cardias (due volte) e da cr. del sigma (due volte). Il primo di questi pazienti (caso n. 8), portatore da carcinoma del cardias e sottoposto a resezione esotago ~gastrica con asportazione in blocco della milza e del lobo epatico sx invaso per contiguità, è vissuto tre anni e mezzo. Il secondo (caso n. 9 donna di 64 anni) ricoverato di urgenza per ematemesi e mclena, è stato sottoposto a gastrectomi a totale per linfoma mali1

1

1


gno dello stomaco con associata lobectomia epatica sx per invasione tumorale da contiguità. La ricostruzione intestinale è avvenuta mediante interposizione di ansa digiunale isolata. Il decorso postoperatorio è stato complicato da fistola biliare che si è presto chiusa spontaneamen te. La paziente è stata operata pochi mesi orsono. Il caso 11. 1 o è vissuto soltanto 8 mesi; il caso n. 1 1, portatore di una grossa metastasi metacrona manifestatasi due anni dopo l'asportazione di un carcinoma del sigma, era vivo dopo 14 mesi dalla lobectomia. Quasi tutte le resezion i atipiche subsegmentarie da me eseguite (casi nn. 15, 16, 17, .r8, 19, 20 c 2.1) sono legate a metastasi da carcinoma intestinale. Colgo da esse l'occasione per precisare le mie idee circa il trattamento delle metastasi epatiche. Premesso che un giudizio sui risultati dell'asportazione chirurgica di metastasi epatiche ___, espresso in base al « tempo di sopravvivenza » - è decisamente aleatorio, perché la storia di questi malati è con traddistinta da una naturale estrema variabilità (i portatori di metastasi epatiche lasciate a sé possono sopravvivere da poche settimane ad alcuni anni); premesso inoltre che i pazien ti sottoposti a resezione epatica per metastasi verosimilmente appartengono - in quanto portatori di una sola o di poche metastasi - alla categoria destinata naturalmente alle più lunghe sopravvivenze (in media da 9 a 17 mesi secondo Pettavel) io ritengo attualmente giustificata la seguente condotta terapeutica : a) il tumore intestinale originario deve venir asportato, quando possibile, anche in presenza di metastasi molto numerose. Si risolve in tal modo il problema locale (stenosi, emorragie, necrosi con pericolo di perforazione, ecc.) ed è giustificato pensare che l'evoluzione delle metastasi si rallenti. Vi si associa la terapia antimitotica e radiante in un programma pluridirezionale che vede la demolizione del tumore or iginario com e un importante cardin e; b) metastasi uniche o poco n umerose sono da asportare con am pia apertura verso le resezioni atipiche cun eiformi, anche ragionevolmente molteplici e con riservatezza per le demolizioni sublobari e per quelle lobari. U n paziente su venti portatore di carcinoma intestinale può rientrare in questo gruppo (Raven). Queste direttive valgono sia si tratti di m etastasi sincrone, con maggior entusiasmo se da contiguità; sia si tratti di metastasi metacrone, o ve, entro certi limiti di tempo, è d a considerare fattore favorevole sul piano prognostico l'intervallo di tem po che intercorre tra l'asportazione del tumore prirniti vo e l'asportazione delle mctastasi; c) di fronte a quadri cli nici gravi, legati specificamente all a presenza di m etastasi epatiche (metastasi da carcinoide, mctastasi com plicate), diventa accettabile l'asportazione della sola metastasi lasciando in sito il tumore ori-


ginario. Ciò può venire esteso a m etastasi epatiche agevoli da asportare quando il tumore originario non sia stato identificato. Per quanto riguarda lo specifico problema delle metastasi da carcinoide, sono da sottolineare i casi 1m. 19 e 20. Il primo paziente (di 36 anni) presentava la caratteristica sintomatologia da carcinoide (crisi di cianosi, dispnea asmatica, ecc.) ed un tumore epatico che è stato asportato mediante ampia resezione atipica del lobo dx e colecistectomia di necessità. Egli era stato appendicectomizzato 3 anni prima. La sintomatologia è regredita prontamente m a transitoriamente. Il paziente è sopravvissuto soltanto 8 mesi. N el ~econdo caso (donna di 40 anni) il sospetto preoperatorio della natura della malattia era sostanziato da tre elementi: sintomatologia generale classica, segni di compromissione epatica, immagine radiologica di neoplasia dell'intestino tenue. Al tavolo operatorio si è confermata l'esattezza del sospetto diagnostico. Si è provveduto all'asportazione del tumore originario m ediante resezione di una ansa intestinale, ed all'asportazione di un gruppo di metastasi situate sul margine inferiore del lobo dx. Un altro gruppo di metastasi, situate sulla superficie anteriore <:!ello stesso lobo, non ha potuto venir asportato, come era stato programmato, per l'insorgenza <ii una compromissione car<iiocircolatoria grave. La paziente è stata rianimata ed ha avuto un decorso postoperatorio complessivamente felice. Essa è tuttavia vissuta soltanto poche settimane all'operazione, e<i è morta con una crisi dispnoica caratteristica, nonostante siano stati instaurati tutti i provvedimenti adatti. Una consi<ierazione infine per gli erronei giudizi di metastasi epatiche. Un mio paziente (n. 14) di 62 anni è stato da me sottoposto ad intervento per carcinoma del ceco; presentava alcuni nodi grigiastri, grandi come nocciole, in corrispon<ienza del lobo destro. Fu eseguita la emicolectomia dx e furono aspor tati i nodi epatici mediante molteplici resezioni atipiche cuneiformi. L 'esam e istologico di essi rivelò trattarsi di angiomi. Il paziente risultava in ottime condizioni ad un controllo dopo cinque anni dall'operazione. Secondo rilievi di Majo, la possibilità di scambiare per m etastasi processi patolohri.ci assolutamente innocenti sarebbe di circa il 10% : sono in causa fibromi multipli, cisti, zone di infarto, angiomi, ecc.


OSPEDALE MILITARE Dl CASERTA Direttore: Col. Med. r.SG Prof. M. 0RSINI

UN NUOVO TELO PORTAFERITI E SUE MODALITÀ DI IMPIEGO Col. Med. Prof. Mario Orsini

I. PREMESSA.

Nelle operazioni di soccorso aereo effettuate con elitra~rto è necessario trasferire i traumatizzati dalle barelle dell'elicottero in quelle delle autoambulanze o dell'Ente sanitario di ricezione. Ciò comporta manovre manuali sui pazienti che possono causare ulteriori traumatismi e ritardi nel soccorso. Tali operazioni, indispensabili quando non si voglia o non si possa far proseguire il paziente sulla barella in dotazione all'elicottero, condizionano il mezzo aereo ad un'attesa più o meno lunga, necessaria per il recupero del particolare tipo di barella in dotazione; l'attesa, peraltro, può ritardare eventuali successivi interventi aerei. Per facilitare le suddette operazioni di trasbordo, evitando traumi ai pazienti e consentendo ai portateriti di procedere con speditezza e senza sforzo, è stato ideato dallo scrivente, ed approntato quale prototipo presso l'Ospedale Militare di Caserta, un telo di particolare struttura, da impiegare con determinate e semplici modalità. Tale telo può essere usato sin dall'inizio delle operazioni di soccorso, per prelevare il traumatizzato dal suolo e trasterirlo poi in ospedale. 2. DEscRIZIONE.

Il telo (figura r), di dimensioni standardizzate, è stato realizzato in canapa e·d è rinforzato da fasce dello stesso tessuto, fornite di impugnature imcottite di stoffa, di facile presa, atte a mettere in tensione il telo conferen<logli così un'adeguata consistenza e rigidità. Le fasce sono fissate dall'una e dall'altra parte del telo (( a coppia». Le coppie di fasce sono poste a distanza obbligata fra loro e costituiscono sistemi simmetrici rispetto all'asse longitudinale e trasversale del telo. In tal modo il telo non presenta rovescio, né distinzione tra parte superiore e inferiore, per cui può essere impiegato in tutte le posiziom. Pervenuto in Redazione il r8 dicembre r972.


Ai quattro angoli dd telo sono applicate altrettante coppie di legacci che consentono il suo fissaggio alla barella. Nella figura I sono riportate le dimensioni totali e parziali del tclo spiegato, quelle di ingombro ed il peso.

3· M ODALITÀ DI IMPIEGO. Ogni barella, carica o vuota, è munita di telo fi~sato con i relativi legacci alla barella stessa. Questo accorgimento conferisce sicurezza nel caso di risucchio dovuto al turbinio del rotore dell'elicottero, quando sul telo non

è sistemato ancora il paziente (figura 2). Per procedere al trasbordo del paziente da una barella ad un'altra, si dispongono le due barelle in asse, in immediata prosecuzione (figure J). L'operazione di trasbordo è effettuata dai quattro portaferiti che hanno in consegna le due barelle, con le seguenti modalità, dopo aver tolto il tdo in esame dalla barella che deve ricevere l'ammalato: -

il personale suddetto si dispone a coppie ai lati del paziente

(figura 4); - le due coppie di uomini, una di fronte all'altra, afferrate le otto im pugnature, sollevano il telo carico eseguendo una trazione verso se stessi in modo da tendere le varie coppie di fasce e conferire così adeguata rigidità al sistema (figura 5); - successivamente, le stesse coppie di uomini si spostano lateralmente, in modo da traslare il telo con il paziente nell'altra barella (figura 6). Il telo della barella dell'elicottero viene, a questo punto, sostituito con quello della barella destinata ad accogliere il paziente. In tal modo la barella dell'elicottero è disponibile per il sollecito recupero e reimpiego (figura 7). Le descritte modalità riguardano il trasbordo da una barella ad un'altra c partono dal presupposto che ogni barella sia dotata del telo descritto. Il telo può anche essere impiegato per la raccolta del ferito dal suolo. In tal caso il telo, parzialmente arrotolato, viene fatto passare al disotto del traumatizzato (figure 8, 9, 10). Successivamente la parte arrotolata viene spiegata (figura I 1) e da questo momento il telo accompagna il pazien te sino al ricovero in ospedale. Anche dopo il ricovero il tclo può essere utilizzato per trasferire il traumatizzato sul tavolo trocoscopico per eventuali accertamenti radiologici preliminari e, successivamente, sino al tavolo operatorio. Altre modalità di impiego, di carattere più marginale e di emergenza sono rappresentate dalla possibilità che due soli uomini, disposti uno alla testa e l'altro ai piedi del paziente, sollevino il telo me<:liante le quattro impugnature supplementari poste alle due estremità, nel senso del maggior asse (figura 12). Tale possibilità è applicabile, oltre che in condizioni di emcr-


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34

Fig. 2. - Barella scarica con telo.

Fig. 3· - Barelle disposte per il trasbordo.


35

Fig. 4. • p ortaferiti pronti per il trasbordo.

Fig. 5. Ponaferiti che solleva no i l te lo.


Fig. 6.

Spo~tamento

laterale dei portaferiti.

F ig. 7· - Recupero del telo.


37

Fig. 8. . Raccolta dell'infortunato dal ~uolo con il telo. (1" tempo).

Fig. g. - Raccolta dell'infortunato dal (2'' tempo).

~uolo

con il tdo.


Fig.

10 . -

Raccolta dell'infortunato dal suolo con il telo.

(3° tempo).

Fig.

11. -

Raccolta dell'infortunato dal suolo con il telo.

(4• tempo).


39

Fig. 12. - Trasbordo di emergenza con due portaferiti.

gcnza, anche per il trasbordo di ammalati non traumatizzati. In tal caso le barelle vanno disposte in parallelo e non in asse.

4· SPERlMENTAZJONE. Il telo è stato sperimentato, con esito pienamente pos1tJvo, nell'esercitazione di soccorso aereo « Caserta 1 )) , eseguita 1'8 novembre 1972 presso l'eliporto dell'Ospedale Militare di Caserta. Per tale occasione tutte le barelle in dotazione all'Ospedale Militare, nonché quelle delle autoambulanze e degli elicotteri furono prevenrivamente munite di teli e su di essi furono sistemati i pazienti (figure 13 c 14). Come già precisato in sede di relazione conclusiva dell'esercitazione stessa, l'impiego del tclo consentì di : - attuare un tempestivo ed agevole trasbordo degli infermi dagli elicotteri alle autoambulanze; -

evitare manovre lesive in caso di trasbordo di traumatizzati;

- restltUJ re con immediatezza il particolare tipo di barella in dot::zione all 'elicottero, per un eventuale reimpiego.


Fig.

I 3·

• Elicottero C( ~anitario l> AB 205: sistemazione dei teli e delle oarelle.

Fig. 14. • Elicottero << san itario H AB 206: sistemazione dei teli c delle barelle.


5· CoNSIDERAZIONI CONCLUSIVE. In si ntesi, il telo portaferiti d escritto: - evita m anovre traumatizzanti, facili a verificarsi quando si debba trasferire a braccia un infortunato da una barella in un'altra ; - può essere impiegato, con le modalità già esposte, dal momento della raccolta ·del traumatizzato al suolo sino all'arrivo del paziente al tavolo operatorio, accompagnandolo nei trasbordi da barella a barella ed in quelli

Fig. 15. · Sollevamento e spostamento di emergenza con 6 portaferiti.

necessari per gli accertamenti ospedalieri radiologici preliminari. Inoltre nell'attività di routine ospedaliera può avere un uso anche più estensivo, facilitando le comuni operazioni di trasferimento dei pazienti, abitualmente eseguite a braccia dagli infermieri; - può sostituire la barella per piccoli percorsi di difficile agibilità, tenuto da quattro portaferiti o da sei se è necessario (figura I 5); - facilita, per la ripartizione del carico su otto manigli e, il lavoro dei porta feriti che possono operare in ristretti limiti di tempo; - permette in casi di emergenza, il trasbordo con soli due portaferiti che impugnano le maniglie supplementari fi ssate alle due estremità del telo;


- consente l'imme<iiato recupero <ielle barelle <iegli elicotteri; - può essere ripiegato più volte in modo <ia presentare dimensioni di ingombro minimo ; - è di facile ed economica confezione, data l'estrema semplicità della sua struttura; - non pone problemi particolari di manutenzione e di lavaggio, essendo costituito, in tutte le sue parti, impugnature comprese, da tessuto di canapa senza alcun accessorio metallico.

RtAssur-:To. - Viene descritto un nuovo telo portaferiti e le modalità con le quali è impiegato per raccogliere un traumatizzato dal suolo e trasfcrirlo dalla barella dell'elicottero in quella dell'autoambulanza.

RÉsuMÉ. - Il est reprcsénté une nou velle toile brancardicr et Ics formalités avec Ics quelles est réalisé le transport d'u ne blessé grave du sol et le transportar de le brancard de l'hélicoptère ;. celle de l'ambulance.

S U MMARY. lt is described a new piece of cloth for the wounded prople and the modalities with wbich the conveyance of the wounded people from the ground is cmployed and to pass them from the stretcher of the helicopter to that of the ambulance ca r.


CLINICA CHIRURGI CA (R) DELL'UNIVERSIT .\ DEGLr STUDI DI GENOVA Direttore: : Prof. E. To~\TTI CATTEDRA DI CHIRt.:RGI \ TOR.-\CIC.\ DELL'C ' IVERSIT.\ DEGLI Hl:DI DJ GENOVA Dtreuore In, .. Prof. E. C\U\ll OSPEDALE MILITARE «S. TEN. C. MENDOZA ,, GE:-:OVA Di rettore: Col. Med. Dott. G. ScAR'-EM REPARTO DI CHIRURC. I \ Capo R<·p.m o: T cn. Col. ~ied. Dott. \'. DE ~IArrus

SULLE ERNIE DIAFRAMMATICHE POST - TRAUMATICHE E. Cariati

V. De Matteis

F. Brighenti

La singolarità della dinamica del trauma e le caratteristiche del dolore ci hanno indotto a fare oggetto della presente nota un caso di ernia diaframmatica post - traumatica, operata presso il Reparto di Chirurgia dell'Ospedale Militare di Genova. Il capitolo delle ernie diaframmatiche post- traumatiche si va arricchendo sem pre più di contributi clinici per il continuo aumento della traumatologia della strada, per cui non poche sono state le riunioni scientifiche dedicate a questo argomento negli ultimi anni in Italia ed all'estero allo scopo di migliorarne la conoscenza. Con percentuali che oscillano dal 4,5°, (Biancalana, V arol a, 1953) al 2,2% di altri, q ueste lesioni .diaframmatiche si osservano nella traumatologia toracica talora associate a com plesse lesioni toraco - addominali. La presenza del fegato, in corrispondenza della loggia sotto - diaframmatica destra, giustifica la relativa eccezionalità delle lesioni traumatiche diaframmatiche da q uesto lato. A sin istra, invece, le lesioni diaframmatiche si rilevano con una frequenza che oscilla dall'84o o al 95oo· Le brusche variazioni pressorie toraco- addominali, oltre che agenti lesivi diretti possono causare, sui fasci muscolari della cupola diaframmatica, oltre che sul centro tendineo, lacerazioni che la dinamica respiratoria e la retrazione muscolare tendono ad allargare sempre più. Naturalmente le particolarità delle lesioni, oltre che la sede e la possibilità che i visceri addominali hanno di erniarsi nel torace determinano la relativa sintomatologia toraco - addominale o solo respiratoria. A parte la gravità d ello stato di shock e l'eventuale risentimento peritoneale frequentemente compare singhiozzo c dolore alla regione scapolarc


44 omolat<::rale, oltre che dell'emidiaframma corrispondente, che può bloccare o quanto meno limitare le escursioni respiratorie, provocando tachìpnca più o meno rilevante. Non infrequenti le fratture costali, semplici o multiple, fino a determinare l'ormai classico qua<lro clinico del lembo parietale mobile con la conseguente dispnea paradossa. La dislocazione dei visceri addominali nella cavità toracica può causare, oltre alla compressione del polmone corrispondente, sbandìeramento me<liastinico tanto da far pensare talora alla comparsa di un emotorace. D'altro canto l'emotorace ed il chilotorace non sono infrequenti in questi casi e ci si <leve sempre pensare se non si vogliono fare correre gravi rischi a questi pazienti, sconvolti spesso dallo stato di shock e dalla dispnea. E' ovvia quanto frequente l'associazione di una imponente sintomatologia addominale (nausea, vomito, dolore, meteorismo, ecc.) a quella respiratoria, specialmente quando si verifica uno strozzamento dei visceri erniati. Qualora esistano i segni dcll'idropneumotorace, purché non di tipo ipertensivo con le gravissim e turbe cardiocircolatorie e respiratorie conseguenti, sì possono introdurre con un sondino gastrico piccole quantità di bario allo scopo di escludere che attraverso la breccia diaframmatica si siano erniati nel torace lo stomaco, il colon trasverso, il discendente, il tenue, od altro. Quando non ci siano grave shock e lesioni cranio- encefaliche si può praticare l'intervento precoce per riparare le lesioni <liaframmatiche, oltre che quelle dei visceri erniati, allo scopo <li evitare aderenze con la pleura parietale o viscerale ed i fenomeni atelettasici che, in seguito, possono rendere l'intervento più difficile. L 'entità e la sede delle lesioni viscerali sono ovviamente determinanti nella scelta della via da seguire: toracica (Biancalana, Des Forges) od addominale (Perrotin e Moreaux), per riparare la breccia diaframmatica e le eventuali lesioni associate. Alla vecchia frenicorcssi C·d alle metodiche incruente, miranti a svuotare i visceri erniati ed a comprimerli mediante pneumotorace, si ricorre oggi sempre meno dati i progressi che sono stati raggiunti nella rianimazione con i respiratori automatici a pressione regolabile ed intermittente. La lesione diaframmatica, eliminate le aderenze, può essere riparata con sutura a sopraggitto in materiale non riassorbibile o, come preferisce la nostra Scuola, con doppia sutura a punti staccati in mersilene o dacron. Si è, di solito, contrari alla utilizzazione dì materiale alloplastico (reti di tantalio o dì teflon o di dacron) quando non vi sì è obbligati, anche perché si sa, da chi vi è ricorso quando l'entità della breccia diaframmatica era tale da non consentire una buona plastica, che non sempre si sono ottenuti risultati favorevoli. Migliori risultati, in particolari casi, la nostra Scuola ha ottenuto utilizzando, per colmare larghe brecce diaframmatiche, lembi peduncolari accu-


45 raramente preparati di muscoli intercostali quanto più lunghi e larghi pos-

sibile.

CASO CLINICO.

G. L., anni 21, di Casteltermini (Agrigento), rico,erato presso ro~peda!e Militare di Ge nova il 21 febbraio 1972 per tumefazione del!'emirorace sini~tro di natura non precisata. Kegati,·a l'anamnesi familiare e quella fisio'ogica. Dall'anamnesi patologica remota si rileva che, il 1° luglio 1970, il paziente ha subito un trauma all'emitorace Sn, con sospena frattura costale per caduta accidentaJc ua una scaJa a pioli da circa tre metri di ùezza sulla spaJiiera di una sedia, di cui una delle aste montanti si conficcava nel 9" spazio intercostale Sn in sede anterolaterale, dall'alto verso il ~ottostante emidiaframma senza provocare lesioni cutanee. A parte il vi,·o dolore, subito dopo il trauma e nei giorni che seguirono. il paziente non accu~ò d tsturbi particolari. Tn occasione di una visita medica praticata nel maggio del r;7t, perché il paziente presentava dolore in sede sottocostaJe Sn, fu evidenziato un t• lipoma » alla base dcll'tmitorace Sn in sede antero - laterale sul prolungamen:o dell'ascellare media in corri spondcnza del punto dove aveva subito il pregresso trauma. I, paziente dichiarò allora che successivamente erano comparsi vaghi dolori in sede epigastrica che dopo i pasti, spec:e se abbvndanti, tende,·ano a spostarsi verso la base dell'emi torace Sn, in sede antero - laterale :lssociandosi spes\o a senso di stiramcnto doloroso in sede mcsogastric:~ e sottocostale sinistra con lieve dispnea da sforzo e talo·a bradicardia e dispnea. Per tale sintomatologia il pa7.iente fu ricoverato presso l'Ospedale ~lilitarc di Genova. E.O.: Paziente in buone condizioni di nutrizione e >anguificazione. Capo e collo: normaJi. Apparato respi ratorio: torace cilindro - conico - normo- c~pansibile. Flessimetri a normale su tutto l'ambito polmonare, se si eccettua una modesta iponefosì relativa alla bast: dell'emi tOrace Sn in sede antero - laterale, O\ e, in corrispondenza dd 9° spazio interco stale Sn, si vede una tumefazione che aumenta di volume c provoca un senso di fastidi•) e di dolore riflesso in sede epigramica, dumntc le inspirazioni forzate o facendo eseguire la manovra di Valsalva. T ale tumefazione, a contorni non bene definiti, del volume di una arancia, di consistenza molle, a superficie irregolarmente lobu1at:~, si riduce esercitando modica pressione sullo spazio interco~tale che sembra sprovvisto d i muscoli. Un esame radiograEco del tor:~ce consente di rilevare. ad un 'attenta maJisi, una irregolarità de!l'cmidiaframma Sn e del seno costo- di:~frammatico omolater:~le che appare sfumato nei suoi contorni (figura 1). Integrando l'esame radiografico del torace con la ingestione di bario nello ~tornaco, si evidenzia un abnorme spostamento dd fondo g:~strico verso resterno ed in nlto, tnnto da far sorgere il sospetto di un'ernia diaframmatica post- traumatica con impegno del grmde omemo e del fondo gastrico (figura 2). Mediastino, cuore e grossi V3Si: nu!la di note,·ole. . Un controllo radiografico, eseguito con !':~usilio di uno strumento metallico ottuso Jn trodotto nella presumibile porta erniaria non' ha consentito di ottenere più utili rag guagli. l r isult:~ti degii cs:lmi di laboratorio di routine eseguiti sono stati norm2li.


Fig. r. - La base del;'angolo co~to­ diaframmatico di sinistra si pre ~enta irregolare ed a contorni sfumati per l'impegno dcll'omcnto, nclb porta erniaria.

Fig. 2. - Il fondo ga~trico anche con il paziente in ortostatismo appare sempre spostato latcralmenLe cd in alto in sede tliaframm:nica, in tune le proiezioni praticate.


47

Fig. 3· - Il controllo radiografico del torace consen.c <.il doc umentare, 12 giorni dopo l'imcn ·emo chirurgico, una buona espamione del polmone ~inistro, con il relativo seno pleurico costodiaframmarico, :l comorni netti e regolari, libero da versamenti e dai visceri addominali prima er ni:~ti.

----~.- M


L'8 di marzo del 1972, si decide di inten·enire chirurgicamente in anestesia generale. Incisione della parete toracica sinistra, a livello dd 9" spazio intercostale. Si apre il sacco erniario e, dopo lisi di numerose aderenze che avevano fissato il grande omento alla breccia diafrarnmatica ed alla pleura parietale costo - diaframmatica sinistra, eseguita una meticolosa emostasi, si pratica la sutura della breccia diaframmatica su due piani: Jl primo a punti staccati cd il ~ccondo a sopraggitto in marsilene n. 2 . Si pongono d i poi d ue d renaggi nel cavo pleurico e si pratica la sutura della breccia toracica su tre piani. Tn 7~ c 12" giornata, dato che il polmone è a parete e non c'è ombra di versamento pleurico, si tolgono i drenaggi (figura J). Il paziente viene dime)~O daii'O~pedale, clinicamente guarito, in 20~ giornata.

DISCUSS JO~ .

La singolarità del la lesione toraco- freno- addominale, con ernia del grande omento e del fondo gastrico nella cavità pleurica Sn., i quali ultimi attraverso una breccia della regione antero -laterale dal 9o spazio intercostale di Sn., a volte si dislocavano nel sottocutaneo corrispondente, oltre alla peculiarità ed alla periodicità della fenomenologia corrispondente : dolore in corrispondenza della base dell'emotorace sinistro ed epigastrica, soprattutto dopo pasti abbondanti con gorgoglio allo stesso em itorace, dispepsia e modesta dispnea, associata talora a bradicardia, ci h anno indotto a stendere questi brevi appunti. A parte la singolarità dell a dinamica del trauma che ha consentito la contemporanea lesione dell a parete toracica e dell 'emidiaframma Sn., vorremmo insistere qui sull 'importanza della scelta della via di aggressione che sempre scaturisce da un attento esame radiografico d el torace e dell'addome. Quanto alla opportunità di attendere o intervenire precocemente, d 'accordo con la maggior parte degli AA. , riteniamo che sia doveroso valutare attentamente l'evoluzione della sintomatologia cardio- respiratoria ed addominale. In presenza d i una lesione diaframmatica laterale, come nel nostro caso, non è necessario integrare la sutura della breccia diaframmatica (in dupli ce strato a punti staccati , in mersilene o dacron) con la fundus- plicatio e l a ventro- fissazione ·dello stomaco secondo Nissen - Rossetti.

RIASst;r-;To. - Gli AA. dopo a\er ricordato l'imporcanza c la frequenza delle lesioni diaframm atiche traumatiche oltre che il loro crescente aumento, riportano un caso di ernia diafrarnm atica post - traumatica, interessante per la din:tmica del trauma e per la particolare sintom atologia conseguente, operato con successo mediante semplice plastica della breccia diaframmatica.


49 RÉsmrÉ. Les Auteurs d'abord touchent légèrement l'importance et la fréquence des Jésions traumatiques du diaphragme et leur augmcntation continuelle, cnsuite mentionne.nt un cas de hernie diaphragmatiquc conséquente à traumatisme, très intéressante pour la dinamiquc du trauma et pour la particularité de la simptomatologie dérivantc, qu'ils on traité avec succès moyenn::mt simplc opération plastique de la brèche diaphragmatique.

Su!.tMARY. - After remembcring the importancc and frequency of traumatic diaphragmaùc lesions besides thcir incrcase, the A uthors rcport a case of a post- traurnatic hernia, very intcrcsting for traumatic dynamics, for panicular consequcnt synthomJ· rology they havc operated succcs~fully by an easy diaphragmatic plastic opcration.

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CLINICA ODONTO!ATRICA DEL L'UNIV ERSITÀ DI GENOVA Direttore : Prof. M. STLVESTRr~r- BBvAn OSPEDALE MILIT ARE « S. TEN. G. MENDOZA » GE NOVA Direttore in S. V.: Ten. Col. Med. Dr. A. P .<CLIARU LO REPARTO CH1RURGIA Capo Reparto: Ten. Col. Med. Dott. V. o~ M Hnm

SU DI UN CASO DI IPERTROFIA MASSETERINA STUDIO CUNICO E DIAGNOSTICO DIFFERENZIALE

Ten. Col. Med. Dott. Vincenzo De Matteis Dott. Andrea Gibelli

L'ipertrofia masseterina è una affezione di riscontro non frequente, di etiopatogenesi non ancora del tutto precisata, di natura benigna e generalmente priva di sintomatologia .dolorosa. Essa assume un certo interesse clinico per le dismorfie facciali che può produrre specie se unilaterale. I pazienti giungono occasionalmente all'osservazione medica stante appunto i caratteri di benignità e di assenza di sintomatologia dolorosa .dell'affez ione. In genere è l'asimmetria facciale che spinge il paziente a ricorrere all'opera del medico e la diagnosi esatta viene a volte formulata dopo che si abbia riscontrato l'assenza di altro processo morboso. Nella diagnostica .differenziale <ii questa affezione vanno tenute presenti infatti molte malattie, alcun e <ielle quali assai serie tra le quali ricorderemo: i tumori misti della parotide, i tumori a carico dello stesso muscolo masseterino (angiomi ecc.) tra i quali è stato di recente descritto (Gasparini, 197r) un particolare tipo & cellule cromaffini (tumore glomico), la miosite ossificante, la trichinosi, l'actinomicosi e le gomme luetiche a localizzazione man<iibolare ed inoltre le parititi croniche, la litiasi <iella parotide e la disodontiasi del dente <iel ~enno. I casi descritti in letteratura non sono numerosi come si evidenzia dalla tabella a pagina seguente. Come si vede non vi è una particolare incidenza della malattia in un sesso rispetto all'altro. Essa si manifesta in età giovanile, spesso nella prima infanzia per progredire fino ad una certa età e poi stabilizzarsi. Non pare neppure che vi sia una preferenza per la forma monolaterale rispetto a quella bilaterale. Il maggior numero di casi a localizzazione monolaterale segnalati, oltre a non essere statisticamente significativi, sono dovuti probabilmente al fatto che i casi .di ipertrofia lieve se unil aterali sono più facilmente evid enziabili che i bilaterali.


TABELLA

l PERTROFIA l.{ASSETERlNA - CASI DESCRITIJ IN LETTERATURA

l

Sesso

Anno

Autori

l l

Numero

:.é

.. li

--t88o

l

Champney

188o

l

Duroux

1905

Boldt

l

Sintomatologia soggettiva

Età

~

~

Legg

LocallllatiOne

·;:

w

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-

I

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-

l

20

-

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ll

l

Dolori

-

l

-

l

l

-

22

-

I

-

1930

l

l

-

23

-

l

Trism:J

Coffey

1942

l

l

-

I9

l

Hersch

1946

5

l 5

-

2(}-32

5

1947

I

l

-

1949

l

Maxwcll

195I

9

Tcmpest

19)1

l

Soderberg

I954

l

l

-

20

-

l

-

Kern

1954

I

l

-

22

-

I

-

Linser

1 957

l

I

-

-

l

-

-

Dcrgru1c

1957

l

l

-

-

l

-

-

Dc Martini

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r

l

-

30

l

-

-

963

3

l

2

26-6o

3

-

Lcrner

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2

I

l

2)-27

l

Torrielli

196)

r8

l

Gurney l

Adams

SilveminiBiavati

l

1

l

l

l

-

-

-

35

I

I

l -

-

-

I

-

5

AffaticabiliG

-

-

4

l

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l

l

l

ll-34

l

-

-

8

l

-

I

-

l

-

caso affaticabilità

l l

-


All'esame obiettivo l'affezione si presen ta come una tumefazione rotondeggiante al disopra dell'angolo mandibolare evidente già allo stato di riposo ma che meglio si evidenzia nella contrazione forzata delle arcate. La palpazione rivela al di sotto della cute, mobile sui piani sottostanti, la presenza di una massa di consistenza elastica che si indurisce nell'atto della chiusura forzata delle arcate assumendo talvolta una forma lobata per la maggiore ipertrofizzazione di alcune zone del muscolo o per ernia di alcuni fascetti muscolari. All'esame radiologico a volte si può mettere in evidenza un aumento di volume d ell'angolo mandibol are. Questa ipertrofia ossea pare essere generalmente secondaria all'ipertrofia muscolare, determinata ·da una reazione periostale sul punto di inserzione del muscolo con aumento dell'attività osteoblastica e deposizione di sali di calcio. La non costante presenza di ipertrofia ossea al di sotto dell'ipertrofia muscolare fa però pensare che per quella debbano esistere particolari fattori predisponenti congeniti o acquisiti. Per quanto riguarda la patogenesi le ipotesi d ei vari AA. non sono del tutto concordanti. Secondo il D erganc l'origine potrebbe essere neurogena. Drumrnond ha notato associate a questa affezione lesioni dell'articolazione temporo m andibolare. Molti AA. (Gurney, Thoma, De Martini) menzionano come fattore etiologico la masticazione unilaterale, il bruxismo, l'abitudine alla masticazione del cewing- gum o altre abitudini viziate che portino ad un sovraccarico masticatorio. Alcuni AA. (Silvestrini - Biavati) mettono in evi.denza la possibilità di una ereditarietà dell'affezione di tipo recessivo. L'intervento terapeutico, .dalle finalità esclusivamente estetiche, consiste nella escissione chirurgica di parte del muscolo massetere c nel livellamento dell'eventuale salienza ossea sottostante. Una modalità di intervento di tale genere è stato descritto per primo da Gurney (nel 1947) il quale consiglia l'asportazione della parte superficiale del muscolo massetere. Questa tecnica comporta però il pericolo di lesione dei rami buccali del facciale e del dotto di Stenone per cui è stata modificata da Adams W. M. preferendosi l'asportazione della zona profonda del muscolo (v. figura n . 1). Alcuni AA. (Torrielli) consigliano di porre preventivamentc una piccola sonda nel dotto di Stenone onde avvertirne palpatoriamente il decorso durante l'intervento cd evitarne la tomia. Presentazione del caso : trattasi di un soldato di 21 anni, della provincia di Taranto, di professione vetraio. A.F.: negativa. A.P.R.: n egativa. A.P.P.: da qualche anno abitudine alla m asticazione di cewing- gum per molte ore al giorno; solo in queste ultime settimane il p. ha dovuto diminuire la frequenza della masticazione per un senso di affaticabilità alla


53 mandibola e di dolenzia in sede parotidea bilaterale. Viene alla nostra osservazione inviato dal Corpo, con diagnosi di « parotite di n.d.d. ». E.O.G.: normoti po in buone condizioni generali di nutrizione e sanguificazione. Nulla di patologico a carico dei vari organi e sistemi.

Fig. r. - Asportazione della parte profonda del muscolo masscttere secondo Adams.

T(mpi dell'inta-vcnto : a) incisione sottomandibolare attorno ali'angolo della mandibola; b) l'sposizione del muscolo in corrispondenza della sua inserzione inferiore; c) disinserzione del muscolo dall'osso nel solo tratto mediano fermo lasciando la sua inserzione anteriore e posteriore: d) ribaltamento verso l'alto della parte muscolare di)inserita; e) resezione di una sufficiente quantità del muscolo ipertrofico sulla faccia profonda; f) ricollocazione sull'osso della parte superficiale muscolare residuata.

E.O.L. : evidente dismorfismo facciale per presenza di tumefazione, irregolarmente rotondeggiante, più marcata a sinistra, a livello ed al disopra dell'angolo mandibolare. Le tumefazioni bene apprezzabili allo stato di riposo (figura n. 2) si evidenziano maggiormente nella contrazione forzata delle arcate dentarie (figura 11. 3).


l'

54 Esami di laboratorio: Urine: nulla di patologico; V.E.S.: indice di Katz I; Emocromo e formula: nei limiti della norma; Rx massiccio facciale: nulla di particolare. Lieve disodontiasi di - 8. Esame elettromiografico del massetere bilateralmente: in ambedue i muscoli silenzio elettrico a riposo. Al massimo sforw stato intermedio- interferenza, di ampiezza normale e simmetria in ambedue i muscoli. Durata media dei potenziali di unità motoria nei limiti della norma. Assente l'attività spontanea di denervazione. Conclusione: non evidenziabili segni di lesione neurogena periferica, né miogena in corrispondenza dei muscoli esaminati.

Diag12osi: ipertrofia m asseteri na bilaterale, più marcata a sinistra. T(rapia: il p. ha ricusato l'intervento di chirurgia estetica.

Fig. 2.

Fig. 3·

CoNCLUSIONI.

Pur essendo la terapia chirurgica quella di elezione n ei casi conclamati di ipertrofia del massctcre essa non è tuttavia priva di pericoli. Anche se la tecnica sopradescritta (Adams) dovrebbe scongiurare il pericolo di lesione del facciale e del <lotto di Stenone, tuttavia la necessità di incisione cutanea (per quanto praticata sotto l'angolo della mandibola e quindi poco evidente) e soprattutto la possibilità di una organizzazione stabile dell'ematoma successivo all'intervento possono rendere aleatori i risultati. A nostro parere sarebbe assai utile una individuazione precoce della paria e la eliminazione di tutte le possibili cause etiopatogenetiche. Il grande


55 sviluppo teorico e pratico che ha avuto la gnatologia in questi ultimi anni sarà indubbiamente di grande aiuto nei casi di ipertrofia che hanno origine in uno squilibrio occlusale o in abitudini viziate (bruxismo). In questi casi, se individuati precocemente si dovrebbe giungere, con l'applicazione di adeguati presidi terapeutici (sostituzione dei denti mancanti, molaggio selettivo, docce orali, ecc.), ad una stabi lizzazione o addirittura ad una rcgressione del processo morboso evitando quindi l'intervento chi rurgico.

RIASSUNTO. - Gli AA. descrivono un caso di ipcrtrofìa muscolare masscterina bilaterale con evidente dismorfìa facciale accennandone i problemi etiopatogenetici, diagnostici e terapeutici dopo a\'er riportato i casi descritti in lencratura.

RÉsUMÉ. - Les Auteurs déscri\·em un cas de hypcnrophie musculaire bilatéral du masséter qui produit une altération du "isage et ils montr~nt les problèms étiopathogénéùques, diagnostique~ et thérapeutiques après avoir rapporté tous les cas décrits en littératurc.

SUMMARY. - T he authors report a case of bilateral masscteric hypertrophy that produce a deformation of face, evidensing the problcrns of etiopathiogcnetics, diagnostique~ and therapeutiques; aftcr ha\·ing reported the cases published in licterature.

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CLINICA ORTOPI:.OICA 23 DELL'UNIVI· RS!T,\ DI MILANO Direttore. Prof. V. Pn.n<X.l\,CE OSPEDALE MILITARE PRINCIPALE DI Mli.Al'O

Dircuorc: Col. Mcd. Dott. G . M~RCHIANÒ

SINDROME DEL CANALE CARPALE DA FffiROMA DESMOIDE Ten. Col. Med. D ott. Guido Cucciniello caporeparto traumatologico

E' stato di recente ricoverato nel reparto traumatologico di questo Ospedale un giovane artigliere di 2r anni, già alle armi ·d a 10 mesi, che lamentava da qualche mese disturbi al polso e mano sinistra consistenti in dolori al carpo, parcstesic al II, Ilf, IV dito, prevalentemente notturne e in diminuita capacità flessoria del II, III, IV dito. Obbicttivamcnte si osservava una tumefazione della grandezza di una nocciola che occupava la regione centrovolare del polso e che si estendeva in direzione ulnare. La tumefazione poco dolente alla pressione era dislocata nei piani profondi, di consistenza duro- elastica, non aderente al piano sottocutaneo; parzialmente mobile alla palpazione diveniva fissa durante l'attività flessoria digitale. L'estensione del polso c la percussione sulla superficie volare del carpo provocavano parestesie digitali. Si osservava, inoltre, lieve ipotrofia tenar ed ipocstesia delle prime tre dita, specie sul polpastrello e sulla m età radiale del IV. L'esame elettrodiagnostico era negativo; i rifessi normali. Posta diagnosi di probabilità di irritazione del nervo mediano per compressione nel canale carpale da sospetto ganglio tc='osinoviale, il paziente veniva sottoposto ad intervento chirurgico: incisione ad S della superficie volare- ulnare del polso alla plica tra tenar cd ipotenar; si seziona longitudinalmente il legameno trasverso del carpo, si reperta sul pavimento del canale del carpo una massa di consistenza duro - elastica, della grandezza di una nocciola, di colorito m adreperlaceo (figura 1 ), inglobante i tendini flessori profondi del II, III, IV dito. Si esegue a fatica una tenolisi dei flessori interrompendo tralci fibrosi che fanno parte della zona periferica della neoformazion e. Questa, infine, viene isolata completamente ed asportata. Il nervo mediano appare deviato radialmente, lievemente compresso e aumentato di volume a monte del legamento trasverso del carpo. Chiusura a strati senza suturare il legamento trasverso.


ss

Ftg. 1. - La neoformazione a<,portata, della grandezza di una nocciola, appare come una massa di colorito madreperlaceo e consistenza duro- elastica.

Il reperto bioptico della neoformazione vemva inviato per esame istologico e l'indagine anatomomacroscopica cd istologica lo qualificavano per fibroma desmoide (figure 2, 3, 4, 5, 6, 7). Il riscontro di una neuropatia del nervo mediano al polso non è infrequente e la sua genesi è legata, in genere, ad una sofferenza del tronco nervoso per compressione durante il suo tragitto nel canale del carpo. Il sulcus carpi è conformato a guisa di tronco di piramide con una parete profonda o pavimento rappresentata dalla superficie anteriore del massiccio osseo carpico ed una parete volare o tetto, data dal legamento trasverso del carpo. Le pareti laterali sono formate radialmcnte dal tubercolo dello scafoide c dalla cresta del trapezio, ulnarmente dal pisiforme e dal becco dcll'uncinato. Il legamento trasverso del carpo ~::he si fissa su tali salienze ossee è un n astro fibroso poco elastico teso dalla parete radiale alla ulnare del canale del carpo. Da esso si diparte un setto fibroso che delimita una doccia osteo- fibrosa laterale per il flessore radiale del carpo ed una media le radiocarpica per i tendini flessori e per il nervo m ediano. Pur riconoscendo l'esistenza di rare forme essenziali in cui non si repertano agenti responsabili della ncuropatia, la maggior parte dei fattori etiologici riscontrati conducono alla diagnosi di forme secondarie e sintomati-


59

Fi~. 2. - Parte fondamentale del tumore costituita da una massa fibrosa con fibre molto compatte ad andamento ondulato (mallory 250 x).

Fig. 3· - Parztale ialinizzaz ione dei fasci tìbrosi (mallory y)Q x).


6o

Fig. 4· - Zona in cut ~~ evidenziano tra i fasceui fi. bro~i ondulati elementi cellulari fibroblastici (emat. eos. 250

Fig. 5· - Particolare degli elem("nti cellu lari che sono fusa ti, a nucleo ovalare, di tipico aspetto lìbroblastico (cmat. eos. 300 x).

x ).


6r

Fig. 6. - Sezione in cui le cellule fibroblastiche tagliate trasversalmente appaiono tondeggianli ed immerse nella sostanza fondamentale con netti fenomeni di ialinosi, manifestano un aspetto di tipo condroide (emat. e~. 250

x).

Fig. 7· - Zona in cu1 SI C\ idenzia una certa ricchezza in \'asi sanguigni; tali zone nel contesto della neoplasia sono peraltro molto rare(emal. eos. 180 x).


6.2 che ad andamento cronico, legate proprio al decorso anatomico del nervo mediano nella doccia radio- carpica. Infatti qualsiasi condizione patologica che riduca il lume del canale può causare una compressione secondaria con sofferenza del nervo mediano (che decorre nel tronco di cono in posizione superficiale e radiale tra il tendine flessore dell'indice e del medio), che si palesa ancor più nei massimi movimenti di flessione e di estensione del polso. Tra le forme secondarie o sintomatiche distinguiamo le acute con sintomatologia immediata post- traumatica e le croniche, lentamente ingravescenti per compressione del nervo mediano in seguito a lesioni o ad affezioni del canale osteo- fibroso o delle formazioni che vi decorrono. La neuropatia da compressione per alterazioni del canale può trovare causa in fratture di Colles viziosamente consolidate, in esiti ,di frattura dello scafoidc, in lussazioni inveterate del semilunare, in artrosi trapezio metacarpica, in acromegalia, in ipertrofìa fibrosa del legamento trasverso del carpo. Le lesioni od affezioni delle formazioni che decorrono nel canale carpico sono dovute in maggior parte a processi di tenosinovite cronica per flogosi cronica delle guaine tenosinoviali dei flessori le cui alterazioni sono caratterizzate, all'esame istologico, da un marcato aumento del tessuto connettivale con prevalenza di fibroblasti e cellule istioidi, per tumori tipo angiomi, neurinomi, lipomi, gangli sinoviali, anomalie di decorso di muscoli, tendini, vasi. Il reperto anatomopatologico non ha equivalenti nelle forme irritative iniziali mentre nelle forme post- traumatiche la contusione del nervo provoca focolai emorragici nella guaina peridurale che evolvono verso la fibrosi se la causa compressiva non viene rimossa. Nelle forme secondarie croniche il nervo appare ingrossato, di aspetto neuromatoso, di consistenza dura prossimalmente al legamento trasverso del carpo, mentre distalmente può apparire normale oppure appiattito e gialliccio con reperto istologico di maggior proliferazione connettivale peri ed interfasciale al di sopra del legamento trasverso e di minore sclerosi connettivale nell'interno del canale con aumento di fibre nervose degenerate. La sintomatologia della sindrome del canale carp~co è di modesta entità netle fasi iniziali ed è caratterizzata da parestesie dolorose nel territorio del mediano ed in specie sulla superficie volare delle prime tre dita. In seguito si manifesta una diminuzione della mobilità del pollice in abduzione ed opposizione, mentre nella fase conclamata si osserva ipotrofia dell'eminenza tenar con deficit elettrico all'esame elettromiografico del flessore, abduttore breve ed opponente del pollice. Anche la sintomatologia dolorosa in tale fase può acuirsi, specie durante l'attività manuale o durante le ore nothune irradiandosi sulla superficie anteriore dell'avambraccio lungo il decorso del nervo mediano, oppure mani-


festandosi con formicolii dolorosi dei polpastrelli delle dita in uno a cnst vasomotorie distali digitali. La condotta terapeutica è elettivamente chirurgica con sezione a tutto spessore del legamento trasverso, esplorazione ·del nervo me.diano ~ escissione dei tessuti ipertrofici connettivali delle guaine tendinee o della formazione responsabile della compressione e chiusura della breccia operatoria senza suturare il legamento trasverso.

I TUMORI DESMOIDI. Il desmoide è una formazione fibromatosa espressione di un processo proliferativo che prende origine dai tessuti connettivali ed in particolare dalle m embrane endo- perimisiali e periostali. Ha l'aspetto di nodulo sclerotico di gr andezza variabile da pochi a quindici centimetri di diametro, indovato nei piani profondi muscolari, di forma ovalare, a superficie liscia, bianco giallastra, di consistenza duro- elastica e stridente al taglio. I desmoidi più voluminosi possono presentare zone di tipo mixomatoso per degenerazione cistica. · · All'esame istologico risultano costituiti da uno stroma di tessuto connettivale stipato, disposto lungo l'asse muscolare, ricco di cellule dal nucleo denso di cromatina e di piccoli e numerosi fibrociti. Il tessuto è discretamente vascolarizzato da vasi ectasici con tunica avventizia ipertrofica per processi di sclerosi. La neoformazione connettivale spesso interrompe iJ tessuto muscolare inglobando nello stroma le fibre muscolari dopo averle frammentate, compresse tanto da farne poco intravedere la striatura trasversale, rese atrofich e e trasformate in gran parte in forme sarcoplasmatiche plurinucleate. Al centro possono repertarsi numerosi mastociti mentre ai margini del desmoide prevalgono i linfoplasmociti. Non hanno una particolare predilezione topografica ma possono riscontrarsi in qualsiasi distretto muscolo- aponeurotico a sviluppo paraosteale o come desmoide vero e proprio .cieli'osso. Hanno la caratteristica di non avere precise localizzazioni, .di non aver mai capsula, di avere una potenzialità infiltrativa maligna locale e di reci-divare topicamente fino a usurare i segmenti scheletrici regionali (tanto da imporre interventi demolitivi), senza mai m etastatizzare. Scorrendo la letteratura si rileva che Mc Farlane nel l8~2 descrisse due casi di desmoide della parete addominale seguito nel 1838 da Muller cui si deve la denominazione del termine desmoide dal greco desmos =corda. Ma per q uanto numerosi Au_tori avessero descritto desmoidi delle formazioni muscolo aponeurotiche extra- addominali, per circa un secolo, parlare di desmoide equivaleva intendere la localizzazione nei muscoli retti addominali, specie delle gestanti, per strappamento di fibre muscolari striate e stimolo iperplastico dell'endomisio. Dal 1923 con Nichols furono chiamati desmoidi anche i fibromi a localizzazione extra- addominale.


Da ricordare in ordine cronologico dopo Mc Farlane e Miiller è la pri~ ma descrizione istologica di Bennet (1849); due casi riportati da Page (r856) con la stessa morfologia : uno della parete addominale ed uno del braccio; nuiJlerose descrizioni di Sanycr (1884) che indicò come necessario un radicale trattamento chirurgico e quindi casi di Powers (1903), Pfeiffer (1904), Stooc (1go8), Hartman (1923), sempre classificanti i tumori desmoidi come forJJlazioni a partenza muscolo- aponeurotica della parete addominale. Nichols (1923) nel presentare 31 casi di cui sei ,del cavo popliteo, grande gluteo, lungo adduttore, gran pettorale c gran dentato dette la denominazione di desmoidi ai fibromi addominali ed extra- addominali. Rok.itansky (1924) descrisse un eccezionale caso di tumore desmoidc del peso di kg 17. Seguirono quindi gli studi di Mc Donald e Caylor (1929), Anvray (1930), Mason (1930), Geschickter e Lewis (1935), Bellanger (1935), Salto (1935). Morpurgo (1936) delimitò i quadri m::>rfologici del desmoide ed evidenziò i caratteri che lo distinguevano dai tumori mcsenchimali. Altri casi furono riportati da Pcarman e Mayo (1942), Fitzgerald (1943), Lipschuts e Grismali (1944) che continuarono a mettere in luce la rarità del riscontro dei desmoidi. Anche Pack ed Ehrlich ( 1944) riferirono di aver riscontrato solo diciassette casi di desmoide su cinquantamila tumori osservati in l1ll arco di tempo di ventisei anni. Musgrove e Mc Donald (1948) riportarono, trentaguattro casi e<>ntrollati a distanza e ne stabilirono i criteri di::tgnoscici macroscopici ed istologici. Dopo Coley (1951), Stout (1951), venne l'importante studio di Kimmestid e Rapp (1951), AA. che descrissero come desmoidi periostali delle formatJOni di connettivo denso a partenza periostale. Seguirono i casi descritti da Gardner e Richards (1953), Lichtenstein (1955), Marek (1955), Operti (1955), Ober e Velado (r955). Repaci (1953) e Ramsey (1955) stimolarono l'attenzione degli ortopedici sull'argomento descrivendo casi di dcsmoidi muscolo- aponeurotici che avevano interessato per contiguità i segmenti scheletrici. Ricordiamo ancora Fielding (1956), Pagc (1956), Bowden e Bookcr (1958). Jaffe (1958) descrisse un fibroma desmoide dell'osso a sede metafisaria. Citiamo inoltre Collins (1959), Panos e Poth (1959), Smith (1959), Hunt e Morgan (1~o), Whitesides e Ackerman (196o). Melanottc (r96o) definì fibroma dcsmoide paraostale quelle localizzazioni muscolari che con andamento erosivo invadono i scgmenri scheletrici viciniori e descrisse un caso di desmoide del muscolo pro~ natore quadrato, talmente erosivo del radio c ulna che comportò l'amputazione del braccio al terzo distale dcll'omero. Seguirono le memorie di Mc Donald (1963), Bennet (1963), Bochetto e Ravcroft (1963). Dahn (1963) rifer.ì su ventiquattro casi a localizzazione ad~ dominale e su nove casi extraaddominali. Vennero quindi i lavori di W cary (1~): Benninghoff (1~4), Govaerts (1~4). Randelli G. (1~4) riferì su tre casi d1 fibromi dell'osso indicando i criteri di riconoscimento della forma


paraostale, a partenza dell'endomisio e perimisio che erode l'osso dalla superficie per contiguità e della forma ossea ad origine dalla matrice fibroblastica osteoperiostea. Dopo Roscn c Kimbali (1966), Bonefant (1966) classificò i dcsmoidi nei tumori connettivali benigni di tipo sclerosante o cheloideo profondo. Ancora citiamo Penik (r~7), H ardy e Lehrer (rif}7), Rabhan e Losai (r~8), Shepow (r~8), Cole e Guiss (r~), Gerstman e Nimkerg (xif>9), Ritter e Marshall (rif)9), Mc Adam (1970). Uno studio interessante è stato pubblicato da Brasfield e D asgupta ( r969) su tutti i casi riscontrati nel Memoria l and James Ewing Hospital per un totale di centodieci casi di cui trentotto addominali e settantadue extra- addominali. Di recente (1971) Miller e Grenier hanno ribadito l'importanza di un a terapia chirurgica radicale dopo aver riferito su una esperienza basata sullo studio di diciannove casi tratti da cinque ospedali di Québec in un arco di dodici anni.

L'eziopatogenesi dei desmoidi non è chiara e le diverse teorie esposte dai vari AA. fanno propendere, più che verso un unico agente responsabile, alla concomitanza di diversi fattori causali. La teoria traumatica per traumi accidentali, chirurgici o fisiologici si fonda su meccanismi contusivi delle formazioni muscolo- aponeurotiche. La lesione violenta causa la degenerazione di fibre muscolari insieme a stravaso ematico locale. Il riassorbimento dell'ematoma stimolerebbe in senso riparativo e proliferativo l'endo e perimisio con sostituzione delle fibre muscolari necrobiotiche, produzione di fibroblasti ed iperplasia connettivale. Mentre all'inizio si osserva infiltrazione emorragica, in secondo tempo si osservano granuli ·di emosiderina e fibre muscolari irregolari, rigonfiate, in degenerazione torpida. Infine si osservano fibre muscolari dissociate, frammentate ed inglobate d al tessuto connettivo. Il meccanismo traumatico così detto fisiologico si verificherebbe nel sesso femminile dopo gravidanza con localizzazione nei muscoli retti addominali per distensione degli stessi c strappamento di fibre striate. Anche il meccanismo etiopatogenetico riferito a ferita chirurgica è stato riportato da ~lcuni AA. (Penik, 1967). La teoria g~netica è stata prospettata da altri AA. che hanno descritto casi appartenenti allo stesso gruppo familiare ed a volte associati a dei cheloidi. La teoria endocrina si basa sull'osservazione di Geschickter e Lewis di presenza di gonadotropine nei tumori desmoidi e sulla possibilità sperimentale di ottenere in cavia .fibromi desmoidi delle pareti addominali ed extraaddominali con l'azione di estrogeni e di gonadotropine. D 'altra parte si ha


66 una regrcssione del tumore sospendendo la sommtmstrazione di estrogeni o se ne ostacola lo sviluppo con testosterone o progesterone. Si osserva inoltre una regressione del tumore per menopausa artificiale da irradiazione pclvica. La teoria auto- immunitaria prospettata di recente da Gerstman e Nirnkerg vede nel desmoide una risposta locale auto- immunitaria verso la lesione muscolare. La teoria neoplastica è sostenuta da numerosi autori che classificano il desmoide tra i fibromi a malignità locale per la loro caratteristica invasione topica e per la infausta tendenza alle recidive.

CoNCLUSIONI.

Il desmoide sfugge ad una definitiva collocazione nosologica nella patologia tumorale poiché non è classificabile nei fibromi benigni dei tegumenti e di taluni parenchimi, né nelle fibromatosi di Stout che comprese in queste oltre al desmoide, formazioni fibrosclerotiche come il Dupuytren palmare e piantare, la induratio penis, il torcicollo miogeno congenito ed il cheloide. n desmoide è caratterizzato da una intensa proliferazione fibroblastica localmente invasiva e recidivantc per cui è da situare in un particolare tipo di fibroma capace di varie gradazioni <ii malignità a seconda dell'intensità quantitativa della proliferazione cellulare (Pack e Ehrlich ). Oltre alla localizzazione muscolo- aponeurotica addominale e extra- addominale il desmoide può presentarsi a partenza periostale (Kimmestiel e Rapp), paraostale (Melanotte) ed a localizzazione ossea m etafisaria (Jaffe). Lo studio di queste lesioni ossee è stato completato da Randelli G. che trae le seguen ti conclusioni: - esistono lesioni ossee, di aspetto radiografico diverso, che presentano un quadro istologico simile ai fibromi desmoidi del muscolo. Per il loro aspetto di formazione connettivale sclerotico- densa sono distinti dai fibromi ossificanti c dai difetti corticali, dai quali differiscono altresì per la assenza di elementi giganto- cellulari, di adipociti e di stravasi em atici; - i fibromi desmoidi con interessamento dell'osso vanno distinti nella forma paraostale, a partenza dall'endoperirnisio, che aggrediscono ed interessano lo scheletro con un meccanismo erosivo c nella forma ossea propriamente detta ad origine dalla matrice fibroblastica osteoperiostea.

DIAGNOSTICA D IFFERENZIALE.

La prima differenziazione del dcsmoide è da porre con il .fibroma che si presenta capsulato, che non ingloba fibre muscolari striate e che non invade i tessuti limitrofi, pur comprimendoli.


Il cheloide ha in genere una chiara eziologia traumatica e si localizza nel derma e non nel tessuto m uscolo- aponeurotico. Anche il derm atofibroma è facilmente differenziabile per la presenza di capsula, per la localizzazione sottocutanea e per la disposizione fascicolata dei fibroblasti senza zone stipate. Il neuro.fibrom a, parimen ti sottocutaneo, è meno con sistente, più spostabile e presenta cellule fusiformi a palizzata. Il fibrosarcom a ha un colore rosso salmone, una consistenza ancora più dura del desmoide ed è ricco di cellule polimorfe con numerose mitosi atipiche (Mill er e G renier). Più facilmente il dcsmoide è differenziabile per i soli caratteri m acroscopici dalla m iogelosi, dalla miosìte subacuta, dal rabdom ioma. Un cenno m erita la sindrome di Gardner che è caratterizzata dall'associazione d i poliposi colica, osteomatosi del viso e lesioni dei tessuti mo11i quali il desmoide, con carattere ereditario. Il trattam ento del dcsmoide è per opinione concorde della maggior parte degli AA., che si sono interessati dell'argomento, chirurgico con asportazione radicale e precoce.

RIASSUNTo. L'A. descrive un raro caso di fibroma desmoide localizzato a livcilo del canale del carpo implicante una sindrome comprcs~i\a del neno mediano ed una limitazione funzionale dei flessori profondi delle dita. Vengono esposti i dati anatomici e clinici che possono condizionare una sindrome del ca nale del car po. Inoltre viene particolarmente tranato il fibroma desmoide nei suoi aspetti storici, eziop:uogenetici, clinici e terapeutici.

RÉSUMÉ. - L'A . déc rit un cas rare d u fì brome desmoide local isé près d u can ale du carpe implicane un syndrome comp res~ant du nerf médian e t u ne limitation fonctionnelle des branches terminales. Les dates anatomiques et cliniques sont montrés, qui pem·em résulter un syndrome d u canale du carpe. En ~uite le sujet du fibrome desmoide dans ses aspects historiq ues, eziopatogenetiques, clì niqucs et thérapeutiques el>l ~pécìalement traité.

S t:MMARY. -

Thc Author dccribe~ a rare case of dcsmoidcs fìber texture, which

i~ locatecl :.tt the link of the hand and forearm issuing :.t pressure syndrom of thc me-

dian- nerv, which causcs a functional lim ìt:Jtion of inncr- rcflex • ncrves of the fìngcrs. H ere :.tiC the anatomical and clinica! fìgures shown, which can condition a syndrom of the link of the hand nnd forearm. Further there is panicular attention given to the desmoide fiber • texturc, and conccrning its history, :.t~ well as its t:thìopatogenical, clinica] :.tnd therapeutical :.tspects.


6~

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i

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UFFICIO DEL CAPO DEL SERVIZIO DI SA:-:IT,\ DELL'ESERCITO Capo del Scrvwo: Ten . Geo. Med. Dr. U. Puf'<TJ CE!'TRO STUDI E RICERCHE DELL.\ SA:-\ITÀ MILITARE Direttore: MJgg. Gen. Med. Don. C. MvSilLJ 3° REPARTO · SEZIONE MICROBIOLOGIA ED IGIENE c~po Rcp~ rlO : Col. Med. Prof. G. CURITOJ.A

ANDAMENTO DELLA SCABBIA NELL'ESERCITO ITALIANO DAL 1955 AL 1971 M. Di Martino

B. Sbarro

La scabbia è malattia nota fin dalle più lontane epoche. Ippocrate riconduce le cause ·della malattia ad una discrasia umoralc mentre Aristotele le riferisce alla corruzione ed alla putrefazione della materia. Antigono di Caristo, un secolo dopo, adombrava in una sua opera l'esistenza di « pedicelli » presenti nelle u pustole >l degli scabbiosi . Celso, nel De Medicina (L. V. c. 28, n. 16), esclude l'esistenza di fattori umorali nella etiopatogenesi della malattia e si limita a consigliare soltanto terapie locali. Galeno, pur riconoscendo l'esistenza degli acari nella scabbia (<<animalia >>), chiama in causa gli umori corrotti del sangue ricollegandosi in ciò ai concetti aristotelici. L'origine parassitaria della scabbia si afferma nel 1fi secolo a. C. e trova consensi sia presso la Scuola Alessandrina che presso quella Rom ana e di Bisanzio (Bazzi). Si deve giungere però al 1687 perché tale ipotesi riceva la sua conferma sperimentale ed il merito, non si sa in quale misura, è da attribuire a Giacin to Cestoni e Giovanni Cosimo Bonomo. Il Bazzi, che nel 1966 ha raccolto i fili storici di questa malattia, ci precisa che l'origin e acarica della scabbia venne « annunciata d a una lettera del Bonomo (che per essere medi.co era il più qualificato a scriverla) al Redi il q uale la corresse per renderla più accetta agli studiosi, ai quali doveva portare la notizia >> . Attualmente il problema della scabbia sta richiamando l'attenzione di molti studiosi in quanto da qualche anno il numero dei casi risulta essere in forte aum ento in molti Paesi del mondo. Shrank e Alexander ( rg67) in base ad una accurata indagine da loro svol ta rilevarono un aumento dell 'incidenza di questa parassi tosi in Inghil-


terra e ne dedussero che questo Paese potesse essere sede di una possibile epidemia. Questa constatazione insieme all'accertata ascesa della malattia in diverse zone di altre nazioni evidenziava un rovesciamento della situazione epidemiologica delineata una ·decina di anni prima (1955) da Epstein secondo cui la scabbia diveniva rara in America del Nord, nell'Europa occidentale e n eli' Asia orientale. Orkin nel 1971 ha pubblicato i risultati di una inchiesta mondiale sulla scabbia ed ha potuto accertare che le nazioni che hanno presentato un reale aumento della malattia sono l'Inghilterra, la Francia, la Polonia, la Germania Occidentale, l'Unione Sovietica, la Germania Orientale, il Portogallo, l'Italia, il Marocco, l'Argentina, il Brasile, il Messico, la Rhodesia, la Tanzania, l'India. Viceversa i Paesi più chiaramente risparmiati sono rappresentati dal Venezuela, Uruguay, Ungheria, Romania, Giappone e Australia. L'agente della scabbia è rappresentato, come è noto, da un acaro, il Sarcoptes Scabiei var. hominis, parassita della classe degli Aracnidi. Il maschio risiede sulla pelle e muore rapidamente dopo la fecondazione. La femmina, una volta fecondata, perfora l'epidermide e vi penetra scavando nella parte profonda dello strato corneo una galleria, detto cunicolo o solco acarico, allo scopo di deporre le uova in luogo adatto allo sviluppo. E' noto che non tutte le regioni del corpo umano vengono interessate dall'infestazione acarica. Così, in genere, sono prediletti gli spazi interdigitali, la parete anteriore del cavo ascellare, la cintura, le caviglie, i talloni nonché i genitali nell'uomo ed i capezzoli nella donna. Il perché di tali sedi elettive non è stato sempre soddisfacentemente chiarito. Arve Madsen ritiene che la normale assenza dell'acaro dal volto e dal capillizio sia dovuta precipuamente al fatto che l'aumentata densità dei follicoli piliferi rappresenta una specie di palizzata troppo fitta e tale, comunque, da far preferire all'acaro quell e regioni ove essi manchino o siano molto rari. Sempre secondo Arve Madsen i motivi di preferenza per le comuni sedi sarebbero determinati dalla ricerca da parte dci parassiti di una zona tranquilla per la deposizione delle uova. Sui motivi della recrudescenza della scabbia non vi è unanimità di vedute o quanto meno si ritiene che il fenomeno non possa essere ricondotto ad una sola causa, nel senso che più di una vi concorra con peso differente a seconda dei Paesi, della loro latitu<.line, dei costumi locali, del livello igienico ed economico. In ogni caso c'è da osservare che in passato la scabbia ha avuto periodi di recrudescenza e di remissione. Il fenomeno viene spiegato ipotizzando che le popolazioni poco a poco di immunizzino sino ad acquistare una rela-


7I riva resistenza all'acaro. Nell'intervallo di tempo, in media 15 anni secondo Shrank ed Alexander, che si frappone tra una epidemia e l'altra le nuove generazioni non riuscirebbero ad acquisire una valida difesa immurutaria contro l'acaro. Numerose altre situazioni, però, possono essere alla base del fenomeno, anche se non tutte presentano una eguale efficienza causale o concausale. Ad esempio, infatti, il basso tenore di vita ed il precario stato delle condizioru igieniche non sempre offrono motivi per una sufficiente spiegazione del fenomeno. Così si è visto che nel Regno Unito ed in Italia l'inòdenza della scabbia è andata aumentando nonostante il miglioramento del livello igienico ed economico. Viceversa nel Vietnam, ove il livello socio- economico della popolazione è piuttosto basso, i casi di scabbia sono numericamente insigruficanti. Maggiore importanza viene data alla promiscuità ritenendosi che all'abitudine di adoperare lo stesso letto da più persone sia da imputare valore più rilevante che non ai rapporti sessuali nonostante che, in via generale, l'incidenza della scabbia sia sempre associata all'aumento delle malattie veneree. Invero, però, anche su quest'ultimo punto i dati non sono sempre e tutti concordi. Difatti mentre in molti Paesi l'incidenza della scabbia si è manifestata in soggetti di età compresa tra i 16 ed i 30 anni, cioè nel periodo sessualmente più attivo, in altri, come nel Messico, si è avuto un predominante interessamento nei soggetti di età inferiore ai 10 anni. La possibilità che l'aumento della scabbia umana trovi Lma sua origine nella scabbia canina non pare assolutamente provata. E' certamente sicuro che l'uomo in alcuni casi possa essere infestato da acari presenti nel cane così come è sicuro che in certi Paesi la scabbia canina, il cui acaro differisce se non morfologicamente almeno biologicamente da quello dell'uomo, abbia presentato delle recrudescenze (negli Stati Uniti nel 15)63) ma a queste non ha corrisposto un aumento della malattia umana. Negli anni 6o sono stati segnalati picchi regionali di scabbia canina però il fenomeno è stato tutt'altro che generalizzato per cui sembra da escludersi che la trasmissione dall 'animale all'uomo possa avere inciso in maruera significativa sull 'andamento del fenomeno. In alcuni Paesi l'incidenza più elevata della scabbia trova giustificazione in particolari situazioni ambientali quale quella, ad esempio, legata al movimento delle popolazioru. Per la Francia, Olanda e Belgio si ritiene che la sorgente principale dell'aumento della scabbia sia da mettere in rapporto alla immigrazione di lavoratori provenienti dal Nord Africa. Anche negli Stati Uniti si verificano condizioni molto simili a causa della corrente migratoria che si sposta dal Texas verso il Nord e verso l'Ovest, senza considerare le migliaia di lavoratori che stagionalmente si spostano dal Messico verso gli Stati Uniti.


72 Altre cause, però, interverrebbero nel determinismo della malattia. Gueli ricorda che il medico di fronte ad un caso di a(fezione pruriginosa della pelle è portato ;~lla facile diagnosi di disturbi intestinali o di insufficienza epatica per cui molti malati, e tra questi gli scabbiosi, vengono avviati al dermatologo dopo essere stati sottoposti a lunghe, rigorose diete ed a varie terapie epatoprotettive ed epatocurative. Anche il prof. Hellier di Leeds condivide questa opinione. In presenza di ma sintomatologia pruriginosa - egli afferma - vengono prescritte pomate al cortisone che determinando semplicemente una diminuzione del prurito non risolvono la malattia permettendo che gli acari invadano il coniuge, i bambini e gli amici. Altra causa invocata sarebbe l'alterazione della flora cutanea. In altre parole l'uso sempre più frequente di saponi e detersivi antibatterici avrebbe ridotto la flora batterica cutanea provocando un incremento della virulenza dell'acaro. Questa ipotesi non sembra comunque avere un notevole fondamento sol che si consideri, come osserva Orkin, l'assenza di recrudescenze di scabbia negli Stati Uniti ove, peraltro, l'uso di saponi e detersivi antibatterici è estremamente diffu~. Se molte sono le cause invocate per spiegare la recrudescenza della scabbia, è altrettanto certo che molti concetti relativi a questa parassitosi si sono capovolti o quanto meno non sono stati adeguatamente comprovati dalle situazioni locali. Così è stato detto che questa malattia è più comune nei periodi bellici e che viceversa si attenua nelle epoche di pace. La realtà avrebbe dimostrato esattamente il contrario. Orkin afferma che la scabbia nel mondo ha avuto un incremento prima delle due guerre mondiali mentre peraltro non ha giocato un ruolo significativo nella guerra di Corea (1950- 53), ed è stata anche rara tra i militari impegnati nella guerra vietnamita nonostante che nel 1967 si fosse verificata una epidemia tra i civili. Per quel che riguarda l'Italia, l'andamento della scabbia, desunto dalle denunce dei casi riportate nell'Annuario di Statistica edito dall'1ST AT, si evidenzia chiaramente che la morbosità si è mantenuta bassa per il periodo che va dal 1952 al 19<>5. Si è poi manifestato un progressivo incremento tale che dall'r ,o casi per 100.000 nel 1~ si è passati a 5,7 nel 1970 (tabdla n. 1). E' caratteristico notare che nel 1950 e 1951 si è avuta rispetto ai dati disponibili, una incidenza abbastanza elevata, rispettivamente di 2,6 ed 1,1 cas1 per roo.ooo. Qualora l'aumento verificatosi nei due predetti anni (1950- 51) facesse parte di un periodo di recrudescenza di maggiore estensione cronologica, la esistenza di una ciclicità della malattia potrebbe trovare maggior credito, in quanto dopo il 1951 si è avuto un intervallo di 14 anni (1952- 1g6s) caratterizzato da una morbosità molto modesta, cui ha fatto seguito l'inizio di un altro periodo nel quale si è manifestato un incremento rilevante (1966 -70).


73 Per quanto concerne le città italiane ove tale aumento si è manifestato in maniera più vistosa, in base ai dati acquisiti dal prof. Serri, che ha collaborato col dott. Orkin di Minneapolis fornendo informazioni sulla epidemiologia della scabbia in Italia, i centri più invasi dalla parassitosi sono Cagliari e Roma; seguono poi, ma con distacco, Mestre, Pavia, Ales5andria, Genova, ecc. TABl'.LLA N.

DENUNCE DI CAS I Dl SCABBLA IN !TALlA DAL

1950 AL 1970.

1\nno

V3lorì Jssoluq

1950 19)1

1.199 525

2,6 1,1

1952 1953 1954

289 218 221

o,6 o,s o,;

19)5

144

1950 1957 19)8 1959 1ç}60

88

0,3 0,2

179 136 106

245

r96r

Il

19f}2

Ili

1963 1964 196; 1966 1967 19f}8

qo 257 304

r9fi9

54 1 1.095 1.767 2.287

1970

3·095

t.

Casi per centomila

0,4 0,3 0,2 0,5 0,2 0,2 0,3 0,5 o,6 1,0 2,0 3-3

4·2 5·7

I NDAGINE STATISTICA.

Alfine di recare un contributo allo studio del problema e valutare in che modo il fenomeno si manifesti in una collettività a dimensioni nazionali, abbiamo voluto esaminare l'andamento di questa parassitosi nella collettivid militare.


74 La nostra indagine riguarda l'incidenza d ella scabbia nell'Esercito italiano relativamente al periodo che va dal 1955 al 1971. Sono stati riportati i valori annuali singoli nonché l'incidenza mensile. Tali dati concernono i militari, dell'Esercito di qualunque grado e posizione (in s.p., di complemento, trattenuti, a lunga ferma, di leva). In realtà, però, la maggior parte dei contagiati che giunge all'osservazione è rappresentata dal contingente di leva in quanto i militari in carriera continuativa tendono a curarsi privatamente o medjante le organizzazioni mutualistiche. Ciò non altera significativamente le conclusioni del1a presente indagine statistica in quanto i militari in carriera continuativa rappresentano un n umero relativamente esiguo rispetto alla massa dci giovani di leva.

2

100

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Fig.

I. - Tendem.a

59 !16o 61

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~

66 67 68 69 97o 11

generale della scabbia nell'Esercito italiano dal 1955 al 1971 (casi per too.ooo della forza media).

'


75

Per ovvi motivi di riservatezza i dati vengono esposti semplicemente in forma percentuale. L 'incidenza della scabbia nell'Esercito italiano per il periodo che va dal 1955 al 1971 è sintetizzata nella tabella 11. 2. Da essa, e meglio ancora dal grafico (figura 1), si evidenzia chiaramente come il fenomeno, che fino al 19<}3 aveva presentato un andamento quanto mai contenuto, da tale epoca ha cominciato a manifestare un crescendo progressivo fino a raggiungere valori molto elevati nel 1971 (quasi 193 casi per roo.ooo). Sarà interessante vedere se per il futuro il numero dei casi continuerà ad aumentare o, viceversa, si determinerà un ritorno verso i valori iniziali, avvalorando, in tal caso, la tesi ben nota secondo la quale la malattia presenterebbe un andam ento ciclico. Analizzando meglio i dati a nostra disposizione si può osservare che il progressivo aumento della scabbia nella collettività militare pur manifestandosi dal 19<)3 si è mantenuto entro limiti relativamente modesti fino al 19<}7: si è infatti passati da una incidenza dallo o,66 per Joo.ooo a 14,29. Dopo il 1#)7 l'incremeneto è stato assai più rilevan te passando dal 14,29 casi per 100.000 a 192,97 nel 1971. TABELLA '1. 2.

M ORBOSITÀ PER SCABBIA NELL'EsERCITO ITALIANO DAL

(Casi per IOO.ooo della forza media). .\nno

Numero dei casi

1955 1956 1957 19)8 1959 tC)(}o Jg6r 1962

9·98

1963

t964 1965

r<)66 19()7 rg68

4·97 3·65 8,98 6,29 3.98 0,33 2,32 0,66 3·3 1 5.97 6,31 14·29 58,62

19{)9

73·3°

'970 1971

IOJ,gfi

192·97

1955 AL 1971


INCIDENZA MENSILE DELLA SCABBIA

( Cas1 per 1 oo.ooo

955

1957

1959

Gennaio

1,00

0,66

o,66

1,66

Febbraio

1,66

o,66

0·33

0,33

0,33

Marzo

2,00

o.66

1 ·33

1

Apnlc

Maggio

o,66

0 .3)

o,66

1,00

0,33

Giugno

1,66

Luglio

0,33

1,00

0,33

o,66

0,33

0.33

J,(•6

0·33

1,00

2·33

0,33

Ago~Lo

Settembre

0,33

Ouobrc

2·33

·ovembre

Dicembre

1 ·33

0,33

1,00

0·33

0,33

2,00

o,66

2,00

1,66

r,66

1.33

0,33

0,33


77 TAB iiLLA N.

N ELL'EsERCITO ITALIANO DAL 1955 AL 1971.

drlla forza media)

o. n

O,JJ

0,33

•969

0>33

5·33

5·00

4·00

0,33

19/1

Media

7>33

20,33

2·53

4,66

6,33

!8,33

2,19

2,66

8,oo

4,66

15,66

2,19

3.66

S,oo

8,oo

17,00

2·37

r,oo

o,66

0·33

0,33

1,00

0,33

1,00

4·33

7·33

I r,oo

1),66

2,61

0·33

0,33

1·33

o,66

4·33

5·33

7·33

x6,oo

2,23

1,00

0,33

o,66

2,00

s,66

s,66

13.00

1,02

o,66

2·33

3,66

5·33

7,00

1,14

0·33

0 ·33

•!)68

0,.33

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.. o•.n

1!}67

o,66

0,33

0 ·33

2,00

7,66

6,33

7,66

IJ.33

2,33

0,33

o,66

2,00

o,66

8,33

s.oo

10,00

rs,66

2,84

0,33

0,33

B3

7,66

8,66

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16,oo

3·37

4·66

6,33

s,66

1),66

27,00

3,Jf

rJ

1,00


Per quanto riguarda l'andamento stagionale l'esame della tabella n. 3 e del relativo grafico (fig. n. 2) evidenzia che questa parassitosi, almeno nella collettività in esame, si manifesta come un a malattia prevalente dei mesi invernali c primaverili in ciò concordando, almeno in parte, con quanto tradizionalmente si sostiene e cioè che la scabbia si diffonde con maggior facilità d'inverno u a causa delle maggiori difficoltà di pulizia e di proprietà che si creano durante il freddo >> (Puntoni). Sulle cause che possono essere all'origine della recrudescenza di scabbia nell'Esercito non è facile avanzare ipotesi fondate.

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Fig. 2. - Andamento medio mensile della scabbia nell'Esercito italiano dal 1955 al 1971· (Casi per 100.000 della forza media).

l n·:bbbiamentc gli occasionali affollam enti di truppe nelle caserme possono compromettere le condizioni ideali di pulizia e di igiene ambientale. Ma non si vede come queste condizioni, rcalizzabili in pratica in ogni tempo, abbiano potuto determinare un aumento della morbosità soltanto dal 1963 in poi e non preceden temente allorché il livello igienico di base era da presumere senz'altro più basso. Con ogni verosi miglianza spiegazioni univoche ed incontrovertibili non possono essere formu late in quanto le cause del fenomeno giocano un ruolo diverso a seconda <lei tempo, della stagione e dei luoghi e vanno colte, più


79

che nella collettività stessa, nei rapporti che questa ha con l'intera popola~ zione. L'incidenza della scabbia nell'Esercito e la sua innocuità non sollecitano, di per sé, particolari preoccupazioni ma la diffusione della malattia, essendo spia di precarie condizioni di igiene personale ed ambientale, induce ad una vigilante sorveglianza potendo tali condizioni favorire l'insorgere di forme infettive di maggior gravità.

R IASSUNTO. - Gli AA. esaminano l'andamento della scabbia nell'Esercito italiano dal 1955 al 1971 e rilevano che, negli ultimi anni di detto periodo, la malattia ha pre· senrato, in tale collettività, un progressivo incremento.

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NOTIZIARIO

N OTIZIE MILITARI

'

Promozioni nel Corpo Sanitario Militare.

Da Colonnello a Magg. Generale Med1co 111 spe: Guarncra Mariano

Da Colonnello a Magg. Gen. Chim. Farm. 111 spe: Ruggieri Ruggcro

Da Tcn. Colonnello a Colonnello Medico in J·pe: Oi Stefano Francesco Parini Allieto

Sbarro Benedetto

Da Maggiore a Ten. Colonnello Medico in spe: Calabrò Enzo Pezzino Sebastiano Sgroi Antonino Tusei Liberato Tarquilio Aldo Salamone Gio~uè Bianchi T ommaso Pompilio Aldo Celesti Antonio

Prestigiacomo Gaetano Gurrado Angelo Raffaele Barbagallo Nicolò Casula Rinaldo Stinco Gaspare Abbruzzese Vince11zo Rubera Giuseppe Scaccianoce Ro~ari.,

Da Ten. Colonnello a Colonnello Chim. Farm. 111 spe: Alessandro Antonino

Da Maggiore a Ten. Colonnello Chim. Fam1. tn spe: Rossetù Giampiero

A tutti

neo- promossi le più vive congratulazion i del nostro Giornale-.


NECROLOGIO Magg. Gen. Medico Arghittu Prof. Cristina. Il 31 gennaio 1973 si è improvvisamente spento m Roma il Magg. Gen. Medico Prof. Don. Cristino Arghittu. Nacque in Sardegna, a Nughedu S. Nicolò (Sassari) il 24 luglio 1910. Conseguì nel 1935, presso l'Università di Sassari la laurea in Medicina c Chirurgia. T enente medico in spe nel 1939. Sperimentò le vicissitudini di una carriera densa di fatti di rilievo soprar~utto bellici, nel tormentato fronte balcanico. Conobbe il rigore della prigionia in Germania, dalla quale rientrò, se pure segnato dalla sofferenza, fervido di quell'attività scien· tifìca alla quale dedicò poi sempre il meglio di sé, a decoro dell'Istituzione cui in ogni istante aveva l'orgoglio di appartenere. Iniziò la sua attività scientifica nell'ambito dell'Igiene attraverso l'assistentato militare presso l'Università di Sassari; ne divenne un versatile cultore dandone saggio in numerose e pregevoli pubblicazioni e conseguendone la libera docenza nel 1956. In campo applicativo diresse e organizzò brillantemente il Laboratorio di ricerche clinico - biologiche dell'Ospedale Militare di Sassari. Sensibile alle voci del nuovo volse poi il suo ingegno verso la prevenzione di altre c recenti insidie alla vita dell'uomo. La profilassi dei danni dell'energia nucleare, fu l'oggetto dei suoi studi dal 1957 in poi, frequentando regolari corsi presso il CAMEN di S. Piero a Grado, di cui divenne nel ICjio, Direttore del Laboratorio di radiobiologia. Negli anni 1957-58 fu inviato presso l'Università di Montreal in Canadà per seguire i corsi di « Medicai application of radioactive isotopes ». Conseguì nel 196<> il brevetto di specializzazione in Scienze Nucleari e Consulente tecnico per la Difesa Atomica. Questa sua intensa e fervida attività scientifica svolse fino al 1966, punn•alizzandola in numerosi ed apprezzati lavori, di radiobiologia, oggetto spesso di relazioni in Congressi e Simposi nazionali cd internazionali. Nel 19(56 fu chiamato alla Direzione dell'Ospedale Militare di Roma, ovc al di là della sua competenza specialistica, ebbe modo di esprimere le più schiette doti della sua ricca personalità: rigore etico, umanità, senso di e<:Juilibrio, tratto sguisitamente signorile, profonda modestia, fermezza, amore per gli infermi. In questo periodo realizzò nell'Ospedale .del Celio, in linea con le sue preferenze culturali, un Centro di cobaltoterapia. Nel 196g assunse la Redazione del « Giornale di Medicina Militare », dando lustro alla Rivista con le scelte opportune dei lavori, con pregevoli recensioni e con la ricerca interessante di un notiziario spigolato nella stampa modica nazionale ed estera. Strinse in questo periodo rapporti con le maggiori riviste mediche internazionali, ravvivati da frequenti incontri personali in occasione di Congressi all'estero con le maggiori personalità del mondo medico. Fu in quest'opera grandemente agevolato dalla perfetta conoscenza di più lingue straniere (francese, spagnolo, inglese, serbo- croato) che gli consentl rapporti diretti ed efficaci. Maggior Generale Medico nel 1970. Tre croci al merito di guerra e l'attribuzione di quattro campagne di guerra testimoniano il suo impegno militare. La Redazione del Giornale di Medicina Militare si rende interprete del cordoglio della Sanità Militare per la perdita del Magg. Generale Medico Prof. Cristina Arghittu, che lascia un vuoto pari alla sua eletta figura di Ufficiale, di Uomo di scienza e di Medico appassionato.

L.

T RAMONTI


J

Il Magg. Gm. Med. Prof. Cristino A1·ghittu Redattore Capo del Giomale di Medicina Militare.


Ten. Col. Medico Virdis Dott. Giovanni Andrea. Il 6 gennaio 1973, in seguito ad improvviso malore, è scomparw il T en. Colonnello Medico spe Dott. Giovanni Andrea Virdis, dell'Ospedale Militare di Sassari. La morte lo ha ghermito prematuramente, spezzando una esistenza dedicata interamente al servizio ed alla famiglia . Ufficiale distintissimo, generoso, di vasta ed approfondita preparazione professionale, riscuoteva nell'ambiente militare e civile grande stima cd unanime simpatia per la delicata sensibilirà del suo animo, per il calore umano che l~pirava e caratterizzava ogni sua azione.

Nominato T enente medico ~pc il 16 novembre '954. veniva a~segnato, quale Dirigente il Servizio Sanitario, al r" rgt. art. cf a in Albenga. Nel marzo 1959 era trasferito, con lo stesw incarico, al 152" rgr. fanteria in Sassari, dove continuava a prodigar\i con encomiabile impegno nell'espletamento delle sue attribuzioni, fino al novembre 1!)62. T rasferito all'Ospedale Militare di Sassari, ha ricoperto presw quel ~osocomio, nei gradi di Capitano, Magg'ore c T enente Colonnello gli incarichi di Aiutante Maggiore, di Capo Reparto cli c~..:-a c di Rdatore, distinguendosi sempre per serietà, competenza e senso di responsab!'ità. Con la scomparsa del T cn :.:ntc Colonnello Medico Vi rd is, il Corpo Sanitario perde uno dei suoi migliori Ufficiali. Agli inconsolabili familiari. la S:mità Militare porge l'espressione del suo commosso cordoglio.

Direttore respomabile: T en. Gen. Mcd. Dr. Uco PARE:o-;TI Redattore capo: Magg. Gen. Mcd. Prof. C. ARcHITIU Autorizzazione del T ribunale di Roma al n. 944 del Registro .:::..._

_____

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1973


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MARZO • GIUGNO 1973

ANNO 123° • FASC. 2 - 3

GIORNALE DI

MEDICINA MILITARE PUBBLICAZIONE BIMESTRALE

DIREZIONE REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE VIA S . STEFANO ROTONDO , 4 • ROMA Spedizione in abb. post. - G ruppo IV


GIORNALE

DI

MEDI C I N A

MILITARE

SOMMARIO MuNTONI E.: Evoluzione di indirizzi e di metodi nel trattamento chtrurgìco delle cardiopatie valvolari acquisitt:

85

BEsA G.: Cardiochirurgia d'urgenza •

ti7

PoPPI A.: Alcuni aspetti dell'urgenza in cardiologia

124

FAvuzz• E., PANCI C.: La ranimation tic campagne.

132

Brssr A., DAINELLI C., OLMI L.: Il rrattamt:nto chirurgico t!elle ci~ù pilonidali

143

DE Lua~::Nzr V.: Sulla pericolosità delle infermità mentalt dissimulate o latenti nei militari in tempo di guerra .

161

FALCHI R., Ross1 L.: In rema di psichiatria militare - Riflessioni sull'incidenza di malattie psichiatriche sul contingente di leva del 1970 presentatosi al Distretto Militare di Firenze

Iì2

:\.LEssANDRO A., ~tll M .• RENZI G.: Dosagg•o fotometnco c cromatografia su strato sonile dt antiossidanti fenolici nei grassi alimentari

177

CI CERo L .• GIANNI V., LtGNOLA P. G .. Scorro aspetti ecologici, tossicologici c bromawlogici ittici scatolati .

Pt~tuMno V.: l i mercurio: Indagine analitica su prodotti

01

184

RECENS/OSJ DJ UBRI

204

RECENSIONI DA RIVISTE E GJOR.VAL!

207

SOMMARI DI RIVISTE MEDICO -MILITARI

213

NOTIZlAR/0: i':odzie tecnico- ~cientifiche

223

Bando di concorso per un l3voro monogrJ!ico • Confcrenzà - dibattito del Prof. G1ulio Tacco ~ul ruolo del virus herpes nei tumori dell'uomo - l..e più recenti novità scienn· fiche • Progressi della medicina nel 1972 - Scoperto un nuovo metodo di cura delle ustioni • Lo scivolamento delle vertebre o sponclilolistesi • ~c:crosì ossea nei nuotatori subacquei - Non 1roppo innocui i proiettili di gomma · Nuovo incremento dci casi di scabbia - Dinamica dell'inquinamento dell'acqua di mare - Rinnovamento delle istituzioni psichiatriche • Struttura psicofisica dei giovani c nuovi valori della vita - Corso di perfezionamento in diritto sanitario - Scuola di <pecializzaziooe in Medicina Aeronautica e Spaziale - Ciclo di riunioni psichiatriche.

Notizie militari

2 34


ANNO 123 • FASC. 2·3

MARZO·APRILE·MAGGIO-GIUGNO 1973

GIORNALE DI MEDICINA MILITARE

OSPEDALf S. GIOV A~'II 01 DIO • FlRENZF Pnm3n o chin•rgo: ProL Dr. F.. M u:-~TONI SCUOLA DI SANITÀ MILITARE DI FIRENZE Comand ante: :0.1agg. Gcn. :O.led. Dr. M. CAPPELLI

EVOLUZIONE DI INDIRIZZI E DI METODI NEL TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLE CARDIOPATIE V ALVOLARI ACQUISITE * Prof. Dr. Ennio Muntoni

Ho ancora una volta l'onore dì trovarm1 1n questa aula per dedicarmi con voi allo studio o, per essere più precisi, a una stringata rassegna delle questioni attinenti alla chirurg1a delle cardiopatie valvolarì acquisite. Il tema m i veniva suggerito non tanto dalla circostanza o dalla analog1a, di per sé banale , dell'avere svolto in questa stessa aula, due anni fa, un argomento di chirurgia vascolare, quanto dalla considerazione che parlare oggi dì chirurgia delle cardiopatie valvolari vuol dire affrontare un problema di grande attualità e di notevole delicatezza, tale - ho pensato - da poter essere accolto da giovani Medici ancora all'inizio della loro carriera professionale, come voi siete, con favore non solo, ma anche con quella apertura m entale e con quell'equilibrio critico che solo una cultura moderna c aggiornata può conferire. Io mi servirò per la mia esposizione dì una serie dì figure e dì tabelle che faciliteranno il mio compito ma serviranno anche a suscitare qualche vostra curiosità nel senso che è possibi le che voi desideriate approfondire, con grande profitto, sui libri, questioni sulle quali io dovrò sorvolare; e potrete così completare e correggere le mie inevitabili manchevolczze. La fig. 1 dimostra in modo sommario e non certo matematicamente fedele, l'incremento che, nel corso degli ultimi IO- 12 anni, hanno avuto gli • Conferenza tenuta alla Scuola di Sanir~ Militare il 14 novembre 1972.


86

~o

100 90 80

70 60

50 40 30

20 10

o 1958

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1960

1962

1964

interventi a cuore chiuso interventi a cuore aperto Fig. l.

1966

1968

1970


"

interventi a cuore aperto a svantaggio di quelli a cuore chiuso; un fenomeno che ha corrisposto alle esigenze di un più adeguato trattamento della patologia organica del cuore in genere e delle car<liopatie valvolari acquisite in particolare, di quella patologia cioè della quale qui ci occupiamo. E' importante esaminare le ragioni (fig. 2) di questa evoluzione delle tecniche cardiochirurgiche; tali ragioni si identificano nel concorso di numerose circostanze che vedete riassunte nella tavola seguente. Io mi soffermerò

RAGIONI INCREMENTO INTERVENTI A CUORE APERTO NELLA CURA CHIRURGICA DELLE VALVULOPATIE

1) Minor numero di valvulopatie recenti o di lieve entità (progresso delle cure mediche) 2) Cessata tolleranza di vizi valvolari di antica data 3) Possibilità di cure chirurgiche razionali ed efficaci (sostituti valvolari) 4) Rischio accettabile 5) Non controindicazioni per l'età 6) Recid ive o trattamento imperfetto di vizi valvolari già operati 7} Irrazionalità, incompletezza, pericoli di interventi a cuore chiuso (trombi, calcificazioni, embolie) 8) Progresso delle tecniche di circolazione extracorporea (C.E.C.) 9) Progresso anestesiologia, biochimica, farmacologia, rianima zione, terapia intensiva l 0) Maggiore fiducia dei Medici e dei Pazienti

Fig . 2.

soltanto su alcune di esse. Voi vedete, per esem pio, che appare diminuito, nell'esperienza di tutti, il numero delle valvulopatie <li lieve entità, tali cioè da poter essere trattate con un intervento a cuore chiuso; e ciò è dovuto al fatto che sono migliorati i mezzi della terapia me<lica, e molti casi di reumatismo articolare acuto - che, come sapete, è all'origine di molte gravi valvulopatie - sono stati trattati con la terapia medica tempestivamente ed efficacemente e non hanno avuto la possibilità di determinare una lesione organica irreversi bi le. Un'altra circostanza che pure vedete ricordata è che molti malati di cuore che sono stati curati per molto tempo con mezzi medici, non sono ormai utilmente trattabili allo stesso fliOdo: o perché sono intervenute complica-


88 zioni di vario tipo o perché si è verificata un'i ntolleranza della cardiopatia in rapporto a una peggiorata emodinamica. Ricordo ancora che, in pratica, non poniamo più controindicazioni in rapporto all'età dei nostri malati per la constatazione che anche un individuo in età avanzata è in grado di tollerare un intervento a cuore aperto. Vi basti riflettere, a questo proposito, che proprio persone anziane soffrono di malattie coronariche e che proprio per questi casi si debbono eseguire gli interventi di by- pass aorto-coronarico aventi lo scopo di m igliorare la vascolarizzazione del miocardio. Altra circostanza è rappresentata dalla comune constatazione che gli interventi a cuore chiuso nel trattamento di molti casi di valvulopatie acquisi te, risultano spesso irrazionali , incompleti cd anche pericolosi. Come voi capite, un intervento a cuore chiuso, per quanto bene eseguito, è un procedimento che si effettua senza il controllo della vista, senza che si possa cioè adattare perfettamente la tecnica alla particolare anatomia della lesione e senza che si possa valutare con esattezza il risultato delle manovre compiute. La tabell a vi ricorda poi due importantissimi fattori che hanno contribuito alla diffusione degli interventi a cuore aperto: il progresso delle tecniche di circolazione extracorporea, sulle quali torneremo tra poco, e il progresso soprattutto dell'anestesiologia, della biochimica, della farm acologia, della rianimazione e della terapia intensiva. Nulla di quanto Io stesso mio gruppo chirurgico ha fatto sarebbe stato possibile se non avessimo potuto avvantaggiarci di questi progressi; c desidero aggiungere - per il piacere che mi procura la sua presenza tra noi - senza la straordinaria abilità e l'autentica genialità del mio caro e antico collaboratore Prof. Salvini, primario dei nostri servizi di anestesiologia. I progressi tecnici infatti sono certamente importanti, ma non bisogna dimenticare che il loro valore deriva, alla fine, dall 'impegno c dall'abilità di coloro che ne dispongono. Nella successiva fig. 3 vi presento un breve codice, se così si può definirlo, delle indicazioni generiche alla cura chi rurgica delle cardiopatie valvolari acquisite: indicazioni che dipendono ovviamente da molti fattori. Fra questi uno dci più importanti è il grado di invalidità valutato secondo quella classificazione della N.Y.H.A. che è seguita in tutto il mondo e che, al limite del IV grado, finisce per coi ncidere con la constatazione dell 'inefficacia della terapia medica c della completa incapacità funzionale. La terapia medica infatti non può non avere dei limiti ben prevedibili in base alla doverosa conoscenza della storia n aturale della malattia. Tutte le malattie hanno, come voi sapete bene, una loro propria storia naturale. Del pari un difetto valvolare, per la sua condizione di lesione organica irreversibile, non può che evolvere in un determinato senso; a differenza, per esempio, di una patologia coronarica puramente funzionale per la quale si può pensare che possa, se il malato è disciplinato e ben curato, regredire fino al punto da potersi considerare guarita o definitivamente stabilizzata.


INDICAZIONI ALLA CURA CHIRURGICA DELLE VALVULOPATIE ACQUISITE

Grado di invalidità {classe funzionale N.Y. H.A.) lnefficacia della terapia medica Conoscenza della storia naturale della malattia Evoluzione del caso particolare Vizi valvolari combinati Endocarditi settiche Insufficienza valvolare acuta {ulcerazione, necrosi infartuale) Indagini poligrafiche e radiologiche Indagin i strumentali cuore destro cuore sinistro {via aortica, atriale sin., ventricolare sin.)

Fig. 3 .

Vi sono poi indicazioni che, via via che l'esperienza è aum entata, sono apparse valide soltanto in epoca più recente: per esempio le endocarditi settiche. Voi sapete quanti giovani arrivavano a morte per endocarditi settiche ancora 15- 20 anni orsono; io lo ricordo perfettamente e voi ne avete sicuramente nozione dai testi scolastici. Prima dell'era antibiotica queste endocarditi settiche avevano il comportamento di autentiche setticemie ed erano a evoluzione q uasì invariabilmente mortale. Ricordo ancora le insufficienze valvolari acute che, proprie delle endocarditi settiche a evoluzione ulcerativa, possono essere una diretta e pn:coce conseguenza. Insufficienze valvolari acute possono inoltre conseguire - ne abbiamo veduto un esempio recentissimo - a infarti settali capaci di determinare una necrosi a carico del setto interventricolare con comparsa dì una tipica sintomatologia acuta da ampia comunicazione tra i due ventrìcoli; ovvero la necrosi di un muscolo papillare e delle corde tendinee con insufficienza acuta appunto dell'apparato valvolare corrispondente. Si dà poi il caso di vizi valvolari doppi o combinati che !ungi dal rappresentare un motivo di controindicazione all'intervento accentuano invece l'indicazione all'intervento chirurgico per la sfavorevole influenza reciproca di due difetti coesistenti. L'indicazione chirurgica deriva poi (e sorvolo qui sulle particolari caratteristiche e tecniche di questi esami) dall'insieme di tutte le indagini strumentali, emodinamiche e radiologiche.


Mi limito a ricordare che al cuore sinistro si può giungere per la via dell'aorta, dell'atrio sinistro, del ventricolo sinistro. Quest'ultima tecnica è stata soprattutto da noi caldeggiata in Italia in quanto essa è capace di fornire ad un tempo una grande quantità di preziosi clementi diagnostici, potendosi documentare un'insufficienza mitralica laddove essa sia dubbia, la dimostrazione di un difetto interventricolare, la misura del gradiente ventricoloaortico nei casi di patologia della valvola aortica, elemento determinante, quest'ultimo, per la decisione chirurgica. Né si possono trascurare, nel porre l'indicazione all'intervento, taluni fattori inerenti alla psicologia del malato e altri inerenti alle sue condizioni sociali, ambientali, temperamentali. Vi sono cioè individui rinunciatari e rassegnati e altri invece lucidi, coraggiosi, intolleranti della loro infermità; e anche di queste caratteristiche della personalità del malato non si può non tenere conto. Deriva da quanto vi ho detto finora, illustrandovi solo qualche punto di quelli che figurano nella tabella, che gli interventi a cuore chiuso vanno diventando sempre più rari e riguardano ormai una casistica piuttosto ristretta e limitata alle non frequenti stenosi mitraliche iniziali (delle quali è spesso possibile ottenere una buona correzione a cuore chiuso), ai bendaggi dell'arteria polmonarc per la terapia palliativa di talune ipertensioni polmonari dell'infanzia, come in casi di difetti settali, ai dotti di Botallo non complicati (ché se tali conviene eseguire in CEC), alla creazione di difetti interatriali quale terapia palliativa, nella prima infanzia, della trasposizione dei grossi vas1, ecc. Pertanto, quando si parla di chirurgia ·delle cardiopatie valvolari acquisite, ci si riferisce ad una chirurgia che è, per antonomasia, una chirurgia a cuore aperto; finanche nel semo che, ove si sia programmato un intervento a cuore chiuso e si constati che tale tecnica non è adeguata all'entità delle lesioni che l'esplorazione chirurgica fa constatare, è doveroso poter disporre dell'organizzazione e dei mezzi tecnici idonei per proseguire l'intervento a cuore aperto. Ecco dunque l'opportunità che io vi presenti nella successiva tabella alcuni appunti sulle caratteristiche e sull'evoluzione della tecnica della circolazione extracorporea che è la metodica di base del trattamento chirurgico delle valvulopatie (fig. 4). Voi vedete dapprima elencati vari tipi di pompe in associazioni più o meno complesse come quella rappresentata dalla fotografia della macchina attualmente impiegata dal nostro gruppo chirurgico. Altrettanto si può dire degli ossigenatori a proposito dei quali vi ricorderò che i più moderni dovrebbero essere considerati quelli a membrana che sono tuttavia ancora in fase di studio e di prova. Il pregio degli ossigenatori di quest'ultimo tipo consiste nel fatto che essi tendono a imitare la funzione dell'alveolo polmonare capace di realizzare lo scambio di acido carbonico da un lato e di ossi-


9' DISPOSITIVI , EVOLUZIONE E METODI DELLA C.E.C.

'

POMPE (a rullo, digitali, di tipo ventricolare) OSSIGENATORI (a bolle, a disco, a membrana) CIRCUITI (C.E.C. totale, by - pass parziale e distrettuale) PERFUSIONE CORONARICA (vantaggi, svantaggi) IPOTERMIA \ Loca le 1 Generale

1 Moderata

1 Profonda (con arrest o circolatorio) NORMOTERMIA ARRESTO CARDIACO (farmacologico; elettrico; anossico) EMODILU IZION E DURATA DELLA C.E.C. PROCEDURA PERSONALE DI ELEZ ION E (arresto anossico, emediluizione spin ta, normotermia)

Fig. 4 .

geno dalraltro attraverso, appunto, una membrana dotata di particolari caratteristiche. _ Un'altra questione che desidero segnalarvi riguarda l'ipotermia. Voi sapete che in condizioni di ipotermia il bisogno di ossigeno di tutti i tessuti diminuisce. Questa nozione è particolarmente interessante per i due parenchimi che maggiormente ci interessano, l'encefalo da una parte, il miocardio dall'altra, e dei parenclùmi nobili in genere, tutti importanti ssimi nell'economia della CEC. D i qui il vantaggio di realizzare una diminuzione della temperatura dei tessuti quale si può ottenere, per esempio, raffreddando direttamente il corpo del mal ato o, per una i potermia selettiva, il cuore, con frammenti di gh iaccio, eventualmente contenuto in speciali borse che proprio da poco stanno entrando nell' uso; oppure con un sistema più diffuso, raffreddando· il sangue che si immette nell a linea arteriosa della macchina c quindi nelle arterie del malato, dopo essere stato ossigenato. Importante è differenziare i due gradi di ipotermia: moderata e profonda. Per ipotermia moderata si intende una temperatura portata sui 30oC circa; essa presenta qualche inconveniente nel senso che rende più facile la fibrillazione ventricolarc. Ma questo non è un grande svantaggio in corso di CEC dato che la fibrillazione è essa stessa una condizione che si provoca ad arte in talune procedure, e dato che si può comunque correggerla faci lmente, alla fine dell'intervento, con la defibrillazione elettrica.


Desidero poi ricordarvi che l'ipotermia profonda della quale noi facemmo esperienza né breve né favorevole ro- r2 anni fa operando piccoli bambini, e che era stata pressoché abbandonata, sta ora ritornando di moda. Con questo metodo ci era possibile diminuire notevolmente la temperatura corporea dei piccoli pazienti ed effettuare la procedura intracardiaca in arresto circolatorio completo. O che la metodologia d'allora fosse ancora imperfetta, o che i piccoli bambini, per lo più gravi e fortemente cianotici, fossero particolarmente sensibili a taluni inconvenienti del metodo, sta di fatto che noi abbandonammo l'ipotermia profonda, per non più riprendcrla, dopo aver constatato che vi era una notevole incidenza di trombosi cerebrali e comunque di danni nervosi irreversibili, verosimilmente per un fenomeno di agglutinazione delle piastrine o dei globuli rossi. Negli ultimi tempi la tecnica dell'ipotermia profonda deve ritenersi molto progredita se essa è stata ripresa, soprattutto da cardiochirurgi australiani, e applicata, oltre che nei piccoli bambini, anche negli interventi di by- pass aorto-coronarici. Esistono dunque vari modi di procedere per gli interventi a cuore aperto: a temperatura normale o in ipotermia, in arresto cardiaco o a cuore battente, alimentando la macchina con sangue intero ovvero diluito in vario modo, ovvero anche con sola soluzione fisiologica. Molto importante è la durata della CEC in quanto i pericoli della procedura aumentano in rapporto diretto con il tempo per il quale essa si protrae. Le ragioni sono numerose: perdite proteiche del sangue circolante, traumatizzazione dci globuli rossi, influenza delle incompatibilità biologiche che possono verificarsi anche impiegando sangue che si ha ragione di ritenere perfettamente omologo con quello del malato (cosiddetta sindrome da sangue omologo). Per tutte queste considerazioni, noi ora abbiamo sistematizzato una tecnica che ci sembra la più semplice e meno pericolosa e che si fonda sull'impiego dell'emodiluizione totale, con esclusione quindi, nella generalità dci casi, di sangue che non sia quello stesso del malato, e dell'arresto cardiaco anossico mediante clampaggio dell'aorta. Naturalmente una tecnica del genere presenta dei vantaggi ma anche dei limiti. Essa esige, ad esempio, che la procedura chirurgica sia piuttosto rapida; ciò è d'altra parte possibile perché si è facilitati dal fatto che le cavità cardiache restano completamente esangui, le lesioni valvolari risaltano in tutta la loro evidenza e possono essere asportate o corrette sotto perfetto controllo della vista. Noi abbiamo impiegato con soddisfazione questa tecnica in molte centinaia di casi, riservando l'uso della perfusione coronarica solo ai malati con avanzate alterazioni del miocardio o che necessitavano di sostituzioni plurivalvolari lunghe e difficili. Passiamo ora ad esaminare i metodi correttivi delle cardiopatie valvalari acqtùsite che distinguiamo in conservativi c sostitutivi (fig. 5). I metodi conservativi appaiono preferibili, laddove ~ono applicabili, non solo per


~3

rispetto del principio in forza del quale appare vantaggioso restituire un'efficienza funzionale alla valvola malata, piuttosto che sostituirla con materiali estranei, ma anche in ragione di talune perplessità che i mezzi sostitutivi, per quanto progrediti, non hanno completamente eliminato. Una correzione della lesione valvolare è spesso applicabile laddove i lembi abbiano conservato la loro flessibilità, e l'insufficienza, ad esempio, sia dovuta essenzialmente ad una dilatazione dell'anello valvolare. Questo indirizzo è però valido per la valvola mitrale e, fino ad un certo limite, per la

METODI CORRETTIVI DELLE CARDIOPATIE VALVOLARI ACQUISITE

A ) CONSERVATIVI Commissurotomia (separazione corde tendinee) Asportazione di lesioni fibrocalcifiche? Cicatrici? Riparazione e rifacimento dei lembi valvolari Annuloplastiche

l

B) SOSTITUZION I MONO O PLURI - VALVOLARI con protesi artificiali - con valvole o tessuti biologici - con bioprotesi DETERMINANTI NELLA SCELTA l DATI RISULTANTI DALLA ESPLORAZIONE CHIRURGICA

Fig. 5 .

valvola tricuspidale; non è valido invece per la tricuspide aortica nella quale gli interventi conservativi, tranne in rarissimi casi, forni scono cattivi risultati. Trattamento conservativo è anche quello che è possibile effettuare, molto esattamente, in un numero notevole di stenosi mitraliche pure nelle quali, per l'una o per l'altra ragione, si sia già deciso di procedere all'intervento a cuore aperto. In una maggioranza dci casi però le lesioni valvolari sono tali che nessun risultato soddisfacente ci si potrebbe attendere dall'ostinarsi nel voler praticare una operazione conservativa. In questi casi la valvola deve essere sostituita con i metodi dei quali tra poco parleremo. Una nozione molto importante è che soltanto a cuore aperto, solo dopo aver direttamente controllato l'entità delle lesioni delle quali la valvola è


94 sede, è possibile stabilire se la valvola stessa sia ancora suscettibile di una riparazione o debba invece essere sostituita. Una decisione errata in questa delicata e definitiva fase di programmazione dell'intervento può essere causa ài insuccesso anche nell'immediato decorso postoperatorio o di un risultato non soddisfacente a breve o a più lungo termine. Vi mostrerò nelle seguenti figure (5 a, b, c, d, e) una serie di valvole aortiche e mitraliche asportate e poi sostituite, così che vi sia facile rendervi conto di quali e quante varietà ài lesioni possano rendere assolutamente impraticabile un intervento conservativo di riparazione dell'apparato val volare. Voi vedete esemplari di endocarditi post- traumatiche e settiche di vario tipo in diverse varianti, che hanno una evoluzione fibrosclerotica o ulcerosa o verrucosa o con lesioni diversamente combinate. Talora si coglie l'endocardite ancora in fase attiva e anche in questi casi la sostituzione valvolare è rigorosamente indicata. Nelle figure -potete anche rendervi conto della frequenza con la quale anche i muscoli papillari e le corde tendinee siano sede ·d i alterazioni che contribuiscono a compromettere l'emodinamica. Ancora vi è possibile rilevare le ragioni per le quali, praticando un intervento a cuore chiuso, il chirurgo si trovi nell'impossibilità di valutare con precisione la patologia valvolare; c ancora del perché, in un notevole numero di casi, per la presenza di trombi che si appongono sui lembi va1volari malati o aderiscono lassamentc alle pareti atriali, l'intervento a cuore chiuso possa determinare un'embolia mortale o tale comunque da compromettere definitivamente la sorte àel malato. Voi vedete infine, dall'esame delle strutture che figurano sui pezzi operatori, come deve essere eseguita l'asportazione dell'apparato valvolare aortico o mitralico; asportazione che, di solito comprende anche le corde tendinee e l'apice dei muscoli papillari. Alcune figure vi dimostrano in modo chiarissimo l'imponenza dei fenomeni trombotici che si possono riscontrare aprendo l'atrio sinistro, in caso di stenosi mitralica avanzata. Si tratta di trombi che in molti casi, in assenza ad esempio di prece<l.enti anamnestici di embolie o in assenza di fibrillazione, non sono neppure sospettabili e costituiscono una pericolosa sorpresa operatoria (fig. 5 f). Vi presento ora una serie di valvole artificiali (figg. 6 e 7) che rappresentano altrettante tappe nel corso ·del perfezionamento di questi delicati meccanismi -destinati a sostituire le valvole umane: dalla prima di Hufnagel ideata per la correzione della insufficienza aortica e che veniva sistemata nell'aorta ascendente o discendente, a tutta una serie di valvole che rappresentano altrettante generazioni intermedie, fino a quelle che hanno trovato maggior impiego in questi ultimi anni come la valvola di Starr e di SmeloffCutter, quella di Kay- Shiley e di Beall e infine quella di Bjork- Shiley. Gli ultimi tipi di valvole sono ricoperte di un velo di Teflon destinato a facilitare l'applicazione .dei punti che fissano la protesi all'anello valvolare, a ovviare agli inconvenienti dei «fenomeni di superficie>> provocati dal


Fig. 5/a.

Fig. 5/b

Fig. 5/c.

Fig.

Fig. 5/e.

Fig. 5/f.

5/d.



95

Fig. 6.

Fig. 7 .


contatto tra lo scheletro protesico, fatto di tantalio, e il sangue circolante, e a far da supporto per il rivestimento endoteliale proveniente dall'endocardio. Essi inoltre presentano variazioni nel loro disegno costruttivo corrispondenti alle esigenze di ottenerne un più sicuro funzionamento, una più lunga durata (che pure, per tutte le valvole, è largamente garantita da prove di laboratorio che le sottopongono a un lavoro pari a quello di moltissimi anni di prestazioni nell'interno del cuore); e alle esigenze inoltre di ridurre l'inconveniente comune, in maggior o minor misura, a quasi tutti i modelli valvolari, e che consiste nella presenza di un ostacolo al flusso sanguigno, in corrispondenza dell'orifizio valvolare, rappresentato dalla pallina o dal disco destinati a impedire il reflusso. Risolve in notevole parte questo problema la valvola di Bjork- Shiley che ha un particolare disegno e, come vedete, caratteristiche funzionali che la differenziano in modo assai sensibile da tutte le altre. Occorre tener presente che un ostacolo al flusso del sangue nel canale artificiale atno- ventricolare determina un incompleto o un più difficile svuotamento dalla cavità a monte a quella a valle, specie a livello atrioventricolare, e facilita anche la formazione di vortici sottovalvolari : un rallentamento e una turbativa quindi della corrente ematica che, a parte le conseguenze emodinamiche, è circostanza favorevole per la formazione di trombi e di conseguenti emboli. Non mi soHermo a parlarvi di valvole artificiali più complesse, come quelle che si occludono con battenti incernierati ad es., ideate per ottenere un funzionamento il più possibile perfetto ma che, a causa della stessa complessità m eccanica che la ricerca di perfezione rendeva necessaria, hanno fornito risultati che sono stati tra i P.ÌÙ sfavorevoli che si siano registrati. Perfezionamento molto tltile è stato invece quello di costruire alcuni componenti della protesi con materiali di silicone o di carbonio trattato atomi<:amente, come la pirolite, aventi proprietà antitrombogeniche. Le seguenti figure vi illustrano meglio delle mie parole il metodo di applicazione delle valvole artificiali nelle varie sedi valvolari e contemporaneamente in varie sedi (fig. 7 a, b, c). Poiché le valvole artificiali del tipo di quelle che vi ho testé illustrate sono quelle delle quali si è fatto più largo impiego nell'ultimo decennio (per una cifra globalmente valutabile a 12- 15 mila casi), vale la pena di soffermarci sui risultati che con esse si sono ottenuti. La casistica che vi dimostro (fig. 8) e che si riferisce ai risultati immediati operatori delle sostituzioni valvolari con protesi artificiali può essere ritenuta molto istruttiva perché non appartiene ad un unico chirurgo ma ad un gruppo di chirurgi statunitensi molto numeroso, e si riferisce a un totale di 3433 casi. Nei numeri che indicano i successi e gli insuccessi voi potete leggere quindi la risultante composita di vari metodi, di varie scuole, di diverse abilità di operatori, di differenti organizzazioni aneste-


Fig . 7/a.

Fig . 7/b.

Fig . 7/c.



97 siologiche, di rianimazione e di terapia intensiva. In una casistica del genere cioè l'abilità e la maggior esperienza di alcuni può considerarsi compensatoria della minor fortuna di altri chirurgi, così che i dati medi possono considerarsi più espressivi c realistici di quelli relativi a un singolo chirurgo.

OPERATIVE MORTALITY IN 27 REPORTS OF VALVE REPLACEMENT --Procedure

Aortic Mitra l T ricuspid Multiple Total .

----

No. of patients

Deaths

c-o

1,704 1,444 18 267

268 280 5 85

15 .8 19.4 27 .8 31.8

3,433

638

18.5

Fig. 8.

Mi limito a segnalarvi la particolare gravità - che si legge attraverso le cifre di mortalità - della sostituzione tricuspidale sia che la si consideri isolatamente, sia, in misura ancora maggiore, quando la sostituzione della tricuspide abbia dovuto essere effettuata contemporaneamente a quella di altre valvole. Analogamente è interessante notare come la chirurgia sostitutiva della mitrale sia più pesante di quella aortica. Di grande interesse è poi l'esame dei r isultati controllati dopo 4- 5 anni dalle sostituzioni valvolari (fig. 9). Interessante è il rilievo della migliore sopravvivenza degli operati di sostituzione aortica in confronto agli operati mitralici ; le sostituzioni tricuspidali ripetono anche qui il loro comportamento sfavorevole. La mortalità risulta poi maggiore, anche a distanza di anni, negli operati di sostituzioni multiple; ma ciò si comprende facilmente ponen do mente al fatto che i malati che hanno dovuto essere sottoposti a interven ti così complessi, già si trovavano in condizioni m iocardiche scadenti e queste condizi?ni sono andate deteriorandosi ulteriormente con il trascorrere degl i anm. La tabella successiva (fig. 10) è istruttiva perché paragona il rischio operatorio valutato dal cardiologo e la mortalità che si è effettivamente verificata. E' necessario che io vi precisi che non si tratta, in questo caso, di cardiologi


TOTAL MORTALITY IN 27 REPORTS OF VAL VE REPLACEMENT

Procedure

Aortic Mitra l Tricuspid Multiple Total .

No. of patients

Deaths

%

1,704 1,444 18 267

449 425 7 125

26.4 29.4 38.9 46.8

3,433

1,006

29.2

Fig. 9.

CONFRONTO TRA IL RISCHIO VALUTATO DAL CARDIOLOGO E LA MORTALITA' POSTOPERATORIA (su 477 malati comparabili di una casistica cumulativa di 1473 puienti ) Rischio

N. paz.

Decessi

Morta lità %

Medio Superiore al medio Elevato

261 165 51

36 49 25

14 30 49

Fig . 10.

qualunque (dato che cardiologi siffatti vi avrebbero forse fornito prev1s1oni più pessimistiche e destinate ad essere smentite ·dai risultati); ma di specialisti educati in modo .diverso da quello che è da noi tradizionale, in quanto adusi a vivere gli stessi problemi e la stessa esperienza del gruppo cardiochirurgico. I dati che vi presento sono qwndi validi per un ambiente culturalmente e professionalmente progredito, e non sono applicabili invece ad altri nei quali cardiologo e chirurgo operano purtroppo in modo autonomo, l'uno ignorando i problemi dell'altro. E come voi potete vedere, la prognosi


99 di cardiologi come sopra li abbiamo configurati, corrisponde in modo abbastanza fedele alla realtà dei risultati. La tabella seguente (fig. r 1) è una elencazione delle ragioni di insuccesso delle sostituzioni valvolari con protesi artificiali. Su molte di esse non mi

FATTORI INFLUENTI SUl RISULTATI DELLE SOSTITUZIONI VALVOLARI CON PROTESI ARTIFICIALI TECNI CA DI APPLICAZIONE C.E.e. (anossia parenchimi, embolia gassosa, sindrome da sangue omologo, fibrinolisi) Lesione apparati valvolari contigui Errori più grossolani di tecnica Lesioni del miocardio (infarto, aneurisma, aritmie) Distacco de lla protes i (insufficienza, emolisi) STRUTTURA E DISEGNO DELLA PROTESI Ingombro ventricolare Blocco parte mobile, rottura, erosione, aumento di volume FUNZIONE DELLA PROTESI Congruità (sindrome da bassa gittata) Prestazioni emodinamiche Turbolenza FENOMENI DI SUPERFICIE Trombosi grossolana con blocco della protesi Tromboembolie (an ticoagulanti) Corretto impiego anticoagulanti VI Z I VA LVOLARI M ULTIPL I SEDE VAL VOLARE mitrale, aorta, tricuspide CONDIZIONI PREOPERATORIE classe funzionale miocardio a ltri parenchimi (polmone, fegato, rene) ENDOCARDITE RECIDIVA REUMATICA EMOLISI MORTE IMPROVVISA DI CAUSA IMPRECISABILE

Fig . 11.


l 00

soffermo perché di ovvia importanza: vi figurano errori di tecnica che l'onestà del chirurgo ha il dovere morale di fedelmente registrare; non vi figurano ma vi sono intuibili difetti di abilità, di una esperienza che per tutti è andata maturando solo con il passare degli anni, carenze tecniche a vario livello per le quali è facile pensare che siano andate correggendosi con il passare del tempo; la mortalità imputabile a questi fattori è certamente e totalmente eliminabile. Diversamente si pone il problema quando si passi a considerare un insieme di elementi la cui importanza isolata è difficilmente distinguibile in quanto tutti concorrenti al verificarsi di sfavorevoli circostanze biologiche e meccaniche: si tratta della struttura e del disegno della protesi, dei fenomeni di superficie, delle caratteristiche stesse del sangue circolante legate alla biologia o al « momento » biologico del singolo individuo: al verificarsi, essenzialmente, di quella pericolosa e invisibile complicazione, ti piea delle protesi artificiali, che è la formazione di trombi a livello valvolare. E' per la prevenzione di questo sfavorevole fenomeno infatti che gli operati di sostituzione valvolare artificiale devono essere mantenuti sotto terapia anticoagulante: un trattamento né agevole, né comodo e neppure del tutto sicuro. Si può dire a questo proposito che proprio l'incombente minaccia di un'embolia più o meno grave rappresenta l'aspetto più ingrato e la grande, oscura, incontrollabile minaccia delle protesi artificiali, tanto da costituire il più forte argomento per coloro che - nonostante l'ineluttabile necessità di farvi ricorso - ne avversano l'impiego. L'emolisi che può verificarsi in rapporto ad una protesi artificiale è invece una evenienza che non ha grande valore pratico essendo spesso più propriamente imputabile a distacco di punti di applicazione della protesi e di raro riscontro quando la protesi funziona in modo adeguato. Non bisogna dimenticare, come concetto fondamentale, che alla base di tutti gli insuccessi che si lamentano nell'impiego delle protesi artificiali, stanno i fenomeni di superficie, i fenomeni cioè, taluni prevedibili, altri del tutto oscuri, che si verificano per il contatto tra il materiale artificiale e il sangue che è, invece, una struttura biologica delicatissima. Per le ragioni che ho finora molto fugacemente ricordato, la chirurgia delle sostituzioni valvolari - che è chirurgia di questi ultimi Io anni. è stata caratterizzata dall'affannosa ricerca, da parte dei vari chirurgi, della valvola «migl iore », della valvola cioè che insieme con il massimo vantaggio funzionale e di semplice applicabilità, desse luogo al minor numero di inconvenienti. Vi presento qui, a titolo di esempio, una rapida sintesi esemplificativa della nostra esperienza con le valvole a basso profilo o a disco, del tipo Kay- Shiley e Beall, delle quali prima vi ho illustrato le caratteristiche strutturali e funzionali. Si tratta di una serie di 138 casi di vizio mitralico


IO!

isolato, non selezionati, operati con la tecnica di base uniforme che vi ho prima descritto: una casistica valida quindi perché gli clementi variabili vi sono ridotti al minimo (fig. 12). Dalla tabella voi potete rilevare l'importanza che la gravità, quale è espressa dalla classe funzionale nella quale il malato viene operato, influisce sui risultati immediati variando dall'n o, della IV classe a solo il solo della III classe. I maJati appartenenti alla l c alla II classe non sono quasi mai candidati a una sostituzione valvolare. Interessante anche vedere come l'incidente più temibile che può seguire alla applicazione di valvole di questo tipo sia, anche nella nostra casistica, l'embolia; e ancora, le ragioni per le quali ci è sembrato di riconoscere in quel la di Beall la protesi a basso profilo più soddisfacente dal punto di vista dell'incidente embolico: tanto più che - debbo prccisarvi - noi non abbiamo mai effettuato il trattamento anticoagulante dopo l'applicazione di questa valvola. Le embolie, quasi mai gravi, si sono verificate nel 6- 7% dei casi; e talvolta varie circostanze ci hanno indotto a pensare che non di vere embolie si sia trattato ma di fugaci fe nomeni spastici delle arterie dell'encefalo interpretabili come conseguenza di fenomeni discreti di anossia cerebrale sofferti nel corso della CEC. Ma se la valvola di Beali ha potuto apparirci soddisfacente per le scarse complicazioni emboliche alle quali ha dato luogo, non ci è apparsa, viceversa , completamente accettabile dal punto di vista della prestazione emodinamica. Infatti, in un gruppo di casi nei quali, a distanza di tempo dall'intervento, abbiamo controllato il regime pressorio atriale sinistro e ventricolare e il gradiente tra le due cavità abbiamo rilevato che nell'atrio esiste una pressione residua, pressione che, già a distanza di qualche mese, eguaglia ancora o supera quella constatata subito dopo l'applicazione della valvola al tavolo operatorio. Questo significa, in definitiva, che attraverso la valvola esiste un ostacolo più o meno importante ma permanente che non può non infirmare la bontà della prestazione della valvola stessa. Abbiamo una esperienza per ora limitata della valvola di Bjork- Shiley in sede mitralica; ma la nostra impressione è che il gradiente atrio- ventricolare residuo sia, con questa valvola, sensibilmente minore: che l'impiego di questa valvola c;oè sia emodinamicamente più vantaggioso. Fu soprattutto questo studio emodinamico sugli operati di sostituzione valvolare mitralica e il rilievo di questa importante carenza funzionale della protesi che ci indirizzò verso la ricerca di una valvola migliore, ideata seçondo concetti più rispettosi di tal uni fondamenta! i dogmi biologici: onde rivolgemmo la nostra attenzione, prima nell 'esperimento, e poi nella pratica clinica, alle valvole costruite con tessuti biologici vive n ti. Vorrei introdurvi quest'altro interessantissimo aspetto della chirurgia delle sostituzioni valvolari illustrando brevemente il sommario riportato nella seguente tavola (fig. 1 3) che abbraccia il vasto capitolo - degno di una ben più lunga ed esauriente trattazione - dell'impiego dei tessuti biologici nelle sostituzioni

2.

M.


.....

Operati Classe funzionale

K-S e C-B

Mortalità immedia ta

Beali

K-S e C-B (%)

:

l Il Classe . . . .

8

6

o

Mortali tà tard1va

"'

-

l

Beali( % )

Beali( % )

K-S e C-B ( % )

·- -- -

l

-

-

l (= 12,5%)

-

l

Ili Cl asse . . . .

21

34

2(=

%)

7 (= 33,3%)

5 (= 17,7 %)

IV Classe . . . .

19

50

3 (= 16 % )

7 (= 14 % )

6 (= 31,6%)

11 (= 22

48

90

7 (= 14,5%)

10 (= 11,1%)

13 (= 27

16 (= 17,7%)

9,5%)

3 (=

9

%)

l Totale . . .

%)

l

l Fig. 12.


SOSTITUZIONI VALVOLARI CON TESSUTI BIOLOGICI (nella Clinica e ne ll'Espe rime nto)

CARATTER ISTICHE GENETICHE A) Autologo : donatore - ricevente B) lsogenico: trapianto fra individui con identica istocompattbilità antigenica C) Allogenico : trapianto tra individui dissimili della stessa specie D) Xenogenico: trapianto tra individui di specie diversa PROVE N lENZA DEL TESSUTO VAL VOLARE A) Trasposizione valvolare polmonare, pericardio, fascia lata, peritoneo, pareti vasali, tessuti neoformati modellati autologhi, dura madre B) Impossibilità pratica di appl icazioni cliniche (?) C) T ricuspide aortica umana D) Valvola aortica di maiale, vitello, pecora, agnello E) Bioprotesi MODO DI IMPIEGO 1) Fresch i (solo autologht) liberi (ricostruzioni lembi valvolari, corde tendinee) montati su appositi supporti (tri -bi- meno - cuspidi) 2) Sterilizzati sali mercuriali betapropriolactone ossido di etilene formaldeide g luteraldeide irradiazione 3) Devitalizzati (~ena turaztone proteica, eliminazione cellule, riduzione potere antigenico) 4) Conservati basse temperature ( - 80°C) liofilizzazione formaldeide g luteraldeide

Fig . 13.


valvolari. Voi vedete ricordata nella tavola, innanzitutto, la terminologia p;ù moderna comune ai trapianti in genere dei tessuti biologici; trapianto isogenico, allogenico, xerogenico, a seconda della provenienza del tessuto che viene trapiantato e dell'ospite che lo riceve. Un esempio singolare - !im itandoci al campo delle sostituzioni valvolari - è il trapianto isogenico della valvola polmonare in sede aortica secondo una metodica applicata abilmente e con successo da Donald N. Ross del National Heart Institute di Londra , muovendo dal concetto che la valvola polmonare è certamente meno importante di quella aortica e che può quindi essere impiegata per la sostituzione della valvola aortica. La valvola polmonare traslata nell'aorta veniva a sua volta sostituita, in una prima fase con una valvola isogenica di fascia lata fresca, e successivamente con un trapianto allogenico rappresentato da una tricuspide aortica prelevata dal cadavere, sterilizzata e conservata in modo opportuno. Tranne che in una sede e con una metodica del genere, trapianti valvalari isogenici non sono altrimenti concepibili nell'uomo essendo le valvole cardiache, a differenza del rene - asportabile a un gemello monocoria1e -, non utilizzabili, pena la vita del donatore. Dei trapianti allogenici mi limito a ricordarvi l'impiego, sufficientemente sperimentato, ma non molto diffuso, di tricuspidi aortiche umane conservate. Dei trapianti xerogenici, quelli più usati sono le valvole tricuspidi di maiale che sotto il nome di valvola di Hanckok ha avuto una certa diffusione e della quale, in Italia, ha una notevole e favorevole esperienza il Prof. Cevese di Padova. Anche con questo tipo di valvola, così come con le protesi artificiali, si ha il vantaggio di poter disporre ·di un assortimento di misure e di una scelta adatta al singolo individuo, al momento del bisogno. Sono state poi costruite valvole biologiche con altri tessuti quali il pericardio, il peritoneo, le pareti vasali, tessuti neoformati (modellati su adatti stampi valvolari) dallo stesso individuo, ecc.; si tratta però & iniziative che sono rimaste quasi sempre confinate nel campo sperimenta~e o utilizzate per parziali riparazioni degli apparati valvolari. Del tutto recente è l'impiego della dura madre opportunamente trattata da parte di Zerbini. Le valvole biologiche delle quali abbiamo finora parlato sono state conservate in vari liquidi; tra questi , il più conveniente per il mantenimento della sterilità e la preservazione dell'integrità valvolare sembra essere la gl uteraldeide. Un cenno meritano le bioprotesi che rappresentano qualcosa di diverso sia dai tessuti freschi e v·itali, nel qual caso si fa assegnamento sulla vitalità appunto del tessuto quando non, addirittura, sulla capacità di riprodursi delle cellule ·del tessuto della valvola che si trapianta; e qualcosa di diverso da una protesi in senso stretto. Si è pensato cioè, da parte di chirurgi e ricercatori francesi, che con le bioprotesi si sarebbe potuto ottenere l'obiettivo


di eliminare la antigenicità dd trapianto eliminandovi la componente cellulare e di conservarne nel contempo, inalterata, l'integrità c la resistenza stromale in misura indefinita. Il procedimento con il quale ~i ottiene una bioprotesi è notevolmente complesso. Volendone riassumere i tempi, vi dirò che si tratta di una profonda rielaborazione del tessuto biologico, molto grossolanamente paragonabile a quella della concia del cuoio, mediante la quale, attraverso una eliminazione degli elementi cellulari e una rielaborazione dci gruppi proteici e dei polisaccaridi si ottiene la costituzione di nuovi complessi molecolari che, mentre da un lato sono sprovvisti di antigenicità, assicurano tuttavia al tessuto la conservazione della sua resi stenza alle sollecitazioni meccaniche. Potrebbero, le bioprotesi., rappresentare in avvenire sostituti valvolari più vantaggiosi di quelli attualmente in uso. Sta di fatto che i sostituti valvolari biologici offrono indiscutibili vantaggi rispetto alle protesi artificiali. Tutti convengono ad esempio nella constata1.ione che le complicanze tromboembolichc sono una evenienza eccezionale e che la terapia anticoagulante è del tutto superflua. Un punto debole invece è rappresentato dalla frequenza non trascurabile con la quale le valvole biologiche vengono colpite da infezione: si tratta di endocarditi che quasi mai si riesce a controllare con la terapia medica e che si può tentare di debellare con la rimozione della valvola e la sua sostituzione. Si potrebbe peraltro osservare che una ancor più scrupolosa diligenza nell'osservanza delle regole di asepsi lungo tutta la complessa procedura di prelevamento, manipolazione, applicazione della valvola, potrebbe eliminare questo inconveniente. Altre perplessità derivano dal fatto che i risultati degli esperimenti sull'impiego delle valvole biologich e nell 'animale non sono in alcun modo trasferibili nella specie umana. Consegue da ciò che vari dubbi sul comportamento di queste valvole a lungo termine persistono tuttora; a maggior ragione per il fatto che si dispone finora ,dj casistiche numericamente non rilevanti provenienti, per di più, da gruppi chirurgici diversi e che non sono quindi completamente paragonabili le une alle altre. Tutto sommato, mentre da un lato non sembra possibile formulare un giudizio definitivo sul valore delle sostituzioni valvolari con tessuti biologici, appare dali 'altro non trascurabile la prospettiva insita in soluzioni di compromesso come quelle offerte dalle bioprotcsi. Come esperienza esemplare sull'impiego delle sostituzioni valvolari con i tessuti biologici, vi illustrerò le modalità di applicazione delle tricuspidi di fascia lata isogenica (o autologa) fresca e i risultati che noi abbiamo ottenuto in una serie di malati nei quali le abbiamo impiantate. La fascia lata veniva prelevata all'inizio dcii 'intervento dalla coscia del paziente e veniva montata su di un apposito supporto mentre, nel francm-


106

po, una parte del gruppo chirurgico provve·deva all'apertura del torace e all'allestimento della CEC. Le figure che vi presento (14 a, b) dimostrano l'aspetto di una tricuspide di fascia lata pronta ad essere inserita in sede mitralica, nelle due posizioni, di apertura e di chiusura. Come vi è facile rilevare, una valvola così fatta ha la caratteristica di permettere, al momento della diastole ventricolare, un flusso dall'atrio completamente libero; e la caratteristica inoltre di atteggiarsi, in coincidenza della sistolc del ventricolo, allo stesso modo della tricuspide aortica in fase ài diastole, impedendo il reflusso ventricoloatriale. C'è una precisa ragione per la quale il disegno della valvola corrisponde al modello tricuspidale: essa risiede nel fatto che, come era stato già dimostrato da Leonardo nei suoi studi di anatomia quali si ammirano sui famosi « Quaderni » dei quali vi dimostro riprodotta la pagina che ci interessa (fig. r 5), solo una val vola che abbia questo disegno possiede, in fase di apertura, una superficie di ampiezza pari alla sua intera circonferenza. Essa è dunque il canale atrio- ventricolare ottimale per ottenere l'eliminazione di qualsivoglia ristagno atriale e di un gradiente residuo, un ottimo riempimento del ventricolo nel più breve tempo possibile (dato che non vi è nessuna inerzia meccanica che ne ritardi l'apertura); il tessuto inoltre è pieghevole e liscio tanto da essere paragonabile a un lembo mitralico normale. Nel caso della fascia lata, il presupposto dottrinario e biologico era che il tessuto sarebbe rimasto vivo e vitale come al momento del suo inserimento nel cuore, e che, probabilmente, i fibrociti sarebbero stati addirittura capaci di riprodursi, in virtù di efficienti scambi osmotici svolgentisi tra il sangue e le superfici della valvola; e ciò sul la base non solo di un'ipotesi molto ragionevole, ma anche àalle conoscenze che si hanno sul comportamento della fascia lata trapiantata in altre sedi. Purtroppo però i risultati hanno, in notevole misura, deluso le aspettative, in quanto in una notevole percentuale di casi le premesse teoriche sono sembrate smentite dai fatti. Abbiamo verificato cioè che i risultati immediati postoperatori erano certo eccellenti, così come del resto era prevedibile in rapporto alle ottime prestazioni emodinamiche della valvola dimostrate dall'assenza di gradiente atrio- ventricolare (fig. r6); ma che, con il passare del tempo, un certo numero di queste valvole diveniva insufficiente per varie ragioni che lo studio di quelle via via rimosse e sostituite, ovvero asportate <.la pazienti deceduti, ci hanno permesso di chiarire: ragioni tutte riferibili , in un modo o nel l 'altro, allo sfavorevole contegno biologico del tessuto. Le figure che vi presento (r7, r8, 19) vi dimostrano come qualche lembo di fascia lata sia andato incontro a perforazione, qualche altro a rottura, qualche altro ancora a retrazione: un fenomeno, quest'ultimo, da porsi in rapporto con modifìcazioni indotte dapprima da una deposizione fìbrinosa sulle cuspidi di

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108

fascia lata (che per quanto liscie c pieghevoli non sono tuttavia ricoperte da un vero endotelio, e non ne possiedono quindi le delicate proprietà biologiche) e successivamente da una organizzazione, di tipo cicatriziale, interessante fibrina e fascia lata da parte dei fibrociti residui. Questi ultimi poi, lungi dal dimostrarsi capaci di sopravvivere e di riprodursi, sono risultati andare incontro a una progressiva riduzione di numero e a una contemporanea perdita delle loro capacità vitali, come ci è stato possibile dimostrare, in collaborazione con Donald N. Ross, mediante uno speciale metodo di ricerca, l'autoistoradiografìa, che consente di calcolare quante cellule fìbrocitarie sono capaci di captare, in quanto vive e vitali, la Timidina marcata in un determinato tessuto (fig. 19 a).

