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GIORNALE DI MEDICINA MILITARE N. 3 - 2008

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Giornale di Medicina Militare

S OMMARIO 223

Editoriale

225

La Sanità Militare italiana nelle principali missioni fuori area nel 2008 CONVEGNO DOTAZIONI CAMPALI PER L’EVACUAZIONE SANITARIA

In copertina: La Direzione Generale della Sanità Militare ha organizzato il Convegno sulle Dotazioni Campali per l’Evacuazione Sanitaria con lo scopo di promuovere la conoscenza reciproca tra gli operatori sanitari impegnati nella catena del soccorso al traumatizzato, dal luogo dell’incidente fino alla struttura sanitaria dove questi riceverà il trattamento definitivo.

235

Programma del Convegno

237

Saluto del Coordinatore del Convegno. VIGLIANO R.

241

Evacuazione aeromedica avanzata. Stato dell’arte. SFERRUZZI A.

251

Trasporto aeromedico: aggiornamenti su organizzazione, tecniche e procedure. FARRACE S.

259

Mezzi di trasporto sanitario in operazioni militari: ambulanze protette e attrezzature sanitarie. SFERRUZZI A.

275

Contributo della componente sanitaria navale come piattaforma per evacuazioni sanitarie d'urgenza dai Teatri operativi. FANTON C.

281

Livello di integrazione interforze nel settore di evacuazioni sanitarie. FARINA E. F.

285

Unità di isolamento aeromedico dell’Aeronautica Militare. AUTORE A.

289

Scenario metropolitano e procedure di evacuazione sanitaria: Triage Hospital e modello israeliano. PARADISO GALATIOTO G.

299

Radiotelecomunicazioni in Sanità Militare. TIRICO M.

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Studi 305

Prodotti Biotecnologici derivati dalle Piastrine in Medicina Rigenerativa. SCALA M., COLALILLO R., MASTROGIACOMO M., CARBONE G., MURAGLIA A., STRADA P., CANCEDDA R.

317

Studio psicosociale delle basi Antartiche Uruguayane. QUARTAROLO A., PERI A.

337

Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n.81. BOCCUCCI F.

347

Il danno Psichico: strumenti diagnostici ed inquadramento Medico-Legale. CANNAVICCI M.

357

Contenzioso Medico-Legale

363

Massimario della Corte dei Conti

373

Infermieristica

385

La Ricerca Sanitaria Militare La sezione di fisiologia subacquea dell’Ufficio Studi di COMSUBIN.

389

Notiziario

395

Formazione Sanitaria Militare

397

La posta di Clio: Rubrica di Storia della Sanità Militare Italiana

403

I Servizi Sanitari nelle Istituzioni Storia del Corpo delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana.

409

Dall’Organizzazione Mondiale della Salute Suicidio: epidemiologia e prevenzione.

415

La prevenzione nelle Forze Armate Il Centro Antifumo di La Spezia.

419

Le Sanità Militari nell’Arte La Sanità Militare nelle tavole del Quinto Cenni. La pittura di Rudolf Claudus.

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Periodico trimestrale del Ministero della Difesa a cura della Direzione Generale della Sanità Militare Direttore responsabile Amm. Isp. Capo Vincenzo Martines Comitato Scientifico Magg. Gen. Federico Marmo Brig. Gen. Arnaldo Triani Amm. Isp. Pietro Tommaselli Gen. Isp. Capo Manlio Carboni Gen. B. Domenico Ribatti Referenti Scientifici di Forza Armata Ten. Col. Chim. Massimo Perciballi Ten. Col. vet. Mario Marchisio C.F. (SAN) Andrea Tamburelli Lanzara Col. CSA rn Paolo Tosco Ten. Col. CC RTL (me.) Sergio Ventura Coordinatore editoriale Cap. me. Marco Cannavicci Consulenti Ten. Gen. me. (c.a.) Domenico Mario Monaco Redazione e Segreteria Francesca Amato Walter De Caro Stefano Mulargia Alessandro Reale Collaboratori C.A. Giovanni Fascia Ten. Col. me. Francesco Boccucci Magg. me. Alessandro Iaria Ten. Col. CSA Roberto Isabella Direzione e Redazione Via S. Stefano Rotondo, 4 - 00184 Roma Tel. e Fax: 06/47353327 Amministrazione Ufficio Amministrazioni Speciali del Ministero Difesa Via Marsala, 104 - 00185 Roma

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Introduzione: illustrare brevemente la natura e lo scopo del lavoro, con citazioni bibliografiche significative, senza includere dati e conclusioni.

Materiali (pazienti) e Metodi: descrivere in dettaglio i metodi di selezione dei partecipanti, le informazioni tecniche e le modalità di analisi statistica. Risultati: Presentarli con chiarezza e concisione, senza commentarli.

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Discussione: spiegare i risultati eventualmente confrontandoli con quelli di altri autori. Definire la loro importanza ai fini dell’applicazione nei diversi settori. Citazioni: i riferimenti bibliografici dovranno essere segnalati nel testo, numerati progressivamente ed indicati tra parentesi.

Bibliografia: i riferimenti bibliografici dovranno essere limitati ad una stretta selezione. Solo i lavori citati nel testo possono essere elencati nella bibliografia. I lavori andranno numerati progressivamente nell’ordine con cui compariranno nel testo; gli Autori dei testi citati vanno totalmente riportati quando non superiori a 6, altrimenti citare i primi tre seguiti dall’abbreviazione: et al.. La bibliografia deve essere redatta secondo il Vancouver Style adottato dal Giornale con le modalità previste dall’International Committee of Medical Journal Editors. Per gli esempi, consultare il sito: http://www.nhl.nih.gov/bsd/uniform_requirements.htm Per le abbreviazioni si consiglia di uniformarsi alla List of Journal Indexed dell’Index Medicus, aggiornata annualmente.

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KL

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EDITORIALE

L

a Direzione Generale della Sanità Militare, considerato il costante impegno delle Forze Armate in attività all’estero in

scenari ad elevata intensità operativa, ha voluto organizzare un Convegno dedicato al tema delle Dotazioni Sanitarie Campali che si è tenuto presso la Scuola di Sanità e Veterinaria dell’Esercito in Roma - Cecchignola lo scorso venticinque giugno. L’obiettivo è stato quello di verificare lo stato di avanzamento dei progetti in via di implementazione nell’ambito delle Forze Armate, in particolare le nuove procedure e metodologie nell’ambito del soccorso e dell’evacuazione d’emergenza e favorire lo sviluppo di modelli e procedure di lavoro sempre più coordinate e orientate ad un costante miglioramento del grado di interoperabilità. Il livello dottrinale dei relatori, a cui rivolgo il mio più sentito ringraziamento, è stato assai pregevole ed ha consentito di trasmettere ai colleghi presenti un punto di situazione aggiornato che merita un sicuro approfondimento, ecco perchè ho voluto un numero speciale dedicato proprio a questo argomento. Colgo l’occasione per segnalare al lettore che in questo numero è riportato un interessante contributo del Prof. Saraceno, dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità, sul complesso e delicato tema del suicidio e della strategia preventiva. Segnalo anche una nuova rubrica dedicata alla Sanità Militare nell’Arte in cui presentiamo, tra l’altro, due dipinti di Claudus raffiguranti navi ospedale italiane che hanno operato nella Seconda Guerra Mondiale salvando tanti feriti e ammalati. IL DIRETTORE RESPONSABILE Ammiraglio Ispettore Capo Vincenzo Martines



La Sanità Militare Italiana nelle principali missioni fuori area nel 2008

KL Rubrica a cura del Brig. Gen. CSArn Piervalerio MANFRONI Consulente Sanitario del Comando Operativo di Vertice Interforze



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CIAD Forma di governo: Repubblica Superficie: 1.284.000 km2 Abitanti: 9.994.000 EUFOR “CIAD/RCA” - Operazione “Nicole” Task Force “Ippocrate”

1. Generalità Con la risoluzione 1178, del 25.09.2007, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha autorizzato il dispiegamento nella Repubblica del Ciad e nella Repubblica Centro Africana di un Contingente militare a guida Unione Europea (EUFOR) in supporto alla missione delle Nazioni Unite (MINURCAT), già presente da tempo nell’area. La predetta risoluzione ha anche autorizzato l’UE a condurre un’operazione militare in quei Paesi, con lo scopo di contribuire alla stabilizzazione dell’area. L’entità del contingente UE previsto per l’assolvimento della missione è di circa 4.000 uomini. Nell’ambito di questa operazione EUFOR, denominata “Nicole”, le FF.AA. italiane hanno schierato, in prossimità della città di Abéché, in Ciad, un ospedale da campo di livello Role 2. Tale complesso sanitario campale fa parte del contingente italiano della missione, denominata Task Force “Ippocrate” e composta da circa 100 uomini,

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costituita, oltre che dal personale sanitario dell’ospedale, da personale del Reparto Sanità del 1° Re. Ma. di Torino con compiti di supporto logistico e da personale del 2° Rgt. Trasm. di Bolzano con compiti di assicurare comando, controllo e collegamenti con la Madre Patria, ed è inserito all’interno del dispositivo sanitario presente in teatro operativo, che prevede come livello superiore il Role 4 di competenza Nazionale. L’ospedale da campo italiano, intitolato alla figura del Ten. Col. me. Antonio Stella, ufficiale medico in servizio presso il Policlinico Militare “Celio” di Roma e prematuramente scomparso circa due anni fa, ha il compito di fornire cure ed assistenza sanitaria avanzata, con livelli qualitativi pari agli standard europei, nei confronti del personale del Contingente internazionale EUFOR, del personale civile europeo non EUFOR presente in teatro, del personale dell’operazione MINURCAT/UN e dei civili ciadiani feriti nel corso di operazioni EUFOR. Dal 2 giugno 2008, inoltre, sulla base di un accordo bilaterale tra il Contingente militare italiano e l’Ospedale Civile di Abéché, contribuisce all’assistenza sanitaria della popolazione locale collaborando con le strutture ospedaliere civili.

2. Cronologia dello schieramento e date significative La cronologia di schieramento del Role 2 è la seguente: • 26 febbraio 2008: arrivo del primo nucleo logistico; • 4 marzo 2008: arrivo del primo nucleo sanitario; • 7 marzo 2008: arrivo del secondo nucleo sanitario; • 11 marzo 2008: viene dichiarata la Initial Operational Capability (IOC); • 09 aprile 2008: viene dichiarata la Final Operational Capability (FOC). Altre date significative per l’Ospedale sono le seguenti: 11 maggio 2008: avvicendamento team sanitario per la prima volta Interforze (EI - MM - AM - CC); • 02 giugno 2008: inaugurazione Centro Medico Italiano per civili ciadiani; • 06 agosto 2008: siglato Memorandum d’intesa con l’Ospedale Civile di Abéché. •

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3. Il complesso sanitario campale L’Ospedale da campo, al momento attuale, insiste ancora, temporaneamente, sulla sede di Camp Croci, struttura campale di vecchia data della missione francese “Epervier”, presente in Ciad da molti anni, in attesa del rischieramento definitivo presso l’attiguo “Camp des etoiles”, sede ufficiale della missione EUFOR ad Abéché, che dovrebbe avvenire entro il mese di ottobre p.v. È attualmente composto da: N. 20 tende pneumatiche per le sale: • Direzione; • Accettazione; • Pronto Soccorso; • Ambulatorio Chirurgia e Medicina Interna • Ambulatorio Ortopedia; • Radiologia; • Pre/post sala operatoria; • 5 Sale degenza; • Magazzini farmaci; • Sala attesa ed Ambulatorio per cittadini Ciadiani e n. 5 moduli shelter specialistici: • modulo tipo “Omar” sala operatoria; • modulo tipo “Omar “ terapia intensiva; • modulo Farmacia; • modulo Laboratorio analisi; • modulo Odontoiatrico, più alcuni shelter frigo per la conservazione dei farmaci. L’ organizzazione funzionale è suddivisa in sette blocchi e più precisamente: • Direzione; • Primo soccorso e “sala rossa”; • Ambulatori - chirurgico, internistico, ortopedico (con sala gessi) e odontoiatrico; • Preanestesia, sala operatoria e terapia intensiva; • Degenze ospedaliere; • Diagnostica (con radiologia tradizionale digitalizzata, ecografia e laboratorio analisi); • Farmacia. Il personale operante è attualmente composto da: • 10 ufficiali medici; • 1 ufficiale farmacista;

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• • • • •

1 ufficiale odontoiatra; 18 sottufficiali infermieri; 1 sottufficiale tecnico di radiologia; 1 sottufficiale addetto alla segreteria; 10 volontari di truppa Aiutanti di sanità.

I ruoli funzionali del personale citato, nel team attualmente presente in teatro, sono i seguenti: • 1 direttore (chirurgo generale e chirurgo plastico); • 1 internista / dermatologo; • 2 chirurghi generali; • 1 ortopedico; • 1 triagista / chirurgo; • 1 analista - responsabile acque; • 1 radiologo; • 1 odontoiatra; • 1 farmacista; • 2 anestesisti; • 11 infermieri di degenza; • 8 infermieri di primo soccorso; • 1 infermiere ferrista; • 1 tecnico radiologo; • 1 addetto alla direzione.

4. Concorso personale interforze Per la prima volta in un teatro operativo, l’équipe sanitaria dell’ospedale da campo è il risultato di un concorso tra le quattro FF.AA: oltre che dal personale dell’Esercito proveniente dal Policlinico Militare “Celio” di Roma, che ne costituisce il nucleo base, l’organico è stato integrato da personale delle altre tre forze armate con le seguenti figure: • 1 ufficiale odontoiatra della Marina Militare; • 1 ufficiale farmacista della Marina Militare; • 1 ufficiale medico anestesista dell’aeronautica Miliare; • 2 sottufficiali infermieri professionali dell’Aeronautica Militare; • 2 Sottufficiali infermieri professionali dei Carabinieri.

5. Capacità ricettiva della struttura L’ospedale dispone di 35 posti letto, espandibili a 40 in emergenza.

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Inoltre dispone di: • sala operatoria per chirurgia maggiore; • sala operatoria (tenda ambulatorio chirurgico) per chirurgia minore; • 2 posti letto di terapia intensiva. La Recettività in caso di Mass Casuality o di Major incident è di: • 2 pazienti codice rosso (T1); • 6 pazienti codice giallo (T2); • 9 pazienti codice verde (T3). La Recettività in regime ordinario: • 2 pazienti codice rosso (T1); • 6 pazienti codice giallo (T2); • 32 pazienti codice verde (T3).

6. Statistica prestazioni effettuate STATISTICA GENERALE RIFERITA AL PERIODO 11 MARZO - 31 AGOSTO

CASI TRATTATI

PRONTO SOCCORSO

477 (di cui 136 ricoveri)

VISITE CHIRURGICHE

383

VISITE INTERNISTICHE

246

VISITE ORTOPEDICHE

216

VISITE ODONTOIATRICHE 670 ALTRE VISITE (TRIAGE)

M 239

398

F 158 Med 116

RICOVERI

190 di cui

Ch

48

Ort

26

INTERVENTI CHIRURGICI

42

MEDEVAC

19

ANALISI CLINICHE

Pazienti 979

Analisi 8300

ANALISI ACQUE

Per uso umano

RX

Pazienti 469

Rx

ECOGRAFIE

Pazienti 164

Ecografie 197

84 593

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Blocco primo soccorso

Blocco degenze ospedaliere

Totale Ricoveri: 190; Tempi medi di degenza: 3 gg.; Patologia prevalente: Gastroenterite febbrile. Blocco ambulatori

7. Il centro medico italiano Il 2 giugno 2008, nell’ambito dell’Ospedale da campo italiano, è stato inaugurato il Centro Medico Italiano per civili locali e reso subito operativo. Tale struttura, nata dall’esigenza di collaborare con la sanità locale, regolamentando tuttavia l’afflusso dei pazienti per ovvi motivi di sicurezza e di capacità dell’ospedale, è costituito da un ambulatorio dislocato in due tende pneumatiche posizionate a poche decine di metri dal blocco unico del Role 2. Una tenda è adibita all’accettazione e registrazione dei civili che richiedono visita oltre che a sala di attesa per gli stessi, mentre la seconda è adibita alla visita dei civili locali che richiedono prestazioni sanitarie. La stessa è dotata di due postazioni di visita con possibilità di effettuare ecografie. L’attività dell’ambulatorio per i civili è organizzata su 3 giorni lavorativi a settimana (martedì-giovedìsabato) dalle ore 09:00 alle ore 12:00. Possono accedere all’ambulatorio gli autoctoni inviati dall’Ospedale civile di Abéché, dai Roles 1 francesi, dal responsabile dell’EDA (Economat des Armes) e dall’UN/UNHCR. L’afflusso dei pazienti nell’ambulatorio era regolato, nei primi mesi di attività, secondo discrezionalità del personale medico, che selezionava direttamente i pazienti trattabili presso il Role 2; dal 6 agosto 2008, con l’avvento del Protocollo d’intesa tra la Task Force Ippocrate e l’Ospedale civile di Abéché, quest’ultimo invia, oltre ad eventuali urgenze per le quali sia utile un approfondimento diagnostico, casi clinici selezionati che possono usufruire delle figure specialistiche presenti presso l’Ospedale Role 2.

Totale visite: 745 + 690 prestazioni odontoiatriche; Patologia prevalente internistica: Gastroenteriti. Dermatiti; Patologia prevelente chirurgica: Ferite lacero-contuse, Ustioni; Patologia prevalente ortopedica: Traumi contusivo-distorsivi; Patologia prevalente odontoiatrica: Carie dentali.

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Effettuata una prima visita di valutazione, il personale medico, nel caso non vi sia bisogno di ulteriori accertamenti, prescrive e, qualora disponibili, consegna ai pazienti i farmaci da assumere. Se si ponessero le indicazioni per ulteriori accertamenti clinici o strumentali il paziente viene accettato presso il Role 2 dove, in via ambulatoriale o previo ricovero, completa l’iter diagnostico e terapeutico. L’ambulatorio è composto dal seguente personale: • 1 ufficiale medico responsabile; • 1 sottufficiale infermiere addetto; • 2 sottufficiali infermieri del Role 2; • 1 aiutante di Sanità. Dal 02 giugno 2008 giorno di apertura al 31 agosto 2008 sono state eseguite: 348 prime visite totali: 214 uomini (di cui 37 bambini); 134 donne (di cui 26 bambine). Visite effettuate

Delle 348 visite la ripartizione per specialità è stata: nr. 153 mediche; nr. 114 ortopediche; nr. 81 chirurgiche.

8. Conclusioni Il Ciad è un paese in cui l’aspettativa di vita media è inferiore ai 50 anni, e nel quale sono endemiche malattie quali la malaria, la tubercolosi, l’AIDS, l’epatite E, la meningite. L’instabilità politica dell’area ha inoltre portato grandi masse di profughi a riversarsi in questa nazione dal vicino Darfur (Sudan) e dalla Repubblica Centro Africana, aggravando le già precarie condizioni socio-sanitarie della popolazione locale. In questo contesto le FF.AA. italiane sono state chiamate a fornire l’assistenza sanitaria di 2° livello a tutto il contingente europeo e al personale ONU che opera nell’area di competenza, che si estende per una superficie pari all’intero territorio italiano. Visto l’estremo degrado e la povertà in cui versa gran parte della popolazione locale, è apparso subito doveroso collaborare con le strutture sanitarie locali mediante iniziative rivolte all’assistenza della popolazione ciadiana, pur tenendo sempre conto delle capacità e dei compiti primari del nostro ospedale. Da questi presupposti nasce l’istituzione del Centro Medico per i civili ciadiani, con tutte le conseguenti attività di diagnostica e trattamento dei pazienti, e fin dall’inizio ha costituito uno strumento prezioso, nei confronti del quale è stato espresso vivo apprezzamento da parte delle Autorità e della popolazione locale e che ha costituito motivo di gratificazione professionale e fonte di ricchissima esperienza per il personale che opera nella struttura. L’opera del Role 2 italiano in Ciad, infine, non deve essere considerata soltanto alla luce della sua funzione logistico-sanitaria, ma va valutata anche, in questo contesto, come valido strumento operativo, in una missione in cui l’acquisizione del consenso da parte della popolazione locale può costituire un ulteriore mezzo per aumentare la cornice di sicurezza in cui far agire tutto il contingente. Ten. Col. Me. Maurizio PISAPIA Capo Reparto Chirurgia Plastica Policlinico Militare di Roma

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LIBANO Forma di governo: Repubblica Superficie: 10.452 km2 Abitanti: 3.826.018 UNIFIL - Operazione LEONTE

L

a missione UNIFIL è stata costituita con la Risoluzione ONU n. 425 del 19 marzo 1978 a seguito dell’invasione del Libano da parte di Israele (marzo 1978). Successive Risoluzioni hanno prorogato la durata della missione. A seguito di un attacco delle forze di Israele nel luglio 2006, nel sud del Libano, mirata ad disarmare le milizie di Hezobollah, l’ONU adottò la Risoluzione n.1701 dell’11 agosto con la quale si sanciva la cessazione delle ostilità e si dava il mandato alle forze internazionali, tra cui l’Italia, di mantenere delle stabili condizioni di pace. L’operazione LEONTE è iniziata il 30 agosto 2006 con la partenza di un gruppo navale ed il successivo sbarco del contingente sulle coste del Libano meridionale il 2 settembre 2006. Il contingente italiano dell’operazione LEONTE opera a supporto delle FF.AA. libanesi per il controllo ed il monitoraggio dell’area compresa tra il fiume LITANI ed il confine con Israele, anche con numerosi interventi a favore della popolazione locale. Il dispositivo sanitario è rappresentato da 9 Ufficiali Medici e 2 Ufficiali Veterinari (LEVEL 1).

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AFGHANISTAN Forma di governo: Repubblica Superficie: 647.500 km2 Abitanti: 31.889.923 Operazione ISAF

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l Consiglio di Sicurezza dell’ONU approvava il 20 dicembre 2001 la Risoluzione 1386 con la quale autorizzava il dispiegamento nella città di Kabul e nelle zone limitrofe di una Forza Multinazionale denominata INTERNATIONAL SECURITY ASSISTANCE FORCE (ISAF). Nell’agosto del 2003 la NATO è subentrata alla guida dell’Operazione ISAF e la strategia NATO di assistenza al governo Afghano prevedeva l’espansione delle attività sull’intero territorio Afghano mantenendo il contingente a Kabul. Al contingente italiano è stato assegnato il controllo della città di Herat e della provincia di Farah di rilevante importanza geostrategica essendo area di congiunzione tra Afganistan ed Iran. Fra le varie attività i Militari Italiani hanno svolto operazione di bonifica da ordigni esplosivi e chimici. Il dispositivo sanitario è rappresentato da: 15 Ufficiali Medici (8 nel ROLE 1, 1 in posto medicazione, 1 Medical Advisor a Camp Arena, 4 Medical Advisor a Camp Stone, 1 PRT USA e 2 Ufficiali Veterinari (Kabul, Camp Invicta).

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KOSOVO Superficie: 10.887 km2 Abitanti: 1.954.745 Operazione KFOR ’operazione KFOR ebbe inizio il 14 giugno 1999 con lo scopo di fornire supporto alle organizzazioni umanitarie che hanno prestato assistenza ai profughi usciti dal Kosovo. La missione internazionale, a guida NATO, è stata ordinata con la Risoluzione n. 1244 del Consiglio di Sicurezza delle N.U. il 10 giugno 1999. Il contingente italiano, che opera nella zona assegnata (città di Pec), garantisce la sicurezza e la libera circolazione a tutte le componenti etniche e religiose ed alle organizzazioni internazionali. La forza italiana è di circa 2.500 militari. Il dispositivo sanitario è rappresentato da: 8 Ufficiali Medici (1 Medical Advisor a Villaggio Italia, 3 nel Role 1+, 2 DSS a Dakovica, 1 DSS posto medico avanzato, 1 DSS IPU), 1 Ufficiale Odontoiatra, 1 Ufficiale Veterinario e 1 Ufficiale Farmacista (a Villaggio Italia).

L

234

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PRESIDENTE DEL CONVEGNO AMM. ISP. CAPO VINCENZO MARTINES DIRETTORE GENERALE DELLA SANITÀ MILITARE RELATORI MAGG. CSA ALBERTO AUTORE CENTRO SPERIMENTALE VOLO AERONAUTICA MILITARE C. F. (SAN) CESARE FANTON ISPETTORATO SANITÀ MARINA MILITARE TEN. COL. CO. SA. MED. EMANUELE FILIBERTO FARINA COMANDO OPERATIVO DI VERTICE INTERFORZE COL. CSA STEFANO FARRACE INFERMERIA PRINCIPALE AERONAUTICA MILITARE - PRATICA DI MARE COL. Med. GIUSEPPE PARADISO GALATIOTO SOVRANO ORDINE MILITARE DI MALTA TEN. COL. CO. SA. MED. ANTONIO SFERRUZZI COMANDO LOGISTICO ESERCITO - DIPARTIMENTO DI SANITÀ TEN. COL. CO. SA. MED. MICHELE TIRICO POLICLINICO MILITARE CELIO - ROMA MODERATORI MAGG. GEN. FEDERICO MARMO VICE COMANDANTE LOGISTICO ESERCITO - CAPO DIPARTIMENTO SANITÀ COL. CC RTL ALFREDO FRANCO PROJA COMANDO INTERREGIONALE CARABINIERI “PODGORA”- ROMA GEN. ISP. OTTAVIO SARLO CAPO SERVIZIO SANITARIO AERONAUTICA MILITARE AMM. ISP. PIETRO TOMMASELLI ISPETTORE SANITÀ MARINA MILITARE COMITATO SCENTIFICO C.V. (SAN) RODOLFO VIGLIANO (COORDINATORE) ESERCITO Col. Farm. UGO CAROSELLI MARINA MILITARE

C.V. SAN MAURO BARBIERATO

AERONAUTICA MILITARE Col. CSA CLAUDIO MOLICA ARMA CARABINIERI Col. CC. RTL ALFREDO FRANCO PROJA SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Ten. Col. Vet. SIMONE SIENA M. C. VINCENZO LORENZETTI SEGRETERIA ECM Ten. Col. Med. STEFANO TRANQUILLI



Saluto del Coordinatore del Convegno C.V. SAN Rodolfo Vigliano

L

a salvaguardia della vita umana si gioca sulla rapidità dei soccorsi, sui protocolli diagnostico-terapeutici per l’emergenza,

imprescindibilmente legati alla tecnologia biomedica, alla qualità dei dispositivi sanitari che comprende le caratteristiche costruttive, l’ergonomia, la scelta dei materiali, l’affidabilità anche in condizioni climatico ambientali estreme. Il settore delle dotazioni sanitarie campali ha assunto pertanto il rango di vera e propria scienza che giustifica studi dedicati da parte dell’industria biomedica per la creazione di apparecchiature e dispositivi peculiari e non semplici adattamenti di attrezzature già esistenti. Non potendo concentrare in un solo giorno tutte le testimonianze e le conoscenze sulle dotazioni sanitarie campali che spaziano dal pacchetto di medicazione individuale agli ospedali campali, agli aerei sanitari ed alle navi ospedale, passando per le tecnologie diagnostiche più avanzate come la

Il Direttore Generale della Sanità Militare Amm. Isp. Capo Vincenzo MARTINES presiede la tavola rotonda “Prospettive di sviluppo ed integrazione interforze nel settore del trasporto sanitario”.


TAC Campale, le Camere iperbariche

barellabili,

le

stazioni vaccinali, la logistica trasfusionale

in

ambito

campale ed i mezzi tecnologici messi a disposizione degli operatori per un conforto diagnostico-terapeutico quali le applicazioni campali della C.A. (SAN) Daniele BELLUCCI, Capo Ufficio del Direttore Generale di DIFESAN.

Brigadier Generale Francesco ORSINI, Comandante della Scuola di Sanità e Veterinaria dell’Esercito Italiano.

telemedicina, quest’anno abbiamo inteso circoscrivere il campo

alle dotazioni, dispositivi e tecnologie dedicate all’evacuazione sanitaria dell’infortunato. La Direzione Generale della Sanità Militare ha voluto infatti organizzare questo convegno con lo scopo di promuovere la conoscenza reciproca tra gli operatori sanitari impegnati nella catena del soccorso al traumatizzato, dal luogo dell’incidente fino alla struttura sanitaria dove questi riceverà il trattamento definitivo.

Il Direttore Generale della Sanità Militare Amm. Isp. Capo Vincenzo MARTINES con la Dottoressa Adriana VOLPINI del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio ed il Comandante della Scuola di Sanità Veterinaria dell’Esercito Brigadier Generale Francesco ORSINI.


È vivo nella mia mente il ricordo di quando a bordo delle Unità Navali si effettuavano le “sanex”, acronimo per esercitazioni sanitarie, dove l’unico ruolo della componente sanitaria imbarcata era quella di far trasportare dalla plancia all’infermeria

di

corpulento

bordo

Un momento dell’allocuzione dell’Ammiraglio Ispettore Capo Vincenzo MARTINES.

un

marinaio

imbracato su un telaio portaferiti modello seconda guerra mondiale, ad opera di improvvisati barellieri reclutati tra il personale delle cucine e dei riposti. Solo negli anni ottanta, dopo

la

guerra

delle

Falkland-Malvinas e con l’inizio delle operazioni

Il Generale Ispettore Ottavio SARLO e l’Ammiraglio Ispettore Francesco SIMONETTI.

internazionali di supporto alla pace, ha cominciato a consolidarsi la consapevolezza dell’importanza strategica di disporre di un efficiente ser vizio sanitario in grado di garantire livelli progressivi di assistenza paragonabili a quelli offerti in Patria dal Ser vizio Sanitario Nazionale, ivi comprese le predisposizioni ed i mezzi per il trasferimento medicalizzato ed il traspor to in sicurezza del traumatizzato. L’istruzione sanitaria di tutto l’equipaggio entrava di diritto a far parte dei programmi addestrativi presso il Centro Addestramento Navale, dove venivano recepite le linee guida applicate nel corso dei tirocini di sicurezza cui venivano avviate le Unità Navali, quali il BOST (Basic Operational Security Training).


Gli eventi e le esperienze dell’epoca in cui viviamo, con l’affermarsi delle operazioni internazionali fuori area e dell’integrazione interforze, hanno evidenziato la necessità di disporre di tutte le predisposizioni necessarie ad affrontare sempre nuove sfide dal punto di vista sanitario, e quindi l’esigenza di promuovere una stretta collaborazione tra gli uomini, una compatibilità delle attrezzature ed interoperabilità dei mezzi disponibili, nonché l’armonizzazione dei protocolli e delle procedure intese ad ottenere una sinergia dell’azione di soccorso che ne garantisca il successo. Scopo di questo convegno è dunque quello di analizzare le realtà esistenti in tema di trasferimento del paziente critico e di animare un dibattito per valutare il reale livello di interoperabilità e di integrazione, nell’ambiziosa illusione che basti il dialogo e la conoscenza reciproca per superare tutti gli ostacoli e le difficoltà che travagliano la lunga marcia dell’infortunato verso la salvezza e la guarigione. Ringrazio il Direttore Generale della Sanità Militare per la fiducia accordatami nell’affidarmi il difficile compito di organizzare l’evento, i Moderatori e i Co-moderatori che generosamente concorrono all’iniziativa, il Comando Scuole dell’Esercito e il Comandante della Scuola di Sanità e Veterinaria che ci hanno così gentilmente ospitato, tutti i convenuti ed in particolare i relatori ed i partecipanti alla tavola rotonda grazie ai quali il convegno ha potuto essere realizzato.

KL


Convegno Dotazioni Sanitarie Campali

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Evacuazione aeromedica avanzata. Stato dell’arte Antonio Sferrruzzi *

* Ten. Col. Co. Sa. Med. - Comando Logistico Esercito - Dipartimento di Sanità.

1. Sgombero Sanitario Lo sgombero dei feriti è un aspetto fondamentale dell’assistenza sanitaria. Il movimento di feriti non è solo il trasporto verso una struttura sanitaria, ma è parte di un continuum di trattamento dei pazienti ed è pertanto da considerarsi una mera responsabilità sanitaria. In nessun punto nella catena di sgombero il livello di trattamento deve essere al di sotto di quello ricevuto al livello precedente. Il termine CASEVAC, spesso utilizzato impropriamente, significa movimento dei feriti non pianificato in assenza di una vera e propria assistenza sanitaria ad essi dedicata o ancora movimento occasionale con la presenza di eventuale personale sanitario disponibile. Questo tipo di trasporto continuerà sicuramente a verificarsi in teatro ma non può essere considerato un fattore rilevante in pianificazione. MEDEVAC è invece il movimento di pazienti sotto stretto controllo sanitario verso strutture sempre più specializzate dove essi possono ricevere le migliori cure: è da considerarsi quale parte integrale di un continuum di trattamento. Un sistema MEDEVAC deve garantire, in conformità con gli standard di cure mediche e i principi operativi indicati nella direttiva 326/2 del Comitato Militare Nato, le seguenti capacità: 1. Sgombero dei feriti verso o tra le unità sanitarie per ventiquattro ore al giorno, in tutte le condizioni di tempo e di mare su ogni terreno e in qualsiasi scenario operativo, per quanto compatibile con la situazione del momento. 2. Assistenza sanitaria ai feriti durante tutto il trasporto,

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utilizzando personale adeguatamente addestrato ed apparecchiature sanitarie adatte alle condizioni cliniche del singolo ferito. 3. Capacità di regolare il flusso e i tipi di pazienti, se le circostanze lo richiedono, capacità di fornire tracciabilità dei pazienti in modo tempestivo durante tutta la catena di sgombero. Le unità MEDEVAC sono descritte in termini di area nella quale esse si trovano ad operare. Ci sono tre principali categorie di MEDEVAC: MEDEVAC avanzato: è il trasporto dal punto del ferimento fino alla prima unità sanitaria. Per poter rientrare nei tempi limite dello sgombero esso è condotto sempre più con elicotteri che si spingono fin nelle aree avanzate. Il MEDEVAC avanzato può avvenire verso un’unità sanitaria di qualsiasi ruolo e dovrebbe essere, dove possibile, indirizzato al livello di cura più idoneo, in accordo ai vincoli temporali di trattamento e non necessariamente verso la struttura sanitaria più vicina. Il MEDEVAC avanzato deve avere livelli di protezione sovrapponibili a quelli delle forze che operano nell’area. Il MEDEVAC avanzato permette di effettuare lo sgombero dei feriti ancor prima di procedere alla rianimazione avanzata; pertanto le squadre MEDEVAC dovrebbero essere equipaggiate ed addestrate in accordo ai protocolli della preospedalizzazione. Il MEDEVAC tattico è lo sgombero dei feriti all’interno dell’Area Operativa Interforze(JOA), tra le varie unità sanitarie di ruolo 1, ruolo 2 leggero, o aumentato (LM o E). I pazienti devono essere stabilizzati prima di procedere allo sgombero. Il trasporto può essere effettuato con mezzi terrestri, elicotteri ed aerei lungo le

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Giornale di Medicina Militare

Fig. 1 - Elicottero AB 206.

In caso di mancata disponibilità di mezzi militari, è necessario prendere in considerazione l’utilizzo di aeroplani civili con particolare attenzione alla possibilità di volare in area operativa. È importante osservare che il MEDEVAC è un processo dinamico. Allorquando le condizioni cliniche dei pazienti si modifichino, anche le modalità o le priorità di sgombero devono cambiare. Gli assetti MEDEVAC possono essere dedicati o su chiamata. Il MEDEVAC avanzato può essere effettuato con ambulanze in dotazione all’unità che viene supportata o fornite da unità sanitarie che forniscono sostegno nell’area interessata. Dato che la maggior parte delle nazioni non hanno elicotteri dedicati per il MEDEVAC e anche quelle che li hanno possono averne un numero insufficiente, di solito si garantisce una buona capacità di assetti MEDEVAC terrestre, come base, rinforzata da aeromobili quando possibile.

2. Velivoli dell’esercito

Fig. 2 - Elicottero AB 412.

2.1 Caratteristiche tecniche dei velivoli Sono descritte alcune delle principali caratteristiche di velivoli in servizio nell’Esercito che vengono utilizzati anche per il trasporto dei feriti. Elicottero AB 206 Elicottero monomotore a struttura a semiguscio, con carrello a pattini, monorotore con rotore di coda anticoppia. L’equipaggio è costituito da 2 piloti più 3 passeggeri. I principali tipi di missioni di volo sono: attività di osservazione, ricognizione e collegamento. L’elicottero può essere destinato ad assolvere svariate missioni sia diurne che notturne, può montare installazioni per impieghi speciali come aeroambulanza e trasporto di carichi esterni. Inoltre l’elicottero è equipaggiabile di un sistema d’arma per assolvere compiti di impiego operativo (Fig. 1).

Fig. 3 - Elicottero A 109.

Linee di Comunicazione (LOC) all’interno dell’area di operazioni. Il MEDEVAC strategico è lo sgombero dei feriti dal JOA, verso la propria nazione, verso altri paesi NATO o verso un’area sicura temporanea fuori del Teatro. Tale MEDEVAC è una responsabilità condivisa tra il Comandante della Forza e le Nazioni partecipanti (CN). Il MEDEVAC strategico è una responsabilità nazionale.

242

Elicottero AB 412 Elicottero multiruolo bimotore a struttura a semiguscio, con carrello a pattini, monorotore con rotore di coda anticoppia. L’equipaggio è formato da 2 piloti ed 1 specialista. I principali tipi di missioni di volo sono: elitrasporto tattico logistico; concorso di fuoco, missioni di ricognizione, di osservazione e di trasporto limitato. Può assolvere svariate missioni fra le quali si citano il trasporto (truppe, passeggeri, materiali). Vi

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Fig. 4 - Elicottero AB 205.

Fig. 5 - Elicottero AB 412.

è un corredo di installazioni speciali che abilitano di volta in volta l’elicottero al servizio di areoambulanza, al trasporto di carichi esterni (gancio baricentrico 2065 Kg). Capacità di carico in alternativa: 13 passeggeri o 6 barelle con equipaggio. Inoltre l’elicottero è equipaggiabile con un sistema d’arma per assolvere compiti di impiego operativo (Fig. 2).

servizio di areoambulanza, al trasporto di carichi esterni. Inoltre l’elicottero è equipaggiabile con sistema d’arma per assolvere compiti di impiego operativo e di sostegno al fuoco. Esistono varie versioni del velivolo. Le principali sono: standard; internazionale; internazionale ONU; internazionale per Teatro Operativo ad alta intensità (Fig. 4).

Elicottero A 109 Elicottero bimotore a struttura a semiguscio, monorotore quadripala del tipo articolato, con rotore di coda anticoppia, presente in due versioni, entrambe con carrello triciclo con ruota anteriore direzionale, il primo fisso e il secondo retrattile. L’equipaggio è costituito da 2 piloti e da 6 passeggeri. L’elicottero, pur effettuando prevalentemente missioni di collegamento, è in grado di svolgere tutte le altre missioni relative ai compiti di ricognizione, di osser vazione e di trasporto limitato (Fig. 3).

Elicottero AB 212 Elicottero bimotore a struttura a semiguscio, con carrello a pattini, monorotore con rotore di coda anticoppia. L’equipaggio è formato da 2 piloti e da 13 passeggeri. Principali tipi di missioni di volo: elitrasporto tattico logistico; concorso di fuoco, missioni di ricognizione, di osservazione, di soccorso aereo e di trasporto limitato. (Fig. 5).

Elicottero AB 205 Elicottero monomotore a struttura a semiguscio, con carrello a pattini, monorotore con rotore di coda anticoppia. Equipaggio formato da 2 piloti ed 11 passeggeri. Principali tipi di missioni di volo: elitrasporto tattico e concorso di fuoco, è in grado di svolgere tutte le altre missioni relative ai compiti di ricognizione, di osservazione di soccorso aereo e di trasporto limitato. Vi è un corredo di installazioni speciali che abilitano di volta in volta l’elicottero al

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Elicottero CH 47 Elicottero bimotore a struttura a semiguscio, a due rotori bipala in tandem. Carrello a quadriciclo, con ruota posteriore destra direzionabile. Equipaggiato con due turbomotori LYCOMING T55-L e con una turbina ausiliaria APU T62A per l’avviamento dell’elicottero. L’equipaggio è costituito da 2 piloti e da 2 specialisti. Principali tipi di missioni di volo: è in grado di operare su acqua, svolge compiti di elitrasporto tattico e logistico di materiali ed unità leggere, dotato di rampa di carico per agevolare le operazioni di carico. L’elicottero può essere equipaggiato con sistemi d’arma e con sistemi di difesa attivi/passivi (Fig. 6).

243


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Fig. 8 - Aereo Dornier 228.

Fig. 6 - Elicottero CH 47.

Fig. 9 - Aereo P180.

Fig. 7 - Elicottero NH 90.

Elicottero NH 90 - Velocità massima 300 Km/h - Tangenza max 6.000 m - Velocità di crociera 290 Km/h - Potenza max trasmissione 3.410 SHp - Raggio di azione 250 Km - Diametro rotore 16,30 m - Larghezza max fusoliera 3,633 m - Peso max TTH 9,5 T - Altezza max 5,440 m - Combattenti / 20 passeggeri - Veicolo leggero Francese da 2 Ton o carico di 2,5 Ton. - 12 Barelle - Carico al gancio: 2,5 Ton - ARMAMENTO (EVENTUALE): 2 Cannoni da 30 mm. in “pod.”

(Fig. 7)

244

Aereo DORNIER 228 Aereo di nuova generazione caratterizzato da elevata versatilità e prestazioni, propulso da due motori turboelica, di facile manutenzione e basso costo di esercizio. Si tratta di un velivolo STOL (short take off landing) che può atterrare e decollare su qualsiasi tipo di terreno, anche naturale, purchè compatto. Le potenzialità dell’aeromobile permettono di effettuare una vasta gamma di trasporto: tattico, logistico e sanitario; e tecnico-tattiche: comando, controllo, lancio paracadutisti, TLC e collegamento. L’equipaggio è costituito da: 2 piloti ed 1 specialista. Principali tipi di missioni di volo: elitrasporto tattico logistico. Capacità di carico in alternativa: equipaggio + 19 passeggeri oppure equipaggio + 9 in versione VIP, oppure equipaggio 6 passeggeri e 6 barelle (Fig. 8). Aereo P180 Aereo di nuova generazione caratterizzato da prestazioni e cabina tipiche di un jet. Si tratta di un velivolo tipicamente “EXECUTIVE” pressurizzato,

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propulso da due turbomotori ad elica. Le caratteristiche dell’aeromobile limitano la gamma delle missioni assolvibili a quelle di trasporto logistico/sanitario e tecnico-tattiche di collegamento. Equipaggio: 2 piloti + 1 specialista. Principali tipi di missioni di volo: elitrasporto tattico logistico. Capacità di carico in alternativa: equipaggio + 7 passeggeri (versione VIP) oppure equipaggio + 3 passeggeri e 2 barelle. Carico massimo interno 1857 (pax compresi)(Fig. 9). 2.2 Dotazioni sanitarie di bordo Le dotazioni sanitarie di primo soccorso che sono attualmente previste a bordo dei velivoli sono quelle di seguito riportate.

Giubbetto di sopravvivenza

San 3 1 Antipiretico, antinevralgico

cp

30

2 Antinevralgiche

cp

30

3 Antidolorifiche o

cp

18

4 Antispastiche

cp

20

5 Disinfettante intestinale

cp

20

6 Analettico centrale

cp

20

7 Astringente, antisettico intestinale

cp

20

8 Tranquillante

cp

20

9 Sulfamidico ampio spettro

cp

20

10 Antiacido

cp

20

11 Spasmolitico 2 ml

fl

2

12 Emostatico 1 ml

fl

2

13 Cardiotonico Kombetin 0,125

fl

2

14 Analettico

fl

2

15 Ormone glucocorticoide

fl

2

16 Benzalconio cloruro 1 % 100 ml

flac

1

17 Benzalconio cloruro 10 % 50 ml flac

flac

1

18 Steridrolo a rapida idrolisi 100 cpr scat.

scat.

1

Alcool iodato (flacone da gr. 5)

1

Benda tipo Cambric (mt. 5 per cm. 7)

1

19 Collirio grasso CAF + cortisone tubo

tubo

1

Botropase (fiale)

3

20 Pomata dermatologica

tubo

1

Cerotti medicati (in confezione)

2

21 Pomata acetotartrato di alluminio

tubo

1

Cerotto a nastro (mt. 4,50 per mm. 2,5)

1

22 Pomata contro scottature

tubo

1

23 Pacchetto medicazione individuale

nr

2

Laccio emostatico

1

24 Compresse mussola 18 x 40

nr

24

Metalline (cm. 35 per cm. 45)

1

25 Cerotti medicati misure varie

scat.

3

Penicillina Streptosil (in polvere)

1

26 Nastro adesivo chirurgico Steri-strip

buste

1

27 Medicazione assorbente chirurgica Air-strip buste

3

28 Sparadrappo adesivo 5 x 0,025

nr

1

29 Cotone idrofilo compresso 100 g

pacco 1

Ac. Acetilsalicilico (cpr. da 0,5 gr.)

6

Pomata antiscottature (Foille gr. 20)

1

Siringa in plastica (cc. 2)

1

30 Benda mussola 5 x 0,09

nr

4

Steridrolo (compresse)

10

31 Benda oculare sterile

buste

2

Spilla di sicurezza

2

Sacchetto in polietilene

1

32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45

nr nr nr nr nr nr nr nr nr nr nr nr nr nr

4 1 1 8 1 1 2 1 1 1 1 1 1 2

Sacco aggiuntivo di sopravvivenza Glicerina pura

2

Garza medica gelonet (scatole da 10)

1

Apparecchiatura pneumatica immobilizzazione arto

1

Cerotti medicati (in confezione)

1

Cerotto a nastro (mt. 4,50 per mm. 2,5)

1

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Stecca alluminio anodizzato Rianimatore bocca - bocca o cannula di Safar Cesoia di Lister Siringa monouso 2,5 ml Laccio emostatico tela Triangolo tela grezza cotone Supercoperta isotermica Termometro prismatico Forbice retta Manico per bisturi con 2 lame Pinza Kocher retta Pinza anatomica Sonda scanalata Lucchetto a due chiavi

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3. Apparecchiature Elettromedicali ed attrezzature Sanitarie per il Servizio MEDEVAC 3.1 Caratteristiche tecniche Le esperienze acquisite in occasione dell’impiego nei vari Teatri Operativi hanno messo in evidenza la necessità di rivedere gli assetti sanitari previsti per l’adattamento degli elicotteri della F. A. nelle attività di aereosgombero. In particolare è stato rilevato che gli assetti attuali non assicurano un caricamento rapido dei feriti soprattutto nelle situazioni di emergenza e la possibilità di prestare un’adeguata assistenza durante il volo. Il Dipartimento di Sanità del Comando Logistico dell’Esercito ha proposto alla Direzione Generale della Sanità Militare, nel corso del 2006, l’istituzione di un gruppo di lavoro interforze che approfondisse la tematica della ottimizzazione e della standardizzazione degli allestimenti. Il gruppo di lavoro ha provveduto a definire i requisiti di base delle apparecchiature elettromedicali e delle attrezzature sanitarie per il “Servizio Medevac”. Il disciplinare costituisce prezioso riferimento per tutti gli assetti sanitari che possono entrare a far parte della catena Medevac. Lo studio ha perseguito l’obiettivo di delineare una tipologia di strumentazione standardizzata, intercambiabile ed interoperabile in ambito NATO ed in ambito europeo. Di seguito sono riportate le caratteristiche tecniche, con la precisazione che tutte debbano essere provviste delle opportune certificazioni per l’utilizzo su vettori aerei: n° 1 Ventilatore Polmonare Apparecchiatura per la ventilazione meccanica del paziente, idonea per adulti e bambini, con possibilità di impostare il volume di mandata, la frequenza ventilatoria, la percentuale di ossigeno erogata, la pressione massima delle vie aeree. Il sistema deve supportare anche la ventilazione spontanea in ossigeno. Deve essere dotato di allarmi in conformità con le normative ISO. Deve essere idoneo alla ventilazione di adulti e bambini. L’apparecchiatura deve possedere un sistema barometrico di compenso che assicuri il corretto funzionamento, in velivoli ad ala rotante ed ala fissa pressurizzati e non, a qualunque quota di volo ed in condizioni climatiche limite da indicarsi obbligatoriamente da parte del costruttore. Il ventilatore dovrà avere caratteristiche tali da poter essere montato e smontato su pianali di servizio, su eventuali strutture come le barelle attrezzate, sui supporti tipici dei velivoli in uso alla F.A., saldamente ma non permanentemente.

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n° 1 Gruppo per Erogazione Ossigeno Il sistema deve prevedere le variazioni di quota barometrica e la umidificazione costante anche in condizioni climatiche limite. n° 1 Lampada per Esame del Paziente Apparecchiatura munita di morsetto universale per il fissaggio ad ogni genere di supporto e di braccio orientabile. Deve poter essere alimentata con varie modalità comprese le tensioni disponibili sui velivoli, la rete civile e le batterie ricaricabili. n° 1 Monitor Multiparametrico Apparecchiatura con le seguenti caratteristiche: monitor a colori a matrice attiva, traccia elettrocardiografia (ECG) anche a 12 derivazioni e relativo software avanzato di interpretazione delle aritmie e della morfologia del complesso QRS, misurazione della saturazione arteriosa di O2 e visualizzazione della curva pulsossimetrica (SpO2) con sensore per adulti e sensore pediatrico, misurazione e visualizzazione della curva dell’anidride carbonica di fine espirazione, (EtCO2), canale per la misurazione invasiva della pressione arteriosa con display che visualizzi valore numerico e curva della pressione arteriosa invasiva (Press), misurazione della pressione arteriosa non invasiva (NIBP) con bracciale per adulti e bracciale pediatrico, misurazione della temperatura corporea, stampa su supporto cartaceo dei dati, delle tracce, dei report e di eventuali commenti ed interpretazioni, doppia batteria con facile accesso esterno per la sostituzione anche durante il funzionamento, per aumentarne l’autonomia di funzionamento, trasportabilità e resistenza ad urti, corredato di custodia/borsa da trasporto ed aggancio a letto/barella. Fornito di tutti i cavi e gli accessori necessari al completo funzionamento ed utilizzo delle opzioni richieste. È richiesto un doppio cavo ECG di collegamento paziente a tre e a cinque o più elettrodi e connessione a pinzetta, due batterie di riserva; il monitor deve poter essere anche agganciato ad una mensola sopraelevata, fissata saldamente alla barella, preferibilmente scorrevole sul paziente utilizzando delle guide apposite ai lati della barella, che trovi sua normale collocazione ai piedi del paziente. n° 1 Monitor Defibrillatore (defibrillatore semiautomatico) Deve essere dotato di defibrillazione in modalità manuale e semiautomatica ad onda bifasica, modulo di stimolazione non invasiva esterna (pace maker), monitor ad alta visibilità notturna e diurna, visualizzazione della traccia elettrocardiografia (ECG) ed inter-

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pretazione ECG anche a 12 derivazioni e relativo software avanzato di interpretazione delle aritmie e della morfologia del complesso QRS, misurazione della saturazione arteriosa di O2 e visualizzazione della curva pulsossimetrica (Sp O2) con sensore per adulti e sensore pediatrico, misurazione e visualizzazione della curva dell’anidride carbonica di fine espirazione, (EtCO2) per pazienti intubati e non, misurazione della pressione arteriosa non invasiva con metodo oscillometrico e bracciale adulto e pediatrico (NIBP ), stampa su supporto cartaceo di ampiezza 100 mm dei dati e delle tracce, doppia batteria con facile accesso esterno, per aumentarne l’autonomia di funzionamento, peso contenuto preferibilmente entro gli 8 kg, elevata trasportabilità e resistenza ad urti e umidità. Deve essere fornito di tutti i cavi e gli accessori necessari al completo funzionamento ed utilizzo delle opzioni richieste. È richiesto che venga fornito con doppio cavo ECG di collegamento paziente a tre e a cinque o più elettrodi e connessione preferibilmente a pinzetta, con le piastre per la defibrillazione pediatrica e per adulti e comandi di defibrillazione gestibili direttamente dalle piastre. Deve essere fornito con borsa da trasporto e con ulteriori due batterie di riserva, carica batterie, ed adattatori di alimentazione c.a./c.c. Anche il monitor defibrillatore deve poter essere agganciato ad un pianale fissabile saldamente sulla barella, scorrevole sul paziente utilizzando delle guide apposite ai lati della barella, collocato all’altezza dei piedi del paziente. n° 1 Aspiratore Chirurgico per Secreti Deve essere fornito di un bicchiere di media capacità ed alimentazione da rete e da batteria ricaricabile. n° 2 Pompe Siringhe Apparecchiature ad 1 (un) posto impilabili tra loro in modo stabile ed alimentate a batterie ricaricabili. n° 1 Sistema Riscaldamento Paziente Set completo di trattamento dell’ipotermia, comprensivo di materassino ricaldante in PVC misure cm.60 x 40, valigetta isotermica, connettore alla presa a 12 volt e compatibile con i voltaggi presenti sui velivoli ad ala rotante ed ala fissa, batteria al litio ricaricabile, trasformatore elettronico. n° 1 Borsa/Zaino di Rianimazione (corrispondente alla versione A dello zaino ALS). Deve essere in cordura completo di laringoscopio a fibre ottiche con set di lame, pallone Ambu con reservoir e maschere in silicone, pallone ambu pediatrico completo in silicone, cannule di Guedel di varie misure, stetofonendoscopio cardiologico Rappaport, stetofonendoscopio Littman,

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sfigmomanometro aneroide, bombola di ossigeno da litri 3 in fibra ultraleggera completa di riduttore e flussimetro, aspiratore per secreti manuale e/o pedale, borsa portafiale, penna luminosa, kit di ferri chirurgici d’urgenza, pinze di Maggil adulti e pediatriche, mandrini semplici e mandrini a punta luminosa di diverse misure, n. 2 pompe spremisacca per infusioni. n° 1 Borsa/Zaino di Trasporto Liquidi e Materiale Sanitario di Riserva Deve consentire il prelevamento del materiale agevolmente anche in volo ed ad apertura parziale occupando uno spazio contenuto. Si consiglia quindi una apertura a “libro” o a “colonna” con borse scomparti con finestra trasparente e targhetta identificativa. n° 1 Sistema di Gas Medicale L’ossigeno dovrà essere fornito utilizzando n° 2 bombole da 7 - 10 litri collegate ad una centralina di distribuzione che sia dotata di non meno di 3 attacchi ad innesto rapido per l’ossigeno medicale come da norma di legge. Le bombole dovranno essere preferibilmente costruite in materiale ultraleggero quale fibra di carbonio o eventualmente alluminio ed omologate per uso aeronautico. Le bombole dovranno poter essere sostituite anche singolarmente con rapidità e facilità anche durante il trasporto del paziente. n° 1 Barella a Cucchiaio Deve essere dotata di cinghie, ripiegabile e provvista di fermacapo. n° 1 Barella pieghevole Deve essere in quattro sezioni con cinghie di fissaggio per assicurare il paziente. n° 1 Schienale Regolabile Supplementare Deve essere applicabile alla barella a telo tipo NATO. n° 1 Barella Verricellabile Deve essere in materiale metallico con ganci e moschettoni per verricello. n° 1 Barella “Toboga” verricellabile Apparecchiatura in materiale plastico altamente resistene completa di agganci per eventuale traino o sollevamento a fune o verricello. n° 2 Coperte Termiche Devono essere riutilizzabili e lavabili in alluminio e materiale plastico. n° 1 Estrattore Spinale/Cervicale n° 1 Borsa Termica n° 1 Frigorifero/Riscaldatore a 12/24 volt portatile provvisto di presa accendisigari. n° 1 Materasso a Depressione Deve essere dotato di maniglie di trasporto

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completo di pompa aspirante e connettori. n°1 Set Steccobende a depressione per arti superiori ed inferiori. Deve essere completo di pompa aspirante e connettori. n° 1 Tavola Spinale Deve essere radiotrasparente con cinghie di imbracatura paziente e fermacapo. n° 1 Kit Ustionati Kit all’idrogel vegetale per il trattamento di pronto intervento delle ustioni anche in presenza di derma leso. Deve essere costituito di due coperte cm. 120 x 160 e di una coperta cm. 245 x 160. n° 2 Teli Portaferiti Lavabili n° 1 Kit Prelievo e Trasporto Arti Amputati n° 1 Piano Porta Strumentazione sanitaria Deve essere applicabile alla barella a telo tipo NATO. n° 1 M.A.S.T. (pantaloni militari anti shock) n° 1 Kit Rianimazione Pediatrica Deve essere composto da laringoscopio pediatrico, pallone tipo Ambu pediatrico in silicone, aspiratore manuale, stetofonendoscopio pediatrico, sfigmomanometro aneroide pediatrico, cannule di Guedel pediatriche e materiale monouso pediatrico. Sistema di trasformazione di energia elettrica Inverter di potenza non inferiore a 600 Watt, con possibilità di trasformazione delle tensioni disponibili sui velivoli ad ala rotante ed ala fissa fino alle tensioni di 12 volt cc e 220 volt ca per alimentazione supplementare delle apparecchiature elettromedicali. Tutto il materiale sanitario deve essere fornito con coperture di protezione o verniciatura in colorazione militare. Tale colorazione viene richiesta anche per teli, barelle, tavole spinali, zaini, ed ogni altro materiale sanitario reperibile dal commercio in versione “militare”.