Fig. 16.

Vi presento pure un ideogramma (fig. 20) che vuole essere la rappresentazione di una ipotesi interpretativa delle ragioni che sono causa del processo regressivo e dei meccanismi attraverso i quali molteplici fattori di ordine biologico e meccanico interferiscono sfavorevolmente l'uno nei confronti dell'altro. Dopo varie esperienze noi diamo ora assoluta preferenza alla valvola di Bjork- Shiley per la sostituzione della tricuspide aortica e adoperiamo questa stessa protesi nell'adatta versione, alla pari con quella di Beali, per le sostituzioni della mitrale. Ma più della nostra opinione di gruppo può essere per voi istruttiva la lettura di una tabella compilata da Mc Goon (fig. 21) che riassume in modo molto espressivo i pregi e i difetti dei vari tipi di sostituti valvolari in rapporto alla loro durata, al periodo di controllo al quale sono già stati sottoposti, alla semplicità del metodo di applicazione, alla incidenza delle complicazioni tromboemboliche, ecc.


Fig . 17.

Fig . 18.

Fig. 19


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MECCANISMI ATIRAVERSO l QUALI LA FASCIA LATA PERDE LE PROPRIE CARATIERISTICHE VITALI, STRUTIURALI E DI FUNZIONE VALVOLARE

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1 15


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specie per quanto riguarda i risultati a lungo termine; e delle esitazioni. inoltre, a proporre o sostenere soluzioni radicalmente innovatrici prima di averne studiato, con il dovuto rigore, i reali vantaggi. Consentitemi, d'altra parte, di aggiungere che una materia così difficile, come dire il duro travaglio che segna la strada di ogni grande conquista, non può essere valutata su un piano puramente tecnicistico; e che, all'opposto la nostra stessa posizione di professionisti non dcclassabili, finché sa-

Fig . 22.

premo difenderci con la fierezza della nostra cultura classica, al ruolo di cosiddetti « operatori>> della salute, ci fa sensibili all'esigenza di giudicare il valore dell'esperienza e del progresso di un'epoca anche su un più elevato piano scientifico c storico. Mi sembra giusto cioè che non ci rifiutiamo al bisogno di riguardare i risultati raggiunti nel campo delle sostituzioni valvolari con l'umiltà, certo, che ci viene imposta dalla consapevolezza dei nostri limiti, ma anche con il legittimo orgoglio di aver percorso un assai lungo e faticoso cammino. L'ultima figura che vi presento (fig. 22) è un disegno persiano del Xll secolo che fa vedere come gli Spiriti vitali giungono al cuore attraverso le vene, e dal cuore vengono irraggiati con le arterie a tutto il corpo.


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Questo umanistico richiamo è degno di essere meditato con devozione, con intelligenza e con fede, come una rappresentazione patetica certo, ma anche commovente. della strada compiuta dalla scienza. Ed è in questo stato d'animo che io desidero indurvi a considerare come in pochi altri -campi, alla pari di questo della chirurgia cardiaca, noi ci siamo trovati e ci troviamo tuttora a muoverei sull'asperrima frontiera che separa l'esperienza dali 'esperimento: tra il campo cioè dove trovano applicazione metodi noti e di provata efficacia da quello più aperto o mal definibile nel quale trova spazio la penonale iniziativa e la ricerca del nuovo e del meglio, sulla strada di un'impresa affascinante ma tormentosa, dove si procede forti soltanto del coraggio che proviene da una limpida onestà, dalla purezza delle ambizioni, dal valore dei fini che si perseguono, dalla misura della nostra speranza. E sull'insidioso terreno di questa frontiera che non è soltanto scientifica m a anche e soprattutto morale, non può soccorrerei - come già vi ho ricordato - neppure l'aiuto degli anima!i da esperimento perché si può affermare che, solo in piccola parte e con eStrema prudenza, i risultati dell'esperimento sull'apparato cardiocircolatorio dell'animale sono trasferibili nella specie umana; e che anzi persino quanto nell a stessa specie umana si osserva nel sistema venosa non è applicabile a quello arterioso e viceversa; e che neppure quanto si osserva nei settori di destra del cuore è fedelmente indicativo di quanto accadrà nei settori di si nistra, e viceversa. Io mi auguro che non sia sfuggito alla vostra attenzione il mio sforzo - del resto dovero~o - di spersonalizzare quant'era possibile la mia esposizione, !imitandomi a riferirvi, della esperienza c del lavoro scientifico del mio gruppo chirurgico, solo quei dati ai quali in modo più originale è legato il nostro nome e l'opera nostra: come, ad esempio, nel caso della fascia lata il cui impiego siamo stati tra i primi a inaugurare ma anche tra i primissimi a criticare c a scoraggiare, dopo aver raccolto osservazioni e maturato le nostre convinzioni attraverso una serie di studi clinici e sperimentali che ci hanno occupato per un paio d'anni. Del pari, vi sarà stato facile notare che non ho posto altrettanta cura nel presentarvi gli aspetti positivi delle varie questioni e i risultati favorevoli raggiunti, quanta ne ho posta nel dimostrarvi gli inconvenienti dei metodi di sostituzione valvolare dei quali finora disponiamo. Proprio in questo modo del resto, attenendomi cioè a un principio di rigorosa obiettività e persino lasciando che in essa corresse, qua e là, una vena di pessimismo, intendevo adempiere al mio dovere di rappresentarvi una realtà vissuta c meditata attraverso la mia stessa esperienza. E non posso escludere che a ciò sia stato indotto anche da una consapevole reazione al fenomeno di malcostume che ci viene offerto da titoli trionfalistici e da interviste autoapologetiche che tutti deploriamo sui nostri rotocalchi eletti a gazzette ufficiali dell'Italia scientifica meno seria, ma più spregiudicata e scaltra,


per le letture cosiddette d'informazione, o semplicemente pettegole, dei nostri connazionali. Non escludo neppure che questo mio atteggiamento derivi dal fatto che io non sono un cardiochirurgo; sono nato e mi dichiaro un chirurgo generale anche se il capriccio dei tempi e l'appartenenza a una grande cd eclettica Scuola furono circostanze per le quali, venti anni or sono, mi trovai ad essere tra i primissimi in Italia a occuparmi dei problemi scientifici e pratici della chirurgia cardiovascolare, assumendo responsabilità e iniziative che ora io e Altri vediamo con soddisfazione e con gioia raccolte c onorate con entusiasmo, con impegno e con successo, dai nostri allievi più cari. Mi auguro comunque ~ prcgandovi di scusarmi del deliberato excursus c tornando al nostro discorso - di essere riuscito a mettere in luce come, negli ultimi anni, un'enorme mole di lavoro sia stata realizzata nel campo della cardiochirurgia; un lavoro così ricco e complesso da essere paragonabile a una foresta rigogliosa di alberi, di germogli, di fiori la cui straripante vitalità e opulenta bellezza non è possibile ammirare sostandovi nel mezzo, ma standone al di fuori, sull'alto di una collina c nella luce dell'intelligenza e della buona fede.

••• Nessuno saprebbe oggi prevedere con esattezza se l'avvenire sarà delle valvole artificiali o di quelle biologiche o delle bioprotesi. E' peraltro ragionevole sperare che le scienze - quella medica e quelle che servono allo sviluppo della chirurgia la quale, alla pari dell'arte, è figlia della fantasia e quindi inesauribile - riusciranno a mettere a punto, in un prossimo futuro, materiali antitrombogenici aventi caratteristiche di superficie pressoché fisiologiche e suscettibili quindi di essere impiegati in un disegno costruttivo anche complesso, efficientissimo e privo o quasi di rischi. Tutto fa ritenere che tra dieci anni noi parleremo degli attuali metodi di sostituzione valvolare negli stessi termini nei quali oggi ricordiamo pateticamente le nostre prime commissurotomie e m etodiche che, pur con le inevitabili inesattezze di interventi eseguiti a cuore chiuso, restituirono la salute o po_rtarono ad un accettabile tipo di esistenza un gran numero di malati, molti dei quali beneficiano oggi, a IO- 15 anni da quell'intervento che rese loro salva la vita, della nuova possibilità di una sostituzione valvolare e di una ulteriore sopravvivenza. L'importante è che guardando allora al passato noi possiamo verificare, così come oggi, la consistenza del progresso e l'utilità dell'opera che avremo compiuto. Sono questi i pensieri che mi inducono a ricordarvi che la indifferenza c la pigrizia, quando non la diffidenza e il sarcasmo con i quali taluni Colleghi ignorano, o rifiutano, i più recenti progressi della chirurgia cardiaca,


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sono autentiche manifestazioni di povertà intellettuale e di irresponsabilità professionale. Perché tutti dovrebbero sapere che costruire è più difficile che distruggere e che, in ogni caso, se lo scetticismo è un'amabile virtù e la critica un elegante dovere dell'uomo intelligente e colto, il non credere in nulla è una caratteristica propria degli sciocchi. E' veramente necessario, cari Allievi, che tutti ci ispiriamo alla filosofia e all'etica della non rassegnazione di fronte alla malattia che siamo chiamati a curare, sia per essere la vittoria di lunga o di breve durata, e che tutti sentiamo il dovere di istruirei c di essere partecipi, e persino creatori, della cultura del tempo nel quale viviamo. Solo una cultura superficiale e rozza, del resto, può far sì che taluni restino incapaci di accedere al piano di una logica scientifica in forza della quale una stenosi mìtralica serrata o una stenosi aortica devono essere considerate alla stessa stregua di una stenosi intestinale; e non siano in grado di comprendere la razionalità della deduzione terapeutica alla stregua della quale, nell'uno come nell'altro caso, l'indicazione alla cura chirurgica non è rappresentata dal fallimento irreversibile della cura medica ~ come dire lo scompenso congestizio cronico e la degenerazione dei parenchimi, ovvero la peritonite, - bensì dalla constatazione che in entrambi i casi ci si trova in presenza di lesioni organiche la cui storia naturale è fatalmente infausta e per le quali la terapia medica può essere solo un trattamento sintomatico di emergenza o di attesa, ma che non sono curabili altrimenti se non con un intervento correttivo diretto. Importante è credere, insomma, che ai malati si deve certo il dono della speranza e della fiducia; ma anche l'offerta di un aiuto concreto nella misura in cui questo è possibile; e che non si ha invece il diritto di imporre ad essi .l'umiliazione dell'attendismo e della invalidità permanente o la carità sterile dell'illusione e della pazienza. Ma perché questi concetti che attingono sovrattutto alla sfera morale divengano patrimonio della nostra educazione e forze animatrici della nostra condotta, è anche necessario che il nostro lavoro di medici e di stud:osi si svolga in un clima di considerazione e di rispetto e che, tra le scelte alternative che si prospettano, la società nella quale viviamo ne operi una che non solo non mortifichi, ma esalti anzi le doti e miri a promuovere le doti dell'in telletto; e rifuggendo da propensioni oggi di moda, dimostri di preferire la dignità di vittorie difficili alla futilità .di facili traguardi; e persegua l'elevazione non gratuita, ma meritata e sofferta, nel miglior senso aristocratica dunque, di ognuno e di tutti gli individui, anziché il consenso vegetativo di moltitudini consumistiche e l'applauso globale di masse amorfe e senza anima. Importante è soprattutto che voi, giovani e cari Colleghi, crediate nel valore delle mete non plebee che intelligenza, cultura, generosità, sacrifici elevarono alla nobiltà di ideali, per ogni epoca, grandi e perenni.


E a uno tra gli ideali più grandi, quello della nostra Patria comune e alla Memoria di quanti, dopo avervi preceduto in questa Scuola di scienza e di vita, lo resero, con il loro olocausto, sacro per ognuno di noi, consentitemi di dire - interprete anche dell'animo vostro - che io con le mie modeste parole, voi con la vostra cortese attenzione, abbiamo voluto rendere insieme un omaggio devoto e grato.


OSPEDALE Cl\'ILE MAGGIORE DI VFROX \ DIVISIONE Cl !IRURGIA TORACICA E CARO!OV.\SCOL.\RE

Primario: Prof. Dr. G. Bn' OSPEDALE MILITARE PR INCIPALE 01 \'ERO:-rA " MED. D'ORO - S. TE!". MED. G. A. DALLA HONA ,

narettore: Col. Med. Pmt. Dr. A. ~hSTltOIULLI

CARDIOCHIRURGIA D'URGENZA * P rof. Dr. Giuseppe Besa

Da tempo era conosciuta la necessità di una chirurgia d'urgenza per alcune cardiopatie acute, come le lesioni traumatiche del cuore e l'embolia dell'arteria polmonarc, ma oggi, grazie al progresso delle metodiche di indagine cardiologica e delle tecniche chirurgiche, molte altre cardiopatie di varia natura sono diventate indicazione formale di cura chirurgica da attuare d 'urgenza. Nel campo delle cardiopatie congenite una notevole percentuale di neonati che nascono con difetti congeniti di cuore e che muoiono dopo poche ore o pochi giorni, perché la loro malformazione è incompatibile con la vita, possono sopravvivere, a differenza d i quanto accadeva qualche anno fa, se sono sottoposti d'urgenza ad interventi chirurgici che correggono totalmente o parzialmente il difetto cardiaco. Anche molte cardiopatie acquisite possono richiedere un trattamento chirurgico urgente: si può ricordare ad esempio che, secondo i più moderni indtrizzi, i pazienti, che presentano il quadro clinico e strumentale del prcinfarto o di complicazioni dell'infarto. devono essere operati d'urgenza per evitare una crisi cardiaca letale. In questa mia esposizione passerò in rassegna alcune cardiopatie che necessitano di una terapia chirurgica urgente, facendo esplicito riferimento a qualche osservazione tratta dalla nostra esperienza personale. Nell'ambito delle cardiopatie congenite esiste una serie di malformazioni che d evono essere corrette nelle prime ore dopo la nascita, immediatam ente dopo il cateterismo. Una malformazione, molto comune e spesso associata ad altre anomalie, è la trasposizione dei grossi vasi. In questo vizio l'aorta nasce anteriormente dal ventricolo destro e l'arteria polmonare nasce posteriormente dal ventricolo sinistro. Questo errore embriologico nello sviluppo del cuore fa sì che il sangue venosa che arriva al cuore d estro invece di essere inviato al circolo .,. Conferenza tenuta il 2r dicembre r972 presso l'Ospedale Milita re Principale di Verona per il ciclo di aggiornamento 1972 - T973·

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polmonare, viene pompato in aorta e quindi in circolo sistemico senza essere ossigenato. Si spiegano così, sia l 'intensa cianosi esistente .fin dalla nascita, sia la mortalità precoce molto elevata. Perché questi neonati sopravvivano è necessario creare d'urgenza una comunicazione del cuore destro col cuore sinistro a livello degli atri. Facendo al più presto questo intervento, si produce un mescolamento del sangue tra i due atri e sì ottiene così una parziale ossigenazione del sangue. Si tratta naturalmente di un intervento palliativo che consente però la sopravvivenza del bambino che potrà essere operato radicalmente in una fase più tardiva. Una cardiopatia congenita che richiede un intervento chirurgico urgente è l'atresia dell'arteria polmonare. E' un vizio raro di cui abbiamo potuto osservare il caso che ora espongo. Si tratta di un bambino che alla nascita presenta una cianosi dì grado accentuato. Nelle prime 24 ore di vita è sottoposto a · cateterismo cardiaco e si constata l'esistenza di un ostacolo completo al deflusso del sangue dal ventricolo destro a livello della valvola polmonare. Il piccolo, del peso di kg 2,]00, in 2 a giornata di vita viene subito sottoposto a intervento chirurgico. Durante l'intervento eseguito è stata aperta la valvola chiusa ed ancora durante l'intervento il piccolo diventa roseo. Altre cardiopatie congenite, anche se riconosciute precocemente alla nascita, possono essere tollerate nei primi tempi della vita e consentire un certo ritmo di crescita. Ad un certo momento però le condizioni generali possono decadere per un deterioramento dell'attività cardiocircolatoria, che non migliora con le cure mediche. E' necessario allora provvedere con un intervento chirurgico urgente. Ciò può avvenire ad esempio in bambini affetti da tetralogìa di Fallot. Questa malformazione consiste in una quadruplice deformità del cuore: stenosi o atresia della via ·di efflusso del ventricolo d estro, difetto del setto ventricolare, malposizione dell'aorta che nasce a cavaliere dai due ventricoli e ipertro.fia del ventricolo destro. Quando il difetto della via di efflusso .del cuore destro è molto marcato, il circolo polmonare è gravemente compromesso e la cianosi arriva a un grado estremo incompatibile con la vita. Occorre quindi provvedere d'urgenza con un intervento chirurgico che consiste nel creare una comunicazione tra l'aorta e l'arteria polmonare, in modo che parte del sangue venoso sia deviato ai polmoni avendo così la possibilità di ossigenarsi. Esistono numerose tecniche per raggiungere questo obiettivo, una consiste nella creazione di un'anastomosi tra l'aorta ascendente e l'arteria polmonare destra. Un'altra malformazione vascolarc che può richiedere una correzione chirurgica urgente qualora si instauri uno scompenso cardiaco, irriducibile con le cure mediche, è la coartazione dell'aorta. Questo vizio consiste in una stenosi ·dell'aorta toracica discendente e causa di un'ipertensione nel territorio vascolare a monte della lesione: questa condizione è mal tollerata specie se coesistono altri difetti di cuore. L'intervento chirurgico è radicale e consiste nell'asportazione del tratto di aorta stenotico e nella ricostruzione del vaso.


Un 'altra cardiopatia congenita che può richiedere un intervento chirurgico urgente nei primi mesi di vita è il difetto del setto interventricolare. Questa malformazione, caratterizzata da una comunicazione tra i vcntricoli, è causa di un grave disturbo emodinamico: il sangue pompato dal ventricolo sinistro è in parte deviato nel ventricolo destro, aumentando co~ì il flusso dei polmoni. Questo iperafflusso del sangue ai polmoni è tollerato entro certi limiti. ma può stimolare la formazione di resistenze polmonari che compromettono seriamente la circolazione polmonare. Quando si instaurano i primi segni clinici di intolleranza all'iperafflusso causato dal cortocircuito tra ventricolo sinistro e ventricolo destro occorre urgentemente provvedere con un intervento che ha lo scopo di ridurre l'eccessivo torrente ematico ai polmoni. Questo intervento è il bendaggio dell'arteria polmonare. Un esempio <ii applicazione <ii questa chirurgia .d'urgenza è rappresentato dal caso di una bambina di 4 mesi che è venuta alla nostra osservazione perché affetta da una si ndrome respiratoria grave. caratterizzata da ingombro umido del polmone. Il cateterismo cardiaco e l'angiocardiografia, eseguiti d'urgenza dimostravano l'esistenza dì una grave cardiopatia congenita caratterizzata d aU'esistenza di un ventricolo unico e di un dotto di Botallo pervio. Ciò comportava una condizione di iperafflusso polmonare che spiegava il quadro clinico della sindrome respiratoria del polmone umido. Subito dopo il cateterismo la bambina era urgentemente operata di legatura del dotto di Botallo e di Bandig dell'arteria polmonare. Nei giorni successivi all'intervento si assisteva alla remissione dei disturbi respiratori e alla ripresa della crescita corporea. P assando ora al grande campo delle cardiopatie acquisite, si possono ricordare anzitutto quelle forme caratterizzate da disturbi del ritmo cardiaco da blocco atrio- ventricolare che comportano hrravi quadri morbosi, come la sindrome di M.A.S.; queste cardiopatie richiedono l'applicazione urgente di elettrodi stimolatori endocardici o epicardici, collegati con segnapassi elettrici che vengono indovati nell'organismo con varie tecniche chirurgiche oggi largamente standardizzate. Ci sono poi alcune forme di cardiopatie valvolari che richiedono la sostituzione urgente delle valvole lese: si tratta di quei casi di endocardite batterica ad evoluzione molto rapida e gravi in cui al fenomeno settico si aggiunge rapidamente uno scompenso congestizio acuto causato dall'improvvisa insufficienza di grado notevole della valvola cardiaca. Queste lesioni, che fino a qualche anno fa avevano un esito rapidamente letale, sono oggi dominate dalla chirurgia, attuata d'urgenza, che permette di raggiungere un duplice scopo: sradicare il focolaio settico asportando la valvola su cui è impiantato e curare lo scompenso congestizio applicando una protesi valvolare sostitutiva. Un quadro morboso in cui è indiscutibile la necessità di un intervento chirurgico urgente per ristabilire una valida attività cardiaca e il tamponamento cardiaco. Con questo termine si definisce un quadro morboso acuto


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caratterizzato <la fenomeni <li stasi venosa e di riduzione della funzione di pompa del cuore .dovuti alla formazione improvvisa di una raccolta di liquido nel sacco pericardico. Questo ha pareti rigide e la sua capacità è limitata per cui l'occupazione del sacco pericardico avviene a spese <lei cuore che viene compresso nelle sue sezioni più cedevoli che sono gli atrii fino ad arrivare all'arresto. Il tamponamento può essere dovuto a raccolte di sangue in caso di rottura traumatica, come nelle ferite , di rottura spontanea del cuore, come negli infarti, a raccolte di essudati in caso di flogosi acute pericardiche o di liquami prodotti da processi neoplastici. Altre . lesioni cardiocircolatorie richiedono un'operazione urgente, perché si manifestano acutamente con un quadro clinico drammatico e si concludono molto spesso con esito mortale se non sono prontamente operate. Mi limiterò ad elencarle; sono a tutti ben note: - l'embolia dell'arteria polmonare; - l'aneurisma dissecante dell'aorta ; - la rottura traumatica di aorta; - la perforazione del setto ventricolare m corso di infarto m10cardico. Di queste gravi lesioni presento l'esempio di 2 casi da noi osservati ed operati d'urgenza. Un caso si riferisce ad un giovane che in un incidente automobilistico riportò tm trauma toracico. Una radiografia del torace dimostrava un allargamento del mediastino e un'aortografia indicava l'esistenza di un voluminoso stravaso di sangue al di fuori dell'aorta. Il paziente fu operato d'urgenza in C.E.C. e si constatò che l'aorta era completamente tranciata: il vaso fu ricostruito con l'applicazione di una protesi vascolare. Un secondo caso si riferisce ad un uomo che in 5" giornata dopo l'infarto ebbe un 'improvvisa gravissima insufficienza del cuore. L' angiocardiografia indicava che il liquido di contrasto dal ventricolo sinistro passava in ventricolo destro, dimostrando la presenza di una comunicazione tra i due ventricoli causa dell'insufficienza acuta di cuore. All'intervento eseguito di urgenza in C.E.e. si constatava la presenza di una ampia comunicazione del setto ventricolare che veniva riparata con l'applicazione di una protesi. Da ultimo veniamo alla chirurgia d'urgenza delle cardiopatie coronariche. Negli ultimi anni lo sviluppo tecnico ha mutato profondamente i criteri di assistanza del coronaropatico che soffre di angina di petto o che fa un infarto del miocardio. In particolare tre mezzi hanno largamente contribuito al progresso nella cura delle coronaropatie: la sorveglianza elettrocar·diQgrafica continua, l'arteriografia coronarica e le metodiche di rivascolarizzazione chirurgica del miocardio. Tra gli interventi chirurgici per il trattamento della cardiopatia ischemica sclerotica quello di rivascolarizzazionc diretta mediante impianto auto-


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logo aorto-coronarico con vena safena si è andato largamente affermando negl i ultimi 4 anni. Le metodiche adottate in questi interventi seguono uno schema preciso pressoché uniform emente adoperato in tutti i centri europei e statunitensi . I risultati sono ottimi a breve scadenza: manca tuttora la dimostrazione dell 'efficacia di questi interventi a distanza perché finor a sono passati pochi anni d alle prime operazion i. Se sussiste discussione circa l'opportunità di una eccessiva larghezza di indicazioni del by-pass aortocoronarico nel cam po dell 'angina cronica, sembra esistere accordo sul fatto che esso appare come l 'unico mezzo disponibile, capace di dominare la minacciosa sindrome dell'insufficienza acuta riportando con immediatezza un normale flusso di sangue ossigenato al territorio miocardico colpito dall'ischemia acuta. aturalmente l'intervento presuppone uno studio coronarografìco temr-estivo poiché solo questa indagine dimostrando l'entità e la sede delle lesioni può dire se esiste o no l'indicazione urgente all'intervento chirurgico. Noi abbiamo osservato 4 pazienti, portatori di insufficienza coronarica acuta nei quali è stato praticato d'urgenza un intervento di rivascolarizz~­ zione diretta con by-pass. Due di questi pazienti erano affetti da impending miocardial infarction, o minaccia di infarto o infarto imminente. ln essi l'in sufficienza coronarica acuta, era espressione dell'improvvisa rottura di un equilibrio precario che si era venuto a determinare tra la richiesta di ossigeno da parte del miocardio ed apporto di sangue attraverso un circolo coronarico colpito da processo sclerotico ostruttivo. Nella maggioranza dei casi queste sindromi sfociano in quelli che sono gli eventi più gravi della cardiopatia ischemica. cioè la morte impro''''isa o l'infarto m iocardico. Ora vi presento il caso di uno <lei pazienti operato per minaccia di infarto.

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Caso 11. I: F. Guido. - Operaio di anni I I mesi prima del ricovero, durante esposizione al fred do, aveva sofferto di un intenso dolore retrosternale, della durata di 10 minuti circa. accompagnato da sudorazioe e senso di astenia. Poi benessere per tre mesi. Dopo tale periodo, ricomparsa di crisi dolorose retrosternali, di breve durata e di scarsa intensità . Nell' ultimo trimestre prima del ricovero le crisi dolorose erano divenute pressoché quotidiane, fugaci , per lo più postprandiali, tanto da essere attribuite a gastroduodenite. Nel giorno precedente il ricovero, mentre guidava l'auto, il pt. soffriva di una nuova crisi di dolore retrostern alc violentissimo, irradiata agli arti superiori, accompagnata da profusa sudorazione fredda e pallore, con senso di morte imminente. T ale episodio doloroso durava circa 25 minuti. Un ECG praticato a breve distanza da questa crisi mostrava netti segni di lesione sottoepicardica anteriore, e per questo motivo il pt. veniva ricoverato.


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Nei giorni successivi il pt. soffriva, a riposo, di 3-4 crisi giornaliere di angor, sensibile alla nitroglicerina, della durata oscillante fra i rs ed i 25 minuti. Degli enzimi cardiaci del siero solo la CPK mostrava un transitorio incremento (v. n. o- 50 U.), essendo in r•, 2°, 3•, 4• e 6• giorno di ricovero rispettivamente di 6o, 300, r6o, 170 e 40 U. Lo ECG negli intervalli fra le crisi dolorose mostrava segni di probabile pregressa necrosi in sede diaframmatica con segni di ischemia ora prevalentemente diaframmatica ora prevalentemente antera -laterale. Poiché le crisi anginose continuavano e l'ECG mostrava segni di instabilità malgrado l'intenso trattamento con coronarodilatatori ed anticoagulanti, fu posta diagnosi di « minaccia di reinfarto » ed in 19a giornata fu eseguita, senza complicanze, un'arteriografia coronarica selettiva. L'arteria coronaria dx. appariva completamente occlusa poco dopo la sua origine ·dall'aor ta mentre i suoi ultimi rami apparivano riempiti per via retrograda, attraverso circoli collaterali intercoronarici. L'arteria coronaria sinistra mostrava delle irregolarità di calibro lungo il terzo prossimale dell'arteria discendente anteriore ed in un grosso ramo diagonale, con riduzione ·di calibro di circa il 6o%. Alla ventricolografìa sinistra era possibiie apprezzare una netta zona acinetica in corrispondenza del contorno posterobasale del ventricolo sinistro, co ipocinesia lungo il prof}lo antera- apicale. Il paziente fu sottoposto ad intervento di rivascolarizzazione diretta del miocardio con graft con vena safena dell'aorta al tronco della coronaria destra nella sua porzione posteriore. Dopo 20 giorni dall'intervento l'ammalato fu dimesso completamente libero da crisi anginose e con ECG stabilizzato. Gli altri due pazienti che abbiamo operato d'urgenza per insufficienza coronarica acuta non avevano avuto precedenti infartuali, ma soffrivano di quella forma particolare di angina pectoris che Prinzmetal descrisse come « forma variante », caratterizzata dal fatto che il dolore non insorge in conseguenza di sforzi fisici o stati emozionali, è di solit9 più severo e ha maggior durata, non scompare con il riposo. Gli episodi dolorosi sono molto spesso accompagnati da aritmie ventricolari. Di regola l'evoluzione di questa sindrome è verso l'infarto miocardico. Questa sindrome anginosa è causata da due fattori: occlusione quasi completa del lume di un grosso tronco coronarico e sovrapposizione ad essa di un fenomeno di spasmo con ulteriore brusca riduzione del calibro dell'arteria. Presento ora la documentazione di uno dei due casi che abbiamo potuto operare con successo. S. Gaetano: commerciante di 54 anni. Circa 40 giorni prima del ricovero aveva cominciato a soffrire di crisi di dolore retrosternale di breve durata (2- 3 m inuti circa), di media intensità, con tipica irradiazione, insorgenti talora in coincidenza di sforzi fisici, talora in pieno riposo. Un ECG a riposo risultava negativo, per cui venne eseguita una prova da sforzo, che scatenò


un'intensa crisi dolorosa retrosternale e modificazioni ecg- grafiche ed il p. venne ospedalizzato. All'ingresso in Divisione Cardiologica l'ECG mostrava segni di lesione sottoepicardica antero- laterale, con frequenti extrasistoli sopraventricolari e vcntricolari. Un ECG , registrato. dopo soli 30 minuti, mostrava la completa scomparsa di tali alterazioni per cui fu posta diagnosi di angina di Prinzmetal. Il p. veniva messo in monitoraggio continuo. Nei giorni e nelle notti successive ebbe ripetute crisi di dolore prccordiale (6- 10 al dì), costantem ente accompagnate da cospicue alterazioni della fase di ripolarizzazionc c ~ extrasistolia plurifocale dolore ed aritmia erano sensibili alla nitroglicen oa. L 'arteriografia coronarica, eseguita senza nessuna compucanza, dopo sommini strazione di coronarodilatatori mostrava un'arteria coronaria destra priva di lesioni di natura sclerotica riducenti il calibro vascolare. L'arteri a coronaria sinistra mostrava a livello dell'arteria discendente anteriore, a valle del prim o ramo settalc e del primo ramo diagonale, un tratto con irregolarità della parte, determinanti riduzione di calibro del 70% circa. Una seconda iniezione nella coronaria sinistra eseguita dopo circa 45 min. dall'inizio dell'esame, quando verosimil mente! l'effetto dei coronarodilatatori si era attenuato o era scomparso, mostrava una netta accentuazione della stenosi, per cui il lume vascolare appariva ridotto di circa il 90%, pur in assenza di dolore toracico o di alterazioni ECGrafiche. Dopo 5 giorni, il p. fu sottoposto ad intervento di rivascolarizzazionc d iretta del miocardio con graft di vena safena dall'aorta alla seconda porzione dell'arteria discendente anteriore. Dopo l'intervento si ebbe la completa scomparsa delle crisi anginose! e delle modificazioni elettrocardiografiche concomitanti. A 6 mesi di distanza il p. C!ra libero dal dolore precordial e e conduceva vita normale: l'ECG a riposo e dopo sforzo era normale: il controllo angiografico mostrava la completa pervietà del by-pass aortocoronarico, con riempimento attraveno di esso di tutta la porzione media e d istale deli'arteria anteriore discendente con i suoi rami secondari. La presentazione di questa personale esperienza, anche se limitata, giustifica l'atteggiamento più aggressivo e tempestivo che spinge ad estendere l'impiego della chirurgia urgente nelle forme di insufficienza coronarica acuta. Naturalmente ciò è possibile solo in un ambiente altamente specializzato dove l'arteriografia coronarica selettiva può essere eseguita senza complicanze anche in questi malati molto labili. In base al risultato di questo esame infatti si può stabilire se vi sia o no l'indicazione ad un trattamento di rivascolarizzazione chirurgica d'urgenza capace con il rapido ripristino dci flusso coronarico di prevenire il passaggio alla necrosi m iocardica o almeno di !imitarne il più possibile l'astensione.


OSPEDALE C IVILE MAGGIORE DI VERO;-;A - D LVlSIONE CARDIOLOGI CA Prima rio: Prof. Dr. A. POPI'I OSPEDALE M ILITARE PRL'JCIPALE DI VERONA " MED. D'ORO • S. TEN. MED. G. A. DALLA RONA , Direttore: Col. Med. Prof. Dr. A. MuTRORJW.I

ALCUNI ASPETTI DELL'URGENZA IN CARDIOLOGIA * Prof. Dr. Arrigo Poppi

Da quando, nel corso dell'ultimo decennio, si è acquisita una possibilità d 'intervento efficace in situazioni la cui prognosi era stata in precedenza invariabilmente e rapidamente mortale, i confini dell' « urgenza » cardiologica si sono molto ampliati. Sinteticamente credo che il concetto di « urgenza cardiologica>> possa essere definito nel modo seguente: << Considerata la funzione vitale della circolazione sanguigna si deve considerare come urgmte o di emergenza ogni situazione che comprometta o minacci di compromettere acutamente tale funzione: queste situazioni impongono l'intervento diagnostico e terapeutico entro limiti di tempo brevissimi, talora di soli 3- 4 minuti >> Le più tipiche di tali situazioni sono: 1) il blocco atrio - ventricolare completo; 2) l'insufficienza acuta del ventricolo sini stro che porta all'E.P.A.; 3) l'arresto improvviso del circolo per asistolia (mancata risposta contrattile); 4) l'arresto improvviso del circolo per fibrillazione ventricolare; s) lo shock da insufficienza contrattile (o difetto di pompa): shock cardiogeno; 6) lo shock da insufficienza circolatoria periferica; 7) l'embolia polmonare; 8) la persistente tachicardia di grado elevato; 9) il tamponamento da emopericardio per rottura del cuore; 10) l'aneurisma dissecante aortico; 11) il tromba atriale a palla; 12) le lesioni traumatiche del cuore e dei grossi vasi; • Conferenza tenuta il giorno 21 dicembre 1972 all'Ospeda~e Milita re Principale di Verona per il ciclo di aggiornamento 1972 • 1973.


13) l'infarto miocardico con le sue complicanze; 14) la minaccia d'infarto; rs) alcune malformazioni congenite; 16) l'endocardite batterica acuta e subacuta.

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Come si vede da questa semplice elencazione la parte dell'attività cardiologica che deve essere considerata d'urgenza è cospicua e già di per sé giustifica la sempre più distinta specializzazione di questa branca e delle strutture sanitarie che la servono. Poiché, tuttavia, non è pensabile una espansione di tali strutture che sia adeguata al compito di fronteggiare capillarmente le situazioni di emergenza ricordate, appaiono di estrem a importanza due elementi c cioè l'educazione della professione medica e dd pubblico c /'organizzazione di tm sistema di pro11to soccorso e di trasporto dei malati così efficiente da consentire al magt,rior numero possibile dei colpiti di fruire delle strutture e dei mezzi diagnostici e terapeutici più sofisticati, che è giuocoforza concentrare in alcuni grossi ospedali. Ali 'educazione dei medici in questa direzione vuole modestamente contribuire questa lettura che, non potendo certo avere la pretesa di coprire tutto il vastissimo campo di cui ho tratteggiato i confini, si limiterà a considerare solo alcuni aspetti dell'urgenza in cardiologia, !asciandone altri perché maggiormente noti (come l'E.P.A. e lo shock da insufficienza circolatoria periferica) o perché saranno trattati dal Cardiochirurgo. Cominciando dalla situazione che domina per frequenza, consideriamo anzitutto, come motivo di urgenza; l'insufficienza coronarica. Questa è, di regola, riferibile a q uella coronariosclerosi ostruttiva che è così frequente appannaggio soprattutto del sesso maschile dall'età media in poi (pur senza risparmiare i giovan i adulti ed eccezionalmente anche i giovanissimi) e sta alla base di alcune sindromi cliniche che possono presentarsi indipendentemente l'una dall'altra, ma che spesso rappresentano fasi successive di una sola storia. Di fronte a un pubblico così qualificato, non mi soffermo sulle caratteristiche dell'angina di petto crotJÌca, se non per richiamare l'attenzione sul fatto che la cronicità rappresenta solo una delle modalità et•olutit•e, mentre altre ve ne sono che costituiscono ragione di urgenza. E' vero che il sofferente del ti pico angor da sforzo, trinitrino- sensibile, presenta spesso un decorso assai l un go; e che in questo decorso non sono infrequenti i silenzi clinici anche protratti per anni o l'acquisizione, persino. con il passar dd tempo di una maggiore tolleranza allo sforzo. Ma quando un anginoso accusa ingravescenza del suo d isturbo (sia come frequenza o durata d egli attacchi, sia per il loro manifestarsi in occasione di sforzi sempre più lievi o, peggio, in condizioni di completo riposo) da quel momento deve essere già considerato dal cardiologo, e dal medico in genere, com e un a


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« urgenza >>, per lo meno qualora sia ancora sotto i sessanta- sessantacinque anni. In tal caso, infatti, si impone un accertamento coronariografì.co (oggi eseguibile, in ambiente altamente specializzato, praticamente senza alcun rischio), in quanto questo esan1e soltanto può consentire una valutazione quantitativa e topografica delle ostruzioni coronariche e una decisione sull'opportunità di porre l'indicazione ad uno degli interventi rivascolarizzanti, che oggi vengono sempre più spesso eseguiti. Tali interventi sembrano effettivamente proteggere, oltre che dalla schiavitù del dolore, dal verificarsi dell'evoluzione in infarto e, forse, dal rischio incombente della morte improvvisa. Non si ha ancora una esperienza sufficientemente lunga per poter aHermare in modo sicuro che così sia veramente e che da questa linea di condotta aggressiva risulti modificata nel complesso la prognosi ultima dei coronariopatici. Ma le osservazioni che si vanno raccogliendo sembrano fornire elementi suggestivi in tale senso e giustificare la persistcnza in questo indirizzo, nella misura, soprattutto, in cui il progresso tecnico ri·duce sempre più lo scotto dei rischi operatori. Quello che è certo è che la rivascolarizzazione mediante bypass con vena safena appare risolutiva in quelle sindromi di insufficienza coronarica acuta che vanno oggi sotto il nome significativo di « infarto incombente>> o u minaccia di infarto 11 e di « angina variante ,. o < angina di Prinzmetal n. Quest'ultima forma è meno infrequente, forse, di quanto si pensasse, ed è caratterizzata da crisi di angor a riposo, senza storia di angor cronico da sforzo, con elettrocardiogramma normale all'infuori della crisi e con alterazioni ischemico -lesionali di tipo particolare durante queste. Risulta solitamente in rapporto con una lesione stenosonante all'imbocco o all'inizio di un grosso tronco coronarico e poiché è gravata da una pesantissima incidenza di infarto e di nwrte improvvisa, costituisce una precisa indicazione all'intervento, sulla cui efficacia anche la nostra, sia pur limitata, esperienza è nettamente positiva. Per gli altri casi di c< minaccia di infarto)) cioè per quelli in cui si osserva l'in gravesccnza o il variare di un angor cronico, il carattere del l 'urgenza deve imporsi già a monte del cardiologo, a livello del medico pratico o di prima istanza, il quale ha il dovere di individuare la situazione anche sulla pura e semplice osservazione cli nica, di non indugiare nella ricerca di elementi di conforto alla diagnosi (la semplice richiesta di un elettrocardiogramma può far perdere tempo prezioso e riuscire fatale!) e di inviare il paziente subito e con il più rapido mezzo possibile all'Ospedale, meglio se direttamente in ambiente cardiologico. Al medico pratico compete solo questa rapidità di giudizio ed il coraggio di una immediata decisione, esposta ovviamente alla possibilità di un errore che peraltro, essendo per eccesso, non può in ogni caso riuscire dannoso al malato. A questo, inoltre dovrà essere fornita subito una efficace analgesia e tranquillizzazione, con preferenza al Diazepam e alla Pentazocina rispetto


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ai tradizionali oppiacei, dei quali non è improbabile una parte di respons2bilità nel determinismo di fenomeni collassiali allorché l'infarto si instauri. Il malato ospedalizzato in queste circostanze sarà considerato dal cardiologo come di estrema « urgenza >> : debitamente monitorizzato e seguito potrà ricevere quelle medicazioni, di per sé potenzialmente non scevre di pericoli (come: l'anticoagulazionc spinta ai limiti di sicura efficacia; l'impiego di vasodilatatori di cui va strettamente controllato l 'effetto ipotensivo e di antiaritmici di cui può essere temibile l'effetto inotropo negativo), alle quali è affidata la possibilità, niente affatto remota ~i riuscire ad evitare il passaggio alla necrosi c il verificarsi di gravi disritmie. In altre parole il paziente con « minaccia di infarto >> costituisce una (( urgenza )) sin dal rrimo momento in cui sia sospettata la situazione, e come tale deve essere trattato senza aspettare che i segni clinici, elettrocardiografici e umorali denuncino la già avvenuta instaurazione delle necrosi. Il carattere di (( urgenza >> parrebbe ovvio quando il dolore anginoso persistente e l'accompagnatoria sindrome neuro - vegetativa e di angoscia ed eventualmente il reperto elettrocardiografico impongano la diagnosi di infarto miocardico in atto. Eppure è di osservazione comune che al ntardo nel ricovero (i tempi inevitabili per la ricerca e arrivo del medico, la chiamata dell'ambulanza e il trasporto), contribuiscono in misura molto meno rilevante che non l'indugio del paziente a chiamare il medico e, quel che è peggio, l'indecisione di questo o la sua volontà di tenere a casa il malato. Poiché si sa che l'apparente benignità dcii 'episodio iniziale non garantisce affatto dal rischio delle più ternibili complicazioni e che le probabilità delle peggiori tra queste (gravi disritmie e disdromie; arrresto) sono concentrate soprattutto nelle prime ore dell'esordio, occorre focalizzare l'opera di educazione e di propaganda tra il pubblico e i medici pratici su questi punti : r) ogni dolore retrosternale o epigastrico a tipo continuo, che si protragga oltre la mezz'ora, impone l'immediata ricerca del medico o, se questi non sia subito reperibile c disponibile, l'immediato ricovero all'Ospedale;

2) è decisamente colpevole, da parte del medico, non provvedere all'immediato invio all'Ospedale (e possibilmente a reparti specializzati) del pziente in cui sia formulabile, anche senza assoluta certezza, la diagnosi di infarto acuto del miocardio. Solo se si arriverà a tanto si può sperare di vedere ridotta sostanzialmente la mortalità per infarto. Infatti l'esperienza delle Unità di cura intensiva cardiologica ha insegnato che la mortalità tra i malati spedalizzati può essere significativamente ridotta rispetto al passato. Per esempio, nei primi cinque anni della nostra UCIC, dall'abituale mortalità ospedaliera di oltre il 30% si è scesi a circa il ro%. Ma questo risultato, in sé confortante, incide relativamente poco sul problema generale, essendo noto che più della metà dei


decessi dovuti ad infarto si veri fica va prima della spedalizzazione. Orbene è su questa quota che si potranno conseguire riduzioni sensibili solo se si otterrà una diffusa maggiore consapevolezza del pubblico e la radicazione nella mente dei medici del carattere di urgenza di questa situazione anche quando non appaia min acciosa ab initio. Un concetto da correggere decisamente, a questo scopo, è che si possa far conto su un parallelismo tra grado dell'urgenza, gravità del quadro di esordio dell'infarto e sua estensione, elettrocardiograficamente valutata. Il ~< piccolo infarto » o « infartino l> (terminologia abituale che può conservare una sua opportunità e convenienza soltanto dal punto di vista psico- terzpeutico) costituisce motivo di urgenza tanto quanto l'infarto esteso, a impressionante inizio doloroso o collassiale. In effetti, nei piccoli infarti transmurali e persino nelle limitate necrosi intramurali, se non opportunamente sorvegliate e trattate, vi è la possibilità incombente di gravi turbe del ritmo e della conduzione non meno che negli altri; per cui si può dire che all'inizio di un infarto è possibile già formulare con una certa precisione, in base ai dati clin.ci ed elettrocardiografici, un giudizio di gravità, ma non è mai possibile, con sicurezza, quello di benignità. Con le conseguenze pratiche che già sopra ho detto. L'infarto è dunque S(mpr(, per il cardiologo, condizione urgente in considerazione del fano che esso può determinare da un momento all'altro e talora imprevedibilmente diverse delle situazioni di emergenza che sono state indicate, e precisamente: 1) turbe della conduzione, tanto più temibili in quanto la bradicardia conseguente aggrava, spesso in modo critico, un deficit di portata circolatoria che per dato e fatto del semplice infarto, è sempre presente; 2) insufficienza acuta del ventricolo sinistro, correlata all'estensione della necrosi o all'interessamento, per parte di questa, di un muscolo papillare; causa questa di insufficienza mitralica acuta, che accresce il lavoro del cuore (e quindi la sproporzione tra bisogno e disponibilità di ossigeno) mentre riduce ulteriormente la portata circolatoria; 3) progressivo e rapido abbassamento del rendimento meccanico dell'attività cardiaca, con insufficienza anterograda da bassa gittata (« pump failure ))); 4) arresto asisto}jco del circolo ; 5) arresto aritmico del circolo, a seguito .di fibrillazione ventricolare; 6) tachicardie sopraventricolari o ventricolari di alto grado, provocanti una drastica riduzione della portata; 7) embolia polmonare; 8) tamponamento del cuore per emopericardio in caso di rottura delle pareti.


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Per tutte queste et'enienze la cosa migliore ( cercare di prevenir/e: e il raggiungimento di questa mèta è in larga misura possibile con una sorveglianza e cura intensiva ben condotte. Nella casistica della nostra UCIC, come del resto viene riferito rìpetutamente io letteratura, si è notata una progressiva diminuzione dell'incidente di alcune com plicanze gravi dell'infarto, per le q uali è possibile la profilassi. Questa consiste: 1) nel precoce inserimento, per la via venosa, di un catetere elettrodo in cavità ventricolare destra in tutti i casi con comparsa di turbe della conduzione, sì da dominare prontamente con l'elettrostimolazionc l'eccessiva bradicardi a o il passaggio al blocco totale; 2) nella pronta somministrazione di digitale in caso di aritmie sopraventricol ari tachicardizzanti o ai primissimi segni dello scom penso sinistro che sono rivelati dall'aumento della pressione venosa centrale e dalla stasi fOlmonare (riconoscibile con una frequente e attenta ascoltazione del torace e sui radiogrammi in serie); 3) equilibrato riJornimento di liquidi che, associato all'uso razionale dei cardioci netici, può servire a prevenire lo shock nella misura io cui a questo contribuisce l 'ipovolemia; 4) strettissima e conunua sorveglianza per rilevare subito una condizione di ipereccitabilità miocardica, denunciata dalla comparsa e frequenza di extrasistoli ventricolari o da piccoli tratti di tachisistolia ventricolare: sì da poterla combattere, principalmente con la somministrazione di lidocaioa, cd evitare l'arresto circolatorio per passaggio a fibrillazione ventricolare. Contro questa esercita, d'altra parte, efficace effetto profilattico la già considerata correzione mediante pace- maker delle bradicardie e dei blocchi, come pure il mantenimento degli equilibri acido- basico ed elettrolitico, sovente tendenti ali' acidosi e ali 'i pokaliemia; 5) corretto trattamento anti coagulante (se non controindicato dall'et1 o da altre condizio ni), sicuramente efficace a combattere la temibile trombosi polmonare, che, specie nei primi giorni, è favorita dal calo pressorio, dal rallentamento del circolo, dall'immobilità forzata del soggetto e, a quanto pare, da uno stato di ipercoagulabilità che può accompagnare alcune fasi dell'infarto. Quando le gravi complicanze siano già in atto, il loro trattamento, che

è sempre di estrema urgenza, è in parte medico e può riuscire efficace in un buon numero di evenienze. Così l'arresto circolatorio da asistolia o da fibrillazione ventricolarc può essere vinto da una efficace resuscitazione, a patto che si intervenga con le manovre rianimatorie entro pochi secondi o al massimo 2- 3 minuti e purché, naturalmente, la complicazione non sia legata ad una troppo vasta estensione della necrosi. In questi casi la rianimazio ne comprende, come primi atti, il massaggi:l cardiaco esterno e la respirazione bocca a bocca o con Ambu, nonché l'immedia-


ta somministrazione venosa di soluzione alcalinizzante per correggere l'acidosi che immediatamente consegue all'ipossia <lei tessuti. Nel paziente monitorizzato sarà subito evidente se l'arresto di circolo consegua ad asistolia, con cessazione dell'attività elettrica o dissociazione elettro- meccanica, oppure a fibrillazione ventricolare. Nel primo caso s'imporrà, qualora l'efficacia momentanea del massaggjo cardiaco lo consenta, <ii inserire subito un catetere elettrodo collegato a un pace- maker, utilizzando possibilmente la via venosa o altrimenti anche quella transtoracica con ago apposito. Nel secondo caso, quello della fibrillazione ventricolare, si agirà con lo shock elettrico fornito appunto dal defibrillatore e con la somministrazione di lidocaina. Quando queste complicanze siano primarie, cioè non si verifichino nel quadro dello shock cardiogeno, la percentuale di casi ricuperabili è, anche nella nostra esperienza, molto notevole. La prognosi dello shock cardiogeno e della insufficienza di pompa rimane invece gravissima, con una letalità superiore al 90%, a meno che non si possa ricorrere alla cosiddetta circolazione assistita. Questa viene realizzata con la contropulsazione aortica, mediante l'inseri mento in aorta ascendente, per via transfemorale, di un catetere fornito di un sistema di palloni il cui ritmico gonfiarsi e sgonfiarsi, comandato da apposita macchina, consente di elevare la pressione diastolica e di assicurare così il mantenimento di un flusso ematico sufficiente al parenchima senza a~gravio, anzi con alleggerimento, del lavoro del cuore. Questo potrebbe cost superare, in un certo numero di casi la fase più critica di insufficienza contrattile, avviandosi alla cicatrizzazione. La metodica è relativamente recente e l'esperienza è stata fatta da pochi: ma è la sola luce di speranza c~c sia possibile vedere nel fosco orizzonte dello shock cardiogeno. Su questo infatti è difficilissimo conseguire risultati con l'uso dei farmaci, soprattutto per il fatto che non è sempre agevole disti nguere se sia in atto una vasodilatazione o una vasocostrizione arteriolare, condizioni che evidentemente imporrebbero una opposta condotta terapeutica. Altrettanto pesante è il rischio rappresentato dalla trombo- embolia polmonan:, in quanto anche qui le possibilità di intervento medico sono limitatissime. Sì che questa rimane, insieme alla rottura di cuore, una delle due cause cui spetta oggi la responsabilità della maggior parte dei decessi che si verificano tra gli infartuati accolti in UCIC, specie nei soggetti anziani, come noi stessi abbiamo potuto constatare. Per le altre complicanze gravi dell'infarto acuto l'opera urgente del cardiologo deve essere quella diagnostica, mentre il tentativo di salvataggio compete al cardiochirurgo, sia si tratti appunto di rottura del cuore, eccezionalmente riparabile se in parete libera c con tamponamento da emopericardio, meglio affrontabile in quella sua forza particolare che è la perforazione del setto; o che si tratti, invece di insufficienza mitralica acuta, per rottura di muscolo papillare o di corde tendinee, per la quale può essere prevista una


possibilità correttiva anche in fase acuta. quando le sue conseguenze appalano compromettere irreparabilmente l'emodinamica. Dal punto di vista diagnostico si dovrà immediatamente pensare alla rottura del cuore, non solo quando si manifesti acutamente il quadro di stasi all'arrivo per tamponamento cardiaco, ma anche di fronte a un arresto improvviso con persisten~a dell'attività elettrica ritmica. La perforazione del setto sarà suggerita dalla comparsa di un soffio sistolico aspro, specie se con caratteri di localizzazione e diffusione simili a quelli del Roger, mentre la comparsa di un soffio sistolico dolce in sede puntale e m itralica prima del manifestarsi di segni di scompenso, deporrà per una insufficienza mitralica da disfunzione da muscolo papillare. La rottura di questo o di corde tendinee imprime per lo più un timbro pigolante caratteristico a tale reperto acustico. Parlandone come complicazioni dell'infarto acuto ho così accennato, per sommi capi, alla maggior parte delle situazioni d'urgenza che si presentano al cardiologo. Per concludere, data la qualificazione dell'uditorio posso esin;termi dall'insistere sul quadro ben noto dell'edema polmo11are acuto e sul suo trattamento, che rimane quello ormai classico centrato sulla sedazione energica (morfinitica o con Pent~ina), sul salassa (oggi praticato, per lo più, in forma di salassa incruente mediante esclusione del ritorno venoso alternativamente ·da tre dei quattro arti, con l'applicazione di lacci), sulla somministrazione parenterale di aminofillina e, sul primo intervento per importanza, la pronta azione depletica di diuretici somministrabili per via venosa come la furosemide c l'acido etacrinico. Per ciò che riguarda le tachicardie parossisitche a frequenza molto elevata l'arsenale farmacologico si è notevolmente arricchito, ma risolutiva è soprattutto, in condizioni di emergenza, la conversione elettrica mediante scarica di corrente continua a roo- 150 watt attraverso il torace. Restano infine, come condizioni di emergenza a manifestazione repentina, l'aneurisma dissecante dell'aorta e la sindrome di improvvisa ostruzione mitralica da parte di un trombo a palla o di mixoma dell'atrio sinistro. A quest'ultima piuttosto rara situazione bisogna pensare di fronte a fenomeni sincopali, soprattutto in giovani o relativamente giovani, specie se portatori di stenosi mitralica. L'aneurisma dissecante dell'aorta è spesso confuso inizialmente con l'infarto acuto. L'accertamento diagnostico si può raggiungere per entrambe le condizioni mediante la contrastografìa che va eseguita con urgenza. Il trattamento, altrettanto è più urgente, rimane, ovviamente di competenza chirurgica. Da questa sommaria esposizione credo risulti ben evidente che oggigiorno la cardiologia è, per una quota assai superiore al so%, medicina di urgenza.


HOPITAL MILITAIRE PRL'\C[Pi\L DE RO:.lE

D1rccteur: Prof. Dr. E. FA\'I!ZZI, médecm - colond SERVICE D' ANESTIII!SIOLOGIE ET RANIMAno:-.; Dirigeant: Dr. C. Pi\r<Ct, médccin - com mandJ.nt

LA RANIMATION DE CAMPAGNE* E. Favuzzi

C. Panci

La ranimation, durant ces dernières années, a joué un grand role dans Ja médecine civile, et est devenue une branche scientifique indépendante. Cette jeune science est née, pour une grande partie, de la médecine militaire, sous l'impulsion cles exigences et des expériences pendant la dernière guerre mondiale et les conflits plus récents dans l'Estreme- Orient ; ensuite elle s'est développée se changeant en diagnostic soigneux et en thérapie intensive de chaque patient. Par conséqucnt nous croyons que le problème fondamenta! d'une moderne ranimation de campagne c'est de transformer le traitement individuel en traitement de masse [ r l· T héoriquement, on peut schématiser !es traitements de ranimation en: - ranimation respiratoire; - ranimation cardio-vasculaire; - ranimation métal;olique. Nous trouvons utile de subdiviser la ranimation de campagne en: - ranimation immédiate; - ranimation potentiellc. Dans la ranimation immédiate nous comprenons tous ces trai temen ts (manuels, instrumentals, pharmacologiques) aptes à assurer la fon ction respiratoire et cardiovasculaire des patients, en permettant leur transport sans qu'ils empirent. Cc sont, évidemment, des mesures de premicr secours qui ~euvent ctrc mises à affet par des moyens simples et des procédures stan dardisées. La nmimation potentielle consiste dans le diagnostic précoce, par des équipements plus complexes, dans le but de prévcnir et de traiter les défaiilances respiratoires, cardiovasculaires ou métaboliqucs survenantes aux patients hospitalisés en première ligne, lorsque lcur évacuation dans les hopitaux plus équipés sera tardive, clone infructucuse.

• Communic:nion au XXf' Congrt:~ l nternational dc Médecine et de Pharmacie Militaires. Bucarest, 21 -26 mai H.J73-


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Ccci n'est pas en oppostt1on avec le principe affirmant que c'est beaucoup mieux de différer un traitement définitif, qu'en faire des provisoires. Au contraire: on peut éviter qu'un retar·dement du traitement chirurgica! définitif n'empire l'état des patients seulement en disposant d'appareils de ranimation les plus avancés que soit possible. On peut donc déduire Ics trois principes fondamentals de la ranirnation de campagne: - secours de ranimation urgent; - diagnostic précoce; - transport rapide par des moyens équipés [IO, 14- 16). La ranimation immédiate se fonde sur des rnanoeuvres de prcmier secours qu'on peut schématiser de la manière suivante l9]: r. Maintenir ou rétablir la perméabìlité cles voies aériennes (désobstruction, drainage, aspiration, éviter la chute de la langue). 2. Ventilation artifìcielle (bouche à nez, ou par la méthode de Nielsen ou de Si!vester, etc.) [ 25] . 3· Ranimation cardiovasculaire (massage cardiaque externe et thérapie pharmacologiqlie) 38] .

r

4· T ransport (rapide, mais sans empirer l'état du patient) l 10, 14-16j. 5· Soins complémentaircs (s'il est possible: perfusions, oxigénothérapie, etc.). Maintenant nous expliquerons par des excmples ccs mcslires de ranimation immédiatc, qu'on peut exécuter sur le champ de bataille Oli dans les formations sanitaires avancées: r. Polytraumatisés: avant tout précaution dans le transport: brancar-

dage correct pour éviter d'aggraver Ics lésions médullaires, bandages pneumatiqlies imrnobilisants. Assister la ventilation et, dès qu'on peut, commencer la thérapie anti- choc et anri- doulcur. Transport rapide vers les hopitaux placés en arrière pour le traiternent définitif [5, ro, 23, 29, 30]. 2 . Traumatisés tlzoraciques: transport en décubitlis convenable. Pas de ventilation manuelle (fractures dcs cotes). Assurer une vcntilation artificielle bouche à nez, Oli par des soufflets. Thoracentèse en cas de pneumothorax hypertensif l TI, 19, 22, 41 ]. On doit faire particulièrement attcnrion au « syndrome respiratoire aigu )) (polimon du choc), qui est un grave trouble de la diffusion alvéolo- capillaire par compromission du systéme cles « surfactants » pulmonaires. Ce trouble peut arriver soit par des traumatismes thoraciques, que par l'hypoxie prolongée dans tous les cas de choc. Aussi nous préférons administrer dcs mélanges gazeux air- oxygène plJ..Itot que de l'oxygène pur, qui dénitrogénerait l'alvéole et rendrait plus facile le collapsus pulmonaire. en empirant le syndrome [17, r8, 20, 37].

4· • M.

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3· lntoxiqués: ici nous comprenons un large groupe de patients atteints cles causes nuisibles chimiques (gaz dc combat), physiques (radiations, baropathies), ou bien biologiques (septicémies, gangrène gazeuse, venins animaux, etc.). Abstraction faite cles lésions par radiations (où l'emploi de la ranimation est moins immédiat), pour les intoxiqués par gaz irritants on fera une ventilation en pression positive intermittentc par cles mélangcs air- oxygènc, en administrant de la cortisone par doses élevécs. En cas de gaz toxiques, il faut ajouter dc l'atropine et cles oxymes. Pour ce qui concerne l'embolie gazeuse, en l'absence de chambres hyperbariques de campagne (équipem ent <lu reste souhaitable pour cles unités particulières), l'unique secours est l'évacuation rapide vcrs un centre spécialisé j6, 9 ] . Toutcs Ics autres formes d'intoxication concernent la ranimation potentielle. 4· Brulés: la ranimation immédiate de ces patients se fonde sur le traitement an ti- choc et anti- doulcur, et sur l'évaluation rapide du pourcentage de surface brwée par rapport au défìcit volémique, en attendant le transport dans les centres spécialisés [ 2, 3]. 5· N oyés: diagnostic différentiel e n tre noyade en eau douce ou de mcr, don t le traitcment (utur. Immédiatement: desobstruction , drainagc, aspiration et vcntilation artificielle (et m assage cardiaque externe en cas d'arret cardiaque); prophylaxic et thérapie du syndrome respiratoire aigu. Pour ce qui se rattache à la ranimation potentielle, nous croyons que c'est nécessairc de créer une unité sanitaire mobile équipée par cles moniteurs (électrocardiogramme, pression artérielle, fréquence cardiaque) [ 12, 21, 32], par cles appareils de contrale cles électrolytes et de l'état acido- basique (il y en a, actuellemcnt, de tout petit format, qui pcrmettent cles déterminations très rapi cles avec peu de sang capillaire) [ 26, 39], par cles tests pour intoxiqués, etc. De plus cette unité doit etre munie d'un venrilateur automatique, d'un défibrillateur, d'un « pace- maker )), pour la thérapie cardiorespiratoirc d'urgence [9, 42]. Ces apparcils peuvent etre montés aisément sur un véhicule, mais ne devraicnt pas en etre partie intégrante, aussi bien pour ne faire pas dépendre l'utilisation d'appareils coùteux du fonctionnement d 'un moteur, quc pour permettre lcur emploi séparémcnt, dans lcs unités sanitaires avancécs. Ce véhicule- ci représente un petit centre de ranimarion, permettant une efficace prophylaxie et thérapie, réalisées tout près de la zone des combats (fig. 1 ) . Le Corps de Santé Militaire Italien est équipé, depuis beaucoup d'annécs, par cles moyens de ranimation immédiate qualitativement satisfaisants, meme si nous souhaitons leur diffusion la plus grande, conjointement à celie cles équipements pour la ranimation potentielle.


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, Fig. 1.

Conformément au principe: le secours le plus efficace est celui le plus précoce, nous croyons très utile d'instruire chaque recrue sur la base d'un petit manuel, dont on apprenne facilement et ef.fìcacement les rudiments de la ranimation. Les médecins -lieutenants qui suivent les unités de combat sont équipés par des appareils portatifs de ·ranimation respiratoire et des remèdes pour la thérapie d'urgence. . Dcs groupes de « ranimation- transfusion » opèrent dans les « Sezioni di Sanità », qui sont les unités d'évacuation les plus avancées. Ces groupes sont équipés par des ventilateurs automatiques élémentaires (du genre << Emerson »), des soufflets A.M.B.U., des aspirateurs, des canules de Safar, etc.; en outre du matériel de perfusion pour le rétablissement de la volémie. Seulement dans les formations sanitaires les plus arrièrées on peut cnfin installer devantage des ccntres de ranimation prcsquc pareils, par équipement, à ceux du temps de paix [ 44]. Nous soulignons ici l'importance d'au-


gmenter la capacité de leurs équipements: en effet, les lits de ranimation ne doivent pas etre inférieurs à 20 pour cent de la normale hospitalisation. Enfìn, nous croyons nécessaire de mettre en évidence deux points de la plus grande importance dans la ranimation de campagne: - la standardisation de la thérapie an ti - choc; - la thérapie antalgique. La distribution systématique des choqués entre cinq catégories [2, 27 l egmets de standardiser un traitement de base pour chaque classe, facilement reconna1ssable par ses caractéristiques cliniques. Ainsi nous avons les conditions nécessaires pour une efficace thérapie de ranimation de masse: r.er. Choc du pt·emier degré (Choc léger): il n'y a pas cles fuites m anifestes, exrernes ou internes ·de sang ou de plasma; la P.A. est au dessus de 100 mmHg, le pouls inférieur à IIO f m'; pas de troubles de la connaissance. Thérapie: en rapport à la disponibilité du personnel sanitaire et des moyens thérapeutiques. En état d'urgence on ne fera aucune thérapie, ou bien seulement un traitement antibiotique et antidouleur. 2.ème. Choc du deuxième degré (Choc de moyenne gravite'): conséquent à la réduction de 20-30 pour cent de la masse sangui ne. Le patient est conscient. Hypotension, la P.A. max. au dessus de 85-90 nimHg, la différentielle étant réduite. Tachycardie: 130- 140/ m'. Vasoconstriction (peau froide et pale). Oligurie. Thérapie: cles antibiotiques et cles analgésiques; perfusions de liquide à grosses molécules et de solutés glucosés jusqu'à la normalisation de la tension artérielle. 3.ème. Choc du troisième degré (Choc grave): hypotension considérable: P.A. max. 70- 8o; tachycardie: r4o- rso; troubles de la connaissance. Oligurie- anurie. Thérapie: antibiotiques (il vaut mieux n'administrer aucun analgésique); perfusions; transfusions du sang; corticoì"des par doses très fortes; oxygénothéra pie. 4.ème. Choc du quatrième degré (Choc très grave): hypotension, la P.A. max. étant inférieure à 70; tachycardie supérieure à rso; le patient est sans connaissance; cyanose; roydriase. Anurèse. Thérapie: la meme du troisième degré, en ajoutant noradrénaline aux perfusions jusqu'à obtenir une pression artérielle supérieure, d'une manière durable, à 90· 5.ème. Choc du cinquième degré (Choc « irréversible »): lorsque la thérapie effectuée dans les chocs du troisième et du quatrième degré n'a pas atteint cles résultats appréciables, on a ce tableau clinique très grave: le


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pouls et la P.A. sont difficilement perceptibles, pendant qu'on observe les signes d'une vasoconstriction intense (paleur ccindrée, hypothermie). Thérapie: il faut réduirc le spasme artériolaire par des adrénolytiques (phénossibcnzamine), en augmcntant proportionnémcnt le volume de la masse circulante; il est aussi nécessaire d'administrer dcs substances tampon (bicarbonate, tham, etc.). Oxygénothérapie et ventilation assistée.

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Cette schématisation donne évidemment des avantages: - la facile caractérisation du tableau clinique; - la possibilité d'effectuer un traitement de base par du personnel non spécialisé; - la plus simple planification cles stocks du matériel sanitaire; - économie rationnelle cles moyens thérapcutiques les plus précieux, réservant ceci aux cas absolument nécessaires. La thérapie antalgique a eu, dans ces dernières années, une évolution remarquable, en devenant une discipline presque indépendante, dotée de nouvelles bases physio- pathologiques, de nouveaux moyens pharmacologiques, de nouvelles techniqucs thérapeutiques. Ici nous ne pouvons que faire allusion en passant à quelques applications de ces nouvelles méthodes dans le domaine dc la ranimation dc campagne, en soulignant leur importance dans le traitemcnt des choqués l3I]. Le point le plus important est de chercher à substituer l'antalgiquc traditionnel: la morphine (dont l'indiscutable valeur est bien connu); mais elle a des effets secondaires indésirables, et particulièrement ces deux: - la dépression de la respiration; - la toxicomanie, qui est un problème actuel d'importance mondiale. A ce su jet nous proposons cles alternatives: - la Pentazocine, qui est un bon analgésique, peu déprimant les centres respiratoires, et, surtout, ne donnant pas de toxicomanie; - les nouveaux sels solubles de l'acide acétyle- salicyliquc (acétylesalicylate de lysine). puissants antalgiques, sans aucun effet secondaire connu; - la Kétamine, qui est un antalgique excellent, soit par doses subdissociantes (0,5 mg/ Kg), soit (s'il est nécessaire) par doses certainement dissociantes (1- 2 mg/ Kg). Elle ne déprìme pas la respiration et a une remarquable action analcctique cardio- circulatoire, très utile en cas dc choc [4,

35· 43]; - le blocage cles nerfs scnsitifs par l'anesthésie régionale à la bupivaca!ne (Marcaine) [8, 34, 36]. En conclusion, ceux- ci nous semblent les dif.ficultés à surmonter pour

parvenir à une efficace ranimation de campagne: - insuffìsante disponibilité de personnel spécialisé;


complex:ité des traitements thérapeutiques; prix élevé et facile détérioration des appareils de ranimation; - pénurie de moyens de transport appropriés l ro]. Cc sont, sans doute, des problèmes difficiles à surmontcr. A ce sujet nous proposons: - la divulgation Ja plus grande possible dcs pnnc1pes élémentaircs dc la ranimation; - l'augrnentation du nornbrc du personnel (médecins et infumiers) spécialisé; - la schématisation d es trai ternen ts de base; - la distribution sur une échelle plus grande des appareils de ranimation, simples et résistants, et l'entra1nement intensi( à leur emploi; - l'équipement des unités sanitai res en première ligne par des moyens (automobiles, hélicoptères) pour la ranimation potentielle; - des centres de ranimation, dans les unités sanitaires en arrièrc, proportionnément dotés dc pcrsonnel et de moyens. Enfin, on peut se poser la question si tout cela n'est pas excessivement complexe et couteux, impossible à s'appliquer dans le chaos d'une guerre moderne, mais on ne doit pas oublier que la Ranimation c'est la science du futur et qu'il faudra en faire usage dans les prochaines guerres (memc si nous avons la profonde convinction qu'elles ne sont plus néccssaires), pour éviter, en partie au moins, leurs malheurs.

RÉsuMÉ. - r. Les Auteurs rappdlcnt quc la Ranimation est une jeune science née, pour une grande partie, Jes expériences physio- pathologiques et thérapeutiques acqui ses durant !es dernières guerres; ensuite elle s'est développée se changeant en diagnostic soigneux et en thérapie intensive dc chaque patient. Par conséquent ils croyent que le problèmc fondamenta! d'une moderne ranimation de campagne est de transformer c~. traitement individuel en traitement dc masse. Aussi ils subdiviscnt la ranimation de campagne cn: a. immédiate, comprenant tous ces traitements (manuels, imtrumentals, pharmaco\ogiques) aptes à assurer la fonction respiratoire et circul:ttoirc des patients, en pcrmcttant leur transport sans qu'ils cmpirent; b. potentielle, consista n t dans le diagnostic précocc et la th.érapie (av<.-'C. cles équ ipemcnt~ plus complexes) des défaillances survenantes aux patients hospitalisés en premièrc ligne, lorsque leur évacualÌon dans cles hopitaux plus équipés sera tardive, clone infructucuse. 2. Ensuite !es Auteurs schématisent cles traitements de ranimation immédiate dam le~ c::t~ !es plus fréquents de pathologie de guerre: polytraumati~s. traumatisés thoraciqucs, intoxiqués, brfilés, noyés. 3· Pour la ranimation potenticlle ils proposent la réalisation d'un vehicule équipé par des apparcils Ics plus e~sentiels pour le diagnostic précocc et la thérapic de ranimat:on, 3 la disposition cles hopitaux dc campagn~ en prcmière lignc.


4· Par la suite, ils prennenr en examen !es appareils de ranimation de campagne, dont le Corps de Santé Miliraire Italien est équipé. Jls croient que ces appareils sont sadsfaisants pour leur qualité, mais ils souhaitent leur diffusion la plus grande. Ils soulignent l'imponance des équipements pour la ranimation potentielle, et des centres de ranimation dans !es hopimux plus arriérés. 5· Enfin, Ics Autcurs font ressortir deux points de la plus grande importane<:: la standardisation de la thérapie anti ·choc et l'cmploi de nouveaux médicaments (penta· zocinc, kétamine, etc.) dans la thérapie antalgique. 6. En venant à la conclusion, ils font le point cles nombreux problèmes rapportés à la ranimation de campagne, et proposcnt des solutions en cc.: qui concerne l'organisation du service de ranimation, le diagnostic précoce et la schématisation cles traitements thérapeutiques.

SuMMARL 1. The authors rhmk that resuscitation i~ a young science born from the experience of physiopatology and therapy made during the last wars. This ncw scicnce has been considered as a precise study of the singlc patient and his intensive therapy. Therefore the most important aspect in battle rcsuscitation is to applie the individuai trcatment to the masscs. To this end they divide the field resusciration in: a. immediate, consisting in the manual, instrumental and pharmacological emergency treatments which are able to assurc the patient's respiration and circulation, and to make possible the patienr's carriagc without worsening his health conditions. b. potential, consisting in thc prccocious diagnosis, made by more complex instruments, and therapy of eventual serious failure on patients admitted in first line ficld hospitals. These parients, when their conditions are going to worsen, would have needed to be carried back from the front and be admitted in other hospitals for a complete resuscitation, but often it should be too late and unuseful. 2. The authors make a list of immediate resuscitation tre:nments, examining thc most frequently pathological war cases: polytraumatizeds, thoracic traumatizeds, poisonccls, burnrs, drowneds. 3· For thc potcntial resuscitation they propose an cqu ippcd ambulance wirh rhe esscntial instruments for rhc prccocious diagnosis and therapy. This ambulancc should be at the disposition of first line medicai units. 4· Subscquentially they examine the field resuscitation instruments acrually used by ltalian Army Medicai Corps. They consider them of good quality and wish a more detatlcd diffusion. The imponance of potential resuscitation instruments in the first line medicai unirs and of re;usciration centers in the ~econd line is underlined. 5· The authors put in evidcnce two other points of foundamental importance: the standar·d of antishock therapy and the use of new drugs (pemazocyne, ketamine, etc.) in antalgesic therapy. 6. Iu conclusion rhe authors confirm the numerous problc.:ms connected with the fìcld resuscitation ancl thcy suggest thc best solutions rcgarding the organization of the resuscitation service, the precocious diagnosis and thc schcmatism in therapeutical trcarments.

Russu:-:To. - 1. Gli AA., considerata la Rianimazione una giovane disciplina na:a in gran parte dalle esperienze fisiopatologiche e tcrapeutiche acquisite nelle ultime guerre, c sviluppatasi in seguito come accurato studio e terapia intensiva del singolo paziente, ritengono problema fondamentale delia rianimazione campale trasformare il


trattamento individuale in trattamento di massa. A tale scopo suddividono la rianima zione campale in: a. immediata, comprendente quei trattamenti di emergenza (manuali, strwnentali, farmacologici) atti ad assicurare la funzione respiratoria e cardiocircolatoria dci paziente, ed a renderne possibile il trasporto senza aggravarne lo stato; b. potenziale, consistente nella diagnosi precoce, mediante attrezzature più complesse, di eventuali gravi deficit a carico di pazienti ricoverati in formazioni sanitarie campali avanzate, e che, a sintomatologia conclamata, avrebbero richiesto lo sgombero su formazioni arretrate per un trattamento rianimativo completo, ma spesso tardivo e quindi infruttuoso. 2. Gli AA. schematizzano quindi i trattamenti di rianimazionc immediata, pa~­ sando in rassegna le più frequenti evenienze patologiche di guerra: politraumatizzati, traumarizzati toracici, intossicati, ustionati, annegati. 3· Per la rianimazione potenziale propongono un automezzo attrezzato con strumentario essenziale per la diagnosi precoce e la terapia rianimativa, a disposizione delle unità sanitarie campali più avanzate. 4· Successivamente esaminano le attrezzature di rianimazione campale attualmente in dotazione alla Sanità Militare italiana, considerandole positivamente dal punto di vista qualitativo, ma auspicando una loro più capillare diffusione. Sottolineano l'importanza di attrezzature per la rianimazione potenziale nelle formazioni sanitarie campali più avanzate, e di centri di rianimazione adeguati in quelle più arretrate. 5· Gli AA. mettono infine in evidenza due punti di fondamentale imponanza: la standardizzazione della terapia amishock e l'uso di nuovi farmaci (pentazocina, ketamina, ecc.) nella terapia antalgica. 6. Puntualizzano e ribadiscono, in conclusione, i numerosi problemi connessi con una moderna rianimazione campale, avanzando soluzioni riguardanti l'organizzazione del servizio di rianimazione, la diagnosi rianimativa precoce e la schematizzazione dei tratramemi terapeutici.

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l• CLIN1CA CHIRURGICA GENERALE DELLTNI\'ERSIT\ 01 MILANO Direttore: Prof. L. GAU.O~k

2• CATIEDRA DI SEMI-.IOTICA CHIRL"RGICA DELL'IJNIVERSJT,\ DI MlLA."'O Direttore l ne.: Prof. A. B1ss1

,

OSPED.\LF MILITARE PRINCIPALE DI .\IIL.\NO Direttore: Col. Mcd. Dr. G. MARCIII\~Ò

IL TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLE CISTI PILONIDALI A. Bissi

C. Oainelli

L. Olmi

GENERALITA'

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Va sotto il nome di cisti pilonidale una particolare malformazione congenita, localizzata alla regione sacro- coccigea, posta medialmente, nella quale possono trovarsi, come reperto caratteristico, ciuffi di peli. Le varianti alla suddetta denominazione esprimono, di volta in volta, particolari aspetti di queste formazioni quali per esempio la fìstolizzazione, la sede, la patogenesi, ecc. Per queste ragioni si parla anche di fistole sacro- coccigee, di dermoidi sacrali, ecc. Nel 40% dei casi esaminati la lesione si trova direttamente al livello dell'articolazione sacro- coccigea, nel 30% è localizzata un po' caudalmente a questo punto e nel restante 30% si trova in posizione cefalica rispetto all'articolazione. Abitualmente è situata in sede median a. Più raramente in sede paramediana. Non è nostro intendimento approfondire, in queste note, alcuni aspetti dell'argomento che presentano tutt'ora notevole interesse teorico, ma ci limiteremo, dopo alcune premesse di carattere generale, a fermare la nostra attenzione sui metodi di trattamento chirurgico. Condividiamo infatti l'opinione d i Swinton che ritiene essere « una trappola» considerare il trattamento ·delle cisti pilonidali come una procedura chirurgica di secondaria importanza. Basile taccia di « ingenuità » il chirurgo che affronti l'argomento con semplicistica disinvoltura. Da parte nostra riteniamo che un 'opportuna scelta della tecnica più idonea consenta oggi di guadagnare molto tempo per la guarigione radicale di un'affezione che, secondo la maggior parte delle stat;stiche, comporta degenze lunghe certamente sproporzionate all'entità dell'affezione.


144 Si ritiene che il primo caso di fistola sacro- coccigea primitiva si debba far risalire ad Anderson che nel 1847, in un articolo dal titolo « Hair extracted from an ulcer » descrisse un'ulcera in sede coccigea dalla quale estrasse un ciuffetto di peli; il paziente guarì dopo semplice apertura del tramite fistoloso. In effetti però, quattordici anni prima, Mayo (1833) aveva descritto un caso simile in una giovane donna. La fistola era situata superfi cialmente sulla regione sacrale, non comunicava con il retto e guarì dopo apertura. Successivamente Warren, dal r854 al 1877, riferì su altri tre casi della stessa affezione ed emise una prima teoria patogenetica: egli riteneva che la lesione fosse dovuta ad un accrescimento abnorme dei peli della cute, che si svilupperebbero verso la profondità dei tessuti anziché all'esterno. Nel 188o Hodges creava l'espressione « pilonidal sinus >> (nido di peli) per indicare una cavità piena di peli; tale espressione è tuttora usata nei Paesi di lingua inglese. Secondo Hodges i peli provengono da!l 'esterno e riescono a perforare la cute, producendo un sinus. Successive descrizioni sono dovute a Coureaud (r883), che passa in rassegna le diverse possibili teorie e a Wendelstadt (1885), il quale pensa che i peli non siano all'origine dell'affezione. H erman e Tourneaux nel r887 e Mallory nel 1892, dopo studi condotti su embrioni di pollo e umani, concludono che le cisti pilonidali si sviluppano da c< vestigia sacro- coccigee del tubo midollare >> e danno così origine alla teoria neurogena che continua ad essere difesa da Oehlecker (1926), Wheeder (r933), Gage (1935), Burns (1946), ed altri. Con l'inizio del secolo ventesimo si moltiplicano le pubblicazioni. Già nel 1924 Stone avanzava la teoria ectodermica dell 'affezione, che nel 1931 sostiene con calore, facendone rilevare l'analogia con la ghiandola uropigia degli uccelli e con le ghiandole odorifere dei mammiferi. Tale veduta viene successivamente difesa da Fox (1935), Becker (1938) ed altri. Dopo la seconda guerra mondiale, la teoria dell'origine congenita delle cisti pilonidali viene scossa dalle vedute di Patey e Scarff (1946) i quali riprendono le opinioni di Hodges ; essi sostengono l'origine acquisita dell'affezione e la sua identità, a parte la sede, con il sinus interdigitale delle mani dei barbieri, di cui sono responsabili i frammenti di peli tagliati dalla testa dei clienti. Risulta, da quanto si è detto, che il problema patogenetico è tutt'ora aperto, ma come diremo, la sua importanza è decisamente soverchiata dagli addentellati pratici connessi con la frequenza e la terapia delle cisti pilonidali. Si rileva, secondo statistiche di ospedali civili americani, una frequenza media di un caso su mille ricoverati e di un caso su 26 consultazioni proctologiche (Hopping, Brand, Kooistra, Dullingan). Basile riporta un'incidenza


del 2,15 /o fra tutti i ricoverati dell'Ospedale Militare di Firenze e dello 0,25 % fra i ricoverati della Clinica Chirurgica di Firenze.

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Ma un 'idea de Il a reale importanza sociale del problema si ha dali a considerazione dei dati riportati nei lavori di Faraco e di H olm an dai quali si ha notizia che nei 2 anni di guerra (1942 - 43) la marina statunitense registrò 359.209 giornate di degenza di m ilitari affetti da cisti pilonidali, e che il numero dei soldati nord - americani portatori di questa affezione fu all'i ncirca pari al numero dci feriti sul fronte europeo. Per questo non deve meravigliare il fatto che notevoli contributi allo studio dell'argomento siano stati dati proprio da medici m ilitari. Basile riferisce che nel periodo dal 1953 al 19<}2 presso l'Ospc<.lale Militare di Firenze, si sono avuti 222 casi. Da una indagine statistica effettuata al Reparto Chirurgico dell'Ospedale Militare Principale di Milano, nel perio<lo dal r958 al r9<)8 si sono avuti 316 casi, con una degenza com plessiva di 9.480 giorni. La maggior parte dei casi descritti si riferisce a soggetti di razza bianca. Per quanto riguarda la razza nera troviamo poche osservazioni. Non siam o in possesso ·di osservazioni relative a soggetti di razza gialla o rossa. Il periodo in cui si presenta la sintomatologia oscilla dai 20 ai 30 anni di età. L'età m edia dci due sessi sarebbe di 19,4 anni per la donna e di 23,4 per l'uomo (Bran<l). Si può quindi convenire che le prime manifestazioni della malattia coincidono con l'età della pubertà . Sebbene vi siano taluni che sostengono l'eguale incidenza nei due sessi, la maggior parte degli altri AA. è d'accordo sulla prevalenza del sesso maschile. Alcuni AA . rilevano un rapporto di 7: r in favore del sesso maschile. E ' stata sostenuta da alcuni AA. (Anderson, Dunlop, Hayter, Kallet) l'importanza del fattore ereditario. Goldberg e Bloomenthal (1939) e Fox (1944) hanno descritto l'affezione in alcuni gemelli. Ne sono soggetti per lo più i pazienti pelosi, obesi, ipopituitarici con ipersudorazione. La pelle è grassa per l'intensa attività scborroica. Meno frequente sarebbe il riscontro di una cisti pilonidale in persone dalla pelle sottile e con peli biondi e delicati. Appaiono più colpiti i soggetti che svolgono attività sedentarie in quanto sottopongono la regione sacro- coccigea a ripetuti microtraumi. Un analogo rilievo è stato fatto per le mansioni cui sono addetti i militari, fra i quali andrebbero più soggetti alla cisti pilonidalc quelli impiegati in lunghi viaggi in automezzi, tanto che Buie ha parlato di « jeep disease >> per richiamare l'attenzione su un fattore che, se non provoca la lesione, certamente contribuisce a renderla palese attraverso il sopraggiungere del fattore flogistico. Sono stati descritti casi nei quali entrerebbe in gioco il trauma unico elettivamente diretto sulla regione sacro-coccigea (r4% fra i 350 casi di Kooistra e 6')-b fra i 214 casi di Mac Fee). E' plconastico richiamare l'attenzione sull'importanza che questo genere d i trauma assume nel corso della malattia specialmente tra i militari.


CO. SiDERAZIO>Jl CLlKICliE

I casi che vengono all'osservazione clinica sono generalmente infetti. E' l'infezione sovrapposta che rende sintomatico un « sinus >> fino allora silente. Possiamo distinguere due forme cliniche: I) forme latenti asintomatiche, che costituiscono un reperto occasionale; 2) forme conclamate, sintomatiche, infette, svelate dall'infezione sopraggiunta. I. - FoRME LATENTI.

Si presentano sotto due aspetti: a) infundibolo; sulla linea mediana sacro- coccigea esistono uno o più orifici del diametro oscillante da una capocchia di spillo ad una matita. Detti orifici immettono in un condotto imbutiforme o bulbare, di profondità variabile da pochi millimetri ad alcuni cm rivestito da epitelio continuo, privo di tessuto di granulazione e diretto dal basso in alto e da dietro in avanti. Dall'orificio in circa la metà dei casi si può estrarre agevolmente qualche ciuffetto di peli. Non si rivela secrezione patologica; b) cisti: in alcuni casi si osserva la presenza di una formazione cistica palpabile, di solito mediana, di dimensioni varie, posta nel sottocutaneo o sul piano fasciale, in genere mobile rispetto ai piani profondi, ricoperta da cute di aspetto normale ed apparentemente non comunicante con l'esterno. Osservando però bene il solco intergluteo si può rilevare una piccola arca bluastra, di qualche mm di diametro, dovuta alla copertura dell'orificio infundibolare da parte di una sottile pellicola epiteliale translucida, facilmente perforabile con lo specillo. 2. - FORME CONCLAMATE.

Sono possibili vari gradi d'infezione: a) fas~ acut~ : i segni clinici sono quelli di un ascesso. La sintomatologia è dominata dal dolore locale, dall'arrossamento, dalla tumefazione di volume variabile c, raramente da rialzo termico e da reazioni generali, allorché si sviluppi una cellulite massiva. L'apertura della raccolta dà esito ad abbondante liquame maleodorante, talora commisto a peli~ b) fase di stato: è caratterizzata da uno o più tragitti primari cronicamente infetti e più o meno abbondantemente secernenti; altre volte la conseguenza della incisione o dell'apertura spontanea della formazione suppurativa ha creato dei tragitti secondari sempre paramediani. Comincia così la formazione dei granulomi da corpo estraneo c di masserelle molli, cerose dovute ad accumuli di residui epiteliali e di prodotti dell'attività cutanea. La


presenza di granulomi e di formazioni cerose, in una .fistola sacro- coccigea, è espressione della precedente infiammazione. Dalla fase di stato si passa spesso alla riacutizzazione del processo morboso. Di massima, in un soggetto giovane, il dolore e la secrezione ricorrente da un orifì.cio in regione sacro- coccigea sono molto indicativi. Un orifì.cio primario, mediano, è sempre presente e, quando specillabile, immette in un tragitto più o meno lungo. Nei casi cronici è comune il reperto di tragitti secondari. L'esame radiologico non è molto utile, tranne che per escludere una lesione scheletrica; la .fistologra.fia può orientare sulla estensione del processo, sui suoi rapporti con il piano osseo e sulla direzione del tramite. La diagnosi differenziale va fatta con: 1) ascesso ischio- rettale: l'ascesso è di per sé uno stadio dello sviluFpo di una .fistola ano- rettale. La diagnosi viene chiarita dall'esplorazione rettale, che può far rilevare, eccezionalmente la presenza di un ori.ficio interno nel lume rettale; 2) fistola anale: viene agevolmente svelata con il sondaggio e l'esplorazione rettale; 3) foruncoli, cisti sebacea e idrosadenite suppurativa: non hanno una lunga storia e raramente danno attacchi ripetuti; il carattere della secrezione è diverso. L'esame istologico può essere necessario per chiarire la diagnosi ; 4) l'osteomielite, la tbc e le fistole da ascesso freddo del sacro- coccige possono essere svelate con la X- grafia; 5) l'actinomicosi può manifestarsi in questa regione e può essere esclusa con l'esame microscopico; 6) fra le neoplasie vanno prese in particolare considerazione le forme dermoidi.

CARATTERI ANATOMO -PATOLOGICI

La cisti pilonidale, quasi sempre unica, ha le dimensioni di una nocciola o poco più, è spesso mediana, talora paramediana sinistra, raramente paramediana destra. E' dislocata nel tessuto sottocutaneo, qualche volta a diretto contatto con il piano fasciale, che non viene superato. Il contenuto delle cisti è costituito da un liquame untuoso, in genere scarso, con tm non costante ciuffetto di peli di colore e dimensioni analoghe a quelli delle vicine regioni glutee. Questi peli giacciono liberi, il che fa presumere che non nascono in loco. La fistola viene comtmemente descritta come costituita da uno strato di epitelio squamoso non pigmentato che si continua con !'.epidermide adiacente e riveste la parte più esterna del tramite; la parte più interna di esso è formata ,da tessuto di granulazione che avvolge frequentemente dei peli interi o fran1mentati. Il tessuto di granulazione è generalmente formato da


elementi polimorfi, linfociri, plasmacellulc e cellule giganti da corpo estraneo. Nel caso in cui la flogosi risale a parecchio tempo, è comune il riscontro di un denso tessuto connettivo fibroso che costituisce la maggior parte della parete della cavità. E' comune trovare, nel tessuto sottocutaneo che circonda il sinus1 degli annessi cutanei. Nessuno però ha messo in evidenza lo sbocco d i un dotto ghiandolare o di un follicolo pilifero nella profondità del si nus. Il reperto istologico può venire modificato da sopraggiunte complicanze flogistiche loco- regionali come la cellulite o più raramente le osteomieliti. Eccezionale la degenerazione maligna. Al momeno attuale risultano documentari pochi casi di epitelioma per lo più a cellule squamose. Pochi altri, più rari, a cellule basali. L a neoplasia evolve comunque lentamente, e dà la possibilità di cura radicale precoce. Le metastasi osservate (i ngui nali) sono tardive e la limitazione della neoplasia alla regione sacro- coccigea permette un 'ampia escissione del tumore insieme alla fascia glutea ed al periostio del sacro- coccige con ottime probabilità di guarigione. Per queste ragioni è sem pre prudente l'esame istologico di una cisti pilonidale asportata anche se macroscopicamente non dà adito a sospetti di <legenerazione mali gna. COr SIDERAZIO 'l TERAPEUTICH E

Il problema terapeurico delle cisti pilonidali è stato discusso quanto quello patogenetico : lo dimostrano i numerosi lavori pubblicati sull 'argomento e 1e varie metodiche proposte, sia conservatrici che demolitrici. Ormai abbandonati tutti i trattamenti non chirurgici, quali le terapie sclerosanti (Cluter e Zollinger), l'elettroterapia (Maillard) e la causti cazio n ~ chimica, per gli incerti e discutibi li risultati ottenuti, il problema è diventato prettamente chirurgico con un obbiettivo fondamentale: rapida guarigione esente da recidive e da postumi funzionali di qualunque natura. Ed è su q.uesto aspetto tecnico del problema che vogliamo fermare la nostra attenzwne. Scorrendo, infatti, la letteratura sull'argomento sorprende la varietà delle tecniche chirurgiche proposte quasi a riprova della mancanza di un indirizzo unitario del tutto soddisfacente, per cui, ancora oggi, la letteratura me<lica si arricchisce di contributi e proposte d i pncedimenti (Roe, 1971; Mandel e coli., 1972) defi niti nuovi anche se spesso si ritrovano concetti già espressi poi considerati superati, ed infine nuovamente ripresi c rivalutati. Dal primo intervento di Mayo (1833) di marsupializzazione eventualm ente associata a toccature con nitrato di argento (Anderson, 1847), si passò,


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circa 50 anni or sono, all'escissione in blocco con messa a piatto della breccia chirurgica. La lentezza della guarigione, conseguibile con questa tecnica (da due a sei mesi) e la cattiva qualità della cicatrice, sono stati gli elementi negativi comunemente segnalati che hanno indotto a cercare nuove soluzioni. Si passa così a metodi che prendono in considerazione la possibilità di una sutura almeno parziale della breccia operatoria, con riduzione dello sp::zio morto residuo e all'escissione del tessuto patologico. Mutschmann c Mitchcll (1944), dopo l'escissione ~lVvicinano i margini cutanei con strisce di leucoplasto, su cui applicano un bendaggio compressivo, tenuto da fili passati a tutto spessore sui margini della breccia operatoria. Mac Fee e De Prizio (1942) suturano i margini cutanei alla fascia sacrale, lasciando una piccola area mediana destinata a guarire per seconda intenzione. Questi m etodi sebbene rappresentino un superamento della semplice m essa a piatto, non soddisfano per la lentezza della cicatrizzazione c la formazione di una cicatrice delicata, aderente ai piani profondi e sensibile al trauma. Si passa quindi a considerare la possibilità di una chiusura primaria della breccia operatoria. Si deve ai chirurghi militari, soprattutto anglo- americani , l'impostazione del problema in termini pratici e di rapida soluzione, allorché, essendo in corso la guerra, diventa essenziale studiare un procedimento chirurgico radicale, che riduca al min imo la degenza e dia una buona cicatrice. Per raggiungere questi due scopi vengono proposte numerose metodiche ispirate ad un'ampia escissione della lesione. Dal 1943 ad oggi le numerose pubblicazioni testimoniano dell'interesse dell'argomento c dci tentativi per una guarigione rapida e definitiva. Sono evidenti le difficoltà di una sutura primaria. La regione sacro- coccigea vi si presta poco, sia perché la pressione, il sudore, i traumatismi, condizionati dal riposo a letto in decubito dorsale, favoriscono la macerazionc dei tessuti ed espongono a deiscenze e scollamenti, sia anche perché la setticità costante della cute del sacro- coccige, per la vicinanza della regione anale favorisce l'infezione, che è spesso responsabile degli insuccessi operatori. E' chiaro inoltre che dette suture sono da eseguirsi solo ·dopo ampie cxcresi che comportano inevitabilmente difficoltà nel tempo di avvicinamento dei piani di copertura e di abolizione dello spazio morto residuo. D'altra parte una condotta di escissione economica dei tessuti non è sempre possibile né desiderabile, specialmente nei confronti delle recidive o delle cisti molto voluminose. Da queste considerazioni il passo verso soluzioni plastiche è breve. Si propongono e si attuano gli innesti alla T iersch, le plastiche cutanee per

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scorrimento (Calzaretto) o per rotazione (Lalor) e gli scollamenti bilaterali dei piani superficiali e profondi (Holman, Pope) con o senza incisioni laterali complementari (Berman, Laxhey) in modo da realizzare lembi cutanei abbondanti e mobili tali da assicurare una sutura mediana senza tensione. Per porre un po' d'ordine fra i numerosi metodi attualmente in uso n el trattamento delle cisti pilonidali possiamo ora dividerli in aperti, semichiusi e chiusi.

Metodi aperti: consistono essenzialmente nella escissione in blocco delle cisti con messa a piatto della breccia chirurgica. Si pratica una incisione ellittica con grande asse verticale, che dalla linea mediana, a circa 3 - 5 cm al di sopra dell'orificio del sinus, circoscriva quest'ultimo, comprendendo lateralmente cm r- 1,5 di cute sana. I due bracci dell'ellissi si riuniscono sulla linea mediana a circa 3-5 cm al di sotto dell'orificio stesso. Eventuali tramiti molto lateralizzati possono essere escissi con incisioni supplementari a triangolo con base sull'ellissi. Viene prima liberata la parte prossimale .della formazione, e si procede quindi sino alla fascia presacrale, che normalmente non è interessata dal processo morboso. La liberazione del polo inferiore dell'ellissi richiede attenzione per non avvicinarsi troppo alla regione anale. Controllato il tessuto patologico, la soluzione di continuo viene tamponata con garza. La guarigione avviene in un periodo di 30-90 giorni, con maggior incidenza intorno ai 50 giorni (Carosi, Coll, Hopping, Kleckner, Rains, Swinton). Metodi semichiusi: possono essere ricondotti tutti alla tecnica di Mac Fee secondo la quale, praticata l'escissione in blocco della cisti, si suturano i margini cutanei al piano fasciale sacro - coccigeo, sulla linea mediana, con punti staccati in materiale non riassorbibile. Lo spazio aperto tra i margini cutanei suturati alla fascia viene riempito con garza vaselinata o iodoformica, da cambiare ogni 2- 3 giorni. Si applica bendaggio con cotone. Il paziente viene lasciato libero di deambulare il giorno successivo all'intervento. L'ospedalizzazione è di solito richiesta per i primi 5 giorni; i punti di sutura vengono rimossi in quinta- sesta giornata. La guarigione avviene in un periodo di 30- 35 giorni (Calderon, De Prizio, Donald, Hopping, Mac Fee, Parker). Metodi chiusi : la ricerca di una metodica ottimale ha portato a molte varianti che riguardano, dopo l'escissione delle cisti, il trattamento della cavità residua. Con il metodo di Alessandri si avvicinano i piani profondi con punti di catgut e si pratica la sutura dei piani superficiali con punti ad U verticali, incavigliati su tubi di gomma non rigida, da rimuoversi dopo 7 giorni.


I 5l

Varianti a questo metodo sono rappresentati dal vario modo di passare i punti in modo da ridurre gli spazi morti c facilitare l'accostamento dei margini delle ferite (punti a 8, evertenti, sorretti da batuffoli di garza, da bottoni ecc.). Così per es.: Comarr esegue la sutura con due ordini alternati di fili d'acciaio. Il primo ordine di filo è disposto su bottoni a 3•4 cm dal margine cutaneo, passando sotto al piano fasciale; il secondo ordine di fili è anch'esso ancorato alla fascia e prende i margini cutanei, evertendoli con punti alla Blair- Donati . Fabre, Lafore, Raims, Franco, Mevel, hanno proposto tecniche molto simili. Tutti questi metodi hanno nettamente migliorato ed abbreviato il decorso post- operatorio rispetto ai metodi aperti ma un ulteriore passo è stato raggiunto con l'applicazione delle tecniche che si servono di lembi fasciali, muscolari, o cutanei per ricoprire la superficie cruenta. Queste tecniche, nate dal proposito di interporre un cuscinetto di riempimento fra la cute e l'osso, hanno rappresentato, fin dall'inizio della seconda guerra mondiale, un elemento n uovo nel trattamento delle cisti pilonidali. Il riempimento dello spazio morto residuato all'escissione in blocco del tessuto patologico, avviene con fascia, con muscolo gluteo o con entrambi.

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Con il metodo di Holman si pratica l'incisione bilaterale, longitudinaie della fascia glutea con un sottile strato muscolare per tutta la lunghezza della breccia operatoria e si avvicinano i lembi fasciale sulla linea medi:::na. La loro sutura avviene con punti staccati in catgut cromico O, che prendono anche il piano fasciale sacro- coccigeo. Per la cute, Holman usa la sutura intradermica; uno dei poli dell'ir.cisione cutanea viene lasciato aperto senza drenaggio per 2 cm circa di lunghezza onde permettere la fuoriuscita di sangue e siero nelle prime 48 ore dopo l'intervento. La sutura cutanea viene rimossa in settima- ottava giornata. La guarigione avviene in un periodo di ro- rs giorni (Carosi, H olman, Swinto). Secondo Basile la media è di 17 giorni. Pope pratica l'escissione in blocco del tessuto pilonidale mediante un'incisione cutanea ellittica molto ampia. Il clivaggio e la mobilizzazione del grande gluteo costituiscono il secondo tempo essenziale dell'i ntervento. Si reperta palpatoriamente da una parte la cresta sacrale e dall'altra la linea dei tubercoli sacrali posteriori esterni alle coniugate sulle quali si inserisce il grande g luteo. Si seziona allora completamente l'inserzione del grande gluteo mediante un'incisione che segue questa linea e discende fino in prossimità del coccige. Mediante una pressione laterale e una dilacerazione prudente le dita dell'operatore separano il muscolo in due parti disugual i.


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Mediante l'impiego di questo lembo muscolare ben vascolarizzato, ancora unito al suo tessuto cellulare e alla sua pelle, è possibile praticare una buona copertura dell 'area sacro- coccigea. Il vero progresso nella terapia chirurgica delle cisti pilonidali è costituito a nostro giudizio dal metodo di Olivier e Lord, metodo che fondamentalmente ricalca la tecnica di Pope con la differenza che lo scollamento muscolo- fasciale si esegue bilateralmente. Jn tal modo diviene più facile realizzare una solida copertura della cresta sacrale mediante un cusci netto muscolo -fasciale al di sopra del qual e la cute non subisce tensione di sorta (vedi fig. 1).

Fig.

1. -

Plastica per ~co!l:Jmento bilarera·c del muscolo gluteo <,econtlo Oli, ier e Lortl.

Si può così realizzare una sutura cutanea rettilinea sulla linea mediana senza necessit1 di ricorrere a rotazione di lembi quale è previsto da altre tecniche (Calzaretto, Lalor e altri). La guarigione col metodo di Olivier- Lord avviene in un tempo medio di I 4- 16 giorni. 11 decorso post- operatorio degli interventi per cisti pcloni.dali può essere disturbato da :

- emorragia: si ovvia a questo inconveniente con un'emostasi preoperatoria molto accurata; - formazione di spazi morti: può osservarsi nei casi di tecnica non ortodossa (insufficiente emostasi, incompleto riempimento della breccia), per cui vi è un certo accumulo di siero o di sangue che disturba la sutura e


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ritarda la cicatrizzazione. Sarà utile lo svuotamento con ago e con piccolo drenaggio;

- infezione: l'uso degli antibiotici ne ha ridotto l'incidenza. L'infezione secondaria della ferita è certamente una costante minaccia in relazione alla vicinanza della regione anale che va accuratamente isolata ed all'uso sproporzionato di suture profonde che possono, in certi casi, fungere da corpo estraneo; - 11ecrosi: è da mettere in rapporto all'eccessiva trazione dei punti di sutura che provoca insufficiente vascolarizzazione dei lembi muscolo- cutanei; - deiscenza: è stata talora osservata ma è dovuta più all'irrequietezza del malato che a difetto di tecnica; - recidive: la causa va ricercata in due distinti fattori: l'incompleta escissione del tessuto patologico e l'infezione; la prima è generalmente dovuta ad un'exeresi economica; l'infezione invece è favorita da quelle complicanze post- operatorie immediate dianzi esposte e cronicizzate. L'incidenza delle complicanze è varia a seconda degli AA. e della tecnica impiegata, con percentuali che variano dal 2,8 al r4° , .

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE E OSSERVAZIO. l PERSONALI

L'analisi critica delle metodiche proposte per la cura delle cisti piloni·dali mette in chiara evidenza alcuni punti fondamentali sui quali sembrano concordare tutti gli AA. che si sono occupati dcii' argomento: a) le cisti pilonidali suppurate con segni di flogosi acuta in atto, devono venire incise e drenate rimandando il trattamento radicale alla risoluzione completa del processo suppurativo che, in qualche caso infrequente. porta, attraverso la distruzione della parete della cisti. all'elisione lenta e definitiva della cavità ascessualizzata; b) la molteplicità di metodi proposti per le cure della cisti pilonidalc, in assenza di processi suppurativi in atto, sta a dimostrare la ricerca di un metodo che consenta di realizzare, accanto allo scopo principale di una guarigione definitiva, le finalità, non meno importanti di assenza di recidive e di un decorso post- operatorio relativamente breve. Sono soprattutto questi ultimi punti che hanno sollecitato la proposta di tutti i metodi da noi descntti, apparentemente più numerosi di quanto non comporti l'importanza dell'affezione che si vuole curare. Sulla base delle considerazioni fatte abbiamo scelto, fra le varie tecniche operatorie quella di Olivier e Lord che ci è sembrata più rispondente a tutte le esigenze che la cura radicale dell'affezione comportava.


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Durante gli ultimi quindici anni, negli Istituti di Patologia Chirurgic:1 e di Clinica Chirurgica dell'Università di Siena e di Patologia Chirurgica dell'Università di Milano, sotto la direzione del Prof. Luigi Gallone, sono stati trattati, secondo la tecnica dì Olivier e Lord circa So casi di cisti pilonidali sacro- coccigee, la grande maggioranza dei quali ha potuto essere operata in prima istanza radicalmente, essendo una stretta minoranza rappresentata da casi con processo suppurativo in atto, per i quali si è provve-

Fig. 2. - Area cutanea che viene asportata in blocco con la fistola.

duto, come si è detto, ad incisioni e drenaggio rinviando l'intervento radicale ad un secondo tempo (figg. I, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8). I nostri pazient} sono compresi in un'età osciJlante tra i 30 ed i r6 anni, con l'incidenza massima intorno ai 20 anni. L'8o% circa è rappresentato da pazienti di sesso maschile. La degenza media è stata di 14 giorni. Per quanto concerne i particolari tecnici dell 'intervento ci siamo attenuti scrupolosamente all'impostazione generale del problema secondo Olivier e Lord. Del procedimento tecnico di questi due AA. sottolineiamo la grande importanza che assume l'incisione della fascia del muscolo gluteo che solidalmente, con un adeguato strato muscolare, può essere portata a scorrere verso la linea


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Fig. 3· - La fistola cd il tessuto sonocutanco circostante è parzialmente i~olata dal tessuto sano.

Fig. 4· - Si completa l'cxcresi del tramite fistoloso.


Fig. 5· - Liberata la zona dal tessuto patologico, si stacca parzialmente il muscolo gluteo dalle sue inserzioni alla cresta sacrale media dopo avere caricato con 4 Kocher l'estremità mediale della fascia glutea previamente incisa.

F ig. 6. - Lo scollamento muscolo · aponenotico è stato com 1letato bilatera!. mente.


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F ig. 7· - Accostando gli estremi mediali delle inserzion i glutee muscolo aponevrotiche si controlla se lo scollamento è stato suffic iente e pertanto se l'avvicinamento dei lemhi precedentemente preparati è possibile.

Fig. 8. -Sintesi fìna le delle inserzioni m uscolo-aponevrotiche destra e stmstra previamente d isinserite dalla cresta sacralc.


mediana consentendo w1a ricopertura della cresta sacrale media solida ed atta a dare una buona cicatrice. Il mantenere solidali la fascia del muscolo gluteo e il muscolo stesso consente di dare dei punti di avvicinamento che non cedano alla trazione e che non determinano lacerazioni del muscolo. La nota capacità emostatica del parenchima muscolare fa sì che si possa ottenere un'emostasi accurata con relativa facilità per cui, nella grande maggioranza dei casi, diviene inutile ogni drenaggio. Quest'ultimo è stato lasciato eccezionalmente in qualche caso nel quale avevamo operato in condizioni di dubbia sterilità allo scopo di introdurre antibiotici e drenare eventuali raccolte purulente. Anche in questi casi il drenaggio, posto caudalroen.te alla ferita, è costituito da un piccolo tubo di para, lasciato in situ solitamente per 3-4 giorni. Il drenaggio può essere particolarmente utile quando, in seguito ad exeresi relativamente ampie, si possono essere creati spazi morti alla cui elisione sarebbero d'ostacolo raccolte di qualsivoglìa natura. Concludendo riteniamo che il metodo dì Olivier e Lord, rappresenti un reale punto di arrivo nel trattamento della cisti piloni,dale, rispondendo alle principali esigenze dì radicalità e breve degenza sulle quali ci siamo soffermati nelle premesse del nostro lavoro e nel considerare le altre tecniche operatorie proposte.

RIASSUNTO. Dopo alcune premesse di ordine generale circa l'incidenza deile cisti pilonidali sacro - coccige viene richiamata l'importanza del loro trattamento radicale sotto il profilo sociale a causa della lunga degenza che detta affezione abitualmente comporta con le intuitive ripercussioni nel campo del Servizio Militare. E' noto l'alto numero di ricoverati che vengono registrati per questa affezione presso gli Ospedali Militari di tutto il mondo. Per queste ragioni si ritengono di particolare interesse le tecniche chirurgiche atte a migliorare i risultati del tranamcnto ed a ridurre le degenze ospcdaliere. Fra le molte tecniche chirurgiche proposte negli ultimi anni viene segnalata c valorizzata quella di Oliver e Lord della quale vengono descritti i dettagli tecnici e significaLivi. Viene presentata una iconografia relativa ai vari tempi dell'intervento.

RÉsuMÉ. - Après avoir exposé quelques notions d'ordre général sur la fréquen cc des kystes pilonidales, Ics auteurs soulignent l'importance du traitement radica! pour !es conséquences sociales cles hospitalisations trop prolongés cles malades dans Ics Hopitaux civils et militaires dans tout le monde. Pour cela s9nt considérées avec grand int.~r~t toutes les techniques chirurgicalcs qui peuvent améliorer Ics résultats de l'operation et réduire la longueur des hospitalisations. Parmi plusieurs techniques les auteurs soulignent la valeur de la technique de Oliver et Lord, de la q uellc i ls décrient !es détails !es plus significatifs. Quelque temps dc l'opération de Olivcr et Lord est présenté par photographies.


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Su~L\IARY. - Some generai ncws about frequency of sacro- coccigea! pilonidal kysts are given. Radica! treatment has a social importancc owing to the nurnber of the p::tients and the lasting of the disease. This fact is panicularly registercd by the military hospitals of ali thc countries in thc world. For that surgical technics suitable to improve end results, and to shortcn hospitaì stayng are regardedof great intcrest. Among surgical tcchnics suggested in last years is emphasized thc Oliver and Lord' : one, whose meaningfull details are described. Photografìc documentation of the operation is reported.

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l\flNISTERO DEL TESORO - D IREZIONE GE~ERALE DELLE PENSIONI DI GUERRA COMMISSIONE MEDICA SUPERIORE PER LE PENSIONI DI GUERRA Prc~idtmc:

Tcn. Gcn. Mcd. Prof. Dr. F. hDt-.\'AJ\

SULLA PERICOLOSITÀ DELLE INFERMIT A MENT ALI DISSIMULATE O LATENTI NEI MILITARI IN TEMPO DI GUERRA Magg. Gcn. Med. Prof. Dott. Vincenzo De Laurcnzi

I simulatori hanno in tuttt 1 tempi messo a dura prova l'abilità e la pazienza del medico e, in particolar modo, del medico militare che è stato definito: « perito fiscale in permanenza ». Galeno si occupò delle malattie simulate e non mancò di richiamare l'attenzione anche su coloro che fingono di delirare e di essere stolti e cercano di fare stolti gli altri >J . Ma i simulatori, appunto perché tali, provocano l'intervento del medico e possono così, con una certa facilità, venire smascherati. E se anche qualche volta riescono ad ingannare, il loro allontanamento dalla compagine dell'Esercito non costituisce in fondo un grave danno. Si tratta di immorali e <ii pavidi che davano fastidio anche a Mosè. Egli, infatti, prima del combattimento ordinava di eliminare i vili: « Quis est homo formidolosus et corde pavido? Vadat et revertatur in domum suam, ne pavere faciat corda fratrorum suorum sicut ipse timore perterritus est J> (Deteur., XX, 8). I dissimulatori, invece, fanno di tutto per sfuggire all'osservazione dei medici in modo da tenere nascoste le loro mende, che, se di natura psichica, rappresentano sempre un serio pericolo, specie in guerra. In genere si pensa che il fenomeno della dissimulazione sia raro o addirittura manchevole fra coloro che hanno obblighi militari. Il Luggiato, infatti, ha scritto: « Se in tempo <ii guerra molte persone tendono a simulare malattie mentali e disturbi che realmente non hanno, in tempo di pace, invece, tutti tendono a dissimulare parte dei loro pensieri e soprattutto celano piccoli difetti, le tare della propria personalità, le anomalie e le gibbosità mentali di cui sono tormentati >> . L 'esperienza dimostra, invece, che anche in tempo di guerra i dissimulatori , purtroppo, non mancano. Non poche persone preferiscono affrontare i disagi ed i gravissimi rischi della guerra piuttosto che rendere note le loro anomalie e le loro infer(t


mità, ed in questi insani propositi spesso vengono favoriti dalle stesse famiglie, esageratamente gelose della propria reputazione o illuse da una apparente guarigione o fiduciose nell'efficacia dello shock guerra. Schizofrenici lucidi che sanno dominarsi negli impulsi, distimici net periodi intervallari, epilettici, personalità psicopatiche, neuroluetici, ecc. n escono a passare attraverso i filtri selettivi e ad immettersi nell 'ambiente militare. Ma se in tempo di pace possono rimartere alle armi per un certo tempo senza gravi conseguenze, difficilmente resistono, poi, alla prova sensibilizzatrice del servizio di guerra che per .]e sue imprescindibili necessità costituisce un ottimo rivelatore. Purtroppo, però, le infermità psichiche e le al::normità costitutive non si disvelano sempre in modo graduale e innocuo, non poche volte si manifestarto con lo scatenarsi improvviso di impulsi sanguinari ai quali la stessa guerra predispone, sia per il facile uso delle armi sia per l'accentuata tendenza agli atti violenti. La stessa eventualità, purtroppo, si può verificare quando l'infermità non è dissimulata, ma decorre in modo latente. Sappiamo che la schizofrenia può anche esplodere con impulsi violenti; la prima manifestazione dell'epilessia può essere rappresentata da un attacco improvviso, parossistico di natura psichica; in rari casi la stessa paralisi progressiva, dopo avere covato per molto tempo, scoppia in modo improvviso e brusco; brusco può essere artche l 'insorgere di un episodio distimico. Ovviamente, queste improvvise manifestazioni delle infermità latenti non si possono prevenire, mentre il medico può scongiurare i pericoli delle infermità dissimulate. Riferisco alcuni casi che ebbi occasione di osservare presso il Reparto Neurologico dell'Ospedale Militare .di Tirana, da me diretto, durante il periodo bellico. I. - ScHIZOFRENIA (Omicidio).

Sold. ToFAN. - Nel marzo 1941, mentre nel suo reparto si consumava il rancio, un soldato si allontanò per soddisfare un bisogno e non fece più ritorno. Fu trovato ucciso in una latrina con un colpo di baionetta al cranio. Dopo circa un mese, quando ormai si sperava poco di rintracciare l'omici.da, un soldato .di nome Tofan, con la massima naturalezza, dichiarò di essere stato ltù ad ucci.dere il commilitone perché «camminava male ». La dichiarazione fu confermata da prove. Né prima dell'omicidio (circa due mesi) né dopo, Tofan aveva fatto rilevare segni che potessero fare sospett3re una infermità mentale. Ricoverato nel nostro Reparto, presentò profonda inerzia, atteggiamento catato1ùco e tendenze negativiste. Per ore e per giorni rimaneva immobile in decubito laterale sinistro e durante i bombardamenti rideva, dicendo: « camminava male >> .


II. - ScHIZOFRENIA (Mancato omicidio).

Sold. ANSiv. R. - Il 12 aprile 1941 si allontanava .dal Reparto. Dopo due giorni veniva sorpreso mentre abbandonava l'arma e le munizioni e veniva riconosciuto quale autore di spari contro un porta- ordini. Notizie anamnestiche. Dal 1939 « disturbi nervosi »: a volte stava 15- 20 giorni senza volere vedere nessuno. A volte si allontanava .da casa per parecchi giorni e andava vagando per la campagna fino a quando non veniva rintracciato dai parenti. Sbarcato in Albania, (( sembrava pervaso come da un'esaltazione patriottica per cui svegliava i compagni profferendo frasi per lo più sconclusionate, come fuori .di sé. Una notte si avvoltolò nel fango dell'accampamento, gridando come un forsennato )) . Nel carcere « stranezze » : fra le altre, un giorno, bevve .deli ' urina. Note obbiettive. Durante il periodo .di osservazione fece rilevare impulsi, dissociazione del pensiero, .deliri, allucinazioni, aridità affettiva (si era allontanato dal Reparto perché stanco ed infangato; era a conoscenza di tutte le malefatte .dei superiori, una radio gli aveva detto tutto, aveva sentito con le sue orecchie la voce .della moglie che si trovava in un cinematografo o teatro che i carabinieri musulmani avevano improvvisato in vicinanza della sua camera. Tutti i carabinieri di Scutari avevano abusato di sua moglie; Re Zog, vestito da maresciallo dei carabinieri, era andato a trovarlo e gli aveva regalato un paio di lacci per le scarpe, ecc.). Esposizione ricca di divagazioni e di omissioni. Affettività non adeguata.

II I. - STATO CREPUSCOLARE EPILETTICO (Omicidio). Autiere MIL. AL. - Il 14 aprile 1941, guidando da Leskovik alla volta di Elbasan un autocarro con a bordo ufficiali e soldati, procedeva a velocità esagerata, faceva discorsi inopportuni e spesso toglieva le mani .dal volante. Ripreso da un tenente medico, che viaggiava con lui in cabina, rispose con parole offensive, e, ad un certo punto, abbandonò il volante e impugnò la pistola. La macchina sbanda, il medico con una mano afferra il volante e con l'altra cerca di disarmare il Mi l. , ma questi fa scattare l'arma e ferisce l' ufficiale al labbro superiore. Intanto l'autocarro che va per suo conto investe una vecchia .di 70 anni e la uccide. Per fortuna il medico, sebbene ferito, resiste alla violenza dell'energumeno e riesce a bloccare il mezw proprio quando stava per finire in un burrone. Trasportato al 33° O.C. di Krast, l'autiere continuò per un pezzo a com mettere atti che furono definiti pazzeschi, ma poi fu preso da sonno profondo. Al risveglio affermò di non ricordare nulla di quanto aveva comm esso. Notizie anamnestiche. Dai superiori era tenuto in considerazione di persona seria ed equilibrata ed era ben visto anche dai compagni, sebbene fosse


espansivo e piuttosto taciturno. Modicissimo bevitore non aveva ma1 frequentato le osterie. La nonna paterna era stata ricoverata in manicomio per epilessia. Note obbiettiue. Durante il periodo di osservazione nel nostro Reparto sempre corretto, rispettoso, ordinato. Mai manifestazioni che potessero fare sospettare una condizione di psicopatia permanente od anche solo di deficienza intellettuale o morale. Non segni riferibi li a malattia organica del nevrasse. fOCO

IV. - STATO CREPt:SCOLARE EPILETTICO (Tentata strage). DE Ro. GIUSEPPE, guardia di finanza. - Il 9 gennaio 1943 si trovava a sciare presso Carcv- Duor quando due borghesi, probabilmente macedoni, certo non italiani, gli contesero il passo. L'atto gli sembrò una grave offesa sia alla persona che alla divisa e ritornò in caserma in preda a sorda irritazione. Alle 14 consumò il pasto, bevendo poco vino. Alle 17, sempre in preda a turbamento interiore che non aveva trovato adeguato sfogo, si arma di moschetto, dà uno spintonc al collega di servizio e si porta sulla pubblica via dove si dà a sparare in tutte le direzioni; poi raggiunge il caffè Vittoria; apre la porta con un calcio c intima il « mani in alto 11 ai presenti (tutti civili). I malcapitati, non sapendosi dare conto di quanto succedeva, ubbidiscono alla intimazione e il De Ro., dopo essersi accertato che tutti stavano fermi con le m ani in alto, indietreggia di alcuni passi e spara parecchi colpi ferendo gravem ente quattro persone. Avrebbe continuato se non fosse stato immobilizzato da un robusto maresciallo dei carabinieri. Trasportato in caserma, per un pezzo pronunciò « parole incomprensibili » e quindi <<si a{ldormentò profondamente n . Si svegliò alle prime ore del giorno seguente. Nei vari interrogatori affermò sempre di ricordare soltanto che era stato offeso da due borghesi mentre sciava e che, rimasto in preda a sorda irritazione, aveva sentito, ad un certo punto, prepotente bisogno di uscire dalla caserma. Notizie anamnestiche. Modico bevitore, non aveva sofferto malattie di importanza in ?assato c aveva tenuto sempre buona condotta sia da borghese che da militare. Aveva, però, compiuto qualche atto «stravagante ». Nel luglio 1942, mentre era in servizio, aveva sparato alcuni colpi contro una tartaruga. Nel dicembre dello stesso anno, con scatto improvviso, aveva strappato il portafogli c i documenti in esso contenuti. Note obbiettit•e. Durante il periodo di osservazione nessuna manifestazione che potesse fare sospettare una psicopatia permanente. Disciplinato, rispettoso, ordinato, fece rilevare soltanto una certa instabilità dell'umore e note di irritabilità emotiva e di esauribilità. Furono osservati anche tremori delle palpebre socchiuse e delle dita nella posizione a mani protese. Patellari


vivaci e dermografismo rosso accentuato e persistente. Negative le vane ncerche nel sangue e nel liquor.

V. - EPILESSIA (Omicidio per tradizioue). MAc. NuE., guardia di finanza albanese. - Il 1 ° marw 1941 si trovava piantonato, perché sospettato di autolesionismo, nell'Ospedale Militare di T irana. Mentre era in attesa del suo turno per farsi tagliare i capelli, si avvicinò alla valigctta del barbiere e prese la m acchinetta con l'evidente intenzione di volere fare da sé, ma il barbiere intervenne c glielo impedL Presente al fatto era un sergente italiano, anche piantonato, il quale gentilmente si offerse di tagliare i capelli all'impaziente albanese. Mac. Nue. accondiscese di buon grado, ma, quando si accorse che il sergente non possedeva la necessaria capacità, non gli permise di continuare. senza peraltro dimostrare alcun risentimento. Dopo poco, alle ore II, il barbiere, chiamato ad altro servizio, sospese il lavoro e non fece più ritorno. Alle 16, avendo il carabiniere di servizio appoggiato il moschetto carico su un letto, per allacciarsi una scarpa, il Mac. Nue., con mossa fulminea, si impossessò dell'arma, la puntò contro il sergente e lo uccise. Ricoverato al nostro Reparto, l'omicida riferì che da alcuni anni andava soggetto a crisi caratterizzate da offuscamento della coscienza c da tendenza a commettere atti di violenza. Le crisi erano precedute da forte senso di calore al dorso. Il " calore » al dorso gli consentiva di prendere in tempo tutte le precauzioni necessarie. Affermò di avere agito contro il sergente mentre era in preda ad una delle solite crisi, ma aggiunse che lo avrebbe ucciso lo stesso, anche in piena coscienza, perché cosl gli comandava la legge della montagna, la legge di Lek Dukag jin, secondo la quale si toglie l'onore ad un uomo quando in presenza di altre persone gli si tagliano i baffi o i capelli, quando gli si offende l'ospite o gli si scoperchiano i vasi delle vivande mentre si trovano sul fuoco, ecc.. Tagliare i capelli ad una persona è, secondo il Kanun, come avere rch::zione con sua moglie. Sostenne che il sergente gli aveva tagliato i capelli con l'intenzione di fare ridere gli altri alle sue spalle. Ammise di essere cattolico c di avere commesso un grave peccato, ma « è meglio essere condannato all'inferno che perd ere l'onore >>. Notizie anamuestiche. Dai carabinieri si apprese che era « un prepotente >> c dal suo capitano che era (( di carattere chiuso e poco loquace, ma disciplinato e molto rispettoso ll . Note obbiettiue. Presentava asimmetria cranio- facciale; naso deviato a destra; sporgenza notevole delle arcate sopraorbitarie; asi mmetria del torace; piccole mammelle soprannumerarie; espressione fisionomica truce con frequenti contrazioni dei muscoli della fronte e del dorso del naso; incesso

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x66 l~nto. Durante il periodo di osservazione fece rilevare primitività intellettua-

le, note di impulsività e di irruenza, estremismo e fanatismo nelle proprie convinzioni. Non lasciò mai scorgere segni di pentimento o di pietà verso la vittima, ma, al contrario, dimostrò sempre soddisfazione e compiacimento per essere « risuscitato nel Kanun >> . VI. - NEUROLUES (Strage). RIZ. lsM., Sergente maggiore albanese. - Il 12 febbraio 1941, dopo avere riscosso la decade a Durazzo, sparì dalla circolazione per ricomparire il 23 aprile in un esercizio pubblico di Koriza. Qui dichiarò di avere ucciso la moglie, i suoceri e un cognato e pregò i presenti di volerlo accompagnare alla più vicina stazione dei carabinieri. Il maresciallo ·dei carabinieri si recò subito nella casa indicata e, in una camera illuminata da tm lucignolo, trovò uno spettacolo macabro e terrificante: quattro cadaveri in posizione seduta, su un divano: la suocera del Riz. con il capo reclinato su una spalla, su un altro divano la moglie con il capo rovesciato all'indietro, il suocero con il capo sul petto di sua figlia e il cognato con la faccia seminascosta dietro la spalla di sua sorella. La posizione dei quattro cadaveri e la nota qualifica di tiratore scelto dell'omicida fecero pensare ad un fulmineo eccidio consumato di sorpresa. In istruttoria l'imputato riferì che, essendo stato informato che la moglie lo tradiva con militari greci, aveva più volte tentato di attraversare le linee per raggiungere Koriza, ma vi era riuscito soltanto il 19 aprile, dopo l'occupazione della città da parte degli italiani. Aveva potuto cosl « vendicare » il suo onore. I compaesani indicati dal Riz. come suoi informatori, sentiti come testi, esclusero in modo assoluto di avergli detto che la moglie lo tradiva, anzi uno di essi precisò che lo aveva sempre ritenuto celibe. Tutti gli altri testimoni furono concordi nell'affermare che la povera morta aveva sempre tenuto condotta irreprensibile. La stessa madre dell'omicida depose a favore della nuora definendola donna onestissima. Notizie anamnestiche. Il soggetto si era arruolato nell'esercito albanese nel 1935, e dopo avere frequentato la Scuola Sottuf.fìciali di Tirana era stato promosso sergente maggiore. Passato nell'esercito italiano, si era comportato sempre bene e in guerra aveva compiuto anche atti di valore. Un fratello del padre era morto alienato. Note obbiettive. Presentava anisocoria con torpore del riflesso irideo alla luce; ipoestesia nel territorio del trigemino destro; riflessi tendinei notevolmente aumentati. R. W. fortemente positiva nel sangue, iperalbuminosi e Pandy positiva nel liquor. Sempre di umore cupo passava molte ore del giorno seduto sul letto con la testa china come se stesse a riflettere. Superbo, puntiglioso, diffidente, ipocritico, sosteneva con molto calore le sue tesi e se non gli si dava ragione


diveniva aggressivo. Nessun pentimento per quanto aveva commesso, ma compiacimento per <<avere salvato l'onore». VII. - PARALISI PROGRESSIVA (Mancata strage). Un capitano albanese, affetto da tabe accertata, aveva ottenuto un periodo di inabilità di 8o giorni. Allo scadere, non so dove e non so come, ottenne l'idoneità, ritornò in servizio e fu promosso maggiore. Dopo due anni, mentre era di servizio alla frontiera, al comando di un battaglione, decise di attaccare la Bui garia, neutrale!! Per fortuna fu fermato in tempo. E' facile immaginare quali conseguenze avrebbe avuto, anche nel campo internazionale, l'insano gesto. La lues aveva fatto i suoi progressi. VIII. - PERSONALITÀ PSICOPATICA - REAZIONE ESPLOSIVA (Omicidio). BER. CA. Nel pomeriggio del 25 dicembre 1941 a Sassobianco (Durazzo), si accorse che gli mancava un paio di calze che aveva ricevuto in regalo dalla moglie per le feste di Natale. In un primo tempo, credendo che si trattasse di uno scherzo dei compagni, si mise a rovistare i loro posti. Riuscita vana ogni ricerca, si armò di fucile e, cupo e pensieroso, si mise a girare fra le baracche. Ad un certo punto vede un ragazzo con in mano le sue calze, lo rincorre, gli strappa l'indumento e lo fa cadere colpendolo con il calcio del fucile. Poi ritorna indietro, ma fatti circa 20 metri, quando tutto sembrava finito, si volta, punta l'arma contro il ragazzo e l'uccide. Secondo alcuni testimoni parecchie volte, in precedenza, aveva esternato il proposito di volere uccidere chi gli rubava la biancheria. N otizie anamnestiche. A veva qualche tar a ereditaria (cugino del padre ricoverato in manicomio). A 23 anni dovette scontare una condanna di 40 giorni per lesioni ed a 29 anni fu condannato a 13 anni di reclusione per omicidio volontario (aveva gettato in un canale il suocero di sua sorella). Dal parroco del suo paese venne definito un esaltato c dai carabinieri: « prepotente e furioso >• . Il suo Comandante, invece, lo giudicò cordiale con i compagni, rispettoso con i superiori, affezionato alla moglie ed ai figli. Note obbiettive. Asimmetria del cranio e degli orecchi. Pene piccolo, ipoplasia del testicolo sinistro, tendenza alla ginecomastia. Lieve esoftalmo, scosse nistagmiformi, tremori delle palpebre socchiuse e delle dita nella posizione a mani protese. Umore instabile. Spiccate note di irritabilità emotiva, facili esplosioni di collera per minimi stimoli.