4. Barella attrezzata di rianimazione 4.1 Caratteristiche tecniche La filosofia alla base di una barella attrezzata di rianimazione è essenzialmente quella di assicurare al ferito la migliore assistenza erogabile in situazioni campali, in attesa del trasporto verso le strutture sanitarie specialistiche. Tale barella ha il vantaggio di raccogliere in un unico complesso un insieme di apparecchiature indispensabili per un’assistenza sanitaria specialistica, in particolare la funzione di terapia inten-

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siva nel trasporto di pazienti critici che necessitino di sgombero immediato. La barella di rianimazione deve avere caratteristiche di compattezza, robustezza, semplicità di impiego. Il materiale con cui è costruita deve essere di alta resistenza, possibilmente di lega leggera, così da consentire la massima riduzione di peso possibile. Questa tipologia di barella può essere trasportata su elicottero e su aereo opportunamente agganciata al pianale dei velivoli mediante carrello dedicato o ganci specifici. Tutti i sistemi di aggancio, la barella stessa, le attrezzature accessorie e quelle elettromedicali in assetto operativo devono essere omologati a cura della ditta fornitrice con certificazione rilasciata secondo la normativa aeronautica internazionale.

Le caratteristiche tecniche di massima che tale barella deve avere, sono le seguenti: • Presenza di idonee attrezzature per la terapia intensiva: ECG con defibrillatore, ventilatore polmonare, generatore di ossigeno, aspiratore, pompa infusionale, analizzatore ematochimico, sistema di monitoraggio dei dati; • Compatibilità con tutti gli standard NATO; • Peso contenuto (auspicabilmente < 70 Kg. Con tutte le attrezzature e con generatore di ossigeno con capacità di circa 500 litri); • Elevata resistenza a danni meccanici; • Completa trasportabilità di pazienti adulti (ambulanza, elicottero, aereo); • Alimentazione con batteria autonoma e con corrente a rete fissa; • Difesa da interferenze elettromagnetiche; • Autonomia minima di 60 minuti, senza alcuna interferenza elettromagnetica; • Temperature di utilizzo da – 10 °C a + 4 °C; • Idonei accorgimenti per consentire un trasporto del paziente agevole su terreno vario.

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Bibliografia

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13. STANAG 2126: “First aid kits and emergency medical care kit”.

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Convegno Dotazioni Sanitarie Campali

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Trasporto aeromedico: aggiornamenti su organizzazione, tecniche e procedure Stefano Farrace *

* Col CSArn - Infermeria Principale Aeronautica Militare, Pratica di Mare - Roma.

Introduzione Precedentemente alla costituzione della Infermeria Principale di Pratica di Mare (IPPM), l’Aeronautica Militare non identificava in un unico Reparto il referente istituzionale per le operazioni di trasporto sanitario a mezzo aereo, comunemente note come “aeromedevac”. Nell’ambito di una più vasta riorganizzazione del Servizio Sanitario Aeronautico, che ha portato alla costituzione anche di altre Infermerie Principali, ognuna con specifici compiti istituzionali, a quella di Pratica di Mare è stato per l’appunto assegnato il compito di concentrare, organizzare e sviluppare ulteriormente le predette capacità aeromedevac. A tale scopo l’IPPM è stata dotata di risorse organiche e di mezzi idonei a potere affrontare la problematica del trasporto sanitario a 360°, con la filosofia generale di superare ogni possibile controindicazione sia essa relativa od assoluta al trasporto, ponendosi nelle condizioni operative sia tecnico professionali che tecnico aeronautiche idonee a fronteggiare anche trasporti complessi di pazienti e/o traumatizzati in condizioni critiche. Nel rispetto della predetta filosofia generale l’IPPM ha inteso superare anche l’ultima effettiva controindicazione assoluta al trasporto aereo, in precedenza rappresentata da soggetti affetti da malattie infettive altamente diffusibili. Ciò è stato ottenuto attraverso l’adozione del sistema ATI / STI. Parallelamente a questa importante innovazione sono stati nel corso degli ultimi mesi sviluppati ulteriori sistemi di assistenza intensiva in volo ed è stato messo a punto ed

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utilizzato più volte il sistema EVASAN installato sul Falcon 900 Easy. Dal complessivo sviluppo dei suddetti programmi emerge allo stato attuale una capacità operativa che ha consentito di svolgere missioni ad elevato livello di difficoltà. Sul piano normativo, l’attività complessiva di Aeromedevac dell’Aeronautica Militare è disciplinata dalla apposita direttiva di Stato Maggiore, concernente “La capacità aeromedevac dell’A.M.” prossima alla sua emissione. Gli elementi di carattere organico, tecnico e procedurale della IPPM vengono di seguito trattati in dettaglio.

Personale in organico Nella Figura 1 (a pagina seguente) è riportato l’organigramma del Reparto. Il relativo organico di personale è attualmente di 11 Ufficiali Medici e di 20 Sottufficiali Infermieri. Con particolare riguardo al settore operativo aeromedevac (Gruppo di Proiezione) consta di 4 Ufficiali Medici dei quali 3 anestesisti ed 1 cardiologo. I Sottufficiali assegnati al medesimo Gruppo, analogamente ai Medici, sono tutti qualificati EAV (Equipaggi Ausiliari di Volo) ed in possesso di certificazione PHTLS. Gli Ufficiali Medici frequentano regolarmente l’ospedale San Camillo di Roma, tramite un apposito accordo siglato tra la Direzione Sanitaria ed il CASP dell’A.M. (Centro Addestramento Sanitario Professionale). La frequenza è pianificata su numero fisso di ore mensili in turni di 12 ore e si svolge con criterio

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Fig.1 - IPPM / Elementi organici - Organigramma della IPPM e dotazione organica di personale.

d’impiego rotazionale tra l’UTIC, la terapia intensiva, il pronto soccorso e la sala operatoria. L’esperienza maturata in un primo semestre di attività si è rivelata estremamente proficua. L’IPPM garantisce il supporto sanitario per tutti gli Enti del sedime aeroportuale per un organico complessivo di oltre 5.000 dipendenti militari e civili. Assicura l’attività di primo soccorso aeroportuale (e sulla linea volo) per 24 ore al giorno e per 7 giorni settimanali. Alimenta inoltre il personale sanitario per l’attività SAR. Come annotazione particolare si evidenzia la presenza (recentemente introdotta) del Gruppo Biocontenimento. Il personale del Gruppo è in effetti in forza effettiva organica presso diversi Reparti dell’A.M., alimenta le posizioni organiche del Gruppo con criterio rotazionale, osservando appositi turni di reperibilità. Il team sempre reperibile è composto da 9 unità.

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Materiali in dotazione La dotazione di materiale e gli equipaggiamenti della IPPM si sono andati progressivamente diversificando nel corso del tempo. Inizialmente l’equipaggiamento principale di riferimento era rappresentato dal semplice allestimento dell’elicottero HH3F (elettromedicali separati, zaino ATLS e dotazione farmaci salvavita). Successivamente è stato sviluppato un sistema integrato (Fig. 2) destinato ad essere inizialmente impiegato su velivolo C130J. Il sistema integrato assembla su un supporto di alluminio in lega leggera, dotato di ruotini, tutte le dotazioni elettromedicali necessarie all’assistenza intensiva (pompa infusione, monitor, ventilatore, aspiratore, defibrillatore). Posteriormente (non visibili nella figura) sono alloggiate due bombole di O2 da 7 litri

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Fig. 2.

Fig. 3.

caricate a 150 ATM (totale disponibilità litri O2, 1050 per bombola, 2100 L complessivi). Le bombole sono dotate di aggancio / sgancio rapido per una loro veloce sostituzione (Fig. 3). Per l’ impiego su velivolo C130J, il sistema è alimentabile con corrente 220 V. È comunque dotato di batterie, con autonomia di 4 ore. Predetta autonomia permette in ogni caso l’impiego anche su ala rotante (forward medevac) considerato che il tempo di funzionamento è comunque inferiore al tempo operativo dell’elicottero. Il sistema è stato impiegato in diverse situazioni operative, sia in medevac tattiche all’interno del teatro operativo in traumatizzati intubati e sedati (Fig. 4), sia in trasporti umanitari di pazienti critici, rivelando un’elevata flessibilità. Successivamente, in linea temporale, l’IPPM ha messo a punto l’allestimento “EVASAN” del Falcon 900 Easy, già in precedenza installato sullo stesso velivolo.

Fig. 4.

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Fig. 5.

Fig. 6.

Fig. 7.

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Fig. 8.

L’allestimento consiste di un modulo compatto (cassone più barella) che alloggia al suo interno un dispositivo di erogazione di ossigeno ed è corredato di supporti rimuovibili per aggancio degli elettromedicali. Il sistema è stato utilizzato in occasione di trasporti umanitari e di medevac strategiche su lungo raggio (Fig. 5). Il progressivo estendersi dell’attività di trasporto sanitario e l’esigenza di ottimizzare alcuni aspetti tecnici ha portato all’acquisizione di ulteriori particolari dispositivi ed apparecchiature. In particolare è stato adottato il ventilatore “OXILOG”, avente la caratteristica di montare al suo interno una capsula barometrica, in grado di adeguare e mantenere costante il flusso in caso di sbalzi barici (Fig. 6). Similmente è stato adottato un nuovo monitor in grado di assicurare il monitoraggio completo di tutti i parametri vitali, inclusa la PVC, la PA invasiva, la TCO2 respiratoria (Fig. 7). Ancora, per facilitare e rendere maggiormente sicuro l’atto dell’intubazione rapida in volo, è stato acquisito un “AIR TRUCK”, che consente la visione diretta e verticale dell’epiglottide, agevolando in maniera sensibile l’intubazione stessa (Fig. 8). Il restante equipaggiamento include il materiale comunemente usato per stabilizzazione osteoartromuscolare del trauma (tavole spinali etc) due tipologie di zaini sanitari (PHTLS ed ATLS) ed una cassa medevac con composizione standard, che contiene tutto il materiale medicale di consumo necessario e la dotazione di farmaci. Nell’ambito dell’ultimo trimestre la IPPM ha rice-

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Fig. 9.

Fig. 10.

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vuto in carico gestionale ed operativo dal Reparto Medicina Aeronautica (RMAS) e Spaziale del Centro Sperimentale Volo dell’A.M. il sistema “Air Transfer Isolator” (per trasporto in volo) (Fig. 9) e lo “Stretcher Transit Isolator” per trasporto terrestre. Ciò ha concluso la fase di sperimentazione e di certificazione operativa d’impiego, cui il predetto RMAS è istituzionalmente preposto, rendendo il sistema pienamente operativo (Fig. 10). Il sistema elimina di fatto l’unica (ed ultima) controindicazione assoluta al trasporto a mezzo aereo, precedentemente consistente nei casi di soggetti affetti da malattie infettive altamente diffusibili. Il sistema garantisce infatti un livello di biocontenimento BLS3.

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Attività operativa

zione dell’equipaggio viene modulata conseguentemente. Il personale in turno di reperibilità è responsabile della pianificazione tecnico – sanitaria della missione, appronta il materiale e identifica il migliore allestimento per il velivolo, provvede inoltre al calcolo del fabbisogno di ossigeno e predispone la scorta necessaria. Nel particolare caso della richiesta di trasporto in biocontenimento, il personale del team ha una NTM di 8 ore in caso di soggetti in imminente pericolo di vita, o di 24 ore negli altri casi. Di norma n. 3 operatori del team assicurano comunque la reperibilità in 120 minuti, onde consentire l’avvio delle complesse procedure di predisposizione ed attivazione e dell’ATI. Nel corso degli ultimi 12 mesi personale dell’IPPM ha operato sia in teatro operativo afgano (team AMET di Herat) che nell’ambito di trasporti umanitari su lungo raggio. A titolo esemplificativo è rappresentata schematicamente (Fig. 11) l’estensione geografica delle operazioni svolte ed a seguire un elenco specifico (esemplificativo) di alcune delle missioni compiute. Predetta attività ha rappresentato un importante momento addestrativo e l’esperienza conseguita ha consentito di affinare ulteriormente le capacità, oltre che di individuare e risolvere criticità di varia natura.

L’IPPM, come sopra anticipato, svolge attività H24. Nell’ambito di tale tipologia di servizio è interforze, così come da Enti Istituzionali aventi titolo, con particolare riferimento all’Ufficio Voli della Presidenza del Consiglio dei Ministri o alle Prefetture. La sala situazioni richiede preliminarmente all’IPPM il parere tecnico di fattibilità del trasporto e successivamente assegna all’IPPM il task. Il personale reperibile in turno medevac risponde ad un requisito di pre allertamento massimo (NTM: “Notice To Move”) di 120 minuti. È di norma costituito da n. 1 Ufficiale Medico Anestesista / Cardiologo e n. 1 Sottufficiale Infermiere. La composizione finale dell’equipaggio sanitario è decisa dalla Direzione della IPPM. Per medevac di lungo raggio superiori alle 4 ore di volo il personale infermieristico viene raddoppiato. Per operazioni transoceaniche o transcontinentali, viene triplicato il personale infermieristico ed aggiunto all’anestesista, anche un altro Ufficiale Medico con certificazione ATLS. La procedura sopra riferita viene applicata quando trattasi di pazienti classificabili come classe NATO P1D1( alta priorità/alta dipendenza, altrimenti identificabile come codici rossi), per casi meno gravi la composi-

Fig. 11.

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Alcuni esempi di missione svolte

soggetto affetto da Tubercolosi MDR cavitaria. • Medevac in biocontenimento, Torino – Pratica di

• Medevac,

Ciampino – Kinshasa (Congo), per soggetto interessato trauma da arma da fuoco. • Medevac, Ciampino – Isole Capo Verde, per soggetto interessato da trauma osteolegamentario. • Medevac, Ciampino – Tirana (Albania), per minore ustionato. • Medevac, Ciampino – Sharm El Sheik (Egitto), per due soggetti interessati da trauma della strada. • Medevac Napoli – Villafranca, per soggetto interessato da trauma stradale. • Medevac Genova – Olbia, per minore in insufficienza respiratoria. • Medevac Ciampino – Filadelfia / Dallas (USA), per due soggetti, un adulto con sindrome da allergia multichimica, un minore in insufficienza respiratoria. • Medevac in biocontenimento, Alghero – Milano,

Mare, soggetto affetto da sospetta febbre emorragica “Congo-Crimea”. • Medevac in biocontimento, Alghero - Orio al Serio, soggetto affetto da Tubercolosi MDR cavitaria.

Conclusioni Allo stato attuale l’IPPM ha raggiunto la sua piena capacità operativa ed è in grado di effettuare a 360° trasporti sanitari di diverse tipologie di pazienti (clinici/traumi), senza alcuna controindicazione assoluta al trasporto stesso, ivi inclusa quella della contagiosità, risolta dall’impiego dei dispositivi ATI / STI. La continuità operativa nel settore consentirà di ottimizzare ulteriormente i livelli, la qualità e la sicurezza tecnico – professionale dell’assistenza a bordo.

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Convegno Dotazioni Sanitarie Campali

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Mezzi di trasporto sanitario in operazioni militari: ambulanze protette e attrezzature sanitarie Antonio Sferruzzi *

* Ten. Col. Co. Sa. Med. - Comando Logistico Esercito - Dipartimento di Sanità - Roma.

1. Sostegno sanitario in operazioni 1.1 Missione sanitaria nelle operazioni militari a. La salute è un elemento chiave moltiplicatore della capacità operativa; soltanto una Forza Armata sana può assolvere i propri compiti e sostenere il massimo sforzo operativo. La salute non è soltanto l’assenza di lesioni o di malattie, ma include anche il benessere fisico e mentale. In un contesto operativo, la salute è la capacità di agire senza impedimenti di natura fisica, psicologica o sociale. b. Scopo dell’assistenza sanitaria nelle operazioni militari è quello di dare supporto alla missione, attraverso il mantenimento dell’efficienza fisica, la salvaguardia della vita e la minimizzazione delle inabilità fisiche e mentali residue. Un’assistenza sanitaria appropriata è di valido ausilio alla protezione fisica ed al morale della forza grazie alla prevenzione dalle malattie, lo sgombero rapido, il trattamento dei malati e dei feriti ed il ritorno al servizio di quanti più individui possibile. c. Le capacità sanitarie devono essere aderenti alla reale entità della forza ed ai rischi presenti in teatro operativo, disponibili sin dall’inizio della missione, espandersi progressivamente all’aumentare della forza e dei rischi e diminuire progressivamente al ridursi di questi ultimi. Eventuali ulteriori capacità vanno previste per fronteggiare situazioni in cui possono aversi picchi di feriti in eccesso rispetto ai tassi giornalieri attesi.

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1.2 Standard sanitari a. La medicina militare è una branca altamente specializzata della medicina; essa si trova ad agire in ambienti operativi dove le procedure ed i contesti sono assai difformi da quelle presenti sul territorio nazionale. Gli standard di cure praticate possono avere ripercussioni anche sul risultato finale. I quattro aspetti principali che hanno influenza sulla qualità dei servizi clinici sono: una efficace organizzazione, l’addestramento del personale, la conoscenza dell’ambiente operativo ed un idoneo equipaggiamento. b. Sia in crisi che in conflitto, l’assistenza sanitaria deve mantenere un elevato livello qualitativo di trattamento e comunque equiparabile alla migliore pratica sanitaria. L’applicazione di questo principio deve essere guidato dai concetti della Clinical Governance, della Medicina Basata sull’Evidenza e della Chirurgia di Guerra. 1.3 Vincoli di tempo a. Il tempo è un fattore fondamentale per un efficace supporto sanitario. Il tempo intercorso fino alla cura ricevuta è determinante per la velocità di guarigione e può influenzare il livello di inabilità residua. Per ridurre il tasso di mortalità o di invalidità dei feriti e il periodo di ricovero ospedaliero, la rianimazione e la stabilizzazione dovrebbero essere iniziate il più presto possibile sul campo, in particolare entro la prima ora di gestione del trauma (ora d’oro). Il personale ferito che rischia di peggiorare richiederà il ricorso alla chirurgia primaria il più presto

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possibile. Laddove questa sia disponibile quanto più avanti è possibile all’interno dell’area di operazioni, il numero di feriti salvati può essere aumentato e il grado delle inabilità può essere minimizzato. In fase di pianificazione occorre prevedere la possibilità di sottoporre i feriti critici a chirurgia primaria entro un’ora. Tuttavia, quando ciò non possa essere fattibile, per ragioni connesse alla valutazione del rischio operativo, si può prevedere di estendere a due ore la Chirurgia di Controllo del Danno (DCS) e a quattro ore la Chirurgia Primaria. b. Tra i principi sanitari, quello della responsività, che significa fornire assistenza sanitaria tempestiva ed efficace, è una pietra angolare. È pertanto valido l’aforisma che “la chirurgia primaria debba essere fornita il più presto possibile, idealmente entro la prima ora ma comunque non oltre le quattro ore dal trauma”. 1.4 Continuità di trattamento a. Ai pazienti devono essere fornite cure continue ed efficaci. I feriti devono essere gestiti continuamente fino a quando essi non raggiungono il trattamento definitivo. Cure transitorie devono essere disponibili durante le fasi di evacuazione sanitaria. La condizione clinica dell’individuo è il fattore chiave che governa le modalità e la destinazione del paziente. b. L’assistenza sanitaria è normalmente fornita in maniera progressiva attraverso i quattro ruoli che identificano la capacità delle strutture sanitarie, dal luogo di incidente o di malattia fino ai centri per le cure specializzate. Nel caso in cui siano presenti specifiche lesioni o malattie, è possibile scavalcare un determinato ruolo, dal momento che già ad uno stadio iniziale può essere richiesta un’attenzione specialistica. 1.5 Strutture sanitarie a. Le strutture sanitarie devono essere mobili e robuste come le unità che esse devono sostenere, in aderenza ai vincoli di tempo di assistenza sanitaria e la disponibilità di appropriati assetti per lo sgombero. b. Il ruolo 1 Il ruolo 1 fornisce assistenza sanitaria principale, primo soccorso specializzato, triage, rianimazione e stabilizzazione. La responsabilità di tale livello è

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nazionale. Il ruolo 1 deve essere prontamente e facilmente disponibile per tutta la forza. All’interno del ruolo 1 sono contenute le seguenti capacità: medicina di base e preventiva, trattamento dei feriti e dei malati che possano ritornare al servizio, raccolta dei feriti dal luogo di ferimento ed evacuazione al livello superiore. Le capacità di ruolo 1 possono includere: minima capacità di ricovero; gestione delle sindromi da stress iniziale. c. Il ruolo 2 LM Il ruolo 2LM, leggero ed estremamente mobile, è utilizzato solo per la crisi iniziale o per gli schieramenti iniziali in combattimento. Questa struttura rappresenta un punto di riferimento per il ruolo 1. Un ruolo 2LM è in grado di effettuare triage e procedure di rianimazione avanzate fino alla chirurgia del controllo del danno. Di solito i casi trattati chirurgicamente vengono sgomberati al ruolo 2E per la stabilizzazione e la possibile chirurgia primaria prima dell’evacuazione al ruolo 4. Oltre al ruolo 1, il ruolo 2LM include: • Ufficiale medico specialista in rianimazione e gli assetti richiesti per tale tipo di supporto sanitario; • Chirurgia del controllo del danno e terapia post chirurgica; • Laboratorio campale; • Capacità basilare di imaging; • Ricezione, stabilizzazione ed evacuazione di pazienti; • Limitata capacità di degenza. d Il ruolo 2 aumentato (2 E) Il Ruolo 2 aumentato fornisce assistenza sanitaria secondaria di base, supporto alla chirurgia principale, terapia intensiva e letti assistiti. Il ruolo 2E è in grado di offrire stabilizzazione post operatoria per la successiva evacuazione al ruolo 4 senza necessità di ricorrere ad un ruolo 3. Esso è usato con due principali finalità: • come ospedale di manovra mobile leggero avanzato rispetto ad un eventuale ruolo 3 (attualmente non ancora esistente in Italia); • come struttura di assistenza sanitaria secondario di teatro o regionale per operazioni stabilizzate dove non è richiesta capacità di ruolo superiore. Esso include: • Chirurgia principale;

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Capacità di terapia chirurgica e terapia intensiva - Letti assistiti; • Laboratorio campale con scorte di sangue; • Strutture di decontaminazione di feriti per la Guerra Chimica (CW) e Biologica. Il ruolo 2E può avere capacità aggiuntive come: • Medicina preventiva e capacità di igiene ambientale; • Terapia odontoiatrica primaria; • Gestione dello stress operativo, servizio di psichiatria o psicologia; • Capacità Tele-medicina; • Capacità di coordinazione di evacuazione dei pazienti. •

e. Il ruolo 4 Un ruolo 4 fornisce l’intero spettro di assistenza sanitaria definitiva. Il ruolo 4 normalmente include specialisti di tutte le branche e discipline atte al trattamento definitivo chirurgico, ricostruttivo e riabilitativo. Normalmente è fornita dal paese di origine dei feriti o da un altro membro dell’alleanza.

2. Sgomberi sanitari 2.1 Policy di sgombero La disponibilità e il tipo di assetti di sgombero, la lunghezza del percorso di sgombero e l’ambiente operativo determinano la dimensione e la capacità delle unità sanitarie all’interno di un teatro operativo. Le limitazioni di assetti hanno un impatto diretto sulla politica di sgombero. Quest’ultima è una decisione di comando ed indica la durata massima consentita (giorni) della permanenza in teatro di un paziente per il trattamento, recupero e il ritorno al servizio. Se la prognosi richiede per il ristabilimento del malato un tempo superiore a quello previsto dalla politica di sgombero, il paziente deve essere sgomberato non appena possibile. La politica di sgombero è la chiave per bilanciare le capacità di cura disponibili a ogni Role con gli assetti MEDEVAC così da fornire la migliore assistenza sanitaria possibile. La politica di sgombero di teatro deve: • Bilanciare le capacità sanitarie e limitare le richieste in teatro di risorse sofisticate; • Essere stabilita dal comandante operativo su consiglio del Direttore Sanitario di teatro (Med Dir), di concerto con lo staff operativo e con le Nazioni partecipanti (TCN);

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Essere missione-dipendente. Può essere influenzata da molti fattori come gli assetti disponibili ed i vincoli di movimento, impegni operativi, condizioni metereologiche e topografia, opinione pubblica, politica nazionale e costo dello sgombero strategico; Essere dinamica, cioè, capace di rispondere rapidamente ai cambiamenti.

2.2 Priorità di sgombero I feriti che richiedono lo sgombero devono essere gestiti in base a priorità basate sulla necessità di un ulteriore trattamento. Tuttavia, affinché il MEDEVAC abbia successo, è necessario bilanciare un grande numero di fattori. Per ottenere risultati ottimali, la decisione di trattare o meno i feriti deve basarsi su principi clinici. I pazienti vengono classificati nel modo seguente: P1/pazienti urgenti che richiedono un trasferimento immediato verso strutture sanitarie di capacità superiore a quelle presenti in teatro per effettuare interventi salvavita, salva arti o salva funzioni, ovvero per prevenire complicanze di malattie gravi o evitare l’esposizione a rischi di gravi invalidità permanenti. Questi pazienti richiedono lo sgombero quanto prima possibile. P2/pazienti prioritari che richiedono trasferimento per ulteriore trattamento specialistico non disponibile nell’Area di Operazioni. Di solito questi pazienti richiedono lo sgombero entro 24 ore. P3/pazienti di routine, affetti da patologie/traumi di minor entità, inidonei alla permanenza in teatro che devono essere trasferiti presso strutture sanitarie nazionali. Il MEDEVAC è generalmente richiesto entro 72 ore. La classificazione NATO della valutazione della necessità di assistenza per quei pazienti le cui condizioni rimangono instabili e che possono andare incontro a possibili aggravamenti durante il viaggio o durante il volo, identifica quattro gradi di urgenza: 1 (elevata urgenza): Pazienti che richiedono terapia intensiva, ad esempio, ventilazione, monitoraggio della pressione venosa centrale e monitoraggio cardiaco. Possono presentare alterazioni dello stato di coscienza. 2 (urgenza media): Pazienti che, benché non richiedano terapia intensiva, richiedono monitoraggio frequente e la cui condizione si può deteriorare in

261


Giornale di Medicina Militare

viaggio. Ad esempio, pazienti che abbisognano di una combinazione di somministrazione di ossigeno, di una o più infusioni endovenose e drenaggi o cateteri multipli. 3 (bassa urgenza): Pazienti per i quali non è previsto un peggioramento fisico in viaggio ma che richiedono, ad esempio, ossigeno-terapia, somministrazioni endovenose o catetere urinario. 4 (urgenza minima): Pazienti che non richiedono assistenza in viaggio ma che potrebbe avere bisogno di aiuto nella mobilità o per espletare funzioni corporee. 2.3 Load, go and play L’organizzazione della catena di sgombero è un processo dinamico di indirizzo, controllo e coordinamento del trasferimento dei pazienti dal luogo di ferimento o di comparsa della malattia alle unità sanitarie successive, così da rendere efficace l’uso delle risorse sanitarie e garantire che il paziente riceva le cure necessarie in modo tempestivo. L’unità deve evacuare un numero stabilito di vittime entro un tempo detto CEPP (Casualty Evacuation Planning Period), pari a: luogo ferimento ROLE 1 = 6 ore; ROLE 1 ROLE 2 = 8 ore; ROLE 3 = 10 ore (via terra) ROLE 2 8 ore (via aerea) Pianificazione dell’evacuazione dal role1 al role 2: Distanza

20 Km

Tempo di percorrenza

2 hr

CEPP

8 hrs

Capacità di trasporto per veicolo portaferiti Richiesta di veicoli portaferiti

2 WIA (*) X 2 8X2

WIA (*): Wounded in Action Pianificazione dell’evacuazione dal luogo di ferimento al role 1: Distanza

5 Km

Tempo di percorrenza

1 hr

CEPP

6 hrs

Capacità di trasporto per veicolo portaferiti Richiesta di veicoli portaferiti

262

2 WIA (*) X 1 6X2

Pianificazione dell’evacuazione dal role 2 al role 3: Distanza

40 Km

Tempo di percorrenza

3 hr

CEPP

10 hrs

Capacità di trasporto per veicolo portaferiti Richiesta di veicoli portaferiti

2 WIA (*) X 3 10 X 2

In operazioni underfire possono essere ipotizzate ferite di grado severo e di tipo penetrante, da arma da fuoco, da taglio e da scoppio (blast), che richiedono la necessità di intervenire con estrema tempestività, sul luogo dell’evento, con mezzi protetti dotati delle attrezzature e dei presidi sanitari per il trattamento immediato ed il successivo sgombero in tempi brevissimi presso un complesso sanitario mobile ove il paziente possa essere sottoposto ad intervento chirurgico. L’approccio “Scoop and Run” (carica e porta via), risulta essere una scelta obbligata, in presenza di traumi penetranti, laddove l’approccio definito “Stay and Play” (rimani e tratta), viene utilizzato in presenza di prevalenza di traumi chiusi e richiede che la stabilizzazione debba essere eseguita sul terreno. La pratica corrente del Load, Go and Play prevede che il personale sanitario che interviene nel soccorso, attui semplici e veloci operazioni di supporto vitale: primo report - valutazione primaria (controllo della pervietà delle vie aeree, della respirazione, della circolazione e delle emorragie, dello stato di coscienza); valutazione secondaria (utilizzo di presidi e tecniche di mobilizzazione ed immobilizzazione del paziente critico) - rapida evacuazione in accordo con la policy di sgombero. Le esperienze maturate nei vari contesti operativi hanno evidenziato l’esigenza di integrare ulteriormente le dotazioni delle attrezzature e dei materiali sanitari dei veicoli omologati ambulanza allo scopo di migliorare la capacità di intervento dei teams sanitari, ottenere la stabilizzazione dei parametri vitali, il controllo di eventuali emorragie ed assicurare al paziente un migliore trattamento. Sono state individuate e sperimentate specifiche dotazioni aggiuntive particolarmente indicate al ripristino/mantenimento delle funzioni vitali (respirazione, funzionalità cardiaca) e arresto delle emorragie. Il sistema di sgombero deve essere in grado di evacuare i feriti presso un presidio sanitario in modo continuo, per 24 ore al giorno, in qualsiasi condizione metereologica, di terreno o di scenario. Ciò determina

G Med Mil. 2008; 158(3): 259-274


Giornale di Medicina Militare

la necessità di pianificare il sistema dell’emergenza in termini di: • Mobilitazione e concentrazione dei mezzi dedicati sullo scenario di riferimento; • Capacità di comando e controllo; • Capacità di comunicazioni; • Attivazione in tempo reale delle equipes medico chirurgiche nell’ospedale di destinazione ed interfaccia con altre strutture sanitarie di teatro. 2.4 Dotazioni sanitarie minime per le ambulanze militari Il D.M. 533 del 17 Dicembre 1987 ha disciplinato la “normativa tecnica ed amministrativa” relativa alle autoambulanze. In relazione alla funzione da assolvere, sono state definite due tipi di ambulanze: • tipo A (autoambulanza di soccorso), attrezzate per il trasporto di infermi o infortunati e per il ser vizio di pronto soccorso, dotate di specifiche attrezzature di assistenza; • tipo B (autoambulanza di trasporto) attrezzate per il trasporto di infermi o infortunati, con eventuali

dotazione di semplici attrezzature di assistenza. Le dotazioni di attrezzature e di materiale sanitario di bordo per le autoambulanze di tipo A e di tipo B sono state regolamentate per la prima volta dalla legge della Regione Lazio n° 49 del 17 Luglio 1989. Il successivo D.M. 487 del 20.11.1997 ha codificato una nuova tipologia di autoveicolo, definito “autoambulanza di soccorso per emergenze speciali – tipo A1”, da adibire al trasporto, al trattamento di base ed al monitoraggio dei pazienti. Sulla scorta dei prefati Decreti e dello Stanag di riferimento (2342 - MED), il Dipartimento di Sanità dell’Esercito ha standardizzato le dotazioni di bordo per le autoambulanze di soccorso e di trasporto. La tipologia dello zaino (per il soccorso avanzato o di base) è in relazione alla qualifica dell’operatore sanitario (medico oppure infermiere) e viene caricato a bordo prima del movimento del veicolo. I materiali di consumo ed i farmaci contenuti negli zaini di tipo A e B costituiscono parte integrante delle dotazioni delle infermerie.

Ventilazione respirazione Tipo di equipaggiamento

B

A/A1

1

1

Aspiratore fisso con una capacità minima di lt.1

1

1

Maschere e cannule

1

1

Pallone di Ambu

1

1

Aspiratore portatile

1

1

B

A/A1

Set per infusione e materiale per iniezione

5

10

Supporto per infusione

2

2

Coperte

2

2

Bacinella

1

1

Sacchetto per il vomito

1

1

Padella

1

1

Pappagallo

1

1

Contenitore per materiali taglienti ed aghi

1

1

Sacchetto per rifiuti

1

1

Lenzuola di carta

2

2

Ossigeno fisso minimo 2000 lt., flussometro con capacità massima di almeno 15 l/min. e valvola regolatrice. Aspiratore fisso con una capacità minima di lt.1

1

Circolazione/ Materiale di soccorso e protezione Tipo di equipaggiamento

Pompa per infusione

G Med Mil. 2008; 158(3): 259-274

1

263


Giornale di Medicina Militare

Gestione dei problemi di pericolo di vita Tipo di equipaggiamento

B

A/A1

Monitor defibrillatore bifasico semiautomatico

1

Elettrocardiografo digitale 3/6/12 canali

1

Ventilatore polmonare da trasporto

1

Diagnostica Tipo di equipaggiamento

B

A/A1

Sfigmomanometro manuale

1

1

Fonendoscopio

1

1

Termometro

1

1

Luce diagnostica

1

1

Ossimetro

1

1

B

A/A1

Barella atraumatica a cucchiaio

1

1

Barella trasporto feriti

1

1

Varie Tipo di equipaggiamento

Materasso a depressione

1

Telo portaferiti

2

2

Tavola spinale

1

1

Immobilizzatore spinale completo di fibbie, cinture, cuscinetto imbottito e cinture a strappo per la fronte

1

Zaino sanitario

1

1

Torcia elettrica a dinamo

1

1

Forbici per taglio cinture

1

1

Estintore

1

1

Frigorifero 12 v.

1

Cominicazione Tipo di equipaggiamento

B

A/A1

Cellulare Rete REMUL

1

Dotazioni sanitarie per VM 90 - ambulanza per l’impiego fuori area, aggiuntive rispetto a quelle previste per le autoambulanze di trasporto. Tipo di equipaggiamento

264

ventilatore per ventilazione assistita

1

pompa infusione

1

monitor defibrillatore bifasico semiautomatico

1

zaino a

1

frigorifero 12 v.

1

jacket sanitari

3

G Med Mil. 2008; 158(3): 259-274


Giornale di Medicina Militare

ZAINO A per il soccorso avanzato (per Medici) DENOMINAZIONE

Quantità

Abbassalingua

10

Apribocca a vite

1

Bombola ossigeno portatile (1 litro)

1

Cannula oro-faringea di Guedel /Mayo grande

1

Cannula oro-faringea di Guedel /Mayo piccola

1

Cannula oro-faringea di Guedel/Mayo media

1

Fonendoscopio

1

Forbice a “cesoia” tagliatessuti

3

Guanti lattice (non sterili misure M/L)

10+10

Kit per intubazione completo

1

Kit per minitracheotomia

1

Maschera facciale grande per ossigeno terapia

1

Maschera facciale media per ossigeno terapia

1

Maschera facciale piccola per ossigeno terapia

1

Pallone di Ambu

1

Pocket Mask

2

Pinza tiralingua

1

Pulso-ossimetro da dito

1

Reservoir per pallone di Ambu

1

Sondini sciolti per aspiratore

3

Tubi orotracheali da 6,5

2

Tubi orotracheali da 7

2

Tubi orotracheali da 7,5

1

Tubi orotracheali da 8

1

Tubi orotracheali da 8,5

1

Tubi per drenaggio toracico con mandrino (Argyle) 28 Fr

2

Tubo di raccordo per ossigeno

1

Valvola di Halmich

2

Venti mask

2

Ago cannula 14 G

2

Ago cannula 16 G

2

Ago cannula 18 G

10

Ago cannula 20 G

5

Ago cannula 22 G

2

Benda adesiva elastica tipo Peha Haft (10cm x 5m)

3

Benda adesiva elastica tipo Peha Haft (5 cm x 5m)

3

Segue G Med Mil. 2008; 158(3): 259-274

265


Giornale di Medicina Militare

ZAINO A per il soccorso avanzato (per Medici) DENOMINAZIONE

266

Quantità

Deflussori

10

Disinfettante cute lesa

2

Garze sterili confezioni (misure 10x10 cm e 36x40 cm)

5+5

Laccio emostatico in caucciù, per somministrazioni e.v.

4

Laccio emostatico in tela con chiusura a morsetto (CAT) (*)

2

Mini kit chirurgico (per suture, rimozione schegge: pinza chirurgica-pinza anatomica- portaaghi-forbice retta- sonda scanalata- pinza di Kocher – fili di sutura 1/0, 0/0 e 2/0 (4 per tipo)- n.4 bisturi monouso (figura 15 e 10) e guanti lattice sterili (dieci paia misura L)

1+1

Sfigmomanometro a bracciale

1

Sparadrappo m 5x0,025

4

Steri - Strip (mm 6x75) buste da 5 pezzi

6

B05BB01 RINGER LATTATO sacca 500 ml

4

B05AA07 IDROSSIETILAMIDO 6% SACCA 500 ML

2

Soluzione fisiologica SACCA 100 ML 4

4

Aspiratore portatile a mano per secreti con sondino (a pistola)

1

Benda compressiva per ferite e traumi (“Emergency Bandage”) (*)

4

Bende oculari autoadesive sterili

6

Cartellini Triage

10

Cateteri vescicali (caucciù/silicone 14 e 20)

2+2

Collare ortopedico Nec loc con mentoniera a misura variabile

2

Coperta isotermica

2

Dispositivo automatico per infusione intraossea 15G (tipo B.I.G.) (*)

1

Gel anestetico lubrificante (tipo Luan)

1

Ghiaccio spray ml. 150

2

Kit per ustioni (tipo BURNSHIELD) (*)

1

Sacca urine

2

Set steccobende SAM SPLINT ®

3

Kit ACS

1

Siringhe da 10 ml

3

Siringhe da 5 ml

3

Siringhe da 2,5 ml

3

Stecche alluminio anodizzato di 26x5 cm - spessore 0,5 mm

6

Telo triangolare

4

Termometro prismatico in custodia rigida antiurto

2

Torcia elettrica a dinamo

1

G Med Mil. 2008; 158(3): 259-274


Giornale di Medicina Militare

FARMACI ATC

DESCRIZIONE

Quantità

B02AA02

AC.TRANEXAMICO F.LE 500 MG.5 ML

6

R03DA05

AMINOFILLINA IV 240 MG. FL.

4

C01BD01

AMIODARONE 150 MG. FL.

2

C07AB03

ATENOLOLO 5 MG.FL.IV

4

A03BA01

ATROPINA FL.1 MG.

12

H02AB01

BETAMETASONE FL.4 MG.

8

B05XA02

BICARBONATO DI SODIO FL.IV 10 MEQ.

2

A03BB01

BUTILSCOPOLAMINA IM IV 20 MG. 1 ML.

8

B05XA07

CALCIO CLORURO 1 G FL.10 ML.

2

C02AC01

CLONIDINA 150 MCG.FL.

4

R06AB04

CLORFENAMINA 10 MG.FL.

6

N05AA01

CLORPROMAZINA 50 MG.FL.IM

2

N05BA01

DIAZEPAM FL.10 MG.

6

M01AB05

DICLOFENAC 75 MG.IM FL.

8

C01CA07

DOBUTAMINA 250 MG. FL.

2

C01CA04

DOPAMINA CLOR. IMIV 200 MG.FL

2

R03CA02

EFEDRINA IM.25 MG.FL.

2

FIALA SOLUZIONE FISIOLOGICA 10 ML

1

V03AB25

FLUMAZENIL IV IF 10 ML.1 MG.

2

C03CA01

FUROSEMIDE 20 MG.FL.

2

H02AB09

IDROCORTISONE 1 GR.FL.IM IV

4

M01AE03

KETOPROFENE FL.IV 160 MG.

8

M01AB15

KETOROLAC TROM.30 MG.IMIV FL.

6

N01BB02

LIDOCAINA 200 MG.FL.

2

N03AX49

MAGNESIO SOLFATO 1 G.FL.

2

B05BC01

MANNITOLO 18% 100 ML.

1

A03FA01

METOCLOPRAMIDE CLOR.IMIV 10 MG.FL.

8

J01XD

METRONIDAZOLO 500 MG FL IV 100 ML

10

N05CD08

MIDAZOLAM 15 MG. 3 ML.IV FL.

2

N02AA01

MORFINA FIALE/AUTOINIETTORI

6

V03AB15

NALOXONE IMIV 0,4 MG. 1 ML.FL.

2

C01DA02

NITROGLICERINA 50 MG.IV FL.

2

C01CA03

NORADRENALINA 2 MG.FL.

1

A02BC01

OMEPRAZOLO 40 MG.FL. 10 ML

4

A04AA01

ONDANSETRON IMIV 8 MG.FL.

4

R03CB03

ORCIPRENALINA IV 0,5 MG. FL.

4

Segue G Med Mil. 2008; 158(3): 259-274

267


Giornale di Medicina Militare

FARMACI ATC

DESCRIZIONE

B05XA01

POTASSIO CLORURO 20 MEQ 10 ML.FL.

Quantità 2

R06AD02

PROMETAZINA 50 MG.IM.FL.

2

C01BC03

PROPAFENONE 70 MG.FL.

2

N01AX10

PROPOFOL 1 % 20 ML.IV

4

R03CC02

SALBUTAMOLO 100 MG.IM IV FL.

1

R03CC02

SALBUTAMOLO 500 MG.IM IV FL. 1 ML

1

N02AX02

TRAMADOLO 100 MG.FL.

4

M03AC03

VECURONIO BROMURO 10 MG.FL. 5ML

1

C08DA01

VERAPAMIL 5 MG.FL.

2

A02AD01

ALLUMINIO IDROSSIDO E MAGNESIO TRISILICATO CPR

20

S01AA

COLLIRIO ANTIBIOTICO FLACONCINI MONOUSO

5

S01BA

COLLIRIO ANTINFIAMMATORIO CORTISONICO FLACONCINI MONOUSO

5

N05BA01

DIAZEPAM GTT FLAC

2

D06AX07

GENTAMICINA POM. 0,1 %

1

C01DA08

ISOSORBIDE DINITRATO 5 MG.CPR.SUBL

50

FLACONCINI FISIOLOGICA MONOUSO 10 ml

5

A02BC01

OMEPRAZOLO 20 MG. CPS

21

N02BE01

PARACETAMOLO 500 MG CPR

10

R03AC02

SALBUTAMOLO AEROS.DOS. 20 MG.

1

COMPRESSE PER POTABILIZZAZIONE ACQUA (a base di dicloroisocianurato tipo AMUCHINA cpr)

12

HEMCON Bendage / CELOX (**)

1

ZAINO B per il soccorso di base (per Infermieri) DENOMINAZIONE

Quantità

Abbassalingua

5

Apribocca a vite

1

Bombola ossigeno portatile ( 0,5 – 1 litro)

1

Cannula oro-faringea di Guedel /Mayo grande

1

Cannula oro-faringea di Guedel /Mayo media

1

Cannula oro-faringea di Guedel /Mayo piccola

1

Fonendoscopio

1

Forbice a “cesoia” tagliatessuti

3

Guanti lattice (non sterili misure M/L)

10+10

Maschera facciale grande per ossigeno terapia

1

Maschera facciale media per ossigeno terapia

1

Segue 268

G Med Mil. 2008; 158(3): 259-274


Giornale di Medicina Militare

ZAINO B per il soccorso di base (per Infermieri) DENOMINAZIONE

Quantità

Maschera facciale piccola per ossigeno terapia

1

Pallone di Ambu

1

Pinza tiralingua

1

Pulso-ossimetro da dito

1

Siringa da gavage da 50 ml

1

Sondini sciolti per aspiratore

2

Tubo di raccordo per ossigeno

1

Ago cannula 16 G

3

Ago cannula 18 G

10

Ago cannula 20 G

5

Benda adesiva elastica tipo Peha Haft (10cm x 5m)

3

Deflussori

5

Disinfettante cute lesa (tipo betadine spray)

1

Garze sterili cm 10x10 confezioni

2

Garze sterili cm 36x40 confezioni

2

Laccio emostatico in caucciù, per somministrazioni e.v.

2

Laccio emostatico in tela con chiusura a morsetto (CAT) (*)

2

Mini kit chirurgico (per suture, rimozione schegge: pinza chirurgica-pinza anatomica-portaaghi- forbice retta- sonda scanalata- pinza di Kocher – fili di sutura 1/0, 0/0 e 2/0 (2 per tipo)- n.2 bisturi monouso (figura 15 e 10) e guanti lattice sterili (due pezzi)

1+1

Sfigmomanometro a bracciale

1

Sparadrappo m 5x 0,025

2

Steri - Strip (mm 6x75) buste da 5 pezzi

4

Termometro prismatico in custodia rigida antiurto

1

B05BB01 RINGER LATTATO sacca 500 ml

3

B05AA07 IDROSSIETILAMIDO 6% SACCA 500 ML

1

Soluzione fisiologica SACCA 100 ML

2

Benda compressiva per ferite e traumi (“Emergency Bandage”) (*)

2

Bende oculari autoadesive sterili

4

Cartellini Triage

5

Collare ortopedico Nec loc con mentoniera a misura variabile

2

Coperta isotermica

1

Ghiaccio spray ml. 150

1

Siringhe da 10 ml

2

Siringhe da 5 ml

2

Siringhe da 2,5 ml

2

Segue G Med Mil. 2008; 158(3): 259-274

269


Giornale di Medicina Militare

ZAINO B per il soccorso di base (per Infermieri) DENOMINAZIONE

Quantità

Siringhe da 20 ml

2

Set steccobende SAM SPLINT ®

3

Stecche alluminio anodizzato di 26x5 cm spessore 0,5 mm

2

Telo triangolare

2

Torcia elettrica a dinamo

1

Kit per ustioni (tipo BURNSHIELD) (*)

1

FARMACI ATC

DESCRIZIONE

Quantità

B02AA02

AC.TRANEXAMICO F.LE 500 MG.5 ML

2

R03DA05

AMINOFILLINA IV 240 MG. FL.

2

A03BA01

ATROPINA FL.1 MG.

6

H02AB01

BETAMETASONE FL.4 MG.

4

A03BB01

BUTILSCOPOLAMINA IM IV 20 MG. 1 ML.

6

B05XA07

CALCIO CLORURO 1 G FL.10 ML

1

R06AB04

CLORFENAMINA 10 MG.FL. 1 ML

4

N05AA01

CLORPROMAZINA 50 MG.FL.IM

2

N05BA01

DIAZEPAM FL.10 MG.

2

M01AB05

DICLOFENAC 75 MG.IM FL.

4

C01CA04

DOPAMINA CLOR. IMIV 200 MG.FL

1

R03CA02

EFEDRINA IM.25 MG.FL.

2

V03AB25

FLUMAZENIL IV IF 10 ML.1 MG.

2

C03CA01

FUROSEMIDE 20 MG.FL.

2

H02AB09

IDROCORTISONE 1 GR.FL.IM IV

2

M01AB15

KETOROLAC TROM.30 MG.IMIV FL.

6

N01BB02

LIDOCAINA 200 MG.FL.

2

A03FA01

METOCLOPRAMIDE CLOR.IMIV 10 MG.FL.

4

J01XD

METRONIDAZOLO 500 MG FL IV 100 ML

4

V03AB15

NALOXONE IMIV 0,4 MG. 1 ML.FL.

2

A02BC01

OMEPRAZOLO 40 MG.FL.10 ML

2

A04AA01

ONDANSETRON IMIV 8 MG.FL.

2

R06AD02

PROMETAZINA 50 MG.IM.FL.

2

R03CC02

SALBUTAMOLO 100 MG.IM IV FL.

1

R03CC02

SALBUTAMOLO 500 MG.IM IV FL.1 ML

1

N02AX02

TRAMADOLO 100 MG.FL.

4

S01AA

COLLIRIO ANTIBIOTICO FLACONCINI MONOUSO

5

Segue 270

G Med Mil. 2008; 158(3): 259-274


Giornale di Medicina Militare

FARMACI ATC

DESCRIZIONE

Quantità

S01BA

COLLIRIO ANTINFIAMMATORIO CORTISONICO FLACONCINI MONOUSO

5

D06AX07

GENTAMICINA POM. 0,1 %

1

C01DA08

ISOSORBIDE DINITRATO 5 MG.CPR.SUBL

50

S01XA

FLACONCINI FISIOLOGICA MONOUSO 10 ml

5

A02BC01

OMEPRAZOLO 20 MG. CPS

7

N02BE01

PARACETAMOLO 500 MG CPR

10

R03AC02

SALBUTAMOLO AEROS.DOS.20 MG.

1

COMPRESSE PER POTABILIZZAZIONE ACQUA (a base di dicloroisocianurato tipo AMUCHINA cpr)

12

HEMCON Bendage / CELOX (**)

1

3. veicoli portaferiti protetti 3.1 VCC dardo portaferiti Configurazione nella versione portaferiti derivata dal Veicolo Corazzato da combattimento (VCC 80 DARDO), destinato ad operare in ambiente tattico e sul campo di battaglia per l’assolvimento di compiti di supporto al combattimento. Il veicolo è idoneo ad accogliere e trasportare feriti, personale sanitario ed attrezzature sanitarie e medicinali di prima necessità. Il veicolo in questione può operare sia su strada che fuori strada, senza particolari limitazioni che derivano dalla sua configurazione. Dimensioni e sagoma limite: lunghezza totale: 7000 mm; larghezza massima: 3100 mm; altezza massima: 2650 mm; carreggiata: 2506; altezza interna abitabile: 1870 mm. Il veicolo è predisposto per un equipaggio composto dal pilota, un aiutante di sanità, n° 2 portaferiti di cui uno addetto ai mezzi radio del veicolo, n° 4 feriti. L’allestimento interno prevede l’alloggiamento di 4 barelle rimovibili, poste orizzontalmente ad altezze differenti lungo i fianchi interni del veicolo. L’inserimento delle barelle è tale da consentire il prelevamento di una qualsiasi delle stesse senza rendere necessario lo spostamento di alcuna delle altre. È possibile rimuovere dalla posizione orizzontale 2 barelle da una parete e sistemarle in modo da consentire lo sfruttamento di sedili ribaltabili, idonei ad ospitare almeno 3 uomini seduti. Il personale sanitario è in posizione pressoché centrale così che anche durante i trasferimenti possano continuare a prestare assistenza ai feriti ed

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utilizzare i principali apparati di bordo. La massa del veicolo è di 2300 Kg. Il veicolo è predisposto per essere usato in un campo di temperature ambientali comprese tra - 19 °C e + 44 °C, e con determinati accorgimenti tra – 32 e + 44 °C. La prestazioni veicolari sono: velocità massima: 70 Km/h; l’autonomia su strada è di 500 Km. Pendenza longitudinale: 60%, pendenza trasversale: 30%. Il veicolo è munito di impianto di protezione NBC. Sono presenti 1 portello pilota, 1 portello asa, 1 botola di fuga, 1 portellino evacuascorie, 1 rampa posteriore con 1 portello ingresso/uscita truppa. A bordo sono presenti 2 stazioni radio VHF/ECCM SINGAR III, 1 stazione radio HF, impianto interfono, 1 apparato GPS. Sedili, barelle e relativi attacchi hanno la capacità di assorbire l’onda d’urto derivante dall’esplosione di mine antiuomo ed anticarro nei limiti della resistenza balistica dello scafo.

Fig. 1 - VCC dardo portaferiti.

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Giornale di Medicina Militare

Materiali e dotazioni per la configurazione Porta Feriti Di seguito è riportato l’allestimento sanitario di bordo: • 4 barelle tipo STANAG colore verde; • Monitor defibrillatore automatico; • Impianto ossigenoterapia; • 2 bombole a ossigeno da 7 lt a 200 atm; • 2 bombolini ossigenoterapia da 3 lt a 200 atm complete di riduttore di pressione e di sacca spallabile; • Telo da trasporto, corredato da cinghia elastica di ritegno; • Aspiratore a pedale; • Sfigmomanometro aneroide; • Rianimatore tipo Ambu; • Tavola spinale completa; • Set steccobende pneumatiche; • Barella a cucchiaio; • Aspiratore meccanico. • Fonendoscopio; • Mascherine con reservoir per ossigeno; • Padella; • Pappagallo; • Guanti chirurgici; • Sacchetti raccolta/contenitori rifiuti; • N° 100 guanti usa e getta con distributore a parete; • N° 5 dotazioni di guanti chirurgici per ogni barella; • Zaino B con il suo corredo interno. 3.2 VTLM Versione portaferiti protetto derivata dalla famiglia dei Veicoli Tattici Leggeri Multiruolo, mediante modifiche tecniche ridotte senza variare sostanzialmente le prestazioni operative. Tale veicolo, destinato alle unità delle Brigate Leggere ed ai Reggimenti di Manovra, consentirà al personale preposto con adatta capacità, l’attività di primo soccorso finalizzato alla raccolta, al primo trattamento, al ripristino e/o mantenimento delle funzioni vitali ed allo sgombero dei feriti. Il veicolo dovrà trasportare 1 conduttore ed 1 barelliere nella cabina guida, 1 aiutante di sanità, 1 ferito grave ed 1 ferito leggero nel vano sanitario. L’equipaggiamento e le dotazioni sono tali da garantire un’autonomia di 24 ore (1 Standard DOS). Il veicolo dovrà essere dotato di: (a) un modulo blindato come per la versione M 200, con 2 portelli di accesso posteriori. L’accesso al vano trasportati è facilitato sul posteriore del veicolo con opportuna scaletta. Il veicolo avrà inoltre i seguenti kit/materiali:

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• •

• •

kit di protezione balistica ed antimina con pannelli aggiuntivi facilmente inseribili ed amovibili e, nell’ambito dei carichi ammessi, con gli stessi livelli di protezione del veicolo base M 200; kit protezione “brush bumper” per la parte frontale del cofano e dei fanali; tale paraurti non dovrà impedire l’impiego del verricello montato frontalmente e dovrà essere comune al veicolo base; kit filtraggio aria per ambiente desertico (disponibile in cassa); kit per il traino: ogni veicolo ha la possibilità di trasportare un apposito sistema di traino; il sistema di traino dovrà essere comune al quello del veicolo base; kit a pannello solare di una potenza di almeno 550 W per l’alimentazione dell’impianto elettrico di bordo e delle batterie in caso di stazionamento per lunghi periodi; kit antisommossa: reti di protezione “anti riot”, che dovranno assicurare la salvaguardia della parti trasparenti, con semplice applicazione su predisposizioni già esistenti, unitamente ad una protezione “anti-intasamento” dello scarico; n. 4 dispositivi di aderenza (catene da neve); verricello, come il VTLM base.

Equipaggiamento sanitario Il veicolo è dotato dei seguenti materiali, tutti alloggiati nel vano sanitario: • N° un supporto per 2 bombole fisse di ossigeno da 2 lt., in posizione protetta da colpi da arma da fuoco, con impianto di ossigeno centralizzato composto da pannello frontale con prese ad innesto rapido UNI, N° 2 riduttori, N° 2 flussometri umidificatori, N° 2 maschere ossigeno; • Serbatoio di acqua potabile con capacità di circa 20 lt.; • Telo portaferiti; • N° due ganci porta flebo; • N° 1 Zaino B; • N. una barella militare con cinture di immobilizzazione conforme a STANAG vigenti; • N° due barelle atraumatiche a cucchiaio; • N° 1 aspiratore meccanico; • Set per immobilizzazione per fratture tipo Samsplint; • Monitor defibrillatore bifasico semiautomatico a rete e a batterie; • Kit antiustioni tipo Burnshield.

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Fig. 2 - VTLM portaferiti.

Equipaggiamento non sanitario

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Il veicolo è dotato, all’interno del vano sanitario di: Sistema interfono di comunicazione con la cabina guida; Luci spot, mobili e scorrevoli; Gradini di salita per agevolare il caricamento dei feriti; Apparato inverter; N° due prese di energia a 220 Volts; Presa di energia a 12 Volts; Torcia dinamo al litio ricaricabile.

3.3 VBC 8 X 8 Il Veicolo, di tipo ruotato, con protezione balistica ed antimina di livello 3 STANAG 5669, dovrà essere in grado di ospitare a bordo, un equipaggio costituito, oltre che dal personale necessario per la marcia del veicolo e il funzionamento dei mezzi radio, da: un medico, un infermiere/aiutante di sanità, un portaferiti. La volumetria interna utilizzabile dovrà essere pari a circa 11,50 m3, con dimensioni interne, approssimativamente, pari a: Altezza 1700 mm, Larghezza 1800 mm, Lunghezza 3800 mm. L’allestimento interno del mezzo in questione dovrà consentire il trasporto: • di n° 2 feriti su altrettante barelle, rispondenti allo Stanag 2040, poste orizzontalmente in modo ergonomico ad altezze differenti lungo i due fianchi del veicolo. L’inserimento delle barelle sugli appositi attacchi ai fianchi del veicolo, dovrà essere agevole; • del personale sanitario citato seduto nelle immediate vicinanze dei feriti. La sistemazione del personale di servizio dovrà consentire allo stesso, anche durante i trasferimenti, di prestare assistenza ai feriti e di utilizzare i principali apparati di bordo;

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delle attrezzature sanitarie e materiali vari il cui elenco è riportato di seguito: q Barella atraumatica a cucchiaio; q Barella trasporto feriti; q Materasso a depressione; q Telo portaferiti; q Tavola spinale completa di fermacapo universale ed imbragatura tipo ragno; q Collari cervicali; q Set immobilizzazione per fratture; q Estrinsecatore; q Impianto per erogazione Ossigeno della capacità minima di 2000 lt.; q Flussometro con capacità massima di almeno 15 l/min. e valvola regolatrice; q Bombola Ossigeno asportabile della capacità minima di 400 lt.; q Flussometro con una capacità di almeno 15 lt./min.; q Kit Maschere e cannule; q Respiratore automatico; q Pallone di Ambu; q Aspiratore fisso con una capacità minima di lt. 1; q Sfigmomanometro manuale; q Fonendoscopio; q Termometro; q Luce diagnostica; q Ossimetro; q Set per infusione e materiale per iniezione; q Supporto per infusione; q Dispositivo per infusione a pressione; q Coperte, Bacinella; q Sacchetto per il vomito; q Padella, Pappagallo; q Contenitore per materiali taglienti ed aghi; q Sacchetto per rifiuti; q Lenzuola di carta; q Monitor defibrillatore semiautomatico; q Elettrocardiografo portatile a batteria; q Sistema di rianimazione portatile; q Torce luminose; q Forbici per taglio cinture; q Estintore; q Jacket sanitari; q Frigorifero; q Zaino sanitario di tipo A ; q Apparato ricetrasmittente di tipo HF – RH 4 – 178 –V; VHF – SRT – 637.

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Giornale di Medicina Militare

L’impianto di illuminazione interna dovrà essere tale da assicurare un’adeguata visibilità in ogni punto dell’abitacolo, prevedendo anche l’impiego di lampade orientabili, eventualmente utilizzando una lampada scialitica montata su rotaia. Dovranno essere previsti anche idonei armadietti per la conservazione di farmaci e dispositivi medici ed inoltre almeno due attacchi portaflebo. La versione AMBULANZA derivata dal VBC 8X8, dovrà consentire il rapido soccorso e sgombero dei feriti dalla zona di combattimento fino alla zona di evacuazione e/o Role 2.

Bibliografia 1. MC 319/2 NATO Principles and Policies for Logistics, Maggio 2004. 2. MC 326/2 NATO Principles and Policies of Operational Medical Support, Aprile 2004. 3. MC 336/1 NATO Principles and Policies and Concepts for Movement and Transportation, Febbraio 2002.

Conclusioni Nel corso di ogni evacuazione sanitaria è necessario prendere in considerazione il cosiddetto rischio di transito. Questo consta essenzialmente di tre componenti: a) il tempo necessario per spostare il paziente verso un’area più sicura. b) la via di fuga. c) la capacità di fornire assistenza durante il trasporto. Il concetto di rischio di transito può essere riassunto dalla seguente formula: Rischio di transito = t x R x C dove t è il tempo di transito, R è il rischio associato alla via di fuga e C il rischio associato alla prestazione di cure essenziali durante il transito. Il rischio di transito è sicuramente ridotto se viene posto in essere un approccio di tipo globale al moderno supporto medico di emergenza tattico (TEMS). Questo significa completa ed integrata gestione delle cure mediche, sicurezza degli operatori con l’utilizzo di veicoli blindati, utilizzo del personale sanitario, medico e paramedico ben addestrato alla esecuzione delle manovre di rianimazione. Da alcuni anni si comincia a parlare di medicina protettiva nelle operazioni tattiche il cui obiettivo fondamentale è quello di “proteggere le persone che ci proteggono”. Questo vuol dire: pianificazione ed intelligence sanitaria accurata, valutazione del rischio di vulnerabilità medica, addestramento medico specifico, integrazione della risposta sanitaria all’interno della catena di sgombero.

4. AJP-4(A) Allied Joint Logistic Doctrine. 5. AJP 4.10(A) Allied Joint Medical Support Doctrine. 6. AJP 4.10.1 Allied Joint Medical Planning. 7. ALP-4.2 Land Forces Logistic Doctrine. 8. STANAG 2087 Medical Employment of Air Transport in the Forward Area. 9. STANAG 2872 MED III Edizione (Medical design requirements for military motor ambulances). 10.STANAG 2342 MED II Edizione (Minimum essential medical equipment and supplies for military ambulances.

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Convegno Dotazioni Sanitarie Campali

Giornale di Medicina Militare

Contributo della componente sanitaria navale come piattaforma per evacuazioni sanitarie d’urgenza dai teatri operativi Cesare Fanton * * C. F. SAN - Ispettorato Sanità Marina Militare - Roma.

La fine del bipolarismo politico militare antecedente agli anni ’90, la Jihad terroristica, la tumultuosa crescita economica di Cina ed India e la globalizzazione dei mercati hanno modificato la geopolitica delle relazioni internazionali, degli interessi e delle strategie nazionali. Grazie alla sua particolare posizione geografica e alla connotazione fortemente marinaresca dei suoi traffici mercantili e dell’approvvigionamento delle fonti energetiche, l’Italia ha vissuto, o meglio ha subito la crescente instabilità politica, sociale ed economica che ha investito i paesi del mediterraneo allargato. Lo strumento militare è diventato parte delle iniziative diplomatiche nella soluzione delle crisi (military diplomacy) abbandonando i tradizionali confini nazionali, estesi alle aree d’interesse nazionale come testimoniano i diecimila uomini e donne delle nostre Forze Armate impegnati all’estero. Il ruolo atlantico assegnato dalla NATO per le missioni (capitolo 5) è stato superato e le FF.AA. hanno dovuto adeguarsi sviluppando le capacità necessarie ad operare nei nuovi scenari, promuovendo l’integrazione interforze e lo sviluppo di una capacità operativa combined. La Marina, pur affrontando nell’arco di un decennio la riduzione di 1/ del suo organico, ha trasformato lo strumento navale (originariamente strutturato per affrontare un conflitto contro forze marittime di superficie e subacquee) creando una forza di proiezione in grado d’intervenire anche a lunga distanza dalle basi nazionali, bilanciata tra una componente navale, una brigata leggera di Fanteria di Marina, un Reparto di Forze Speciali, una componente elicotteri e velivoli V-STOL

necessari alla mobilità, alla penetrazione, alla protezione e al supporto aerotattico. Il battesimo del fuoco e la dimostrazione dell’efficacia del dispositivo risalgono al 1991 con il primo inter vento in Somalia. Da allora lo strumento navale è stato impiegato in tutti i teatri d’operazione dimostrando un’eccezionale versatilità nel supporto ad operazioni di Disaster Relief e di Humanitarian Assistance. La necessità di dover assolvere a due distinte esigenze operative (Military Power Projection e Protezione Civile) ha condizionato anche lo sviluppo del supporto sanitario marittimo sfruttando tutte le potenzialità offerte dalle piattaforme navali ed in particolare dalle unità anfibie che dispongono di aree ospedaliere e di superfici idonee all’appontaggio di grandi elicotteri. Il Contributo della componente sani-

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Trasferimento di mezzi ed aiuti umanitari a Beirut. Nave S. Marco, 2006.

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taria navale come piattaforma per evacuazioni sanitarie d’urgenza dai teatri operativi viene assolto nel contesto delle seguenti missioni:

1. Operazioni di Proiezione dal mare

Visita alle strutture sanitarie di Nave S. Marco da parte del Capo di SM della Marina, Ammiraglio LA ROSA, durante le operazioni in Libano, 2006.

Trasferimento di profughi da Beirut, 2006.

Trasferimento di profughi da Beirut, 2006.

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La ragion d’essere d’ogni Marina militare s’identifica nella tutela degli interessi nazionali (giuridici, economici, sociali e politici) nelle aree d’interesse proteggendo i cittadini, le infrastrutture, le vie commerciali marittime, i terminali ed i rifornimenti energetici. La marina inglese, che per oltre tre secoli ha assicurato l’espansione e la prosperità dell’Impero britannico, riassume questo ruolo con l’espressione Power Projection ripresa ed attualizzata dalla seconda guerra mondiale sino ai nostri giorni evidenziando che le operazioni statunitensi in Afghanistan sono mosse from the sea con un’operazione di elisbarco anfibio lanciata dal mar arabico settentrionale a migliaia di km dagli obbiettivi. Anche la Marina Italiana ha assunto questa dottrina conducendo tre missioni in Somalia (1991, 1993 e 1995), due missioni in Libano (1981 e 2006) e due missioni nell’oceano indiano (Vietnam nel 1979 e Timor Est nel 1999). Molti degli attuali scenari di crisi internazionale corrispondono a paesi costieri crocevia di reti energetiche e di traffici essenziali alle geoeconomie mondiali. Le caratteristiche geografiche e morfologiche delle aree d’operazione, le situazioni di degrado sociale e di tensioni interetniche spesso concomitanti alla carenza d’infrastrutture aeroportuali e sanitarie, l’ostilità ad interventi esterni, soprattutto se occidentali, limitano le potenzialità di sfruttare l’host nation support ed impongono l’inserimento marittimo from the sea dei contingenti o almeno delle enabling forces destinati alle operazioni di peacekeeping. Solo dopo aver acquisito il controllo e la messa in sicurezza di un aeroporto di adeguate capacità, sarà possibile attivare il trasferimento del main body per via aerea schierando a terra un assetto di Role 2 o 3 da cui poter successivamente evacuare verso la madrepatria (OFF THEATER) i pazienti che necessitano di un livello più elevato di cure. Durante le operazioni di forze speciali, le evacuazioni di personale non combattente, NEO, le fasi d’inserimento, di consolidamento, di ritiro ed in caso di evacuazione d’emergenza, i contingenti dipendono esclusivamente dagli assetti sanitari imbarcati analogamente a quanto avviene per le operazioni di Disaster

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Giornale di Medicina Militare

Relief e di Humanitarian Support condotte in condizioni di limitato supporto locale. La previsione e la pianificazione degli interventi nei futuri scenari condiziona in maniera determinante lo sviluppo e la composizione del dispositivo militare nazionale che, in relazione alla posizione baricentrica del Paese nel mediterraneo allargato (espressione che comprende il mar rosso, corno d’africa, golfo persico e parte dell’oceano indiano), deve poter assicurare un’elevata capacità di proiezione from the sea. In assenza di assetti sanitari (Role 2/3) rischierati a terra, le unità in mare con capacità di casualty primary receiving ship, CPRS, assolvono le esigenze diagnostiche, terapeutiche e di prima degenza delle forze in mare e a terra in attesa di sgomberare i pazienti, via mare o via elicottero verso il più vicino aeroporto da cui attivare l’evacuazione strategica. La Marina Italiana, con la recente costruzione della portaerei Cavour e della nave ausiliaria Etna, ha potenziato le sue capacità di supporto sanitario che si completerà con la sostituzione delle unità anfibie LPD con Unità LHD di nuova concezione ed ampie aree sanitarie. Anche l’attesa implementazione dei progetti di modularità e d’imbarcabilità per Role 3, promossi dalla Difesa, contribuirà al potenziamento delle attuali capacità sanitarie delle LPD e di Nave Garibaldi configurando gli hangar con moduli shelterizzati dedicati alla chirurgia, alla diagnostica e alla degenza. L’entrata in linea dei nuovi elicotteri NH 90 ed EH 101, che sostituiranno progressivamente le linee HH3F, SH3D ed AB 212, favorirà l’interoperabilità da piattaforme navali degli assetti ad ala rotante dell’esercito e

La versatilità nella configurazione e rapidità di trasferimento assicurano alle unità navali anfibie un ruolo protagonista nelle operazioni di protezione civile e di Disaster Relief. Disastri di vaste dimensioni quali gli attentati alle torri gemelle, lo Tsunami, il tornado Katrina, e diversi terremoti sono stai affrontati con la mobilitazione di grandi unità navali [USS Mercy (TAH-19), USS Comfort (T-AH-20), USS Bataang (LHD 5), USS Tortuga(LSD 46), USS Iwo Jima (LHD 7) USS Shreveport (LPD 12 USS Grapple (ARS 53), USGC Spencer] capaci di operare, in condizioni di autosufficienza, in contesti ambientali fortemente degradati per il danneggiamento delle infrastrutture principali (vie di comunicazione, strutture aeroportuali e portuali, reti energetiche, servizi sanitari ed essenziali). In questi scenari le operazioni di soccorso sono state assolte grazie al contributo determinante fornito dalle navi ospedale (US Mercy e Comfort), dalle portaerei e dalle unità anfibie (LHD, LHA, LPD) che disponendo di aree chirurgiche (da 3 a 12 letti operatori),

Decollo di missione MEDEVAC.

Operazioni di sbarco della Forza di Proiezione anfibia, Libano 2006.

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dell’aeronautica, compresi i CH 47 di prossima acquisizione, potenziando le capacità CASEVAC/MEDEVAC dei dispositivi di proiezione. I nuovi mezzi dispongono di maggior autonomia e di maggior portanza alle alte quote, possono operare in condizioni ognitempo ed in aree ostili, assicurando ai feriti migliori condizioni di comfort e spazi per l’ottimizzazione delle cure mediche.

2. Operazioni di Protezione Civile e Disaster Relief

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Giornale di Medicina Militare

di aree di degenza (sino a 1000 posti letto) con relativo supporto diagnostico sono in grado di assorbire e sostenere nel tempo le funzioni di un trauma center e di un ospedale cittadino. In ambito nazionale, grazie alla proficua ed intensa collaborazione sviluppata tra la Marina Militare, la Protezione Civile e la Croce Rossa Italiana, sono stati messi a punto i piani d’intervento per le emergenze vulcaniche (isole Eolie, aree Etna-Catania e NapoliVesuvio), per l’evacuazione da aree a rischio sismico ed industriale e per l’assistenza ai connazionali residenti in aree di crisi (Op. MIMOSA, Libano 2006). Queste iniziative sono state implementate anche in occasione di emergenze extranazionali (terremoti in Turchia, Tsunami, etc.).

3. Soccorso a sommergibili sinistrati Il soccorso al personale dei sommergibili sinistrati è uno dei compiti istituzionali assunti dalla Marina nel bacino mediterraneo, assolta anche a favore delle marine alleate (anche ai tempi della guerra fredda la marina sovietica e la NATO condividevano un protocollo comune d’intervento oltre alla standardizzazione dei portelli e delle mandate d’aria). A bordo della Nave salvataggio ANTEO sono predisposti gli impianti iperbarici necessari al trattamento delle patologie decompresive (possibili sia tra i sommergibilisti che hanno abbandonato il battello sinistrato con fuoriuscita individuale, sia tra il personale di soccorso che può dover operare in condizioni di iperbarismo protratto). Durante le operazioni di soccorso l’unità può essere affiancata da un LPD in grado di offrire il supporto degli assetti diagnostico-chirurgici oltre ad un certo numero di posti di terapia intensiva.

4. Operazioni di vigilanza e contrasto al terrorismo internazionale

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MEDEVAC da base avanzata di Forze Speciali.

La lotta al terrorismo internazionale, la sicurezza dei traffici commerciali, delle installazioni e delle vie marittime sono parte degli impegni assolti dalla Marina. Il sequestro della nave da crociera italiana Achille Lauro (7 ottobre 1985) pose in drammatica evidenza il tema della sicurezza a bordo delle navi passeggeri e del controllo dei terminali petrolchimici e delle navi che trasportano carichi pericolosi che, in

Sbarco di profughi evacuati dal Libano, 2006.

MEDEVAC a bordo di un unità LPD.

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caso di danneggiamento per effetto di attacchi terroristici, possono innescare gravissime conseguenze sull’ambiente circostante e sulle popolazioni residenti. Da allora sono stati costantemente elaborati ed aggiornati piani e tecniche d’intervento per la neutralizzazione dei terroristi ed il salvataggio dei passeggeri. La recrudescenza di episodi di pirateria nella zona del corno d’africa, la violazione di embarghi, il traffico di armi convenzionali, lo spostamento di terroristi, esplosivi ed armi di distruzioni di massa sono alcune delle nuove minacce che le Marine devono contrastare monitorando le rotte ed ispezionando le imbarcazioni sospette. La condotta di queste operazioni, in particolare quelle di boarding e di bonifica espongono i teams ispettivi alla reazione di possibili elementi ostili prevedendo una capacità CASEVCA/MEDEVAC e la disponibilità di assetti chirurgici raggiungibili entro 30’ dall’evento ostile.

5. Potenziamento di assetti sanitari in situazioni particolari (G8 di Genova, esodi di massa: Boat People, Bari 8 agosto 1991, nave Vlora). Disordini sociali di eccezionale gravità ed emergenze migratorie di massa possono mettere a dura prova la tenuta dei dispositivi sanitari predisposti nelle città interessate dall’evento. Durante il G8 di Genova un’unità LPD, completa di assetti sanitarie ed elicotteri MEDEVAC, fu attivata in porto prevedendone l’impiego quale CPRS a favore dei leaders e delle delegazioni ospiti del convegno. A partire dall’estate del 1991 un’unità LPD viene inserita nel piano d’emergenza per l’accoglienza straordinaria di clandestini verso le coste pugliesi. Nella sua tradizione di silenziosa operosità la Marina non ha mai esasperato la ricerca di visibilità mediatica per il suo operato e probabilmente continuerà solitaria in questa direzione, ma dovrà comunque rappresentare alla Difesa gli elementi critici essenziali alla definizione dei futuri indirizzi. Tra questi: • L’organizzazione e le strutture Con l’ingresso in linea di Nave Cavour la Marina

ha acquisito una piattaforma sanitaria di Role 3 che si affianca ai Role 2 di nave Etna e delle 3 unità LPD (S.Marco, S.Giorgio e S.Giusto) che saranno sostituiti da unità di nuova concezione, versatili ed in grado d’integrare le capacità joint della Difesa e della protezione Civile. Anche la componente elicotteri CASEVAC/MEDEVAC viene potenziata con l’acquisizione dei nuovi EH 101 e NH 90. Le aree sanitarie di bordo sono dotate di assetti diagnostici e blocchi operatori e terapia intensiva rispondenti allo stato dell’arte degli standards ospedalieri nazionali e nel futuro la tecnologia sanitaria, in rapidissima espansione potrà massimizzare le potenzialità della telemedicina e della chirurgia robotica ormai uscite dalla fase di sperimentazione e diventate prassi corrente in molti ospedali europei ed italiani. L’interazione tra ormai le consolidate ed affidabili capacità di trasmissione satellitare militare (SICRAL) con la robotica del progetto Leonardo costituisce la sfida futura della Sanità Militare e la Marina è destinata ad essere una delle FF. AA. protagoniste di tale progetto. Particolare attenzione è stata rivolta allo sviluppo delle componenti di staff e alla formazione dei medical advisors responsabili per la pianificazione e la condotta del dispositivo sanitario marittimo. • Il personale Le operazioni marittime che si sviluppano a distanza dal territorio e dal supporto sanitario nazionale, talora in condizioni di totale isolamento ed indipendenza, richiedono l’impegno di personale qualificato, motivato, addestrato ed integrato nel contesto operativo della forza di proiezione. Il punto di forza della componente sanitaria della Marina, tradizionalmente riposto nella professionalità e nella versatilità del suo personale, deve oggi confrontarsi con la molteplicità delle esigenze, l’esiguità degli organici, i tempi ed i costi di formazione ed addestramento. La sostenibilità delle missioni dovrà necessariamente avvalersi di tutte le risorse della Sanità Militare impegnandole in una visione joint aperta al concorso dei corpi ausiliari delle FF. AA. in quanto il mantenimento di un’adeguata capacità sanitaria marittima è assolutamente funzionale ai piani e alle esigenze strategiche nazionale di Power Proiection from the sea.

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Convegno Dotazioni Sanitarie Campali

Giornale di Medicina Militare

Livello di integrazione interforze nel settore evacuazioni sanitarie Emanuele Filiberto Farina *

* Ten. Col. Co. Sa. Med. - Comando Operativo di vertice Interforze - Roma.

L’integrazione joint nell’ambito delle evacuazioni sanitarie è necessaria al fine di assicurare l’idoneità dello strumento militare a far fronte col minor rapporto costo-efficacia alle missioni assegnate, e fa riferimento ai nuovi concetti operativi della Difesa, in grado di indirizzare il processo di trasformazione e, contestualmente, l’acquisizione delle necessarie capacità operative. Ogni singola F.A. ha elaborato nel proprio ambito concetti operativi innovativi che prevedono l’impiego integrato, a livello interforze, delle capacità presenti e future, assumendo specifica rilevanza per quanto attiene le evacuazioni sanitarie. Ferme restando le competenze delle singole F.A. sui Reparti dipendenti, al COI compete la responsabilità di pianificare e coordinare le evacuazioni sanitarie dai Teatri Operativi. A tal proposito tutti gli EDR (Enti, Distaccamenti e Reparti) di ciascuna F.A. che a qualsiasi titolo abbiano competenze nell’esecuzione del trasporto, devono necessariamente fare riferimento al COI, e più precisamente alle Divisioni JMED e JMCC (Joint Movement & Coordination Center) per ricevere apposite disposizioni per la corretta esecuzione degli stessi. Ciascun EDR che richiede il trasporto è responsabile del trasferimento fino al POE (point of embarkation) e dell’accoglienza sul POD (point of debarkation) nonché di tutta la compilazione della modulistica prevista dalle attuali normative.

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In linea generale è necessario individuare la tipologia di trasporto più vantaggiosa in relazione alla tempistica disponibile e al miglior utilizzo dei vettori per soddisfare le esigenze operative delle singole F.A. Le evacuazioni sanitarie sono missioni che contemplano il trasporto di feriti/ammalati con aeromobili sia nel contesto di esercitazioni che di operazioni reali. Queste missioni, dette anche sgomberi sanitari, consistono nel movimento di pazienti, verso e tra strutture sanitarie, con la supervisione di personale sanitario e/o addestrato al primo soccorso. Il trasporto sanitario può comprendere fino a tre fasi fra loro complementari: • Forward aeromedical evacuation (Casevac/Medevac): provvede al trasporto aereo di pazienti tra diversi punti all’interno delle aree con operazioni in atto, da queste ultime ai punti di prima assistenza medica e verso i successivi punti di assistenza, sempre all’interno della zona di operazione; • Tattical aeromedical evacuation (Medevac): provvede al trasporto aereo di pazienti dalla zona di combattimento ad un punto più sicuro, sempre all’interno del Teatro di Operazione; • Strategical aeromedical evacuation (Stratevac): provvede al trasporto aereo di pazienti da aree situate oltremare o in zone di operazione, verso la nazione di appartenenza, verso altri paesi NATO o verso aree temporanee individuate come sicure, al di fuori del Teatro di Operazione.

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Giornale di Medicina Militare

Definizioni

Priorità

CASEVAC (Casualties evacuation) È l’evacuazione medica di personale ferito utilizzando aeromobili designati per altri scopi; sia gli a/m che il personale impiegato in operazioni Casevac, sono considerati “combattenti” e pertanto non godono dei diritti dettati dalla convenzione di Ginevra. Tra gli obbiettivi secondari delle missioni Casevac c’è il trasporto di personale medico, materiale sanitario e vario, all’interno dell’area di operazione.

La priorità dell’evacuazione sanitaria tiene conto della trasportabilità di soggetti in base alla gravità della patologia, per cui vengono distinti tre livelli decrescenti: • Urgenti in imminente pericolo di vita (IPV); • Priorità; • Routine. L’evacuazione Urgente, riguarda pazienti in IPV, questi sono soggetti per i quali si rende necessario effettuare un tempestivo trasferimento in strutture sanitarie di capacità superiore a quelle presenti in teatro per effettuare interventi salvavita, salva-arti, al fine di prevenire l’insorgenza di gravi complicanze e i rischi di gravi invalidità permanenti. Lo sgombero di questi soggetti sarà effettuato impiegando il primo vettore disponibile, comunque entro 24 ore dalla richiesta, compatibilmente alle condimeteo ed al livello di minaccia nell’AOO (Air of Operation). Le richieste di evacuazione in Priorità interessano pazienti che richiedono un trattamento specialistico non disponibile nell’AOO ma possono essere efficacemente trattati nella struttura di ricovero per un tempo massimo di 48 ore senza essere esposti a significativi rischi di aggravamento, e/o a danni ed invalidità permanenti. Per questi soggetti lo sgombero sarà effettuato entro le 48 ore dalla richiesta. Infine le richieste di evacuazione di Routine interessano pazienti che pur ricevendo adeguate cure presso le strutture sanitarie nell’AOO, sono affetti da patologie/traumi di minor entità, quindi idonei alla permanenza in teatro ma, secondo le direttive della policy di sgombero sanitario, devono essere trasferiti presso strutture sanitarie nazionali. Per questi pazienti lo sgombero sarà effetuato impiegando il primo vettore pianificato. Discorso a parte merita il trasporto di personale con malattia infettiva (paziente biocontaminato), che può avvenire esclusivamente con vettori militari “dedicati”. Il malato verrà imbarcato su apposite barelle aviotrasportabili bio-contenitive (Air Transit Isolator – ATI), e trasportato su ambulanze allo scopo attrezzate (con Stretcher Transit Isolator – STI). Uomini, vettori e mezzi, che hanno avuto contatto o sono stati nelle vicinanze del malato, dovranno essere sottoposti ad apposita “decontaminazione”, sia in teatro che all’aeroporto di arrivo, in accordo al livello di contagiosità della malattia.

MEDEVAC (Medical evacuation) È l’evacuazione di feriti, naufraghi ed ammalati in genere, condotta con aeromobili dedicati da e verso strutture per la cura ed il ricovero; quando queste missioni vengono effettuate all’interno dei confini del campo di battaglia sono definite “avanzate”. In queste missioni il personale e gli a/m coinvolti in tali operazioni godono dei privilegi concessi dalla convenzione di Ginevra. I requisiti necessari per usufruire dei suddetti diritti sono: • A/M con stemma “Croce Rossa” su sfondo bianco, camuffato per motivi tattici solo al suolo (artt. 24 e 31 della Convenzione di Ginevra); • Personale solo con armi portatili per l’autodifesa di mezzi e personale trasportato. STRATEVAC (Strategical aeromedical evacuation) È l’evacuazione di feriti e/o ammalati condotta con a/m dedicati dall’area di operazione al territorio nazionale o altro paese NATO. Questo tipo di missione, a differenza della For ward e della Tattical aeromedical evacuation, è di responsabilità nazionale e di pertinenza quindi del COI, mentre le precedenti attività sono a cura del Comando di Contingente che utilizza i propri assetti dedicati o no. Sulla base dello standard Nato, il COI Difesa ha elaborato il “Testo Unico” (COI-JMCC-18), cercando di unificare tutta la normativa di interesse in un unico documento che potesse costituire un agevole strumento di consultazione da parte di tutti gli utenti, e dove sono indicate le modalità di richiesta di trasporto sanitario di pazienti dai Teatri Operativi verso la Madre Patria, elencando le priorità e le specifiche patologie che possano richiedere l’attuazione di una Stratevac.

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Tempistica e richieste

Conclusioni

L’EDR che richiede lo sgombero sanitario dovrà tener presente: • la situazione operativa; • l’urgenza d’intervento; • l’idoneità del paziente al trasporto aereo considerando: problemi legati alla quota, vibrazioni, turbolenza, rumore e spazi ridotti a bordo dell’ a/m; • la non contagiosità del soggetto. A questo punto il trasporto si perfeziona attraverso le seguenti fasi: • richiesta del responsabile del Level/Role di Teatro tramite invio della documentazione prevista al COI JMCC e JMED; • organizzazione, realizzazione e tracking a cura del Comando Operativo di Vertice Interforze-Difesa, JMCC e JMED; • sgombero orientato di norma verso il Policlinico Militare Celio in Roma – Sala Operativa DEA, la quale a sua volta attiva il personale specialistico reperibile, contatta la Divisione JMED per i dettagli sulla gestione del paziente e allestisce il materiale sanitario in base all’esigenza richiesta.

Il buon funzionamento delle missioni di sgombero sanitario producono notevoli vantaggi tra i quali possiamo ricordare: • rapidità di esecuzione della missione per l’utilizzo di aeromobili; • pick up in posti difficilmente raggiungibili; • trasporto del paziente in strutture adeguate al trattamento della sua patologia; • minore necessità di strutture sanitarie intermedie; • ottimizzazione delle risorse mediche; • innalzamento del morale del combattente che si sente tutelato dal punto di vista sanitario. Come in tutte le missione, anche quelle di sgombero sanitario prevedono una pianificazione ormai standardizzata che si sviluppa attraverso le seguenti fasi: • considerazioni tattiche e mediche; • pianificazione della missione; • briefing missione con l’equipaggio partecipante; • esecuzione della missione; • debriefing missione. Tutto questo è improntato al raggiungimento della massima funzionalità dello strumento che deve mantenere sempre caratteristiche di flessibilità al fine di avere la massima aderenza per il raggiungimento dello scopo finale in piena sicurezza.

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Unità di isolamento aeromedico dell’Aeronautica Militare Alberto Autore *

* Magg. CSArn - Reparto Medicina Aeronautica e Spaziale - CSV. Aeroporto Pratica di Mare - Roma.

Premessa Le malattie infettive rappresentano ancora oggi una delle cause principali di mortalità e morbilità tra la popolazione mondiale. Ogni anno nuovi patogeni emergenti mettono in allarme la comunità scientifica internazionale e anche infezioni storicamente note, ma considerate come eradicate, a seguito di fenomeni sociali quali i viaggi, le migrazioni e il bioterrorismo, continuano a riproporsi come un grave rischio per l’uomo. Il trasporto di pazienti affetti da malattie infettive per via aerea rappresenta un’attività ad elevato rischio. A causa della possibilità di trasmissione di infezioni a bordo dei velivoli e, conseguentemente, della propagazione dell’epidemia in luoghi lontani rispetto al luogo di insorgenza, si preferisce evitare il trasporto e trattare il paziente sul posto. Oggi con il crescente numero di persone che viaggiano, sia per motivi di turismo che per motivi di lavoro, e tra quest’ultimi includiamo anche i militari in missioni di pace, la possibilità di dover trasportare un paziente infettivo è diventata di stringente attualità. Per tali ragioni da circa due anni l’Aeronautica Militare ha costituito l’Unità di Isolamento Aeromedico, un team dotato di speciali isolatori aviotrasportabili, specializzato nel trasporto aereo di pazienti altamente infettivi.

Il rischio di trasmissione di infezioni durante i voli Milioni di passeggeri viaggiano ogni anno su velivoli commerciali e ciò favorisce la possibilità di scambio di germi, prima diffusi in aree limitate del nostro

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pianeta. Uno dei momenti a rischio per i viaggiatori è durante la permanenza all’interno dell’aeroplano. Durante il volo la cabina di un aeroplano è un ambiente chiuso, ventilato e condizionato, dove i passeggeri passano molte ore a contatto più o meno diretto e il sistema di ventilazione è stato progettato per garantire la salubrità dell’aria per i passeggeri. Il rischio di trasmissione di malattie infettive all’interno di una cabina di un aereo è difficile da determinare. Tutte modalità di trasmissione - aerogena (droplet, droplet nuclei), per contatto, o mediante veicoli/vettori - possono verificarsi, ma la via aerogena è quella che riveste la maggiore importanza. I pochi dati esistenti suggeriscono alcuni fattori di rischio quali: la vicinanza entro poche file di posti con il caso indice, la durata del volo maggiore di otto ore e il malfunzionamento dell’impianto di ventilazione. La trasmissione del Mycobacterium tuberculosis è uno dei modelli più studiati di diffusione di patogeni per via aerogena a bordo di aerei e a riguardo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato delle linee guida sulla prevenzione e il controllo della tubercolosi a bordo degli aerei di linea. Anche durante l’epidemia di SARS del 2003 sono stati dimostrati diversi casi di trasmissione dell’infezione durante voli commerciali. Per quanto detto ora e per la difficoltà tecnica di applicare le procedure di isolamento previste in ambito ospedaliero all’interno della cabina di un aeroplano, una malattia infettiva in fase di comunicabilità rappresenta una controindicazione assoluta all’evacuazione aeromedica. Per superare tale vincolo sono state adottate a livello internazionale diverse soluzioni: tra queste l’utilizzo di speciali isolatori aviotrasportabili quali l’Aircraft Transit Isolator (ATI).

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L’unità di isolamento aeromedico Il trasporto aereo d’urgenza di ammalati e traumatizzati gravi è uno dei compiti istituzionali dell’Aeronautica Militare e tra i casi possibili è da considerarsi la necessità di trasportare pazienti affetti da malattie infettive trasmissibili. Per tale evenienza l’Aeronautica Militare si è dotata di sistemi specifici: l’Aircraft Transit Isolator (ATI) per il trasporto in aereo e lo Stretcher Transit Isolator (STI) per il trasporto via terra. Degli stessi isolatori sono dotate le Forze Armate degli Stati Uniti e del Regno Unito. Si tratta di sistemi isolati disegnati per garantire la sicurezza del personale sanitario e dell’equipaggio del velivolo, che permettono allo stesso tempo di effettuare tutte le procedure di assistenza necessarie al paziente. La caratteristica tecnica più importante è il sistema di ventilazione che determina una pressione negativa nell’envelope in PVC all’interno del quale è contenuto il paziente. L’aria entra ed esce filtrata da speciali filtri ad alta efficienza HEPA. Inoltre, collegando due isolatori con una apposita manica in PVC, il paziente può essere trasferito da un isolatore all’altro, senza venire mai a contatto con l’ambiente esterno. L’Unità di Isolamento Aeromedico è composta da Ufficiali Medici e Sottufficiali Aiutanti di Sanità, scelti in base alla specializzazione o alle esperienze professionali. Tutto il personale ha seguito vari corsi specifici di addestramento nazionali ed internazionali. Nel 2005 il Ministero della Salute in collaborazione con altre istituzioni quali il Ministero degli Affari Esteri, la Protezione Civile, l’Istituto Nazionale Malattie Infettive IRCCS - “Lazzaro Spallanzani”, il Servizio Sanitario del Comando Logistico dell’Aeronautica Militare, ha emanato il documanto “Raccomandazioni e indicazioni del Ministero della Salute sul trasporto di casi di febbre emorragica”. Nelle linee guida vengono specificate in maniera dettagliata le procedure da seguire in caso di rimpatrio di un cittadino italiano affetto da febbre emorragica ed è previsto l’intervento dell’Unità di Isolamento dell’Aeronautica Militare. In generale possiamo affermare che sebbene l’ATI consenta di superare molti dei vincoli precedentemente esistenti al trasporto di pazienti contagiosi, permangono comunque alcune limitazioni. Le principali indicazioni all’evacuazione aeromedica con gli isolatori sono le seguenti:

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militari o cittadini italiani che hanno contratto la malattia all’estero, dove non possono essere adeguatamente assistiti; • pazienti con malattia infettiva nota o ignota, che necessitino di indagini e trattamento presso ospedali ad elevata specializzazione; • pazienti con malattia infettiva da sospetto episodio di bioterrorismo. In ogni caso è sempre necessario considerare i casi in cui non sarebbe opportuno ricorrere agli isolatori, come ad esempio: • evacuazioni di massa; • condizioni cliniche critiche del paziente, che controindichino il trasporto per via aerea; • possibilità di trasporto con altro mezzo più sicuro via terra; • possibilità di assistenza adeguata sul posto fino alla fine della fase di comunicabilità. Ogni richiesta di trasporto deve quindi essere attentamente valutata in collaborazione con le diverse figure istituzionali coinvolte nella gestione dei pazienti, ma in generale la capacità di trasportare in sicurezza i pazienti biocontaminati può essere considerata un assetto fondamentale nella catena di risposta all’emergenza biologica. •

Addestramento ed attività operativa Prima di raggiungere la piena operatività il personale è stato impegnato in una lunga fase di addestramento a livello nazionale ed internazionale. Di particolare rilievo sono i contatti con gli Ospedali “Spallanzani” di Roma e “Sacco” di Milano, Centri di riferimento nazionali per la cura delle malattie infettive, che hanno portato ad una intensa collaborazione professionale. Anche a livello internazionale le esercitazioni svolte col personale dell’Aeromedical Isolation Team dell’Istituto di Malattie Infettive dell’US ARMY (USAMRIID), sia in Italia che negli Stati Uniti, hanno rappresentato un importante momento di collaborazione e scambio scientifico. È stato previsto un corso specifico “Management di pazienti con patologie altamente diffusibili ed addestramento all’utilizzo dei sistemi di trasporto isolati ATI e STI”, tenuto dal personale dell’Unità che si svolge presso il Centro Addestramento Specialistico Professionale dell’AM e presso il Centro Sperimentale di Volo dell’Aeronautica Militare in Pratica di

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Mare, finalizzato all’addestramento basico degli operatori, sia per il personale della Forza Armata, sia per personale di altre amministrazioni. Raggiunta la capacità operativa sono state effettuate le prime tre missioni. La prima missione si è svolta il 24.01.06 ed ha riguardato il trasporto di un paziente affetto da tubercolosi polmonare cavitaria da ceppo di micobatterio multifarmaco resistente, trasportato dall’aeroporto di Alghero all’aeroporto di Milano Linate, da dove il paziente è stato trasferito in ambulanza all’Ospedale di Sondalo (SO). La seconda missione si è svolta il 3.5.07 ed ha riguardato il trasporto di un paziente, affetto da una sospetta febbre emorragica virale (Congo Crimea), trasportato dall’aeroporto di Torino Caselle all’aeroporto di Pratica di Mare per essere poi trasferito presso l’Ospedale Spallanzani. In questa missione sono state impiegate anche le Unità di Biocontenimento degli Ospedali Sacco e Spallanzani che hanno utilizzato gli isolatori STI. La terza missione si è svolta il 20.7.08 ed ha riguardato il trasporto di una donna affetta da tubercolosi polmonare cavitaria da ceppo di micobatterio multifarmaco resistente, trasportata dall’aeroporto di Alghero all’aeroporto di Orio al Serio (BG), da dove la paziente è stata trasferita in ambulanza all’Ospedale di Sondalo (SO). Queste missioni hanno evidenziato l’ottimo livello di addestramento raggiunto dal personale e la fattiva collaborazione con la Sanità Pubblica, confermando i pregi del sistema ATI e la necessità di un continuo addestramento e aggiornamento in vista di scenari sempre più complessi e difficili da prevedere.

Conclusioni Eventi quali i casi di antrace del 2001 negli Stati Uniti, la recente epidemia di SARS del 2003 e il rischio di una nuova pandemia di influenza hanno intensificato l’interesse verso le malattie infettive emergentiriemergenti e verso gli agenti biologici deliberatamente rilasciati, sia da parte del mondo scientifico, che dell’opinione pubblica. Gli elementi chiave per il controllo di queste infezioni sono la sorveglianza e la risposta e consistono nell’acquisizione di varie capacità tra cui la disponibilità di strutture ad elevata specializzazione, la disponibilità di adeguati quantitativi di farmaci e vaccini, la preparazione di piani di emergenza e il coordinamento

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tra le varie componenti della risposta. Una risposta efficace non può prescindere dalla capacità di trasportare in sicurezza i pazienti verso le strutture ad alta specializzazione per la diagnosi e il trattamento. L’Aeronautica Militare Italiana ha conseguito questa capacità, attraverso la costituzione dell’Unità di Isolamento Aeromedico, realizzando un assetto operativo che le permette di estendere le capacità nel settore del trasporto aereo di malati, uno dei suoi compiti istituzionali.

Bibliografia 1. Withers M., Christopher G.: “Aeromedical evacuation of biological warfare casualties: a treatise on infectious diseases on aircraft”. Mil Med 2000; 165 (suppl 3): 1–21. 2. STANAG 3204 AMD (Edition 6) – Aeromedical Evacuation. Military Agency for Standardization (MAS) NATO. 3. Teichman P. G., Donchin Y., Kot R. J.: “International Aeromedical Evacuation”. N Engl J Med 2007; 356: 262-70. 4. Mangili A., Gendreau M. A.: “Transmission of infectious diseases during commercial air travel”. Lancet 2005; 365: 989–96. 5. Kenyon T. A., Valway S. E., Ihle W. W., Onorato I. M., Castro K. G.: “Transmission of multidrug resistant Mycobacterium tuberculosis during a long airplane flight”. N Engl J Med 1996; 334: 933–38. 6. Aerospace Medical Association Medical Guidelines Task Force. “Medical guidelines for airline travel”. 2nd ed. Aviat Space Environ Med 2003; 74: Suppl 5: A1-A19. 7. Christopher G.W., Eitzen E.M. Jr.: “Air evacuation under high-level biosafety containment: the aeromedical isolation team”. Emerg Infect Dis 1999; 5: 241-6.

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8. Ministero della Salute. “Raccomandazioni e indicazioni del Ministero della Salute sul trasporto di casi di febbre emorragica” 2005. 9. Lastilla M., Biselli R., Autore A., Di Stefano M., Sarlo O.: “Air transport of patient with high infectious disease under biosafety containment. ECTM5 on Medicine

Travel and Global Health”. Venice 23th-25th March, 2006 Abstract Book. 10. Lastilla M., Biselli R., Autore A., Arganese F., Di Stefano M., Sarlo O.: “Aero-transport of a MDR-TB affected patient with biocontainment systems”. Infez Med. 2007; Suppl 1: 43-6.

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Scenario metropolitano e procedure di evacuazione sanitaria: Triage Hospital e modello israeliano Giuseppe Paradiso Galotioto *

* Col. me. - Corpo Militare Speciale Ausiliario dell'Esercito Italiano del Sovrano Militare Ordine di Malta - 2° Reparto (Distaccamento Operativo di Emergenza).

Introduzione Di fronte ad uno scenario antropogenico di natura terroristica così come, anche, in presenza di un evento naturale che determini una maxiemergenza lo scenario metropolitano rappresenta, paradossalmente, un punto di fragilità del sistema di risposta sanitaria oltre a presentare molteplici obiettivi e punti di alta vulnerabilità. La guerra asimmetrica trova nelle grandi città il target ottimale nell’ottica di una strategia terroristica. Diverse sono le ragioni di questa scelta; alta concentrazione di persone, ottimale supporto logistico, numerosi obiettivi sensibili e rapidità della diffusione mediatica che, per un gruppo terroristico, rappresenta una opportunità determinante per il raggiungimento degli obiettivi strategici.

Evento antropogenico e scenario metropolitano Se ci fermiamo ad analizzare l’evento da aggressione terroristica ci accorgiamo come per i mass media l’obiettivo prioritario che si vuole raggiungere, nell’ottica terroristica, sia quello di procurare il maggior numero di perdite di vite umane e di danni materiali. La realtà è ben diversa! Ci siamo accorti in questi anni che un evento terroristico ha bisogno di una immediata ed ampia diffusione mediatica per raggiungere gli scopi che sono prefissati e cioè determinare un

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ampio senso di impotenza, insicurezza e paura nella popolazione, non solo locale, compromettere la stabilità sociale del territorio obiettivo dell’aggressione ed in ultima analisi minare, destabilizzare ed orientare le scelte politiche dello Stato colpito. Proviamo ad analizzare quello che avvenne nel 2004 a Madrid. L’11 marzo del 2004 si verificarono 8 esplosioni convenzionali in sequenza in diverse stazioni ferroviarie di Madrid con un bilancio in termini di vite umane e sanitario di 198 morti e 1400 feriti; la notizia venne data in tempo reale dai media e la diffusione dell’evento fu globale, le immagini degli attentati fecero il giro del mondo trasportando sensi di rabbia, sconforto, ansia e paura. Si assistette ad una globalizzazione del messaggio terroristico. Il bilancio politico di tale evento fu ancor più grave; destabilizzazione politico/sociale, mancata rielezione del governo in carica, rottura dei rapporti con gli USA e ritiro delle truppe spagnole dall’Iraq. Nessun singolo evento politico avrebbe ottenuto tanto in un solo giorno. La cosa certa, quindi, è che gli obiettivi primari di qualsivoglia aggressione sono: 1) minare la stabilità sociale; 2) determinare un senso di insicurezza e paura; 3) destabilizzare e orientare le strategie politiche; 4) avere la massima e più ampia visibilità. È proprio nell’ottica di risolvere tale problematica che l’intervento della Forza Armata in generale e dei Corpi Militari con vocazione sanitaria come il Corpo Militare E.I. - S.M.O.M. nello specifico, diventa deter-

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minante nel garantire la difesa della popolazione civile in termini di intelligence, uomini, logistica, comunicazioni, attrezzature altamente specialistiche e Reparti creati “ad hoc” con finalità di inter vento rapido e qualificato.

La risposta sanitaria Le grandi città dovrebbero rappresentare una sicurezza da un punto di vista sanitario ma non è così. La concentrazione di grandi ospedali, l’efficienza del sistema di emergenza, la presenza di numerose Associazioni di volontariato con vocazione sanitaria, la complessa e completa rete di comunicazioni e l’ottima viabilità dovrebbero concorrere in maniera ottimale per una pronta ed efficace risposta sanitaria ma i fatti, in questi anni, ci hanno dimostrato il contrario. Se analizziamo le aggressioni succedutesi in questi anni partendo dall’attacco con gas Sarin di Tokio nel lontano 1995 passando per Oklahoma City, Nairobi, New York, Netanya e Madrid ci accorgiamo che: 1) l’ospedale più vicino all’evento non sempre subisce il maggior numero di accessi; 2) una quota di feriti, anche numericamente elevata, giunge al Pronto Soccorso degli ospedali con mezzi propri; 3) vengono coinvolte strutture sanitarie anche molto distanti dal luogo dell’evento; 4) i tempi di accesso nelle strutture sanitarie dipendono dalla velocità di recupero, dalla viabilità che influenza il numero di sortite che possono svolgere i mezzi di soccorso e dalle strategie adottate dagli stessi mezzi di soccorso; 5) non sempre un massivo accumulo di risorse e personale è pagante in termini di efficacia del soccorso. Il vero problema però è la tendenza che hanno i feriti di bypassare il corridoio sanitario ed il sistema di soccorso e evacuazione pianificato e organizzato nell’area dell’aggressione coinvolgendo, così, strutture sanitarie molto distanti dall’evento stesso e che, spesso, sono le prime strutture a svolgere un triage primario dei feriti. Questa tendenza crea un indebolimento della risposta del Sistema dell’Emergenza alla comune utenza aumentando il numero dei pazienti, anche gravi, prodotti indirettamente dall’evento. Il vero rischio sanitario, in ultima analisi, di una aggressione terroristica in uno scenario metropolitano,

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sia esso sviluppatosi in “closed area”, “semiclosed area” o “open area” non è il numero di vittime, in termini anche di feriti, risultanti direttamente in seguito all’evento ma la compromissione del “Sistema Ospedale” nella sua globalità. L’afflusso e l’accesso inaspettato di un elevato numero di feriti, che necessariamente devono essere trattati, compromette, in modo anche grave, non solo il Dipartimento di Emergenza intasando le strutture preposte all’accettazione dei pazienti gravi provenienti dall’attività routinaria, ma coinvolge la Diagnostica per Immagini, il Laboratorio Analisi, il Centro Trasfusionale (con richiesta e utilizzo di sangue e derivati provenienti, anche, da altri presidi ospedalieri con compromissione della loro disponibilità per la normale utenza), la Farmacia (con conseguente drastica riduzione delle scorte disponibili), i Gruppi Operatori, le Terapie Intensive e i Reparti di Medicina e Chirurgia, distogliendo risorse e personale sanitario determinanti per il normale funzionamento delle Unità Operative Ospedaliere e la salute e la sopravvivenza, anche, dei degenti e dei pazienti critici ricoverati.

Il modello israeliano Una risposta sanitaria valida è rappresentata dal cosiddetto “Modello Israeliano”. Si tratta di una scelta operativa introdotta dagli Israeliani nel 2000 in risposta alle specifiche problematiche precedentemente descritte e con l’obiettivo di superare e migliorare le capacità di risposta ospedaliera ad eventi di maxi emergenza susseguenti a situazioni calamitose e catastrofiche o in caso di aggressione terroristica. Questo modello, per la prima volta sperimentato nell’attentato di Taba-Egitto nell’ottobre 2004, prevede le seguenti misure e priorità: a) stabilizzazione dei soli pazienti con buone prospettive di sopravvivenza; b) trattamenti chirurgici salvavita o di preservazione degli arti; c) valutazione, stabilizzazione e trasferimento dei soli codici gialli e rossi; d) valutazione e ritardato trattamento dei codici verdi; e) creazione di un Triage Hospital su cui concentrare le risorse, provenienti anche da altri nosocomi, relativamente alla capacità di stabilizzazione dei feriti in arrivo; f) ricoverare nel Triage Hospital solo casi inderogabili;

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g) favorire il trasferimento e l’eventuale trattamento, anche chirurgico, in strutture ospedaliere precedentemente identificate e di alto profilo; h) concentrare, secondo piani prestabiliti, mezzi e personale per garantire l’evacuazione disciplinata, secondo un corridoio sanitario prestabilito, dal “cantiere” e dal Triage Hospital dei pazienti stabilizzati; i) creare una catena di Comando e Controllo in grado di prendere decisioni in tempi rapidi. Nel caso di Taba la sequenza degli eventi fu la seguente: q Ore 21,40 Auto bomba colpisce l’Hotel Hilton – ospiti in prevalenza israeliani; q Ore 21,50 Allertamento del Yoseftal Hospital di Eliat in previsione dell’apertura della frontiera con Israele, 100 Km dal più vicino “trauma center”; q Ore 22,00 Il Yoseftal Hospital di Eliat viene convertito in “Triage Hospital”; q Ore 22,10 Il Yoseftal Hospital di Eliat è operativo in qualità di “Triage Hospital”; Si ricercano teams sanitari per rinforzare le equipes già presenti; q Ore 22,20 Arrivo del primo paziente; Vengono identificati i “trauma centers” per i trasferimenti secondari Soroka Trauma Center Sheba Medical Center Pediatric Trauma Center - Danna; q Ore 23,30 Nuova esplosione in un resort in località Ras el Satan; Bilancio 38 morti e 185 feriti; Con 4 voli furono trasportati 23 medici, 35 paramedici, 12 infermieri, 150 unità di sangue; Vennero utilizzati i medici e personale paramedico che si trovava in vacanza nella zona; Vennero concentrate 34 ambulanze e gli aerei utilizzati per trasportare i teams sanitari vennero usati, nei viaggi di ritorno, per l’evacuazione dei feriti; q Ore 09,00 del giorno dopo Chiusura dello stato di emergenza. Il bilancio dell’attività sanitaria svolta fu più che soddisfacente. Nelle prime 4 ore furono trattati, in

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media, 23 pazienti/ora con punte di 35 pazienti nella seconda ora. L’afflusso dei feriti fu graduale ma continuo nel tempo. Vennero gestiti in modo ottimale 168 feriti in totale, in definitiva tutti i feriti delle due esplosioni; solo 23 furono i pazienti ricoverati nei 4 ospedali previsti e 11 furono gli interventi chirurgici di urgenza eseguiti, di cui solo uno nel “Triage Hospital” di Eliat. Il “Triage Hospital” quindi risultò una scelta estremamente efficace e complessivamente vincente. Ma a questo punto, sorge spontanea una considerazione: “in uno scenario metropolitano, da aggressione di tipo antropogenico, con centinaia di feriti facilmente recuperabili e la presenza di più ospedali nel raggio di pochi chilometri, il dispiegamento di un PMA è sempre pagante in termini di sopravvivenza dei pazienti?”. In definitiva Il PMA è una scelta sempre e comunque adeguata? Analizziamo le variabili e la tempistica in relazione ai tempi di attivazione del personale, al tempo di arrivo, al tempo di allestimento di un PMA su tenda pneumatica (circa 20 minuti), al momentaneo ridotto numero di personale disponibile, alle eventuali patologie e agli impegni immediati dell’equipe sanitaria nell’area colpita; circa 15 minuti per organizzare il coordinamento, la settorializzazione ed il triage e ci rendiamo conto come l’allestimento di un PMA su tenda, per lo scenario considerato ove è agevole reperire strutture ampie, sicure, al coperto, decentrate, facilmente raggiungibili e pronte all’uso e quindi rapidamente operative e convertibili in aree di raccolta feriti (scuole, palestre, palazzetti dello sport, etc.) sia una risposta assolutamente inadeguata e insufficiente. Se poi analizziamo la risposta sanitaria ci accorgiamo come la capacità operativa sia del tutto scadente. Il tempo di schieramento e operatività è di circa 35/40 minuti; il tempo minimo per valutare e stabilizzare un paziente 15/20 minuti; la capacità operativa di un PMA con una sola equipe è di circa 3 pazienti/ora; a 60 minuti, quindi, si saranno stabilizzati soltanto 6-8 codici rossi/gialli. Una risposta a dir poco deludente. Quando il PMA è realmente efficace in termini di risposta sanitaria e sopravvivenza delle vittime? Certamente in caso di una risposta differita; in presenza di aggressione con armi non convenzionali o di calamità naturali a patto che esista una reale capacità di dispiegamento rapido, in presenza di feriti estratti da macerie, feriti evacuati da zone contaminate, feriti evacuati da aree impervie o di difficile

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accesso, feriti che, in definitiva, vi accedono distanziati nel tempo e quando vi è una elevata disponibilità di equipes mediche (Figg. 1, 2).

Fig. 1 - Schema di “Risposta Immediata”.

Fig. 2 - Impiego di un PMA nella “Risposta Differita”.

Percentuali di successo in termini di sopravvivenza dei feriti. Dati del “British Fire & Rescue Service - United Kingdom Fire Service, Search & Rescue Team” (UKFSSART).

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Il Triage Hospital e la nostra esperienza Secondo la “First Consensus Conference on Medical Emergency Teams” del 2006 maggiore è la tempestività, maggiore è l’efficacia considerando che il maggior numero di vittime si riscontrano nelle prime 48 ore dall’evento (Tab 1). La stessa Consensus Conference introduce e stigmatizza due nuove opportunità operative: 1) Rapid Response System; 2) Triage Hospital. Si tratta di due ipotesi di intervento in sinergia e che fanno parte di un unico modello operativo di risposta sanitaria ad eventi antropogenici che hanno trovato, come abbiamo visto, un banco di prova, nell’attentato di Taba del 2004 dimostrandosi determinanti in termini di sopravvivenza dei pazienti e di efficacia dell’intervento. Il Corpo Militare E.I. - S.M.O.M., sin dal 2001, si è mosso per identificare e sviluppare un nuovo sistema di risposta, che si è nel tempo affinato facendo proprie le direttive della Consensus Conference, realizzando un Distaccamento Operativo di Emergenza del 2° Reparto E.I. - S.M.O.M. con Comando nella Città di Teramo, sede decentrata ma posizionata in un crocevia strategico sia per portare soccorso a Roma Capitale che per muoversi lungo le direttrici Nord-Sud. Tale struttura sanitaria di soccorso, inserita nei piani di Difesa Civile delle Prefetture di Teramo ed Ascoli Piceno, di concerto con la Regione Abruzzo e la ASL 106 di Teramo ha dato vita ad un progetto pilota di risposta sanitaria ad eventi critici. Il Distaccamento Operativo di Emergenza ha creato al suo interno un sistema di risposta rapida secondo le linee guida espresse dalla “Consensus Conference” e dalla “Società Italiana di Medicina delle Catastrofi” organizzando una “Rapid Responce Unit” strutturata in Teams Sanitari “Medical Emergency Teams” altamente addestrati a portare soccorso sanitario anche in aree impervie e zona ostile oltre che tecnicamente e professionalmente preparati nel rispondere alle diverse situazioni di emergenza sanitaria; tali “Teams” composti da 5 o 6 operatori, Ufficiali Medici e Infermieri esperti nelle procedure di soccorso e rianimazione, sono integrati da Unità Tecniche di ricognizione sanitaria “Medical Recon Teams”. Per contro la ASL 106 ha pianificato una risposta ospedaliera identificando il Triage Hospital e le strutture sanitarie di supporto ed allestendo in Teramo un eliporto ed un reparto “indisponibile” di isolamento per i pazienti contaminati.

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Il sistema è stato pianificato e collaudato durante la recente emergenza S.A.R.S. ed è risultato affidabile ed idoneo. I punti fondamentali di questo modello operativo sono: a) l’identificazione, l’organizzazione e l’addestramento dei “First Responders” in grado di effettuare un Triage velocissimo a cui si aggiungono le sole prestazioni salvavita; b) creazione di un corridoio sanitario obbligato; c) rapida evacuazione dei feriti esclusivamente con mezzi sanitari; d) centralizzazione delle vittime; e) identificazione del “Triage Hospital” e creazione della catena della sopravvivenza; f) utilizzazione e organizzazione ottimale delle risorse e impiego dei mezzi in più “sortite”; g) rapidità decisionale; f) evitare di ridurre la risposta sanitaria alla normale utenza.

Fulcro di questo modello operativo è il sistema “Track and Trigger”; saper intercettare precocemente l’evento critico e attivare rapidamente la risposta sanitaria determinata ed efficace. Ciò richiede, necessariamente, il dover creare un “sistema squadra” di cooperazione Civile-Militare, un miglioramento continuo della qualità con revisione critica degli scenari e delle ipotesi di risposta con periodica analisi dei risultati attesi così da predisporre interventi di tipo migliorativo. Una organizzazione ed una pianificazione continua quindi che prevede: a) pianificazione e progettazione; b) supervisione di tutte le funzioni del sistema; c) formazione del personale; d) mantenimento delle competenze acquisite; e) valutazione periodica dell’efficacia del sistema; f) gestione delle risorse, umane e tecnologiche. La ASL 106 di Teramo ha nel suo territorio 4 nosocomi nel raggio di 30 Km l’uno dall’altro. Il piano quindi prevede che in caso di necessità il Presidio Ospe-

Fig. 3 - Scheda sanitaria realizzata secondo le linee guida della “S.I.M.C.”, Società Italiana di Medicina delle Catastrofi (Sago Medica).