JX. - PERSONALITÀ PSICOPATICA (Lesioni gravt). Sold. CRo. FR. - Il 14 settembre 1941 si allontanò arbitrariamente dall'accampamento e andò a K.ruja per « divertirsi ». Dopo quattro giorni di gozzoviglie ritornò al reparto dove, alla notizia che sarebbe stato punito se-


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veramente, diede in escandescenze e, minaccioso, tentò di allontanarsi. Un compagno cercò di calmarlo e di trattenerlo, ma ricevette dall'energumeno due colpi di baionetta- pugnale al torace. Subito dopo il Cro. viene preso da crisi di pianto, chiede di vedere il compagno gravemente ferito e vuole accompagnarlo, a tutti i costi, fino all'Ospedale. Qui viene preso da un vero accesso furioso con minacce e parole sconnesse. A stento si riesce ad impedire che la sua furia si scateni contro altre persone. Interrogato il giorno seguente dichiarò di ricordare confusamente l'episodio. Notizie anamnestiche. Nell'infanzia spesso fuggiva da casa e andava a rubare alla Stazione, nei mercati, sui tram. A 9 anni fuggì dal collegio in mutandine. A 14 anni fu arrestato tre volte per furto, a r6 fu condannato per scasso c a 17 per furto con destrezza. Cambiò parecchi mestieri e si fidanzò diverse volte. A Brescia, per futili motivi, ruppe le stoviglie ed i vetri di una trattoria. A Valona rovesciò parecchie tende e prese a pugni ed a calci le persone che cercavano di calmarlo. Nelle campagne di Spagna e di Grecia desiderò sempre di fare largo uso di bombe a mano e di attaccare il nemico all'arma bianca. Cessate le operazioni contro la Grecia, chiese subito di andare a combattere in Russia come paracadutista. Note obbiettive. Tremori della lingua protrusa, delle palpebre socchiuse e delle dita nella posizione a mani protese; tendinei vivaci; rombergismo; umore cupo; segni di facile iracondia e di impulsività.

X. - PERSONALITÀ PSICOPATI CA IPOEVOLUTA (Autolesionismo). ARN. MrcH. - Il 21 aprile 1941 veniva ricoverato all'Infermeria della R. Marina di Valo na per vasta ferita di arma da fuoco al piede sinistro con foro di entrata al dorso e foro di uscita alla pianta. All'ufficiale medico di guardia non esitò a dichiarare che si era ferito per potere rimpatriare. Diede in seguito versioni diverse e, infine, confermò la prima dichiarazione. Notizie anamnestiche. Il padre dedito al vagabondaggio e al furto, ubbriacone e violento aveva distribuito più volte coltellate ai familiari e aveva passato parecchi anni in carcere. La madre faceva la prostituta, concedendosi ai pregiudicati anche in presenza dei figli. Un fratello aveva subito diverse condanne per furto. Egli stesso nell'infanzia aveva fatto rilevare tendenza all'ozio e al furto. Raccolto dalla R. Nave Caracciolo, era stato arruolato nella R. Marina, ma per le sue scarse capacità era rimasto quasi sempre a terra e gli erano stati affidati i servizi più umili. Note obbiettive. Statura bassa, fronte lievemente rientrante, padiglioni auricolari ad ansa, lingua grossa e profondamente solcata; doppio vortice dei capelli all'occipite; abbondanza di peli negli arti inferiori e assenza completa al tronco ed agli arti superiori; notevole sviluppo <iella verga. Dal pun-


to di vista psichico: aria smarrita e supplichevole di chi viene ingiustamente accusato, segni di ossequio interessato, ostentazione di docilità, sguardo rivolto sempre a scrutare il pensiero dell'interlocutore con furbità animalesca; eloquio abbondante, ma pesante e incolore; tendenza alla menwgna; aridità affettiva; sentimenti morali ipocvoluti.

XJ. - PERSONALITÀ PSICOPATICA (Tentato sfregio). Era un soldato brutto di aspetto : statura bassa, testa piccola, cuo1o capelluto con molte rughe, strabismo, lingua scrotale, espressiOne truce. Al Corpo si era dimostrato impulsivo, prepotente, manesco, stravagante: si era, tra l'altro, procurato delle bisce per fare il << prestigiatore )) . Il suo aspetto e i suoi precedenti mi indussero a farlo perquisire accuratamente e in mia presenza. Potei così osservare che, mentre gli toglievano gli indumenti, egli teneva le dita lunghe fortemente ad<lotte, stringendo fra l'anulare e il medio una mezza lametta Gillcttc. lmmobilizzato e privato del pericoloso oggetto, lì per lì non seppe dare alcuna spiegazione. Soltanto dopo la sua partenza si seppe che si era proposto di fare una « carezza alla guancia di qualcuno » per vendicarsi dell'ingiusto ricovero. Cito ancora un altro caso che avrebbe potuto avere serie conseguenze se non fossero stati presi tempestivi e congrui provvedimenti.

XII. - EPILESSIA OSTI~ATAME~TE DISSIMULATA IN UN CONDUCENTE DI AUToMEZZI PESANTI.

Un autiere, inviato al Reparto Neurologico con diagnosi di « epilessia constatata», negava ostinatamente di soffrire di tale male. Un giorno si presentò con una ferita lacero-contusa alla fronte: disse che era scivolato sul pavimento, bagnato, del gabinetto. Lo feci rimpatriare con la prima nave ospedale, ma in Italia riuscì ad ottenere il giudizio di idoneità c ritornò in Albania, al suo reparto. Dopo qualche settimana fu rinviato in Ospedale, sempre con la diagnosi di epilessia. Continuò a negare. Decisi allora di tenerlo come piantone nel mio ufficio, e qui, dopo pochi giorni, fu preso da un classico attacco durante il quale riportò un'altra ferita al capo. Confessò, poi, che aveva dissimulato perché attaccatissimo al suo mestiere che era quello di camionista. Venuto alle armi aveva sempre prestato servizio alla guida di grossi camions carichi di truppa! Ricorderò inoltre che dal dicembre 1940 al giugno 1943 128 mental i pericolosi (schizofrenici e distimici), scoperti in tempo, furono ricoverati nel nostro Reparto e quindi trasferiti, tramite l'Ospedale Militare di Bari, all'Ospedale Psichiatrico di Bisceglie; qui 12 rimasero ricoverati, 5 decedettero, I riuscì ad evadere, 17 furono dimessi per l'articolo 66, 9 per l'articolo 6g,


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per l'articolo 64 e 85 furono trasferiti e internati negli Ospedali Psichiatrici delle rispettive regioni di origine (Venezia Giulia I, Puglia I, Lazio I, Marche 2, Calabria 2, Trentine 5, Piemonte 6, Abruzzo 4• Toscana 5, Emilia 8, Lombardia ro, Sicilia IO, Campania r3, Veneto 17) .

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••• I casi descritti e il numero dei mentali pericolosi per i quali si impose l'internamento nei vari Ospedali Psichiatrici d'Italia, indicano la pericolosità delle malattie dissimulate o latenti. Nostro compito è smascherare il dissimulatore, compito che potremo assolvere con una certa facilità solo se riusciremo a procurarci la chiave che l'interessato tiene gelosamente nascosta: l'anamnesi. Giovanni Mingazzini insegnava: <c Senza la conoscenza della anamnesi non è possibile alcuna diagnosi ». E' un insegnamento che riguarda tutti i medici, ma in particolar modo lo psichiatra specie quando è chiamato a risolvere problemi medico -legali. Il pensiero è chiuso in una scatola ermetica c, purtroppo, la nostra obbiettività strumentale è ancora quasi nulla. Il T anzi ha scritto: cc Estremamente difficile e talvolta impossibile è il dimostrare la dissimulazione in individui che godono piena libertà ... e che sostengono con dialettica acuta ogni contraddittorio ». Il dissimulatore, infàtti, finisce col tradirsi se viene tenuto in osservazione protratta in adatto istituto e se viene sottoposto a prolungati colloqui c ingannato da particolari artifici. Tutto questo, naturalmente, non può realizzarsi nel pieno fermento di una guerra. Il mezzo migliore quindi è sempre l'anamnesi che neU"ambiente militare può essere fornita dalle preziose informazioni dei carabinieri. Ma è da tenere presente che, se in un piccolo centro i carabinieri conoscono tutti e il loro compito può riuscire relativamente facile, la stessa cosa non può avvenire nei grandi centri specie nei periodi di mobilitazione quando il numero dei richiamati è enorme e il tempo disponibile è insufficiente. Neanche le informazioni dei carabinieri, quindi, costituiscono un mezzo sempre sicuro. Nei casi di schizofrenia, di distimia, di epilessia, di neurolues, il provvedimento di riforma, naturalmente, si impone. Per guanto riguarda, invece, le personalità psicopatiche le opinioni non concordano. Nel classico trattato del Tanzi e Lugaro si legge: cc La disciplina militare con la sua rigi<lczza mette in evidenza ed esaspera i caratteri ribelli o ineguali o spensierati, è un reattivo che mette capo alla diserzione, a stragi, a condanne, alla Compagnia di disciplina, allo scoppio di psicopatie ,, _ Autori moderni ritengono, invece, che per alcune personalità psicopatiche si potrebbe utilizzare l'effetto psicoterapico della vita militare. Contro questa concezione moderna ha fatto sentire la sua autorevole voce il Ferrari che così si è espresso: cc Tenuto conto del livello altamente spe-


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cializzato dell'organizzazione militare, a me pare che i soggetti abnormi debbano essere eliminati dalle Forze Armate con criteri molto larghi: il violento, l'estroso, l'astenico, il pignolo, l'insicuro, il labile dell'umore non hanno posto in un a organizzazione altamente efficiente c specializzata quale è l'Esercito. Le Forze Armate non hanno compiti assistenzial i e debbono godere dd privilegio di potere eliminare le personalità abnormi '' · In base alla nostra esperienza di guerra, noi non possiamo non condividere l'opinione del Ferrari. Le personalità psicopatiche, anche quando non riescono pericolose, anche quando non esplodono, sono sempre un peso, un impaccio per un reparto. Sono un fardello che viene penosamente sopportato nella società civile, ma non può essere tollerato nella compagine militare, spec1e m guerra. CoxcLUSIONl.

r. - Il fenomeno della dissimulazione non deve essere sottovalutato. Le visite delle redute e dei richiamati devono essere precedute dalla conoscenza di sicure notizie anamnestiche. 3· - Se durante la permanenza alle armi un militare lascia affiorare qualche segno sospetto, deve essere inviato in osservazione e nei suoi riguardi bisogna ripetere la richiesta delle informazioni. 4· - Quando permangono dubbi è buona regola prendere un provvedimento provvisorio. 5· - l carattcropatici dovranno senz'altro essere eliminati. 2. -

RrASSUNTO. - L'A. riferisce r2 casi di reati commes\i durante il periodo bellico in Albania da militari affetti da infermità mentale dissimulata o latente. Tmbtc sulla necessità di non sottovalutare il fenomeno della dissimulazione. Ritiene indispensabili le informazioni sul contegno, sulla condona e su eventuali precedenti manifestazioni psicopatiche, per ogni soggetto chinrnato alle armi. Esprime il convincimento che le personalità psicopntiche debbono essere eliminate dalle Forze Armate. RÉsu~tÉ. - L'Auteur relate 12 ca~ de crimes commi~ pendant la période de guerre en Albanie par des militaires aneints d'infirmité mentale dissimulée ou latente. Il insiste sur la nécessité de ne pas sous - estimcr le phénomène dc la dissimulation. 11 juge indispensablcs Ics informations sur la tenue, la conduitc et sur d'évcntuelles précédcntes manifestations psychopatiques pour chague sujct appclé sous Ics armes. TI exprimc sa conviction que !es personnalités psychopatiqucs doivcm è!tre éliminées dcs Forccs Armées. S~:M~WlY. The Author reports 12 cases of crimes committed in Albania during thc war period by some soldicrs afflictcd by dissimulatcd or latent mentnl discases. Hc insists on the necessity of not underestimating the phenomcnon of dissirnulation. Hc thinks indispens::tble any information on bchaviour, conduce and eventual previous psychopathic manifestations with regarcl to every subjcct called to arms. He expresses his conviction thnt psychopathic pcrsonnlitie~ must be clirninated from the Armed Forces.


OSPEDALE MILIL\R F. DI FIRE~ZE , ~lED . o·oRO 1\. \' A'I~)<IJ D1r~uort: Col. ~led. Prof. Dr. S. Fat'l

IN TEMA DI PSICHIATRIA MILITARE I<JFLESSTONJ SVLL'I.'VCTDEJ\~ZA DI MALATTIE PSICHIATRTCHE SUL CONTINGENTE Dl LEVA DEL 1970 PRESE.VTATOS/ AT. D!STT?ETTO MlUTARE DI FIRENZE

R. Falchi

L. Rossi

La motivazione d i questo nostro lavoro trova ongme principalmente nella considerazione dell'importanza dell'attualità che i problemi psichiatrici riguardanti l'ambiente militare assumono alla luce soprattutto dei recenti dibattiti che si svolgono in molti ambienti sia medici che sociali c che hanno come tema l'igiene c la salute mentale dei giovani. E', infatti, nell'ambiente sociale nel quale noi viviamo che questa nostra ricerca si proietta. I giovani, che arrivano al nostro esame, provengono dalle più disparate classi sociali, frutto di c<iucazioni le più diverse, forniti di tm bagaglio culturale acquisito nel modo più vario sia nell 'ambito della propria famiglia che del loro strato sociale. L'essere strappati improvvisamente dalle loro abituali consuetudini, a contatto con modi ed abitudini diverse, determina in loro una modificazione e una nuova strutturazione della loro personalità, che può assumere pure aspetti negativi. Ma non è compito di questo lavoro valutare quali conseguenze può avere il distacco dall'ambiente abituale di un giovane, lontano dalla famiglia e inserito in una comunità con le sue leggi c le sue consuetudini. Molto, in questi ultimi tempi, si è parlato d ell'incidenza delle malattie mentali nella nostra popolazione. Si sono fatte numerose statistiche, arrivando a volte a conclusioni per lo più controverse. Questo da parte soprattutto di alcuni Paesi, quali la Francia e gli Stati Uniti, da quando nei loro eserciti sono stati organizzati i servizi psichiatrici. A nostro parere, riveste grande importanza il poter stabilire l'incidenza delle manifestazioni psicopatologichc dei soldati che arrivano al nostro esame. E' solo così che possiamo avere uno strumento per la valutazione della salute m entale dei nostri giovani. Uno degli aspetti più significativi, che scaturisce dall'esame dei dati che sotto enunceremo, è la constatazione di un aumento delle manifestazioni psichiatriche che in questi ultimi die<:i anni è andato sempre più ingigantendosi, rispecchiando, in parte, la situazione che da molti studiosi viene denunciata nell'ambiente civile. Non sta a noi esaminare i fattori che hanno dato questo notevole incremento, limitandoci noi all'enunciazione di dati ,


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validi, comunque, per il loro significato. D 'altra parte, l'aumento dei soggetti eliminati dal servizio militare per malattie psichiatriche è comune ad altri Paesi, come, per esempio, si può vedere dalle statistiche emanate dal Servizio Sanitario francese che ha visto salire il numero degli esonerati dall'r,8o% del periodo compreso fra il 1957 al 19<}3, al 7,70% per il contingente presentatosi ai centri di selezione nel 1969. A parte una maggiore severità di esame, è innegabile, che fra le altre ragioni, l'aumento di tali percentuali è dovuto ad un vero e proprio aggrzvamento della morbilità psichiatrica, tenuto conto, poi, che certe manifestazioni sono legate, a volte, a una inadeguata educazione socio- culturale dei soggetti con conseguente disadattamento per la comunità militare. E' comunque strano, che giovani forniti di un buon corredo culturale, vissuti in un ambiente familiare dove hanno trovato spesso soddisfazione per tutte le loro esigenze, contornati da affetti e privi per lo più di problemi economici e che apparentemente vivono una vita normale nel loro ambiente sociale, si scompensino immediatamente appena venuti a contatto con un sistema di vita come quello rappresentato dall'ambiente militare, per cui il servizio di leva rappresenta per alcuni l'occasione per manifestare latenti situazioni di immaturità affettiva e di scarso condizionamento della loro personalità. Per non parlare poi delle personalità già costituzionalmente tarate, che trovano nel nostro ambiente il modo per rendere manifesta tutta la loro carica di psicopatolç>gicità. Dall'esame dei dati in nostro possesso è stato possibile ricavare la seguente tabella statistica: ~

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Tot-ale conti gente di leva (2)

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6

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Ctg.

23

463

C tg.

r64

rg68

1940 14.269 1950 I2.I20


Per maggiore comprensibilità dei <lati <la noi accertati abbiamo creduto opportuno dividere i soggetti esaminati in deboli di mente, nevrotici, caratteropatici, neurodistonici, psicotici, omosessuali, tossicomani e infine, in epilettici. Schema questo ben lontano dal rappresentare un buon sistema di discriminazione ma che comunque ci permette <li raggruppare in un numero piuttosto ristretto le multiformi e spesso indefinite sindromi psichiatriche. l deboli di mente rappresentano, per consistenza, un gruppo molto importante. Fra questi sono considerati i gravi oligofrenici e gli elementi con deficit appena accennati ma invali.danti, comunque, per lo svolgimento del loro servizio. Alcuni di questi svolgono nella vita civile lavori manuali per lo più semplici e non impegnativi, altri sono inabili a qualsiasi lavoro proficuo. Sono questi gli handicappati psichici che seguiti durante la loro permanenza in ambiente scolastico, vengono poi abbandonati a se stessi, a volte emarginati dal loro stesso ambiente familiare, impotenti a trovare una collocazione sociale, spesso destinati a restare di peso a tutta la società. E ciò che più colpisce è che molti di questi soggetti, quando arrivano al nostro esame, sono ormai irrecuperabilì, diseducati in ciò che potevano avere appreso, non protetti da un servizio sociale che li tuteli efficacemente. Doloroso poi è vederli ripartire senza che niente possa essere fatto in loro aiuto, dopo avere emesso la nostra -diagnosi. on esiste, purtroppo, nell'organizzazione psichiatrica del nostro Paese una équipe competente alla quale si possano segnalare perché venga dato loro un aiuto per un fattivo inserimento nella vita sociale. Gli omosessuali meritano un discorso a parte. Il loro numero non rispecchia forse una reale situazione. Le manifestazioni più attenuate possono infatti sfuggire all'osservazione oppure essere simulate dal soggetto. I casi registrati sono i più evidenti trattandosi per lo più di transessuali o di travestiti. Gli altri purtroppo sfuggono alla nostra indagine. Spesso sono soggetti segnalati dal Servizio Sanitario del Corpo e inviati a noi perché sospetti per il loro anomalo atteggiamento. Comunque, in quanto al loro numero, non sono molti e, direi, non rappresentano dal punto di vista sociale, un grosso problema, appunto per l'esiguità e per il carattere così eccezionale <ielle loro manifestazioni. Ma accanto a queste esistono altre alterazioni sessuali quali la pederastia, la sodom.ia, il feticismo, ccc., subdole e indivi.duabili con estrema difficoltà per la resistenza opposta dall'esaminato. Pur tuttavia tali perversioni sessuali esistono. Si ritrovano principalmente in individui che sono costretti a vivere in ambienti isolati e lontani, nelle campagne, privi di normali contatti umani, per lo più in soggetti timidi ed introversi. Come si può dedurre da queste statistiche, molti sono gli epilettici nel complesso di coloro che sono arrivati al nostro esame, e questo riveste una


1 75

grande importanza sia sotto l 'aspetto sociale che umano. Molti nostri giovani , purtroppo, vivono e lavorano in maniera del tutto normale senza sapere che essi sono potenzialmente degli epilettici. L'EEG, che noi facciamo indistintamen te in tutti i casi che ci possono far sospettare lontanamente un quadro comiziale, ci dà la testimonianza di questa manifestazione che per la sua incidenza può essere considerata un grosso problema sociale. Mol ti fra questi sono casi che appartengono alla cosiddetta epilessia minore, che trova modo di m anifestarsi per lo più con improvvisi annebbiamenti di vista, vertigini, a volte con brevissime assenze. Ciò dovrebbe essere m ateria di riflessione per i sociologi sui provvedim enti che dovrebbero essere presi verso determinati individui che, per la loro attività, hanno responsabilità dirette nei riguardi di altri cittadini. Catastrofi a volte inspiegabili possono, infatti, trovare logica spiegazione in alterazioni di questo genere. Sono esclusi da questo gruppo gli individui che presentano quelle gravi alterazioni bioelettriche cerebrali che, dal punto di vista elettroencefalografico, non sono riferibili ad un quadro com iziale, ma che, in determinate circostanze come, per esempio lo sti molo determinato da stress emotivi o per particolari condizioni fisiche, possono tuttavia manifestare una crisi epilettica. Una cosa che balza immediatamente all'attenzione e che appare indubbiamente alquanto strana è l'assenza assoluta di tossicomani sia fra coloro che sono stati ricoverati, sia fra quelli che si sono presentati a visita ambulatoriale. A prima vista potrebbe sembrare un quadro assai ottimistico in confronto alle statistiche di altri Paesi. Purtroppo di fronte alla negatività che abbiamo avuto nel 1970, cominciano a fare riscontro sia l'incidenza delle tossicomanie del 1971 e quelle provvisorie del 1972. Alcuni casi sono infatti affiorati in questi ultimi due anni, segno questo dell'influenza che pure la nostra gioventù comincia a sentire dalle abitudini, in questo senso, importate da altri popoli. Confortante è comunque constatare l'assenza di casi di alcoolismo cronico, manifestazione che alcuni decenni addietro rappresentava un vero e proprio problema sociale. Dicevamo prima come l'incidenza della morbilità psichiatrica sia andata in gigantendosi nel giro di questi ultimi dieci anni. I ricoverati nel reparto neuropsichiatrico sono passati da 228 nel 1960 a 726 nel 1970, un numero che in rapporto al conti ngente di leva è più che triplicato. Crediamo che queste cifre siano più espressive di qualsiasi considerazione, ma che lasciano comunque perplessi sulla ulteriore evol uzione di queste manifestazioni e che pongono pure nell'ambito della psichiatria militare l'esigenza di una efficace organizzazione che possa tener fronte a questo tipo di morbilità che, purtroppo, è tuttora in incremento.


RIASSUNTO. - Gli A.A., dopo alcune consideraziom generali sull'incidenza delle manifestazioni psichiatriche riscontrate sui ~oggetti del contingente di leva del 1970 tn o~sen·azione presso il reparto neuropsichiatrico dell'Ospedale Militare di Firenze, pre· sentano alcuni dati statistici formulando l'esigenza di una efficace organizzazione psi· chiatrica nell'ambito della medicina militare.

RFsuMÉ. - Les A.A., apr~' quclques considérations généralcs sur la fréqucnce cles troublcs psychiatriques chcz Ics jeuncs gens du contingcnt dc rccrutcment dc 1970, ('J1 observation auprès du Service dc Neuropsychiatrie de l'Hopital Militaìre de Florence. préscntcnt quelqucs données srarisriques et exprimcnt l'exigence d'une organisation psychiatrique efficace dans le secreur de la médecine militaire.

SeMMARY. - The A .. \., aftcr some generai consideranon~ about the ìncidencc ot r~ychiatric symptoms found in thc group of conscripts of 1970, during the observation in thc ncuropsychiatric dcp:lr(iment of the Military Hospital in Florence, give some statistica! data formulating rhc nced of cfficient psychiatric organi7ation as far as mi litary medicine is concerncd.

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SCCOLA 01 SA ~!T.\. MI LIT \RE ComJ.nt!Jm c. Magg. Gcn. Med. M. CAPPFLLI Du~nure ·

ISTITUTO DI CHI!-.flCA Col. Chim. FMm. Prof. 1\ . •\ LF>S"OM

DOSAGGIO FOTOMETRICO E CROMATOGRAFIA SU STRATO SOTTILE DI ANTIOSSIDANTI FENOLICI NEI GRASSI ALIMENT ARI A. Alessandro

M. Nuù

G. Renzi*

Nel quadro odierno delle disponibilità alimentari, la necessità di difendere le sostanze grasse dalle alterazioni non ammette alternative. Gli antiossidanti, insieme con gli antimicrobici c coi procedimenti prettamentc fisici, hanno lo scopo di aumentare la conservabilità, agendo contro alterazioni di natura chimica, microbiologica e fisica. Tutte le sostanze grasse, come è noto, sono soggette, più o meno rapidamente, all'irrancidimento chimico, fenomeno di autossidazione che si instaura sotto l'azione della luce, del calore e dell'aria; gli acidi grassi insaturi, sia liberi che legati nei trigliceridi, vengono ossidati dall'ossigeno atmosferico dando origine a prodotti di decomposizione, quali aldeidi, chetoni, alcoli, acidi a basso peso molecolare, ecc., molti dei quali di odore irritante. Bisogna tener presente che il fenomeno dell'autossidazione costituisce un deprezzamento del valore alimentare del grasso, anche quando non si sia raggiunto lo stato di rancidità olfattiva. Di particolare interesse risulta, perciò, l'aggiunta di sostanze protettive estranee, quasi sempre a carattere fenolico, che riescono a stabilizzare i grassi nel tempo, evitando l'inizio dell'autossidazione o interrompendo la reazione a catena del processo di irrancidimento. L'impiego di questi additivi è regolato nei vari Paesi da disposizioni di legge basate su precise conoscenze chimico - tossicologiche delle sostanze consentite; vengono sanciti i prescritti requisiti di purezza, le modalità di impiego c le dosi massime permesse. Attualmente in Italia possono essere impiegati nei grassi, escluso l'olio di oliva, l'ascorbile palmitato, butilidrossianisolo (BHA), dodecile, ottile e propile gallato, lecitina di soia, d, l, alfa- tocoferolo, miscela di tocoferoli; l'aggiunta di butilidrossi toluolo (BH T ), da solo o in associazione con propile gallato e BHA, è prevista soltanto nella preparazione del chewing-gum. • IJell'htituto di Chimica Farmaceutica dell'Uni\'er.,it3 di r'irenze.


E' da tener presente, anche, che si possono impiegare contemporaneamente più antiossidanti, ottenendo una maggiore protezione di quella che si avrebbe con le singole sostanze, e che è previsto l'uso di sinergizzanti (acido citrico, acido fosforico, acido ascorbico, ecc.). Da quanto detto risulta evidente come sia necessario mettere a punto tecniche analitiche sempre più sensibili e specifiche, allo scopo di rendere più efficaci i sistemi di controllo. Data l'importanza dell'argomento, in letteratura si trovano già descritte molte tecniche riguardanti le determinazioni quantitative e qualitative degli antiossidanti più comunemente imptegati per aumentare la disponibilità delle sostanze grasse. Sono stati studiati e proposti metodi spettrofotometrici nel visibile e sull'U.V. (t- 2- 3), cromatografici (4- 5-6-7-8-9- 10- 11 -12- 13) e gascromatografici (14- 15- 16). Scopo del presente lavoro è stato quello di mettere a punto nuove tecniche analitiche rapide, di facile esecuzione ed il più possibile specifiche. Per il dosaggio dell'acido nordi- idroguaiarctico abbiamo sperimentato un metodo fotometrico basato sul colore di reazione rosso bruno che si ottiene trattando l'antiossidante, in ambiente basico, con l'idrazide dell'acido isonicotinico. La reazione è sensibile fino a 5 ~J.g di NDGA per mi, segue la legge di Lambert- Beer e presenta un massimo di assorbimento a 536 Ol!J.. Le letture vanno effettuate dopo 30'. Nelle varie determinazioni eseguite su burro contenente g o,or % di NDG A si è avuto un errore del ± 3'l'o . Con la tecnica descritta si possono attuare determinazioni quantitativc anche della quercitina e dell'acido idrocaffeico; tutti gli altri antiossidanti non danno colorazioni particolari c ciò porta a supporre che l'andamento della reazione sia legato alla presenza nella loro molecola di due ossidrili fenolici in posizione orto. Per quanto riguarda la cromatografia su strato sottile, è noto come sull'argomento esistono molti lavori nei quali si è cercato di studiare più efficaci sistemi di estrazione, più selcttive miscele eluenti e sempre più sensibili c specifici metodi di rivelazione, tenendo conto che il problema diventa più delicato quando ci si trova in presenza di più antiossidanti con vaJori di R( spesso molto vicini. Nella sperimentazione con diverse miscele eluenti, i migliori risultati sono stati ottenuti con cloroformio- benzene- m etanolo- etere di petrolio

(6o : 20 : 15 : 5)· Come rivelatori spray, quelli di impiego più diffuso sono costituiti da acido fosfomolibdico (7- T I - 12), 2-6- diclorochinonclorimmide (4- 8IO- 3) e nitrato di argento (5-6- 13).


Nelle nostre indagini cromatografiche abbiamo ottenuto risultati più che soddisfacenti, per sensibilità e specificità, con il reattivo di Wilson (r7) (soluzione satura in acetone di acido borico ed acido citrico), con soluzione satura acquosa di molibdato ed ossalato di ammonio, con il reattivo di Folin~iocalteu e, più semplicemente, esponendo la piastra all'aria per 20 ore et rea. Con i vari reattivi di rivelazione si hanno macchie ben nette, con colorazioni spesso caratteristiche, e senza interferenze di rilievo. Sono stati presi in considerazione tutti gli antiossidanti più noti: acido nordiidroguaiaretico (NDGA), qucrcitina, acido idrocaffeico, butilidrossianisolo (BHA), butilidrossitoluolo (BH T), propilgallato, ottile gallato, laurilgallato; per estrarli dalla sostanza grassa i migliori risultati si sono avuti sciogliendo la sostanza da esaminare in esanolo ed estraendo successivamente con acetonitrile.

PARTE SPERIMENTALE DOSAGCIO FOTO:\!ETRICO

J

1) n- butanolo; 2) metanolo; 3) soluzione tampone, pH ro (350 ml di ammoniaca eone. più 54 gr di cloruro di ammonio in rooo ml di acqua distillata); 4) soluzione acquosa al 5°;. di idrazide dell'aci<lo isonicotinico. Rapporto estinzioue- co11ce11trazioue:

Si pongono 25 g di burro in imbuto separatore e si estraggono più volte con 20 ml di metanolo fino ad ottenere 100 mi di soluzione alcolica, seguendo le modalità riportate subito dopo nella metodica di dosaggio. Si aggiungono, poi, 10 m g di acido nordiidroguaiaretico, si prelevano quantità scalan da o,r ad r ml c si fanno reagire a pH ro con l'idrazide dell'acido isonicotinico. Con i valori di esti nzione si costruisce la curva di taratura in funzione della concentrazione. Determinazio11e quatJtitatìva:

25 g di burro, posti in imbuto separatore insieme a poche palline di vetro per aumentare la superfice di contatto, si estraggono ripetutamente con fino a raggiungere un volume di 100 mi. La soluzione alcoolica opalescente separatasi si mette in frigorifero per circa 24 ore; si ha 20 mi di metanolo,


r8o così la formazione di un prectpttato caseoso che si allontana per decantazione o per .filtrazione su lana di vetro. Si prelevano o,s ml di soluzione metanolica, si portano a r ml, sempre con metanolo, e si aggiungono r ml di idrazide isonicotinica al s % ed r mi di soluzione tampone. Dopo 30' si aggiungono 7 ml di n- butanolo, si agita e si misura l'estinzione a 536 m()-. L'acido idrocaffeico, operando come precedentemente descritto, dà anche esso colorazione rosso bruna con massimo di assorbimento a 542 m()- . Per quanto riguarda la determinazione della quercitina, allo scopo di aumentare la sensibilità, invece di impiegare le soluzioni 3 e 4, si è ritenuto opportuno adoperare un reattivo unico costituito da so ml di soluzione acquosa <ii i<lrazide dell'acido isonicotinico all'8% e r ml di idrossido di sodio 2 N. In quest'ultimo caso, per eseguire la reazione, basta aggiungere alla soluzione metanolica d ell'antiossidante, r ml della soluzione basica di idrazide, lasciare a riposo 30', portare a 5 ml con butanolo e misurare l'estinzione a 542 mv. . CRO.MATOGRAFIA SU STRATO SOTTILE

Sono state impiegate piastre di cm 20 x 20 strati.ficate con gel di silice G Merck (tipo 6o), con spessore di 300 Il·· Dopo averle asciugate all'aria, sono state poste in stufa per r ora a rro" C.

M iscela di sviluppo: Cloroformio- benzene- meta nolo- etere di P"trolio (6o

20

l)

5)·

Reattivi di rivelazione : r) soluzione al ro /~ di acido citrico in acetone; soluzione satura di acido borico in acetone. Le due soluzioni vengono miscelate in parti uguali; 2) soluzione acquosa satura di ammonio ossalato; soluzione acquosa satura di ammonio molibdato. Le <iue soluzioni vengono miscela te in parti uguali; 3) reattivo di Folin - Ciocalteu diluito con acqua (I + 3); 4) esposizione all'aria per 20 ore circa.

Preparazione del campione: Si pongono 20 gr di grasso in imbuto separatore, si sciolgono in roo ml di esano e poi si estrae per 4 volte consecutive con 25 ml di acetonitrile. Gli estratti, riuniti in capsula, si lasciano evaporare a 40° C ed il residuo, ripreso


18 1

con poche gocce di metanolo, vtene posto sulle piastre con la normale tecmca. Per confronto si pongono macchie di una soluzione allo o,s o·~ di antiossidante in metanolo. Dopo una corsa di I3- 14 cm dell'eluente (30' circa), si tolgono le piastre della vaschetta c, dopo averle fatte asciugare ali' ari a, si spruzza il rea trivo di rivelazione, si fanno asciugare ancora una volta c poi si pongono in stu fa per circa 40' a I00° C. Con il rivelatore n. I le macchie appaiono colorate soltanto dopo il riscaldamento; con il reattivo n. 2 le colorazioni si evidenziano a freddo tranne quelle del BHA e del BHT che compaiono dopo il riscaldamento. Le lastre spruzzate con il reattivo n. I, sempre dopo il riscaldamento, oltre che alla luce normale si osservano alla luce di Wood a 254 m~J. per individuare ancor meglio i gallati che presentano una intensa fluorescenza blu. Quando si impiega il reattivo di Folin- Ciocalteu le macchie appaiono subito di colore blu e non è necessario esporre successivamen te le piastre ai vapori di ammoniaca come per l'acido fosfomolibdico. La rivelazione delle macchie si può ottenere più semplicemente per esposizione all'aria a temperatura ambiente per circa 20 ore. Nella tabella 11. r vengono riportati, accanto ai valori di Rf, le diverse colorazioni ottenute con i singoli ossidanti. li

TABELLA N. 1.

VALUTAZIONE CROMATOGRAFICA

s.s. DEGLI ANTIOSSIDANTI CON I VARI REATTIVI Reauivo n.

Antio>sidanti

R( luce normale

l

l Wood luce

Rcattivo n.

l

0,4

Quercitina

0,3 giallo-verde

Ac. ldrocaffeico

O, I

Budlidrossianisolo

0,74 rosa

Butìlidrossito!uo!o

ro~so- ,• iola

rosso-mattone

grigio

giallo

Esposizione all'aria

- l

-----

Ac. 'ordiidroguaiaretico

Reattivo n. 3

blu

rosso-bruno

giallo·bruno

))

giallo-bruno

grigio

))

bruno

rosa

))

giallo

giallo-verde

))

giallo

Propìlgallato

0,38 bruno

blu

bruno

))

bruno

Ottilgallato

0,43 bruno

blu

bruno

))

bruno

Laurilgallato

0,48 bruno

blu

bruno

)l

bruno

7· - M.


r82

Sono stati eseguiti diversi cromatogrammi su campioni di grasso (oli, burro e margarina) a cui sono stati aggiunti uno o più antiossidanti con una percentuale massima di ro mg: con i vari sistemi di rivelazione sono stati ottenuti sempre risultati soddisfacenti senza interferenze di rilievo rispetto alle prove in bianco. Qualche incertezza si ha soltanto nell'individuare i singoli gallati, dato che questi hanno pressoché lo stesso comportamento e presentano valori di Rf molto vicini. Il sistema di esporre la piastra all'aria per parecchie ore, finita la corsa dell'eluente, è risultato particolarmente valido; con questa tecnica si ottengono piastre molto pulite, con macchie evidenti e ben circoscritte, in corrispondenza delle singole sostanze impiegate.

RIASSUNTO. - Gli AA. descrivono un dosaggio fotometrico degli antiossidanti orto-feno:ici basato sul colore di reazione, in ambiente basico, con l'idrazide dell'acido isonicotinico. Riportano, inoltre, i risultati ottenuti con diversi reattivi di rivelazione nella cro-matografia su strato sottile.

RÉsuMÉ. - Les AA. décrivent un dosage photometrique des antioxydants orthophenoliques fondé sur la coloration, en ambient basique, par l'hydrazide de l'acide isonicotinique. Les AA. rapportent, en outre, les résultats obtenus par l'utilization de plus réactits de révélation dans la chromatographie en couche mince.

S uMMARY. The AA. describe a photometrical dosage of orrho- phenolic antioxidants based on the reaction colour, in basic solution, with isonicotinylhydrazine. The AA., moreover, report the results obtained with severa! reactives of rivelation in rh:n - layer chromatography.

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l


CENTRO STUDI E RICERCHE DELLA SANITA MILITARE Direttore : Magg. Gen. Mcd. Dott. C. MustLLI 3o REPARTO - SEZIONE DI CIDMICA E BROMATOLOGIA Capo Sezione : T en. Col. Chim. Farm. Dott. L. CtcERO

IL MERCURIO: ASPETTI ECOLOGICI, TOSSICOLOGICI E BROMATOLOGICI INDAGIN E ANALITICA SU PRODOTTI ITTICI SCATOLATI

L. Cicero

V. Gianni

P. G. Lignola

V. Scono di Palumbo

E' prassi quasi normale, nell'alimentazione del soldato, sostitUire nella giornata del venerdl la razione di carne con pesce fresco o conservato. E ciò anche al fine di rendere variabile, e senz'altro più gradito, il menù settimanale, che viene scrupolosamente preparato dai comandanti dei Corpi con l'ausilio degli Ufficiali del Servizio dì Commissariato appositamente comandati presso i vari Reparti. L'applicazione di tale disposizione comporta logicamente, per l'Amministrazione Militare, l'approvvigionamento di quantità non indifferenti di pesce fresco o scatolato e, poiché non è facile reperire sul mercato il pesce fresco, molto spesso si ripiega sul prodotto scatolato e, precisamente, in linea di massima la scelta cade sul tonno sott'olio. Da quanto detto sono più che evidenti i motivi che ci hanno indotto, una volta che è stato messo in evidenza negli Stati Uniti l'inquinamento dei prodotti del mare causato dal mercurio, a ricercare e determinare qualitativamerite e quantitativamente tale elemento nei prodotti ittici scatolati. AsPEITI ECoLoGici.

Il mercurio è un elemento relativamente raro, occupa infatti il 16" posto per rarità tra gli elementi. Viene convenientemente estratto dal minerale cinabro, rosso e nero (solfuro di mercurio). Si valuta che lo strato esterno della crosta terrestre di 16 km di spessore contenga mercurio in concentrazione pari a 2,7 x ro- 6 % e gli oceani in concentrazione pari a 3 x ro- 9 %. Nei terreni si h anno tenori di mercurio variabili tra o,or e o,o6 ppm, nelle rocce tra o,or e 0,09 ppm, nell'aria tra 2 e 5 mgr j m 3. La produzione mondiale di mercurio ammonta a circa ro.ooo t all'anno. Gli usi principali comprendono : la preparazione elettrolitica del cloro e


\ della soda caustica, prodotti chimici per l'agricoltura, farmaceutici (<iiuretici, catartici agenti antibatterici), cosmetici, produzione di carta, di coloranti, apparecchiature elettriche, catalizzatori, materiali per odontotecnica. Considerando il bilancio globale del mercurio utilizzato (fig. r ), si nota che la perdita verSO l'ambiente ammonta a circa il 72% del totale I -~. Risultano in tal mo<io inquinati i corsi d'acqua, i laghi, i mari, l'atmosfera mentre l'inquinamento dei terreni, può ritenersi intenzionale; in agricoltura ed in giardinaggio, infatti, sono usati diversi fungicidi, disinfettanti e<i insetticidi nella cui composizione figura il mercurio. Tra l'altro per il passato

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Fig. 1. - Esempio schematico di utilizzazione del mercurio c del l'inquinamento conseguente. - U.S.A., I968 rrl.

si è fatto largo uso di composti organici del mercurio come disinfestanti del frumento, mais, riso e sementi in genere (Mercuran, Agrimax M, Granosan, ecc.) che contengono cloruro di etilmercurio. Il mercurio, proveniente da queste fonti, entra nell'ambiente e viene trasformato in rnetilmercurio. Secondo quanto ipotizzato da Jernelow [2, 3], la trasformazione a metilmercurio avviene secondo lo schema riportato nella fig. 2. Nelle figg. 2 e 3 si può osservare la trasformazione a ione mercurico (Hgo -7 Hg2+); quest'ultimo presenta una certa affinità per i fanghi organici. Questo legame o affinità per i fanghi organici è estremamente forte, con un coefficiente « a >> 21 (ove a rappresenta la misura della forza di legame di un complesso) I0 volte maggiore di quella dci comuni complessi. Questa trasformazione può avvenire nelle condizioni esistenti nel fondo dei laghi e dci fiumi ed è stata anche dimostrata sperimentalmente [ 2, 41· La trasformazione di Hg++ a metilmercurio (Hg++ -7 CH 3H g+~CH 3 HgCH3) è stata realizzata sperimentalmente nei sedimenti di fondo degli acquari, e

·


186

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Fig. 2. - Schema della sequenza degli stad i della trasformazione .del mercurio nell'ambiente, secondo Jernelow [2, 3] .

Fig. 3· - Schema delle reazioni di trasformazione del mercurio nell'ambiente.

d'altra parte nei sedimenti. <li fondo <li laghi e <li fiumi sono stati. trovati. microrganismi capaci di metilare il mercurio [2, 5, 6, 7]. Normalmente il tessuto umano contiene mercurio proveniente dalla normale ingestione <li cibo. Il pane, la farina, il latte, la carne bovina e suina contengono <la o,o2 a o,o4 ppm di mercurio. L'uomo, come si nota dalla fig. 4, è l'ultimo elemento <iella successione di trasformazioni e concentrazioni del mercurio d isperso nell'ambiente.


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consumatore ..........................

Fig. 4· - A&petti ecologici della distribuzione del mercurio.

L'idrargirismo o, comunque, l'accumulo di mercurio nell'organismo oggi, quindi, non può considerarsi solo come una malattia professionale, -dal momento che esiste per l'uomo una ·duplice possibilità di assumere mercurio sia da cause occupazionali, che attraverso le normali vie alimentari. E' per questo motivo che negli ultimi venti anni il problema -dell'inquinamento <la mercurio è stato oggetto di particolare attenzione c-d è comprensibile, quin-di, che nel 1971 sia sorto « il caso -del mercurio », quan-do si è constatato che alcune specie ittiche, in particolare il tonno, contenevano mercurio in quantità fino a venti volte maggiori di quelle riscontrabili nei comuni alimenti. Il problema sollevato negli Stati Uniti ebbe imme-diata eco


r88 anche in Italia dove, da parte delle autorità sanitarie, furono prese immediate misure precauzionali provvisorie, fissando il limite m assimo di concentrazione di mercurio nei prodotti ittici in o,7 ppm sul prodotto fresco [8.[. 1\oTE DI TOSSICOLOGlA DEL MERCURIO.

I composti di mercurio organici ed inorganici manifestano una potente azione tossica sul protoplasma. Tra i com posti di m ercurio si annoverano molte sostanze antisettiche, il cui uso, però, è limitato dalle intossicazioni che queste provocano e dagli effetti tossici sistemici. L 'azione irritante e precipitante dovuta allo ione H g++ è assente nei composti mercurorganici. I com posti del mercurio sono facilmente assorbiti: in particolar modo quelli idrosolubili, ma anche gli insolubili possono essere facilmente solubilizzati ed assorbiti. Si distribuiscono così in tutti i tessuti e vengono eliminati con le urine e le feci . Tracce del metallo rimangono molto a lungo nell'organismo (si calcola che il tempo di dimezzamento della concentrazione sia all'incirca 70 giorni nell'uomo, ma si pensa che nell'ambiente sia superiore) [9, 10, n , 12, 13[. L 'avvelenamento acuto da mercurio presenta principalmente i caratteri di una corrosione locale seguita più tardi dai tipici fenomeni di un avvelenamento sistcmico: stomatite, dissenteria e nefrite; nell'avvelenamento cronico si hanno cachessia c sintomi nervosi. Gli avvelenamenti acuti da m ercurio un tempo erano procurati per ingestione di H gC1 2 preso spesso a scopo suicida (dosi di 0,8- I g sono sicuramente mortali) r14] oggi piÙ frequentemente si verificano per ingestionc di sostanze contenenti H g in forte quantità, es.: il pesce pescato in zone di scarico di industrie che eliminano mercurio. Gli avvelenamenti subacuti sono spesso causati da superdosi terapeutiche, mentre quelli cronici si verificano special mente tra persone che per motivi di lavoro, maneggiano mercurio (operai di fabbriche di termometri, specchi, lampade a mercurio, feltri, ecc.). Gran parte dei lavoratori di queste fabbriche sono affetti da idrargirismo cronico data la grande facilità di adesione alla pelle che il metallo presenta ed alla facile inalazione dei suoi vapon. 1

SINTOMI DELL AVVELENAMENTO ACUTO DA MERCURIO.

Gli effetti immediati sono dovuti a coagulazione, irritazione e corrosione delle membrane superficiali. Compare poi un sapore metallico astringente, aumenta la salivazione, il bruciore della faringe e della bocca, compaiono sete e dolori addominali prima alla regione epigastrica e poi diffusi. Si ha vomito con frammenti di mucosa, spesso sanguinolcnto, edema l rsl· I primi sintomi, generalmente, scompaiono con un trattamento locale e, osservando l'astinenza dei cibi per 24 h , il paziente m igliora notevolmen-


te. Se l'avvelenamento non è stato grave si ha la completa remissione dei sintomi in 36 h. In casi gravi di avvelenamento, invece, permane un quadro generale di malattia anche nei pazienti rimessi: debolezza, prostrazione, eccitamento, cuore veloce, caduta pressoria, crampi alle estremità, collasso che, eccezionalmente, può provocare la morte in qualche ora. Di solito l'intestino ed i reni degenerano rapidamente, diminuisce la quantità di urina, segue anuria e morte entro una settimana per ritenzione di azoto ed edema polmonare. In caso ·di miglioramento l'urina può comparire al quinto giorno. I pazienti nei quali si manifesta poliuria all'inizio della sindrome generalmente guariscono. E' da notare, però, che questi fenomeni possono manifestarsi, in alcuni rari casi, parecchie settimane dopo aver assunto il tossico, ·di solito, tuttavia, la fenomenologia si manifesta dopo 24 h. L'esame autoptico mostra le membrane mucose della parte superiore del tubo digerente di color cinereo, congeste e corrose: le lesioni sono quelle di una dissenteria grave; i reni mostrano acuta nefrite con calcificazioni dell'epitelio. AVVELENAMENTO SUBACUTO DA MERCURIO.

i'

Si ha come conseguenza dell'avvelenamento acuto nella fase di remissione dei sintomi, oppure quando la quantità di mercurio è assunta gradualmente ed ogni singola dose non è tale da provocare un avvelenamento acuto (es.: somministrazioni terapeutichc di farmaci m ercuriali, avvelenamenti accidentali, ecc.). L'avvelenamento subacuto si manifesta con infiammazioni croniche localizzate, specie stomatiti, coliti, nefriti, e più raramente, dermatiti. Non sono influenzati , di solito, lo stomaco ed il piccolo intestino.

AVVELENAMENTO CRONICO DA MERCURIO.

L'esposizione continua a dosi relativamente piccole porta ad un lento e-d insidioso sviluppo dell'avvelenamento cronico, spesso con irritazioni renati e boccali, con disturbi nervosi e nutrizionali, tremori, eretismo, cachessia, anemia, atrofia muscolare, decalcificazione c, più raramente, neuriti e paresi; comune è anche l'aborto. E' in dubbio se il trattamento terapeutico influenzi il decorso della m alattia dopo l'apparizione dei sintomi. Nei casi di avvelenamento si somministrano lo ioduro di potassio ed i bagni caldi in modo da facilitare la eliminazione del metallo, ma l'effetto di queste terapie non è affatto sicuro. Non sempre l'uso del BAL e dell'EDTA favorisce l'eliminazione del to::sico secondo quanto si può leggere in letteratura [ r6, 17, r8, 19] .


INTOSSICAZIONE ACUTA E CRONICA PER INGESTIONE DI PRODOTTI ITTICI CONTAMINATI DA MERCURIO.

Nel 1953 si verificò tra gli abitanti <iella baia di Minamata, in Giappone, un grave squilibrio neurologico caratterizzato <ia un'ampia involuzione del S.N.C. accompagnato da degenerazione cellulare, particolarmente dello strato granulare <iel cervelletto e ·dei gangli basali <iell'ipotalamo e <iella corteccia cerebrale. Le osservazioni cliniche alle quali furono sottoposti i pazienti evidenziarono incoor<iinazione, movimenti involontari e spesso sconvolgimenti emotivi e psichici. Si riscontrò in questo caso la sintomatologia <ii un avvelenamento acuto. Si vide che ogni paziente affetto da questa sindrome aveva ingerito pesce oppure ostriche pescate nella baia di Minamata : tra il 1960 e il 1965 si riscontrarono III casi <ii avvelenamento e 45 decessi. L'avvelenamento era dovuto al cloruro <ii metilmercurio scaricato in mare <ia una fabbrica di materie plastiche che usava HgO in H 2S04 come catalizzatore per la produzione di acetaldeide. Le scorie scaricate nella baia di Minamata si accumulavano nei pesci e nelle ostriche che, analizzate, presentavano concentrazioni <ii mercurio tra 10 e 50 ppm sul prodotto fresco. Si dimostrò <ia parte di Irukayama [20] e Kurlaod [ 21] che il cloruro di metilmercurio somministrato ai gatti provocava gli stessi sintomi riscontrati nei pazienti deceduti. Gli stessi ricercatori [ 22] riferirono che un composto organomercurico (CHOCH2 HgCl) si sintetizzava da acetaldeide, solfato <ii mercurio e cloruro di sodio; il composto ottenuto (CH3HgCl), scaricato in mare dalla fabbriéa di Minamata si poteva ipotizzare che provenisse dal CHOCH2HgCI attra~ verso questa reazione :

02 CHOCH2HgCl ~ COOHCH2HgCl ~ -C02 CH3HgCl Un'altra possibile sorgente di mercurio nella baia <ii Minamata poteva essere la grande quantià di HgCl2 usata come catalizzatore nella produzione <ii vinilcloruro. Si verificò, infatti, che i casi di malattia aumentarono con l'aumento <iella produzione di vjnilcloruro. Questa è la reazione globale di sintesi <id vinilcloruro:

CH

== CH + HCl --~ H C = CH- Cl 2

Si vide che per ogni tonnellata di vinilcloruro prodotta si perdevano 6o g di mercurio, che venivano scaricati in mare.


Ricerche successive [ 23] rivelarono la presenza di quantità ridotte rispetto a quelle di Minamata, anche in pesci pescati in mari apparentemente incontaminati da Hg (tabella r). E' stato ipotizzato che, anche se la concentrazione di mercurio nei mari rimane a bassi livelli, essa è tuttavia sufficiente a permetterne l'accumulo nei pesci. Attraverso ricerche con mercurio marcato si cercò di scoprire il cammino metabolico del mercurio nell'organismo. Si usò a tale scopo il CH3203HgCH3 • Dagli studi di Ostlund [24l si deduce che la maggior parte di metilmercurio (8o- 90%), somministrato endovena oppure oralmente ai ratti, viene eliminata in sei ore. La restante parte è metabolizzata e trasformata in un composto non volatile che sembra essere dimetilmercurio. Il ·dimetilmercurio si comporterebbe verso i tessuti animali come una sostanza fisicamente e chimicamente inerte (sembra che si distribuisca nel tessuto adiposo in accordo con il suo carattere lipofilo), finché non sia trasformata in un metabolita ion.izzabile. Si dimostrò che la metabolizzazione avveniva, almeno in parte, nei bronchi ed era indi pendente dal processo di respirazione. I metabolici non volatili si distribuiscono nell'organismo come segue: nelle prime ore dopo la somministrazione si ha una radioattività in aumento (indice di una maggiore concentrazione del composto marcato) nel fegato, nei reni, nella corteccia surrenale, nei bronchi. Dopo un tempo più lungo, se l'animale sopravvive, la distribuzione dei metabolici non volatili cambia e dopo un giorno diventa molto simile a quella del metilmercurio. Non si sono notate differenze significative col sesso nella ritenzione e nel cammino metabolico del metilmercurio. La semivita biologica del mercurio marcato, dopo una iniezione LV., dipende dalla dose totale somministrata: il tasso di eliminazione è più basso per dosi elevate. Si pensò che questo tasso più basso di eliminazione fosse dovuto sia ad una aumentata inibizione da parte dall'Hg sugli enzimi sulfidrilici, che partecipano al processo di escrezione, sia al legame contratto dal metilmercurio in siri a diverse proprietà chimiche. E' stato studiato anche il metabolismo del nitrato ·di metilmercurio CH3203 HgN0 3 e si sono tratte conclusioni simili a quelle ottenute dalle esperienze con il cloruro di metilmercurio l II, 12]. P 1\RTE SPERIMENTALE.

Per la determinazione analitica del mercurio totale in sostanze biologiche esistono in letteratura molti metodi. Alcuni, cromatografici l25, 26], pur essendo molto sensibili non sono adatti ad una analisi quantitativa pronta ed affidabile per un elevato numero ·di campioni. Altri, come l'attivazione neutronica [ 27, 28, 29, 30 J, la polarografia l3I, 32), lo scambio isoto-


TABELLA N. I.

CONTENUTO DI ~{ ETILMERCUR IO IN PRODOTrl 11TICI ( 23,

Specie

Hg (ppm)

Pagcllo (Pag rus maior) Pagello (Pagrus maior) Pagcllo (?) Pagcllo (?) Pagdlo ( Kishima Dai) Pagcllo (Kishima Dai) Pagello (Pristipomoides sieboldti) Pagcllo (Pristipomoides sieboldti) Pagcllo (Nagashima Dai) Pogcllo (Nagashima Dai) T o nno (Thunnus rhynnus) Ilaiuo (?) Pagella (Pseudanrhis elongarus) Pagcllo (Pseudanrhis elongatus) lsaki (Parapristipoma trilineatum) Isaki ( Parapristipoma trilineatum) Merurusa (?) Persico (Lareolabrax iaponicus) Persico (Latcolabrax iaponicus) Cefalo (Mugil cephalus) Cefalo (Mugil cephalus) Konoshiro (Charoessus punctaluJ.) Konoshiro (Clupanodon thrissa) Seppia (Sepia subaculeata) Seppia (Sepia suhaculeata) Aringa (Clupea pallasi) Aringa (Clupca pallasi) Sogliola (Paralichtys olivaceus) Abuo (?) Sardine (Sardinops melanosticta ) Sgombro (Pneumarophorus iap. iap.) Sgombro (Trachurus iapo nicuo;) Luccio (Co'olabis saira) Lattuga di mare ( Prphyra tenera)

(a) carni, intestino. -

(b) valore med io.

O. II (a) 0.023 0.0064 0.0016

0-077 0.036 0.022 o.oo8 0-054 0 .012 0 .36

0.]2

o.oo!S 0.003 0.005 0.0048 0 .004

0.096 0.043 0.032 0 .00]2

0 .0 16

0.04 O.O I J

o.oo56

o.oo8 0 .005

o.co64 o.oo6 0.032

o.oo8 o .035

o.o16

0.004/(b)

2)]

Luogo di pesca

Nuova Zclanda Nuova Zelanda Nuova Zelanda ruova Zelanda Africa Africa Africa Africa Africa Africa Oceano Ind iano Oceano Indiano Pacifico Meridionale Pacihco Meridionale Pacifico Meridionale Pacifico ~[eridionale Pacifico Meridionale Mare Cinese Orientale Ma re Cinese Orientale Ma.re Cinese Orie ntale Mare Cinese Orientale Mare Cinese Orientale Mare Cinese Orientale Pacifico Meridionale Pacifico Meridionale Mar di Bering Mar di Bering Mar di Bering Mar di Bering Mar di Sero (Giappone) Mar di Seto (Giappone) Mar di Scto (Giappone) Mar di Seto (Giappone) Baia di Ariake (Giappone)


1 93

pico l33, 34, 35] non si prestano ad una indagine spedita dal momento che richiedono elaborati procedimenti preliminari. I metodi classici, poi, cioè quelli calorimetrici l36, 38l hanno il difetto di subire facilmente l'interferenza da parte di altri ioni e, quindi , per l'analisi di prodotti ittici scatolati non risultano i più adatti. Un altro metodo di estrazione del mercurio, dovuto a Sprague e Slavin r39] è StatO riconosciutO da alcuni autori j40] poco adattO per <)Ueste particolari determinazioni a causa dalla eccessiva diluizione del campione. Ci si è quindi rivolti al metodo di Hatch ed Ott [ 41 J, modificato da Jeffus ed Elkins [421 e divenuto metodo ufficiale dal 14 luglio 1971 1431· Il metodo essenzialmente consiste nella mineralizzazione del mercurio contenuto nel cam pionc ittico tramite una digestione con miscela solfonitrica (1 / 1 vf v) nella sua riduzione con cloruro stannoso e nella successiva determinazione con lo spettrofotometro ad assorbimento atomico senza fiamma. L'uso di questa apparecchiatura consente di evitare l'eventuale interferenza da parte di sostanze organiche o di altre sostanze volatili contenute nel campione. Le misure, se condotte con scrupolo ed attenzione, curando principalm ente l'assoluta pulizia della vetreria c delle finestrelle della cella dello spettrofotometro, sono ripetibili. La parte più delicata del procedimento è nella digestione, dove potrebbe aversi una perdita sensibile di mercurio per effetto di un riscaldamento eccessivo e prolungato. In dipendenza delle specie ittiche esaminate, la durata della digestione a caldo, che è preceduta da una a freddo della durata usuale di 15 minuti, oscilla nell'intervallo 20 minuti-:- 3 ore, in quest'ultimo caso si è visto che risulta più conveniente prolungare a 30 minuti cd oltre lo stadio a freddo, in tal modo il riscaldamento della miscela reagente risulta più breve ed il rischio di perdita del metallo risulta così eliminato. In alcuni casi (digestione di acciughe), si è notata la formazione di un deposito incoerente biancastro che, nella successiva diluizione, si dissolveva completamente. Si è inoltre notato che è essenziale evitare di raffreddare eccessivamente il digerito per impedire che la goccia di grasso, eventualmente formatasi, diventi troppo viscosa e, così, nel successivo travaso, impedisca una raccolta quantitativa del campione da analizzare allo spettrofotomctro.

Reattivi, soluzioni, apparecchiature. Miscela solfonitrica: acido solforico (C. Erba RP ACS) ed acido nitrico (C. Erba RP) J f r. Soluzione di cloruro di sodio e cloridrato di idrossilammina: g 12 di N aCl (Merck pro An.) e g 12 di NH 20H. H Cl (C. Erba RP ACS) in roo cc di acqua distillata. Soluzione di cloruro stannoso: g 10,00 di SnC1 2 (Merck pro An) in 100 cc di acido solforico r N.


Soluzione standard di mercurio: 10 cc di soluzione r g / 1 di HgCI 2 (BDH ass. at.) portati a 100 cc con acido solforico xN. Spettrofotometro ad assorbimento atomico: Perkin Elmer 305. Lampada a catodo cavo per Hg Perkin Elmer: corrente ro m A. Campo di osservazione: U.V. Lunghezza d'onda: 253,7 miJ.. Fenditura: 3.00 mm. Cella in resina sintetica Perkin Elmer con finestrelle di dotazione realizzate in resina sintetica. Digestore con refrigerante di Friedrichs in vetro borosilicato. Procedimento. Si omogenizza il contenuto di una scatola di prodotto unendo il liquido di governo, si pesano, quindi, direttamente nel pallone del digestore, 3 g di omogenato, si aggiungono ro cc di soluzione solfonitrica. Si lascia a riposo, dopo aver innestato il refrigerante, per 15 minuti o più, agitando di tanto in tanto, avendo cura, però, che parti del campione non aderiscano alle pareti. Si scalda, quindi, con una microfiamma .fino ad ottenere un liquido di aspetto oleoso colorato in giallo- gialloverdc senza alcun materiale in so-

Fig. 5· - Retta d i taratur:J.


spensione. Si lascia raffreddare, si aggiungono 30 cc di acqua distillata e si porta all'ebollizione per eliminare gli ossidi nitrici. Quando non si nota più presenza di schiuma persistente c nel refrigerante non permangono vapori bruni si allontana la microfiamma e si lascia raffreddare. Dopo aver lavato il refrigerante con 40 cc di acqua distillata, si trasferisce quantitativamente la soluzione in un pallone da roo cc e si porta a volume con acqua distillata. La preparazione della curva standard si esegue aggiungendo in 5 palloni tarati da 100 cc, rispettivamente 1.00, 2.oo, 3.00, 4.00 cc di una soluzione (standard 2) ottenuta dalla soluzione di mercurio a titolo noto diluita 100 volte, si aggiungono IO cc di miscela solfonitrica c si porta a volume con acqua distillata. !n tal modo si avranno rispettivamente I, 2, 3, 4 tJ.g

Il

5

· n r··· · ,l · · · ~ .

-

L

gorgogltatore

2_ pompa 11 membrana

J _ essiccatore 4 _ by-pass

con

f litro

5 _ spettrofotomecro

d t carbone atttvo

aa

Fig. 6. - Schema dell'apparecchiatura.

di Hg. Si legge allo spettrofotometro l'assorbimento delle soluzioni standard e si traccia, quindi, la curva di taratura (fig. 5). A parte si prepara il bianco versando IO cc di miscela solfonitrica in un palloncino tarato da 100 cc, che si porta a volume con acqua distillata. Sia per gli standard che per il campione, si prelevano 5 cc di soluzione e si trasferiscono nella bottiglia di Bod. Si aggiungono successivamente 95 cc di acqua distillata, 0.5 cc di soluzione di cloridrato di idrossilammina e r.oo cc di soluzione di cloruro stannoso, inserendo immediatamente il gorgogliatorc collegato alla pompa a membrana (fig. 6). Si segue la deviazione dell'ago dello strumento, preventivamente azzerato sul bianco fino a che questi raggiunga il massimo, si legge tale valore c, quindi, dalla retta di taratura si risale al contenuto in mercurio. Il valore trovato, espresso in tJ.g di


Hg, diviso per il peso di campione in grammi, fornisce direttamente la concentrazione di Hg in ppm. Risultati. In tabella 2 sono riportati i risultati analitici di prove eseguite su roo diversi campioni ittici, reperiti sul normale mercato. I risultati, ripartiti per specie ittica, sono i valori medi di prove eseguite in triplice sullo stesso campione. Tranne che per quattro campioni, la concentrazione del mercurio totale rilevata non supera il livello di 0,7 ppm (limite fissato in via provvisoria dal Ministero della Sanità) f 81. Per un certo numero di campioni sono state eseguite letture in tempi successivi, ottenendo, per brevi intervalli dì tempo ( 1 -:- 2 giorni) praticamente lo stesso risultato; ciò concorda con quanto è stato rilevato da altri ricercatori !48]. Dalle tabelle 2 e 3, si nota che i valori più elevati di concentrazione, sia assoluti che medi, si riscontrano nel tonno. In effetti è noto [ 23, 44, 45] che tale specie ittica presenta già naturalmente un certo contenuto di mercurio, anche in ambienti non inquinati dall'uomo. L'incremento della concentrazione naturale si fa risalire all'inquinamento dei mari l23, 461. Oggi si stima che la concentrazione media nei mari sia di r -:- 2 ppb, eccetto nelle immediate adiacenze di scarichi industriali, dove i valori sono molto più elevati. La capacità dì concentrare il metallo posseduta dai tonni, secondo alcuni sarebbe dovuta alla loro maggiore vita e ad una loro propria attività metabolica. Il tonno agirebbe quindi da concentratore del metallo contenuto nelle acque. Osservando i risultati della tabella 2 sì notano, anche se i dati non sono numerosi, valori elevati di concentrazione di mercurio nelle vongole, mentre nei mitili esaminati, i valori sono notevolmente bassi. Ciò può essere giustificato sia dalla diversa provenienza della specie esaminata, sia da diverso metabolismo del mercurio nelle due specie. Questa differenza può rilevarsi anche dai dati del Giaccio [ 47 J, che trova valori notevolmente diversi per due specie diverse di vongole, pur provenienti dalla stessa regione m arina. Il salmone, come si nota dalla tabella, presenta, invece, i valori m inimi o addirittura assenza di Hg. Ciò potrebbe essere dovuto alle ben note caratteristiche di vita di questa specie. Gli sgombri presentano anch'essi valori di concentrazione molto bassi, mentre le sardine presentano valori discretamente variabili, ma mediamente bassi (tabelle 2 e 3). Analogo com portamento mostrano le alici, mentre il valore relativamente elevato riscontrato per alcuni campioni dì insalata di mare potrebbe essere fatto risalire al consueto elevato contenuto in molluschi di questo preparato, tra i quali potrebbero trovarsi alcuni ad elevato contenuto di mercurio.


T.I.BELLA N. 2.

CONCENTRAZIONE DI MERCURIO NEI PROD01TI ITTICI ESAMINATI DIVISI PER SPEC I E

N. prova

Hg (ppm)

Nou

Alici (filetti) 0.2I

o.oo o.o8 o.o8 0.23 0·33

(cont. vetro) (con capperi)

O. Il 0.16 o:~r

0.2J 0.12

o.oo

(cont. vetro) (cont. vetro) (con t. vetro) (cont. vetro) (cont. vetro)

Gamberetti 01

0.09

18

o.oo O.O'J

22

o.o6 0.04

(cont. vetro)

(cont. vetro)

o.oo Granseola

05

0.03

Insalata di .71are 02

0·45

i9 96 99

0.50 0.40

0.2)

Merluzzo (baccalà)

t6

8.- M.

(cont. vetro)

o.oo

(com. vetro) (cont. vetro)


198 s~gu~: T ABELLA :-<. 2.

N. prova

Nou

Hg (ppm) Miti/i

OJ

0 . 11

23

o.o6

48

o.os o.o6

]8 So

o.os o.ro

93

(com. Yetro) (com. vetro) (com. vetro) (com. vetro) (com. vetro) (con t. vetro)

Salmon~

04 A 04 B 04 12

c

19 25 2]

30 32 6] 68

0 JO 77 8r 86 8g go

o.oo o.oo o.oo 0 . 0)

o.oo 0.10 o.oo O. CJ5

o.oo o.oo 0. 14 0.12 o.o8 o.oo o.os 0.01 o.oo o.o8

Sardi n~ 03 A 03 B o6A

0.13

o6 B 21

O. I l

24 28

33

0. 13 O. II

o.oo o.og o.o8 0.20

(~enza

lisca)


1

99

Segue: T ABELLA N. 2. N. prova

40 A 40 BA 41 A 41 BA 49 74 75 85

Note

Hg (ppm)

().2) 0.23 0.12 o.ro 0.07 0.09 0.02 0.20 Seppie novelle

15 A 15 B 15 c

0.12 0.12 0.14

(cont. vetro) (con t. vetro) (con t . vetro)

Sgombri lO

17 26 29

36 38 92 94

o.oo o.oo o.ro o.o6 0.04 0.03 o.os 0.03

(trancia al naturale) (trancia al naturale) (filetti all'olio) (filetti all'olio) (filetti all'olio con pelle) (filetti all'olio con pelle) (filetti all'olio) (filetti all'olio)

Tonno all'olio

09

O. II

Il

0.13

20

0·47 0.25 0.26 0.50 o.ro 0.50 0.25 0.35 o.8o 0.18

31 34 35 37 39 42 43 44 45

(con t. verro)

(filetti)


200

. Segue: N. prova

Hg (ppm)

46 51

0.22 0.29 o.68

57 59 6r 62

Tt.11ELLA N. 2.

Note (con t. vetro)

0.29 o.6o 0.92 0.31

]I

72 82

O. I]

(con t. vetro)

o.6s o.68

83

0.25 o.65 o.85 I.05 0.13 0.24

8]

88 9I

95 98 roo

(com. vetro)

Vongole 14 A

0-55 0-04 o.o6

47 A 97 14 B

(cont. vetro, 10 acqua marina) (conr. vetro)

0-59 o.o:;

47 B

T ABELLA N.

V ALORI MEDI DELLA CONCENTRAZIONE DI MERCURIO IN CIASCUNA SPECIE ITIICA ANALIZZATA

Spede

Conc. Hg ([7pm)

Alici (filetti) Gamberetti Isalata di mare Mitilì Salmone Sardine Seppie novelle Sgombri T onno all'ol io Vongole

0.14 0-04 0.40 0-07 0.04 0.[2 0.13 0.04 0-43 0.26


201 TABELLA

~. 4·

DISTRIBUZIONE DELLA CONCENTRAZIONE DI MERCURIO NEL TONNO ESAMINATO

Meno di 0.20 ppm

6 campioni

2f.43c ~

Tra 0.21 e o. 70 ppm

r8 campioni

6p8 °/,

Tra 0.71 e x.oo ppm

3 campioni

10.72%

campione

3·57 %

28 campioni

100.00 °~

Olue r.oo ppm

t

CoNCLUSIONI.

Il metodo analitico adoperato, anche se di delicata esecuzione, si è dimostrato efficace e sensibile cd i risultati ottenuti sono ripetibili. Una certa attenzione va rivolta particolarmente alla digestione ed alla pulizia scrupolosa della vetreria. I risultati mostrano che, per certi aspetti, il problema dell'inquinamento da mercurio nelle specie ittiche, pur essendo di rilevante importanza, tuttavia, non riveste quel carattere angoscioso che a volte gli è stato attribuito dagli organi di informazione dell'opinione pubblica. Il tonno da noi esaminato mediamente non presenta valori superiori al limite fissato dal Ministero della Sanità. Con questo, però, non s'intende affermare che la presenza del metallo nel tonno sia da tenere in scarsa considerazione e che quindi vi sia assoluta sicurezza per la salute dell'individuo con i livelli di concentrazione rilevati. Il problema, come da più parti è stato sottolineato [ 49, so SI], risiede appunto nella ricerca di un limite opportuno di concentrazione massima ammissibile. Sulle modalità di determinazione di tale limite molto si è scritto lso, 52, 53], e tutti sembrano concordare sulla importanza delle abitudini alimentari nella determinazione di tale limite. Per quanto concerne l'alimentazione del soldato, con una razione settimanale media di g IOO di pesce, con il limite di 0,7 ppm, si ottiene una ingestione annua di 3,64 mg di H g. Tale valore che, a prima vista potrebbe forse sembrare elevato, in realtà non è significativo, perché rappresenta soltanto la quantità di Hg ingerita in un anno e non già la quantità di Hg accumulata nell'organismo, che dovrebbe calcolarsi tenendo conto della eliminazione del metallo. Dal momento che il limite di 0,7 ppm è superiore alla media dei valori di concentrazione riscontrati, il valore su riportato, almeno dalle risultanze sperimentali del presente lavoro, rappresenterebbe una quantità massima ipotetica, eppure, in


202

tali condizioni, si otterrebbe una assunzione media giornaliera di mercuno pari a ro r.g, valore che in letteratura viene considerato relativo a « persone normali )) r54) 55]. R1A~SUNTO. - Gli AA. presentano una concisa rassegna degli aspetti ecologici, to~­ sicologici e bromatologici del mercurio. Determinano quantitativamcntc il contenuto di tale clcmcnro in prodotti ittici scatolali.

IUsu~fÉ. Les Auteurs, après avoir cxposé Ics aspects ecologiques, toxicologique., et bromatologiques du mcrcure, rapportem Ics rcsultats obtenus par la detcrmination du mcrcure dans produits de la mer en consen·e.

SuMMARY. - The AA. prcscnr a short review of ecological, roxicological and bromatologica! aspects of mcrcury. Analirycal determination is madc on canned lìsh-products.

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RECENSIONI DI LIBRI

T.: L'avventura umana nello spazio. Torino, 1973, pagg. 327, Bo illustr., L. 5.500.

l...oMONACO

Ediz. Vitalità (Mincrva Medica),

11 Prof. Tomaso Lomonaco, attualmente direttore della Scuola di Specializza7ionc m Medicina Aeronautica e Spaziale dell'Università di Roma e che per parecchi anni fu il Direttore del Centro Studi Aeronautici e poi Capo del Corpo Sanitario Aeronautico Italiano, ha scritto un volume di circa 330 pagine dal titolo cc L'avventura umana nello spazio» che tratta argomenti incentrati sulla fisiologia, sulla fisiopatologia e sulla biologia dell'Uomo lanciato nello Spazio e dell'Uomo che ha percorso la superficie lunare. Il libro riporta quanto gli scienziati delle due grandi Potenze spaziali del mondo ed anche quanto, sebbene in misura notevolmente inferiore, gli studiosi italiani hanno ricavato dalla conoscenza, ancora non completa, delle variazioni funzionali ed anche organiche indotte dall'Uomo che, rotte alcune leggi fisiche terrestri e soprattutto rotto l'ambiente di vita e di conforto nel quale è immerso da tutti i secoli, si avanza in un'area terribilmente per lui ostile quale è lo Spazio. I vari capitoli trattano della possibilità di vita (così come viene intesa nel senso terrestre) nell'Universo; della cronistoria dci voli spaziali fino adesso eseguiti; dcila capsula spazialc e del suo funzionamento; degli effetti fisiopatologici derivanti dallo stato di imponderabilità; della deambulazione extraveicolare e sulla Luna; dei ritmi biologici nell'attraversamento dello Spazio; della selezione psicofisica del cosmonauta; nell'ultimo capitolo si tratteggia quanto dall'immane sforzo compiuto nei lanci spaziali sia pervenuto dal punto di vista tecnico- sanitario alla medicina attuale. Il libro, pur facendo, come è ovvio, uso di termini tecnici e pur essendo rivolto ai medici italiani, specialmente quelli specializzati in Medicina Aeronautica, può essere letto anche da persone colte. E' la prima opera del genere comparsa in Italia ed il contesto in essa racchiuso è valido ed interessante sebbene risenta com'è naturale di non ancora completamente accertate cognizioni scientifiche per la difficoltà stessa di una mancata osservazione scienùfica profonda e minuta quale può essere compiuta solamente in laboratori terrestri e non in un abitacolo itinerante, lontano dalla cros.ta terrestre. Ciononpertanto l'opera è fortemente istruttiva ed avvincente, com'è avvincente tutto lo scibile spaziale che di giorno in giorno l'uomo recepisce. Si fa l'augurio che abbia una larga diffusione fra i medici ed i non medici italiani, come del resto merita questa nuova fatica del Lomonaco.

Rosso G., RuscH:ENA A.: Gli orientamenti dottrinali della psichiatria. Ediz. Minerva Medica, Torino, 1972, pagg. X, 188, L. 5.000.

GAMMA G.,

Il volume in esame rientra nel progetto di un'opera di cc Psichiatria Clinica» c ne costimisce l'introduzione. Esso rappresenta un'utile sintetica rassegna degli orientamenti dottrinali delle varie correnti di pensiero ed un valido manuale per tutti coloro


che con i medici psichiatrici sono interessati, in una nswne interdisciplinare, ad una \era conoscenza dell'uomo. Il prof. Giuseppe Gomirato, direnore della Clinica ru malattie nervose e mentali dell'Università di Pisa, presenta l'opera del prof. Gustavo Gamma e dei suoi collaboratori dr. Giuseppe Rosso di Asti e dr. Adriana Ruschena di T<>rino, e ne chiarisce lo scopo che è quello di «rintracciare tra i vari indirizzi oggi operanti nella psichiatria (psicanalista, organodinamicista, antropofenomenologico, ecc.) se e quanto vi sia di comune denominatore, cioè il filo conduttore di pensiero comune che tutte le unisce o si presume le unisca ». In questo quadro vengono documentati e discussi i vari punti di contatto che dalla psicosomatica all'org:1nodinamicismo, dalla psicoanalisi alla antropofenomenologia, dallo strutturalismo ::Ila sociopsichiatria, dalla cibernetica alla reflessologia, è possibile rintracciare e fanno ritrovare, nella multidimensionalità del discorso, un filo unitario di ricerca. Il sommario del libro comprende otto capitoli. l\el primo - Introduzione; Cenno storico; Orientamenti dottrinali; Linee generali - viene operata un'analisi storica della Psichiatria dalla costituzione dei primi ospedali psichiatrici ad oggi. Una vasta no<a bibliografica ed una lista dei trattati di psichiatria (i grandi trattati classici, i tratta•i editi dal 1945, le opere enciclopediche) chiudono il capitolo. Nel secondo si traccia un quadro storico- critico della po~izione organicistica nel campo psichiatrico, ed in ca Ire al capitolo è riponara una nota bibliografica ed in p:Jrticolare specifiche indicazioni che possono servire da traccia per un :1pprofondimento dci singoli argomenti. Il terzo capitolo tratta della psicoanalisi, il quarto della medicina psicosomatica, il quinto dell'antropofenomenologia, il sesto dcll'organodinamicismo, il ~uimo dello strutturalismo, l'ottavo dell'orientamento sociopsichiatrico; tutti i capitOli ~ono ~eguiti da vaste note bibliografiche. La lettura di questo libro appare stimolante e si raccomanda come fonte di riflessione sulle prospettive di quella che un tempo era chiamata u cenerentola delle scienze >• e che in\'ece, per il valido Jayoro di queste ultime generazioni di medici, biologi, farmacologi, psicologi e filosofi, è diventata per il suo contenuto e per la co~tante capacità di porsi in crisi e di costituirsi problematicamente una delle !>Cienze più promettenli cd um:me.

F. ScALA

CATALA:-.10 KoBILI C., CuQUln.LLI G.: L'Eleuroshock. 1972. pagg. 239, L. 6.ooo.

Il Pemiero Scientifico. Roma,

Gli Autori, al titolo principale u L'Elettroshock », hanno fatto ~eguire il sottotitolo Trent'anni di esperienza » proprio per evidenziare la lunga pratica maturata nella tecnica e nella condotta di questo strumento terapeutico. Tale dato di fatto c.i sembra particolarmente opportuno segnalare poiché esso si oppone alle critiche di quanti, in campo psichiatrico e sociologico, vedono nell'elettroshock (EST) uno strumento di violenza per una rigida manipolazione dell'uomo. Non è possibile non tener conto del giudizio di specialisti tanto qualificati e noti per la disinteressata passione per gli studi e per le qualità umane. E' perciò difficile, da parte del mondo medico specialistico e non, sottrarsi alla spinta di leggere questo libro, ricco di fatti e di contenuti scientifici, e analizzare il modo di condurre, da parte degli autori, questa cura così consolidata nel tempo ma anche pur così attuale per le discussioni e le contestazioni che suscita. A noi resta difficile riuscire a sottrarsi all'influenza di una trattazione così piana, così circostanziata di notazioni storiche, di eventi spesso vi\~Uti in prima persona, così ricca di ragguagli tecnici e sociologici. 11


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E' difficile non rimanere interessati e convinti dell'efficacia dell'EST in alcune sin dromi psichiatriche come per esempio nella psicosi schi1.ofrenica in associazione a pst· cofarmaci o da solo come ne;la schizo(renia in fase iniziale in cui spesso tale cura ap pare risolutiva. Così ancora nella psicosi maniaco- depressi va il valore dell'EST, cht: permette la risoluzione della sofferenza, appare notevole anche per il recupero sociale che permette e per le attività produtti\·e che consente di intraprendere. Gli autori sono in grado di presentare una vasta casistica personale di positiva evoluzione delle malartie mentali con l'ausilio terapeutico dell'EST ed è proprio in base a questa che essi affermano con coerenza e vivacità che, se la finalità dell'intervento mc dico è quella di giovare al malato, l'EST ha dimostrato di rispondere validamente a tale scopo, di essere innocuo, di attenuare la sofferenza. Questo libro apparentemente descrittivo diventa invece polemico stimolante quando con rigore scientifico e serenità di espressioni si pone in comrasto con quella m<?da culturale che dichiara essere i disturbi mentali non delle malattie (di cui debbono occuparsi solo i medici) ma delle inadeguate risposte a fatti sociali deteriori. Ed è nel contrasto tra queste di\·erse spinte culturali che l'opera diventa coraggiosa e polemica, c spinge i lettori: psichiatri, psicologi e sociologi, ad impostare studi, ricerche e sperimentazioni per evidenziare sempre più il meccanismo d'azione dell'EST nella sua problematica terapeutica e sociologica.

F. SCALA


RECENSIONI DA RIVIST E E GIORNALI

CARDIOLOGIA

M., LoEs II. S., GuNNMt R. M., RAHIMTOOLt\ S. H . : Mobitz typ~ Il block without bundl~- bra neh block. - Circul., 1971, 44, 1 r 11 ·II rg.

RosEN K.

La tecnica di registrazione ecgrafica del fascio ùi llis con il cateterismo cardiaco si è rivelata di notevole importanza diagnostica, prognostica e terapeutica nei casi di blocco atrio. \entricolare di 2° grado del tipo rr di Mobitz, in cui gli intervalli p. R prima dd blocco sono fissi. L'importan7a diagnostica con questa nuova tecnica è dat:l dal fatto che sinora è diffusa b convinzione che questa aritm ia occorra abitualmente in pp. con blocco di branc:~, ed è considerata precursore di un disturbo di conduzione più avanzato, per cui è indicato l'impianto di un segnapassi elettrico artificiale. Gli AA. descrivono 5 pp. con blocco atrio- ventricol:~re del tipo Il di Mobit7 che a\evano complessi QRS \tretti ed in 2 dei quali il blocco si è dimostrato simulato. In tutti i pp. il blocco occorreva prossimalmente al punto di registrazione dd fascio di H is ed in nessuna la turba è progredita, suggerendo così che il blocco atrio- ventricolare del tipo II di Mobitz, ma con complessi Q RS stretti, può essere un processo benigno. E' importante riconoscere queste forme benigne di blocco atrio ventricolare c.lel tipo Il di ~!obitz, in modo c.Ia poter essere impedito un impianto non necessario di un segnapassi elettrico anilìciale. Questi casi di mostrano inoltre la potenziale fallacia della diagnosi ecgrafica convenzionale di sede del blocco. Infatti, il blocco atrio- vcntricolare del tipo l di Mobitz, generalmente suggesti\O di sofferenza del nodo arrio · ventricolare, può invece occorrere anche nel sisrem:1 His- Purkinje. Inoltre, il blocco atrio · ventricolare del tipo II di Mobitz, in precedcn7.a ritenuto occorrere nel sistema His- Purkinje, può occorrere anche prossimalmente al fascio di Hi~. M ELCHI ONDt\

RosE:-~

K. Yl. , .\[EHTt\ t\., RAHtMTOOLA S. H., MrLLER R. A.: Sit~s of congenita/ and surgical heart block tu d~fined by Hù bundle el~ctrocardiography. - Circul., l97I, 44, 833. 841.

La tecnica della registrazione ecgrafìca del fascio di His con il catetere è stata eseguita dagli AA. in 7 b:~mbini con blocco cardiaco congenito ed in altri 2 con blocco cardiaco chirurgico conseguente ad una correzione di una tetralogia di Fallot. Essi ne f~nno una analisi critica in rapporto anche ai ritmi di scappamento cd alla prceccita ztone. La d i :~gnosi es:~tta del blocco ha importanti conseguenze cliniche. Sia la graviriì della br:~dicardia che la presenza di sintomi dovuti a frequenze cardiache lente sono in rapporto alb sede del blocco, secondo che questo sia nel fascio di Ili., o distalmente ad esso. Infatti 2 dei 3 pp. che ebbero biso~no dell'impianto di un segnapassi elettrico


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artificiale permanente avevano un blocco distalroente al punto H, mentre 4 pp. con blocco prossimale ad H erano totalmente asintomatici. Appare quindi ragionevole, concludono gli AA., suggerire che la registrazione clettrocardiografica del fascio di His nei bambini con blocco atrio - ventricolare è di note,.oJe valore nella prognosi dei singoli casi e di aiuto nella determinazione della necessità di una terapia con segnapassi elettrico artificiale. MELC!IlONDA

D1 MAITEO ]., VAcHERON A., SABAUT D., U rONT H., Hux BoN HoA F.: La régurgitation mitra/e diastolique. - Arch. Mal. Coeur, 1971, 64, 1794- 1805. La condizione necessaria per la produ7ione di un rigurgito \"entricolo- atriale smtstro durante la diastole è la inversione del gracliente pressorio atrio- ventricolare stnlstro nella tclediastole, associata ad un difetto dì chiusura della mitrale. Questa condizione si realizza sopraltutto nelle insuifìcienze aortiche maggiori, ma anche in alcune insufficienze mitraliche ed in alcune miocardiopatie. Sulla base delle ricerche eseguite in 8 loro casi personali di insufficienza aortica, gli AA. insistono sulla possibilità della messa in evidenza di un rigurgito diastolico mitralico con il fcg apicale e ne discutono il meccanismo. Anzitutto stabiliscono i criteri per la diagnosi di una insufficienza aortica importante: intensità e durata del soffio diastolico, importanza delle manifestazioni periferiche e dei segni di sovraccarico ventricolare sinistro, aspetto particolare del fcg puntale, dati radiocardiografici, dati pressori rilevati col cateterismo cardiaco, cineangiocardiografia c constatazioni operatorie o necroscopiche. Il rigurgito mitralico ventricolo- atriale può essere messo in evidenza sia in occasione di un cateterismo cardiaco che con l'angiocardiografia e con il fcg apicale; l'accurato studio di quest'uhimo è di notevole importan7a perché permette una diagnosi differenziale con il rullio di Flint, con il soffio diastolico dell'insufficienza aortica, con il rullio di Foster c con il rullio diastolico dcll'insuffìcicnza mitralica. La elevazione diastolica \ entricolare ~inistra risulta da due fattori, spesso, ma non sempre, associati: l'entità e la durata del rigurgito aortico, il difetto della compliance di disten.sibilità d el ventricolo sinistro. Il difetto di chiusura della mitrale, associato ad una chiusura anticipata della valvola, nei casi in cui non vi è una lesione dell'apparato valvolare, è un fenomeno puramente passivo, che occorre nel primo tempo della chiusura della valvola in conseguenza dell'elevazione anormalmente precoce della pressione ventricolare sinistra, prima cioè che intervenga la contrazione dei muscoli papillari e dei lembi valvolari. MELCI !lONDA

WEXLER

L., SJLVERMANN J. F., DE BusK R. F., HARRI &ON D. C.: Angiographic features Circu/., 1971, 44, 1080- ro86.

of rheumatic and nonrhez~matic mitra/ regurgitation. -

La sindrome clinica dei pp. con rigurgito mitralico è molto ampia, da una fase asintomatica nel primo interessamento reumatico della mitrale all'edema polmonare fulminante secondario ad un infarto miocardico ed alla disfunzione od alla rottura dd muscolo papiliare. I metodi clinici e di laboratorio convenzionali possono dimostrarsi inadeguati per differenziare un grave rigurgito mitralico dovuto ad una malattia reumatica da quello dovuto a disordini non reumatici come la disfunzione del muscolo papillare o la rottura delle corde tendinee. Poiché la etiologia di una insufficienza mitralica ha un significato prognostico notevole e può influenzare il decorso della te rapia,


è stata utilizzata l'angiografia ventricolare sinistra diagnostica nella valutazione dei pp. con rigurgito mitralico. Gli AA. hanno eseguito questa tecnica in 37 pp. con rigurgito mitralico, 27 dci quali erano portatori di una valvulopatia reumatica mitralica, 10 di una disfun2ione del muscolo papillare e 6 di una rottura delle corde rendinee. I criteri per valutare le caratteristiche angiografiche in questi casi sono soprattutro 4• specialmente se associati : 1) presenza od assenza di calcificazione valvolarc; 2) mobilità o comportamento dei lembi valvolari; 3) carattere del getto di rigurgito; 4) valutazione della contrattilità ventricolare sinistra. Dalla esatta osservazione di queste caratteristiche si possono desumere le varie conclusioni: 1) se i lembi valvolari sono poco mobili, cupola ti e calcificati, la diagnosi è un rigurgito mitralico reumatico; 2) se i lembi vah·olari sono ~ttili, mobili e non calcificati, un prolasso od un::t ecccs~iva mobilità di un lembo indica una etiologia non reumatica e fa identificare il lembo anormale; 3) un getto di rigurgito eccentrico suggerisce una etiologia non reumatica (nell::t maggioranza dei casi la direzione del getto chiarisce il lembo interessato); 4) se un 'area di discinesia è in prossimità di un muscolo papi Ilare, la disfunzione di questo è la diagnosi più verosimile. Gli AA. concludono affermando che il cateterismo e l'angiografia appaiono indi cati in tutti i pp. con insufficienza mitralica, nei casi in cui si giudichi necessario un intenento chirurgico di plastica mitralica, come nei casi in cui il rigurgito mirralico è determinato da una disfunzione del muscolo papillare o dalla rottura cordaie o quando il getto di rigurgito è molto grande. MELCHIONO.\

SPEAR

J. F., MooRE E. N.: Electrophysìologìc studies 011 Mobìtz type Il second- degrec

heart block. -

Circul., I9]Y, 44, 1087· 1095·

Il blocco cardiaco di 2° grado è stato classificato da Mobitz in un tipo I (prolun gamcnto graduale dell'inrervallo P · R fino alla mancanza di una risposta ventricolare, cioè con periodi di Wcnckebach) cd in un tipo II (improvvisa assenza di risposta ven· tricolarc se02a precedenre allungamento dell'intervallo P - R). ~[entre il I tipo è facilmente riproducibile sperimentalmente nei cuori di mammiferi, il II tipo è difficilmente riproducibile. E' a questo scopo che gli AA. hanno intrapreso delle ricerche per studiare i possibili metodi sperimentali di produzione di un blocco atrio· vcntricolarc del tipo II di Mobitz in animali c servendosi di elettrodi in tra - ed extra· cellulari per re· gistrarc simultaneamente dall'atrio, dal nodo atrio· ventricolarc, dal fascio di His, dalle sue branche, dalle fibre del Purkinje e dai ventricoli c determinando così il luogo del ritardo di conduzione e del blocco. Gli AA. concludono che i loro esperimenti dimostrano che la sede del blocco non può essere predetta solo sulla base del comportamento dell'intervallo P . R che precede il battito bloccato. Quando questo intervallo è costante, ma prolungato ed associato con un complesso QRS normale, si deve pensare ad un blocco nel nodo atrio- ventricolare, mentre quando esso è associato con un complesso QRS ampio, la sede del blocco può essere o nodale o nel sistema specifico ventricolare.


210

La tecnica di registrazione ecgrafica del fascio di His, a supplemento dell'ecg convenzionale, è importante per stabilire la sede del blocco di 2° grado e faci lita il trattamento in cerre disritmie cardiache, come quelle successive ad un infarto miocardico. MELCHIONDA

J. A., CASARI A.: Transient left posterior hemiblock. Report of jou1· cases ìnduced by exercise test. - Circul., 1972, 46, 931-938.

BoB BA P., SALERNO

L'emiblocco posteriore sn (EPS) devia a ds, fra + 8o" e + 120°, l'asse elettrico del QRS e pertanto es.so non è distinguibile da quanto può ugualmente occorrere nella ipertrofia ventricolare ds, nelle pneumopatie, nell'infarto miocardico esteso della parete laterale e nei cuori estremamente verticali, se non quando esso sia transitorio od intermittente. In una serie di 100 casi sottoposti a prova da sforzo a scopo diagnostico, gli AA. hanno osservato in 4 (un altro caso si è aggiunto successivamente) la comparsa di un EPS « puro >> che scomparve poi gradatamente entro pochi m inuti. La coronarograJìa ha mostrato in 3 dei 5 casi una grave malattia di ambedue le coronarie, mentre negii altri due casi era a.m.malata solo la coronaria ds. Gli AA. discutono la patogenesi della insorgenza transitoria deli'EPS e concludono che nei loro soggetti essa poteva essere rapportata allo sviluppo di una lesione acuta, transitoria, della parete postero- inferiore del ventrìcolo sn, in presenza di un a coronaropatia segmentale o diffusa e ad un danno cronico postero - inferiore. Dato il numero dei casi osservati, si può ritenere che I'EPS è forse più comune di quanto si ritenga. MEtCHIONDA

R.: Le bloc sino - au1·iculaire. toriale).

RAYNAUD

Arch. Mal. Cocur, 1972, 65, 1273- 1275 (edi-

L'interesse per lo studio dei blocchi seno- auricolari (BSA) è recentemente accresciuto, sia per la maggiore freq uenza con cui essi vengono svelati nei centri di cura intensiva, sia per le nuove tec niche per il loro studio, sia perché, pur essendo in genere praticamente nulla la loro espressione · clinica, a volte essi causano lipotimie o sinco-pi paragonabili a quelle da blocco a- v. Come per quest'ultimo, anche per i BSA si distinguono tre gradi, ma in realtà solo il 2° grado nella sua forma comune può essere riconosciuto nei tracciati ecgrafici di superficie con la constatazione delle pause cardiache caratteristiche, la cui durata può essere a volte anche molto lunga, tanto da generare uno scappamento nodale; nella forma meno pura, del tipo Luciani - Wenckebach, il riconoscimento è però naturalmente difficile. Attualmente le difficoltà e del loro riconoscimento e della interpretaz ione ecgrafica esatta sono superate, sia a mezzo della tecnica dell'esplorazione endocavitaria o con la registrazione dei potenziali del fascio di His, sia a mezzo del test della stimolazione elettrica dell'atrio ds; quest'ultima tecnica è di notevole importanza diagnos tica e prognostica, perché, cessata bruscamente la stimolazione tachicardica dell'atrio, ad essa succede una pausa cardiaca di d urata notevolmente superiore a quella che si ha nei soggetti normali, rivelando in tal modo una deficienza sinusale. Per quan to riguarda la etiologia dei BSA, questi possono essere distinti in sintomatici (infarto miocardico, coronaropatie, cardiopatie ipertensive c val volari, da medi-


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camemi come la digitalina, i beta -bloccanti, da alterazioni me•aboliche come la •perkaliemia) ed idiopatici. Mentre per i BSA sintomatici la prognosi della malauia di base non viene ~nsi­ bilmeme aggravata da questa aritmia per sé, diversa è invcc«.: la prognosi per i BSA idiopatici, in quanto il blocco può rapprc~emare la prima fase.: di una malatth1 dell'atrio che si potrebbe complicare secondariamente con lipotimic o ~incopi (un ca~ personale dell'A. in una giovane donna) o con accessi di tachicanlia atriale. Il trattamento dei BSA è in funzione dci disrurbi che es~i provocano. Se non complicati da sincopi o da lipotimic ed in un soggetto gio,·anc, basta la terapia medica ed il farmaco di scelta sono i .parasimpaticolitici (atropina) od i simpaticomimetici (efedrina). Se invece i BSA si presentano in un soggetto anziano, può es~ere necessario ricorrere alla istallnzione di un pace - maker, tenendo presente che in questi casi la stimo! azione elettrica ventricolare è prefcribilc a quella atriale che sembrerebbe la più logica, in quanto con questa potrebbero insorgere delle turbe di conduzione a- v. L'A. conclude che il BSA costituir.ce una condizione molto particolare delle turbe ritmiche cardiache e che l'interesse delle esplorazioni moderne mette in evidenza la parte essenziale dell'automatismo giunzionale a salvaguardia della contrazione ventricolare. MELCHIONDA

MEDICINA PREVENTIVA

E.: La prot~zrone dei lavoratori con rrschi da radiazioni ionizzanti nd Servizio Sanitario Nazionale. - Nuovi Ann. Igiene c Microbiol., 1972,

PVLCJNELLt M., STRAMBI

XXIII, 3· Gli AA. esaminano, essenzialmente dal punto di vista medico, alcuni aspetti della protezione contro i rischi derivami dagli impieghi pacifici (medici ed industriali) dell'energia atomica. Essi riassumono innanzitutto, sulla ba~e della loro pluriennale esperienza personale ed alla luce della vigente normativa (D.P.R. n. 185 del 13 febbraio 1964), i compiti c le re~ponsabilità che gravano sul medico incaricato della radioprotezionc (il cosiddetto « Medico Autorizzato ))). T ali compiti possono identifìcar~i in: 1) attività preventiva (controllo delle condizioni di lavoro, visite di idoneiLà specifica al lavoro che espone a rischi di radiazioni ionizzanti); 2) attività diagnostica (lesioni radioindotte precoci o tardive. malattie professionali, contaminazione radioattiva interna); 3) valutazioni biologiche e medico - legali ( ,.alutazione dei reperti chimici c laboratoristici, significato biologico della do~imetria); 4) attività curativa (lesioni da irradiazione esterna) lesioni da contaminazione radioattiva, decontnminazione radioattiva interna); s) attività amministrativa (registrazione dati clinici, professionali e dosimetrici, deliberazioni sull'allontanamento dei lavoratori dall'attività rischiosa); 6) attività informativa (rischi da radiazioni, rischi comenzionali, significato biologico delle dosi ricevute). Un tale complesso di operazioni comporta la necessità di una adeguata preparazione tecnico- professionale, che deve essere impartita in ambito universitario, con appositi corsi di perfezionamento che conferiscano nl medico una specifica cono~ce nza nel campo della prevenzione, protezione e trattamento della patologia da radiazioni ionizzanti.


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Gli AA. passano quindi ad esaminare le possibilità d'inserimento della radioprotezione nel Servizio Sanitario Nazionale, facendo riferimento ad una delle ipotesi oi riforma recentemente formulate (SE.l'VILLI: Notiz. dell' Ammin. Sanit., rg68, 21 , g). A tal fine essi prospettano la seguente dislocazione dei servizi radioprotezionistici: r) Attività di primo livello (neil'ambito delle Unità Sanitarie Locali, eventualmente appoggiati ad un Ospedale di Zona): - visite di idoneità al lavoro specifico, preventive e periodiche; - visite straordinarie ed eccezionali; - primo soccorso a irradiati e contaminati; - controllo delle condizioni di lavoro, in coordinazione con il Servizio di Fisica Sanitaria; - attività medico- amministrativa (registrazioni, schedari medici e dosimetrici, denunce, ecc.); . - informazione ai lavoratori, in coordinazione col Servizio di Fisica Sanitaria (rischi, mezzi di protezione, significato delle dosi e degli accumuli corporei, ecc.); - deliberazioni sull'allontanamento dei lavoratori non idonei. 2) Attività di secondo livello (nell'ambito regionale, eventualmente mediante la costituzione di un Centro Regionale di Radio - protezione, appoggiato ad un Ospedale Regionale): - coordinamento e supervisione dell'attività radioprotezionistica di I 0 livello; visite straordinarie ed eccezionali di 2 ° livello; - diagnostica radiotossicologica, whole body counter, dosimetria biologica; - trattamento degli irradiati e contaminati; - valutazione di merito dei ricorsi avverso il giudizio del << medico autorizzato »; - conservazione della documentazione sanitaria personale dopo la cessazione dell'attività lavorativa rischiosa; - consulenza alle Autorità regionali; - normativa in ambito regionale; - organizzazione di corsi di addestramento, seminari, ecc.. 3) Attività di terzo livello (nell'ambito dei massimi Organi Sanitari Nazionali, eventualmente come organo centrale tecnico - scientifico di radioprotezione): - coordinamento delle attività radioprotezionistiche; - politica generale della radioprotezionc; - normativa nazionale radioprotezionistica; - consulenza a livello di organizzazioni nazionali o regionali ; - collegamenti internazionali; - ricerca applicata.


SOMMARI DI RIVISTE MEDICO - MILITARI

' INTERNAZIONALE REVUE lNTER ATION,\LE DES SERVICES DE $.\. TI?. DES ARMÉES DE TERRE, MER, AIR (A. 45, n. 6, 1972):Seris H., D~lahay~ R. P., Auffret R.: Effeui delle vibrazioni sulla co· onna lombare; Barcikotvski W.: Alcuni problemi di unificazione del sistema di perfezionamento dei laureati in mctlicina nelle specialità cliniche; Darleguy P., Segalen D.: Studio c:inico dell'attività del demanolo aceglumato nella rieducazione oculare; Giajjeri D.: Studio della fissazione da parte delle fibre del cristal;ino del citocromo radiomarcato re. 59· REVUE INTERNATfONALE DES SERVICES DE SAI'\TÉ DES ARMÉES DE TERRE, MER, AIR (A. 45· n. 7-8, 1972): El Gindi S.: Trattamento dei traumatismi del capo; Porver f. G. P.: Morbilità in una forza multinazionale a Cipro; Fourqu~t F.: Interesse del fosforo Sandoz « forte » nel trattamenro delle fratture; Sudri~s A., Rougier f. P., Labourdme B.: Studio in ,·itro dell'attività di un derivato elda p::· nicillina: la metampicillina. REVUE INTERNATIONALE DES SERVICES DE SANT I?. DES ARMÉES DE TERRE, MER, AIR (A. 45· n. 9- t o, 1972): Arghittu C.: Recenti acquisizioni sulla malaria, con particolare riguardo al"a profilassi ed al trattamento; Biros G., Calais P., Cazcnave R., Despessaillcs Ch., Fagoaga f., Lugat J., Robert f., Ropars S., Rospidc B.: Studio clinico dell'azione della brinedina suJ'ipencn~ione arteriosa : Mine f., Montcil R.: Su un nuovo cicatrizzante: il Solcoseryl. REVUE INTER "ATIO 'ALE DES SERVICES DE S,\NTt. DES ARMÉES DE TERRE, MER, AIR (A. 45, n. n, 1972): De Muling~n F.: Il Comitato Internazionale della Croce Rossa ed i Scrvi7.i Sanitari delle FF. AA.; Gonzaga Ribciro L.: Ter:1pia della malaria; Pham Ha Thanh, Duong Hong Huan, Tran Van Tinh: Risultati preliminari della chemioprofilassi e terapia della malaria mediante :1ssociazione sulfadoxina- pirimethamina nelle FF. AA. della Repubblica del Viernam; Camphyn R., Hanson f.: Struttura e competenza ter ri toriale clcll'ospcdale militare del 1980; Mine f., Montei/ R.: Studio sull'efficacia battericida del la betadina; Cormier M.: Trattamento anti ·infettivo delle diarree acute del lattante in Nuova Caledonia. REVUE INTERNA TIGNALE DES SERVICES DE SANTÉ DES ARMÉES DE TERRE, MER, AlR (A. 45, n. 12, 1972): D~ Mulinen F.: Segnalazione ed identificazione del personale e materiale sanitario; H essberg R. R.: Medicina Spaziale Presente e futuro; Leitao M. T.: Profilassi antima:arica nell'Esercito Portoghese; Paz11t P., Ducluzaux f. , Chagny ]. : Il F.E.V. 300 in carcinologia O.R.L. in caso di trattamento chirurgico e cobaltoterapico.

9·. M.


ITALIA AN. ALI DI MEDICINA NAVALE (A. LXXVII, fase. IV, ottobre- dicembre

1972): Albano G.: Il trattamento con ossigeno iperbarico delle neuropatie da decompressione e degli infarti ossei epifisari. Considerazioni su 27 casi di embolia gassosa; St,.acca M., Ridi M.: La valutazione inteilettiva in rapporto al successo negli studi in accademia navale; Stigliano G., Mcrucci P.: Di alcune caraueristiche funzionali dei linfociti; Gallo G.: Le epatiti croniche. Classificazione su base immunitaria; Lantierr A.: Il servizio trasfusionale nelle FF. AA. italiane; Terzi f.: Problemi trasfusionali: conservazione dd sangue ed organizzazione del servizio trasfusionale; Bonifacino G.: Indice sulla incidenza della enzimopatia eritrocitaria da difetto di G- 6- PD nella popo. azione militare; primi risultati di un controllo su personale M.M. in servizio di leva; facobclli G.: rote pratiche sulla etiologia dell'artrosi. RIVIST A DI MEDICINA AERONAUTICA E SPAZIALE (A. XXXV, luglio dicembre 1972, vol. 32, n. 3- 4): Vacca C., Koch C., Pizzuti G. P., Castagliuolo P., Pc/aga/li C. V.: Sviluppo dell'orecchio interno in embrioni di ratti albini sottoposti aci accelerazioni trasversali di ±3 Gy. Nora 2a. Ricerche istochimiche; Zardi 0., Nobili G., V cnditti G.: Considerazioni sulla vaccinazione antitct::tnica in base al numero delle dosi vaccinali somm inistrate; Zardi 0., Nobili G., Venditti G., Adorìsio E. : Considerazioni su;l'immunità antitetanic::t indotta dopo la prima e la seconda dose di anatossina; Mci neri G.: Flusso capillare polmonare in individui sottoposti a diverse posizioni corporee; Rota P.: Studio di alcune attività operative aeronautiche in Italia, con riferimento alle condizioni termiche e al loro effetto sulla resistcnLa aìle accelerazioni e al rendimento psicomotorio; Sparvieri F.: Validità della psicologia come scienza; Sparvieri F.: :-.1uovi orientamenti e problemi in materia di psicologia deg:i allievi piloti; Sparvieri F.: Variazioni di potenziali endosomatici sotto stimolazione verbale in un gruppo di allievi piloti.

ARGENTINA REVISTA DE LA SA IDAD MILITAR ARGENTINA (A. LXXI, n. r, gen naio- giugno 1972): Girardi Cantaluppi C. A. V., Carrera D., Fcrrcìra R., D'Olivcira f., Santi n H. , Zwolinski E., Luluaga /., Molteni L.: T rattamento postoperatorio immediato in chirurgia cardiaca; Asper W., Pianta R. A.: Presentazione di due casi di frattura del mascellare inferiore; Leone A. R. A., Alpa E. U.: Preparazioni farmaceutiche di azione sostenuta; Martincz A.: l'ore per lo studio del comportamento dell'Haemagogus Capricornii Petrocchiae (Diptera, Culicidae); Andradc f. H., Borghclli R. F.: Frequenza della carie dentaria nelle province di Chubut e Santa Cruz e nel territorio nazionale della T erra del Fuoco; Del Ponte E., Beiarano f. F. R., Mauri R., Capri f. f., Hcpper H. C., De Chiassone / . P. F.: Ricerca su :La presenza di Triatomini nella capiw le federa le e nel Gran Buenos Aires nel 1969 (gennaio-ottobre); Argerich C., Conzalcz L. A.: Medicina fisica c riabilitazione. REVISTA DE LA SAl\lJDAD MILITAR ARGEì'\TI)JA (A. LXXI, n. 2, luglio dicembre 1972): Santin H. /., Girardi Cantaluppi C., Moltcni L., Zwolinski E., Ferrcira R., Ll1luaga l.: Occ:usione arteriosa degli arti inferiori; Riu f. A.: Epilessia; Abuin f. C. : Trattamento attuale delle anemie emolitiche; Cumtchct Ragusin f. E., Mauro E. L.: Tumori maligni delle vie biliari nella vecchiaia; St.arcz M., Bcdini f. F., T orrado O. A.: Azione patogena dello Pseudomonas Pyoceanea negli animali di laboratorio;


Torrado O. A., Balsaro ]. R., Garcilazo E. f. A.: Incidenza delle alterazioni elettrocardiografìche nei giovani sani; Morera f.: Impiego della tcle\·isione a colori nell'insegnamento dell'endoscopia urologica; Da/bene H. A., Zazzarini C. R.: Anestesia basale con Droperidol; Del Ponte E., Bejarano f. F. R., Mauri R., Catn·i f. ]., JJepper H. C., De Chiassone l. P. F.: Ricerca sulla presenza di T riatomini nella capitale federale e nel Gran Buenos Aires nel 19iJ9 (gennaio- ottobre).

FRANCIA REVUE DES CORPS DE SANTI~ DES ARM~ES TERRE, MER, AIR (Vol. XIII, n. 5, ottobre 1972): Vettes B., Demange f.: Reazioni cardiovascolari dell'uomo esposto al bang sonico; Angiboust R., Cai/ler B.: Interesse dell'elettro- oculografìa in ergonomia; Galban P., Gouars ,\1., Guillermin M.: Studi sull'efficacia e sugli effetci secondari di numerose sostanze antinaupatiche; Pannier R .• Leguay G.: Il pneumotorace spontaneo idiopatico nel personale navigante dell'Aeronautica; Gelly R., Galle Tessonneatt ]. R.: Le cause di insuccesso nella scuola di pilotaggio. REVUE DES CORPS DE SANT~ DES ARMJ~ES TERRE, MER, AlR (Vol. XIII, n. 6, dicembre 1972): Gillyboeuf G.: Al soccorso, a mezzanotte, sugli avampos~i; Guillermand f.: li polmone traumatico; Bert ]., Pegram V., Balzano E.: Influenza dell'ambieme sul sonno; Saliou P., Durosoir ]. L., Mi.uon R., Antoi11e H. M.: Bilancio eziologico attuale delle uretriti; Ducros H.: Le conseguenze dell'inanizione parziale nei climi torridi. LE MEDECIN DE RESERVE (A. 68, n. 4• settembre -ottobre 1972): MarechalDurant : Adatt~mento dei chiamati alle armi. Aspetto psicologico; Breuil f.: Fratture dci mascellari; Doleans: Gli abbassamenti bruschi della vista e loro trattamento d'urgenza. LE .MEDECI~ DE RESERVE (A. 68, n. 5, novembre- dicembre 1972): Dietrich

f.: Rieducazionc c riadattamento funzionale in traumatologia; Bernard F., Roger D., Nemitz B., Ossart M., Echer E., Milhaud A. : Un anno di attività del servizio sanitario mobile d'urgenza e di rianimazionc di Amiens.

GRECIA IAT RIKI EPITHEORISIS (Vol. 6, n. 4, agosto 1972): Koidakis A., Papadopoulos P., Vassilikos C.: Effetto della digitale c di altri agenti farmacologici sul tempo di conduzione atrioventricolare; P/essas S. T., Mallios C., Voridis E. : Disturbi della conduzione atriovcntricolare nell'infarto miocardico acuto; Loulakal(iS D., Maliara S., Papoulias E.: Correla? ioni clinico- elcttrocncefa~ografìche nelle malattie muscolari : miastenia e miopatia; Afelissinos C., Kravaritis A., Mandalaki 1'.: Studio dei fattori plasmatici di coagulazione e del sistema fibrinolitico durante dialisi mediante rene artificiale; Floros D. G., Gabrielìdes C. G.: Tcratomi o\·arici; Pou/ant::as f. C., Dosios T. f.: 11 Yalore prognostico del test all'apomorfina nella rilevazione della disposizione al vomito; Cleator G. M., Tsotsos A.: La morfologia delle particelle simil- vitali associate all'epatite dimostrata al microscopio elettronico e la possibile funzione dei tipi morfologici; Papoutsakìs S.: Attuale stato della chi rurgia del trapianto del fegato; Kotsifopoulos P. N., Georgacopoulot-t- Moraki l.: Uno studio del normale equilibrio ionico dinamico


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ncll'ambieme extraceliulare. I. -Variazionì del rapporto N a f K; StaVTÌanoudaku E. A.: fondamenti della dottrina psicosomatìca in medicina; Dosios T. f.: lnsuffìcicnza polmonarc post -traumatica; A11gelidis S., Raptopoulos B., Ampatzi K.: Prostaglandinc. Una breve introduzione sulla fisiologia c farmacologia di un nuovo gruppo di farmaci; Tsotsos A.: Dimctilsulfoxide: Proprietà cJ usi, specie dal punto di vista biologico; Kranidiotis P. 1'.: Epilessia ed attività del giovane adulto. Relazione del t'epilcssia con lo sport, il servizio militare e la guida di autovetture; Katsaounis A.: Antibiotici negli alimenti c Sanità Pubblica; Constantinidis E. D.: \'erso un'interpretazione p~icobio.o­ gica del concetto dì << Patria »; Traianos G., Antonopoulos f., Tsistrakis G., Lianou P., Goulios A.: Setticcmia meningococcica complicata con perimiocarditc e coagulazione ìntravascolare; lerodiaconou M. N., T heodorou B. C.: Paralisi del nervo radiale; Papagcorgiou S., Tsigos A., Stratigos J.: Necrolisì tossica epidermica (sindrome di Lye:J); Chatzibalis E., Manousos A.: Un caso di sindrome di Kartagcner; La/osis D.: La legge di Frank- Starling. Alcuni nuovi aspetti. IATRIKI EPITIIEORISIS (\'ol. 6, n. 5· ottobre 1972): Koidakis A., Vasilikos C, Papadopoulos P.: Natura dell'accorciamento deli'inter\'a1lo A- H nell'elettrogramma del fascio di Ilis nell'ischcmia miocardica sperimenta1e del cane; Koutoulidis C., Raynaud C.: Esplorazione scquenziale dei reni mediante 1G9Yb- DTPA e 99 mT c- DTPA c scintìfotografia- gamma; Leonidis S., Panagopoulos N., Defaranas E., Mylo11a.r C., Glykokalamos N.: L."l frattura ìntcrtrocantcrica; Leonidis S., Panagopoulos N., Defaranas E., Mylonas C.: La sostituzione protcsìca dell'articolazione dell'anca secondo Thompson nelle bioni traumatiche del collo femorale; Kotsifopoulos P. N., Georgacopoulou- Moraki l.: Uno studio del normale equilibrio ionico dinamico nell'ambiente extracellulare. Il. Variazioni del rapporto 1 af CI; Capetanakis f., Tsampaos D.: 11 methotrexate nel tr:mamento della psori:tsi; Eva n gelou G.: Alimentazione totale parenterale; Polyrakis G.: Il trauma epatico; Voutsadakis A.: Citologia del m:eloma multiplo; Assikis f.: Comportamento polarografico delle proteine del siero del latte in rclnionc alla loro concentrazione ed alla durata di esposizione alle radiazioni ultraviolette; Albalas V., loakimidis l.: lsol:lmento di sa1monellc nel fegato di pollame congelato; Toussimis D., Evangelou G.: Anastomosi ileo- ileale ba,sa od emìcolcctomìa destra?; Kotsifopoulos P. N.: Variazioni nelle manifestazioni cliniche della mononucleosi infetti,·a ; Fotopoulos D., Papathanasiou C., Zorbas J-: Rottura ritardata della m ilza; Sophis G., Theodouiou A.: Evoluzione cancerigna in cisti dermoidi dell'ovaio; Tiniakos G., Traianos G., Andriopoulos N., Kouskoukis C.: Su un caso di sarcoìdosi; Tiniakos C., Traianos G., Moustakis B., Papageorgiou N .: Micosi fungoide; Symeonidis P. P., Pangalidis T. A_: Un peculiare caso dì disgencsia delle ossa sacralc e coccigea; Giamarellou H.: Ciclofosfamide, nuove indicazioni terapeutichc ed effetti collaterali. IATRJKI EPITHEORISIS (Vol. 6, n. 6, dicembre 1972): Epatite virale; Antigene Austra1ia (2° Congresso :\fedico delle FF. AA. Greche, T cssalonìca, 6-7 maggio 1972).

lNGHILTERRA JOURNAL OF THE ROYAL ARMY MEDICAL CORPS (Vol. u9, n. 4, ottobre 1972): Neild F. G., Power J- G. P., Eggington W. R. 0., Crawford l. P.: L'organizzazione dell'assistenza sanitaria primaria nell'Esercito; Parker R. D. H.: Riflessioni sull'appendicite nell'ambiente militare; Parker R. D. H.: Osteìte pìogena acuta dello sterno con ascesso mcdiaslinìco anteriore; Johnston W. G.: Carcinoma epatocc1lulare primario; Chabrel C. M. , Wayte D. M.: Criptococcosi: due casi in ospedali militari inglesi; Bonar B. D., Hopkin I. D.: Anemia cd anchilostomiasi nelle reclute Gurkha;


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Ratcliffc G. E.: Parotite epidemica; lrrvin W. f.: L'occupazione dell'Ospedale Militare Alexandra, 13 febbraio 1942; \-1aycs F. B.: Pcritonite biliare secondaria a ferite addominali da arma da punta.

JUGOSLAVIA

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VOJNOSANITETSKI PREGLED (A. XXIX, n. 7 - 8 luglio - agosto 1972): Dimitrijcvic M. e coll.: Lo sviluppo del servizio sanitario c la programmazione per il suo impegno nella Difesa nazionale totale; Delidzakov A. e coli.: La febbre reumatica. Le sue caratteristiche cliniche e la sua importanza nella Y.P.A.; Petrov T. e coli.: Risultati ottenuti nello studio dell'alimentazione e dello stato di nutrizione dei soldati di due guarnigioni; Miladinovic T. e coli.: Qualche caratteristica epidemiologica sull'epatite virale osservata in soldati della regione militare di Skopje nel periodo 191)1 - 1970; Radonjic Z.: Prevenzione delle recidive della febbre reumatica c analisi di alcuni casi; Crupccv T.: Il problema dell'infiammazione cronica dell'orecchio medio nelle Forze Armate; Zisovski A.: La meningite meningococcica nel reparto di malattie infettive dell'Ospedale Militare di Skopje nel periodo 1968 - 1970; Crdanovski S.: Caratu.:riMiche epidemiologiche della scabbia nei soldati del Distretto militare di Skopje; Vankovski A.: Risultati del trattamento della scabbia con lo z.olfo e con il benzil- benzoato; Pop - Nikolov D.: Sull'incidenza della carie dentaria nei soldati; Veljanovski A. c coli.: Sulla preparazione e su]e possibilità delle Farmacie per eseguire delle ricerche chimiche e tossicologiche in caso di difesa nazionale totale; Pavlovic V. e coli.: Osservazioni sul problema della narcomania in ambiente militare; Dimovski C. e coli.: o~servazioni su due casi di sepsi meningococcica con depressione delle ghiandole surrenali; St'ndova O. e coli.: Possibi lità di riabilitazione dei feriti nelle infermerie delle guarnigioni; Trojacant'c Z. e coli.: Asce~so peritonsillare. VOJNOSAl'.TITETSK! PREGLED (A. XXIX, n. 9, $ettembre 1972): Skodric S.: Organizzazione regionale J el serv izio sanitario in tempo di pace c necessità del servizio sanitario delle Forze Armate della resistenza; Savic S. c coli.: La fibrillazione atriale parossistica associata a completa aritmia senza altri segni di malattia cardiaca; Ciko Z.: L'attività fìbrinolitica spontanea nelle persone sane e in quelle con malattia ischemica del miocardio; Piscevic S. c coli.: Le)ioni delle grosse arterie interessate nelle fratture ossee o nelle lussazioni articolari; Romano M. e coli.: Malattie non reumatiche dd miocardio nei militari; Putnik .\1. c coli.: Aspetti clinici e risultati del trattamento chirurgico del melanoma maligno della pelle; Cm::bt'rg E.: Chiusura incruenta e drenaggio dd torace; Susa S. c coli.: Emoglobinuria da marcia con insufficien:;~a rcnale acuta. VOJNOSANITETSKI PREGLED (A. XXIX, n. 10, ottobre 1972): Duknic M., Pisccvic S., Bervar M., Papo /., Todoric M.: Lesioni del colon e del retto; E!acovic M., Filipovic B., Bjelic J., Kruic N., Gas paro v A.: Diagnosi precoce del carcinoma del :olo n; Jasovic M., Kamenica S.: Diagnosi radiologica dei tumori del colon; Piscevic S., Papa /., Bervar M., Duknic M ., Scekic M., Atanasijcvic T.: Trattamento chirurgico dci tumori maligni del colon c del retto; Bervar M., jc!acic 0., Pisccvic S., Duknic M. , Scfcr S.: Chirurgia radicale ad un tempo dell'ileo nel carcinoma del colon sinistro; Bojanic N., Milcnkovic D., Brankovan K.: Frequenza e caratteristiche anatomo- patologiche del carcinoma del co'on e dd retto; A meri V.: Ricostruzione dello sfintcre anale mediante il muscolo gracile; Bcrvar M., Piscevic S., Dr,knic M., Atanasijcvic T., Stcpic V.: La nostra esperienza sul trattamento chirurgico della proctocolite idiopatica non specifica (colite ulcerativa); Piset•vic S., Bervar M., Duknic M., Atanasijcvic T. , Papo l.:


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Trattamento chirurgico dei polipi adenomatosi del colon; Gugic 8., Buvar M., Piscevic S., Duknic M., Atanasijevic T.: La nostra esperienza nel trattamento della ragade anale; Bervar M., Piscevic S., Duknic M., Aronasijevic T.: Procedimenti riducenti il rischio operatorio nella chirurgia del colon. VOJNOSANITETSKI PREGLED (A. XXIX, n. u, novembre 1972): Ledic S., Lisanin L., Kamenica S., Vujietc M.: Valore dei metodi radiologici nell'indagine dell'ipertensione renovascolare con particolare riguardo all'urografia funzionale; Ciko Z.: Influenza dell'attività fisica sui processi lìbrinolitici nell'uomo sano; fovanovic Z., Dunjic S., Popovic D.: Applicazione dell'osteosintesi compre~siva nel trattamento della pseudoartròsi delle ossa lunghe; Vitanovic R., Dordevic D., Milovanav M., Miladinovic T., Grdanoski S., Jovanovic A.: Studio dell'efficacia degli insetticidi mediante applicazione dci metodi biologici e chimici; Marie M.: Alcune ossen·azioni ottenute durante il reclutamento; Kusic M., Ciko Z., Bojanic N.: Sindrome di Felty c leucemia linfaùca cronica; Azanjac R., Micic R., Dangubic V.: Tubercolosi miliare generalizzata negli adulti con particolare riguardo al ruolo dei corticosteroidi nella sua evoluzione; Kusic R., Cosic V., Dordevic D., Kaljalovic R.: Rianimazione in caso di estrema ipcrpiressia dur:~ntc coma encefalitico. VOJNOSANITET SKr PREGLED (A. XXIX, n. r2, dicembre 1972): Nikolis G.: Il 1° Congresso dei Medici dei Partigiani jugoslavi e sua importanz:~; Dragic D.: Il Servizio Sanitario Militare a Bo~anska Krajina nel corso della Guerra di Liberazione na7ionale (primo tema); Nikolis G.: Discussione sul primo tema; Kralj l.: Protezione sanitaria nella guerra di difesa nazionale totale e nostre esperienze ottenute durante la Lotta di Liberazione nazionale (~ondo tema); Kulenovic H.: S:~nità Pubblica e difesa nazionale totale (co- relazione sul secondo tema).

PORTOGALLO REVlSTA PORTUGUESA DE MEDICINA MILITAR (A. 20, n. 2, 1972): Henriques Femandes F.: L'equilibrio acido- base nel sangue; Escarduca Dias J.: Trattamento chirurgico delle ulcere da decubito nei paraplegici; Meneses Hrandao, Amara/ C., Navas da Fonseca: Displa~ia ectodermica anidrotica ereditaria; Si/va Xavier A.: Esplosioni nucleari. Loro effetti sull'uomo; Augustin Al., Popesco A.: Aspetti immunologici dell'infezione malarica c loro importanza nelle zone bonificate; Da M aia C.: Trattamento dell'epifora. REVISTA PORTUGUESA DE MEDEClNA MILITAR (A. 20, n. 3, 1972): Lobo da Si/va F., Damas Mora f. A.: Congresso della Federazione Internazionale Farmaceutica 1972; Kiger J. L.: Rapporto sull'influenz.a dei fattori fisici sulla stabilità dei medicamenti utilizzati nelle FF. AA.; Holand S. : Conservazione dci prodotti farmaceutici nelle unità di campagna impiegate nelle regioni artiche; Vree P. H., Weekers L. A. E., Polderman f.: Liofìlizzazionc di prodotti iniettabili a lunga conservazione; Do Amara/ Alegria f. P., Da Conceicao Marques E. A.: Impiego di sali complessi di argento nella depurazione batteriologica dei depositi di acqua potabile; l.Anaro C. A.: La missione del biochimico e del farmacista nella marina argentina; Conti L., Audisio G.: Il film polipropilenico per la confezione di medkatura sterile; Fure T., Waernhus K. A., Waaler T.: La stabilità delle soluzioni di destrosio; Navas da Fonseca, Verde F.: Porfiria cutanea tardiva con sintomatologia iniziale poco comune (addominale <: neuropsichiatrica).


ROMANIA REVISTA SANITARA MILITARA (n. 3, 1972): Suteu l. , Cafrita A., Bucur A.: Recenti progressi nella fisiopatologia dello shock; Bandi/a T., Novatsek A., TeodorescuExarcu L.: Moderni aspetti nel trattamento dello shock; Menaide 1., Nica l., Ca/in V., Rum M., Pop A., Tetraru C.: Le particolarità dello shock nelle lesioni multiple a componente cranio- encefalica; Rasiga l., Traica G., Brebeanu G., Treger T., Stanescu S.: Immediato intervento operativo, la migliore soluzione nello shock in caso di emergenza chirurgica estrema; Zamfir C., Efanov A., Macat·ie C.: Considerazioni sull'eziopatogenesi e sul trattamento dello shock nell'infarto del miocardio; Niculesco G., Budac A ., Diaconescu S.: Considerazioni eziopatogeneùche e tcrapeutiche sullo shock da schiacciamenro nei politraumatizzati; Stanicioiu G., lliescu O.: Aspetti particolari dello shock nella chirurgia maxillofacciale; Fleschin H. D., Surdulescu S.: Trattamento dello shock e problemi sollevati dai reintervenri chirurgici addominali; Abagiu P., Popescu G., Manulescu M.: Emorragie gastro- intestinali alte nella casistica eli un ospedale militare nel rg6o- 1970; Oancea T., Popesct4 P., Stefanescu- Galati T.: Approccio tcrapeutico nello shock senico; Dragomirescu L: Considerazioni con riferimento a certi aspeni dello shock anafilattico; Teodorescu- Exarcu 1.. Cindea V., Iordan T., Bucur A. : Shock ipovolemico e circolazione linfatica; Popescu P., Bocaneala 0., Trinca D .: L'intestino nello shock; Giurgiu T ., lonescu P., Ca/rita A.: Ricerche speriment:tli sull'emodiluizione m:~ssiva mediame soluzioni colloidali; Suteu l., Cafrita A., Bt~cur A.: Aspetti intracellulari dello shock sperimentale; Cafrita A.: Tecniche e farmaci controindicati nella prevenzione e nel trattamento dello shock; Tudosie A.: Il ruolo della pressione venosa centrale nella rcgolazione della rianimazione in caso di shock; Traica G., Rasiga l.: Shock tossico- allergico in un caso di avvelenamento con acido acetico concentrato. REVJSTA SANITARA MILITARA (n. 4-5, 1972): Augustin A.: T re quarti di secolo di esistenza dedicata alla protezione sanitaria delle nostre FF. AA.; Comitato di Redazione: Il 75° anni\·ersario della Revista Sanitara Militara; Sanda G.: Indice analitico dei lavori pubblicati nella Revista Sanitara Militara (15- 9- r897/ 15- 9- 1972). REVISTA SANITARA MILITARA (n. 6-7, 1972) : Fratture di:tfìsarie della gamba - Simposio organizzato dall'Unione delle Società delle Scienze Mediche, Filiale di Bucarest, Sezione di Medicina e Farmacia Militare in collaborazione con la Sezione di Ortopedia e T raumatologia (Bucarest, Ospedale Militare Centrale, 17 dicembre 1971). RE VISTA SANITARA MILJT ARA (n. 8, 1972): Bruja N.: li contributo degli acidi nuclcici alla risposta biochimica dell 'organismo sottoposto ad aggressione radioindotta; Tarcoveanu G., Petca G., Ploscaru V.: Reticolo- linfosarcoma gastrico primitivo; Prundeanu C., H ales N.: Considerazioni sulle rickettsiosi; Mihafceanu S., Herscovici A., Corini V.: Stafilococcie cutanee a localizzazioni merastatiche profonde, 0) see e ren:tli; /oarz G. , Tucu G., Constantirzescu V., Boca A., Bucur A.: La melena, complicazione precoce dell'appendicectomia; Bicica l. , Costache N., Abagiu P. , Predescu C. : Considerazioni su un caso di pancitopenia primaria idiopatica; T ocan G.: L'inchiesta epidemiologica nelle malattie contagiose; Costa D.: Necessità di perfezionamento della diagnostica psichiatrica nelle unità militari; Gheorgiu A., lonescu - Matiu E., lonescu l. Z ., Coma n F.: Contributo alla separazione, identificazione e determinazione della narcotina negli scarti risultanti dalla prep:lrazione industriale della tintura e dell'estratto di oppio; Oita N., Selmiciu l. , Domeanu. V.: La sintesi di alcuni nuovi derivati della fenotiazina e loro utilizzazione come indicatori acido - basici; Burmaz M. , Tita R.: Borsa d'urgenza per il medico di reparto; Gordon G., Guran V., Voiculescu l.: Microlaboratorio batteriologico per intervento nei focolai epidemici.


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SPAGNA REVISTA DE SAN !DA O MfLITAR (Vol. XXXIV, n. 6, giugno 1972): CrespoNeches y Aluarez de Nicolas A.: Necrosi avascolarc della sinostosi ischio- pubica; Mico CaùJ/an F.: Studio sperimentale di un gruppo di schizofrenici paranoidi mediante il «livello di aspirazione)); Rodnguez de Lope Martin A.: Esplcrazionc preoperatoria delle vie biliari: colangiografia. REVISTA DE SANIDAD MILITAR (Vol. XXXIV, n. 7• luglio 1972): Sanchez Cortes C., Aznar- Aznar A.: La lussazione completa dell'articolazione di Lisfranc; Sanchez Gonzalez H .: Importanza dei respiratori meccanici nella respirazione artificiale prolungata; Quetglas J.: Principi generali di chirurgia plastica nella traumatolo gia della mano; Arta/cio Mortincz F.: Il cancro del << cavum )); Piqucras de Noriega E.: Recidive locali del cancro mammario. REVISTA DE SANIDAD MfLITAR (Vol. XXXIV, n. 8, agosto r972): Murubc del Casti/lo f.: Secondo Simposio Internazionale sul sistema lacrimalc. Budapest, 1972; Acero E .• Diz M., Quiroga L., Capote L.: 1ecrosi corticale come espre~~ione di rigetto acuto (a proposito di un caso di trapianto renale); Quetglas f.: Re\'isione di casi del morbo di Dupuytren; Cuerda Mor1toro f.: Shock e anestesista; Merayo Magdalena F.: T eoria matematica della composizione delle bolle nell':~erocmbolismo; M unoz Carinanos A.: Accesso microchirurgico al seno masccl:are; H ernandez Garrido R., Gonza/e:; Aluarez f .. Sarabia Ripoli A.: Stenosi ~ub-aortica; Hernandez Garrido R.: Nostra e~perienza in angiognfia addominale; Flore:;- Tascon F. /., Duran j., Corra[ A., Gaman F., Fernandez- Braso M., Sanchcz Lafraya C., Gonzalcz- Plaza A.: Fattori di rischio nelle malattie cerebro - vascolari; Dominguez J. U.: Valore e precisione diagnostica delle esplorazioni neuroradiclogiche c complementari nei processi espansivi cerebrali; Gonzalez Moldes E.: Il fondo dell'occhio nelle insufficienze respirotorie; Ga/nar~s S.: Adolescenza e contestazione; Merchan Vazquez R.: L'assistenza formativo- sociale della Croce Rossa e dci gruppi di ~corso c di urgenza medico- chirurgicu dd la Istituzione al ~ervizio della società e della protezione ci' ile c milit:~rc della nostra Patria. REVlSTA DE SANIDAD MILITAR (Vol. XXX IV, n. 9, settembre 1972): Ba/lesta Martincz f.: Contributo allo studio dciJ'e,oluzione staturo- pondera le; Garuia dc Leon M.: Le nuove tecniche neurofisiologiche di esplorazione c loro app:icazione nell'ambiente militare; Luccna Palacios A., Losada Villasantc F.: Considerazioni su tre casi di splenomegalia segu ita da splenectomia; Luccna Palacios A. : Ernie iatali; Meri no Pcinado A.: Pi~iologia dd colon nella trasposizione esofago. gastrica; Lopez Lcon f.: Considerazioni sulle vie bi ; i:~ri estraepatiche umane; Pera/es Ov~nich j.: Metabolismo lipidico in laboratcrio. REVfSTA DE SANIDAD MILITAR (Vol. XXXIV, n. 10, ottobre 1972): Aluarez Manzancro J., Ayala Munoz M., Trujillo Peco M.: Mieloma; dc Luna Infante M. f.: Applicazioni preventive della dcnitrogenazione dell'organismo medianLe ossigeno iper barico. Studio sperimentale e clinico; Lucena Palacios A.: Sostituzione dell'esofago toracico; Galuez Ruiz f.: La laparoscopia in ginecologia; Lopez Astray M., Esteban Hcrnar.de:: j. A .• Dicz Martinez A., Sopesen J. L.: Alcuni criteri attuali nel trattamento delle fratture; Sacz Garcia S.: Lavoro sul diabete; 8/anco Garcia F.: Fisio!ogia sessuale. REVISTA DE SAi\'JI)AD MlLITAR (Vol. XXXIV, n. 11. novembre 1972): Bianco Garcia F.: La idroterapia in ginecologia; Alm~ndral Lucas f.: L'insegnamento


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della chirurgia plastica nelle FF. AA.; Quetglas J.: La traumatologia maxillo- faccia:e nel servizio di chirurgia plastica castrense: Diaz Martinez A.: A!cuni aspetti medicochirurgici della guerra vietnamita. REVISTA DE SANIDAD MILITAR (Vol. XXXIV, n. 12, dicembre 1972): Lopez Astray M.: leurofibroma della coscia; Diaz Martinez A.: Considerazioni chirurgiche su alcuni tipi di fratture dell'avambraccio; LArrea Lacalle R., Garcia de Leon M.: Rilievi elettroencefalografici su 200 traurnatizzari cranici imeterati di guerra; Piedro/a Gil F.: Il ~occorso negli accidenti del traffico; Sopesen Mari n J. L.: Trattamento cruento delle fratture diafisaric dell'omero; Rodriguez Moya f.: Anatomia e cancro della laringe; Martinez Torres M.: Patologia dello 'tornaco operato. Complicazioni post- gastrectomia.