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daliero di Teramo si converta in Triage Hospital non trasferendo i malati ricoverati ma i feriti provenienti dal teatro (trasferimento secondario), dopo averli stabilizzati, nei Presidi di Atri, S. Omero e Giulianova che contestualmente libereranno posti letto dimet-

Fig. 4 - Schema di Triage START.

Fig. 5 - Esempio di configurazione standard di PMA su tenda pneumatica (Eurovinil).

Fig. 6 - Esempio di sala chirurgica allestita in tenda pneumatica (Eurovinil).

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tendo i malati in buone condizioni di salute. Saranno richiamati dai tre presidi, nel contempo, risorse in termini di personale, farmaci, sangue ed emoderivati che verranno eventualmente integrati da riserve disponibili provenienti dalle ASL di L’Aquila, Chieti e Pescara. Il Pronto Soccorso del neo creato Triage Hospital sarà esclusivamente dedicato, quindi, alle sole operazioni di triage, stabilizzazione, trasferimento secondario e eventuali cure indifferibili dei soli feriti provenienti dall’area colpita. Il concorso alle attività di soccorso del Distaccamento Operativo di Emergenza E.I. - S.M.O.M. consentirà, oltre all’attività sanitaria nel teatro dell’evento, di allestire una seconda Centrale Operativa dedicata all’emergenza in atto così da garantire il Servizio 118 alla normale utenza e senza indebolire il Sistema Territoriale dell’Emergenza.

Dotazioni sanitarie individuali e di Reparto Da tutto quanto esposto appare evidente come l’organizzazione sanitaria del’intervento e la dotazione sanitaria dei singoli operatori e di reparto, acquistino una importanza determinante nell’ottica della buona riuscita dell’intervento, dell’efficacia del soccorso e della sicurezza degli operatori stessi. Tenendo presenti gli obiettivi prioritari del modello operativo “Track and Trigger” e cioè valutare e categorizzare il maggior numero di persone possibile nel minor tempo ed evacuare rapidamente le vittime dalla zona di pericolo in base ai codici di gravità si sono seguite le linee guida della Società Italiana di Medicina delle Catastrofi adottando i modelli di triage “START” e “FAST” predisponendo cartelle cliniche “ad hoc” che seguiranno i feriti durante tutto il loro percorso all’interno delle strutture sanitarie (Fig. 3). Il metodo “START” (Simple Triage And Rapid Treatment), in particolare, previsto dal DPCM 13.02.2001 e utilizzato dalle squadre sanitarie sul terreno, consente una valutazione rapida del ferito nella “fast track area” focalizzando l’attenzione sulle funzioni vitali quali il respiro, il circolo e lo stato di coscienza (Fig. 4). Il Corpo Militare E.I. - S.M.O.M., poi, di concerto con la ASL 106 di Teramo e la Regione Abruzzo ha dotato il Distaccamento Operativo di Emergenza di materiale sanitario e attrezzature in grado di portare assistenza nella “fast track area” e di allestire un PMA secondo le direttive riportate nel decreto 116 pubblicato nella G.U. del 12.05.2001 (Figg. 5, 6), come dispo-

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sitivo funzionale di selezione e trattamento sanitario delle vittime in area decentrata, così come di presidi sanitari specifici, individuali e di reparto, atti a svolgere attività di soccorso, di seconda schiera ma in prossimità del teatro dell’evento (cantiere). In particolare il personale della “Rapid Responce Unit” ha in dotazione un “Medical Tactical Vest” (Fig. 7) (SMOM-MED-TV 01 per i medici e SMOM-MED-TV 02 per gli infermieri), uno zaino tattico di soccorso modulare “Medical Tactical BackPack” (Fig. 8) (SMOM-MEDT BackPacK) ed una borsa tattica di rianimazione “Medical Tactical Bag” (SMOM-MED-T-Bag) Particolare attenzione si è posta al trattamento dei feriti con ustioni e baro traumi, con traumi aperti e chiusi agli arti e alla defibrillazione precoce. Importante è poi garantire la sicurezza degli operatori con pacchetti di auto protezione per eventuali aggressioni da agenti chimici o da agenti patogeni. Questo sistema, più volte analizzato e simulato, presenta un ottimale utilizzo delle risorse sanitarie sul campo, in termini di equipes sanitarie, che vengono unicamente impiegate nella gestione critica dell’emergenza con punte di utilizzo e, quindi, di “success rate”, inteso come sopravvivenza dei feriti, nella fase della risposta immediata.

sabile opportunità per migliorare sempre più l’efficienza e l’efficacia del sistema a salvaguardia delle persone, dei beni e dell’ambiente, per conseguire elevati livelli di professionalità, per realizzare momenti di interscambio formativo, per migliorare la collaborazione e il raccordo operativo e, in definitiva, per valu-

Formazione continua Come diceva Oscar Wilde “l’esperienza è il nome che diamo ai nostri errori” ma purtroppo mai come in questo caso è valido ciò che affermava Aristotele che “ciò che dobbiamo imparare a fare, lo impariamo facendo”. L’addestramento fisico-operativo e la formazione professionale continua rappresentano i due capisaldi di qualsivoglia sistema di risposta sanitaria a eventi sia essi di tipo calamitoso che antropogenico. Il personale, anche quello “laico”, deve essere preparato alla gestione tecnico-sanitaria di una maxi emergenza in sicurezza con corsi di qualificazione per il trattamento del paziente critico, di Pronto Soccorso e interventi in emergenza, di rianimazione cardio-respiratoria e trattamento delle emergenze cardiovascolari, di monitoraggio in sicurezza, di defibrillazione precoce, di “Airwaiys Technical Support” e, non ultimo per importanza, di nozioni e tecniche per gestire l’ansia non solo dei feriti ma anche del personale e degli operatori presenti in teatro e la propria. La formazione continua rappresenta una indispen-

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Fig. 7 - Ufficiale Medico della “Rapid Responce Unit” con il nuovo “Medical Tactical Vest” (E.I.-S.M.O.M.).

Fig. 8 - Il nuovo zaino tattico di soccorso modulare “Medical Tactical BackPack” (E.I.-S.M.O.M.).

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tare gli scenari di rischio e l’efficacia della risposta. Un quadro di intervento così come ipotizzato necessita poi di una formazione specifica di tutte quelle figure sanitarie che rappresentano il complesso sistema decisionale che viene indicato come “Medical Disaster Management”. Occorre in questo caso, a nostro avviso, una formazione teorico-pratica di alto profilo e di livello universitario con la creazione di Masters di Primo livello per il personale infermieristico e di Secondo livello per il personale medico, questi ultimi intesi come veri e propri laboratori professionalizzanti che attuino percorsi formativi idonei a sviluppare un sistema di gestione dell’emergenza e del paziente critico rispondendo in modo completo all’esigenza di poter disporre, in un immediato futuro, di “Hospital Disaster Manager” e “Medical Disaster Manager”; personale medico di alto profilo, cioè, dedicato unicamente alla gestione dell’emergenza ed alla pianificazione della risposta sanitaria. L’addestramento, la formazione e la verifica continua, come già accennato, rappresentano il fulcro di qualsiasi sistema di risposta ed a maggior ragione in questo particolare ambito in cui necessariamente si impara dall’esperienza e dove, come diceva Winston Churchill, “… il successo è l’abilità di passare da un fallimento all’altro senza perdere l’entusiasmo” ma, altresì, dove il riconoscere un problema od un errore non sempre significa averlo superato e risolto.

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Convegno Dotazioni Sanitarie Campali

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Radiotelecomunicazioni in Sanità Militare Michele Tirico *

* Ten. Col. me t. ISSMI - Capo Servizio Terapia del Dolore, Policlinico Militare Celio - Roma.

Radiotelecomunicazioni in Sanità Militare Le ormai numerose esperienze vissute sia in ambito nazionale che particolarmente nei Teatri Operativi dal 1993 ad oggi assieme ad una personale specifica preparazione tecnica coltivata da molti anni, mi hanno portato a osservare con occhio particolare l'aspetto delle comunicazioni radio in ambito militare sanitario. La valutazione delle esperienze vissute ha messo in evidenza la necessità di dotare la Sanità Militare di sistemi e mezzi di comunicazione radio unificati ed integrabili tra le diverse Forze Armate da impiegare sia sul territorio nazionale che nei diversi Teatri Operativi.

Tentativi ufficiali di collegamenti radio sanitari sono stati avviati in modo sperimentale in Italia nel 1992 dall'Ospedale Militare di Bari e successivamente al Policlinico Militare di Roma.

Ricetrasmettitore commerciale compatibile con sistemi HF militari. È una alternativa potente ed economica ma con alcune limitazioni.

Montaggio di fortuna “a sedile” di una radio Sincars VHF in versione portatile. Soluzione necessaria per restare costantemente in contatto con tutta la colonna durante le pattuglie.

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A LATO: Radio mod.178 versione portatile. La radio è stata anche montata con successo in versione veicolare su alcune ambulanze tipo VM 90 in alcuni Teatri Operativi.

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Nei Teatri Operativi solo da alcuni anni vi sono state richieste accolte in IRAQ e in LIBANO utilizzando radio HF 178 in versione veicolare su VM 90 Ambulanza. La distribuzione centralizzata effettuata direttamente da UNIFIL di radio Motorola portatili collegate mediante ponti ripetitori ha consentito comunicazioni coordinate ed unificate in caso di Mass Casualty. I più lungimiranti e volenterosi hanno tentato in proprio, a volte con procedure inadeguate, in modo scoordinato e poco efficace, l’acquisizione di sistemi di trasmissione limitati a un breve raggio di copertura assolutamente non in grado di interfacciarsi con altri presenti nelle diverse Forze Armate, Enti di Protezione Civile ma anche all’interno della stessa Forza Armata. Ad oggi quindi personale, mezzi ed Enti sanitari militari italiani non sono, in genere, dotati di reti e sistemi di comunicazione radio né a breve né a medio o lungo raggio. Eccezioni da considerare con attenzione sono particolarmente i Carabinieri e l’Aeronautica Militare ma limitatamente alle zone aeroportuali. Anche il Corpo Militare della Croce Rossa italiana puó fornire utile esempio e spunto di riflessione. Le comunicazioni sanitarie militari sono state affidate di fatto per “comodità” alla telefonia cellulare che di per sé è poco integrabile, molto vulnerabile, costosa e scarsamente affidabile.

Impiego delle radiocomunicazioni sanitarie militari in Teatro Operativo Numerose situazioni necessitano l’utilizzo di sistemi di comunicazione radio in ambito sanitario militare ma in particolare la radio è certamente indispensabile per poter adempiere al meglio alle seguenti attività: • Ricerca e chiamata del personale sanitario: medici, infermieri, aiutanti di sanità, portaferiti, ambulanzieri/soccorritori; • Collegamenti tra mezzo sanitario e mezzi in QRF (Forza di reazione rapida) o in colonna; • Collegamenti tra mezzo sanitario in QRF e TOC (centro tattico operativo); • Collegamenti tra mezzo sanitario e Role 1 di appartenenza; • Collegamenti tra mezzo sanitario e Role 2 di trasferimento; • Collegamento tra mezzo sanitario ed elicottero medevac;

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Collegamento tra personale a bordo del mezzo sanitario e personale sanitario a terra in operazioni di assistenza e soccorso; • Collegamento di riserva tra Role 1 e Role 2 in Teatro operativo; • Collegamento di riserva tra Role 2/3 in Teatro e Role 4 in Patria; • Collegamento operativo e coordinamento in Mass Casualty nazionale ed internazionale. Sono certamente da considerare una serie di fattori piú o meno evidenti ma assolutamente importanti e reali. La necessità di collegamento tra unità sanitarie sia in Teatro Operativo sia nello stesso territorio nazionale si è ormai evidenziata da anni senza una reale risposta al problema. Tutti i sistemi di emergenza sanitaria sia pubblici che privati hanno scelto come sistema di comunicazione mobile principale il sistema radio. Tale sistema è stato preferito a quello telefonico cellulare per la sua immediatezza, costante efficienza, scarsa vulnerabilità, elevata economicità, capillarità, semplicità, ed infinita espandibilità ed interfacciabilità. Maggiormente in condizioni di eventi di massa, grandi calamità e operazioni congiunte, i sistemi radio hanno dimostrato la loro efficienza che di contro non si è riscontrata in quelli telefonici a filo e cellulari. La necessità di collegare personale sanitario, mezzi mobili sanitari ed Enti sanitari anche su vaste aree si è ancora più percepita in Teatri Operativi ostili. Vi è poi l’obbligo di adeguamento a disposizioni internazionali come ad esempio quanto richiesto in modo esplicito nel COE Manual ONU UNIFIL Libano. La soluzione che ad oggi si presenta più completa ed applicabile è quella di dotare tutti i mezzi sanitari, già a partire dal territorio nazionale, di apparati radio operanti su diverse bande a seconda delle necessità operative, abituando così il personale a tale mezzo di comunicazione, usufruendo in Patria ed in Teatro di una rete affidabile ed efficiente. La dotazione di apparecchiature multimodo e multibanda su ogni veicolo ed in ogni Ente o distaccamento sanitario consentirebbe una comunicazione ed informazione tempestiva attraverso un immediato allertamento contemporaneo di tutti gli Enti sanitari operanti nel territorio affidando alle comunicazioni via filo o telefonia cellulare ove presente, quelle informazioni meno urgenti, personali e riservate. La telefonia cellulare resterebbe comunque come •

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sistema secondario speditivo diretto ma con affidabilità ridotta e costi elevati. Tutti i sistemi dovrebbero essere necessariamente interfacciabili con sistemi radio di Forza Armata anche per uso tattico non sanitario. In particolare dal punto di vista tecnico potrebbe essere utile procedere in modo da:

Assegnare frequenze radio a carattere sanitario esclusivo sulle diverse bande HF, VHF, UHF da condividere tra tutte le Forze Armate e da utilizzare in emergenza o comunque in contesti di impiego comune o come mezzo alternativo di comunicazione tra Enti/Unità; Assegnare frequenze radio a carattere sanitario

Le ambulanze USA sono di norma tutte dotate di sistemi di comunicazioni radio.

Ambulanza italiana VM 90 in Afghanistan. Le comunicazioni radio non sono state previste per questo mezzo. Alcune sono state temporaneamente dotate di sistemi di comunicazioni radio HF 178 veicolari.

Blindato ambulanza USA: Sistemi radio e contromisure elettroniche sono presenti ed efficaci.

Prototipo del VTLM Lince portaferiti, non presenta antenne radio o apparati di comunicazione. Auspicabile la dotazione radio necessaria.

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Ambulanza belga su veicolo blindato in Libano. Sono normalmente dotate di sistemi di radiocomunicazione.

Ambulanza italiana VM 90 nel deserto Afghano. È completamente dipendente per la sicurezza e le comunicazioni dai VTLM Lince di scorta.

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esclusivo di Forza Armata di impiego ordinario e quotidiano; Acquisire e installare apparati radio veicolari da fornire già in territorio nazionale a tutti i mezzi mobili sanitari operanti su bande HF, VHF, UHF; Acquisire apparati radio portatili VHF, UHF in numero tale da coprire tutte le esigenze di collegamento tra personale sanitario, Enti, Unità e mezzi mobili; Acquisire e distribuire apparati radio portatili e

VM 90 Protetto ambulanza tipo A del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana. È dotato di un potente sistema radio HF e VHF commerciale.

veicolari da fornire già in territorio nazionale a tutti i mezzi mobili sanitari operanti su bande HF, VHF, UHF; • Acquisire apparati radio veicolari in modalità fissa da installare nei diversi Enti sanitari fino a livello di infermeria compresa. Si potrebbe quindi concludere questa breve esposizione, forse per alcuni piuttosto tecnica ma spero utile, finalizzata ad avere a disposizione una possibile proposta certamente da meglio sviluppare e valutare. Le difficoltà di comunicazione sanitaria che in ogni Teatro si sono presentate puntualmente hanno dato di volta in volta maggiore credito a queste valutazioni e proposte di soluzioni. Non ci si può certo aspettare un cambiamento immediato ma anche già la consapevolezza del problema costituisce un notevole passo avanti. Certamente le soluzioni e le innovazioni che qui sono state presentate e proposte avrebbero per la Sanità Militare una valenza epocale. Si otterrebbe finalmente un reale adeguamento tecnologico e di procedure che porterebbe poi di riflesso ad una maggiore e sostanziale spinta verso la configurazione interforze di tutto il sistema sanitario favorendone l’effettiva integrazione funzionale. La Sanità Militare potrebbe così essere esempio di efficienza, dialogo e collaborazione per tutte le componenti del comparto Difesa e Sicurezza dello Stato.

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APPARATI RADIO DI FORZA ARMATA - PRESENTE E FUTURO

CNR2000: CUORE DEL NUOVO SISTEMA HF

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AGGIORNAMENTO SISTEMA VHF

Afghanistan OMLT IV - 20 febbraio/20 maggio 2008. Bivacco notturno. L'ambulanza VM 90 è l'unico mezzo della colonna in pattuglia non dotato di protezione balistica, di sistemi radio di comunicazione veicolare, di climatizzatore del vano guida e di contromisure elettroniche.

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Studio

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Prodotti biotecnologici derivati dalle piastrine in medicina rigenerativa Platelets derived biotechnological products in regenerative medicine Dott. Marco Scala * C.V. (SAN) Raffaello Colalillo ° Dott.ssa Maddalena Mastrogiacomo • Dott. Giancarlo Carbone ° Dott.ssa Anita Muraglia # Dott. Paolo Strada § Prof. Ranieri Cancedda • * Istituto Nazionale per la ricerca sul cancro - Genova ° Servizio di Immunoematologia e Trasfusionale Marina Militare - La Spezia • Istituto Nazionale per la ricerca sul cancro e Dipartimento di oncologia, Biologia e Genetica - Genova # Biorigen Srl - Genova. § Servizio di Immunoematologia e Trasfusionale, Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino - Genova.

Riassunto - La biomembrana derivata dal sangue di donatori o pazienti rappresenta un prodotto biotecnologico di facile impiego nella clinica per la rigenerazione di ampie lesioni cutanee e ossee. Dalla nostra esperienza e quella di gruppi nazionali e internazionali il gel piastrinico risulta un buon veicolo di fattori di crescita che supportano la crescita e il differenziamento delle cellule coinvolte nel processo rigenerativo. Gli studi pre-clinici condotti su animali di grossa taglia e gli studi clinici, come gli Autori descrivono nel presente Studio, dimostrano l’efficacia della biomembrana nei processi riparativi. Parole chiave: Ingegneria dei Tessuti, Biomembrana, Growth Factors, Gel Piastrinico.

Summary - Biomembranes derived from the blood of donors or patients represent a biotechnological product of easy employment in clinical field, for regenerative purpose of wide cutaneous and bony lesions. From national and international groups and from our experience, the platelet gel turned out to be a good vehicle of factors which increase and support the differenziation of the cells being involved in the regenerative process. The Authors describe in the present study the preclinical studies carried out on large animals and the clinical studies which demonstrate the effectiveness of the biomembranes in the reparative processes. Key words: Tissue Engineering, Biomembranes, Growth Factors, Platelet Gel.

L’ingegneria dei tessuti è una nuova area di ricerca che applica i principi della biologia, dell’ingegneria e le conoscenze della medicina alla produzione “in vitro” di cellule e tessuti trapiantabili(1-4). Oggi le soluzioni tipiche che la medicina offre per la sostituzione di organi e tessuti sono la protesi, cioè l’impianto di un sistema totalmente artificiale, o il trapianto, cioè l’applicazione di un componente totalmente biologico prelevato da un altro organismo, umano o di altra specie animale. I limiti sono noti: nel primo caso non si riesce a garantire alla protesi la necessaria compatibilità che consentirebbe una sostituzione senza effetti indesiderati e l’affidabilità che assicurerebbe il mantenimento di adeguate proprietà funzionali nel tempo; nel secondo caso invece resta la difficoltà della compatibilità tra donatore e ricevente, come anche la scarsità di donazioni.

L’ingegneria dei tessuti prospetta una via intermedia (5-7). La riparazione dei tessuti danneggiati, difficilmente riparabili, può essere ottenuta ricostruendo e trapiantando tessuti umani prelevando cellule dello stesso paziente. Il progresso della biologia e delle tecniche di coltura delle cellule rende oggi possibile espandere selettivamente specifiche popolazioni cellulari. L’associazione di cellule ottenute “ex vivo” con materiali biocompatibili e biodegradabili sta portando alla produzione di tessuti ingegnerizzati trapiantabili, che possono essere usati nella riparazione di organi e tessuti. I primi tessuti ricostruiti in vivo e utilizzati in terapia umana sono stati l’epidermide e gli altri epiteli stratificati. Esempi di terapia cellulare ed ingegneria dei tessuti, ancora in fase preliminare, riguardano la riparazione del tessuto muscolare scheletrico e cardiaco,

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il trapianto di cellule endocrine specifiche, l’espansione di cellule del midollo osseo per successivo trapianto in pazienti neoplastici dopo trattamenti ablativi, la coltura di cellule endoteliali per il rivestimento di protesi vascolari, l’espansione in vitro di cellule con potenziale neurorigenerativo. Cellule coltivate ex vivo vengono utilizzate anche per l’ingegnerizzazione di “organi artificiali ibridi” quali rene, fegato e pancreas “artificiali”. La nostra attenzione è da anni rivolta verso la riparazione di tessuti scheletrici e cutanei per la quale esistono enormi potenzialità applicative sia in ambito civile come la medicina delle catastrofi che in quello militare come la medicina di guerra (8-15). Il tessuto osseo possiede notevoli capacità rigenerative, la cui più ovvia manifestazione è il processo di riparazione delle fratture. Il potenziale rigenerativo dell’osso però può essere insufficiente in particolari situazioni. La patologia umana fornisce un ampio spettro di lesioni di origine e natura diverse (perdite di sostanza post-traumatiche, resezioni chirurgiche etc.) nelle quali il potenziale autoriparativo dell’osso è insufficiente a garantire un’effettiva “restitutio ad integrum” e limita le stesse possibilità di intervento chirurgico. Su questa base l’uso di innesti e trapianti di tessuti scheletrici è da tempo perseguito come un’importante risorsa terapeutica. Tutte le tecniche ad oggi fattibili trovano una decisiva limitazione nelle dimensioni massime utili dell’innesto o trapianto, sempre modeste anche laddove l’uso di tessuto autologo elimini ogni problema di istocompatibilità (16-21). Tuttavia negli ultimi anni sono apparsi sempre più definiti il ruolo e l’importanza rivestiti dalle piastrine nei meccanismi di riparazione tissutale (cutanei o ossei) mediati dalla colla di fibrina. Significativi risultati infatti sono stati ottenuti con l’applicazione in situ di piastrine autologhe iper-concentrate e attivate in forma di gel o biomembrana in combinazione o meno con la colla di fibrina. Le piastrine, infatti, sono paragonabili a dei laboratori-magazzini cellulari che elaborano, immagazzinano e quindi rilasciano (se attivate) numerosi fattori di crescita (growth factors o GFs), capaci di stimolare la replicazione delle cellule di origine mesenchimali come fibroblasti, osteoblasti e cellule endoteliali esercitando peraltro, un’azione chemiotattica verso macrofagi, monociti e polimorfonucleati. Pertanto, rilasciati localmente, i GFs innescano vari meccanismi di rigenerazione tessutale. Questa capacità delle piastrine ad intervenire nei meccanismi di

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riparazione tissutale ha costituito il presupposto teorico all’utilizzo del gel di piastrine (PG) in diverse circostanze, tutte accomunate dall’esigenza di attivare un processo di riparazione tissutale. Lo scopo del loro utilizzo è, infatti, quello di accelerare e facilitare le vie ed i meccanismi che conducono alla rigenerazione tissutale ed alla guarigione delle ferite. Negli ultimi anni sono notevolmente aumentate le conoscenze in materia. Particolare attenzione è stata rivolta allo studio ed alla valutazione dei fattori di crescita contenuti dalle piastrine. Molto numerose sono, oramai, le segnalazioni di letteratura riguardanti l’impiego topico di fattori di crescita come PDGF, TGF-beta, EGF, IGF-1 che è possibile rendere disponibili, per uso clinico, con metodiche facilmente eseguibili. Le piastrine possono rappresentare, quindi, una fonte autologa o anche omologa di fattori di crescita clinicamente impiegabili. I fattori di crescita (GF) sono peptidi che agiscono sulle cellule come mediatori biologici naturali regolando la loro attività cellulare in maniera del tutto simile a quella degli ormoni. I GF vengono rilasciati da macrofagi, neutrofili, linfociti, piastrine e fibrobasti. Essi possono indurre la migrazione cellulare, la mitosi o addirittura possono a loro volta stimolare la produzione di altri fattori necessari per la riparazione delle ferite. I GF si legano alle cellule da stimolare mediante specifici recettori di superficie e possono dare luogo ad una risposta inibitoria o stimolatoria a seconda dell’interazione con gli altri fattori e con il microambiente cellulare nel quale sono stati liberati. La cascata di eventi provocata dai fattori di origine piastrinica avviene in maniera similare a quella degli ormoni che agiscono a livello cellulare stimolando la proliferazione e la differenziazione delle cellule. Tali fattori, pertanto, regolano i vari eventi cellulari coinvolti anche nella guarigione tissutale quali il reclutamento di cellule indifferenziate, la proliferazione e la differenziazione, la chemiotassi, la sintesi della matrice extracellulare e la neoangiogenesi. In natura sono note sette famiglie principali di fattori di crescita: 1) EGF Epidermal growth factor; 2) TGF beta Transforming growth factor- beta; 3) IGF insulin like growth factor; 4) PDGF plateled derived growth factor; 5) FGF fibroblast growth factor; 6) ILs Interleuchine; 7) CSF colony stimulating factor.

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I tessuti lesionati contengono molti fattori che ricoprono un ruolo essenziale nella loro riparazione (22-24). Da quanto detto finora risulta chiaro che un approccio biotecnologico basato sull’utilizzo di gel piastrinico potrebbe rappresentare un buon metodo per riparare tessuti cutanei e ossei (25). Il prodotto identificato è sicuramente caratterizzato da elevata maneggevolezza, è trasportabile e impiegabile in qualsiasi situazione d’emergenza in ambito sia civile che militare (Fig. 1).

Modalità di produzione della biomembrana La produzione della biomembrana di gel piastrinico può essere effettuata utilizzando emocomponenti autologhi raccolti con diverse metodologie. Il gel piastrinico (PG) è un nuovo emocomponente che risulta dall’attivazione della miscela di due emocomponenti tradizionali: 1) concentrato piastrinico; 2) crioprecipitato. Il concentrato piastrinico è fonte di fattori di crescita e il crioprecipitato di fibrinogeno, fibronectina e altri fattori procoagulanti base per la formazione della colla di fibrina. L’attivazione mediante la trombina (enzima ad atti-

vità procoagulante) in presenza di calcio cloruro (o gluconato) determina la formazione di un gel costituito da colla di fibrina (CDF) e aggregato piastrinico. La presenza di CDF, oltre che apportare proteine della matrice come la fibronectina aumenta la plasticità e malleabilità del PG che risulta così facilmente manipolabile in funzione alle esigenze pratiche di applicazione (ulcere, tessuto osseo). La miscela può essere aliquotata sterilmente e conservata a - 40° in forma di lisato di piastrine, sospese in crioprecipitato e utilizzato in differita per applicazioni successive. La raccolta degli emocomponenti necessari per produrre il PG viene effettuata sostanzialmente con due modalità: 1) prelievo in sacca quadrupla di 450 mL di sangue intero con successiva separazione di plasma povero e concentrato piastrinico; 2) mediante prelievo multicomponente (piastrine concentrate e plasma povero) con separatore cellulare. Il plasma ottenuto segue l’iter per la produzione del crioprecipitato che verrà miscelato a pari volume con il concentrato piastrinico ottenuto. L’intervallo di tempo necessario tra la fase di raccolta e la prima applicazione del gel è di almeno 24 ore, necessarie per la produzione del crioprecipitato autologo.

Fig. 1 - Logistica del supporto sanitario trasfusionale in scenari operativi in e fuori area.

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La formazione del PG avviene nello spazio di 4-5 minuti a fronte del tempo di coagulazione imposto dalla trombina. Durante questo lasso di tempo l’operatore potrà individuare il momento più idoneo all’applicazione del prodotto in funzione della patologia da trattare. Nel riempimento di cavità l’attivazione potrà essere effettuata miscelando le singole componenti in siringa ed iniettando nella cavità quando il PG ha consistenza semiliquida. Nei casi in cui si richieda un’applicazione per apposizione (ulcere cutanee), l’attivazione del prodotto verrà effettuata in capsula di Petri o su altro specifico supporto fino alla formazione di una membrana da applicare sul tessuto o da suturare. Al fine di semplificare e renderne più efficace la

gestione da parte dell’operatore, sono stati sviluppati specifici presidi piani (cd. biomembrane) ovvero tridimensionali o ancora in altre forme idonee ad adattare in modo ottimale il preparato alla lesione da trattare.

Applicazione della biomembrana: casi pre-clinici Nella Figura 2 è mostrato il trattamento di una ferita da arma da fuoco in un Pony Sh. Sono chiaramente visibili i fori di entrata e di uscita del proiettile. La biomembrana è stata suturata ai margini delle ferite. Dopo 30 giorni dalla prima applicazione la ferita di entrata era guarita e quella di uscita notevolmente ridotta di dimensioni.

Fig. 2 - Applicazione della biomembrana ingegnerizzata su ferita di arma da fuoco in Pony Sh. di 4 anni.

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Applicazione della biomembrana: casi clinici Applicazioni di chirurgia rigenerativa in Odontostomatologia e chirurgia maxillo-facciale In Chirurgia Odontostomatologica e MaxilloFacciale spesso il chirurgo si trova di fronte alla necessità di dover riparare difetti ossei più o meno grandi a seguito di fatti degenerativi, traumi o gravi atrofie o di dover sostituire segmenti ossei dello scheletro facciale per perdita di sostanza conseguente a chirurgia demolitiva per neoplasia. Inoltre molto frequente è il problema del paziente edentulo portatore di grave atrofia dei mascellari, costretto a portare protesi rimovibili incongrue con gravi problemi masticatori, estetici ed algici legati a turbe della sensibilità. La ricostruzione di una adeguata impalcatura ossea, fornendo il supporto per impianti endossei osteointegrati sui quali è possibile ancorare una protesi fissa, permette di poter ripristinare la capacità masticatoria, che diventa simile a quella dei denti naturali con conseguenti benefici nutrizionali e digestivi, il riacquisto di una normale condizione fonetica e un miglioramento delle condizioni estetiche e del benessere psicologico. L’espansione e l’innalzamento delle creste atrofiche ottenibili con queste tecniche possono infatti permettere la ricostruzione di arcate di dimensioni fisiologiche. I Fattori di Crescita Osteoinduttivi contenuti nelle

piastrine sembrano svolgere un ruolo critico nei processi osteorigenerativi e nella guarigione. È stato dimostrato infatti che la fase iniziale della rigenerazione sia caratterizzata dal rilascio, in sede di innesto, di Pdgf, Tgf-beta e Igf-I e II, mediante degranulazione delle piastrine. I Biomateriali, materiali a base di calcio e fosforo, i principali componenti delle ossa del corpo umano, garantendo biocompatibilità e bioattività, fungono da supporto e guida per la rigenerazione del tessuto osseo. L’associazione di fattori di crescita, biomateriali e cellule stromali di midollo osseo costituisce un passo avanti nella ricerca clinica nel trattamento delle perdite di sostanza ossea: le proprietà osteoconduttive ed osteoinduttive del biomateriale favoriscono la differenziazione di queste cellule in osteoblasti e guidano la formazione di nuovo osso all’interno dello scaffold poroso che funziona da “template” per il nuovo sistema osteogenetico. In collaborazione con la Chirurgia Rigenerativa del Dipartimento di Terapie Chirurgiche Integrate dell’Istituto Nazionale per la Ricerca su Cancro di Genova, abbiamo applicato il gel piastrinico e la colla di fibrina per stimolare la crescita sia di tessuto osseo per effettuare un successivo intervento di implantologia (25-29). Nel caso illustrato una paziente di 37 anni affetta da Piorrea con grave atrofia del processo alveolare in regione degli incisivi dell’arcata superiore (Fig. 3).

Fig. 3 - Ricostruzione del processo alveolare nell’arcata superiore, nella zona degli incisivi.

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Dopo l’impianto del biomateriale ai successivi controlli a 90, 180 e 360 giorni, la paziente mostrava attività proliferative nella regione mascellare trattata. Tale attività viene evidenziata mediante ortopantomoscintigrafia. Al controllo dopo 6 mesi si poteva già osservare formazione di osso e di tessuto epiteliale non cheratinizzato. A 18 mesi dal trattamento è stato possibile effettuare l’intervento di implantologia ed ottenere la protesizzazione della paziente con buon risultato estetico e funzionale come mostrato in figura (10).

o per via trans-alveolare (crestale) è oramai considerata una tecnica chirurgica predicibile con risultati soddisfacenti sia a breve sia a lungo termine. Da un accesso operatorio intraorale, dopo aver praticato una breccia a livello della parete anteriore del mascellare, solleviamo la membrana di rivestimento delicatamente ed esponiamo il pavimento del seno. A questo punto procediamo al riempimento dello spazio formatosi con gel piastrino, osso del paziente particolato e/o biomateriale.

Il grande rialzo del seno mascellare La legge di Wolf stabilisce che l’osso si rimodella in funzione delle forze che su di esso si esercitano. Infatti l’osso necessita di stimoli per mantenere la sua forma e densità e sono i denti che esercitano queste forze di compressione e di trazione sull’osso alveolare. Una cresta alveolare edentula dà luogo ad un progressivo riassorbimento osseo alveolare conseguente alla scomparsa dello stimolo trofico. Ciò comporta nel mascellare superiore, la presenza di un seno mascellare ampio, confinante con la cresta alveolare edentula. Tale situazione anatomica, comportando una ridotta altezza dell’osso alveolare, è stata per anni considerata una controindicazione agli impianti dentari. In realtà ciò deriva dal fatto che in passato il pavimento del seno mascellare era considerato zona di scarsa capacità di formazione ossea. Solo con l’avvento di tecniche implantologiche avanzate, la chirurgia del seno ha dimostrato la possibilità di osteoneogenesi dalle pareti e dal pavimento del seno stesso, comportando la possibilità di incrementare l’altezza dell’osso tale da permettere il posizionamento di impianti con conseguente abbandono della protesi mobile ed il posizionamento di una protesi fissa ancorata agli impianti. La chirurgia del seno ha visto proporre in questi ultimi anni numerose tecniche. Quella che è considerata, allo stato attuale delle conoscenze, la più sicura e controllabile è quella della fenestrazione antero-laterale con sollevamento della membrana dal pavimento del seno e successivo riempimento con materiale biologicamente attivo per la rigenerazione dell’osso. L’elevazione della membrana del seno mascellare a scopo implantologico con approccio antero-laterale

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Viene praticata una finestra sulla parete anteriore del mascellare superiore.

Il materiale di riempimento biologicamente attivo viene posizionato al di sotto della membrana di rivestimento per la rigenerazione ossea ed ottenere così un incremento in altezza della cresta alveolare edentula. Per evitare di perforare la membrana del seno mascellare al momento di praticare la finestra ossea, utilizziamo la Chirurgia Piezoelettrica, che permette di operare delicatamente in modo da non traumatizzare i tessuti molli. In virtù di questo processo, creiamo le condizioni per ottenere la trasformazione in osso del materiale innestato. In presenza di uno spessore sufficiente di osso (ca.

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5mm) tale da permettere una ritenzione primaria, gli impianti possono essere inseriti contemporaneamente all’intervento; viceversa è necessario attendere la rigenerazione ed il consolidamento dell’osso per un periodo di circa 6-8 mesi prima di procedere al posizionamento degli impianti.

Fig. 4 - A livello dell’emiarcata superiore sx è visibile l’area dove è stato effettuato il grande rialzo di seno. I due impianti risultano perfettamente integrati a distanza di otto mesi dall’intervento..

Applicazioni di Chirurgia Rigenerativa nel trattamento delle ulcere, piaghe e “ferite difficili” L’Italia, in base all’invecchiamento della popolazione, ha il primato in Europa di malati affetti da piaghe/ulcere con un numero stimato intorno ai due milioni (fonte “The Ageing Society” Osservatorio permanente della terza età), per lo più ulcere da decubito, da diabete o varici. La spesa/anno in Italia per queste cure è pari a circa 850 milioni di euro, cioè tre volte in più degli altri Paesi europei. L’utilizzo della innovativa terapia della biomembrana potrebbe dunque non solo recare significativi benefici a migliaia di individui, ma incidere positivamente anche sulla spesa sanitaria del Paese. Inoltre, non va dimenticato l’aspetto riabilitativo fisico, psicologico, familiare e sociale. Quindi, è importante non solo curare la lesione, ma migliorare la qualità di vita delle persone che ne sono affette, riducendo il numero delle medicazioni ed accelerando i tempi di guarigione( 31-33). Il posizionamento in sede della biomembrana deve essere preceduto dal trattamento della lesione. È necessario mirare alla rimozione di tutte quelle barriere che ostacolano la guarigione. Grande impor-

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tanza assume quindi la preparazione del letto della lesione, secondo i principi della Wound Bed Preparation che prevede la rimozione della necrosi, della fibrina, della carica batterica, il controllo e la riduzione degli essudati, la correzione della disfunzione cellulare e dello squilibrio biochimico. Occorre ripristinare il fondo della ferita e le funzioni della matrice extracellulare attraverso il debridement (episodico o continuo). Inoltre la presenza di elevata carica batterica o della flogosi cronica provoca un incremento delle citochine infiammatorie e dell’attività proteasica, con riduzione dell’attività dei fattori di crescita. Dobbiamo quindi agire contro il contagio batterico e ridurre l’infiammazione attraverso l’uso sistemico di antimicrobici sulla guida dell’esame colturale, di antinfiammatori, inibitori delle proteasi, antisettici topici. La disidratazione cutanea rallenta la migrazione delle cellule epiteliali mentre un eccesso di liquidi causa la macerazione dei margini della ferita. In questi casi vanno applicate medicazioni che mantengono il corretto grado di umidificazione tissutale e vanno rimossi i liquidi utilizzando la compressione e/o la pressione negativa. L’efficace azione di debridement determina la correzione del microambiente ed il ripristino dei fisiologici stimoli alla riparazione permettendo la migrazione dei cheratinociti e la risposta delle cellule della ferita. È a questo punto che la lesione è pronta per accogliere la nostra biomembrana. Siamo soliti applicare la biomembrana sul letto della ferita, adattandola ai bordi e fissandola con pellicole adesive. Essa dovrà rimanere in sede per circa 12 giorni ed essere quindi sostituita fino alla completa restituito ad integrum della lesione. Nella Figura 5 è riportato il caso di una paziente anziana portatrice di due ulcere da pressione in regione malleolare esterna trattata con biomembrana. Dopo 4 applicazioni effettuate a distanza di 2 settimane l’una dall’altra le lesioni sono guarite. La Figura 6 riporta il caso di un ragazzo di 27 anni, paraplegico dall’età di 14 anni portatore di una piaga da decubito di grandi dimensioni in regione ischiatica. Il paziente era già stato sottoposto a tre interventi di chirurgia plastica senza successo. La difficoltà dell’intervento risiedeva non solo nelle grosse dimensioni della perdita di sostanza, ma anche dalla posizione seduta ed immobile alla quale il soggetto era costretto almeno 16 ore al giorno, che rendeva vano qualsiasi intervento di chirurgia ricostruttiva classica

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Fig. 5 - Applicazione della biomembrana su due ulcere in regione malleolare esterna. La biomembrana è stata fissata con pellicola adesiva al piano cutaneo. Dopo 4 applicazioni le lesioni sono completamente guarite.

Fig. 6 - La Biomembrana nel trattamento delle ulcere, piaghe da decubito e ferite difficili.

con lembi di trasporto, a causa dell’effetto ischemico esercitato sui tessuti. Grazie all’applicazione del biomateriale il drenaggio è stato tolto in 2a giornata, non si sono formate fistolizzazioni o sieromi e al controllo a 30 giorni (Fig. 6C) la guarigione procedeva in maniera spedita senza suppurazioni e formazione di tessuti necrotici. La restituito ad integrum della lesione è avvenuta a 40 giorni (Fig. 6D).

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Conclusioni La biomembrana derivata dal sangue di donatori o pazienti rappresenta un prodotto biotecnologico di facile impiego nella clinica per la rigenerazione di ampie lesioni cutanee e ossee. Dalla nostra esperienza e quella di gruppi nazionali e internazionali il gel piastrinico risulta un buon veicolo di fattori di crescita che supportano la crescita e il differenziamento delle

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cellule coinvolte nel processo rigenerativo. Gli studi pre-clinici condotti su animali di grossa taglia e gli studi clinici, come sopra descritti, dimostrano l’efficacia della biomembrana nei processi riparativi.

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Studio

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Studio psicosociale delle basi Antartiche Uruguayane Psychosocial study on Antarctic Uruguayan stations Angela Quartarolo *

Antonio Peri °

* Dott.sa - Instituto Antartico Uruguayo - Montevideo. ° Contrammiraglio (SAN) a. Prof. - Università degli Studi di Camerino.

Riassunto - Il lavoro presenta i risultati di uno studio sull’adattamento fisico, psicologico, sociale, del personale operante nella base scientifica antartica uruguayana Artigas (Isola Rey Jorge, Lat. 62º 11´ S, Long. 58º 54´ W) nel corso di 3 campagne invernali consecutive dal 2004 al 2006. I soggetti che hanno partecipato alla ricerca sono stati 15, cinque per ogni campagna. Per esplorare l’eventuale cambiamento delle condizioni emotive, fisiche, sociali e delle strategie di coping sono stati impiegati i seguenti strumenti psicometrici: il PANAS, il questionario di Autovalutazione Socio Emotiva, l’inventario dei disturbi soggettivi di salute (SHC), il COPE. I questionari sono stati somministrati quattro volte nel corso della campagna invernale durata circa un anno. I dati raccolti, sebbene condizionati da alcune limiti di natura metodologica, presentano un quadro generale dell’adattamento psicosociale in questa stazione complessivamente soddisfacente nelle differenti aree studiate. È stato rilevato un lieve ma significativo aumento dell’umore negativo, un deterioramento delle relazioni socio-emotive con i compagni di spedizione ed il gruppo professionale di appartenenza, un lieve peggioramento della salute soggettiva dopo il midwinter. Questi cambiamenti sembrano identificare la seconda metà o il terzo quarto della permanenza antartica come la fase più difficile e critica. Non sono stati registrati cambiamenti significativi delle strategie di coping ad eccezione di un significativo decremento, specie dopo il midwinter di due delle strategie più impiegate (reinterpretazione positiva e crescita e coping attivo). Tutti i segnali sopra descritti lasciano supporre una sorta di generale stanchezza, di “esaurimento”, seppure temporaneo, delle risorse nell’affrontare i fattori stressanti delle spedizioni antartiche ed una elevata interdipendenza tra variabili fisiche, psicologiche, sociali in un ambiente isolato e confinato.

Summary - This paper shows the results of an investigation about the physical, psychological and social adaptation of human groups living in the scientific Uruguayan Antarctic station Artigas (King Gorge island, 62º 11´ S, 58º 54´ W). Five subjects each campaign participated in the research, during three winter expeditions from 2004 to 2006. Totally 15 subjects participated in the investigation. In order to explore the possibile changes of physical, emotional, social conditions and coping strategies, the following psychometric tools were used: The PANAS, the Socio Emotional Self Assessment (SESA) questionnaire, the Subjective Health Complaints (SHC) Inventory, the COPE questionnaire. The psychological instruments were administered four times during the winter campaign about one year long. The data gathered, even if we have to consider some methods weaknesses, show a satisfactory psychosocial adjustment in the groups. A little but significant increase of negative mood, a little but significant impairment of social realtionships with group mates and professional team mates, and a little worsening of subjective health was recorded after midwinter. No significant changes were observed in the coping strategies except for a decrease of the two most intensely used coping strategies (positive reinterpretation and growth, active coping) after midwinter. These changes suggest that second half of the campaign or the third quarter of Antarctic stay is the most difficult and critical. The above results suggest also a fatigue, a general exhaustion, although temporary, of the resources used to deal with the Antarctic stressors and a high interdependence between physical, psychological and social factors in a confined and isolated environment.

Parole chiave: Antartide, Adattamento psicosociale, Stress, Strategie di coping, Salute psicofisica.

Key words: Antartica, Psychosocial adjustment, Stress, Coping strategies, Psychophysical health.

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Introduzione Le basi antartiche sono tra i luoghi più isolati della terra durante il lungo inverno polare e rimangono inaccessibili per molti mesi. Le condizioni climatiche ostili dell’ambiente esterno (Carrere, Evans & Stokols, 1991; Suedfeld & Steel, 2000), caratterizzate da temperature molto rigide (inferiori a -50°C), da aria particolarmente secca e rarefatta, da luce naturale assente o ridotta, inibiscono fortemente la mobilità degli individui e determinano una situazione sociale paragonabile per molti versi a ciò che viene definito una “istituzione totale” (Goffman, 1961; Demarchi, Ellena, 1976). In tali condizioni ciascun membro del gruppo si trova ininterrottamente esposto alla forzata interazione con gli altri, ai loro inevitabili giudizi. La privacy è scarsa o assente, è difficile distinguere tra tempo di lavoro e tempo libero, tra ruoli istituzionali e spontanei, e soprattutto è impossibile allontanarsi anche solo temporaneamente da tale contesto interpersonale (Law, 1960; Blair, 1991), specialmente quando non è percepito come amichevole. Le stazioni antartiche possono rappresentare per gli individui che le popolano un rifugio ed una prigione al tempo stesso. L’organizzazione lavorativa e sociale è basata su una forte interdipendenza e la stretta, frequente, interazione tra

i soggetti influenza significativamente ogni aspetto della vita (emotiva, sociale e lavorativa) come è, peraltro, prevedibile in un sistema chiuso. I partecipanti alle spedizioni antartiche portano in questo contesto la loro personalità, le loro abilità e le loro carenze, le strategie abitualmente usate per confrontarsi con le situazioni di stress. Tali caratteristiche preliminari possono influenzare fortemente il risultato del processo di adattamento individuale all’inverno. Questo tipo di vita può costituire una notevole fonte di stress per i partecipanti alle spedizioni (Peri, Barbarito, Ciufo, Ruffini, 2002). L’adattamento psicosociale alle condizioni di vita antartiche è stato studiato con metodi diversi (Nelson, Gunderson, 1964; Strange, & Klein, 1974; Rivolier, 1992) nei diversi paesi negli ultimi 50 anni. L’età, il genere sessuale, il luogo di residenza, l’esperienza antartica, il tipo di lavoro sembrano giocare un ruolo nell’influenzare quali manifestazioni comportamentali siano considerate rappresentative dell’adattamento nei gruppi antartici italiani (Peri, Ruffini, Barbarito, 2002). Un incremento dei sintomi depressivi nei mesi invernali è stato riportato già nei primi studi compiuti negli anni 60 (Gunderson, 1963; Palmai, 1963) ed è stato confermato ripetutamente negli anni successivi (Palinkas 1991; Palinkas, 1992; Palinkas, Cravalho,

Base Scientifica Antartica Artigas, Uruguay.

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Browner, 1995). Il comportamento di questi parametri psicologici può variare nei diversi gruppi e spesso si osservano differenti tipi di comportamento nello stesso gruppo (Palinkas, Johnson, Doster, Houseal, 1998). L’insieme di questi sintomi che Rivolier sin dagli anni cinquanta ha definito “syndrome mental d’hivernage” (Rosnet, Cazes, Bachelard, 2002) interessa tutti i partecipanti alle spedizioni antartiche ma in misura variabile da individuo a individuo (Rivolier, 1992) e presumibilmente da gruppo a gruppo. Per identificare e definire il ruolo che i vari fattori giocano, spesso in modo dinamico e complesso, sulle condizioni di salute psicofisica del personale antartico sono necessari ulteriori e approfonditi studi. Le spedizioni antartiche invernali rappresentano un laboratorio naturale privilegiato per lo studio della gestione dello stress sul campo, un ambiente ideale in cui poter sviluppare la comprensione del rapporto tra stress, strategie di coping, supporto sociale e malattia. Il coping è inteso come l’insieme di attività cognitivo comportamentali impiegate dall’individuo per gestire le situazioni di stress (Lazarus & Folkman, 1984). Secondo una prospettiva transazionalista, il coping assume il ruolo di moderatore della relazione tra stress e malattia. Infatti, la salute, il benessere e l’adattamento, sia somatico che psicologico, negli ultimi anni sono stati sempre più considerati il prodotto di un’efficace gestione dello stress (Antonovskj, 1987; Holroid e Lazarus, 1983). Fin dalle prime osservazioni condotte sui partecipanti alle campagne antartiche, sono state notate reazioni fisiologiche e psicologiche, interpretabili come risposte da stress. Una delle più comuni è la “winter - over syndrome”, caratterizzata da depressione dell’umore, ostilità, disturbi del sonno, decremento della performance cognitiva e associata in alcuni casi ad abuso di alcool (Strange e Klein, 1974). Le manifestazioni della “winter - over syndrome”, non sembrano produrre effetti a lungo termine. I partecipanti alle campagne antartiche, infatti, hanno esibito un numero di ricoveri ospedalieri per neoplasie, disturbi endocrini nutrizionali, metabolici e del sistema muscolo scheletrico significativamente inferiore ad un gruppo di controllo. I sintomi accusati durante il soggiorno in Antartide, quindi, possono esser visti come una “soluzione” temporanea all’isolamento, al confinamento e ai disagi ambientali (Palinkas, 1986) capaci di attivare un processo che nel lungo termine porta allo sviluppo di strategie adattive, efficaci per il mantenimento della salute.

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Secondo Palinkas (Palinkas, Johnson, 1990), i sintomi che caratterizzano la “winter - over syndrome” possono essere attribuiti anche alla impossibilità di esercitare il controllo sull’ambiente sociale e fisico. Cercare di sviluppare il controllo sarebbe difficilmente proponibile nell’ambiente antartico. Di fronte a situazioni stressanti non controllabili un disinvestimento dell’energia, presente nei sintomi depressivi, può rappresentare una forma di adattamento, può preservare l’individuo dallo spreco di risorse, dal compiere sforzi inutili. Anche lo staring (lo sguardo fisso, prolungato e perso nel vuoto) può assumere un ruolo adattivo: è una risposta comportamentale, un meccanismo di difesa, al quale le persone ricorrono più o meno consapevolmente quando avvertono il bisogno di isolarsi dagli altri (Palinkas, 1986) in un ambiente dove non esiste la privacy. Nelle spedizioni antartiche italiane, che si svolgono durante un periodo di pochi mesi coincidente con l’estate australe, vari studi (Peri, Scarlata, Barbarito, 2000; Peri, Baldanza, 2003) hanno rilevato una sostanziale stabilità emotiva nei partecipanti. Nelle spedizioni antartiche argentine che prevedono una permanenza nell’ambiente antartico di oltre 12 mesi, incluso il periodo invernale, uno studio (Barbarito, Cammillucci, Peri, 2004), che ha coinvolto varie basi e la popolazione di 3 campagne successive nel periodo 1999-2001, ha evidenziato un lieve ma progressivo deterioramento dello stato emotivo nel corso della campagna invernale in una situazione che rimane tuttavia complessivamente soddisfacente. Tale studio ha mostrato scarse variazioni nell’utilizzo delle strategie di coping nel corso della campagna in un quadro generale che vede prevalentemente utilizzate delle strategie “attive” e di problem solving e poco usate strategie come la negazione, l’uso di alcol e droghe, la presa di distanza. Le strategie misurate all’inizio della campagna che si sono dimostrate predittive di uno stato emotivo positivo nelle fasi successive della campagna sono risultate 1) la elaborazione della esperienza in termini positivi, di crescita personale ed umana (reinterpretazione positiva e crescita), 2) l’adozione di misure attive per confrontarsi con la situazione (coping attivo), 3) la pianificazione, 4) il rinvio al momento opportuno delle azioni appropriate (coping di contenimento) mentre sono risultate associate con uno stato emotivo negativo nelle fasi successive 1) lo sfogo emotivo e 2) l’uso di alcool e droghe.

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In uno dei rari lavori (Palinkas & Browner, 1995) di origine anglo-sassone in cui è stata osservata l’evoluzione temporale delle risposte di coping (prima e dopo l’esperienza antartica) l’unica variazione rilevata consiste in un aumento delle strategie di evitamento mentre le strategie cognitive e comportamentali attive rimangono invariate. Il nostro studio, inserendosi nel contesto delle precedenti ricerche che hanno indagato l’adattamento psicologico dell’uomo in ambienti estremi, punta l’attenzione sulle strategie di coping adottate per far fronte agli eventi stressanti che caratterizzano la vita in Antartide nell’arco di una spedizione della durata di un anno, partendo dal presupposto che il processo d’adattamento sia tutt’altro che statico e definitivo (Nelson, 1973), ma sia un meccanismo in continua evoluzione che si regola in base alle continue e diverse richieste provenienti dallo specifico ambiente. La nostra ipotesi, derivata da una serie di osservazioni cliniche e psicometriche preliminari (Peri, Barbarito, Scarlata, 2000) è che l’esperienza antartica induca o un cambiamento dello stato emotivo (sviluppo di sintomi depressivi) o un cambiamento delle strategie di coping (aumento della iporeattività, del distacco emotivo, della presa di distanza) che comportino come effetto un minore coinvolgimento, incluso l’evitamento (Barbarito, Baldanza, Peri, 2001) o entrambi, fino a raggiungere un equilibrio che consenta l’adattamento. Un altro parametro di grande importanza nello sviluppo o meno della malattia è rappresentato dal supporto sociale (Sarason, Sarason, Potter, Antoni, 1985; Cohen, Hammen, Henry, Daley, 2004) anche nelle spedizioni antartiche (Palinkas, Johnson, Boster, 2004). Vari autori (Law, 1960; Lantis, 1968; Levesque, 1991; Palinkas, 1986) hanno sottolineato l’importanza dei fattori sociali nel processo di adattamento individuale durante la permanenza invernale. L’ambiente antartico è stato considerato capace di incrementare il livello di conflitto interpersonale in precedenti ricerche (Macpherson, 1977). Aggressività, irritabilità, conflitti interpersonali sono stati osservati tra i componenti delle spedizioni polari australi e attribuiti a differenze nel livello culturale, nei valori e negli scopi, nelle preferenze ricreative o allo stile di gestione dei responsabili (Law, 1960; Gunderson & Nelson, 1963; Natani & Shurley, 1974; Palinkas, 1986; Strange & Youngman, 1971; Biersner and Hogan, 1984). Cruciale è considerata l’armonia nelle relazioni tra i partecipanti (Law, 1960) nel corso della spedizione e

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la compatibilità sociale è stata universalmente giudicata (Gunderson, 1974; Taylor, 1985) come uno dei requisiti più importanti per l’efficienza di una stazione antartica (Shears & Gunderson, 1966), almeno tanto importante quanto il rendimento lavorativo agli occhi sia dei compagni che del capo spedizione (Nelson & Gunderson, 1964). Al contrario l’ostilità è considerata negativamente (Lugg, 1977) e pericolosa per la coesione del gruppo. In condizioni di isolamento e confinamento il gruppo rappresenta la struttura sociale primaria dove i soggetti possono soddisfare i loro bisogni individuali. Bales (1950) aveva identificato sin dai primi studi sulla comunicazione interpersonale tra gli aspetti cruciali del funzionamento dei piccoli gruppi le dimensioni socio-emotive positive che includono: esprimere accettazione, comprensione, accordo, soddisfazione, rilassamento, supporto sociale. Al momento zero della formazione del gruppo i membri possono presentare differenze in vari attributi come la personalità, i valori, gli atteggiamenti, gli stili cognitivi e comportamentali, le variabili demografiche, etc. Il processo di integrazione sociale procede da una struttura meno coerente verso una più coerente, attraverso le fasi della evoluzione del gruppo (apertura, formazione dei sottogruppi e formazione della identità del gruppo) suggerite da Palinkas (1989) che conducono alla produzione di norme condivise nella fase finale. Nel corso della integrazione sociale è particolarmente importante la integrazione affettiva, espressa dalle forze emotive che attraggono le persone e che Festinger e i suoi colleghi (1950) hanno chiamato coesione. L’ambiente sociale può rappresentare un supporto ma può esso stesso costituire una causa di stress anche più grave dell’ambiente fisico nelle stazioni polari (Palinkas, 1989; Lantis, 1968). Gli stressor sociali più frequentemente associati agli ambienti isolati e confinati (ICE) sono la solitudine, la separazione dalla abituale rete sociale, una riduzione della privacy, l’interazione forzata con le stesse persone ed una elevata interdipendenza socio-emotiva, lo scarso controllo sui ruoli e sul contesto sociale (Carrere, Evans & Stokols, 1991; Suedfeld & Steel, 2000). Nell’ambito delle relazioni sociali sono i piccoli gruppi ad esser sottoposti ad un maggiore stress (Doll e Gunderson, 1971) e al loro interno possono svilupparsi dei conflitti. Nella maggior parte dei casi, però, l’ostilità resta celata e si manifesta solo attraverso lievi

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attriti. L’ostilità, infatti, è percepita negativamente all’interno dei gruppi, perciò solitamente si tende a negarla o soffocarla (Peri, Barbarito, Barattoni, Abraham, 2000). Questa tendenza assume un significato adattativo nel contesto antartico: conflitti e ostilità manifestati apertamente costituirebbero una minaccia alla stabilità del gruppo, requisito fondamentale ed indispensabile per la sopravvivenza. Diventa perciò cruciale associare lo studio dei fattori sociali in una condizione di isolamento e di confinamento e indagare l’evoluzione temporale delle relazioni interpersonali. La difficoltà di ottenere scelte sociometriche, especialmente di tipo negativo, nei gruppi delle stazioni antartiche è stata descritta in passato da alcuni ricercatori (Natani & Shurley, 1974; Radloff, 1973; Peri, Tortora, 1989). Queste difficoltà, nel nostro caso, hanno stimolato lo sviluppo di uno stru-

mento di autovalutazione socio-emotiva, impiegato con successo nelle spedizioni antartiche italiane e argentine perché bene accetto e ritenuto non invasivo della privacy (Peri, Barbarito, Corvasce, Peri, 2007), risultato capace di evitare alcuni degli inconvenienti incontrati. Infatti uno dei problemi più importanti nell’organizzare una ricerca psicologica nelle spedizioni antartiche di molte nazioni negli ultimi tempi è diventato la indisponibilità (non-compliance) dei soggetti (Barbarito, 1998; Sommariva, 2002) a collaborare alla ricerca perché essi si ritengono utilizzati come cavie umane e si rifiutano di compilare i questionari psicologici, ritenuti troppo invasivi, troppo lunghi e non appropriati alla situazione. Questo restringe molto il numero degli strumenti psicometrici utilizzabili e richiede di selezionare questionari molto rispettosi della privacy, appropriati al contesto operativo, semplici, non molto

Base Scientifica Antartica Artigas,Uruguay: nella foto i componenti della missione.

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lunghi etc., che talvolta mancano della validazione empirica e statistica posseduta da quelli standardizzati e validati in ambito clinico o universitario. In questa difficile cornice operativa, consapevoli dei limiti metodologici che questa specifica popolazione imponeva, è stata avanzata la proposta di una ricerca internazionale denominata Antarctic Multinational Psychological Research Project (AMPRP), inizialmente coordinata dal Dr. Antonio Peri, nell’ambito dello SCAR Expert Group di Biologia Umana e Medicina (EGHB&M) in occasione dell’Anno Polare Internazionale. Il progetto è stato accolto e inserito nella proposta generale dell’EGHB&M intitolata “Taking the Antarctic Arctic Polar Pulse-IPY 2007-8 Human Biology and Medicine Research” dell’International Polar Year ed ha trovato la piena adesione delle organizzazioni antartiche argentine, giapponesi, uruguayane e parziale di quelle francesi e britanniche. Al centro di questa indagine è stata collocata la condizione fisica, emotiva, interpersonale, quale espressione dell’adattamento fisico, psicologico e sociale, dei soggetti partecipanti alle spedizioni antartiche e le relative strategie di gestione (coping) dello stress. L’ambiente fisico, sociale, operativo antartico comprende varie fonti di stress che interessano i partecipanti in modo e grado diverso a seconda della durata (acute e croniche), della gravità, della associazione con altre cause di stress, della imminenza, della prevedibilità, etc. L’indagine si proponeva i seguenti obiettivi: 1) studiare le modificazioni di alcuni parametri psicologici che si potrebbero verificare nel corso delle campagne estive e invernali come l’umore, le strategie di coping, i sintomi somatici; 2) identificare le differenti strategie di coping usate ed utilizzare questa informazione per la selezione e preparazione del personale; 3) identificare le strategie di coping più frequentemente usate nei diversi gruppi nazionali antartici e più frequentemente associate ad un migliore adattamento socio-emotivo nei diversi gruppi nazionali; 4) raccogliere dati che potranno essere utilizzati per approntare strategie preventive dei disturbi fisici e psichici nei viaggi spaziali di lunga durata. Questo protocollo prevede la somministrazione di non più di 3-4 questionari (in almeno 3 fasi: all’inizio della campagna antartica, a metà inverno e alla fine della campagna) a gruppi di varie nazionalità. I questionari proposti per la ricerca sono il COPE, il PANAS e il SHC che saranno meglio illustrati nella metodologia.

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Questo lavoro rappresenta il contributo preliminare della organizzazione antartica uruguayana al progetto complessivo AMPRP. Esso si propone di raccogliere dati sulle variabili psicosociali precedentemente illustrate (lo stato di salute soggettiva, lo stato dell’umore, le strategie di gestione dello stress), a cui è stata aggiunta la soddisfazione dei bisogni socioemotivi, della popolazione uruguayana delle spedizioni antartiche invernali e studiare le relazioni tra loro esistenti. La specifica popolazione studiata ha operato nella base antartica uruguayana Artigas (62º 11´04´´ Sud, 58º 54´09´´Est), situata nell’isola Rey Jorge, che appartiene all’arcipelago delle Shetland del Sud, distante circa 100 Km. dalla Penisola Antartica, 3012 Km da Montevideo e 3104 Km dal Polo Sud. La base nasce come una stazione scientifica in cui si svolge una significativa attività di ricerca multidisciplinare. Abbiamo ipotizzato di trovare nelle spedizioni uruguayane un clima ed una integrazione sociale generalmente soddisfacente e solo eventuali minime modificazioni nel tempo. Tali minime modificazioni erano supposte in considerazione della generale, seppure non specifica, competenza dei membri di spedizione, della loro selezione medica e psicologica e anche dell’esiguo numero di soggetti osservati.

Metodologia Strumenti psicologici Il questionario PANAS Il questionario PANAS (Watson, Clark, Tellegen, 1988) è costituito di 20 item che esplorano lo stato dell’umore, chiedono come il soggetto si è sentito nell’ultima settimana e compongono due scale, l’Affetto Positivo (interesse, forza, entusiasmo, orgoglio, attività, etc.) e l’Affetto Negativo (angoscia, turbamento, spavento, vergogna, agitazione, nervosismo), costituite ciascuna di 10 item. Essi prevedono 5 possibili risposte, da 1 (“leggermente o per nulla”) a 5 (“moltissimo”). È stata impiegata la versione spagnola, tradotta e adattata da M. Barbarito, responsabile dell’area di psicologia dell’Istituto Antartico Argentino. Tale versione, utilizzata nelle spedizioni antartiche argentine, è sovrapponibile alla versione elaborata da Sandin et al. (1999). Le due scale principali, l’Affetto Positivo e l’Affetto Negativo, hanno mostrato una consistenza interna generalmente elevata (alfa di Cronbach> .80)

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Il questionario COPE Il questionario COPE (Carver et al., 1989) consiste di 60 item che ammettono ciascuno quattro possibili risposte (Per niente, Un poco, Abbastanza, Molto) relative a quanto il comportamento descritto nell’item è stato impiegato dal soggetto per confrontarsi con le esperienze critiche degli ultimi mesi. Esso misura quindici (15) specifiche modalità di gestione (coping) delle situazioni stressanti e precisamente: il coping attivo (CA- intraprendere misure attive per confrontarsi con la situazione stressante), la pianificazione (-P- elaborare strategie per risolvere un problema), la ricerca di sostegno sociale strumentale (-RSS- ricercare informazioni, assistenza, consigli), la ricerca di sostegno sociale emotivo(-RSE- ricercare supporto morale, comprensione, simpatia), la soppressione delle attività competitive (-S- mettere da parte altri progetti, evitare attività che distraggono dal confronto con il problema), il ricorso alla religione (-REL- ricorrere al conforto religioso, della fede), la reinterpretazione positiva e la crescita (-RPC- elaborazione della esperienza critica in termini positivi, di crescita personale ed umana), il coping di contenimento (-CC- aspettare, rinviare al momento opportuno il confronto con il problema), l’accettazione (-A- accettare la situazione), lo sfogo delle emozioni (-SE- concentrarsi sulle emozioni stressanti ed esternarle), la negazione (-D- rifiutare l’esistenza di una situazione critica), il distacco mentale (DM- impegnarsi in attività, fantasie che possono distrarre dallo scopo con cui il problema interferisce), il distacco comportamentale (-DM- ridurre gli sforzi di confronto attivo con il problema o rinunciare), l’uso di alcool e di droghe (-UAD- abusare di alcool o droghe per gestire gli eventi stressanti), l’umorismo (-U- scherzare, ridere della situazione). Il test è stato utilizzato nella stessa versione spagnola già impiegata efficacemente nelle spedizioni antartiche argentine (Barbarito, Cammillucci, Peri, 2004). Il questionario di Autovalutazione Socio Emotiva (ASE) Il questionario di autovalutazione socio emotiva è un test elaborato da A. Peri et al. (Peri, Barbarito, Corvasce, Peri, 2007), costituito di 24 item, che esplorano in modo positivo e diretto la qualità delle relazioni interpersonali nelle spedizioni antartiche. Lo strumento psicologico non richiede di valutare una persona chiaramente identificabile (azione considerata altamente invasiva della sfera intima e distruttiva delle relazioni interpersonali nei gruppi antartici), né il comportamento degli altri ma di rife-

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rirsi al proprio stato socio-emotivo nelle relazioni interpersonali con varie categorie di persone, si concentra solo sugli aspetti positivi delle relazioni, include una graduazione delle possibili risposte (Likert scale) e richiede poco tempo per essere completato. Gli item esplorano aspetti considerati importanti dai partecipanti alle spedizioni con termini semplici, amichevoli e non tecnici. Il modo diretto e positivo di esaminare i parametri personali è accettato meglio dalla popolazione antartica che è più disponibile a cooperare quando comprende chiaramente ciò che l’esperto intende rilevare e misurare. Al soggetto è chiesto di rispondere quanto (da 1= per niente a 5= moltissimo) si sente compreso, accettato, ricercato, riconosciuto, considerato dai compagni di spedizione, compagni di lavoro, responsabili della spedizione, amici e quanto si sente a suo agio con essi. I vari item, che possono essere anche valutati separatamente, esprimono un indicatore complessivo della qualità percepita del rapporto interpersonale, della soddisfazione dei bisogni socio emotivi dell’individuo nelle relazioni con differenti categorie di persone con cui può avere dei contatti durante la spedizione. La validazione fattoriale del questionario (Peri, Barbarito, Corvasce, Peri, - in corso di stampa) ha confermato l’esistenza ipotizzata di 4 scale che misurano la qualità del rapporto interpersonale 1) con i compagni di spedizione in generale, 2) con il proprio gruppo di appartenenza, 3) con i responsabili della spedizione, 4) con gli amici. Tali parametri possono rappresentare sia la percezione della qualità del comportamento sociale nei confronti del soggetto sia un indicatore indiretto del clima socioemotivo esistente nel gruppo. Inventario dei disturbi soggettivi di salute (SHC) L’inventario dei disturbi soggettivi di salute (SHC Subjective Health Complaints Inventory) è un questionario composto di 29 item, elaborato da Ursin et al. (Eriksen, Ihlebæk, Ursin, 1999) che esplorano l’intensità e la durata di una serie di sintomi muscolari, gastrointestinali, pseudoneurologici, emotivi, etc. non necessariamente sostenuti da una base organica. È stata usata la versione spagnola del questionario reperibile nel sito http://www.uib.no/insuhc/. Affidabilità degli strumenti psicometrici Sono state calcolate le a di Cronbach per le scale dei vari questionari impiegati le quali hanno dati risultati differenti nelle varie scale e nei vari questionari, talvolta

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variabili da una somministrazione all’altra. Sono risultate affidabili la scala dell’affetto positivo del PANAS (alfa di Cronbach=.89/.94), tutte le scale del questionario di Autovalutazione Socio-Emotiva (Relazione con i Compagni, il Gruppo di appartenenza, i Responsabili della Spedizione e gli Amici; alfa=.88/.95), le scale REL, RSS, RSE, DC,CC, A, UAD, P, U (alfa= .63/.82) del COPE, vicine alla affidabilità le scale CA, S, D (alfa= .54/.57). Le scale del SHC hanno evidenziato alfa di valore affidabile solo per la scala dei disturbi influenzali, costituita di due soli item e si è per questo deciso di analizzare il comportamento dei singoli item. Tali risultati ci hanno indotto, considerando anche la modesta entità statistica del campione in esame e la particolarità della popolazione esaminata a a giudicare le scale degli strumenti impiegati complessivamente affidabili ad eccezione del SHC per il quale le analisi sono state effettuate considerando non le scale ma ogni singolo item. Il campione Il gruppo antartico comprende 15 partecipanti alla spedizione, operanti nella base Scientifica antartica Artigas (BCAA) situata nella Bahía Maxwell, Penisola Fildes, Isola Rey Jorge, nel corso di tre campagne antartiche invernali successive (cinque soggetti per ogni campagna dal 2004 al 2006), ciascuna della durata di circa un anno. L’età media dei partecipanti è di 40,4 anni (minimo 27, max.50), il genere sessuale esclusivamente maschile, tutti militari, con ruoli professionali vari (capo spedizione, cuoco, tecnici, operatori subacquei, etc.). Non si hanno altre informazioni biografiche significative in quanto è stato consentito ai soggetti di mantenere l’anonimato. Somministrazione dei questionari I questionari sono stati somministrati da una psicologa all’inizio (I somministrazione) della campagna antartica invernale (fine dicembre/primi di gennaio) in occasione dell’avvicendamento del presidio invernale, dopo alcuni mesi (aprile-maggio) in occasione dell’ultimo volo dell’estate antartica (II somministrazione), nei mesi di agosto-settembre, durante l’inverno antartico (III somministrazione) e alla fine della campagna (IV somministrazione) in occasione dell’avvicendamento del presidio invernale. Per ragioni organizzative non è stato possibile effettuare la somministrazione di alcuni questionari ed in particolare è stata omessa la quarta somministrazione nella spedizione 2005, e la la terza somministrazione nella spedizione 2006.

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Risultati PANAS I valori medi delle scale dell’affetto positivo e negativo del PANAS sono riportate nella Tabella I. TABELLA I Scale PANAS

N

M

DS

affetto positivo 1 Somministr.

15

3,55

,61

affetto positivo 2 Somministr.

15

3,60

,49

affetto positivo 3 Somministr.

10

3,60

,75

affetto positivo 4 Somministr.

10

3,64

,82

affetto negativo Panas 1 Somministr.

15

1,18

,15

affetto negativo Panas 2 Somministr.

15

1,22

,21

affetto negativo 3 Somministr.

10

1,28

,18

affetto negativo 4 Somministr.

10

1,31

,24

LEGENDA: N = Numero dei soggetti M = Media della scala del PANAS corrispondente (Affetto positivo o Negativo) DS = Deviazione Standard.

La scala dell’affetto positivo (Tab.I) mostra valori medi abbastanza ma non eccessivamente elevati e lievemente crescenti nel corso delle varie somministrazioni. I valori medi della scala dell’affetto negativo sono molto bassi e crescono lievemente nel corso della campagna antartica invernale. La significatività delle differenze tra tra le scale del PANAS nelle varie somministrazioni è stata valutata, dato il numero esiguo dei soggetti esaminati, impiegando un test non parametrico, il test di Wilcoxon per campioni dipendenti. Tuttavia nella quasi totalità dei casi tale test ha confermato quanto era emerso dalle analisi condotte con un test parametrico (t di Student). È da notare che non tutti i gruppi hanno completato i questionari in tutte e quattro le somministrazioni. Questo spiega perché le medie dei confronti, che sono effettuati solo per quegli individui che hanno completato i questionari nelle somministrazioni sottoposte a confronto, possono non coincidere con le medie delle tabelle riassuntive che riguardano invece tutti i soggetti che hanno completato i questionari in quella somministrazione. I risultati di questa analisi sono riportate nella Tabella II.

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Le variazioni dell’affetto positivo nel tempo (Tab. 2) non sono statisticamente significative (p >.05). I valori medi della scala dell’affetto negativo crescono lievemente nel corso della campagna fino a raggiungere una variazione statisticamente significativa nella

quarta somministrazione, a fine campagna, rispetto alla prima (p = .04) e alla seconda (p = .03). COPE I valori medi delle scale del COPE nelle 4 somministrazioni successive sono riportati nella Tabella III.

TABELLA II Confronto Somministraz.

p (Wilcoxon)

p (Student)

N. Soggetti

Media

Media

Affetto Negativo

1-4

.04

.04

10

M1=1.1

M4=1.31

Affetto Negativo

2-4

.03

.02

10

M2=1.1

M4=1.31

LEGENDA: N = Numero dei soggetti M1 = Media 1 somministrazione, M2 = Media 2 somministrazione, M4 = Media 4 sommnistrazione p = Significatività delle differenze.

TABELLA III Scale COPE

1S

N 15

2S

N15

3S

N10

4S

N10

M

DS

M

DS

M

DS

M

DS

Reinterpretazione positiva e crescita

2,90

,46

2,91

,57

2,75

,52

2,65

,64

Coping Attivo

2,70

,51

2,60

,58

2,25

,61

2,40

,65

Pianificazione

2,81

,71

2,56

,75

2,50

,65

2,47

,86

Ricerca di sostegno emotivo

1,88

,51

1,71

,54

1,62

,39

1,65

,39

Ricerca di sostegno strumentale

2,18

,49

2,25

,46

2,17

,70

1,80

,46

Soppressione di attività competitive

2,15

,50

2,01

,55

1,92

,48

1,97

,91

Religione

1,88

,57

2,06

,72

2,10

,56

1,92

,80

Accettazione

2,13

,54

2,11

,71

1,92

,65

1,85

,51

Distacco mentale

1,66

,32

1,63

,41

1,65

,48

1,52

,32

Sfogo emotivo

1,73

,42

1,63

,50

1,50

,47

1,45

,45

Distacco comportamentale

1,20

,34

1,40

,35

1,27

,38

1,07

,12

Negazione

1,38

,35

1,48

,35

1,37

,41

1,57

,39

Coping di contenimento

2,11

,60

2,18

,56

2,20

,87

2,15

,54

Uso di alcol e droghe

1,05

,19

1,03

,08

1,00

,00

1,00

,00

Umorismo

1,43

,44

1,38

,57

1,07

,16

1,37

,50

LEGENDA: N = Numero dei soggetti 1S = 1somministrazione, 2S = 2somministrazione, 3S = 3somministrazione, 4S = 4somministrazione M = Media della scala del COPE corrispondente DS = Deviazione Standard.

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325


Giornale di Medicina Militare

Nella prima somministrazione (15 soggetti) le strategie di coping più intensamente usate risultano la reinterpretazione positiva e crescita, la pianificazione e il coping attivo. Le meno usate risultano l’uso di alcool e droghe, il distacco comportamentale e la negazione. Nella seconda somministrazione (15 soggetti) le strategie di coping più usate risultano la reinterpretazione positiva e crescita, il coping attivo e la pianificazione. Le meno usate risultano l’uso di alcool e droghe, l’umorismo, il distacco comportamentale. Nella terza somministrazione (10 soggetti) le strategie di coping più usate risultano le stesse della prima somministrazione e le meno usate risultano le stesse della seconda somministrazione. Nella quarta somministrazione (10 soggetti) le strategie di coping più usate risultano le stesse della prima somministrazione e le meno usate risultano le stesse della seconda somministrazione. L’intensità di utilizzo di ciascuna strategia sembra variare nel corso della campagna. La significatività delle differenze tra le scale nelle varie somministrazioni è stata valutata anche in questo caso impiegando il test non parametrico di Wilcoxon per campioni dipendenti. Tuttavia nella quasi totalità dei casi tale test ha confermato quanto era emerso dalle analisi condotte con un test parametrico (t di Student). I risultati delle analisi di comparazione delle medie sono riportate nella Tabella IV. La strategia della reinterpretazione positiva e crescita (RPC) mostra un progressivo decremento dopo la 2 somministrazione. Tale decremento risulta statisticamente significativo (p = .03) nella quarta fase rispetto alla seconda. Il coping attivo (CA) mostra una progressiva riduzione dalla prima alla terza somministrazione ed un lieve aumento alla quarta somministrazione che però rimane notevolmente al di sotto dei valori iniziali. Le variazioni risultano statisticamente significative nel confronto tra la quarta e la seconda somministrazione (p = .02) e tra la terza e la prima somministrazione (p = .02). Anche l’accettazione (A) decresce progressivamente nel corso della campagna ma la variazione risulta significativa tra la seconda e la terza somministrazione (p = .05). La ricerca di supporto strumentale (RSS) oscilla nelle prime tre somministrazioni ma decresce significativamente nella quarta somministrazione e la differenza risulta statisticamente significativa nel confronto tra la seconda e la quarta somministrazione (p = .01). Il ricorso a pratiche religiose (REL) risulta oscillare significativamente nel

326

corso della campagna e decresce significativamente tra la seconda e la terza somministrazione (p = .02). L’uso del distacco comportamentale (DC), sempre molto scarso, cresce nella seconda somministrazione e poi decresce fino alla quarta quando la variazione diventa statisticamente significativa (p = .02). Autovalutazione Socio-Emotiva (ASE) I valori medi della qualità delle relazioni interpersonali con i compagni di spedizione, con il gruppo professionale di appartenenza, con i responsabili della spedizione e con gli amici sono riportati in Tabella V. Il livello di soddisfazione nelle relazioni socioemotive risulta tra più che sufficiente ed elevato in ogni fase della campagna invernale e con ogni categoria di individui che compongono la spedizione. Il massimo livello di soddisfazione dei bisogni socioemotivi deriva dalle relazioni amicali. Nella prima somministrazione il valore medio più elevato di soddisfazione è stato, infatti, attribuito al rapporto con gli amici, seguito da quello con i compagni di spedizione in generale, poi con il gruppo professionale di appartenenza ed infine con i responsabili della spedizione in ordine decrescente. Nella seconda somministrazione il livello più elevato di soddisfazione è valutato sempre come proveniente dalle interazioni sociali con gli amici, poi con il gruppo professionale di appartenenza e, con valori molto simili ma appena inferiori, con i compagni di spedizione e da ultimo con i responsabili della spedizione. Nella terza somministrazione, dove si osserva un generale abbassamento del livello di soddisfazione nelle interazioni sociali, ad eccezione di quello con gli amici, che cresce lievemente, le categorie del personale di spedizione apprezzate in ordine decrescente per la qualità delle interzioni socioemotive sono: gli amici, seguiti dai compagni di spedizione in generale, dal gruppo professionale di appartenenza ed infine dai responsabili della spedizione. Nella quarta somministrazione dopo gli amici si trova nuovamente il gruppo professionale di appartenenza che sembra soddisfare maggiormente i bisogni socioemozionali degli spedizionisti uruguayani, seguito dai compagni di spedizione ed infine dai responsabili della spedizione. La significatività delle differenze tra le scale dell’ASE nelle varie somministrazioni è stata valutata, per le ragioni precedentemente esposte impiegando il test non parametrico di Wilcoxon per campioni dipendenti. I risultati delle analisi di comparazione delle medie sono riportate nella Tabella VI.

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TABELLA IV Scale del COPE

Confronto Somm

p (Wilcoxon)

N Soggetti

p (Student)

Media

Media

RPC

2-4

.03

10

.07

M2= 3

M4= 2.65

CA

1-3

.02

10

.03

M1= 2.65

M3= 2.25

CA

2- 4

.02

10

.01

M2= 2.80

M4= 2.40

A

2-3

.05

10

.05

M2= 2.15

M3= 1.92

RSS

2-4

.01

10

.01

M2= 2.37

M4= 1.80

REL

2-3

.02

10

.02

M2= 2.40

M3= 2.10

DC

2-4

.02

10

.01

M2= 1.50

M4= 1.07

LEGENDA: N = Numero dei soggetti M1 = Media 1 somministrazione, M2 = Media 2 somministrazione, M3 = Media 3 somministrazione M4= Media 4 sommnistrazione p = Significatività delle differenze.

TABELLA V Scale ASE

1S N 10

2S N 15

3S N 10

4S N 10

Media

DS

Media

DS

Media

DS

Media

DS

compagni

3,95

,59

3,81

,74

3,46

,69

3,80

,78

gruppo appartenenza

3,76

,57

3,87

,75

3,40

,58

3,95

,87

capo spedizione

3,53

,89

3,46

,66

3,11

,43

3,35

,73

amici

4,15

,56

4,08

,83

4,11

,67

4,21

,91

LEGENDA: 1S = 1 somministrazione, 2S = 2 somministrazione, 3S = 3 somministrazione, 4S = 4 somministrazione N = Numero dei soggetti, M = Media delle scale ASE , DS = Deviazione Standard.

TABELLA VI Scale ASE

Confronto Somm

p (Wilcoxon)

N Soggetti

Media

Media

Compagni Spediz.

1-3

.06

5

M1= 3.76

M3= 3.23

Compagni Spediz.

2-3

.03

10

M2= 3.8

M3= 3.46

Gruppo appartenenza

2-3

.07

10

M2= 3.9

M3= 3.4

LEGENDA: M1 = Media 1 somministrazione, M2 = Media 2 somministrazione, M3 = Media 3 somministrazione p = Significatività delle differenze N= Numero dei soggetti.

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327


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TABELLA VII Item SHC

328

1S

N 15

2S

N 15

3S

N10

4S

N10

M

DS

%

M

DS

%

M

DS

%

M

DS

%

1 raffreddore/influenza

,20

,41

20

,13

,35

13

,20

,42

20

,30

,48

30

numero giorni durata

,53

1,1

,60

2,0

,50

1,0

,50

,84

Shc 2 tosse/bronchite

,20

,41

,07

,25

,10

,31

,10

,31

numero giorni

,46

,99

,13

,51

,20

,63

,20

,63

shc 3 asma

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

numero giorni

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

shc 4 mal di testa

,40

,50

,40

,50

,60

,51

,50

,70

numero giorni disturbo

,53

,83

,47

,64

,70

,67

,50

,70

shc 5 dolori al collo

,33

,48

,33

,48

,60

,51

,10

,31

n.g.5

,53

,83

,47

,74

,80

,91

,20

,63

shc 6 dolori parte alta schiena

,13

,35

,00

,00

,20

,42

,00

,00

n.g.6

,27

,70

,00

,00

,20

,42

,00

,00

shc7 dolori parte bassa schiena

,13

,35

,20

,41

,20

,42

,20

,42

n.g.7

,47

1,3

,33

,72

,20

,42

,50

1,0

dolori alle braccia

,13

,35

,07

,25

,10

,31

,10

,31

n.g.8

,27

,70

,07

,25

,10

,31

,20

,63

dolori alle spalle

,00

,00

,13

,35

,40

,51

,10

,31

n.g.9

,00

,00

,13

,35

,40

,51

,10

,31

emicrania

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

n.g.10

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

tachicardia

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,07

,25

,10

,31

,10

,31

,07

,25

,20

,63

,20

,63

,00

,00

,00

,00

,10

,31

,00

,00

,00

,00

,30

,94

,20

,41

,40

,51

,50

,70

,20

,41

,40

,51

,60

,84

,13

,35

,40

,51

,20

,42

,13

,35

,40

,51

,30

,67

n.g.11

,00

,00

dolore al petto

,00

,00

n.g.12

,00

,00

difficoltà nel respirare

,07

,25

n.g.13

,07

,25

dolori piedi

,13

,35

n.g.14

,27

,79

bruciori al petto

,00

,00

n.g.15

,00

,00

imbarazzo stomaco

,27

,45

n.g.16

,67

1,4

gastrite/ulcera

,27

,45

n.g.17

,27

,45

dolori stomaco

,13

,35

n.g.18

,27

,79

aria intestino

,40

,50

20 0 40 33 13 13 13 0 0 0 0 6,7 13 0 26 26 13 40

,00

,00

,00

,00

,20

,41

6,7 0 40 33 0 20 6,7 13 0 0 0 0 6,7 0 20 13 0 20

,20

,42

,20

,42

,40

,69

10 0 60 60 20 20 10 40 0 0 0 0 10 0 40 40 20 40

,00

,00

,00

,00

,00

,00

10 0 40 10 0 20 10 10 0 0 0 0 10 10 40 20 0 0

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Giornale di Medicina Militare

TABELLA VII - (SEGUE) n.g.19

1,1

1,7

diarrea

,00

,00

n.g.20

,00

,00

stitichezza

,00

,00

n.g.21

,00

,00

eczema

,00

,00

n.g.22

,00

,00

allergia cutanea

,00

,00

n.g.23

,00

,00

sensazioni/vampate calore

,00

,00

n.g.24

,00

,00

problemi sonno

,07

,25

n.g.25

,47

1,8

stanchezza

,67

,61

n.g.26

1,6

1,8

vertigini

,00

,00

n.g.27

,00

,00

ansia

,13

,35

n.g.28

,20

,56

tristezza/depressione

,14

,36

n.g.29

,20

,56

0

0

0

0

0

6,7

60

0

13

14

,47

1,0

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,20

,41

,20

,41

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

0

0

0

0

0

0

20

0

0

0

,80

1,3

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,10

,31

,10

,31

,00

,00

,00

,00

,10

,31

,20

,63

,20

,42

,30

,67

,00

,00

,00

,00

,20

,42

,30

,67

,10

,31

,10

,31

0

0

0

10

0

10

20

0

20

10

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,00

,10

,31

,10

,31

,10

,31

,10

,31

,60

,96

,60

,84

,00

,00

,00

,00

,10

,31

,20

,63

,10

,31

,20

,63

0

0

0

0

10

10

40

0

10

10

LEGENDA: 1S = 1somministrazione, 2S = 2somministrazione, 3S = 3somministrazione, 4S = 4somministrazione N = Numero dei soggetti, M = Media degli item SHC, DS = Deviazione Standard % = percentuale dei soggetti che hanno riportato il sintomo.

Il confronto effettuato con il test di Wilcoxon tra i valori medi ottenuti nelle varie somministrazioni ha evidenziato un significativo decremento del livello di soddisfazione sociale derivante dalle interazioni con i compagni di spedizione tra la prima somministrazione (inizio della campagna) e la terza (poco dopo metà campagna) e tra la seconda (due-tre mesi dopo l’inizio della campagna invernale) e la terza somministrazione. Analogo decremento (statisticamente significativo) è stato identificato tra la seconda e la terza somministrazione nei riguardi del gruppo di appartenenza.

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Inventario dei disturbi soggettivi di salute (SHC) I valori medi (e la relativa deviazione standard) della intensità di ciascun sintomo, del numero di giorni in cui è durato, della percentuale dei soggetti che lo hanno riferito in ognuna delle 4 somministrazioni è riportato nella Tabella VII. L’intensità dei sintomi soggettivi e la percentuale di soggetti che li riportano appare generalmente piuttosto scarsa. Otto dei 29 sintomi elencati non vengono mai lamentati nel corso di tutta la campagna. Infatti dei 29 sintomi soggettivi elencati nella prima somministrazione

329


Giornale di Medicina Militare

vengono riportati 17, nella seconda13, nella terza 18 e nella quarta 16. Due soli sintomi (dolori di schiena e al collo) sono stati riportati dal 60% dei soggetti nella terza somministrazione (dopo il mid winter, terzo quarto della campagna) che rappresenta il periodo in cui più frequentemente vengono lamentati disturbi soggettivi.

Discussione Condizioni emotive La popolazione antartica uruguaiana studiata mostra i valori medi della scala dell’affetto positivo (Tab.1) del PANAS abbastanza elevati e lievemente crescenti nel corso della campagna ma le variazioni nel tempo (Tab.2) non raggiungono la significatività statistica (p >.05) prescelta. Ciò che si osserva è una sostanziale stabilità dello stato emotivo positivo nel campione complessivo delle spedizioni 2004-2006. I valori medi della scala dell’affetto negativo sono molto bassi, prossimi all’assenza di manifestazioni emotive negative; essi crescono lievemente nel corso della campagna antartica invernale fino a raggiungere una variazione statisticamente significativa a fine campagna, rispetto all’inizio e alla seconda rilevazione, effettuata dopo i primi tre mesi. Lo stato emotivo negativo del gruppo appare perciò caratterizzato da un livello scarso di tali manifestazioni che tendono ad una crescita lieve, anche se significativa, nel tempo. Le variazioni sopra descritte indicano un deterioramento emotivo lieve ma progressivo, soprattutto dopo la fase di metà inverno (midwinter), e sembrano supportare il fenomeno dei 3/4 (Bechtel, Berning, 1991) o del picco di metà inverno (Palinkas, 2002). All’aumento, seppure lieve, delle emozioni negative non fa riscontro una riduzione di intensità dell’umore positivo, ma una sostanziale stabilità. Naturalmente una analisi delle singole campagne può evidenziare un andamento particolare di ciascuna ma il modesto numero dei soggetti esaminati ci ha indotto a considerare solo l’intero campione. L’andamento emozionale del gruppo nel suo insieme, presentato da questi dati, configura un quadro complessivo moderatamente positivo e piuttosto soddisfacente, considerando che si tratta di ambienti isolati, confinati, soggetti ad un notevole grado di deprivazione sensoriale e affettiva, con livelli appena percepibili di umore negativo, di disagio emotivo, non particolarmente differente da situazioni descritte in studi su altre popolazioni antartiche (Barbarito, Cammillucci, Peri, 2004).

330

Strategie di adattamento La strategia di coping più intensamente usata nel corso di tutta la campagna per far fronte agli stressor antartici risulta la reinterpretazione positiva e crescita, seguita dalla pianificazione o dal coping attivo che si alternano al secondo posto. Le meno usate risultano l’uso di alcool e droghe e il distacco comportamentale a cui si associano dapprima la negazione e poi l’umorismo. Sulla base dei risultati appare che i meccanismi di adattamento all’ambiente socio-operativo delle spedizioni uruguaiane si basano sempre sulle strategie di coping “attive” (pianificazione, coping attivo), tipo problem solving, ritenute più efficaci anche in ambienti diversi da quello polare, ma si associano e presumibilmente sono “orientate” dalla reinterpretazione in senso positivo della esperienza vissuta. La reinterpretazione positiva e crescita che di per sé è centrata sul cambiamento delle emozioni, può produrre un nuovo e costruttivo significato degli eventi critici, con l’effetto di ridurre lo stress e di riattivare le azioni di coping centrate sul problema (Carver, Scheier, Weintraub, 1989). Tale approccio ha un significato funzionale in un ambiente isolato e confinato dove si hanno limitate possibilità di modificare attivamente le situazioni stressanti naturali e sociali ed è importante riuscire a cambiare la propria interpretazione, valutazione degli eventi quando non è possibile modificare gli eventi stessi. Essa si conferma un efficace e stabile meccanismo adattivo nel corso di tutta la missione antartica analogamente a quanto è stato osservato in una ricerca condotta, seppure con una metodologia diversa, in un gruppo italiano durante l’estate antartica (Peri, Barbarito, Baldanza, 2000). L’intensità di impiego delle strategie utilizzate per affrontare situazioni difficili o stressanti di questo gruppo non sembra discostarsi da quella osservata nella popolazione invernale delle basi argentine (Barbarito, Cammillucci, Peri, 2004) e in un gruppo estivo antartico italiano (Peri, Baldanza, 2003), peraltro sovrapponibile a quella di un campione di controllo non coinvolto nelle spedizioni antartiche. Tali risultati sembrano indicare che nell’ambiente antartico le persone non modificano la preferenza per l’uso di alcune strategie. Il profilo complessivo delle strategie usate, il rapporto tra loro, quindi la modalità generale, lo stile di gestione dello stress, sembrano rimanere inalterati mentre è possibile una modificazione situazionale e contingente di alcune modalità nelle diverse fasi temporali. A questo riguardo va osservato che la maggior parte delle strategie di coping non mostrano

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significative variazioni di utilizzo nel corso della campagna ad eccezione di alcune che evidenziano significativi decrementi (Tab.4), specie nelle ultime fasi della campagna (3 e 4) rispetto alle prime (1 e 2). La diminuzione di due delle strategie più impiegate (reinterpretazione positiva e crescita e coping attivo) lascia supporre una sorta di generale stanchezza, di “esaurimento” delle risorse nell’affrontare lo stress. La diminuzione della capacità di gestire attivamente la situazione, del ricorso a pratiche religiose, della ricerca di informazioni e consigli, potrebbe indicare l’insorgenza di una sorta di “congelamento” (Barbarito, Baldanza, Peri, 2001) difensivo della reattività, una certa “rassegnazione”. Anche se statisticamente non significativo può essere degna di nota la quasi assenza di umorismo, della capacità di ridere sugli eventi e sdrammatizzare situazioni di tensione che si rileva sempre nel terzo quarto della spedizione a conferma della ormai scarsa disponibilità di energie, di risorse disponibili per far fronte alle richieste socioambientali. L’unico dato in controtendenza rispetto a tale ipotesi è la diminuzione del distacco comportamentale che ci aspetteremmo aumentato. Tuttavia non si esclude che tale decremento possa rappresentare un cambiamento richiesto per prepararsi al ritorno a casa, per riadattarsi alle condizioni di vita dell’ambiente socio-affettivo e professionale di provenienza. L’abbandono delle modalità passive, della rinuncia all’azione, leggeremente più usate nel corso della campagna, può costituire un tentativo di riconfigurarsi, alla fine della spedizione su modalità più attive. Si può riassumere questa parte affermando che le strategie più efficaci nell’ambiente polare sono costituite da un misto di modalità attive, centrate sulla modificazione dell’ambiente, laddove questo è possibile, associate ad una reintrepretazione positiva, costruttiva del significato degli eventi che non si possono cambiare, i quali nell’ambiente antartico sono numerosi. Ambiente socio-emotivo Le relazioni socio-emotive sono riferite dai soggetti come più che soddisfacenti in ogni fase della campagna invernale e conseguentemente possiamo supporre un clima complessivo positivo di serenità, di fiducia interpersonale nei gruppi esaminati. Naturalmente il massimo livello di soddisfazione dei bisogni socioemotivi di comprensione, accettazione, considerazione, riconoscimento, etc. deriva dalle relazioni amicali, che rappresentano il riferimento ideale con cui confrontare le varie relazioni interpersonali, ma

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risulta abbastanza elevato anche con le altre categorie di individui che compongono la spedizione. Le relazioni con gli amici e con i responsabili della spedizione rappresentano costantemente le due polarità (rispettivamente il livello più alto e più basso, seppure sufficiente, di soddisfazione dei bisogni socio-emotivi) entro cui si distribuiscono le relazioni interpersonali nel corso del tempo. Queste due categorie di persone, gli amici e i responsabili della spedizione, sono le più vicine e le più lontane dal punto di vista socio-emotivo. Mentre per gli amici tale vicinanza appare abbastanza intuitiva, la minore vicinanza dei responsabili della spedizione può richiedere qualche commento esplicativo o interpretativo. In un ambiente fortemente caratterizzato in senso gerarchico e funzionale, quale quello prevalente nelle spedizioni antartiche, i responsabili sono dei superiori che, a causa del proprio ruolo e della propria formazione, tendono a privilegiare gli aspetti operativi, professionali rispetto a quelli socioemotivi nei rapporti interpersonali senza peraltro trascurarli. Un tale atteggiamento può spiegare perché i bisogni socio-emotivi trovano meno soddisfazione in tali relazioni. È interessante osservare come i compagni di spedizione in generale e il più ristretto gruppo professionale di appartenenza si alternino al secondo posto nel corso della campagna. All’inizio risultano più soddisfacenti le relazioni con i compagni di spedizione in generale rispetto al gruppo di appartenenza; dopo alcuni mesi le relazioni con il gruppo di appartenenza risultano appena lievemente più soddisfacenti di quelle con i compagni di spedizione; dopo il midwinter in cui si osserva un generale abbassamento del livello di soddisfazione nelle interazioni sociali, ad eccezione di quello con gli amici, sono nuovamente più valorizzate le relazioni con i compagni di spedizione rispetto al gruppo di appartenenza; alla fine della spedizione è il gruppo professionale di appartenenza che sembra soddisfare maggiormente i bisogni socioemozionali degli spedizionisti uruguayani. Si tratta di variazioni piuttosto modeste che hanno tuttavia il pregio di segnalare il carattere dinamico dei rapporti all’interno dei gruppi. A tale riguardo appare significativo il decremento del livello di soddisfazione socio-emotiva osservato nelle interazioni con i compagni di spedizione e con il gruppo di appartenenza, che rappresentano le relazioni sociali predominanti all’interno del gruppo spedizione, dopo il midwinter in confronto al periodo precedente. Questo seppure lieve deterioramento dei

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rapporti interpersonali in questa fase supporta la tesi che il periodo successivo al midwinter è piuttosto critico (Bechtel, Berning, 1991) nei gruppi isolati e suggerisce che tale criticità si manifesta particolarmente nell’area interpersonale, sociale. Stato di salute soggettivo Lo stato di salute soggettivamente percepito dalla popolazione esaminata appare piuttosto buono e soddisfacente. Alcuni sintomi soggettivi tra cui tachicardia e dolori al petto, emicrania, diarrea e stitichezza, eczema e allergia cutanea, vertigini non vengono mai lamentati nel corso di tutta la campagna. I sintomi, quando compaiono, hanno generalmente una durata breve ed una intensità modesta. La sintomatologia si accentua dopo il mid winter, nel terzo quarto della campagna, che in molte ricerche rappresenta il periodo più difficile dell’intera spedizione (Bechtel, Berning, 1991). In questo periodo, infatti, due sintomi muscoloscheletrici (dolori di schiena e al collo) sono stati riportati dal 60% dei soggetti. Può risultare degno di nota il lieve aumento del sintomo raffreddore/influenza nella parte finale della campagna, quando il gruppo dell’inverno viene esposto in condizioni di depressione della resistenza immunitaria ai nuovi germi/virus portati dal gruppo che dovrà sostituirli. Analoga menzione merita una più elevata percentuale di stanchezza riferita nel primo periodo, durante l’estate australe quando ci sono numerosi lavori da completare rispetto ai periodi intermedi successivi, caratterizzati da minore attività, imposta dalle più difficili condizioni climatiche e dal buio. In questo campione di popolazione i disturbi funzionali appaiono crescere dopo metà inverno, lasciando ipotizzare il fenomeno del terzo quarto, espresso anche sotto forma di disturbi soggettivi somatici.

Conclusioni, considerazioni e prospettive Da quanto esposto nei precedenti paragrafi possiamo affermare che lo studio ha parzialmente raggiunto gli obiettivi che si era proposto. Gli strumenti psicometrici usati hanno dimostrato di rilevare con sufficiente sensibilità lo stato generale sociopsicofisico del gruppo. Il presente lavoro ha ricavato significativi e dinamici elementi di informazione sui meccanismi psicologici dell’adattamento nell’ambiente operativo delle spedizioni antartiche uruguaiane. Nella consapevolezza dei limiti numerici e metodologici di questa ricerca, evidenziati nell’introduzione e succes-

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sivamente, è opportuno, tuttavia, ribadire alcune valutazioni preliminari e aggiungere delle considerazioni sul quadro psicosociale osservato. La popolazione antartica uruguaiana nel periodo 2004-06 mostra un lieve ma progressivo deterioramento dello stato emotivo nel corso della campagna invernale in una situazione che rimane complessivamente soddisfacente. Si osservano scarse variazioni nell’utilizzo delle strategie di coping ad eccezione di un lieve decremento di alcune di esse in un quadro generale che vede prevalentemente utilizzate delle strategie “attive”, orientate al problema, equilibrate da quelle orientate al controllo delle emozioni tramite le reinterpretazione dell’esperienza. La condizione socioemotiva generale del gruppo risulta soddisfacente ma mostra segni di deterioramento nei rapporti tra i compagni di spedizione e nel gruppo professionale di appartenenza dopo il midwinter. Appare ulteriormente supportata da questi dati la tesi che l’adattamento all’ambiente socio-operativo delle spedizioni antartiche è un processo complesso, dinamico e variabile nei vari gruppi e rappresenta in ogni momento il risultato di un equilibrio tra vari fattori in cui lo stato emotivo e sociale, la salute psicofisica e le strategie di coping svolgono un ruolo determinante. La risposta allo stress antartico in questo gruppo appare generalmente adeguata. Non vanno tuttavia trascurati una serie di segnali (come il deterioramento emotivo, sociale e della salute soggettiva, il lieve esaurimento delle strategie di coping più usate), rilevati in questo studio, che identificano nel periodo successivo al midwinter, il terzo quarto (Bechtel, Berning, 1991) o la seconda metà della campagna, come la fase più critica della spedizione antartica. Le difficoltà di questa fase appaiono estendersi a tutte le aree studiate configurando una sorta di esaurimento generale (Selye, 1976), seppure transitorio, di notevole interesse per la comprensione del rapporto tra stress e malattia (Holroid, Lazarus, 1983). L’esiguità del campione ha suggerito di non approfondire ulteriormente le relazioni tra i vari parametri studiati, come le relazioni tra le condizioni fisiche, emotive e sociali (rilevate dall’inventario SHC, dal PANAS, dal questionario socio-emotivo) e i parametri misurati dal COPE (con cui sono state esplorate le strategie di coping) per rinviarla a studi specifici successivi con un campione più numeroso e significativo dal punto di vista statistico tale da consentire una maggiore generalizzabilità dei risultati. Lavoro completato il 1° settembre 2007.

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Studio

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Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81

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“Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”. Primi commenti e analisi tecnica.

Legislative Decree 9 April 2008, n. 811 “Accomplishment of the article one of the Law 3 August 2007, n. 123, in the matter of health protection and industrial safety”. First comments and technical analysis..

Francesco Boccucci *

* Ten. Col. Med. - Direzione Generale della Sanità militare - Direttore sezione Medicina Legale Militare; Medico Competente in Medicina del Lavoro presso MD.

Riassunto - Viene proposta una sintetica analisi delle principali novità introdotte dal nuovo Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro attraverso il confronto tra la nuova e le previgente normativa in materia; evidenziando soprattutto le principali peculiarità sotto il profilo tecnico sanitario.

Summary - The Author provides a synthetic analysis of the main innovations introduced from the new Consolidated Act in the matter of health protection and industrial safety through the comparison between the novel and the previous regulations in matter; the main peculiarities regarding the health matter are highlighted.

Parole chiave: Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, Testo Unico Medicina del Lavoro, tutela del lavoratore.

Key words: Health Protection, Industrial Safety, Consolidated Act of Occupational Medicine, Labour Protection.

Il nuovo testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, citato nel titolo, si compone di 306 articoli, 13 titoli e 51 allegati. Esso abroga il precedente testo unico, rappresentato dal D. Lgs. 626/942, ricomprendendo però tutte le norme già presenti nello stesso D. Lgs. 626/94 ed al contempo aggiunge numerose altre misure tecniche in materia di cantieri, vibrazioni, segnaletica, rumore, amianto, piombo, etc.

La pubblicazione del nuovo Testo Unico assume grande rilevanza in quanto effettua una ampia revisione ed un aggiornamento della materia cercando di tutelare ancora meglio, rispetto al passato, i diritti civili e sociali dei lavoratori con l’estensione a tutte le tipologie di prestazioni lavorative le nuove direttive tecniche in materia di tutela della salute e della sicurezza. La tutela del lavoratore, grazie al nuovo Testo Unico introdotto, si attua in senso assoluto senza vincoli tecnici precedenti quali ad esempio le dimensioni dell’azienda, il sesso e la nazionalità, etc.. Il presente lavoro vuole proporre una sintetica analisi delle principali novità introdotte dal nuovo Testo Unico, focalizzando in modo particolare gli aspetti sanitari di maggiore rilevanza, anche attraverso un valido confronto tra la nuova normativa e

1 G.U. n. 101 del 30-4-2008 - Suppl. Ordinario n. 108. 2 D.Lgs. Governo 19/09/1994 n° 626 “Attuazione delle direttive 89/391CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE e 99/92/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro” (G.U. S.O. n° 265 del 12/11/1994).

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la precedente, rappresentata essenzialmente dal D.Lgs 626/94 e dalle numerose successive varianti ed integrazioni, nel tentativo di evidenziare le vere novità

introdotte e le eventuali prevedibili criticità che sempre si accompagnano alle svolte epocali quale quella in esame.

ANALISI TECNICA Articolo

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NOVITÀ INTRODOTTE

Art. 1 Finalità Tutela della Privacy

Riassetto e riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei l uoghi di lavoro, mediante il riordino e il coordinamento delle medesime in un unico testo normativo, nel rispetto delle normative comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia, nonché in conformità all’articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione, garantendo l’uniformità della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere, di età e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immgrati. Gli atti, i provvedimenti e gli adempimenti attuativi del presente decreto sono effettuati nel rispetto dei principi del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

Art. 3 Campo di applicazione

Il presente decreto legislativo si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, dei servizi di protezione civile, nonché nell’ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, … le disposizioni del presente decreto legislativo sono applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative, individuate entro e non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo con decreti emanati.

Art. 5 Comitato

Presso il Ministero della salute, è istituito il Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Il Comitato è presieduto dal Ministro della salute ed è composto da: a) due rappresentanti del Ministero della salute; b) due rappresentanti del Ministero del lavoro e della previdenza sociale; c) un rappresentante del Ministero dell’interno; d) cinque rappresentanti delle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Al Comitato partecipano, con funzione consultiva, un rappresentante dell’INAIL, uno dell’ISPESL e uno dell’Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA).

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Art. 6 Commissione Consultiva Permanente

Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è istituita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro. La Commissione è composta da: a) un rappresentante del Ministero del lavoro e della previdenza sociale che la presiede; b) un rappresentante del Ministero della salute; c) un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico; d) un rappresentante del Ministero dell’interno; e) un rappresentante del Ministero della difesa; f) un rappresentante del Ministero delle infrastrutture; g) un rappresentante del Ministero dei trasporti; h) un rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; i) un rappresentante del Ministero della solidarietà sociale; l) un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica; m) dieci rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; n) dieci esperti designati delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale; o) dieci esperti designati delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, anche dell’artigianato e della piccola e media impresa, comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

Art. 7 Comitati regionali

Presso ogni regione e provincia autonoma opera il Comitato regionale di coordinamento.

Art. 8 SINP

È istituito il Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP) nei luoghi di lavoro. Il Sistema informativo è costituito dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dal Ministero della salute, dal Ministero dell’interno, dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dall’INAIL, dall’IPSEMA e dall’ISPESL, con il contributo del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL). L’INAIL garantisce la gestione tecnica ed informatica del SINP e, a tale fine, è titolare del trattamento dei dati, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

Art. 9

Enti pubblici aventi compiti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro: ISPESL, INAIL e IPSEMA.

Enti pubblici Art. 13 Vigilanza

La vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è svolta dalla azienda sanitaria locale competente per territorio. In attesa del complessivo riordino delle competenze in tema di vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, restano ferme le competenze in materia di salute e sicurezza dei lavoratori attribuite alle … ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le Forze di polizia e per i Vigili del fuoco. Il personale delle pubbliche amministrazioni, assegnato agli uffici che svolgono attività di vigilanza, non può prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attività di consulenza.

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Art. 25 Obblighi MC

Ampliamento degli obblighi del medico competente che: a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi; b) programma ed effettua la sorveglianza sanitaria attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici; c) istituisce, anche tramite l’accesso alle cartelle sanitarie e di rischio, di cui alla lettera f), aggiorna e custodisce, sotto la propria responsabilità, una cartella sanitaria e di rischio; g) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della sorveglianza sanitaria; h) informa ogni lavoratore interessato dei risultati della sorveglianza sanitaria; i) comunica per iscritto, in occasione delle riunioni … i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata; l) visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all’anno.

Art. 28 Oggetto della valutazione dei rischi Stress lavorocorrelato

La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età alla provenienza da altri Paesi.

Art. 38 Titoli MC

Per svolgere le funzioni di medico competente è necessario possedere uno dei seguenti titoli o requisiti: a) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica; b) docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia e igiene del lavoro o in clinica del lavoro; c) autorizzazione di cui all’articolo 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277; d) specializzazione in igiene e medicina preventiva o in medicina legale (questi ultimi sono tenuti a frequentare appositi percorsi formativi universitari da definire con apposito decreto del Ministero dell’università e della ricerca di concerto con il Ministero della salute). Per lo svolgimento delle funzioni di medico competente è altresì necessario partecipare al programma di educazione continua in medicina. I medici in possesso dei titoli e dei requisiti di cui al presente articolo sono iscritti nell’elenco dei medici competenti istituito presso il Ministero della salute.

Art. 39 Attività MC

L’attività di medico competente è svolta secondo i principi della medicina del lavoro e del codice etico della Commissione internazionale di salute occupazionale (ICOH). Il medico competente può avvalersi, per accertamenti diagnostici, della collaborazione di medici specialisti. Il datore di lavoro può nominare più medici competenti individuando tra essi un medico con funzioni di coordinamento.

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Art. 40 Rapporti tra MC e SSN

Entro il primo trimestre dell’anno successivo all’anno di riferimento il medico competente trasmette, esclusivamente per via telematica, ai servizi competenti per territorio le informazioni, elaborate evidenziando le differenze di genere, relative ai dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori, sottoposti a sorveglianza sanitaria secondo il modello in allegato 3B. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono le informazioni di cui al comma 1, aggregate dalle aziende sanitarie locali, all’ISPESL.

Art. 41 Sorveglianza sanitaria

La sorveglianza sanitaria comprende: a) visita medica preventiva; b) visita medica periodica … la periodicità di tali accertamenti … viene stabilita, di norma, in una volta l’anno; c) visita medica su richiesta del lavoratore; d) visita medica in occasione del cambio della mansione; e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro. Le visite mediche di cui sopra non possono essere effettuate: a) in fase preassuntiva; b) per accertare stati di gravidanza; c) negli altri casi vietati dalla normativa vigente. Le visite mediche … comprendono gli esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente. Nei casi ed alle condizioni previste dall’ordinamento, le visite di cui sopra sono altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti. Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica: a) idoneità; b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni; c) inidoneità temporanea; d) inidoneità permanente. Avverso i giudizi del medico competente è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all’organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.

Art. 42 Provvedimenti dopo la visita per inidoneità

Il datore di lavoro … attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un’inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, ad altra mansione compatibile con il suo stato di salute.

Art. 53 Tenuta della documentazione

È consentito l’impiego di sistemi di elaborazione automatica dei dati per la memorizzazione di qualunque tipo di documentazione prevista dal presente decreto legislativo. La documentazione, sia su supporto cartaceo che informatico, deve essere custodita nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di protezione dei dati personali

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Artt. 167 – 168 – 169 MMC

Le norme in argomento si applicano alle attività lavorative di movimentazione manuale dei carichi che comportano per i lavoratori rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari. Il datore di lavoro deve prestare massima attenzione ai contenuti dell’Allegato XXXIII..

Artt. 172 – 173 – 174 – 175 VDT

Le norme in argomento si applicano alle attività lavorative che comportano l’uso di attrezzature munite di videoterminali. Non si applicano ai lavoratori addetti: a) ai posti di guida di veicoli o macchine; b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto; c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all’utilizzazione da parte del pubblico; d) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all’uso diretto di tale attrezzatura; e) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato. Il datore di lavoro deve prestare massima attenzione ai contenuti dell’Allegato XXXIV. Il lavoratore, ha diritto ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di attività. Le modalità di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante l’interruzione di cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell’orario di lavoro e, come tale, non è riassorbibile all’interno di accordi che prevedono la riduzione dell’orario complessivo di lavoro.

Art. 176 VDT Sorveglianza sanitaria

I lavoratori sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41, con particolare riferimento: a) ai rischi per la vista e per gli occhi; b) ai rischi per l’apparato muscolo-scheletrico. Salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa stabilita dal medico competente, la periodicità delle visite di controllo è biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni o limitazioni e per i lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età; quinquennale negli altri casi.

Artt. 180 – 181 – 182 – 183 -184 Agenti Fisici

Ai fini del presente decreto legislativo per agenti fisici si intendono il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche, di origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche che possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori. La protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti è disciplinata unicamente dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e sue successive modificazioni.

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Artt. Art. 185 Agenti fisici Sorveglianza sanitaria

La sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti agli agenti fisici viene svolta secondo i principi generali di cui all’articolo 41 del nuovo T.U. ed è effettuata dal medico competente nelle modalità e nei casi previsti sulla base dei risultati della valutazione del rischio che gli sono trasmessi dal datore di lavoro per il tramite del servizio di prevenzione e protezione.

Artt. 187, 188, 189, 190, 191, 192, 193, 194, 195 Rumore

Vengono determinati i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall’esposizione al rumore durante il lavoro e in particolare per l’udito. I valori limite di esposizione e i valori di azione, in relazione al livello di esposizione giornaliera al rumore e alla pressione acustica di picco, sono fissati a: a) valori limite di esposizione rispettivamente LEX = 87 dB(A) e ppeak = 200 Pa (140 dB(C) riferito a 20 \muPa); b) valori superiori di azione: rispettivamente LEX = 85 dB(A) e ppeak = 140 Pa (137 dB(C) riferito a 20 \muPa); c) valori inferiori di azione: rispettivamente LEX = 80 dB(A) e ppeak = 112 Pa (135 dB(C) riferito a 20 \muPa). Il datore di lavoro deve garantire ai lavoratori esposti: a) la disponibilità dei dispositivi di protezione individuale dell’udito; b) l’informazione e la formazione; c) il controllo sanitario.