U.S.A. MILJTARY MEDICI:--IE (Vol. 137, n. 4• aprile •972): Roth R. B.: ~fiwlogia nella pratica medica; Cohen .\1. E., White P. D.: Astenia ncurocircolatoria; Cross A., Cutright D. E., Larson W. f., Bhaskar S. N., Po.1ey W. R., Mulcahy D. M.: L'effetto dcgli agenti anti~etrici c il lavaggio a getto delle ferite contaminate; Grunenwald P. W., Beach T. B., Gracey J. G.: Stenosi dell'arteria polmonarc:; Conner D. R., Thorensen A. R.: Osservazioni sul programma delle comulta7ioni di igiene mc:nrale militare; Miller M. 13., Reynolds R. D., Bratton f. L., Lohr C. D., filek D. , ktrkpatrick B., Fierard A. A., Condram K . .\/., Lawrie .\1. A.: Ii programma del trattamento medico dci ci,·ili nel 12" Ospedale TJSAF nel Sud-Vietnam; Donehew G. R.: Il 5c:rvizio ospcdaliero farmaceutico nell'Ospedale Generale di Fitzmons; Kovalcik P. J.: Emoperitoneo massivo da rottura di un fol1icolo ovarico in corso di terapia anrico:.gulantc. MILITARY MEDICINE (Vol. 137, n. 5, maggio 1972): Getzen L. C., Simmons R. D. , Kenda/1 L. W., Bellinger S. B., Mollerus R. f. , Pejic R.: Rassegna critica di 83 lesioni addomi no - visccrali penetrami; Grothaus R. H . . Adams J. F.: Un'innovazione nella protezione contro 1c malattie \Cicolate da zanzare; Nash D. A., Toledo T. M., .\foore W. L., North R. L.: Encefalomiclitc da rosolia; Pursch f. A.: Abuso di droga nelle FF. AA .. Indicazioni circa l':.dattabilità, l'idoneid o la motivazione al ~crviz io; Wyrick W. f.: Trombosi venosa mc~ente rica idiopatica; Tremonti L. P., J-Jalka f.: Morte da aero - embolismo polmona rc nell'asma bronchiale; Doyle W. F ., Rosegay H.: Mcningioma a placche con iperostosi; Rodriguez V., Gutterman f . U., Mc Muflan G. K., Heckman A. A.: Lo spettro deUe infezioni in pazienti ricover:.ti in ospedale militare con leucemia acuta e hnfoma maligno; fackson F. E., F/eming P. M., Cook R. C., Peavey S. f.: Imbrigliamento del nervo radiale nel callo esuberante: da frattura omerale. MILITARY ~lEDICINE (Vol. •37, n. 6, giugno 1972): Fo/som J. C.: Da custodia a terapia; Nalbandian R. M., Henry R. L., Rarnhart M. l. , Camp F. R.: Talas~cmia: Progressi clinici in base ali:. ipotesi molccobre di Murayama; Aronson M. D., Sasser C. G., A ronson J. L.: Un approccio ai problemi sanitari dell'Ame rica Latina; Pugh W. M., Gunde~·son E. K., Erickson J., Rahe R. H., Rrlbin R. T.: Variazioni dell'inci· denza delle malattie nella ;\[arina; Wilkim W. L.: Ricerca psichiatrica e psico'ogica nella Marina prima deUa seconda guerra mondiale; Magnus W. W., Castner D. V., Hiatt W. R.: Un metodo alternativo di incisione a lembo per i terzi molari mandilxr lari inclusi; Evans R. W., Sadler T. R., Montegut R. J., Ne/son W. P.: Arco aortico destro c stenosi val volare polmonare; Morga11 J. R .: Steno~i subaortica ipertrofìca idiopatica : Variabilità di ostruzione. Associazione con lieve stenosi val volare aortica; Peam f. H .: Punture da api nei teatri operativi.


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M1LITARY MEDICINE (Vol. 137, n. 7, luglio 1972): Gutterman J. U., Rodt·iguez V., Mc Clure f. B.: Evoluzione del linfoma maligno dopo laparotomia e splenectomia; Gutterman J., Rodriguez V.: Chemioterapia combinata del linfoma avanzato; Nalbandian R. M., Nichols B. M., Camp F. R., Conte N. F. , Lusher f. M., Henry R. L.: Depistage d i massa della talassemia mediante una tecnica automatizzata; Shepard G. H., Rich N. M . : Trattamento delle ferite di guerra delle parti molli da parte del chirurgo militare americano : una rassegna storica; Mi/ler M. B., Reynolds R. D.: Trattamento e complicazioni della malaria vivax nel Viemam; Bardill D. R., Vielhaber D. P.: L'assistenza sociale nell'ambiente sanitario deil'Esercito; Davis J. A.: Programma terapeutico ambientale in un reparto psichiatrico militare; Berkey B. R.: La sindrome del pensionamento militare; Walket· R. l., Silvemnan M. S.: Effetti di radiazioni di Co60 a basso dosaggio sulla predisposizione dei topi alle infezioni respiratorie da Klebsiella pneumoniae. MILITARY ME DICINE (Vol. 137, n. 8, agosto 1972) : Allen A. M., Taplin D., Lowy f. A., Twigg L.: Infezioni cutanee in Viemam; Todd D. W., A/len S. W.: Resezione epatica; Thibeault D. W.: Apnea ed astenia muscolare in due neonati prematuri; Saunders W. G., Ellis R.: Fistola arterovenosa pelvica acquisita; Wilkins W. L.: Alcune relazioni tra psicologia medica e psicologia militare; Flìnn D. E., Leonard C. V. : Prevalenza di ideazione e comportamento suicidiario tra reclute e studenti universitari. MILITARY MEDICINE (Vol. 137, n. 9, settembre 1972): Wilbut· R. S.: I Capi Sanitari Federali su progressi e pianificazioni. Ministero della Difesa; Du Val M. K.: Ministero della Sanità, Istruzione e Benessere; Jennings H. B.: Dipartimento Sanitario dell'Esercito; Davis G. M.: Dipartimento Sanitario della Marina; Musser M. J.: Il sistema assistenziale dell'Amministrazione d~i Veterani; Wilkin s J. H.: Il Servizio Sanitario dell'Aeronautica; Weber H. A., Budd F. W., Curlirz J. P.: « Iwata obi ll (sostegno lombo- sacrale giapponese per la gestazione). MILITARY MEDICINE (Vol. 137, 11. 10, ottobre 1972): Bartley J. D.: La meningite nel centro addestramento reclute di Fort Dix, N. J.; Tennant F. S., Preble M. R., Groesbeck C. J., Banks N. l.: Abuso di droga tra i soldati americani in Germania Occidentale; Cianci P.: Trombosi venosa profonda dell'arto superiore attendibilmente correlata con l'impiego di contracettivi orali; Douglas f. S., Eby C. S.: Il silicone nella profilassi del piede da immersione; Gangai M. P.: Reazione ai mezzi di contrasto. MILITARY MEDICINE (Vol. 137, n. II, novembre 1972): La ricerca sanitaria net Servizi Federali: Esercito, Marina, Aeronautica, Sanità Pubblica, Amministrazione dei Veterani. MILITARY MEDICINE (Vol. 137, n. 12, dicembre 1972): Dixon L. M., Hess R.

J., Smith A. E.: Artrite meningococcica; Morgan f. R., Kearny D., Brutorz 0., Hagan A.: Shock cardiogenico nella stenosi subaortica iperrrofica; Myers S. A., Craves F. B., Caldwell D. F., Lo h H. H.: L'inalazione aumenta la tolleranza e la dipendenza fisica: il rischio della marihuana oppiata; Di Maio V. f. M., Di Maio D. f.: Una insospett~ta ferita da arma da punta del cervello; Depenbusch F. L.: Aberrazioni cromosomiche nell'uomo da radiazioni ionizzanti a basso livello; Spet·tzel R. 0., Mc Kinney R. W.: L'encefalomielite equina venezuelana nell'America Centrale e nel Messico; Goska F. A., Vandrak R. F.: L'affondamento delle radici per preservare l'osso alveolare.


NOTIZIARIO

NOTIZIE TECNICO - SCIENTIFICHE Bando di concorso per un lavoro monografico. L'istituto Iraliano di Medici na Sociale bandisce un concorso per un lavoro monografico, dd tutto inedito, riservato ai laureati in medicina e chirurgia in Unh·ersità italiane, che possono anche as~iarsi tra loro e \·alersi della co!laborazione di laureati in altre discipline. T ema del lavoro: ((Patologia respiratoria da inquinamenti nelle grandi città». Verranno assegn:ni i seguemi premi: uno di Lire 1.000.000 (un milione); - uno di Lire 500.000 (cinquecentomila); - uno di Lire 300.000 (treccntomib). Non verranno pre~i in considerazione i lavori sprovvisti di adeguata bibliografia. La domanda di partecipazione al concorso, in carta libera, dovrà pervenire, in plico raccomandato, all'Istituto Iraliano di ~lcdicina Sociale - 001<)6 Roma, Via Pasquale Stanìslao Mancini, 28 - non oltre il 30 novembre 1973 (data del timbro posta!e di partenza). Alla domanda dovranno essere unite tre copie dattiloscritte dell'elaborato, per il quale non viene impo~ta alcuna limitazione circa il numero delle pagine. La qualifica del concorrente, o dci concorrenti, do\•rà essere av\·alorata dal certificato di laurea. Se, alla data di scadenza, detto documento non fosse presentato per qualsiasi causa, anche non imputabile all'interessato, la domanda di partecipazione non sarà presa in considerazione. La Commissione Giudicatrice \·errà nominata dopo il 30 no\embre 1973. L'Istituto Italiano di Medicina Sociale rimane proprietario delle opere premiate che potrà pubblicare, su conforme giudizio della Commissione c senza ulteriore compenso agli Autori. La partecipazione al concorso implica, da parte del candidato, l'accettazione di tutte le norme previste dal presente bando.

Conferenza- dibattito del P rof. Giulio T arro sul ruolo del virus herpes nei tumori dell'uomo. «Ciò che abbiamo isolato dalle cellule infettate con virus herpes non ha nulla a che fare con gli anticorpi antiherpes già noti. E' una sostanza nuova, che compare dopo l'infezione virale c che, secondo le nostre ricerche, è presente nel sangue dei malati di cancro del rene, vescica, prostata, nasofaringe e collo uterino >>. Così ha detto il prof. Giulio Tarro, Professore Incaricato di Virologia Oncologica dell'Università di Napoli, nella sua conferenza alla Fondazione Carlo Erba. Ha ag·


giunto che questa sostanza non ì: presente nel sangue di individui con rumori di altri organi, quindi è specifica per i tumori '>Opra elencati e può es'>ere considerata un mezzo diagno)tico. Iì sangue dei malati di cancro per queste prove gli è stato fornito dal ·ational Cancer lnstitute di Washington Bethesda. Per purificare questa sostanza specifica Tarro ha dovuto ricorrere a lunghe indagini che:.: sono state coronate dal successo per una fortuita combinazione:.:: ha trovato un virus herpes non virulento, capace di estrarre dal sangue tutti gli anticorpi antivirus, per cui rimane solo la so~tanza specifica o << antigene » come egli la chiama, sostanza che gli ha consentito di preparare anti- antigeni per valutare il sangue dei malati di cancro. La prof. Fernanda Bergamini, titolare della Cattedra di Vìro~ogia Applicata alla Epidemiologia dell"Università di Milano, che ha presieduto la riunione, ha ricordato che ricerche analoghe erano state fatte con altri virus, come l'adeno' irus c il virus polioma, ma non altrettanto positi\C perché si trattava di ,-irm cancerogeni solo per gli animali. Ha comunque condi' iso il piano di ricerca del prof. Tarro e ne ha sottolineato la già evidente importanza. Il prof. Adolfo Turano dell'Università di Parma ha pure aderito in linea di mas sim<l alle affermazioni di Tarro c ha ~uggerito di chiamare l'antigene << labile e rapido " perché compare 3 ore dopo l'infezione ed è sensibile alle variazioni di temperatura. l proff. Alberto Marmont c Salvatore Imperato di Genova c Claudio Lugarli di Mibno si sono soffermati sugli aspetti immunolog ici del problema. Il prof. Elio Rondancl.i, direttore dell'Istituto di Malattie Infettive dell'Università di Pavia, ha discusso la parte istologica. Il prof. Carlo Sirtori, direttore generale dell'Istituto Gaslini di Genova, ha chiuso la riunione ricordando: r) che il virus herpe~ determina alterazioni nei cromosomi 1, 9 e 16; 2) che se nelle cellule permane il 5 °~ del D;..JA virale l'infezione rimane latente, se il so'\ ~i ha proliferazione cellulare, se il 100° ~ si ha li~i cellulare; 3) che la marijuana facilita le infezioni da virus herpes; 4) che i cancri del collo uteri no sono legati anche alla non ascnicità delle vie. genitali. I germ i ivi presenti po~~ono produrre sostanze cancerogene tipo nitrosamm:1. Nelle popolazioni ad igiene molto scrupolosa il cancro dd collo uterino è 20 volte meno frequente.

Le più recenti novità scientifiche. Alla Fondazione Carlo Erba le più recenti novità scientifiche 'ìOno state riferite dal Prof. Carlo Sirtori, Presidente della Fondazione e Direttore Gcn<:ralc dell'Istituto G. Gasiini cfi Genova, il quale ha ricordato anzitutto che le mcdilicazion i di un ormone ipofisario, la vasopressina, hanno consentito di cttenere una cur~1 efficace del diabete insipido, una malattia caratterizzata da una gran sete - si bevono sino a 40 litri ,li acqua al giorno - c parallelamente da una abnorme emissione di liquidi. Ila poi ricordato i primi effetti della lotta antiinquinamento: i fumi industriali in l nghilterra sono stati ridotti del 6o 0 c l'anidride solforosa, responsabile delle bronchiti, del 40" . Inoltre 500 chi!ometri di fiumi sono stati disinquinati. Riferendosi all'attuale problema del carovita Sirtori ha sottolineato che bisogna ri prendere in considerazione le uova, un cibo a basso costo c alto, insuperabile potere nutritizio. Infatti le loro proteine hanno un valore biologico di 96 mentre i vari tipi di carne c gli altri alimenti non ~upcrano il valore di ;6. Il colesterolo contenuto nelle

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uova c: che trattiene molte pcr'>One dal farne uso può essere ovviato facendo uso di olii vcgc:taJi. E~si nell'intestino inattivano il colesterolo sottraendogli alcuni acidi grassi. Sirtori ha aggiunto che nei momenti di calmieramento c di restrizioni alimentari si è sempre a\'Uta una riduzione dc:l!e malattie. Un recente esperimento, compiuto all'Istituto Fox Chase di Philadelphia, dimostra che i tumori, quando si tiene una dieta ridotta caJmierata, sono i ,·olte meno rispeno alla dieta lilx:ra e abbondante. Ancora in meriro ai tumori Sirtori ha segnalato la dimo;,trata efficienza della vaccinazione antitumoraJe con virus auenuati. Questa vaccinazione ~i dimostra utile anche contro tumori onenuti con raggi o sostanze chimiche, il che avalla l'opinione che i tumori hanno come base i virus anche ~e questi ulùmi per essere attivi e resi cancerogeni richiedono l'intervento di sostanze chimiche o di raggi.

Progressi della m edicina nel 1972. I progressi della medicina nc:il'anno 1972 sono stati illustrati dal prof. Carlo Sirtori alla Fondazione Carlo Erba. ((Le scoperte più importanti - ha detto Sirtori - riguar· dano il cervello. Una zona chiamata setto pellucido è il centro della felicid >J. L'uomo, messo in particolari condizioni, si autostimola tale centro sino a 500 volte in un'ora. La sete di felicità è inesausta. Un'altra zona del cervello chiamata pulvinar contiene il centro che determina la incoordinazione e spasticità dci movimenti che si verificano nell'adulto dopo trombosi arebrale o nel bambino dopo w1a parali~i da parto. Distruggendo il pulvinar con azoto liquido a - r2o0 si guariscono il 6o 0 0 di queste malattie. Nel cervello sono state idemifìcate anche le 15 tappe che il pensiero percorre per tingersi dei toni affettivi, emotivi, sentimentali. L'interruzione di questo circuito determina la comparsa di depressione, il male oggi più diffuso. L'aumento di tranquillanti è stato di tre volte in questi ultimi 10 anni, ma quello degli antidepressivi è stato di dieci volte. Importanti progressi sono stati compiuti - ha continuato Sirtori - nel settore d.:gli ormoni. E' stato sintetizzato l'ormone paratiroideo che determina il rinnovamento delle ossa, ed è stata identificata la quantità minima di ormoni femmini li - 20 mg di etinilestradiolo al giorno per 3 giorni alla settimana - necessaria per impedire la comparsa di rt,ghe nelle dorme in menopausa. Sono state chiarite anche le cau\c di alcuni disrurbi. La lingua che brucia è ascritta a conflitti emotivi, la aerofagia a nevrosi, l'intestino irritabile a difficoltà familiari. l'ella lotta contro i tumori l'esperienza ha confermato la grande utilità dell'esame citologico vaginale o Pap test per prevenire i tumori del collo dell'utero. Nelle regioni ove ta1e esame è stato largamente praticato, l'indice di mortalità per cancro del collo dell'utero che era di n,4 nel 1958 è ~ce~o a 6,9 nel 1970. Progressi - ha continuato Sirtori - sono stati compiuti anche nella terapia radiologica dei tumori, con due nuove tecniche. La prima si basa su un maggior d istanziamento dell'applicazione dei raggi, in modo da consentire il ripristino di u na buona vascolarizzazione ed ossigenazione del tessuto tumorale tra una applicazione c l'altra. La presenza di una grande quantità di ossigeno rende più potente l'azione dci raggi. La seconda tecnica si basa sull'impiego di sostanze che impediscono alle cellule irr:.l· diate di ricostituirsi, ripararsi, riprendere a proliferare. T ali sostanze sono l'acroflavina, la quinacrina c i derivati dcll'idrossiurea. Nel campo dci tumori sono stati anche apprestati nuo,·i farmaci: il Ftorafur, ideato a Mosca, è attivo nei rumori esofagei, gastrici, intestinali, mammari, cerebrali; l'idrossiguanidina solfato è un altro farmaco antitumorale che sta offrendo risultati promettenti.


Circa le difese immunitarie contro il cancro, Sirtori ha ricordato che purtroppo il tumore nella sua fase iniziale chiamata « in situ » non determina una attivazione delle difese. Il cancro in situ è circondato da una membrana che impedisce un utile, precoce risveglio delle difese organiche. Circa i virus, Sirtori ha detto: «Quest'anno è stato isolato per la prima volta un virus sicuramente umano capace di provocare tumori. E' il virus RD n4, isolato da un tumore muscolare. Si sono inoltre potuti ottenere gli pseudovirus e virus pseudotipici: i primi hanno un rivestimento di tipo virale ma contengono una molecola DNA che essi hanno carpito allt: cellule infettate, i secondi hanno il rivestimento di un virus e contengono il DNA di un altro tipo di virus. Gli pseudovirus lasciano prevedere la possibilità di curare le malattie genetiche: lo pseudovirus potrebbe portare nelle cellule malate la molecola DNA sana con geni sani». Sui progressi della lotta contro la senilità, Sirtori ha ricordato l'esperimento più promettente: l'unione di cellule umane con cellule di animali determina nei:e prime una capacità di sopravvivenza che è tre volte quella normale. Si potrà e si dovrà ricavare dunque dalle cellule animali il quid attivante la vitalità e ritardante la senilità. Per la prevenzione dell'inquinamento, Sirtori ha ricordato i Lranamento del carbone con soluzione acquosa ferrica, che consente l'eliminazione dell'anidride solforosa causa di bronchiti e di enfisema. Ha ricordato anche il trallamento della fiamma con ossido di bario e stronzio, sostanze a basso costo, per ridurre la formazione di ossido di carbonio. Nel settore della gravidanza, alcuni importanti progressi sono stati sottolineati da Sirtori: la dimostrazione che il bambino respira già quando è nell'utero, circondato dal liquido amniotico (è per sua natura un sommozzatore), la dimostrazione avuta in 122 casi che egii a mite già piange nell'utero, la possibilità di registrare il suo battito cardiaco già al 48.mo giorno di vita intrauterina, la necessità che la madre cresca almeno 12 chili nel corso della gravidanza per e,·itare malnutrizioni c malformazioni fetali, la necessità che essa non fumi nel corso della gravidanza per evitare la nascita di microbimbi, e durante l'allattamento perché il fumo modifica l'ormone prolattina e turba il ritmo formativo del latte. TI fumo provoca anche una anticipazione della menopausa. Circa i benefici della sospensione del fumo, Sirtori si è rifatto a quanto si è verificato nei medici inglesi: da quando molti di essi hanno smesso di fumare, il cancro polmon:tre si è ridotto del 38 % , la bronchite del 24% , la morte del 6% . In Italia la ricerc:~ tra i medici fumatori rivela che il 42 ~·~ sono psichiatri, il 22% internisti, il rs % radiologi. L'arma ritenuta più idonea per stroncare il fumo è la difenilidantoina in ragione di 200-300 mg al giorno. Sirtori ha ricordato anche la somministrazione di alte do~i di vitamina A ne:le ustioni gravi, perché con questo farmaco le ulcere gastriche post • ustione si riducono a meno di un terzo. Ha ricordato la sempre più larga diffusione della biopsia cardiaca che conseme valutazioni diagnostiche sempre più esatte, e l'impiego di valvole cardiache costruite con la membrana, chiamata dura madre, che riveste il cervello, nella cardiochirurgia. Ha ricordato anche una nuova provvidenza per gli enfisematosi costretti ad una quasi immobilità per il facile affanno: usando uno speciale sostegno e respirando ossigeno al roo% essi aumentano di 8 volte la loro capacità di spostamcmo, la loro autonomia respiratoria. Per le periodontitì e la piorrea, buoni risultati si sono ottenuti con larga sommini strazione di calcio, sino a 1 gr al giorno, per 6- 12 mesi. Circa i disturbi intestinali, l'ecassivo tiSO di carne può dar luogo a eccessiva formazione di ammoniaca nell'incestino, la quale facilita lesioni cellulari, riduzione di sintesi protcica, e persino l'insorgenza di cancro.


227 Sull'art~rioscl~rosi un fatto nuovo è la sua genesi a mo' di calcoli: il primo segno è la formazione di microcakoli chiamati sferuliti, costituiti da grassi solidificari che

ristagnano nella parete dell'arteria. Per e\·itare il sovrapp~so, la cura più semplice è secondo Sirtori il camminare un'ora al giorno. Si perdono in tal modo 15 chili in un anno. Si può sostituire il cammino con 45 minuti dì bicicletta o 30 di tennis o 15 di nuoto. Con la riduzione del peso si ha anche una riduzione dell'acido t"ico. Un nuovo metodo, adottato dall' fstituto Ortopedico di Mosca, consente una più :rapida guarigione de/l~ fratture: consiste nell'inserire una sostanza, la ciacrina, tra i due monconi e poi solidiJìcarla con gli ultrasuoni. Sirtori ha ricordato anche un eczema della nuca sinora incsplicato: colpisce persone di mezza età ed è spesso ribelle alle cure. In alcuni casi la soppressione delle mele nella dieta ha determinato la guarigione. Tra le nuo\·e terapie Sirtori ha ricordato anche quella mcgavitaminica, che consiste nella somministrazione di 30 gr di vitamina C c 30 gr di vitamina 83 o acido nicotinico ogni giorno: viene usata nella schizofrenia e nelle turbe mentali da atcoo:ismo. Sirtori ha concluso parlando del tmovo doping ùgli atl~ti, quel'o a base di glucosio, insulina e potassio, che effettivamente induce un aumento delle prestazioni muscolari quale non s'era mai ottenuto con altri mezzi.

Scoperto un nuovo metodo di cura delle ustioni. I professori M. Allgover e G. Schonenberger di Basilea hanno isolato dalla pelle ustionata una sostanza lipoproteica altamente tossica che, iniettata negli animali, ne provoca la morte. Alranalisi chimica è risultata esser costituita ga un complesso lipoprotcico: esso sarebbe responsabile delle morti da usrione. I professori ne hanno riferito al Simposio Internazionale sulle Ustioni che ha avuto luogo al Castcilo di Monguzzo ati Inverigo c alla Fondazione Carlo Erba di Milano. La loro scoperta è importante perch6 finalmente si è data una interpretazione scientifica ai gravi shock degli ustionati, talora mortali. Un tempo si pensava fossero causati da infe:tioni, perdita di liquidi, lesioni renali c polmonari, ma la vera causa sarebbe questa lipoproteina che parte dalla pelle ustionata. Oa una analisi più sottile risulta che essa prende inizio dalle membrane cellulari che via via si concatenano (=si polimerizzano) sino a strutturare il complesso lipoprotcico. L'alta sua tossicità può esser combattuta mediante un siero anrilipoproteico che è già stato appronraro e ha dato risultati brillami nelle prove ~perimentali. Al Congresso hanno partecipato 7 rdatori provenienti dagli Stati Uniti, 8 dall'Inghilterra, 5 da:Ia Francia, 4 dalla Svezia, 3 dalla Svizzera, 2 dalla Bulgaria e dalla Grecia, t dalla Danimarca, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Turchia, Egitto, Germania e Argentina, e 24 italiani. Sulla prevenzione e la cura delle ustioni si sono dettate queste norme: r) ricordare che l'So% delle ustioni avvengono in casa; 2) non fumare a lettO; 3) tener lontani i bimbi dalle cucine; 4) in caso di ustione, bagnare con acqua fredda la parte ustionata e non applicare nes~una crema; s) provvedere ad un immediato ricO\·ero; 6) somministrare subito soluzioni saline per bocca o per inie-.tioni; 7) provvedere a trapianti di pelle di cadavere, o di suino (oggi assai usata), oppure di pelle artificiale.


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La pelle trapiantata ha una particolare attività antibatterica. Lo ha dimo~trato _p<!r primo il prof. P. Michaud di Tolosa che ha partecipato al congresso: mettendo i fram menti di pelle in cultura batterica prima del trapianto, si vede che attorno alla pelle i baueri vengono uccisi. Hanno organizzato il convegno i proff. L. Donati di Milano e A. Bertelli di Pisa. llanno presieduto i proff. E. Trabucchi, W. Montorsi, G. Radici, A. Giordano, A. Giovanardi. Il prof. Carlo Sirrori, nel porgere il saluto della Fondazione Carlo Erba, ha sottolineato che i bimbi obesi sono i più esposti aUe ustioni, e che la vitamina A ad alte dosi impedisce la formazione di ulcere gastriche, frequenti negli ustionati. Ila infine rilevato il diffondersi dei <(suicidi da ustione». Il primo esempio storico ~ quello òi Porzia, moglie di Bruto e figlia di Catone, che si suicidò mettendosi dei tizzoni ardenti in bocca. Lo scivolamento delle vertebre o spondilolistesi. Oltre l'ernia del disco, l'artrosi, la cifosi, la lordosi e via elencando, la colonna vertebrale può essere affetta da spondilolistcsi, che corrisponde ad uno scivolamento verso l'avanti della 4• o 5" vertebra lombare. Nella sua forma congenita questo malanno sembra il retaggio che la razza umana ha pagato al suo de~iderio di acquisire la posizione eretta. Lo sci,·olamento dei corpi vertebrali è accompagnato da disturbi neurologici consistenti in dolori e deficit degli arti inferiori, con rapida, immediata cc stanchezza >> delb colonna ,-enebrale dopo un breve cammino. A volte si hanno persino disturbi agli sfinteri retrali e vescicali. I tentativi terapeutici attuati sino ad ora miravano di vo1ta in volta a risolvere il problema scheletrico ~ quello neurologico, senza risolvere l'affezione nel suo insieme. Da circa quattro anni, presso la Clinica Ortopedica di Firenze, si è cercato di affrontare globalmente la spondilolis~esi allo scopo di risolvere in un tempo solo sia il problema meccanico che neurologico, riportando le strutture scheletriche c nervose nella loro situazione ottimale e fissandole in tale posizione. 1e hanno parlato alla Fondazione Carlo Erba i proff. Oscar Scaglictti, Giuseppe Frontino e Pietro Bortolozzi, autori della tecnica. Il trattamento consiste nel ridurre lo scivolamento in una fase prcoperatoria mediante ap?arecchi gessati, seguito poi dalla stabilizzazione chirurgica mediante l'applicazione di un particolare strumento messo a punto in anni di ricerche. l risultati presentati sono particolarmente soddisfacenti c lasciano sperare in una radica!e soluzione di questo complesso problema ortopedico. . ella discussione il prof. ~L Morisi ha presentato una tecnica eminentemente chirurgica, il prof. L. Parrini ha rilevato che la tecnica ortopedica dipende soprattutto dalle capacit~ c dall'esperienza del chirurgo che l'applica, i proff. F. Zanuso, Silvello e Trivelli hanno suggerito l'applicazione di una stecca di osso tibiale per fissare la colonna in una posizione corretta. Necrosi ossea nei nuotatori subacquei. Una discreta incidenza di casi di necrosi asettica ossea si sta osservando tra i soggetti che dedicano lungo tempo al nuoto ~ubacqueo. Questa strana osservazione è emersa dalla discussione di esperti della Marina inglese e americana ed è basata ~ull'osser­ vazione di radiografie con lesioni ossee della spalla, ginocchio e anca di un gruppo di 18 nuotatori subacquei professionali.


La lesione è stata notata inizialmente alla spalla cd al ginocchio: in ~eguito sì sono notate zone di calcificazione all'anca. La necrosi è generalmente bilaterale, ed è stata os~n·ata in soggetti che hanno pratica subacquea da 4 a 8 anni, ad una profondità di oltre 100 metri. Non venne osservata necrosi ossea nei nuotatori subacquei che si man tengono più vicini alla superficie. Lo sviluppo della lesione sembra quindi legato al lungo periodo della pratica subacquea, alla maggiore profondità raggiunta e al tempo di permanem:a sotto acqua. E' realmente un'entità, una malattia che ~i deve impumre al nuoto ~ubacqueo prolungato? La questione è già stata ampiamente d iscussa e merita ulteriori osservazioni. La notizia è riportata da ((Terapia>~.

Non troppo innocui i proiettili di gomma. l proiettili di gomma impiegati a scopo dcterrenre ma con l'intento di non provocare lesioni gravi non sarebbero poi tanto innocui, se si consitlerano taluni effetti osservati sui civili colpiti dai militari inglesi nel corso delle manifestazioni che da tem!JO tra,agliano l'Irlanda del 'ord. In alcuni bambini ed adolescenti, infaui, 'iOno stati segnalati particolari quadri di " contmìone polmonare " o <<polmonite traumatica ll, c:tratterizzati da infiltrato ematico più o meno diffuso degli alveoli e del tessuto intcrstiziale, clinicamente tradotto in dispnea, a ,·olte cianosi, escreato emorragico o emotti\i, lipotimie da anossia; radiograficamcnte, a distanza dt un giorno o due dal trauma, e po~sibile apprezzare tliHuse opacità a chiane. Cella possibile gravità della lesione, le cui ripercussioni radiografiche possono pe•sìstcre per mesi, sì è fano recentcmenre portavoce J. Shaw, del Royal Bdfast Hospìt:~l for Sick Childrcn, il quale ha riferito sul British Medicai Journal (4, 764, 1972) che questi proiettili in gomma solida, lunghi 15 cm e del peso di 150 gr, giungono sul bersaglio umano :tlla '·elocità di 116,5 metri al ~econdo; nelle intenzioni di chi li ha ideati es~ì avrebbero lo scopo di non provocare lesioni gra' i, ed in ogni caso non più dì un urto doloroso, ma in pratica, come ha sonolineato il Jr. Shaw, le conseguenze po~sono essere in taluni soggetti, specie se in giovane età, tutt'a ltro che trascu rabili. La notizia è riportata dagli " :\nnali Ravasìni 11.

N uovo incremento dei casi di scabbia.

!'el secolo XVII, quando fu scoperto il Sarcopte' scabìcì, la scabbia era al primo posto tra le dermatosi; successivamente il suo posto è sceso tra il terzo cd il quinto, <.: sembrava anzi, negli anni 50, che stesse sempre regredendo. Tuttavia varie segnalazioni contrastanti con questo dato hanno indotto M. Orkin (come riporta da J.A.M.A. « La Riforma Medica H), a condurre una vasta ricerc:t con 1:1 collaborazione di dermarclogi dì tutto il mondo, Europa ed Italia comprese. La situazione attuale è la seguente: la scabbia non si rrm•a in condizioni epidemi che nel Nord - America cd è altrettanto rara in \'cnezuela, Uruguay, Ungheria, Romania, Giappone c Australia; notevolmente elevata è l'incidenza che si osserva in I nghilterra, Francia, Polonia, Germania Occidentale, Unione Sovietica, Germania Orientale, Porrogallo, Italia, Marocco, Argentina, Brasile e Me;sico. Quali le cause dì questa (a-;e dì sviluppo della scabbia, visto che non sì conoscono o almeno non sono mai state Je scritte fasi di fluttuazione ciclica della malattia? L'A. ne prentle in considerazione P"· rccchie, scttoponendolc ad un esame critico.

IO. -

M.


0 t - Condizioni economiche ed igieniche (personali e di comunità): a que~ta cama ben nota che favorisce la scabbia vengono anribuiti gli alti tassi riscontrati in Jngh;l terra ed in Italia; invece, benché tali condizioni siano imperami nel Viet - Nam, qui non si è osservato aumento dei casi. Nonostante quanto si sia sostenuto, la scabbia non è più frequente durante le guerre e non lo è stata né nelle Guerre Mondiali, né in quella di Corea. 2° - Promiscuità sessuale: è una causa strettamente connessa con le deficienti condizioni igieniche c in realtà viene riconosciuto che la causa principale della diffu~ion c della scabbia in comunità conviventi sia l'abitudine di adoperare lo stesso letto in più persone, mentre scarsa importanza a\ rebbero i contatti sessuali, benché l'aumento li incidenza della scabbia sia sempre associato ad un analogo aumento dei casi di sifilide. 3° - Errori di diagnosi: alcuni ritengono che un [:more dell'attuale aumento ,i a costituito dal fatto che molti medici, specie giovani, non pensano assolutamente alla malattia e non la diagnosticano in tempo utile per evitare il contagio. Vi è poi l'altro fattore costituito dal cambiamento del quadro tipico della scabbia « classica n : non sono pochi, tra i colpiti, i soggeni con igiene perfetta, nei quali i segni sono minimi e tutt'altro che patognomonici. Cosl si parla ora della forma nodulare, con noduli prurigi nosi di colore rosso - scuro, a carico di parti cutanee coperte, che persistono per mesi alla terapia antiscabbiosa; la scabbia norvegese è molto contagiosa (anche se rara), per la diffusione attraverso le squame di un gran numero di acari. Un'altra modifica al quadro classico dell'epidemiologia della scabbia è la diffusione di essa nei cani, col successivo passaggio all'uomo: infatti la frequenza della ~cabbia canina è andata aumentando in questi ultimi anni, dal 19(}3 in poi, sia negli Stati Uniti che negli altri Paesi: un'improvvisa mutazione dell'acaro della scabbia canina che gli consenta di adanarsi all'uomo non è inn~rosimile. 4° - Demografiche: specie in Francia, in Olanda e in Belgio il recente aumento dei casi di scabbia può mettersi in rapporto con l'aumento di lavoratori provenienti soprattutto dal Nord- Africa.

Dinamica dell'inquinamento dell'acqua di mare. Dell'enorme ma~sa d 'acqua oceanica i pnm1, i più 5uperficiali 100 metri co~lllul­ scono la parte veramente attiva perché contengono il 90° 0 di tutto ciò che vive nell'acqua e perché esercitano scambi diretti con l'atmosfera. Così ha iniziato la sua conferenza alla Fonda7.ione Carlo Erba il prof. A. R. Zirino, un esperto oceanografo dell'Istituto di Ricerche Marine di San Diego, California. L'insieme degli organismi acquatici vegetali, o fitoplancton, che ,.i,·e nell'oceano - secondo il prof. Zirino - costituisce la parte più interessante per la dinamica dell'inquinamento marino, perché il fitoplancton alimenta gli altri organismi e perché in esso si svolgono i più importanti processi chimici. f metalli cosiddetti vitali, come zinco c rame, che raggiungono il mare, vengono assi milati dal plancton e poi ceduti agli strati marini più profondi. I metalli non vitnli invece, come il mercurio e il piombo, cause di allarme ecologico, vengono rifiutati dal plancton e si accumulano alla superficie dell'acqua. Essi alfine raggiungono una conconcentrazione tale da inquinare la superficie oceanica e bloccano la vita del plancton, il quale non è più in grado di assumere neppure lo zinco e il rame che pure si concentrano io superficie. Così comincia la spirale dell'inquinamento progressivo. Il prof. Zirino ha concluso dicendo che lo sviluppo industriale arricchisce l'acqua di metalli inquinanti che vi giungono prevalentemente sotto forma di composti volatili auraverso l'atmosfera.


Richiesto se siamo ogg1 10 grado di dare un giudizio CritiCO sulle condizioni ecologiche delle acque oceaniche, il prof. Zirino ha risposto che il nostro attuale stato di conoscenza non ci permette di valutare le esatte condizioni chimiche 10 cui si trova oggigiorno il plancton oceanico. Onde raggiungere rapidamente questa conoscenza è necessario '·alersi e dell'esame di continui prelievi e dei dati analitici elaborati dal calcolo statistico computerizzato.

R innovamento delle istituzioni psichiatriche. Nel rinnovamento delle i~tituzioni psichiatriche bisogna evitare la VISIOne unilaterale dei problemi, cioè l'eccessiva aderenza al tecnicismo inteso come studio biologico e psicologico, o al politicismo. o alle questioni sociali. Bisogna tendere invece ad una visione globale dei problemi, e questo lo si può ottenere valorizzando i gruppi di lavoro, costituiti da psichiatri, psicologi, infermieri, assistenti sociali. Questo è stato affermato al Convegno su Psichiatria Comunitaria e Socioterapia svoltosi alla Fondazione Carlo Erba. « Mentre nella medicina comune - ha sottolineato il dott. Diego Napolitani, direttore del Centro di Socioterapia Villa Serena dell'Ammini~trazione Provinciale di Milano - vi è un rapporto diretto << malato - medico», nelle malattie mentali è necessario un rapporto <<malato - suo ambiente familiare - gruppo di lavoro». Quest'ultimo può valutare più globalmente le situazioni e procedere anche alla psicanalisi di gruppo su IO· 15 malati che abbiano affinità di sintomi». " :"\'el secolo scorso - ha continuato il dott. l'\apolitani - predominavano le forme di isterismo, oggi predominano im·ece le forme di autismo. Con l'isterismo il malato richiamava l'attenzione su di sé per ristabilire i rapporti con il mondo, con l'autismo il malato rifiuta i contatti, si i~la e im·enta un suo paradiso delirante e allucinatorio. Quindi vi è una diversa c~pre~sività delle malattie mentali in rapporto alla società in cui si nasce, e questo implica una modificazione dei metodi terapeutici ». Nd suo intervento conclusivo il prof. Carlo Sirtori, Presidente della Fondazione Carlo Erba, ha detto che gli psichiatri e gli psicologi sono gli eroi, i ma.rtiri della professione medica, esposti come sono ad una attività logorame, vicini, anzi inseriti nei dolori esistenziali più profondi. Essi ne risentono in modo tangibile; infatti la loro vita media non supera i 62 anni, mcmre quella degli altri medici raggiunge i 68. Ha aggiunto che, mentre si parla comunemente di malattie psicosomatiche per sottolineare che le turbe emotive possono determinare ulcere, coliti, asma, cefalea, non si parla mai di malattie psicomentali, quasi a ignorare che le turbe psichiche possono compromettere l'equilibrio della mente. Sull'assistenza psichiatrica di quartiere il prof. Sirtori ha ricordato quella francese, che ha consentito una cospicua riduzione del numero dei ricoveri. In alcune regioni, dai 700 letti per malati mentali si è passati a 170. Questo Convegno è stato il quinto e conclusivo di una serie di incontri svoltisi in varie città italiane allo scopo di esaminare le condizioni dell'assistenza psichiatrica nei vari Istituti e più particolarmente in quelli di Venezia, Udine, T orino e Roma, tutti promossi dal Centro di Socioterapia Villa Serena dell'Amministrazione Provinciale di Milano.

Stru ttura psicofisica dei giovani e nuovi valori della vita. Dopo aver sottolineato che la crescita staturale nelle ragazze è anuc1pata di due ann1 rispetto ai ragazzi e che nella pubertà alcuni ormoni aumentano fino a 7 volte, il


prof. Carlo Sirtori nella sua conferenza all'Associazione Italo- Americana dt Genova. presieduta dal prof. Gino Polleri, ha atLribuito le fughe da casa e alcune nevrosi dei giovani a squilibri ormonali. Nelle tredicenni si hanno spesso follicoli ovarici che secernono solo estrogeni senza progesterone. Ne consegue un comportamento oltremodo condiscendente, facile alle suggestioni e alle lusinghe. Nei tredicenni invece si può verificare una caduta dell'ormone maschile tcstosterone, cui seguono comportamenti nevrotici o psicotici quando vengono richiamati dai genitori ad una assiduità scolastica che non sono in grado di realizzare. Sirtori ha indicato anche che il quoziente intellettuale non è stabile, an1i quando si segue un assiduo ritmo pedagogico può aumentare del 40°fc,, così come può aumentare la memoria persino di sette volte con speciali esercizi c particolare dieta. Ha parlato anche della tecnica della << lettura veloce>> che consente di leggere in un'ora 27.000 parole. Per la lettura veloce occorrono motivazione, mente sgombra, .:a· pacità di sintesi, interessi multipli, buona memoria. E' importante anche stabilire il << quoziente somatico » basato su peso, altezza, circonferenza del cranio e delle braccia. Quanto alle tonsille - ha aggiunto Sirtori - ~e si infiammano più di .·inque volte all'anno provocando più di tre settimane di assenza scolastica, vanno asportate. H a infine indicato come nuovi valori della vita l'eticismo basato sul lavoro responsabile: la vita senza lavoro si corrompe, il lavoro senza spirito la uccide; l'analim10 che guarda dentro le cose c le persone senza cedere al semplicismo del confronto; il globalismo che contempera i giudizi ad una visione sociale dci problemi; la misura, cspre~­ sione di autocritica; l'csunzialità, perché le idee veramente forti e valide si srrutturano in poche parole; il naturismo o ritorno alla natura dettato dall'iniquo inquinamento; il misticismo o senso di ascesa interiore sostenuto da una segreta forza di cui il giovane avverte la tensione. Sirtori ha infine auspicato un più determinante studio dell'uomo secondo il concetto di Socrate, il quale, dopo essersi occupato di geologia, astrologia e fisica, si rese conto che il mistero più inesplorato restava sempre lo spirito dell'uomo. il quale. pur sapendo ciò che è: bene, opera il male.

Corso di perfezionamento in diritto sanitario. Anche quest'anno si svolge presso la Facoltà di Giurisprudenza deli'Universicà di Bologna il Corso di Perfezionamento in Diritto Sanitario, volto alla preparazione, all'aggiornamento ed al perfezionamento di tutte le categorie interessate ai vari settori delle strutture sanitarie oggi in fase di profonde modificazioni. Potranno accedere al Corso, che ha la durata di un anno con lezioni limitate al sabato pomeriggio cd alla domenica mattina, i laureati in Medicina, Farmacia e Chimica. E' prevista una sezione sdoppiata del Corso a Roma. Termine di presentazione delle domande di iscrizione: 5 no,·embre 1973 (termine prorogabile al 31 dicembre 1973). Per informazioni gli interessati potranno rivolgersi alla Direzione del Corso in Bologna, Via S. Stefano, 43 (tel. 22.64.56 - 23.93.85) oppure alla Segreteria del Corso sdoppiato a Roma, Piazza Cavour, 25 (tcl. 31.29.03)-


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Scuola di specializzazione in Medicina Aeronautica e Spaziale. Per l'anno :~ccademico 1973- 1974 sono aperte ai laureati in medicina e chirurgia le al 1'' nnno della Scuola di specializzazionc in Medicina Aeronautica e Spaziale, che ha durata biennale e sede presso l'Istituto di Medicina Legale dell'Università di Roma. Numero massimo di posti disponibili: 50, secondo l'ordine di presentazione delle domande, che v:wno inoltrate emro il 5 novembre, termine prorogabile non oltre il 30 novembre. Ai sensi del D.P.R. '4 febbraio 1964, n. 237, il ritardo della prestazione del serv1z1o alle armi è eb·:no fino al 30° anno di età per i medici iscritti ai corsi di questa 1~crizioni

~pecializzazione.

Ciclo di riunioni psichiatriche. A partire dalla fine di ~ettembre, presso l'Ospedale P~ichiatrico << S. Maria Immacolata •> di Guidonia (Roma), Via Tiburtina Km 2o,6oo, verranno tenute conferenze, 'eguite da dibattito, su argomenti di interesse psichiatrico. Il programma del primo ciclo - organizzaw dal Prof. Bruno Callieri, Direttore dell'Ospedale Psichiatrico - è il seguente: - :2li settembre 1973, D ott. C. Gragnani: « Il ruolo dell'aggressività nella cultura mankomiale »; - 3 ottobre 1973, Prof. P. Benedetti: cc L'insuffi:ieme mentale: esperienza p~icouca senza psicosi »; - 17 ottobre 1973, Prof. P. Pancheri: c< Automazione c assistenza psichiatrica»; - 7 novembre 1973, Prof. L. Frighi: c< Problemi di epidemiologia psichiatrica»; - 21 novembre 1973, Prof. R. Antonelli: c< Modalità tecniche della prima con~ultazione »; - 5 dicembre 1973, Prof. G. Dc Vincentiis: c< Aspetti semiologici della p~ico­ terapia psicanalitica 11 ; - 19 dicembre 1973, Prof. R. Misiti: cc Il problema dell'inconscio nella psicologia wvietica ''; - 13 gennaio 1974, Prof. F. Fcrracuti: «La diagnosi in criminologia>>; - 27 gennaio 1974, Prof. M. Risso: «Psicoterapia del sottosviluppo 11. Nei giorni indicati le riunioni avranno inizio alle ore 11,30.


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NOTIZIE MILITARI 140° Annuale della fondazione del Corpo Sanitario Militare: 4 giugno I973·

In occasion~ del 140° Annuale della fondazion~ dd Corpo Sanitario Mtiltare, tl Ministro della Dtf~sa, On. Mario Tanassi, ha inviato al DtrNtore Generale della Sanità .\filitare, Ammiraglio dr. Letterio Dal Pra, ti s~guente messaggio: «Nel 140° Anniversario della costituzione del benemerito Servizio della Sanità Militare, pregola far giungere vivi fervidi voti augurali agli ufficiali, sottufficiali e soldati che nella consapevole fierezza delle loro più luminose tradizioni c nel commosso ricordo dei gloriosi caduti, celebrano fausta ricorrenza. - Mario Tanassi Ministro Difesa n.

Il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Generale di Corpo d'Armata A. Vtgltolle, ha ema11ato il seguente ordine del giorno all'Esercito: « Il Servizio di Sanità celebra il 140° nnniversario della sua costiwzione nel ricordo di tutte le benemerenze acquisite in ogni circostanza, in pace ed in guerra, per l'umani tà e per il sacrificio con i quali ha adempiuto la propria missione di fraterna assistem~a.

La Medaglia d'Oro al Valor Militare, che, con le due d'argento e una di bronzo, brilla sulla sua gloriosa Bandiera suggella mirabilmente il valore e il tributo di solidarietà offerto in ogni tempo. Fieri del loro p:mato, con il pemiero reverente ai gloriosi Caduti e confortati da unanime riconoscimento, gli appartenenti al Servizio rinnovino oggi la promessa di perseverare nella loro infaticabile opera, secondo le leggi della scienza e dell'onore. L'Esercito guarda con ammirato sentimento al Servizio di Snnità e in gue~to fausto giorno gli porge con me il più fervido saluco augurale. Roma, 4 giugno 1973.

Il Capo di S.M. dell'EJerctto A. VIGLIONE )).

Il Direttore Ge11aal~ della Sanità Jfilitare, Ammiraglto dr. Lecterio Dal Pra, ha trasmesso il s(gu(nfe messaggio: cc Nella fausta ricorrenza 140° anniversario fondazione Sanità Militare è doveroso rivolgere un mcmorc c grato pensiero a coloro che assolvendo una missione di umana sol idarietà han no fatto olocausto della propria vita per alleviare le sofferenze altrui alt Formulo per tuni ufficiali, sonufficiali, militari di truppa, penonale civile et reltgioso l'augurio di sempre maggiori fortune esortando tutti a trarre esempio da coloro che ci hanno preceduto e a fare sì che la Sanità \-filitare sia sempre all'altezza delle sue luminose tradizioni alt

Ammiraglio DAL PRA Direttore Generale Sanità Mtlttarr: n.


Il Sottosegretario di Stato alla Difesa, On. dr. Lattanzio, fa il suo ingresso all'Ospedale Militare Principale "Celio » di Roma, ricevuto dal Ten. Generale Medico Ugo Parenti, Capo del Servizio di Sanità del l'Esercito, e dal Colonnello Medico Enrico favuzzi, Direttore dell'Ospedale.


Il Capo del Servizio di Sanità deli'Ew·cito. Ten. Gen. Medico dt·. Ugo Pm·emi, ha diramato il seguente mes.1aggio: cc Ufficiali, Sottufficiali, Accademisti, Soldati di Sanità, Da 140 anni la Sanità Militare, con abnegazione e spirito di solidarietà opera per la Patria e l'Esercito. In guerra come in pace è stata sempre presente là dove dolore e sofferenze richiedevano il suo pronto intervento. I sacrifici e gli eroismi di migliaia di Ufficiali medici e chimico- farmacisti, di Sottufficiali, di Graduati e Soldati di Sanità, sono testimonianza della dedizione e dello slancio altruistico con cui la Sanità Militare ha sempre assolto la sua alta missione, anche nelle più difficili e pericolose circostanze, fedele al suo morro di confortare i fratelli soffercnti. Questo patrimonio di valore, di dedizione, di profonda umanità deve essere moti\•o di fierezza c di stimolo a perseverare nello sforzo richiestoci, anche se aggravato dalle difficoltà che da tempo attraversiamo. Nel ricordo di Coloro che si immolarono al servizio dell'umanità sofferente, stringiamoci attorno alla nostra gloriosa Bandiera per rinnovare la promessa di essere degni di Loro e di continuare la nostra infaticabile opera, nell'adempimenLo del dovere, nella generosa missione di fraterna assistenza.

Roma, lì 4 giugno 1973.

Il Capo del Servizio di Sanità dell'Esercito Ten. Gen. Med. Dott. Uco PARENTI >>.

Il 4 giugno .<ono stati solennemente celebrati presso l'Ospedale Militare di Roma il 140° annuale della fondazione del Servizio di Sanità Militare ed il primo centenario dell'Ospedale Militare stesso. Alla cerimonia sono intervenuti I'On. Dott. Vito Lartanzio, Sottosegretario di Stato alla Difesa, in rappresentanza del Ministro della Difesa, il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, il Segretario Generale della Difesa, il Presidente del Tribunale Militare Supremo, il Com andante Generale della Guardia di Finanza, il Direttore Generale della Sanità Militare anche in rappresentanza del Capo di Stato Maggiore della Marina, il Comandante della Regione Militare Centrale, il Prefetto di Roma, il Sindaco di Roma e numerose altre Autorità militari, civili e religiose, tutte ricevute dal Capo del Servizio di Sanità dell'Esercito, Ten. Gen. Med. Ugo Parenti, e dal Direttore dell'Ospedale Militare, Col. Mcd. Enrico Favuzzi. Dopo la Messa al can1po celebrata dall'Ordinario Militare, il Col. Med. Prof. Enrico Favuzzi ha pronunziato l'allocuzione commemorativa, sottolineando le tappe fondamentali ed i fasti del Servizio di Sanità dal 1833 ad oggi e dell'Ospedale Militare di Roma dalla sua fondazione (1873) ai giorni nostri. Ha quindi parlato il Sottosegretario di Stato alla Difesa On. Lattanzio .il quale ha ribadito l'importanza della Sanità Militare nell'ambito delle Forze Armate e dell'Ospedale Militare di Roma come pilota della compagine sanitaria del nostro Esercito. La cerimonia si è chiusa con la consegna di medaglie d'oro ricordo da parte del Sottosegretario alla Difesa alla Signorina M. Friggcri, sorella del S. Ten. Med. Attilio Friggeri, M.O.V.M. alla memoria al cui nome è intitolato l'Ospedale Militare di Roma, agli ex Direttori, Ten. Gen. Med. F. Jadevaia, Ten. Gen. Mcd. G. Ragni e Magg . Gen. Med. T. Lisai. e, da parte del Capo del Servizio di Sanità dell'Esercito. all'On. Lattanzio ed al Col. Med. Enrico Fa\'uzzi.


Il V Raduno Nazionale dell'ANSMI all'Ospedale Militare di Udine. 11 26 ed il 27 maggio 1973 si è svolto ad Udine il V Raduno Nazionale dell'Associazione Nazionale della Sanità Militare Italiana, patrocinato dalla Presidenza Nazionale dell'Associa1ionc in coordi nazione con la Delegazione Provinciale di Udine c con la Direzione del locale Ospedale Militare. Particolare rile,·anza hanno assunto le manifestazioni celebrative tenute nella m.utinata dd 27 maggio presso l'Ospedale Militare di Udine, il cut porticato scicentesco ha fornito una incomparabile cornice, satura di rimembranze c di raccoglimento, all'imponente schieramento di oltre 500 r:Jdunisti affluiti con le loro bandiere da ogni parte d'Italia; infermiere volontarie e giovani pionieri della C .R.I.; Ufficiali, Sottuflìciali, militari di truppa, religiose c ricoverati dell'Ospedale Militare: in testa allo schieramento le rappresentanze in armi delle tre FF. AA. e del Corpo Militare della C.R.I. con la bandiera di guerra del Senizio Sanitario deii'Ec;ercito cd il Laharo del Corpo Militare della C.R.I .. Numerose cd altamente qualificanti le Autorità militari c civili intervenute: il Sottosegretario di Stato alla Difesa On. Sen. Montini in rappresentanza del Ministro della Difesa; il Gen. C. d'A. De Flammineis, Comandante del V C.M.T. della Regione Militare N.E., in rappresentanza del Capo di S.M.D.; il Geo. Div. Guerrieri, Comandante della Div. Ftr. << Mantova », in rappresentanza del Capo di S.M.E.; il T en. Geo. Mcd . De Cilla, Vice - Direttore Generale della Sanità Militare, in rappresentanza del Direttore Generale; il T en. Gen. Med. Vcdovato, Direttore di Sanità del Comando LogiHico del V C.M.T. della Regione Militare N.E.; il Conte Castellani di Sermeti, Presidente del V Centro di Mobilitazione della C.R.I., in rappresentanza del Presidente Generale della C.R.l. ; i Gen. Mcd. Cappelli, De Luca c Guarnera, che, uniramcnte alle altre personalità, affollavano il palco d'onore eretto al centro dello schieramento. Dopo la celebrazione della Messa al Campo, offìciata dall'Arcivescovo di Udine Mons. Battisti, lo ~coprimemo di una lapide offerta dall'A. ' .S.M.l. in memoria &:i Caduti della Sanità Militare durame la prima guerra mondiale che ebbe come epicentro sanitario l'Ospedale Militare di Udine, e le allocuzioni commemorative deii'On. Montini, del Presidente Nazionale dell'A.N.S.M.I. Prof. Alonzo e del Direttore dell'Ospedale Militare Col. Mcd. Cirone, è stato offerto alla massa dei visitatori lo spettacolo grandioso di una Mostra retrospettiva c contemporanea della Sanità Militare, al!e\tita dalla Direzione dell'Ospedale M ilitare di Udine in chiave interforze ed internaLionale: oltre ad una imponente tendopoli dimostrati\'a dei mezzi sanitari campali in dotazione all'Esercito ed alla C.R.I., sono state esibite in sale differenziate le attrezzature di soccorso subacqueo della Marina Militare c diafano!>Copie a colori illustrative dell'attività di ricerca scientifica applicata dell'Aeronautica Militare. Completavano la esposizione una cospicua raccolta di documentazioni c cimeli storici delle Sanità Militari Italiana, Austro · Ungarica, Germanica, Statunitense ed Jugoslava, ed una ricca rassegna del libro di antiquariato della Sanità Militare imernazionale con rari pezzi del XVII e XVIII secolo, che, oltre a rappresentare una delle prime signifìcati\'e iniL.iaùve esperite in materia. potrebbero costituire il nucleo iniziale di un auspicato Museo deiJa Sanità Militare. La manifestazione si è conclusa con la visita alle moderne attrezzature didattiche, di performance ed audio- visive, di cui dispone l'aula did nttica « Cavarzcrani » per l'addestramento teorico- pratico dei militari di truppa aiutanti di sanità cd infermieri.


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La San it:\ Militare d i ien ...


... e di oggi alla Mostra di Udine.


Promozioni od Corpo Sanitario Milita~e.

Da Colonnd!o a Mngg. Gen~rale medico ,, a diJposiztone ": Ciciani Michele Salemi Vincen7o Foderà Enrico

..

Da Ten. Colonnello a Colonnello med1co m s.p.e.: Ramo Alberto Pagliaru ~o Arcangelo Zummo Natale Sblendorio Giustiniano

Da Ten. Colonnello a Colonnello medico •· a d1Spo.cizione ~izzi UliSl.e Pisanelii Gennaro Iannizzotto Oreste Bambino Vincenzo Ragusa Pa~quale Papandrea Felice Maresi Emiliano Marini Annibale Scano Ettore Ronga Silvio

Da Maggiore 11 Ten. Colonnello medico m s.p.e.: Cefalo Enrico Ciccone Annunziato Silvestri Giuseppe

Da Tenente a Capirono chim1co farmacuta m .c.p.e.: Tanini Roberto A tutti i neo promoui le più v1ve congratulnioni del nostro Giornale.

Direi/ore responsabile: T en. Gcn. Med. Dr. Uco PARE:\TI Redattore capo: Col. Mcd. Dr. Ll'cto TRAMONTI Autorizzazione del T ribunale di Roma al n. 944 del Registro

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ROMA -

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ANNO 123° · FASC. 4 • 5

LUGLIO · OTIOBRE 1973

GIORN DI

MEDICINA MILITARE PUBBLICAZIONE BIMESTRALE

DIREZIONE REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE VIA S. STEFANO ROTONDO , 4 - ROMA


GIORNALE

DI

M E DI C INA

MILITAR E

SO .\f M A Rl O Saluto di commiato all'Ammiraglio Ispettore (MD) Letterio Dal Pra Saluto al Tenente Generale Medico C.S.A. Dott. Salvatore Polistena nuovo Direttore Generale della Sanit~ Militare CoMEL M.: Fisio- ecologia umana. Cap1~ald1 dottrinali c rragu:~rdi pragm:ltici CALLlllRI B.: Dimensione sociale della psichiatria militare PonllllR A. M.: Résultats loinlains d'une première réimplantation dc doigts humains . URci\JoLO O .• Ct:PELLI V.: Una prova da sforzo massimale al cicloergometro: tecnica e possibili applicazioni in medicina legale militare CoRDOSE G., MA.'-:tCA M., MoRA E.: Sull'applicazione dell'audiometria obiettiva elettroencefalografica (REA) in medicina legale militare . 0ALL'ANTOSIA F., FABRIS G., DosADON \V., MAsTRORlLLI A.: Su di un caso di ostruzione dell'arteria omerale sinistra da costa cervicale . BALoucct R., FAVUZZl E., LA STELt.A S.: Sintesi sulle prostaglandine Dt MARTINO M., Dt AnDARlO A., ZAIO A.: Il controllo igiemco degli alimenti per la prevenzione delle tossinfezioni nella collettività mtlitare D'A vENIA P.: Osservazioni sulla ce~sione del piombo dagli strati vetrificati delle ~~.

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RECENSIONI DI UBRI

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RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

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SO\f\fAR/ DI RIVISTE MEDICO · MIUTARI

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NOTIZIARIO: ~otiziario

tecnico- ~cientifico

3&}

l'ilm documentano ;ull 'educat.ion<· <anitaria - Mi~urc per trJtt,·ncrt" in ~n i zio il person3le 'annano mtlitarc deli'Fserciro l'.S.A. l 'oppto pc:r usn medicu bandito dall'O.M.S. Lcsumt da cinture di ~icurena ne!!h tnctdcnù automobilistici - Patos:cnest delle disfun;ioni ncurovcget:ttivc - lmmunthopprc~sionc c cancro - Danno muM:olarc da alcool t'tilico Omicidio in coro;o di • b;td trip • da LSD - Prospettive di terapia genica Correlati bioelettrici della funzion.alità c.-mi•ferica destra - La droga nelle FF. AA.: indic:11.ioni in tema di adatuhtlità. itlonc.-ità e motivazione al serviLio - Recente espericnu hradiana sul colera - La "ndrome dd pcnsionamento mtlitare - Mitili cd inquinamento marino - Notizie sul colera • l servizi di rdnioni pubbliche negli ospedali militari - li mal di carro armato • l.:l chirurgia cranica nell.t guerra nel Victn:un l drogati sono disadatuù '<><:tah - L'cnurc'i notturna è una mani.ntutonc psiconcvrotica inconscia - L'uso della droga tra i <nldati :uncricani in Germania Occidenulc Fecd • hack p:.icologico tra militari t" loro mogli - u fus:he in ambiente militare Ospedali ipogci per la difesa civile: • L 'integrazione dei servizi 'amtari militari e cwih: una realtà nella Repubblica Federale Tcdcs.:-a • Pro,:;ramma di p acht.ttria preventiva nelle Ff. AA. starunitcmi - lpcrtcn,Ìttnc.-, ulct"ra peptica c diabete nei controllori del tr3flico aereo - L'Everest come cspcnmtntn medico · Nuovi studi suiiJ scJent.~rictà c 'ugli effetti dell'esercizio mu...:olarc • Effetti a distanza dello strc~~ dJ. campo da concentramento - La frattura ,b marcia della tibia nella recluta - 1..1 Dichiarazione di lldsinki: raccomandazioni at medici a1 llni della nccrca chntca - Il numero chiuso nelle Uni,·cr•ità di medicina • La vira M'J:rcta del nmtro corpo - Le r.~u'e e i rimedi della bassa statura - Il colesterolo e I'C'l-(rci7io fisico - Il Pmf. Scanu : il più grande c'perto del mondo sulle prureinc connc>sc all'artenosclcro~i • p,icoan:ali~i c rcspotua· hilitl penale - :-:orme di<hltich<' 1~r ~upcrdotJti c ipo.:!<)tati - :-:uo,·c contJ<ecnu sui r.tppurti tr.l personalità. p•iche c ormon i.

\..ongn:ssi. p. 4II; Conferenze. p. 412; l'\otizie militari, p. 415; 1'\ccrologi. p. 416

COi\<fUNICAZIONE Al SIGG. "JBBONATI.- Analogamente al fase. 2-3 (marzoaprile- maggio giugno 1973), anche ti preuntt' fascicolo e.ra 111 doppio per recuperare il ritardo edrtoriale conuguentr alla scompt~rsa dr! Magg. Gen. Med. Prof. C. Arghitttt, compranto Redattore Capo dd u Grornale n.

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ANNO 123 • f ASC. 4-5

LUGLIO-AGOSTO-SETTEMBRE-OTTOBRE l 973

GIORNALE DI MEDICINA MILITARE

SALUTO DI COMMIATO ALL'AMMIRAGLIO ISPETTORE (MD) LETTERIO DAL PRA Il JI agosto r 97J, per raggiunti limiti di età, l'Ammiraglio Ispettore ( MD ) Letterio Dal Pra ha lasciato la carica di Direttore Generale della Sanità Militare, che aveva assunto in data 9 gennaio 1972.

In questa fase conclusiva della Sua luminosa carnera

caratterizzata

in pace e in guerra dall'emergenza di altissime doti personali, professionali e militari -

Egli ha promosso co11 instancabile capacità organizzativa studi

ed iniziative di armonizzazione e 1·istrutturazione dei Corpi Sanitari Militari, impostati secondo una visione globale e concreta della più ampia realtà so-


eia/e nell'ambito della quale trot'a attualmente collocazione l'assistenza sanitaria al cittadino alle armi.

La Redazione del « Giomale di Medicina Militare », interprete dei sentimenti degli Ufficiali Medici e Chimici Farmacisti del Servizio di Sanità dell'Esercito, porge all'Ammiraglio Isp. Dal Pra il pit't sentito ringraziamento

per le realizzazioni conseguite, particolarmente in previsione dell'auspicata integrazione dell'organizzazione sanitaria militare con il costituendo Servizio Sanitario Nazionale, formulando t•oti fert•idissimi di ulteriori successi e affermazioni nella sfera civile.

LA REDAZIONE

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SALUTO AL TENENTE GENERALE MEDICO C.S.A. DOTT. SALVATORE POLISTENA

NUOVO DIRETTORE GENERALE DELLA SANITÀ MILITARE

In data 1° ottobre 1973 il T eu. Gen. M ed. C.S.A. Dott. Salttatore Polistena ha asmnto la carica d1 Direttore Generale della Sanità Militare. Nato ad Aci Castello (Catania) il 14 gemJaJo 1912 e laureatosi in medicina e chirurgia con il massimo dei voti e la lode, dopo una bret'e paren-

tesi di sert,izio nel Corpo Sanitario Militare Marittimo fu nomi11ato TetwJte Medico e.S.A. in spe nel 1939 a seguito di concorso. Ricoperti gli incarichi di Dirige11te il Serr,izio Sanitario dell'Aeroporto di Pisa e della Scuola Paracadutisti di Tarquinia, e successivamente di Direttore dei Corsi Normali A.S. della Scuola Specialisti A.M . di Orvieto, fu pro-


mosso Capitano nel 1942 e quindi comandato a frequentare l' amstentato militare presso /'lstituto di Radiologia ddl'U nit·ersità ti! Roma. N uovame11te Dirigente il Servizio Sanitario del RaggruppametltO Idro di Taranto e dell'Aeroporto di Ciampino, fu promosso Maggiore nel 1948 e destinato a Roma, in un primo tempo con l'incartco di Capo Servizio Sanitario dd Presidio e quindi con quello di Capo Reparto Radiologico dell'Infermeria Presidiaria A .M.. Nel 1951 Tettcnte Colotmel!o, fu nominato Capo Reparto Radiologico dell'Istituto Medico Legale della Capitale e nel 1960, con la promozione a Colonnello, Presidente Delegato della Commissione Medico- Legale, assumendo successir,amente le cariche di Direttore di Sanità del Comando della Il Regione Aerea e di D irettore dell' Istituto M edico Legale di Roma. Promosso Maggior Generale, sr o/se le funzioni di Vice Capo Servtzio Sanità dell'A. M. dal 1967 al 1970, allorché, con il grado di Tenente Generale, pervenne al vertice della piramide gerarchica del Corpo Sanitario Aerottautico. E' stato iusignito della Medaglia d'Oro al Merito della Sanità Pubblica.

La Redazione del « Giomale di Medicina Militare " , anche a nome det Quadri Sanitari dell'Esercito, esprime al T en. Geu. Med. Polistena i pitÌ /ert•idi rallegrametJti per l'alta carica attribuitaGli in ambito interfor:::e, con l'auspicio t•ivissimo che, sotto il Suo impulso competente e diuamtco , possa trovare alfiue soluzione la crisi strutturale dell'organizzazione satutarta militare.

LA R EDAZIONE

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• Prof. Dott. Marcello Cornei Ordinario f.r. di Clinica Dermosifilopatica nell'Università di P isa

LA HSJO ~ECOLOGIA. QUALE PROSP.ETIO PER GLI UOMI:-:1 DEL 2001.

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Per immanenza concettuale, nello studio e nella ricerca, presso che di regola l'opera ha contenuto implicito di messaggio ~ segnata mente neli'euresi; poi che ogni soluzione, proiettata nel divenire, sfugge a un computo dei tempi, e soprattutto di quello dello « span of life » dello studioso. Ma una particolare ominosa connotazione concerne i prospetti dell'ecologia, in questo cc fin de siècle » che è bensi atto a denominarsi dall'ecologia; e non è una fine di secolo comune. Usa dire correntemente, riferendosi ai prospetti eco~ logici: nell'anno 2000. In effetti, alla complessa, per tal uni dati tragicamente decisiva, situazione ecologica di questi anni. di conclusione del secolo XX, !>'aggiunge anche la « notario » del trapasso del millennio. Con non comune vicenda; anche perché. a prescindere dai predicati ecologici, nel generale andare delle cose della cultura umana, gli uomini sono particolarmente sen~ sibili al volgere del millennio (r). Quanto viene tramandato circa il primo millennio dell'èra cristiana non supera per gravità di contenuto quanto con~ cerne i giorni nostri, prossimi allo scadere del secondo millennio. Si disse, allora: « mille e non più mille >> . E se allora l'introspezione dei secoli bui favori ogni superstizione. oggi, nel clima di rcdcunti èvi medi, con mag~ giore rapidità alternanti con rinascimenti illuminati, non mancano revivi~ scenze da cc m ille e non più mille >> . Ma non mancano, nemmeno, più fon~ date ragioni di téma universale. E in questa prospettica si pone il riferimento ecologico ~ l'eventualità, al séguito dell' « ecologie disruption », e della alie~ nazione ecologica, dell'ecocatastrofe, dell'ecocidio della specie. In questo senso sorge il quesito circa l' «eventualità>> del concetto di una fisioecologia quale ecologia per l'uomo dell'anno 2001. E può acquistare valore di mes~ " Conferenza tenuta il 22 marzo 1973 presso la Scuola di Sanità Militare di Firenze. \Vor!d in thc Ycar 2000 - Probably no calcndar e\'Cfll in man's cxistence posscssc~ the evocati\'e quality of thc millennia. The thou\and - ycar span of !ife, the thou\and- year anni,ersary capturo mankind's imagination in a way nothing else docs. We no\\ stand on the thrnhold of such a watermark - thc year 2000 , (H. E. SALJSBLRY, note a A. D. SAKtl \ROV, Pro;,rt'.c.<, Col'xistt'nct', & lntellt'ctual Frt't'dom). ( 1) " Thc


saggio l'opera dello studioso, che non sarà comunque partecipe dell'evento, per il naturale peso delle cose. Né il volgere fatale degli anni, con il crescendo di accelerazione impressa agli eventi, è fonte di conforto: bensì, della tragica acquisizione d'una cosciente certezza, infine maturata, circa la totale solitudine dell'uomo nell'universo; e del suo radicale distacco dalle cose della natura, in quanto a destino. La partecipazione alla vita della natura fu congeniale nei tempi classici, quando l'individuo, tremebondo bensì di fronte alla forza delle cose, ne divinizzava la presenza nell'universo ambiente: e divideva il sogno dell'esistenza con le creature della sua fantasia, le ninfe delle fresche sorgenti, i fauni dei meriggi aprici. Oggi, trascorsa la follia del « dominio della natura », l'uomo si ritrova paurosamente solo, al margine d'un universo (nel quale· si svolge il concimo corso della sua vita) sordo ai suoi « debiti » vitali, indifferente al corso della sua physis, per il bene e per il male. L'uomo sa ormai ch'egli è un numero nel vasto ambiente che lo circonda (1), nel quale è emerso per un caso strano di estrema improbabilità; e nel quale l'esistenza della specie decorre sotto l'émpito della necessità. E sa anche che, a meno d'un ritorno fisio- ecologico, l'avventura della specie s'estinguerà - senza che nell'universo nulla sorga a sovvenirne la vicissitudine. Infine, che quest'ominoso 2001 può essere l'anno della svolta (2). LE GRAr-"DI ILLUSIO~I COLLETIIVE.

L'alie11azione ecologica, il distacco dell'individuo dalla fedeltà alla Patria primigenia, è stata favorita da un duplice errore, retaggio ambiguo fatalmente promosso dalla stessa fervida ingegnosità del « nuovo >> prim ate. Il sogno ossianico d'infinito , nell 'esistenza, aperto con l'assunzione della stazione eretta e il predominio della facoltà visiva, nel primate ricercatore, produsse, nella sua deviata associazione introspettiva, l'interpretazione monolatrica di sé e del mondo esterno - con ripudio della comunione naturale, dell'unione con le cose della natura, le luci e le ombre e le fonti dell'universo ambiente. E fu fomite, questa « seclusione » orninidica, della frettolosa auto- promozione dell'individuo a H omo sapiens. Coltivando l'insanie della cerebralizzazione monolatrica, il primate umano venne a svellersi rapidamente dalle radici del suo macrocosmo, a poco a poco dimettendo k imma(1) " Il faut bicn quc I'Hommc cnfin se réveille dc son revc millénaire pour découvrir sa totale solitude, son étrangeté radicale. Il sait maintcnant que. comme un T ziganc, il est en margc de l'univcrs où il doit vivre. Univcrs sourd à sa musique, indifférent à scs espoirs commc à scs souffrances ... >> (J. MoNOD, l~ Hasard et la Néccssitl). (2) cc L'espèce humainc passera, comme ont passé le Oinosaurcs et Ics Stégocéphales ... En ce minusculc coin d'univcrs sera annuléc pour jamais l'avcnture falotc du protoplasmc ... " (J. RoSTAND, Pcn sécc d'un Biologistc).


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nenti relazioni d'interdipendenza con l'ecosistema naturale. Divenne obsoleta l'idea della «comunità biotica >> (indissolubile, in ogni ecosistema, in q uelli umani come negli altri) e una << dismisuranza H presso che paranoide m aturò il divario tra biologia et sociologia. L 'uomo prese a considerarsi come specie ab ovo privilegiata per intelligenza cosciente, e per consacrazione esonerata dai legami con il suo ambiente - vuoi per quanto concerne l'equilibrio, nell'ambiente, tra l'uomo e gli altri momenti; vuoi per quanto attiene all'implicito rispetto degli altri equilibri ambientali, quelli che collegano le altre specie e costituiscono la non renunciabile (per ogni specie che partecipi all'ecosistema, quella umana compresa) polinomia catenaria dell'ecosistema, base biologica della vita d'ogni microcosmo nel macrocosmo. Con errore non meno veemente, apparso sulla terra, l'uomo, oltre a sentirsene a poco a poco dominatore prescelto, rivolse al possesso la « démesure >> del suo ingegno, in un progrediente delirio socio- tecnologico. E anzitutto, come immaginò eterna la propria specie, e destinata al dominio della natura, pensò a estendere questo vaneggiante pensiero all'obietto stesso del suo dominio e ammise inesauribile la fonte terrena delle sue risorse. Come non aveva pensato a calcolare il suo posto nell'ecosistema, e il suo collocamento nell'ambiente, non pensò ora a commisurare alle possibilità - produttive e riproduttive - dell'ambiente la somma dei suoi desiderata (x). I progredìmenti della civilizzazione collettiva, la costruzione della collettività meccanica e consumistica, la spirale dei bisogni di un'affluent society furono estrutte di là da una commisurazione con i << debiti >> di un'affluent biology - con la necessità di difendere la physis organica originaria, di costituire una condizione di benessere collettivo in clima di fisiologia collettiva. Ossia, in àmbito di fisio- ecologia, di normalità ambientale. di umanesimo integrale della << human city » del progresso umano. Né un ravvedimento sembra adoprare, al riguardo, oggi che sta per compiersi il fatale concludersi del millennio - il ritorno ecologt'co non sembra maturare in segno di fedeltà ecologica, di cc ritorno alla natura >> con reinserimento armonico nell'ecosistema. Ecco che al riguardo l'uomo, tenace nel suo delirio socio- tecnologico, vaneggia di esportare in altri pianeti il « surplus >> della sua riproduzione indiscriminata, di continuare un iter ecopatico doppiando il confine d'un ambiente terreno sconvolto. Coronando il suo errare con l'errore supremo, la renuncia al suo non renunciabile destino 1c terricolo )) (2). (r) << L'homme avaiL, jusqu'ici, le ~emimcnt qu'il logeait dans une nature immense, inépuisable, hors de mcsure avec lui- memc ... Or voi là quc, maimenant, lui, si chétif, et qui se croyait si anodin, il s'avi~c qu'il ne peuL tout se permcttre envcrs la nature ... " (J. RosTAND, ln quibuùs d'un Hiologist~). (2) (lbid~m): « En attcndant que ccs reve~ prenncnt corps, conJuisons-nous en bon terricoles ... Il y a apparcncc quc le sort de l'hommc csL dc na1tre, Jc vivre et mourir sur la mcme planète "·


Lo STATO D'ASSEDIO ECOLOGICO. L'esistenza delle collettività umane si svolge oggi in una condizione di presso che comune, universale emergenza ecologica. Fenomeni d'importanza globale si svolgono e accentuano il loro peso, interessando in modo solidale il pianeta - attraverso quella ch'è ormai chiamata l' « esplosione demografica», atta a produrre, per via diretta ((( the circurnstance or man )) : l'espressione esistenziale e circostanziale della vita umana, nella sua quoti diana vicenda) e indiretta (la necessaria dilatazione dei consumi) un progressivo deterioramento del corrispettivo fenomeno di degradazione ecologica, con dequalificazione ambientale e inquinamento in genere dell'ecosistema. Sì: a mano a mano che l' « escalation » tecnologica- consumistica procede, è come se una strana situazione di convergente depauperazione ambientale venga prodotta, stringendo dappresso il pianeta su cui l'umanità vive, e le sue diverse piaghe, una per una, contrassegnando in modo particolare quelle di maggiore «sviluppo» nella «società del benessere». Sono i « biologica! deserts » (Udall) quali si estendono lungo i fiumi e gli estuari, i laghi e i piani che circondano le megalopoli industrializzate. Attorno a esse si affina questa strana condizione di <• stato d'assedio ecologico n (r). Peculiare, perché di fattura intrinseca, sui generis. La storia delle cose umane ha dipinto in modo più o meno vivace le vicende degli assedi di città e fortezze, nel corso delle guerre che le collettività umane (questo incorreggibile primate, the « killing ape», Ardrey) hanno condotto per l'una o l'altra cagione. Ma in questi (( assedi », il nemico avanza dal di fuori: sua è l'offesa, e contro di essa s'appara la decisa volontà di difesa della guarnigione o della popolazione. La morte e distruzione vengono dal di fuori, sono opera d'un agente esterno, estraneo alla vita e alla volontà della data collettività e questa pone in opera ogni mezzo atto a sopravvivere; e a rompere, anzitutto, cotesto esiziale stato d'assedio. Inversa la condizione dell' « ecologie disruption », qual è alla base dell'attuale stato d'assedio ecologico dell'uomo c delle sue « inhuman cities ll . Qui nessun'offesa (di tipo planetario o siderak marziano o simile) viene dal di fuori anzi, le stesse « fascie >> spaziali (quelle di Allen, per esempio) sono state sovvertire dalla terra in su; e sul pianeta il « fall - out >> radioattivo, ecologicamente rovinoso, ricade dopo che la « fornitura» atmosferica ne è stata promossa dalle <<fabbriche » terrene. 'L 'assedio ecologico del pianeta procede dall'opera dell'uomo; e così s'organizza - attraverso u cavalli di Troia >> autoctoni. indigeni - la condizione d'assedio in cui vive oggi ogni collettività umana. L'offesa proviene dall'interno - « the world closes in >> (1) C. P. SNow, The State of Siege (" :\n Eloqucnt Statemcnr on thc Most Urgcm Crisis in World History ,), Iif>g.

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(C. P. Snow: op. ci t.). Dalle campagne intrise di « pesticidi » i fiumi por~ tano la « peste » ai laghi e agli acquedotti; e dalle « concentrazioni » indu~ striali gli smogs mortiferi s'accampano nel cielo delle metropoli, inducen~ dole a « lethal cities >> ominose. Dentro i centri abitati (e non solo nelle infernali megalopoli, le celebrate « giungle di cemento & asfalto » : anche nei borghi e vichi) le miriadi umane semoventi ~motorizzate ammorbano l'aria e degradano la stessa luce del sole per virtù propria, con le esalazioni dei motori a scoppio, e con i fumi delle caldaie che «condizionano» l'aria e la vita dell'uomo. E' bensì uno strano << stato d'assedio»: l'azione inimica è portata da ciascuno contro il suo prossimo; e da ciascuno, anche, contro se stesso. Lo « spazio vitale » e la « distanza umana », queste due condizioni fisio- eco~ logiche di base, sono aggredite da omnes erga omnes; et omnes omnia pa~ rant, affinché ogni «sortita» divenga impossibile, da questo ominoso stato d'assedio collettivo. L A CATTIVITÀ ECOLOGICA DELL'UOMO MODERNO.

L'accezione ecopatica, dello « stato d'assedio ecologico >l può essere ade~ guatamente interpretata attraverso quella dello « Human zoo» (D. Morris), meglio definibile quale « serraglio umano» - atto a compiutamente descrivere la condizione umana (esistenziale e circostanziale, ecologicamente) del~ l'individuo compreso nell'angosciata situazione dell '« overcrowding » delle metropoli odierne. Essa è contrassegnata dall'ammassamento indiscriminato, di là non solo da ogni equa espressione di « distanza umana», ma anche nella morta gora dell'anonimato di massa, disperante jugulazione della vita del «cittadino visopallido » metropolitano. Questi viene in effetti a trovarsi, « prigioniero ecologico », affogato in una reale condizione di cattività eco~ logica. A mano a mano che collettività crescenti di numero (comprensive non solo di numeri sempre maggiori - i « grandi numeri » - d'individui in tercambiabili; ma anche & gruppi sempre più consistenti di « disadattati » umani) s'addensano nelle «giungle di cemento~ asfalto » delle metropolimegalopoli, centri ominosi di degradazione ecologica, si raggiunge la con~ dizione di prigionia. in enormi « campi di concentramento ecopatici », delle masse pletoriche compresse nel « serraglio umano » disumanante della « inhuman city». Si produce, in queste condizioni di cattività ecologica, per la remora imposta alla « distanza umana » quale condizione ·di movimento in ambiente ecologicamente qualificato, la situazione psico ~ somatica (l' « alienazione ecologica» del cittadino) di progressivo distacco dell'individuo, privato di libertà nei confronti dell'ambiente, segregato dall' « esposjzione » ecologica ecofisica - ecostasica normale, con degenerazione epiestesica delle facoltà di recezione e appercezione sensoriale con associazione psichica equili-


brata. Donde la deviazione psicosomatica del moderno individuo, quale si sviluppa non solo (con l'espressione della tristezza e angoscia delJe figure michelangiolesche) nell'individuo egregio « soffocato>> nella cattività ecologica; ma anche , con più sopita (m a altamente patetica) eco, nel gregario indifferenziato e intercambiabile della « civilizzazione di massa », prono, con inconscia ambascia, alle condizioni deteriori d'un t< serraglio umano >> senza conforto, senza speranza, n é di liberazione, né d 'evasione. Ed è questa la polla ferace della « net•rosi ecopatica », della degenere « esposizione >> psico- somatica (atta a ogni introversione psicopatica) quale alligna nell'ambiente privo del l 'originaria quiete c bellezza .lisio- ecologiche. E' condizione sperimentalmente studiata, in condizioni provocate di « overcrowding l> , in ratti tenuti in gabbie sempre più affollate, simili ai « centri » metropolitani ingorgati d'oggi --. con manifestazioni nevropatiche e psicosomatiche del tutto affini a quelle dell'allergia metropolitana umana, motivata da uno stato psico- ossessivo di non- sopportabilità collettiva, di non tolleranza esistenziale- circostanziale, di sofferenza omeostasica globale, di fronte all'eccesso di numero del « prossimo >>, al fetore- squallore- romore della massa degli « altri », pure compagni di prigionia, nei « campi di concentramento )) della cattività ecologica. Talora l'ambiente agisce non solo con componenti ecopatiche generiche (aria inquinata, luce adulterata, alimenti attossicati - con respirazione e digestione e assimilazione alterate --. donde la fisionomia del « visopallido » metropolitano), ma con più speci fici momenti ecopatici quali si notano, per esempio, nel « building disease >> , la << malattia dei casamenti » data, in questi agglomerati accasermati, accanto alle generali condizioni di ecopatologia, da fatti d'alterazione del campo elettrico che forma una delle << fascie peridermiche » fisiologiche peculiari dell'ecostasi fisiologica, partecipi della condizione ecofisica normale della << distanza umana>>. La « cattività ecologica » del cittadino moderno è fomite essenziale della « pena ecologica» che grava sull'animo umano, e adduce, in modo congeniale con la degenerante depravazione ecofìsica psico- somatica, alle << evasioni» informate alla disperante ambascia d'una condizione che non appare umanamente superabile - donde le molteplici manifestazioni collettive di delinquenza e di attossicazione (droghe, ecc.), espresse quali « realizzazioni d 'evasione » sostitutive della libertà, non data nella cattività ecologica, d'una naturale condizione fisio- ecologica umana. lL RIFUGIO IN SOLITUDINE. Di fronte alle emergenti condizioni di cattività ecologica, e di vita compressa nel serraglio umano, l'uomo ricerca sempre più il rifugio 1lella solitudine, la separazione dalla bolgia dei fetori & rumori dello « human zoo » accasermato. E' per lo più, nell'inconscio, un moto di difesa, questa fuga ecologica; e quando, di là dalla soverchiante motivazione emotiva, il ragio-

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nante pensiero prende il sopravvento, questo moto di separazione prende la fisionomia d 'un 1c buen retiro », d'una solitudine ristoratrice. E' una ritirata strategica, imposta dalle condizioni impari di sopravvivenza del si ngolo, nel bailamme della civilizzazione di massa, nel ridondante clima dei « grandi numeri » motorizzati, nell'atmosfera appestata del «campo di concentramento » metropolitano. In effetti, questo moto di ritirata, di separazione, di ricerca d 1 un rifugio, assume oggi il contenuto di un S.O.S. ecologico - nel divisato proposito di salvaguardia della « distanza umana » necessaria alla vita, e di procacciamento attraverso un ultimo possibile « Lebensraum ecologico», della possibilità di sopravvivere quale organismo terricolo, astretto a respirare ossigeno come fonte di vita, nella evoluta storia filogenetica (estinto il passato di organismo acquatico e anfibio). Ed è anche un moto psichico di « buen retiro >> dettato dalla condizione di te stato d'assedio ecologico» nella quale il cittadino viene a poco a poco a trovarsi nella t< modern city ... the most lethal in the advanced world » (1). Inerisce, certo, a questa ritirata, un concetto strategico di renuncia, di disperante abbandono, nei riguardi della fisio- ecologia; di riconoscimento d'un fallito assunto di vira in ambiente qualificato per la vita umana - in un ecosistema fisiologico. Di fronte a quest'aspetto di emergenza ecologica, nella ritirata strategica in solitudine, giova ricordare che il << buen retiro » in pace agreste e in ambiente qualificato fu, prima che l' <<ecologie disruption » portasse alle attuali condizioni prossime all'ecocatastrofe, tendenza congeniale dell'individuo, specie dell'egregio, nella collettività. E fu sempre, questa tendenza, moto d'aderenza fisio- ecologica pretta, di « nostalgia » verso la Patria primigenia della specie, ferace palestra d'ogni successivo sviluppo ontogenerico - la savanna ai margini della foresta (la foresta della definitiva <• discesa al piano »). La possibilità per l'individuo d'indovare in una nicchia ecologica confacente alla sua physis la sua esistenza e quella dei suoi discendenti, con « distanza umana » e « Lebensraum >> assicurati per ognuno in condizioni eco fisiologiche, è alla base d'ogni aderenza ecologica; ed è fattore della fedeltà ecologica. E ' momento di fisiologia collettiva, nell 'àmbito del destino positivo della specie. E' situazione di << pace ecologica ». Nei suoi confronti , l'odierna ricerca del « ritiro ecologico», della solitu<iine in cui l'individuo vuole ritirarsi, è tattica da epoca di turbata umanità, in àmbito di « ecologie disruption ll , di rovina ecofisiologica dell'ambiente di vita. F a parte, però, in difformità del pristino « buen retiro » fisiologico, dell'ccopatologia d'oggi, nella sua vasta epidemiologia collettiva. E vi si riferisce anche la complessa tematica del <• ritorno alla natura ,, quale « ritorno ecologico» - di una rinnovata aderenza fisio- ecologica pure di fronte ( 1) C. P. Ssow. op. cit.: " Yes, we turn awar. \Ve don't projcct oursdvc~ outwards: wc turn inwards ... we try to make an enclave of our own "• "Come chi dicesse, un "rifugio ecologico'', una "nicchia ecologica" da "ultima spiaggia" ... " ·


alle condizioni dell' « impossibile ritorno» de -umanizzante talora sognato da gruppi compresi nella degenerazione ecopatica del « déraciné » ecologico.

IL « RITORNO EOOLOGTCO ». La dottrina fisio- ecologica, sezione integrale della fisiologia collettiva. informatrice di uno dei capitoli di base della medicina collettiva ha, in quest'accezione medica, ovvt assunti applicativi - ed essi si riassumono in un coerente corpo di pratiche « realizzazioni », nella fisio- ecologia pragmatica. Giova rilcvarne la stretta aderenza ai principi dottrinali; e in pari tempo, il preciso contenuto applicativo. Con intento animo: con convinta determinazione - anche perché, di là da ogni isteria profetica, tempus est (et sicut et in quantum: giovi accennarlo, en passant): l 'ecocatastrofe non è oscura e lontana minaccia, l'ecocidio corre rischio d'essere perfezionato prima che l'uomo del 2001 entri nella scena del mondo. E in questo assunto di base dell'umanità - la rico1Jquista della patria comu11e della specie, giace il predicato del «ritorno ecologico». Ut fieri solet, nelle cose umane, l'inezia dei meno informati c l'improntitudine dei demagoghi ~ dal giornalismo alla politica - si sono dedicate con fervore degno di miglior causa, come usa dire, al problema ecologico; e ne hanno tratto corpo le vane palabre denominate (il fenomeno dell'inettitudine e dell'abusionc è universale) con efficace immagine (Fratelli Paddock) i << prommciamentos >> ecologici (1). Si tratta dei molteplici conati velleitari, delle enunciazioni inconsistenti, delle Ìrrite sequelc di programmi inani donde la profonda similitudine con i << pronunciamenti » di gruppi indigeni, in lontani paesi « in via di sviluppo». In effetti comune, ai buoni e ai cattivi, ai pragmatici c ai retori, è bensì l'inquietudine; e anche l'assunto di base: riacquistare condizioni di vita fi sio- ecologiche, ritornare alla patria comune della specie, nella fisionomia ecofisiologica d eli'ecosistema originario delle prime collettività umane, la savanna + foresta occupata ·dagli antenati orninidici, e divenuta culla delle successive generazioni umanizzanti. Questo cc ritorno ecologico>>, con restituita aderenza .fisio- ecologica, con definitiva abiura dell'alienazione ecologica, non è argomento semplice - cd esso è anche obietto, pro quota sua, di abusioni molteplici, promosse dall'agevole catacresi dello stesso concetto. Giova essere precisi, pour cause. La causa per la quale questa crociata merita d'essere combattuta è infatti la sopravvivenza dell'umanità; è, subordinatamcnte, la qttalità della vita umana. Giova che l'uomo vi s'accinga con la maturata physis della lunga storia della specie; con ]a piena immanenza della sua cultura (quella greco -latina mediterranea, la nostra cultura, è prototipica anche in questo riguardo; e

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del tutto atta a ogni assunto d'ecologia pragmatica). Le acquisizioni di CIVIlizzazione delle collettività umane - riassumibili nel concetto, già citato di << affltt~tlt society » - non sono incom patibili con la fi sio- ecologia, sub condicione; esse sono, ossia, da collimare con i necessari requisiti (« affluent biology ») della « qualità » dei debiti della fisiologia collettiva - anninamente comprensibili nella fisio- ecologia. Le cui « realizzazioni » pragmatiche hanno dunque per soggetto l'uomo civilizzato della nostra cultura. Giova rilevarlo perché, tra i « pronunciam entos » ecologici, non manca quello del « ritorno alla 11atura » proprio delle elucubrazioni naturistiche. Anche a prescindere dalle deviazioni paranoidi e sessopatiche del « nudismo », inerisce alla nostalgia naturistica (compresa in un patetico sogno di ritorno ancestrale, presso che ossianico) l'anelito a una riconversione saJvatica della vita individuale e collettiva (essa è espressa in modo caricaturale dalle <<comunità» dei 11 figli dei fiori», gli hippies, ecc.). Invece, l'uomo è tenuto a «ritornare » alla natura, al suo ecosistema, nella pienezza della sua fisionomia « affluente », poi che tale ritorno stesso è una premessa, è la base fisiologica per la futura evoluzione umana, nell'attuale stadio di cultura. Ma senza perdita alcuna d'investimento, nell'opera di ripresa della fedeltà ecologica. Si tenga presente il concetto, da me con convinzione enunciato e sostenuto, dell' 11 impossibile ritomo » - della non possibile reversione a condizioni p re- umane, om inidichc, della specie. D ali' assunzione della stazione eretta, con decalvazione del corpo, il primate umano è in m arcia nella sua avventura vitale, nell' «evasione » spirituale del poeta- ricercatore. In questa m arcia non può retrocedere; e nel suo contesto ha da provve·dere alla fisioecologia della sua esistenza. ECOF ISIOLOGIA : LA CAPACITÀ ECOBIOTICA DELL'AMBIENTE.

La prospettica pragm atica dell'ecosistema ha una base naturale nei parametri d~ll'ecofisiologia : occorre, ossia, considerare i momenti della fisiologia generale dell'ecosistema, valutandone singolarmente i diversi fattori (le « variabili» dell'ecosistema), quelle viven ti e quelle non- viventi (il regno animale e vegetale accanto all'insieme geofisico); e valutando in modo sincrisico l'equilibrio delle diverse variabili. Considerando, ossia, in modo dinamico oltre che statico, la comunità biotica che costituisce l'ecosistema. In questa comunità l'uomo è incluso come specie tra le specie, e nulla l'autorizza a ritenersi momento di eccezione, n ella regola biologica dell'ecosistema (1). ( r) «Il faut se familiariser avec certe pensée, si répugnante à notre ant:hropomorphisme instinctif, ... que l'ordre de dignité des espèces pourrait ~tre inrerverti sans que la marche générale de l'évolution H'it pour cela suspendue" (GuvAt:, Jrréligion

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l'Av~nir).


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A questa regola è da riferire la fisio- ecologia umana. Essa comprende, quali parametri, i << debiti» ecologici della plzysis Immana. Essi sono stati ab antiquo scontati, con pagamento regolare, dall'ecosistema naturale ancestrale: poi che ab initio (fu anzi, una delle condizioni dell'origine della specie, e della sua sopravvivenza et evoluzione ominidica) erano date, nella comunità ecobiotica, le condizioni ambientali (macrocosmiche) atte a favorire il micro- ecosistema umano (quale microcosmo a sé stante, omeo- et ecostasico). Ma ovviamente, l'equilibrio ecologico, l'armonia del rapporto (eubiosi) della comunità biotica convivente nell'ecosistema è un'equazione ancipite, una prassi data da un polinomico giòco di dare et avere. E, come in ogni bilancio, anche in quello ecologico della comunità biotica nessuna delle variabili può essere sceverata dalla commisurazione ecosistemica globale, e addotta a situazione di « dismisuranza » verso le altre. Nemmeno quella umana; poi che in ogni caso viene alterata la sincrisi ecologica, e compromessa i pso facto la condizione di eco - fisiologia. Ha a questo proposito piena applicazione pragmatica la valutazione della « carrying capacity », della capacità ecobiotica d'ogni dato comprensorio vitale ambientale umano. Importa, di questa accezione fondamentale per recologia generale (essa concerne, segnatamente, la dotazione di animali domestici, accanto a quelli selvatici (1) -, il riferimento all'ecologia umana (2): esso è voce parziale della globale << somma biotica » delle specie viventi nell'ecosistema. E per quanto concerne il nostro abituale ambiente di vita, viene a concernere la condizione della stabilità ecologica ( « the steady state») degli ecosistemi: ossia, di equilibrio quantitativo e qualitativo tra le variabili biologiche dell'ecosistema stesso. Ovvia l'implicazione fisio- ecologica: in nessun modo la stabilità ecologica può essere mantenuta se una delle variabili si modifica in modo rilevante in confronto alle altre; poi che ne viene alterata la capacità ecobiotica - ed essa può addirittura essere ever~ivamente compromessa. Tal'è il caso quando l'occupazione ambie11tale esercitata da una specie sovverte il rapporto con le altre. Prototipico, l'esempio della sovrapopolazione umana, della presenza eccessiva d'individui, io un dato comprensorio ecologico, di là dalla capacità ecobiotica dell'ambiente. Una tale condizione eco- patologica è oggi data in vaste parti del pianeta, in rapporto con l'ominoso fenomeno dell' <1 esp!osione demografica n. Ne viene determinata una situazione - di fronte alla stabilità ecologica - di instabilità dell'ecosistema, con alterazione della sincrisi ecobiotica globale. In effetti, se la stabilità dell'ecosistema può essere definita una <(vita di guarnigione» (con fedele servizio di vigilanza

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( 1) " The number of lifestock that a rangc ca n support wirhout deterioration '' (PossERG, Man's Piace in the Jsland Ecosystem).

(2) !btthm: " The levd of population al which a ~teady ~rate is po~siblc in a given ecosystem •.

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ecologica), l'instabilità dell'ecosistema provoca di per sé effetti di sovvertimento, ai quali si è riferita più sopra la definizione di << stato di assedio » ecologico. Ovvia la gravezza delle conseguenze, con implicazioni fatali per la « qualità della vita umana » e, in extremis, per la stessa sopravvivenza della specie. (Sono i concetti dell'uocatastroje, e dell'ecocidio). T EMPUS VJTAE.

La durata della 11ita umana - l'obietto, così attuale, in fisiologia collettiva, dello « span of !ife » - ha una duplice condizione di limite, data da momenti intrinseci alla physis humana, ed è, questa, la longevità fisiologica; e da momenti estrinseci, costitutivi della longevità ecologica. L a durata fisiologica della vita t4mana è data dai fattori omeostasici costituzionali (in gran parte genetici), e vi si collegano i fondamentali concetti di eubiosi e di geronomia - riferibili all'optimum morfo- funzionale organico, nelle diverse età, e alla norma del decadimento « minimo », nel corso della vita. E' un coacervo di dati complessi, addentellati tra loro, nella motivazione omeostasica e costituzionale. Sono tutti, globalmente, soggetti all'influenza condizionante dell'ambiente, pro quota parte; ossia, in rapporto alla loro attitudine dispositiva- genetica (riassumibile nel concetto di « resistenza fisiologica » dell'organismo). Vi influisce la polinomica concatenazione dei fattori esergici, uniti nell'ecostasi (fisica, chimica, microbica, ecc.). L 'insieme del condizionamento ecostasico ambientale è di sì rilevante importanza, da dare il valore definitivo alla durata della vita - determinando la durata ecologica della vìta stessa. I momenti ortobiotici dell'ambiente (fisio- ecologia) accrescono lo « span of l ife >> , quelli patobiotici (dequalificazione ambientale, eco- patologia) ne accorciano la durata. L'entità di questa prassi omeostasica- ecostasica emerge dal confronto tra i dati della medicina collettiva, e quelli dell'ecologia medtca, per quanto concerne la longevità collettiva. E' noto a questo proposito come, nell'elaborazione delle istanze e assise della medicina preventiva- restitutiva, sia stato possibile accrescere lo << span of life » medio sino a soprapassare i 70 anni, e avviarlo agli 8o; e come, in séguito all' « impact ,, della dequalificazione ambientale, di recente questo « movim ento verso gli 8o » abbia inizi ato una marcia retrograda, con un «dietro- front » imposto dai fattori patologici ambientali . Con fondamentali deduzioni dottrinali, e chiari assunti pragmatici, in campo di fisio- ecologia. Ne fa parte anche una valutazione « qualitativa » del tempus vitae (argomento partecipe del più vasto obietto della « qualità t/ella vita», il riferim ento essenziale alla fisio- ecologia della fi siologia collettiva). Concerne la stessa interpretazione del « tempus vitae » - in senso dottrinale, e pragma-


tico. Vale ricordare il contenuto geronomico della longevità umana - (1); a prescindere da deteriori connotazioni di « sopravvivenza » meiopragica e condizionata. Com'è noto, una tale connotazione è inerente ai conati di « rianimazione » e di sostituzione d'organi vitali, e ad altri assunti di prolungamento della vita al di fuori d'un contenuto di «qualità» (eupragica vitale) della vita stessa. L'argomento ha importanza nel contesto fisio- ecologico: perché una delle conseguenze dell'ecopatologia è, nei riguardi psico- somatici, quella della decidenza morfo- funzionale, con sopravvivenza d'individui « tarati » nella longevità fisiologica per opera ecopatologica, con una cc resultante » longevità « negativa». Ne deriva il concetto ecologico della << survival rate » (2), del << rapporto di sopraut'iuen:::a » fisiologico- ecologico. Ovvia la relativa accezione pragmatica: l'optimum essendo dato nell'assunto della « parificazione » dei ·due valori - ossia, del raggiungirncnto, attraverso la promozione fisio- ecologica dei fattori ortobiotici ambientali (ecostasi fisiologica) del massimo valore possibile di durata fisioloKica ddla vita (con cc qualità » optimum dell'esistenza umana). LA SOVRAPOPOLAZIONE l:MANA: SOVRACCARICO E SOVVERSIONE ECOLOGICA.

In presso che tutte le zone del pianeta (e in tutte quelle cosi dette cc sviluppate») i limiti della << enviromnental resistence », la capacità biotica dell'ambiente, è stata ampiamente sorpassata, ormai. Il carico umano è eccessivo, e il sovraccarico tende di continuo ad aumentare, dando luogo a una « zavorrazione » ecologica atta a compromettere in modo oggi difficilmente reversibile, domani (un domani che appare prossimo assai) in modo irreversibile il bilancio ecologico dell'ambiente, e l'equilibrio biotico dell'ecosistema. li bilancio ecologico è strettamente commisurato alla « resistenza ambientale» - in questo concetto dell'ecologia generale riassumendosi il computo ·della somma complessiva dei fattori << limitanti » dell'ecosistema, atti a inibire l'effettuazione del potenziale biotico globale (conditio sinc qua non) dell'ecosistema stesso. Accanto ai fattori negativi chimici e fisici (inquinamenti, ecc.) anche quelli biologici sono dirimenti - fondamentale, per quanto concerne la fisiologia collettiva, è l'eccessivo sviluppo della specie umana a danno delle altre - animali e vegetali - dell'ecosistema. Ne deriva, col sovraccarico ecologico, una condizione eversiva dell'ambiente di vita. La sovversione ecologica umana è prodotto insigne degli errori Ìnsiti nelle superfetazioni della pscudo ~scienza sociologica, nei suoi deteriori aspetti antropomorfi- egolatrici. Ne deriva l'indiscriminata riproduzione di mas~ ( 1) Il motto della gerontologia: " T o add l ife to ycars, not ju~t years to life >> ; e, al contrario, il motto folklorico triestino, u Mejo impicài drio la porta, ma vivi .•. (2) c< Often it is the survival rau that is of grearer interest rhan the death rate >• (E. P. OouM, Ftwdamt:ntals of Ecology).


sa, con effettu azione dei «grandi nu1neri » resi possibil i dalla « proletariz.. zazionc » psico- somati ca delle collettività (1 ), con implicito contenuto attivo patoecologico. E' la pullulazione degli « oi polloi », i «grandi numeri » d'individui intcrcambiabili, con espressione vitale in gran parte superflua, superfetativa. Con conseguenze negative nella stessa compagine della specie. In effetti, la sovra- espansione demografica è accompagnata, per fenomeni compresi nella patologia dell'cc overcrowding », da una decidenza nel livello umano di vita, nelle sue espressioni psico- fi siche più genuine (l'umanesimo delle coll ettività colte). Taluni ri corsi storici ne dànno impressionante conferma (2). Profondo dunque il binomio negativo: l'effetto parobiotico ecologico (dequalificazione dell'ambiente di vita) assommandosi a quello dequalificativo umano (nei confronti del contenuto essenziale dell'umancsimo, la cc qualità » della vita). Alla profonda gravezza della sovversione ecologica umana corrisponde la gravità dell'assunto, nei riguardi della duplice occorrenza, in tèma di fisioecologia : ripristinare l'equilibrio dell'ecosistema, eliminando il momento eversivo del sovraccarico umano; c promuovere le (implicitamente date) condizioni di sviluppo della qualità della vita. Questa non è consentita dalla presenza di masse eccessive, il trinomio metropoli- megalopoli- necropoli esprimendo un equo ominoso climax, per quanto concerne la specie umana. Ovvio l'assunto della depopulazio11e globale, nei confronti d'una riqualificazione ecologica dell'ambiente. con garanzia fisio- ecolof,lÌCa. Conviene ritenere che ogni tentativo d'eludere questo fo ndamentale imperativo di ecologia pragmatica sia atto a compromettere ogni possibile soluzione fisio- ecologica dell'esistenza umana. N ei riguardi della promozione della cc qualità della vita umana >> emerge l'assunto orto- biologico della depopulaziotJe selettiva, agevolmente perseguibil e in àmbito pragmatico di dcpopulazione globale. Mèta ambita ne è l'ottenimento (attraverso la diminuzione elettiva degli « intercambiabili >> superflui) di collettività date da « oi epilektoi » in confronto agli « oi polloi ». Epilektoi erano chiamati (Poli bio) i soldati scelti ; e tali sono gli individui, in una collettività che abbia l'umanesimo della vita come goal supremo: truppe scelte per guarentire la quali tà della vita umana, milizia antesign ana, di pionieri dell'umanità (adunati e raccolti per una lotta ideale, quella a favore dell 'ambiente e della qualità della vita).

(r) Il concetto di « proletarictà » è qui inceso in senso culturale, etimologicamente corretto: si riferisce (cp. il latino cc prolctarius >>) al cittadino (d'ogni strato sociale) atto ad esistere nella collettività, ma partecipe della rcs publica unicamente riproducendosi. (2) L'opinione espressa dal Borgstrom (The Hungry Planet) circa la " deculturazione >> c la decadenza della civilizzazione nell'Ind ia: <<No doubt this overexpansion is the clue to the decline of I ndia's civilization. T he rising tide of human and livcsrock has stifled the creative forces and brought in its wake economie impotencc » .

2. -

M.


ET VIDEANT CONSULES - (( THE 99TH HOUR )) ...

La « pienezza dei tempi » appare prossima assai, per quanto attiene alla « ecologie disruption », e alle apocalittiche previsioni dell'ecocatastrofe e dell'ecocidio: sembra approssimarsi (per motivi << tecnologici » d'ordine inverso : in àmbito di « sovrasviluppo ») la fine anche di questa specie umana, dopo il destino degli australopitectni, e dei cromagnonidi. Nelle prevalenti condizioni di overcrowding, nello «state o( siege » di Snow, sarebbe data per le colletti vi tà, nelle « lethal ci ti es )) , la condizione della << 99• ora » (I). In effetti; se ci vollero 99 ore su cento, attraverso un ripetuto raddoppio dei momenti patogeni, la semi- pienezza della 99.. ora cede il posto alla pienezza totale nell'ultima ora la IOO.a. E per la fisio- ecologia sembra essere allora tempo di allarme ecologico, di emergente situazione d'alienazione totale. Tempo, ut videant consules: dai quali provvidenze sistematiche, con inizio drastico c condotta inflessibile - erga omnia et erga om11es - vengano attuate. Anzitutto, attraverso una depopulazione che, al séguito della riduzione dell'attività industriale e della superficie artificialmente coltivata, ripristini la commisurazione ecofisiologica dell'ecosistema, vigilando a che la variabile indipendente data dai momenti della comunità biotica dell'ecosistema non venga manomessa e sovvertita da alcun'azione eversiva - da quella delle collettività umane in sovrannumcro e in condizioni di sovraf(ollamento, anzitutto. E' per certo, lotta ardua e bisognevole d'ampia strategia, c d'accorta tattica. Ma forse nessuna migliore designazione, né più nobile assunto possono derivare a corpi specializzati di « Sanità pubblica » di questo estremo compito: provvedere a che la rcs publica detrimentum non capiat - avverso l'irreversibile detrimento, di generale ominosa estensione, della degradazione ecologica, atta a compromettere la salute, e la vita delle collettività. E' da consentire: se un gagliardetto di superiore umanità dovesse essere affidato, da una sociologia madrina anzi che matrigna, a quest' « armata della salute » d'universale patriottismo (per la difesa della patria comu11e della specie) esso potrebbe portare l'iscrizione, forse brutale nella sua cruda prosa, ma infinitamente meno grave dell'instante pericolo della letale degradazione dell'ambiente: « moltiplicare gli alberi, tJOtJ gli uomini». Se quest'avvertenza fosse affissa a un al berello piantato quale segnale d'allarme, in ogni punto del nostro piccolo pianeta, dove attuale è il pericolo ecologico, forse ne sarebbe data una sufficiente alberatura .della superficie terrestre - sarebbe ricostituita la patria aborigena della specie. Comunque, è ritenuto lecito affermare: oportet ut aliquid fiat - anche se sembri essere. al postutto, forse, troppo tardi; ma è proprio delle più no(1) The 99.1h Hour, The Population Crisis in the United States, ed. by 0.0. Price, The University of North Carolina Press, 1967.


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bili intraprese d'essere iniziate anche senza speranza - point n 'est- il besoin d'espérer, ancora una volta. E' riconosciuta la necessità di elaborare una fattiva fisio- ecologia pragmatica: la quale, partendo da un censimento ecologico ad hoc, provveda a imporre l 'osservanza dei canoni fisio- ecologici alla collettività, con una magistratura ecologica senza appello, mossa dall e emergenze ecopatologiche, atta a introdurre ope legis lo stato d'allarme ecologico, la cc quarantena ecologica », ogni qual volta i rapporti fisio- ecologici sieno superati e alterati. Legittimata a condurre, attraverso una prospettica ortoecologica, il controllo ecologico dell' « echismo » umano, il controllo delle cose e degli uomini, nell'ambiente di vita per l'uomo. Con inesorabile istituzione d'un'atJagrafe ecologica. atta a dirimere ogni offesa alla strutturazione fisio- ecologica della « h uman city » delle collettività umane; e a forru re alla presenza uma11a condizion i certe di fisio- ecologia; in tutti gli aspetti, esistenziali e dinamici, della cc circumstauce of man >l, compresa, in àmbito d' un umanesimo ch'è l'unica ragione di vita per il primate umano, nella costruzione e nella protezione, nell'esistenza umana, di un sufficiente stato di « quality and style of living » (Price). Senza discriminazione alcuna, né attiva né passiva: con superamento d'ogni stato d'animo (( malodùschnii », di grettezza egolatrica e monolatrica, retaggio ormai disumano, nell'impendente ruina della « ecologie disruptlon ».


CASA DIVI:>:A PROVVIDENZ A OSPEDALE PSI CIIIATRICO DI G L: IDO"'IA Direttore: Prof. B. C.\u tfRt OSPEDALE MILITA RE Dl UDINE Direttore : Col. Med. Dr. M. Ct RO ~f

DIMEN SIONE SOCIALE DELLA PSICHIATRIA MILIT ARE * P rof. Bruno Callieri

Negli ultimi decenni in psichiatria si è assistito ad una graduale evoluzione che ha condotto il medico a spostare sempre più il suo interesse dall'inquadramento nosografi.co del malato alla terapia del singolo e, infine, ai problemi psichiatrici colti nell'ambito della comunità, intesi come salute mentale. L'indirizzo moderno della psichiatria è quello preventivo poiché, come avviene per le altre branche della medicina, si cerca oggi di individuare le misure adatte ad una diagnosi precoce del disturbo psichico, di precisare e modificare i fattori ambientali c sociali presumibilmcnte patogeni, al fine di ridurre al minimo le influenze negative dell'attuale società sulla salute m entale dei suoi m embri. Si viene così a delineare l'importanza dell'intervento dello psichiatra nella comunità e al suo serviz:o. Quest'in contro del m edico col malato nel suo ambiente è destinato a porre in discussione la tradizione psichiatrica ospedaliera, orientata preminentemente alla diagnosi ed al « ricovero» . Si prospettano cosi rilievi psicopatologici molto più precoci , molto meno innaturali, molto più relazionali di quanto non lo fossero prima, con l'incontro differito e temuto alla soglia del manicomio, anche se divenuto ospedale. Qui poi il condizionamento del malato all'univcr~o chiuso dell'istituto fi.niva di falsare il problema, con la più o meno larvata violenza dell 'istituZIOn e .

La sensi bi lizzazione dello psichiatra alla dimensione sociale e comuni tar ia rappresenta un fatto così im portante da costituì re un tipo particolare di psichiatria: la « community psychiatry » (cfr. Bellak, 19<)1). cioè la psichiatria nella comunità. Non v'è dubbio che questa, nell'inten to di provvedere il m aggior aiuto possibile, diretto o indiretto, a tutti i m embri di una data comunità e proprio nell'ambito di questa, costitui sca uno dei mezzi più • Conferenza ten uta all'Ospedale Militare di Udine il 30 maggio I973·


efficienti a disposizione della psichiatria preventiva. La psichiatria preventiva fa parte di un impegno globale della comunità, comprendente il problema dei disturbi psichici in tutti i suoi aspetti , relativi a tutte le età e classi sociali. In questo passaggio dalla psichiatria di tipo convenzionale ad un'altra orientata in senso preventivo, i problemi da affrontare si allargano talmente da imporre una distinzione di compiti e di scopi nell'ambito stesso della psichiatria preventiva (Frighi), onde evitare indebite generalizzazioni e confusioni metodologiche. E' opportuno ricordare i suggerimenti dei recenti contributi anglosassoni (Leighton, Caplan, Bellak), che distinguono una prevenzione primaria (che Caplan nel suo volume considera come la più importante), tesa a modificare le condizioni di vita sociale in modo da impedire lo sviluppo di comportamenti psicopatologici (cfr. Bcrmann); una prevenzione secondaria, che mira a ridurre l'incidenza della morbilità, con l'abbreviare la durata media dci disturbi psichici attraverso una diagnosi precoce e un trattamento efficace; una prevenzione terziaria, che ha per scopo di ridurre il grado di irrecuperabilità e di incapacità dci malati psichiatrici cronici. La prevenzione primaria sottintende ambiti d'azione estremamente vasti, anche molto politicizzati, e un impegno così multidisciplinare, che ne rende i confini imprecisi e vaghi. Bisogna aspettare, qui, che si rendano più evidenti i contributi provenienti dalle diverse aree di indagini, psicologiche, sociali, etnologiche, epidemiologiche, giuridiche, amministrative, e che soprattutto si reperiscano dci centri di raccolta e di raccordo per l'utilizzazione della enorme quantità di dati così ottenuti. Qualcosa di significativo si è già rilevato, come ad esempio il fatto che certi periodi della vita sono maggiormente vulnerabili (dal punto di vista psichico) di altri: il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, l'epoca del servizio militare, l'età avanzata (Zwingmann) e la constatazione che certi cambiamenti di ruolo risultano particolarmente stressanti, ad es. l'assunzione del ruolo di studente, di soldato, di coniuge, il pensionamcnto. Ad un livello più collettivo e di problemi più esplicitamente sociali, possiamo indicare l'enorme importanza che, per la sanità mentale, rivestono i processi di migrazione, di cambiamento di status socio- economico, di inurbamento, ecc. Ad un livello più dichiaratamente sociologico, vanno menzionati quei problemi che derivano dalla struttura di base della nostra società, competitiva, di consumo e conformista. Di fronte ad un a tale massa di problemi. chi nella comunità è chiamato a concorrere alla loro soluzione in rapporto a questa prima fase della psichiatria preventiva? Per mettere in atto i centri comunitari di salute mentale (preconizzati da Caplan), bisogna mobilitare i diversi settori della popolazione. Infatti lo psichiatra può, in questo ambito, agire soltanto come cata-


lizzatore; è necessario che l'intera comunità si responsabilizzi, in particolare gli amministratori della cosa pubblica, i magistrati, i ministri del culto, i maestri, le autorità militari, la stampa, insomma tutti coloro cui è stato devoluto il compito di educare e di dirigere. Passando ad esaminare gli aspetti più importanti della prevenzione secondaria, cioè di quella prevenzione che mira ad abbreviare la durata media dei disturbi psichici attraverso una diagnosi precoce e un trattamento efficace, dobbiamo riconoscere che questo ambito è più di pertinenza della psichiatria clinica che di quella sociale. Qui è importante una triplice direttiva di lavoro: quello clinico- diagnostico- smdromico, quello psicologico- clinico (per es. il livello del funzionamento intellettivo), quello dello studio dei fattori etiologici e di quelli associati. Potrebbe esser molto utile stabilire, a questo proposito, schemi forensi, criminologici e classificazioni di devianza sociale. Evidentemente, non per esercizio accademico ma per dichiarati scopi terapeutici. Anche questa prevenzione secondaria, per riuscire efficace, deve coinvolgere la comunità, al di fuori dci compiti strettamente specifici dello psichiatra. La diagnosi precoce e un rapido trattamento hanno infatti un'importanza ovvia, in quanto possono reintegrare l'individuo malato nella società, con minor sforzo, con minor costo e in minor tempo: donde potenziamento e facilitazione dell'assistenza psichiatrica, anche nell'ambito della sanità militare. E' evidente l'importanza, per noi , del compito di sensibilizzare l'opinione pubblica alla necessità di una diagnosi precoce, come si fa per altre m alattie sociali , ad esempio la tbc c il cancro. A questo proposito ci permettiamo di richiamare l'attenzione sull'opportunità, già da noi altrove espressa, di isti tuire una Giornata Nazionale dedicata alla Sanità Mentale, con lo scopo preciso di interessare al problema proprio quegli strati della comunità meno preparati professionalmente. Inoltre potrebbero essere utilmente predisposti per il medico generico degli opportuni corsi di aggiornamento, orientati più specificamente, al fine di un accertamento diagnostico precoce. Naturalmente, uno dei mezzi più efficaci per attuare la prevenzione secondaria è quello di istituire filtri , stazioni di dépistage estese a raggruppamenti sempre più omogenei di popolazione. Sempre più sentito si fa il tentativo di convogliare unitariamente informazioni significative, descrittive e prcdittive, sulla presenza, persistenza, modifìcabilità e impatto comportamentale di tratti c caratteristiche della persona. Questi aggregati di fattori possono o non coincidere con le categorie descrittive esistenti. A questo proposito basti accennare all'importanza che assume un servizio di igiene mentale, attuato in funzione di dépistage, per la popolazione


universitaria studentesca; proprio qui si può individuare uno dei punti nodali di raccordo tra prevenzione primaria e secondaria, poiché la diagnosi precoce può articolarsi con la ricerca delle vulnerabilità sociopsicologiche proprie dell'ambiente universitario. Altra stazione importantissima di dépistage è quella che si potrebbe organizzare nell'ambito del servizio militare. Il gruppo militare costituisce infatti una situazione sociale particolare, in quanto si configura in modo meno dispersivo e più rigidamente strutturato del background civile. Qui è possibile stabilire appropriati termini di riferimento per l'acquisizione, la classificazione, la categorizzazione, la registrazione, l'interpretazione, la trasmissione e l' utilizzazione della conoscenza delle variabili sociali e psicologiche del soldato. L'istituzione di centri di igiene mentale nell'ambito della sanità militare, con psichiatri e psicologi opportunam ente impiegati nei diversi settori, raggruppamenti e servizi, potrebbe validamente contribuire alla soluzione di questi impegnativi problemi di psichiatria preventiva. Insisto molto sull'aspetto sociopsichiatrico nell'ambito del serv1z1o militare perché i militari costituiscono un gruppo sociale strutturato con un certo gradiente di omogeneità (classe); è un gruppo che, in quanto tale, presenta una propria dinamica, una suddivisione in sottogruppi e, soprattutto, una identificazione eli ruoli ed una scala eli valori, già sufficientemente esplicitate. La strutturazione del gruppo militare viene notevolmente complicata dall'esistenza nel suo ambito di un gruppo fisso (gli effettivi) e da un avvicendarsi di raggruppamenti successivi (complemento), che si inseriscono di volta in volta in una rete preformata di strutture. Il gruppo militare (soprattutto intendo qui il microgruppo) costituisce una situazione sociale privilegiata per il rilievo di quelle interreazioni tra individuo e gruppo, che sono il capitolo fondamentale di ogn i trattazione sociopsichiatrica (adattamento alla vita .del gruppo, conflitto tra individuo e collettività, aspetti sociopsicologici dell'obbligo di leva, contrasti dì ideologie, situazioni d i isolamento, di estraneamente, di passività, di protesta, ecc.). Si può affermare che la « sperimentazione » procede realisticamente consistendo nella rapida immissione di un gruppo omogeneo in ambiente diverso da quello in cui fino allora è vissuto, nell'assoggettamento a condizioni di vita uniformi, nell'osservazione del fenomeno così come si manifesta nello specifico ambiente militare e in confronto con le analoghe manifestazioni in gruppi diversi (più o m eno liberamente costituitisi). Tutto ciò fa del gruppo militare un vero campione di ricerca, e permette soprattutto di impostare una ricerca valida sul piano epidemiologico. E' noto quanto sia facile, in questo ambito, pervenire a delle conclusioni errate quando non si tengano nel dovuto conto le tecniche metodo~ogiche di ricerca (Morris).


••• Un altro campo di indagine sociopsichiatrica, di notevole importanza, è quello che si riferisce alla ricerca degli aspetti patogeni e patoplastici di un determinato gruppo militare. L'indagine è sollecitata dal fatto che il gruppo esaminato in questo caso si configura in un ambiente meno dispersivo e più rigidamente strutturato del background civile. Sul piano patogenetico, infatti, l'ambiente della collettività militare facilita la messa in evidenza di tratti caratteropatici, sia per una minore tolleranza ed una minore libertà di espressione di modi di esistere, sia per una riduzione della plasticità delle reazioni (azione rivelatrice delle psicopatie). Sul piano patoplasrico la vita militare determina particolari tipi di reazioni abnormi (per es., nevrosi traumatiche, isteria, reazioni a corto circuito, reazioni di isolamento, ecc.), facilitate dal fatto che non esiste una lenta acclimatazione alla vita militare e soprattutto dal fatto che il gruppo militare, in sé, presuppone o uno svolgimento nel senso di una strutturazione sociale integrata oppure una regressione ad un livello più primitivo di strutturazione. La dinamica stessa del gruppo facilita infatti, quasi sempre, un adeguamento a livelli più bassi, oppure situazioni conflittuali intrapersonali, in quanto spesso si richiede oggi un certo grado di efficienza intellettiva, un alto grado di integrazione psicomotoria e<i una notevole disposizione all'apprendimento. Infine c'è tutto il problema dell'effetto che l'assoggettamento gerarchico esplica sull'individuo: la gerarchizzazione militare si prospetta infatti ancora su parametri essenzialmente impersonali, sebbene occorra tener conto di una sempre maggiore tendenza alla valorizzazionc individuale in questo campo. Quanto l'influenza di un siffatto ordine gerarchico, peraltro imprescindibile, possa rivelarsi negativa ai fini della salute mentale dci militari è questione non facilmente valutabile. Infatti non si può omettere il fatto che la gerarchizzazione costituisce una solida « frame of references » cui possono ancorarsi, come ad una stabi le agenzia di simrezza, certi tratti caratteriali che, in un contesto più fluido, troverebbero campo per un'evoluzione patologica. D'altro canto è evidente che una strutturazione gerarchica rigida e senza possibilità di interscambio di ruoli può favorire disadattamenti acuti. situazioni difficili di adeguamento, con tutte le conseguenze che ne derivano in campo psicopatologico. Le indagini epidemiologiche, quelle sugli effetti patogeni e patoplastici del milieu militare, ci consentono un particolare tipo di accesso allo studio


del disturbo mentale del singolo in quanto inquadrato in un gruppo ben identificato dal punto <ii vista ecologico, quale è quello militare. Lo studio completo del problema comporta, però, l'accedere ad un ulteriore orizzonte di ricerche, più nettamente sociopsichiatriche, cioè lo studio del gruppo in toto nei suoi eHetti patogeni c patoplastici sui membri componenti , con concetti conduttori sociologici (per es. anomia, conflitti culturali, sottoculture). Ciò comporta la possibilità di cogliere rilievi più sottili, nell'ambito di rapporti psicodinamici, di esaminare più profondamente le relazioni reciproche tra gruppo ed individuo (sec. le concezioni topologiche di Kurt Lewin). Si tratta anzitutto di procedere ad un 'accurata indagine delle potenzialità conflittuali, implicite nella struttura di un determinato gruppo militare, inteso in tutta la gamma delle sue accezioni. Ad esempio, in un gruppo numericamente esiguo (un plotone) esistono potenzialità conflittuali che possono corrispondere o meno a quelle che si riscontrano in gruppi più vasti (un reggimento). Naturalmente quanto più il gruppo è vasto tanto più necessario è lo studio delle sub- ed infrastrutture in cui detto gruppo si articola. In altri termini, lo studio del comportamento di un gruppo rende sempre necessario lo studio del gruppo in sé e quello delle sue interferenze con gli altri gruppi, più o meno vasti. Accanto all'indagine delle potenzialità conflittuali va sempre tenuta presente quella del rilievo <ielle cosiddette agenzie di sicurezza (1) contenute nel gruppo stesso e operanti in senso anti- conflittuale. In secondo luogo la Psichiatria Militare, intesa come socio- psichiatria, si trova a dover affrontare un problema di rilevanza sociopsichiatrica ben preciso: lo studio degli effetti esercì tati dali 'i ndivi.duo malato sul gruppo. Va qui rilevato il significato che compete al c. d. <<spirito di corpo ll, cioè a quel particolare vincolo di gruppo che si stabilisce su base affettiva. Lo «spirito di corpo » può esser messo in pericolo da spinte disintegratrici provenienti dal processo di transizione socio- culturale in atto ed, inoltre, anche dalla crescente automazione. Tutto ciò facilita quel processo di isolamento patologico di cui sembrano oggi soffrire tanti militari. Opportuni controlli reriodici, intesi a svelare tempestivamente i primi segni di questa situazione di isolamento, sarebbero molto utili anche ai fini della integrazione di gruppo. Si tratterebbe qui di riportare nell'ambito del gruppo militare tutta quella problematica che è stata sol levata dagli studi sulla sociosfera familiare del malato mentale, con livelli dì integrazione indubbiamente più (r) Per Agenzia di sicut·ezza imendiamo rutti quei mezzi più o meno organiz:ani, sia operanti in modo tangibilmente pragmarico, sia esistenti so!o come strutture di valori, cui gli individui possono ricorrere per ricavarne protezione e sicurezza.


estesi. Anche una semplice enumerazione deiJe eventualità patogene ci porterebbe assai oltre i limiti di una semplice conversazione. Ci basti segnalare l'importanza sociopsichiatrica di uno studio centrato sul rilievo del gradiente di tolleranza di un gruppo verso i suoi membri malati. Per quanto, infine, concerne la vexata questio del possibile riscontro di un gruppo in sé malato , va tenuto presente che le riserve e le cautele metodologiche formulate da noi nei confronti della cosiddetta società malata, aumentano ulteriormente quando si passa all'esame di un gruppo militare definito. In questo caso manca proprio uno degli aspetti più caratteristici del costituirsi dei gruppi << malati >>, cioè lo spontaneo confluire e raggrupparsi di membri, secondo motivazioni individuali profonde. Il gruppo militare è infatti, in un certo senso, preformato su strutture che prescindono dalla dinamica psicologica dei singoli. Quest'enumerazione dei problem i sociopsichiatrici impliciti nella Psichiatria Mi litare, per quanto schematica, ci conduce alla constatazione dell'enorme importanza dei contributi che tale disciplina può offrire alla psicopatologia generale, quando detta indagine venga perseguita con criteri metodologici ben precisi e basata su impostazioni sociali consapevoli . Gli psichiatri m ilitari sensibili a ciò potrebbero unire i loro sforzi preliminarmente in una triplice direzione: 1) realizzare un com pendio delle opinioni degli esperti più qualificati, provenienti dalle diverse discipline, con lo scopo di fornire una rete per uno sforzo integrativo dei vari elementi della diagnosi psichiatrica- militare; 2) una rassegna delle tendenze e opportunità esistenti nel campo, con un'analisi delle fron tiere teoretiche della psichiatria militare, e della sua autonomia ; 3) un manuale nosografìco psichiatrico unico per tutte le Forze Armate, onde fornire i mezzi per determinare univocamcnte le ricerche epidemiologiche.

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« LE CHANT DE LA V ALLeE » - BAZOUGES - LA P~ROUSE TROISIÈME RtGIO~ Mli.ITAIRE (FRA."JCE)

RÉSULTATS LOINTAINS D 'UNE PREMIÈRE RÉIMPLANTATION DE DOIGTS HUMAINS APRÈS SECTION TRAUMATIQUE COMPUTE ET DE CHIROPLASTIES SANS I?EJET, AVEC RESTITUTION DE LA SENSIBIUTt. ET DE LA MOTRICITÉ

par le Commandant André M. Pothier *

La section totale d'un doigt n'invite guère à sa réimplantation. Sauf précautions bien particulières, la nécrose <le la partie réinsérée étant quasi certaine, l'amputation était dcvenue la règle. Classiquement, après une simple régularisation du moignon, la cicatrisation <le la rnain rnutilée intervenait rapi<lement et sans risque. Les justifìcations anatomiques - très fìnes vascularisation et inncrvation de la rnain huroaine - paraissaient suffìsantes aux victirnes et chacun s'inclinait devant la fatalité inhérente aux accidents digitaux. Après scction complète, il nous a pourtant été donné de restaurer trois doigts humains sur une main elle- mcme menacée <l'amputation (1). Après avoir été contraint d'opércr de nuit, en milicu hospitalier et sans assistance opératoire, une prcmière amputation de doigts classique (2), nous étions hanté, depuis plusieurs années, par le désir <le pratiquer une chirurgie toujours plus conservatrice. C'est pourquoi dans un cas déjà jugé dé~cs­ péré par un confrèrc, nous avons pris le ri sque de tenter « l'intervention réputée impossible ». Notre tcntativc ayant été couronnée de succès, nous estirnons devoir expliquer cettc réussitc afì n <le la rendrc reproducti ble. • Conseiller technique du Dirccteur dépanemental de la Protccùon Civile, Médccin- Chef ad. du Service départcmcntal d'lnccndie et de Secours d'lite- et- Vilaine. (1) Communication au Prcmicr Congr~s scientifique de l'Intcrnational Rehabilitation Medicine Association, Milan, 21 M:ptembre 1970. Cinésiologic, ·o 38, 393 - 410, Paris (F) 1970. Europa Medicophy~ica, Vol. 7, l':o 3, 137-144, Turin (1), juillct - \cptembrc HJ7I. (2) Il s'agissait d'un automobiliste imprudent, blcssé par Ics pales de son vcntilateur.


!mage No 1. (D'après ( ( L e Médica\ du XX• siècle »)


270 PMSENTATlON DU CAS

Le 20 octobre 196sJ, une adolescente de seize ans est venue nous consultcr à la suite d'un acciclcnt de travail qui s'était produit une heure et demic plus tot. RAPPEL DES FAITS.

En fin d'après- midi, pour extraire une planchette de bois restéc coincéc sous un volumineux massicot àestiné à débiter des lattes de bois, cette jeunc cmployée s'est fait prendre la main gauche sous l'appareil. La main a été écrasée et ses troisième, quatrième et cinquième doigts ont été sectionnés cn biseau. Un confrère consulté près du lieu de travail avait conclu à la nécessité cl'amputer la main en clinique. Toutefois, devant cettc triste perspective, la blessée, qui s'était déjà confìée à nous pour une fracture humérale, a dcmandé à nous consulter avant dc se faire hospitaliser. EXAMEN À L'ARRI VÉE.

À l'ouverture du grand mouchoir qui emballe la partie distale du mcmbre supérieur gauche, deux extrémités digitales sectionnées roulcnt sur la table d'cxamen; il s'agit àcs portions terminales cles troisième et quatrième doigts. L 'extrémité du cinquième doigt n 'a pas été retrouvée; elle a dO ctre écrasée, puis dispersée par le massicot. Toute la partie distale du membre a été é<:rasée et partiellement dégantée; la main saigne encore un peu. Les éléments libres qui gisent sur la table à'examen sont recouverts d'un sang épais, bien coagulé. EvALUATlON nu lUSQUE.

Devant un tel tableau, quelle attitude fallai t- il adopter face à cette jeune fìlle qui (aisait appel à nous ? Subir l'influence cles « vieilles croyances » (étayées, il faut bicn le dire, par l'anatomie) et confirmer le premier verdict d'amputation? Profiter, au contraire, d'une expérience encore brève (r) qui nous a révélé, dans ccrtaines conditions, la vitalité cles élémcnts distaux dc la main? En fait, fort peu dc facteurs favorablcs nous incitaient à mener cette expérience de réimplantation digitale, fut- elle bien tentante, (du moins socialement)! (z) Cette expéricnce porte sur cles accidents par poulies, scies, courroies ou hachoir), dont Ics doigts ont éré rcconstitué~ malgré l'existence de lésions graves.


a) Facteurs défavorables. Nous sommes en présence d'une adolescente campagnarde, exténuée par une rude journée de travail, très choquée, dont les plaies sont graves et souillées, qui se préscnte avec beaucoup de retard (plus d 'une heure et demie après l'accident). En outre, les surfaces des éléments digitaux sont déchiquetées par éclatement et écrasement; les éléments libres sont à réimplanter en pleine phalangine et du sang s'y est coagulé.

b) Facteurs incitant à tenter l'expérience. Cependant, la blessée est jeune; elle semble jouir d'une bonne santé et para1t courageuse («dure au mal » comme il est dit dans la région). De plus, les sections osseuses, faites par une lame bien aiguisée, sont franches et en biseau, facteur qui se révèlera favorable à une bonne revascularisation et à la consolidation de ces « fractures >>.

LA DÉCISION. La décision est alors vite prise. Aucune promesse inconsidérée n'est faite, bien entendu, à la blessée, à sa famille ou à son employeur. Mais nous émettons l'avis qu'il faut tenter la faible chance qui subsiste, compte tenu, de surcro!t, du retard à intervenir: si l'amputation doit avoir lieu, rien n'empeche, du moins, d'en différer l'échéance puisque désormais, il n'est plus exceptionnel (depuis notre Maitre Mare Iselin) d'intervenir en urgence différée. PRÉPARATION DES ÉLÉMENTS A COAPTER

Nous avons vu que du sang s'était coagulé sur les surfaces cruentées, interdisant toute coaptation directe extemporanée. C'est pourquoi, d'emblée, nous avons plongé les éléments digitaux libres dans de l'eau de mer (r) qui a été portée graduellement de 20 à 38o C. Ensu'te, nous avons procédé au conditionnement immuno- thalassothérapique cles seuls greffons par doux ~trissage dans <le l'eau de mer, puis dans du soluté physiologique isotomque. Pour sa part, la blessée a reçu le contenu de deux ampoules d 'étamsy- · late (2). Après pose d'un garrot peu serré et anesthésie loco- régionale à la lignoca'ine à deux p. cent, nous avons alors: - fait la toilette et le parage de la main, (1) L'cau de mer utilisée tant pour le nettoyagc et la fomentation cles plaies (sous anesthésic) que pour la mobilisation passive et la rééducation fonctionnellc en maniluve, est prélevée au large, dans la baie du Mont Saint Miche!, laquelle jouit d'un cnsoleillcment tout particulier. (2) Dicynonen.


272

-

repéré les tendons sectionnés ou arrachés, préparé les parties molles en vue de leur remise en piace, éliminé les zones vouées à la nécrose, puis préparé la cuisse de la patiente en vue du prélèvement de greffons de peau totale. Les tranches de section des doìgts ayant été nettoyées du sang qui y était coagulé, (par légères frictions d'abord à l'eau de mer puis au soluté physiologìque isotonique), nous avons sorti .d u bain tiède les extrémités digitales libres. Après léger attouchement des deux zones cruentées complémentaires à l'eau distillée puis au soluté de N03Ag à 4 p cent et enfin pulvérisation fine de poudre d'extrait titré de Centella asiatica (r), nous avons procédé, doìgt après doigt, à l'embrochage osseux, à la réfection des tendons et des parties molles, enfin aux sutures cutanées après greffes latérales de peau totale. Les sutures cutanées ont été faites essentiellement au fil d 'acier 20 Déc. 2 pour les doìgts, mais, sur le dos de la main, à la soie noire. Un nitratage de toutes les cicatrices opératoires et une fine pulvérìsation d 'extrait titré de Centella asiatica (r) ont précédé le premier pansement mixte antibiotique cicatrisant (2). Cette antibiothérapie de surface et l'enzymothérapie (3) ont permis d'obtenir d'excellentes suites opératoires. (A noter gue la blessée a regagné son domicile dès la fin de l'intervention). Le cinguième doigt a fait l'objet d'une plastie; après réfection tendineuse, il a été reconstitué avec un greffon de peau totale prélevé sur la cuisse de la patiente et conditionné à l'eau de mer avant .d 'ètre mis en piace selon la technique précitée. Secondairement, au quatrième mois du traitement, pour améliorer encore l'aspect ·d u troisième doìgt de la main blessée, nous avons eu la chance de pouvoir faire un transplant à partir d'une plaie exubérante de la face pal. maire d'un doìgt d'une autre blessée. Ce transplant, qui a séjourné vingt-quatre heures environ dans de l'eau de mer à la température ambiante, a été greflé, toujours selon la mème technique; il a parfaitement pris. Il n'a pas été observé de phénomène de rejet ultérieur. La rééducation et la réadaptation fonctionnelles, associées à la psychothérapie, ont tout naturellement complété le traitement. LE$ Rl!SULT A TS

Bien que, compte tenu de l'état de délabrement de la main blessée, il ne nous aìt pas été possible de faire de sutures vasculaires ou nerveuses fines, (r) Mad~cassoln. (2) Biogaze H.N.n. (3) Thiomucasen.


la sensibilité et la mobilité des doigts réimplantés et restaurés sont eXccllentes. Le résultat fonctionnel est tout aussi excellent: la blessée a maintenant repris so n travail, au meme poste, sans abattement de sal aire; elle m ène une vie indépendante. Le résultat esthétigue, également très satisfaisant, autorise la reprise, sans complexe, d'une vie sociale active: la jeune .fìlle va au bai; elle y pratigue m&ne les danses modernes (telles que le rock- and- roll) où, comme chacun sait, la qualité de la préhension digitale joue un role primordial. COMMENTAIRES ET PRÉSENTATION DE PHOTOGRAPHIES

Pour satisfaire votre légitime curiosité, guelques- unes cles photographies qui résument notre observation vont vous etre présentées. Certaines datent de 1969, Ics dernières sont, au contraire, très r6centes. TI n'est pas exceptionnel de recevoir des polytraumatisés qui présentent des plaies dc la main. Mais il s'agit, le plus souvent, d'accidentés par poulies, scies circulaires, courroies ou hachoirs. Classiguement, il faudrait fréq uemment amputer. Pourtant, certains cas limites incitent à etre conservateor; si la base de l'ongle n'a pas été dépassée vers l'insertion du doigt blessé, la restitution est, en général, assurée. Si l'ongle reste en piace ou s'il a été réinséré, la sensibilité de la phalangette est alors conservée.

lm age No 2.- Certe phalange distale aurait du etre amputée, compLe tenu de son état: l'os ayant été scctionné jusLc au- dcssus de l'articulation distale, la parti e terminale avait basculé de I8o0 , ne tenam plus que par une petite languette de peau latérale. C'est à partir de ce cas, rapidement guéri et fooctionnellcmcnt bon, que nous avons systématiquemcnt prélevé cles greffons de peau totale de cuisse pour assurer la revascularisation distale cles phalangencs complèment sectionnées.

3·- M.


2

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lmagc No 3· - Sur la compresse, deux éléments libres anendent d'etre r~implantés. Sortis dc l'eau de mer, ils vont baigner emuite dans du so~uté physiologique isotoniquc.

/mage No 4· - L'état dc la main lors du prcmier pansemcnt, après cmbrochage osscux et réfcction des troisièmc et quatrièmc doigrs. réfcction et regantage du cinquièmc avec cles greffes de peau totale dc cuissc.


2 75

/mage No 5· - Mobi lisation d'un doigt à l'occasion d'un pansement. Notcz la mobilité de l'articulation interphalangienne proximale de ce troisième doigt, quelqucs JOUrs sculement après sa réimplantation.

lmage No 6. - L'état du quatrième doigt après ablation de sa brochc. La coloration noire est due au nitratage d~ cicatrices: il s'agir d'un dépòt argentique et non dc nécroM:. La branche inférieure de la pince indique le ni,eau de la section.

. .. )


lmagc No 7· - Dans un deuxièmc tcmps, pour améliorer l'aspcct du trolSleme doigt, un transplant y a été greffé. Prélcvé sur une cicatrice exubérante (constituée spontanément chez une autre jcunc fille, vuc pour la première fois 10 jours après son proprc accident), cettc greffe consen·éc en milieu hypertoniquc tranche encorc par sa paJcur.

/mage No 8 . . Voici maintenant l'état fina! de la main. Seul manque l'onglc du cinquième doigt; une dépression y a été m~nagée pour rcccvoir une évcntuclle prothèse.


2

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Notre technique s'améliorant d'essai en essai, il était n aturel de nous montrer toujours plus audacieux. Voyons m ain tenant le cas de ré.implantation de do.igts après section totale en pleine phalangine (deuxième phalange) qui fait l'objet du présent travail : Deux ans et demi après l'accident dont elle a été victime, notre jeune Bretonne a le sourire (lmage No 9). Elle mène une vie normale à tous égards et les irriages suivantes en font foi : tous les matins, elle se lave (Image No 10), puis se coiffe, utilisant m~me, à cet effet, un peigne- queue (I mage N o I I et I 2 ). Elle prépare ensuite son petit déjeuner: agilité et force sont nécessaires pour moudre le café et soulever une casserole remplie de liquide (lmage No 13 et 14). Souplesse et sensibilité tactile le sont pour ouvrir un tiroir (Image No 15), séparer deux feuilles de papier (Image No I6), pour prendre délicatement de petits objets (lmage No 17), pour se moucher (Image No r8). Ennn, la main doit avoir parfaitement réèupéré sa fonction sans ètre douloureuse, pour permcttre de danser la rock- and- roll (lmage No r9).

lmage No 9·

lmage No 10.


lmageNo 11.

lmage No 12.

lmage No IJ.

lmage No 14.


2 79

'

lmage No r5.

/mage No 16.

lmage No 17.

/mage No r8.


280

lmage No 19.

OTRE OBSERVATION RESTE INCO~iPLÈTE.

Malgré Ics photographies récentes qui vous ont été présentées, vous comprendez aisément pourquoi notre observation n'est pas complète. Les greffons n'ayant pas été rejctés, il ne nous a, naturcllcment pas été possible dc faire d es coupes histologiques. De tellcs coupes nous aideraient, bien entendu, à expliquer les proccssus de régénération vasculairc et nerveuse auxquels nous avons assisté... dc l'extérieur. Peut ètrc dcs essais sur l'animai de révéleront- ils nécessaires a cet égard? D epuis notre tentati ve, des Auteurs américains (I) ont repris l 'idéc de trai ter le greffon, et non le greffé : ils ont prolongé ainsi la survic de greffes cutanées chcz dcs lapins d'espèces différentes, tout en respectant les défenses immunologiques des sujets traités.

DISCUSSI ON

Aux fins de rendre reproductible une telle intervention, cherchons à an ales ra.isons de notre réussite. Elles relèvent dc quatre disciplines, à sav01r: I) la chinwgie,

lyse~

(1) de I'Ecole de Médecinc de I'Univcrsité dc Loma Linda (EUA).


2) la pharmacologie (immuno- thalassothérapie et cicatrisation dirigée), 3) la rééducation et la réadaptation fonctionnelles, 4) la psychothérapie. 1) LA CHIRURGIE.

Nous avons utilisé l'embrochage osseux longitudinal (mais a mi11ima) et les méthodes chirurgicales de l'Ecole du Dr Mare Iselin, ainsi que ses fìls d'acier Monofil R. C. 20 Dee. 2, du Stérilènc, du catgut 2- o, des fìls de lin et de soie Ethicon. Tout notre matériel de suture était monté sur aiguilles

lmage No 20. - Point esthétique de Pothier.

serties de manière à limiter à un m1mmum le traumatisme opératoire. Les sutures cutanées ont été faitcs avec notre point spécial « Champagne » à bouclette et « m oustaches de chat », qui en facilitent l'extraction. A cet égard, nous préférons le fil d'acicr 20 Déc. 2 au 30 Déc. 3, qui nous a paru un peu gros et dont l'ablation est plus doulourcusc, sa rigidité fai~ant hameçon - notammcnt au passage dc la peau. 2) LA PHARMACOLOG IE.

La Pharmacologie (immunothalassothérapie et cicatrisation dirigée) est largement venue à l'aide de la chirurgie. L'étcndue des dégats à peine constatée, nous avons plongé les élémcnts digitaux libres dans dc l'eau de mer, laquelle a ensuite été portée graduellement de 20° à 38o C.


Toutes les opérations de nettoyage ont été faites à l'eau de mer puis au soluté isotonique de CINa, saus emploi d'auctm a11tiseptique 11i d'auctm arttibiotique. La phase thalassothérapiquc de nettoyage des surfaces à coapter nous a paru primordiale et nous restons persuadé que, dans certe entreprise, l'eau de mer a, selon toute vraisemblance, exercé une influence bénéfique détcrminan te. Sans vouloir nous appesantir ici sur les bienfaits dc l'eau de mer, rappelons qu'il s'agit d'un milieu dc réserve où, comme l'a si bicn précisé notrc Maltrc M. le Doyen Denis Leroy, « tout organisme peut rctrouvcr sa source originellc et puiser les éléments que la vie terrestre lui a fait perdre )) . Rappelons aussi, au passage, le pH alcalin de l'eau de mer, ce cc plasma désalbuminé », son pouvoir antibiotique et fixateur à l'égard de nombreux germes pathogènes, sa radio- activité, sa forte teneur en sels m inéraux et en oligoéléments (ne contient- elle pas tous Ics corps simples figurant à la classification de Mendéléiev ?). La préparation des surfaccs crucntécs a retenu toutc notre attention. Une injcction i.m. de routine de ·deux ampoules dc notre hémostatiquc de prédilection: l'étamsylate (1) a fait céder l'hémorragie résiduclle, puis les surfaccs ont d'abord été attouchées délicatement avec une solution aqueuse à 4 p 100 de N03Ag dont on connalt le pouvoir antiseptique et !es effets sur les mitoses. Ensuite, nous avons pulvérisé une fine couche d'extrait titré de Centella asiatica (2) sur les deux tranches à coapter avant de procéder à l'embrochage osseux. Après réfection des tendons et des parties molles et cnfin sutures cutanées csthétiques, nous avons attouché les cicatrices opératoires au NOaAg à 4 p. roo; nous avons enfin pulvérisé très peu d'extrait titré de Centella asiatica (2) avant de faire un panscment mixte antibiotique- cicatri sant (3). Nous nous en sommes tenu à cette antibiothérapie et à cette corticothérapie exclusivement de surface. Parallèlcment, pour limitcr Ics phénomènes tissulaires et cellulaires posttraumatiques, nous avons eu recours à l'enzymothérapie (4). Enfin. après bilan protéique, nous avons prescrit simultanément à la blesséc des ampoules buvables d'anabolisants (5). Par prudence, nous avons fait une injection de rappel de vaccin DT- Polio. Conditionnement clu greffon.

Plutot que de conditionner l'organisme (et, en contrcpartie de risquer de réduirc son potenticl de réactivité aux divers typcs d'agression à meme (r) DicynoneR. (2) MadécassoiR. (3) Biogaze H.N.R. (4) ThiomucaseR. (5) EmbryodynameR et EutrophylR.


<le l'attein<lre) nous avons préféré conditionner les greffons. Cette attitudc nous a paru plus logiquc. De toutes . façons, les extrémités <ligitales libres à réimplanter (nos greffons principaux) <levaient ctre nettoyées, purgées au moins <lu sang coagulé qu'elles contenaient. Il semble que le liquide physiologique hypertoniquc légèrement antibiotique que représente l'eau de mer ait drainé hors ·des greffons plus que le sang coagulé. Cette <louce cxprcssion tissulaire <lans de l'eau de mer auraitclle eu pour effet de s'opposer à l'apparition ultérieurc dc toute réaction cellulaire (<lu type hypersensibilité retar<lée entrc autrcs) qui aboutit d'ordinaire à une réaction de rejet <les greffons? C 'est là une hypothèse de travail ouvrant la porte à plus amples recherches, lesquclles dépasseront sans <loute largement le ca<lre de la chirurgie de la main. Le fait d'avoir pu, en fin dc traitement, de la meme manière, obtenir la prise d'un transplant (photo No 7) après l'avoir fait séjourner plus de 24 heures dans l'eau de mer, laisse enten<lre (sai t- o n jap1ais ?) que l'o n pourrait « dépersonnaliser » ainsi certains tissus humains, en faire, en quelque sorte, un matériau interchangeable, <lépourvu des antigènes tissulaires responsables dc la réaction de rejet. Si le transplant de nerf conservé dans le Cialit n'est pas systématiquement rejeté, le tissu digitai épuré à l'eau de mer (ou au soluté hypcrtonique de CINa) pourrait peut- ctre, tout aussi bien, etre greffé sans se voir exposé au rejet quasi systématique du transplant non traité. L 'influence <lu soluté de nitrate <l'argent à 4~·., dont on conna!t les effets sur les mitoses, est double: -

d'une part, c'est un antiseptique,

- d'autre part, il intcrvient par son ion métallique sur la chargc électrique cellulaire - cc qui aboutit à l'activation dc la circulation lymphatiguc et sanguine, un peu cornme le ferait un courant de haute fréquence pulsé.

3) L'\ RÉÉDUCATION ET LA RÉ\DAPL\TION FOXCTIONNELLES. Bien que la section ait porté sur leur <leuxièmc phalange, nous n'avons cmbroché qu'au plus juste !es doigts lésés, c'est à dire au ras des articulations interphalangien nes proximales, en évitant soigneuscment de bloquer ces dernières. Cet embrochage a minima s'est révélé, ctre un facteur très (avorable pour la mobilisation précoce des <loigts reconstitués. Comme le montrent nos images, une mobilisation extrcmement prudente a pu débuter <lès le len<lemain de l'intervention initiale; elle s'est poursuivie quoti<liennement <l'abord, puis tous les deux ou trois jours, selon la fréquence <ics pansements et <ics controles. Après ablation <ics broches, les exercices de rééducation fonctionnelle ont pu intéresser !es <loigts et lcur appareil moteur muscolo- ten<lineux dans


leur ensemble. Toutefois, nous voudrions insister essentiellement sur le fait que, dès la fin de l'intervention initiale, nous avons persuadé la blessée de faire souvent, avec la main valide, tous les mouvements professionnels usuels à sa connaissance, surtout s'il s'agissait de mouvements symétriques faisant intervenir simultanément le deux mains ou les deux membres supérieurs. Ainsi a- t- elle conservé pratiquement intactes ses images motrices professionnelles.

4) LA PsYCHO'I"HÉMPIE. La confìance mise en nous par la blessée (confiance qui l'avait poussée

à nous consulter avant de se laisser hospitaliser) assurait un contact idéal avec elle. Nous en avons tiré tout le profit possible et nous avons incité la jeune fille à faire souvent l'effort de s'imaginer de nouveau au travail, dans les conditions qu'elle avait connues précédemment. Sur le plan de la motivation, nous lui avons inculqué le désir de reprendre au plus vite une vie parfaitement active. Cet objcctif a été attcint et c'est bien ce qui ressort de la lcttre de l'expert commis par l'assurance traitant du sinistre. Le fait d'ètre restée, tout au long du traitement, en milieu familial rural, a certainement exercé une influence bénéfique, ainsi la jeune fille a- t- elle été soustraite au contact de blessés légers absentéistes. N'ayant, par ailleurs, pas beaucoup souffert à aucun moment à partir de l'anesthésie initiale opératoire, elle a aisémcnt échappé à la sinistrose tandis que nous notions le retour graduel d'une scnsibilité et .d'une motricité digitales quasi normales.

CONCLUSION

En 18~ fut réussie, pour la première fois, par J. L. Reverdin, l'opération qui consiste à déposer de petits greffons épidermiques sur un tissu de granulation sain, aboutissant à la cicatrisation de tout le territoire cutané lésé. Ce fut le début de l'ère prometteuse de la greffe épidermique libre, voire de la greffe libre de peau. Cent ans plus tard, le 20 octobre 1~9, il nous a été donné de réussir, pour la première fois, la réimplantation post- traumatique de doigts humains après leur section complète, puis de constater la rcstitution graduelle de leur sensibilité et de leur motricité. Cette restitution par réhabitation vaseulo- nerveuse des grcffons ne va pas sans poser des problèmes anatomophysiologiques et immunologiques. Elle risque d'ébranler ccrtaines théories actuellement adrnises (mais tcl n'est- il pas le modeste sort dcs meilleures théories que d'étre provisoireme11t valables?).


Audacieux mais non inconscient, il nous a paru utile de rapporter ici les détails parfaitement inhabituels qui nous ont conduit au succès. Ccci pour deux motifs essenriels: - permettre la répérition, tout empirique, par d 'autres chirurgiens, de cette intervention réputée impossible que consritucnt la réimplantation, la restitution ad integrum par réhabitation vasculo- nerveuse du gre.ffon, puis la remise en fonction (rééducation et réadaptation fonctionnellcs) de doigts complètement scctionnés normalement voués à la nécrose; - stimuler les recherches anatomo- physiologiques, immunologiques et m6dico- pharmaccuriques aux fìns d'analyser les divers moyens utilisés par nous et de découvrir la véritable cause, le (ou !es) élément (s) déterminant (s) de notre réussite. Une telle découverte, à laquelle nous vous convions de participer, assurerait sa reproductibilité à volonté, grace à un minimum de précautions indispensables, dans tm avenir que nous espérons prochain. Elle ouvrirait peutetre de nouvelles voies dans le dornainc des greffcs d'organes, où le succès reste encore souvent bicn incertain, du moins de façon durable.

RÉ.suM.É. - L'Auteur rapporte son premier cas de réimplantation et de restaurarion de doigts humains totale me m sectionnées par un Massicot. Qua tre- vingt - dix minutes environ après l'accident, l'intervention de Chirurgie réparatrice s'est faite, sous anesthésie locale, sans antiseptique, ni antibiorique, mais Ics éléments scctionnées, comme Ics surfaces cruentées, ont été traitées à l'eau de mcr. Embrochages osseux puis réfecrion tendineuse cles parties molle~ ont précédé Ics greffes latéralcs dc peau totale de cuissc visant à améliorer la revascularisation distale, selon une tcchnique propre à I'Auteur. Les détails tcchniques ayant pcrmis dc réussir certe << intcrvention réputée impossiblc » sont exposés dans l'espoir d'inciter d'aulres chirurgiens à la rééditer el à réussir à lcur tour. Un transplant, fait secondaircment dans les memes conditions et introduit sur le m edius, n'a pas non plus été rcjeté. Malgré l'état dc grave délabrement initial dc la main blessée - dont l'amputation avait été envisagée -, la sensibilité et la motricité des doigts réimplantés et reconstirués sont exccllentes. Le résulrat fonctionnel est également c..xccllcnt: la jeune blesséc a repris son emploi sans abattcment de salaire. Le résultar esth~tique est tout aussi satisfaisant: au bai, il permet de pratiquer de danses modernes - tcllcs que le Rock- and- Roll - où la qualité de la préhension digitale est primordiale.

Primo reimpùmto di dita umane dopo sezione traumatica completa e plastica digitale senza rigetto con ripresa della semibilità e della motilità. RrAssu;o.rro. - L'A. riferisce sul suo primo caso di reimpianto e di recupero di dita umane completan1entc sezionate. L 'intcn•ento è avvenuto 90 minuti dopo l'incidente, dopo trattamento con acqua di mare delle superfici cruente: infibuli ossei, ricostruzione tendinea e delle parti molli e trapianti laterali della pelle della coscia per migliorare la vascolarizzazione distale, secondo una tecnica personale. Malgrado lo stato molto grave della mano ferita, di cui era stata prevista l'amputazione, la sensibilità e la mo-


286 t:ricità delle dita reimpiantate sono attualmente molto buone. Il risultato funzionale, così come quello estetico, sono eccellenti : la giovane ferita ha potuto riprendere il lavoro senza riduzione di salario.

SuM~IARY. - Authors fìrsL case of reimplantation of human fìngers is reportcd. Ninety minutes after the accident bones infìbulation, rendinous and soft tissues reconstruction, latera! thigh skin grafts to improve distai vascularization wcre performed. Notwithstanding the most severe wound, for which amputation of the hand had been expected, sensibility and motricity of the rcimplantated fìngers are very good. Functional an d aesthetical result is excellent: the young lady has re su med her job.

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ISTITUTO DI MEDICINA LEGALE Ti DELLE ASSICURAZIONl Direttore: Pro f. U. P,LAC I

DELI. 'UNlVERSIT.~

Dl PISA

SCUOLA DI SA." i!TÀ MiliTAR E Comandame: Magg. Geo. Med. Dr. M. C • PPEUI ISTITUTO DI MEDICI NA DEL LAVORO DELL' UNIVERSITt\ DI FIRENZE Direu ore : Prof. A. M o RELLI

UNA PROVA DA SFORZO MASSIMALE AL CICLOERGOMETRO: TECNICA E POSSIBILI APPLICAZIONI IN MEDICINA LEGALE MILITARE T en. Col. Med. Dott. O. Urciuolo 1

Dott. V. Cupelli 2

Largamente utilizzata in medicina legale militare ai fini selettivo e risarcitivo, la prova da sforzo mirante alla valutazione del rapporto metabolico tra sollecitazione e sovraccarico del miocardio, trova, come è noto, il suo tradizionale campo di applicazione oltre che nella diagnosi e nella prognosi della cardiopatia ischemica e nella precisazione della gravità di taluni « disturbi funzionali cardiaci)), anche nell'accertamento, ai fini pensionistici, degli stati di «insufficienza latente del miocardio » (IV categoria della tabella A annessa alla legge 3!3 del 13 marzo 1968). Ma nell'ultimo decennio, con l'entrata in vigore del D.P.R. n. 237 del 12 febbraio 1964, la prova da sforzo ha trovato sempre più larga applicazione anche nella valutazione del grado di idoneità ad incarichi del servizio militare (attribuzione del coefficiente alla caratteristica C), in particolare per quanto attiene l'assegnazione a taluni corpi speciali. Finalità sostanzialmente dissimili, dunque, possono motivare l'applicazione della prova da sforzo, tanto da condizionare la scelta di procedimenti totalmente diversi per l'esecuzione del test: così, mentre per la diagnosi e la prognosi della cardiopatia ischemica può essere preferìbile ricorrere ad un test quale il Master (semplice o doppio), di facile esecuzione c garantito da una estesa esperienza clinica, ma non utile a fornire indicazioni sulla capacità funzionale effettiva del soggetto esaminato, nella selezione sui giovani clinicamente sani ai fini di arruolamenti speciali è indispensabile invece l'applicazione di prove più complesse che consentano lo 1

Insegnante ticolare di Medicina Legale Militare ; incaricato di insegnamento pres. so la Scuola di specializzazione in Medicina delle Assicurazioni <lell'UniYersità di Pisa. 1 Assistente Ordinario presso l'Istituto di Medicina del Lavoro dell'Università di Firenze.


,

studio della risposta cardiocircolatoria di fronte ai limiti massimi del carico di lavoro riferiti al singolo individuo. Scopo della presente nota è appunto quello di riferire i risultati dell'applicazione presso il laboratorio di Cardiologia dell'Istituto di Medicina Legale Militare della Scuola di Sanità di una prova da sforzo massimale a stadi multipli , che sembra particolarmente selettiva ai fini di arruolamenti speciali. Ricordiamo che le metodiche attualmente utilizzate nella ergometria cardiaca si suddividono come segue: 1) prove basate sull'espletamento dell'esercizio fisico in un unico stadio; 2) prove che realizzano l'esercizio in stadi multipli con incremento del carico <li lavoro, intercalati da periodi di riposo (tipo i11termittente) oppure senza pause (tipo continuo). Sotto il profilo del carico di lavoro si distinguono prove submassimali, cioè con limiti finali prestabiliti inferiori alle presumibili possibilità massimali del soggetto esaminato c prove massimali: queste ultime consentono una maggiore completezza di dati, e poiché, in sostanza, svelano le possibilità massimali del soggetto in esame, forniscono indici di riferimento più attendibili per una valutazione della risposta cardiocircolatoria allo sforzo. Bruce e Coli. hanno proposto nel 1963 e modificato nel r96g un test massimale a stadi multipli continui, che utilizza per la prova da sforzo il tapis roulant. Il test da noi adoperato (massimale e a stadi multipli continui) è simile a quello del Bruce per quanto attiene i tempi degli stadi ed i parametri che si utilizzano nella interpretazione dei risultati; se ne differenzia in quanto si esegue al cicloergometro (apparecchio più adatto alle nostre esigenze perché trasportabile) e per un valore dei Watts ai singoli stadi un po' più elevato di quello proposto dal Bruce (v. tab. n. r). MATERIALE E METano.

Sono stati esaminati 20 soggetti, sani , di sesso maschile, in servizio militare, di età compresa fra i 20 ed i 30 anni: 5 ufficiali, 7 sottufficiali ed 8 soldati di leva del Corpo Sanitario. Sono stati praticati sugli esaminandi l'esame obiettivo generale e locale, l'esame delle urine, la Xscopia del lorace, l'ECG, al fine di individuare eventuali forme morbose. Il test è stato rilevato in tutli i soggetti durante il mattino, ad almeno due;: ore di distanza dalla prima colazione e mai dopo sforzi fisici o addestramento formale. La prova è stata effettuata utilizzando un cicloergometro di Lanoy, marca Lode, ed un elettrocardiografo Cardioline a due penne. l soggetti praticavano il test in slip. Per la registrazione si utilizzava la III precordiale di Pescador, fermando gli elettrodi al prccordio con ctnghie di gomma.

4· - M.


T ABELL.~ N. l. fORMULA APPROSSIMATIVA PER IL CALCOLO DELLA P01"ENZA

(per pendenze non superiori al 25 - 3o% )

P =

-

Velocità km / h

-

0,0272 V.H.F.

l

Pendenza

r

stadio

3·5

ro 0/,

Il

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12%

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l

Potenza W an

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-,

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75 150

1401,

3 _,,.,,

16° ~

3'

,

-

225

l

300

ove: P V H F

è la potenza in Watt; è il numero che esprime la velocità in km l h; è il numero che esprime la pendenza in ° è il numero che esprime il peso in kg.

Nella successione dei Watts ai vari stadi, abbiamo seguito lo schema di cui alla tab. n. 1: per tre minuti primi il soggetto pedalava contro una resistenza di 75 Watts che successivamente, senza soluzione di continuità, era portata a 150 Watts per altri tre minuti, poi a 225 ed infine a 300 Watts sempre per periodi di tre minuti. La pressione arteriosa era rilevata con aneroide immediatamente prima dell'inizio del test, al termine di questo e nel periodo di recupcro ogni 2' fino a ro' dopo la conclusione della prova. Si registrava il tracciato ecgrafìco in condizioni basali, durante la prova ogni minuto, e durante il recupero fino al T0° minuto ogni 2'. I parametri uùlizzati allo scopo di pervenire ad una valutazione dell'efficienza della dinamica cardiaca sono stati: a) la durata globale della prova in minuti secondi; b) la massima frequenza cardiaca raggiunta durante la prova; c) la riserva di frequenza cardiaca calcolata con la formula: Max. freq. - freq. 1° stadio -Max. freg. - freg. riposo

--

X TOO;

d) la massima pressione sistolica e diastolica raggiunte durante la prova.


I parametri utilizzati per la valutazione dell'attività elettrica del cuore con riferimento alla fase del recupero ventricolare sono stati: -

il rapporto

QX Q T

x

100

rilevato nel tracciato di base ed in

primo recupero, considerando patologico il valore superiore a so% (il punto X è quello in cui il segmento ST torna alla linea isoelettrica); - depressione S- T uguale o superiore a I mm (rilevata nelle varie fasi de11a prova); - depressione del punto giunzionale uguale o superiore a I mm; - distanza J- O (rappresentando il punto O l 'intersezione fra la tangente alla porzione terminale dell'intervallo P- R ed una linea verticale che passa attraverso il punto giunzionale J) : non deve superare I mm. RISULTATI.

Sono riportati nella tab. n. 2. Durata dello sforzo. Su 20 soggetti, 14 hanno condotto la prova a termine fino all'intero IV stadio; 3 hanno interrotto lo sforzo duran te il IV stadio, 6o" prima del tempo massimo; altri 3 infine, a 6oo", cioè un minuto dopo l'inizio dd IV stadio. Rileviamo che dei 6 soggetti che non hanno concluso la prova, uno l'ha interrotta perché colto da lipotimia; gli altri cinque perché al momento dell'interruzione l'impegno muscolare richiesto è apparso superiore alle loro possibilità massimali. Frequenza cardiaca Mx.

In 18 soggetti è compresa fra 180 e 2oojmin'. Gli altri 2 presentano rispettivamente 165 e 158/ mi n'. E' da rilevare che questi ultimi soggetti sono risultati dediti ad attività sportiva. Riserva di frequenza cardiaca.

In tutti i soggetti esaminati è compresa fra il 66 % e il 93%. Comportamento della P.A. sistolica e diastolica.

In tutti i soggetti i valori massimi della P.A. sistolica rilevati durante la prova erano compresi fra I30 e 190 mm di H g, con un incremento, rispetto ai valori di base, variabile da 20 a 6o mm di Hg (nella grande maggioranza dei casi da 20 a 30). Oscillazioni di minor rilievo si sono riscontrate per la P.A. diastolica: in 7 casi è rimasta immodificata; nei r imanenti si sono avute modificazioni, rispetto ai valori di base, comprese fra + IO e -20.


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l

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Nella norma


La P.A. Max tornava ai valori di base, dopo la fine dello sforzo, in un tempo variabile da 2' a 8'. E' da notare però, che successivamente, in 17 dei 20 casi studiati, scendeva a valori inferiori a quelli di base per un periodo superiore ai 10'. Per la P.A. diastolica in 14 casi non si era ancora registrato il ritorno ai valori di base dopo 10' dalla fine dello sforzo. Recuperi ventrico/ari.

Tenuti presenti i parametri precedentemente elencati, abbiamo r1scontrato nell'ultima fase o subito dopo lo sforzo, anomalie in 6 casi (v. tab. n. 2 e figg. r e 2).

RECUPER l

O- du r atil dello ;.fo r zo in ~cr IID- a ltt•ra7. ionl' de l r•:cupcrn (onda T

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APPIATTITI

66

600

14

66

660

720

m INVERTITI Fig. 1.

D ISCUSSIONE E CONSIDERAZIOKI CONCLUSIVE.

Per quanto concerne la durata dello sforzo, come s1 è visto nella disamina dei risultati, nella grande maggioranza dei casi è stato raggiunto il valore massimo prefissato. Poiché la nostra casistica è composta esclusiva-

sec


2

94

A

B

c D 1

2

3

Fig. 2. - Comportamcmo dci recupcri vcmricolari.

1) Ri~pmta t·ormalc - 2) Appiattimento della T - 3) Inversione della T. A) Tracciato dì ba\c - B) Ultimo minuto del III stadio - C) Ultimo minuto del IV ~tadio D) Primo minutO dopo lo sforzo.

mente da giovani sani, i dati rilevati sono senz'altro da considerare in accordo con la letteratura: Kasser c Bruce (1969) in particolare, hanno, infatti, posto in evidenza nelle loro ricerche che, nel soggetto sano, la durata dell'esercizio varia in funzione dell'età, cioè diminuisce con l'aumentare di questa. D 'altra parte, la constatazione che in una percentuale dei casi (il 30%) lo sforw sia stato interrotto uno o due minuti prima del tempo massimo prefissato, sta a dimostrare la validità e la selettiva del test anche sui soggetti normali per i quali la variabilità di risposta è condizionata da un complesso di fattori (allenamento, adattabilità alla fatica fisica, ecc.), in pratica non analizzabile, ma valutabile solo in termini di rendimento. Anche per i valori della massima frequenza cardiaca registrati nella nostra casistica, si constata un pieno accordo con quanto osservato da vari autori (Kasser e Bruce, J9~; Lester e Col!., 1968): secondo questi, infatti, la frequenza cardiaca raggiunge i valori massimi nel giovane sano non allenato. Nella nostra ricerca abbiamo appunto constatato nel 9o i'~ dei casi valori piuttosto elevati;


il rimanente I0°/, è rappresentato da 2 giovani de<liti con continuità ad attività sportive. Il fatto che la frequenza cardiaca massima si riduca con l'aumento dell'età è fenomeno ben noto, ma tutt'ora oggetto di ipotesi per quanto attiene la spiegazione. Si è pensato che esso possa di pendere da fattori ncuroumorali oppure dall'incremento della durata del rilasciamento isovolumetrico negli individui più ansiosi, oppure da com p! essi meccanismi neurogeni scatenati dal timore della severità dell'esercizio. E' stata anche ipotizzata una minore efficienza <lel nodo seno- atriale (che diminuisce la sua ritmicità), verosimilmente condizionata da fattori degenerativi propri dell'età avanzata (Lester,

1968).

,

Anche i fattori che portano ad una diminuzione della frequenza cardiaca negli atleti non sono del tutto noti: la spiegazione più plausibile riconduce il fenomeno a meccani smi neuroumorali che indurrebbero una modificazion e del tono vagai e notoriamente incrementato nel giovane allenato; certamente non è estranea al fenomeno la deplezione delle catecolamine miccardiche che nel corso dello sforzo fisico sembra verificarsi in maniera più marcata nel soggetto dedito allo sport. La riserva di frequenza cardiaca esprime la percentuale di frequenza cardiaca non utilizzata dopo il I stadio. Nessuno dei soggetti da noi esaminati ha dimostrato livelli al di sotto del 64% che è il valore minimo assunto da Bruce come soglia critica di tale parametro. Interessante a questo proposito è l'osservazione di Kasser e Bruce i quali non hanno rilevato una significativa differenza nell'ambito dei soggetti normali fra giovani e anziani: entrambi i gruppi dimostrano un analogo comportamento di fronte a carichi submassimali di lavoro, al contrario dei coronaropatici i quali presentano una minor riserva di frequenza cardiaca. La P.A. sistolica, ha avuto alla fine dello sforzo, come si è visto nell'esame dei risultati, un incremento piuttosto modesto rispetto ai valori di base. Anche questo dato è in accordo con quanto rilevato da al tri autori e trova la sua spiegazione nel fatto che le proprietà elastiche delle pareti vasali nel giovane non sono ancora al te rate; d'al tra parte, trattandosi di soggetti sani, l'incremento della gittata sistolica è proporzionale alle aumentate richieste metaboliche connesse allo sforzo. Il modesto abbassamento della pressione diastolica constatato alla fine della prova, è da considerare, infine, una risposta fisiologica allo sforzo, essendo espressione della vasodilatazione postesercizio (ne è riprova la mancanza nei coronaropatici). Per quanto attiene lo studio dei recuperi ventricolari durante e dopo lo sforzo, si è rilevato nei risultati che in 6 soggetti su 20 si constata l'appiattimento o l'inversione della T nell'ultima fase o subito dopo lo sforzo. Laddove si tenga presente che in 5 di tali soggetti si è anche osservata una minore durata della prova (v. fig. 1), appare evidente che le anzidette alterazioni ccgrafiche debbano essere interpretate quali espressione di un debito


di ossigeno contratto in virtù dello sforzo. Sulla base di questa osservazione

è lecito domandarci se esistono dei criteri di semeiotica grafica ed ergometrica utili a porre la diagnosi differenziale fra alterazioni dei recupcri che siano sicura o probabile espressione di coronaropatia cd alterazioni che esprimono invece atteggiamenti disfunzionali non patologici. A tale riguardo Kasser e Bruce asseriscono che nel coronaropatico le alterazioni dei recuperi ventricolari sono precoci (I e II stadio) c legate pertanto a bassi carichi di lavoro, a differenza di quanto avviene nei soggetti normali per i quali (come si è constatato anche nella nostra casistica) tali alterazioni possono manifestarsi fugacemente nel quarto stadio o alla fine dello sforzo, in coincidenza cioè con il massimo carico di lavoro. Tale concetto è espresso anche da Lepeschkin e Sorawicz (1958) e da Bruce e Hornsten (1969). E' anche da chiederci se nell'ambito dei soggetti normali la constatazione delle alterazioni dei recuperi ventricolari (sia pure fugaci e in coincidenza con i più alti carichi di lavoro) possa avere un qualche significato che ci consenta un giudizio globale su una presumibile minore efficienza dell'apparato cardiocircolatorio nei confronti di attività fisiche stressanti (sport, addestramento dei corpi speciali, ecc.). Poiché è evi·dente che tali alterazioni, come già abbiamo detto, sono pur sempre indicative di una minore adattabilità allo sforzo (in quanto espressione di una maggiore sensibilità al debito d'ossigeno contratto) è, a nostro avviso, prospettabile l'ipotesi che esse costituiscano un utile parametro, da valutare ovviamente assieme agli altri già considerati, nell'apprezzamento globale del presumibile rendimento del soggetto esaminato in attività fisiche particolarmente impegnative. Il metodo dd Bruce in genere (quello modificato da noi in particolare per il notevole incremento del carico di lavoro rispetto alla metodica originale) appare decisamente selettivo per quanto attiene la classificazione & giovani militari sani in categorie per la caratteristica C, con riferimento non solo all'efficienza cardiocircolatoria ma ad un globale rendimento nei confronti di attività fisiche particolarmente impegnative. Tra i parametri di valutazione del test la riserva di frequenza cardiaca, che rappresenta un dato essenziale nel depistare il soggetto sano dal coronaropatico, non assume nella nostra casistica un ruolo utile al fine propostoci . Significativi sono invece (con specifico riferimento alle possibili applicazioni nell'ambito selettivo della medicina legale militare) la durata dello sforzo ed il comportamento .dci recuperi ventricolari: già considerati singolarmente forniscono elementi di giudizio validi, a nostro avviso, per l' attribuzione del coefficiente al parametro C nel delineamento del profilo sanitario; ne è, poi, più attendibiJe il valore per essere tra loro correlati (v. fig. 1). Il comportamento della frequenza massima cardiaca e della pressione arteriosa sistolica e diastolica deve essere considerato globalmente, in un contesto che tenga conto di molteplici fattori, ognuno dei quali può indurre moclificazioni nei risultati del test: particolare importanza {\eve attribuirsi


)

al fatto che il soggetto sia dedito con continuità ad attività sportive, nonché alla personalità dell'esaminando. A quest'ultimo proposito si è rilevato che un minore livello culturale, a parità di condizioni somato- funzionali, sembra predisporre con una maggiore facilità ad alterazioni della cenestcsi che inòttcano precocemente nell'esaminando una sensazione di malessere che porta fatalmente ad un minor rendimento. Altro elemento da valutare è l'ambiente nel quale si svolge la prova: è opportuno che il soggetto in esame, cui deve essere spiegata la finalità del test prima dell'inizio della prova, sia sottratto ad ogni spinta competitiva; pertanto nella stanza ove si esegue il test, è opportuno che oltre all'esaminando si trovino solo il personale medico e paramedico addetto. Ci sembra in conclusione, pur con le riserve che discendono dalla limitatezza della casistica e dalla omogeneità del gruppo esaminato, che questo test presenti nei confronti di altre prove da sforzo tradizionali alcuni cvidenti vantaggi: è di sem plice attuazione, non richiede apparecchiature particolarmente costose e si sottrae, almeno in parte, al difetto che limita le possibilità interpretative di molte tecniche ergomctriche, l'influsso cioè, che sull'esito di tali prove ha il grado di allenamento del soggetto in esame. Abbiamo infatti visto che i soggetti dediti con continuità ad attività sportive vengono individuati, ma per quello che attiene il grosso degli esaminandi. questa prova, particolarmente impegnativa come carico di lavoro, supera in c;ostanza quelle differenze della risposta che in altri test ergometrici sono condizionate dalle diverse abitudini di vita del soggetto. RIASSill'TO. Gli AA. hanno studiato una prova da ~forzo massimale, a stadi multipli continui, modificazione dd tc~t di Bruce, su un gruppo di 20 militari alle armi, sani. Descritta la metodica, ~ono ~tati di~cus~i i risultati ~ulla ba~c di parametri standard, dci quali è stata vagliata la validità ai fini interpretativi. E' stata anche prospcuata la pos~ibile applicazione d1 questo test nell'ambito selc-ni'o della Medicina Legak M•litare, con panicolare riferimento allo studio dd prolilo ~anitario.

lU~t ML - Les /\A. ont étudi~ une éprcuve d'effort maximal, ~ phases multiplcs c-onrinuées (te~t dc Brucc modiJìé), sur un enchantillon de 20 militaires sains en scrvicc. Après avoir décrit la méthodiquc, ils ont discuté b rcsultats sur la base de para mètres ~tandard, dont ils ont examiné la validité aux burs dc l'interprctation. Le\ AA. ont envisagé au~'i la possibiliré d'emp1oycr cc test dans la selection mé .. dico. k·galc mi'itaire. surtout en ce qui concerne l"étude du profìl sanitaire.

St·~L\BRY. - The A:\. havc 'tudicd menty (20) hcalthy military men. by utilizing a multistage rnaximal excrci~c te~t. The test dcrivcs, but i\ not ~imilar to thar described by Bruce and associates.


Exercise performance is evaluated by following standard parametcn. The AA. have shown mat maximal test can be utilized in the selecrive ambit of the Military forcnsic Medicine, with particular reference to rhe study of me <anitarv profile.

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CLJ:-..'IC \ OTORI~OL.A RINGOLOCICA DELL'lJ:'\1\'l'RSIT,\ DI CE:\0\':\

D.rellorc Prof. P. FrLII'I' I 0!-I'LDALE MILITARE DI t,E-.:0\ '1\ • ~1.0. C. ME:'\DOZ \

lJircuore: Col. \led. C. St:'R'U'

SULL'APPLICAZIONE DELL'AUDIOMETRIA OBIETTIVA ELETTROEN CEFALOGRAFICA (REA) IN MEDICINA LEGALE MILITARE Dott. G. Cordone 1

Ten. Col. Mcd. Dott. M. Manica ~

Prof. Dott. E. Mora 3

L 'audiometria classica, tona le e vocale, qualora non si possa fare completo affidamento sulla collaborazione del soggetto in esame, non offre garanzia sulla attendibilità delle risposte e quindi dei risultati dell'esame audiometrico stesso; esistono bensì prove che si sono rivelate di grande utilità (la prova di Stenger, di Lombard, di Calearo, di Doerfler- Stewart, il test della voce ritardata di Azzi, ecc.), ma quando si desiderano risultati precisi, che assai più difficilmente consentano anche al soggetto più esperto ed addestrato di influenzare volontariamente le risposte, occorre far ricorso alle metodiche ·d'audiometria obiettiva. Fra queste, accanto alle prove che si basano sull'utilizzazione di riflessi incondizionati (riflesso cocleo- pupillare, riflesso cocleo- palpcbralc, ecc.) e che consentono rilievi soltanto orientativi e quantitativamentc non esatti in rapporto alla soglia uditiva, particolarmente studiate sono quelle che si basano su riflessi condizionati (cosiddetta prova psico- galvanica): anche queste prove, che in molti casi sono d'indubbia utilità, non sono esenti da inconvenienti, soprattutto in rapporto al fatto che non tutti i soggetti si condizionano o per lo meno non tutti si condizionano in maniera sufficientemente rapida. Per questo motivo particolare rilievo hanno avuto in questi ultimi anni le metodiche d'audiometria obiettiva elettroencefalografica. Tn un primo tempo particolare considerazione era data alla cosiddetta t< reazione d'arresto » dell'onda alfa ncll'E.E.G., indotta da uno stimolo acustico: ma tale reazione rappresenta una risposta aspecifica che, pur essendo 1 A~sistente Ordinario prcs~o la Clinica Oto rinolaringoiatric::t dell'Università di Genova. 2 Capo Reparto Owrinolaringoiatrico dell 'Ospedale .\lilitarc.: di Gcno\·::t. 1 .\ ssistente Ordinario presso la Clinica Otorinolaringoiatrica dell'Università di Genova.


30r

indicativa del funzionamento dei ricettori acustici e delle primissime stazioni centraJi delle vie acustiche, non dimostra che il soggetto percepisce lo stimolo acustico come tale; è infatti possibile che una lesione a monte del ponte di Varo lio fino al telencefalo sia compatibile con la presenza della « reazione di arresto » anche quando manca la percezione cosciente dello stimolo. Più recentemente grande applicazione ha avuto l'audiometria obiettiva E.E.G. basata sul rilievo della risposta evocata a livello corticale da uno stimolo acustico (REA, o ERA secondo gli AA. anglosassoni): ogni modificazione funzionaJe di una determinata struttura o centro nervoso si accompagna ad una variazione di potenziaJe di detta struttura o centro; pertanto ad ogni stimolo acustico di sufficiente intensità e di brevissima durata si accompagna, nelle strutture che com pongono il sistema acustico, una variazione di potenziale detta in linguaggio neurofìsiologico risposta evocata. L'introduzione dei moderni calcolatori elettronici da laboratorio (computers), che in tempo reaJe permettono l'analisi dei dati, ha consentito una più ampia diffusione della metodica, wprattutto per la maggiore facilità di una registrazione incruenta. Di particolare utilità detta metodica si è dimostrata nell'accertamento precoce delle capacità uditive nella prima infanzia o in soggetti psichicamente menomati. L'indipendenza delle risposte dalla volontà del paziente ha aperto nuove prospettive nel campo della Medicina Legale Militare, ove frequenti sono i casi di simulazione e di dissimulazione di una sordità. RICERCHE PERSONALI.

Scopo della presente ricerca è appunto la verifica delle possibilità applicative dell'audiometria obiettiva elettroencefalografica mediante REA nel campo della medicina legale militare. MATERIALI E METODI.

L'indagine è stata condotta su 50 soggetti, dei quali 28 erano militari ed ex militari in corso di accertamento Medico- Legale presso l'Ospedale Militare e presso la Commissione Medica per le Pensioni di Guerra di Genova perché i risultati ottenuti con le prove audiometriche tonali clas.siche erano incerti ed imponevano quindi una metodica più obiettiva di valutazione. Infatti alcuni soggetti sembravano denunciare una ipoacusia inesistente, altri simulare un aggravamento di ipoacusia realmente esistente: ciò allo scopo di evitare il servizio militare o di conseguire una pensione; l'età di questi 28 militari variava dai 20 ai 6o anni. Tutti i soggetti erano stati dapprima sottoposti a numerose indagini audiometriche tradizionali, tendenti a svelare una eventuale simulazione di sordità. La discordanza e l'in-


certezza dei risultati ottenuti ci hanno indotto ad applicare la metodica delle risposte evocate acustiche. Gli altri 22 soggetti non militari erano volontari di sesso maschile in età fra 20 e 40 anni, normoudenti, edotti dello scopo dell 'indagine e sottoposti a ripetute prove audiometriche durante le quali essi erano invitati a simulare una ipoacusia: con un allenamento più o meno prolungato a seconda dei vari soggetti, era possibile ottenere in esami successivi curve audiometriche che non si differenziavano fra loro in maniera significativa. Questi 22 soggetti, definiti come « finti simulatori », consentivano qlùndi il rilievo della soglia uditiva reale ed il rilievo della soglia simulata e ben si prestavano come controllo per la validità della metodica dei potenziali evocati acustici. Tutti i 50 soggetti sono poi stati sottoposti all'esame delle risposte evocate acustiche, eseguito in camera silente (fig. 1) con la tecnica adottata da

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Fig. r. - Schema attrezzatura.

1) Audiometro con randomer incorporato - z) Auricolari - 3) Preamplifìcatori 4) Casscrra di distribuzione- 5) Cat- 6) Oscilloscopio - 7) Tape - 8) Plottcr- 9) Letto.


vari anni nella nostra Clinica. Come risulta da nostre precedenti indagini

(1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9), la risposta evocata acustica è un potenziale polifasico costituito da 6 oscillazioni principali comprese entro 250 msec dallo stimolo (fig. 2): le prime di queste (a latenza fissa superiore a 40 rosee) sono

100() ~z

F1g. 2. - Ri~posta evocata acuMica di soggetto adulro normale.

incostanti; le succe~sive (a latenza fissa superiore a 40 msec) sono presenti in tutti i soggetti adulti normali. Le variazioni di latenza possono variare tra soggetto c soggetto, rimanendo ovviamente costanti le condizioni di registrazione. In base a queste differenze inter- individuali di latcnza è possibile suddividere le REA in tre gruppi, da noi denominati A, B, C. Tali varianti differiscono sostanzialmente per una maggiore latenza delle componenti N 2, P 3, N 3 nel gruppo B c per la presenza di una oscillazione soprannumeraria (Px- N x) nel gruppo C (fig. 3). In tutti i soggetti è stato registrato contemporaneamente l'E.E.G.


Fig. 3· - Sono rappre.,en tati i sottogruppi nei quali si possono classificare le ri~postc e\'OCate acu~tich e dei soggctri adulti normalt.

RIS ULTATI.

I risultati rilevati nella nostra indagine dimostrano innanzitutto una sovrapposizione o quasi della REA alla soglia uditiva reale e non a quella simulata nei 22 soggetti 1c finti simulatori ». Questo dato rappresenta un'ulteriore conferma della validità della metodica usata. In 18 dei 28 militari esaminati esisteva invece una discrepanza fra i risultati ottenuti con l'esame audiometrico standard e con l'esame della REA: quest'ultimo consentiva il rilievo di una soglia uditiva significativamente più bassa di quella definibile dall'esame audiometrico. E' da rilevare che in questi casi non si è potuto ottenere conferma della simulazione dalla confessione spontanea dei soggetti, i quali persistevano nell'accusare l'ipoacusia precedentemente denunciata. Tuttavia, sulla scorta dei risultati ottenuti nel gruppo dei 11 finti simulatori )), si può affermare che questi r8 militari denunciavano una ipoacusia inesistente o aggravavano una i poacusia preesistente. Infine in altri 9 soggetti sottoposti all'esame medicolegale militare e nei quali esistevano incertezze sulla validità delle risposte all'esame audiometrico standarò l'esame con le REA ha consentito di affer-


AUDIOMlfJIA TOH.All

111

'" 1000HZ

20 dB

· ~· In

··.r.~ttN~.v,·t'.ttrt\.tN(r.•.,....w-~r.•t~~~~·\~'f'M'"'~NrrNt

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""W...!f\~~~~J.f"t~r""!h\l'l/i!~·\lo'V1f,Jk"".r4f'W·~,.......,~wn·,vv.,lfll#,;lJ.I,~~~~"NJJ(­ G l

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3 7

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500 MSEC

Fig. 4· - Risposta evocata acustica per stimolazionc a 20 dB (rooo Hz) in soggetto « finto simulatore » con « pseudo ll - soglia soggettiva a 6o - 70 d B.

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500 MSEC

Fig. 5· - Soggetto simulatore. Soglia audiometrica obiettiva a 20 dB (xooo Hz), « pseudo ll - soglia soggettiva a 45- 6o dB.

5·- M.


mare, per la sovrapposizione dei tracciati (audiometrico e REA) che le risposte fornite all'esame audiometrico standard erano veri ti ere. I risultati ottenuti nelle nostre indagini sono sinteticamente rappresentati nei tre tracciati (ftgg. 4, 5, 6) che possono considerarsi paradigmatici dei tre gruppi di soggetti denominati «finti simulatori », simulatori veri, ipoacusici veri. Per sem plicità è riportato il grafico della REA relativo ai Iooo H z: quello rela-

AUDtOMJTaiA fOMA U

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Fig. 6. - In un soggetto che non simula si ha la quasi coincidenza della soglia REA con quella soggettiva (1000 Hz).

tivo alle altre frequenze se ne discosta in maniera insignificativa. Soltanto per un soggetto non è stato possibile rilevare la soglia uditiva per uno stato di agitazione psicomotoria intervenuta durante la registrazione e determinante artefatti notevoli della risposta con conseguente incerta interpretazione del tracciato. CoNCLUSIONI.

In Medicina Legale e così pure in Medicina Legale Militare non è infrequente l'eventualità di dover con prove particolari valutare la capacità uditiva di soggetti che per motivi vari simulano una ipoacusia od aggravano una ipoacusia preesistente.


307 Non v'è dubbio che in una grande parte di casi le prove tradizionali classiche atte a svelare una simulazione continuino a mantenere tutta la loro validità. Ma in taluni soggetti è possibile che permangano dubbi sul giudizio concl usivo: in questi casi, in base all'esperienza da noi conseguita e considerato che lo studio della REA è ormai entrato nella pratica clinica, ci riteniamo autorizzati a proporre come mezzo diagnostico idoneo l'applicazione dell'audiometria obiettiva E.E.G. A tale conclusione ci sentiamo indotti, a parte le precedenti esperienze in soggetti sia adulti che bambini normoudenti ed ipoacusici, dai risultati ottenuti nell'attuale ricerca sui (< finti simulatori », nei quali la soglia obiettiva coincideva praticamente (con variazioni attorno ai IO dB) con la reale soglia soggettiva. Questi dati confortano l'assunto che i soggetti nei quali esistevano fondati dubbi sulla attendibilità delle risposte all'audiometria soggettiva standard, fossero realmente dei simulatori. R IASSUNTO. - La ricerca concerne la possibilità d'impiego dell'audiometria E.E.G. (REA) su militari sospetti ipoacusici, ~ottoposti a valuta7.ionc per idoneità al serviz io o per pensionabili1à. I risultati indicano l'utilità della metodica in determinati casi e dimomano il suo interesse in Medicina Legale Militare.

lHsu~É. La recherche concerne la possibilité tl'cmploycr l'audiome1rie E.E.G. (REA) sur des mililaires suspecres tl'hypoacusie, soumis à une évaluation d'aptitude au

service ou de retraite. Les résulrats indiquent l'utilité de la méthode en ccrtains cas et démonstrant son intéret en Médicinc Légale Militairc.

SuMMARY. - The research conccrns Ù1e possibility of cmploying objectivc E.E.G. audiometry (ERA) on military personncl suspected of deafness and submined 10 medicai examination in order to ascenain hi ~ fitness for the service or his right 10 receive a pens10n. The results point out the usefullness of the method in ccrtain cases and prove the interest of ir in the military medico - legai fidd.

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UNfVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOvA • SEDE DI VERONA ISTITUTO DJ PATOLOGIA CHIRURGICA Direttore: Pro!. R. Vt.ccll!ONJ OSPEDALE MILITARE PRrNCIPALE DI VERONA Dire[tore: Col. Med. Prof. A. M.\STRORtLtl

SU DI UN CASO DI OSTRUZIONE DELL'ARTERIA OMERALE SINISTRA DA COSTA CERVICALE S. Ten. Med. Dott. F. Dall'Antonia S. Ten. Med. Dott. G. Fabris S. Ten. Med. Dott. W. Donadon Col. Med. Prof. Dott. A. Mastrorilli

INTRODUZIONE.

Le sindromi ischemiche degli arti superiori costituiscono il 15-20% delle insufficienze arteriose che interessano gli arti (Goffrini, 1959). Una delle cause più frequenti è rappresentata dalla sindrome della costa cervicale anche se solo nel IO % dei casi, in cui è presente tale malformazione, compare sintomatologia clinica evidente (Hurlbut e Coll., 1972). Per quel che riguarda l'eziopatogenesi delle turbe vascolari da costa cervicale l'ipotesi comunemente accettata è quella embolica di Lewis e Pickering (1934). Secondo questi autori la costa cervicale provoca compressione e stenosi della seconda porzione dell'arteria succlavia con conseguenti turbe vascolari distali di lieve grado e difficilmente differenziabili clinicamente dalle turbe nervose da compressione del plesso brachiale eventualmente presenti. Alla continua irritazione consegue degenerazione ateromatosa dell'intima e trombosi parietale. Questa è all'origine di microembolie periferiche responsabili delle turbe vasco.lari dell'arto superiore interessato. L'embolizzazione può portare all'occlusione di un'arteria distale e tale ostruzione successivamente estendersi a monte fino ad interessare l'arteria braclùale e succlavia, realizzando un'ischemia grave dell'arto superiore. In qualche caso il trombo dell'arteria succlavia può estendersi prossimalmente fino a provocare embolia o trombosi della carotide (Judy e H eymann, 1972) (tav. 1 ). Tale meccanismo eziopatogenetico è riassunto nello schema a pagtna seguente. L'evento scatenante la sintomatologia si riconosce spesso in traumi o sforzi fisici sul terreno dell'anomalia preesistente (Ceccarelli, 1963).


310

Costa cervicale

l

Modificazioni prima funzionali c quindi strutturali della parete dell'arteria succlavia

l l

Trombosi arteriosa

l

l

Embolizzazione periferica

Estensione prossima le

l

l

l l

l l

l

ascellare brachiale radiale ulnarc

l l l

l

l

Trombosi secondaria e spasmo delle collaterali

Trombosi o embolia dell'arteria carotide

l l

l l

Alterazioni trofichc

Emiplegia (Modificato da Juoy e HEYMANN) Tav. r.

DESCRIZIONE DEL CASO.

E' venuto alla nostra osservazione un caso di occlusione brachiale acuta

in un giovane portatore di costa cervicale, che è stato possibile documentare ampiamente e che per la caratteristica evoluzione del quadro clinico ci sembra meriti di essere riferito. O.S. di anni 2r. Anamnesi familiare: negativa.

Anamnesi fisiologica: presta servizio militare di leva da I anno. Fuma 5 sigarette al eli. Non ricorda alcuna malattia pregressa. Anamuesi patologica prossima: il paziente 20 giorni fa, mentre accudiva alle pulizie, ha lamentato improvviso e violento dolore al terzo dito della mano sinistra estesosi successivamente a tutto l'avambraccio. A detta del paziente la mano era pallida e fredda. Nei giorni seguenti l'intensità del dolore è modicamente diminuita. Durante questo periodo è stato trat-


tato con terapia vasodilatatrice, ma con scarso beneficio, infatti all'ingresso in reparto lamenta ancora senso di freddo alle dita ed alla mano. Obiettività: la mano sinistra si presenta edematosa, cianotica, fredda ma priva di lesioni trofìche; polso radiale assente, polso brachiale normosfigmico.

Esami di laboratoriò ed indagini strumentali: - azotemia: gr. o,25%o; - glicemia: gr. o,9o%o; - colestcrolemia: mmg. 220% ; - velocità ài eritrosedimentazione: 1° h 10; . 2 ° h 20; . IK IO; - reazione di Wassermann: negativa. - ricerca cellule LE: negativa; - ECG: nei limiti di norma. In particolare si segnala l'assenza di turbe àel ritmo. L 'esame morfoscillografico evidenzia all'avambraccio sinistro onde atipiche di ridotta ampiezza. Normale il reperto agli arti inferiori e superiore destro. L'esame fotopletismografìco delle mani mette in rilievo l'assenza di fenomeni sfigmici a sinistra. Esame elettromiografico: modesta sofferenza a carico del nervo mediano. RX torace : gabbia ossea simmetrica. Assenza di lesioni pleuroparenchimali in atto. Cuore e grossi vasi morfologicamente nei limiti. Presenza di robuste coste cervicali bilaterali (fig. 1 ). RX arto superiore sinistro: regolare trofismo e struttura delle ossa che presentano normali rapporti articolari. Assenza di calcificazioni lungo il decorso dei vasi. Dopo una settimana di degenza il paziente lamenta dolore lancinante improvviw alla radice dell'arto superiore sinistro che si presenta freddo e pallido e con impotenza funzionale totale. Viene eseguita d'urgenza un'arteriografia dell'arteria succlavia sinistra per via transfemorale. « L'arteria ascellare appare di calibro regolare. Cinque centimetri a valle della circonflessa posteriore dell'omero si nota brusca interruzione dell'arteria brachiale che presenta profilo frastagliato. Interrotta all'origine l'arteria sottoscapolare. Regolare l'arteria circonflessa posteriore dell'omero. Pressoché assente il circolo collaterale a valle dello stop, sostenuto soltanto da sottili rami parietali >> (fig. 2). Il paziente viene portato d'urgenza sul tavolo operatorio ove viene eseguita incisione a baionetta alla piega del gomito sinistro; si isola l'arteria


312

Fig. I. - Radiogramma antero- posteriore del torace. Per la ~piegazione vedi testo.

Fig. 2. - Arteriografia dell'arto superiore sini~tro. Per la spiegazione vedi resto.


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omerale alla sua biforcazione seguendo per alcuni centimetri le arterie radiale ed ulnare. I vasi si presentano immobili, al tatto risultano di consistenza aumentata; si nota presenza di flogosi periavventiziale che ingloba arteria, vene e nervo mediano; previa arteriotomia vengono disostruite le arterie brachiali e radiale mediante catetere di Fogarty. Dopo l'intervento l'arteria omerale e radiale sono pulsanti ma iposfigmiche. Il controllo arteriografìco eseguito dopo tre settimane evidenzia «scomparsa del difetto a pieno lume, in precedenza rilevato, a livello del terzo prossimale dell'arteria brachiale. Questa risulta pervia a valle fino al terzo medio ma cospicuamente assottigliata ed a pareti sinuose; un robusto circolo collaterale, svolgentesi in prevalenza lungo il versante ulnare, ricanalizza il tratto prossimale dell'arteria ra-diale che presenta molteplici difetti intraluminali; a valle l'arteria è progressivamente assottigliata e successivamente occlusa; un circolo collaterale, più robusto dal lato ulnare e lungo lo spazio interosseo, canalizza l'arteria ulnare che risulta ben visualizzata nel suo tratto distale ». Vengono quindi eseguite interposizioni di vena safena a livello del terzo -distale dell'arteria brachiale e stellectomia sinistra. L'esame istologico della parete arteriosa rivela note di iperplasia intimale senza segni di flogosi. Decorso: dopo l'intervento il paziente non lamenta più senso di freddo all'arto superiore sinistro, avverte solo una lieve diminuzione della forza prensile; obiettivamente l'arto appare caldo, di colorito roseo; i polsi ascellari ed omerali sono presenti, il polso radiale assente. Viene prescritta, alla dimissione, terapia vasodilatatrice, un ciclo di rieducazione funzionale e viene consigliato un successivo ricovero per exeresi della costa cervicale. DISCUSSIONE.

Il caso descritto riguarda un giovane di 21 anni il quale ha presentato due episodi caratterizzati da improvviso dolore, pallore e impotenza funzionale all'arto superiore sinistro, da ischemia acuta. Tra le cause di occlusione arteriosa acuta degli arti superiori, di origine trombotica od embolica, le seguenti possono essere senz'altro escluse: r) cardiopatia embolizzante, in base alla completa normalità dell'ECG ; 2) le arteriti aspecifiche e panarterite nodosa in base al reperto bioptico della parete arteriosa interessata e per l'assenza del fenomeno LE; 3) aorti te luetica per la negativi tà della reazione di W assermann; 4) arteriopatie a sfondo degenerativo per l'età del paziente, la normalità della glicemia, colesterolemia e per il reperto bioptico.


Con maggiore verosimiglianza il quadro clinico presentato dal nostro paziente era legato alla presenza della voluminosa c robusta costa cervicale bilaterale. E' noto come la costa cervicale possa portare ad una sindrome da ostruzione arteriosa acuta o cronica dell'arto superiore interessato: ne abbiamo già illustrato il meccanismo patogenetico. All'embolia iniziale segue la comparsa di fenomeni reattivi locali con infiltrazioni di granulociti nella parete arteriosa, dall'endotelio all'avventizia, e conseguente pcriarterite che coinvolge gli altri elementi del fascio vascolo- nervoso. A valle cd a monte dell'ostruzione embolica, causa il ralJentamento della corrente ematica si depositano stratificazioni trombotiche con estensione progressiva del segmento occluso (Ceccarelli, 1963; Wertbeimer, r963). E' verosimile che il primo episodio doloroso accusato dal nostro paziente sia conseguito ad embolia dell'arteria radiale, mentre il secondo è presumibilmcnte legato alla successiva trombosi acuta dell'arteria brachiale. La definitiva riduzione del calibro arterioso osservato al controllo radiologico e la remissione solo parziale della sintomatologia clinica, anche dopo stellectomia, sono, a nostro parere, da imputarsi alle modificazioni irreversibili conseguenti ai fenomeni tromboembolici sopra descritti. In casi simili a quello da noi presentato la terapia chirurgica dell'episodio acuto deve essere attuata precocemente, possibilmente entro la sesta ora dall'ostruzione (Rossi e Coli., 1965; Werthcimcr, 1963), per evitare quelle modificazioni parietali irreversibili che comportano rivascolarizzazione difficile e parziale. Contemporaneamente od in un tempo successivo va trattata l'anomalia fondamentale con l'asportazione della costa sovranumeraria, associata o meno alla sezione dello scaleno e resezione della prima costa.

RtASSUNTo. - Il caso descritto riguarda un gio,·ane di 21 anni il quale ha presentato due episodi caratterizzati da dolore, impotenza funzionale all'arto superiore sinistro con assenza del polso radiale. Si discute sulle possibili cause di ostruzione arreriosa degli ani superiori.

Rf~uMÉ. - Obscrvation clinique d'un cas (homme agé de 21 ans) ayant présenté deux crises caractérisécs dc clouleurs au mcmbre supérieur gauchc accompagnés de abscncc du pouls radiale. Discussion sur Ics différentes possibilités pathogéniqucs d'obsrruction des artères des mcmbres supérieurs.

SuMMARY. fn this case wc makc a rcpon on a 21 years man, who prcsentcd two cpisodes charactcrized by pain, funcrionale lefr uppcr limb impotence, with the abscnce of the radiai pulse. Wc talk ::tbout probablc cascs od upper limbs arteria! occlusion.


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OSPEDALE MILITARE PRfì:'CIPALE DI ROMA

Direttore: Col. Med. Prof. Dott. E. F.w~:zzt REPARTO f CHIRURGI ,\

Capo Repano: Ten. Med . Dr. R. 8\LDI.'CCI

SINTESI SULLE PROST AGLANDINE Ten. Med. Dott. R. Balducci

Col. Med. Prof. Dott. E. Favuzzi

S. Ten. Med. Dott. S. La Stella

Le Prostaglandine (PG), dette anche molecole seminali, gestiscono da alcuni anni buona parte della ricerca scientifica mondiale. Il lavoro continuo di ·diversi studiosi va qualificando sempre meglio e di più il corpo e le funzioni di queste sostanze che possono ormai considerarsi una nuova· famiglia di ormoni, fermo restando il significato che Langley dette alla parola ormone. Non era tutto ciò nelle intenzioni del loro scopritore (se così può chiamarsi) U.S. von Euler, il quale nel 1936, le accertò quali principi attivi del plasma seminale umano, della prostata e degli organi genitali (vescicole seminali) di montone. Si avvide che gli uni e gli altri avevano influenza e sulla muscolatura liscia e sulla pressione del sangue (osservazioni analoghe erano state fatte da Goldblatt 1935, e da Battez e Boulet sulla vescica sin dal lontano 1913). Questa ricerca durò anacoretica per vari anni, e solo negli ultimi tre lustri vi è stata una partecipazione sempre più viva per tali sostanze fino ad allora pellegrine. Adesso i lavori si contano a centinaia, e gli effetti che ad esse vengono riconosciuti sono dei più allettanti, dci più disparati, dei più i nsospettati. I farmacologi, gli endocrinologi, i fisiologi, i clinici, accumulano senza sosta una mole immensa di materiale interessantissimo e c'è da aspettarsi che si possa in un futuro imminente giungere al loro impiego terapeutico di I?a~sa,. a~ un (( ~u.perfarmaco >l, visto che le PG interferiscono su svariatisSLDll p1an1 organ1c1. L 'interesse degli scienziati si sensibilizzò allorché ci si avvide che le PG non erano state una scoperta occasionale, destin ata ad appartenere ad un solo e ben definito settore organico> ad avere un nome fatuo, bensì dovevano presentarsi come una famiglia chimico- biologica molto diffusa nei tessuti corporei, capace quindi di avere conseguenze strettamente ormoniche su cellule ed organi bersaglio diversi.


'

STRUTTURA CHIMICA, LOCALIZZAZIONE, IDENTIFICAZIONE DEI COMPOSTI.

Von Euler accertò per primo che la sostanza da lui scoperta, si comportava come un acido grasso, che poteva però solubilizzarsi sia in acqua che in etere. Circa trenta anni più tardi fu chiarito che le PG possono in definitiva considerarsi derivate da un composto dì base teorico rappresentato da un acido carbossilico a venti atomi di carbonio, su cui si inserisce un anello ciclopentanoperidrofenantrenico. Tale composto capostipite ipotetico fu detto acido Prostanoico. Ma in realtà il loro vero precursore si pensa sia l'acido linoleico, essenziale per l'alimentazione. A seconda del diverso numero di doppi legami, ovvero della ·diversa disposizione dei gruppi chetonici o idrossilici sull'anello ciclico, sono state descritte quattro varianti distinte di PG: la PGA, la PGB, la PGE, la PGF: che per i differenti gruppi polari possiedono solubilità alterna nell'acqua e nell'etere. Si è anche riconosciuto come, riducendo per via chimica la PGE, si ottiene la PGF, che a sua volta può presentarsi in forma speculare con due alcool isomeri: la PGFa: e la PGE~, di cui solo l'a è reperibile naturalmente (il cosiddetto stimolante mestruale capace di liberare l'utero dalla mucosa necrosata attraverso attive contrazioni). In rapporto alla quantità di doppi legami potremo avere sei membri appartenenti al gruppo PGE e PGF (Prostaglandine primarie), rammentando che le PGA si ottengono ·dalla PGE per trattamento con acidi, mentre le PGB si ottengono sempre dalle PGE dopo trattamento con basi. In ogni caso si è posto in evidenza come acidi grassi insaturi possano essere precursori prostaglandinici : ciò sì è verificato usando come substrato l'acido arachidonico, l'ecido eicosapentaenoico, l'acido bis- homo- gammaIinoleico e facendo su di essi agire delle molecole enzimatiche naturali estratte dalle vescicole seminali di montone (produzione semi- sinteti.ca attuata da svedesi, olandesi ed americani). D'altra parte, nel 1966, si riusd a fabbricare le PG in laboratorio; e nel 1968 ad Harvard se ne produssero sinteticamente ben cinque. Per ciò che riguarda la sede di produzione il discorso è ampio. Si pensò inizialmente che la prostata, e solo lei, fosse la vera sede produttrice delle PG: nel liquido seminale, infatti, se ne sono identificate ben tredici. Eliasson nel 1957 dimostrò invece come la loro principale fonte produttrice fossero le vescicole seminali. In seguito però, varie sostanze aventi le proprietà ·delle PG vennero isolate in altri organi e tessuti. Esse furono dapprima acefale, appartate nel limbo .dell'incertezza, ma poi un'esegesi serrata rintracciò l'origine delle varie PG: Irina, Darmastoff, Medullina, Spasmogena polmonare, Stimolante mestruale, che si raccolsero nella sempre più ampia famiglia prostaglandioica e che sminuirono a buon conto l'importanza della prestata ai fioi della loro produzione. Pertanto: l'Irina, isolata nell'iride del coniglio capace di provocare, in seguito ad un trauma, miosi e vasodilatazione con aumento della pressione


intraoculare; la Darrnastoff prodotta dall'intestino e capace di incrementare la peristalsi primaria; la Medullina, rinvenuta nel rene ad azione i potensiva simile a quella <.!elle PG, ma con effetto muscolotropo meno spiccato; altro non erano che miscugli di PG capaci, a seconda delle combinazioni quantitative, di agire in maniera difforme. Da notare che la sola PGF3 cz risulta essere una vera nuova PG: venne estratta e ritenuta formata dal tessuto polmonare. Cosicché il numero delle PG salì a quattordici. Anche in allri organi si sono rcperite molecole seminali: nel timo, nel cordone ombelicale, nel S.N.C., nei surreni, nello stomaco, nei nervi, nel tessuto adiposo, nelle ovaie. Cosl le contengono pure il liquido amniotico, il sangue mestruale e il succo intestinale. Si pensa che la loro costruzione si attui, nei vari loci nativi, attraverso l'azione di sintetasi presenti nei microsomi capaci di agire su acidi grassi insaturi strappati dalle membrane cellulari per l'azione della fosfolipasi- A. Dalle varie sedi le PG entrerebbero in circolo e verrebbero rapidamente inattivate. Per l'identificazione <.lei composti oggi si impiegano vari metodi, quali la cromatografia su strato sottile, ma anche l'inattivazione attraverso la prostaglandina C 15 , deidrogenasi usata per la determinazione delle PG plasmatiche. Infine sono stati scoperti degli inibitori specifici che hanno permesso di scavare sempre più a fondo mettendo alla luce reperti biofisiologici estremamente interessanti. Se iniettiamo per via E.V. la PGE1 o la PGE2 si vedrà come esse vengano eliminate dal sangue quasi completam ente già dopo un'ora, e ciò attraverso l'emuntorio renale per il 40°1 e l'intestino per il 20%. Questo dimostrerebbe come la funzione ormonale di tipo classico, che ad esse vorrebbe assegnarsi , dovrebbe, sia per la bisolubilità, sia per il basso peso molecolare che compete a ciascuna, intendersi in forma diversa. Meglio, infatti, sarebbe Jefinirle regolatrici dei bioritmi funzionali cellulari locali~ capaci, per il loro bassissimo peso molecolare, di diffondersi facilmente -dall'interstizio nella cellula e di regolarne quindi la sua eccitabilità.

PROPRIETÀ GENERALI.

Il sistema ormonico delle PG, proprio per la sua liberazione da diversì substrati, oggi si ritiene che svolga numerose ftmzioni nelle diverse gerarchie organiche. All'inizio si dimostrarono gli effetti eccitanti la muscolatura liscia e le azioni vasodilatanti, ma successivamente lo spettro delle funzioni ad esse allegate si è andato espandendo enormemente; cosicché numerose attività sono state associate ai meccanismi riproduttivi, mentre altre sono state. riconosciute di carattere più generale.


AZIONE SULLA MUSOOLATURA LISCIA.

Essendo state scoperte nel liquido seminale, ed essendo in esso presenti in alte concentrazioni non reperibili in nessun altro organo o liquido organico, si pensò subito di esaminare quali fossero gli effetti delle PG sul tratto genitale femminile. Si iniziarono gli studi su porzioni di utero diverse, le quali risposero all'azione prostaglandinica con contrazioni o con rilasciamento. Ciò fece supporre, non solo che l'attività prostaglandinica dipendesse dalla zona uterina usata per la sperimentazione, ma anche dall'eventuale fase del ciclo estrale o dell'eventuale mese di gravidanza. Così si è visto che lembi di utero non gravido, se vengono a contatto con estratti seminali o PGE, reagiscono con un rilasciamento, diminuendo sia la forza come la frequenza e l'ampiezza delle contrazioni spontanee. Questo è anche l'effetto che si ottiene usando la PGA o la PGB: tali ultime però dimostrano possedere minore attività. La PGF al contrario svela un'attività eccitomotrice costante. Ove si sperimentino le PG nell'utero gravido si notano risultati contrastanti rispetto ai precedenti. Già von Euler dimostrò nel 1936 come un lembo uterino al IV mese di gravidanza rispondesse all'azione di estratti seminati con una contrazione. Più tardi , purificando PGE 1 e PGE2 e somministrandole per via E.V., si accertò che soprattutto a loro era dovuta l'azione miostirnolante; per quanto m ioecci tatrice si svelò anche la PGF2 ~ meno attiva delle precedenti ma più attiva della PGF1:x. Le PGE influenzano non solo l'ampiezza ma anche la frequenza ·delle contrazioni dell'utero, il quale appare particolarmente predisposto alla loro azione soprattutto al II c III trimestre di gravidanza. Si può faci lmente immaginare come tutta la spcrimentazione sulle PGE 1 PGE2 PGF2 a abbia ·destato grande interesse particolarmente in relazione al problema dell'aborto terapeutico, ovvero dell'induzione del travaglio del parto. Questo quando Pickles per primo, nel 1957, descrisse una sostanza in apparenza di tipo prostaglandinico nell'endometrio e nel mestruo di donne normali; e ancora quando Karim, nel 1966, identificò le PGE2 e le PGF2 a nel liquido amniotico. A questo punto si suppose un loro intervento all'atto del travaglio, anche perché le sostanze predette aumentavano sensibilmente in fase di travaglio stesso e di aborto spontaneo (Karim, 1970). T ale effetto ossitocico è stato subito attuato nel procurare aborti terapeutici (Bygdeman, r968). Si è usata sia la via E.V. (la quale però provocò spesso diarrea ed altri effetti collaterali), che la via vaginale con l'introduzione eli candelette contenenti PG. La somministrazione di PGF2 ~ è sempre stata meglio tollerata della PGE, anche se è necessario somministrarne dosi più alte. La via E.V. è ben tollerata, c si è visto che la gestante sopporta bene l'infusione. Da più parti giunge notizia che la PGF2 2, somministrata sempre per flebo alla dose di


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50 tJ.g al minuto, possiede attività uteromotrice pure nei primi mesi di gravidanza, e che pertanto è efficace anche per aborti da praticare entro il I trimestre. D agli esperimenti eseguiti si è notato come l'aborto avvenga entro IO ore circa dall'inizio della infusione, la quale è stata sempre continuata fino all'espletamento completo, con rari effetti collaterali e rarissimi insuccessi. Da rilevare ancora la notevole praticità, poiché la paziente, in tali casi, non deve sottoporsi a rischi operatori o al pericolo di infezioni o superinfezioni. E' stata anche usata, qual e via di somministrazione, la sottocutanea e la intramniotica, questa ultima in particolare ·del hltto priva di qualsiasi effetto collaterale. E' noto, poi, come le PG siano anche state impiegate per l'induzione del travaglio del parto: tale verifica è stata anch'essa coronata da successo, non manifestandosi mai danni né per la madre né per il prodotto del concepimento. Ritornando al loro contenuto nel liquido amniotico si è accertato che, in travaglio, il titolo delle PGE1 PGE2 PGF2 o: va aumentando. Si è supposto che esse provengano dalla placenta; ma per altri autori l'origine dei livelli potrebbe anche essere fetale. Ad esempio, il meconio potrebbe comportarsi da vettore di tali segnali capaci di catalizzare l'inizio del travaglio in concomitanza e in sommazione con la scontata attività dell'ossitocina. Non è poi da tralasciare il ruolo che le PG svolgono sulle trombe uterine. Infatti, ricordando l'azione eccitomotrice delle PGF e quella miorilassante delle PGE, si comprende come il gioco di entrambi questi fattori rivesta grande importanza nella coordinazione utero- tubarica. Immesso il secreto seminale in vagina, questo viene prontamente assorbito. Mentre le PGE frenano le contrazioni delle tube, al contrario le PGF agiscono in chiusura sugli sfinteri utero- tubarici in modo da creare un ambiente idoneo al cammino degli spermi ed alla fecondazione dell'uovo; evitandosi rigurgiti e facilitando l'instaurarsi di un ambiente tranquillo per la copulazione del seme maschile con quello femminile. Volendo esaminare più in particolare l'azione delle varie PG possiamo asserire che le PGE2 fanno rilasciare completamente le tube, mentre la PGE1 rilascia la parte distale contraendo per contro la porzione tubarica intramurale. Sin dall'inizio von Euler riscontrò nelle sue sostanze la capacità di indurre l'abbassamento e la caduta della pressione arteriosa. Si è visto come tale effetto possa prodursi attraverso estratti totali, o PG purificate di tipo A o E, c ciò per un meccanismo vasodilatante generalizzato che si manifesta per introduzione E.V. della sostanza. Al contrario, le PGF non hanno pressoché effetto in tal senso. Si ritiene che l'azione svolta dalle PGA e dalle PGE sia regolatrice del flusso ematico distrettuale e che vengano localmente dismesse attraverso la stimolazione di fibre adrenergiche.


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Ricercatori americani hanno perfino supposto che all'iperteso essenziale possa mancare una PG normalmente presente nel rene. Infatti estratti di rene provocano ipotensione in animali da esperimento. Alcuni studiosi dell'Università di St. Louis, hanno notato come tale ipotensione fosse dovuta a tre biocomposti: la PGE2 • la PGF2:r c la PG A2 ; quest'ultima diversa da ogni altro tipo di PG già noto, e capace di provocare ipotensionc senza altri effetti collaterali, mediante una vasodilatazione periferica. D 'altra parte ulteriori ricerche svelarono w1'affine alla sostanza predetta, la PGA., la quale oltre all'effetto inibente sulle resistenze vascolari periferiche, aveva un secondo effetto anti- ipertensi\'o che si esplicava per un incremento del flusso renale, con perdita sia di acqua che di sali. Da ciò addirittura si è pensato che gli ipertesi essenziali possano essere carenti di una PG, e ciò non solo perché in essi si trovano aumentate le resistenze periferiche, ma soprattutto in quanto è spesso aumentato il volume plasmatico. mentre vien ridotto sia il flusso renale che l'emissione urinaria di liquidi. Poiché la PGA 1 non solo è vasodilatante, ma pare agire anche su altri parametri alterati nella ipertensione essenzial e, e se inoltre si aggiunge che la PGA 1 è riscontrabilc nell'uomo, si può bene dedurre che nella malattia in esame possa considerarsi fondamentale, ovvero essere unico m eccanismo patogenetico una deficienza prostaglandinica. Sulla muscolatura dei bronchi la PGF 2(l aumenta la resistenza all'afflusso aereo diminuendo così la capacità della ventilazione polmonare. Al contrario si è visto che aerosol di PGE 1 hanno azione spasmolitica sui bronchi. Ciò è stato dimostrato creando in cavie spasmi bronchiali da istamina, ovvero provocan·d o degli shock anafilattici, oppure stimolando il vago. In ogni caso i risultati sono stati paragonati alle azioni risolventi òi un farmaco simpaticomimetico quale l'isoprenalina. Somministrati entrambi per via E.V. si è notato come tale ultimo farmaco fosse il più idoneo alle soluzioni della crisi. Per via inalante, al contrario, la PGE 1 è molto più attiva (circa dicci volte), non provocando tra l'altro alcun effetto sul cuore c sul circolo (come accade per la isoprcnalina e se la PGE 1 è somministrata E.V.), e ciò perché forse viene metabolizzata dal tessuto polrnonare. Ricordando pertanto l'azione delle PGE2 :t non si può non supporre che le PG possano in qualche m aniera partecipare nel complesso meccanismo dell'attacco asmatico, il quale d'altra parte viene stroncato .dalla PGE. Questa, è da supporre, possa divenire il farmaco ideale asmafugo, essendo stata verificata più volte la ~ua efficacia sia su volontari che su sani, confermando d'altra parte la più totale assenza di interazione col sistema cardiovascolare. L 'intestino viene interessato dalle PGE c dalle PGF con contrazione della muscolatura liscia, forse per azione diretta sulle fibroccllule: la somministrazione per OS nell'uomo di PGE1 provoca diarrea e ipercinesia intestinale.

6.- M.


322 AZIO:-IE LUTEOST..<\TICA E SUI PROCESSI RIPRODUTTIVI.

Nel r969 furono studiati gli effetti luteolitici indotti dalle PG. Ciò è stato ben documentato con le PGF22, che hanno manifestato i loro poteri l>ia nei primati che in altri animali. L'effetto luteolitico è stato nel 1971 docl!mentato con l'interruzione della gravidanza nel ratto. Certo il problema, per essere risolto, abbisogna di una logica spiegazione e Mc Cracken ha cercato di assegnare ali 'utero la funzione di regclatore del corpo luteo. Tutti i resoconti scientifici, confermati d'altra parte da esperimenti con legature di vasi e trapianti di ovaie, sembrano indicare che l'utero dismetta nel sangue della vena uterina un « quid » lirico capace di raggiungere la gonade omolateralc. E' per questo che Mc Cracken, sul marcapasso imposto dalle ricerche anteriori, autotrapiantò le ovaie con anastomosi vasali alla rete circolatoria del collo dell'animale. Vide così che, infondendo PGF2 :x nella corrente sanguigna e colpendo con questa esclusivamente l'ovaio, vi era iniziale aumento della progesteronemia, seguito da una graduale ma continua caduta del tasso medesimo. Dopo 24 ore il progesterone era scomparso dal sangue, e dopo 48 ore l'animale manifestava sintomi estrali con aumento dell'LH plasmatico. Le conclusioni (urono ben facilmente estraibili: la PGF2 a potrebbe essere il fattore luteostatico purché venga direttamente deviata dall'utero, sua sede produttiva, all'ovaio. Questo trasporto inintermediario può verificarsi solo con un meccanismo controcorrente per il quale il sangue della vena uterina passi, per anastomosi venoarteriosa, nel sangue dell'arteria ovarica. Ciò sembra possa verificarsi. Infatti marcando la PGF2 o: si è notato che il trasporto controcorrente non è un fatto teorico, bensì reale, come gli esperimenti di Mc Cracken hanno accertato. Pertanto, in caso di mancata fecondazione dell'uovo, si potrebbe ritenere che il corpo luteo vada incontro a lisi per intervento deli'F2 :x che agirebbe per alcuni attraverso una ischemia ovarica, per altri con un meccanismo inibente la steroidogenesi. Da tutto ciò quindi l'ipotesi che le PG e soprattutto le PGE2 e le PGF2 possano influire sull'insorgenza dci flussi mestruali: confermerebbe l'assunto il reperto di scarsa quantità di PG nel sangue mestruale di donne in ciclo anovulare. Da ciò si comprende l'interesse che esse stanno suscitando quali possibili anticoncezionali. Per ciò che riguarda la riproduzione, l'argomento anche se in modo epidermico è stato già trattato in precedenza. Lo sperma contiene tredici diverse prostaglandine formatesi nelle vescichette seminali: ma non sembra che nella gestione degli organi genitali maschili in effetti abbiano ampia importanza. Non favoriscono né l'eiaculazione, né la congestione attiva degli organi sessuali in fase amplessuale, né


d'altra parte sembra possano modificare in qualche modo sia la morfologia, sia la quantità, sia il numero, sia l'efficacia intrinseca fecondante degli spermi. Sembra invece che l'azione delle prostaglandinc sia di grossa importanza ai fini della funzione dell'apparato genitale femminile. Infatti, in parte facilmente assorbite in vagina ed in parte aspirate con meccanismo decompressivo e con movimenti antiperistaltici dell'utero, possono facilmente agire sul miometrio e sulle tube creando quell'ambiente raccolto e di favore necessario all'incontro più consono dello sperma con l'uovo. Responsabile di questo connubio sarebbe particolarmente la PGE, di cui si è già puntualizzata l'importanza. AziONE SUL S.N.C.

Si è visto che le PG sono localizzate anche nel S.N.C. e che la loro sintesi avviene attraverso una sintetasi specifica presente nel cervello. Miriadi di ipotesi sono state messe avanti sull'azione di queste sostanze sul S.N.C. E' forse , quella delle PG, tma funzione trasmettitrice di impulsi? Ovvero hanno solo la capacità di orientare in un certo modo l'attività di determinate categorie? Ovvero fungono bloccando o attivando alcuni stipiti cellulari? Studiando diverse aree cerebrali è stato confermato come le PG sembrino appunto avere azionj di comando su alcuni elementi. Ad esempio, è documentato come la PGE 1 avversi l'effetto inibitorio della noradrenalina sulle cellule cerebrali di Purkinje (1969), e questa funzione si può dire specifica in quanto non presente in altri neuroni rispondenti ad entrambe le sostanze. Per la spiegazione del fenomeno si è coinvolta la adenilciclasi. Si è visto ancora che le PGE 1 c PGE2 inibiscono l'effetto meccanico della stimolazionc nervosa nella milza di gatto isolata e perfusa (Hedqvist, 1969). Ciò pertanto potrebbe far pensare ad una funzione modulatoria piuttosto che ad una funzione di trasmissione. Insomma le PG servirebbero da freno alla neurotrasmissione adrenergica in casi di particolare liberazione del trasmettitore. Questo è stato sperimentalmente confermato da Hedqvist, il quale stimolando il cuore di coniglio notò la dismissione di una sostanza che inibiva in un altro cuore perfuso la liberazione di noradrenalina e che corrispondeva chimicamente alla PGE1 e PGE2 • Ma si è anche visto che le medesime sostanze aggiunte al liquido di perfusionc di un cuore riescono a ·deprimere l'effetto gonotropo negativo della stimolazione vagale, rientrando tutto ciò nel quadro più ampio dell'effetto già precedentemente trattato della modulazione dei neurotrasmettitori. Interessante è il reperto che nel S.N.C. del cane siano state identificate quattro diverse PG con distribuzione uniforme: si è supposto pertanto che debbano esistere quattro tipi di neuroni, ciascuno dei quali è capace di secernere una diversa PG. Da non ignorare poi gli effetti riscontrati sui deferenti isolati della cavia e di altri animali. Aggiungendo PGE1 o PGE2 in basse


concentrazioni a deferenti isolati si è notato come, pur non provocando effetti immediati manifesti1 tuttavia si determina una clamorosa diminuzione della risposta contrattile allo stimolo postgangliare. Tale effetto inibitore sembra dovuto ad una azione pregiunzionale, in quanto la risposta alla noradrenalina risulta esaltata dopo aggiunta al bagno fluido di PGE1 e PGE2• Da ciò può desumersi che queste inibiscano il processo di liberazione della sostanza trasmettitrice. Tutto ciò viene confermato da verifiche con sostanze bloccanti la PGE 1 quale l'SC- 19220. Da menzionare, infine, il fenomeno della « stanchezza », osservato per prolungata stimolazione dei deferenti di cavia, che sembra dovuto almeno in parte ad un'azione autoinibitoria dci composti PGE. Tale « stanchezza» manca se la preparazione è trattata con un inibitore della sintesi di PG quale l'acido eicosatetraynoico. In conclusione da tutto ciò si deduce come la PGE sia liberata durante l'eccitazione nervosa adrenergica modulando, o meglio provocando, dei forti effetti frenanti: questo può servire a far terminare fisiologicamente l'azione. ALTRI EFFETTI ADDEBITATI ALLE PG.

Per alcuni le PG avrebbero effetto inibente sulla secrezione gastrica. Se a ciò si aggiunge che sembra riescano a sintonizzare e livellare gli squilibri del S.N.C. ed a controllare l'ipercinesia deUo stomaco, è ben facile capire come in un futuro prossimo potrebbero anche utilizzarsi nella cura dell'ulcera gastrica benigna. Anche l'agglutazione piastrinica verrebbe frenata con inevitabile effetto antitrombotico. Importante è l'effetto broncocostrittore che possiede la PGF2?: che, anche a dos! minime, può provocare crisi acute in asmatici (si ovvia in tal caso con l'effetto broncodilatante delle PGE). Ma, scavando nelle possibili funzioni di queste sempre più sensazionali sostanze, si è notato come certe PG svolgano azioni infiammatorie filopiretiche e prodolori fiche. Circa tre anni fa alcuni autori, studiando i prodotti riversati nel torrente ematico durante il tumulto dello shock anafilattico, riscontrarono oltre all'istamina la PGE2 e la PGF2 anche un prodotto non meglio identificato quale il « rabbit aorta contracting substance ». Notarono inoltre che la loro liberazione poteva essere inibita dall'acido acetilsalicilico, dall'indometacina, dall'acido salicilico. Tale argomento fu successivamente ripreso, ampliato e meglio indagato quando altri autori sì accorsero come le PG possedessero attività proinfiamm.atoria. A questo punto si suggerì l'ipotesi che l'aspirina e le sostanze affini potessero agire proprio inibendo la produzione endogena delle PG. La conferma di ciò l'autore la ebbe notando come aspirina e farmaci analoghi inibivano il sistema enzimatico che nel polmone di cavia trasforma l'acido arachidonico io PG. D'altra parte, in vivo, le PG liberate dalla milza di un co-


niglio sotto mtezJOne adrenalinica potevano essere bloccate da dosi terapeutiche di aspirina; essendo le PG, inoltre, forti sostanze pirogene è chiaro che l'azione antifebbrile delFaspirina sotto tale aspetto viene ancor meglio giustificata. Per ciò che riguarda l'azione prodolorifica si pensa che possa esistere una PG non ancora precisata atta appunto a determinare ta!e sensazione: l'effetto antidolorifico dei farmaci salicilici e salicilicosìmili sarebbe appunto dovuto ad una inibizione della ipotetica PG suddetta. Infine si ha notizia che una PG parrebbe avere specifica attività decongestionante della mucosa nasale: non sarebbe certo vinto il raffreddore, ma si avrebbe un'arma in più per controllare uno dei suoi sintomi più fastidiosi. MECCANISMO D'AZIONE DELLE PG.

E ' in effetti molto difficile precisare come le PG agiscano. Sì sa che sono capaci di modificare la sintonia delle varie cellule che ad esse sono sensibili, ma il meccanismo con cui si altera in più o in meno tale sintonìa resta ancora ne! regno ·del! 'intangibile. Una delle ipotesi più accreditate, comunque, è quella che prende in considerazione J'AMP ciclico o adenosin 3-5 monosfato che sappiamo agire come intermedio di molti ormoni. Per primi E. W. Sutherland e T. W. Rall, nel 1957, identificarono il 3- 5 AMP ciclico, nucleotide che chimicamente è una adenosina legata a ribosio t unita in posizione 3- 5 ad un radicale fosfato. Gli scoprìtorì notarono come ogni tessuto animale produce AMP ciclico e la sua ubìquitarietà è proporzionale alla adenìlciclasi che catalizza la trasformazione dell'ATP in AMP ciclico con liberazione di pirofosfato. Per Sutherland e Rall l'ormone toccherebbe la superficie della cellula bersaglio dando ad essa delle informazioni (primo messaggero). Successivam ente (secondo messaggero) i livelli di AMP ciclico aumentano o decadono in modo tale da modulare in maniera estremamente fine le più varie risposte biochimicofisiologiche cellulari. Ciò si realizza attraverso un'attivazione ·di enzimi capaci di rendere esecutive all'interno delle cellule le informazioni giw1te in superficie. In pratica gli ormoni agirebbero sia incrementando la produzione di adenilciclasi (l'enzima che crea l' AMP ciclico), ovvero favorendo la stìmolazione di un altro enzima, la fosfodiesterasi capace di distruggere il 3-5 AMP ciclico in 5 AMP, inattivo come messaggero. Le PG, appunto, avrebbero nel regno cellulare il ruolo di interferire nella formazione di AMP ciclico mediante l'attivazione o l'inattivazione dell'adenilciclasi. Dì qui si spiegherebbe d'altra parte, l'azione sulla lipolisi manifestata dalle PG. Infatti l'AMP ciclico stimolerebbe la lipolisi, mentre l'azione lipolitica delle catecolamine è inibita) sia in vivo che in vitro, dalla


PGE 1 presumibilmentc per inibizione sull'adenilciclasi e consecutiva caduta del tasso optimaJe di AMP ciclico cellulare. Ma se ciò appare in generale confermato, esistono in particolare delle eccezioni, come ad esempio a livello piastrinico. Infatti l'AMP ciclico piastrinico sotto azione della PGE 1 aumenta, inibendo il formarsi di aggregazione indotta da vari agenti. Quando l'AMP ciclico va, al contrario, diminuendo ecco che le piastrine tendono di nuovo alla aggregazione trombotica e alla formazione di eventuali emboli. Pertanto la PGE 1 appare quale un potente stimolante dell'adcnilciclasi piastrinica, aumentando il livello dcll'AMP ciclico in tali cellule ematiche. Ricordando poi che I'AMP ciclico attiva la trigliccridolipasi si possono riconoscere alla sostanza in questione capacità Jipolitichc, capacità d'altra parte che vengono b!occate dall'azione delle PG. Esse infatti determinano nel tessuto adiposo una caduta notevole deli'AMP ciclico con conseguente scarsa mobilizzazione di NEFA, ossia di acidi grassi non estereficati, che vengono riversati nel circolo ematico e distribuiti ai vari tessuti per le ossidazioni cellulari di circostanza. Di qui l'azione antilipolitica delle PG. Per altri autori le PG , e in particolare la PGE, agirebbero quali mezzi di controllo degli ioni Ca++ in punti critici della cellula con effetti che si ripercuotono direttamente sulla eccitabilità cellulare e sulle varie funzioni della membrana. Si avrebbe insomma un'azione depressoria sulla trasmissione neuroadrenergica per la presenza di Ca h ; e ciò accadrebbe in quanto essa preverrebbe o inibirebbe la mobilizzazione o il trasporto di Ca... ~ con conseguente inibizione proporzionale del neurotrasmettitore. METABOUSMO.

Le PG vengono rapidamente metabolizzate: la loro vita infatti non è molto lunga. Si calcola che r Mcg di PG abbia una mezza vita di circa r- 2 min'. Per tale motivo la via di introduzione più efficace è la endoarteriosa; gli organi che sembra siano maggiormente coinvolti nel loro metabolismo paiono essere i polmoni (H orton, rg65). Per la loro eliminazione le PG vengono saturate nei doppi legami, e il gruppo alcoolico in 15 viene ossidato a chetone. Si formano così due acidi: l'acido 1!-:x-15 diidrossi-9 chetoprostanoico, c l'acido n-:x idrossi 9-15 dichetoprostanoico (Anggard e Samuelsson, 1964). Essi mantengono in parte l'attività PG. Infatti la formazione del chetone, per quanto faccia diminuire notevolmente la potenza delle PG nei confronti di alcune azioni bi9logiche, d'altra parte mantiene conservata l'azione sulla PA (Anggard e Samuelsson, 1966). Le PG si eliminano per lo più attraverso le urine, c in parte con le feci ove arrivano per via biliare (Samuelsson . 1964). La somministrazione nel ratto di PG marcate per via sottocutanea, e la successiva titolazione della radioattività sugli organi ed apparati, dimostra come massima sia la concen-


traztone renale ed epatica: scarsa nell'ipofisi, ovaio, utero, surreni. Ancora minori nel cervello, muscoli, grasso (Samuelsson, 1964; Anggard e Samuelsson, 1966). CoNCLUSIONI.

Per concludere, insomma, nell'economia generale dell'organismo, le PG hanno scnz'altro un posto di primissimo piano, ma molti dubbi debbono ancora essere risolti. Se non altro è necessario verificare ancora se le proprietà allegate a queste sostanze si manifestano solo in fase speri mentale o nell'organismo i11 toto; ed ancora se esse riconoscono delle occasioni particolari d'azione e quali siano tali occasioni. In ogni caso vastissimo appare l'impegno per svelare al meglio le funzioni di queste sostanze, e ciò anche perché la sintesi ormai le produce facilmente, favorendo la ricerca intensiva in questo campo. Per ora si conoscono molti dati, i quali tuttavia abbisognano di verifica organica in modo da costruire un mosaico fisiobiologi co capace di soddisfare la logica meravigliosa del nostro organismo. E così, come quasi ignoti nacquero gli antibiotici ed il cortisone, forse le PG dalla loro trascorsa modestia stanno assurgendo al ruolo di « farmaco elettivo o superfarmaco », senza che ancora sia possibile su di loro stilare un rapporto conclusivo.

RIASSUNTo. - Gli autori esaminano le funzioni fondamentali delle PG, valutandone la loro importanza nel mondo scicmifìco. Sono qu i considerati gli effetti che esse hanno sulla muscolarura liscia, sulla riproduzione, sull'ovaio, sul sistema nervoso centrale, c su numerosi altri organi ed apparati, cercando di spiegare anche il loro probabile meccanismo d'azione. Il lavoro è un'indagine abbastanza ampia ~u queste sostanze, fino a qualche anno fa sconosciute, ma ora considerate non solo cntit3 chimiche definite, bensì anche realtà terapcutiche di grande imporranza pratica e di \icuro an•enirc.

RÉsvMÉ. - Les auteurs examincnr Ics foncrions fondamentale~ des PG, en évaluant leur importance dam le monde scicntifiquc. On considère ici Ics effects qu'elles ont sur la musculature lisse, sur la rcproduction, sur l'ovaire, sur le syHèmc ncrveux centrai et sur dc nombrcux autrcs organcs et apparats, en rachant aus~i tic cxpliq ucr lcur probablc mécan isme d'action. Ce trav:til est une rechcrchc asscz étc.:nduc sur ces substances, jusqu'il y a quelques années inconnues, mais mainrcnant considérécs non seulement cntitées chimiqucs définics, mais aussi réalitées thérapcutiquc~ dc grande importancc et dc ~ur avenir.

SuMMARY. - The authors cxaminc the csscntial function of PG, considering their imponancc in thc scicntific world. Thc effects they have on thc ~mooth muscle, repro duction, o\·ary, centrai nen·ous sysrem and many other orgam and apparatus. are herc


considercd, trying to explain abo their probable process of action. This work is a widc enough surYey on these substances, that were until some years ago unkown, but now, comidcrcd, nor only determinate chemical emitees, rather also therapeutical reality of great importance and with a )UrC future.

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CE:\11 RO STUDJ F RICERCJJE DELLA SANITA Mll.ITARE

Direttore: Mag:r. Gen. ~led. Dolt. C . M c~ILLI 3

REP,\ RTO - SEZIOXF MI CROBIOLOGIA EO IGIE~E c~po Reparto: Magg. (;~n. Meù. Prof. G. Cl RATOLA

IL CONTROLLO IGIENICO DEGLI ALIMENTI PER LA PREVENZIONE DELLE TOSSINFEZIONI NELLA COLLETTIVITÀ MILITARE T en. Col. Med. Dott. M. Di Martino

Cap. Mcd. Dott. A. Di Addario

Prof. Dott. A. Zaio

L'evoluzione politica e sociale che ha caratterizzato e va caratterizzando gli anni del XX secolo ed il trasmutare dell'economia da agricola a prevalentemente industriale ha profondamente interessato molteplici aspetti legati al problema della nutrizione. Sotto un profilo storico occorre giungere a tempi relativamente recenti perché si incominci ad impostare su basi razionali il problema dell 'alimentazione. Se, infatti, la seconda metà del l '8oo è stata occupata dallo studio dei principi energetici e dominata dal concetto di caloria, la fine del XIX secolo ed il principio del XX sono caratterizzati dall'acquisizione degli aspetti guantitativi e qualitativi con la dimostrazione della necessità dei sali minerali e degli aminoacidi indispensabili. Oggi infine l'attività di ricerca si preoccupa di proporre una equilibrata alimentazione per << assicurare all'uomo - come osserva Giacomoni - un buono stato di salute fisica c psichica, l'armonico accrescimento, il potenziamento del rendimento lavorativo ed il prolungamento della vita ». Ne è conseguito che la finalità iniziale di garantire sempl icemente i fabbisogni alimentari del singolo e delle masse è stata via via sostituita dall a necessità di adeguare in senso qualitativo e quantitativo le risorse ad esigenze di più vasto respiro come il progressivo aumento delle popolazioni, il migliorato livello del tenore di vita, l'estensione dei consumi a generi considerati tradizionalmente di lusso. Pertanto attraverso la razionalizzazione delle colture, il perfezionamento della tecnologia conserviera, la rapidità cd il minor costo dei trasporti, l'industrializzazione dei fertilizzanti e l'adeguato

Nota. - Il lavoro è stato ultimato entro il dicembre 1972.


333 confezionamento dei generi si è addivenuti ad uno svincolamento delle richieste della collettività dalle imposizioni climatico- stagionali e dalle disponibilità locali dell a produzione. Date queste premesse è facile comprendere come ovvio sia stato il successo arriso agli alimenti preparati c precucinati e come la possibilità di un loro progressivo dilagare sui mercati mondiali sia profezia di facile vaticinio. Fenomeno, questo, favorito anche dal tramontare di vecchie c tradizionali abitudini sostituite da nuove forme di espansione e rapporti sociali nonché dai programmati ritmi lavorativi che insieme allo sviluppo di una alimentazione extradomestica hanno in gran parte infranto le diffidenze verso i cibi conservati. A tal proposito è da condividere il pensiero di Scassellati Sforzolini, secondo il quale « l'era dei cibi conservati si può dire iniziata con la produzione industriale dello scatolame >> in quanto c< gli altri sistemi di conservazione, noti precedentemente e tuttora esistenti, non risolvevano che parzialmente e frazionatamente il problema». Nell'ambito di questa tematica si deve obiettivamente riconoscere che l'acquisizione dei rapporti molto stretti che intercorrono tra nutrizione e salute rappresenta indubbiamente una delle maggiori conquiste della medicina moderna nelle sue varie branche tra le quali l'igiene che ha visto ingigantire i suoi compiti in armonia con le finalità che persegue di mantenimento e potenziamcnto dello stato di benessere. In questo senso non può non essere condiviso il pensiero di Bo che nel 1968 affermava essere « la nostra alimentazione quotidiana un continuo atto di fiducia da un lato nella bontà, genuinità e salubrità delle sorgenti dell'alimento, nella serietà commerciale, coscenziosità e preparazione tecnica dei produttori c manipolatori dei generi alimentari e dall'altro lato nei poteri di difesa del nostro organismo e nella fortuna che spesso accompagna le azioni dell'uomo anche le più banali e ne determina il ·destino n. Queste parole scritte nell'introdurre il discorso sulle tossinfezioni alimentari s'inseriscono, oggi più che mai, nella generale problcmatica dell'igiene della nutrizione che per riproporsi « l'equilibrio fisiologico dell'organismo umano e la prevenzione delle infezioni, infestazioni ed intossicazioni conseguenti all'ingestione di cibi» (Bosco) mira a garantire non solo la innocuità ma anche la genuinità degli alimenti. Un n on sopito interesse, una volta di più, si rivolge attualmente al capitolo delle tossinfezioni alimentari le quali , per generale e concorde segnalazione della letteratura mondiale, appaiono in aumento in quasi tutti i Paesi nonostante la constatata diminuzione delle malattie sostenute da schizomiceti. Anche in Italia la tendenza ad una contrazione del fenomeno non sembra evidente come facilmente dimostrano le tahb. nn. r, 2 e J· L'elaborazione statistica dei dati relativi a tale periodo dimostra infatti che non esiste


334 TABEL1.A N. r. TOSSINFEZIONI ALIMENTARI IN ITALIA DAL

I952 AL 1970 (1)

1\. degli ~pisodi

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1956

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1957

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1958 (2)

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17

1963

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16

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133

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5

rg6s

322

5-235

dati non riportar i

19(56

237

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dati non riporcati

1 967

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dati non riportati

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2.004

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135

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1970

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2.8ro

17

Anno

(t) l dati rebti'i 31 periodo 1952- 57 sono ripresi dai lavori di Bcs5l~r c Proja; quelli rclati'i al periodo Hf58 • 67 sono desunti dalle Relazioni del Ministero della Sanità al Om,igltu Superiore di S.mità; per il periodo 191}8 - 70 'ono riportati dati non ufficialt forniti dal Mi m >tc.-ro della Sanità. (2) Dau incompleti limitati al 14 agosto.


335 correlazione significativa fra la progressione degli anni e incidenza della malattia, né in aumento né in diminuzione (indice di correlazione = 0,1). In ogni caso occorre osservare che le cifre riguardanti sia le statistiche nazionali che quelle straniere danno una idea del fenomeno solo per difetto. E' noto, infatti, che queste affezioni non sono soggette a denuncia obbligatoria e molte di esse, che decorrono in forma lieve, a voi te non richiedono neppure l 'intervento del medico come nei casi caratterizzati da malesseri pa~­ seggeri, assenza di febbre, scariche diarroiche poco numerose, risoluzione nel periodo di 24 ore. E' altrettanto doveroso però riconoscere che alcune sti me, specialmente per quegli episodi nei quali l'agente etiologico non viene identificato, possono essere difettose anche per eccesso. Infatti soprattutto alcuni enterovirus, e tra questi i virus Coxsackic ed i virus Echo, possono dare quadri sintomatologici molto simili a quelli specifici di alcune tossinfezioni alimentari, come, ad esempio, quello da stafilococco enterotossico (malattia minore da virus Coxsackie, diarree estive infantili, malattia diarroica da virus Echo, ecc.). « Scorrendo la letteratura sull'argomento - scrivono De Blasi e coli. appare che tre sono fondamentalmente gli alimenti che possono essere veicoli di infezioni da entcrovirus; il latte e i suoi derivati, i fru tti di mare (ostriche) e gli ortaggi. Un posto a parte merita l'acqua che sembra occupare un ruolo importante analogamente a quanto si verifica per la febbre tìfoide ». Molto più recentemente Artioli è tornato sull'argomento insistendo sul ruolo svolto dai virus in manifestazioni morbose gastro- enteriche che « presentano decorso e manifestazioni cliniche del tutto simili alle tossinfezioni alimentari per cui la logica e le conoscenze scientifiche ci inducono alla seguente affermazione: il capitolo delle tossinfezioni cosiddette aspecifiche è tutto da riscrivere ». Sulle cause che sono all'origine del constatato aumento delle tossinfezioni alimentari sembra non ci siano dubbi nel senso che i vari AA. sono d'accordo nell'invocare molteplici cause. Una tra le più importanti accuse è quella rivolta ai mangimi animali che, in quanto costituiti dalle sostanze più diverse quali farina di carne, farina di pesce, farina di ossa, di tapioca, sangue essiccato, semi di girasole, risulterebbero spessissimo inquinati come risulta dalle numerosissime segnalazioni al riguardo: Mc Farlane e coli. (1948), Rasch (1955), Di Blasi e coll. (1954), Redaelli (1955), Rohde e coli. (1956), Mantovani (1950), Bovre (1957), Agrimi e coli. (1957), Buxton (1957), Winklc c coli. (1957), Mullcr (1957), Claremburg (1958), Hauge e coll. (1958), Winklc e coll. (1958), Jensen (r958), Castagnoli e coli. (r959), Ceccarelli (1959), Cavrini e coll. (1959), Kovacs (1959), Christie (1959), Newell e coll. (r959), Dixon e coli. (r96o), D'Ascani (r96o), Galbraith e coli. (r96o), Redaelli c coli. (196o), Taylor (196o) , Rohr (r96o), Thomas (1961), Granville (r96r), Cartner e coli. (1961),


TossrNFEZIONI ALIMENTARI IN ITALIA DAL

l

1952 AL 1970

Stafilococco entcrotossico

Germe no n identificato

Anno

N . cpis.

N.

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N . dcc.

N. col p.

N. epis.

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l

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l

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1962

...

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2

1964

...

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2

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37

( r) Vedi nota (1) alla tab. ' ·

-

I

2


337 TABELLA N. 2.

DISTRIBUITE SECONDO L'AGENTE ETIOLOGICO (r) Alt ri germi

Sal monelle

--

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N.

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N. dee.

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l

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l

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31

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5

15

394

2

(2) Vedi nota (2) alla wl>. r.

7· - M.

l


T ossiNFEZIONI AL IMENTARI JN ITALI A DAL I 952 AL 1964

Comervc ittiche

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Anno

N. epis.

--

N. colp.

N. dee.

N. epis.

N. colp.

l

N. dee.

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l

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l

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l

30

633

2

(t) Vedi nota (t) alla t ab. 1.

-

l


339 T ABELLA K. 3· DISTINTE SECONDO IL TIPO DI ALIM ENTO ( 1)

Alimc·nti vari N

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(2) Vedi nolJ (2) alla tab. 1.

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.~

44


Rutquist (r96r), Sample e coll. (1961), Arvey e coll. (r962), Cockburn e coli. (r962), Huisman e coli. (r962), Dobinsky (1962), Lotti e coll. (1962), Cavrini e coli. (1963), Micozzi (r963), Koelensmid e coli. (r964), Alosi e coli. (r964), Comi nazzini (1964), Conti e coli. (1964), Pals (r965), Agrimi (r965), Alosi c coli. (1966), Gualandi e coli. (r967), Puccini (1967), lzzi e coli. (1968), Carlotto e coll. (1968), Castagnoli e coll. (1968), lannuzzi e coli. (1968), Grishaev (1968), Alo si e coli. ( r969), Orlandella e col l. ( r969), Corsalini ( 1970), Fanelli c coll. (1970), Di Modugno e coll. (1971), Olcsiuk e coli. (r971), ecc. Emerge da questa situazione l'enorme importanza che i mangimi ani· mali assumono nella diffusione dei microrganismi delle tossinfezioni tra i quali le Salmonelle sembrano prevalere. Occorre ancora ricordare come afferma Bisbini - che la pratica molto seguita di unire antibiotici a tali substrati nutritivi ( può determinare una selezione ed una sorta di arricchimento batteriologico non solo in vivo, ma anche nelle carni dopo la macellazione ed in altri prodotti di origine animale come il latte ». Vi è infine da richiamare l'attenzione sulla notevole circolazione ed ubiquitarietà delle Salmonelle imputabile all'uso, ormai generalizzato, di concimi costituiti da cascami provenienti dai macelli (Bisbini). Un secondo fattore che, oggi più che mai, preoccupa gli igienisti è costituito dalla facilità con la quale le scorte alimentari vengono mobilizzate per cui aumenta la possibilità che prodotti contaminati possano raggiungere altri Paesi fungendo da veicoli di ceppi di microrganismi prima d'allora sconosciuti in quelle zone. Occorre anche considerare che l 'industrializzazione delle conserve alimentari se da un lato ha consentito e consente un più rigoroso controllo delle previste norme igieniche, dall'altro può permettere la diffusione degli agenti delle tossinfezioni a notevoli quantità di alimenti, in relazione alla capacità produttiva degli stabili menti. Un discorso particolare meritano i cibi congelati c surgelati la cui tecnica di allestimento si inserisce, c sempre con maggior successo, nel campo della conservazione degli alimenti in quanto, come è noto, essi offrono un collocamento molto interessante nell'ambito domestico. Concorre a ciò non soltanto la genuinità dei prodotti, intesa nel senso più lato della parola) ma anche altri vantaggi quali l'eliminazione delle comuni c taJvolta laboriose lavorazioni preliminari, l'utilizzazione completa dell'alimento per pregrcssa esclusione di parti non commestibili, l'effettiva rispondenza delle porzioni ricavabili per inesistenza di taluni motivi di deteriorabilità causa invece non infrequente di perdite nell'uso apparentemente immediato di cibi freschi, la reale costanza della qualità correlata questa peraltro ad un ottimale rifornimento da parte dell'industria, le garanzie igieniche offerte dalla confezione obbligata del surgelato, la mancata incidenza di marcate fluttuazioni nei prezzi di acquisto, ecc. (Freni).

;


Non si deve dimenticare, comunque, che la salubrità dell'alimento surgelato è però affidata alla catena frigorifera e laddove uno degli anelli non funzioni, o peggio funzioni male, si possono generare pericolosi quanto misconosciuti focolai di pericolo. E' noto, infatti, che i batteri sopravvissuti alla surgelazione non tardano a riacquistare le proprietà biologiche e « all'invasione ·dei microrganismì non si oppone più - come scrive Curatola - la vitalità dei tessuti, anzi le alterazioni acquisite per difettosi proc(:)dimenti di surgelazione e di stoccaggio durante la decongelazione si evidenziano e si intensificano ». Tra le altre cause alla base delle tossinfezioni alimentari sono da menzionare il già ricordato allontanamento dei conviventi dalla tradizionale cucina domestica cui ha fatto riscontro un loro sempre più massiccio orbitare verso ristoranti e self- service con conseguenze facilmente intuibili se si considera che frequentemente in questi esercizi i cibi « vengono mantenuti per alcune ore caldi a temperature che però non superano, nella maggior parte dei casi, i 40- 50°C favorendo così una intensa moltiplicazione microbica » (Bisbini). Non va infine sottaciuto che, in virtù delle migliorate condizioni economiche e dell 'accresciuta produzione. oggi in moltissimi Paesi del mondo si è verificato un notevole incremento dei consumi di alcuni cibi considerati come elettivi trasportatori della flora microbica responsabile delle tossinfezioni alimentari quali appunto le uova, la carne, il latte e suoi derivati. E' chiaro che se le tossinfezioni alimentari rappresentano in generale un pericolo per l'individuo che vive in famiglia esse lo sono ancora di più per i soggetti di una collettività ove la confezione del cibo si configura per mille aspetti, non escluso quello igienico, come una attività estremamente delicata. E' in queste specifiche situazioni che vengono ad essere rivolte particolari attenzioni al personale di cucina, al modo di allestire e confezionare le vivande, all'eventuale presenza di portatori sani , alla pulizia dei locali e così via dicendo. Ma è comunemente risaputo che, nonostante la severità delle norme e la meticolosità della sorveglianza, ugualmente derrate e cibi riescono a giungere inquinate al consumatore. Ne deriva pertanto la inderogabile necessità di far sì che ad ogni stadio della lavorazione venga impedita o quanto meno contenuta la moltiplicazione microbica ricorrendo alle basse temperature ovvero al calore senza peraltro che tali misure siano oggetto di sopravalutazione da parte di chi le attua onde evitare rischiosi allentamenti delle comuni prescrizioni igieniche. Così, ad esempio, occorre ricordare che le grosse pezzature ·di carne (valga quanto si dice per le grandi convivenze), raggiungono nel loro interno le temperature con notevole ritardo, consentendo quindi a quel livello, se il tempo di cottura non è stato sufficientemente prolungato, una sopravvi-


venza della flora microbica e quindi un successivo eventuale sviluppo. Analoghe considerazioni possono essere fatte per la refrigerazione. Da quanto precede appare quindi. chiaro che la frequenza e la facilità delle tossinfezioni alimentari rappresentano un problema che coinvolge l'intiera collettività di un Paese. Tali preoccupazioni sono avvertite in modo particolare dagli organi della Sanità Militare che, essendo preposti alla tutela della salute dei giovani alle armi, vedono gravare sull'alimentazione del soldato, dall'acquisto dei generi dal commercio fino alla distribuzione delle vivande al singolo, una serie di potenziali pericoli tossinfettivi. Che questo punto sia da considerare nevralgico per una organizzazione quale è appunto quella militare, scaturisce dal fatto che la funzionalità di un esercito va vista soprattutto in dipendenza di un evento bellico, cioè in una condizione nella quale non soltanto la collettività militare ma l'intera nazione della quale essa fa parte vive in una situazione di precarietà e di emergenza. Ne deriva che proprio in stato di belligeranza più facilmente potrebbe verificarsi tutta una serie di carenze legate all'approvvigionamento alimentare tali da ingenerare focolai di colpiti di una certa entità: così il rilassamento dell'osservanza delle norme di igiene individuale per l'impossibilità di efficaci controlli, il ridursi delle resistenze individuali in funzione delle generali inadeguatezze e degli stress psico - fisici legati alle condizioni di guerra, il più frequente ricorso ad alimenti conservati, manipolati ed allestiti in condizioni di precarietà, il sommarsi de !l 'ingestione di una eventuale carica batterica anche modesta per il ripetersi forzato dell'assunzione dello stesso alimento, la conservazione delle scorte in condizioni non sempre idonee , ecc. Tutto ciò spiega come già nei tempi di pace l'autorità sanitaria militare è particolarmente vigile a con tenere l 'incidenza degli episodi tossinfetti vi, come d'altra parte è doveroso che sia, trattandosi di affezioni per le quali non può essere invocato un ipotetico genio epidemico ma quasi escl usivamente la carenza, ovviamente censurabile, dci necessari controlli igienici. Le autorità militari a ciò preposte si premurano di far osservare tutte quelle norme che garantiscono la distribuzione di un pasto sano ed il più possibile al riparo dal rischio di veicolare germi delle tossinfezioni. Compito, questo, non facile e denso di responsabilità - morali ancor prima che giuridiche -, perché la integrità fisica dei giovani alle armi deve essere garantita non solo con l'adeguato e razionale potenziamento dell'efficienza somatica ma anche con una equi librata e salubre razione alimentare. La sorveglianza igienica degli alimenti nell'ambito della collettività militare ·diversifica, ovviamente, a seconda che si rivolga agli alimenti freschi o agli alimenti conservati in barattoli a chiusura ermetica. Infatti il controllo <lei primi rientra sotto la giurisdizione dell'Autorità Sanitaria Ci vile e soltanto dopo la consegna, la responsabilità è affidata all'ufficiale medico del corpo.


343 Attraverso, poi, la Sezione Microbiologia ed Igiene del Centro Studi e Ricerche della Sanità Militare viene accertata l'idoneità batteriologica delle conserve e semiconserve nonché dei prodotti che vengono immagazzinati per costituire scorte d'impiego. Le metodiche impiegate dalla predetta sezione per gli accertamenti batteriologici sono fondamentalmente quelle descritte da Mossel e coli. nel manuale << La prévention des infections et des toxi- infections alimcntaires », nonché quelle consigliate da Giovanardi, Buonomini e D'Alessandro per la diagnosi batteriologica delle Salmonellosi e Tossinfczioni da Sta.filococco enterotossico. Trattandosi, comunque, di materia che è oggetto di continui studi sperimentali, c quindi di aggiornamento, le tecniche descritte dai precedenti AA. sono da considerare degli standard che, a seconda dei casi, vengono sostituiti o integrati da specifiche metodiche di recente acquisizione e largamente recepite dagli analisti come quelle indicate nel I 0 Simposio Internazionale sulla Microbiologia degli alimenti (aprile 1963), nella cc Guida all'esame microbiologico degli alimenti di origine animale» (Castagnoli e Tiecco), « Igiene c Microbiologia del latte » (Negri e coli.), « Igiene del latte» dell'O.M.S., ecc. I controlli effettuati dal Centro Studi e Ricerche de1la Sanità Militare nel decennio 1962- 1971 sul latte condensato zuccherato in scatola, carne in scatola e pesce sott'olio scatolato hanno fornito i risultati di cui alle tabelle nn. 4, 5 e 6. TABHLA N. 1

EsAMI BAITERIOLOGICI DI PESCE SOIT 0LIO IN SCATOLA ESEGUITI PRESSO IL CENTRO STUD I E RICERCHE DELLA SANITÀ MILITARE

NEL DECENNIO 1962- 71.

Anno

r9l)2 19<}3 19<}4 19<}5 19<)6 1967

1<}68 196c) 1970 1971 ToTALE

Campioni esaminati n.

Di cui con giud izio sfavorevole n.

9

-

5 1<)0 86 1

37 &-; 44 ]O

r88

Percentuale dei giudizi sfavorevoli

r

6

5 4 2 2 5

20,00 3,16

-

3·6s 5·97 4·54 2,s5 2,6s

131

-

-

927

25

2,]0


344 TABELLA ~.

EsAMI BATIERIOLOGICI DI LAlTE CONDENSATO ZUCCHERATO I N SCATOLA ESEGUITI PRESSO IL CENTRO STUDI E RICERCHE DELLA SANITÀ MILITARE NEL DECENN IO 1962- 71.

l

191}2 19()3 19()4 19<}5 xg66

1967 19<}8 196<) 1970 l97l T OTALE

Di cui con giudizio sfavorevole

Campioni csa minari n.

.'\ n no

n.

8o

Pcrcentu~lc

dci giudiz i sfavorevoli

o.87 6·45

7

12

186 23 193 304 26] 233 159 2j2 262

-

11 ,91 9·54 2,24 2,14

23 29 ()

5

-

-

o,86

2

1.939

-

-

84

4·33

TABELLA !'.

ESAMI BATIERJOLOGICl DI CARNE IN SCATOLA (MANZO, SUINO, MISTA) ESEGU ITI PRESSO IL CENTRO STUDI E RICERCHE DELLA SANITÀ MILITARE NEL DECENNIO 1962- 71.

•\n no

19()2 15)63

Di cui con giudizio sfavorevole n.

Campioni e'aminati n.

-

l

-

dei giudi1.i sfa,·orc,·oli

-

-

-

-

-

19<}4

26

Ig65 rg66

36 145

1967 19<}8 196g 1970

7~

t68

I

243 207

2

l 9'J I

73

-

97 1

IO

T ontE

Pcrccntu~le

l

-

2

-

-

1,40

o.59 0,82 2.41

5 -

l

1,03

6.


345 Relativamente alle conserve ittiche sott'olio ed al latte zuccherato condensato si nota che la percentuale dei giudizi sfavorevoli va progressivamente diminuendo nonostante che il numero dei campioni esaminati tenda, almeno per alcuni anni, ad aumentare. L'esito dei controlli può ritenersi soddisfacente anche per la carne in scatola, nonostante l'andamento possa definirsi non proprio sovrapponibile a quello descritto per il latte condensato e le conserve di pesce. I campioni che non sono stati ritenuti idonei al ·consumo hanno tutti presentato una elevata carica batterica, indice di una insufficiente sterilizzaziOne. Poiché, come è noto, manca in Italia una legislazione che fissi la carica microbica accettabile per ogni singolo alimento, fresco o conservato, i criteri adottati dall'Amministrazione militare per giudicare l'edibilità degli alimenti, sono desunti dalla letteratura scientifica italiana e straniera dato che è certo che la dottrina può essere fonte di diritto, quanto meno in via suppletiva. E' stata oggetto di rilievo anche l'influenza delle dimensioni del contenitore, e quindi del volume del contenuto, sul raggiungimento della sterilizzazione. Infatti nessuna partita di carne di manzo, che viene fornita in razioni individuali da 100 e 320 grammi è stata rifiutata, mentre i giudizi negativi riguardano soltanto la carne suina e suina- bovina che viene preparata in confezioni da 2 e più chilogrammi. I risultati analitici ottenuti, e che in linea generale possono ritenersi favorevoli, sono spiegabili, a nostro avviso, con diverso ordine di fattori: a) le ditte fornitrici, vincolate da un capitolato d'acquisto, sono preventivamente edotte degli standards, piuttosto rigidi, imposti dall' Amministrazione militare. Ciò comporta che la preparazione dell'alimento possa essere effettuata con maggior cura e che le partite siano oggetto di controlli più rigorosi da parte della clitta stessa; b) la obbligatorietà degli esami disposti dall'Autorità militare sul prodotto finito, ed in certi casi durante la lavorazione, esclude che la clitta possa affidarsi, per la salubrità dell'alimento, alla aleatorietà del caso; c) il rifiuto di partite igienicamente non idonee, con il conseguente danno economico che ne deriva alla società fornitrice, determina o un abbandono di essa alla partecipazione delle forniture o un ammodernamento dei complessi industriali. II raggiungimento di questi positivi traguardi emerge non soltanto dai dati analitici relativi agli esami espletati ma anche dalla bassissima incidenza: degli episodi di tossinfezioni alimentari nel periodo 1962- p. come ben si evidenzia dai dati sinteticamente esposti nella tab. n. 7· Gli episodi fatti da noi oggetto di esposizione si riferiscono a quelli per i quali l'alimento incriminato o incriminabile faceva parte integrante della razione viveri. Così sono stati esclusi, ovviamente, i casi dovuti a consumo


EPISOD I DI TOSSINFEZIONI ALIMENTARI

~.

Epoca

Quadro

colpiti

clinico

---

'

• Agosto rg62 ...