Art. 196 Rumore Sorveglianza sanitaria

Il datore di lavoro sottopone a sorveglianza sanitaria i lavoratori la cui esposizione al rumore eccede i valori superiori di azione. La sorveglianza viene effettuata periodicamente, di norma una volta l’anno o con periodicità diversa decisa dal medico competente,con adeguata motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la sicurezza di lavoratori in funzione della valutazione del rischio.

Artt. 199, 200, 201, 202, 203 Vibrazioni

Vengono prescritte le misure per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori che sono esposti o possono essere esposti a rischi derivanti da vibrazioni meccaniche. Si definiscono i seguenti valori limite di esposizione e valori di azione. a) per le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio: 1) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, è fissato a 5 m/s2; mentre su periodi brevi è pari a 20 m/s2; 2) il valore d’azione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, che fa scattare l’azione, è fissato a 2,5 m/s2. b) per le vibrazioni trasmesse al corpo intero: 1) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, è fissato a 1,0 m/s2; mentre su periodi brevi è pari a 1,5 m/s2; 2) il valore d’azione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, è fissato a 0,5 m/s2.

Art. 204 Vibrazioni Sorveglianza sanitaria

La sorveglianza viene effettuata periodicamente, di norma una volta l’anno o con periodicità diversa decisa dal medico competente con adeguata motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi.

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Art. 206, 207, 208, 209, 210 Campi elettromagnetici

Vengono determinati i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz), durante il lavoro. Le disposizioni riguardano la protezione dai rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori dovuti agli effetti nocivi a breve termine conosciuti nel corpo umano derivanti dalla circolazione di correnti indotte e dall’assorbimento di energia, e da correnti di contatto. Le disposizioni non riguardano la protezione da eventuali effetti a lungo termine e i rischi risultanti dal contatto con i conduttori in tensione. I valori limite di esposizione sono riportati nell’allegato XXXVI, lettera A, tabella 1. I valori di azione sono riportati nell’allegato XXXVI, lettera B, tabella 2.

Art. 211 Campi elettromagnetici Sorveglianza sanitaria

La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente, di norma una volta l’anno o con periodicità inferiore decisa dal medico competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente sensibili al rischio di cui all’articolo 183, tenuto conto dei risultati della valutazione dei rischi trasmessi dal datore di lavoro.

Artt. 213, 214, 215, 216, 217 Radiazioni ottiche artificiali

Vengono stabilite le prescrizioni minime di protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che possono derivare, dall’esposizione alle radiazioni ottiche artificiali durante il lavoro con particolare riguardo ai rischi dovuti agli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute. I valori limite di esposizione per le radiazioni incoerenti sono riportati nell’allegato XXXVII, parte I. I valori limite di esposizione per le radiazioni laser sono riportati nell’allegato XXXVII, parte II.

Art. 218 Radiazioni ottiche artificiali Sorveglianza sanitaria

La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente, di norma una volta l’anno o con periodicità inferiore decisa dal medico competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente sensibili al rischio, tenuto conto dei risultati della valutazione dei rischi trasmessi dal datore di lavoro. La sorveglianza sanitaria è effettuata con l’obiettivo di prevenire e scoprire tempestivamente effetti negativi per la salute, nonché prevenire effetti a lungo termine negativi per la salute e rischi di malattie croniche derivanti dall’esposizione a radiazioni ottiche.

Art. Artt. 221, 222, 223, 224, 225, 226, 227, 228 Agenti chimici

Vengono determinati i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che derivano, o possono derivare, dagli effetti di agenti chimici presenti sul luogo di lavoro o come risultato di ogni attività lavorativa che comporti la presenza di agenti chimici. I requisiti individuati si applicano a tutti gli agenti chimici pericolosi che sono presenti sul luogo di lavoro, fatte salve le disposizioni relative agli agenti chimici per i quali valgono provvedimenti di protezione radiologica regolamentati dal decreto legislativo del 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni. I valori limite di esposizione professionale o i valori limite biologici sono riportati negli allegati XXXVIII e XXXIX. Sono vietate la produzione, la lavorazione e l’impiego degli agenti chimici sul lavoro e le attività indicate all’allegato XL.

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Art. Art. 229 Agenti chimici Sorveglianza sanitaria

Sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 i lavoratori esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che rispondono ai criteri per la classificazione come molto tossici, tossici, nocivi, sensibilizzanti, corrosivi, irritanti, tossici per il ciclo riproduttivo, cancerogeni e mutageni di categoria 3.

Artt. 233, 234, 235, 236, 237, 238, 239, 240, 241 Agenti cancerogeni e mutageni

Vengono determinati i requisiti per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che derivano, o possono derivare, dagli effetti di agenti cancerogeni o mutageni.

Artt. 242, 243, 244 - Agenti cancerogeni e mutageni Sorveglianza sanitaria

I lavoratori di cui all’articolo 242 sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l’attività svolta, l’agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell’esposizione a tale agente. Detto registro è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. L’ISPESL, tramite una rete completa di Centri operativi regionali (COR) e nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio, realizza sistemi di monitoraggio dei rischi occupazionali da esposizione ad agenti chimici cancerogeni e dei danni alla salute che ne conseguono. I medici e le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti previdenziali ed assicurativi pubblici o privati, che identificano casi di neoplasie da loro ritenute attribuibili ad esposizioni lavorative ad agenti cancerogeni, ne danno segnalazione all’ISPESL, tramite i Centri operativi regionali (COR). Presso l’ISPESL è costituito il registro nazionale dei casi di neoplasia di sospetta origine professionale, con sezioni rispettivamente dedicate: a) ai casi di mesotelioma, sotto la denominazione di Registro nazionale dei mesoteliomi (ReNaM); b) ai casi di neoplasie delle cavità nasali e dei seni paranasali, sotto la denominazione di Registro nazionale dei tumori nasali e sinusali (ReNaTuNS); c) ai casi di neoplasie a più bassa frazione eziologia.

Artt. da 246 a 259 Amianto

Fermo restando quanto previsto dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, le norme del decreto prevedono disposizioni da applicarsi alle rimanenti attività lavorative che possono comportare, per i lavoratori, il rischio di esposizione ad amianto. Il termine amianto designa i seguenti silicati fibrosi: a) l’actinolite d’amianto, n. CAS 77536-66-4; b) la grunerite d’amianto (amosite), n. CAS 12172-73-5; c) l’antofillite d’amianto, n. CAS 77536-67-5; d) il crisotilo, n. CAS 12001-29-5; e) la crocidolite, n. CAS 12001-28-4; f) la tremolite d’amianto, n. CAS 77536-68-6. Il valore limite di esposizione per l’amianto è fissato a 0,1 fibre per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel tempo di riferimento di otto ore.

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Artt. Artt. 259 Amianto Sorveglianza sanitaria

I lavoratori esposti all’amianto o a materiali contenenti amianto, prima di essere adibiti allo svolgimento dei suddetti lavori e periodicamente, almeno una volta ogni tre anni, o con periodicità fissata dal medico competente, sono sottoposti ad un controllo sanitario volto a verificare la possibilità di indossare dispositivi di protezione respiratoria durante il lavoro. I lavoratori che durante la loro attività sono stati iscritti anche una sola volta nel registro degli esposti sono sottoposti ad una visita medica all’atto della cessazione del rapporto di lavoro. Gli accertamenti sanitari devono comprendere almeno l’anamnesi individuale, l’esame clinico generale ed in particolare del torace, nonché esami della funzione respiratoria. Il medico competente, sulla base dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche e dello stato di salute del lavoratore, valuta l’opportunità di effettuare altri esami quali la citologia dell’espettorato, l’esame radiografico del torace o la tomodensitometria.

Artt. Artt. da 266 a 278 Agenti biologici

Vengono indicate le norme che si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di infezione: a) agente biologico del gruppo 1; b) agente biologico del gruppo 2; c) agente biologico del gruppo 3; d) agente biologico del gruppo 4. L’allegato XLVI riporta l’elenco degli agenti biologici classificati nei gruppi 2, 3 e 4.

Artt. Artt. 279, 280, 281 Agenti biologici Sorveglianza sanitaria

Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari fra le quali: a) la messa a disposizione di vaccini efficaci; b) l’allontanamento temporaneo del lavoratore. I lavoratori addetti ad attività comportanti uso di agenti del gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di essi, l’attività svolta, l’agente utilizzato e gli eventuali casi di esposizione individuale. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro e ne cura la tenuta tramite il medico competente. Presso l’ISPESL è tenuto un registro dei casi di malattia ovvero di decesso dovuti all’esposizione ad agenti biologici. I medici, nonché le strutture sanitarie, pubbliche o private, che refertano i casi di malattia, ovvero di decesso, trasmettono all’ISPESL copia della relativa documentazione clinica.

Conclusioni Sicuramente apprezzabile il tentativo del legislatore di aver avviato già da numerosi anni un travagliato e lungo iter burocratico-amministrativo che, attraverso appositi tavoli tecnici tra le parti interessate, ha poi permesso di redigere e pubblicare il nuovo Testo Unico. Validissimo, sotto il profilo tecnico della novità, lo

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sforzo di aver concentrato in un unico testo le diverse argomentazioni della materia e che potrà poi avviarsi, quanto prima, verso necessarie periodiche revisioni affinché il tutto sia sempre più adeguato alla realtà lavorativa attuale ed alle reali esigenze dei lavoratori e delle numerose figure professionali operanti, nel massimo rispetto della dignità umana, superando le criticità emerse in questa prima versione.

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Studio

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Il danno Psichico: strumenti diagnostici ed inquadramento Medico-Legale Mental Damage: Diagnostic Instruments and Medical Legal Evaluation Marco Cannavicci * * Direttore Sezione Psicologia Militare - Direzione Generale della Sanità Militare - Roma.

Riassunto - Al riguardo del danno psichico si osserva in questi ultimi anni il fenomeno, confermato dai medici legali, dagli avvocati e dai giudici, di un notevole aumento dei casi di richiesta di risarcimento per danno psichico. È in incremento il numero con cui ne giungono all’osservazione specialistica, indicativa di una attuale maggior attenzione e sensibilità verso il problema del danno biologico di tipo psichico, soprattutto al riguardo del disturbo post-traumatico da stress e del danno biologico da mobbing. La crescente sensibilità per il problema dell’integrità psichica e le conseguenti maggiori esigenze di tutela, hanno condotto all’osservazione anche di quadri psichici dipendenti da cause lesive assai diverse, come ad esempio le difficoltà lavorative provocate da illeciti comportamenti di organi gerarchicamente superiori, lo stress da inquinamento acustico, i maltrattamenti in famiglia, le cure mediche effettuate con negligenza ed imperizia. Da ultimo sono comparsi i casi di danno psichico da morte di congiunti. L’Autore analizza i vari passi di un corretto percorso diagnostico e valutativo del danno psichico.

Parole chiave: danno psichico, danno morale, danno esistenziale, disturbo post-traumatico da stress, nesso di causa, CTU, mobbing, test psico-diagnostici.

1. Danno neurologico e danno psichico Iniziamo la disamina del danno psichico con la preliminare distinzione tra danno neurologico e danno psichico. Si tratta di due specie di danno che rientrano nel più vasto genere del danno biologico e

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Summary - In the past few years, regarding the phenomenon of the mental damage, as quite confirmed from Specialized Doctors in Legal Medicine, Lawyers and Judges, we are facing a remarkable increase of the number of civil suits for compensation requests due to mental damage. There is a great number of medical consultations and special diagnostic procedure pointed out at the evaluation of the entity of the mental damage, indicating a greater public attention and sensitivity at the problem of the biological damage in the mental field. Above all, the main focus of the requested consultations are dealing with the Post Traumatic Stress Disorder (PTSD) and the biological damage from mobbing. The increased sensitivity devoted to the individual psychical and psychological integrity and consequent the greater requirements of protection, have also led to the observation of mental cases caused by very different factors: e.g.; working difficulties provoked from illicit behaviors of hierarchically superior authorities, stress from acoustic pollution, ill-treatments in family, medical treatments carried out with negligence and inexperience (malpractice). Recently, also psychological damage resulting from the death of relatives made its first appearance in court. The Author analyzes the several steps of the diagnostic and evaluation path directed at the proper appraisal of the mental damage. Key words: Mental Damage, Moral Damage, Existential Damage, Post Traumatic Stress Disorder (PTSD), Causal Connection, Expert Witness, Mobbing, Psycho-Diagnostic Tests.

che possono prodursi sia per traumi cranio-encefalici che psichici. Il danno neurologico colpisce il sistema nervoso, ossia l’apparato costituito da encefalo, midollo spinale, organi di senso e nervi periferici. Entità anatomiche tutte ben visibili ed individuabili.

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Il danno psichico colpisce la psiche, costituita, secondo la psicopatologia classica, da tre fondamentali funzioni psicologiche: conoscitiva, affettiva e volitiva (comportamentale). La psiche e le facoltà che la compongono non sono individuabili negli atlanti di anatomia e vengono descritte prevalentemente con metafore ed analogie. Il danno neurologico si accerta con l’esame obiettivo neurologico attraverso l’ausilio del martelletto, del diapason, della provetta calda e fredda, dell’oftalmoscopio, nonché con esami strumentali più complessi come l’elettroencefalogramma, la tomografia, la risonanza magnetica. Questi mezzi consentono di raccogliere precisi dati obiettivi e di definire il quadro clinico in cui consiste il danno. Il danno psichico si accerta con l’esame obiettivo psichico, effettuato attraverso l’osservazione e il colloquio con il paziente. Osservazione e colloquio che valutano almeno cinque parametri fondamentali dello stato psichico: lo stato di coscienza, la percezione, l’ideazione, l’affettività, il comportamento. I test psicodiagnostici integrano l’esame clinico delle funzioni psichiche, ma non lo sostituiscono. È pertanto errato e illusorio pensare che siano l’equivalente degli esami strumentali della neurologia e delle altre discipline mediche. La maggior parte dei casi di danno neurologico non pone problemi di tipo medico-legale, essendo facilmente obiettivabili. Talvolta il danno neurologico si esprime anche con una sintomatologia di tipo psichico.

2. Tipologia delle lesioni Come accennato in precedenza la questione sul danno psichico soleva essere in passato per lo più proposta in caso di traumi del capo. Era un retaggio del pregiudizio di considerare importante ed esclusivo il binomio capo(cervello)-psiche. Perciò, con l’accessoria indagine sull’eventuale danno psichico, si andava a vedere se un trauma alla testa, magari anche lieve, non avesse poi cagionato anche un qualche risentimento psichico. Una analisi dei casi degli ultimi anni dimostrano che non c’è alcuna necessità di lesioni traumatiche del capo affinchè residui poi un danno psichico. Sempre più spesso alla base del danno psichico non c’è alcun trauma fisico, ma un puro shock emotivo, come nei casi di incidente stradale del camionista e dell’automobilista, impressionati dalla morte

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di terzi nell’incidente in cui sono stati coinvolti. Talvolta si tratta di stress emotivi, non acuti, bensì protratti nel corso di mesi o anni. Sono i casi di difficoltà lavorative, di forti dissapori familiari, di esposizione a rumore, di sofferenza per morte di congiunti. In qualche caso lesioni fisiche ce ne sono, ma ben diverse da quelle conseguenti a traumi cranici: fratture multiple, morsi di cane al viso, esiti di scorretto intervento chirurgico o odontoiatrico. In questi casi l’innesco di complessi meccanismi psicologici di autosvalutazione della propria immagine determinano un vero e proprio danno psichico. Sigmund Freud definì come traumi psichici quegli “eventi in grado di provocare una eccitazione psichica tale da superare la capacità del soggetto di sostenerla o elaborarla”. Da un punto di vista psicoanalitico causerebbero angoscia, paure generalizzate, ripiegamento e chiusura emotiva, fino ad arrivare a vissuti di rovina e morte. L’Io, per difendersi dall’angoscia, potrebbe attivare i meccanismi difensivi, nello specifico la rimozione, determinando inevitabilmente sintomi nevrotici, che andrebbero poi a configurarsi come un vero e proprio disturbo dell’Io e della personalità.

3. Tipologia delle menomazioni psichiche Non c’è uno specifico tipo di disturbo psichico in grado di configurare un danno psichico. In realtà, qualsiasi tipo di disturbo psicopatologico può essere conseguenza degli eventi lesivi esaminati in precedenza. Spesso si usano le generiche etichette diagnostiche di ansia e depressione, ossia delle manifestazioni generiche di perturbamento emotivo. In questi casi, in associazione alla genericità dell’ansia e della depressione, per offrire maggiore consistenza clinica alla diagnosi, si indicano anche dei disturbi più strutturati, come ad esempio le fobie e le somatizzazioni. In parecchi casi si riportano diagnosi secondo il DSM-IV (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali, universalmente in uso nella pratica psichiatrica internazionale) come ad esempio Distimia, Fobia Sociale, Disturbo d’Ansia Generalizzata, Disturbo dell’Adattamento con Ansia, Disturbo di Personalità, Disturbo Post-Traumatico da Stress (DPTS). A proposito del DPTS, si ricorda che si tratta di uno specifico quadro post-traumatico in senso lato, e non limitato ai traumi del capo, conseguente, come avverte il D.S.M. IV, a “un evento stressante riconoscibile, che evoche-

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rebbe significativi sintomi di malessere in quasi tutti gli individui”. In ogni caso il DPTS non è certo il disturbo post-traumatico per eccellenza visto che la maggior parte delle sindromi psicopatologiche configuranti un danno psichico sono inquadrabili in un ventaglio ben più ampio di categorie diagnostiche.

4. Il quadro normativo Nella normativa di riferimento ricorrono per lo più i termini come malattia e infermità. Ciò è comprensibile sia in considerazione della necessaria genericità e astrattezza della legge, sia per il fatto che testi normativi sono risalenti al 1930 e al 1942, quando ancora imperava la psichiatria organicistica. La decisione della Corte Costituzionale n. 372 del 1994 conclude che: “il danno alla salute è il momento terminale di un processo patogeno originato dal medesimo turbamento dell’equilibrio psichico, che sostanzia il danno morale soggettivo, e che, in persone predisposte da particolari condizioni (debolezza cardiaca, fragilità nervosa), anziché esaurirsi in un patema d’animo o in uno stato d’angoscia transeunte, può degenerare in un trauma fisico o psichico permanente”. Il concetto di “malattia” oggi ha perso consistenza in psichiatria, non tanto perché non esistano vere e proprie infermità di mente, quanto piuttosto perché in tutti quegli stati si preferisce oggi usare altre espressioni, quale “disturbo”, “disagio”, “malessere”, ecc. Ciò non per eufemismo, ma perché siffatti termini meglio si adattano ai contorni sfumati dei numerosi stati intermedi. A proposito di tali “disturbi” il D.SM IV avverte che “non esiste una definizione soddisfacente che specifichi i precisi confini del concetto” e si limita a puntualizzare che essi sono da considerare “come una sindrome o una modalità comportamentale o psicologica clinicamente significativa che si manifesta in un individuo, e che sia tipicamente associata a un malessere attuale, o con una menomazione (alterazione funzionale di una o più aree di funzionamento), o con un rischio significativamente aumentato ad andare incontro a morte, dolore, invalidità o ad una importante perdita di libertà”. Sulla scorta dei suddetti principi si comprende perché, pur in assenza di franca “infermità” psichica non si possa, con semplicistico automatismo, concludere che in seguito all’esposizione ed un trauma psichico non ci sia un danno. Infatti, il danno potrebbe consistere in un più sfumato “disturbo” o “disagio”.

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5. Nesso di causa La questione della causalità è, nella psichiatria clinica e quindi, nell’accertamento medico-legale del danno psichico, tra le più controverse. Nessuno, oggi, crede più che alla base dei disturbi mentali ci sia un’unica causa, come all’epoca della psichiatria organicistica, di derivazione neurologica. Le teorie psicoanalitiche e psicodinamiche hanno spostato l’attenzione sui fattori etiopatogenetici psicologici e ambientali. Nessuno oggi attribuisce la causa dei disturbi mentali ad uno solo dei suddetti fattori: biologico, psicologico, ambientale. È l’interazione fra tutti i fattori in una variabilità di proporzioni pressoché infinita da individuo a individuo che determina l’insorgenza del disturbo. Ne consegue un importante principio, vero e proprio assioma: in tema di danno psichico non ha senso parlare di “causa”, ma si deve discutere solo di “concause”. In questo campo assume perciò fondamentale importanza il concetto di “preesistenza”, vale a dire che il trauma-evento si inserisce su un preesistente substrato psichico, strutturato in varia e pressoché indeterminabile proporzione e concorrenza, di influenze biologiche, psicologiche, familiari e ambientali. Rilevanti sono le conseguenze sul piano medicolegale che ne derivano. Infatti, sulla scorta dei principi enunciati, il problema del nesso di causa fra un “trauma”, nel senso più ampio del termine e il danno psichico può essere risolto in due modi diametralmente opposti: a. un primo modo di soluzione è la valorizzazione dell’indiscutibile preesistenza, dimostrabili in anamnesi o genericamente presunta spesso si conclude che questa prevale sull’evento traumatico, in modo massimo se questo è lieve o se, pur grave, consiste in un evento naturale, quali, ad esempio, difficoltà lavorative o morte di congiunti. Per supportare questa conclusione si ricorre sovente al concetto di “causa occasionale” o “occasione”. La “causa occasionale” rappresenterebbe “la circostanza o il complesso delle circostanze che hanno favorito l’entrata in azione delle cause; l’occasione non è quindi indifferente nella produzione dell’evento, ma compartecipa a promuoverlo, anche se rimane attore complementare, non avente il valore di quella condicio sine qua non nella quale solitamente si riconosce la concausa”. Del resto, “se possono sussistere differenze qualitative tra causa e concausa, non si vede perché non possa ammettersi una terza modalità causale, cioè l’occasione” (Palmieri e Zangani).

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b. un secondo modo di risoluzione del problema del nesso causale in tema di danno psichico considera anche il substrato “preesistente”, ma rifiuta “concetti ambigui come quello di causa occasionale” e ritiene “da respingersi l’ipotesi della esclusione del risarcimento, come era invece un tempo la regola, quando i fattori preesistenti e favorenti si ritenevano avere una assoluta prevalenza nella psicopatogenesi” (G. Ponti). Tale convinzione si fonda, secondo Ponti, su due ordini di motivi. In primo luogo, il concetto di “causa occasionale” è debole sul piano giuridico, in quanto non ha senso parlare di occasione che “favorisce” lo scompenso, ma che non è causa o concausa. Se un trauma “favorisce”, anche in minima parte, e in interazione con fattori personologici, un evento, significa che è concausa. La normativa sul nesso causale (artt. 40 e 41 c.p.) è infatti ispirata alla concezione condizionalistica, per cui ogni condizione, sia pur minima, che contribuisce a determinate l’evento assume ruolo causale. In secondo luogo ciascuno ha diritto all’integrità della propria salute fisio-psichica cosi com’è, sia che goda della proverbiale salute “di ferro”, sia che soffra di più fragile equilibrio psichico. La scelta fra uno o l’altro dei due modelli di risoluzione del problema causale è, in ogni caso, in larga misura, un giudizio di valore, piuttosto che un giudizio “scientifico”. Come s’è visto, far leva sulla “preesistenza” e qualificare l’evento traumatico come “modesto” o “naturale”, equivale a negare o ridimensionare l’idoneità lesiva dell’evento stesso. Invece non va considerato il trauma in sé e per sé, bensì la possibilità che il trauma inneschi dinamiche intrapsichiche atte a dar poi corpo a più franchi quadri psicopatologici. Ogni evento traumatico, dunque, ancorché “modesto” o naturale, è potenzialmente idoneo in tal senso, addirittura senza scomodare troppo la “preesistenza”. Il D.S.M IV prevede un apposito Asse diagnostico, il IV, sul quale annotare gli Eventi Psicosociali Stressanti “che si siano verificati nell’anno precedente l’attuale valutazione e che possano avere contribuito ad una delle seguenti situazioni”: 1) insorgenza di un nuovo disturbo mentale (quid novi); 2) ricaduta di un disturbo mentale precedente; 3) esacerbazione di un disturbo mentale già esistente (quid plus). La valutazione della gravità degli eventi “dovrebbe essere basata sulla valutazione dello stress che una persona media in condizioni simili e di simile contesto socioculturale subirebbe dal particolare evento stressante”.

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Quanto alla tipologia degli Eventi, il D.S.M IV elenca, sia pure su scalini di gravità diversa, accanto a eventi di per sé comunemente considerati “gravi” (morte di congiunti, ospedalizzazione, malattie invalidanti, …), anche eventi definibili “naturali” o “lievi” (dissapori in famiglia, separazione, disaccordi col principale, disoccupazione, minacce alla sicurezza personale, …). Questa impostazione rimette in discussione l’antiquata concezione della “preesistenza” e della “causa occasionale”, evidenziando i seguenti punti: • la gravità dell’evento stressante è valutata obiettivamente, con riferimento alla persona media e non alla persona “predisposta”, anche se si ammette che un evento può avere maggior impatto su soggetti con una “preesistenza”; • la prognosi è importante per il giudizio di temporaneità o di permanenza, nonché per la quantificazione, ed è più grave se il quadro è cagionato da un evento obiettivamente lieve.

6. Transitorietà e permanenza Tanto spiccata è la plasticità della psiche che anche i disturbi psichici, lungi dall’essere staticamente strutturati, presentano, nel tempo, notevole mutevolezza. Perfino le malattie mentali più gravi sogliono modificarsi, possono migliorare, guarire, sia pure con qualche defettualità. Difficile, dunque, può essere la distinzione fra temporaneità e permanenza del disturbo psichico. Al momento dell’indagine medico-legale, il disturbo psichico potrebbe essersi risolto e rimane un dato esclusivamente anamnestico. In questo caso si ha l’insussistenza di un danno permanente. Per quanto riguarda il disturbo psichico pregresso, si tratta di “transeunte turbamento psicologico”, di patema d’animo, ossia di danno morale, oppure di turbamento o patema, che, anche se transitori, poichè si sono risolti, sono da considerare “malattia” e, quindi, da valutare nell’ambito della cosiddetta temporanea. C’è un criterio discriminante? Se malattia è qualsiasi alterazione, anatomica o funzionale, dell’organismo, ossia qualsiasi disfunzione, sia pur lievissima, dell’integrità fisio-psichica personale, allora ogni sia pur minima alterazione è malattia e le argomentazioni per distinguere, ad esempio, in un lutto, tristezza normale e depressione patologica sono inutili dissertazioni cliniche.

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Se, di contro, si tiene conto del solo fatto che un calo di tono dell’umore, si pensi al comune detto essere giù di morale, in caso di morte di una persona cara, è una reazione normale, psicologica e non “psicopatologica”, allora si tratta di puro e semplice danno morale. In realtà, anche questa valutazione ha ben poco di scientifico, e finisce con l’essere un giudizio di valore. A seconda che si privilegi il concetto di malattia, ovvero di normalità di una reazione, si perviene all’una o all’altra soluzione del quesito.

7. Quantificazione del danno psichico Accertata la sussistenza del danno psichico, si dovrebbe procedere alla sua quantificazione in termini percentuali. Perfino in casi di alterazioni psichiche ascrivibili a lesioni neurologiche, possono sorgere problemi di esatta quantificazione, soprattutto nei casi più sfumati. Ben più sentito è il problema della quantificazione del danno puramente psichico. In primo luogo non esistono né tabelle, né esperienza sufficientemente consolidata. Qualcuno propone di far riferimento alle tabelle usate per l’accertamento degli stati d’invalidità civile, pur tenendo conto delle differenti finalità fra la valutazione di tal stato e dei postumi risarcibili dovuti a fatto illecito. Proposta con un grave limite: le tabelle per l’invalidità civile, oltre ad essere sommarie si attengono al criterio nosologico, e indicano sindromi diagnosticabili circa 20 anni fa e non più attuali. Secondo grave problema è, ancora una volta, la preesistenza, cioè lo stato anteriore che rende il soggetto più vulnerabile e lo predispone, pertanto, al disturbo psichico. Si può affermare che è senz’altro doveroso tener conto della preesistente menomazione, ad esempio, di un organo o di un arto, già compromessi a cagione di progresso infortunio o malattia. Ma è lecito considerare la psiche alla stregua di un organo? La psiche è l’espressione peculiare dell’individuo e l’eventuale maggior vulnerabilità non è effetto di un precedente infortunio, bensì risultato della naturale interazione di molteplici e multiformi fattori. Ogni assetto psichico, ogni personalità, oggi equilibrio, sia pure precario è uno degl’infiniti modi di essere dell’individuo. In realtà, tutto ciò che è psichico sfugge, per sua natura, a qualsiasi tentativo di obiettiva quantificazione numerica.

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8. I compiti del CTU Non c’è dubbio circa la necessità che le indagini in tema di danno psichico siano affidate a medici legali con formazione anche psichiatrica, o a psichiatri anche con formazione medico legale e forense, ovvero a un collegio. Il C.T.U. deve ricordarsi di essere un ausiliario del giudice, al quale non può e non deve sostituirsi, e al quale deve limitarsi a fornire elementi tecnici che gli rendano possibile una più equa decisione. Il C.T.U. dovrà pertanto rendere edotto il giudice dei fondamentali problemi passati in rassegna ed insiti in questo particolare tipo di indagine: • l’impalpabilità dei confini tra “malattia”, “disturbo” o “disagio” e l’idoneità di questi ultimi “modi di essere” a configurare, a pieno titolo, un danno; • la possibilità di risolvere il nodo del nesso causale secondo i due fondamentali e antitetici modelli, ossia a seconda di come si considera la le preesistenza”; • l’incertezza fra temporaneità e permanenza, e labilità di confini fra danno morale e malattia transitoria; • l’impossibilità di fornire pseudo-quantificazioni con arbitrarie valutazioni. In fondo, è giusto che sia il giudice a esprimere giudizi di valore, anche se il tecnico ben può esprimere opinioni personali, purché come tali le dichiari e non le faccia passare per verità scientifiche assolute. Dovrà essere la giurisprudenza, non i tecnici, a costruire il sistema di accertamento e di risarcimento del danno psichico, scegliendo, con giudizi di valore fra le indicazioni proposte dai tecnici.

9. Danno psichico e mobbing Si può affermare che il mobbing sta al danno psichico come il rumore sta all’ipoacusia, o l’amianto all’asbestosi, o il piombo al saturnismo: il danno psichico è il tipico danno subito dalla vittima di mobbing. La vittima di mobbing presenta dei disturbi psichici abbastanza tipizzati: stress cronico, ansia, depressione, frustrazione, fobie, attacchi di panico, crollo dell’autostima. Disturbi che poi spesso non viaggiano da soli, ma accompagnati da patologie di tipo più prettamente fisico quali disturbi del sonno, aritmie, comparsa di eritemi cutanei, perdita di interesse sessuale, bulimia, tendenza al consumo di alcolici e droghe. In questo quadro, le diagnosi più frequenti sono “disturbo dell’adattamento” e “disturbo post-traumatico da stress”.

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Da un punto di vista giuridico uno dei grandi problemi tecnici che si affrontano nelle cause per il risarcimento del danno psichico è il problema della dimostrazione del nesso causale tra condotta e danno. Il riferimento va alle sentenze del Tribunale di Torino (Sezione Lavoro) 16 novembre 1999 e 30 dicembre 1999. Le due decisioni sono interessanti anche perché riguardano due fattispecie tra loro diverse. Il primo caso (Erriquez contro Ergom Materie Plastiche S.p.A.) aveva ad oggetto un’ipotesi particolare di mobbing: il mobber non era il datore di lavoro, bensì il capo turno, diretto superiore della vittima. Gli atti persecutori che ebbe a subire la lavoratrice da parte del suo superiore furono: molestie sessuali; confinamento in una postazione di lavoro angusta e chiusa tra varie macchine e cassoni di lavorazione; isolamento rispetto agli altri colleghi di lavoro; frasi offensive e incivili. Tali condizioni di lavoro avevano generato nella vittima l’insorgenza di una patologia psichica temporanea e determinato nella stessa, dopo un periodo di malattia, la decisione a dimettersi dall’azienda.

Nella seconda decisione (Stomeo contro Ziliani S.p.A.) il mobber era invece il datore di lavoro stesso, che, al chiaro scopo di costringere la dipendente alle dimissioni, aveva messo in atto una serie di comportamenti tipici del bossing: terrorismo psicologico con pressioni a rassegnare le dimissioni; assunzione di un’altra dipendente durante il periodo di malattia della vittima, che al ritorno sul posto di lavoro si trovò di fatto sostituita e quindi messa da parte; trasferimento dagli uffici amministrativi al magazzino, con conseguente demansionamento e impoverimento del bagaglio professionale. Anche in questo caso la mobbizzata aveva sviluppato una temporanea sindrome ansioso-depressiva reattiva, con insonnia, ansia, inappetenza e crisi di pianto. Nelle decisioni in esame il comportamento dei mobbers è stato ritenuto fonte di responsabilità in base al combinato disposto degli articoli 32 Cost. e 2087 c.c., norme che tutelano, come noto, la personalità morale e la salute, fisica e psichica, dei lavoratori. Con la conseguente condanna dell’azienda al risarcimento del danno. Il Tribunale ha, da un lato, messo a nudo l’intento persecutorio degli autori delle molestie; dall’altro, attri-

I L MONDO DEL LAVORO NEGLI ANNI ‘80 E LA NASCITA DEL CONCETTO DI MOBBING

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ell’esperienza dell’Europa continentale, la questione “mobbing” prende corpo all’inizio degli anni ottanta, quando il Prof. Leymann e la sua scuola, in Svezia, iniziano a mettere in connessione la vasta casistica di ammalati che si presentavano in cura per problemi psicologici, con i problemi che queste persone denunciavano nei rapporti personali sul luogo di lavoro. Da questa ricerca delle radici profonde del disturbo nasce l’elaborazione del concetto di mobbing, quale condotta posta in essere da una pluralità di persone i quali, attraverso una pluralità di comportamenti caratterizzati da varie forme di prevaricazione, mirano ad eliminare la vittima dall’ambiente lavorativo in cui questa opera. E non è un caso che ciò sia avvenuto verso la fine degli anni ottanta, perché proprio in quel periodo il mondo del lavoro ha iniziato a conoscere massicciamente gli effetti delle grandi trasformazioni portate dalle nuove caratteristiche dell’economia attuale: la globalizzazione innanzitutto, che con il massiccio spostamento di enormi produzioni in paesi a basso costo di manodopera ha reso necessario operare tagli del personale in tutti i settori produttivi. Con la conseguenza, per chi rimaneva, di una sempre maggiore precarietà del posto di lavoro, da una parte, e di una esasperata rincorsa alla riduzione del costo aziendale dall’altra. D’altra parte, il fenomeno, ancora più recente, delle grandi fusioni tra colossi ha provocato, nei settori interessati dal fenomeno, una incredibile serie di doppioni: se due grandi banche, o due grandi compagnie assicurative, si fondono, migliaia di impiegati divengono in esubero, e quindi, in qualche modo, un certo numero di dipendenti devono essere licenziati o costretti a licenziarsi. È quindi evidente che, su un terreno del genere, il mobbing non poteva che svilupparsi velocemente: maggiore è la flessibilità o precarietà, maggiore sarà la possibilità che basti un nonnulla per spazzarti via dal lavoro; maggiore sarà quindi la concorrenza tra colleghi, anche a mezzo di colpi bassi, per mantenere la propria competitività; e più facile ed invitante sarà per l’azienda elaborare strategie per l’eliminazione di quei dipendenti che, ad un certo punto della loro carriera e senza colpe, sono divenuti un segno meno nella lista delle “risorse umane”. È questo dunque lo sfondo nel quale collocare le vicende di mobbing; una situazione di base quindi dove il livello di soglia di attenzione nervosa del lavoratore è già, per ragioni indipendenti dalla volontà dei singoli, molto alta.

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buire a questi piccoli ma ripetuti illeciti il giusto rilievo ai fini dell’accertamento della responsabilità dei datori di lavoro evocati nei rispettivi giudizi. Entrambe le sentenze si reggono pertanto su uno schema ricostruttivo di questo tipo: 1) accertamento della sussistenza dei comportamenti antigiuridici datoriali; 2) accertamento del danno psichico e della sua riconducibilità al mobbing subito in azienda; 3) liquidazione del danno. È opportuno richiamare l’attenzione sull’approccio seguito dalle sentenze in esame riguardo l’accertamento del nesso di causa intercorrente tra le condotte persecutorie e le patologie psichiche accusate dalle vittime. In particolare, il giudice del lavoro ha ravvisato il rapporto eziologico sostanzialmente su di un solo elemento, ovvero la concomitanza temporale tra l’ingresso della vittima nell’ambiente lavorativo e l’insorgenza della malattia psichica. In buona sostanza il Giudice: • accertato, a mezzo di prova testimoniale, che la malattia lamentata dalla ricorrente era comparsa solo dopo l’ingresso in azienda e in concomitanza con l’esposizione al mobbing; • accertato, consultando la documentazione medico prodotta dalla lavoratrice, la sussistenza di un periodo di malattia psichica; • ha concluso per la sussistenza di una malattia psichica degna di ristoro, sotto il profilo del danno biologico temporaneo. Tale impostazione mette in luce come il nesso di causa, nel campo delle lesioni psichiche da persecuzioni sul lavoro, possa costituire un importante strumento di policy choice in mano dei giudici, che, in un campo sostanzialmente privo di certezze come la psichiatria, si trovano ad assolvere il difficile compito di individuare il nesso causale senza particolari ausili scientifici. La decisione del giudice di qualificare il perturbamento psichico delle vittime come danno biologico temporaneo sembra ineccepibile, essendo in entrambi i casi stata provata una patologia. Infatti l’elemento distintivo più chiaro tra le due categorie di danno è senz’altro quello probatorio: per il risarcimento del danno psichico deve risultare una patologia, mentre per quanto riguarda il danno morale non è necessario provare la sussistenza di una malattia psichica, ma è sufficiente dare dimostrazione, anche tramite criteri presuntivi, del turbamento e delle sofferenze dell’animo.

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10. Tecniche psicodiagnostiche nell’accertamento del Danno Psichico La metodologia di riferimento è quella propria della psicologia clinica, utilizzata seguendo modalità che garantiscano validità ed attendibilità dei risultati. La finalità cui giunge una valutazione della personalità, passa per l’esame della realtà psichica del soggetto e del suo funzionamento. In altre parole, l’osservazione cercherà di cogliere i rapporti esistenti tra realtà interna e realtà esterna, nelle forme attraverso le quali un individuo è in grado di stabilizzare tali rapporti e mantenerli in bilanciamento, proprio in funzione della ricerca di un continuo equilibrio tra pulsioni contrastanti, attive nel complesso dinamismo psichico. Sarà in questo modo prodotta un’analisi a proposito di come un soggetto organizza il proprio pensiero, su come è organizzata la propria personalità. La raccolta di informazioni attuata attraverso il colloquio anamnestico, integrato con l’analisi di eventuali atti o certificazioni e sostenuta dalle risultanze del colloquio clinico e dei risultati ai test somministrati, costituirà l’asse portante sul quale si fonderà la formulazione di eventuali evidenze psicopatologiche. La fase iniziale dovrebbe prevedere una raccolta anamnestica circa alcune informazioni riguardanti il soggetto. In particolare si fa riferimento all’acquisizione di elementi della storia personale e della eventuale patologia così come vengono riferiti dallo stesso soggetto. L’anamnesi può essere, in questa fase o in fasi successive, integrata da notizie ricavate direttamente o indirettamente da soggetti terzi, come ad esempio familiari, certificati medici presentati e cartelle cliniche, con l’accortezza di specificare se quanto verrà riportato nell’elaborato costituisce un aspetto “riferito” dal soggetto in esame o meno. Si dovrà raccogliere quindi: un’anamnesi superficiale comprendente i dati generali del soggetto; una familiare remota relativa alla composizione del nucleo di origine; notizie riguardanti lo sviluppo psicofisico; eventuali pregressi, cui seguiranno informazioni circa il percorso scolastico e lavorativo attraverso l’approfondimento della motivazione ad intraprendere determinati studi; eventuali successi o insuccessi scolastici e legati al mondo del lavoro; un’anamnesi familiare attuale ed, eventualmente, una psicopatologica da porre in relazione a possibili vicende di vita ad essa connesse o riferite come tali.

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Al fine di formulare un’eventuale diagnosi psicopatologica ed ipotesi etiologica dei disturbi nel caso riferiti, e non potendo ovviamente basare la valutazione solamente su una realtà così come è presentata dal soggetto, si procederà con l’effettuare un numero di colloqui clinici sufficienti a fornire delle indicazioni sul funzionamento psichico del soggetto esaminato. Si potrà dividere il colloquio in libero e tematico. Parlando del colloquio libero si fa riferimento alla creazione di uno spazio all’interno del quale si incoraggia l’ampia libertà di espressione del soggetto. Attraverso inviti ad associare liberamente, lo scopo è sondare i vissuti dello stesso, le diverse funzioni psichiche e la loro maniera di organizzarsi in forme caratteriali o patologiche. Il colloquio libero, quindi, ha come scopo una valutazione qualitativa della realtà psichica di un individuo. I colloqui non dovrebbero essere inferiori ad un numero di quattro. Questo permetterà di formulare una prima

ipotesi diagnostica precoce che andrà verificata, confermata o smentita nelle successive fasi della valutazione. Al colloquio libero può seguire quello tematico, nel momento in cui l’esperto si trova nella necessità di verificare eventuali elementi specifici precedentemente emersi dall’anamnesi o nella fase del colloquio libero. Si procederà in questo caso all’analisi di aspetti specifici attraverso l’introduzione di domande mirate. Dall’integrazione di queste due tecniche di conduzione del colloquio si ricaveranno appropriate aree sovrapponibili di osservazione. Vanno comunque tenute in considerazione alcune regole generali di conduzione del colloquio tali da garantire la massima affidabilità nei risultati. Ne citiamo solo alcune: evitare domande troppo chiuse che prevedano risposte circoscritte; evitare domande suggestive che inducano direttamente od indirettamente una risposta o che, per esempio, intro-

L A BATTERIA PSICODIAGNOSTICA NELL’ ACCERTAMENTO DEL DANNO PSICHICO 1. La WAIS-R, nella sua forma revisionata, è un test di livello tarato e standardizzato, composto da 11 subtest divisi in verbali e di performance. Non fornisce solamente il QI di un soggetto, ma garantisce preziose indicazioni circa l’eventuale presenza di deterioramento mentale ed informazioni riguardanti la memoria a breve e lungo termine, le capacità di attenzione e concentrazione, la creatività, la tenacia nel perseguire un compito assegnato, il tipo di apprendimento. 2. Il Test di L. Bender è un test neuropsicologico in grado di valutare la maturazione o eventuali ritardi nell’acquisizione di funzioni visuo-motorie. Rappresenta anche un buon indicatore della presenza di eventuali deficit organici, oltre che dare indicazioni circa la presenza e l’influenza attraverso la strutturazione formale del tratto, di eventuali componenti emotive. 3. Il Rorschach è un complesso test proiettivo semistrutturato che valuta dettagliatamente gli aspetti strutturali e sovrastrutturali della personalità, attraverso l’analisi delle componenti cognitive, emotive e delle specificità riferibili alla qualità delle relazioni oggettuali di un soggetto. Da indicazioni su l’esame di realtà, i livelli di impulsività. 4. Il Reattivo di Realizzazione Grafica di E. Wartegg o WZT è un test grafico proiettivo semistrutturato, con una nuova modalità di siglatura e di interpretazione collegata ad un modello teorico di riferimento di tipo psicodinamico. E’ in grado di fornire una descrizione circa il livello di organizzazione, strutturazione ed integrazione dei processi di pensiero e degli elementi psicoaffettivi fondamentali per i processi di sviluppo, evoluzione e adattamento dell’Io. 5. Il Disegno della Figura Umana di K. Machover è un test proiettivo che poggia sul concetto di proiezione. Offre informazioni sulla maturazione dei processi di identificazione di un soggetto, oltre che indicazioni relative il livello di pulsionalità, l’orientamento sull’asse timico, la maturità dell’Io e gli eventuali sentimenti di dipendenza od autonomia presenti. 6. L’MMPI-2 (Minnesotas, Multiphasic Personality Inventory-2) è uno dei questionari di personalità maggiormente utilizzati per la diagnosi psicopatologica. Il questionario valuta lo stato psichico del soggetto al momento della somministrazione, i meccanismi difensivi ed altri elementi legati ai livelli di aggressività, alla eventuale presenza di ansia, all’orientamento del tono dell’umore.

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D ANNO PSICHICO, DANNO MORALE E DANNO ESISTENZIALE

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l trauma associato ad un fatto illecito può produrre delle significative modificazioni della personalità, definite Danno alla Persona. La difficoltà di distinguere clinicamente i vari danni subiti dalla persona a livello psichico consiste nella presenza di caratteristiche apparentemente simili: il danno psichico, il danno morale e il danno esistenziale. Si osserva una difficoltà nel differenziare i sintomi e le sindromi che accompagnano tali problematiche, in quanto in molti casi si tratta di modificazioni quantitative, qualitative, di interpretazioni o di valutazioni che devono essere necessariamente analizzate caso per caso. Ogni individuo reagisce in maniera diversa ai vari eventi della vita con i quali è costretto ad interagire e gli eventuali traumi causati da eventi esterni non necessariamente configurano lo stesso livello di problematicità. A tal proposito Freud (1895) scriveva che “qualsiasi esperienza che susciti una situazione penosa - quale la paura, l’ansia, la vergogna o il dolore fisico - può agire da trauma”, sottolineando dunque il carattere soggettivo e personale della risposta agli eventi traumatici della vita. Il danno psichico si differenzia dal danno fisico poiché non ha una manifestazione esteriore tangibile. La menomazione psichica consiste nella riduzione, durevole e obiettiva, di una o più funzioni della psiche della persona al punto di impedire al danneggiato di attendere, del tutto o in parte, alle sue attività ordinarie di vita, intese come aspetti dinamico-relazionali comuni a tutti. Il danno psichico si manifesta in una alterazione della integrità psichica, ovvero una modificazione qualitativa delle componenti primarie psichiche, come le funzioni mentali primarie, l’affettività, i meccanismi difensivi, il tono dell’umore, le pulsioni. Invece, il danno esistenziale viene considerato come una modalità di manifestare sofferenze comportamentali, si determina in modificazioni della personalità e del modo di vivere la propria vita rispetto a quanto avveniva precedentemente al verificarsi dell’evento traumatico, determina un cambiamento di progettualità rispetto la propria esistenza e alle aspettative di realizzare i propri progetti di vita. Il danno esistenziale si presenta come una compromissione dell’espressione soggettiva della personalità, modificando lo stile e la qualità della vita nell’ambito dei valori e degli interessi costituzionalmente protetti, inerenti i rapporti sociali, la famiglia, gli affetti, la libertà, il lavoro, in ottica relazionale ed emotiva. Oltre al danno psichico e al danno esistenziale, la letteratura fa riferimento al danno morale. La giurisprudenza parla di “sofferenza psichica”, in riferimento al danno morale, quale turbamento d’animo soggettivo e transeunte, conseguente al fatto illecito subito. In questo caso sembra far riferimento ad uno stato di tristezza, prostrazione e dolore causato dal trauma, che non arriva ad alterare l’equilibrio interno dell’Io e le modalità di relazionarsi con l’esterno e non comporta una invalidità temporanea o permanente, in riferimento alle attività ordinarie della vita quotidiana. Qualche giudice di merito, il quale ha ritenuto che la sindrome depressiva causata, (o anche solo concausata), dalla morte di un familiare costituisca un danno morale, nell’ipotesi in cui i disturbi non sono tali da determinare l’insorgenza di vere e proprie patologie psichiche. Il danno psichico deve fondarsi su una psicopatologia, cioè su una alterazione patologica delle funzioni psichiche dell’individuo. Contrariamente il danno morale non costituisce una vera e propria psicopatologia, è infatti fonte di sofferenza per chi subisce il danno, ma non altera in senso patologico le sue funzioni psichiche. Il danno morale, non comporta una perdita o una riduzione di attività ordinarie della vita, ma solo una sensazione di dolore che non inficia la normale vita di relazione interna ed esterna. Per quanto riguarda, infine, il rapporto tra danno morale e danno esistenziale è possibile evidenziare una differenza sostanziale: mentre il danno morale si manifesta essenzialmente in un dolore transeunte, il danno esistenziale si determina in un “non essere”, cioè in un non poter più condurre l’esistenza come in precedenza al danno. Pertanto, il danno esistenziale è l’insorgere di una sorta di coazione ad agire, a comportarsi in modo “diverso da prima”, con conseguente alterazione dei normali ritmi di vita e modificazioni delle normali attività quotidiane soggettive, personali e relazionali, a discapito della serenità e degli equilibri raggiunti a livello di adattamento. L’alterazione riguarda, in questo caso, proprio i processi di adattamento alla vita quotidiana, con conseguenti difficoltà comportamentali e relazionali.

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ducano elementi ancora non espressi dal soggetto; evitare una relazione impersonale e fredda; evitare un eccessivo coinvolgimento; evitare di usare termini scientifici; mantenere la neutralità attraverso la rinuncia ad intervenire direttamente; evitare di perdere il potere di “dirigere” il colloquio; evitare di “dirigere” il soggetto esaminato. Alla fase del colloquio segue quella della somministrazione di una batteria di test opportunamente strutturata, dove compaiono test di livello, proiettivi e di personalità. In particolare, per la loro attendibilità e diffusione di utilizzo all’interno della comunità scientifica, è riportata, nella pagina precedente, la composizione ideale di una batteria psicodiagnostica che vede equilibrarsi al suo interno, in maniera opportuna, le possibilità di misurare e valutare adeguatamente le aree cui si faceva precedentemente cenno: WAIS-R, Bender, Rorschach, Wartegg, Disegno della Figura Umana, MMPI 2. Dall’integrazione degli elementi ottenuti all’anamnesi, al colloquio clinico e ai test, si otterrà un elaborato clinico che rappresenta dettagliatamente la realtà psichica del soggetto esaminato.

11. Conclusioni Per valutare la presenza e la consistenza del Danno alla Persona, occorre un’analisi approfondita del soggetto, caso per caso, con aspetti metodologici che dovranno riguardare non soltanto i colloqui clinici, ma anche test di livello, di personalità e proiettivi, analizzando eventuali modificazioni della personalità nel corso del tempo e in seguito a modificazioni indotte causate da eventi esterni. Fondamentale, per questo tipo di valutazione, è il ruolo del CTU che deve accertare l’esistenza o meno, del trauma psichico, valutando se il danneggiato ha subito una compromissione, una menomazione, una riduzione della sua capacità di comprendere e di accettare la realtà, attraverso processi di adattamento non più equilibrati. Il consulente tecnico deve descrivere il livello di integrazione sociale del soggetto in esame prima dell’evento “traumatizzante” e deve valutare il

Indirizzo di corrispondenza: Dr. Marco Cannavicci Direzione Generale della Sanità Militare Via S. Stefano Rotondo 4 - 00184 Roma E-mail: cannavicci@iol.it

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livello di compensazione e dei meccanismi di difesa messi in atto dopo l’evento e descrivere lo stato attuale dell’esaminato. Dal momento che è difficile stabilire con certezza la connessione causale tra un certo fatto ed un disturbo psichico, è necessario che il consulente tecnico faccia una corretta diagnosi differenziale, attraverso l’analisi della struttura dell’Io e della sovrastruttura, per inquadrare i sintomi all’interno di fasi solo attuali - dunque post trauma - o di fasi precedenti. Quanto riportato dimostra la complessità delle indagini peritali, per cui appare necessario riferirsi caso per caso senza generalizzazioni cliniche che porterebbero a semplificazioni non realmente utili per la comprensione di vicende così difficili e delicate. Sarebbe inoltre preferibile, per tutte queste ragioni, che le operazioni peritali avessero carattere interdisciplinare, ovvero venissero affidate ad un collegio peritale composto da differenti figure professionali.

Bibliografia 1. American Psychiatric Association: DSM-IV-TR - 2004. 2. Castiglioni R.: Eventi traumatici modesti e sequele psichiche: il problema del nesso di causalità materiale. Diritto ed economia dell’assicurazione - 1992. 3. Palmieri, Zangani: Medicina Legale e delle assicurazioni. Morano - Napoli, 1990. 4. Ponti G.: Danno psichico e attuale percezione psichiatrica del disturbo mentale. Riv. It. Med. Leg., XIV, 1992. 5. www.tagete.it 6. Toppetti F.: Il danno psichico. Maggioli Editore - Rimini, 2005. 6. De Ferrari, Norelli G., Tavani M.: La valutazione del danno a persona. Masson, Milano 2000.

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Osservazioni in merito alla decorrenza del termine di prescrizione in sede di richiesta risarcimento danni ome abbiamo visto nell’articolo precedente, la tutela previdenziale nei confronti di coloro risultati affetti da patologia cd. “a lenta insorgenza” ha raggiunto una maggiore effettività con la citata sentenza della Corte Costituzionale n° 323/2008 del 30/07/2008, la quale ha sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 169 D.P.R. n° 1092/1973 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato) nella parte in cui non è previsto che il termine quinquennale (entro cui è consentito, a pena di decadenza inoltrare l’azione per il riconoscimento della dipendenza della infermità lamentata) decorra dalle manifestazioni della stessa malattia, se insorta dopo i cinque anni dalla cessazione del servizio. Tale statuizione mira appunto a garantire adeguata tutela anche nei confronti di malattie, la cui manifestazione potrebbe manifestarsi dopo un “lungo e non preventivabile periodo di latenza in assenza di alcune specifica sintomatologia”, con esplicito riferimento agli effetti dannosi conseguenti all’esposizione ed inalazione di sostanze nocive alla salute. In relazione alla problematica in esame può essere utile richiamare la vigente normativa in materia di decorso del termine (prescrizionale) per la proposizione dell’azione di risarcimento del danno, riconducibile ad una forma di responsabilità contrattuale od extracontrattuale, tale da implicare sia la perdita di valori economici già esistenti nel patrimonio del danneggiato (cd.danno emergente), sia la mancata acquisizione di valori economici da parte del medesimo danneggiato (cd. lucro cessante). La normativa vigente (art. 2947 c.c.) consente di esercitare il diritto al risarcimento del danno, conse-

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guente ad un fatto illecito (cd. responsabilità extracontrattuale), entro cinque anni a decorrere dal giorno in cui si è verificato l’evento lesivo della sfera giuridica dell’interessato, salvo eccezioni previste in specifici ambiti del diritto tassativamente previsti. Tale ipotesi di prescrizione breve quinquennale, in deroga a quella ordinaria decennale (vigente in materia di responsabilità cd. contrattuale), trova la propria ratio nella considerazione della rilevata incidenza che ha il ricorso alla prova testimoniale, finalizzata a dimostrare la sussistenza dei fatti determinanti l’illecito contestato; infatti con il decorso del tempo può svanire nelle persone il ricordo degli eventi sui quali esse sono chiamate a deporre. È d’uopo, poi, richiamare la disciplina prevista dall’art. 2935 c.c., secondo cui: “La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”. Nell’eventualità, quindi, che il soggetto non si accorga immediatamente del danno subito, il termine decorre dal momento in cui i sintomi diventano palesi e sono ricollegabili alla prestazione medica. Rilevante è, a tal proposito, la sentenza del Tribunale di Roma, Sez. II, in data 25 marzo 2003. Nel caso in questione, il paziente era stato sottoposto a trasfusioni tra il 1988 ed il 1989 presso una struttura pubblica, dove aveva contratto l’epatite di tipo C, che però gli fu diagnosticata soltanto nel 1996. Nella fattispecie, il giudicante sentenziò che il termine prescrizionale, per l’esercizio del diritto al risarcimento, iniziava a decorrere non data del contagio, né dalla data della diagnosi iniziale, bensì dalla comunicazione nella quale la Commissione medica Ospedaliera aveva riconosciuto il nesso di causalità tra la prescrizione ospedaliera ed il conseguente contagio. Su questa linea va, altresì, citata la recente sentenza n. 581, pronunciata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in data 11/1/2008, che ha fornito una chiara interpretazione in materia di dies a quo dei termini di prescrizione nonché di individuazione del

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nesso causale per i danni provocati da trasfusione di sangue rivelatosi infetto. In particolare, la menzionata Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi su questioni di massima di particolare importanza contenute nel ricorso proposto dal Ministero della Salute avverso la sfavorevole sentenza resa dalla Corte di appello di Roma, ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale assunto nel precedente grado di giudizio, specificando che il termine iniziale relativo alla prescrizione dell’azione di danno, da proporsi per omessa vigilanza sulla “tracciabilità” del sangue, decorre dal giorno in cui il danneggiato abbia avuto l’effettiva consapevolezza della riconducibilità della patologia lamentata alla trasfusione subita, non rilevando, invece, il giorno in cui è avvenuta la suddetta trasfusione né tanto meno il momento della manifestazione dei sintomi iniziali della malattia. Tale autorevole orientamento costituisce un importante precedente giurisprudenziale a proposito della decorrenza del termine prescrizionale per la proposizione dell’azione risarcitoria, inteso in un’ottica più favorevole al danneggiato, che vede ampliarsi, in tal modo, le possibilità di tutela della posizione soggettiva lesa. È opportuno evidenziare, altresì, che l’enunciato delle Sezioni Unite della citata Corte di Cassazione assurge al rango dei principi generali del diritto e, pertanto, tale da ricomprendere fattispecie analoghe di risarcimento, travalicando lo specifico ambito (danni da emotrasfusioni) che ha costituito il motivo della medesima pronuncia Dr. Mauro Garofalo *

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Corte Costituzionale della Repubblica Italiana - Le Pronunce Sentenza del 30.07.2008, n. 323/08 Giudizio Presidente Bile - Redattore Saulle Camera di Consiglio del 09.07.2008 Decisione del 30/07/2008 Deposito del 01.08.2008 Pubblicazione in G. U. Norme impugnate: Art. 169 del decreto del Presidente della Repubblica 29/12/1973, n. 1092. Atti decisi: ord. 64/2008 In nome del popolo italiano La Corte Costituzionale composta dai signori: Franco BILE Giovanni Maria FLICK Francesco AMIRANTE Ugo DE SIERVO Paolo MADDALENA Alfio FINOCCHIARO Alfonso QUARANTA Franco GALLO Luigi MAZZELLA Gaetano SILVESTRI Sabino CASSESE Maria Rita SAULLE Giuseppe TESAURO Paolo Maria NAPOLITAN

Presidente Giudice “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “

ha pronunciato la seguente

* Coll. di Amm.ne, Capo Sezione Studio e Consulenza giuridico-legale c/o Ufficio Contenzioso - Difesan - Roma.