I2

..

!62

Giugno 1~3

Sindrome gastro - enterica febbrile.

l

!

Vomiw, diarrea, dolori addominali, febbre.

l '

..

55

Vomito, diarrea, cefalea, dolori addominali (in due ca'i disturbi neurologici).

Febbraio rg6J ..

20

Vomito, dolori addominali.

..

22

Diarrea. vomito. febbre.

Ottobre rg66

Giugno 1972

l Dicembre l972

100

Diarrea, dolori addominali.

l

j


>l

347 T A BELLA N. 7·

Periodo di incubazione

.\limento w'pettato

,\gente responsahik

Il

ore c1rca

marmellata

Sal monella: repertata nell'alimento.

12 - 4R

ore circa

brodo

S. T yphi Murium: repenara da mdagini sicrologiche.

3 - 4 ore c1rca

tonno scat. t'olio

30 minu ti - 4 · 5

to nno scat. sor- I Non idcntifìcato. t'olio

on:

sot-

carne in scatola

6- Io ore

c1rca

salsiccia al forno

Non identificato.

l

Sa! monella: rcpertata da coprocolturc.

Non identifica to.


da parte dei militari di pasti in ristoranti, rosticcerie o comunque in relazione all'acquisto diretto di cibi in esercizi pubblici. Se il numero veramente modesto degli episodi di tossinfezioni alimentari depone senz'altro per una incidenza quasi insignificante di tali forme morbose, l'esame specifico degli agenti etiologici che le hanno determinate, laddove essi sono stati accertati, richiama J' attenzione ancora una volta sul ruolo svolto in questo capitolo della patologia umana da parte delle Salmonelle anche nel l 'ambito della collettività militare.

RIASSUNTO. Gli AA., dopo aver brevemente accennato alla profila~~i delle ro-.,infezioni alimentari, esaminano l'argomento nell'ambito della collettività militare O\'e il fenomeno, grazie al controllo sugli alimenti freschi e conservati operato dagli organi della Sanità Militare, presenra a~petti ed incidenza non preoccupanti. anche ~c meritevoli di inimcrrotla ''igilanza.

RÉsuMÉ. - Les Aureurs, après avoir brièvement fait allu~ion à la prophylaxic cles wxinfections alimcntaires, ils examincnt le .sujet dans la collectivité militairc où le phénomènc préscntc dcs aspects et de l'incidence pas préoccupants, meme ~i digne d'une surveillance active, cela gr~ce au control ~ur !es aliments frai~ et conser\'és fait par l'organisation dc la Santé militaire.

SuMMARY. - The Authors outlinc shortly the alirncntary toxinfections prophylaxis and cxamint: thi~ ~ubjcct within the ambir of the military comunity. Owing to the inspection performed by the Military Heahh Servicc on fre~h and preserved foodstuffs, this phenomenon does not show worrying and features, although it is worth of continuom surveillancc.

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OSPEDALE MILITARE PRINCIPALE DI ROMA « M.O. AL V.M . S.TE:-.ì. MED. ATTILIO FRIGGER! • Dir~ttnrc::

FARMACIA

Col. :\led. Prof. E. F\HUI

LABORAT O RIO BRO MATOLOG ICO

Direttore: Ten. Col. Chim. Farrn. Dr. S. CWAT LARO

OSSERVAZIONI SULLA CESSIONE DEL PIOMBO DAGLI STRATI VETRIFICATI DELLE STOVIGLIE S. Ten. Farro. Dott. Pierluigi D'Avenia

I materiali ceramici, che si possono dividere in due grandi categorie, porosi (terrecotte, terraglic, maioliche) e compatti (gres, porcellana), sono essenzialmente costituiti da argilla. L'argilla è un materiale fin emente disperso con particelle di dimensioni dell'ordine del micron; il suo costituente base è il silicato idrato di alluminio con struttura cristallina a piani sovrapposti (caolino). Proprietà fondamental e d ell 'argilla è di assorbire acqua fino a un massimo del 70% trasformandosi in una massa plastica che può essere modellata a volontà, e che, disidratata, ad alta temperatura perde elasticità conservando invariata la forma sia pure con una contrazione di volume (2-:- 15%) a seconda della qualità dell'argilla e del tipo di lavorazione. l materiali ceramici porosi vengono « cotti » a temperature (9oo- rooooC) che ne provocano soltanto la disidratazione; quelli compatti vengono portati a temperature più alte (1250- 14oooC) alle quali ha luogo una incipiente fusione e quindi si ha la saldatura dei granuli con formazione di una massa compatta. Per lo più i prodotti ceramici vengono coperti con particolari vernici (smalti) che dopo la cottura formano uno strato vetroso, compatto e aderente (vetrina), che rende il pezzo totalmente impermeabil e. Gli smalti attualmente usati nell'industria per ricoprire gli utensili di terracotta, porcellana, ferro o ghisa, sono costituiti, alla stregua dei vetri di facile fusione, da silicati, da borati dei metalli alcalino terrosi, da composti fluorurati del silicio e da ossidi. Nelle industrie di ceramiche, per realizzare un sensibile risparmio di combustibile, si adoperano in grande quantità ossidi di piombo; in quanto agiscono anche da fondenti abbassando il punto di fusione della miscela da vctrificare. 8. - M.


354 L'inconveniente che deriva, spesso, dall'uso indiscriminato di questi ossidi è nel carattere basico che essi conferiscono ai vetri; se si altera il rapporto acido base lo strato vetrificato, che ricopre gli utensili, può essere facilmente intaccato dagli acidi sia inorganici che organici, anche se deboli, come l'acido acetico, l'acido lattico o l'acido citrico, presenti in moltissimi alimenti, sia di origine vegetale che animale, come succhi di frutta, il vino, il latte, i quali conservati in recipienti verniciati con questi smalti provocano la solubilizzazione del piombo insieme a quella di altri componenti. L'elemento più pericoloso è il piombo la cui azione è particolarmente insidiosa a causa dell'accumulo che si ha nell'organismo che determina una intossicazione cronica i cui sintomi ~i manifestano tardivamente. E' sufficiente l'i ntroduzione di uno o due milligrammi di piombo al giorno per produrre in capo a pochi mesi fenomeni di intossicaz!one; orletto gengivale turchino (solfuro di piombo), dispepsia, anemia, colica saturnina, paralisi degli estensori della mano, sclerosi renale. Nella cessione del piombo è importante tener conto sia della quantità totale di piombo ceduto sia del diverso comportamento delle parti vetrificate quando vengano sottoposte a successivi attacchi. Approfondendo in particolare quest'ultimo aspetto si è visto, esaminando numerosi campioni, che alcuni cedevano una notevole quantità di piombo al primo attacco e quantità irrilevanti nei successivi, mentre altre presentavano una cessione pressoché costante. Si è studiata allora sistematicamente la cessione operando su un numero rilevante di stoviglie (10o), cinque attacchi consecutivi intervallati di 24 ore con una soluzione di acido acetico ali' r ~o . Dai risultati ottenuti si possono dividere le stoviglie vetrificate in tre gruppi diversi per il loro comportamento nella cessione. 0 I gruppo : vetrine la cui quantità di piombo ceduta presenta una buona costanza in tutti gli attacchi. 2 ° gruppo: vetrine la cui cessione di piombo, dopo un primo attacco ed in riferimento ai valori di questo, subisce una rapidissima diminuzione. 3o gruppo: vetrine la cui cessione di piombo, dopo il primo attacco, si riduce a circa la metà e la diminuzione continua gradualmente negli attacchi successivi. DESCRIZIONE DEL METODO DI DOSAGGIO.

Ogni stoviglia prima di essere sottoposta all'attacco con una soluzione di acido acetico all'I ~ per 24 ore viene accuratamente lavata con acqua di fonte c risciacquata con acqua distillata e infine asciugata. Per ogni campione vengono effettuati cinque attacchi consecutivi con una quantità nota e costante di acido acetico all'r % avendo cura ogni volta di risciacquare con acqua distillata di asciugare la stoviglia.


355 La temperatura dell'ambiente durante le prove viene mantenuta a 20°C con uno scarto massimo, in più o in meno, cii un grado. Su una parte del liquido, dopo il contatto con Ja vetrina, si esegue un saggio qualitativo con idrogeno solforato per rilevare la presenza del piombo precipitandolo come solfuro; si sfrutta la reazione: Pb (CH3C00)2 + H 2S -7 2 CH3COOH -

PbS Ksol 7.ro-29

il sale solfuro è insolubile in acidi minerali diluiti, in alcali ed in acido cianidrico; solubile in HN03 2N bollente secondo la reazione: 3 PbS + 8 HN03 -7 4 H 20

+ 2 NO + 3 S + 3 Pb (N03) 2

con HN03 concentrato si ottiene invece :

il solfato di piombo è solubile in acido cloridrico concentrato con formazione di ioni complessi l PbCl3 l - e [PbCl4 l ~ . Per tale ragione il solfuro di piombo non si forma per azione di acido solfidrico in ambiente di acido concentrato. In ambiente di acido acetico la reazione è abbastanza quantitativa. Dalla positività, più o meno marcata, della reazione, si ha U1f orientamento approssimativo sull'ordine di grandezza della concentrazione di piombo presente nella soluzione, ciò alfine di stabilire; se è il caso di eseguire la determinazione quantitativa del metallo direttamente sul liquido acido, E>ppure se è il caso di diluirlo. Altro saggio per determinare quantitativamente il piombo sfrutta la reazione eseguita a freddo con cloruro sQdico in cui precipita il cloruro di piombo fi.occoso. Il precipitato è poco solubile in acqua fredda, solubile m acqua bollente dalla quale si separa per raffreddamento in aghi lucenti. Insolubile in ammoniaca che lo trasforma in cloruro basico Pb(OH)Cl. Solubile in idrossini alcalini con formazione di piombiti secondo la reaz10ne:

solubile in acido cloridrico concentrato per la formazione dell'anione complesso [PbCI 3 ] - che per diluizione con acqua da H (PbC13 l -7 HCl + PbC12 Solubile in acetato di ammonio.


La determinazione del piombo si esegue su dicci ml di liquido portato a pH9 con ammoniaca diluita, per titolazione con una soluzione cloroformica di difeniltiocarbazone (ditizonc), preventivamente tarata con una soluzione di idrato di piombo a titolo noto. Il ditizone

H

H

l

l

N-N -

C6H 5

/ S = C

"

N = N--CaH5

in presenza di piombo reagisce dando il complesso H

CoHs H

CaH s

l

l

l

N

N

N-N

/

"

l

/

C = S .................. Pb ,. .......

"

/

N = N

l CaHs

"l N

"

S = C

/

-

N

CaHs

ed il colore verde della soluzione vira al rosso. I valori trovati si riportano, in opportune tabelle, specificando il tipo di campione, la superficie di attacco in cmq, il volume del liquido di attacco in mi, il piombo ceduto in mg per 100 cmq di superficie e quello ceduto in m g / l. E' stato anche eseguito il dosaggio del piombo per via elettrogravimetrica sciogliendo il sale con acido nitrico e separandolo all'anodo di una cella elettrolitica com e Pb0 2 e pesandolo sotto questa forma oppure come PbO (2 Pb02 = 2 PbO + 0 2). La soluzione del sale di piombo viene addizionata ad acido nitrico concentrato e poi diluita con acqua distillata fino a Iooo cc in un becker da elettrolisi; dopo aver pesato l'anodo in un bcckcr, si fissano gli elettrodi ai morsetti, si riscalda sino a 6o°C e si chiude il circuito al valore prescritto. L'elettrolisi può considerarsi finita dopo circa due ore. Dopo essersi accertati della com pleta deposizione del metallo sull'anodo come Pb02 bruno scuro (si può far ciò innalzando di poco il livello del liquido con aggiunta di acqua distillata cd osservando se, in IO minuti, si ha


357 ulteriore deposito nella nuova superficie dell'elettrodo immersa), si lavano gli elettrodi senza interrompere la corrente, aspirando il liquido con un sistema a sifone e rinnovandolo con acqua distillata. Si apre poi il circuito, si staccano gli elettrodi e si lavano usando sempre acqua distillata. L'anodo viene collocato entro il bccker nel quale era stato pesato prima e quindi posto ad essiccare in stufa termostata a 230° fino a peso costante. La differenza di peso rilevata corrisponde alla quantità di Pb02 depositato. Per tutta una serie di stoviglie, riportando questi dati, si è visto che per una superficie di attacco variabile tra i 256 e i 302 cmq e per un volume eli liquido di attacco compreso tra i 180 ed i 550 cc si è ottenuto una quantità di piombo oscillante tra i 0,9 ed i 150 mgf l, si sono avuti risultati pressoché costanti nei cinque attacchi consecutivi. La costanza della cessione è dovuta, in questo caso, alla basicità più o meno elevata della vernice piombifera ed è perciò un carattere costitutivo, ovviamente negativo cd indesiderabile, della vernice stessa. Per una seconda serie di stoviglie mantenendo pressoché costanti i valori della superficie d'attacco ed il volume del liquido di attacco si è notata una sensibile diminuzione nelle quantità di piombo cedute dopo il primo trattamento. Il valore del piombo ceduto è rimasto stabile per questo tipo di stoviglie nei tre successivi attacchi. Questo fatto fa ritenere che il metallo passato in soluzione non debba essere quello di costituzione della vernice, ma provenga da una deposizione superficiale accidentale, avvenuta durante la lavorazione, quando le stoviglie, verniciate di fresco, sostano per il raffreddamento in locali in cui è presente un pulviscolo ricco di ossidi dt questo metallo. Tali polveri essendo finissime si depositano sulla superficie smaltata e non ancora completamente raffreddata, ed aderiscono al punto di non essere asportate da un semplice lavaggio, anche se con soluzione acida, a meno che tale soluzione non possa agire almeno per 24 ore. Infine, per una terza serie di stoviglie, sempre mantenendo pressoché costanti i valori di superficie utile di attacco e di mi di soluzione attaccante, si sono avuti valori di cessione gradatamente decrescenti in ogni attacco. In questo caso si ritiene che i due fenomeni di cui si è prima parlato, debbano essere concomitanti. CoNcLUSIONI.

Da quanto osservato si comprende, quindi, come possa essere importante che per gli strati vetrificati dalle stoviglie vengano effettuati almeno attacchi della <iurata di 24 ore ognuno con una sol uzione di acido acetico all'r % in modo da determinare in condizioni standard la quantità di piombo ceduta. In tale modo esaminando la gamma dei risultati siano questi costanti, rapidamente decrescenti o gradualmente decrescenti, si potrà dare un giudi-


zio sufficientemente esatto sulla pericolosità della vetrina , ed in ultima analisi risalendo alle cause di anomalia provvedere ad eliminarle; cosa che si presenta particolarmente ardua, sul piano pratico, in quanto gli organi preposti al controllo igienico sanitario, pur avendo determinato con esattezza la massima concentrazione ammissibile di piombo o di altri metalli ceduti per attacco di acidi dalle superfici smaltate o vetrificate di utensili destinati a venire a contatto con alimenti, non hanno strumenti legislativi validi a tale riguardo, in quanto la legge sanitaria del 30 aprile 1962, n. 283, vigente in materia, non è uno strumento idoneo giacché ripete, senza alcuna modificazione, il vecchio R.D. del 3 febbraio I9QI, n. 45, che omette di specificare la massima concentrazione di piombo tollerabile nel liquido di attacco. Le stoviglie che più marcatamente hanno presentato la cessione di piombo, tra le molte esaminate, sono quelle acquistate da piccole fabbrichette a carattere artigianale i cui dirigenti neanche si pongono il problema della possibile pericolosità, dell'uso come contenitori di alimenti, dei loro manufatti. Tali fabbrichette ubicate per lo più in località turistiche hanno grande smercio di caraffe, vasi c simili, venduti ai twisti come oggetti caratteristici di produzione locale, e che se usati sulla tavola possono provocare avvelenamenti cronici anche di intere famiglie.

RIASSUNTo. - L 'autore prende in esame una delle possibili fonti di intossicazione da piombo: il piombo che viene ceduto dagli strati vetrificati delle stoviglie, descrivendo metodi analitici sperimentali per la determinazione quantitativa del piombo. Viene descritto un primo metodo basato sulla precipitazione del piombo come sol furo ed un secondo basato sul dosaggio clcurogravimctrico del metallo. I risultati ottenuti sono discussi nel senso della prevenzione c della carenza legislativa in proposito.

RÉsuMi.. - L'auteur examinc une cles possiblcs M>urces qui provoquc l'imoxication causée par le plomb: le plomb qui provicnt cles couchcs vitrilìées dc la vaisscllc. Il décrit aussi cles méthodcs ana1yriqucs cxpérimentalcs pour la détcrmination quantitalivc du plomb. L'aurcur décrit ici une première méthode fondée sur la précipitation du plomb comme sulfurc et une seconde méthodc fondéc sur le dosage élcctrogravimcrrique du métal. Les résultats obtenus sont examinés en cc qui concerne la prévcntion et la carcnce législativc à ce sujet.

SuM~!ARY. Thc author takes into consideration onc of the possible sourcc of lead poisoning, the one of lead coming from thc vitrificd laycrs of pottery, describing analitica! expcrimcntal meù1ods for quantitative determination of lead. It is described a fim method based on the precipiLation of lcatl a~ sulphidc and a second one based on thc clcctrogravimetric dosage of rhc meta!. The obrained resulr is discusscd for prcvemion and relari,•e law lack.


RECENSIONI DI LIBRI

BEDESCHI G.:

La t-ivolta di Abele. -

Rizzoli, .Milano, 1972, pagg. 403.

E' cosa fuori dal consueto che un autore, già notissimo, ed un suo nuovo libro vengano presentati al pubblico da una persona che non sia un leuerato, non sia un critico letterario c, tanto meno, un « intellettuale 11 . Ho osato accettare quest'invito anzitutto perché l'autore è amico e collega, in secondo luogo perché è Alpino e nel suo libro parla di Alpini. Chiedo perdono all'autore c agli ascoltatori, se troveranno le mie parole inadeguate e povere, certamente insuffi cicnti per illustrare un'opera che, pur essendo di grandissimo valore letterario, varca il campo delle lettere, per inserirsi in uno spazio molto più vasto: quel lo del cuore. Il tempo a venire non avrà più leggende, cantò il poeta; una sola resterà: que 1la di una gioventù presa dalla guerra e portata a soffrire una lunga passione in una lontana terra dove non avevano limiti il freddo, la fame e la brama d'amore ... Bedeschi ritorna per la terza volta su questo motivo di leggenda non per fare della letteratura, ma perché le cose da dire sono ancora tante, ed è necessario dirle: sono tante, gli traboccano dal cuore, urgono ed incalzano come i reparti nelle nostre sfilate alpine che sembra non finiscano mai c che non ci si stanca di ammirare. Le cose da dire sono tante e tutte mosse da una necessità interiore di verità c di giustizia : non ultima quella di rendere giustiz ia ad una generazione troppo dimenticata, troppo calun niata: la sua, la nostra. Eppure, è proprio questa generazione misconosciuta e calunniata che è in grado, per aver molto vissuto c sofferto. di dire parole ferme di verità; di trarre gli incerti, i deboli, dalla palude e dal fango e guidarli al monte, per vie sicure, poggiando mani e piedi su appigli provati, offerti dalla tradizione cristiana, dalla tradizione patria, dalla sacralità indissolubile della famiglia. Questo terzo volume di Bedeschi è ancora dedicato ai suoi compagni d'arma : q uelli che sono tornati con lui, quelli che non sono tornati e quelli che, rimasti chiusi nei campi di prigionia a migliaia come uccelli m igranti nella rete, tornarono in pochi, dopo molti anni. Il lettore è quasi preso per mano c portato ad ascoltare le conversazioni di uomini provati dalla guerra che sentono di vivere in un oggi, tanto lontano dai giorni crudeli della guerra, di pace senza pace; di una pace anch'essa crudele, insidiata da un nemico invisibile che è dovunque, nell'aria che si respira, nella dissacrazione di tutte le cose sacre, nelle menzogne diffuse e propagare con ogni mezzo. tutti i giorni, a tutte le ore del giorno; nell'odio, nella violenza che offende ed aggredisce con parole, scritti, immagini dovunque offerti in nome di una male intesa libertà che è solo licenza, sopraffazione e profanazione: nella violenza. palese cd occulta, della quale prime vittime sono gli innocenti, i meno provveduti, gli indi fesi: . .. gli Abele, insomma, del nostro tempo. Parlano i sopravvissuti a guerre e prigionia; ma non è solo la loro voce che i lettori ascoltano. Essi sono portatori anche di altre voci, quelle che la guerra ha fatto tacere, q uelle che non possono farsi sentire perché le bocche che vorrebbero parlare sono piene di neve e di terra. Essi sono, in realtà, gli « Ambasciatori dei .Morti ». Hanno parole


di saggezza perché sono uomini che hanno superato prove e sgomenti; hanno parole dì verità perché in essi parlano le anime dci Morti. Sono i Morti i grandi protagonisti del libro. Essi vengono a noi dal loro luminoso, a noi precluso, mondo celeste, evocati dall'autore in forza del suo amore. In queste conversazioni dove si confondono e assommano le voci dci vivi e le voci dei Morti, vengono affronlati c sviscerati problemi importanti c compi es~ i; problemi che gravano sulle spalle dell'umanità più che il globo di Atlante; problemi che farebbero tremare vene c polsi a filosofi, sociologi, teo!ogi. Queste grosse problematiche moderne, a poco a poco, nel corso della conversazione, si dipanano, di disgregano, si semplificano; appaiono, in realtà, problemi di rutti i tempi, complessi solo per menti involute c contorte, non per menti semplici, sane e sagge. Queste menti li sanno risolvere con il buon senso, come nel passato. Così il problema dei figli che vanno educati anzitutto con l'esempio di vita operosa ed onesta, con l'esempio, che è comunicativo c benefico più delle parole, c con atrcnro, vigilante amore, non tollerante, accondiscendente debolezza, in ultima analisi viltà. Lungo la grande cerchia delle Alpi c'è dovunque un fiorire di templi c cappelle volute ed erette dagli Alpini sopravvissuti in memoria dì quelli che, comunque, non sono tornati a casa. Gli Alpini possono dimenticare molte cose, ma non chi è morto in guerra alloro fianco, non chi è caduto per aprire al fratello il varco verso la salvezza. Anche las~ù viene condotto il lettore per ascoltare, ai piedi della più prestigiosa montagna dellt: Alpi che ha dato il nome al più prcstigioso fra i battaglioni Alpini, parole semplici, chiare; concetti clc,·ati, puri; segreti ben noti ai Morti: " Il sacrificio non è mai inutile e sterile. Le anime dei Morti tornano a farsi sentire allorché i vivi hanno bisogno di aiuro per risolvere problemi che solo nei vivi sembrano insolubili. Rifuggite, uomini, dalla violenza! Rinnegate l'odio! Accostatevi con più amore al fra tello "· Così esortano le anime dei Morti. Ai dubbiosi nella fede parlano i cappellani che " conoscono la verità •• per bocca di Don Enelio. Quale teologo può parlare con più autorità di Don Enelio, l'esile, serafico Don Enelio, il buon prete che si è curvato su tutti i soffercnti, sui feriti, sui morti per deporre, nel mistero del dolore, il fermento divino della Carità? Chi, più di lui, che sostenne con le parole e con l'esempio i compagni di prigionia e li aiutò a respingere gli attentati all'anima condotti, con diabolica malizia, ancora, come sempre, da Caino? I Cappellani che «conoscono la verità >> dicono ai dubbiosi che la fede non è altro che <<Amore verso Dio e verso il prossimo >> come indicano i Legni della Croce; che la Croce è la forza capace di fermare la clava che Caino, ancora una volta, ha sollevato e s'appresta ad abbattere, con una violenza fin'ora sconosciuta, sopra un'umanità indi. fesa; che la conquista più importante dell'uomo è quella di « farsi degno di essere amato dai suoi simili >> ; che il farmaco che può guarire tutti i mali è ancora quello usato da «Cristo)), l'Amore. Tnginocchiati davanti al sarcofago vuotO del tempio di Cargnacco che attende da molti anni una salma dalla terra dove <<senza limiti è il freddo )), i Cappellani pregano che l'odio che si riversò con tanta ferocia contro l'avversario in armi c contro il prigioniero inerme abbia almeno a cessare di fronte alla morte c al dolore perché «noi uomini abbiamo bisogno che i nostri morti abbiano una tomba >•, almeno una, per tutti. Ogni capitolo, ogni incontro, ogni colloquio merita una profonda meditazione: in ognuno vi si dipanano ricordi << irti di sofferenza come rotoli di filo spinato )), ma in tutti vi si trovano motivi per arricchire la mente e il cuore, per sorreggere le speranze dei buoni. L 'ultimo capitolo è gloria alpina; è Treviso gioiosa e festosa che accoglie gli Alpini per l'annuale incontro tra vecchi compagni d'armi e di naia; vecchi per antica amicizia


che si rinnova e si rinsalda nei reciproci incl,ntri e nell'incontro ideale con i Caduti che marciano con loro, avanti a loro, reparto per reparto. Questa amicizia è per gli Alpini frutto di conquista c giu~ta ricompensa. Essi, attraverso il dovere compiuto, ~i sono riconosciuti meritevoli di ,·icendevole rispetto, degni di amarsi l'un l'altro. Per questo continuano ad incontrarsi, a ri,·ivere i ricordi, a riabbracciarsi, per poi riprendere, con nuova lena, la marcia faticosa attraverso la steppa della vita. Grazie, Giulio, per i Morti, gli immortali nel Cielo resi immortali sulla terra dal tuo amore, dal tuo ricordo, dal nostro rispetto, dal rispetto che sai suscitare, verso di loro, nei tuoi lettori. Grazie per l'indimenticabi1e compagno d'armi c di prigionia di recente scomparso che hai riponato tra noi e fatto rivivere in meno a noi. Grazie per le parole di vera Pace che hai po~to sulle sue labbra di Soldato fnvitto. Grazie per la nostra generazione dimenticata c calunniata alla quale rinsaldi la certezza di non essere stata inutile: « non è mai esistita ~ulla terra una generazione inutile ,,1 Più ancora! Di questa generazione miscono~iuta hai aperto gli scrigni del cuore e mostrato i tesori da essa accumulati, fatti di Onore c Valore, di generosità, di abnegazione; tesori ai quali i giovani di oggi e di domani potranno attingere a piene mani per nutrirsi e crescere degni dci padri. Ascolti il Dio degli Eserciti la tua c la nostra preghiera che la Clava di Caino non si abbatta mai più sull'Umanit~ indifcsa. Sia questa Umanità, il mite Abele stanco di percosse, a fermarla, a renderla innocua in nome dell'Amore e di quella fraternità di cui gli Alpini dànno esempio. Sia l'Uomo dal cuore di giglio, il minimo e dolce Francesco, non Caino, a guidare 11 La Rivolta di Abele! )), Sicché il tempo a ,·enire non abbia più leggende! Una sola resti: quella cantata dal poeta che narra di uomini tornati dopo una lunga passione da una terra lontana dove senza limiti erano il freddo, la fame e la brama d'amore. Erano pochi e consunti: ma non tornarono so!i: li seguiva una immensa torma silen ziosa: «le anime di rutti i Morti )) , Nel toccare il suolo della Patria caddero in ginocchio: la vecchia terra di Carnia ebbe un sussulto e le cime di tutti i monti si ersero a guardare i vivi che tornavano assieme ai Morti .

E. REGINATO

J. C.: LA madrt!, l'ansia t' la mortt!. Il complt!JSO dt morte catastrofica. Ed. O f S, Firenze, HJJ2, pagg. 250, L. 5.000.

RHEINCOLD

Tranasi della traduzione italiana del libro di Rhcingold 11 The mother anxicty and death )), curata dal dr. Piera'bcrto Dal Pozzo di Roma. Nella presentazione all'edizione italiana il Dal Pozzo dichiara di a'·er avuto sempre notevoli perplessità ad accettare assolutisticamente le teorie che tendono a colpevolizzare il padre. Da queste è possibile dedurre che la madre rappresenta l'elemento gratificante del nucleo familiare, dalla quale deriva il sentimento d i sicurezza dell'io. Il padre appare, invece, come il ~uscitatore per antonomasia del sentimento di colpa, in quanto delegato all'educazione morale del figlio e alla formazione del suo carattere. l fatti sembrano parlare in maniera del tutto diversa; difarri chi impone la norma del ritmo alimentare? Chi impone la regola di un ritmo dcfecatiYo, per mezzo del ''asino, e la disciplina della pulizia? Chi premia e punisce per primo? Indubbiamente la madre o chi impersona tale ruolo; il padre. per o,·,•i morivi, certamente no. L'attenzione viene quindi porcata, anche dalla quotidiana pratica professionale, su quel nucleo dinamico del comples~ di morte catastrofica costituito dall'a nsia di base, determinata da inconfutabi1i impulsi della madre.


Rhcingold fornisce uno schema di riferimento convincente per la scoperta della distruttività materna c per portare anche ad una più ampia comprensione degli atteg gìamentì delle donne in genere. Il libro tratta monograficamcJHe tre argomeOLi che possono considerarsi strettamente correlati tra loro: il rapporto madre - bambino, il significato dì ansia e la psico logia della morte. Indubbiamente non ~i può trauare l'ansia senza riferirsi alla morte o la morte senza riferirsi all'ansia, né si può indagare la fonte dell'ansia o la psicologia della morte senza l'analisi dell'influenza materna. !'\el complesso di morte catastrofica si trovano integrati i tre temi. IL vo'umc dopo la prefazione presenta sei capitoli così distinti: r) Significati di morte. 2) Atteggiamemi verso la mone. 3) Origini della paura della morte. 4) La distruttività materna. 5) Ansia di ba~c. 6) P~icopatologia e psicoterapia. Inoltre l'opera risulta corredata da una ricca bibliografia di 430 titoli dì studi specifici tratti dalla letteratura socio- psicologica, psichiatrica e psìcoanalitìca anglosassone, nonché da utilissimi indici degli autori e degli argomenri. F. ScALA

F. A.: lJattle casualtù:s and medicai statistics. U.S. Army experienu in the Korean War. (Perdite in battaglia e statistiche sanitarie. L'esperienza dell'Esercito degli Stati Uniti nella Guerra Coreana). - Thc Surgeon Generai Department of the Army, Washington D .C., 1973, pagg. Xli · 172.

RErSTER

Il volume, edito 20 anni dopo la cessazione delle ostilità dagli Organi Sanitari Centrali dell'Esercito degli Stati Uniti, riassume in uno spenro globale, quanto dettagliato, le statistiche sanitarie relative alle perdite subìte - in caduti, feriti, infortunati e malati - dalle truppe americane impiegate nel conflitto coreano. La trattazione, che si avvale del ~sregno dimowativo di 15 illustrazioni e di 109 tabelle, ~i articola in 6 capitoli (esperienze in tema di perdite e morbilità; effetti del tipo di operazione e di azione tattica; !etalità delle armi c localizzazione delle ferite; ospedalizzazione in Corea; sgombero dei pazienti oltremare; considerazioni chirurgiche, mediche e logistiche) e si conclude con 3 appendici statistiche di estremo interesse mc todologico, che offrono all'organizzatore logistico- sanitario uno strumento aggiornato e standardizzato per esprimere attendibili previsioni e valutazioni in ordine all'organizzazione ed al funzionamento del Servizio Sanitario, sia campale che territoriale, in caso di emergenza. Sebbene scritto prioritariamentc per il pianificatore sanitario ai fini della stima dcl"e perdite, degli sgomberi c delle ospcdalizzazioni, il libro fornisce informazioni significative anche al ch irurgo militare sulla natura dei traumatismi, sui loro agenti causali c sulle operazioni chirurgiche richic'>te. M. CtRO~""E

R. D., !Ato:CAR J.: Patologia clinica della wmffici~Tiza menta{~. rrice Universo, Roma, r973• pagg. XfV - 392, L . 12.700.

EASTHA.\1

Società Edi ·

Il volume - presentam dal Prof. Dr. Giovanni Bollea, Direttore dell'Istituro di europsichiatria Infantile dell'Uni\ersità di Roma - è la traduzione del libro uscito in Inghilterra nel 1968. L'opera, frutto della collaborazione interdisciplinare di uno psichiatra e di un pato logo clinico, affronta il problema, finora pressoché negletto, dell'eziologia dcll'insuffi-


cienza mentale, che, nel caso esemplificativo degli U.S.A., investe il 3,4% del totale dei nati vivi, con una incidenza annuale di circa 142.800 deboli di mente. La gravità clinica e sociale del problema, nelle sue implicazioni prognostiche, terapeutichc e preventive, emerge dalla constatazione che l'eziologia dell'insufficienza men tale, idcntificàta come dipendente da cause organiche nel 35 ~o dci casi, risulta ancora sconosciuta per il restante Gs% dei soggetti, inquadrnbili in ben 78 sindromi ad eziologia ignota, che rappresentano la nuova frontiera di oggi e di domani, impostata su basi tecnologica mente avanzate e su un approccio elettivamente multidisciplinare: ben a ragione il Prof. Bollea afferma che cc alla fine del libro si ha la netta impressione che l'attacco scientifico dell'insufficienza mentale è appena cominciato n. Dopo una premessa introduttiva c laboratoristica, la trattazione si articola nei seguenti capitoli, svolti a ritmo compiutamente e comprensibilmente schematico e ricchi di riferimenti bibliografici: malattie dd metabolismo degli aminoacidi e delle sostanze ad essi attinenti; malattie del mcrabolismo lipidico; malattie del metabolismo dei car boidrati; disfunzioni del metabolismo endocrino; disfunzioni del metaboli>mo del tessuto connettivo e delle sostanze ad esso auinenri; anomalie cromosomiche; altre malattie che causano insufficienza mentale. In conclusione si tratta di un'opera di altissimo livello scientifico e ad ampio respiro, che, nell'attuale momento di indi<;<;riminata c disinformata strumentalizzazione ambientalistica, rivaluta la prospettiva organ icistica della debolezza mentale.

GuAROASCIO~'E

V., MAZZELLA D1 Bosco \L: Il DDT t! gli altri insetticidi cloroorgattici. - Co'lana di monografic su proble:mi medico - sociali dell'Istituto Italiano di .\ofedicina Sociale, Vol. n. 84. Roma, 1973, pagg. 26<).

Al DDT cd agli altri parassiticidi cloroorganici sono attribuiti, come è noto, mcriti e demeriti. Senza dubbio tali insetticidi hanno sal,·ato un numero incalcolabile di 'ire umane, distruggendo i parassiti vettori di malattie infettive temibili (come la malaria) e sterminando legioni di insetti capaci di decimare le scorte alimenmri indispensabili perché l'uomo non soccomba nella sempre più ardua battaglia contro la fame. D'altra parte, il DDT cd altri inscuicidi cloroorganici dotati di clc\'ata ~tabilità, quali i composti ciclodienici, hanno contribuito ad incrementare il minaccioso inquina mento chimico del mondo inanimato cd animato, tanto da rappresentare ormai, al pari di altri tossici ambientali come il piombo, dei costituenti u normali>> dell'organismo. L'impiego del DDT c dei composti ciclodieoici clorurati è stato quasi dappertutto regolamentato c bandito; tutta,·ia gli Interrogativi circa gli eventuali effetti a lungo termine di questi principi atti' i e dci loro residui sono più che mai attuali cd altri insctLicidi cloroorganici sono impiegati ancora su larga scala. Esiste un ri~chio per la popolazione in genere, lrgaco all'inquinamento ambientale ed alimentare da DDT e da altri composti stabili, c, nell'affermativa, qual è la sua entità? E qual è l'entità del rischio proprio dci lavoratori che producono cd impiegano i vari i nsctticidi cloroorganici? A questi c ad altri interrogativi cerca di fornire una risposta la monografia che i Proff. Guardascione c Mazzclla Di Bosco hanno elaborato per conto dell'Istituto. utilizzando la conoscenza dell'argomento da essi acquisita anche nel corso dell'atti\'ità prc~rara nell'ambito dell'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli 1nforruni sul Lavoro.


Il presente lavoro prende in esame in una parte a carattere generale: a) il rischio generico legato all'inquinamento ambientale cd alimentare da DDT e da altri insetticidi cloroorganici; b) il rischio specifico proprio dci lavoratori addetti alla produzione dei vari principi attivi, alJa preparazione dci formulati del commercio ed all'impiego di questi nell:! lona contro i parassiti; c) la presenza di residui nell'organismo umano di soggeni appartenenti alla popolazione generale c di soggetti professionalmente esposti; d) gli eventuali effetti a lungo termine sulla base dci risultati di alcune indagini di tipo epidemiologico e di ricerche sperimentali; c) la prevenzione tecnica e medica, nonc hé la cura di affezioni indotte da tali insetticidi. I capitoli successivi passano in rassegna il DDT e gli altri principali cloroorganici (Aidrin, Dieldrin, Endrin, Clordano, Esaclorobenzolo, Esaclorocicloesano, Metossicloro, Thiodan, Toxafene), soffermandosi in particolare )ulla tossicità acuta e cronica di eia. scun prodotto nei confronti degli animali di laboratorio c dell'uomo ed illustrando vari casi di cc malattie» (alcune intossicazioni di cui una ad esito letale, alcune dermatosi ed un caso di porpora trombocitopenica) attribuiti a tali insetticidi e denunciati a titolo di infortunio o di malattia professionale.


RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

CARDIOLOGIA

J., CHoussAT A., L.~JWEAU Pu., BESsE P., DALLOCCJIIO M.: Hémib/ocs gauches anthùurs simulant rm infarcttts antéro- septal. lntbét de dérivations precordiales ltagées. - Arch. Mal. Coeur, 1972, ~. 1451- 1457.

Ct.ÉMENTY

La presenza di un'onda q in \'., \': c V 3 è generalmente considerata espressione di una necrosi antero- senale del miocardio. La conoscenza attuale di un emiblocco sinistro anteriore (ESA) rende nccci>Saria una diagnosi differenziale. Gli AA. riportano una casistica di 3 soggetti anziani, non portatori di un infarto miocardico, che presentavano, n!l'ecg, delle onde q nelle derivazioni precordiali ds che si accentuavano e scomparivano completamente quando la regi~trazione era eseguita nel 3° e nel 5° spazio inrercostalc rispettivamente. Le etiologie per la compar:,a di onde q nelle derivazioni precordiali ds sono multiple: infarto miocardico settalc, modificazioni anatomiche che portano l'atrio ds di fronte alle deri,·azioni precordiali (rotazione «puma indietro )) 1 dilatazione atriale ds}, SOHaccarico \'entricolare ds (cuore polmonare acuto c cronico), so\'faccarico vcntricolare sn, blocco di branca sn. Gli AA. conducono una diagnosi differenziale ecgrafica fra tutte queste forme e, sulla base dei dati anatomici cd elettrofisiologici recenti della conduzione elettrica dello stimolo lungo il sistema specifico di conduzione, concludono che la tecnica della registrazione ecgrafica delle precordiali ds negli spazi intercostali sopra- c sottostante al 4" è un mezzo semplice e ch iaro per differenziare un infarto antcro settale del miocardio da una immagine pseudo - infanuale dovuta ad un ESA. MELCH IONDA

J. : Les troubles de la conduction intracardiaque. Essai de clasArch. ~1al. Cocur, 1972, 6), 138r - IJ88.

FERNANT>EZ F., LE~dcRE

sifìcation. -

F.' una revisione sintetica ed aggiornata deU'anatomia e della fisiologia del sistema specifico di conduzione, alla luce delle recenti acquisizioni apportate da Rosenbaum c coli.. Tuui i blocchi possono cs~erc classificati in funzione della natura e della porzione di miocardio la cui attivazione è ritardata o bloccata, in funzione della loro intensità ed in funzione del territorio miocardico interessato. Riguardo alla ponionc di miocardio interessato, i blocchi possono essere divisi in blocchi localizzati e blocchi sistematizzati. Riguardo alla loro intensità, i blocchi possono essere divisi jn blocchi di I grado (rallentamento semplice della velocità di conduzione), di II grado (del tipo Wenckebach, del tipo Mobitz e blocchi 2/ 1) e di II I grado. Riguardo al territorio miocardico la cui attivazione è ritardata, i blocchi possono essere distinti in: blocchi seno- atriali, blocchi interatriali, blocchi atrio- ventricolari;


questi ultimi, a loro volta, rispetto alla ~dc anatomica del blocco, possono essere clas sificati come monofascicolari, bifascicolari e trifascicol:~ri. L a distinzione ccgrafica di questi può essere ora agevole con la tecnica della registrazione ecgrafìca del fascio di His. in base alla durata degli interYalli A I I ed H - V ed alla mor(ologia dell'onda H. Gli AA. concludono con una discussione sul meccanismo del rientro. MELCHIONDA

MoRA-<o PH., LAHAXCHI J., RAFFOUX PH.: La mano~uvre d~ Valsa/va: test global de la fonction myocardique. - Arch. Mal. Cocur, 1972, 65, 1483 · 1495· Gli AA. hanno apportato la loro personale esperienza sulla \alidità delle risposte alla manona di Valsalva (m.V.) nella diagnosi di insufficienz:~ miocardica. La tecnica da essi prescelta è stata quella della espir<iZione bloccala a glottide chiusa per più di 10" c meno di 15". La ricerca è Stata eseguita in soggeni normali eù in soggetti cardiopatici distinti secondo gli stadi proposti dall'.\merican lleart ANx:iation, sia con la misurazione cruenra di alcuni parametri (registrazione della pre~~ione femorale cd omerale a mezzo di un elemomanomctro, della pressione atriale ds), sia solo con mezzi incr ucnti (sfigmomanometria, registrazione ccgrafica). Gli AA. dividono la risposta alla m.V. in 5 fasi, ma i criteri per la interpretazione di una risposta normale sono soprattutto tre: caduta della pressione differenziale durante l'iperpressionc, overshoot sistolico durante i ro" che seguono l'arresto di questa, bradicardia secondaria immediata nei 2" che seguono l'ovcrshoot. Sull'analisi dci risultati ottenuti, gli AA. concludono che: a) una risposta normale (presenza dell'o\'ershoot e della susseguente bradicardia) nega una insufficienza cardiaca grave od una stenosi \'alvolare serrata; b) una risposta anormale (assenza dell'overshoot e della bradicardia) corrisponde ad una deficienza della forza contrauile del miocardio. La m. V. trova la sua applicazione più utile nelle forme latenti di insufficienza miocardica allo stadio II. E' una tecnica facile che può essere riprodotta \enza incom·enienti ed impiegata anche al letto del malato. MELCitiONDA

N.d.R.: Sull'argomento possono essere consultate le pubblicazioni del recensore m: Atti della Settimana psicosomatica internazionale Roma sett. rg67; G. Mcd. Mil., rg68, u8, 3ro; rg69, n 9, 91, 301 c 1971, 12r, 331; Cardiol. prat. suppl. r, 1g69, 69; Min . M~d ., I9JO, 61, 4059·

R., SrLtE M., BotsSEL J. P., N oRMANn J.: Le synd1·om~ click et souffle méso · A propos de formes familial~. - Arch. Mal. Cocur, I9J2, 65, '357 - 1364.

FROMENT

télésystoliqu~s.

Gli AA. riportano le storie cliniche di due famiglie (una madre e due figlie; una madre ed una figlia), nelle quali era presente la sindrome stetoscopica del click e del soffio meso - telesistolico. Dopo aver brevemente riassunto i dati della letteratura da Potain in poi e le varie interpretazioni etiologiche e patogenetichc, per cui si può escludere l'origine reumatica, gli AA. fanno osservare che in questi casi si sarebbe piuttosto in presenza di una ori-


ginc disgenetica a meccanismo miu-alico, a volte a sede endocardica (vedi malattia di Marfan), a volte a sede miocardica sul tipo delle miocardiopatie ostruttive. Quest'ultima ipotesi sembrerebbe avvalorata dalla contemporanea presenza di anomalie fonomeccanografiche (incisura sistolica dell'apicogramma, deformazione della branca discendente del carotidogramma), elettrocardiografiche (turbc delJa ripolarizzazione a topografia p~ stero ·inferiore, extrasiswli, accessi di tachicardia YCnLricolarc) e dall'anomala risposta all'ortostaùsmo (trasformazione del soffio meso - telesistolico in uno francamente ol~ sistolico) ed al nitrito di arnile (rinforzo del soffio). Poiché non bisogna completamente trascurare le osservazioni autoptiche di Gallavardin, di briglie pericardichc, e poiché, anche se raramente, sono occorsi casi di morte improvvisa, gli AA. ritengono che mollo probabilmente la sindrome del click c del soffio meso- telesistolico debba essere considerata non come una unità, ma come una sindrome stetoscopica, a meccanismo mitralico, ma da cause eterogenee cd a prognosi variabile. Gli AA. però prudentemente concludono che è ancora necessaria una indagine più approfondita nel tempo. !vfELCHIONDA

G. C., WESSE.L H. U., SoMMERS H. M.: Mitra! insuffiàency following experimental papillm·y museie infarction. - Am. Heart T., Hf72, 83, 382 • 388.

I<ISCHER

La rottura delle eone tcndincc o dei muscoli papillari del venu-icolo sn nell'uomo provoca un rigurgito mitralico, ma da alcuni anni si è introdotw il concetto della disfunzione ischemica acuta o cronica dci muscoli papillari. Molte ricerche sperimentali sono anche state fatte a questo riguardo con varie tecniche, dalla iniezione di formalina o di a!cool alla legatura per creare una ischemia focale; esse però si sono in genere limitate alle modifìcazioni nella fase acuta della lesione ed al massimo per un periodo di 5-6 mesi. Gli AA. hanno pertanto ritenuto di dovere studiare le modificazioni ischcmiche dei muscoli papillari ottenute con la legatura della circonflessa sn in 19 cani per un periodo variante da circa 9 mesi a quasi un anno. Lo svi1uppo d i un rigurgito mitralico, dimostrato con la cineangiocardiografia, si è ottenuto solo in 4 cani (22%). Questa tecnica, pur simulando strettamente la sequenza degli eventi nella occlusione coronarica umana, differisce però dalla maggioranza delle situazioni cliniche, in quanto il quadro della lesione nell'uomo è più comunemente di una fibrosi irregolare focale piuttosto che di una singola cicatrice disomogenea come accade nei cani.

M ELCJ-JI()NDA

AsoKAN S. K., FRANK M. J.,

alcoholics. -

WI11-IAM A. C.: Cardiomiopathy without cardiomegaly m Am. H eart J., 1972, 84, 13- 18.

. Il crescente numero dei soggetti alcoolisti con CMP in assenza di deficienze nutrizionali permette di affermare che l'alcool per se stesso è capace di produrre un danno miocardico funzionale cronico, ma è opinione corrente che requisito essenziale per la sua diagnosi sia la dilatazione cardiaca. La prognosi di questa infermità è piuttosto severa e gli AA. hanno ritenuto utile studiare la funzione del miocardio negli alcoolisti, prima che si instauri una cardiomegalia. Essi hanno condotto ricerche emodinarniche in 9 soggetti alcoolisti con rapporto cardiotoracico ed ecg normali ed hanno trovato un aumento della pressione tele-


diastolica venrricolare sn, una diminuzione della portata cardiaca ed una depressione della contrattilità miocardica dovuta ad una riduzione della compliance venrricolare sn. Questi pp. sono pertanto già dei cardiopatici, mentre generalmente vengono considerati dei neurotici ed i loro sintomi etichettati come «funzionali>> . Gli AA. riconoscono che non è pratico eseguire in questi soggetti delle misurazioni cruente, ma ritengono che le comuni tecniche incruente, come la misurazione dei tempi sistolici, la ecocardiografia e le prove da sforzo, possono dare già degli elementi indicativi per un giudizio funzionale attuale (e quindi tentare tempestivamente una riabilitazione), ma specialmente per avere dei parametri utili per il futuro. MELCHIONDA

K. M., EPsTEIN S. E.: Idiopathù: hypertrophic subaortic stenosis with an d without mitra! regurgitation. Plwnocardiographic differentiation from 1·heumatic mitra[ regut·gitation. - Brit. Heart J., 1972, 34, 191- 197.

LINDGREN

La stenosì subaortica iperrrofica idiopatica (SSII) è spesso associata con un rigurgito mitralico (RM) c, poiché il soffio sistolico apicale in tali pp. è frequentemente considerato come olosistolico, molti pp. con SSII sono stati erroneamente diagnosticati portatori di una insufficienza mitralica organica (IM). Per determinare se il soffio nei pp. con SSII e RM possa essere distinto da quello dei pp. con IM reumatica c da quello presente nei pp. con SSII ma senza RM, gli AA. hanno analizzato i fcg di 41 pp. con SSII con e senza RM, paragonandoli con quelli di 17 pp. con IM reumatica. Il soffio sìstolico apicale nei pp. con SSII con o senza RM è raramente olosistolico, cominciando dopo il I tono, o finendo prima della componente aortica del II tono o con ambedue queste cronologie. Purrroppo non sempre l'acustica clinica permette di potere affermare questa cronologia del soffio, per cui si rende necessario lo studio ecgrafico. Il soffio sistolico apicale dei pp. con lM reumatica è invece sempre decisamente olosistolico, finendo a volte anche oltre la componente aortica del II tono. Pertanto nella SSII con RM il soffio sistolico apicale deve avere una patogenesi differente da quello della IM reumatica. Vi sono condizioni in cui il soffio da IM non è olosisrolico (TM acuta grave in cui l'atrio ancora piccolo ostacola il RM, c quindi il soffio, in tclcsistole; prolasso di un lembo valvolare mitralico come nella floppy valve syndromc), ma queste situazioni non sono mai state osservate nella SSII. La disfunzione dei muscoli papillari è un'altra causa per la produzione di un soffio merosistolico e questa è una evenienza che può occorrere anche nella ssn, in cui una posizione anormale dei muscoli papillari produce una trazione sul lembo anteriore della mirrale (come dimostrato a mezzo della ecocardiografia), ma questo meccanismo può essere dimostrato, nella SSIJ, con la scomparsa del soffio insieme con quella della ostruzione del tratto dj efflusso ventricolare sn ottenuta chirurgicamente o farmacologicamente. In un so!o caso, sui 4t esaminati, il soffio era chiaramente olosistolico, ma aveva una configurazione in crescendo- decrescendo; dopo l'intervento chirurgico, il soffio rimase olosistolico ma assunse una configurazione più cilindrica, dimosrrando con ciò che il primitivo soffio era dato dalla somma di un soffio merosistolico da SSII con RM e di un soffio olosistolico da 1M reumatica: con l'intervento chirurgico il primo era scomparso ed era rimasto il secondo. Questo caso suggerisce che, in un p. con SSTT, può coesistere una malattia organica della mitrale, nel qual caso il RM può persistere nonostante il successo operatorio sulla ostruzione del tratto di efflusso. MELCHIONDA


SIIORT D.:

-

Clinica! significancc of minor ST f T deprcssion 111 resting electrocardiogram. Brit. Heart J., 1972, 34, 377-382.

Un segmento ST orizzontale o sorto)li,·cllato fra 0.25 c 0.50 mm ed un'onda T di zfzo dell'altezza dell'onda R precedente in una o più derivazioni sono frequenti come unica anormalità dell'ecg a riposo in pp. con sospetta coronaropatia, ma controversa è ancora oggi la loro vera interpretazione. L'A. ha ritenuto di dovere condurre uno srudio più approfondito per potere rispondere a due domande e cioè: questi quadri ccgrafici si possono osservare in soggetti sani a riposo? quale è la condizione clinica di essi? La prima risposta è decisamente negativa: in nessuno dci 200 soggetti di sesso diverso apparentemente sani solto i 30 anni si è osservato tale quadro ccgrafico. Un'analisi di 225 pp. presentanti tale quadro ecgralìco ha fatto risultare che almeno il 92°{ erano affetti da una cardiopatia: coronaropatia cd ipertrofia ventricolare sn (8o%), cardite acuta, alcoolismo, trauma cardiaco, rachicardia parossistica, rutti associati con dolore precordiale (w%); in 16 pp. (7'ì~) l'anormalità ccgrafica non è stata spiegata, ma i 3/4 di essi presentavano un dolore od una sofferenza toracici od avevano una storia fami'iare di coronaropatia. In conclmionc que~to quadro ecgrafìco può essere dovuto ad un certo numero di fattori, ma i più comuni nella pratica clinica sono la coronaropatia e la ipcnrofia vcntricolare sn. Prima però di concludere con questa interpretazione, bisogna accertarsi che non s1 tratti di artef:mi tecnici.

H., PARKAsH A., SAINJ M., \VAHJ P. L.: lione changes in congenita/ cyanotic heart diJcase. - Brit. Hcart J., 1972, 34, 412 - 417.

StNCH

Le dita a bacchetta di tamburo sono una caratteristica cosrante nelle cardiopatie congenite cianogene, ma una vera osteoartropatia polmonare è molto rara. Gli A/\. hanno studiato radìologicamentc lo scheletro di 25 pp. ed hanno trovato nel 48% di essi le cosiddette «altre alterazioni ossee>> consistenti in allargamento della diploe, striature « hair on end H, allargamento dei canali midollarì, trabecolature grossolane nel cranio, nella pelvi, nella colonna vertebrale lombare, negli arti superiori, nel g\nocchio; queste alterazioni ossee erano presenti anche nei 4 pp. con osteoartropatia ipcrtrofica. Non è ancora ben chiara la patogenesi di queste alterazioni ossee, ma si è osservato che detti pp. erano dì età più avanzata cd avevano una durata più lunga della cianosi rispetto a quelli senza alterazioni ossee. Varie sono state le interpretazioni patogenctiche, ma nessuna sinora regge ad una critica. anche quella più suggestiva di un midollo osseo iperplastico, in quanto nessuno dei 12 pp." con alterazioni ossee radiologiche aveva un midollo ìpercellulare. MELCHIONDA

J. D.: Atrioventricula1· conduction in acute rheumatic fever. Heart J., 1972, 34, 472-479·

CLARKE M., KEnH

Brit.

Il prolungamento dell'intervallo P.R (i.PR) nella febbre reumatica è un fatto frequente e da lungo tempo riconosciuto, ma ancora controversa ne è la interpretazione patogenetica.

9·- M.


37° Gli A.f\.. hanno intrapreso uno studio, da una parte per stabilire quali sono le durate massime normali di detto i.PR c dall'altra per dare il giusto valore diagnostico del suo prolungamento nella febbre reumatica. La durata dell'i.PR nei bambini normali varia con la frequenza cardiaca e con l'età c penanto gli AA. hanno costruito dei diagrammi, nei quali è segnata la durata massima normale dell'i.PR, dato di notevole importanza per poterlo rapportare con quello ottenuto nella febbre reumatica, tanto che gli AA. ritengono che sia prcferibilc misurare l'indice PR, ottenuto dal rapporto fra la durata misurata deli'i.PR nel caso in esame e quella ouenuta dai diagrammi. ~cll'84 °'o di so8 pp. con febbre reumatica l'indice PR è risultato positivo. Questo fenomeno del prolungamento dell'i.PR è però solo un aspetto di un disturbo cardiaco che occorre nella febbre reumatica, perché esso può occorrere anche in assenza di una cardite, ma solo per una lesione del tratto prossimale del fascio di His, in quanto, se è stato a volte osservato un blocco del ripo Mobitz l (malattia prossimale), non è ma1 stato osservato un blocco del tipo Mobitz II (malattia distale del fascio di His). Paragonando la frequenza del prolungamento dell'i.PR con gli altri maggiori segni clinici della febbre reumatica (artrite, noduli sottocutanei, corea, eritema marginato), si è visto che esso è di gran lunga il segno ecgrafico più frequente, perfino più frequente della cardite. L'infezione streptococcica e la glomerulonefrite acuta non sono mai state associate con si m ilari anormalità della condu1.ione a- v. Si co.ncludc quindi che i disturbi della conduzione a - v che occorrono dopo una infezione da strcptococco emolitico sono relativamente specifici per una febbre reumatica con o senza cardite e gli AA. ritengono di potere suggerire che il prolungamento dell'i.PR debba essere usato come un criterio maggiore quando si usano i criteri Jones. MELCHI ONOA

CHAKORN S. A., SIGGERS D.

C., WHARTO:-< C. F. P., DEUCHAR D. C.: Study o/ norma/ and abnormal movcments o/ mitra/ valve ring using reflectd ultrasound. - Brit. H eart J ., H!J2, 34, 48o - 486.

Uno studio prcccdenre del cardiogramma ultrasonico della valvola di Starr- Edwards ha mostraro in modo chiaro che esiste uno stretto rapporto fra i movimenti della palla c quelli della gabbia, cos1 che quasi rutti i movimenti della paJ la in. sistole ed in diastole sono dovuti ai movimenti del la gabbia, la quale, essendo solidale con l'anello mitralico, ne segue i movimenti. Sulla base di questa osservazione, gli AA. hanno ritenuto di poter interpretare il meccanismo del movimento della cuspide anteriore della valvola mitralica sia in stato di normalità che nella stenosi mitralica. Essi hanno pertanto registrato il cardiogramma ultrasonico della cuspide anteriore in 5 soggetti sani cd in 43 con malauia mitralica ed anche l'effetto di un rigurgito aortico sui movimenti della mitrale stcnotica in 8 pp. Le conclusioni alle q uali essi sono arrivati sono le seguenti: x) il movimento della cuspide anteriore della mitralc durante la sistole è dovuto interamente al movimento dell'anello nei soggetti normali; 2) l'aumento della escursione nella insufficienza mitralica ed in quella aortica è dovuto in grandissima parte agli aumenti del movimento dell'anello; 3) nella stenosi mitralica, nei suoi vari gradi di gravità, il movimento della cuspide durante la diastole spiega il movimento dell'anello; 4) la escursione totale della cuspide anteriore, sia nei soggetti sani che in quelli con vizi valvolari, rappresenta una combinazione del movimento dell'anello (cioè del


37[ movimento totale della va'vola) c di quello relativo della cuspide sull'anello. Il riconoscimento del contributo dei movimenti dell'anello permette una migliore comprensione del movimento cuspidale. MELCHIOI'o'DA

T., ALBERT H., BuEIILMANN A., SENN!NG A., L1cHTLEN P.: Haemodynamics after mitra! valvotomy. - Rea.sons for unsatisfactory clinica/ results. - Brit. Hearr

MoccErn

J., 1972, 34· 493- 5°2· La frequenza di M>pravvivcnza dei pp. con stenosi mitralica (SM) grave sottoposti a valvulotomia mitralica (VM). rispetto a quelli che non sono Slati operati, è ora decisamente più alta, ma le cause dei risultati insoddisfaccnti, ba~ati sul paragone fra i sintomi clinici postoperatori ed i dati cmodinamici, non sono chiaramente compresi. Si aggiunga a ciò che i notevoli successi oggi ottenuti con la sostituzione della valvola richiedono una rivalutazione delle indicazioni, specialmente della VM chiusa. Gli AA. hanno analiaato i dati cmodinamici venrricolari in 54 pp. con SM pura o predominante, prima e 34 · 40 mesi dopo la VM, divisi in tre gruppi secondo la presenza o meno di un aumento delle resistenze vascolari polmonari c della coesistenza di una insufficienza mirralica (IM) di medio grado. Tutti i pp. furono sottoposti acl una annuloplastica addizionale. Le cause di un miglioramento insoddisfacente dopo VM, osservato nel 17% dei pp., sono state le seguenti: t) restcnosi mitralica: è una evenienza molto rara; 2) rigurgito mitralico minimo associato con SM grave: anche questa è una causa non frequente; 3) aumemo anormale delle resistenze vascolari polmonari: è una causa piuttosto rara, anche se associato con uno scompenso cardiaco; 4) miocardiopatia preoperatoria misconosciuta: può condurre ad uno scompenso ventricolare sn postoperatorio, senza peraltro influenzare gravemente i risultati clinici; 5) calcificazione mitralica: in questo caso la sostituzione vnlvolare è certamente la più indicata per ottenere una adeguata diminuzione della pressione atriale sn media, con una apertura soddisfacente della mitrale. In conclusione la VM chiusa sembra chiaramente indicata per la maggioranza dei pp. con SM pura, perfino in quelli con grave ipertensione polmonare. In presenza di una calcificazione mitralica moderata od estesa, la preferenza invece deve essere data alla sostituzione mitralica. MELCHIONOA

lJANSING CH.

E., RowE G. G.: 1'ricuspid insufficiency. A study of hemodynamics and

pathogcnesis. -

Circul., T9]2, 45, 793 · 799·

Si ritiene che la debole struttura anatomica di sostegno della tricuspide sia la causa più frequente per una insufficienza tricuspidale (IT) nello scompenso congestizio, oltre naturalmente a!Je cause traumatiche, congenite (rare) ed alla valvulopatia reumatica. I recenti progressi della cardiochirurgia hanno messo in evidenza una maggiore frequenza di un rigurgiro tricuspidalc, il quale non rimane più una osservazione di interesse accademico, ma assume notevole importanza nella pianificazione di un intervento di cardiochirurgia, specialmente in quei casi di stenosi mitralica in cui la presenza di un intenso soffio sistolico può condurre alla diagnosi erronea di una insufficienza mitralica ed a misconoscere la vera natura del problema clinico.


Dopo una breve storia della IT da Benson, a King, a Duroziez, a McKenzie, gli AA. riportano i dati desunti da 100 cateterismi consecutivi eseguiti in valvulopatie, nelle quali 90 pp. sono stati studiati per svelare una IT con la tecnica della diluizione degli indicatori. L'angiocardiografia si è dimostrata una tecnica inattendibile nella dimostrazione di una IT, in quanro la intrpduzionc di materiale di contrasto ad alta pressione nel ventricolo ds può causare che il catetere rigurgiti nell'atrio sn o stimoli contrazioni ventricolari premature che producono una IT; solo se si è compiuta una adeguata opacizzazione e non si è osservato alcun rigurgito tricuspidale si può affermare con fiducia che una IT è assente. Notevolmente superiori sono i risultati che si ottengono con la tecnica della diluizione dei coloranti (verde indocianina), tecnica che però deve anche essere eseguita con molta accuratezza ed eventualmente ripetuta (altro vantaggio rispetto alla angiocardiografia). La presenza di una IT è stata trovata in 28 dei 90 pp. esaminati con questa tecnica, il che conferma l'alta sua frequenza nello scompenso congestizio, ma la diagnosi clitùca della sua presenza c della sua gravità è difficile e complicata dalla sua natura transitoria e dalla sua occorrenza nei soggetti con altre valvulopatie. La rilevazione e la quanùfìcazione della IT cfo di una stcnosi tricuspidale sarebbe molto interessante per il cardiochirurgo, tuttavia la decisione finale circa il trattamento chirurgico della IT, se di sostituzione valvolare, di annuloplastica, o di nessuna di esse, deve essere fatta durante l'intervento secondo il rilievo di altre normalità cardiache. MELCHJONDA

Em:.RT R. W.: Use of anticoagulants in acute myocardial infarction. 45> 903 - 9 10·

Circul., I'f72,

Nel trattamento di un p . con infarto miocardico acuto (IMA), il medico trova spesso difficoltà nel decidere se usare o meno i farmaci anticoagulanti (FA) ed è perplesso sulla scelta di essi. I quesiti che si possono porre su questo argomento sono molti c precisamente: r) effetto dei FA sulla mortalità; 2) effetto dci FA sulla incidenza delle complicazioni tromboembolichc; 3) rischio dell'emorragia; 4) uso dci FA solo nei pp. selezionati; s) uso iniziale dell'eparina; 6) controllo della terapia con FA; 7) durata della terapia con FA. L'A. dichiara francamente che molte sono ancora oggi le perplessità per potere decisamente rispondere a tutti questi quesiti, ma ritiene, sulla base della esperienza clinica cd anatomopato1ogica personale e della letteratura, di potere dare al medico pratico alcuni consigli: r) è indubbio che una coagulazione intravascolare estesa occorra in alcuni pp. con IMA (trombosi coronarica, flebotrombosi delle gambe, embolia polmonare, trombosi murale, embolia periferica) e pertanto è difficile credere che una tale coagulazione intravascolare estesa non aumenti la morbilità e la mortalità; 2) è evidente che i FA possono influenzare lo sviluppo della coagulazione intravascolare, prevenendo tutte le complicazioni trombotiche ed emboliche suddette, ma non vi è ancora una chiara evidenza clinica, statisticamente dimostrata, sulla reale efficacia di essi;

...

l

l


373 3) il rischio di una emorragia fatale da FA nell'IMA non è grande, se il tempo di prorrombina rimane in limiti ragionevoli e se sono esclusi dalla terapia tutti i pp. con malattie predisponenù all'emorragia. E' bene inoltre che la ricerca del tempo di protrombina venga fatta con una tromboplastina standardizzata, in modo da potere paragonare i risultati ottenuti in laboratori differenti; 4) la terapia con FA va usata solo in pp. selezionati: in farro ampio, storia di precedente infarto, di scompenso congestizio, complicazioni che richiedono un prolungato periodo di allettamento; 5) non vi è evidenza chiara sulla utilità della somministrazione iniziale di eparina, mentre è sufficiente l'uso iniziale dci cumarinici; 6) molto importante è il problema della interazione farmacologica tra i FA e le altre terapie farmacologiche usate nel singolo caso, in quanto queste possono potenziare o ridurre il live'lo plasmatico dci fru·maci cumarinici ed influire quindi sulle condizioni del tempo di protrombina. Ad es., i barbiturici, l'idrato di cloralio, la glutetimide, il meprobamato, l'etacrinolo e la griseofulvina abbassano il livello plasmatico dci cumarinici; il fenilbutazone, il clofibratc, la difenilidantoina, l'acido etacrinico, i salicilici potenziano l'attività dei cumarinici; effetto addizionale sui cumarinici hanno l'aspirina, l'acido aminosalicilico, il propiltiouracile, il metiltiouracile, la chinidina e la chinina; alcuni antibiotici, come il c1oramfcnicolo, la kanamicina, la neomicina, la streptomicina, i solfonamidici, le retracicline, possono diminuire la sintesi della vitamina K dai batteri intestinali, avendosi così una diminuzione della attività protrombinica; 7) dccisosi per l'uso dei FA, è prudente proseguirne l'uso per almeno I -2 anni.

M ELCI !lONDA

PERLOFF

J. K., RouERTS W. C.: The mitra/ apparatus. - Functionaf anatomy of mitra/

regurgitation. -

Circul., 1972, 46, 227- 239·

L'apparato mitralico è un meccanismo comp1csso finemente coordinato che può essere sconvolto da una molteplicità di disordini acquisiti e congeniti a carico delle sue sei componenti, isolati od associati. r) Pat·ete atriale m: Più che le turhe della sua contrazione e del suo rilasciamento, ha importanza la sua dilatazione che agisce sul lembo posteriore della mitrale, spostando!o in modo da fargli perdere il contano con quello anteriore. Una di latazione atriale provocata da un precedente rigurgito mitralico finisce così con l'aggravare il flusso di rigurgito (rigurgilo genera rigurgito). 2) Anello mitralico: Esso funziona come fulcro dci lembi mitraJici, ma i danni di uoa sua disfunzione sono dati più che da una dilatazione per se stessa, da una insufficienza della sua azione sfimcrisimilc. 3) Lembi mitra/ici: Pressoché uguali nella loro superficie, differiscono notevolmente nella loro lunghezza base- estremo libero, poiché il lembo anteriore è circa 2 volte e ;lz più lungo di quello posteriore e quindi presenta una maggiore mobilità. Le anormalità dci lembi possono essere congenite od acquisite e sono rappresentate o da un eccesso della loro superficie o da un difetto o da una riduzione della loro mobilità. Un eccesso di tessuto può provocare una deformità a cappuccio verso l'atrio sn durante la sistolc, per cui si può realizzare la sindrome della valvola floscia o del click sistolico- soffio telesistolico. 4) Corde tendinee: Le anormalità possono essere date da un eccesso di lunghezza, da un difetto di essa o dalla rottura. Sono le corde che, nella sistole, impediscono che i lembi si estroflettano nell'atrio sn. La rottura può essere spontanea, cioè senza causa


374 apparente, o per processi infettivi, ma non è mai una comp1icazione dell'infarto miocardico. Un rigurgito da rottura cordaie si manifesta improvvisamente ed è grave, ma in presenza di un atrio sn precedentemente normale e quindi piccolo, in contrasto con il rigurgito mitralico cronico grave in cui l'atrio sn è dilatato cd in contrasto con la rottura di un muscolo papillare. Viene discussa la semeiologia acustica. 5) c 6) Muscoli papi/lari e parete ventricolare sn: Questi due clementi rappresentano le componenti muscolari dell'apparato mitralico, anatomicamente e funzionalmente solidali. l muscoli papillari, che si contraggono prima della parete ventricolare, hanno una fun~ionc di ancoraggio per le corde tendinee. La disfunzione dei muscoli papillari può verificarsi o con perdita della continuità per infarto (rottura di una sola testa o dell'intero corpo centrale, ed in tal caso si ha un rigurgito acuto grave rapidamente fatale che si sovrappone al quadro simomatologico dell'infarto miocardico del ventricolo sn) o senza perdita della continuità (fibrosi, ischemia, ma soprattutto maleallineamento con alterazione degli as~i direzionali di tensione, provocato da una dilatazione del ventrico~o so). M.ELCHIO:-IDA

FISIOLOGIA FLUCK

D. C.: Catecholamincs. -

Brit. lleart J., 1972, 34, 8~ 873· Editoriale.

Gli 1- isomeri della adrenalina c della noradrenalina sono le due catecolamioe prc~cnti nel sangue; esse sono prodotrc, oltre che nelle surrenali ed in ogni tessuto

cromaffine, anche in altri tessuti in rapporto con la !oro innervat.ionc adrenergica postgangliare. La loro azione fisiologica differisce note\·olmemc, in quanto, mentre la nora drcnalina ~ il più potente vasocostriuore, l'adrenalina produce vari effetti soprattutto metabolici in condizioni di emergenza. La prima, secondo la concezione di Ahlquist, e non la seconda, è il principale ncurotrasmettitorc del si~tema nervoso adrenergico. La concezione di questo A. ~ui due tipi di recettori adrenergici alfa c beta, con le ri spetlive loro conseguenze funz ionali. è stata sinora resa valida farmacologicamente, ma non ancora istologicamente. Di notevole importanza sono le modifìcazioni metaboliche provocate dalle cateco lamine, sopranutto l'aumento del consumo di ossigeno, l'iperglicemia da aumento della glicogenolisi epatica e l'aumento della mobilizzazione dci gras~i sono forma di acidi gra,si liberi. L'A. ripona le varie concezioni dell'azione stimolante del miocardio ad opera delle catecolamine, specialmente circa l'aumento della velocità con la quale il reticolo sarcoplasmarico accumula i Ca - ioni. L'A. si diffonde ancora sul metabolismo delle catecolamine c sulle tecniche di misurazione dei loro livelli plasmatici cd urinar i, soffcrmandosi sulle difficoltà tecniche di esse per una reale comprensione della loro parte nella patologia cardiovascolare. Ad aumentare queste difficoltà si aggiunga che la misurazione plasmatica rivela una situazione sratica della catecolam in c, la cui presenza nel sangue è i nvece rapidamente variante anche solo per effetto di semplici modilìcazioni lìsio1ogichc (ad es. decubito supino, decubito a testa eretta). In conclusione allo stato auuale la ricerca delle ,•arie parti che le catecolarnine giocano nell'uomo, sia nello stato di salute che in quello di malattia, presenta problemi mo'to difficili. MELCHIO:-.'DA


375 PSICHIATRIA BELAs R. J.: Combat psychiatry an d preventive aspects o! menta! health. (Psichiatria ed aspeni preventivi dell'igiene mentale in combattimento). - Journal of the Royal Army Medicai Corps, vol. 1 r9, n. r, gennaio 1973, pp. 3 · 13. L'A., Tenente Colonnello psichiatra dell'Ospedale Militare Britannico di Singapore, riporta una relazione presentata a Bangkok nel giugno 1971 in occasione dc~la Conferenza Medica della S.E.A.T.O .. Nella premessa storica su Ila casistica psichiatrica da combattimento - che, nell'epoca antecedente la prima guerra mondiale, rientrava nella formula diagnostica comprensiva di <<shock da granata » - viene sonolineato l' indirizzo preventivo assunto, sulla base delle drammatiche esperienze del conflitto 1914 . 19r8, dalla psichiatria militare nella seconda guerra mondiale con relativo potcnziamcnto del filtro selettivo in sede di reclutamento: i riformati psichiatrici ammontarono in Inghilterra al 2% di tutti i soggetti sottoposti a visita medica ed al 3r % di tutte le riforme sanitarie, mentre negli U.S.A., attendibilmente in correlazione con più adeguati criteri e procedimenti selettivi, le corrispondenti percentuali salirono rispettivamente al 10% ed al 45% · Fu, inoltre, istituito negli eserciti di entrambi i Paesi un servizio psichiatrico divisionale, allo scopo di assicurare un trattamento specialistico avanzato e precoce dei casi di reattività psichica da stress bellico, che venivano prontamente restituiti ai reparti combattenti, evitando la cristallizzazione sintomatologica normalmente indotta, su un piano regressivo, dall'atmosfera ospedaliera. In linea di massima analoga l'organizzazione psichiatrica campale che venne adottata sul fronte coreano. Passando a considerare la specifica esperienza vietnamita, è interessante rilevare una sensibile riduzione delle perdite psichiatriche registrate dall'Esercito americano in combanimemo, come è dimostrato dalla seguente tabella comparativa di Berry:

Feriti

111

Perdite

Seconda guerra mondiale (Pacifico)

Corea

\'ic tnam

azione

3

4

r6

2

l

l

Perdite psichiatriche

Questa diminuzione slatJsucamentc significativa - in definitiva rapportabile alla convergenza di un'efficiente selezione e di un trattamento avanzato e precoce - viene attribuita in particolare all'incidenza favorevole dei seguenti fattori: periodo di permanenza in Vietnam limitato ad un anno; stile di comando e livello addestrativo; assistenza individuale sia sotto il profilo sanitario che dal punto di vista del benessere in generale; condizioni di combattimento (brevi periodi di azioni offensive o difensive); programma di igiene memale dell'esercito. Jl collasso od esaurimento psichico funzionale da battag~ia è, comunque, direttamente causato dallo Slress (isolato, ripetuto o continuato) insito nelle condizioni del combattimento; la sua frequenza è direttamente proporzionale alla durata ed alla intensità dell'azione bellica; la sua insorgenza riconosce come fattore predisponente ogni situazione di defedamento fisico.


La prevenzione delle perdite psichiatriche in combattimento poggia, pertanto, essenzialmente sulla efficienza della selezione psichiatrica; sull'avvicendamento del combattente appena sì affacciano i primi segni di collasso psichico (nervosismo, tremori, irritabilità, mancanza di concentrazione, abusi tabagici ed alcoolici, insonnia, ecc.); sul miglioramento dell'addestramento psicologico (in specie motivazionalc!) e militare, dello stile di comando, del benessere globale e dell'alimentaz.ione. Il trattamento dei casi di esaurimento psichico da combattimento deve essere anzitutto precoce ed avanzato, sulla falsariga del programma concettuale ed organizzativo già esplicitato a proposito della seconda guerra mondiale. Merita, tuttavia, una nota particolare la politica seguita dagli americani nel Vietnam, ove in un primo tempo presso ogni battaglione era distaccato un assistente sociale psichiatrico (in collegamento consultivo con lo psichiatra divisionale), il quale trattava a livello battaglione tutti i casi di pertinenza psichiatrica mediante un sistema basato su un colloquio di 15 minuti, suddiviso in 3 fasi di cinque minuti ciascuna: I) benevolo ascolto del problema; II) psi. coterapia di sostegno del morale; III) convincimento all'immediato rientro al reparto combattente. Successivamente si tornò agli schemi originari, lasciando all'Ufficiale Medico Reggimentale la competenza di decidere in ordine al rientro in linea dci casi psichiatrici ovvero al loro sgombero sull'équipe psichiatrica divisionale, costituita da psichiatri, psicologi ed assistenti sociali psichiarrici. A prescindere dalla scarsa casistica abbisognevolc di ulteriore sgombero sulle formazioni ospedaliere arretrate (psicosi, gravi reazioni nevrotiche, coesistenza di collasso psichico da combauirnento con ferite od altre lesioni), la terapia generalmente adottata consisté in ipnoterapia barbiturica endovenosa, tranquillanti del tipo delle benzodiazepine (di utile impiego anche nella profilassi), psicoterapia e riposo. La interessante rassegna, corredata da tabelle e schemi logistico - sanitari, si conclude con un paragrafo destinato ai disturbi psicosomatici (ulcera peptica, emicrania, sindromi dermatologiche e colitiche, ccc.), i quali rappresentano un equivalente della sintomatologia psico - collassial e da combattimento che si verifica in soggetti dotati di un soddisfacente assetto della personalità mediante l'intervento di meccanismi conflittuali e defensionali inconsci le cui proiezioni somatiche risultano accettabili alla sfera conscia.

M. CtRONE


SOMMARI DI RIVISTE MEDICO- MILITARI

INTERNAZIONALE REVUE INTERNATIONALE DES SERVICF.S DE SANTI~ DES ARMÉES DE TERRE, DE MER ET DE L 'AIR (A. 46, n. r, 1973): f. M. C.: Breve storia dci Servizi Sanitari delle FF.AA. Rumene; AugustÙJ Al., Popesco Al.: Aspetti immunOlogici della malaria e loro importanza nelle zone bonificate; Augustin Al., Voico V. , Popesco Al.: Implicazioni fisiopatologiche generali delle causticazioni chimiche c loro trattamento in condizioni belliche; Sou/1~ P., Derrida f.: Un nuovo sale d'eparina per via sottocutanea in cartliologia; Bories f., Merland f. J., Fredy D., Bemard S. S.: Diidroergotamina ed encefalografia gas~osa. REVlTE I 'T ER?-JATIO ·.-\LE DES SERYICES DE SA!':T~: DES ARMÉES DE TERRE, DE MER ET DE L'AIR (A. 46, n. 2, t9i3): Coelho A. E. B.: Le cri~i di perdita di coscienza e la prova di Trou~seau ~otto controllo eletrromiografico; Maca nita f. C. S.: La lotta antitubercolare nc!b Marina Portoghese; Ritta K., Scheidt E., Michaelis f.: Mezzi preventivi per ritlurre il consumo c.li sigarette nei soldati; Noel J.: Esercizio delle funzioni non- mediche nell'ambito dci Servizi Sanitari Militari; Cuevela· C.: Sulpiride nella rianimazionc e nelle urgenze; Raillat A., l-/eme N., ,\ farion f., Le Gal/ F.: Solcoscryl: un nuovo punto di impatto nel trattamento delle affezioni ulcerosc cd infiammatorie della sfera e~ofago- gastro - duodena1e; Bonc::ak J.: La peste nelle FF.AA. attraverso la storia.

ITALIA ANNALI DI MEDICI A NAVALE (A. LXXV Ili, fase. l, gennaio - marzo 1973): Zarmini D., Bonsignore D.: Pneumopcritonco e pncumomediastino da risalita rapida in subacqueo; A1oretti C., Fontanesi S., Chittoni L.: Prospettive attuali di impiego della ossigenoterapia iperbarica; Scopom M. V.: Nece~~ità della indagine audiometrica nella Marina Militare; Bonifacino C.: Aspetti di difficoltà nell'utilizzazione di clicot teri in dotazione alla M.M. per emergenze di carattere sanitario (Trasporto di feriti gravi); de Nucci C.: Carcinogenesi virale: aspetti attuali e prospettive di studio; de Vincenzo F.: Pseudo coliche renali; Pe:::::i C.: Un maestro di medicina poco noto del sec. XV: Filippo da ~filano. AN~ALI DI .'vfEl)[C fl':A NAVALE (A. LXXVlii, fase. II, aprile-giugno 1973): Di Benedetto L.: Indagine statistica sui risultati delle visite mediche eseguite presso il C.A.R.M.M. di Taranto ag!i allievi leva mare delle cla~si 1947, 1948, 1949, 1950, 1951; Stracca M.: Studio ~ul California P~ychological ]nventory; Gallo G.: Gastrite interstiziale cronica, ulcera gastrica recente, ulcera gastrica cronica e immunità; Sriglrano


G.: Lesione biochimica e tossici di impiego bellico; Massoni S.: clinico del metoexirone.

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ote )Ull'impiego

F RANCIA LE M~DECIN DE RÉSERVE (A. ~. n. r, gennaio- febbraio 1973): Marchand Patologia della deportazione; Piane! H.: Biologia spaziale ed irraggiamento cosmico; Bruneaux: La relazione medico · malato in ambiente militare.

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LE MÉDECIN DE RÉSERVE (A .~. n. 2, marzo-aprile 1973): Pacuau: I compiti della Polizia e sue relazioni con il Corpo Sanitario; Antome M .•\f.: Epidemiologia del colera - Acquisizioni recenti c problemi posti alle FF.AA.; Sarraz- Bournet: Servizio di Sanità e truppe da montagna; Muller D.: Lo sfondamento germanico a Sedan nel maggio 1940; Bruneaux: Le fughe in ambiente militare. LE MÉDECIN DE RÉSERVE (A. ~- n. 3, maggio - giugno 1973): Co/in: La fisiologia dell'assenza gravitazionale; Perrin .\1.: Trasporto aereo di malati e feriti. MÉDECI 'E ET AR~ÉES (\'ol. 1, n. 1, gennaio 1973): Fromamin .\ 1., Brcssac P., Rouv1er f., Grauau P., Gmcste f. , Bon R.: Le insufficienze gonadiche dell'adolescente; De/ahayc R. P., Gueffier G., MetgeJ" P. f. , Nathie f.: La normalità nell'esame radiologico del rachide; Vcrdy f., Siro! f., Dclpy P., Barabc P.: Aspetti ofralmologici delle lei\hmaniosi nel Tchad; Tranier f., Lcmbard C., Va/et M., Grebert P.: Attività neuro- chirurgica dell'unità sanitaria di pronto intervento ad Amman; Meunier J.: Aspetti analitici della tossicologia clinica; Laroc·hc R., Cdton H., Pare F., Mazot P., Chastel C.: Biopsia plcurica mediante toraccntesi; Laverdant C., A ntoinc fl., N i colle R., Molinìe C., Gautier D.: Nuovo tentativo di gammaglobulino pro@assi di massa nell'epatite virate; Pons f., Va n Voic n Jr. L., Pasture/ A.: Riabilitazione chirurgicoprotesica del capo e del volto; Gl"uet M., Co/ornar R., Lesbrc F. X., Chiris M.: Stenosi esofagea peptica; Bermmlini A.: 11 Servizio Sanitario nelle forze sottomarine; Marsallon A.: 29 luglio 19 ... a La Rochc- Godon. MÉDEClNE ET AR~1ÉES (Vol. 1, n. 2, febbraio 1973): Mautalen R.: L 'unità ~anitaria mi1itarc di pronto intervento; Pernod f., Kermarec f.: l pace- makcrs ; Camus

Il.: Aspetti biologici del ruolo dei bacilli morti e vivi del vaccino B.C.G.; Saint- A nd re P.: L'allergia ritardata di tipo tubercolinico nei lcbbrosi; Ehrhardt f. P.: Trattamento di morsi e punture di vcrrebrati marini; Bouchard C., Tranier f., Chauvet f.: Lombosciatalgia da stenosi del canale lombare; Levebvrc P.: Progressi nel trattamento del morbo di Parkinson; Grateau P., Bouchard C., Bocquet M., Villaros G., Rigard A.: Ictus lari ngeo e patologia vertebro- basilare; Mine f., Doury P., Bazin J. P., Pattin S., Allard P.: Su un nuovo caso di frauura vertcbrale in un malato portatore di spondilartrite anchilosante; Bourrel P.: Variazioni dell'operazione di Zancolli; Cllambon L., Rivoa/cn A.: L'opera olcrcmare dell'Istituto Pasteur. MÉDECINE ET ARMÉES (Vol. I, n. 3, marzo - aprile 1973): Gruet M., Couturìcr Y., H onora t M ., Lesbre F. X.: Collocazione della scintigrafia nella diagnostica e nel trattamento degli ascessi primitivi acuti dd fegato; Labouré J.: Il ruolo del laboratorio nella diagnostica del saturnismo; Barbotin M., Ducloux M.: Il morbo di Basedow in Africa Nera; Saint· Blancard J., Allary M., Monteil R.: Proteine serichc ed


379 ustioni; P~quis P., Furo R., Gourul f. C., Reymondon L .: L'infezione operatoria in chirurgia ortopedica; Timbal f., Coli n f. , Houtelier C.: Tolleranza al calore e sudora· zione; Masbernard A., Giudicelli C.: Una nuova molecola ipogliccmizzante con proprietà emobiologiche c vascolari (gliclazide); Despruniée f ., Graviou P., Afeymandt f .: Peritoniti acute da fistolizzazione di adcnopatie mesenteriche suppurate; Laurens A., Quinot B., Chabanne ]. P., feanney f. C., Catez S., Dautzenberg B., Hlltenbrand C.: Una osservazione di kala azar dell'adulto in Francia; Hrunel M., Regent D., Hum me1· J., Lcnormand R.: Rottura spontanea del tend ine estensore lungo del pollice; Bonm:foy P.: L'unità sanitaria militare di pronto intervento in Nicaragua; Ilertz R.: Una annata di informatica applicata al Servizio Sanitario delle FF.AA .. MÉDECINE ET ARMt.ES (Vol. r, n. 4, maggio giugno 1973): Cristau P., .\1olinie C., Essioux H., Lavudant C.: L'epatite viralc cronica; H ardei P. J.: La misurozione dci vol umi radiologici pol.monari nel giovane adulto asmatico; Courbil L. f., Barbier A., Treguer f.: Il cancro primitivo del fegato nel Sud- Vietnam. Suo trattamento mediante epatectomia parzia 1e; Pons f., Lourmet f., Bouillet D., Bortes P.: Trapianti mandibolari terminali; N guyen T. L., Drouet J., Fournie f.: Studio in vitro della riparazione di una frattura diafìsaria di un osso lungo di topolino; Courtois D.: Evoluzione delle malattie sottoposte a rcgolamentazionc ~anitaria internazionale nel 1972; Bon ]. F.: I beta- bloccanti; Laurens A., Catez S., fea11neton C., Hiltenbrand C.: Emato-chiluria da filaria; Brunei .\1. 11., ùnormand R., Fritz !!., Regent D., Hum m~ f.: Due ossen•azioni di cisti linfatiche (del me~cntcre e del mesocolon); Misson R., Guenard C., Robin P., Mtllet P., Arnoux D.: La scabbia: parassi tosi di attualità; Bon R., DenJean f. , Guilloreau A., Chonez N.: Cartella clinica registrata su nastro. Sua costituzione ed impiego. MÉDECI 'E ET AR~tES (Vol. t, n. 5, luglio - agosto 1973): Lecordier M., Richard A., Tardat JJ., Lennot f. P., T..~ger L.: Problemi medico-legali posti dai po stumi delle pseudo - cisti post - traumatiche del pancreas; Piquard 8., Palinacci f. C., Perrichaud ]. , Bourrel P.: Valore comparato dei differenti metodi diagnostici dell'emoperitoneo m:i politraumatizzati; We/fringer A., Bouchot M., Brunei M. B., Berthariou f., Humm er J.: Il cancro del colon a doppia localizzazione; Garreta L., Bourrel P., Hatisse R., Marcha/ M.: La frattura da marcia della tibia nel giovane soldato; Gaxotte P.: Il kuru; 1\'osny Y., Leger N.: Incidenti cd accidenti del trattamento con clorochina; Le Hir A.: Le eritroenzimopatic crediraric; Laurens A., Chabanne f. P., Hainaut f ., Hiltenbrand C.: Sindrome d i coagulazione intravascolarc disseminata cronica e di ipercoagu!abilità biologica latcnLc; Saint - Andre P.: La diagnostica clinica della lebbra sulla pelle nera e sue insidie dermatologiche; Siro/ f.: Le distomatosi; Delloue M.: T ratramento chirurgico delle cardiopatie ischemiche; Molinie C., Laverdant C.: La flbroscopia in gastro-enterologia.

GRECIA IATRIKI EPITI IEORISIS (\.ol. 7, n. 1, febbraio 1973): Papaevangelou G. /., Koutolidis C.: Ricerca dell'antigene B dell'epatite mediante il metodo radioimmuno· logico; Roberts C., Cleator G. M., Tsotsos A., Corbitt G.: Tecniche di ricerca dell'antigene cpatitico; Sinakos Z., Karamitsos D., Contopoulos A., Polymet1idis Z., Valtis D.: Terapia della leucemia acuta con un'associazione di citosina arabinoside, daunomicina e ciclofosfamidc; Billis A., Papadak/S E., Hatzikonstantinou V., Papadodimas M ..


Daikos G.: Diali~i e.xtra- renale (peritoncale) precoce nel traltamcnto dell'insufficienza renale acuta; Cotsijopou/os P. N., Georgacopoulou Moraki ]. : Uno studio del normale equilibrio ionico dinamico dell'ambienre extracellulare. III. Variazioni del rapporto Cl JK; Coussouris P.: Trattamento chirurgico della cìsli coccigea; Tsingos A., Fyssas P., Catsoyannis A., Douios T.: Lesioni addominali; Calogiorgas P. H.: Il segno della «silhouette >l nella localizzazione delle ombre cnclotoraciche; Costantinidis E., Coute· los D., Tsatsakos D., Athanasiou G., Vergados J.: Tossicomania per il Mandrax, un ipnotico non. barbiturico; Siapantas J.: Rianimazionc cardiopolmonare nella morte improvvisa; Kotsifopoulos P. N.: Prob'cmi tcrapeutici nella malattia emolitica da Rh nel neonato; Karadimas J.: Indicazioni cd applicazioni del corsetto Milwaukce; Kastanakis S.: Impiego del muM:olo sartorio nella plastica chirurgica delle ernie inguinali voluminose; Kevrekidis G., Toussimis D.: Errori comuni nella diagnostica della ncfroliriasi; Evangelou G., Tousimis D., Chrysanthakopoulos G., Cocolakis S., Chanios G., Ganotitlis C., Cotsyfas C.: Infortuni nel personale dell'Esercito; Assikù f., loakimidis l., Moutoussidis G.: Ispezione dello stato qualitativo ed igienico dei prodotti a base di carne esistenti in Grecia; Velentzas C., lkkos D.: Un caso di ipertiroidismo mascherato con stearorrea; Fragou A., Chatztbalis E., .\fantzouratos D.: La sindrome di Ehlers. Danlos; Castanakis S., Kevrekidis G.: Un caso di fistola coledoco- duodenale; Con toyannis P., Petropoulos A.: Anomalie congenite del piede associate con lussazione dell'anca; Plessas S.: Rottura del ~cno di Valsalva nel ventricolo destro associata con imuffìcicnza aortica; Dtafas G., Loucopoulos A.: Igroma cistico del collo nell'adulto; Cocotas N., Nomhw J., Panagiotopoulos P.: Rottura traumatica della vescica. IATRIKJ EPITHEORISIS (Vol. 7· n. 2, aprile 1973): Toutouzas P. , Chiolos A., Papa constantinou M., Deliyannis A., Aygoustakis D.: Modifìcazioni dell'impubo cardiaco nelle cardiopatie ipertcnsivc; Papoutsakis S., Elias f.: Assorbimento e secrezione di acqua ed e'euro! iti nel colon; Tsekos G., Pantos P., Papachristou E., Kontomichalou P. , Dail(os G.: Risultati clinico - laboratoristici nel trattamento con rifampicina delle infezioni gram- positive e gram- negative; Grigoras G.: Frequenza dei neoplasmi benigni del tratto digestivo in Grecia; Constantinidis E.: Il ruolo dell'assenza del padre c del trasferimento della famiglia nc!la genesi dci disturbi psicologici dell'infanzia; Raisakis G., M avroyarn11s A., Bredakis F.: R ilcvazione sicrologica della sifilide tardiva nelle reclute; Kotsifopoulos P., Gt>orgacopoulou- ;\-foraki l.: Uno studio del normale equilibrio ionico dinamico nell'ambiente extracellulare. IV. Distribuzione degli ioni; uonidts S., Defaranas E., Panagopoulos N., Glykokalamos N.: Definizione c classificazione delle lesioni dell'anca secondo la patomeccanica; Tiniakos G., Panopoulos C.: Il clomifene nella terapia della sterilità femminile; Poulias G.: Trauma toracico; Karayannis E., Arabatzis G.: Tperlipoproteincmie primarie; Kosmopoulos K. , Kyriazakou- Kosmopoulou .\1.: Stato attuale del trattamento immunosoppressi,·o nelle malattie rcnali; Panetsos A., Mantis A., Georgak,_is S.: Influenza di alcuni metodi tecnologici sulla qualità sanitaria del latte pastorizzato; Karathanasis E.: Uno studio sui grassi commestibili preparati per l'Esercito Greco; Kranidiotis P.: Gli infortuni sportivi da un punto di vista p\icodinamico; Ro:::os V.: Le malattie epatiche nel «Corpus Ilyppocraticum »; Vefentzas C., Hadjilouka - Mantaka A., Katsichtis P. , Dales N., Ikkos D.: Sindrome di Nelson; Philippopoulos G.: Analisi di un caso di mcricismo (ruminazione umana); Eva11gelou G., Archimandritis S., Chrysafidis D ., Spymu K., Schizas N.: Osteogcncsi imperfetta; Sariyannis C., .\fc.\fillan l. K.: Assenza congenita del pericardio siniMro; Roussis T.: Paralisi del nervo fcmora!e come complicazione di ap pendicectomia; Daskalakis E., Antypas G., Vassonis D.: Cisti idatidea multipla del fegato.


INGHTLTERRA )OURN.-\L OF THE ROYAL AR~fY MEDICAL CORPS (\'ol. II9, n. 1, gennaio 1973): Bclas R. f.: Psichi:Hria ed aspetti pre,·entivi dell'igiene mentale in combattimento; Wawmann R. f.: p,ichiatria c famiglia del militare; Stephens T. B.: La droga ed il soldato; Austin T. R., Rond A. C.: Alimentazione endovenosa e ferite in combauimento; Vella E. E., Goode V.: Brucellosi da vacan?.a; Owen - Smith M. S.: Appendice sinistra in un sacco ern iario inguinale; Spicer A. J.: Con~idera?.ioni sulle comuni procedure pratiche; Thin R. N. T.: Controllo a distanza del trattamento dcll'urctrite non gonococcica. JOUR~AL OF THE ROYAL ARMY MEDICAL CORPS (Vol. II9, n. 2, aprile 1973):Edwards H.: L 'addestramento del chirurgo militare; Kessel L. f., Johnston J. G.: l pcrtrofia massetcrica; Whttfield II. N : Un caso di stcnosi dell'arteria succlavia e di dita ippocratiche unilaterali; Be l'Il n D. R.: Ipersensibilità al ~uxamctonio; Spicer A. J. : Tensioni di ossigeno nel sangue arterioso c capi1larc; H edgn K.: Aspetti sanitari del Servizio Aereo Speciale; Cotvan G. O.: La medicina nel Nepal.

JOURNAL OF THE H.OY AL ARMY MEDICAL CORPS (Vol. n9, n. 3, luglio

1973): Ve/la E. E.: Il Maggior Generale Sir David Brucc; CarJon J., Webb f. F.: Il colpo di calore in Inghilterra; Youngson R. M.: Congiuntivite pseudomcmbranosa cd una lesione oculare non comune; Su/fon R. N. P., Templer M. f.: Alcune considerazioni sul'e febbri del pidocchio in Medio Oriente; Vernon -fones K.: Mcningite batterica nei fanciulli; Ali S. H .: Tenosinovite pigmcmosa vi1lo nodulare; ~\farsha/1 J. R., farvts S. E. M.: Fistole cutanee c cisti dermoidi endorachidee infette; Bakshi l. K .• Quayle /. F.: Osteomielite ematogena acuta delia clavicola.

JUGOSLAVIA VOJNOSANITETSKI PRF:GLED (A. XXX, n. 1, gennaio - febbraio 1973): Gosovic S.: Aspetti sanitari dell'immersione nelle moderne FF.AA.; Jovic R.: Meccanismo dell'azione ipotermica di alcuni composti organofosforici; Ago/i B.: Urinocultura quantitativa mediante goccia n:niva; Drobnjakovic A. e col/.: L'amigene Australia nei donatori di sangue dell'Esercito Jugoslavo; Dangubic V. e coli.: Il valore dell'elettrocardiogramma nella diagnosi dell'ipertensione polmonare ne: i pazienti tbc; Savic f.: Comparsa della protcinuria dopo :.forzo fisico; Katalinic A. e co/l.: Il compito del farmacista nella difesa nazionale totale; Hranilovic A.: Valuta?.ione delle scorte di materiale sanitario e farmaceutico per la difesa nazionale totale; fokic N.: Trattamento chirurgico primario di estese perdite di ~ostanza delle pani molli dell'arto inferiore combinate con frattura ossea; [.,etica Z. c co/l.: Ascesso cerebrale c meningite purulenra secondaria; Apostolski A. e col/. : Miocardite nelle allcrgosi cutanee acute e croniche; Randelovic S. c co/l. : Arterite di Takayasu con sindrome dell'arco aortico; Radovanovic S.: Regime dietetico per la diatesi urica. VOJNOSA~11TETSK I PREGLED (A. X...U, n. 2, marzo - aprile 1973): Mitrovtc M. e col/.: Vedme anuali sulla timpanoplastica; Cosic V. e col/. : Arresto cardiaco causato da fibrillazione ventricolarc c risultati della rianimazionc; Posinkovic B.: Pscudoartrosi diafisaria delle ossa lunghe; 13iocina f. e colf.: Valore della fonocardiografia nel-


la pratica clinica; 7.atrici A.: Riduzione della lussazionc della spalla; A goli B. t col/.: Misurazione quantitativa de'la contaminazione batterica dell'aria; Milicevic S. t coll.: Effetti del laser sul corpo umano e misure protettive; Mladinic l.: Un caso di coagulazione endo"asale disseminata posrtraumatica; Tomastvtc M. e col/.: Sepsi stafilococcica dopo ~prcmitura di un foruncolo del volto; Vtselinot,ir Z.: Storia del Servizio di Sanità della Guerra di Liberazione Nazionale; Katan E.: Documenti importanti sull'organizzazione del Servizio di Sanità nel 1942 prima della promulgazione dello Statuto. VOJ. OSANITETSKJ PREGLED (A. XXX, n. 3, maggio giugno 1973): Jankuloski A. e coll.: Trattamento medico generale e chirurgico degli infortunati in un ~i­ nistro ferroviar io; Hlaca D. e col!.: Difficoltà d iagnostiche e possibilità di riconoscimento delle infezioni da adenovirus durante epidemie di malattie respiratorie acute; Vujo.rrt•tc K. e coli.: Il problema della droga ne!l'ambiente militare; Stanojlovtc 7.. e co/l.: Trattamento delle ferite da fucile da caccia; Popovic R. e colf.: Determinazione colori metrica dei ~ali di rame; Gasparov A. e coll.: Problemi ~anitari, economici e sociali delle malattie del tratto digestivo richiedenti in Jugoslavia un organizzato servizio gastroenterologico; Damjanov /.: Uso diagnostico del microscopio elettronico; Dragic B.: Farmacopea e doveri degli organi sanitari militari; Simie B. e colf.: Pericardite essudati va costrittiva ed arresto cardio-circolatorio; Ciko Z. e colf.: Contributo alla patogenesi dell'insufficienza n•nale acuta nell'emoglobinuria da marcia; Vuiicic M. e coli.: Nuova tecnica di esame del sistema linfatico.

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REPUBBLICA FEDERALE TEDESCA WEHRMEDIZL ISCHE ~10. ATSSCHRIFT (A. 16, n. 3, marzo 1972): Schmelzàsen H., Ede/mann P.: Trattamento della distorsione malleolarc; Mobest H.: Validità della vaccinazione antitifica nelle FF.AA. Federali; W ande/ A., Souchon F., Seemann K.: Audiometria quick- check, profilo audiometrico e valu tazione critica; Altwein J. E., Mairou U. B., Wegntr K.: Il linfoma maligno come causa di morte nei so!dati delle FF.AA. Federali. WEHRMEDIZINISCHE MONATSSCHRIFT (A. 16, n. 5, maggio 1972): Sko luda D., Stockamp K.: Shock da endotossine. Patogencsi e clinica; Hiigele D., Streit W.: Ronura di aneurismi endocranici come causa di morte nei soldati delle FF.AA. Federali; Giirtner F.: Disturbi della funzione della mandibola con particolare riguardo ai postumi della fra ttura del processo mandibolare; Uitchens Il.: Indicazioni dell'asportazione chirurgica di denti ritenuti c dislocati. WEIIR~fEDIZJNfSCHE MONATSSCHRIFT (A. 16, n. 6, giugno 1972): Kiintscher G.: L'importanza dd distrattore come apparecchio per l'immobilizzazione delle fratture c per il trasporto; Schmahl K.: Errori diagnostici nei pazienti in età soggetta al servizio militare; Pawlak H.: Patologia e trattamento delle ustioni chimiche da yprite; Hiigele D., Teige K.: Rottura ~ponranea della milza nel morbo di H odgkin.

WF:HRMEDIZINISCHE MONATSSCHRJFT (A. 16, n. 7, luglio 1972): Kraack f., Hobrecht R.: Presenza ed identificazione di sostanze antibioticamente attive nel rene del maiale; Schallehn G.: 11 significato delle multi- infezioni anaerobiche cd acrobiche per la comparsa e l'evoluzione della gangrena gassosa nelle cavie; Schulte - Herbruggen G., Jarausch K. H.: J1 problema dell'insufficienza renalc acuta in condizioni

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di catastrofe; Hagele D., Skoluda D., Brlnkrolf H.: Tnfarro acuto del miocardio: trattamento di emergenza a domicilio ed io ambulanze militari; Ricke1·s C.: Caratteristiche biografiche dei drogati. WEHRMEDIZINISCHE MONATSSCHRIFT (A. 16, n. 8, agosto 1972): Ritter G.: Metodi impiegati nella statistica sanitaria; Bauer H.: La sindrome del tunnel tarsale; Ottmann K.: 11 check · up sanitario in ambiente militare; Schulze W.: Colera ame portas. WEHRMEDIZINISCHE MONATSSCHRlFT (A. r6, n. 9, settembre 1972): Ahnefeld F. W. : Patofisiologia e terapia delle ustioni; Clauberg G.: Problemi anestesiologici nei recenti polifratrurati; Langen D.: Problemi della dipendenza da droga; Hopf E.: Profilassi di ricadute mediante igiene orale selettiva dopo trattamento paradentario conservativo. WEHRMEDIZINISCHE MONATSSCHRIFT (A. r6, n. ro, ottobre 1972): Schmitt L.: Il concetto vocazionalc dell'Ufficiale Medico dell'Esercito; Dolp R.: Diagnosi e terapia d'urgenza dc~lo shock; Bauer H.: Puntura e cateterismo della vena succlavia come approccio venoso d'emergenza; Wessefy P.: Modilìcazioni delle abitudi"ni tabagichc cd alcooliche nella prima fase di vita di caserma. Osservazioni effettuate nell'Esercito Austriaco. WEHRMEDIZINISCHE MONATSSCHRIFT (A. r6, n. 11, novembre 1972): Bierther M., Schliiter G.: Ricerche con il microscopio elettronico in tema di effetto protettivo dell'ipotermia sugli organuli cellulari durante esposizione corporea totale a raggi X; Miiller . L;immroth W., Klinger K. P.: Variazioni di potenziali evocati da differenti situazioni di stress mentale; Aldus H. O.: Esperimento con una speciale gomma da masticare come mezzo temporaneo per assicurare l'igiene oro- dentale in situazioni di emergenza. WEHRMEDIZINISCHE MONATSSCHRTFT (A. 16, n. r2, dicembre 1972): Schadewafdt H.: Combattenti c non . combattenti. Influenza delle catastrofi belliche sulla popolazione civile. Una rassegna storica; Schaller K. F., MaZze H., Rieth H.: L'incidenza dei dermatofiti nella zona d i Amburgo; Schneider K.: L'ospedalizzazionc dei soldati nelle istituzioni chiuse; Dolp R., Franke W., Ahtzefeld F. W.: Un variabile sistema di anestesia in condizioni primitive. WEHRMEDIZTN UND WEHRPHARMAZTE (Vol. ro, n. r - 2, gennaio-febbraio 1972): Jung K.: Frequenza dei farrori di rischio coronarico nei piloti di aviazione delle FF.AA. Federali; Ritte~· K., Scheidt E., Michae!is J.: Inchiesta sulle abitudini ta· bagichc delle FF.AA. Federali nel 1970. WEHRMEDIZIN UND WEHRPHARMAZIE (Vol. ro, n. 3-4, marzo · aprile 1972): Pioch W.: La prova del nistagmo rotatorio nella valutazione delle anomalie psico- fisiche; Ladewig D.: Determinismo ed effetti della dipendenza da canape e da allucinogeni; Waterloh E., Rittel H. F.: Impiego dell'elaborazione dei dati elettronici nello studio della funzionalità polmonare; Heitmann H. J., Sturde H. C.: Sulla diagnostica della sifilide; Karzter F.: Analisi delle urine con metodi rapidi. WEHRMEDTZTN UND WEHRPHARMAZJE (Vol. ro, n. s-6, maggio-giugno 1972): Gèirtner F.: Gli impianti nella chirurgia plastica delle lesioni del volto; Ober-


mayer H. A.: Il ritmo circadiano nella re gol azione della circolazione periferica; W eidmarzn K. G.: Azione allucinogena e costituzione chimica. WEHRMEDIZIN UND WEHRPHARMAZIE (Vol. 10, n. 7-8, luglio - agosto 1972): Hauck G.: Metodi dimostrativi delle sostanze voluttuaric c delle droghe nei liquidi organici; Leucht E.: Tossici inebrianti e loro azione; Reich G.: Una prova di concentrazione liminarc per la dimostrazione di apoatropina e di belladonina nelle soluzioni iniettabili di solfato di atropina; Dette F.: Proposta per una semplice ergo.. metria nelle ricerche campione; Watermann R.: Sul Medicus duplicarius. WEHRMEDIZIN UND WEHRPHARMAZIE (Vol. ro. n. 9- 10, settembre ottobre 1972): Meyer - Delius J.: Studi fisiologici sulla esauribilità nella vigilanza e nella coordinazione visivo- motoria nei climi caldi; Schmeisser W.: Sulla terapia di movimento nelle malattie ischerniche del cuore; Kirchhoff H. W.: Ricerche sui ritmi circadiani in tema di dosaggio dei farmaci.

ROMANIA REVISTA SANITARA MILITARA (n . r, 1973): Vainer E., Socosan Gh., Zamfir C. N., Serban L.: Aspetti attuali dell'immunità tubercolare; Pauna N., Rusu M., Orheiu C., Popescu l., Nicoara H.: Valore dell'esame radiologico nei traumatismi addominali; Tudosie A.: Aspetti della rianimazionc immediata e dell'anestesia nei traumatizzati toraco- addominali; Gordan G., Birleanu S.: Problemi attuali della diagnosi precoce dei cancri primitivi bronco-polmonari; Suteu l., Cindea V., St,.imbeanu l., Bucur Al.: Trattamento e rischio operatorio nelle colecistiti acute; Mat·inescu B., Teodorescu C.: Considerazioni sugli aneurismi dell'aorta addominale; Menaide !., Nica l., Ca/in V., Ghisoiu M., Calitz E.: L'ematoma retropcritoneale nei traumatismi addomina.li; Popescu Gr., Marculescu M., Tesoiu M., Popa N., Chio,.eanu V.: Problemi concernenti l'intervento medico- chirurgico immediato nelle lesioni addominali; Apreotesei C., Tahula N., Dragan R.: Studio comparativo su certi metodi di dosaggio dei cloruri urinari; Ciuca Tr. , Mihalache V., Haimovici l.: Studio dell'azione in vitto dei fattori curativi naturali sul Trichomonas vaginalis; Pintilie l., Teodorescu C., Popescu T. C., Zamfirescu N. R.: Variazioni morfologiche dell'onda pulsatile arteriosa determinate dall'associazione dello sforzo fisico con l'ipossia ipobarica acuta; Nastoiu l. V.: Correlazioni tra fattori meteorologici cd eosinofilia nel personale aeronavigante; Zamfir C., Turcu E., Efanov Al.: Considerazioni sulla profilassi di certe malattie cardio-vascolari nelle FF.AA.; Stancu Al., Diaconescu N.: Considerazioni sull'ipertensione arteriosa in pediatria; Tita R., Tuia M., Nica L., Palcu L.: Apparecchio elettrico termoregolabile per la fusione e la filti·azione degli eccipienti grassi utilizzati in farmacia; Macarie 0., Conicescu O.: Preparazione di compresse- reattivo per l'acetonuria. REVISTA SANITARA MILITARA (n. 2, 1973): Zamfir C., Verinceanu V., Macarie C.: Classificazione c forme eziopatogenetiche dell'ipertensione arteriosa secondaria; Turcu E., Efanov Al., Urseanu l.: Diagnostica c trattamento dell'iperaldosterooismo primario; lonescu M., Zelter E., Cazan A., Ciocidie D., Tintoiu l.: Trattamento dell'ipertensione arteriosa secondaria a ndropatic parcnchimatose; Simbotin C., Marinescu B.: Diagnostica e trattamento dell'ipertensione arteriosa nella sindrome ipcrcatecolica; Marina O. l., Niculescu Gh.: Implicazioni tcrapeutiche dell'aspetto biomeccanico delle fratture del collo femorale; Danicico l., Draghici N., Parvarzescu !. : Tnci-


denza c significato della partecipazione del settore addominale ai politraumatismi prodotti dagli accidenti del traffico; Suteu 1., Vaideanu C., Mancas O., Cindea V., Bucur Al.: Traumatismi epatici; Trinca D., Bocaneala 0., Oancea Tt·.: Considerazioni sul trattamento chirurgico delle lesioni del colon; Dragomù·escu L., Carini V.: L'intervento medico- chirurgico immediato nelle lesioni toraco- addominali; Gordan G.: Ricerche sul valore dello iodio nella disinfezione dell'acqua; Baidan N., Buiuc S.: Coloboma congenito irido- cristallino bilaterale; lonescu C., Nastoiu l.: Biometeorologia aeronautica in Romania; Caliani S., Ct·istescu A., Lucanescu M., Manolache A., Mateescu L.: L'uropepsinuria nel personale aeronaviganre; Tudot· V., Enea Gh.: Studio epidemio· logico di un focolaio di tossi- infezione alimentare da salmonella typhi murium; Vainer E., Socosan Gh. , Zamfir C., Mihailescu M.: Metodologia dell'inchiesta epidemiologica per la tubercolosi nelle unità militari; Dumitrescu L. l.: L'organizzazione di un gabinetto stomatologico secondo i principi dell'ergonomia; Chelemen N.: L'attività del Servizio Veterinario nell'identificazione rapida degli agenti patogeni in condizioni campali; Oita N ., Surpateanu Gh.: Dimeri ottenuti mediante ossidazione della fenotiazina dissolta in dimetilsulfossido in presenza di acidi minerali.

SPAGNA REVISTA DE SANIDAD MIUTAR (Vol. XXXV, n. r, gennaio 1973): Criado Cardona R.: Cinquantenario della consegna dello stendardo al primo comando di truppe di Sanità Militare ( r6 dicembre 1922); Gania Perla A.: Chirurgia preprotesica della tuberosità mascellare superiore; Lopez Fernandez G., Casado De La Fuente M., de la Torre Fernandez f. M.: Carbonchio; de Uano Beneyto R.: Diagnostica della malattia emolitica del neonato per incompatibilità ABO; Calve C.: Indagine statistica dell'Antigene Australia con la tecnica del Latex in r.ooo donatori di sangue; Izquierdo Rivas F.: Alimentazione dei gastroresecati per ulcera gastroduodenale; Pellicet· Lou,·eiro f. : Il vomito in anestesia. REVISTA DE SANIDAD MILITAR (A. XXXV, n. 2, febbraio 1973): Alonso Fernandez S.: Anestesia nell'insufficienza renale irreversibile; Mareno Garcia f .: Adattomerro ed adattometria; Pastor Gomez f. M.: Epatite virale nel soldato. Problemi clinici e terapeutici; Iribarne Rodt-iguez F.: Allergia in dermatologia; Nieto V ales f. M.: Significato statistico dello sforzo fisico nell'attività enzimatica del siero; Marco Clemente f.: Filosofia ospedaliera. REVISTA DE SANIDAD MILITAR (Vol. XXXV, n. 3, marzo 1973): Calve Brunengo C.: Indagine statistica dell'Antigene Australia con la tecnica del Latex nei donatori di sangue; Rodriguez V elazquez T.: Guerra biologica; Crespo - N eches A. y Alvarez de Nicolas: Fusione vertebralc con cemento sintetico; Peiiarrocha Montoya L.: Chirurgia del cancro lari ngeo; Perez Pena A. : TI trauma sonoro in ambiente militare; Yeste Del Olmo B.: Le vagotomie. REVISTA DE SANIDAD MILITAR (Vol. XXXV, n. 4, aprile 1973): Perezliiigo Quintana F.: Considerazioni sulla chirurgia della milza; Perez Azorin f.: Il futuro dei servizi di rad iologia in un grande centro ospedaliero; Almendral Lucas f., Martin - Laborda F.: Brevità congenita dell 'urerra; Crespo - N eches A.: Sequele postEratturative del calcagno; Machuca Santa- Cruz J.: Ritardo di consolidazione e pseudoartrosi; Garcia de LeoTJ Alvarez M.: Involuzione e sindrome post- traumatica del cranio;

IO.- M.


Sp1rg1 E. H .: Conclusioni tratte dalle guerre del Vietnam e Biafra m materia di chirurgia di guerra. REVTSTA DE SANIDAD MILITAR (Vol. XXX\', n. 5, maggio 1973): Fernandez Galaz C., Marin B., Rabadan F.: Dati antropometrici dei soldati spagnoli; Martin Albo A.: Considerazioni sulla chemioterapia antineoplastica; Crespo-Neches A., Afvarez de Nicolas: Trattamento chirurgico delle fratture malleolari; Mareno Chaparro J.: Possibilità di diagnostica sinclromica con la scala di W cchsler - Bellevue; Arcas Romuo C. : Alcuni aspwi dell'angiografia fluorescinica; M alava/ L., Mautafen R.: L'elemento sani ta rio dell'intervento rapido.

SVIZZERA SCHWEIZERISCHE ZEITSCliRIFT FOR MILITARM EDIZ I~ (1972, n. 1): Rossetti M .: Integrazione della medictna di catastrofe nell'addestramento sanitario; Bircher f . L.: Trasferimento di un o~pedale di pace in caso di catastrofe; Ganzom N.: Proposte per l'addestramento in chirurgia di guerra. SCHWEIZERISCHE ZEITSC IIRIFT FOR MILITARM EDIZIN (1972, n. 2): Musso E.: Medicina eli catastrofe. Trattamemo dei feriti in massa; Frey R.: Anestesia e rianimazione in catastrofi e sotto condizioni primitive; Douard J.: Il piano ORSEC di emergenza massiva può essere adattato ad altri Paesi?: Baumann f. A.: Organizza zio ne delle unità sanitarie per l'intervento su grande scala in caso di catastrofe; .\1urdock f. R.: Impegno dei posti di primo soccorso della Difesa Civile e degli ospedali di campagna; Baumann f . A.: L'in~gnamento della medicina di massa; Kasu R.: 11 servizio sanitario integrale. SCIIWEIZERISCH E ZEITSCIIR IFT FOR MILIT.-\RMED IZ IN (1972, n. 3): Buri P. : Lesioni da guerra dei vasi sanguigni; Canzo ni N.: Ustioni ; Neff G. : Soccorso dci feriti - dove?; Clodius L.: Primo soccorso nelle lc~ioni del capo. SCHWEIZERISCHE ZEITSCHRIFT FDR MILITA.RMEDIZI;-.1 (1972, n. 4): Fucher R.: Esperienze di impiego di un nucleo chirurgico della Croce Rossa Svizzera nel Bangladesh, dicembre 1971 gennaio 1972; H eu E.: Contaminazioni tossi- infettive delle carni. SCHWEIZERISCHE ZETTSCIIRIFT FOR MILlTARMEDIZIN ( 1973, n. 1): Mautaltn R .: L'e1emento sanitario di intervento rapido; Jenny E.: Salvataggio con l'elicoucro su terreno di alta montagna senza possibilità di atterraggio; Kiiser R.: Sui risultati sanitari della leva delle reclute.

U.S.A. MILITARY MEDICINE (Vol. 138, n. 1, gennaio 1973): Hnrro(as A.: Coagulazione intravascolare di~seminata; Hafermann D. R. , Cooper T. S., Chesney .\f. A.: La spcctinomicina nella gonorrea di origine asiatica: Sift1ersuw D. M .: Uno studio della rcsiMcnza in vitro ed in vivo del gonococco di Taiwan a dosaggi graduati di


penici!Jina (con probcnccide) con c ~nza meticillina; D~vtn~ L. F., Hannah f. .\1., R. O.: Minociclina e rifampina: uno schema di trattamento proposto per l'eliminazione dei meningococchi dal nasofaringe dei portatori sani; Clayton A. J. , Lise/la R. S., Martin D. G.: Melioidosi: una ricerca sierologica nel personale militare; Cauidy f. E., Park~~· W. Il., Hutchins D. W.: Esigenze dell'assistenza odontoiatrica delle reclute di sesso ma~chile dell'Esercita; Boehm P. H., Salerno N. J.: Anormalità mestruali nella popolazione delle reclute di sc~so femminile della Marina; Iloward W. A., Krotoski W. A., Slonim .H. S., Contacos P. G.: Rottura spontanea splcnica nella malaria da vi\·ax: Cr~t~ko-' C. f. G.: Comuni ~indro­ mt psicologiche dcii:! moglie del militare. Hag~rman C. R., Rhod~ S. L.. Puk1paugh

MILITARY MEDICINE (Vol. 138, n. 2, febbraio 1973): Segai f.: Considerazwni terapcutiche nella pianificazione del ritorno in Patria dci prigionieri di guerra americani; .\1organ D. W., Klànmar1 Il. F.: Fattori sociocconomici e servizio militare; B~­ mill" C. R., Rog~rs A. K., V~rtuno L. L., Dempsey f. f.: La sindrome insulina-obesità; Cutl~r f. C., UtidJian H. M. D., Singh B., Amo/d R. C.: Studi su una preparazione vaginale atta ad a~sicurare sia la profilassi comro le malattie veneree e le altre infezioni genitali che la contracczionc; fackson F. E., Fl~mmg P. M., Wilcox f. R., Barbarick D. L.: La neuroleptanalgc~ia per l'angiografia carotidea nei pazienti neurochirurgici: Sawell J. M., Russell R. M .. lonata V. J.: Il test Tinc rubcrcolinico nei militari di truppa dell'Esercito degli Stati Uniti impiegati nel Vietnam. MILITARY MEDICI~c (Vol. 138. n. 3, marzo 1973): Berlinga F. G., Flow~rs H. H.: Alcune o~~ervazioni sul trattamento dei morsi di serpente nel Vicrnam; Flowers !/. H., Berltngu F. G.: L'importanza p~icologica dei ~crpcnti per il soldato combattente; M01-gan f. R.: Aneurismi vcnLricolari; Ansbach~r R.: L'induzione dell'ovulazione con FSH c HCG; Butler T.: Carenza d i glucosio - 6- fosfato deidrogenasi e malaria nei Negri Americani in Vicrnam; Klebanoff G., llollander D., Ostun R. T., Kemm"u W. T.: Circolazione crociata uomo- babbuino nell'insuflicien7a epatica; Silverstein M. f., Sih•rrstein C. R., Shulman S.: Peritonite gassosa spontanea; Cioffì R. F.: Glomcrulonefrite focale: Viloukas f., Rob~rts M. P., Owms G.: Monitoraggio diretto cominuo delle pO: e pCO_ epatiche nella arterializzazione par.t.iale del fegato del cane. MILlTARY MEl)lCINE (Vol. q8, n. 4· aprile 1973): n,·il/ N. Q.: Il problema della marijuana in pro~pettiva; Rubt'n H. L.: Confidenzialità e comunicazioni privilegiate: la situazione del medico militare: Franklin R. R., Smith R. I-1., Burham IV. A. : Ricerca cardiologica su 275 Coreani adulti di sesso maschile. I. Pressione arrenosa; Mays E. E.: La contamina.t.ione batterica nelle attrezzature di terapia inalatoria: comparazione della decontaminazione effettuata da tecnici qualificati c da personale di sala; Shvartz E.: Progno~i e trattamento dcll'insuffìcicnza ortostatica; Appleton 11., Wolfe M. S .. Mistowt G. f.: La clorochina come antimalarico: assenza di effetti visivi; Stuart R. B., Robinson J-1. A., Re~d R. F.: i\dde~tramento e ruolo degli assistenti sanitari nel Corpo Sanitario dcii'E~ercito. ~flLITARY MEDICI!'.TE (\'ol. 138, n. 5· maggio · ~m): Sta<y H. G., Young ·\1. D., Fairchild G. R.: Una ricerca per valutare i potenziali ri\Chi di malattia umana lungo i tracciati del proposto canale al livello del mare in Panama e Colombia. I. Introduzione; Eldndge R. F., Faù·child C. H.: Una riccrc;, per valutare i potenziali ri~chi di malattia umana lungo i tracciati del proposto canal<: al livello del mare in Panama c


Colombia. II. Geografia dei tracciati proposti; Ellenbogen C.: Problemi di interpreta· zione dei test cutanei alla tubercolina; .\fatthews f./., .\lolttor f. T., Hu11t K. K.: Leu copenia e trombocitopenia da pirimetamina in un paziente affeno da malaria e sprue tropicale; Hamen f. L., Ndson f. A., Smith B. H.: Una nuova ala del W alter Reed Army Medicai Cemer; Conna D., Pearson .\1.: Evoluzione del ruolo di un servizio di consultazione di igiene memale nelle relazioni razziali; Caflan f. P.: Programma di consultazione di igiene mentale in un centro di addestramento deli'Esercico; Dehart R. L., Som:ntit1o f. P.: Esperienza con abuso di droga; Uoyd S. f. , Frates R. C., Do· mer D. C.: Valutazione clinica di 8r eroinomani nel \"ietnam.


NOTIZIARIO

NOTIZIE TECNICO- SCIENTIFICH E

Film documentario sull'educazione sanitaria.

L'Istituto Italiano di Medicina Sociale, presieduto dal Prof. Alessandro Seppilli e diretto dal Prof. Vittorio Rivosecchi, nel perseguimento dei suoi fini istituzionali, non può non impegnarsi seriamente nella divulgazione delle conoscenze a difesa della salute, avvalendosi di tutti i moderni strumenti dell'educazione individuale e di massa. cc La divulgazione, infatti - come ebbe ad affermare il Prof. Seppilli, in occasione della ce!ebrazione del cinquantenario dell'Istituto - è tlivenuta una esigenza insopprimibile della difesa della salute, sotto la spinta convergente della nuova nosologia e della crescente richiesta della popolazione di conoscenza e di partecipazione alla soluzione dci problemi essenziali della vita di tutti e di ciascuno ». Nel quadro delle attività future, pertanto, l'Istituto ha programmato per ·sviluppare le tematiche dell'educazione sanitaria, fra le quali figura la produzione di films indirizzati verso una propaganda capillare diretta o verso 1a preparazione di educatori sanitari. Il primo fi lm documentario realiz:t.ato con queste fina]jtà su l principali sussidi usati nell'educazione sanita,-ia, già proiettato con vivo successo in occasione tlelle manifestazioni celebrative del Cinquantenario della fondazione dell'Istituto, è ora a disposizione di enti, scuole, organiz:t.azioni c associazioni culturali, ecc .. Per ulteriori informazioni in merito rivolgersi all'Istituto Italiano di Medicina Sociale, via P.S. Mancini 28 - oorg6 Roma - Telef. 36oo642/ 43·

Misure per trattenere in servizio il personale sanitario militare dell'Esercito U.S.A. O ltre a1 van provvedimenti legislativi intesi a concedere vantaggi di carriera al personale sanitario dell'Esercito degli Stati Uniti, è stata recentemente approvata la l< Public Law 90- 2CYJ », che prevede l'istituzione di un premio speciale di rei ngaggio agli ufficiali medici i quali, pervenuti al termine della ferma obbligatoria, optino per la permanenza in servizio. In tema di inccntiva:t.ione del reclutamento efo di infrenamento dell'esodo degli ufficiali medici, non stonerà un richiamo, evidentemente sintomatico di analoghe problemarichc nei tempi andati: il medico militare della flotta dell'antica Roma era denominato « mcdicus duplicarius "• perché gli spettava doppio stipendio!


39° L 'oppio per uso medico bandito dall'O.M.S. L'Organizzazione Mondiale della Sanità comunica che << l'oppio e i ~uoi derivati (soprattutto morfina e codeina) non sono più indispensabili '' per uso medico », esistendo ormai sostituti sintetici ad azione equivalente e anzi sotto certi aspetti perfino superiore per il trattamemo delle algie » . L'annuncio è importante anche per le conseguenze che ne derivano: sarà ora possibile mettere indiscriminatamente al bando ogni coltura di oppiacei. Fino ad oggi, infatti, l'utilità pratica dei derivati dell'oppio in medicina (come amidolorifici, contro la tosse e come anùdiarroici) aveva giustificato la coltivazione del papavero, per ottenere le 1.350 tonnellate d'oppio impiegate in media nel mondo a scopo terapeutico. L a notizia è riportata da « L'Informatore Medico- Sociale " ·

Lesioni da cinture di sicurezza negli incidenti automobilisùci. Su « Lyon Chirurgica! " (68, 247, 1972) P. Fourricr e Collaboratori descrivono 4 gr uppi di lesioni prodotte dalla cin tura di sicurezza nell'infortunistica automobilistica: I) lesioni traumatiche, specie dell'arto inferiore destro, dovute alla proiezione anteriore delle parti corporee meno fissate dalla cintura di sicurezza; li) lesioni traumatiche da iperflessione - iperestensione, specie della colonna cervicale; III) lesioni traumatiche determinate dall'azione compressiva della cintura di sicurezza sulle regioni corporee trattenute violentemente dalla cintura stessa, con una gamma lesiva molto estesa (da lievi contusioni escoriate od ecchimotiche a gravi lesioni toraco- addominali) c con possibilità di lesioni multiple qualora si verifichi uno sci voI amento in basso ed in avanti del portatore della cintura di contenzione; IV) ustioni fino a1la ,carbonizzazione, se l'infortunato è rimasto bloccato dalla cintura all'interno di una autovettura incendiatasi.

Patogenesi delle disfunzioni neurovcgetative. S. Rigotti, Direttore della C linica delle Malattie Nervose c Mentali dell'Università di Padova (« Riv. Par. Nerv. Mcnt. >>, 93, 277 - 296, 1972), esposte brevemente le varie classificazioni delle disfunzioni neurovegetative succedutesi nel tempo a seconda del modificarsi delle conoscenze sulle funzioni del S.N. V., si sofferma su quelle proposte recentemente specie dagli stud iosi tedeschi. Dopo un esame criùco di queste ul time viene discussa la interpretazione patogenctica di quelle particolari disfunzioni neurovegetative che sono contraddistinte dal carattere funzionale, dalla natura apparentemente primitiva e dalla tendenza ad interessare tutto l'organismo ripercuotendosi negativamente sui processi omeostatici. Si prospetta l'ipotesi che tali disfunzioni insorgano quando nei primi mesi di vita (fase indifferenziata prc- oggettuale) il S.N.V. sia sottopostO a fattori nocivi, che possono determinare una permanente insufficienza della sua funzione omeostatica. Secondo tale ipotesi le abnormi risposte vcgetative dell'adulto corrispondono a frammenti dei primitivi schemi di reazione vegetativa concomitanti ad una determinata azione c rimasti incompleti per la mancata esecuzione di questa a causa di conflitti inibitcri o per l'interferenza di riflessi condizionati d i segno opposto.


Data la fase precoce in cui si stabiliscono questi proccs~i, essi st Iscrivono nelle strutture nervose del tronco encefalico e del sistema limbico come espressioni di uno stato affettivo, ma senza le corrispondenti esperienze coscicmi. In tal modo le tensioni emotive, non trovando un rapporto con i processi intellettivi superiori e con le espres~ioni verbali, tendono a scaricar~i attraverso l'iporalamo sulle funzioni vegetativo • somatichc. L'originare da una fase infantile molto precoce - in cui non vi è una chiara di srinzione tra soggetto e oggetto, prima cioè dello sviluppo della sfera simbolica che permette difese più strutturate quali fobie, ossessioni, ccc. - di!!tingue le disfunzioni neurovegctative dalle psiconcvrosi, avvicinandole se mai alle sindromi psicosomatiche, ch e tuttavia si differenziano per una rimozione più profonda c localizzata in modo elettivo in un determinato organo od apparato.

Immu nosoppressione e cancro. Uno stato di immunosopprc>sione aumenta il rischio oncogenetico, come è stato dimostrato negli animali di laboratorio trattati con immunosoppressori cd inoculati con un virus tumoralc ovvero con una so>tanza chimica cancerogena. Questa accresciuta suscettibilità all'evoluzione maligna è correlata con il grado di inibizione dell'immunità cellulare e può variare a seconda del fattore oncogeno impiegato. Inoltre cerri virus oncogeni e molte sostanze cancerogene esercitano di per se stessi un'azione immunosoppressiva. l risultati sperimentali, presentati da M. Vandeputte dell'Istituto Rega deli'Universit!ì di Lovanio (« Ann. Jnsr. Pastcur " • 1972, 122. 6-rJ · 683), ri\CStono un evidente interes<,e clinico, come è confermato dalle statistiche sull'incidcn73 neoplastica osservata nei pazienti trattati con immunosoppressori o sofferenti di carcnz.e immunitarie.

D ann o muscolare d a alcool etilico. La ripetuta somministrazionc tli alcool etilico per 28 giorni consecuuv•, in quantità normalmente assume da alcooli\ti cronici, comporta increm ento dell'attività della fosfochinasi creatinica del \iero, indice di danno muscolare, ch e fu confermato dall'esame istologico, praticato con il microscopio elettronico, di frammenti bioptici prelevati dai muscoli scheletrici di volontari. I risultati della ricerca, ottenuti in condizioni sperimentali rigorosamente controllate da Sun K. Song del Dipartimento di Patologia della Mount Sinai School of Medicine di ).Tew York, suggeriscono che la mioparia alcoolica, sia acuta che cronica, a carico del la muscolatura volontaria e cardiaca, riconosca com e fondamentale agenre c7.iologico la tossicità dell'alcool etilico piuttosto che fattori al im entari o di alt ra natura (da "Scie nce », vol. 175, n. 4019, 21 gennaio T9'J2· pp. 327 ·

328).

O m icid io in corso d i •• bad trip o da LS D . P. Reich e R. B. H epp,, del Massachusetts Menta! H ealrh Centcr e del Dipartimento di Psichiatria dell'Harvard ~ledical School di Boston, riportano su " JAMA n ('ol. 219. n. 7, 14 febbraio 1972. pp. !S6<} - 87t) il caso di un « bad tripn da LSD, durato


lxn otto giorni, durante il qua1e uno studente ebreo di 22 anni volò dalla California fino ad Israele, ove uccise con il coltello un soldato israeliano, ritenuto nazi~ta nel delirio pcrsecutorio, ferendo anche allrc due persone. Come è noto, con il termine di « bad trips '' (cattivi viaggi) si intendono le rea:l.ioni psicotiche acute da LSD, caratterizzate da tensione, panico ed ideazione paranoide, con comportamenti agitati, di fuga, auto- ed etero - aggressivi. Ad eccezione di un precedente episodio di cc bad trip » da LSD, il giovane - che, comunque, era inserito nella cultura della droga, essendo dedito anche alla marihuana cd alle anfetamine, ed aveva una personalità paranoide di base con tendenze omosessuali - risultò esente da antecedenti anamnestici riferibili a fatti psicotici, né evidenziò alcuna sintomatologia psicoùca durante i quattro anni di trattamento specialistico che fecero seguito all'evcnro delittuoso. Non sarà superfluo sottolineare - ne'l'attuale clima autolitico, tendente a riconoscere il crisma di legalità anche alle droghe allucinogene - che la letteratura medica riporta altri tre casi di omicidio da LSD c ben 13 da anfetamine, oltre, beninteso, numcrosissimc aggressioni lesive, il più delle volte destinate a rimanere sepolte nel segreto settario delle comunità psicopatologiche dei drogati.

Prospettive di terapia genica. Viene avanzata l'ipotesi di una terapia genica nelle malattie genetiche dell'uomo, per il momento limitata ad una pro~pcttiva aperta nel futuro, che potrà concretizzarsi solo allorquando la ricerca sarà in grado di elaborare le necessarie premesse tecnicocliniche. E' un fatto che al giorno d'oggi almeno 1.500 sindromi riconoscono una eziologia genetica e che per 92 di esse è stata esauamcnte identificata la specifica carenza enzimatica: basterebbe introdurre un cc buon >> DNA esogeno per rimpiazzare il DNA deficimrio. Va da sé che un potenziale impiego cugenico, ad esempio tendente a potenziare l'efficienza mentale dei soggetti (è nota la base disgenetica di un numero sempre più crescente di sindromi rientranti nel grande capitolo della cc debolezza mentale u), non mancherebbe di sollevare inquietanti interrogativi di ordine etico- giuridico. Il complesso problema è dibattuto da T. Friedmann c R. Roblin su C< Science » (vol. '75• n . 4025, 3 marzo HJJ2, pp. 949 - 955). Correlati bioelettrici della fu nzionalità emisferica destra. 'ei destrimani i due emisferi cerebrali Se!Jlbrano essere specializzati per differenti funzioni. Mentre è ben noto il ruolo dell'emisfero sinistro nel conrrollo del linguaggio c della mano preferita, allo stato attuale delle ricerche non è stata ancora chiaramente definita la specializ:t.azione funzionale dell'emisfero destro. Peraltro gli effcui di lesioni corticali unilaterali ed in particolare rcsczioni del lobo temporale destro hanno sollevato l'ipotesi che l'emisfero destro sia interessato nell'analisi di schemi visivo - spaziali complessi. L 'ipotesi appare confermata da recemi ricerche condotte da E. J. Velia, S. R. Butler e A. Glass del Dipartimento di Anatomia dell'Università di Birmingham, associando la registrazione elettroencefalografica dci potenziali remporo- occipitali con la presentazione tachistoscopica di stimoli spaziali (da <' N"aturc- Ncw Biology », vol. 236, n. 65, 29 marzo 1972).


393 La droga nelle FF. AA.: indicazioni in tema di adattabilità, idoneità e motivazione al servizio. La valutazione prognostica in ordine alle possibilità di rientro in serviZIO dei dr(}o gati dipende dalle caratteristiche della loro personalità, se suscettibile o meno di una riabilitazione p~ichiatrico- psicologica imperniata sull'acquisizione di validi schemi di sublimazione valoriale che fungano da gratificazioni so~titutivc nei rispetti dell'evasione artificiale realizzabile con la droga. Questa, in sintesi, la conclusione cui addiviene J. A. Pursch, neuropsichiatra della Marina statunitense, in un articolo comparso su « Military Medicine» (vol. 137, n. 5, maggio 1972, pp. 188- 190). Sul piano della struttura della per~onalità di base egli di~tingue tre categorie di militari drogaLi: 1) Gravi disturbi d~/ cara/lue o p.ucotici borda/in~: Dipendenti da droghe psic(}o attive, assunte nella speranza di un benessere esistenziale, manifestando frequentemente forme di psicosi tossiche con pericolosità per sé efo per gli altri, che ne richiedono il ricovero in reparto psichiatrico. Il loro rientro in servizio dipende sia dalla natura c dal grado della dedizione alla droga che dal preesistentc assetto della personalità, ma in linea di massima, considerati i risultati insoddisfaccnti del trattamento psichiatrico, si procede ad un allontanamemo dal servizio di questi soggetti psichicamente tarati. 2) Personalità antisociali o psicopatici: ~ormalmente non dipendono dalla droga, ma tendono ad impiegarla come mezzo per sfuggire alla coscrizione obbligatoria, alla stessa stregua delle simulazioni omosessuali, enuretichc o sonnamboliche; sotto il pr(}o filo psichiatrico, tenuto conto degli atteggiamenti asociali della loro personalità, non risultano utilmente impiegabili in ambito militare. 3) « Spaimentatori »: Si tratta di giovani con normale costdlazione della perS(}o nalità, ma in crisi di identificazione ovvero in fase ritardata di evoluzione adolescenziale, presentanti carenze maturative sul piano dello sviluppo emo1.ionale. L'uso della droga, assunta per mascherare l'insicurezza affeniva, comporta l'insorgenza di sentimenti di colpa in questi soggetti, che di norma rispondono favorevolmente alle sedute riabilitative, anche per il loro positivo atteggiamento mmiva7.Ìon:~le ad un onorevole completamento del periodo di servizio militare.

Recente esperienza israeliana sul colera. In un articolo comparso su u Proceedings of the Royal Society of Medicine " (n. 5· maggio 1972) T. A. Swartz rifcri'>Ce le esperienze epidemiologiche acquisite in occasione dell'epidemia colerica che esplose a Gerusalemme nel 1971. Furono colpiti quasi simultaneamente soggcni di entrambi i gruppi etnici Arabo cd Ebreo, apparrenenri alle classi sociali media, medio - inferiore ed inferiore, che avevano in comune la caratteristica di alimentarsi con particolari tipi di vegetali fresch i. Al culmine dell'epidemia - nel corso della quale si verifìc:~rono un numero significativo di malati conclamati ed una diffusione ancor maggiore di casi lievi o latenti fu scoperto che le acque luride di Gerusalemme, altamente contaminate con vibrioni colerici, erano impiegate per l'irrigazione in alcuni villaggi arabi dei dintorni: le verdure così contaminate venivano \·endute nei mercati cinadini, introducendo nuovamente l'infezione in città. Sebbene i vegetali fossero stati fin dall'inizio sospeuati come vettori della tra~mis­ sione infettiva, ripetute ricerche di laboratorio risultarono costantemente negative per


394 l'isolamento di vibrioni colerici nei vegetali stessi fino a quando l'indagine laboratoristica non si indirizzò verso la idemificazione di batteriofagi co1erici, che alfine fornirono la dimostrazione dell'avvenuta contaminazione delle verdure ad opera dei microrganismi del colera. L'epidemia declinò rapidamente non appena furono adottate le seguenti misure: r) divieto di vendita dei vegetali coltivati nei villaggi fruenti delle acque luride di Gerusalemme per l'irrigazione dci campi; 2) distruzione di tali coltivazioni.

La sindrome del pensionamento militare.

Il dr. Berkey B. R. del Boulevard Medicai Ccnter di Fairfax, Virginia (U.S.A.), ha riscontrato un continuum di gravità nella « sindrome del pensionamento ,, degli ufficiali: i tenenti colonnelli risultano meno seriamente interessati dei colonnelli e questi dei generali. L'inversa proporzionalità del grado e della specifica sintomatologia appare giustificata dalla migliore prognosi di adattabilità all'ambiente civile che i tenenti colonnelli presentano rispetto ai gradi superiori. · Sul piano numerico assoluto, tuttavia, si osserva una prevalenza dei tenenti colonnelli affetti da « sindrome del pensionamento )), attendibilmente in correlazione con la percezione del maggiore successo raggiunto nella carriera dai colonnelli e generali. (Da « Military Medicine », vol. 137, n. 7, luglio 1972, pp. 278- 28r ). Mitili ed inquinamento marino. In sei memorie originali comparse su « L'Igiene Moderna >> (A. LXVI, n. r, gennaio- febbraio 1973, pagg. 19 - 128) L. Majori e F. Petronio riferiscono i risultati di un vasw programma di ricerche condotto dali'Istiruro di Igiene dell'Università di Trieste, diretto dal primo, sull'inquinamento marino, nel cui ambito è inserito anche lo studio della d inamica dei metalli pesanti tra acqua marina c Mytilus ga!loprovincialis LMK. Gli scopi principali di tale ricerca sull'in·q uinamento simulato in laborawrio sono: - la valutazione delle conseguenze dell'ìnquinamemo marino da metalli sul micilo, con particolare riguardo agli allevamenti di tale mollusco ed al danno eventuale per l'uomo che se ne ciba; - la stima della possibilità di usare il mirilo, di cui è nota la peculiare sensibilità quale supporto biologico di agenti inquinanti, come test o spia locale di inquinamento da metalli. l risultati ottenuti, usando Cd, Cu, Pb e Hg 'come inquinanti solubili, confermano il loro accumulo da parte dei mitili e precisano sia lo specifico pericolo igienico che la va'idirà del mitilo q uale spia di inquinamento marino. Viene, altresì, proposto un modello semplificato di correlazione tra inquinamento e d accumulo metallico nel mitilo, che si dimostra molto utile per quantificare tali importanti aspetti ai fini descrittivi, in tcrprctativi e prcvisionali.

Notizie sul colera. Bisogna diffondere notJztc molto semplici sul colera - ha detto il prof. Carlo Sirtori alla Fondazione Carlo Erba - . Anzitutto la regola del 3 x 5: cinque giorni dura


395 l'incubazione, cinque la malattia, cinque la convalescenza. Dunque, trascorsi c•nque giorni dal sospcuo comagio, se la malattia non è esplosa non c'è più pericolo. Tuttavia, se si \'Uol subito es~cr tranquilli, si può ricorrere alla tctraciclina: ne bastano 4 grammi presi in 48 ore per eliminare tutti gli eventuali bacilli presenti nell'intestino. La tetraciclina è come il chinino per la malaria, cura e previene. Anche una elevata acidità gastrica, onenibile pure con la somministrnione di molti limoni, inibisce il bacillo del colera. L'assunzione di molte bevande contribuisce a sua volta a detergere il primo trarro dell'intestino dove si annida il bacillo, ed evita il ristagno di sodio che è la causa prima del vomito c della diarrea. Sono utili docce frequenti perché il bacillo può vivere a lungo nelle gocce di sudore - in alcuni esperimenti anche 7 settimane - e diventare fonte di contagio. Sirtori ha sottolineato che coloro che hanno avuto l'infezione latente o hanno ospitato transitoriamente il bacil!o, acquistano maggiori poteri Jifensivi comro il cancro, s.->prattuno quello intestinale, perché il bacillo fabbrica un enzima, la neuraminidasi, ad azione antitumorale. che mentre l'Organizzazione lon può non \tupire - ha continuato Sirrori Mondiale della Sanità cancella l'obbligalOrietà della vaccinazione anticolerica (vedi seduta del 23 maggio 1973) per chi \'uole recarsi nell'Afganistan, Indonesia, ecc., e dichiara non utili le larghe vaccinazioni e condanna le psicosi legate ai drastici provvedimenti che sconvolgono le attività pubbliche e commerciali, in Italia si accusi il Minil>tero della Sanità per non aver prepar::no scorte adeguate di vaccino. L'Italia si è attenuta ai principi dell'O.M.S., che è co\tituita dai più grandi esperti nei vari settori della medicina. Si tenga presente che è in corso di preparazione un vaccino fatto non più con il bacillo ma con le sue tossine, che è certamente più efficace. Ormai il colera de,•e esser con~iderato una malattia comune. Nessuno morirà più di colera ora che l'esperienza s'è fatta. L'O.M.S. dice << purché il malato entri in ospedale con il cuore che batte ancora, noi siamo certi di salvarlo )). Il colera è una malattia drammatica, ma non grave; la gravità è ancorata ai ricordi di storiche epidemie in tempi in cui la scienza medica non era ancora nata c la malattia colpiva paesi indifesi, igienicamente arretrati. Si pre\·ede - ha continuato Sirtori - che l'attuale diffusione del colera con casi sporadici continuerà per almeno 20 anni. nel corso dei quali vi sarà anche una modificazione o " mutazione 1> del bacillo che perderà la sua aggressività, e si avrà nel con•empo un più immediato e forte intervento delle difese intestinali formate sopraltulto dalle gammaglobuline A. Insomma, alla psicosi e alle avventare misure deve subentrare la razionalità, che si configura nel giudicare il colera né più né meno di un rifo o di una gastroenterite. Non ,.'è paese del mondo che attualmente sia protetto al cento per cento. In tuili i paesi del mondo ,.i sono c 'i saranno portalOri o malati - lievi o gravi - di colera. Bisogna farsene una ragione. Ed è un fatto chiaro ed evidente che la misura igienica di un popolo la si giudica attraverso le statistiche di frequenza Jel tifo (ancora così alto in Italia) e del colcrn.

servizi di relazioni pubbliche negli ospedali militari. G. A. Forster ne >;Ottolinea l'auualità in questo periodo in cui il principio dell'autorità è condizionato dalla contestazione, oltre che dalla prassi innovativa realizzata da tempo nel campo degli affari commerciali, industriali e politici. D'altro canto l'obiettivo fondamenta le di qualsiasi organo direttivo è quello di :.ervirc gli inrcrcs'i del pubblico, il quale desidera sapere e ha il diriuo di -.apc.:re. In


particolare, nell'ambito di un'ospedale militare, occorre stabilire valide relazioni informative con due tipi di pubblico: un pubblico esterno al luogo di cura ed un pubblico interno costituito da.! personale militare c civile dell'ospedale ed ovviamente anche dalla massa dei ricoverati. L'Ufficiale addetto alle relazioni pubbliche di un o~pcdalc Militare gioca un ruolo significativo nella struttura direzionale, è lo specifico e diretto consigliere del Direttore di cui è il portavoce ufficiale, ha il dovere di essere al corrente di tutti i problemi attuali e potenziali dell'organizzazione ospedaliera, deve possedere una personalità estroversa, auiva, immaginativa e creativa; di facile rclazionalità verbale e sociale, di saldi principi morali, non deve mai compromettersi, né compromettere il Direttore di Ospedale nei suoi rapporti interpersonali. Il profilo tracciato dal collega statunitense appare pienamente sovrapponibile a quello dell'Aiutante Maggiore tipo dei nostri Ospedali Militari, anche se altrove come nel caso esemplificativo degli U.S.A. - le relative funzioni vengono attribuite, in base a criteri più aggiornati ed economici di impiego del personale, non ad un Ufficiale Medico, bensì ad un Ufficiale del Ruolo Amministrativo dei Servizi Sanitari Militari, esperto in materia giuridico- amministra eva. (Da: «Medicai Bulletin of the U.S. Army, Europe », vol. 28, n. 5· maggio 1971, pp. 146- 147)·

Il mal di carro armato. E' una varietà poco comune di cinetosi, riscontrata da I. ~lardare ( « Revi~ta Sanirara Milirara n, 1972, n. r, pp. B7 90) tra i carristi dell'E~rcito Rumeno e caratterizzata da manifestazioni neuro- veget:Hive e vestibolari. Sul piano medico - legale si impone il cambiamento d'arma, mentre a livello selet· Livo si raccomanda che i giovani con precedenti anamnestici di tipo cinetosico non siano predesignati per le truppe corazzate.

La chirurgia cranica nella guerra del Vietnam. Su « U.S. Medicine>> (1972, n. 6) F. E. Jackson, Capo del Servizio di Neurochirurgia dell'Ospedale Navale di Camp PendleLOn (California), sulla base della specifica esperienza acquisita nel corso della guerra del Vietoam sottolinea la nece~sità, per i Servizi Sanitari Militari eventualmente impegnati in conflitti futuri, di prevedere la costituzione di Centri specializzati per craniolesi. Nella campagna vietnarnita, a differenza della seconda guerra mondiale, gli agenti vulneranti che hanno determinato traumatismi cranici, sono Mari le granate cd i proiettili di mortaio piuttosto che quelli di artiglieria pesante. Altri nuovi fauori hanno fatto sentire la loro influenza sulla ncurochirurgia in Vietnam: sgombero rapido mediante elicotteri; trattamento più adeguato dello shock c disponibilità di sangue totale, di antibiotici e di strumentario chirurgico aggiornato nelle formazioni sanitarie avanzate. Sul piano tecnico l'angiografia cerebrale non si è dimostrata utile nella fase acuta delle lesioni cerebrali da proiettile, mentre ha reso un sen i zio valido nelle complicazioni tardive di quelle vascolari. La wmministrazione endovenosa di steroidi non deve farsi cb e con estrema prude02a: quando si introducono steroidi per via endovenosa senza il contemporaneo sussidio d i agenti parasimpaticolitici ed alcalinizzanti, la frequenza dell'ematemesi, a seguito di formazione di ulcera gastro- duodenale, si eleva al r6%, mentre c:tdc al 3°/, con l'impiego di questi farmaci additivi.

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397 Il miglior rratmmento di una lesione cranica da proiettile allo stadio acuto, comunque, consiste ancora oggi in uno sbrigliamento appropriato, in una buona copcrrura mediante la dura madre ed in una emostasi minuziosa.

drogati sono disadattati sociali. In una ricerca psicologico- sociale condotta su 263 militari dell'Aeronautica Navale della Repubblica Federale Tedesca G. Rickers ha rilevato un'incidenza del 20% di soggetti che avevano assunto una droga psico- attiva almeno in una occasione. Sono state evidenziate significative differenze biografiche nei rispetti del rimanente personale che non aveva mai sperimentato la « droga », ed in particolare una minore capacità di adattamento sociale. (Da: cc Wehrmedizinische Monatsschrift », A. 16, n. 7• luglio 1972, pp. 210 - 213).

L 'enuresi notturna è una manifestazione psiconevrotica inconscia. Premesso che la normale condotta minzionale è sostenuta da una motivazione interna di autosufficienza, l'enuresi del bambino più piccolo è sintomatica di un «conflirto esterno », estrinsecantesi mediante un comportamento attivo e dinamico di protesta che dipende dallo scontro tra spontaneo impulso infantile di autosufficienza e pretese ambientali di coercizione (specie nell'educazione precoce degli sfinteri). Successivamente, verso i 5 - 6 anni di età, una volta verificatasi l'interiorizzazione delle richieste familiari, l'enuresi è espressione di un << conflitto intrapsichico » ossia nevrotico. Vengono, pertanto, distinte l'enuresi sia diuma che notturna dell'età prescolare, reazione di disadattamento generalmente cosciente, e l'enuresi quasi esclusivameTJte 11otturna delle età successive, manifestazione psiconcvrotica inconscia. G. Trombini, C. P. Baccarani, M. Cassarà e C. Dc Cinque, dell'Istituto Universitario di Psicologia e della Divisione Urologica dell'Ospedale Malpighi di Bologna, hanno recentemente esaminato un gruppo di enuretici notturni, di età compresa fra 8 e 12 anni, associando l'applìcazione di una batteria tcstologica stressante (prove Pr, P3 c PF dei Puzzles Dufour di reattività psico- viscerale) con registrazioni dell'attività contrattile degli organi endoaddominali. Ne è scaturita la dimostrazione che lo stato di tensione emotiva, sperimentalmente indotto dal conflitto della situazione del testing, si traduce negli enuretici notturni in contrazioni del detrusore vescicale. (Da: <c Bollettino della Società Italiana di Biologia Sperimentale JJ, vol. XLVIII, n. 17, 15 settembre 1972, pp. 449 - 453).

L'uso della droga tra i soldati americani in Germania Occidentale. F. S. T eonant, M. R. Preble, C. J. Groesbeck e N. I. Banks hanno esaminato mediante questionari anonimi un campione rappresentativo di 3·553 militari appartenenti ad unità dell'Esercito Statunitense dislocate in Germania Occidenrale, rilevando una incidenza di soldati dediti alla droga pari al 46% della forza complessiva. Il dato è praticamente sovrappon ibile alle frequenze osservate tra i militari americani impiegati nel Vietnam (45 %) c gli srudenri universitari del territorio nazionale (42%), con un tasso di incremento inversamente proporzionale a quello dell'età (impiego della droga praticamente dello zero per cento a trenta anni di età).


La droga maggiormente us~ta è risultata la marihuana-hashish (oltre il 95 ~~ della casistica globale), che, particobrmentc nel caso dell'hashish, ha evidenziato una significativa sintomatologia psichiatrica (apatia, confusione, astenia, passività ed atteggiamenti paronoicali) e medica (bronchite, orofaringite e sinusite), correlata con l'elevata tossicità generale e locale della specifica droga. L'hashish, infatti , è una resina estratta dalla Cannabis sativa, che risulta 8 - xo volte più tossica della marihuana (pianta intera) e normalmente si fuma con la pipa fino a raggiungere, nei casi limite riportati, livelli abitudinari di tipo tabagico con un consumo mensile di 150 - 200 grammi di hashish (equivalenti a molte centinaia di sigarette di marihuana), il cui acquisto assorbe quasi tutta la paga del militare. (Da: « Military Medicine ll , vol. 137, n. 10, ottobre 1972, pp. 3Er - 383).

Feed-back psicologico tra militari e loro mogli. In un articolo comparso su cc Military Medicine l> (vol. 138, n. 1, gennaio 1973, pp. 36- 37) il dr. C. J. G. Cretckos, Direttore Sanitario del South Hills Child Guidance Center di Pittsburg, sottolinea le interazioni d inamiche che si vengono a stabilire, sul piano psicologico- comportamentale, tra il m ilitare in servizio c la propria moglie. Pertanto lo stato emozionale di uno dei coniugi può spesso riflettere, per l'intervento di un meccanismo di azione di tipo proiettivo, la situazione psicologica de'l'altro partner. Vengono descritte sindromi (di induzione, del trasferimento, del reingaggio, del pensionamento) particolarmente riferite allo stress che la vita militare esercita sulle mogli, con inevitabili riverberi sugli aneggiamenti dei mariti alle armi nei rispetti del servizio militare. Come trattamento di elezione viene suggerita la psicoterapia di gruppo, nel corso della quale appare utile chiarire alla moglie ... « paziente >> le componenti del conflitto. Analoghe problematichc, estese a tutta la sfera familiare, sono state evidenziate nell'Esercito inglese da R. J. Wawman del Cambridge Military Hospital di Aldershot (<cJournal of the Royal Army Medicai CorpS>>, vol. ng, n. I, gennaio 1973, pp. 14 · 21), specie dopo la conversione da esercito di coscrizione ad esercito di carriera, con emergenza di atteggiamenti ambivalenti di odio · amore nelle mogli dei militari verso il servizio. Viene, pertanto, auspicato un adeguato incremento dci servizi di igiene mentale delle FF.AA. a favore delle famiglie dei militari di carriera. La letteratura anglo- americana ci rata non fa, peraltro, menzione di una << sindrome della ... promozione ». Si prospetta la particolare ipotesi di ricerca ai nostri specialisti, alla cui perspicacia diagnostica non sarà certo mancata l'occasione di imbattersi in sintomarologie trasferenziali e contro - trasferenziali del genere di quella ora rappresentata.

Le fughe in ambiente militare. Il dr. Bruneax riassume su << Le Médccin dc Réserve >> (A. 69, n. 2, marzo- aprile

1973, pp. 29- 30) gli orientamenti cl inici, terapeutici e medico -legali attualmente prevalenti sulla cc vexata quaestio » delle fughe dei militari. Questa panicolare modalità di estrinsecazione comportamentale, brusca nel suo determinismo e frequente nei giovani, affonda le sue radici in fattori psicopatologici, spesso di natura conflittuale nel quadro di un precario adattamento ambientale c situa-


399 zionale dell'individuo. e riveste sempre un aspetto medico - legale militare per assenza illecita dal reparto, abbandono di posto o diserzione. Sul piano clinico vengono distinte: - fughe sintomatiche di una forma medica (stato febbrile, specie nel tifo; encefaliti; traumatismi cranici) o psichiatt·ica: [a) psicosi acute: psicosi maniaco- depressiva, psicosi deliranti acme, stato onirico confusionale, epilessia; b) psicosi croniche: oligofrenia, demenze, psicosi deliranti croniche, schizofrenia); - fughe propriamente dette, originate dall'impatto di fatwri situazionali, non di rado antecedenti od estranei al servizio militare, sulla personalità di fondo del fuggi tivo. La valutazione medico -legale - che spesso pone il problema di una riforma, anche ai fini della profilassi delle recid ive - va adeguatamente soppesata, in funzione dell'igiene mentale del reparto, delle anomalie della personalità del soggetto, del rischio. di recidiva e delle sequelc peritali in ambito penale militare.

Ospedali ipogei per la d ifesa civile. Nell'ambito programmatico della difesa civile la Repubblica Federale Tedesca ha iniziato la costruzione di una serie di ospedali sotterranei di riserva, modernamente attrezzati, della capacità di 500 - 6oo posti - letto, disseminati nell'area compresa tra il massiccio dello Harz ed il Mare del Nord. Saranno pronti a divenire pienamente operativi nell'arco di alcune ore e provvisti di un'autonomia assoluta dall'ambiente esterno per un periodo di almeno tre settimane. (Da: << JAMA )), n. IO, 6 dicembre HJJI, citato da « Revue In t. des Services de Santé des Armées de T erre, de Mer et de l'Air >•, A. 46, n. 4, 1973, pag. 343).

L'integrazione dei servizi sanitari militari e civili: una realtà nella Repubblica Federale T edesca. Allo scopo di intensificare la parrecipazione militare ai servizi eli soccorso civile, l'Ispettorato del Servizio di Sanità delle FF.AA. Federali ha previsto, negli ospedali militari di maggiore importanza, l'istituzione di centri di soccorso per pazienti civili. Come prima realiz:,::azione sperimemale, è entrato in funzione un centro di soccorso (( pilota >> presso l'Ospedale Militare di Ulma, al quale, sulla base deJle specifiche risulranze esperienziali, farà seguito l'apertura eventuale di altri centri analoghi. In merito occorre, inoltre, segnalare che un rappresentante del citato Ispettorato fa parte del gruppo di lavoro <( Servi:,::i di soccorso '' del Comitato di « Sicurezza della circolazione ;tradale >>. Non sarà fuor di luogo rammentare che fu il Prof. Dr. Pietro VaJdoni, in occasione delle IV Giornate Mediche della Sanità Militare- Esercito (Ospedale Militare di Roma, 14 - 16 aprile 1~1), ad affermare la sostanziale similarità della chirurgia di guerra e di quella di pace. specie in simazioni di infortunistica del traffico stradale, ed a proporre la costituzione di centri di chirurgia di urgenza per traumatizzati stradali presso gli o;pedali militari. (Da: « Revue In t. cles Services dc Santé cles Armées de T erre, de Mer et de l' Air >> , A. 46, n. 4, 1973, pag. 345).


P rogramma di psichiatria preventiva nelle FF. AA. statunitensi. E' in corso di realizzazione un progetto tendente a sviluppare un sistema integrato di informazioni sull'igiene mentale nelle FF.AA. degli U.S.A.: i servizi di consultazione di igicne mentale ed i centri ospedalieri di trattamento psichiatrico saranno collegati con un organo di coordinamento centrale, funzionance presso l'Ospedale Militare << W alter Reed >> di Washington. La raccolta e la classificazione epidemiologica c statistica delle specifiche informazioni coosenùranno di pianificare un programma globale c scientificamente valido di psichiatria preventiva militare, con interventi diretti non solo sul singolo, ma anche sulla comunità militare di cui egli fa parte. (Da: << Military Medicine », vol. 136, n. 4, aprile 1971, pp. 358 • 363, cit. da « Revue Tnt. cles Services de Santé cles Arm~cs dc Terre, de Mer et de l'Air >•, A. 46, n. 4, '973· pp. 345. 346).

I pertensione, ulcera peptica e diabete nei controllori del traffico aereo. S. Cobb e R. M. Rose, rispeuivamcntc delle Università di Michigan c di Boston, hanno passato comparativamente in rassegna i verbali di visita medica annuale di 4·325 controllori dd traffico aereo e di 8.435 sottufficiali di aeronautica, allo scopo di verificare l'ipotesi di un significatÌ\'O stress psicosomatico insito nell'attivit.l operativa dei primi. L'ipotesi di ricerca è stata pienamente confermata per l'ipertensione, mentre la significatività statistica è risultata di minor livello per l'ulcera peptica cd appena suggestiva per il diabete. (Da: cc JAMA ». 23 aprile 1973, vol. 224, n. 4, pp. 489 · 492).

L 'Everest come esperimento medico. In alta montagna siamo più o meno intelligenti? Ne ha parlato alla Fondazione Carlo Erba il prof. Paolo Cerretelli, direttore medico della spedizione italiana sull'Everest. In alta montagna - ha detto - il sangue diventa più viscoso, scorre meno faciL mente, porta meno ossigeno, si attarda negli organi. Anche il cer\'ello ne risente. Se poi si sale oltre i 4 mila metri po~'iOno comparire anche insonnia, inappetenza, dimagramento, difficoltà alla assimi1azione dei cibi ed anche cefalea dovuta al ristagno di · iquidi nel cervello. Parlando più specificamente della spedizione sull'Everest, il prof. Cerrctclli ha detto che dopo dicci giorni i globuli rossi si raddoppiano, mentre la capacità muscolare si riduce del 40°/, . Un vcro acclimatamento si ha dopo r -2 mesi. Le donne sembrano sopportare meglio l'alta quota. Al campo base di 5·500 metri le donne sono arrivate più fresche degli uomini. mal di montagna ha una caratteristica ~ingoiare: fa perdere la nozione del tempo, sembra di vi\·ere più a lungo. Al termine della conferenza il prof. A. Cricco di Milano ha prospeuaro la possibilità di riprodurre in laboratorio le condizioni della scalata. Il dottor C. Rampulla di Milano ha rilevato che, rispetto agli europei, gli asiatici hanno una prestazione polmonare maggiore, i negri minore.

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Jl prof. K Arosio di Brescia ha suggerito l'alcool isopropilico contro gli edemi da alta quota. Il prof. Carlo Sinori, presidente della Fondazione Carlo Erba, ha rilevato che il comportamento degli Sherpa - tranquilli, non ansiosi, resistenti al dolore e alla fatica, in grado di portare per molte ore carichi superiori al loro stesso peso - deriva dalla loro scarsa produzione degli ormoni <<emotivi », l'adrenalina e la noradrenalina. Questa scarsa produzione di ormoni può verificarsi anche nell'alpinista comune, nel quale tuttavia può determinare un pericoloso stato di « nirvana ». Ha presieduto la riunione il prof. Rodolfo Margaria.

N uovi studi sulla sedentarietà e sugli effetti dell'esercizio muscolare. l muscoli sono risparmiati dai tumori. Pur essendo il corpo umano costituito per il 47% da muscoli, in que~ti non si verificano tumori. Se si considera che in Italia si hanno 100 mila tumori mortali all'anno c che solo !lo di questi sono muscolari, ci si rende conto di come veramente i mw.coli siano pressoché immuni da tumori. Così ha iniziato la sua conferenza alla Fondazione Carlo Erba il prof. Carlo Sirtori, direttore generale dell'Istituto G. Gaslini di Genova, in occasione del Corso Nazionale di Chinesiologia. Donde deriva questa resistenza mu~colarc di fronte agli agenti cancerogeni? Sirtori ha proposto le seguenti spiegazioni: 1. il muscolo produce una cb·ata quantità di acido lattico, il doppio di quella contenuta nel sangue e in altri organi, c questo acido potrebbe inibire gli agenti cancerogeni; 2. il muscolo nella sua attività può raggiungere una temperatura di 43°, più che sufficiente a distruggere le cellule tumorali. E' noto che oggi si praticano cure antitumorali elevando la temperatura della parte malata; 3· il muscolo è un grande consumatore di ossigeno, sotto sforzo ne consuma 40 volte di più di ogni altro tessuto, ed è noto che l'ossigeno si oppone alla insorgenza dci tumori. Sirtori ha continuato dicendo che l'esercizio fisico, promuovendo lo sviluppo muscolare, riduce l' << area cancerosa 11 : la muscolatura, dal 47% che è la norma, può di ventare il 6o 0~ del corpo; l'<<area cancerosa o cancerizzabile 11 si riduce così al 40% . L'esercizio fisico agisce anche in altri modi: - riduce il peso corporeo, cd è noto che i soggetti magri e muscolosi sono meno colpiti da tumori; - riduce l'ansietà, che rende l'organismo più recett.ivo alle malattie; - stimola il metaboli~mo dei vari tessuti, impedendo il ristagno di sostanze cancerogene. Non è vero - ha sottolineato Sirtori - che l'esercizio fisico ecciti l'appetito e quindi favorisca l'ingrassamento. Le ultime ricerche sfatano questo mito. Per evitare i danni cardiaci da una eventuale eccessiva attività, ha suggerito il controllo del polso: esso sotto sforzo non deve superare i 16o nei ventenni, i 150 nei quaranrenni, i 140 nei cinquantenni. Circa gli individui sempre stanchi, sonnolenti, portati all'accidia, ha ricordato che in molti di essi è carente un c< fattore trofico >l di origine nervosa, perciò hanno muscoli «lenti >l ed è per essi assolutamente indispensabile la ginnastica e lo sport per trasformare tali muscoli in «veloci)), mctabolicamcnte più attivi. Ha sottolineato che il tipo di uomo meno colpito da tumori ha i requisiti che Cristoforo Colombo esigeva dai suoi marinai: viso illuminato, fianchi stretti, membra

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agili. Non invece quelli auspicati da Giulio Cesare: « Voglio atrorno a mc uom1n1 grassi che dormono la notte; quel Cassio magro e macilento è pericoloso, usa il bisturi della critica >•. Vivono più a lungo - a parità di standard di \'ita - i popoli sportivi c a costi tuzionc asciuna. Gli uomini svedesi raggiungono i 71,9 anni, i norvegesi 71, mentre i nord - americani e gli italiani wno sui 68. Tra gli sportivi militanti vivono più a lungo quelli dediti all'atletica leggera, seguiti a distanza da boxeurs e calciatori. [ più lon gevi sono gli inrclJcuuali sportivi, che vi,·ono due anni più della media. L'esercizio fisico è impanante perché imprime al sangue la velocità di un turbine - quasi due metri al secondo -, un turbine che si rinnova ad ogni battito cardiaco rimuovendo ogni ostacolo, ogni relitto, ogni scoria, ogni inizio di arteriosclerosi. L'esercizio hsico evita anche i calcoli renali: gli sportivi ne sono 8 volte meno colpiti dei sedentari. Sirtori ha anche ricordato che la guida della macchina non comporta grande consumo eli calorie, ma piuttosto di vitamine. Per ogni •so km si comumano 10 mila unità d i vitamina A, 200 mg di vitamina Bt, c 2 g di vitamina C. La vitamina A - che dà forza alla vista - è comenU[a nei frutti gialli (albicocche e pesche) e nelle carote, la vit. C negli agrumi, nei meloni e pomodori; la vit. Bt - che dà tono ai nervi - è piuttoMo scarsa perché è prevalentemente contenuta nella carne e va distrutta con la coltura. Attenzione all'alcool quando si guida, perché preso a digiuno o qunndo si è affaticati determina una ipoglicemia, sfinimento e talora collasso.

Effetti a distanza dello stress da campo di concentramento. P. Matussek c Collaboratori del Centro Ricerche per la Psicopatologia c la Psicoterapia della Società Max Planck di Monaco di Baviera hanno esaminato 24S superstiti di campi di conccmramento tedeschi, tS anni dopo la loro liberazione. Il materiale raccolto mediante colloqui semistrutlUrati è stato elaborato con la tecnica statistica dell'analisi fattoriale, che ha consentito di isolare 7 fauori di cui 4 (fattori I, Il, I1I c IV) inerenti a disturbi somaro- psichici e 3 (fattori A, B e C) esclusivamente a disturbi psichici. Le dimensioni fattoriali isolate sono le seguenti: - fattore 1: sindrome psico- fisica (cefalea, di~turbi della memoria e dell'attenzione, astenia, apatia, insonnia c disturbi vcgctativi); - fattore If: malattie internistichc (si~temi cardio-circolatorio, rcspirarorio cd epato biliare); - fattore IIT: disturbi ginecologici; - fattore IV: sintomi psicologico - sociali (diffidenza, isolamento ed ideazione paranoide); fanore A: rassegnazione e disperazione; - fattore B: apatia ed inibizione; - fattore C: umore aggressivo- emozionabile. Dal confromo statistico di queste 7 categorie di disturbi con i 3 indicatori di stress (stress lavorati,·o, stress da campo c durata dell'intcrnamemo) sono emerse le seguenti correlazioni statisticamente significative: lo stress da campo correlava posi ti\ a mente con il fattore A (P < o,o1) e lo stress lavorativo con i fattori l, IV, A e C (P < o,os), con assoluta assenza di implicazioni concernenti sia la durata dell'internamento che i disturbi esclusivamente somatici (fattori Il c III). (Da: « Journal of lnternational Rcscarch Communications - Medicai Science >•, vol. I, n. s. luglio 1973, pag. 32).


La frattura da marcia della tibia nella recluta. Le fratture da marcia si osservano frequentemente nelle reclute durante i pnmt mesi di servizio. La più comune di queste fratture è quella metatarsale, che, nella sua forma abituale, non si presta ad alcuna discussione diagnostica o terapeutica. In un articolo comparso su « Médecine et Armées >> (vol. r, n. 5, luglio - agosto 1973, pp. 25 - 32) L. Garrcta, P. Bourrel, R. Batissc c M. Marchal sottolineano il panicolare interesse delle più rare fratture da marcia della tibia. Esse provocano un dolore più o meno violento in corrispondenza dell'estremità superiore della gamba, che compare sia durante, sia immediatamente dopo una marcia od un esercizio abituale. Questo dolore si accentua alla ripresa troppo precoce dell'addestramento e cede alla semplice prescrizione eli riposo. Si accompagna ad impotenza funzionale. Questa frattura non traumatica di un osso sano è radiologicamcme cararterizzata da una apposizione periostea c da una fessura ossea non facilmente rilevabilc. Infortunio benigno, ma a carattere professionale, la frattura da marcia della ribia si inserisce nel quadro della medicina militare.

La Dichiarazione di Helsinki: raccomandazioni ai medici ai fini della ricerca clinka. Nell'VIII Assemblea medica mondiale tenutasi ad Helsinki nel giugno 1964, fu adottato dall'Associazione Medica Mondiale un codice etico concernente la sperimentazione clinica sull'uomo. Questo documento - che prende il nome di « Dichiarazione di Helsinki n - è il compendio di un accurato esame dell'argomento, protrattosi per molti anni. Il testo originario fu redatto in lingua francese, e fu tradotto in inglese dalla World Medic1l Association. Data la sua importanza, abbiamo r itenuto urile darne una versione italiana, nelle sue linee principali.

Introduzione. La missione del medico ha per fine la tutela della salute dell'umanità. La sua scien· za e la sua coscienza sono dedicate all'assolvimento di questa missione. La dichiarazione d i Ginevra dell'Associazione Medica Mondiale vincola il medico con queste parole: « La salute del mio paziente sarà la mia prima preoccupazione », ed il Codice Internazionale dell'Erica medica dichiara che ((Ogni azione ed ogni mezzo che possa alterare le capacità fisiche o psichiche di un essere umano devono essere usati solo nel suo esclusivo interesse». Data la necessità di applicare all'uomo i risultati degli esperimenti laboratoristici, allo scopo di aumentare le conoscenze scientifiche atte a portar so!lievo all'umanità sofferente, l'Associazione Medica Mondiale ha redatto le seguenti « Raccomandazioni», da servire come guida al medico nel corso della ricerca scientifica. Trattandosi soltanto di una « guida » per il medico, egli non potrà comunque sottrarsi ad eventuali responsabilità penali, civili ed etiche che possano derivargli dalle disposizioni legislative proprie del suo Paese di appartenenza. Nel campo della ricerca clinica, una distinzione fondamentale deve essere fatta fra la ricerca clinica che tende essenzialmente alla cura del paziente, e la ricerca clinica che mira ad un interesse puramenre scientifico senza alcun riferimento alle finalità tc:rapeutiche del soggetto trattato.


I. - Principi basilari. 1. - La ricerca clinica deve conformarsi ai principi morali e scientifici che informano l'indagine medica, e deve avere come base o esperimenti condotti in laboratorio o su animali, o fatti concreti scientificamente controllati. 2. - La ricerca clinica deve essere condotta so!o da persone qualificate dal punto di vista sciemifico, e sotto la supcrvisione di una persona in possesso della necessaria conoscenza dei problemi medici. 3· - Non si deve dar luogo alla ricerca clinica se l'importanza dello scopo da raggiungere non è proporzionata al rischio corso dal paziente. 4· - Ogni programma di ricerca clinica deve essere preceduto da un attento esame del rischio, in funzione del beneficio presumibilmente conseguibile o da parte dello stesso paziente o da altri. 5· - Una prudenza particolare deve adottare il medico allorquando dia inizio ad una ricerca clinica che possa alterare, per effetto di droghe o di altri mezzi sperimentali, la personalità del paziente.

II. - Ricerca clinica con finalità tempeutiche. 1. - Nel trattare le persone ammalare, il medico può essere lasciato arbitro di sperimentare nuovi trattamenti terapeutici, solo se ritiene che essi possano salvarne la vita, ristabilirne lo stato di salute o alleviarne le sofferenze. Ogni qualvolta sia possibile in relazione con le condizioni psichiche del paziente, il medico deve ottenere dal pazieme stesso il suo consenso liberamente espresso, dopo avergli fornito le necessarie delucidazioni. In caso di incapacità riconosciuta legalmente, il consenso può essere rilasciato anche dal tutore legale; in caso di impedimento fisico, il consenso del tutore legale ha lo stesso valore di quello del paziente. 2 . - Il medico può associare la ricerca clinica con la terapia medica, allo scopo di acquisire nuove conoscenze, solo allorquando la ricerca clinica sia giustificata dalla sua efficacia tcrapeutica nei riguardi del paziente.

III.- Ricerca clinica senza finalità te-rapeutiche. 1. - Nelle applicazioni puramente scientifiche della ricerca clinica condotta sull'uomo, il medico non deve mai dimenticare di essere il tutore della vita e della salute dell'individuo sul quale la ricerca viene effettuata. 2. - Il medico deve illustrare al soggetto la natura, lo scopo ed il rischio della ricerca. 3· - a) La ricerca clinica sull'uomo non può essere intrapresa senza che il soggetto, previa opportuna delucidazione, abbia espresso liberamente il proprio consenso; se egli non ne ha la capacità legale, il consenso può essere rilasciato dal suo tutore legale. b) Le condizioni mentali, lìsiche e legali del paziente debbono essere tali da consentirgli un pieno potere discriminativo. c) Di norma, il consenso deve essere espresso per iscritto. La responsabilità della ricerca clinica resterà tuttavia sempre a carico di colui che la co~duce, e non ricadrà mai sul paziente, nemmeno quando egli abbia dato il suo pieno consenso. 4· - a) Il ricercatore deve sempre rispettare il d iritto d i ogni individuo a salvaguardare la propria in tegrità, specialmente quando esiste un rapporto di dipendenza fra ricercatore stesso e paziente. b) In ogni momento della ricerca, il paziente od il suo tutore legale. oossono revoca~·e il proprio permesso per la continuazione della ricerca. Il ricercatore od il gruppo di ricerca debbono interrompere la sperimentazione, a loro giudizio, se la continuazione di essa può presentare qualche pericolo per il paziente.

(Traduz. M. PULCINELLI)


Il numero chiuso nelle Università di medicina. Riferisce A. Funari su «Federazione Medica ll che in ItaLia si va prendendo gradatamente coscienza di un gravissimo problema: la pletora degli studenti universitari, cui fatalmente consegue la pletora dei laureati. Indagini demoscopiche c socio - economiche, inchieste giornali~tiche, convegni e congressi stanno ponendo in C\•iden7a la crescita progressiva della disoccupazione intelleuuaJe. Fenomeno gravissimo perché il disoccupato intellenuale è, sotto un duplice profilo, un disadattato: egli è privo di lavoro e renitente ad accettarne uno inferiore alla ~ua qualificazione professionale. A monte della pletora dei laureati sta il disagio estremo delle Università, incapaci a contenere la ma~sa crescente degli studenti. Assistiamo ad una vera e propria esplosione delle capacit~t n:cettive e didattiche delle strutture universitarie. Si va quindi proponendo da più parti l'introduzione del numero chiuso, cioè la predeterminazione di un numero di studenti proporzionato per ogni facoltà alle capacità funzionali delle mutture didattiche nonché ai posti di lavoro disponibili in ciascun senore professionale. Il numero chiuso, però, incontra risen·c ed obieztoni molto tenaci. Spesso il numero chiuso \iene disinvoltamcme scartato perché ritenuto incosùtuzionale o perch~ inefficace a risolvere il problema. Si giunge fino a definirlo una inammissibile eresia. C'è chi osserva che esso favorirebbe il sorgere di una scuola discriminante ove i più ricchi c non i migliori fin irebbero con l'essere favoriti. Se ne dicono, insomma, di tutti i colori. Per sgombrare il campo dalle pnncipali obiezioni vale la pena di segnalare che il numero chiu~ - tanto conte~tato in Italia - è la regola nelle università straniere. E' già ampiamente noto che il numero chiuso costituisce il principio su cui ~i reggono gli studi universitari in Paesi aventi sistemi politici radicalmente diversi, quali gli Stati Uniti d'America e l'Inghilterra da una parte, e i paesi dell'Est europeo, con 'n testa la Russia, dall'altra. Il Comitato Permanente dei Medici della CEE ha recentemente posto allo studio il problema avvt•rtendone l'estrema importanza ed urgema ai fini della libera circolazione nella Comunità Europea. E' evidente, infatti, che ~arà difficile concepire, nell'ambito di una Europa unita. la coe~istcnza di Paesi, quali l'Italia, aventi il libero accesso alle Università, accanto a Paesi reg-olati dal numero chiuso. I Paesi a libero accesso diventerebbero naturnli esportatori vcr~ i secondi e così il principio della libera circolazione sarebbe turbato da considernioni e norme del tutto estranee alla volontà del singolo medico. Da un'indagine svolta dal Comitato Permanente è risultmo che in tutti i principali Paesi europei, salvo che in Italia, esistono disposizioni rivolte a disciplinare il numero degli studenti uni1·ersitari in tutte le r'acoltà, ma soprattutlo in quella di medicina. Il numero chiuso esiste in Germania non solo per la medicina ma per tutte le discipline ad ~sa affini, quali l'odontoiatria. la farmacia, la biologia, la chimica, la fisica, la psicologia c la \'etcrioaria. Il numero è determinato per ogni Facoltà di medicina della Repubblica Federale. La distribu7.ione dei posti disponibili nelle Facoltà si cffeuua anche in base a criteri che differiscono secondo le varie Facoltà. Essa comunque a1•viene attraverso un Ufficio Centrale denominato « di rcgi~rra7.ione ll . Tutte le domande devono essere indirizzate a questo Ufficio. Recentemente la Corte Costituzionale della Repubblica Federale tedesca ha dichiarato che ogni preferenza accordata ai cittadini di una determinata regione in quanto tali è contraria alla Costituzione. In un prossimo avvenire i Governi regionali dovranno accordarsi per fìssare procedure di ammissione valevoli per tutti i laendcr. In Fran cia il numero chiuso non senna al primo anno degli studi univcnitari in medicina, ma al secondo anno. Esso è: determinato in fun1ione del numero dci letti


ospedalicri a disposizione dcll'insegnamenro uni,•ersitario. Il numero dei posti è deter minato ogni anno per ciascuna unirà di insegnamento e di ricerca a mezzo di Decreto Ministeriale, su proposta di un apposito Comitato denominato cc Comiré de coordination H ospitalo- uni,·ersitaire >l. Il Decreto è emanato dal Ministro dell'Educazione . azionale e dal Ministro della Sanità Pubblica e Sicurezza Socia'e. La competenza riconosciuta ai due Ministri sta ad indicare che il numero chiuso non risponde solo alla finalit.ì di proporzionare la massa degli studenti alla funzionalità delle università, ma bensì anche a quella di non creare una pletora professionale rispetto alle esigenze sanitarie della popolazione. In Inghilterra, come in Irlanda, il numero chiuso è fissato per l'accesso alla Facoltà di medicina, sempre sulla doppia base dci posti disponibili sia presso le Università che, successi vamentc, nell'atti vi d professionale. Interessanti sono le disposizioni che regolano il numero chiuso in Olanda. In base ad una legge del 6 luglio 1972 il Minimo dell'Educazione 1azionale determina annualmente per ciascuna Università il numero massimo degli studenti ammes~i ad iscriver)i ad una Facoltà. Questo potere del Ministero sc:ma ogni qualvolta, a suo parere, il livello di insegnamento rischia di essere compromesso dal numero eccessivo degli studenti. Non appena emanara questa legge, il Ministro ha determinalO già dallo scorso anno il numero massimo degl i studenti in medicina per l'anno universi tario 1972 - 73 fissa ndo i seguenti massimali: 200 Lei de n Groningen 225 Utrecht 270 Amsterdam (GU) 320 Amsterdam (\ 'U) 215 ijmcgcn 270 Rotterdam I<)O

169<> La selezione viene realizzata mediante u n Ufficio centrale presso il quale tutti g li stuJenti presentano la propria domanda. La preferenza è accordata a coloro che : - hanno già compiuto il servizio militare; - ottengono una bor~a dal M ini~tero della Difesa in quanto si impegnano a prestare servizio militare per dieci anni dopo il diploma; - ottengono una borsa di studio da un Governo d'oltremare; - hanno ottenuto la licenza liceale con una media sopra il 7 ' / :· Se vi sono posti d isponibili, una volta che tutti gli studenti aventi i suddetti requiSl ll h::~nno ottenuto l'iscrizione, si procede al sorteggio. Gli studenti non ammessi :l'i una facoltà presso cui vigc il nu mero chiuso possono iscriversi presso un'altra Facoltà ape rta.

La vita segreta del nostro corpo. Che cos'è la stanchezza e perché induce al sonno, cos'è il crampo, cosa avviene quando si sta a lungo in piedi o seduti, quali sono gli esercizi più semplici e alla por· tata di tutti, perché sono così frequenti i mal di schiena, sino a quale età il cuore è ~ano, perché duole il fegato qu::~ndo ci si arrabbia, q ual'è lo sport più fortificante?

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A queste e altre domande ha risposto il prof. Carlo Sirtori, direttore generale dell'fstituto Gaslini di Genova, nella sua conferenza alla Fondazione Carlo Erba su « La vita segreta del nostro corpo». La stanchezza - ha detto - è dovuta alla rabdomiolisi, cioè alla liberazione da parte dei muscoli di una sostanza, la creatinina, che affatica il sistema nervoso e stimola il centro del sonno. Il crampo può esser dovulo a carenza di un enz1ma muscolare, la miofosforilasi, e il disturbo scompare mangiando frutta o miele perché quesli cibi vengono assorbiti dal muscolo senza l'intervento dell'enzima. Oppure può esser dovuto - il crampo al polpaccio - ad una comunicazione patologica tra vene e arterie della gamba e in tal caso basta mettere un cuscino alto almeno 25 cm sotto le gambe per eliminare il crampo. Lo stare a lungo in piedi - ha continuato Sirtori - può portare ad un accumulo di bradichinina che dilata i vasi sanguigni, li rende flaccidi, incapaci a lanciare sufficiente quantità di sangue nel cervello. Lo star seduti per più ore non provoca alcw1a alterazione: solo nei primi dieci minuti si ha un lieve calo della pressione e del numero dei battiti cardiaci. Circa il mal di schiena, Sirtori ne ha elencate le cause: tensione dei ligamenti che collegano le vertebre, lesione delle fasce e dei muscoli, disfunzioni intestinali o degli organi femminili. A volte il dolore compare dopo un forte starnuto o uno scoppio di risa: col primo la colonna vertebrale è come dovesse sopportare un carico di 200 kg, con il secondo di rso kg. Se poi si sollevano 20 kg senza piegar le ginocchia, la colonna sopporta un carico di 380 kg. Quanto a lungo dura la giovinezza del cuore? Il cuore può restare giovane e sano sin oltre i go anni: un'ampia indagine sui novantenni ha dimostrato che il 30% presenta un elettrocardiogramma normale. Circa i dolori di fegato dopo accessi d'ira, Sirtori ha detto che la bile dopo gli stress emotivi esce a spizzico dal fegato, in modo irregolare e scarso : 200- 300 cc invece degli abituali 500 cc al giorno, per cui si ha una sovradistensione dolorosa del fegato. In merito agli sport che possono essere praticati da chiunque, Sirtori ha citato gli esercizi ca!istenici o a corpo libero, il jogging, cioè il cammi nare su e giù per la casa per mezz'ora (come fa Nixon), e gli esercizi isometrici che consistono nello spingere con forza una parete rigida con le braccia o le gambe. Lo sport che conferisce maggior potenza al cuore è il canottaggio seguito dal ciclismo, mezzofondo e pugilato. Per rinforzare le ossa lo sport più idoneo è la corsa mentre il nuoto le rende più leggere ed elastiche. In piscina - ha concluso Sirtori - si dovrebbe proibire il fumo di sigaretta perché miscelandosi col cloro presente nell'acqua dà luogo al fosfogene, un gas tossico.

Le cause e i rimedi della bassa statura. La statura, con adeguata terapia, può aumentare anche dopo i 40 anni e il recupero è rapido e integrale - hanno affermato i professori Milo Zachmano di Zurigo, Andrea Benedetti di Padova e Gianfranco Silvestrini di Milano nel corso di un simposio alla Fondazione Carlo Erba. Le cause della bassa statura sono almeno sei: una insufficiente attività dell'ipotalamo, una scarsa formazione dell'ormone della crescita o del suo messaggero noto come somatomcdina, un deficit della tiroide, un eccesso di ormone maschile, una incapacità delle cellule ossee a recepire il messaggio ormonalc. Anche l'ambiente familiare poco affettivo può frenare la crescita - ha osservato il prof. Giuseppe Chiumello di Milano - perché la Lristezza dell'animo blocca l'ipotalamo.


Il prof. Carlo Sirtori, presidente della Fondazione Carlo Erba, ha osservato che anche i cromosomi influenzano la crescita: le bambine con un cromosoma X in meno crescono poco e gli uomini con un cromosoma Y in più superano il metro e 8o. Ha suggerito per alcuni casi la piretoterapia perché si è visto che dopo le malattie febbrili il bimbo cresce per alcuni giorni anche del 400 % . L'ormone della crescita rappresenta l'arma più efficace. Isolato nel 1966 e si.nretizzato nel 1971 non ha ancora raggiunto la fase industriale, pertanto deve essere ancora ricavato dalle ipofisi umane o di scimmia. La Regione Lombarda, con provvida deliberazione - ha sottolineato il prof. Gianfranco Canova di Milano - fornisce l'ormone della crescita. Esso determina anche una riduzione del grasso cutaneo, ha rilevato il prof. Ettore De Toni di Genova, moderatore del simposio.

Il colesterolo e l'esercizio fisico. Nella sua conferenza al Congresso dei Medici Condotti di Foggia, il prof. Carlo Sirtori, Presidente della Fondazione Carlo Erba, ha detto che ci sono voluti molti anni per rendersi conto che la pressione del sangue doveva rimanere invariata lungo tuno il corso della vita, per rendersi como che a 70 anni doveva restare tale c quale a 20 anni. Le stesse considerazioni devono essere oggi fatte nei riguardi del colesterolo. Se a 20 anni il suo livello normale è 150, tale deve restare anche per rutta la vita. E' errato ha detto Sirrori - considerare come normale il limite di 200. Chi mantiene il suo colesterolo sui 150 conserva intatte volontà, memoria, ideazione e non ha bisogno di occhiali sino alla più tarda età. Con un basso livello di colesterolo anche gli esercizi fisici diventano più vantaggiosi perché producono una maggior quantità di plasminogeno e di fibrinolisina che mantengono la duttilità, la pervietà e l'elasticità delle arterie. L'esercizio fisico deve essere rivolto anche al rinvigorimcnro dei muscoli del dorso perché un loro difettoso funzionamento provoca alterazioni della statica e del cammino, facilitando l'ìnsedian1ento dell'artrosi. Questi muscoli hanno bisogno di una maggior quantità di ossigeno rispetto a tutti gli altri e possono essere compromessi anche da un lieve stato dì anemia. Sirtori ha concluso dicendo che il lavoro agreste a stretto contatto con la natura può allungare la vita e mantenerla più giovane. All'età del pensionamenro molte persone potrebbero optare per i lavori campestri, migliorando così la loro salute.

fJ Prof. Scan u: il più grande esperto del mondo sulle proteine connesse all'arteriosclerosi.

Il prof. A ngelo Scanu, di origine sarda e attualmente professore all'Università di Chicago, è considerato il più grande esperto delle proteine che trasportano grassi nel sangue. Senza queste proteine, che sono formate dal fegato - ha detto il prof. Scanu nella sua conferenza alla Fondazione Carlo Erba - i grassi ristagnerebbero e la vita sarebbe b!occata allo stadio zero. Queste proteine hanno a volte - come si può vedere al microscopio elettronico la forma di minuscoli dischi che possono scorrere rapidamente nel sangue. Vi sono tre tipi d i proteine: quelle alfa, le più voluminose, svolgono un compito di supervisore in quanto innescano la reazione demolitiva dei grassi alimentari e tendono a rendere più solubile il colesterolo. Le altre due proteine, beta e prebeta, portano rispettivamente il colesterolo e i trigliceridi.


L'arteriosclerosi, secondo Scanu, non dipende soltanto dall'aJimentazione, dall'ereditarietà, dalle lesioni v·ascolari e via via, ma anche da queste proteine. Vi sono infatti maJatùe delle proteine, difeui di fabbricazione delle proteine, che determinano lesioni arteriosc!erotiche o gravi disturbi del ricambio perché non consentono una regolare distribuzione, un regolare " viaggio >> nel sangue del colesterolo c dei trigliceridi. Jl prof. Scanu ha anche illustrato l'attuale suo tenrativo di ricostruire chimicamen~c le proteine connesse all':mcriosclerosi. Egli ha studiato soprattutto la struttura delle alfa proteine di cu i ha g ià potuto stabilire il peso molecolare e la presenza di tre subcomponenti.

Psicoanalisi e responsabilità penale. Quale sarà il futuro ordinamento delle leggi penali? Si terrà conto dello stato psi chico, fisico e morale dell'uomo? Alla Fondazione Carlo Erba, al termine di un lungo dibattito sull'argomento, l'avv. Guglielmo Gulotra, i proff. Aug usto Ermentini, Angelo Giarda, Carlo Sirtori, e lo psicologo Antonio Miotto sono arrivati :1 .queste previsioni: l'imputato prima del processo sarà esaminato in base a questi elementi: x) numero, dimensione c struttura dei cromosomi; 2) stato degli istoni (molecole che favoriscono o blocc:1no l'azione dci geni contenuti nei cromosomi); 3) ambiente; 4) inconscio; 5) valutazione dei centri cerebrali (soprattutto della amigdala, doYe ha sede la aggressività); 6) stato di stress; 7) stato ormonico; 8) la sua vita fetale nel grembo materno; 9) condizione dei genitori (et:'t, salute, intossicnioni, ecc.) all'atto Jn cu1 venne concepito. L'avv.to Guglielmo Gulona h:1 :~ggiunto che l'uomo, anche per la psicanalisi, è. capace di autodeterminarsi, solo che b gamma in cui questa scelta si opera è limitat:l dall:1 propria costituzione, dall'ambiente e dalle proprie esperienze, soprattutto infantili. J1 prof. Carlo Sirtori, moderatore dd simposio, ha ricordato che un secolo fa si diHinguevano 38 zone del cene Ilo, ciascuna con una determinata funzione: intelligenza, prudenza, ordine, amor patrio, istinto domestico, amor proprio, ecc., ma alla aggressività erano destinate due zone. Ancor oggi la scienza ha il pensiero 11 obliquo >•, tende cioè a e\·idenziare soprattutto i fattori dell'aggressività nei cromosomi, negli ormoni o negli stress. Forse s:1rebbe opportuno im·estigare più accuratamente le qualità po~itive dell'uomo e potcnziarle.

Norme didattiche per superclotati e ipodotati. Per i superdotati - con quoziente intellettuale superiore a 130 - si addicono l<· classi ad insegnamento concettualitzato; per gli ipodotati - con quoziente inferiore 't 70 - le classi con insegnamento di contenuti, di cose reali, concrete. Questo ha affcr mato il prof. ~orbcno Galli, incaricato di Pedagogia aii'Univer~ità Cattolica di Milano, nel corso di un Simpo:.io ~u « Superdotati e ipodo~ati " svolto~i alla Fondazione Carlo Erba.


Secondo il prof. Umberto D ell'Acqua, dirigente del Centro Formazione c Assi stenza Minorati del Comune di Milano, gli ipodotati wno scolasticamente fragili, assimilano male i programmi c a volte rifiutano di credere che l'apprendimento sia loro necessario. H anno anche disturbi della personalità e del comportamento. T uttavia con l'educazione bio- psico- sociologica possono riportarsi alla normalità. Il prof. Osvaldo Brivio, direnore della scuola speciale << Trcvcs Dc Sanctis>> di Milano, ha parlato dell'inserimento degli ipodotati nelle classi normali: << E' bene lo si faccia con saggia ripartizione perché se in una classe superano il numero di due determinano una riduzione del rendimento scolastico generale "· Il prof. Carlo Sirtori, direttore generale dell'Istituto G. Gaslini di Genova, ha sottolineato che spesso i superdotati presentano ingenuità, pigrizia, dabbenaggine, candore sentime ntale, caraueri che a volte sono mal interpretati c valgono loro il trasferimento in scuole per disadattati, come avvenne per Darwin e Newton. Negli ipodotati - ha aggiunto - si dovrebbero potenziare le '' aree di intelligenza » atte a supplire quelle eventualmente deficitarie. Il prof. Aldo Agazzi, ordinario di Pedagogia all'Università Carcolica di .Milano. moderatore del Simposio, ha affermato che bisogna tener como delle diven.ifica7joni dell'intelligenza. l ragazzi possono essere diversamente dotati c perciò esigono un insegnamento individualizzato, atto a riconoscere ed educare le singo!e capacità.

Nuove conoscenze sui rapporti tra personalità, psiche e ormoni. I più recenti studi l>U ormoni, psiche e personalità sono stati illustrati dal prof. Carlo Sirtori, Direttore Generale dell'Istituto G. Gaslini di Genova, nel corso di una conferenza alla Fondazione Carlo Erba. L'aver identificato - ha detto Sirtori - la presenza di u n ricettore di ormoni nel diencefalo, la zona psichica del cervello, ha dato consistenza scientifica ai ventilati rapporti tra ormoni e psiche. Sono 50 gli ormoni fabbricati nell'organismo, di cui metà nel cervello. I più studiati oggi sono la coerina, la cui carenza provoca la «colite e\ a· ncscente l> imprevedibile ed effimera, l'eritropoietina amianemica, ancora ad alto prezzo perché occorre sacrificare 150 pecore per un ciclo di cura, la co~ecistochinina, dal cui eccesso dipendono le coliche biliari pur in assenza di calcoli, e infine il civetone o exatolide, che si elimina attraverso la pelle c si valuta olfauivamente. La personalità si forgia su q uesta base d i psiche e ormoni con l'interazione degli stimoli ambientali e tutto questo avviene soltanto verso i 25 -30 anni. Esistono - ha continuato Sirtori - oltre r7 mila espressioni liguistichc per definire la personalità di un individuo, ma una autoanalisi della propria personalità può essere fatta in base ,. pochi elementi: come esegui il tuo lavoro, come ti comporti in famiglia, con gli amici. in società, l'igiene personale, le tendenze espresse e inespresse. Sirtori ha ricordato anche che e~iste il card- test, u na canina che a contallo delle uri ne cambia colore c consente d i valutare d ue componenti ormonal i: l'adrenalina e Lt noradrenalina. La prima aumenta d i fronte a situaz ioni impreviste, la seconda a stress uniform i ~ ripetuti. La prima determina paura e ansia, la ~conda aggressività. Sirtori ha concluM> auspicando una << plastica della pcr~onalità », co~l come si f:l per il viso e per il corpo. Una plastica ottenibile con mezzi psicologici e farmacologici, intesa a dare maggior consistenza alla personalità perché quando questa è labi!e le malattie sono più frequenti.


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CONGRESSI Il Centro Studi e Ricerche della Sanità Militare al IX Congresso internazionale di tecnica idrotermale. Nei giorni 7-8 - 9 settembre 1973 si è tenuto a Fiuggi il IX Congresso Internazionale di Tecnica Idrotermale, dedicato a « La tecnica nello stabilimento termale e d'imbottigliamento )), al quale ha partecipato il Centro Studi c Ricerche della Sanità Militare in collaborazione con l'Istituto d'Igiene dell'Università di Roma. Il T en. Colonnello medico M. Di Martino ed il Magg. medico A. Di Acidario della sezione Igiene c Microbiologia del C.S.R.S.M. insieme all'Ufficiale sanitario di Fiuggi, prof. A. Zaio, hanno presentato una relazione sul tema: « Problemi igienici reladvi al condizionamento delle acque minerali naturali non gassate ». Gli AA., dopo aver brevemente accennato all'attuale incremento del termalismo, hanno ribadire la validità della concezione " latina » relativa alle acque minerali naturali che vanno intese come presidi dotati di una efficace attività tcrapeutica. In tal senso hanno auspicato che in sede di revisione della vigente legislazione si giunga nel nostro Paese a stabilire una netta distinzione tra tali acque e quelle cosiddette « da tavola >> che traggono dalle ottime caralteristiche igieniche naturali e dalla piacevolezza del gusto il loro maggior pregio. I Relarori hanno poi affrontato il prob~ema della carica batterica delle acque minerali piatte ed hanno ribadito che esse devono essere prive di indicatori microbiologici di contaminazione, nonché ovviamente di germi patogeni sia all'origine che dopo imbottigliamento. Limitatamente alla flora autotrofa non patogcna, gli AA. hanno sostenuto che, data la sua innocui tà per l'organismo umano, nessun trattamento battericida è giustificato per queste acque, anche perché annullerebbe la possibilità di reperire eventuali germi indicatori di contaminazione ambientale. In conseguenza i Relatori hanno proposto ch e, per quanto riguarda gli cc autotrofi >> non patogeni, venga approntata una « carta d'identità >> dalla quale emerga chiaramente e dettagliatamente la cc facies microbica >> dell'acqua di ciascuna fonte. Queste indicazioni dovrebbero essere completate dai dari chimici e fisici dell'acqua nonché dalle sue specifiche e prevalenti attività terapeutiche. Le caratteristiche rilevate dovrebbero essere trascritte nell'etichetta che accompagna la bottiglia unicamente alle mntroindicazioni, ovc ve ne fossero, all'uso di quell'acqua. Nella conclusione i Relatori hanno auspicato l'istituzione presso gli stabilimenti idrotermali di attrezzati laboratori microbiologici ed il potenziamento della organizzazione sanitaria degli Enti di Stato e di Regione deputati al controllo igienico di questo settore.

Partecipazione del Centro Studi e Ricerche della Sanità Militare al Convegno sulla rosolia. Patrocinato dall'Ordine dci Medici - Chirurghi della provincia di Frosinone e dalle Sezioni laziali delle Società di Igiene - Microbiologia - Malattie Infettive si è tenuto a Fiuggi nei giorni 20 e 21 ottobre r973 un convegno sulla Rosolia. Alla presenza di oltre roo congressisti tra i quali cattedratici delle Università di Roma, Bologna, Napoli, Pisa, dell'Università Cattolica e ricercatori dell'Istituto Superiore di Sanità sono stati d ibattuti tutti gli aspetti diagnostici, clinico- patogenetici,


epidemiologici e profilatùci della malattia e~amematica soprattutto tn re 1azione alla morbosità femminile in corso di gravidanza. H a inaugurato il convegno il prof. Cimmino, preside della facoltà medica di Roma, cd han no svolto relazioni i proff. Ricci, Orsi, Medulla, Mu:u.i, Rocchi, Sepe e D 'Arca. Il Ten. Col. medico M. Di Martino, capo della ~czionc Microbiologia cd Igiene del Centro Studi e Ricerche della Sanità Militare, insieme al prof. A. Zaio, ufficiale sanitario di Fiuggi, è stato autore di due interventi preordinati sui temi «Alcuni aspetti epidemiologici della Rosolia nell'Esercito Italiano>> c « Accettabilità della vaccinazione contro la Rosolia in un campione di popolazione scolastica >> . Dopo la discussione sul tema del convegno sono state presentare numerose comunicazioni scientifiche di prevalente interesse microbiologico.

CONFERENZE A lla Scuola di Sanità Militare di Firenze: Prof. dr. Giuseppe Mazzctti, Emerito di Igiene prc~)o l'Università di Firenze: « Ecologia M~dtca >> ( r 3 aprile 1972). Prof. dr. Giovanni Dogo, Primario di Chirurgia plastica c rico~truttiva e Direuore del Centro Usrionati dell'Università di Padova: << Trattamento d(/1' ustronato grav~ , (26 aprile 1972) e « Chirurgia della m ano>> (27 aprile 1972). Prof. dr. Car!o Sirtori, Presidente della Fondazione u Carlo Erba >• e Direttore Generale dell'Istituto << Gaslini » di Gcno\'a: << l se/l( prob/(mi dd/' uomo " (19 ottobre r972) c << Mdicina 73 » (20 ottobre li{J2). Prof. dr. Ennio Muntoni, Primario chirurgo dell'Ospedale «S. Giovanni di Dio , di Firenze: « Orientamenti e procdure nella Urap1a chirurgica de/l~ cardtopatie va/voIari acquisite (una rivista sintetica della cardiochirurgia 11~/l' ultimo decennio) >> ( 14 novembre 1972). Prof. dr. Luigi Chcccacci, Direttore dell'Istituto di Igiene dell'Università di Pavia: « Medicina preventivtl e struuure sanitarie di bas~ >> (22 febbra io r973). Prof. dr. Marcello Cornei, Emerito di Clinica Dermo~ifilopatica dell'Università di Pisa: « Fisioecologia d~/1' ambient~ ,, (22 marzo 1973). Prof. dr. Luigi Tonelli, Direttore della Clinica Chirurgica dell'Università di Firenze: « Tum ori ipoglicemi::::.:anti del pt~na·eas » (4 luglio 1973). All'Ospedale M ilitare di Bari: Proiezione e discussione del film: «Disturbi dell'iri'Orazione arteriosa >l , messo a disposizione dalla Bochringcr di Milano (~ maggio 1972). Proiezione c discu~sionc del film: « A nti biotico - t(rapw: agg10rnamento ed orzentammti attuali ll, messo a disposizione dalla Lcpctit di Milano (10 marzo 1973). All'Ospedale Militare di Caserta: Colonnello Medico Prof. dr. Mario Orsini: " L'energia n uc/ear~ 111 pac~ ~ 111 gue,·ra » (8 maggio r973).


Colonnello Medico Prof. dr. Mario Orsini: « Gli aggr~ssivi nervini ~ gli anticrittogamici » (26 giugno 1973).

All'Ospedale Militare di Firenze: T en. Colonnello Medico dr. Eraclio Olivieri: « T urbe dell'istintualità sessuale »

(16 novembre 1972). Ten. Colonnello Medico dr. Elio Bray: « Otite media purul~nta » (19 gennaio 1 973)·

All'Ospedale Militare di Roma: Prof. dr. Giuseppe Cardinali, incaricato della Cattedra di Oncologia Sperimentale nell'Università di Ancona e Direttore del Laboratorio di Ematologia dell'Istituto di Genetica Medica dell' Università di Roma: « Moderno trattamento del Morbo di Hodgkin » (26 maggio 1972). Prof. dr. Sergio Stipa, Direttore della Semeiotica Chirurgica dell'Università di Roma: « La chirurgia della ipert~nsione portale ~ della insufficienza epatica grav~ >> (14 ottobre 1972). Prof. dr. Giorgio Monticelli, Direttore della Clinica Ortopedica dell'Università di Roma: « La chirurgia dell'anca artrosica » ( 16 novembre 1972). Prof. dr. Carlo Casciani, Titolare della Cattedra di Semeiotica Chirurgica III dell'Università di Roma: «Stato attuale e prospettive d~i trapianti di organo >> (22 febbraio 1973). Prof. dr. Giovanni Marcozzi, Direllore della III Clinica Chirurgica dell'Università di Roma, con la partecipazione dei Proff. Crespi, Montori, Cancrini e Messinetti: Simposio sul tema « Possibilità attuali diagnostich~ e terap~utich~ della endoscopia digestiva » (22 marzo 1973); Prof. dr. Giulio Tarro, incaricato di Virologia Oncologica nella Facoltà Medica di Napoli: <c Il ruolo d~i virus ~rp~tici in alcuni tumori d~ll' uomo » (27 giugno r973).

All'Ospedale Militare di Palermo: Magg. Gen. Medico Prof. dr. Evelino Melchionda: « Giuramento estivo» (r0 luglio HJ72).

All'Ospedale Militare di Udine: Prof. dr. Andrea Benedetti, Primario Medico dell'Ospedale Civile di Udine: « L'epatite acuta > > (25 febbraio 1972). Colonnello Medico Prof. dr. Enrico Reginato: « l principi umanitari nelle Conv~11 zioni di Gin~vra e il loro valore giuridico>> (24 marzo 1972). Prof. dr. Renato Cazzola, Primario Medico dell'Ospedale Civile di Gorizia: cc La t~rapia antibiotica >> (r4 aprile 1972). Colonnello Medico Pro f. dr. Enrico Reginato: « Tl medico militar~ in prigio11ia >> (21 aprile Hf72).


Prof. dr. Giuseppe Sabot, Primario Tisiologo dell'Ospedale Ci,ile di Udine: " Virus e pneumopatie virali >> (9 giugno 1972). Prof. dr. Ervino S1avich, Primario Medico dell'O~pedale Civile di Udine: « La diagnostica dell'ipt'rtensione arteriosa n (17 novembre 1972). Prof. dr. Giuseppe Colucci, Primario Ostetrico- ginecologo dell'Ospedale Civile di Udine: c< La fecondazione artificiale umana >l (13 diccmhre 1972). Prof. dr. Giancarlo Englaro, Primario dcii'Isriruto di Medicina Kucleare dell'Ospedale Civile di Udine: <• Recenti progressi 111 medicina nucleare» (8 marzo 1973). Prof. dr. Bruno Callieri, Din:uore dell'Ospedale Psichiatrico Provinciale <<Santa ~[aria Immacolata , di Guidonia (Roma): cc Problemi di psichiatria sociale 111 ambito militare >l (30 maggio 1973). Prof. dr. Antonio Celoni, Prim:uio Pneumologo dell'O~ pedale Civile di Udine: "Note cliniche st~lla sarcoidosi ilo- polmonm·e '' (27 giugno 1973). All'Ospedale MiJjtare di Verona: Prof. dr. L. A. Scuro: << Recentt acquisiziom nella dtagnostica delle malattie del pancreas esocrino ,, (15 gennaio 1972). Prof. dr. Cherubino T rabucchi c Prof. dr. Antonio Balestrieri : Tavola Rotonda su cc Le nevrosi: riflessi soggettivi ed oggettivi nell'ambito della vita militare » ( 19 febbraio H:JJ2)· Prof. dr. Roberto Vecchioni: << L'ernia dello jatus esofageo: un problema dt indtcazione e di tecnica operativa>> (18 marzo 1972). Prof. dr. Adamo Dagradi: <<Stato attuale della chtrurgia del fegato » (28 aprile

lCJ72). Prof. dr. PieLro Valdoni: cc Il medico di fronte all'urge11za » (18 novembre 1CJ72). Prof. dr. Giuseppe Besa: << Cardiochirurgia d' ut·gerJza l• (21 dicembre 1972). Prof. dr. Arrigo Poppi : cc Alcuni aspetti dell'urgenza 111 cardiologia >J (21 dicembre 1972). Prof. dr. Giu~eppe DaJle Ore: <<L'urgenza chirurgtm m neurologia" (28 gennaio 1973)·

Prof. dr. Simone Teich- Alasia: <<L'urgenza nelle ustioni » (22 febbraio 1973). Prof. dr. Adamo Dagradi: << L'urgenza toracica in chirurgia» (27 marzo 1973). P rof. dr. Federico Zanorel!i: <<L'urgenza medica in pneumologia >> (27 marzo 1973). P ro f. dr. Giuseppe Mari naccio: cc L'urgenza i11 chirurgia addominale >J (26 aprile

1 973).

Prof. dr. L. A. Scuro: << L'urgenza addominalt' in medicina >• (26 aprile 1973). Prof. dr. L. 13iancalana: « L'urgenza nelle lesioni traumatiche del dtafram ma » (17 maggio 1973). Prof. dr. Enzo ~1arcer: << L'urgenza in traurnatologta ortopedica,, (24 maggio 1 973)·

Col. Med. Prof. dr. Adamo Maslrorilli: cc Tecnica organizzativa del trasporto dei politraumatizzati ,, (24 maggio 1973). All' Infermeria Presid iaria di Lecce: Ten. Colonnello Medico dr. Gio\':Jnni D'Arpe: u Il concetto medico -legale di in· validità in rapporto alla realtà socio. economica del Salento >> (22 aprile 1972). Capitano Medico dr. L uigi Greco: <<La tianimazione cm·dio- respiratoria ed il primo soccorso agli infortunati della strada" (24 marzo 1973).


Al Comando Logistico della Regione Militare Nord- Est di Verona: Colonnello Medico dr. Massimo Cirone: " Una ricaca ru ptaoli gruppi di truppr da montagna in situazioni' dt uolamrnto ambit'ntall' >l (26 giugno 1973).

NOTIZIE MILITARI

I primi laureati in medicina e farmacia del Nucleo Esercito dell'Accademia della Sanità Militare lnterforze. I primi Ufficiali .Medici c Farmacisti provenienti dal Nucleo E~crcito dell'Accademia di Sanità Militare Interforze hanno raggiunto in questi giorni la loro sede di destina zionc, in attesa di frequentare il corso applicativo. T ranasi della prima concreta rea)iuazionc di questo Istituto, al qu:.le la Sanità Militare guarda con legittima fiducia. Come è noto, la prima laurea dell'Accademia fu conseguita dall'allievo Maurizio Di Costanzo il giorno 8 novembre Itfl2 . Con la tesi "Ten~ionc parziale dell'ossigeno nel sangue veno~ e tessutale nello shock emorragico sperimentale » (rclatore il prof. Giampaolo ::-Jovelli, Direttore della cattedra di Aneste~iologia c Rianimazione dell'Università di Firenze), l'allievo Di Costanzo ouenne il mas~imo dei voti e la lode. ~1iglior

L'allievo medico Mauri1io Di Costanzo all 'e,Jmc di !Jurca.


esordio i corsi dell'Accademia non avrebbero potuto avere e le successive lauree conseguite dagli Accademisti di Sanità hanno poi confermato l'eccellenza di questi risultati. L'allievo farmacista Claudio Mondì ha ottenuto la votazione di 108 su I Io, l'allievo medico Oreste Musilli la votazione di no c lode su no e l'allievo medico Michele Donviro la votazione di 101 su no. Questi brillanti risultati furono poi ribaditi in sede di abilitazione professionale: il massimo dei voti fu conseguito dai dottori Di Costanzo e Musilli, 86/90 dal dottor Donvito e 229 su 300 dal dottor Mondì. Altri giovani sono in procinto di laurearsi, e presumibilmentc con altissimi voti, nelle prossime sessioni di esame. Nuova c preziosa linfa verrà così ad alimentare le schiere della Sanità Militare, per rinverdire quelle gloriose tradizioni di prestigio e di abnegazione che sono il nostro vanto ed il nostro orgoglio. Onorificenza. Il Magg. Generale Medico dr. Mariano Guarnera è stato insignito dal Signor Presidente della Repubblica, su proposta deli'On. Ministro della Sanità, della Medaglia d'Argento al « Merito della Sanità Pubblica». Promozioni nel Corpo Sanitario Militare. Da Maggiore a Ten. Colonnello Medico 111 spe: Trojsi Enrico Assini Luca G~novese Felice Da Capitano a Maggiore Medico in spe: Nicastro Giuseppe Panci Carlo Verroca Francesco De Cieco Rocco De Caro Giovanni Merlino Rosario Gatto Santi Dente Edoardo Rodofile Aurelio A tutti i neo - promossi le più vtve congratulazioni del nostro Giornale.

NECROLOGI

T en. Col. Medico Dott. Giuseppe Mazzeo. Il 6 luglio 1973 è deceduto improvvisamente il Ten. Col. Medico in spe Dott. Giuseppe Mazzeo, neuropsichiatra dell'Ospedale Militare di Messina. Nato a Villarosa (Enna) il 1° gennaio 1924, si era laureato in Medicina e Chirurgia il r6 luglio 1949 presso l'Università di Catania col massimo dei voti e la lode accademica.


Pieno di giovanile entusiasmo, dopo regolare concor)() entrava nel Corpo Sanitario Militare e dopo pochi anni conseguiva la Specializzazionc in Psichiatria e Neuropatologia all'Università di Torino. Tenente Medico in spe nel 1952, prestò ~erviz io alle Scuole di Applicazione d'Arma in Torino. Capitano nel 1956, nel dicembre 1957 fu trasferito al 3° Rgpt. Art. C.A. DAT di Bologna, come Dirigente il Servizio Sanitario, e nel r96r all'Ospedale Militare di Messina ove, oltre all'incarico fondamentale di Dirigente il Gabinetto ).ìcurologico,

ricoprì incarichi aggiuntivi di non minore ri!evanza quale Capo Reparto di cura e Presidente della C.M.O. e del C.M.f.. Ufficiale dorato di complessivi notevoli requisiti, seppe ben presto accattivarsi la stima e l'affetto di tutti quelli che ebbero la fortuna di conoscerlo e di amarlo, apprezzando in Lui il scn~o profondamente umano della vira, la serena rettitudine, la serietà, la coscienziosità, l'assoluta dedizione disinteressata cd altruistica ai bisogni dei Suoi pazienti, oltre ad una particolare acutezza d 'intuito c sperimentata capacità tecnico professionale. Allo studio si dedicava con tenacia e passioni" e seguiva l'aggiornamento professionale con vivo, cosciente senso di responsabilità. Fu - per ciò - tenuto in gran como non solo nell'ambiente militare, ma anche in seno all'Università c presso gli ambienù ospcdalieri specializzati. La morte subdolamente Lo ghermì nel massimo rigoglio delle Sue forze, nella pienezza della Sua appassionata ed instancabile attività, !asciandoci sbigottiti c tuttora increduli, per avere perduto un caro amico ed un preziosissimo collaboratore, che non sarà mai sufficientemente rin1piamo. «Quanto più ci ricorderemo delle persone perdute 12. -M.


- diceva Ugo Foscolo - e ci affliggeremo per es~c, tanto più impareremo a imitare le lor buone qualità c ad amarle quantunque perdute>'. Alla famiglia, e in particolare alla vedova e ai cari figliuoli, che Egli tanto intensa mente amò, vada il commosso, accorato cordoglio del "Giornale di Medicina Militare "·

P. RuccERI

Ten. Gen. Mcd. Prof. D ott. Alfredo Mandò. Il 13 agosto 1973 è improvvisamente mancato il T en. Generale Medico Aus. Rich. Prof. Dott. Alfredo Mandò, Presidente della Commissione Medica delle Pensioni di Guerra di Chieti.

raw a Chieti il 15 gennaio 1907, brillantemente laureatosi con lode in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Padova nel 1931, entrò in servizio l'anno successivo con il grado di Tenente Medico in spc, classificandosi ai primi posti negli esami di concorso. Dopo aver ricoperto per due anni l'incarico di Dirigente il Servizio Sanitario del 12° Reggimento Fanteria in Trieste, fu destinato dal 1935 al '937 in Eritrea, dapprima con le funzioni di Dirigente il Servizio Sanitario dell'VIII Battaglione Eritreo e quindi con quelle di Capo Reparto Medicina del 78° Ospedale da Campo di Gaggiret, parte-


cipando alle operazioni di guerra in A.O.l. e guadagnandosi una croce al merito di guerra. Nel 1938 promosso Capitano .Medico a scelta speciale, all'atto del rientro in Patria fu assegnato, con l'incarico di Oirigente il Servizio Sanitario, al 14° Reggimento Fanteria di Chieti, con il quale nel giugno 1940 prese pane alle operazioni di guerra sui fronti occidentale e greco - albane e, meritando una seconda croce al merito di guerra. Promosso Maggigre Medico nel 1942, fu impiegato presso l'Ospedale Militare di Chieti, ove disimpegnò le funzioni di Capo Reparto Osservazione fino al 1943· Tenente Colonnello Medico con anzi3J1ità 1943, riprese servizio nel 1945, ricoprendo successivamente gli incarichi di Direttore in S.V. dell'Ospedale Militare di Novara, di Capo Reparto Medicina dell 'Ospedale Mi'itare di Alessandria, di Capo Sezione Medicina Legale della Direzione di Sanità del I C.M.T. di Torino e, dal 1948 al 1958, di Direttore dell'Ospedale Militare di Chieti. Nel 1958 Colonnello Medico, resse le cariche di Direuore dell'Ospedale Militare di Firenze dal 1959 al rg6r e di Direttore di Sanità del VI I C.M.T. della Regione ~fili­ rare Tosco - Emiliana in Firenze dal 1961 al 19<)6. Nel ~~ Maggior Generale Medico, assunse nel 1966 la carica di Presidente di Sezione del Collegio Medico Legale e nel 1968 quella di Presidente della Sezione Speciale del Collegio Medico Legale distaccata presso la Corte dci Conti, nella quale Egli, per la Sua alta competenza medico - legale militare e pensionistica, fu confermato fino al 1971, anche dopo il Suo collocamento in ausiliaria per età (15 gennaio 1970). La Sua brillante carriera doveva concludersi, in piena attività di servizio, nella Sua ciuà natale, alla quale nel 1971 era tornato, a coronamento di una vita interamente consacrata alla Patria ed alla Scienza, per presiedere la Commissione ~fedica de~e Pensioni di Guerra con le insegne del massimo grado. Questo, in rapida sintesi, il curriculum medico - militare dello Scomparso, che fu uno dci più significativi esponenti del Corpo Sanitario .Mi1itare per il Suo non comune profilo personale, militare, direttiYo, organizzativo e tecnico- professionale. L'Uomo di Scienza - che aveva al Suo attivo la libera docenza in Medicina Soci:~le, le specializzazioni in Tisiologia ed in Medicina Legale c delle Assicurazioni, ed il titolo di Scuola di Guerr:~ - produsse un'intensa atrività scientifica, specie in campo medico - legale e medico - sociale. Docente di Medicina Sociale presso la Facoltà Medica dell'Ateneo fiorentino, autore di 28 pubblicazioni - tra cui due trattati dottrinari e pluriediti sulla Pensionistica Privilegiata Ordinaria e di Guerra -, relatore congressuale e conferenziere, membro della Commissione per la revisione degli elenchi delle imperfezioni c delle infermità riguar danti l'attitudine fisica al servizio militare c di numerose altre qualificate commissioni ministeriali, il Generale Medico Prof. Mandò continua a vivere nella nostra memoria per l'impronta personale che Egli seppe tracciare, con caratteri indelebili, nella dottrina medico- legale militare. Rimpiangiamo, tuttavia, la scomparsa fisica del Collega cd Amico, del quale non potremo mai dimenticare l'apertura mentale, la signorilità formale quanto sostanziale, l'umana sensibilità, la sorridente cd inalterabile disponibilità al contatto interpersonale. Interprete del cordoglio della Sanità Militare, la Redazione del (c Giornale di Medicina Militare » - che Lo ebbe apprezzato Collaboratore - si associa al dolore dei familiari ed invia l'ultimo, commosso saluto al Ten. Generale Medico Prof. Dott. Alfredo Mandò, che ora riposa nella pace solenne e grandiosa delle montagne d'Abruzzo.

M. CIROKE


Magg. Gen. Chimico Farmacista Prof. Dott. Giulio Audisio. Il 20 agosto 1973 è deceduto in Perugia il Magg. Generale Chimico Farmacista (aus.) Prof. Dott. Giulio Audisio, Direttore dell'Istituto di Tecnica e Legislazione Farmaceutica della Facoltà di Farmacia di quella Università. Si è spento, lasciando vivo rimpiantO nei familiari e in quanti Ne ammirarono le altissime dori militari, la vasta e brillante culrura, le qualità morali e di carattere, uno dei più valenti, attivi, versatili e competenti Ufficiali Chimici Farmacisti dell'Esercito.

Entrato in carriera in seguito a regolare concorso, cd as~egnato il 16 luglio 1932 col grado di Tenente alla Farmacia dell'Ospedale Militare di Alessandria, dopo il Corso di Applicazione presso la Scuola di Sanità Militare diresse la Farmacia della Infermeria Presidiaria di Albenga, quindi prestò servizio presso il Laboratorio Chimico Bromatologico della Farmacia dell'Ospedale Militare di Alessandria. Trasferito dal 1° aprile 1935 in Africa Orientale, diresse il Magazzino Farmaceutico Speciale di Massaua, fu addetto al Magazzino Sanitario Centrale Militare di Asmara, diresse i Magazzini Speciali Sanitari Avanzati di Senafè c di Adigrat. Dal 1° marzo 1936 fu Direttore del Laboratorio Chimico Bromatologico di Armata di Adigrat c dal 30 maggio dello stesso anno del Laboratorio Chimico Bromato!ogico eli Addis Abeba. Dal 1° settembre 1939 fece parte della Missione Sanitaria Italiana nello Yc:men di cui diresse in San'a il Laboratorio Chimico, la Farmacia Mutuakilita, e il Laboratorio Chimico Batteriologico; dal 2 luglio 1945 fu a capo della stessa Missione; in ottimi rapporti con l'Imam, di cui godette la massima stima, riuscl a conservare, durante c dopo la guerra, l'amicizia di quello Stato verso l'Italia.


Rimpatriato nel marzo del 1949, fu assegnato all'Istituto Chimico Farmaceutico Militare, in cui fu addetto a vari Reparti e tenne per qualche tempo la carica di Segretario. Promosso Maggiore con anzianità 30 giugno 1942, chiese ed ottenne di essere inviato a far parte delle Forze Armate in servizio presso l'Amministrazione Fiduciaria Italiana della Somalia, e diresse la Farmacia e il Magazzino Farmaceutico dell'Ospedale Milirare di Mogadiscio dal 14 settembre 1949 al 31 luglio 1952. Fu promosso Ten. Colonnello il r• gennaio 1952. Progettò e realizzò l'Istituto Chimico Farmaceutico della Somalia in Mogadiscio; sotto la Sua Direzione, che tenne dal 1° novembre 1952 al 31 maggio Ì956, questo Stabilimento, il primo del genere nel nuovo Stato, fornì subito una rilevante produzione di medicinali in numerose forme farmaceutiche e in notevole varietà di formule anche di preparati inienabili per uso endomuscolare e endovenoso, con brillanti risultati nell'impiego prevalente di operai somali convenientemente addestrati. Rimpatriato per riduzione del personale dipendente da!l'Amministrazione Fiduciaria della Somalia, fu assegnato alla Scuola di Sanità Militare, presso la quale fu Insegnante titolare di Chimica Farmaceutica e di Chimica Bromatologica dal 21 dicembre 1956, anche dopo la promozione a Colonnello avvenuta il 31 dicembre 1958, fino al 30 settembre 19<}1. Dal r• ottobre 1961 al 31 gennaio 1~6 diresse l'Istituto Chimico Farmaceutico Militare, del quale potenziò vigorosamente la produzione. Il 31 dicembre 1964 fu promosso Maggior Generale, e dal I 0 febbraio r966 fu trasferito presso il Ministero della Difesa, Direzione Generale della Sanità Militare. Lasciò il servizio per raggiunti limiti di età il 19 giugno r ~. Nella varietà di incarichi ricoperti, in pace ed in guerra, in Patria, in Africa Orientale, nel!o Yemen, emerse sempre per le Sue elevatissime doti di militare, le Sue capacità professionali ed organizzative, la grande facilità di espressione sia nell'insegnamento che nel servizio e nei privati rapporti di relazione; era ottimo conoscitore delle lingue francese, inglese, spagnola, araba, e per queste Sue quali tà e per il complesso della preparazione tecnica e militare fu impiegato più vo'te e per lunghi periodi in delicate missioni all'Estero. Con decreto del Ministero della Pubblica Istruzione del 19 maggio 19<}4 fu abilitato alla Libera Docenza in Tecnica e Legislazione Farmaceutica nelle Università, e, poco dopo il collocamento in ausiliaria, fu nominato Direttore dell'Istituto di Tecnica c Legislazione Farmaceutica nella Facoltà di Farmacia dell'Università di Perugia, carica che tenne brillantemente, fino a quando un morbo crudele stroncò prematuramente la Sua operosa esistenza. Era decorato, oltre che delle medaglie commemorative della campagna 1935- 36 e deJie operazioni militari in A .O., di due croci di guerra al merito, insignito della Commenda del1'ordine al merito della Repubblica Italiana, Donato di 1" Classe del Sovrano Militare Ordine di Malta. Ai familiari inconsolabili la Sanità Militare esprime il suo più sentito cordoglio.

E. MAGGIOR:ELLI

Direttore t·esponsabile: T e n. Gen. Med. Dr. Uco PARENTI Redattore capo: Col. Mcd. Dr. MAssiMO CmoNE Autorizzazione del Tribunale di Roma al n. 944 del Registro TIPOGRAFIA

REGIONALE - ROMA

1973


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ANNO 123° • FASC. 6

NOVEMBRE - DICEMBRE 1973

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GIORNAL 'È-'

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DI

MEDICINA MILITARE PUBBLICAZIONE BIMESTRALE

DIREZIONE REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE VIA S. STEFANO ROTONDO, 4 - ROMA Spedizione in ~bb. post. - Gruppo IV


GIORNALE

DI

MEDI C IN A

MILITARE

SOMMAR I O

A i lettori

423

HucHTEMANN T.: Allocution pour l'inauguration du Congrès .

425

Em:Ru A., GIACALON.E B.: L'hygiène mentale dans !es Communautés militaires: considérations générales

427

L.EF.EBVRE J., jANSEG.ERS E. : L'hygiène mentale en milieu militalrc .

433

LATIMER H.: The problem of drug abuse in thc U.S. Am1eù Forces .

445

BRlCXENSTETN R.: La polytoxicopathie da.ns Ics Forces Féùéra.les Allemandcs .

458

SnvENS J.: Les soldats au cheveux longs .

4<>4

V AU1"ERIK C., GRAUX P. : La formation psychoparhologique et socio- psychiatrique du médecin travaillant dans une Communauté militairc .

468

C1RONE M. : Formazione professionale c psico!ogica del medico militare per le applicazioni delle norme di igiene mentale nelle comunità militari .

476

T ATARELLI G . : Formazione professionale e psicologica del medico militare specialmente per l'applicazione delle norme dell'igiene mentale in una comunità ~~.

H ucHTEMANN T.: Résolution concimi ve du Congrès .

~

490


ANNO 123- fASC. 6

NOVEM BRE-DICEMBRE 1973

GIORNALE DI MEDICINA MILITARE ----

AI LETTORI

Il « Giornale di Medicina Militare » è lieto di ospitare nelle sue colonne gli « Atti» del XXVll Congresso della « Cot7fédératiotJ lnteralliée des Officiers Médicaux de Réserve >> (CIOMR), che -

nel quadro delle manifesta-

zioni indette in Roma, dal7 all'n agosto I973• in occasione del XXVI Co11gresso della <c Confédération lntualliée des Officiers de Réserve >> (CIOR)ha avuto luogo presso l'Ospedale Militare Principale di Roma il 9 agosto 1973-

11 tema all'ordine del giorno -

proposto dal Prof. D r. Piero A/onzo,

Presidente Nazionale dell'Associazione Nazionale della Sanità Militare Italiana ( ANSMI) -

ha avuto per oggetto 1c L'igiene mentale nella collettività

militare », argomento di palpitante attualità medico- militare e medico-

sociale che per la prima t'olta, in questa sede, è stato affrontato e dibattuto in tm qualificato convegno intemazionale, al quale sono intervenuti, nella consueta atmosfera di armonica integrazione collegiale, medici provenienti sia dalle Sanità Militari che dall'ambiente civile. Ai lavori del Congresso, impeccabilmente organizzato dall' ANSM l nel quadro del/e direttive programmaticlze della CTOMR, ha preso parte un centinaio di delegati di I I Naziom· aderenti alla CIOMR (Belgio, Canada, Danimarca, Fra11cia, Grecia, Inghilterra, Italia, Lussemburgo, Ola11da, Repubblica Federale T edesca, U.S.A.); massiccia la partecipar;ione degli Uf ficiali Medici delle For:.::e Armate Italiane, sottolineata dalla presenza significativa dei supremi respomabili del/e Sanità Militari l nterfor:.::e, dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica.


Nel rmgraztare la CIOMR e l'ANSMI per l'iniziativa satura di prospettive applicative che ha at•uto il grande merito di colmare, in una visione panoramica e comparativa, una lacuna da tempo sentrta, il « Giornale di Medicina Militare » è certo di far cosa gradita ai suoi Lettori, rendendoLi partecipi di puntualizzazioui e di indicazio1zi emerse, a littello internazionale, nell'ambito delle complesse dinamiche e problematiche adattative del giovane oggi inserito nel contesto organizzativo delle Forze Armate. LA REDAZIONE


'·

ALLOCUTION POUR L'INAUGURATION DU CONGRÈS

Oberstarzt d. R. Dr. Med. Theodor Huchtemann Président de La Confédération Interalliée des Offìciers Médicaux de Réserve

En tant quc Prési·dent de la CIOMR je souhaite la bienvenue aux camaradcs de la CIOR et de la CIOMR qui sont actuellement à Rome à l'occasion .de ce Congrès. Je constate avec joie la présence de nombreux représentants des associations nationales cles offìciers dc réserve et cles offìciers médecins de réserve. Depuis cles années déjà nous entretenons cles relations d'amitié et de camaraderie de plus en plus étroites auxquelles nous lient nos efforts communs pour aider et soigner les malades et les personnes souffrantes, sans égard à leur rang ou à leur position. Par le serment d'Hippocrate, nous nous sentons tous engagés au service cles malades. Durant le Con.grès de la médicine militaire de cette année, des représcntants cles dillérentes nations apporteront leurs expériences et contribueront, par là, à l'approfondissement cles échanges scientifìques. Au cours de cette journée médicale, plusieurs rapporteurs nationaux traiteront cles problèmes actuels sur le sujet « L'Hygiène mentale dans la collectivité militaire >>. Je suis convaincu que ces conféren.ces nous fourniront cles renseignements importants pour notre travail futur.


IL TAVOLO DELLA PRESIDENZA DEL CONGRESSO. (da sinistra: Dr. Med. Peter G. Frenzel, Vice - Presidente della CIOMR; Lieutenant Colone! Mé<.lecin R. Dr. Med. René Mehl, Segretario Generale della CJOMR; Col. Mcd. Prof. Dr. Enrico Favuzzi, Direttore dell'Ospedale Militare Principale di Roma; Oherstarzt d. R. Dr. Med. Theodor Huchtemann, Presidente della CIOMR; Prof. Dr. Piero Alonzo, Presidente Nazionale dell' A.N.S.M.I.; Prof. Dr. Alberto Ederli, moderatore e relatore generale italiano del Congresso).


L'HYGIÈNE MENTALE DANS LES COMMUNAUTÉS MILITAIRES: CONSIDÉRATIONS GÉNÉRALES S. Ten. Vasc. (MD) ris. cpl. Prof. Dr. A. EderliL Ten. Med. C.S.A. cpl. .Dr. B. Giacalone 2 (Italia)

Il nous semble nécessaire de commencer par nous demander ce qu'est l'H ygiène Mentale: cette question, loin de poss6der une valeur polémique ou provocatoire, dérive plutot de la nécessité de rechercher ou d'adopter une définition qui soit, en meme temps, compréhensivc et cxacte. Une première difficulté dérive du fait que l'expression générique « H ygiène Mentale » implique, dans son acception première et étymologique, le concept de santé psychique - concept qui s'appose, de par sa nature m eme, à celui de maladie menta1e - ; par conséquent, tout essai de définition nous renvoie fatalement tantot à l'expression toujours débattue de rnaladie m entale, tantot, et en définitive, ·dans le chapitre aussi contrasté que contesté de la Psychiatrie. L'an sait comme la Psychiatric soit devenue, dans ces dernières années, un terrain fertile de recherches sociologiques et camme, d'autre part, la Sociologie - notamment à la suite d 'un révisionisme néo- freudien - ait accepté l'extension de critères psychopathologigues pour cles couches sociales entières, si non meme pour la société tout entière; et cela surtout camme possible application de ces critères psychopathologiques aux formes meme des rapports inter- individuels et de la vie associée, plutot que comme pure prolifération de cas singuliers dans la sphère d'une classe donnée. Les conséquences ·de cette rencontre ont revetu divers aspects: la Sociologie, d'une part, a vu se profiler un chemin qui lui a permis une plus grande conscience d'elle mem e; la Psychiatrie, d'autre part, a du se reconsidérer à la lum.ière d'un nouveau élément « cuJturel ». La conclusion finale c'est que les deux disciplines ont fini par se tendre réciproquement la main au dessus cles « querelles » partielles, taodis que la forte press.ion exercée par l'élément 1 2

Primario Neurologo degli Ospedali Riuniti (Ospedale S. Filippo Neri) di Roma. Assistente Dermatologo dell'Istituto Fi~1oterapico Ospitaliero S. Gallicano di Roma.


socio- culture! a fini par mettre en discussion l'appartenance meme de la Psychiatrie aux Sciences Médicales vu que, en dernière analyse, son objet ne serait point une pathologie humaine mais plutot une « crise » dcs rapports inter- personnels. Meme en acceptant que l'auto- critique psychiatrique ai t des raisons valables pour conduire la recherche psychopathologique dans la sphère du rapport inter- pcrsonnel et dans le cadre plus vaste d'une structure sociale donnée, il reste néanmoins la difficulté d'attribuer à l'altération psychique, dans ses m an ifestations variées et dans ses différen tes articulations, un ti tre unique: de là, la difficulté d'une définition dc « Maladie Mentale >> . Et l'avoir parlé, ces ·dernières années, de maladie mentale d'une façon trop générique, tantot pour la considérer un mythe, tantot pour l'affirmer en manière trop vague, a contribué, indéniablement, a conserver l'ambiguité qui a caractérisé Ics polémiques récentes. Prenons comme point de référcnce la définition qu'un comité d'experts d'Hygiène Mentale, appartenant à l'O.M.S., propose pour un cas psychiatrique: <<Une altération manifeste du fonctionnement menta!, suffisamment spécifique dans ses caractères cliniques pour pouvoir etre identifìée comme conforme à un modèle unifìé, normalisé, définitif et suffìsamment grave pour provoquer la perte du travail, de la capacité sociale ou des deux et cela à un niveau susceptible d'etre spécifié dans Ics termes d'absence du travail ou .de prise de mcsures légalcs ou d'autres acrions sociales ». Cette définition résulte largcment insatisfaisante: en tout premicr lieu, le concept de << souffrance >> de la part du suj~t vers lequel on doit adopter cles remèdes n'est pas meme évoqué, en deuxième lieu, les conséquences personndles dans leurs reflets sociaux sont esquissées d'une façon indirecte seulement et enfin, en ligne de principe, il n'est guère démontré que toute déviation de la normalité sociétaire établie et impérante doive nécessaircment ctre considéréc comme un cas psychiatrique. D'autant plus que l'encadrement social qui rcjoint le conformisme le plus morose ne peut point etre élevé au rang de paramètre de la parfaite santé mentale. p faut néanmoins souligner que le développement historique meme de l'hygiène mentale - et ses thèses explicatives, notamment - fìxent un concept de santé mentale qui ne s'identifie pas avcc la simple absence de maladie: ce n'est point une pure eurythmie psycho- biologique individuelle mais quelque chose de plus. Ce « quelque chose dc plus >> reste malheureusement bien difficile à saisir: << normative humanism >> (Fromm), << capacité d'évoluer dans le sens d'une maturation personnelle » (Luddbage), << sensation d'identité », etc. Dans le cadre d'une communauté militairc, surtout quand elle est constituée par un personnel volontaire, le concept dc santé mentale, en plus de l'absence de maladie, suppose notamment l'adhésion active aux institutions


qui règlent celte communauté ; le concept de normalité, dans ce type particulier de communauté; le concepte de normalité, dans ce typc particulier de commun auté volontaire- professionncllc, associe clone, à l'absence de maladie, l'adhésion aux valeurs préalablem ent choisies collectivement; il est évident commc l'effort de reconduire une normalité à une règ!e sociale a trouvé de nombreux oppositcurs à cause de son imperfcction mais, du reste, maintes autres formulations du concept de santé mentale, qui ont tenté d'éviter l'obstacle d'un jugement de valeur ou d'un jugement ethique, ont abouti en de vagues expressions qui , soumises à une stricte analyse, ont fini par découvrir une gamme dc valeurs ou bien encorc cles prospectives idéologiques comme, d'ailleurs, les définitions que nous avons tantot rappelées. Par communauté, en effect, l 'o n entend un phénomène social spécifique selon lequel un groupe ou plusieurs groupes de personnes s'unissent locaJemcnt pour conduire ensemble leur vie sociale, éconornique, culturelle, acceptent certaines obligations et adhèrcnt à des valeurs définies. Ainsi, la communauté représentc la plus importante structure sociale, intermédiaire cntre le groupe familial et les cadres plus étendus comme la Nation. Les cornmunautés peuvent se distinguer soit du point de vue topographique, soit sur la base d'un critérium fonctionnel. Les cornmunautés dont le but fon ctionnel prédomine constituent, selon de nombreux Auteurs, la communauté par excellence dans laquelle le paramètre de l'interaction dc groupe se structure dans le sens d'un destin commun , d'une prospective commune de situations futures et se présente animée d'un élan qui a pour but cles intércts solidaires. Il n'y a point de doute quc, considérées sous cct aspect, les Forces Armécs constituent des communautés par excellence dan s lesquelles les << roles >> apparaissent particulièrement définis et Ics << statuts >> particulièrement clairs. L'on connaft l'importancc que la Sociologic, la Psychiatrie sociale et l 'H ygiène Mentale attribuent aux roles et aux statuts. Le concept de role a été formulé en manièrcs différentes : on peut affumer, en bref, que le role est formé par les obligations qu'un individu posséde à l'intérieur du groupe, tandis que le statut représente les droits dont jouit l'individu à l'intérieur du groupe meme. En vérité , le concept de role mériterait d 'erre développé car il com prend l'ensemble dc ce qu'une commun auté définie s'attend du comportement d'un membre qui occupe une position particulière dans la série des rapports interhumains: les expectatives sociétaires peuvent etre engageantes, morales ou facultatives. Le statut a, par contre, des caractères différents: il ne s'agi t pas seulement d'un ensemble de simpl es droits mais, bien au contraire, de droits qui contribuent à la définition d'une certaine position à l'intérieur d 'un système social donné.


Le role se rapporte à quelque chose de dynamique, de comportemental, le statut à une situation objective, statique, positionnelle. Une telle distinction est, selon certains sociologiques, d'une importance fondamentale car la maladie somatique exercerait son influence sur la statut, tandis que la maladie mentale constituerait une incapacité à accomplir un role. Les sociétés et, par conséquent, les anneaux intermédiaires qui représentent les communautés attribuent un ròle à chaque individu; mais il est possible qu'à un seul individu l'on attribue plus d'un ròle: il en est ainsi dans les communautés militaires où un meme sujet se trouve à devoir accomplir plusieurs ròles: du commandant, de l'intructeur, du camarade, etc. : il s'ensuit que l'individu, surtout à partir d'un certain grade et d'un certain niveau, se trouve toujours plus vautré dans le jeu des roles et privé, en meme temps, de la marge d'autonomie qu'il aimerait conserver. Et c'est là, justement, le moment délicat, dans les communautés militaires en particulier, dans lesquelles., à cause de ce jeu entre les ròles différents, les participants de la communauté risquent ·de perdre leurs qualités fondamentales au moment où ils finissent par transférer toutes leurs valeurs personnelles dans les roles différents que la communauté, la société ou la Nation ont fini par leur imposer. Un autre aspect est celui du conflit cles roles: deux groupes peuvent entrer en rapport par le fait qu'une meme personne occupe, dans le premier de ces groupes, un role qui est intolérable avec le ròle qu'elle occupe dans . le second. n suffit d'immaginer le cas d'un militant d'un groupe politique extrémiste qui entre dans les Forces Armées: le résultat du conflit sera toujours une déviation puisqu'il est impossible da satisfaire aux aspirations des ·deux groupes. n faut enfìn considérer l'interaction de groupe qui présente des aspects aussi bien positi fs que négatifs: positifs sont les aspects selon lesquels les individus d'un meme groupe sont portés à imiter ce que les autres exécutent - en fin de comptes, cela pourrait porter à l'uniformité cles coutumes et des activités, uniformité qui devrait etre d'ailleurs à la base du bon fonctionnement de l'Armée - ; négatifs sont !.es aspects qui dérivent du fait que le ròle de leadership peut souvent etre pris par .cles sujets avec les caractéristiques d'une personnalité psychopathique qui cependant jouissent, dans le groupe, d'un certain attrait aux yeux des autres et qui, par conséquent, peuvent exercer une influence négative dans l'économie générale du groupe. Cette interaction s'exaspère notamment quand les rapports avec le monde externe viennent abolis: dans ces cas l'on finit par obtenir, à l'intérieur d'un groupe plus grand, un groupe secondaire qui tend à l'autonomie et à l'indépendance jusgu'à se soubstraire aux règles d'uniformité qui doivent étre à la base de la Communauté. Ce phénomène qui n'est pas particulièrement fréquent pendant le stationnement d'une Unité Militaire dans une grande ville,


43 1 devient fréquent et dangereux si, pendant des périodes particulières ou au cours des conflits, de petits groupes viennent déplacés et deviennent prati~ quement autonomes: dans ces cas il y a une nette tendance à échapper à l'autorité supérieure et à agir de façon autonome: on pourrait expliquer ainsi un certain nombre de massacres, psychologiquement immotivés, qui se sont vérifìés dans Ics plus différentes latitudes au cours des derniers conflits. Dans ces cas, l'attrait du Commandant, surtout s'il possède des notes éclatantes d'anormalité, est tel qu'il peut convaincre et subjuguer - voire meme plagier - le reste du groupc qui devient ai nsi rnatière malléable pour n'importe quel épisode, aussi bien criminel qu'héro1que. Tout cela posé, il en résulte qu'une préparation psychologique toute particulière doit etre, d'une part, le premier enseignement à fournir au cours de l'instruction des Offìciers et, d'autre part, la prernière précaution à pren~ drc dans le traitement et la subdivision des devoirs pour les troupes; celles ~ci, en outre, ne devraient jamais étre laissées longtemps isolées afin d'éviter l'interaction de groupe dont nous venons de faire allusion. Nous nous permettons dc faire encore une remarquc à propos des aspects dc certaines formes fonctionnelles si fréquentes dans les conflits moins récents mais qui, aujourd'hui, tendent à disparaitre: nous voulons faire allusion aux formes de nevrose et, en particulier, à l'hystérie qui a dominé le cadre des nevroses de guerre jusqu'à il y a cinquante ans. Parallèlernent aux change~ ments qui se sont réalisés dans la pratique médicale, l 'hystérie a acquis, dans lcs conflits modernes, dcs aspects divers qui scmblent évoquer un progrès de l'humanité ou bien encore la recherche plus subtile du symptome qui exprime le conflit interne. À la piace de l'hystérie manifeste, nous obscrvons aujourd'hui, à tous les niveaux, surtout au cours cles conflits, cles rnanifestations hypocondria~ ques qui intéressent, en rnesure variable, les divers apparats et qui obligent à l'hospitalisation de ccs malades dans le but de séparer le cas fonctionnel du cas organique. Ce problème, par conséquent, doit ctre lui aussi bien connu, soit par Ics Médecins des Unités Militaires darts le but de prévenir ces formes, soit par Ics Médecins cles Services Hospitaliers afin de ne pas prolonger inu~ tilement une hospitalisation qui risque de devenir d'autant plus difficile au fur età mesure qu'elle se traine dans le temps. Mais nous ne pouvons pas tcrminer sans faire auparavant une brève annotation sur les Médecins- Psychiatres qui exercent dans une Communauté Militaire. Cct argument sera, d'aillcurs, le centre cles rclations qui vont suivre. Comme on sait, la profession rnédicale a été objet - ces derniers tcmps, notamment - de rechcrches sociologiques pas toujours excessivement bénévolcs: on a affirmé, par exernplc, que le « Pouvoir Médical », dans le langagc fonction nel - structuraliste, est un sous- système minoritaire, sans caractères de classes, mais avec un comportement remarquabl ement institutionnalisé.


L'institutionnalisation d'une règle signifìe son acceptation la plus ample de la part cles membres du groupe de sorte que, une fois qu'elle a été interiorisée, elle puisse ctre intégrée dans les systèmes des valeurs du sujet. Or il est clair comme l'institutionnalisation, dans les sociétés actuelles, se réalise en rapport aux valeurs d'une société donnée; il en ressort ainsi une idéologie médicalc dont la validité absolue est incertaine mais qui, selon Parsons, semble nécessaire au malade. Le Médecin interniste, lui mcme, exerce déjà un pouvoir assez vaste sur son patient puisquc celui- ci ne Fossède qu'une re1ative possibilité dc con-

trolc. Mais un tel pouvoir est rcmarquablement plus vaste dans le camp de la Psychiatrie, d'une part car l'activité médicale ne se borne pas ici à considérer un secteur particulier (vésicule biliaire, poumon, etc.) mais s'intéresse, bien au contraire, de la personnalité tout entière, d'autre part car le patient lui meme ignore jusqu'à quel point son a!tération lui permette d'apprécier l'oeuvre de celui qui le soigne. Dans le camp de la Médecinc Militaire, le pouvoir médical s'enrichit enfìn d'une troisièmc amplifìcation de nature bureaucratique et disciplinai re: le Médecin Psychiatre Militaire est, par conséquent, responsable d'un triple mandat sociétaire. L'un des buts principaux de notre Réunion est justcment celui de tracer Ics lignes d'un cnseignement, c'est à dire d'une Pédagogie supérieurc, en vertu de laquellc un tel Médecin puissc accomplir dignement de tds mandats. Il nous semblc donc indispensab!e, meme dans la vie militairc, tenir cn considération les aspects des tendances nouvelles de la Psychiatrie, discipline qui, avec le respect de la personne humaine, impose la connaissance dcs aspects psychologiques et sociologiques indispensables pour traitcr l'individu au cours de son Service Militaire.


L'HYGIÈNE MENTALE EN MILIEU MILITAIRE Colone!- Médecin J. Lefebvre et Major- Médecin E. Jansegers 1 (Belgique)

1.

~

Si généralem cnt on décrit en détail les nombreuses mesures destinées à promouvoir l'hygiène physique dc la troupe, on n'insiste pas toujours suffisamment sur son hygiène mentale. Celle- ci a cependant une importance capitale dans une communauté telle que l' Armée. La cohésion du groupe, son efficacité et sa valeur combative, la discipline et le moral en dépendent directement. Quoique le concept en soit imprécis, on peut dire que l'hygiène mentale se donne pour but de protéger et de promouvoir la santé mentale par un ensemble de mesures préventives. Elle s'intéresse ainsi à l'équilibre psychique des individus et par là elle se rapproche de la psychiatrie. Mais elle s'occupe égalem ent du fonctionnement harmonieux de la collectivité, par quoi elle se rapproche de la socio- psychiatrie et de l'ergonomie. L'h ygiène mentale à l' Armée ne se distingue pas essentiellement de celle qui s'im pose dans la vie civile. Il s'agit ici et là de promouvoir la santé mentale de l'individu et la cohésion ainsi que la valeur du groupe. Le milieu militaire présente cependant certains traits particuliers qui caractérisent les interactions de l'individu et du groupe, entre autres la pression de ce dernier sur l'individu et la nécessité absolue de l'intégration de celui- ci à l'ensemble. Dès le temps de paix on y trouve aussi l'obligation parfois mal supportée de faire son service et la rupture plus ou moins brusque des liens sociaux antérieurs. En temps de guerre s'y ajoute la permanence du danger. L'hygiène mentale doit porter son attention sur les deux éléments de la situation: l'individu et la société. Parallèlcmeot aux problèmes iodividuels, elle doit donc étudier toutes les m esures capables de renforcer la cohésion du groupe : esprit de corps, moral, confort, possibilités de détente, entra!nement, sélection adéquate des militaires de tout rang et spécialem ent des cadres, justice des mesures disciplinaires, etc.. Camme on le comprend aisément, et plus encore que J'hygiène physique, l'entretien de la santé mentale n'incombe pas exclusivemeot ni meme en ordre principal au médecin. Certes celui- ci doit, dans ce dornaine égale-

1

Centre Ncuropsychiatrique Militairc, Anvers.


434 ment, jouer son role de con seiller du commandcment et traiter les cas pathologiques. Mai s l'hygiène mentale recouvre tant d'aspects d'organisation, de commandement, de discipline, d'administration, de questions sociales, de welfare, etc., que le médecin seui se trouvera souvent totalement impuissant. L'hygiène mentale est principalement une tache du commandement à tous les échelons. Avant d'énumérer les m esures que l'on peut envisager pour améliorer l'hygiène mentale, il ne semble pas inutile de rappeler succinctement quelques facteurs qui peuvent l'influencer. Nous ne pouvons pas songcr à nous étendre sur !es facteurs héréditaircs et constitutionnels de la santé mentale ni sur l'importance de l'état physique. Sans parler des affections aigues ou chroniques qui peuvent retentir sur l'équilibre psychique, rappelons Ics phénomènes plus courants, surtout en temps de guerre, la fatigue, le surmenage, la dénutrition, l'absencc de détente, comme aussi certaines intoxications plus ou moins chroniqucs, dont les plus fréquentes sous nos climats sont causécs par l'akool, Ics barbituriques et les tranquillisants. Pour nous cn tenir à des aspects plus directement psychologiques, soulignons le role capitai que jouent dans la formation de la personnalité les diverses étapes du développement affcctif au cours de la prime cnfance et dc l'adolcscence. Il faudrait rappeler ici tout ce que la psychanalyse nous a appris sur les relations au sei n du groupe primitif que constitue la famille, mais cela nous m èncrait trop loin. Pour les jeunes gens en age d'ctre appelés sous lcs drapeaux - et san s vouloir m inimiser l'importance dcs autr es conflits et complexes - certain s problèmes risquent d'ètre intensément réactivés au moment de leur passage de la vie civile à la vie militaire. Dans le cas des jeunes gens notamment, le role du père dans la réali sation de l'équilibre psychologique doit ctre souligné. C'est sur le modèle des rapports affectifs pèrc- fils que vont s'établir en grande partie les identifications ultérieures au chef et à « l'image virile» qui est celle du militaire idéal. Les sujets immatures auront fatalement un e plus grande difficulté d'intégration au milieu m ilitaire. Tous les conflits non résolus de la relation père- fi ls seront autant d'obstacles à l'intégration harmonieuse, et à ce propos on peut s'inquiéter des assauts répétés que subit l'autorité paternelle sous toutes ses formes dans la société actuelle, et qui font d'ailleurs sentir leur influencc délétère dans toutes ]es structures sociales - l'Eglisc, l'Etat, les relations professionnelles et autres. Notre société occidentale est également caractérisée par l'esprit de compétition et le besoin de s'affirmer. Les sentiments d'infériorité, la faiblesse, le manque de virilité, y sont un handicap, presqu'une tare. Or à l'age du service militaire, entre l'adolescence et l'age adulte, beaucoup de jeuncs gens sont tourmentés par de tels sentiments, qu'ils tentent de compenser par des manifestations d'indépendance et de révolte, par un


435 besoin intense d'etre admis et reconnus par leurs pairs et de s'opposer aux adultes. La vie en bande en est une cles manifestations les plus connues; bien d'autres conduites de cet age trouvent également leur source dans ces mécantsmes. Cet age coi'ncide d'ailleurs avec une recrudescence cles troubles caractériels, cles conflits et cles conduites aberrantes, ainsi que de la délinquance ou cles tentatives de suicide. A cet age en effet il y a exacerbation de tous les conflits de compétence et d'affirmation de soi ·d ont témoignent entre autres le désir de dérnontrer sa virilité aux autres et à soi- m eme, le déplacement de l'hostilité envers le père à tous les représentants et à toutes Jes formes de l'autorité, le désir de révolte, l'esprit anarchiste et contestataire. Par l'acccnt qu'elle met inévitablcment sur la discipline et l'autorité, l' Armée est une image paternel le qui chez plusieurs adolescents va raviver tous les conflits oedipiens mal résolus. Mentionnons également un autre point auquel les adolescents sont particulièrement sensibles : le sentiment de justice. Les réglements prévoient les sanctions que les chefs peuvent infliger et les récompenses qu'ils peuvent distribuer - encore que ces dernières soient beaucoup moins bien définies, il faut bien l'admettre - . Les réglements prévoient aussi la procédure à suivre dans chaque cas. En réalité cependant, l'estimation de la gravité de la faute et de l'importance de la punition est laissée en majeure partie à l'appréciation souveraine du supérieur. Il n'y a pas de référence à une jurisprudence valable dans toute l'armée; il n'y a souvent pas de réelle possibilité d'appel. Les jeunes admettent assez facilement qu'une faute soit sanctionnée, mais le sentiment justifié ou non, d'avoir subì une injustice, d'ctre la victime d'une incompréhension ou de se heurter à un chef tyrannique ou insensible est une cles causes les plus fréquentes de démoralisation et de révolte. Ce sentiment provoque cles récidives et de nouveaux délits, qui seront à leur tour sanctionnés, toujours aussi injustement dans l'esprit du sujet. Celui- ci finira par étrc pris - avec son chef d'ailleurs - dans un véritable cercle vicieux, auquel ni l'un ni l'autre ne parvient plus à trouver d'issue. Puisque nous en sommes à parler de discipline, il n'est pas inutile d'insister sur Jes modifications qu'ont subies les notions d'autorité et de responsabilité au cours cles dernières années. L'attitude des parents en est un témoignage. Combien d'entre eux ne sont- ils pas inquiets et incertains devant leur cnfant, ne sachant plus quelle attitude prendre, n'osant plus lui refuser quelque chose de peur de le frustrer, n'osant plus le punir de crainte de le traumatiser? Au siècle précédent, un père, un chef ou un supérieur ordonnait et punissait sans se faire de scrupules, sans douter un instant de son bon droit, parcc gu'il s'identifiait, pourrait-on dire, à l'autorité de droit divin. Aujourd'hui l'exercice de l'autorité est entachée de culpabilité, de


mauvaise consciencc et de doute. L a notion de responsabilité s'est modifiée sous l'influence des idées psychanalytiques. L'intégration à l'Armée est cncore compliquée du fait qu'une grande partie de la jeunesse - et du public en général - a perdu sa foi dans le système de valeurs qu'ellc prone et dans les méthodes éducatives et disciplinaires qu'ellc utilise. On assiste à une différenciation de plus en plus marquée - et sur plusieurs points mcme à ooe véritablc opposition - , entre !es valeurs régissant la vie civile et privée et celles qui définissent l'idéal militaire. Les valeurs civiques et le patriotisme ont eu beaucoup à souffr ir des événcments cles dernières années et de la mentalité actuellc. Les moyens de communication de masse influencent particulièrement les jeunes de toutes les classes sociales et leur proposent des modèles d'idenrification et des normes de vie dont le moins qu'on puisse dire c'est qu'ils sont fort éloignés de ceux de la vie militaire. C'est clone avec tout un bagage héréditairc, consritution nel, familial, éducatif et social, que !es jeuncs gcns abordent le servicc militaire - bagage qui va leur faciliter l'intégration ou qui au contraire va la rendre pénible, difficile, voire impossible. Mais la vie militaire elle- m{ me est une succession de situations, les unes plus ou moins stressantes que les autres. Il est évidemment impossibles de les énumérer toutes. Contentons- nous d'en signaler quelques moments cructaux. La nouvelle recrue doit (aire face à un milieu cntièrement nouvcau pour lui, caractérisé de prime abord par l'anonymat et la promiscuité, le contact avec des jeunes gens inconnus de milieux sociaux différents et ayant un back-ground intellectucl, culture! et économique, des intérèts et des occupations de tout genre. On exige de lui une discipline stricte; il doit se soumettre à la hiérarchie; l'entrrunement physique est intense, surtout au cours des premières semaines et tous n'y sont pas préparés. La technicité croissantc de l'armement postule un niveau intellectuel de plus en plus élevé. Le conscrit d'ajourd'hui voit dans le service militairc une obligation dont il ne saisit ni le sens ni la nécessité. C 'est une coupure dans son existence, comportant d'innombrables désagréments et aucu n avantage. Juillet, Moutin et Savelli en résument fort bien Ics caractéristiques: « transplantation du sujet dans l'anonymat initial; brassage dcs classes sociales; absence de choix avec étroite dépendance par imposition d'une discipline hiérarchisée complexc; unité de lieu pour le travail et le repos; quasi gratuité des services exigés; enfin rupture fréquente avec des gratifications affectives ou sexuel!es; pr;mauté de la fonction sur la personne; société autoritaire, imposant des normcs peu mobiles et des comportcments assez for-


437 malisés; réveil des tendances agressives au cours de l'instruction, alors que toute l'éducation réprime de teUes tendances; ... ». Ce sont là quelques- uns cles problèmes que chaque nouvelle recrue doit affronter. Son intégration sera facilitée dans la mesure où sa motivation peut etre renforcée. Celle- ci dépend en grande partie de l'esprit de corps et du moral de l'unité où il entre. Or le mora] est avant tout favorisé par la foi dans les buts poursuivis, et ceci est particulièrement vrai en temps de guerre. L'importance de chefs loyaux et valables qui inspirent confiance et aient le sens du commandement, est trop connue pour qu 'il soit besoin d'y insister. Toutes les enquctes démontrent que le soldat s'identifie avec son chef - non pas le général de division - mais le chef immédiat, celui qu'il conna!t personnellement. C'est sur celui- ci qu'il projette ses espoirs, ses exigences, ses idéaux. Parallèlement à cette identificarion au supérieur, se crée une identification aux membres du groupe dont le soldat fait partie. Encore une fois, il ne s'agir pas ·de la grande unité, division ou bataillon, mais du peloton ou méme des trois ou quatre copains les plus proches. C'est pour ceux- ci que le soldat se bat, et pour son chef, bien plus que pour l'honneur de sa division ou pour l'honneur de sa patrie, idéaux trop abstraits et trop lointains. C'est dire toute 1'importance des relations humaines au sein cles unités. Les supérieurs ont un role capitai à jouer, car l'attitude déficiente d'un chef retentit sur toute la cha1ne hiérarchique.

Les conditions de travail forment un autre secteur déterminant de la situation militaire. De nombreuses études ergonomiques en étudient l'influence et cherchent à les améliorer et !es humaniser. Elles visent un double but: l'adaptation des machines à l'homme et l'adaptation de celui-ci à son travail. Ce dcrnier point est important; il faut qu'un individu ait un travail qui ne dépasse pas ses capacités réelles et qui d'autre part ne soit pas nettement inférieur à celles- ci, pour 1ui permettre d' accomplir sa tache sans effort exagéré et avec satisfaction. Dans la mesure du possible, cette tache devrait correspondre à sa sphère d'intéréts ou devrait €tre rendue intéressante et s'accorder avec ses propriétés caractérielles. En milieu militaire, il est souvent difficile d'adapter la tache à l'individu; on en est bien souvent réduit à provoguer un changcment d'emploi ou une mutation. Parmi les autres facteurs qui peuvent influencer l'hygiène mentale, il faut citer la stabilité d 'emploi, l'espoir de promotion, la certitude que les services rendus sont appréciés par les supérieurs, une rémunération en rapport avec les responsabilités - et également avec les rémunérations des situations civiles correspondantes -, l'absence de brimades inutiles, etc., qui sont


autant de facteurs essentiels sans lesquds il est vain d'espérer promouvrur le moral des cadres ou le recrutement d'éléments de valeur. L'importance des moments de détente ne peut etre surestimée. Des permissions régulières contribuent eli es- aussi à maintenir le mora] et à faciliter l'intégration et sont peut- etre trop facilement supprimées pour des motifs disciplinaircs. Ceci para!t particulièrement important pour les militaires casernés loin de chez eux et n'ayant par le fait meme que peu de contacts avec leur milieu familial. Enfin les problèmes personnels des militaires ne sont pas sans répercussion sur leur équilibre psychologique. Il faut notamment que le militaire - et principalement le militaire de carrière en temps de paix - connaisse une vie familiale normale. On oublie parfois ce facteur humain - entre autres lors de mutations -, sous le prétexte qu'en temps de guerre le militaire sera quand meme séparé dc son foyer. N'oublions pas non plus qu'en cas de difficultés familiales ou conjugales la compréhension et le soutien de l'un ou l'autre supérieur aident à les mieux supportcr.