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Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 169 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), promosso con ordinanza del 5 aprile 2007 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, sul ricorso proposto da S. E. nei confronti del Ministero della difesa, iscritta al n. 64 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 2008. Udito nella camera di consiglio del 9 luglio 2008 il Giudice relatore Maria Rita Saulle.

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Ritenuto in fatto 1. - La Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, con ordinanza del 5 aprile 2007, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 169 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), «nella parte in cui fa decorrere il termine di decadenza per l’inoltro della domanda di pensione privilegiata dalla data di cessazione dal servizio, anziché dal momento della manifestazione della malattia», per violazione dell’art. 3, primo comma, e dell’art. 38, secondo comma, della Costituzione. 2. - Il giudice rimettente riferisce che il giudizio a qua ha ad oggetto il ricorso della vedova del capitano di corvetta G. L., cessato dal servizio per collocamento in ausiliaria in data 10 giugno 1992 e deceduto il 28 aprile 1999, avverso il decreto 11 gennaio 2001, n. l/M, con il quale il Ministero della difesa - in applicazione dell’art. 169 del d.P.R. n. 1092 del 1973 - ha respinto la domanda di pensione privilegiata di reversibilità, avanzata dalla ricorrente il l0 settembre 1999. L’ordinanza di rimessione precisa che il provvedimento di diniego impugnato si fonda sul fatto che sono trascorsi più di cinque anni tra la presentazione della suddetta domanda e la cessazione dal servizio del militare e ciò, nonostante la Commissione medica, investita del caso, abbia accertato che l’infermità (Mesotelioma pleurico) che ha causato la morte del dipendente, diagnosticatagli nel maggio del 1998, sia dipesa dalla prolungata esposizione all’amianto subita nel corso del servizio prestato alle dipendenze della Marina militare dal 1951 fino al collocamento a riposo. 3. - Ricostruiti così i fatti di causa, il giudice a quo ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 169 del d.P.R. n. 1092 del 1973, il quale stabilisce, al primo comma, che «la domanda di trattamento privilegiato non è ammessa se il dipendente abbia lasciato decorrere cinque anni dalla cessazione dal servizio senza chiedere l’accertamento della dipendenza delle infermità o delle lesioni contratte» e, al secondo comma, che detto «termine è elevato a dieci anni qualora l’invalidità sia derivata da parkinsonismo». 3 .1. - Ad avviso del rimettente, la ratio legis di tale disposizione si fonda sulle «conoscenze mediche e scientifiche dell’epoca in cui entrò in vigore il T.D. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato», approvato con d.P.R. n. -1092 del 1973, quando - fatta eccezione per il morbo di Parkinson - non erano ancora note «patologie che fossero del tutto prive di qualunque manifestazione sintomatica per un arco di tempo superiore ai cinque anni». Il successivo progresso scientifico in materia, osserva sempre il rimettente, «ha messo in luce l’esistenza di altre patologie a

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decorso lento e latente, il cui periodo di totale assenza di manifestazioni morbose va ben oltre il quinquennio», così come accade, in particolare, per le patologie provocate dall’ esposizione all’ amianto, «tutte caratterizzate da un lungo intervallo di tempo fra l’inizio dell’esposizione e la comparsa della malattia». 3.2. - Alla luce di tali considerazioni, la Corte rimettente ritiene che l’art. 169 del d.P.R. n. 1092 del 1973, facendo «decorrere il termine di decadenza per l’inoltro della domanda di pensione privilegiata dalla data di cessazione dal servizio, anziché dal momento della manifestazione della malattia», determinerebbe una «ingiustificata disparità di trattamento tra lavoratori dipendenti che hanno contratto malattie a normale decorso e lavoratori dipendenti con patologia a lunga latenza», in violazione dell’art. 3 della Costituzione. La lesione del principio di eguaglianza, afferma ancora il giudice a quo, si manifesterebbe, altresì, «con riferimento al regime previsto per l’assicurazione infortuni e malattie professionali dei lavoratori dell’industria, ove il termine dell’azione per conseguire le prestazioni assicurative decorre “dal giorno dell’infortunio o da quello della manifestazione della malattia professionale”», secondo quanto disposto dall’art. 112 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) . 3.3. - Sotto altro profilo, sempre ad avviso della Corte rimettente, la disposizione censurata contrasterebbe anche con l’art. 38, secondo comma, della Costituzione, che stabilisce il diritto dei lavoratori a che «siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita» in caso di malattia. Il giudice rimettente osserva, al riguardo, che «i termini decadenziali hanno la funzione di sanzionare un comportamento omissivo o inerte facendo venire meno il diritto di chi, pur avendone avuto la possibilità, non si è attivato tempestivamente», cosicché far decorrere il termine di decadenza dalla data di cessazione dal servizio, anziché da quella della manifestazione morbosa, «in tutti i casi in cui il tempo di latenza della malattia abbia superato il periodo decadenziale, equivale ad impedire in modo del tutto irragionevole l’esercizio del diritto riconosciuto dall’ordinamento, come quello alla pensione privilegiata». 3.4. - La Corte rimettente precisa, inoltre, che le odierne censure di legittimità costituzionale muovono da presupposti differenti rispetto a quelli posti a fondamento delle questioni aventi ad oggetto l’art. 169 del d.P.R. n. 1092 del 1973, già decise da questa Corte, nel senso della manifesta inammissibilità, con le ordinanze n. 300 del 2001 e n. 246 del 2003. Nei relativi atti di rimessione, infatti, premessa «l’esistenza di un parallelismo tra il morbo di Parkinson e la sclerosi multipla», si chiedeva - pur sempre in base al principio di uguaglianza «l’estensione del termine decennale previsto per il parkinso-

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nismo anche all’ altra infermità»; scelta che questa Corte ha affermato essere riservata «alla discrezionalità del legislatore». 4. - Quanto alla rilevanza della questione, il rimettente evidenzia, in primo luogo, che la Commissione medica ospedaliera interessata del caso ha riconosciuto che la prolungata esposizione all’amianto cui è stato soggetto il dante causa della ricorrente durante il servizio rappresenta la «causa unica nel determinismo della patologia neoplastica che ha condotto a morte l’interessato, per cui il decesso deve considerarsi avvenuto per causa di servizio»; in secondo luogo, che il diniego dell’Amministrazione in ordine alla concessione della pensione privilegiata è «motivato esclusivamente con riferimento al disposto di cui all’art. 169 del d.P.R. n. 1092 del 1973». Conseguentemente, conclude la Corte rimettente, dalla «soluzione della sollevata questione di legittimità costituzionale dipende [ ... ] l’ esi to del giudizio» a quo. Considerato in diritto 1. - La Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 169 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), «nella parte in cui fa decorrere il termine di decadenza per l’inoltro della domanda di pensione privilegiata dalla data di cessazione dal servizio, anziché dal momento della manifestazione della malattia», in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione. 1.1. - Ad avviso del giudice rimettente, infatti, la norma censurata, stabilendo l’inammissibilità della domanda di trattamento privilegiato qualora «il dipendente abbia lasciato decorrere cinque anni dalla cessazione del servizio senza chiedere l’accertamento della dipendenza delle infermità o delle lesioni contratte», determinerebbe una «ingiustificata disparità di trattamento tra lavoratori dipendenti che hanno contratto malattie a normale decorso e lavoratori dipendenti con patologia a lunga latenza» (in violazione dell’art. 3 Cost.), nonché una irragionevole compressione del diritto alla pensione privilegiata (in contrasto con l’ art. 38 Cost.), in tutte le ipotesi in cui l’infermità, pur riconosciuta come dipendente da causa di servizio, si sia manifestata successivamente al decorso di detto termine. 2. - La questione è fondata. 2.1. - Come ricordato dal giudice rimettente, questa Corte si è già occupata della legittimità costituzionale dell’art. 169 del d.P.R. n. 1092 del 1973, sotto un profilo diverso, e precisamente in relazione alla pretesa irragionevolezza della norma per il fatto che il termine quinquennale dalla cessazione del servizio per la richiesta della pensione privilegiata risulta elevato a dieci anni nel solo caso del morbo di Parkinson,

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pur non potendosi escludere l’esistenza di altre malattie - come la sclerosi multipla - che, al pari di quello, risultano di difficile diagnosi e caratterizzate da esordi e decorsi mutevoli. Con le ordinanze n. 300 del 2001 e n. 246 del 2003, tale questione fu dichiarata manifestamente inammissibile, sul rilievo che «la scelta di prorogare i termini della domanda per l’una o per l’altra malattia, sulla base di sicuri dati scientifici, appartiene indubbiamente alla discrezionalità del legislatore». Tuttavia, questa Corte osservò, al contempo, che non era stata invece censurata «la scelta del legislatore di far decorrere il termine per la domanda di pensione privilegiata dalla data di cessazione del servizio indipendentemente dalle modalità di manifestazione della malattia» (così ordinanza n. 246 del 2003). 2.2. - L’odierno dubbio di costituzionalità muove proprio dalla considerazione che l’art. 169 del d.P.R. n. 1092 del 1973, fissando il dies a qua del termine quinquennale di decadenza al momento della cessazione dal servizio, a prescindere dalle modalità concrete di manifestazione della malattia, comprime del tutto ingiustificatamente il diritto alla pensione privilegiata dei lavoratori per i quali l’insorgenza della manifestazione morbosa, della quale sia accertata la dipendenza dal servizio, sia successiva al decorso di detto termine. Le attuali conoscenze mediche, infatti, hanno messo in luce l’esistenza di malattie in cui, fra la causa della patologia e la relativa manifestazione, intercorre un lungo e non preventivabile periodo di latenza in assenza di alcuna specifica sintomatologia, come ad esempio in quelle provocate dall’ esposizione all’amianto. Risulta, pertanto, evidente che quando l’infermità si manifesta successivamente al decorso del termine quinquennale dalla cessazione del servizio, la norma censurata esige irragionevolmente che la domanda di accertamento della dipendenza della infermità dal servizio svolto sia inoltrata entro un termine in cui ancora difetta il presupposto oggettivo (l’infermità) della richiesta medesima. Ne consegue che, in tali casi, in palese violazione sia dell’art. 38, secondo comma, sia dell’art. 3 Cost., l’esercizio del diritto alla pensione privilegiata risulta pregiudicato ancor prima che venga ad esistenza, determinando quella ingiustificata disparità di trattamento tra lavoratori dipendenti che hanno contratto malattie a normale decorso e lavoratori dipendenti con patologia a lunga latenza denunciata dal giudice rimettente. 2.3. - Pertanto, con riferimento ai casi nei quali la malattia insorga allorché siano già decorsi cinque anni dalla cessazione dal servizio - ferma restando la disciplina attuale per le al tre ipotesi -, occorre che la norma impugnata sia dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede che, in tale ipotesi, il termine quinquennale di decadenza per l’inoltro della domanda di accertamento della

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dipendenza delle infermità o delle lesioni contratte - ai fini dell’ammissibilità della domanda di trattamento privilegiato - decorra dalla manifestazione della malattia stessa. Giova rimarcare, al riguardo, che, per ottenere il riconoscimento del diritto alla pensione privilegiata, l’infermità deve in ogni caso trarre evidenti origini dal servizio, sulla base di una rigorosa verifica della dipendenza dal medesimo. per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 169 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), nella parte in cui non prevede che, allorché la malattia insorga dopo i cinque anni dalla cessazione dal servizio, il termine quinquennale di decadenza per l’inoltro della domanda di accertamento della dipendenza delle infermità o delle lesioni contratte, ai fini dell’ammissibilità della domanda di trattamento privilegiato, decorra dalla manifestazione della malattia stessa. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 luglio 2008. F.to: Franco BILE, Presidente Maria Rita SAULLE, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria l’l agosto 2008. Il Direttore della Cancelleria F.to: DI PAOLA

Nota breve alla sentenza n. 323 /2008 della Corte Costituzionale Pronunciata il 30.07.2008 “Dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 169 del D.P.R. 29.12.1973 n. 1092” on la sentenza n. 323/2008 della Corte Costituzionale è stato finalmente posto rimedio dal giudice delle leggi a una palese ingiustizia e dato ampio nuovo spazio di legittimità alle domande pensionistiche degli appartenenti alla Pubblica Amministrazione, in primo luogo i militari e gli apparte-

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nenti alle Forze dell’Ordine ma anche agli altri pubblici dipendenti, che soffrono o hanno cominciato a soffrire di malattie anche gravi e invalidanti insorte a lunga o lunghissima distanza dalla cessazione del servizio e che, a causa del disposto dichiarato illegittimo, non potevano di fatto invocare i benefici di legge per una ormai iniqua decadenza quinquennale - o decennale in alcuni casi, come vedremo - dei termini di presentazione della relativa istanza. L’ormai decaduto art. 169 del T.U. sulle pensioni stabiliva infatti in termini perentori il limite quinquennale dalla cessazione del servizio per poter invocare la dipendenza da causa di servizio di infermità e accedere ai relativi benefici, termine esteso a dieci anni per il solo parkinsonismo, e ciò provocava di fatto una invalicabile muraglia normativa per una larghissima fattispecie di malattie a lungo periodo di incubazione o a bassa e bassissima espressività clinica, vale a dire con scarsi o quasi nulli sintomi, o con sintomi banali e confondibili con altre più banali affezioni. E’ in qualche modo stupefacente che si sia dovuto attendere quasi trentacinque anni per correggere sul piano normativo, e da parte del giudice delle leggi e non dal legislatore stesso, una disposizione penalizzante molti malati e aventi diritto - per tacere dei loro eredi - che collide col pensiero scientifico consolidato e urta col senso generale di giustizia e che ha trovato nell’acuta analisi di una parte illuminata della magistratura contabile le ragioni perché tale disposto venisse riesaminato e giudicato sul piano costituzionale. Ed è ciò che è avvenuto. Era noto da tempo alla scienza medica che la malattia tumorale pleurica “mesotelioma” non solo è direttamente correlata all’esposizione protratta e significativa all’amianto (o asbesto) - dunque una tipica malattia professionale - ma che essa si può manifestare anche a distanza di decenni, anche oltre tre decenni, dall’esposizione alla sostanza dannosa. E’ dunque evidente che il termine quinquennale stabilito per norma per invocare i benefici di legge privava dei diritti loro spettanti i malati gravi di questa affezione ove insorta oltre il termine indicato. La sentenza dell’ Alta Corte trae dunque spunto da questa palese ingiustizia per affrontare la questione di quel termine, allargato al solo parkinsonismo, per argomentare che esistono, sono note e ormai conosciute anche nei loro aspetti sintomatici, anatomoclinici e patobiologici, malattie che insorgono con meccanismi lenti e complessi, oppure sono poco sintomatiche e dunque sfuggono a una diagnosi precisa definitiva, oppure, e

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Contenzioso medico-legale

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infine, si manifestano dapprima mascherate da altra patologia prima di assumere le caratteristiche proprie. Alcune, anzi, molte di tali malattie, si deve aggiungere, sono sicuramente riconducibili a fattori morbosi ed elementi dannosi per la salute che sono intrinsecamente connessi col tipo di lavoro e di servizio. In rapida sintesi e per larga semplificazione si può affermare che alcune malattie tumorali, a esempio, da un lato insorgono con lenta crescita evolutiva e dall’altro possono riconoscere fattori pre-condizionanti nell’esposizione a vari fattori tossici, a fonti energetiche specifiche, a virus particolari, a precedenti malattie e ai loro trattamenti e talora anche a surmenage psicofisico elevato; molte malattie degenerative e cosiddette “reumatiche” a carico dell’apparato osseo e articolare sono strettamente correlate non solo al tratto genetico e familiare e costituzionale ma possono riconoscere in disturbi alimentari, modelli di vita atipici, posture obbligate ed esposizione a situazioni climatiche e ambientali anomale una delle cause determinanti; ancora, e per concludere, alcune malattie siste-

miche a carico di altri importanti apparati (cardiovascolare, immunitario e nervoso in particolare) possono essere talora in parte significativa provocate da elementi dannosi direttamente correlati con lo stile di vita e le modalità indotte dal tipo di lavoro svolto, nel quale, solo per fare un esempio tipico, lo stress psicofisico può giocare un ruolo determinante. Tutte le malattie appena ricordate possono insorgere a distanza ultraquinquennale dalla cessazione dal servizio e pertanto, senza il rimedio della sentenza dell’ Alta Corte, non avrebbero avuto nessuna possibilità non solo di riconoscimento ma neppure di ammissibilità alla disamina degli organi deputati alle procedure di riconoscimento. C’è voluta la sentenza in parola per fornire uno spazio di legittimità oggi aperto a una larga parte di pubblici dipendenti che né il legislatore né gli organi tecnici della Pubblica Amministrazione hanno saputo o potuto o voluto colmare per trentacinque anni. Dottor Giovanni Maria FASCIA *

KL

* Contrammiraglio Medico - Coordinatore Divisioni Tecniche Direzione Generale della Sanità Militare - Roma.

362

G Med Mil. 2008; 158(3): 357-362


Giornale di Medicina Militare

(l) - Nella parte in fatto la Sezione ha precisato che il diniego

(dalla “Rivista della Corte dei Conti” fasc. 1, gennaio-febbraio 2007)

del diritto ai benefici de quibus era stato fondato sulla considerazione che, in occasione del precedente giudizio di

1

5/A

Sezione giurisdizionale Regione Abruzzo, 4 gennaio 2007: Giud. Un. Pozzoto - G. (avv.ti Antonio Fonzi e Maria Teresa Fonzi) c. Ministero Tesoro ed altri.

primo grado relativo all’accertamento della condizione di

Pensioni civili e militari - Pensione privilegiata Presunzione di interdipendenza - Cancro polmonare - Esclusione - Fattispecie. (L. 8 agosto 1991 n. 261, ex art. 2, lett. m). Non sussiste interdipendenza tra affezione tubercolare e cancro polmonare, vista la sostanziale indipendenza dei fenomeni morbosi, ed essendo la presunzione di interdipendenza ex art. 2 lett. m) L. n. 261/1991 una presunzione iuris tantum, destinata a cedere il passo alla prova contraria, rappresentata nella specie dalla natura endogeno-costituzionale del carcinoma letale.

esclusa dalle risultanze di quell’originario processo.

Sezione I centrale, 9 gennaio 2007: Pres. Minerva - Est. Di Passio - L.R. (avv. Scioscia) C. Ministero Economia e Finanze. Revoca Sez. I centrale n. 396/A/05. Corte dei conti - Impugnazioni - Revocazione Errore di fatto - Fattispecie. E’ affetta da errore di fatto revocatorio la sentenza d’appello che, uniformandosi alla pronuncia del giudice territoriale, abbia negato il diritto agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria sul trattamento pensionistico riconosciuto in via amministrativa a favore di un’orfana di guerra, ritenendo la questione coperta dal giudicato formatosi su una precedente decisione di prime cure con la quale, essendosi proceduto all’affermazione della condizione di inabilità dell’interessata, era stato demandato agli organi competenti l’accertamento degli ulteriori requisiti di legge, circostanza quest’ultima dalla quale avrebbe dovuto invece necessariamente dedursi l’inesistenza del presupposto per ogni statuizione in sede giudiziaria sui medesimi benefici accessori (1).

* Ten. Col. me. Direttore I Sez. IV Div. Medicina Legale, Difesan - Roma. ** Magg. me. Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni - IV Div. Medicina Legale, Difesan - Roma.

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inabilità e definito con pronuncia coperta da giudicato, non era stata avanzata al riguardo alcuna richiesta, circostanza peraltro negata dalla ricorrente in revocazione e oltretutto

5

Sezione giurisdizionale Regione Molise, 12 gennaio 2007: Giud. Un. Miele - A. c. Dip. Prov.le Ministero Tesoro. Corte dei conti - Giudizio in materia di pensioni di guerra - Riassunzione e prosecuzione - Oltre il termine perentorio di sei mesi dall’interruzione Estinzione. (C.p.c., artt. 305 e 307, co. 3°). Va pronunciata l’estinzione del giudizio pensionistico, interrotto per la morte del ricorrente, qualora gli eredi cui spetta di proseguire o riassumere il giudizio non vi abbiano provveduto nel termine perentorio di sei mesi dall’interruzione.

116

Sezione giurisdizionale Regione Abruzzo, 24 gennaio 2007: Giud. Un. Benvenuto - F. (avv. Retto) c. INPDAP. Pensioni civili e militari - Pensione privilegiata Infermità - Infarto del miocardio - Dipendenza dal servizio - Esclusione - Fattispecie. L’essere affetto da diabete mellito con complicanze quali la retinopatia diabetica, unitamente alla presenza di due fattori di rischio quali il fumo e l’alcool, e la contestuale assenza di un’attività lavorativa caratterizzata da costante e prolungata tensione nervosa, concentrazione e attenzione elevate, non determinano la dipendenza da cousa di servizio della infermità cardiaca.

l/A

Sezione II centrale, 26 gennaio 2007: Pres. De Pascalis - Est. Parente - Ministero Economia e Finanze c. L. (avv. Farallo). Conferma Sez. Lazio n. 296/05. Pensioni di guerra - Procedimento amministrativo Domanda - Tardività - Danno morale - Art. 24 D.P.R. n. 915 del 1978 - Applicabilità.

363


Massimario della Corte dei Conti

364

Giornale di Medicina Militare

(D.P.R. 23 dicembre 1978 n. 915, artt. 24, 99 e 127). L’art. 24 D.P.R. 23 dicembre 1978 n. 915 - che ammette la revisione di precedenti provvedimenti in materia di pensioni di guerra in ogni tempo, a titolo di aggravamento o di rivalutazione di infermità, oggetto di precedenti domande - trova applicazione al fine di escludere l’intempestività dell’istanza di risarcimento del danno morale lamentato da un soggetto già destinatario di provvedimento adottato nel merito di precedente domanda intesa ad ottenere il trattamento di privilegio per le conseguenze fisiche della violenza carnale subita in epoca bellica (I).

L’appello non considera, però, con il rilievo che merita,

(1) - Contra: Sezione I centrale 24 ottobre 206 n. 209/A,

negativa (tra le più recenti sentenze cfr. 366/2004,

inedita.

142/2005, 145/2005 e 155/2005) nel duplice rilievo che

Diritto - Con il proposto gravame si contesta la sentenza

l’art. 24 si riferisce all’aggravamento ed alla rivalutazione

n. 296/2005 della Sezione giurisdizionale per la Regione

delle infermità e, quindi, al solo danno fisico, per le

Lazio, per violazione degli artt. 99 e 127 del D.P.R.

conseguenze che esso ha sulla capacità lavorativa del

n.915/1978 (testo unico delle leggi sulle pensioni di

soggetto leso, mentre il danno non patrimoniale si

guerra), in quanto ha ritenuto ammissibile la domanda

configura come danno risarcibile pur in assenza di una

in data 11 novembre 1997 di pensione di guerra per danni

lesione della integrità psico-fisica, e non potrebbe, perciò,

non patrimoniali da violenza carnale subita dall’appellata

considerarsi sotto il profilo dell’aggravamento o della

nel corso della seconda guerra mondiale ad opera di

rivalutazione, condizione riferibile al solo danno fisico.

truppe di colore, chiesti in applicazione della sentenza n.

Ma un tale approccio al problema non tiene conto della

561/1987 della Corte costituzionale, che ha dichiarato

circostanza che a muovere l’iniziativa del giudice a quo

incostituzionali gli artt. 10, co. l° e 22 L. 10 agosto 1950,

nel porre la questione di costituzionalità, poi esitata nella

n.648, 9, co. 1° e 11°, L. 18 marzo 1968, n. 313, 1, 8, co.

sentenza n. 561/1987 (Sezione III pensioni di guerra,

1°, 11 e 83 del D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, nella parte

ordinanza n. 81 del 24 marzo 1981), era stata la

in cui non prevedono un trattamento pensionistico di

constatazione della inadeguatezza della tutela predisposta

guerra che indennizzi i danni sopra indicati.

dall’ordinamento pensionistico di guerra, proprio in

Sostiene l’appellante che il rapporto pensionistico di

quanto limitata al solo indennizzo delle menomazioni

guerra, conseguente alla subita violenza carnale, doveva

psico-fisiche incidenti sulla capacità lavorativa del soggetto;

considerarsi ormai esaurito e non era riattivabile sulla base

situazione questa che il giudice rimettente e la stessa Corte

della sopravvenuta pronuncia di incostituzionalità, non

costituzionale

avendo l’interessato presentato, nei termini di cui alle

configgente con l’art. 2 della Costituzione, dovendo il

citate disposizioni (artt. 99 e 127 T.U. n. 915/1978), alcun

diritto alla pensione di guerra, per violenza carnale subita

istanza diretta a conseguire l’indennizzo degli specifici

per fatti bellici, trovare il suo fondamento costituzionale

danni non patrimoniali qui in discussione, ma domande

nell’adempimento di doveri inderogabili di solidarietà

per le conseguenze fisiche della subita violenza, che

economica da porre in correlazione ai diritti inviolabili

avevano esaurito ogni loro effetto con i provvedimenti su

della persona umana. Veniva così riconosciuto il diritto

di esse adottati dall’amministrazione.

all’indennizzo per danni non patrimoniali quale

Il ricorso, così prospettato, sembrerebbe fondato,

conseguenza della violenza carnale, considerata lesione

conformandosi alle statuizioni delle SS.RR. di questa Corte

di fondamentali valori di libertà e dignità della persona.

n. 8/QM del 12 dicembre 2000, secondo cui la sentenza

E tale diritto andava ad inserirsi tra quelli disciplinati dalla

n. 561/1987 della Corte costituzionale non opera sui fatti

normativa sulle pensioni di guerra, come giustamente

esauriti (intendendosi per tali quelli definiti con sentenza

sostenuto dalle SS.RR. nella sentenza n. 89/C/1991, quale

passata in giudicato o con atto amministrativo divenuto

“maggior” diritto rispetto a quello derivante dalle

inoppugnabile, o riferiti a diritti per il quale sia decorso

menomazioni della integrità psico-fisica, ma non

il termine di prescrizione), né è idonea a riaprire i termini

disancorato dalla disciplina di settore. Con la conseguenza

per esercitare il diritto.

che anche tale disciplina inevitabilmente va riguardata ed

la circostanza che la sentenza impugnata accoglie il ricorso di primo grado nella dichiarata applicazione dell’art. 24 del citato T.U. n. 915/1978, che ammette domande di revisione senza limiti di tempo. Il problema, pertanto, si focalizza sull’applicabilità alla fattispecie di tale disposizione. La giurisprudenza al riguardo formatasi in appello, compendiantesi nelle pronunce della sola Sezione prima giurisdizionale centrale, competente in materia di pensioni di guerra prima della nuova ripartizione territoriale recentemente operata, è uniformemente

nella

citata

sentenza

giudicavano

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Massimario della Corte dei Conti

Giornale di Medicina Militare

interpretata tenendo conto dei valori in essa riversati,

T.U. n. 915 del 1978), la Corte dei conti può, nel giudizio

attraverso la mediazione della Costituzione, dalla

in tema di aggravamento, pervenire a soluzioni più ampie

pronuncia additiva della Corte costituzionale. Ed in questa

del tema medesimo, riconoscendo la sussistenza di diritti

prospettiva, anche la lettura dell’art. 24 del T.U. n.

maggiori di quelli giudizialmente richiesti o negando

919/1978, perde la rigidezza delle interpretazioni

l’esistenza stessa del titolo in base al quale la domanda è

strettamente letterali, per aprirsi alla ricezione dei nuovi

stata proposta (artt. 112 L. n. 64871950, 108 L. n.

contenuti in un processo di necessaria contestualizzazione.

313/1968, 114 T.U. n. 915/1978. E la Corte costituzionale

Prima della sentenza n. 561/1987 indubbiamente il

al punto 2 della esposizione del fatto della sentenza del

procedimento per il riconoscimento di sopravvenuti

10-18 dicembre 1987, n. 561 prende atto di tali

aggravamenti o per rivalutazioni di situazioni menomative

affermazioni, nella presumibile consapevolezza che la

della capacità lavorativa riconducibili a fatti di guerra già

sentenza di accoglimento che si apprestava a pronunciare

esaminate, presupponeva il riferimento ad una infermità,

non avrebbe sortito alcun effettivo risultato, essendo

come letteralmente è scritto nell’art. 24 in esame, ma dopo

ampiamente scaduto anche il termine quinquennale di

che tra i diritti indennizzabili per fatti di guerra, è emerso,

cui all’art. 99 del T.U. n. 915/1978.

per statuizione della Corte costituzionale, anche il diritto

Nella sentenza appellata si supera lo sbarramento di tali

per danni non patrimoniali da violenza carnale perpetrata

termini, con l’applicazione dell’art. 24 dello stesso T.U.

dalle truppe belligeranti, e cioè danni non afferenti alla

n. 915/1978, che ammette la revisione di precedenti

costituzione psico-fisica del soggetto, ma alla libertà e

provvedimenti in materia di pensioni di guerra in ogni

dignità della persona umana, l’istituto della revisione non

tempo, a titolo di aggravamento o di rivalutazione della

può non riferirsi anche a tale diritto, sempre che vi sia

“infermità”, oggetto delle precedenti domande; e si

stata una prima domanda di pensione per il fatto bellico

sostiene che, siccome nella fattispecie vi erano state

“violenza carnale” e tale fatto sia stato ammesso nella sua

precedenti domande per i danni fisici conseguenti alla

realtà fenomenica.

subita violenza carnale, e quindi vi era stata tempestiva

D’altra parte, lo stesso giudice rimettente (Sezione III

constatazione della violenza carnale, non vi era ostacolo

Pensioni di guerra), nel proporsi il problema della

alcuno a ritenere ammissibile la domanda del novembre

rilevanza della questione di costituzionalità che andava

1997 per danni non patrimoniale ex sentenza n. 561/1987

sollevando, faceva esplicito riferimento all’art. 24 T.U.

Corte cost.

n.915/1978 ed alle analoghe norme che lo avevano

L’assunto appare condividibile alla luce delle esposte

preceduto, consapevole com’era che, diversamente e cioè

considerazioni e, pertanto, la domanda dell’11 novembre

applicando le disposizioni sui termini procedurali, che,

1997 può considerarsi ammissibile in applicazione del

nella fattispecie, riferentesi a fatti bellici verificatisi

citato art. 24 del T.U. n. 915/1978. Ne consegue che

anteriormente alla data di entrata in vigore del citato T.U.

l’appello va rigettato.

(1° febbraio 1979) si identificava con la prima parte dell’art. 127, che concedeva solo due anni per la proposizione di nuove domande (termine finale 1° febbraio 1981), la questione era morta prima ancora di nascere (l’ordinanza di remissione è del 24 marzo 1981). Scrive il giudice rimettente: “La questione di costituzionalità che, conseguentemente con la presente ordinanza solleva d’ufficio, per i motivi e nei limiti che saranno precisati in prosieguo, è rilevante ai fini del giudizio, in quanto, sia per i caratteri peculiari della sua giurisdizione pensionistica, puntualizzati da ultimo dalle Sezioni riunite della Corte dei conti sul ricorso di L.A. n. 59/SRC del 4 marzo 1981, sia per l’operatività dell’istituto della rivalutazione, previsto dall’art. 53, co. 3°, della L. n. 648 del 1950 (riprodotto senza modificazioni, nell’art. 26, co. 2°, della legge di riordinamento n. 313 del 1968 e nell’art. 24 co. 5°, del

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2/A

Sezione II centrale, 26 gennaio 2007: Pres. De Pascalis - Est. D’Aversa - Z. ed altri (avv. Vitelli) c. Comando Generale Arma dei Carabinieri. Riforma Sez. Abruzzo n. 122/05. Pensioni civili e militari - Liquidazione - Beneficio previsto dall’art. 1 (co. 15°-quater) L. n. 468 del 1987 - Personale in servizio alla data del 1° gennaio 1985 in quanto trattenuto o richiamato - Diritto. (L. 10 dicembre 1973 n. 804, art. 13 - L. 19 maggio 1986 n. 224, art. 32, co. 9° - D.L. 16 settembre 1987 n. 379, conv. in L. 14 novembre 1987 n. 468, art. 1, co. 15°-quater). Il personale militare in servizio attivo alla data del 1° gennaio 1985, in quanto trattenuto o richiamato senza soluzione di continuità, ha diritto di ottenere, sul trattamento di riposo, il beneficio di n. 6 aumenti stipendiali

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Massimario della Corte dei Conti

Giornale di Medicina Militare

in detrazione sulle somme spettanti per l’eventuale maggior danno subito, non trovano applicazione ai crediti pensionistici di guerra.

ai sensi del combinato disposto dell’art. 13 L. 10 dicembre 1973 n. 804, dell’art. 32 (co. 9°) L. 19 maggio 1986 n. 224 e dell’art. 1 (co. 15°-quater) D.L. 16 settembre 1987 n. 379, convertito in L. 14 novembre 1987 n. 468.

5/A 90

Sezione giurisdizionale Regione Lazio, 2 febbraio 2007: Giud. Un. Della Ventura - M. c. Ministero Economica e Finanze. Pensioni civili e militari - Cumulo - In genere Indennità integrativa speciale e 139 mensilità spettante al trattamento pensionistico ordinario Cumulo con indennità integrativa percepita sul trattamento di servizio - Sussistenza. In virtù delle sentenze della Corte costituzionale n. 566 del 1989 e n. 232 del 1992, le quali hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale del divieto generalizzato di cumulo dell’indennità in questione con altra indennità analoga e con la tredicesima mensilità, nella parte in cui le norme allora impugnate non fissavano un limite al di sotto del quale tale divieto non può essere operante, deve ritenersi ormai venuto meno il divieto di corresponsione della indennità integrativa speciale nei confronti di un titolare di un trattamento pensionistico che presti contemporaneamente opera retribuita alle dipendenze di terzi (e quindi percepisca analoga indennità sul trattamento di servizio); nella specie, pertanto, va accolto il ricorso e, per l’effetto, dichiara il diritto del ricorrente a percepire l’indennità integrativa speciale e la tredicesima mensilità sulla pensione in godimento per il periodo corrispondente alla prestazione di attività lavorativa (1).

Sezione II centrale, 9 febbraio 2007: Pres. De Pascalis - Est. Imperiali - M. (avv. Lanni) c. Ministero Economia e Finanze. Riforma Sez. Piemonte n. 698/03. Pensioni civili e militari - Cessazione dal servizio Diritto a pensione - Personale militare collocato a riposo a domanda, per decadenza o perdita del grado anteriormente al 1° gennaio 1998 Sussistenza. (D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092, art. 52, co. 3° - L. 23 dicembre 1994 n. 724, art. 13, co. 1° e 3° - D.L.

30 giugno 1995 n. 262, art. 3 - D.L.vo 30 aprile 1997 n. 165). Le disposizioni recate dall’art 13, co. 1° e 3°, L. 23 dicembre 1994 n. 724 hanno natura transitoria, per cui le condizioni ivi dettate in tema di sospensione dell’accesso ai pensionamenti anticipati non trovano applicazione nei confronti dei soggetti che abbiano chiesto il collocamento a riposo con decorrenza successiva al 30 agosto 1995; ne consegue che il personale militare, cessato dal servizio a domanda, per decadenza o per perdita del grado dopo tale ultima data, purché anteriormente all’entrata in vigore della riforma recata dal D.L.vo 30 aprile 1997 n. 165 (1° gennaio 1998), ha diritto al trattamento pensionistico se abbia compiuto venti anni di servizio effettivo, secondo la previsione recata dall’art. 52 (co. 3°) D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092.

(1) - Contra SS.RR. 3 gennaio 2000 n. 1/QM in questa Rivista 2000, 1, II, 59. La sentenza della Corte costituzionale 13 dicembre 1989 n. 566 citata nella massima, è pubblicata in questa Rivista 1989, 6, I, 215. La sentenza 232 del 1992, è inedita.

19/A

Sezione I centrale, 8 febbraio 2007: Pres. Simonetti - Est. Arganelli - Ministero Economia e Finanze c. B. Riforma Sez.Toscana n. 113/03. Pensioni di guerra - Trattamento pensionistico Liquidazione - Interessi e rivalutazione - Art. 16, co. 6°, L. n. 412 del 1991 - Inapplicabilità. (L. 30 dicembre 1991 n. 412, art. 16, co. 6° - L. 23 dicembre 1998 n. 448, art. 45, co. 6°). Le disposizioni dell’art. 16, co. 6°, L. 30 dicembre 1991 n. 412, secondo le quali i gestori degli enti di previdenza obbligatoria sono tenuti a corrispondere interessi legali sulle prestazioni dovute, interessi che possono essere portati

366

21/A

Sezione I centrale, 9 febbraio 2007: Pres. Simonetti - Est. Arganelli - G. c. INPDAP. Conferma Sez. Veneto n. 651/04. Corte dei Conti - Giudizio in materia di pensioni civili e militari - In genere - Giudizio di ottemperanza - Ambito. (R.D. 26 giugno 1924 n. 1054, art. 27, n. 4 - L. 21 luglio 2000 n. 205, art. 10). Corte dei Conti - Giudizio in materia di pensioni civili e militari - In genere - Giudizio di ottemperanza - Oggetto della pronuncia. (R.D. 26 giugno 1924 n. 1054, art. 27, n. 4 - L. 21 luglio 2000 n. 205, art. 10). L’ambito di applicazione dell’art. 27, n. 4, R.D. 26 giugno 1924 n. 1054 ha per oggetto la pura e semplice dichiarazione (tacita o espressa) di non ottemperanza di un giudicato in ragione di un pubblico interesse, per cui la norma non trova

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Giornale di Medicina Militare

Massimario della Corte dei Conti

ingresso laddove l’amministrazione vi abbia dato esecuzione anche se in modo difforme da come ritenuto dall’interessato (la Sezione ha osservato che nella fattispecie l’istituto previdenziale aveva adottato un atto che, avendo provveduto in ordine agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria dovuti in esecuzione di precedente giudicato, non costituiva un mero rifiuto della pretesa avanzata dall’interessato con riguardo a diversi criteri di calcolo e quindi andava impugnato secondo le regole ordinarie). La pronuncia del giudice dell’ottemperanza attiene al merito e non alla semplice verifica dell’esecuzione del giudicato (la Sezione ha dato atto che nella fattispecie si era proceduto correttamente all’interpretazione della sentenza ottemperando alla luce di prospetti contabili, prodotti dall’amministrazione, che escludevano gli interessi anatocistici sostanzialmente rivendicati dall’appellante a sostegno della pretesa in esecuzione del giudicato).

della legge sul Consiglio di Stato, vi è un quid medium,

Diritto - Risulta dal fascicolo processuale che il giudice di

se in modo difforme da come ritenuto dall’appellante.

prime cure con l’ottemperanda sentenza ha statuito in

Cosicché il ricorso è stato respinto dal giudice di prime

merito alla rivalutazione monetaria ed agli interessi legali

cure

da liquidarsi al qui appellante sulla sorte capitale

dichiarandone l’inammissibilità.

(pensione) affermando che va riconosciuto “... il diritto

Ed è evidente che in sede di ricorso per ottemperanza di

alla rivalutazione monetaria ed agli interessi legali a far

cui al cit. art. 27, n. 4 il giudice ha compiuto la valutazione

tempo dalla data di maturazione dei... singoli ratei di

della opportunità del rifiuto di esecuzione del giudicato

pensione e fino alla data di corresponsione degli arretrati”.

nei termini richiesti dell’appellante, dei motivi perciò di

Or qualsiasi sia l’interpretazione da darsi alla citata

pubblico interesse assunti dall’amministrazione che

sentenza, resta fermo che la parte appellante non ha

renderebbero conveniente l’inesecuzione del giudicato

proposto appello avverso detta sentenza cosicché la stessa

nei termini voluti dall’appellante medesimo.

è passata in giudicato.

Cosicché la pronuncia del giudice dell’ottemperanza è

L’appello di cui qui si discute avverso la sentenza n.

pronuncia di merito e non già pronuncia che attiene alla

6307/05 della Sezione giurisdizionale per il Veneto in

sola verifica dell’esecuzione del giudicato. In altri termini

effetti contesta il criterio di liquidazione degli accessori

si vuol dire che il giudice di prime cure in sede di giudizio

così come indicati nella sentenza del giudice di prime cure

di ottemperanza ha interpretato la sentenza passata in

in sede di giudizio di ottemperanza.

giudicato alla luce dei prospetti contabili prodotti

Allo scopo va precisato che correttamente il giudice

dall’amministrazione

dell’ottemperanza con la sentenza qui impugnata ha

anatocistici, sostanzialmente rivendicati dall’appellante a

statuito che il ricorso per ottemperanza presuppone che

sostegno della pretesa inesecuzione del giudicato.

la sentenza eseguita abbia autorità di cosa giudicata e che

Il giudice dell’ottemperanza in funzione di una migliore e

il ricorso per inottemperanza del giudicato da parte

obiettiva

dell’amministrazione sia stato preceduto da formale atto

nell’esercizio

di diffida e di costituzione in mora ed ha sotto detto profilo

giurisdizionale cognitiva (processo di cognizione) ha quindi

ritenuto inammissibile il ricorso.

reso pronuncia determinativo costitutiva della regola

Avuto comunque riguardo al merito va detto che il giudizio

valevole per il caso concreto; e correttamente in fattispecie

di ottemperanza è un giudizio di cognizione, quando la

con la sentenza qui appellata ha ritenuto che l’atto esecutivo

sentenza di cui si chiede l’ottemperanza è di condanna

da parte dell’amministrazione del giudicato di cui alla più

dell’amministrazione a pagare una somma di denaro,

volte citata sentenza è satisfattorio per l’appellante perché

come in fattispecie per cui è qui causa.

conforme

Ma tra la pronuncia del giudice di cui si chiede

corresponsione degli interessi anatocistici (art. 1283 c.c.).

l’ottemperanza e il ricorso disciplinato dall’art. 27, n. 4,

L’appello va pertanto respinto.

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costituito da un atto con cui l’amministrazione dichiara di non voler dare esecuzione ad una sentenza passata in giudicato, con diffida e assegnazione di un termine, scaduto il quale ove l’amministrazione, come in fattispecie, adotti un provvedimento che non sia di mero rifiuto, si pone in essere un nuovo provvedimento amministrativo che può anche essere solo in via di mera ipotesi una inesecuzione totale o parziale, del giudicato come assunto dall’appellante con riguardo al calcolo degli interessi legali e della rivalutazione monetaria - ma che va impugnato secondo le regole ordinarie. In altri termini si vuol dire che l’ambito di applicazione dell’art. 27, n. 4, cit. ha per oggetto la pura e semplice dichiarazione di non esecuzione tacita o espressa in ragione di un pubblico interesse; il che non è in fattispecie là dove l’amministrazione ha eseguito il giudicato anche

con

la

sentenza

attuazione di

che

qui

impugnata

escludono

gli

dell’ordinamento

attività

giuridico

interessi

giuridico

sicuramente

all’ordinamento

anzitutto

di

che

e

natura

vieta

la

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Massimario della Corte dei Conti

25/A

Sezione I centrale, 12 febbraio 2007: Pres. (ff.) Vetro - Est. Arganelli - S. (avv. Messina) c. Ministero Economia e Finanze. Conferma Sez. Lazio n. 665/04.

l’equivalenza tra i diversi stati clinici richiesti ai sensi delle

Pensioni di guerra - Fatto bellico - Violenza carnale - Risarcimento del danno morale - Intempestività della domanda. (D.P.R. 23 dicembre 1978 n. 915, artt. 99 e 127). La sentenza della Corte costituzionale 10 dicembre 1987 n. 561, per effetto della quale è stata riconosciuta la risarcibilità del danno morale derivante da violenza carnale subita in epoca bellica, trova applicazione solo nei rapporti ancora pendenti, per cui il relativo diritto deve ritenersi prescritto se la relativa domanda sia stata proposta fuori termine ai sensi degli artt. 99 e 127 D.P.R. 23 dicembre 1978 n. 915, anche se il soggetto interessato abbia ottenuto il ristoro delle menomazioni fisiche derivate dall’episodio traumatico, con provvedimento però ormai inoppugnabile (1).

della tematica in discussione.

(l) - La sentenza della Corte costituzionale 10 dicembre 1987 n. 561. è inedita.

27/A

Sezione I centrale, l3 febbraio 2007: Pres. Minerva - Est. Nicolella - INPDAP (avv. Genovesi) c. B. (avv.ti Petracci e Marin). Riforma Sez. Friuli-Venezia Giulio n. 311/05. Pensioni civili e militari - Dipendenti enti locali Diritto a pensione - Pensione di inabilità ex art. 2, co. 12°, L. n. 335 del 1995 - Inabilità di cui all’art. 13 L. n. 274 del 1991 - Non rileva. (R.D.L. 3 marzo 1938 n. 680, artt. 32 e 33 - L. 11 aprile 1955 n. 379, art. 7 - L. 8 agosto 1991 n. 274, art. 13

- L. 8 agosto 1995 n. 335, art. 2, co. 12°). La sussistenza della condizione di inabilità non derivante da causa di servizio, necessaria per l’attribuzione del trattamento di quiescenza ai dipendenti locali che vantino 20 anni di anzianità lavorativa, non vale ai fini del riconoscimento del beneficio pensionistico previsto dall’art. 2, co. 12°, L. 8 agosto 1995 n. 335, richiedendo quest’ultima disciplina l’esistenza di una più grave condizione di assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa (1).

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Giornale di Medicina Militare

normative in questione, oltretutto senza disporre l’acquisizione di una nuova consulenza, ritenuta opportuna in ragione del particolare carattere tecnico

33/A

Sezione I centrale, 15 febbraio 2007: Pres. (ff.) Vetro - Est. Fratocchi - INPDAP (avv. Genovesi) c. T. ed altri (avv.ti Dal Piaz e Contaldi). Riforma Sez. Piemonte n. 304/04. Pensioni civili e militari - Dipendenti enti locali Personale sanitario - Base pensionabile - Computabilità di emolumenti - Presupposto. (L. 5 dicembre 1959 n. 1077, artt. 15 e 16 - D.L. 28 febbraio 1983 n. 55, conv. in L. 26 aprile 1983 n. 131, art. 30). Pensioni civili e militari - Dipendenti enti locali Personale sanitario - Base pensionabile - Direttore amministrativo capo servizio ex art. 78, D.P.R. n. 761 del 1979 - Retribuzione aggiuntiva - Non computabilità. (D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761, art. 78). Il mero fatto storico della percezione di determinati emolumenti, sia pure caratterizzati da fissità e continuità nell’erogazione, non può determinare a favore dei dipendenti del comparto sanità che ne abbiano beneficiato l’automatica pensionabilità degli stessi, in quanto tale effetto deve trarre titolo da una statuizione o efficacia generale per la categoria di personale interessato (legge, regolamento, accordo collettivo nazionale di lavoro) (1). La retribuzione aggiuntiva, corrisposta a seguito dell’attribuzione della qualifica di direttore amministrativo capo servizio ai sensi dell’art. 78 D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761, non può concorrere a determinare la base pensionabile. Diritto - (Omissis) - La questione che il Collegio è chiamato a risolvere concerne la sussistenza o meno del diritto del sig. T.U. alla liquidazione del trattamento pensionistico in base alla qualifica di direttore amministrativo capo servizio (livello XI) attribuitagli con deliberazione del 6 marzo 1985 dal comitato di gestione dell’unità socio

(1) - La Sezione ha contestato al giudice territoriale di

sanitaria locale di omissis, ai sensi dell’art. 78 del D.P.R.

aver disatteso l’avviso espresso dal collegio medico

n. 761 del 1979 e dallo stesso conservata fino all’atto del

interpellato ai sensi della L. 8 agosto 1995 n. 335, facendo

collocamento in quiescenza, avente decorrenza dal 14

proprio il parere reso dall’organo tecnico competente ai

aprile 1994.

sensi della L. 8 agosto 1991 n. 274, non svolgendo alcuna

Con sentenza, oggetto di gravame in questa sede da parte

considerazione in ordine ai diversi presupposti che

dell’INPDAP, la sezione territoriale competente ha

condizionano l’operato dei due distinti consulenti e

ritenuto che l’art. 78 del citato D.P.R., in base al quale

affermando oltretutto, in via assolutamente apodittica,

l’amministrazione ha attribuito al sig. T. l’incarico di

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Massimario della Corte dei Conti

Giornale di Medicina Militare

direttore amministrativo capo servizio (liv. XI) su posto

l’assegno fisso e ricorrente corrisposto dall’ente alla cui

vacante,

derogatoria

dipendenza è l’iscritto, per speciale mansione espletata ...

nell’ambito della regolamentazione dello “Stato giuridico

è da comprendersi nella retribuzione annua contributiva

del personale delle unità sanitarie locali” di cui al DP.R.

qualora, ai sensi delle norme di legge o regolamenti,

n. 761/1979, ivi compresa quella disciplinata dall’art. 29

l’espletamento della predetta mansione rientri tra i

del medesimo decreto, relativa alle attribuzioni delle

compiti esclusivi pertinenti al posto ricoperto dall’iscritto

mansioni superiori.

(art. 16 legge citata).

In sostanza il giudice di prime cure ha ritenuto che l’art.

Come statuito dalla giurisprudenza di questa Corte dei

78 disciplina un istituto eccezionale e transitorio, dettato

Conti, l’art. 30, co. 3° del D.L. 28 febbraio 1983 n. 55,

in deroga al principio del concorso per l’accesso ai

convertito

pubblici uffici e che può essere utilizzato con esclusivo

sostanzialmente confermato il concetto di retribuzione

riguardo alla posizione funzionale apicale di direttore

annua contributiva contenuta negli artt. 15 e 16 della L.

amministrativo capo servizio, al fine di reperire, in fase di

n. 1077/1959. Detta disciplina ha inteso solo far salvi, ai

avviamento del servizio nazionale e nelle more di

fini pensionistici, nel precipuo intento di limitare

espletamento dei relativi concorsi, personale qualificato

l’imponente e defaticante contenzioso in materia, i

tra i dipendenti di qualifica immediatamente inferiore e

maggiori importi eventualmente attribuiti dagli enti datori

previa valutazione della professionalità e dell’esperienza

di lavoro, relativamente a voci retributive che fossero però

acquisita.

già riconosciute come pensionabili dall’ordinamento, ai

Detto istituto, infatti, pur caratterizzato dalla precarietà,

sensi delle disposizioni precedentemente in vigore.

temporaneità e revocabilità ha un limite temporale

In conclusione, il mero fatto storico della percezione di

estremamente indeterminato e variabile, rappresentato

determinati emolumenti, sia pure caratterizzati da fissità

unicamente dall’espletamento del concorso relativo alla

e continuità nella erogazione, non può determinare a

posizione funzionale di direttore amministrativo. Con il

favore dei dipendenti che ne abbiano beneficiato

conferimento

si

pone

come

dell’“incarico

disposizione

su

posto

vacante”

dalla

L.

26

aprile

1983

n.

131,

ha

il

l’automatica pensionabilità degli stessi; requisito, questo,

dipendente interessato assume la qualifica e le attribuzioni

che deve trarre titolo da una statuizione ad efficacia

del posto ricoperto per incarico e acquista il diritto alla

generale per la categoria di personale interessato (legge,

retribuzione propria del posto ricoperto per incarico.

regolamento, accordo collettivo nazionale di lavoro).

Conclusivamente l’istituto disciplinato dall’art. 78 in

In

argomento riveste un carattere certamente derogatorio

previdenziale, appare utile sottolineare che il legislatore

rispetto alla disciplina relativa all’attribuzione delle

ha inteso collegare la dinamica della retribuzione

“mansioni superiori”, prevista dallo stesso D.P.R. all’art. 29.

contributiva e quindi, pensionabile, o provvedimenti

Tanto brevemente premesso in ordine agli argomenti posti

legislativi, regolamenti o a CC.CC.NN.LL., proprio al fine

dal giudice di prime cure a sostegno della sentenza

di evitare che scelte discrezionali degli enti datori di lavoro

appellata, questa Sezione ritiene, in primis di dover

nelle attribuzioni di mansioni superiori per sopperire ad

sottolineare che, come fatto presente dall’istituto

esigenze di servizio contribuiscano a determinare un

previdenziale, gli artt. 15 e 16 della L. n. 1077/1959,

aggravio eccessivo della spesa pensionistica.

proposito,

come

ricordato

anche

dall’istituto

individuano gli emolumenti che possono essere inclusi

Tanto premesso, relativamente alla fattispecie all’esame,

nella posizione contributiva sulla quale calcolare la

parte appellata e la ASL n. omissis di omissis, sostengono

pensione spettante agli iscritti alle casse (compresa,

che nel caso di specie l’istituto disciplinato dall’art. 78 del

ovviamente, la CPDEL) amministrate dagli istituti di

D.P.R. n. 761 del 1979, per i motivi sopra brevemente

previdenza del Ministero del Tesoro (cui è ora subentrato

riportati ed accolti nella sentenza di primo grado, nulla

l’INPDAP), all’uopo precisando espressamente che tale

ha a che vedere con lo svolgimento di mansioni superiori

retribuzione “è la risultante degli emolumenti fissi e

ex art. 29 D.P.R. n. 761/1979.

continuativi o ricorrenti ogni anno che costituiscono la

In proposito questa Sezione osserva che l’art. 78 in

parte fondamentale della retribuzione corrisposta, ai sensi

argomento è volto a consentire la copertura provvisoria

delle vigenti disposizioni normative o regolamentari

della posizione apicale di direttore amministrativo capo

ovvero

come

servizio “anche con incarichi” chiaramente temporanei,

remunerazione per la normale attività lavorativa richiesta

come si desume dal testo dello stesso “fino all’espletamento

per il posto ricoperto (art. 15 L. n. 1077/1959)... e che

dei relativi concorsi pubblici di assunzione”.

da

contratti

collettivi

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di

lavoro,

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Massimario della Corte dei Conti

Giornale di Medicina Militare

In ossequio a tale disposizione l’amministrazione sanitaria,

Per

con delibera n. 122/1985 ha disposto “di attribuire dalla

dell’INPDAP va accolto. (1) - La Sezione ha richiamato la giurisprudenza secondo la quale l’art. 30 (co. 3°) D.L 28 febbraio 1983 n. 55, convertito in L. 26 aprile 1983 n. 131, ha sostanzialmente confermato il concetto di retribuzione annua contributiva contenuta negli artt. 15 e 16 L. 5 dicembre 1959 n. 1077, intendendo solo far salvi ai fini pensionistici, nel precipuo intento di limitare l’imponente contenzioso in materia, i maggiori importi eventualmente attribuiti dagli enti datori di lavoro, relativamente a voci retributive che fossero però già riconosciute come pensionabili dall’ordinamento, ai sensi delle disposizioni precedentemente in vigore.

data del presente atto, e fino all’espletamento del relativo concorso pubblico ... l’incarico nella posizione funzionale di direttore amministrativo capo servizio, responsabile del servizio tecnico economale al sig. U.T ...”. La lettura della citata delibera depone indubitabilmente per un incarico temporaneo che non da titolo alla copertura permanente del posto in organico. In sostanza l’incarico aveva lo scopo di colmare contingentemente

il

vuoto

di

organico

previo

espletamento della procedura prevista; e tale procedura,

le

considerazioni

che

precedono

l’appello

contrariamente a quanto sostenuto dall’appellato, richiede scelte discrezionali da parte dell’amministrazione; il “possono”

utilizzato

del

testo

normativo

34/A

risulta

inequivocabile in tal senso.

Sezione I centrale, 15 febbraio 2007: Pres. (ff.) Vetro - Est. Fratocchi - INPDAP (avv. Genovesi) C. N.C. ed altri. Riforma parzialmente Sez. Lombardia n. 173/05. Pensioni civili e militari - Liquidazione - Rivalutazione monetaria e interessi legali - Interessi anatocistici - Ammissibilità. (C. c., art. 1283). In materia di pensioni ordinarie può trovare accoglimento la richiesta di interessi anatocistici, nei termini di cui alla disciplina recata dall’art. 1283 c.c. (la sentenza di prime cure aveva affermato il diritto al beneficio in questione sul coacervo degli importi di interessi e rivalutazione monetaria maturati sino all’atto di emissione del relativo titolo di pagamento, mentre il giudice d’appello ha ancorato il dies a quo alla data della domanda giudiziale e ha limitato l’operatività del riconoscimento ai soli interessi legali).