••• Ces différents exemples ne prétendent pas à etre complets. Ils suffisent sans doute à montrer la complexité cles problèmes en jeu. Comme on l'aura compris, l'hygiène mentale englobe tous les aspects de la vie militaire et meme la déborde de tous lcs cotés. En effet le moral dc l'Armée et l'attitude de chaque individu envers le scrvice militaire dépendent directement dcs attitudcs conscientcs et inconscientes de la Nation tout cntièrc, de ses buts, de l'intérèt qu'elle porte et du soutien qu'elle accorde à son Armée. C'est dire qu'ils varient suivant les époques, les politiques, les tensions internationales, etc.. C'est dire également le devoir des gouvernants à qui il incombe d'utiliser tous les moyens à leur disposition pour renforcer ce moral. Pour en revenir au domaine individucl, on ne peut assez souligner l'importance de la préparation morale des futures recrues et de leur éducation civique dans les écoles et Ics groupements de jeunesse. On n'insistera jamais trop sur l'importancc de la mentalité publique dans ce domaine, de l'attitude cles éducateurs. Une bonne hygiène mentale doit clone commencer dès avant le service, mais l'ana lyse de ces aspects nous cntra1nerait trop loin. À l'Armée m'me on pcut distinguer lcs mesurcs destinées à adapter le milieu à l'homme, celles destinées à adapter l'homme à son emploi et à sa fonction, celles enfin destinées à renforcer la cohésion du groupe et l'esprit dc corps. I. - L'adaptation du milieu à l'homme c'est principalement l' « Human Engineering))' la scicnce de l'adaptation des machines. dcs armes, cles lo-


439 caux et des outils de toute nature aux hommes qui doivent les utiliser. Le médecin et l'hygiéniste étudieront plus particulièrement tout ce qui peut influencer favorablement le milieu physique et protéger les individus contre les agressions de celui- ci. Dans ce but il faut agir sur l'état physiologique de l'individu, adapter leur régime alimentaire quantitativement et qualitativement, étudier le vétement, le logement et les endroits de travail, tant dans les bàtiments, casernes ou ateliers, qu'à l'extérieur, sur le terrain ou dans les tranchées, dans les chars ou les véhicules, dans les sous- marins ou les avions. Les conditions et l'organisation du travail doivent aussi etre analysées et améliorées. Les études effectuées en milieu industrie! ne peuvent ètre appliquées sans correctif à l'Arméc. A l'usine en effet, le psychologue doit tendre à concilier rendement et fatigue; au combat, où l'activité est essentiellement irrégulière, on doit obtenir un résultat maximum dans un délai minimum, et ceci dans une ambiance de danger et d'angoisse. 2. - a. L'adaptation de l'homme au milieu doit débuter dès les opérations de sélection. Celle- ci vise un double but: l'élimination cles sujets inaptes et la répartition du contingent dans les différents ernplois. Ce dernier aspect présuppose une analyse approfondie de tous les emplois existant à l'Armée; ceux- ci étant extrèmement nombreux, l'on se voit dans l'obligation de les grouper en « familles d'emplois » exigeant cles capacités semblables. On étudie a.insi les qualités requises cles officiers, cles gradés, cles chauffeurs, cles agents de transrnission en graphie et en phonie, cles employés, etc .. Parallèlement il fa:ut apprécier la combativité cles sujets à examiner, car c'est souvent ce critère qui décidera de leur affectation à l'une ou l'autre arme, telle que les commandos ou les parachutistes. Cette analyse cles emplois doit permettre de connaltre les qualités requises et les opérations de sélection consisteront de leur coté à ranger avec autant de précision que possible, ]es sujets qui se présentent d'après leur état de santé, leurs capacités physiques et psychologiques, leur niveau scolaire et professionnel, leurs aptitudes particulières. Une cles pierres d'achoppement du système réside malheureusement dans l'incapacité où nous sommes d'apprécier objectivement et d'une façon suffisamment simple les caractéristiques de la personnalité et du caractère. Or une bonne hygiène mentale exige impérieusement d'exempter du service tous les sujets susceptibles de présenter cles réactions psychologiques anormales. Il ne s'agit pas seulement d'écarter les anormaux et les déséquilibrés avérés; il faut apprécier la valeur potentielle cles sujets examinés - ce qui n 'est pas aisé et pour quoi il n'existe pas de test collectif valide jusqu'à présent. La sélection sera particulièrement exigeante lorsqu'il s'agira de désigner les candidats- officiers, sous- officiers et volontaires de carrière, ainsi que

2.- M.


les candidats aux missions spéciales. C'est en effet en grande partie .de leur valeur et de leur équilibre que dépen<.l. le mora} de la troupe. Les deux aspects de la sélection, l'élimination des in aptes et la répartition du contingent, jouent un role essentiel dans la création d'une bonne hygiène mentale, car l'incorporation de sujets incapables de suivre normalement l'instruction ou de s'intégrer adéquatement dans le groupe est une sourcc constante .de difficultés tant pour l'individu que pour l'unité où il est appelé à servir. Par ailleurs il est tout aussi important pour l'équilibre m enta] de chacun et pour la cohésion et le ren<.l.ement du groupe .de piacer << the right man in the right piace». Les décisions ne peuvent cependant pas etre considérées comme irrévocables après le passage au Centre de Sélection. La sélection première doit etre controlée et raffinée, éventuellement corrigée, en cours de service : c'est le role du médecin d'unité et du personnel instructeur, principalem ent dans les centres d'instruction mais également tout au long de la carrière militaire. Rappelons que toute proposi tion dc modification <.l.'emploi ou d'affectation <.l.evrait etre suivie d'effet à brève échéance, tout retard prolongé risquant de provoquer des difficultés et une aggravation des troubles psychologiques.

b. Déclaré apte et désigné pour une unité, le jeune homme est appelé sous les armes. Son prem ier contact avec la collectivité militaire peut avoir une influence décisive sur son com portement ultérieur. Il faut surtout insister sur toutes les m esures qui évitent un dépaysement trop brusque. Les jeunes gens seront rappelés si possible avec d'autres recrues de leur région; le fait d'avoir un camarade du mcme village dans son unité donne l'impression, surtout au cours <.l.es premières semaines du servicc, que tous les ponts avec le passé ne sont pas coupés. A l'arrivée à la cascrne, un mot de bienvenue, une explication des activités futures au cours des prochaines heures et des prochains jours, une brève allocution sur le but de l'instruction et sur l'armée en général, seront autant d'occasions de diminuer leur appréhension bien compréhensible et de leur inculquer les premiers éléments de l'esprit de corps. On évitera, au cours de ces premiers jours surtout, tout ce qui risque d'aggraver l'appréhension - )es cris, le désordre, la discipline tatillonne, les commandcments brutaux. Toute une psychologie d'acclim atation <.l.oit étre mise en oeuvre.

c. Au cours du service, toutes les mesures d'hygiène générale et tous les principes d'ordre et de bonne organisation sont <.l.'importance majeure. Aucun détail ne peut etre négligé. L 'architecture elle- meme a son role à jouer. La qualité et la présentation de la nourriture, les conditions de logement, les mesures de propreté et d'entretien, le confort, le vetement, la réglementation des congés et permissions, etc., sont autant de points soumis à des réglementations particulières; celles- ci ne permcttent pas seulemcnt


une discipline adéquate, mais ils servent aussi directement la cause du moral,

à con<iition d'etre appliqués humainement Elles n'ont <i'ailleurs pas seulement un rOle objectif de protection physique et d'organisation à jouer. Par le sentimcnt de sécurité qu'elles procurent et par l'impression d'etre entouré par une organisation bien structurée qu'elles entretiennent, elles sont ressenties comme des facteurs gratifiants, protecteurs, sécurisants. La désorganisation par contre provoque comme on sait l'apparition d'insécurité, de sentiments d'abandon, parfoìs meme de panique, rapidement contagieuse. L'importance de la logistique et des troupes de l'arrière s'avère donc capitale. Responsable des transports, des approvisionnements, <ics communicatioos, c'est sur elles que repose toute la responsabilité de ce soutien pratique et moral aux hommes qui combattent. Leur efficacité <ioit donc etre assurée à tout instant et surtout dans les moments les plus difficiles. La garantie de soins médicaux adéquats et rapidcs, la certitude d'une évacuation rapi<ie en cas de bl.essure, la présence d'un infirmier aux premières lignes constituent autant d'éléments indispensables au moral et à l'esprit combatif. De son coté, l'acheminement régulier du courrier, surtout à l'avant, procure un senriment de sécurité et maintient les liens avec le foyer; les hommes se sentent soutenus et encouragés, les lettres apportent l'espoir et la chaleur affective dont ils ont tant besoin. En temps de paix, les occupations doivent étre rationnellement réparties sur l'ensemble de la journée. Combien de miliciens ne se plaignent- ils pas de l'impression de perdre leur temps au cours d'interminables heures creuses. Les moments d'activité de groupe doivent alterner avec les momeots de repos; le développement cles services de welfare et d'information exerce une heureuse influence en ce sens. Le point de vuc formatif et iotellectuel ne peut etre négligé: cours, conférences, formation générale ou professionnelle seront encouragés. De memc l'entratnement sportif contribue à créer l'esprit de corps. La compétition entre sous- unités ou entre unités voisioes renforce les Jiens au sein <l'un groupe. L'instruction contribue elle- aussi à l'adaptation <le l'homme à sa mission future. Elle doit faire l'objet de tous nos soins. La connaissance approfondie du maniement des armes, J'étude du matériel ennemi sont cles éléments indispensables de cette formation . La « battle inoculation » permet une véritable désensibilisation aux situations stressantes du combat futur et est seule capable de créer certains automatismes et réflexes indispensables. Le but de cette instruction n'est pas seulement d'ordre techn.ique. Si elle veut étre efficace, elle <ioit arriver à créer chez le combattant un sentiment de confiance en soi, de compétence et de puissance, un sentiment aussi <le solidarité avec les autres membres du peloton ou de l'équipe. Les exercices de longue durée, les manoeuvres par exemple, sont particulièrement utiles dans ce but. Ils devraient etre fréquents, et minutieuse-


44 2 ment préparés car il faut éviter par- dessus tout de donner une impression de flottement, d'indécision, d'impréparation. Il faut y faire participer les militaires de tout rang et, .dans ce but, leur exposer le détail de l'action, de façon imagée et réaliste, afin qu'ils se pénètrent de l'importance de leur ròle respectif. En d'autres mots, le militaire ne peut avoir l'impression extrèmement démoralisante de perdre son temps, la conviction que « tout ça n 'a pas de sens ». Il doit au contraire acquérir la certitude que le service lui apporte quelque chose de positif, tant au point de vue physique que psychologique. La monotonie, la routine, l'action sans fìnalité apparente, l'irréguJarité dans le commandement ou dans l'action, l'incertitude à propos de sa mission ou de son avenir sont autant de poisons pour le mora!. Le militaire ·doit savoir pourquoi il agir. Il faut l'éduquer et l'informer, et s'il est nécessaire évidemment d'adapter cette information au niveau intellectuel des auditeurs , il est encore plus indispensable de la fournir rapidement, avant la création de rumeurs incontròlables. Il n'est pas besoin d'insister sur son objectivité. Certes certaines situations, surtout en temps de guerre, peuvent exiger le secret et empècher l'information exacte et complète, mais un chef ingénieux doit toujours trouver une solution adéquate à ce dilemme. En un mot, le militaire quel que soit son grade doit se sentir en communication et en communion avec l'ensemble. A ce propos signalons que ·dans la guerre moderne où des militaires isolés ou de petits groupes distants les uns des autres doivent fonctionner dans des conditions souvent pénibles et périlleuses, le problème des communications et des transmissions revct une importance capitale. On en a eu un exemple frappant lors du dernier vol orbita!: les astronautes se sont plaint amèrement des restrictions qui leur avaient été imposées en matière de communication avec la Terre. C'est dire qu'il faut entourer tous les groupes isolés de la plus grande attention et leur éviter à tout prix l'impression d'étre abandonnés à leur sort. Dans des situations de ce genre, il faut renforcer toutes les mesures d'hygiène générale; il faut relever ces hommes à temps et leur permettre de récupérer suffìsamment; il faut songer à leur approvisionnernent adéquat, car le moral s'élève ou s'abaisse selon que les besoins vitaux sont satisfaits ou non. 3· - Tout au long de l'exposé qui précède, le ròle du comrnandement et l'importance des relations entre les supérieurs et les subordonnés ont été soulignés. Le choix des offìciers et des sous - officiers ne peut ètre assez prudent. Il serait souhaitable qu'ils reçoivent une formation en hygiène mentale et qu'ils aient l'attention attirée sur les facteurs psychologiques, moraux et sociaux. Certains officiers des corps de troupe devraient pouvoir €tre déchargés des raches administratives souvent trop absorbantes qui leur sont imposées actuellement et prendre une part plus active aux activités des hommes. Le ròle des officiers d'éducation et d'information est capitale à cet


443 égard et il est vain de le confìer à un· offìcier déjà surchargé de besogne par ailleurs. Il ne suffit cependant pas de former des offìciers et des gradés. Il faut encore les aider dans leur tache; il faut qu'il puisse l'exercer dans ·des conditions satis.faisantes, et leur statut, leur rétribution, leur stabilité d'emploi, leurs possibilités d'avancement, etc., doivent faire l'objet d'étudcs minutieuses. Il faut également leur fournir les moyens indispensables tant en personnel qu'en matériel, et éviter qu'ils se heurtent à tout instant à des limitations. Les supérieurs, camme nous l'avons dit, .doivent etre attentifs aux problèmes personnels de leurs subordonnés. Les contacts personnels peuvent souvent améliorer les relations inter- humaines et lever bien des conflits. C'est au chef aussi qu'il appartient en grande partie de déceler dès que possib~e les « soldats- problèmes », l es faibles, !es inadaptés, les révoltés en pmssance. Le bon chef est celui qui inspire confiance, qui économise les. peines et la vie de ses hommes, qui partage leur inconfort, qui sait fixer au plus près l'attitude permissive à accorder à leurs faiblesses, qui sait communiquer avec eux et leur expliquer clairement les plans d'action, celui enfìn qui répartit judicieusement les mi ssions et prend sa part de responsabilités. Les subordonnés n'attendent pas l'impossible de leurs chefs; ils ne demandent certainement pas qu'ils soient des ètres surhumains, sans aucun défaut. La troupe préfère l'homme vraiment humain à la figure parfaite et sans humour. 4· - Le ròle des médecins d'unité n'est pas moindre que celui des chefs directs. Aussi est- il hautement souhaitable qu'eux aussi reçoivent, au cours de leur instruction, une formation suffìsante en psychologie militaire, formation qui leur permette d'etre en tous temps les conseillers techniques du commandement et de s'occuper activement de l'hygiène menta!e cles hommes qui leur sont confiés. Leurs contacts directs avec la troupe leur donnent la possibilité d'apprécier le moral des hommes. Ils ont l'occasion par ailleurs, et le devoir, de s'informer auprès cles officiers, sous- officiers, aumòniers, et le cas échéant auprès des auditeurs militaires, des divers aspects de ce moral. Ils sont en général les mieux placés pour ce faire, à cause de leur siruation un peu particulière au sein de l'unité, mais en dehors de la hiérarchie proprement dite. Ils peuvent établir une sorte d' « index du mora! » en notant le nombre de cas venant à la visite médicale du matin, le nombre d'hospitalisés, celui des déserteurs et d'illégalement absents, celui des maladies vénériennes, celui cles punis et condarnnés, celui des réformés. Dès que cet index atteint un certain niveau dans une sous- unité, une visite sur place s'impose. La cause


444 de cette baisse du moral est fréquemment à rechercher du coté du commandement. C'est le médecin d'unité aussi qui est le mieux placé pour dépister ]es « éternelles victimes »; c'est lui qui ·doit suivre les « cas -limites », les sujets déclarés aptes à l'essai, les cas sociaux ou les cas disciplinaires, les sujets rejoignant leur corps après une hospitalisation pour raison neuropsychiatrique. C'est de l·ui surtout que dépend le maniement - délicat, il faut bien le dire, mais essentiel ~ cles « psychosomatiques » et cles cénésthopathes aux plaintes multiples et vagues, mais sans substratum organique.

Toutes ces activités cles divers échelons et instances devraient étre coordonnées, par exemple par un psychiatre conseil au niveau de chaque grande unité.

* * * Le but final de toute l'hygiène mentale en milieu militaire réside dans l'intégration au groupe, par identification « verticale » au chef et par identification « horizontale » aux camarades d'unité et de combat. Dans le groupe devenu communauté, apparaissent cles forces positives nouvelles. En outre l'identification aux idéaux communs - outre les sentiments de sécurité qu'elle donne - permet de rejeter la responsabilité cles actes agressifs indispensables sur l'ensemble, déchargeant ainsi l'individu du poids d'une culpabilité insoutenable s'il devait agir seui au combat.

Il serait évidemment possible de décrire encore d'innombrables aspects de la vie militaire et d'en analyser l'influence sur l'équilibre psychique et l'hygiène mentale, mais il serait vain de vouloir etre exhaustif dans un domaine aussi vaste. Les quelques considérations qui précèdent suffiront sans doute à faire comprendre l'immensité de ]a tache et l'importance du role qu'y doit remplir le médecin, soit par son action personnelle soit par les conseils qu'il est amené à donner au commandement.


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THE PROBLEM OF DRUG ABUSE IN THE U. S. ARMED FORCES Col. J. H. Latimer, M.C. 1 (U.S.A.)

Sigmund Freud once observed, « Life, as we .fìnd it, is too hard for us; it entails too much pain, too many disappointments aod too many impos~ sible tasks. We cannot do without palliative remedies. There are perhaps three of these means: Powerful diversions of interest, which lcad us to care little about our misery; substitutive gratifìcations, which lessen it; and into~ xicating substances, which make us insensitive to it. Something of this kind is indispensable ». For the purposes of this paper I will consider drug abuse to involve 3 categories of drugs: alcohol, narcotics, an d dangerous drugs. No doubt alcohol is the most frequently used and abused drug by man. The military has always had a very speci.fìc problem with alcohol, ful.fìlling Freud's third means, cited above. Since armies were organized, whether they be thc Legions of Rome, the hordes of Genghis Khan, Rommel's desert troops, Napoleon's magnifì~ cent artillery or the great crusade of allied forces in Europa, under Eisenho~ wer, one palliative substaoce has been common to all, alcohol. Whether it is used to lessen the horror of combat, to sustain a frightened .fìghter; to over~ come the boredom and loneliness of isolated duty; to serve as a reducer of libidinal tension; to promote a sense of belonging for the socially withdrawn; or to simpl y develop the social interaction of an NCO Club or an Of.fìcer's Club, alcohol has become the most widely used, and abused, tranquilizer of all military men throughout history. H istorically, we Americans recall severa] military incidents where alcohol abuse played a signifìcant role in the origin and preservation of our nation. On Christmas. Eve in 1776, the revolt of the American Colonies against the British was at a very crucial point and many predicted its imminent failure. Generai George W ashington proposed a desperate plan to l~ad 2,400 discouraged and ill- equipped men across the Delaware River to attack the 1

Utah National Guard, Salt Lake City, Utah.


British troops who were camped near Trenton, New Jersey. These British troops were mostly H essian m ercenaries and according to traditional accounts were engaged in celebracing by drunkenness and revelry. Their inability to defend thcmselves rcsulted in ·a vita! victory for the Continental Army and probably saved thc Revolutionary Cause. In r8sr, Lieutenant Ulysscs S. Grant was assigned to Fort Vancouver, Oregon , but his meager pay made him unable to afford the passagc for his wife and son to accom pany him to the isolated post. Unhappy and lonely hc began drinking as a mean s of palliation and was later transferred to Fort Humboldt, California where he fell deeper into dcpendence on his dri nking habit. In 1854, he was ordered to either reform his undesirable habit or rcsign. H e accepted the latter choice and resigned from the army and rejoined his famil y in St. Louis, apparently ending his brief m ilitary career. In r 96r, civil rebellion in the South was threatening to split the Union and Prcsident Lincoln called for Northern voluntcers. Mr. Grant applicd for active duty and was appointed a Co!onel in the Illinois Volunteers and was eventually promotcd to Generai by President Lincoln. As before, tbc loneliness and tensions of war led him to again become involved in excessive alcohol use and this brought him into conflict with his superiors. Despite important victories at Fort Donelson and Fort H enry and much public acclaim, Generai H alleck, his supcrior officer , planned to relieve Grant because of his excessive drinking and insubordination. He later withdrcw the charges when the President dcmanded that Generai Gran t be formally charged or the whole matter dropped. Later, when the press was heavily criticizin{{ Grant's conduct of his army and bis drinking, Lincoln resisted their demands for his removal with the curt retort, that, regardless of personal shortcomings, u H e fights ». With this strong expression of support, Grant di sci plined his person al habits an d doggcdly pursued the seige of Vicksburg unti l, on July 4, 1963, th.e city su rrendered and virtually ended the American Civil War in the W est. Nine months later , U lysses S. Grant was promotcd to Lieutenant Generai in the regular army and was given command of all of the armies in the North. H is successful cam paigns led to the surrender of Genera! Lee and the Confederate Armies undcr his command and the United States of America was preserved. Thus, thc United States Army carne dose, on severa] occasions, to losing the officer .destined to be its most outstanding Civil War Generai, and the country, its r8th President. Any attempt to seriously evaluatc the problem of alcohol is immediately stymied by the lack of any meaningful statistics. Since tbc military services have always accepted alcohol as the unofficial way of ]ife, they have been loathe to adm it the extent of the problem or to be responsible for rcsearch into methods of preventing or correcci ng it. Further, they have ignorod the most important issue - how much has it affected our fighting capaci ty and military effectiveness?


447 One interesting statistica! comparison is possible. In W or! d W ar I, of 1500 neuropsychiatric cases he~d f0r misconduct, an alcoholism rate of 1.6% was reported. By cootrast, in World War II, of 23,000 neuropsychiatric cases h eld for misconduct, 6.6% were described as alcohol ics. In W orld W ar l, of 7o,ooo neuropsychiatric separations, 2. 7% were for alcoholism an d 2.9% were for drug addiction. In World War II, our opportunity for comparison fades, since of 545,000 psychiatric separations, no fìgures are availabl.e for the percentage of alcohol or other type drug addictions. This is particularly interesting since the diagnosis of psychoneurosis was given to only 16.5% of World War I psychiatric discharges while 40 /~ of the World War II psychiatric discharges were classified as psychoneurotic. It is probable that the army avoided citing figures for a1coholism and drug addiction in World W ar II by burying these undesirable diagnosti c categories in with psychoneuroses. This was easily done by emphasizing the primary diagnoses such as: depression, anxiety and character disorder. Al! things considered it appears logica] to conclude that the rate of alcoholism and drug addiction may well have been three to fìve times higher in World W ar II than in W orid W ar I. Of special note is the faet that in W orld W ar I all alcoholics and drug addicts received mediql discharges, while in World War II the same problem cases received administrative discharges. I have not found statistics for these addiction problems during the period of the Korean W ar. Throughout its brief history, the American military establishment has chosen to discharge its alcohol and drug addiction problems rather than deal with the basic causes of drug dependency in cl1e service and make greater efforts toward treatment and rehabilitation. This policy carne to public attention in the 1950s when the Veterans Administration protested the great deluge of alcoholic problems being durnped upon it by the armed services and suggested that the services should begin a more serious effort to identify and treat the many alcohol prob!ems they were apparently creating. In addition, temperance organizat:on in many parts of the United States have been criticai of the miljtary for permitting free access of alcohol to young men between the ages of 18 to 21 whereas local laws have generally prohibited Jegal drinking of alcoholic beverages unti l 21. During the past five years, ali of the armed forces components have launched educational campaigns on alcohol and other habituating drugs and have begun serious efforts to change the image of the military alcoholic )ife style and to offer adeguate treatment and rehabilitation programs to those rnen unable to cope with the personal problems of drinking and drug abuse. NAROOTIC ABUSE.

About ten years ago, a prominent black .1\merican militant was asked by reporters how he justifìed the violent activities of his followers. He de-


fended them by claiming that << violence is as American as Cherry Pie». Although th1s was an obvious exaggeration, America was truly born in revolution, was preserved by a violent Civil War, and much of its pioneer energy was dissipated in taming its new frontiers- including frequent battles with the native Indians and constant conflict with lawless gangs of robbers and murderers. Out of this violence, perhaps, grew a propensity to extremism in many facets of American life, including the overuse of drugs. Indeed, some historians have termed opium abuse as the « American disease ». Opium has always been popular in the United States, especially from the period of the Civil War to the beginning of World War I when Congress · passed the Harrison Act bringing ali narcotics under rigid Federai control. During that fifty year span some writers estimate that the per capita consumption of opiates in the United States was eighteen times that of Germany and twelve times that of France. From r88o to 1900 cocaine was popularly sold or prescribed as a stimulant or a tonic and was actually used in a popular brand of soda pop. The American romance with legal, and illegal, drugs has been described as passing through four distinct eras: r) the years of r865 to 1914- the era of alcohol, opium, and cocaine; 2) the years 1914 to 1945 - the era of alcohol, opiates, codeine, amphetamines, barbiturates, morphine and dilaudid; 3) the years between 1945 and 1960- an era of accelerated drug research when such drugs as Demerol, Percodan, Doriden, Methadone, Placidyl, Memprobamate and Librium carne on the market; 4) the years 1960 to 1972- the era of the Vietnamese war when the drug culture embraced speed (methedrine), gasoline and glue sniffing; accelerated the use of alcohol, heroin and hashish and new drugs such as Darvon, Talwin and Quaalude joined the many otbers in the exploding American drug scene. Many talented and promineot Americans have becn drug addicts including the brilli.ant author, Edgar Allan Poe, who died at the age of 40 of chronic alcohol and opium addiction; one of America's greatest surgeons, William S. Halsted, who was a well known addict of cocaine and numerous outstanding musicians and actors. The United States drug phenomenon closely paralleled the hashish clubs of Paris and Bohemia but i.t is unlikely that any country embraced opiates as freely as did the American physician, his patients, and the pleasure seeking public. A peculiar paradox exists in the cases of mescaline and LSD which are known to be hallucinogenic drugs. The former has been usod by American Indians for more than a century but never fmmd much favor with other Americans until after World W ar Il. LSD was discovered an d made available twenty years before it became popular with the young drug culture. Let us now consider the growing American concern over the accelerating problem of heroin use - both in civilian and military life. Heroin is


449 an illegal drug in the United States and is banned by the Federai government for any legitimate medica] use. Despite this, over the years it has remained a popular drug with a relatively small number of addicts concentrated in the New York, Washington, D.C., Chicago, and Los Angeles areas. Experts bave been aware of the very high relapse rate in heroin users for many years but were surprised when Dr. G. E. Vaillant, of the Public H ealth Service, published his famous twelve year followup study of heroin addiction and reported that only 2% of his study .cases had become totally abstinent with, or without, treatment. His pessimistic report (1966) confìrmed the deep rooted nature of heroin addiction in ghetto societies and he also made the observation that long prison sentences were more successful in controlling heroin use than short ones. In the early 196os, heroin addiction burst out of the ghettos and spread across most of the urban areas of the U nited States. By 1969, the entire country was alarmed by the rapid increase in drug use, especially heroin, in teenagers and young adults and the parallel increase in crime. It has been estimated by Dr. Robert L. DuPont, Special White House Consultant on Drug Abuse, that there were between soo,ooo and 6oo,ooo addicts in America by 1971 but he believes that this figure has dropped to around 3oo,ooo in 1973. In addition to the statistics which are available, he cites the following evidences for his optimistic conclusion: r) decrease in narcotic related deaths in New York City, Chicago, Washington, D.C., and San Francisco; 2) decreasing rate of hepatitis, reflecting less intravenous use of drugs; 3) decreasing drug related crime statistics for all major urban centers. Dr. Earl F. Alexander, of New York City, reported that heroin addiction increased in New York state at a rate of roo,ooo per year between 1969 and 1971 but believes that the heroin addiction rate is now receding. Most of this increase was reflected in young males and also in the young white population - especially females. Dr. Vincent Dole, of New York City, pioneered the methadone replacement treatment of heroin addiction in 1963 and by 1971 he estimates that there w ere 9,000 methadone addicts in New York City alone. Americans were particularly alarmed about the report showing widespread use of heroin in the military services throughout the world, especially in South Vietnam. Dr. Richard Wilbur, Assistant Secretary of Defense For Health and Environment, reports that little heroin was used by American troops during World War II or between 1945 and 1963. As the American troop buildup progressed in southeast Asia, more evidence of drug use was reported, and by 1968, everyone acknowledged the widespread use of both heroin and marijuana. Melvin Laird, Secretary of Defense, made public the results of his Department's survey in 1971. H e estimated that ro% of American forces in South Vietnam had some dependence on narcotics. Of these, 3o,ooo to


4o,ooo estimateci users of heroin, three routes were most popular: mJection, sniffing, and smoking. He cited four factors which they believed were most significant in heroin use: 1) boredom; 2) high availability and low price; 3) as a means of getting men's minds off the combat situation and their problems at home; an d 4) a pro test against the war and the establishment in generai. Later in 1971, another Department of Defense survey was published showing that 23 ~~ of Vietnam returnees admitted the me of heroin but only 14% appeared ro be addicted. In July, 1971, the army reported rr36 military personnel were arrested for heroin possession in the month of June as against n46 who were arrested far heroin possession for the entire year of 1970. They also reported Ù1at 12>463 men requested drug amnesty for treatment in the fust SÌX months of 1971 and they believe that 5% of heroin users are neither apprehended nor treated during their 12 month tour of duty in Vietnam. In June 1971, severa! alarmed Congressmen conducted their own private survey and concluded that ro to rs % of Vietnam military personnel were using narcotics. Official army statistics reported a world wide increase in heroin use every year from 1968 to 1971, with ili e high est rate of use being reported from the Marine Corps; second highest, the Army, third, the Navy and the Air Force reported the lowest rate of use. In 1970, the Veterans Administration issued a special report showing a 400 °~ increase in admissions for drug dependencc to their hospitals, about y; of whom were opium addicts. Dr. Norman Tamarkin, of the Washington, D.C. Veterans Administration Hospital , indicated that 85 % to 90% o~ Washington V.A. drug addicts served in Vietnam and cither sniffed or smoked heroin. Ten perccnt of that hospital's veteran addicts are middle aged and deeply entrenched in a drug life style including criminal behavior to support their habits. Most of these veterans were originally addicted in World War II and Korea. He made the side observation that heroin appears to be relatively safe drug but that infections, hepatitis, accident and assault injuries are serious dangers associateci with its use. In I97I, an interesting report appeared showing that malaria had been found in three different areas of California, related to heroin « mainlining » between Vietnam veterans and other users. There have been occasionai reports of tetanus being transmitted by infected needles of heroin mainliners. Despite these unusual complications of the disease, « hippie hepatitis >> remains the most serious and prevalent medicai complication of heroin addiction. In his 1973 report, Dr. Wilbur concluded that among the 313,000 American servicemen stationed in Vietnam in 1972, 3,000 were clearly addicted to heroin, a rate of about 1.3 ~~ . He cited a study of young draftees and military recruits that showed a 1.2% addiction rate to heroin, thus, indicating on the basis of these statistics, that heroin addiction was no more common in Vietnam than in the population of young men who were enter-


45 1 illg the military service in 1972. He also reports very encouraging followup statistics which indicate that 50 ° ~ of the servicemen who became addicted to heroin in Vietnam, have kicked the habit on their own, and only 7.2% of these men are stili addicted. In service heroin treatment programs have also been successful in that of 70,000 men that have been treated, 59,000 have either been returned to duty or released to civilian life after successful ( ?) rehabilitation. Six thousand are stili in active rehabilitation programs and about 4,000 are receiving treatment iri Veterans Administration programs. Another interesting statistic is that of dcaths that resulted from drug abuse in Vietnam. In 1970, whcn 4oo,ooo men were stationed there, 120 died of causes related to drug abuse. A year later, in 1971, the population of servicemen had decreased to 15o,ooo and the drug related deaths dropped to 50. In 1972, there was another dramatic decrease in drug related deaths although exact fi.gures have not been published to my knowledge. Dr. Wilbur concludes that heroin use in Vietnam was mostly on the basis of eXperimentation and environmental stress and that most of the users were only mildly addicted. H e also feels that most of these heroin users are not criminals but are presently holding jobs or attending school. MARIJUANA AND HASHISH ABUSE.

Marijuana is second only to alcohol as a drug being used by military personnel, a popularity shared by most drug users. It is composed of the leaf and flower of Cannabis sativa and is a drug of great antiquity, having been known to the Chinese as early as 2700 B.C. and used in North Africa and the Arabic countries for centuries. According to historians, Napoleon 's troops brought marijuana from Egypt into Europe in 18oo and it first appeared in the United States around 1850 with some vague claims of medici nal values. One of the earliest investigators of marijuana was Jacques Moreau de T ours. In 1843, he studied cannabis as a possible antidepressant, but after a two year period of observation, published a book of his findings indicating that marijuana did produce a desired euphoria, but tJ1is was followed by a marked depression and no medicai bencfits could be derived from its use.

Although it was used sporadically by Bohemians and other artistic groups it never became widely used unti! the earlier part of the 20th century when it was introduced into New Orleans by merchant seamen from· Europe and then into southern California by itinerant Mexican laborers. It was offi.cially recognized as a dangerous drug by the Marijuana Tax Act of 1937. In recent years, its use has become common among artists, jazz musicians, some intellectual groups and certain minority groups. According to a survey conducted in 1966, s,ooo,ooo Americans have tried marijuana at least once. By


45 2 1971, similar surveys showed that at least 20,000,000 bad tried marijuana at least once and 1,ooo,ooo could be regarded as chronic users. A 1971 Gallup poli showed 42% of college students bave used the drug. Dr. Norman Brill, of Los Angeles, surveyed UCLA students as to the use of marijuana and made the following observations: 1) Among thc Los Angeles hippie subculture, 1oo% are smokers of pot; 2) among UCLA me<lical students, 75% have trie<l marijuana at least once; among UCLA undergraduatc students, so% bave tried marijuana and 20% are considered to be occasionai users, that is, ten to fifty joints per year. 9% are described as chronic users, that is, two to three joints per week. On the basis of questionnaire and personal observations he finds pot users to be less aggressive; less motivated; to have less structured goals; to be less goal oriented for jobs; less sure about the worthwhileness of life; less supportive of the Vietnam war an d the draft; less concerned with religion; less respect for the establi shment in tcrms of work, morals, and ethical standards. They are more likely to be sexually promiscuous; more apt to seek and try new cxperiences, espccially with drugs; more intolerant of routine jobs and more often maladjusted sociaUy. Dr. Brii! claims that there is no higher incidence of menta! illness in pot smokers and doubts that there is any increased crime rate in this group. H e speculates that these students portray the generation gap as being that between booze and pot. On the basis of available information, marijuana was not commonly used by American rnilitary personnel until the early r96os and then the usage was mostly in Vietnam and Gcrmany. In 1968, multiple articl es appeared in the literature confirming the extensive use of marijuana by American troops. Dr. W. B. Poste! reported that 56% of psychiatric patients in Vietnam were using marijuana and that 35% of surgical patients interviewed admitted the same. Dr. E. Caspcr, et. al., reported that 52% of his menta! hygiene population and 33% of his dispensary patients were pot users. Drs. J. Talbott and J. W. Teague reported scven cases of prolonged paranoici psychosis in heavy pot users and r2 cases of brief psychosis in individuals using pot for the fust rime. It was their opinion that ten of thc twelve had abnormal pre- morbid personalities. Dr. H. E. Heiman reported 8 acute psychotic reactions in heavy pot users. AlJ recovered in thirty to sixty days and ali had definite personality disorders. In 1969, Captain Morris D. Stanton reported a survey of 2302 army personnel. Of these, 32% had used pot before Vietnam and 27% planned to continue its use. In 1970, Major Joel Kaplan reported his experience with 3,000 Vietnam soldiers, who were psychiatric outpatients, an d 500 psychiatric in patients. Seventy percent were described as heavy users of drugs, especially pot, barbiturates, opium, speed, LSD, Darvon, and glue fumes. Collach and Crowe, of the 67th Evacuation Hospital in South Vietnam, reported their findings


453 in an area servlCing 45,000 troops. Thirty percent of those surveyed had used marijuana and ro% were regular users. They hospitalized 40 to so men per month for drug abuse and diagnosed fìve pot psychoses per month. Ali of these were heavy daily smokers of marijuana. Presenting symptoms were disorientation, memory loss, confusion and schizophrenic- like symptoms. Sixty percent of their cases recovered, but the other forty percent who did not recover completely, were studied extensively and were considered to be schizophrenics. In 1971, American Medicai News reported the results of their survey which showed that 45% of Vietnam troops and 46% of W est German troops (American) used pot. Major Douglas Bey, described 20 consecutive soldiers who suffered from psychotic reactions associateci with heavy marijuana use. All had serious personality problems and were classifìed as borderline personalities. He was impressed with four important areas: 1) identity confusion; 2) low self esteem; 3) ego weakness and 4) shallow interpersonal relations. He hypothesized that marijuana served to assist thc patients in achieving and maintaining a coping homeostasis in Vietnam. His choice of treatment for these psychotic episodes was roo mg. p.o. of thorazine per hour, as necessary, to maintain sleep for 24 hours. (Dauerschlaft technique). In 1972, Dr. Steven Myers, et. al., reported an unusual use of drugs known as « smackgrass ». This is opium- suffused marijuana, the use of which results in marked personality reactions. According to his experience, opium- suffused marijuana was the least reactive; morphine- suffused marijuana was more severe; and heroin- suffused marijuana was most severe. An artide of interest to air safety was published in 1972 by Colonel W. A. Hark. He reviewed all army aircraft accidents between 1961 and 1969. As best as could be determined, no accident was related to the use of illegal drugs by pilots or other flying personnel. In 1971 the army suspended 9 of 24,ooo pilots for marijuana possession, while in 1972 they suspended 9 of 22,ooo pilots for the same reason. Most of these 18 suspensions resulted from accidental discoveries rather than misconduct. Among army air personnel, psychiatric casualties were due to pre- existing disorders and most w ere al so found to be abusers-of alcohol an d other drugs. Recent News Note. Thirty fìve sailors of the elite Washington Naval Ceremonial Guard Unit have been transferred to « less sensitive posts » for allegedly smoking marijuana. This unit works near the President and visiting Heads of State in fact, 13 of the 35 men took part in the ceremonies welcoming Leonid I. Brezhnev to Washington during his recent visit. Hashish, composed of the leaves and stalks of the hemp plant, Cannabis indica, is used throughout the world but seems to be particularly available to military personnel in Europe. In 1972, Drs. F. S. Tenant, Jr., and C. J. Groesbeck reported their eXperience with drug abuse in United States soldiers


454 in West Germany. They conducted 400 consecutive interviews with drug users and 100 consecutive interv1ews of patients admitted to the drug treatment service of a military hospital. They found that 46o~ of ali troops questioned had used illicit drugs at lease once with 95 oo using either pot or hashish, 14 ~~ reported use o( cannabis a t lcast three ti m es, r6% reported using up to three times per week and r6% admitted use in excess of threr times per week. 65 % had used drugs before service, 78 o~ had used drugs beforc coming to West Gcrmany, 22 °/~ had u~ed drugs for thc first cime in W est Germany, 10% had also used « downers », LSD, or spced. Hashish is the most popular drug among troops in West Germany and is approximately 8 to IO times more potent than pot. lt is popularly known by such names as << Pakistan black >> or << Afghan red n. It is smoked in pipes, ingested by mouth, or injected. The greatest hashish use is in the age group of r8 to 22 years and it is very seldom used in soldiers above the age of 30. As in other theaters of war, it is considered typical for regular army personnel or career so!diers to use alcohol, whcreas thc ·draftees and non career troops prefer hashish or pot. When alcohol and hashish are used together, the user is referred to as a « hashaholic ». These individuals may use from rso to 200 grams of hashish per month which is the equivalent of 200 joints of pot per month. T enant and Groesbeck reported that users of so grams or more of hashish per month are usually in a chronic intoxication state characterized by apathy, dullness, lethargy, impaired judgment, impaired memory and poor concentration. In 1971, Dr. T. G. Hauschild cited his experience among hashi sh users stationed in Europe. He observed 30 to 40 adverse hashish reactions per month consisting of respiratory symptoms, apathy, paranoia, confusion, passivity and severe fatigue. In May 1972, Commander Joseph A. Pursch, M.C. , U. S. Navy, published an artide entitled « Drug Abuse in the U. S. Navy ». He suggested that drug abuses in the Navy be considered in four diagnostic categories: 1) Severe character disorders. These are sailors who carne from broken or emotionally fragmented homes. They exhibited poor idenrity formation , low frustrarions thresholds, anxiety and depression. By the time they reach service age they have accumulated a background of failure in school, peer relationships, job inadequacies, derailed marriages, delinquency, and a history of drug experimentation or abuse. They are marginai soldiers, prone to psychiatric problems on even minor stress. They become easily depressed, anxious, withdrawn, but often exhibit aggressiveness and impulsiveness and acting out behavior. They are problem cases who frequent sick cali with many vague somatic complaints, create ilisciplinary problems for superiors and frcquently exhibit surlincss, incfficiency and destructive behavior. 2) Drug experimentors or delayed adolescent turmoil. Thcse are immature, identity seeking young men much akin to college freshmen. When thrown into the midst of serviccmen they eccome bewildcrcd, lonely, depressed,


455 anxious, moody, and homesick. Since they lack the constraints of the supporting family constdlation or hometown mores, and since, as late adolescents, they are now looking for a way to join their peer group away &om home, they often get involved in drug abuse because drugs have become a badge of independency from adults and a sign that one is able to belong to one's own peers. 3) Antisocial personalities. This group are above average in intelligence and have little capacity for guilt or shame, seldom feel group loyalty or esprit de corps and were usually drifters, con men, or bad check artists in civilian life. Tbcy usually have police records and are immune to routine threats of court martial, undesirable discharges, or bad reputations. They frequently use drugs, but seldom become addicted, preferring to use drug abuse as a means of escaping obligations rather than a psychiatric escape. Being clever and manipulative they seldom get arrested for drug abuse or possession. 4) Borderline personalities or latent psychotics. This group are very vulnerable to the stresses imposed by military life, frequently becoming paranoid, suicidai, delusional, or homicidal they frequently become psychotically deprcssed, addicted to drugs, or develop toxic psychotic reactions which make them ·dangerous on psychiatric wards. They abuse psycho- active drugs in the hope of altering their unpleasant lives or to make themselves feel better. They do not use drugs as a philosophical device or as protests against the establishment but rather argue that they feel better on drugs and can see littlc reason for not using them. Their return to duty depends on the extent of their clrug use and the course of improvement after detoxification. They are usually aided by treatment but are not suitable for retention. The most constructive approach to military drug abusc is to regard it as a behavior symptomatic of chronic or transitory emotional conflict or disorder. It thus becomes an indicator of suitability, fitness, or motivation for duty. Categories I, 3, and 4 are not a product of the drug abuse era and have always been poor team members throughout military history. Much as we would like to help and rehabilitate these men, it is nevertheless true that thc men in these categories havc now adapted life styles which usually cannot be changed by brief appeals to something which they do not have, namely, a basic healthy pcrsonality. The policy should be clearly spelled out: drug abusc is not a taboo subject and anyone can rnake a mistake but a maladapted life style will not be endorsed. rn 1 9~, the United States Navy discharged 3809 rnen for drug abuse. During that same period, 190r men who had the characteristics of drug experi mentors were retained in the navy and put on probation because they expressed convincing motivation to get off drugs. (Marijuana, barbiturates and ampbetamines). Of this group, 97% remained drug free and rendered satisfactory service to the Navy. Experimentors with heroin or LSD were not considered suitable by the navy for probation and rehabilitation. 3· - M.


« Drugs and Military Position », by Maj. Michael Reinstein, M.C., USAR, Mil. Med., March, 1972· At Fort Benning, I970, an anonymous questionnaire was adrninistered to I,}85 soldiers of mixed rank and age on the last day of their service. 48 % adrnitted illicit drug use; 25% adrnitted illicit drug use during the rnonth prior to this questionnaire; I2% used drugs I to 5 tirnes per month; 4°/, used drugs 6 to Io tirnes per month and 10% used drugs IO cirnes or more per rnonth. 46 began using drugs in Vietnarn; 24% started drugs in the service other than Vietnam and 30°1.. used drugs before servi ce. 85 % were frorn the ranks of E- r to E - 5 but 94% of drug users were from E- I to E- 5· All offìcers in thc group of drug users were frorn 01 to 03 - none higher. This is a striking exarnple of the generation drug gap in the rnilitary service. D r. Reinstein broke down drug users as follows: pot - 47%, amphetamines - 14%, LSD - 14%, barbiturates - g o,~ , opium - 8%, codeine - 6°1o, cocaine - 4°'o, heroin - 3°1...

1

« A Study of Drug Abuse among Psychiatric In- patients at the San Diego Naval Hospital », Lt. Comdr., J. Nail, et. al., Mil. Med., March, 1972. An analysis of naval and Marine Corps discharges for September, 1970 showed 550 Marines and 2900 sailors were discharged for drug abuse. Frorn January to Aprii , 1970, 109 drug abusers were admitted to the Psychiatric Service, 63 Marines and 46 sailors. (3°/, of. admissions).

Age - 22 years or less - 86% (Navy) - 94% (Marines) Average of both groups - 20 years of age. LeTJgth of seruìce - 2 years or less - 83% (Navy) - 95°{, (Marines) Average service of both groups - I year.


457 A REviEW OF DrscHARGES FROM THE UTAH NATIONAL GuARD FOR THE YEARS 1968 TO 1972

Year

Medica/ Dischargcs

A dministrativc Discharges

r~8

29

18

I

r9(59

26

I]

None

I9'JO

52

14

r alcoholism, I for drug possession, and 1 known Lo be a drug abuser

1971

50

Il

2

37

9

Comments

court convictions for drug possession I

I

1

94

court conviction for drugs

alcoholism and drug usc court conviction for drugs

8

In 1972, roo random interviews were conducted with Utah Guardsmen from a Medicai Unit, Special Forces, and an Artillery Battalion. Of those interviews, 50% indicated experimentation with, or occasional use of, alcohol and ro % of this group used alcohol regularly. Twenty five percent admitted some experimentation with drugs such as marijuana, glue fumes, LSD, or other ·dangerous ·drugs but only two percent admitted frequent or regular use of these drugs.


LA POLYTOXICOPATHIE DANS LES FORCES FÉDÉRALES ALLEMANDES Oberstarzt Dr. Med. R. Brickenstein 1 (République Fédérale d'Allemagne)

Maxime: << Quiconque

trouve que sa vie soit vai11e, est non seulemerJt malheureux, mais à peine viable ».

(EINS1'EIN)

L'ALCOOL, LES DROGUES, LES PRODUITS CHIMIQUES.

De tout temps il y avait des hommes qui cherchaient à modifier leur faculté perceptive en consommant certaines substances. En faisant cela, les uns espéraient pouvoir réduire à néant les problèmes qui les tourmentaient. Les autres cherchaient à obtenir, grace aux produits enivrants (drogues et boissons alcooliques), des connaissances ou facultés nouvelles ou bien à renforcer leur puissance physique, psichique ou sexuelle. Mais la consommation de stupéfiants a également eu lieu au cours d'actions mystico- cultuelles. C'est ainsi que le vin joue un role particulier dans le cadre de la cène chrétienne. Les peuples dont la morale et la culture étaient marquées par la foi chrétienne ont, dans la plupart des cas, fait usage de boissons alcooliques pour parvenir gdìce à l'ivresse à un état de volupté. Les peuples dont la culture est influencée par la doctrine ·d u Coran, se servirent en général de drogues tirées du chanvre et du pavot. Au cours de leur évolution cultuelle les pcuples avaient appris à se servir des stupéfìants qui leur étaient familiers. C'est ainsi qu'un pourcentagc relativement faible des consommateurs de stupéfìants ou de boissons alcooliques fut assujetti soit psychiquement soit physiquement aux effets des drogues au point d'en devenir gravemeot malade. A la suite du développement de nouveaux moyens de transport rapides et à grande capacité dont le contrale n'est pratiquement pas possible, de 1

Médecin en chef de la Section N curo- psychiatrique de l'Héìpital de la Bundcswehr de Hambourg.


459 m eme que par l'iotermédiaire de trafiquants habiles, l'Occident c le Nouveau Monde ont été inondés de drogues à base de pavot et de chanvre. En meme temps, l'Orient et les Indiens d' Amérique se familiarisèrent avec l'alcool. De plus, l'industrie pharmaceutique ne ccssait .de réaliser .de nouveaux produits susceptibles d'cntralner une modification physico- psychique de l'homme. InitiaJement, l'abus des drogues tirées du pavot et du chanvre, que l'Europe connut seulement vcrs la fin du siècle dernier, et des produits chimiques modernes était relarivement limité. En étaient concernés avant tout cles médecins et pharmaciens, le personnel infirmier et des personnes grièvement blessés ou malades, mais aussi cles arristes et cles hommes politiques. Au sein de la Bundeswchr comme dans de nombreuses autres forces armées il y avait et il y a toujours cles militaires qui abusent de l'alcool. Les psychiatres militaires connaissent, tous, le type du vieux troupier ayant pris l'habitude, dès sa jeunesse, de consommer de grandes quantités d'alcool. Ces buveurs invétérés risquent d'accro1tre leur consommation d'alcool, sans en avoir le contrale. En faisant cela, ils tendcnt aux excès d'où aussi un comportement peu consciencieux dans l'exercice dc leurs fonctions. D'autres militaires se font remarquer par une intransigeance toujours plus accentuée ou bien lorsque l'alcool vient à leur manquer, par le fait de tomber dans le délire. En ce qui concerne le pronostic de ces cas, celui -ci est avant tout déterminé par la structure élémentaire de leur personnalité. La thérapeutique donne les meilleurs résultats dans le cas de buveurs qui boivent pour leur plaisir. En ce qui concerne les buveurs qui cherchent à se soulager ou alléger leur sort, le pronostic est .déjà moins bon. Ceux qui boivent pour échapper à leurs problèmes ont les pcrspectives d'avenir !es plus défavorables, car en raison de leur personnali té ils se trouvent toujours de nouveau confrontés avec cles problèmes qu'ils ne sont pas en mesure de surmonter. Alors que dans un premier temps on avait surtout affaire aux abus d'alcool des militaires agés, mais aussi cles classes .d'age très jeune, et que l 'importance de ces abus était pratiquement restée plus ou moins égale par rapport à autrefois, un tournant s'annonça vers l'année J~ lorsque surgit, pour cles motifs psychopathologiques entièrement nouveaux, la vague des stupéfiants qui saisit en particulier la jeunesse et que nous appelons polytoxicopathie, mal causé conjointement par plusieurs toxiques. PsvcHOPATHOLOGIE.

Jamais auparavant Ics jeunes n 'ont été si nombreux à vouloir résoudre leurs problèmes par le moyen de l'autoiotoxication. Cette volonté qui se manifeste partout dans le monde semblc etre due au fait que !es jeunes éprouvent le besoin ardent dc combler le vide régnant au fond de leur ame pour ne plus etre terrassé par le sentiment dc l'absurdité de leur vie. Alors


qu'autrefois quelques individus seulement étaient v1ct1mes d'un complexe d'infériorité, la majorité des jeunes sentent aujourd'hui confusément et avec doulcur le vide créé par l'effondrement actuel de toutes les valeurs morales: souvent ils souffrent de voir que ceux qui en tant qu'autorités morales cherchcnt à leur faire comprendre des notions telles quc bienséance, moeurs, loyauté, honneur, devoir, famille, patrie et religion ne respectent pas ces principes moraux dans leur mode <le vie personncl. Or, ayant perdu la foi en ccs valeurs, la jeunessc éprouva le besoin <l'une compensation collective, besoin qui constitue l'une des causes principales dc la nouvelle maladie appelée polytoxicopathie. Beaucoup de jeunes méprisent la façon de vivre de la génération des parents, marquée par le goùt de l'efficacité matérielle et qui, à leurs yeux, est absurde et de mauvaise foi. Pour échapper à l'action ils se réfugient dans l'ivresse qui leur donne l'illusion d'un monde meilleur. D'autres jeunes essaient de s'arranger avec ce monde tourné vers l'efficacité sans pour autant etre prcts à s'engager au point de vouloir réaliser des performances égaJes sans l'aide de moyens artificiels. Pour cette raison, certains d'entre eux se servent de substances destinécs à augmenter le rendcmcnt. D'autres ont besoin de produits enivrants pour oublier qu'ils n'ont pas réalisé les performances qu'ils prétendaient atteindre. Il en ressort que c'est avant tout dans le domai ne socio- moral qu'il faut chercher les causes dc la Polytoxicopathie, épidemie psycho- physiquc, presque universellement répandue. Au point de vue psychopathologique, la polytoxicopathie diffère donc sensiblement des autres toxicomanies dont les psychiatres ont l'habitude depuis cles décennies. Elle n<llt d'une disposition d'abord individuelle, de changer son état psychiquc. Ensuite, cette envie saisit presque comme une maladie infectieuse des collectivités humaines pour prendre finalement l'envergure d'un besoin collectif de stupéfiants de toute sorte. Dans la plupart dcs cas, l'alcool, Ics drogues et les produits chimiques sont souvent consommés à tour de role. En réponse à la question de savoir pourquoi ils prennent des produits enivrants, il n'est pas rare que les jeunes militaires haussent tout simplement l es épaules. Ou bien ils répondent: « Pourquoi pas? - Que faire autrement? - Tout cela m'est tout à fait égal! - Peu importe! - La vie est tellement absurde! - Pouvez-vous m'expliquer le sens de la vie?- Je n'y vois pas clair ! Apparemment vous non plus. - Il me semble que je suis une simple roue dans un appareillage qui ne me dit rien et qui ne vaut pas la peine d'y sacrilìer sa vie! ». L'ÉVOLUTION DES TOXICOPATHES.

Au cours des années 6o, Ics drogues dures ont pris progressivement la piace des drogues douces. Suite à la consommation d e quantités abusives de nicotine, !es jeunes goùtèrent le hacbisch. Ceux qui n'y mettaient pas fin,

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en prenaient l'habitude. Ensuite, ils comommèrent le LSD, les amines stimulantes et fìoalement !es drogues dures. Une catégorie à part constituent les cc renifleurs » souvent qualifìés de peu menacés. Mais quelques- uns parmi eux ont également du laisser leur vie à la suite d'une panne technique survenue lors de l'inhalation de toxiques. Dans les années 6o, l'alcool ne jouait qu'un role secondaire ·dans Ics anamnèses dc toxicomanes. Au cours cles dernières années, un nombre toujours croissant de jeunes militaires indiquait n'avoir pas au début, consommé du hachisch mais de l'alcool et avoir ensuite pris au hasard cles produits chimiques. Souvent la toxicomanie cles jeunes mil itaires s'arreta là, car pour entrer daos la phase suivante, celle de l'injection de la drogue, il fallait passer outre à ses propres réticences. Souvent ils ont ·du mal à se faire une piqure d'autant plus qu'ils ont peur cles conséquences dangereuses immédiates. Mais une fois que cette barrière est franchie et que l'habitude est prise, les pcrspectives d'avenir sont en général assez sinistrcs. Entre- temps, les simples curieux de la drogue, généralement peu mcnacés, ne wulèvent pratiquement plus de problème cn RFA, leur nombre étant en régression constante. Par contre, tout porte à croire que le nombre cles vraies polytoxicomanes s'agrandit. Ceux- ci changent souvent leurs habitudes de consommation et leurs pseudo- idéologics. Ce cc noyau dur >) du milieu toxicomane recrute ses nouveaux adhérents de plus en plus parmi les femmes et les très jeunes en f>'adressant tantot à tel groupe social ou idéologique tantot à tel autre. PROBLÈM ES sPicrFIQUES DE LA BuNDESWEHR.

En 1969 la nouvelle qu'un militaire prenait du hachisch faisait encore sensation. Il n 'était pas rare d'entendre ces gens -là se vanter dc leurs expériences avec l'orgueil de quelqu'un qui croit appartenir à une élite. A cette époque -là, !es médecins militaires connaissaient mal, en général, les problèmes relatifs à l'abus de drogues et de produits chimiques. À présent, ces problèrnes leur sont aussi familiers que celui de l'alcoolismc. Entre- temps le nombre cles usagers occasionels semble avoir baissé également au sein de la Bundeswehr, taodis que le groupe cles habitués a continué à s'élargir. Ceuxci cachent, en général, lcur toxicomanie pour éviter cles conséquences disciplinaires ou pénales. En cc qui concerne !es militaires qui, sans motif apparent, font savoir au médecin militaire qu'ils sont usagers de produit enivrants, il y a souvent lieu de soupçonner que ce n 'est pas la peine causée par la rnaladie qui les pousse à l'aveu, mais un désir de démobilisation anticipée. En effet, tout militaire considéré comme << physiquement ou psychiquement assujetti aux produits enivrants >> est, en principe, libéré pour inaptitude au scrvice. Or, les véritables cc drop outs >> se signalent en général par une pas.. sivité et une négligence vis- à- vis de leur propre personne si spectaculaires que la néccssité de leur libération pour inaptitude devient tout à fait évidente.


Le nombre des usagers occasionnels ayant baissé et les véritables toxicomanes ou alcooliques étant généralement libérés avant terme, il reste à résoudre le problème dcs habitués non encore irrécupérables. Ces militaircs ayant souvent appris à cacher leur habitude, ni leurs supérieurs, ni les médecins militaires ne s'en rendent compte et camme le nombre des procédurcs disciplinaires correspondantes est en régression, certains commissaires disciplinaires militaires sont mème amenés à penser quc la vague de polytoxicopathie se soit affaiblie dans la Bundeswehr. En fait, le nombre des militaires hospitalisés, en 1972, pour usage abusif de drogues ou d'alcool dans la section psychiatrique de l'hopital militaire de Hambourg, dc m~me que dans Ics hopitaux civils situés aux alentours, a considérablem ent baissé par rapport aux années précédentes. Mais l'examcn psychiatrique de militaires s'étant fait remarquer par l'indiscipline ou par un comportement insolite ou encore ayant commis des actes relevant du droit pénal, a de plus en plus souvent fait ressortir que ces attitudes étaient la suite d'une consommation massive de produits enivrants qui avait passé inaperçue dans leur unité.

1

JMPORTANCE NUM::ÉR1QUE DU PROBLÈME.

Vu l 'impossibilité d'un recensemcnt et d'une classification prec1s d es pcrsonnes concernés, il est assez difficile de procéder à une évaluation m ~ me approximative ·du nombre des usagers de stupéfiants et ·des alcooliqucs en RFA. Il est probable qu'un peu plus de 1% des Allemands de l'Ouest, do ne plus de 6oo.ooo personnes, sont de vrais alcooliques. Environ 1,5 million de jeunes auraient au moins une fois essayé une drogue. Près de 100.000 à 150.000 jeunes entre 15 et 25 ans sont considérés camme particulièrement menacés à cause de la consommation continue de drogues et de produits chimiques. Il faut admettre, en outre, que 5o.ooo jeunes sont physiquement ou psychiquemcnt {{ assujettis » aux drogues ou aux produits chimiques, dont 10.000 à 12.000 qui sont temporairement ou en permanence incapables de travailler. Les Forces Armées Fédérales ne disposent pas de statistiques à ce sujet. Leur établissement serait d'ailleurs difficile du fait que, dans certaines circonstances, l'utilisation de produits cnivrants pcut fait l'objet de mesures di sci plinaires. Pour arriver à cles conclusions on est clone réduit à ses proprcs cxpériences. A la section neuro- psychiatrique de l'hopital militaire de Hambourg, disposant à l'époque de 43 lits seulement, avaient été hospitalisés 40 en 1970 1971 8o 1972 s6 c - à - d au cours de 3 années

176 militaires au total,

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pour etre examinés à la suite d'anomalies psychiques liées intrinsèquement à la consommation de drogues ou de produits chimiques. Dans la période de référence, le nombre cles militaires qui s'étaient faits remarquer pour usage abusif d'alcool était inféricur de presque un tiers:

soi t

122 au cours de 3 années.

Sur ce nombre total de 122 alcooliques, 30 militaires parmi ccux qui .avaient été examinés en 1972, avaient, en plus, pris cles drogues ou produits chimiques. Parmi les alcooliques « traditionnels )) la part prépondérante revenait aux militaìres agés. En ce qui concerne Ics 176 adeptes de la drogue et de produits chimiques, I IO étaient des habitués depuis cles années, parmi les 122 alcooliques, le nombre correspondant étai t de 77· Ces chiffres s'inscrivent en faux contrc l'opinion très repandue selon laquelle, au sein de la Bundeswehr, l'abus cles drogues et des produits chimiques ne joue qu'un ro!e secondaire par rapport à l'alcoolisme. PRÉVENTION El' THÉRAPEUTI QUE.

La rache primordiale du médecin militaire consiste à prendre cles mesures préventives pour emp(cher au moyen d'une information systématique, que la polytoxicopathie ne continue à se répandre. En ce qui concerne la thérapeutique, il doit etre capable de traiter toutes les complications que l'intoxication peut produire pendant l'ivresse. L a désintoxication cles polytoxicomanes qui exige un traitemcnt stationnaire, peut se faire dans tous ]es hopitaux de la Bundeswehr. Immédiatcment après devrai.t avoir lieu tme cure de désaccoutumance qu'il convient de faire dan s les établissemcnts civils qualifiés. Suit alors la ph.asc de réhabilitation dont le résultat dépend de nombreux facteurs de nature assez différente. T oute tentative de réhabilitation qui n'implique pas le consentement, la volonté et la coopération active du malade, est vouée à l'échec. Elle a pour objet la réintégration dans la société. A cet égard, le m édeci n militaire ne pcut jouer qu'un role de conseiller et exercer un certain controle, autremcnt dit, il devrait se limiter a jouer un role de 2e plan. Jusqu'i ci, presque toutes Jes méthodes de désaccoutumance et de réhabilitation ont, donné dans la plupart des cas, des résultats décevants. Actuellement on attend beaucoup de la thérapeutique collective appliquée sous ses différentes formes. Mais cctte méthode exige cles efforts et une énergie considérables, beaucoup d'idéalisme ainsi qu'une grande compétence. En attendant, il est prématuré de tircr cles conclusions définitives à ce sujet.


LES SOLDATS AUX CHEVEUX LONGS Li~ut~nant - Colond- Méd~cin d~ Réserv~

Dr. J. St~v~ns

(Pays Bas)

En février dernier, j'ai donné mon consentement de traiter, lors de cette réunion, qui envisage la discussion de la santé mentale à l'armée, le problème des so!dats aux cheveux longs. Une orientation et une étude intensifìées m'ont appris, que ce sujet n 'appartient pas à la matière dc la santé mentale. Ce sujet fìgurait mieux à un séminaire concernant les sciences de comportemcnt. Ce problèrne aura cer taincment ses répercussions sur la santé m entale. Vu l'importance des sciences de comportem ent dans le temps que nous vivons pour nous- autres, médecins, je crois, en qualité dc rnédecin- social, que nous devons nous permettre une perite excursion sur le terrain dc la sociologie militaire. La conduite, bien souvent négative, de la jeunesse cnvers les forces arrnées est un problème de tous les pays du rnonde occidentale. Il n 'y a pas mal d'indications que ce problème, bien que ce soit à titre plus rcstreint, se présente aussi dans les pays de l'Europe orientale. Dans tous Ics pays de l'OTAN on étudie le problème et on essaie de trouver des solutions. Je fais passer quelques pays la revuc. En Allernagne, où l'on a considéré dès le début le soldat comme un civile cn uniforme, on pratique la << Gescllschaftung und Demokratisiering >> de l'arrnéc. En France la « Commission armées- jeunesse >> parle de « Traiter en adulte >> . En Amérique on s'occupe de « the army in a changing society >> et en Angleterre du « soldier in the modern society >> . Aux Pays- Bas on a crée une groupe- pilotage pour étudier les influences sociales dans les forces armées. En général on essaie de trouver une solution pour ce problème. Envisageons ce sujet plus profondément. Sur la question, si la jeunesse d'aujourd'hui est une autre que celle d'antan, à mon avis peut etrc donné une réponse positive. Pcrsonnc d'ailleurs peut nier que la société se soit changée.

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Nous vivons dans une société où le bien- ctre a énormément augmenté pendant Ics dernières décennies et par la prospérité et par la Sécuritée Sociale. Il en résulte qudgues conséquences pour la jeunesse. Lcs plus importantes en sont les suivantes : r. Les jeunes restent plus longtemps à l'école. Le pourcentage de jeunes qui ont suivi l'emeignement supérieur, moyen on avancé, a augmenté considérablcment. 2. La condition physique de la recrue d'aujourd'hui est meilleure à celle d'il y a ccnt ans : un poids plus élevé, une plus grande taille et une révolution sexuelle. Bien qu'il semblc contradictoire la puissance physique a diminué par le m eme bien - etre. Les jeunes sont passivement et non activement involvés dans le sport.

3· Le nombre de recrues à l'expérience professionnelle de valeur a diminué considérablement. 4· La jeunesse d'aujourd'hui est plus largement informée parcc que ]es moyens de cornmunication modernes sont accessibles à tout le monde. Par ce fait meme elle est plus exposée à tous !es propositions de ceux qui vculent la courtiser et qui font appel à sa paresse. S· La jeunesse est moins mure qu'auparavant et réagit plus infantilement. Voi là pourquoi elle est plus exposée aux i nfluences citées. Vous voyez pourquoi nous avons à faire à une jeunesse différente de celle cles générations précédentes. L'idée nation ne lui dit presque plus rien. La patrie est en somme une conception spatialc dans laquelle !es générations précédentes se sentaient abritées. La jeunesse contemporainc est uniquement accessible aux arguments ratiooelles. Dcs arguments irrationelles, tels que l'émotion, la colère, la mythe ne sont pas acceptés. A son tour elle cherche d'une manière irrationelle l'abri non dans l'espace mais dans le temps. Les jeunes d'aujourd'hui veulent se sentir abrités daos leur propre génération. Ni le licn au passé, ni l'intégration à l'histoire, leur sont essenticls, mais bien le présent avec sa réalité et son avenir. Bicn que les jeunes se sentent très internationalisés ils ne voient pas qu'une structurc éventuelle de féderalisme mondial soit etre fondée sur cles elements de nations. La meilleure formation de la jeunesse a cles conséquences pour les rélations à l'armée. Traditionellement Ics officiers provenant cles milieux supérieurs commandent cles garçons venant cles basses classes, qui consistent en une couche de population de base, considérée comme non cléveloppée économiquement et politiquement impotente. Aujourd'hui l'officier sort normalement des classes moycnnes. Son sujet militaire est un représentant de ces mcmes classes bien qu'il ait suivi un cnseignement avancé, bienqu'il connaisse cles


sécurités sociales et économiques et bien qu'il soit un citoyen compétent. La provénance de nouveaux et jeunes offìciers est de la mcme génération. Ce sont souvent des « artisans » qui se comportent négativement envers les traditions qu'ils ne considèrent pas comme fonctionelles. Voilà de nouveau des gens qui ne veulent pas se sentir abrités par un lien avec le passé. La jeunesse conteste Ics générations précédentes. Consciente ou non elle se réfère parfois au passé, peut - ctre par une certaine nostalgie. Un exemple en est la longue coupc. D'ailleurs la longue coupe prouve que la jeune génération veut se sentir abritée dans sa propre génération. Beaucoup de miliciens qui entrent en service laissent pousser les cheveux. Ils ne veulent pas dévier, considération à laquelle une pression morale et peut- etre physique leur ai de. Qu'ils ne suivent pas toujours leur propre opinion est prouvé par le fait que la plupart de ces miliciens se laissent couper court lors de leur dérnobilisation en vue des solicitations. Il y a des possibilités pour résoudre ce problèrnc. L'idée m ythique de la patrie doit etre remplacée par une plus concrète. Les jeunes sont sensibilisés par des principes tels que la justice, la liberté, la rationalité. Ce sont justem ent ces principes -là qui forment Ics bases morales des pays occidentals. Ces principes méritent d'etre défendus. Le corps des offìciers et sous- officiers doit surtout comprcndre le temps actuel, alors la position négative peut- ctre remplacée par une positive. Plus concrètement cela exige: r. d'affronter le soldat comme adulte, 2. de donner au jeune une responsabilité, 3· de se considérer en qualité dc supérieur comme quclqu'un qui dirige un team et qui doit emprunter son prestige à une connaissance plus étendue, 4· de s'efforccr pour faire disparaltre une trop grande inégalité, 5· de donner une tache motivée et de represser la non - activité (dans ce contexte nous voulons remarquer quc Ics troupes anglaises envoyées à l'Irlande du Nord s'exposaient positivement, sortant de l'idéc cc Enfin , nous faissons quelques chose »). Les points cìtés proviennen t d'une étudc d'une groupe - pilotagc aussi que du rapport de la commission française armées jeunesse. La santé m entale n 'entre en discussion que pour les officiers et sousofficiers lcs plus anciens, ceux- ci aurant la plus grande peine à la transposition mentale au nouveau système. Un manque de puissance d'adaptation peut leur provoquer des perturbations psychiques. C'est la clche service de la santé mentale de l'armée d'accueillir à temps ces gens et de leur préserver une maladie.

Jll


LITTÉRATURE 1.

« Een verkenning van maatschappclijkc invloeden in de krijgsmacht >> (Ministerie

van defensie Stuurgroep Maatschappelijke Invloedcn in de Krijgsmacht · Interimrapport novcmber l9'J2). 2.

Rapport de la Commission Armées Jeunesse 1971 - 1972 (France).

3· << Selbstbehauptung der Nation » par Prof. Dr. Karl Schmid (« Sonde », Organ der schweizerischen Aktion fi.ir Menschenrechten) (Suisse). 4· « The Decline Of Thc Mass Army >> par Morris Janowitz (Military Review) (USA). 5· « Conception Génerale de l'instruction » par le Général Boissieu (France). 6. « Discipline en gezag in de KL >> par le Chef cles Forces Armécs cles Pays Bas.


LA FORMATION PSYCHOPATHOLOGIQUE ET SOCIO - PSYCHIATRIQUE DU MÉDECIN TRA V AILLANT DANS UN E COMMUNAUTE MILITAffiE Médecin- Commandant C. Va uterin 1 et Médecin - Colone! (C.R.) P . Graux 2 (France)

Le Médecin d 'Armée, quelle que soit sa spécialité est, plus que tout autre, confronté aux problèmes de l'hygiène mentale. D 'une part, en effet, la collectivité militaire pose, par sa structure et sa fìnalité, des problèmes d'hygiène mentale qui lui sont propres et qui apparaissent comme plus complexes que ceux que peuvent connaltre d'autres structures sociales. D'autre part, le médecin d'Armée se trouve, par son statut de m ilitaire, plus étroitement impliqué dans les problèmes dc la collectivité où il exercc que tout autre médecin. La formation aux disciplines psychologiques et sociologiques prend clone un e importance particulière pour le médecin d'armée. Mais, d'emblée, appar:llt un problème important: celui des lim ites de l'action, de la compétence du médecin. La qualification plus poussée du médecin risquc de faire de lui le spécialiste exclusif de l'hygiène mental e qui, pourtant, comme l'hygiène en général, est, à l'évidence, l'affaire de tous. De meme, à l'intérieur du Service de Santé, se pose le problème de la répartition des clches entre médecins psychiatres et non psychiatrcs. S'il est évident que le psychiatre est plus directement concerné, una formation psycho- sociologique appar:llt encore plus importante pour les médecins non psychiatres, souvent peu sensibilisés à ces problèmes d'hygiène mentale au cours dc leurs études universitaires. Enfìn, m algré le développemcnt et l'évolution d' une psychiatrie qui s'est détachée successivcment de la médecine légale puis de la neurologie, le médecin, ,d ans le domainc de l'hygiène mentale doit souvcnt se référer à sa pratique de médecine somatique et, plus encore, à une formation médicolégale et déontologique. Dans cet exposé, nous n 'envisagerons que les problèmes de la collectivité mili taire du temps de paix. Nous étudierons successivement: 1 1

Professeur Agrégé du Val de Grfìce. Profcsseur à I'Université de Lille.


- Les conditions d'exercice particulières du médecin d'armée et leur incidence sur la formation psychosociopathologique. - Les aspects techniques de la formation psychopathologique. - Les aspects techniques de la formation socio- psychiatrique. - Et enfìn, !es problèmes de déontologie et de morale médicale qui se pose n t dans ce cadre.

A) CoNDITIONS D'EXERCICE ET FORMATION PSYCHOSOCIOPATHOLOGIQUE. Il n'est pas question ici d'étudier tous les aspects psychosociologiques du milieu militaire ni les multiples problèmes soulevés par le statut et les roles particuliers du médecin militaire. Nous ne ferons qu'évoquer quelques points qui permettent de dessiner le cadre dans lequel se situc, en pratique, la formation du médecin dans le domaine de l'hygiène m entale. L'armée constitue à l'évidence une institution et une société irréductiblement originale, définie à la fois par son objet propre, la violence organisée (K. Lang) à visée essentiellemcnt dissuative; par sa structure, fortement marquée par une hiérarchie et une discipline particulières; enfin, par un système de valeur dont on a pu dire qu'il pouvait atteindre le niveau du « sacré ». Institutionnellement, l'agressivité et la mort prennent nécessairement dans la société militaire une piace particulière, dont il faudra tenir compte pour la compréhension de J'hygiène m entale militaire. Dans cette société fortement structurée, le médccin se trouve placé au centre d'une articulation dialectique entre l'individu et la collectivité. Mai s, bien que cette relation individu- milieu soit souvent conflictuelle, il parait important de ne pas la réduirc à l'aspcct, plutot négatif, d'un conflit d'intéret entre l'individu et la collectivité. En fait, cette situation met surtout en évidence le caractère sociopathique de toute pathologie psychiatrique et de tout problème d'hygiène mentale. La présence et la peséc permanente du « tiers social » dans la relation médecin- malade sont particulièrement apparentes dans le milieu militaire mais se retrouvent en pratique civile. De mcme, la relative simplicité des rclations sociales dans la collectivité militaire fait mieux apparrutre le fait, de portée générale, qu'unc pathologie individuelle peut servir de moyen d'expression à une souffrance du groupe. La structure meme du Scrvicc de Santé cles Armées crée cles conditions d'exercice particulièrcs. Rappelons simplement quc l'organisation et la hiérarchie du Service de Santé sont calquées sur celles de l'armée elle- meme. Le médecin, ayant un statut d'officier, est soumis à la discipline militaire et lié aux traditions et au système dc valeurs du groupe. Il s'en suit inévitablement un certain décalage entre sa fonction techniquc et sa fonction sociale. Par ailleurs, le médecin d'armée se distingue par le cumul de roles techniques qui sont souvent dissociés, voire inconciliables, cn pratique mé-


47° dicale civile. On sait qu'il peut étre amené à agir, pour un méme patient, comme médecin traìtant, comme expert et souvent, comme conseiller du commandement. Reste le problème complexe de la répartition cles r8les entre psychiatre et médecin non psychiatre. Ce problème, certes, n'est pas propre à la collectivité militaire mais s'y pose peut ctre d'une manière plus nette du fait que la fonction de chaque médecin est mìeux définie, et aussi, que les problèmes d'hygiène mentale sont plus voyants. Meme pour la clientèle spécìfìquement psychiatrique, comme les psychoses et les névroses graves, la collaboration entre psychiatre et médecin généraliste est une nécessité en milieu militaire. On ne peut pas envisager, par exemple, la réinsertion d'un psychotique sans le concours .d u médecin de Corps de Troupe qui, plus encore que le médecin de famille civil, est un intermécliaire indispensable entre l'équipe psychiatrique et l'entourage du mal ade. Mais le r8le du médecin non psychiatre, médecin d'Unité, mais aussi médecin ou chirurgien hospitalier, est encorc plus important dans cles domaines où les moyens d'actions du psychiatre sont nécessairement limités. C'est le cas, bien entendu, de l'immense champ de la médecine psychosomatique et tout médecin militaire sait bien que le soldat, plus que tout autre, se sert très souvent de son corps, d'une plainte ou d'une affection somatique, pour exprimer ses conflits psychologiques et, bien souvcnt, ceux du groupe. Mais une autre forme d'expression est encore plus répandue en milieu militaire, c'est celle du passage à l'acte dans cles troubles cles condtùtes, dans les crises nerveuses de tous ordres, les classiques « crisards », !es conduites suicidaires, les fugues, les rixes, les ivresses. Dans ce domaine, le médecin d'unité est mieux placé que le psychiatre pour saisir !es éléments psychologìques et sociologiques d'une situation qui est souvent plus déterminante que d'éventuelles anomalies de la personnalité. On assiste actuellement à une psychiatrisation trop facile et parfois abusive de problèrnes psycho et sociopathologique qui trouveraient souvent de meilleures solutions s'ils étaient traités sur place, l' action thérapeutique ne s'adressant pas seulement au sujet désigné comme malade, mais aussi au groupe avec lequel il est en conflit. Il est clone important que tous les médecins milìtaires reçoivent une formation psychopathologique et socio- psychiatrique.

B) ASPECTS TECHNIQUES DE LA FORMATION PSYCHOPATHOLOGIQUE. r. - Formation psychiatrique.

L'hygiène mentale d'une collectivité comme l'armée ne se réduit pas à la pathologie psychiatrique mais la formation du médecin dans ce domaine


471 comporte une connaissance de la pathologie et de la pratique psychiatrique. Il est évident que si la psychiatrie reste, pour beaucoup de médecins, un monde à part, dant lequel ils se sentent étrangers, il s'agit moins d'un problème de connaissances théorigues que de celui d'une attitude affective, et très souvent, d'une anxiété non maitrisée devant le fait psychiatrique. Mais, bicn que la psychiatrie commcnce un peu à sortir de son « ghetto», on constate trop souvent que de jeuncs médecins manquent de connaissances les plus élémcntaires de cettc disci plinc alors que, quelques quc soient ses conditions d'exercice, tout médecin se trouve de plus en plus souvent confronté à des problèm es psychiatriques. Un enseignement théorique de la sémiologie, de la nosographie et cles thérapeutiques psychiatriqucs courantes est indispensable. Mais, plus important encore, que ce problème d'informations est celui d'une formation psychiatrique, d'une sensibilisation à J'écoute du patient, quelle que soit sa demande. 2. -

Techniques de formatìon psychologique.

Deux aspects de la psychologie concernent directement le médecin: cclui qu'il est convenu d'appeler psychologie clinique, c'est- à- dire l'étude d es cas individuels, et la psychologie médicalc, c'est- à- dire la psychologie de la maladie, du malade et du médecin. Dans la pratique quoridienne, les activités de psychiatrie, psychologie dinique et psychologie médicale s'interpénètrent très souvent. Elles supposent une culture psychologique de base qui leur est commune. Nous n'insisterons pas sur ccs bases qui n'ont ri en de spécifique: psychologic générale, psychologie expérimentale, psychologie de l' enfant, psychologie différentielle. L a technique et la théorie psychanalytiques occupent actuellement en dinique une place privilégiée. Il est bien certain qu'une analyse, qualifiée ou non, de didactique restera toujours une affaire personnelle, échappant à toute directive. Si elle est considérée comme la voie royale par un grand nombre de psychiatres en formarion, il semble qu'elle tente peu de médecins non psychiatres. Mais nul médecin ne devrait ignorer, actuellement, Ics grandes lignes des théories frcudiennes. L'approche phénoménologique cles faits psychopathologiques reste encorc très limitée et ne dépasse guère certains cercles psychiatriques. L'intéret de ce mouvement est ccrtain. Il permettrait en particulicr de dépasser certaines contradictions entre norma! et pathologiquc, entre individu et groupe, entre tcchnique médicale et relation interhumaine. La formation à cette technique se heurte malheureusement à la nécessité d'une longue formation personnelle à un mode de réflexion délibérément philosophique, qui s'barmonisc difficilement avec le positivisme de la formarion médicale actuelle. Une tecbnique psychologique, apparemment très différente, très empirique, la technique non ,directivc ou centrée sur le clicnt de C. Rogers se

A• •

M.


47 2 preterait, par contre, à une diffusion de masse. D es expériences, encore trop rares en milieu médical, montrent qu'elle permet, avec cles moyens assez réduits, de sensibiJiser les praticìens aux problèmes de relatìons interpersonnelles et qu'elle peut etre utilisée dans de nombreuses situations, en particulier dans !es petits groupes. D'autres techniques psychologiques méritera.ient àe figurer dans la formation ·d u médecin non psychiatre. Une ioitiation au psychodrame est susceptible de donner au praticien une assurance et une efficacité plus grandes dans la résolution de situations conflictuelles, dans lesquelles il a souvent à intervenir. Les méthodes de relaxation, en particulier le Training autogène de Schultz, soot facilement accessibles aux médecins généralistes et constituent en fa.it une méthode de psychothérapie plus maniable qué les psychothérapies verbales. L'indication de relaxation dans de nombreux troubles somatiques fonctionnels, ou organo - fonctionnels tels que !es colites méta - amibiennes, est bien adrnise. Elle peut s'avérer très utile aussì dans !es états de tension anxieuse, avec souvent ·cles réactions en acte (crises, fugues), traduisant une difficulté d'adaptation à la vie militaire. On sait que, dans une perspective assez semblable, l'hypnose avait été utilisée avec d'assez bons résultats en psychopathologie de guerre, pendant la guerre de Corée. L'application de cette technique en temps de paix paraìt moins interessante.

3· - Organisation de la formation psychologique. Si les techniques de formation ne posent pas de problème majeur, au moins dans leur principe, il n'en est pas de meme de leur mise en application. En premier lieu, toute formation psychopathologique suppose un engagement personnel du sujet et une certa.ine mise en question de sa propre dynamique psychologique. On se heurte <Ione, en pratique, à cles résistances affectives, favorisées par la primauté qui est donnée, dans la formation universita.ire du médecin, aux aspects biologiques et somatiques « objectifs ». Ce problème, bien connu, n'est du restc pas propre au méclecin milita.ire. A cet obstacle psychologique, qui est sans cloute le plus lourd de conséquences, s'ajoutent cles difficultés pratiques d'organisation. La charge de la formation psychologique des médecìns repose souvent sur les psychiatres, dont chacun sait qu'ils sont en nombre très insuffisant pour répondre aux besoins actuels. Par ailleurs, comme nous l'avons déjà indiqué, la pratique psychiatrique hospitalìère ne couvre pas exactement le champ psychopathologique cles autres méclecins hospitaliers, et encore moins cles méclecins d'unité. Dans la mesure ou cles effectifs accrus le permettaient à ceux d'entre eux qui disposent à la fois d'un savoir psychologique suffisant et d'une formation avec implication personnelle confirmée, une solution pourra.it etre apportée à ce problème. La formation psychopathologique des médecins doit commencer dès le début du cursus universitaire. Elle ne peut se concevoir sans une expérience


473 clinique concrète. Un stage clinique dans un service de psychiatrie, de durée suffìsante, apparaìt actuellement comme la base indispensable de cette formation. Lors du séjour des jeunes médecins dans les Ecoles d' Application et de SpéciaJisation du Service de Santé des Armées, un enseignement théorique centré sur les problèmes spécifiques de l'hygiène mentale dans la collectivité peut ètre apporté, mais une formation clinique pratiquc n'est guère possible, en raison du nombre important dc stagiaires. Des stages de recyclages ultérieurs, tels qu'ils sont réalisés actuellement, peuvent etre très utiles en permettant des mises au point sur cles sujets d'actualité et cles échanges entre cles spécialistes et cles praticiens qui se trouvent confrontés aux problèmes concrets d'hygiène mentale, dans cles conditions d'exercice variées. En fait, dans ce domaine, l'idéal paraìt etre la mise en place d'une formation permanente ou, au moins, suffì.samment étalée dans le temps. Elle peut etre réalisée sous la forme dc séminaires consacrés à un thème ,donné et permettant la participation effective cles praticiens. Les groupes de diagnostic et les groupes d'inspiration rogérienne constituent une méthode très valable et relativement économique. Les groupes connus sous le nom de groupe Balint, centrés, à propos de cas concrets sur la dynamique de la relation médecin- malade sont particulièrement intéressants dans cc domaine mais ils supposent une motivation suffisante cles participants. En ce qui concerne !es techniques de relaxations, rappelons que le training autogène se prete bien à une formation en groupe, de réalisation assez facile.

C) ASPECTS TECHNIQUES DE LA FORMATJON SOCIO- PSYCHIATRIQUE. L'importance de la dimension sociale et politique (au sens large) de la psychiatrie et de l'hygiène mentale est reconnue depuis toujours. Elle est cependant encore accrue actuellement par l'évolution d'une société de plus en plus structurée, par le développement des disciplines sociologiques et de l'informatique et aussi par les perspectives de possibilités thérapeutiques encore très limitées mais qui paraissent pouvoir se développer. L'introduction de techniques sociologiques modernes dans la formation du médecin est encore plus difficile que celle cles techniques psychologiques et rencontre aussi cles résistances, comme on peut le constater par exemple pour l'économie médicale. Ces difficultés ne tiennent pas seulement à l'individualisme traditionnel du médecin mais au problème fondamenta! de l'harmonisation de la dimension individuelle et de la dimension sociale de la personne humaine. Pourtant, en pratique, une possibilité de formation socio- psychiatrique du médecin existe dans le cadre de la médecine légale. Cette discipline, qui a toujours été assez étroitement liée à la psychiatrie s'intéresse à tout ce qui, dans la pratique médicale concerne le socius, la politique: la loi, avec la médecine légale judiciaire, les multi ples formes d' assistance et de détresses


474 sociales avec la médecine légale sociale, la réparation du dommage, l'activité médicale elle- m~me avec la déontologie. Surtout, Ja pratique de la médecine légale se caractérise par un certain esprit, une rigueur de raisonnement, un souci de la bonne forme, précieux pour le médecin dans toutes ses taches administratives, parfois fastidieuses, mais dont l'importance ne peut étre méconnue. La formation m6dico- légale com porte aussi un aspect psycho- dynamique qui permet au praticien d'ctre plus à l'aise dans !es situations conflictuelles, d'éviter des prises de position passionnellcs ou une adhésion tr~p rigide aux aspects scientifi.ques et techniques de sa pratique. Mais, si la formation médico -légale peut etre considérée comme la base d'une formation socio- psychiatrique du médecin, elle n'en représente pas tous les aspects. Le médecin militaire ne peut ignorer les développements modernes de la sociologie militaire, de la polémologie, de la dynamique des groupes. Deux disciplines le concernent plus particulièrement: l'épidemiologie qui, dans le domaine de l'hygiène mentale, évolue considérablement gràce aux progrès de l'informatique, et la criminologie, parriculièrement importante dans un milieu où les problèmes disciplinaires et judiciaires prennent une dimension exceptionnelle.

D) PROBLÈ.MES DE DÉONTOLOGIE ET DE MORALE MÉDICALE. La formation psychopathologique et socio- psychiatrique des médecins ne pose pas seulement dcs problèmes techniques mais aussi des problèmes moraux et déontologiques. Le plus important nous para!t etrc celui du maintien de la primauté du ministère thérapeutique du médecin. Quelle que soit l'importance de ses ròles d'hygiéniste, d'expert. de médecin du travail (sélection- aptitude) le médecin ne peut préserver sa spécificité que s'il subordonne tous ses actes à l'intentionnalité thérapeutique, c'est- à- dire celle du maintien ou àu rétablissement de la santé qui lui donne son statut particulier. A ce problème est intimement lié celui àu monopole (au sens de spécifi.cité à la fois déontologique et technique) et celui du pouvoir médical. Dans le àomaine des soins, bien cntendu, mais aussi de toutes les prescriptions d'ordre médical (prescription d'exemption du servicc, proposition sur l'aptitude, avis d'expert sur la responsabilité pénale), le médccin ne peut partager la responsabilité de ses décisions, meme avec d'autres médecins, sauf àans le cadre d'une équipe soignante. La hiérarchie à l'intérieur du Service de Santé ne peut donc etre du meme type que celle d'une arme ou d'un autre service. Cela est reconnu assez facilement pour les actes dont l'aspect technique est évident, tels que la prescription de médicaments, les certificats médicaux concernant le régime àes pensions, les expertises pénales, mais on rencon tre


475 assez souvent cles <liificultés propres à la psych.iatrie pour les propostuons d'aptitude ou d'inaptitude, et, surtout, pour le problèmes criminologiques. C'est aussi dans le domaine de la psychiatrie et de l'hygiène mentale que les problèmes de secret médical sont les plus complexes. Mais il est important aussi que ce monopole médical ne confère pas au médecin un pouvoir absolu. Il ne vient à l'idée de personne qu'il puisse ne pas se soumettre à la loi et il est nécessaire aussi que le commandem ent puisse passcr outre aux avis techniques du médecin. Mais, ·dans ce cas, la responsabilité de la décision n'incombe plus au médccin. Il s'agit en somme de reconnaltre le caractère à la fois impératif et aléatoire de toute prescription médicale. L'affumation du primat thérapeutique et du monopo!e médical peut aussi mettre la collectivité et le médecin lui -meme à l'abri d'un risque non négligeable d'abus de pouvoir. Du fait de sa qualification technique, de sa formation aux Sciences humaines, le. médecin pourrait etre sollicité pour cles dìches qui ne lui incombent pas et qui peuvent m ème etre contraires à la ·déontologie. C'est le cas dc ce qui a été désigné sous le terme d'action psychologique. De meme, dans cles situations de criscs, il peut etre tentant de se décharger sur le Service de santé dc problèmes de « mora! » qui sont en fait d'ordre politique et pour lesquels le médecin n'a pas de compétence particulière. Ainsi, s'il est indispensable de développer la formation psycho- sociopathologique de tous les médecins d'armée, il faut aussi se garder cles excès d'une psychiatrisation ou mcme d'une « sociatrie » abusive. Il faut reconnrutre et faire admettre quc l'hygiène mentale n'est pas l'affaire de quelques tcchniciens, mais au contraire, l'affaire de tous.


FORMAZIONE PROFESSIONALE E PSICOLOGICA DEL MEDICO MILITARE PER LE APPLICAZIONI DELLE NORME DI IGIENE MENTALE NELLE COMUNITÀ MILITARI Col. Med. Dr. M. Cirone 1 (Italia)

N ella sua progressiva evoluzione concettuale e programmatica la psi~ chi atri a - superando una pnma tappa pre- Kraepel i niana e Kraepeliniana di inquadramento nosograEco del malato e la successiva fase psicoanalitica centrata sulla terapia del singolo paziente - si sta ora attestando sulle posi~ zioni di una nuova frontiera, quella della psichiatria sociale, che afferma la irrinunciabilità dello studio delle interazioni dinamiche tra malato ed am~ biente e, nel quadro dell'effi cienza patogena di quest'ultimo, Ja validità prioritaria di un adeguato indirizzo preventivo. Sotto questa avanzata prospettiva la psichiatria preventiva, che mobilita tutta la comunità nell'impegno globale dell'igiene mentale, si articola in tre ordini di interventi: a) prevenzione primaria, estremamente vasta ed elettivamente inter~ disciplinare sul piano operativo, avente lo scopo di modificare le condizioni di vita sociale in modo da impedire l'emergenza reattiva di comportamenti psicopatologici; b) prevenzione secondaria, di prem inen te pertinenza della psichiatria e psicologia clinica, miran te ad accorciare la durata media dei disturbi psi~ chici acuti attraverso una diagnosi precoce ed un trattamento efficace; c) prevenzione terzi'lria, intesa a ridurre il grado di irrecuperabilità e di incapacità degli psicotici cronici.

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Specialista in Psicologia Medica ed in Medicina Legale c delle Assicurazioni. Redattore Capo del « Giornale di Medicina Militare », Ufficio del Capo del Servizio di Sanità dell'Esercito, Roma.


477 Per poter fronteggiare adeguatamente le sempre più pressanti esigenze della prevenzione ai fini dell'igiene mentale del cittadino alle armi, l'Amministrazione Militare ha il dovere di approntare con carattere di urgenza un organico piano di azione, che, valorizzando il servizio psichiatrico- psicologico delle FF. AA., segua le seguenti linee direttive di massima. r. Occorre potenziare organicamente e funzionalmente il Centro di Psicologia Applicata alle FF. AA., ampliandone opportunamente la sfera di competenza, che non può assolutamente restare confinata al limitato settore selettivo del reclutamento, ma deve necessariamente espandersi fino a coinvolgere a trecentosessanta gradi tutti gli aspetti applicativi - scientifici, sperimentali, eziopatogenetici, ecologici, epidemiologici, statistici, didattici ed anche selettivi - della psicologia militare. Per realizzare tale obiettivo il Centro dovrebbe essere estrapolato dall'orbita settoriale di Levadife e collocato, alla stessa stregua del C.A.M.E.N., alle dirette dipendenze dello Stato Maggiore Difesa, in opportuna correlazione tecnico- funzionale con Levadife, con Difesan, con gli Organi Sanitari Centrali di Forza Armata, con i Centri Studi e con le Scuole di Sanità delle tre FF. AA.. L'organico di tale Centro dovrebbe essere strutturato in razionale allineamento con le modalità di azione multidisciplinare che sarebbero demandate alla sua policdrica competenza, e pertanto comprendere, a fianco dell'indispensabile supporto di Ufficiali d'Arma specificamente qualificati mediante corsi formativi ,di durata almeno semestrale, anche operatori specializzati in psichiatria, psicologia, sociologia c statistica. Tra i compiti fondamentali e prioritari del Centro dovrebbe essere previsto, secondo le recenti indicazioni di Callieri, quello di addivenire alla compilazione di un manuale tassonomico- nosografico della devianza sociale in ambito militare, da definirsi con rigorosa metodologia sperimentale avente per oggetto il campione di ricerca della collettività militare, da aggiornarsi sulla base dei contributi di convegni nazionali annuali sulla sanità mentale nelle FF. AA., da diramarsi fino a livello battaglione od unità equipollente allo scopo di fornire al medico generico un ausilio valido ai fini della diagnosi precoce delle anomalie comportamentali. 2. Sul piano didattico, anche in considerazione della delicitaria impostazione universitaria di base, appare urgente provvedere a sensibilizzare i Quadri sanitari e d'Arma, che, per le funzioni di rispettiva competenza nell'ambito dei reparti di truppa, sono i primi a giungere a contatto con l'iniziale sintomatologia disadattativa, che quasi mai perviene a livelli di significatività effettivamente psichiatrica, limitandosi normalmente a manifestazioni, anche se eclatanti, di mera disreattività psicologico- comportamentale.


Sotto questa particolare angolazione, tuttora assolutamente negletta, basterebbe integrare i corsi formativi per Ufficiali Medici e d'Arma secondo il seguente schema: a) Corsi A.U.C. Medici e d'Arma: interpolazione della materia di insegnamento « Evoluzione del pensiero psicologico », con particolare nguardo alla psicologia sociale ed alle teorie psicoanalitiche (10 periodi); b) Corsi Applicativi per Tenenti Medici Ù1 spe, Corsi Superiori di Sanità, Accademie Militari e Corsi A.F.U.S.: aggiunta delle materie di insegnamento « Evoluzione del pensiero psicologico » (ro periodi) ed « Elementi di psicologia di gruppo» (10 periodi); c) Accademia lnterforze della Sanità Militare (limitatamente agli accademisti medici): obbligatorietà di inserimento delle materie di insegnamento di carattere psicologico- psichiatrico nel piano di studio universitario.

3· A prescindere dall'attuale urgenza di incrementare al massimo gli assistentati militari universitari degli Ufficiali Medici in spe presso le Cliniche Neuropsichiatriche e gli Istituti di Psicologia (ricorrendo anche all'incentivazione di congrue borse di studio), sarebbe sufficiente prendere lo spunto dall'organizzazione sanitaria delle FF. AA. statunitensi, ampliando la gamma dei ruoli costitutivi del Servizio Sanitario, che non si vede perché non debba comprendere, oltre gli attuali ruoli degli Ufficiali Medici e Chimicifarmacisti, anche altri ruoli di operatori sanitari, quali nella fattispecie gli Ufficiali Psicologi. Questi sarebbero vantaggiosamente impiegati presso il Centro di Psicologia Applicata alle FF. AA. e, quali Ufficiali Colloquiatori e supervisori dell'attività testologica, presso i Gruppi Selettori, consentendo alfine di conferire una validità scientifica al filtro psicotecnico, in atto esclusivamente affidato a volenterosi Ufficiali d'Arma Periti Sclettori Attitudinali del R.S.U. , il cui mese formativo si contrappone ai quattro anni del corso ,d i laurea in psicologia (che fornirà migliaia di laureati tra due anni). Ma un altro importantissimo settore di impiego degli Ufficiali Psicologi è indiscutibilmente di grande attualità, sotto il profilo globale dell'igiene mentale nelle comunità militari, per la sempre più crescente diffusione di problematiche disadattative tra i militari di truppa, per l'uso della droga e per lo scadimento dei valori tradizionali con l'implicito rifiuto anche ·della figura di sostegno del Cappellano: tale impiego (nuovo per noi, ma non per gli Americani che mobilitarono ben r.262 psicologi nella seconda guerra mondiale e dal 1956 stanziano annualmente 13.500.ooo dollari per le applicazioni della psicologia m ilitare!) è rappresentato dall'inserimento di questa figura di specialista nelle GG. UU. fino a livello reggimentale, negli enti addestrativi e nei reparti cf o gabinetti neuropsichiatrici degli Ospedali Militari (in équipe con gli specialisti psichiatri).


479 4· Si impone altresì - e qUl s1amo in piena prevenzione pnrnana una ristrutturazione della mentalità e degli atteggiamenti dei Quadri con funzione di Comando a qualsiasi livello organigrafico, sulla scia d.eU'evoluzione dei tempi, di cui le FF. AA. debbono necessariamente rappresentare un'espressione attuale ed integrata, e non un fenomeno regressivo ed estraneo, tutt'al più degno di figurare nella bacheca distaccata di un museo. In un'atmosfera caratterizzata dal rifiuto dell'autorità imposta e della vuota retorica, ma anche estremamente avida della sicurezza derivante da validi schemi d.i riferimento, è necessario che il Comandante scenda da cavallo, entri di diritto a far parte effettiva del gruppo di cui è responsabile e, lungi da indesiderati atteggiamenti !assisti, con l'esempio traente del suo comportamento finalisticamente motivato, affettivamente aderente, operativamente ineccepibile e tecnicamente competente fornisca alla rete sociometrica dei suoi collaboratori di ogni rango un efficiente modello promozionale per tutto l'arco delle ventiquattro ore. Al giorno d'oggi non è facile comandare una truppa in buona parte laureata o diplomata, e talora anche oberata da sensibili carichi familiari, ma basta rifarsi alla « virtus >> di romana memoria ed al sempre valido ed attuale metro dei Comandanti di truppe da montagna per tessere su schemi rinnovati, quanto antichi, la perenne trama connettiva dell'effettiva « auctoritas », momentaneamente posta in crisi dalla parentesi egocentrica ed autolitica del consumismo tecnologizzato. Ed è in questa fiduciosa prospettiva ~ fiduciosa non solo per l'avvenire delle Ff. AA., ma anche per quello della società globale di cui esse costituiscono una sfaccettatura - che l'indottrinamento psico~ogico- sociale dei Quadri assume particolare rilevanza, quale fattore concorrente ad una conoscenza obiettiva, e non soggettiva, della realtà sociale nella quale e per la quale siamo destinati ad operare.

BIBLIOGRAFIA

n.: (( Dimensione sociale de~la psichiatria militare )J, Giornale di Medicina Militare, A. 123, 1973, n. 4 - 5, pp. 26o • 267.

I) c.~LLIERI

2) CAPPELLI

U.: « La psicologia militare ''• Bulzoni, Roma, r9ll6.

3) M uRAISE E.: «Forme disciplinari », Notiziario dell'Esercito, 1972, n. 3, pp. 194 · 213 (estr. da Revue Militaire Générale, febbraio · marzo 1972). · 4) ScHULZ G.: « L'autorità. Si può rinunciare nelle Forze Armate all'autorità istituzionale? ''• Notiziario dell'Esercito, 1972, n. 3, pp. 214 - 219 (estr. da Truppenpraxis, aprile 1972).


••• DISCUSSIONE.

Nella discussione che ha fatto seguito a questa relazione, il Prof. Graux ha sollevato obbiezioni sulla proposta di istituzione di un nuovo ruolo di Ufficiali Psicologi, avanzata dal Col. Mcd. Cirone, affermando che le relative funzioni possono essere più adeguatamente assolte dal medico militare opportunamente indottrinato. Il Col. Mcd. Cirone, pur significando di aderire pienamente in linea di principio al punto ,d i vista espresso dal Collega Graux, ha replicato di essere pervenuto all'elaborazione della specifica proposta per i seguenti fondamentali motivi: - diffusione ingravescente di problematiche disadattative e di anomalie comportamentali nei giovani alle armi, che impone di adottare adeguati ed indilazionabili provvedimenti, volti particolarmente a realizzare una diagnosi precoce cd un valido sostegno psicologico all'origine; - crisi organica dei quadri medico- militari, sia psichiatrici che generici, che non consente assolutamente di fronteggiare il fenomeno con le sole forze sanitarie; - disponibilità di migliaia di laureati in psicologia che tra due anni usciranno dalle università italiane, permettendo di attuare, previa un'opportuna selezione, un inserimento massivo di specialisti nel contesto organizzativo delle Forze Armate, nell'ambito delle quali, d'altro canto, analogamente a quanto da decenni si verifica in campo civile (équipes medico- psico- pedagogiche, ecc.), essi sarebbero necessariamente destinati ad operare in team con i medici e con i Comandi militari. A conforto della tesi sostenuta dal Col. Mcd. Cirone, il Contramm. (MD) Dr. Dario Dell'Amore, D irettore del Nucleo di Psicologia Applicata alle Forze Armate di Levadife in Roma, ha fatto pervenire una nota, che si riporta integralmente: « Rispondo al quesito proposto dicendo che secondo me vi è soprattutto bisogno di accrescere i Quadri degli psicologi militari. « Infatti, mentre la psichiatria, nella sua accezione più tipica o tradizionale, rappresenta l'attività medica di intervento rispetto ai casi di più evidente o grave disadattamento o alienazione, la psicologia, come scienza dei comportamenti, viene in questione in ogni attività o settore o livello della normale vita militare: procedimenti di selezione e orientamento, processi di inserimento e adattamento alla vita militare, istruzione e formazione militare e didattica, governo e valutazione del personale, efficienza e "morale" dei singoli e dei gruppi, ecc..

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« Detto in altri termini, la psicologia si occupa, se consentite lo scherzo, dell'uomo "cosiddetto normale", che è una realtà psicodinamica complessa, relativamente fluida e in divenire, reattiva, controreattiva e spesso vulnerabile nell'ambito delle interrelazioni con i familiari, còl "gruppo", con l'autorità, con le norme e i "valori", continuamente implicata in situazioni di scelta, di conflitto, di rinunce o frustrazioni subite o .da sopportare, sempre in giuoco tra maggiore o minore adattamento, rendimento, soddisfazione, riuscita. «Ciò specie in questi tempi di veloci trasformazioni o dimensionamenti o crisi delle società attuali, nelle quali spesso l'uomo si sente più solo di prima rispetto agli atteggiamenti da assumere o alle decisioni da prendere. « Da questo il campo articolato ed esteso della psicologia nel mondo di oggi, intesa volta a volta come attività di osservazione e ricerca, ·di assistenza, consulenza o intervento. « La quale psicologia, oltretutto, come nuova arrivata, spesso è misconosciuta o "rifiutata" o, ciò che è ancora peggio, se consentite ancora uno scherzo, molti credono di conoscerla pur senza averla studiata. Anche per questi motivi ritengo che a.d essa, più che alla psichiatria, si debba dare incremento ».


FORMAZIONE PROFESSIONALE E PSICOLOGICA DEL MEDICO MILITARE SPECIALMENTE PER L'APPLICAZIONE DELLE NORME DELL'IGIENE MENTALE IN UNA COMUNITÀ MILITARE Contramm. (MD) Prof. Dr. G. Tatarelli 1 (Italia)

Allo scopo di comprendere e definire la formazione e il ruolo del medico militare ai fini dell'applicazione delle norme di igiene mentale nella collettività militare ci rifaremo agli elementi originari che formano la struttura delle FF.AA.: i giovani e l'ambiente o società militare. Il giovane, talora l'adolescente, sì presenta alle armi col suo corredo ereditario, costituzionale e comportamentale, in una età dai 16 ai 20 anni, in quella seconda adolescenza, cioè, con le sue paure coscienti, l'esuberanza, l'anticonformismo, l'impulsività irrazionale, il lento adattamento; soggetti che si allontanano per lungo tempo e per la prima volta dal paese nativo, dalla famiglia e che vengono a trovarsi, per lo più inesperti, a contatto con un mondo e con volti nuovi; spesso ingenui, creduli, scarsamente istruiti, con il candore della semplicità; smarriti di fronte alle numerose novità in cui dì colpo vengono a trovarsi. Il giovane aveva un lavoro, aveva degli amici, aveva delle persone che lo guidavano. Ora si trova a dover svolgere un altro lavoro tra persone sconosciute e sottoposto a nuovi padroni. Vengono alle armi anche studenti, universitari, culturalmente elevati, di ancora più difficile amalgamazione, talora con una educazione sessuale tutta particolare o deviata, talora con tendenze già acquisite verso l'alcool o la droga. Le differenze individuali sono enormi; il gruppo non sarà mai psichicamente omogeneo; si avrà una scala di valori molto frastagliata; cento individui identici .fisicamente possono essere tutti e cento diversi psìchicamente. Ecco già come si intravede che il problema che ci assilla è essenzialmente psicologico.

1 Libero Docente in Medicina dello Sporr, Specialista in Malattie Nervose e Mentali. Redattore Capo degli « Annali di Medicina Navale», Marispesan, Roma.


L'altro elemento è l'ambiente militare, di cm enumero rapidamente i costituenti: - l'ufficiale di inquadramento e il Comando; ~ l'addestramento militare; - la comuniÙ che gli è estranea; - i compiti, il lavoro che gli viene affidato; ___, la disciplina, gli orari, l'alimentazione, l'uso ·del tempo libero (il complesso del Regolamento Militare); - la vita e l'ambiente fuori della Caserma. In un primo momento, il più delicato, tutti questi fattori appaiono ostili alla recluta, non confacenti, irrazionali, obbligati, imposti. E' importante spendere qualche parola sull'impiego odierno del militare: anche nelle FF.AA. è entrata una crescente automazione applicata alle attività e alle specializzazioni delle varie armi, che pone una serie di problemi sociopsicologici e sociopsichiatrici per le nuove condizioni ambientali e di adattamento che crea. E' un grave rischio a causa del lavoro monotono a ritmo di macchina, sempre più stressante. Nel giovane si determina un atteggiamento di estraneamente alienante. Tale lavoro isola l'individuo dal contesto ·del suo gruppo, lo sgancia da uno spirito di competizione e lo riduce a livello di anonimato. A scapito del vincolo di gruppo, dello spirito di corpo che progressivamente si dissolve, facilitando il processo di isolamento patologico di cui soffrono tanti militari. Il problema della solitudine acquista in campo militare un significato nettamente patologico; manca il dialogo (Callieri e Coll.). Per di più la vita militare determina particolari tipi di reazioni abnormi (nevrosi traumatiche, isteria, reazioni a corto circuito, reazioni di isolamento, ecc.), facilitate da una lenta acclimatazione alla vita militare e dal fatto che il gruppo militare presuppone o uno sconvolgimento nel senso di una strutturazione sociale o una regressione ad un livello più primitivo di strutturazwne. Infine l'effetto éhe l'assoggettamento gerarchico esplica sull'individuo è negativo sulla salute mentale del militare, generando disadattamenti acuti, situazioni difficili ·di adeguamento. Altra osservazione da fare è che l'addestramento militare è una necessità e come tale è i!Dposto senza possibilità di scampo al militare, che può riuscirne stremato, disfatto, vinto, se non è ben condotto da istruttori preparati. T ale fatto è collegato alla disciplina e all'obbedienza con i loro vantaggi, ma anche con i loro pericoli, quando il regolamento militare è imposto come legge suprema, non discussa né discutibile, drasticamente. « Io voglio», imposto dal Comandante, non può essere una parola da usare per tutti: essa è solo adatta agli sventati; per l'allievo bene educato è opportuna


la parola: « bisogna » e per l 'uomo completo è sufficiente la voce della coscienza. Ecco questi due elementi: giovani e società militare in conflitto aperto, conflitto che si tenterà di sanare, con le due possibilità finali: di riuscire o di non riuscire. L'ambiente comporta una ripercussione non indifferente nel mondo interiore dell'individuo, di cui la teoria di Selye non ha tenuto finora conto, limitando l'oggetto delle sue ricerche agli agenti stressanti fisici e chimici come agli stress provocanti modificazioni, morfologiche e biochimiche, sulle grandi funzioni organiche vitali e sulle ghiandole endocrine. Vari studiosi perciò hanno già proposto di estendere le ricerche nei campi più vasti dello spirito. D'altronde è osservazione corrente che una emozione, per esempio, può scatenare più o meno violente ripercussioni su tutto il sistema nervoso vegetativo: orripilazione, sudorazione, cardiopalma, tachicardia, dispnea, deliqui , ecc.. Ancora la logica ci consiglia quindi .di sconfinare dal terreno del movimento, della motricità, della psico- motricità per sondare questo settore della psiche inferiore. Certo più arduo è poi lo studio dei rapporti .della dottrina di Selye col campo del puro spirito o spirito superiore : qui si investe in pieno la personalità del soggetto con la sua volontà. Eppure è indispensabile che questo campo di studi non sia estraneo alla nostra attenzione. Il profitto della importante scoperta scientifica di Selye per l'educazione fisica e l'addestramento fisico militare sarà molto più grande perciò se generalizziamo gli aspetti principali dello stress alla natura psico- somatica dell'individuo. A me piace inquadrare l'argomento nella così detta sindrome psichica da disadattamento. Può essere interpretata come una deviazione dalla normale attività corticale e sottocorticale.

ra Fase: a) periodo di shock : disturbi da reazione inadeguata dei centri psichici inferiori e sottocorticali per esposizione improvvisa a stimoli cui l'organismo non è adattato. Le sindromi possibili a manifestarsi sono riferite basandosi particolarmente su quanto l'esperienza di medico militare a contatto di militari mi ha dato luogo di osservare in pratica. Esse inoltre vengono soltanto accennate ed elencate nella loro espressione più grossolana, più appariscente. Le innumerevoli forme di passaggio non sono trattate: sarebbe arduo descriverle tutte.

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Dalla sollecitazione anomala, disordinata e tumultuosa dei centri diencefalici e sottocorticali noi possiamo attenderci in questa fase: piccoli turbamenti interiori dell'affettività per cui il soggetto diventa poco socievole, si apparta, è taciturno, di umore triste, insofferente, irritabile, molto emotivo con esauribilità, senso di impaccio e di indecisione, disattenzione, pedanteria. Questi disturbi sono talora una accentuazione degli aspetti caratterologici del soggetto, tal'altra affiorano completamente nuovi, sono estranei alla primitiva personalità del soggetto (ciò vale per tutti i disturbi di cui parleremo). Se il soggetto non supera questo primo disorientamento, passa al b) periodo di controshock, nel quale queste sfumature, queste turbe larvate o appena accennate possono accentuarsi unendosi a minimi deficit iniziali della cortìcalità. Si può pensare che si abbia un rallentamento dei normali freni corticali sul diencefalo, per cui, mentre i centri diencefalici si sentono meno legati ai centri psichici superiori, questi a loro volta incominciano a manifestare segni di stanchezza. Sono propri di questa fase atteggiamenti di incomprensione e di malcontento: lievi atti di indisciplina e di infrazione ai Regolamenti, astio verso i Superiori, resistenza passiva, ostinatezza nel non voler riconoscere e accettare come necessarie le varie pratiche giornaliere militari, tentativi di disubbidienza, testardaggine, lievi stati di astenia della volontà, piccole ribellioni anche se contenute senza esplodere all'esterno. In coloro che sono sottoposti ad un iniziale allenamento atletico, si possono notare: incoordinazione nei movimenti, difficoltà nell'apprendere le tecniche sportive, abbandono dell'attività sportiva. Se ci si avvede a tempo dei disturbi della I " fase e si riesce ad individuarne come causa l'ambiente, le piccole turbe psichiche di norma regrediscono fino alla completa restitutio ad integrum, modificando l'ambiente con formule più razionali. 2a Fase o di resistenza: normalmente corrisponde a reazioni non specifiche provocate da una esposizione prolungata agli stimoli per i quali l'organismo si adatta. Il giovane si adatta, il pericolo è passato. Ma non sem pre \

\

e COSI.

Invece prolungandosi nel tempo l'irrazionalità dell'ambiente i disturbi della I " fase subiscono un aggravamento progressivo dopo una eventuale breve lotta per l'adattamento, per cui sì passa alla 3& Fase o di esaurimento: disturbi da reazione inadeguata dei centri pstduci s1a inferiori che superiori per esposizione prolungata a stimoli per i quali l'adattamento era stato richiesto, ma che non è stato possibile raggtungere.


Ogni resistenza pertanto diviene impossibile e si entra così nel vero campo patologico dì turbe o sindromi più o meno complesse nevrosiche o psicotiche palesi per l'interferire e l'associarsi delle offese corticali e sottocorticali (psiche superiore e inferiore). Non dovremo dilungarci molto nell'elencare le sindromi o malattie proprie di questo stadio, riconducibili quasi sempre nel gran capitolo delle psìconevrosi indotte, che possono esplodere di punto in bianco in soggetti già predisposti e apparentemente sani fino ad allora oppure possono essere l'aggravamento progressivo di disturbi lievi iniziali .nella I a fase e che fino ad un certo livello potevano essere considerati piccole deviazioni della psiche al limite fra la normalità e il patologico. Ricordiamo più particolarmente: - sindromi neuroasteniformi; - disforie con rapide variazioni dell'umore; -. stati fobico- ossessivi con apprensione piì1 o meno marcata, da giungere talora a veri stati di ansia e di angoscia, con senso di colpa; - stati isteriformi; - aberrazioni, pervertimenti, ribellioni, gravi infrazioni alla disciplina, alla morale e al codice ; - talora reazioni contemporanee di diversa natura. In coloro che sono stati sottoposti ad un intenso allenamento atletico (preparazione dello sportivo alle competizioni) si possono notare: esaltazione del proprio « io>> (sindrome del « superuomo >>), improvvisi cali di « forma>> e di rendimento, difficoltà di raggiungere livelli superiori nelle gare. Questi stati morbosi sono tutti inquadrabili in disordini della personalità e del comportamento, nei quali sono in modo preminente alterate l'affettività e la volontà. A tutto ciò bisogna aggiungere, guaii conseguenze del .disadattamento, l'esplosione di malattie psicosomatiche. R. Tatarelli riconosce fra i fattori ambientali più importanti, soprattutto nei riferimenti alle turbe funzionali gastriche (che egli ha trovato rappresentare il 7,6r % della forza media della Marina Militare negli anni 1953196r): gli errori dietetici dovuti a schemi rigidi, orari errati (troppo ravvicinati i pasti della colazione e del pranzo, assai distanti i pasti della cena e della colazione), mare mosso , manovre, esercitazioni, lunga navigazione, frequentissimi eccessi alimentari dei marinai in franchigia, la chinetosi naupatica: fattori che determinano difficoltà digestive, cefalea, spossatezza, insonnia. A ciò si aggiungano le condizioni di lavoro estranee ai più e perciò psico - traumatizzanti. Costanzo in un gruppo di 207 marittimi ha notato che il r8% era affetto da disordini psicosomatici. Tale percentuale si eleva al 23 ~{, se si considerano


solo i più giovani, i quali mostrano perciò, a causa della loro spiccata reattività, una maggiore disposizione. Tutte le statistiche militari, italiane ed estere, si aggirano intorno a queste percentuali. Per gli anni 1950- 1957 il numero dei ricoveri nel Reparto Neuropsichiatrico di La Spezia rispetto ai ricoverati negli altri reparti va dal 4% al 6,5 %. Fra questi le psiconcurosi rappresentavano il 70 ~~ - Si tratta di casi di << psichiatria minore » in cui le manifestazioni psicosomatiche sono alla base della statistica. Lo squilibrio somato- psichico si manifesta per lo più fra il 6• e 1'8• mese di vita a bordo. La patologia psicosomatica può essere conseguenza di disadattamenti iniziali, frequenti fra i giovani di leva, oppure di disadattamenti tardivi fra il personale di carriera per le maggiori richieste di capacità e di responsabilità dovute al grado o per lento accumulo di insoddisfazioni rispetto a mete attese c non raggiunte. Si sa che, in svariate affezioni dell'apparato circolatorio, gastroenterico, epatico, renale, respiratorio, ecc. , il quadro anatomico è la risultante di processi originariamente psicogeno- funzionali. L 'ansietà, le aritmie, il dolore precordiale, l'astenia neuro- circolatoria, la colite mucosa, l'ulcera gastrica, il cardio ed il piloro spasmo, certi tipi di ipertensione e di gozzo esoftalmico, l'angina pectoris e molte malattie allergiche, alcune dermatiti, l'emicrania, il glaucoma e l'obesità sono solo pochi esempi di queste connessioni organopsichiche. Le moderne teorie psicosomatiche mettono in valore l'importanza della psiche sull'organismo e l'indi ssolubile legame che unisce il corpo allo spirito. E non è un concetto nuovo. Gli antichi diedero sorella ad Esculapio la maga Circe. I saggi della Scuola di Galeno dicevano che il triste cor consuma la vita, lo spiritus exultans fa rifiorire le persone e la mens laeta può in certi casi supplire alla mancanza di medici . E' incredibile, scriveva Goethe, quanto possa lo spirito sulla conservazione del corpo. Schiller asseriva: E' lo spirito che si costruisce il corpo. Fra le favole di La Fontaine ve ne è una che porta il titolo « Les médecins >> . Sono in scena due medici, T an t- pis, il pessimista incorreggibile, Tantmieux, l'ottimista che non si piega. L'uno spera sempre, l'altro sentenzia che l'ammalato andrà in cielo a trovare i suoi avi. L'ammalato viene a morte e il m edico pessimista dice: Vedete, lo avevo previsto. Ma replica l'altro: Se egli mi avesse creduto, forse sarebbe ancora in vita! Dopo aver sezionato l'ambiente militare in tutti i suoi aspetti mettendone in risalto soprattutto gli inconvenienti e i pericoli, possiamo finalmente giungere alle conclusioni sulla formazione professionale e psicologica del medico militare.


Tale formazione deve tener conto di vari problemi che Juillet e Moutin riassumono in quattro punti: ~ inconvenienti per la disciplina e l'igiene mentale della comunità militare dovuti alla presenza di soggetti ina<iatti, isolati; ~ ruolo protettore della coesione della truppa, dell'anima collettiva, della disciplina, delle correnti affettive dell'ambiente e dello spirito di corpo; ~ prevenzione delle malattie mentali e reinscrimento sociale del malato mentale; ~ ruolo degli psichiatri, dei psicologi e dei psicosociologi. Alla base dell'igiene mentale sono situate la selezione e l'orientamento ali 'inizio del servizio e la detenzione psichiatrica precoce: eliminare i soggetti inadatti, distribuire gli impieghi secondo competenza e motivazioni, eliminando i contrasti fra uomo e macchina. I valori morali vanno propagandati ed incoraggiati. Favorire i due sistemi ,d i identificazione: verticale = il comando che con la sua influenza e la sua sollecitudine va verso il soldato; orizzontale = integrazione al gruppo ~ il soldato che va incontro al soldato. Bisogna inserire l'individuo in un ambito di vaste comunicazioni di gruppo per trarlo dal suo isolamento, tanto terribile sia ai fini dell'integrazione sia a quello dell'equilibrio morale. Procedere ad una accurata indagine delle potenzialità conflittuali studiando il comportamento dci vari gruppi e mettendo in rilievo le « agenzie di sicurezza» (mezzo cui gli individui ricorrono per ricavarne protezione e sicurezza). Prevenire i disturbi patologici e le condotte devianti riabilitando o riadattando i pazienti dopo una indisponibilità psichiatrica e intervenendo nei problemi del l'alcoolismo, delle tossicomanie, della omosessualità. Evitare però a questo proposito semplici misure di avversione e di repressione che creano squilibri nel giovane. L'omo~essualità è un problema importante: ci sono vere epidemie di proselitismo fra le truppe con pericolo di contagio: il r4% di sifilidi maschili nell'Esercito francese è di provenienza omosessuale. La comunità militare favorisce: è assai difficile contenere il male. Intervenire caso per caso. L'igiene sociale deve ancora mirare a unire i quadri, a proteggerne le necessità e i bisogni , deve stimolare gli allievi delle Scuole Militari per un nuovo equilibrio affettivo nell'interno del gruppo imposto, deve curare i gruppi isolati, alleggerendone la monotonia di vita, le privazioni, deve mitigare la lontananza dei giovani dalle famiglie, aiutando con istituzioni scolastiche, previdenziali, mediche i parenti dei militari alle armi. Sensibilizzare la coscienza dei Comandi a questi problemi costituisce uno dei compiti precipui della sociopsichiatria militare, compito articolabile fra sociologo, psicologo e psichiatra aventi funzione consultiva nei singoli


comandi. Il medico di corpo e gli specialisti debbono collaborare con gli ufficiali di Stato Maggiore. Il m edico militare deve far sentire, imporre la sua presenza in tutti i settori; per ottenere ciò però d eve essere seriamente e coscienziosamente preparato. Buona l'istituzione di consultori militari di igiene mentale. Occorre migliorare le relazioni interumane, agire per migliorare le deficienze delle istituzioni militari, stabilire ricerche applicate, studi sull 'ambiente, sull'adattamento fisico, la fatica fisica e mentale, l'adattamento, la disciplina. Istituire Centri Ospedalieri di psicologia clinica e igiene mentale. Organizzare lezioni di psicologia e psicosociologia nelle Accademie di Sanità Militare. Per merito della buona preparazione del medico militare degli S.U. la spedalizzazione è diminuita dal 24%0 nel 1951 al 5%o nel 1965. Ogni medico gener ico deve avere sufficiente preparazione psicologica e psichiatrica. Una simile preparazione deve essere procurata anche presso i Quadri. Concludendo è importante affermare che la sanità mentale deve essere un compito del Comando. L'opera di igiene mentale e di psichiatria militare deve essere effettuata dagli ufficiali di inquadramento che debbono utilizzare il potenziale umano: i medici e gli psichiatri debbono essere i loro consiglieri.


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o

76

l


GIORNALE DI MEDICINA MILITARE

INDICE DELLE MATERIE PER

L' ANNO

ROMA 1973

1973



INDICE DELLE MATERIE PER L'ANNO 1973

LAVORI ORIGINALI

ALESSANDRO A., N un M., RENZI G. : Dosaggio fotometrico e cromatografia su strato sottile di antiossidanti fenolici nei g rassi alimentari

Pag.

77 31G 1

BALoucci R., FAvuzzr E., LA SnLLA S.: Sintesi sulle prostaglandine

);

BEsA G.: Cardiochirurgia d'urgenza

))

117

BISSI A., DAINELLI C., Ouu L.: Il rrattamemo chirurgico delle cisti pilonidali

))

143

BRICKENSTEIN R.: La polytoxicopathie dans les forces fédérales allemandes

))

458

BRIGHENTI F., CARIATI E., DE MAmis V.: Sulle ernie diaframmatiche posttraumatiche

))

CALLI ERI B.: Dimensione sociale della psichiatria mili tare

))

CARIATI E., DE MAn"Ers V., BRtGHENTI F . : Sulle ernie diaframmatiche posttraumatiche

))

4-3

CtcERo L., GJANNI V., LIGNOLA P. G., Scorro DI PALUMBO V.: Il mercur io: aspetti ecologici, tossicologici e bromatologici - Indagine analitica su prodotti ittici scatolati

))

184

CJRONE M.: Formazione professionale e psicologica J et medico militare per le applicazion i delle norme di igiene mentale nelle comunità militari .

)l

476

CoME L M.: Fisio-ecologia umana. Capisaldi dottrinali c traguardi pragmatici

))

2 45

CoRDONE G., MANICA M., MoRA E.: Sull'applicazione dell'audiometria obiettiva elettroencefalografica ( REA) in medicina legale militare .

)o

300

CucciNIELLO G. : Sindrome dd canale carpa!e da fibroma desmoide

))

57

CUPELLI V ., U RciUoLo O.: Una prova da sforzo massimale al cicloergometro: tecnica e possibili applicazioni in medicina legale militare

))

288

DAlNELLI c., BISSI A., OLMI L.: n trattame nto chirurgico delle cisti pilonidali

;\

143

DAGRADI A.: Stato attuale della chirurgia del fegato

))

17

43 26o

DALL'ANTONIA F., FABRIS G., D oNADON W ., MAsrnoRILLI A. : Su di u n caso di ostruzione dell'arteria omerale sinistr a da costa cervicale .

))

3°9

D'AvENIA P.: Osservazioni sulla cessione del piombo dagli strati vetrificati delle stoviglie

))

353

DE LAURENZI V. : Sulla pericolosità delle infermità mentali d issimulate o laten t i nei militari in tempo di guerra .

))

161


4 DE MArrEIS V., CARIATI E., BRrGiiENTI F.: Sulle ernie diafrarnmatiche post- Pag. traumaLiche

43

DE MAmis V., GrBELLI A.: Su di un caso di ipertrofìa masseterina - Studio clinico e diagnostico differenziale

»

50

Dr ADDARIO A., D1 MARTINo M., ZAIA A.: Il conrrol lo igienico degli alimenti per la prevenzione delle tossinfezioni nella collettività militare

»

332

Dr MARTINO M., Dr AoDAlUO A., ZAIO A.: Il controllo igienico degli alimemi per la prevenzione delle tossinfezioni nella collettività militare

>>

332

Dr MARTINO M., SBARRO B.: Andamento della scabbia nell'Esercito italiano dal 1955 a) 1971

l>

69

D oNADON W., DELL'ANTONIA F., FABRJS G., MASTRORILLI A.: Su di un caso di ostruzione dell'arteria ornerale sinistra da costa cervicale .

>>

3oy

EDERLI A., GrACALONE B.: L 'Hygiène mentale dans les communautés mili-. taires : considérations générales .

>>

427

FABRTS G., DELL'ANTONIA F., DoNADON W., MASTRORILLI A.: Su di un caso di ostruzione dell'arte ria omerale sinistra da costa cervicale .

l>

309

FALCHI R., Rossi L.: In tema di psichiatria militare - Riflessioni sull'incidenza di malanie psichiatriche sul contingente di leva del 1970 presentatosi al Distretto Militare di Firenz.e

))

172

FAvUZZI E., BALDUCCI R., LA STELLA S.: Sintesi sulle prostaglandine

))

316

fAVUZZI E., PANCI C.: La ranimation de campagne

),

132

GtACALONE B., EDERLI A.: L'Hygiène mentale dans les communautés rni1itaires: considérations générales .

))

427

GIANNI V., CICERO L., LrcNOLA P. G., Scorro m PALUMBO V.: 11 mercurio: aspetti ecologici, tossicologici e bromatologici. Indagine analitica su prodotti ittici scatolati

)J

184

))

50

GRAux P., V AUTERIN C.: La .formation psychopathologique et socio- psychiatrique du médecin travaillant dans une communauté militaire

))

468

HuCHTEMA:--<N THEODOR: Allocution pour l'inauguration du congrès

))

425

HUCHTEMANN TuEO[)()R: Résolution conclusive du congrès

))

490

JANSECERS E., LEFEBVRE J.: L'Hygiène mentale en milieu rnilitaire .

,.

L.-\TIMER J. H . : The problem of drug abuse in the U .S. armed forces

))

445

LA Snt.LA S., BALlJUCCI R., FAvuzzx E. : Sintesi sulle prostaglandine

))

v6

LEFEBVRE J., }ANSECERS E.: L'Hygiène mentale en milieu militaire .

))

433

GmELU A., DE 11ArrEis V.: Su di un caso di ipertrofìa masseterina- Studio clinico e diagnostico differenziale

LIGNOLA P. C., CICERO L., GtANNI V., Scorro DI PALUMBO V.: Il mercurio: aspetti ecologici, tossicologici e bromatologici. Indagine analitica su prodotti ittici scatolati

433

IS34


5 M.~NICA M., CoRDONE G., MoRA E . : Sull'applicazione dell'audiometria obiet-

tiva elettroencefalografica (REA) in medicina legale militare .

Pag.

300

ll

30<)

))

300

Il

ss

))

1 77

OL~n L., BISSI A., D ANELLI C.: Il trattamento chirurgico delle cisti pilonidali

))

I.13

0RSINI M.: Un nuovo telo porraferiri e sue moclalità di impiego .

))

30

PANCI C., FAvUZZI E . : La ran imation de campagne

))

132

PoPPI A.: Alcuni aspen:i dell'urgenza in cardiologia

))

124

))

26~

))

177

MASTRORtLLt A., DALL'ANTONIA F., FABRis G., DoNADON W.: Su di un caso eli ostruzione dell'arteria omerale sinistra da costa cervicale . MoRA E., CoRDONE G., MANICA M.: Sull'applicazione dell'audiometria obiettiva elettroencefalografica (REA) in medicina legale militare . MuNTONI E.: Ev,·luzione di indirizzi e di metocli nel <trattamento chirurgico delle cardiopatie valvo\ari acquisite

N un M., ALESSANDRo A., RENZI G.: Dosaggio fotometrico e cromatografia strato sottile di antiossidanti fenolici nei grassi alimentari

PoTHIER A. M.: Résultats lointains d'une première réimplantation de doigts humains RENZI G ., A LESSANDRo A., Nun M.: Dosaggio fotometrico e cromatogra.fìa su strato sottile di antiossidanti fenolici nei grassi alimentar i Rossr L., FALCHI R.: In tema di psichiatria militare. Riflessioni sull'incidenza di malattie psichiatriche sul contigente di leva del 1970 presentatosi al Distretto Militare di F irenze . SBARRO B., Dr MARTINo M. : Andamento della scabbia nell'Esercito italiano dal 1955 al 1971 SC01TO DJ PALUMBO V., CrcERO L., GtANNI V ., LrcNOLA P. G.: Il mercurio : aspeni ecologici, tossicologici e bromatologici. Indagine analitica su prodotti ittici scawlati SnvENS J.: Lcs soldats aux cheveux Longs

))

\)

))

TATARELLI G.: Formazione professionale e psicologica del medico militare specialmente per l'applicazione delle norme dell'igiene mentale in una comunità m ilitare . URctUOLO O., CuPELLI V.: Una prova da sforzo massi m ale al cidoergometro: tecnica e possibili app licazioni in medicina legale militare VAI..DONI P.: Il medico di fronte all'urgenza

172

.

VAUTERIN C., GRAux P.: La formation psychopa thologique et socio-psychiotrique du médecin travaillant dans une commu nauté militaire ZAIO A ., Dr MARTINO M ., Dr ADDARIO A .: Il controllo igienico degli alimenti per la prevenz ione delle tossinfezioni nella collettività m ilitare

,, ))

z88

))

r

))

332


6 RECENSIONI DI LIBRI BEDESCHI G.: La ri·volta di Abele

Pag.

359

CATALANO NoBILI C., CERQUETELLI G.: L'Elettroshock

))

205

EASTHAM R. D., JANCAR J.: Patologia clinica della insufficienza mentale

)l

362

))

204

))

363

•>

204

GAMMA G., Rosso G., RuscHENA A.: Gli orientamenti dottrinali della psichiatria G uARDASCIONE V., MAZZELLA Dr Bosco M.: Il DDT e gli altri insetticidi cloroorganici LoMONACO T.: L'avventura umana nello spazio RECSTER F. A.: Battle casualties and medicai statistics. U.S. Army experience in the Korean War. (Perdite in battaglia e statistiche sanitarie. L'esperienza dell'Esercito degli Stati Uniti nella Guerra Coreana) . RHEINGOLD J. C.: La madre, l'ansia c la morte. Il complesso di morte catastrvfica

))

))

RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

CARDIOLOGIA AsoKAN S. K., FRANK M. J., Wm-lAM A. C.: Cardiomiopathy without cardiomcgaly in alcoholics Pag.

367

BoBBA P., SALERt'<O J. A., CASARI A.: Transient Je,ft posterior hemiblock. Report of four cases induced by exercise test .

210

l)

CHAKoRN S. A., SrccERS D. C., WHAKTON C. F. P., DwcHAR D. C.: Study of normal and abnormal movcmcnts of mitra! valve ring using reflected ultrasound CLARKE M., KEITH J. D. : Atrioventricular conduction in acute rheumatic fever CLÉMF.NTY J., CHOIJSSAT A., LARDEAU PH. BESSE P .. DALLOCCHIO M.: Hémihlocs gauches antérieurs simulant un infactus antéro- septal. I ntérèt de dérivations precordiales étagécs . Dr MArmo J., VACHERON A., SABAUT D., LAFONT H., Hur BoN HoA F.: La régurgitation mitrale diastolique EBERT R. W.: Use of anticoagulams in acute myocardial infarction FERNANDEZ F., LENÈGRE J.: Les troubles de la conduction intracardiaque. Essai de classification . FrscHER G. C., WESSEL H. U., SoMMERS H. M.: Mi trai insufficiency following experimental papiilary muscle infarction FROMENT n., SILIE M., BorsSEL J. P., NoRMAND J.: Le syndrome click et souffle mésotélésystoliques. A propos de formes familiale

))

~70

))

))

36s

))

))

))

))

))

372


7 HANSINO CH. E., Rowr; G. G.: Tricuspid insufficiency A study of hemody· namics and pathogenesis

Pag.

371

LrNDGREN K. M., EPSTEIN S. E.: Idiopathic hype.rtrophic subaortic stenosis with and without mitral regurgitation. Phonocardiographic differentia· .tion from rheumatic mitra! regurgitation .

,,

368

Moccr:rrr T., ALBERT H., BuEHLMANN A., SENNING A., LrCHTLEN P.: Haemodynamics after mitral valvotomy. • Reasons for unsatisfactory clinica! results

>>

371

MoRAND P., WRANCHI J., RAFFOUX Pn.: La manoeuvre de Valsalva: test global de la fonction myorcardique .

,,

366

PERLOFF J. K., RoBERTS W. C.: The mitra! apparatus. · Functional anatomy of mitral rcgurgitation

>>

373

RAYNAUD R.: Le bloc sino- auriculaire

>>

210

RosEN K. M., Lou H. S., GuNNAR R. M., RAHIMTOOLA S. H.: Mobitz Lype II block without bundle · branch block

>>

20'J

RosEN K. M., MEHTA A., RAHIMTOOLA S. H., MrttER R. A.: Sites of conge· nital and surgical heart block as defined by His bundle electrocardio~~

»

~

SHORT D.: Clinica! signincance of minor ST / T depression in resting electrocardiogram

»

369

SPEAR J. F., MooRE E. N.: Electrophysio!ogic studies on Mobitz <type II second • degree heart block .

»

209

SrNGH H., PARKASH A., SAINI M., WAHI P. L.: Bone changes in congenita! cyanotic heart disease .

>;

3fi9

>>

208

·

Pag.

374

PutciNELLI M., STRAM:BI E.: La protezione dei lavoratori con rischi da radia· zioni ionizzanti nel Servizio Sanitario Nazionale .

Pag.

2II

Pag.

375

r.

WEXLER L., SILVERMANN F., DE BusK R. F., HARRISON D. c.: Angiogra· phic features of rhcumatic and nonrheumatic mitra] regurgitation .

FISIOLOGIA FwcK D. C.: Catecholamines

MEDICINA PREVENTIVA

PSICHIATRIA BELAS R. J.: Combat psycbiatry and preventive aspects of menta! hcalt. (Psichiatria cd aspetti preventivi dell'igiene mentale in combattimento)


8 SOMMARI DI RIVISTE MEDICO - MILITARI Pagine: 213, 214, 215, 216, 217, 218, 219, 220, 221, 222, 377, 378, 379• 38o, 381, 382, 383, 384, 38), 386, 387, 388.

NOTIZIARIO

Notizie tecnico- scientifiche Pagine: 223, 224, 225, 226, 227, 228, 229, 230, 231, 232, 233, 389, 390, 391, 392, 393, 394· 395· 396, 397· 398, 399· 400, 401, 40 2, 403, 404, 405, 406, 407, 408, 409, 410.

Congressi Pagine: 41 r, 412.

Confaenze

Notìzù: militari

Necrologio

, Direttore responsabile: T e n. Gen. Mcd. Dr. Uco PARH>Tt Redatto1·e capo: Col. Med. Dr. LuciO TRAMONTI Autorizzazione del Tribunale di Roma al n. 944 del Rcgi~tro

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TII'OCRAHA RI:.CION.\LE • ROMA

1973

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