Ne consegue che se tali scelte legittimano il riconoscimento in servizio di una maggiore retribuzione, non possono, tuttavia, tradursi automaticamente nel computo del plus retributivo riconosciuto nella base pensionabile, qualora tale computo non tragga titolo da una statuizione ad efficacia generale per la categoria di personale interessata (legge, regolamento accordi collettivi). Diversamente, l’atto amministrativo dell’ente verrebbe a recare un vulnus al sistema giuridico di determinazione della base pensionabile costituito dagli artt. 15 e 16 della L. n. 1077/1959 e successive modifiche ed integrazioni. “La specialità” della disposizione dell’art. 78 nell’ambito della disciplina delle mansioni superiori, sostenuta da parte appellata e dell’amministrazione sanitaria, non appare, quindi, sorretto da alcuna argomentazione logica e giuridica; conseguentemente viene meno il supporto normativo in base al quale possa essere assentito un trattamento di quiescenza commisurato ad una componente retributiva del tutto temporanea e priva, quindi, proprio dell’elemento qualificante il riconoscimento della quiescibilità costituito, come detto, dalla riconducibilità dello stesso a norme di legge, regolamento o contratti collettivi. Del resto dall’impianto del D.P.R. n. 761/1979 emerge in maniera evidente l’intento del legislatore di vincolare le amministrazioni all’assunzione in servizio dei dipendenti tramite pubblici concorsi, mentre la disciplina degli incarichi su posto vacante riveste, necessariamente, carattere transitorio e temporaneo. Da quanto esposto consegue che le retribuzioni aggiuntive corrisposte al T. per l’attribuzione, ex art. 78 citato, della qualifica di direttore amministrativo capo servizio (livello XI), non possono concorrere a determinare la base pensionabile.

370

239

Sezione giurisdizionale Regione Abruzzo, 23 febbraio 2007: Giud. Un. Pozzato - D.B. c. Ministero Difesa. Competenza e giurisdizione - Giudizio pensionistico - Questioni attinenti il rapporto di pubblico impiego - Giurisdizione - Esclusione. Pensioni civili e militari - Sottufficiali carabinieri Equiparazione alla Polizia di Stato ex L. n. 216/1992 - Assenza di status di sottufficiale - Non operatività della normativa. (L. 6 marzo 1992 n. 216). Il mancato inquadramento giuridico ed economico nell’ambito del trattamento di servizio è devoluto dall’ordinamento ad altro giudice diverso da quello contabile. Il trattamento pensionistico attribuito ai vice sovrintendenti della polizia di Stato, ed applicabile ai sottufficiali dell’arma dei carabinieri ai sensi della L. n.

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Massimario della Corte dei Conti

Giornale di Medicina Militare

216/1992, non è applicabile ad un graduato dell’arma dei carabinieri, il quale non riveste lo status di sottufficiale.

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Sezione giurisdizionale Regione Abruzzo, 27 febbraio 2007: Giud. Un. Pozzato - R. c. INPDAP. Corte dei conti - Giudizio in materia di pensioni civili e militari - Ricorso - Mera istanza ammini-

strativa inviata al giudice contabile - Inammissibilità. (D.L. 15 novembre 1993 n. 453, art. 6, co. 7° conv. in L. 14 gennaio 1994 n. 19). L’invio al giudice contabile dell’istanza indirizzata all’INPDAP, non può essere qualificato come ricorso, atteso che determina l’inosser vanza delle disposizioni dettate dall’art. 6, co. 7° del D.L. 15 novembre 1993 n. 453 convertito con modificaziani dalla L. 14 gennaio 1994 n. 19.

KL

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Giornale di Medicina Militare

Documentazione sanitaria: cartella clinica e cartella infermieristica Premessa La documentazione sanitaria è lo strumento che permette di descrivere pienamente il percorso clinicoassistenziale della persona ricoverata in una qualsiasi struttura sanitaria. È uno strumento che la normativa attuale impone agli operatori sanitari che ne hanno la responsabilità legale, garantisce la descrizione e l’acquisizione di tutti i dati utili sia per l’assistenza al paziente, sia per la valutazione dell’appropriatezza in uno scenario in cui ogni singolo elemento deve essere pertinente, chiaro, giustificato ed armonico con il tutto. Il presente lavoro parte proprio dal presupposto che una documentazione integrata informatizzata possa dare le suddette garanzie. Infatti da una osser vazione empirica si è riscontrato che molti degli errori nella compilazione della documentazione sono dovuti alla compresenza di diversi fogli o cartelle sulle quali descrivono, trascrivono e registrano dati più operatori in una sequenza di turno.

La cartella clinica Ricercare una definizione univoca della cartella clinica può non essere così semplice; in base all’autore o al momento potrà essere descritta: …il documento sanitario relativo alla verbalizzazione dell’attività propria del reparto ospedaliero con riferimento al singolo degente cui tale attività corrisponde (Menusi F., Bargagna M.: La Cartella Clinica); …la raccolta di

Mar. 1ª Cl. (DA.I, Dott.), Difesan - Roma. walterdecaro@tin.it

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chi, di che cosa, del perché, del quando e del come del paziente curato durante l’ospedalizzazione (American Hospital Medical Record Association); …rappresenta una raccolta di notizie riguardanti il paziente nei riferimenti anamnestici, obiettivi, terapeutici e dietetici, raccolte dai medici curanti e destinate soprattutto alla diagnosi e alla cura, subordinatamente allo studio, alla ricerca e all’insegnamento (Merli S., Ciallella C.: Interesse e attualità della cartella clinica). La cartella clinica, così come oggi è conosciuta, affonda le radici in periodi molto lontani; nel II° millennio vi sono testimonianze presso gli Egizi, nonché i Romana Acta Diurna del II secolo d. C. dove erano registrati i nomi dei pazienti, e la Scuola di Galeno. Si giunge in età moderna e precisamente presso la Lombardia governata da Maria Teresa d’Austria che, nel 1774, obbligava i medici condotti ad inviare un rapporto su eventi patologici accorsi richiedendone una descrizione dettagliata, entro quadri nosologici definiti. Nel XIX secolo con la Legge 17 luglio 1890, n. 6972 si stabiliva chi poteva usufruire dell’assistenza legale obbligatoria, mentre il Pio Istituto di Santo Spirito e Ospedali Riuniti di Roma, prevedeva la compilazione di una scheda per ciascun infermo: …ciascun infermo avrà la scheda cunicolare, insieme alla specifica dei dati personali di esso, dovrà essere indicata la diagnosi della malattia, tutte le particolarità degne di nota e le osservazioni più salienti in ordine alla malattia e alla cura…. L’evoluzione storico-normativa può essere così riassunta: • R.D. 5.2.1891, n. 99: Conservazione dei documenti relativi all’ammissione del ricoverato, alla diagnosi, al riassunto mensile delle sue condizioni, alla dimissione; • R.D. 16.8.1909, n. 615: In ogni manicomio deve essere tenuto un fascicolo personale per ciascun ricoverato; • R.D. 17 novembre 1932: prevede la raccolta di dati anamnestici e clinici nella cartella clinica; • R.D. 30.9.1938, n. 1631 (Legge Petragnani): La regolare tenuta delle cartelle cliniche e la loro

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Infermieristica

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• •

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conservazione fino alla consegna all’archivio centrale è sotto la responsabilità del Primario (o dell’Aiuto). La conservazione nell’archivio è sotto la responsabilità del Direttore Sanitario; D.P.R. n. 1409/1963: stabilisce che …i documenti degli Enti pubblici sono inalienabili e ne è vietato lo scarto se non in particolari procedure… Archivio corrente per un quarantennio e poi sede separata…; D.P.R. 27.3.1969, n. 128: Il Primario è responsabile della regolare compilazione delle cartelle cliniche, dei registri nosologici, della loro conservazione e del rilascio agli aventi diritto fino alla consegna all’archivio centrale. L’Aiuto collabora con il Primario nei compiti a lui attribuiti e lo sostituisce in caso di assenza. Il Direttore Sanitario è responsabile dell’archivio; D.P.R. 14.3.1974, n. 225: Regolamento riguardante le mansioni dell’infermiere professionale, della vigilatrice d’infanzia, dell’infermiere professionale specializzato, dell’assistente sanitario e dell’infermiere generico: l’infermiere professionale può annotare sulle schede cliniche i rilievi di competenza e deve conservare tutta la documentazione clinica fino alla consegna all’archivio centrale; D.P.C.M. 11 settembre 1974: è ammessa la microfilmatura; D.M. 28 ottobre 1975: il sanitario che ha in atto il tirocinio pratico ospedaliero è ammesso alla raccolta dei dati anamnestici; D.P.R. 20.12.1979, n. 761: definisce “corresponsabile” l’aiuto e quindi la responsabilità è condivisa anche in presenza del primario; D.M. 5.8.1977, DPCM 27.6.1986: dettano i princìpi sulla corretta compilazione della cartella clinica per le case di cura private; in caso di cessata attività le cartelle vanno depositate presso la USL competente; Legge 23 dicembre 1978 n. 833: Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale; Circ. M.S. n. 61/86: conservazione illimitata delle cartelle cliniche e per venti anni delle radiografie e altra documentazione sanitaria; Circolare Ministero della sanità 19.12.1986 (n. 900.2/AG.464/260): Modalità e tempi di conservazione illimitati, ma per le radiografie ed altra documentazione diagnostica 20 anni; D.M. 28 dicembre 1991: Istituzione della scheda di dimissione ospedaliera; D.Lgs 502 del 30 dicembre 1992: Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo

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1 della legge 23 ottobre 1992 n. 421; D.M. 26 luglio 1993: Disciplina del flusso informativo sui dimessi dagli istituti pubblici e privati; Legge 537/1993 e dell’AIPA (Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione trasformata in Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione) n. 15/1994: possibilità di registrazione informatica con particolari procedure ma con conservazione del cartaceo; D. Lgs n. 517 del 07 dicembre 1993: Modificazioni al DL 30 dicembre 92 n. 502; D.M. 22 febbraio 1994 n. 233: Regolamento per la organizzazione, il funzionamento e la disciplina delle agenzie per i servizi sanitari regionali; D.M. Sanità 14 dicembre 1994: Tariffe delle prestazioni di assistenza ospedaliera; Circ. MS n.900.2./2.7/190 del 14 marzo 1996 e Circ. MS n. 900.2/2.7/117 relative al registro operatorio; D.M. 14 febbraio 1997: Atto di indirizzo e coordinamento sui requisiti minimi delle strutture sanitarie pubbliche e private; CDM 1998 - artt. 10-11, CDM 1998 - art. 23, D.P.R. 31.8.1999: Documentazione e tutela dei dati. Comunicazione e diffusione dei dati. Documento delle evidenze. Il primario può delegare ai collaboratori i compiti relativi alla conservazione della cartella clinica; D.P.R. 28.12.2000, n. 445: Possibilità di microfilmatura sostitutiva.

Modelli La cartella clinica, qualunque sia il format scelto, deve obbligatoriamente contenere: • un raccoglitore dei documenti presenti nella cartella clinica, raggruppati in ordine cronologico; • un foglio unico di terapia prescritta; • un documento di ricovero comprensivo di annotazioni del Medico di guardia, anamnesi, esame obiettivo, diario clinico. L’ultima pagina è riservata all’elencazione dei documenti presenti nella cartella clinica, degli allegati, delle copie eseguite dall’archivio clinico; • un frontespizio della cartella clinica e la Scheda di Dimissione Ospedaliera ( SDO). Tutti gli allegati alla cartella clinica devono essere custoditi in una apposita cartellina e seguire sempre la cartella clinica.

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Infermieristica

Giornale di Medicina Militare

TAB. 1 - SCHEMA RIASSUNTIVA DELLE RESPONSABILITÀ. FONTE: SQUARCIONE S. - MANUALE PER L’USO DELLA CARTELLA CLINICA. Attività

Responsabilità

Compilazione • Della cartella clinica • Di altra specifica documentazione

Medici della UO e medici consulenti Medici specializzandi e borsisti Medici tirocinanti post laurea (anamnesi) Professionisti sanitari che partecipano al processo di cura (psicologi, dietiste, tecnici sanitari, fisioterapisti)

•Della cartella infermieristica

Personale infermieristico

Valutazione del contenuto e della completezza della documentazione

Servizio Informativo Ospedaliero (SIO) Medici referenti divisionali dei flussi informativi Responsabile del Servizio di psicologia Servizio Assistenza Infermieristica Coordinatori del Personale del Comparto

Custodia

Durante la degenza: il Capo Reparto. Se, presente il Coordinatore infermieristico. Durante le consultazioni: il Medico richiedente la cartella Dal momento in cui viene consegnata in archivio: il Direttore Sanitario.

Funzioni della cartella clinica La cartella clinica è parte integrante del sistema comunicazione perché costituisce una base informativa per scelte assistenziali razionali e perché facilita l’integrazione di competenze polifunzionali. La cartella clinica deve pertanto essere leggibile e completa e, per ciascun paziente, la raccolta dei dati deve essere essenziale, pertinente ed indagare sul sistema direttamente correlato al problema identificato. Le annotazioni devono essere contestuali alle valutazioni e consentire una tracciabilità delle azioni svolte. Per la funzione che essa assolve, i documenti e le informazioni riportate devono rispondere a criteri di: 1. identificazione e rintracciabilità; 2. chiarezza; 3. completezza; 4. veridicità; 5. pertinenza; 6. accuratezza. 1. Identificazione e rintracciabilità È un elemento sostanziale per la sicurezza dell’atto sanitario e requisito ormai consolidato in molti ambiti, ma ancora difficile da perseguire in campo sanitario. Deve essere possibile poter risalire in qualsiasi momento a tutte le attività, ai materiali ed ai docu-

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menti che costituiscono le componenti del processo, inclusa l’identificazione degli operatori e delle attività collaterali. Nella documentazione sanitaria devono essere identificabili il momento dell’accadimento dei singoli atti e gli autori degli stessi, con indicazione della data e firma leggibile. Le annotazioni che si riferiscono ad interventi in urgenza-emergenza devono riportare necessariamente l’ora della rilevazione (es. richiesta urgente di sangue, esami di laboratorio). Quando viene fatto riferimento a protocolli diagnostici o terapeutici, essi vanno allegati in cartella e/o identificati con il numero di delibera aziendale. 2. Chiarezza La chiarezza deve riguardare la grafia e il contenuto. Il testo deve essere chiaramente leggibile e comprensibile da tutti coloro che hanno accesso alla cartella clinica: medici, professionisti sanitari non medici, pazienti. Se non è possibile dattiloscrivere occorre scrivere con caratteri chiari e possibilmente in stampatello. L’esposizione deve essere diretta e non dare adito a interpretazioni non univoche. Deve essere utilizzato solo inchiostro indelebile, di colore nero o blu scuro, con appropriato contrasto che garantisca una fotocopiatura chiara. Il colore rosso, o pennarelli evidenziatori, possono essere impiegati solo

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Infermieristica

per porre in risalto particolari informazioni. Alcuni colori (es. giallo) non vengono fotocopiati. Non si deve far uso di sigle o abbreviazioni. Se per diciture frequenti, specifiche del linguaggio tecnico, si ricorre ad abbreviazioni, deve essere riportata tra gli allegati una legenda delle stesse. 3. Completezza Ogni cartella clinica deve identificare in modo univoco un ricovero. Essa viene aperta al momento di accettazione del Paziente e chiusa, cioè completata in ogni sua parte, nel più breve tempo possibile e comunque non oltre 15 giorni, quando ogni documento successivo a tale data (es. esiti esami diagnostici, riscontro autoptico, etc.) e ad essa attinente è stato prodotto ed allegato. Nella stessa struttura di ricovero il trasferimento interno dell’utente da una divisione ad un’altra, ad eccezione del reparto di Malattie Infettive Post Acuzie ad orientamento riabilitativo, non richiede l’apertura di una nuova cartella ma la scrittura a diario dell’epicrisi con l’annotazione della data, dell’ora e dell’unità operativa di trasferimento. 4. Veridicità La cartella clinica, prodotta in unico esemplare, unitamente agli allegati deve essere conservata in originale per un periodo di tempo illimitato “poiché rappresenta un atto ufficiale indispensabile a garantire la certezza del diritto, oltre a costituire preziosa fonte documentaria per le ricerche di carattere storico - sanitario”. Se andata dispersa, non può essere ricostruita assemblando le copie dei referti relative alle indagini diagnostiche effettuate durante l’episodio di ricovero. Inoltre, la cartella clinica è considerata, da conforme e consolidata giurisprudenza, atto pubblico facente fede fino a dimostrazione del contrario. Essa acquista il carattere di definitività in relazione ad ogni singola annotazione ed esce dalla disponibilità del suo autore nel momento stesso in cui la singola annotazione viene registrata. Chiunque debba servirsi delle informazioni contenute in cartella clinica necessita di informazioni attuali. Un ingiustificato ritardo nella compilazione, oppure la mancata compilazione, può configurarsi come una omissione di atti di ufficio. I dati e gli eventi devono essere annotati in cartella clinica contestualmente al loro verificarsi o nell’immediata successione degli stessi. Ogni scrittura, configurandosi come atto autonomo, deve recare data e firma leggibile di chi ha la

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responsabilità di quanto scritto. Se la responsabilità è condivisa tra più operatori, ognuno deve apporre la propria firma. Inoltre, dove risulta fondamentale documentare la sequenza cronologica dei fatti deve essere indicata anche l’ora. Non deve mai essere usato il correttore (bianchetto) e non sono consentite cancellazioni con gomma. Per errori commessi all’atto della stesura, è necessario tracciare una riga con inchiostro indelebile sulla scritta in modo tale che essa risulti comunque leggibile. Per errori rilevati in epoca successiva è necessario porre un’annotazione che dia esplicitamente atto del pregresso errore e l’annotazione di rettifica deve essere fatta da chi ha la responsabilità della nota originale (chi ha firmato). Se la persona non fosse rintracciabile, l’annotazione deve essere fatta dal responsabile sovraordinato. In caso di omissioni rilevate in epoca successiva, la nuova annotazione si pone come autonoma dichiarazione, recante la data reale di stesura, “allegata” alla originaria scrittura, ma non facente parte della stessa in senso stretto poiché diverso potrebbe essere anche l’autore. Irrilevante, al riguardo, appare il fatto che la scrittura aggiuntiva abbia luogo su modulo a parte oppure in calce all’originario documento, quando lo spazio lo consente e la chiarezza e trasparenza non vengono compromesse. Con comunicato n. 3/99 il Garante per la protezione dei dati personali, nel dichiarare l’impossibilità di cancellare i dati contenuti in cartella clinica, ha affermato sussistere possibilità di rettifica od integrazione, ad esempio attraverso l’inserimento di annotazione sulle risultanze di accertamenti successivi effettuati anche presso altri organismi sanitari. Per quanto attiene agli errori valutativi, riferiti a valutazioni tecnico-professionale (es. diagnosi) non può disconoscersi ad ogni professionista, ancorché il documento originario non sia più nella sua disponibilità, la facoltà di redigere certificazione successiva, in data reale e con contenuto riferito ad epoca pregressa, riconoscendo anche i propri errori od omissioni. 5. Pertinenza I dati riportati in documentazione sanitaria, nel rispetto di quanto stabilito all’art.11 del D.Lg.vo 196/2003 (Codice privacy), devono essere “pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati”.

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6. Accuratezza Ogni Struttura deve garantire la scrupolosità e l’esattezza degli atti che formano il documento e definire le regole per la loro eventuale trascrizione.

La cartella infermieristica Non v’è dubbio alcuno che la cartella infermieristica ha la sua origine storica dal documento di competenza medica che è, appunto, la cartella clinica. La cartella clinica si è trasformata nel tempo e, da documento di esclusiva competenza medica, si è evoluto in un documento sanitario costituito dall’apporto dei vari professionisti che concorrono alla salute del paziente E non v’è dubbio che tra tali professionisti, l’infermiere, sia per ragioni storiche che culturali, rappresenta la principale figura professionale artefice di tale evoluzione. Sulle origini storiche della cartella infermieristica i dubbi e i lati oscuri sono ancora parecchi. Quello che è certo è che gli infermieri, ad un certo punto della loro storia professionale, hanno avvertito l’esigenza di registrare per iscritto le note sanitarie inerenti il paziente come utile strumento per una sua maggiore assistenza. Si è poi compreso, col passare del tempo, che queste annotazioni, tutto sommato ancora abbastanza scarne, possedevano una potenzialità informativa importante, la cui corretta utilizzazione poteva diventare strumento fondamentale per un nuovo tipo di assistenza al paziente. La cartella infermieristica, può quindi essere definita, come quello strumento operativo e informativo utile per documentare il processo di assistenza infermieristica e l’applicazione del contenuto specifico del profilo professionale dell’infermiere. La sua struttura consente di individuare le diverse fasi del processo decisionale ed operativo. Già nel 1973, ad opera della legge n. 795, viene affermato che “…è funzione essenziale dell’infermiere professionale osservare le condizioni o gli stati fisici o emotivi che provocano importanti ripercussioni sulla salute e comunicare tali osservazioni agli altri membri del gruppo sanitario”. Purtroppo che la legge, seppure importante, non indicasse con quali modalità si dovessero effettuare tali comunicazioni. L’abrogato mansionario si limitava, invece, a stabilire che l’infermiere doveva provvedere alla registrazione su apposito diario delle prescrizioni mediche,

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delle consegne e delle osservazioni eseguite durante il servizio. Solamente 10 anni or sono, col il D.P.R. n. 384 del 28 novembre 1990, che recepiva l’accordo per il contratto collettivo dei dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale viene stabilito che “…deve attivarsi un modello di assistenza infermieristica che, nel quadro di valorizzazione della specifica professionalità consenta, anche attraverso l’adozione di una cartella infermieristica, un progressivo miglioramento delle prestazioni al cittadino”. Infine, il D.M. n. 794 del 1994 (Profilo Professionale) e la Legge n. 42 del 1999, permettono di raggiungere l’obiettivo del riconoscimento dell’infermiere quale “professionista dell’assistenza”. In considerazione di ciò, pertanto, la cartella infermieristica deve e dovrà sempre più necessariamente diventare uno strumento irrinunciabile per l’équipe infermieristica al fine di garantire una corretta documentazione del piano d’assistenza. Importanti sono, pertanto, anche i profili di carattere giuridico che permeano questo indispensabile strumento sanitario. Basti pensare, ad esempio, alla circostanza che la cartella infermieristica deve essere redatta secondo principi di chiarezza, di facile consultazione, di reperibilità, di adeguata archiviazione. Di conseguenza, le responsabilità civili, penali e disciplinari cui può andare incontro il professionista per una non diligente compilazione o tenuta della cartella infermieristica possono essere importanti. La cartella infermieristica, poiché non proviene da un pubblico ufficiale, come ad esempio il medico, bensì da un incaricato di un pubblico servizio, quale appunto l’infermiere, è considerata dalla legge un “atto pubblico in senso lato”. L’atto pubblico in senso lato, quindi, può essere definito come quel documento compilato da un pubblico impiegato incaricato di un pubblico servizio nell’esercizio delle sue funzioni e attribuzioni. La funzione “legale”, quindi, della cartella infermieristica è quella di servire a documentare fatti inerenti alle funzioni svolte dall’infermiere. Dunque, non solo la cartella clinica è l’unico documento ad avere valore legale, bensì anche la cartella infermieristica. Questo è molto importante, come è altrettanto importante ed indispensabile che tale documento sia redatto e conservato con la massima cura e diligenza, poiché in caso di processo tutta la documentazione sanitaria viene sequestrata dall’autorità giudiziaria e diventa importante per l’esatta ricostruzione dei fatti. È opportuno sottolineare come gli elementi maggiormente rilevanti della cartella infermieristica

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sono la veridicità, cioè la conformità di quanto constatato obiettivamente con ciò che è dichiarato per iscritto; la completezza in ogni sua parte; la correttezza formale, ovvero l’assenza di abrasioni, correzioni, adattamenti e completamenti tardivi; la chiarezza, che riguarda anche la grafia, potendo errori di lettura, indotti dalla cattiva leggibilità del testo, indurre concreti pericoli di danno per il paziente.

Requisiti minimi di contenuto Accertamento: Scheda di raccolta dati e identificazione dei problemi del paziente: • Dati anagrafici e dati di ricovero; • Dati sui problemi. Pianificazione: Scheda di pianificazione dell’assistenza: obiettivi e interventi Attuazione: Scheda di attuazione/osservazione o diario infermieristico: • Scheda di terapia; • Schede accessorie quali: parametri vitali, diagnostica, bilancio idrico, protocolli di trattamento, etc. Valutazione: Scheda di dimissione o trasferimento Valutazione rispetto agli obiettivi.

Regole generali per la compilazione Le annotazioni infermieristiche devono essere leggibili, chiare e precise, complete, pertinenti e firmate: 1. Annotare le osservazioni e le cure in modo cronologico, nel più breve tempo possibile; queste devono essere firmate o siglate da che le ha effettuate. 2. Evitare i termini imprecisi e le note peggiorative, ironiche e/o inutili. 3. Identificare con il nome del paziente ogni pagina della cartella. 4. Identificare sempre la data e l’ora in cui le osservazioni sono state fatte. La compilazione della cartella infermieristica deve rispettare alcuni criteri importanti quali: Leggibilità: il testo deve essere chiaramente leggibile e comprensibile da tutti coloro che utilizzano la cartella infermieristica; la calligrafia deve essere leggibile. Completezza: le voci contenute nei diversi modelli debbono essere tutte compilate. Rintracciabilità: in tutti i modelli dove è previsto,

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deve essere apposta al termine della stesura la firma. Veridicità: tutti i dati devono essere annotati in cartella con inchiostro indelebile contestualmente al loro verificarsi o nell’immediata successione degli stessi. Non devono essere rilevate abrasioni, correzioni, adattamenti o completamente tardivi. Per errori commessi all’atto della stesura è consentito tracciare una riga con inchiostro indelebile in modo che lo scritto sottostante risulti comunque leggibile. Per errori e/o omissioni rilevati in epoca successiva è necessario porre una annotazione che ne dia esplicitamente atto, accompagnata da data di stesura e firma dell’estensore. Pertinenza: tutte le informazioni registrate sulla cartella infermieristica debbono essere di rilievo clinico-infermieristico. Al fine di garantire la leggibilità complessiva della cartella infermieristica, il testo deve essere chiaramente leggibile e comprensibile da tutti coloro che la utilizzano; per questo motivo possono essere utilizzate solo le abbreviazioni e le sigle riconosciute di uso corrente corredate da legenda.

La cartella informatizzata: origini, significato, applicabilità Esistono ormai realtà sanitarie dove l’applicazione dei mezzi informatizzati ha permesso una migliore utilizzazione delle risorse rispondendo in modo più moderno all’esigenza di documentare il processo clinico-assistenziale e di dare input a processi di ricerca. Alla base di ogni informatizzazione vi è un progetto condiviso fra Direzione e Fornitore ove vi è un incontro fra domanda aziendale che corrisponde alle necessità dell’operatore dell’utente e dell’istituto in generale e ciò che l’azienda fornitrice è in grado di offrire come data base. La cartella informatizzata vive, anch’essa, di questa procedura nella quale un pool di esperti dovrà decidere a monte, anche sulla base dell’esperienza maturata in altre realtà quali sono i campi che dovranno essere rappresentati e maggiormente fruibili, se la cartella sarà un mero contenitore parafrasando la tipologia cartacea oppure un elemento interattivo fra operatore e paziente. Si è, inoltre riscontrato che la migliore funzionalità è ascrivibile a realtà medio-piccole ove la possibile

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interazione non abbracci numerose strutture creando problemi di accesso, di privacy ed utilizzo dei dispositivi stessi. La cartella informatizzata permette: • il miglioramento dell’accessibilità e della disponibilità dell’informazione contenuta nella cartella; • la diminuzione del tempo per l’inserimento dei dati; • la diminuzione dell’incidenza degli errori umani; • la diminuzione del tempo impiegato nel realizzare copie della cartella. L’introduzione della cartella informatizzata prevede un’attenta analisi dei flussi lavorativi, il prodotto deve, infatti, permettere una miglioramento delle procedure senza che le stesse siano stravolte e senza modificare la pratica clinica. Particolare cura va posta nell’analisi degli elementi su cui si fonda la sicurezza e la stabilità dei sistemi informatici. La cartella informatizzata per poter sostituire le cartelle cartacee deve dimostrare di essere un sistema altamente affidabile e disponibile; non deve essere possibile alterare alcuna delle informazioni contenute nei sistemi elettronici se non per scopi autorizzati ed ogni inserimento di una nuova informazione deve lasciare traccia. Lo scopo della cartella informatizzata è di raccogliere tutte le descrizioni degli eventi sanitari di una persona relativi alla sua interazione con una struttura sanitaria. Mentre la produzione di una copia di una cartella cartacea “locale” è laboriosa, in teoria l’accesso in sola lettura - tramite rete telematica - a una cartella elettronica locale non pone particolari problemi tecnici, fatta salva la gestione delle autorizzazioni. I dati presenti in una cartella elettronica, opportunamente rielaborati, possono quindi costituire successivamente una fonte di dati storici utili alla gestione del sistema sanitario, accanto ai dati più propriamente amministrativi ed organizzativi. La cartella non è più solo uno strumento per migliorare l’efficienza “personale”, ma sta acquistando un proprio ruolo inestimabile nell’organizzazione complessiva del sistema sanitario, quale fonte primaria dei dati clinico-assistenziali: è un patrimonio essenziale che dovrebbe essere messo a disposizione di tutto il sistema, rispettando i diritti del singolo e tenendo conto delle necessità del sistema stesso. Le informazioni clinico-assistenziali sono molto difficili da rappresentare in modo uniforme e dettagliato, secondo le necessità di operatori sanitari diversi.

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Esistono infatti ben tre possibili principi di sistematizzazione parzialmente sovrapposti tra loro: • per tipo di situazione da descrivere, • per momento del processo di cura a cui la descrizione si riferisce, • per modalità di frammentazione dei dettagli nelle applicazioni. Ogni principio comporta differenti criteri per organizzare e rappresentare l’informazione; sono infatti possibili oggi solo dei compromessi, basati sulla coesistenza di sistemi di codifica specializzati e su tabelle di conversione da un sistema all’altro. La cartella elettronica può essere organizzata secondo tre principi: • secondo la classica suddivisione in sezioni (anamnesi, esame obiettivo, prescrizioni, etc); • per problemi ed episodi di malattia; • come una lista cronologica di fatti, basata sulla data di registrazione (o di ricevimento dei messaggi da altri calcolatori) o sulla data dell’evento sottostante. Sebbene in teoria tutte e tre le organizzazioni possano coesistere su un calcolatore (come viste disponibili a richiesta sugli stessi dati), le prime due riguardano differenti impostazioni culturali e quindi si adattano a contesti diversi: la prima più ad un ambiente di tipo ospedaliero, la seconda più ad un ambiente di medicina generale. (Rossi Mori, A., Maceratini, R. (2000). La cartella elettronica deve essere concepita, fin dall’inizio della sua progettazione, per molteplici utilizzi. Infatti il supporto elettronico fornisce facilmente le funzionalità necessarie per selezionare e trasformare i dati per diversi tipi di utenti. I dati contenuti nelle cartelle oggi possono essere utilizzati, con opportune selezioni, trasformazioni e aggregazioni, da diversi tipi di attori: • da chi fornisce assistenza; • da chi utilizza l’assistenza; • da chi gestisce l’assistenza. Esistono due usi: “primari” e “secondari”. I primi sono legati alle funzioni principali richieste dall’operatore che gestisce la cartella per assistere l’erogazione dell’assistenza al singolo paziente, i secondi sono tutti gli altri possibili usi da parte di tutti gli operatori (politica sanitaria, educazione, ricerca). L’obiettivo di un sistema informativo deve essere quello di armonizzare e coordinare la gestione integrata dell’informazione (e quindi la trasmissione dei dati) tra i diversi attori, quali: • i fruitori dei servizi sanitari (cittadini, o più in parti-

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colare, pazienti); i fornitori delle prestazioni sanitarie (medici, infermieri, ecc.); • gli operatori con finalità di prevenzione ed educazione sanitaria; • gli organi istituzionali di controllo e programmazione. Un primo aspetto riguarda il contenuto; che deve essere sistematizzato e organizzato come base per ogni successiva elaborazione e per garantire un adeguato livello di qualità: • definire l’insieme minimo di dati che occorre trattare in modo uniforme; • costruire un dizionario di dati comune; • standardizzare i relativi sistemi di codifica e il loro formato; • riportare le informazioni sull’esito delle terapie e sullo stato del paziente. Un altro aspetto riguarda il formato della cartella. I dati devono essere adeguatamente strutturati, in modo da poter fornire funzionalità avanzate: • predisporre una lista dei problemi come una “pagina di apertura”; • prevedere la possibilità di andare rapidamente da una sezione all’altra della cartella; • armonizzare i formati tra diverse discipline e diverse strutture sanitarie, per realizzare interfacce omogenee. Un aspetto più pratico - ma fondamentale per l’accettazione da parte degli utenti - riguarda le prestazioni del sistema: • rapido recupero dei dati; • disponibilità 24 ore su 24; • disponibilità in luoghi facilmente accessibili e compatibili con le modalità di lavoro; • facilità di immissione dei dati. Inoltre il sistema di gestione delle cartelle deve avere opportune connessioni - sia logiche che operative - con altri sistemi: • collegamenti con altri sistemi informativi, con messaggistica standard per scambio di ordini/risultati o per prenotazioni (radiologia, laboratorio ecc.); • trasferibilità delle informazioni tra specialisti e luoghi diversi; • facilità di consultazione con banche dati bibliografiche; • collegamenti con basi di dati e con registri istituzionali; • collegamenti con cartelle cliniche di familiari •

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(secondo modalità di accesso che tengano conto della privacy); • gestione elettronica dei documenti economici. I sistemi di gestione delle cartelle dovrebbero anche fornire alcune “funzionalità intelligenti”, anche basati su semplici regole o su basi di conoscenze commerciali (per esempio, basi di dati sull’interazione tra farmaci e sugli effetti collaterali): • supporto alla decisione e guida alla risoluzione di problemi; • richiamo selettivo di informazioni di rilevanza clinica (clinical reminders); • allarmi per segnalare errori o problemi, adattabili dall’utente. Per quanto riguarda le capacità di generare facilmente rapporti e documentazione, vanno considerati sia gli aspetti legati alla gestione “interna” dei pazienti e del carico di lavoro, che gli aspetti relativi alla comunicazione con altri operatori: • produzione di documentazione “derivata” (per esempio, ricette o denunce di malattia) • documentazione clinica ordinaria (per esempio, lettera di dimissione) • documentazione a richiesta (sintesi in risposta a specifici quesiti) • rapporti e grafici sugli andamenti di singoli pazienti o di sottogruppi. La sicurezza è un ulteriore aspetto di crescente rilevanza nelle reti telematiche, sotto diversi punti di vista, sempre garantendo la facilità di accesso per il paziente e i suoi delegati: • rispetto della riservatezza dei dati contro possibilità di lettura ed uso non autorizzati; • controllo delle autorizzazioni e dei mandati per l’introduzione o la modifica dei dati; • protezione dei dati verso perdite o modifiche accidentali. Infine occorre considerare gli aspetti comuni all’introduzione di ogni innovazione nella pratica, e alla resistenza degli operatori a cambiamenti non sempre compatibili con le proprie abitudini e la propria cultura. La cartella elettronica non deve essere imposta, ma deve risultare facilmente compatibile con il modo di lavorare dell’operatore. Lo sforzo per l’utilizzo del sistema deve essere bilanciato dalla percezione di chiari benefici. In ultimo la cartella informatizzata pone delle problematiche relative al trattamento dei dati personali. Infatti secondo il Vice Presidente dell’Autorità •

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Garante per la protezione dei dati personali, ha affermato “Lo sviluppo delle nuove tecnologie dell’informazione e delle comunicazione in campo sanitario esprime l’esigenza inderogabile di conciliare il valore dell’efficienza con l’altrettanto fondamentale valore della tutela della riservatezza dei cittadini. Il sistema di sanità elettronica, ancor più di altri, deve essere in grado di ingenerare la fiducia dei cittadini”, intendo così la possibilità di coniugare la tutela della privacy con la diffusione della sanità elettronica. Lo sviluppo della tecnologia offre opportunità tali da non consentire rifiuti ingiustificati e questo vale innanzitutto per la sanità elettronica, che è in grado non solo di avvicinare i cittadini al servizio sanitario, ma consente anche di innalzare la qualità dei servizi stessi e la progressiva affermazione di nuovi e più utili modelli assistenziali. Governare il progresso, dunque, in un settore tanto delicato come quello della sanità dove si usano i dati più intimi delle persone, significa, raggiungere livelli di efficienza sempre più alti, attraverso modelli organizzativi di elevato contenuto tecnologico, in grado di garantire sicurezza e tutela della privacy. Sono stati anche indicati alcuni dei principi guida da rispettare per coniugare sviluppo tecnologico, efficienza e tutela della privacy in sanità. Va garantita l’autodeterminazione dell’individuo con la possibilità di prenotare una visita medica o un esame specialistico anche attraverso sistemi tradizionalmente usati. Occorre informare adeguatamente l’interessato, anche in forma semplificata, sull’uso che verrà fatto dei suoi dati personali e dei trattamenti effettuati, in modo tale da consentirgli di esprimere un consenso informato e consapevole. Fondamentale è poi l’adozione di misure di sicurezza a protezione dei dati, affinché si riducano i rischi di distruzione, perdita o accesso non autorizzato ai sistemi informatici e quindi ai dati così delicati. Dovranno essere attivati, senza appesantire l’operatività dei sistemi, specifici profili di autenticazione per l’accesso ai dati e per la loro gestione. Una particolare attenzione dovrà essere infine rivolta alle interconnessioni e allo scambio di dati, privilegiando laddove consentito, la trasmissione di informazioni anonime, così come dovranno esser previste tecniche di cifratura e codici identificativi per l’uso dei dati da parte di organismi ed operatori sanitari.

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Alcune esperienze di documentazione sanitaria informatizzata. Il confronto con altre esperienze è sempre la base per la ricerca di modalità con cui altre realtà affrontano i problemi. Il metodo adottato ai fini del presente lavoro è stato quello di contattare telefonicamente alcune Aziende Ospedaliere e Sanitarie chiedendo di poter accedere alla tipologia di progetto adottato per l’inserimento e l’utilizzo della documentazione sanitaria informatizzata. La ricerca ha portato, essenzialmente, a reperire quattro progetti ed in particolare: 1. Progetto di informatizzazione del reparto di Terapia Intensiva dell’Ospedale San Camillo - Roma; 2. La cartella infermieristica informatizzata dell’Ospedale San Pietro- Fatebenefratelli - Roma; 3. La cartella clinica informatizzata dell’Azienda Ospedaliera di Terni – Ospedale S. Maria; 4. Progetto BCW-Clinical-EnterpriseIS, del Presidio Ospedaliero Sanata Maria della Pietà Casoria - Napoli. La documentazione considerata non sempre è integrata ma può contribuira a comprendere al tipologia di progettazione necessaria per la cartella sanitaria informatizzata e dare spunti di riflessioni per la progettazione utile al presente lavoro. 1. Progetto di informatizzazione del reparto di Terapia Intensiva dell’Ospedale San Camillo – Roma. Il progetto consta, essenzialmente di due parti, nella prima è presentato il sistema Deio® e nella seconda il progetto propriamente detto. Il sistema Deio® per Terapia Intensiva della società Deio (dedicata allo sviluppo ed alla distribuzione in ambito internazionale, di software dedicato alla gestione di Sistemi Informatici di carattere clinico per Sale Operatorie e Terapie Intensive), è un sistema progettato per supportare l’intero percorso di assistenza ai pazienti in cura nei reparti di Terapia Intensiva. Tale sistema permette il facile accesso alle informazioni oltre alla possibilità di seguirne il flusso, di integrarle, reperirle ed analizzarle, dalle fase iniziale alla fase finale d’assistenza al paziente. Si basa su quattro principi di funzionamento: • Standardizzazione; • Valutazione e pianificazione; • Documentazione e registrazione; • Analisi e ottimizzazione.

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Tali principi coniugati alla tipologia di software permettono: • di gestire i pazienti (ricovero, trasferimento da un letto all’altro della stessa U.O., registrazione dei dati dell’anamnesi, codifica della diagnosi…); • di offrire una visione d’insieme delle condizioni del paziente, di presentare ed elaborare graficamente come trend un qualsiasi campo associato ad un valore; • di utilizzare i protocolli di assistenza; • di generare automaticamente una lista delle attività; di inserire un testo libero (commenti o altro); • di pianificare l’utilizzo dei farmaci tramite protocolli predefiniti di farmaci, nonché rappresentare un ausilio di programma di calcolo dei farmaci; di calcolare il bilancio dei fluidi; • di programmare gli esami; di calcolare gli score; • di stampare; • di interfacciarsi con altri software; • di generare database per report e statistiche. Segue, quindi il cronoprogramma, l’architettura del sistema, la descrizione delle attività, le figure che dovranno essere formate ed il supporto che sarà fornito. Il progetto per l’informatizzazione segue la metodologia classica della progettazione, ove sono strutturate tutte la fasi. In tale sede è importante riportare l’obiettivo generale che recita …Migliorare la qualità dell’assistenza attraverso l’adozione di strumenti informatici che consentano la registrazione continua dei parametri vitali e la gestione ottimale delle terapie più complesse e delle risorse necessarie…. Nel progetto sono definiti anche gli indicatori con i quali sarà possibile effettuare al valutazione nonché le responsabilità per ogni singolo passaggio. 2. La cartella infermieristica informatizzata dell’Ospedale San Pietro - Fatebenefratelli - Roma. Come si evince dal titolo il progetto è dedicato solo alla cartella infermieristica, ma è comunque un ottimo esempio di come è possibile progettare e quali sono gli elementi fondamentali da inserire in un progetto. Il software permette la gestione - prestazione su prescrizione medica, la gestione programmazione dell’attività infermieristica, la gestione intervento chirurgico ed integrazione GESA. Sono previste delle maschere per la gestione: • della terapia; • delle stampe;

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degli esami e delle consulenze prescritte; delle tabelle Prestazioni; • delle tabelle Protocolli; • delle note. • per la programmazione delle attività infermieristiche e per la gestione degli interventi chirurgici. L’obiettivo generale del progetto è operare sinergicamente come gruppo di lavoro. Produrre protocolli infermieristici condivisi. Applicare attivamente i protocolli prodotti nello svolgimento della propria attività lavorativa. • •

3. La cartella clinica informatizzata dell’Azienda Ospedaliera di Terni - Ospedale S. Maria. Per questa cartella non è possibile definire gli elementi salienti poiché sono disponibili sono le maschere che compongono la cartella stessa. Queste sono riferibili a: anagrafica del paziente, anamnesi, terapia, diario clinico, diario infermieristico, grafica, drenaggi ed accesso venoso, oneri di ricovero. 4. Progetto BCW - Clinical-EnterpriseIS, del Presidio Ospedaliero Sanata Maria della Pietà Casoria – Napoli. Il nuovo sistema BCW-Clinical-EnterpriseIS gestisce e produce in formato digitale: • La cartella clinica; • La cartella infermieristica; • L’integrazione con i prodotti già esistenti PACS e CUP; • L’informatizzazione delle TERAPIE; • Il magazzino farmaceutico in collaborazione con altri moduli del sistema informatico ed in particolare: la contabilità generale, la contabilità analitica, il piano dei centri di costo e le informazioni gestionali riguardanti i consumi con il sistema gestione dell’armadio farmaceutico. (fine prima parte)

Bibliografia 1. Bollino S.r.l.: Progetto BCW-Clinical EnterpriseIS (Enterprise Information System). Presidio Ospedaliero Santa Maria della Pietà Caloria – NA. 2. Deio Caring for information. (2003):

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Progetto di Informatizzazione del Reparto di Terapia Intensiva dell’Ospedale San Camillo – Roma 3. Del Vecchio S. et al. (2006): La cartella clinica e la cartella infermieristica. Strumenti di management e indicatori di qualità delle prestazioni sanitarie. Torino. C.G. Edizioni Medico Scientifiche s.r.l. 4. Di Fresco M.: Normativa sul trattamento dei dati personali. Pro manu scripto. 5. Marongiu A. C. (1998): La cartella infermieristica informatizzata. “Progetto di analisi”. Ospedale Fatebenefratelli “San Pietro” - Roma. 6. Marongiu A. C. (1998): Progetto cartella infermieristica. Ospedale Fatebenefratelli “San Pietro” - Roma. 7. Nardi G. et al. (2004): Progetto: Adozione della cartella clinica informatizzata presso l’U.O. Shock e Trauma - CR1. Progetto: Realizzazione della cartella clinica informatizzata per il Centro di Rianimazione 1 - U.O. Shock e Trauma. 8. Piazza T. (2006): La cartella clinica informatizzata. Vantaggi, considerazioni e cautele suggerite dall’esperienza acquisita a seguito dell’introduzione di un nuovo sistema di cartella clinica elettronica in ISMETT. 9. Fiorina D.: La cartella clinica integrata: insieme per migliorare.

10. Venturi V.: Progetto Margherita: una cartella elettronica per le Terapie Intensive Italiane. 11. Lo Bosco R.: La cartella clinica integrata medico-infermieristica. 12. Miazzo V.: Esperienza di documentazione unificata dell’assistenza in un Presidio Ospedaliero. 13. Bianchi M.: Documentazione e accreditamento all’eccellenza: un’esperienza all’Istituto Europeo Oncologia di Milano. 14. Bolognese L.: Assistenza riabilitativa: sperimentazione di un nuovo modello organizzativo. 15. Gullace G. et al.: Cartella clinica integrata: documento unico per competenze diverse. 16. Marseglia et al.: Progetto CIP Adozione della cartella infermieristica nelle pediatrie ospedaliere in Puglia. 17. Rossi Mori, A., Consorti F.: Dalla cartella clinica elettronica locale al fascicolo sanitario personale. PROREC ITALIA. 18. Rossi Mori A., Maceratini R. (2000): Manuale informatica medica. La cartella clinica elettronica (Electronic Patient Record). 19. Rossi Mori A., Maceratini R. (2000): Manuale informatica medica.

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La sezione di fisiologia subacquea dell’Ufficio Studi di COMSUBIN on la circolare SMM.704/R dell’ottobre 1960 veniva originata la Sezione di Fisiologia Subacquea del Servizio Studi ed Esperienze del Raggruppa-

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mento Subacquei ed Incursori “Teseo Tesei” alle Grazie di Portovenere, nel seno del Varignano. L’organizzazione della Sezione era poi sancita dalla circolare della Direzione Generale della Sanità Militare Marittima 1059 del 21 dicembre 1960. La Sezione dipendeva per la parte tecnica e per gli studi dalla Direzione Generale della Sanità M.M. per il tramite del Centro studi di Medicina Navale, mentre la dipendenza organica,

Il Varignano visto dall'alto, sede del Comando Subacqueo Incursori della Marina Militare Italiana (Le Grazie - La Spezia). * CV (SAN) - Capo Sezione di Fisiologia Subacquea del Servizio Studi ed Esperienze del Raggruppamento Subacquei ed Incursori “Teseo Tesei” del Varignano.

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Centri Studi e Ricerche delle Sanità Militari

disciplinare e d’impiego dal Raggruppamento Subacquei ed Incursori “Teseo Tesei” (COMSUBIN). Attualmente le dipendenze sono tecniche sono passate all’Ispettorato di Sanità della Marina Militare mentre quelle organico-funzionali e d’impiego rimangono all’attuale Ufficio Studi di COMSUBIN. I compiti che attualmente la Sezione svolge sono i seguenti: • la pianificazione e l’esecuzione di ricerche scientifiche sperimentali relative alla Medicina Subacquea ed Iperbarica e alla Medicina dell’Incursore; • l’analisi dei gas e delle miscele di gas impiegati dai Gruppi Operativi e Formativi; • la preparazione scientifica degli Ufficiali Medici da abilitare in Medicina Subacquea ed Iperbarica; • la consulenza tecnica per la parte di competenza all’Ispettorato di Sanità MM; • il mantenimento di contatti per studi e ricerche nello specifico settore con altri Enti nazionali ed esteri, militari e civili; In esito alle varie esigenze da soddisfare nell’ambito del settore iperbarico e di laboratorio, la Sezione: • effettua attività didattica nell’ambito dell’Accademia Navale e del Gruppo Scuole di Comsubin; • fornisce concorso alla Sezione. Impianti/Materiali Subacquei e al Gruppo Operativo Subacquei per individuare, congiuntamente al Comando Forze Subacquee (COMFORSUB), i mezzi e le procedure per il soccorso ai sommergibili; • fornisce concorso alla Sezione. Impianti/Materiali Subacquei per individuare i protocolli e le procedure per immersioni con nuove apparecchiature subacquee; • valuta i risultati delle attività sperimentali di immersione; • elabora e pubblica in ambito militare e civile i risultati della attività di ricerca svolta; • mantiene e aggiorna le conoscenze relative alla Medicina Subacquea ed Iperbarica e alla Medicina dell’Incursore partecipando a convegni e conferenze scientifiche, nello specifico settore, in ambito nazionale ed internazionale e acquisendo riviste e libri per la biblioteca della Sezione; • partecipa ai Gruppi di Lavoro di pertinenza a livello NATO (Under Water Diving Working Group). L’organico previsto della Sezione comprende un Ufficiale Superiore Medico specializzato in Medicina Subacquea ed Iperbarica quale Capo Sezione. Attualmente tale incarico è ricoperto dal CV (SAN) Fabio

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FARALLI. Il Capo Sezione è coadiuvato da un Ufficiale Medico abilitato in Medicina Subacquea ed Iperbarica e da tre Sottufficiali Infermieri abilitati in Fisiopatologia Subacquea. La Sezione di Fisiologia Subacquea è ubicata nell’omonima palazzina all’interno del comprensorio del Varignano a Le Grazie di Portovenere. Nello stesso edificio si trovano gli impianti iperbarici destinati all’addestramento, alla ricerca e ai trattamenti terapeutici. Nell’immagine in Figura 1 e nello schema in Figura 2 è rappresentato il cosiddetto simulatore abissale, attualmente dimesso, ma di importanza storica nella ricerca nel campo della medicina subacquea. È stato infatti grazie a questo impianto che la Marina Militare italiana ha svolto le prime esperienze nelle immersioni profonde con miscele sintetiche e ha sviluppato una serie di lavori di ricerca sperimentali che hanno consentito di raggiungere importanti traguardi. L’impianto per addestramento e ricerca si componeva di varie sezioni ed era stato progettato per riprodurre le condizioni operative degli impianti iperbarici che si trovano a bordo della nave salvataggio sommergibili della Marina Militare, l’Anteo (Fig. 3); la sezione sferica inferiore veniva riempita di acqua al fine di simulare il mare e quindi riprodurre le condizioni ambientali dell’immersione vera e propria. La camera iperbarica disponeva di particolari passaggi a scafo che permettevano l’ingresso dei cavi di molteplici apparecchiature elettromedicali, consentendo il monitoraggio dei parametri fisiologici dei subacquei all’interno dell’impianto stesso. In questo modo era possibile registrare l’elettroencefalogramma, l’attività respiratoria e la formazione di eventuali bolle gassose nella circolazione sanguigna durante la decompressione. Grazie a questi sistemi è stato possibile studiare e mettere a punto le procedure per inviare i subacquei della Marina Militare fino alla profondità di 250 metri, (Fig. 4) consentendo loro una permanenza a tale quota di diversi giorni. Non meno importanti sono gli studi eseguiti nel campo della tossicità neurologica dell’ossigeno iperbarico, che hanno permesso di ridurre in modo drastico i pericoli dell’impiego dell’autorespiratore ad ossigeno puro utilizzato dagli Incursori. In questo caso è stata utilizzata una più moderna camera iperbarica, attrezzata specificatamente dal punto di vista sanitario, con le stesse capacità di rilevazione dati del vecchio impianto (Fig. 5).

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Fig. 1. Fig. 4.

Fig. 5. Fig. 2.

Fig. 3.

Fig. 6.

Tali studi nel campo neurofisiologico hanno visto la collaborazione delle Università italiane ed estere, prima fra tutte l’Università “la Sapienza” di Roma, nella persona del Professor Lucio Pastena. Altro campo in cui la ricerca ha visto il raggiungimento di risultati estremamente soddisfacenti, è stato quello della Medicina dell’Incursore, nel quale, grazie

alla collaborazione dell’Università di Modena e Reggio Emila e a quella dell’Università dell’“Insubria” di Varese nella persona del Professor Lucio Ricciardi, sono state messe a punto tecniche di addestramento e particolari razioni alimentari che hanno permesso di migliorare in modo significativo la performance degli operatori Incursori (Fig. 6).

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I Mrs. I/FS MELUCCI Massimo; CV (SAN) Fabio FARALLI; Lgt. I/FS BONAZINGA Claudio; Capo di I cl. I/FS PASTORE Nicola.

Fig. 7.

Infine, nelle migliori tradizioni del COMSUBIN, che vide trasformare un semplice siluro in una delle più micidiali armi della seconda guerra mondiale, il “maiale” o siluro a lenta corsa, il personale della Sezione porta avanti studi e lavori sperimentali per la

messa a punto di nuove tecnologie, spesso utilizzando risorse e materiali anche molto semplici. Uno di questi progetti ha portato alla realizzazione un sistema che permette la registrazione dell’elettroencefalogramma direttamente con l’operatore in immersione, sott’acqua (Fig. 7). Per lo strumento, che è stato denominato “casco PASSOR”, la Marina Militare ha depositato domanda di brevetto.

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Celebrazione del 147° Annuale della Costituzione del Servizio Veterinario dell’Esercito Italiano. Prima Giornata di Studio della Medicina veterinaria dell’Esercito Italiano Grosseto 26 - 27 giugno 2008

l 26 giugno 2008 presso il Centro Militare Veterinario di Grosseto è stato celebrato il 147° Annuale della Costituzione del Servizio Veterinario dell’Esercito. La cerimonia si è svolta alla presenza del Comandante Logistico dell’Esercito, Generale di C.A. Giorgio Ruggieri che ha voluto concedere anche alla componente veterinaria del Corpo sanitario dell’Esercito la

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possibilità di far conoscere il proprio lavoro, i risultati conseguiti e di mantenere vivo lo spirito di corpo mediante il ricordo di una tradizione costellata d’importanti traguardi. Alla cerimonia è intervenuta una delegazione dell’Esercito americano che, come disposto dallo Stato Maggiore dell’Esercito, ha condotto un’attività di scambio bilaterale di esperienze veterinarie e operative maturate nell’ambito delle attività condotte dalle unità cinofile. Di particolare risalto, inoltre, la presenza dei Presidi delle Facoltà di Medicina Veterinaria italiane che anche quest’anno si sono riuniti a Grosseto in occasione della chiusura del tradizionale campus universitario. Il Servizio Veterinario dell’Esercito, come sottolineato dal Capo Dipartimento di Veterinaria Brigadier Generale Arnaldo Triani, anche nell’anno trascorso grazie all’impegno e alla abnegazione di

Ufficiali veterinari provenienti da tutta Italia.

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Delegazione statunitense che ha condotto un’attività di scambio bilaterale presso il Centro Militare Veterinario nel periodo dal 23 al 27 giugno 2008.

tutto il personale, ha conseguito risultati di grande rilievo non solo dal punto di vista strettamente professionale ma anche e soprattutto da quello della loro valenza. I veterinari militari dell’Esercito godono oggi il pieno riconoscimento non solo della Forza Armata ma anche di tutta la Difesa che con sempre maggiore frequenza li coinvolge in un ruolo di primissimo piano, nel processo che vede il progressivo ma inesorabile uniformarsi delle procedure e delle norme sanitarie in senso interforze. Ne è particolare testimonianza l’avvio di un progetto nel settore della sicurezza alimentare che, grazie alle professionalità di grandissimo profilo che oggi la Forza Armata esprime nello specifico campo e che sono state messe a disposizione della Direzione Generale della Sanità Militare, porteranno, presumibilmente entro la fine dell’anno, tutte le Forze Armate a disporre di corpus regolamentare unico valido sia sul territorio nazionale sia, nei Teatri operativi esteri, pienamente aderente alle nuove normative nazionali e comunitarie ed alle esigenze operative dei reparti.

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Altrettanto degni di nota sono gli sforzi compiuti nel settore tradizionale dell’allevamento del cavallo sportivo per le esigenze della F.A.. Nel 2002, lo Stato Maggiore dell’Esercito ha rappresentato la necessità di incrementare la qualità della produzione del cavallo da sella. L’obiettivo è stato raggiunto in quanto i prodotti degli ultimi anni hanno posto il Centro Militare Veterinario al vertice della produzione nazionale. A dimostrarlo sono i recenti risultati conseguiti: • il 28 Settembre 2007 il cavallo FUTRE ha vinto il Concorso Internazionale Completo - Categoria due stelle (CIC EE); • il 7 Ottobre 2007, nel corso dei Campionati Nazionali di Equitazione, il cavallo ORIANA dell’E.I. si è classificato 1° nel Campionato Assoluto riservato a cavalli di 4 anni; il cavallo NARCISO dell’E.I. si è classificato 1° nel Criterium di Equitazione riservato a cavalli di 5 anni; il cavallo METELLA dell’E.I. si è classificato 2° nel Criterium di Equitazione riservato a cavalli di 6 anni;

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Il Professor Castagnaro, Presidente della Conferenza dei Presidi, mentre rivolge un saluto a nome delle Facoltà di Medicina Veterinaria italiane.

nel febbraio 2008 i cavalli PUPILLO e di PEDRITO dell’Esercito Italiano hanno brillantemente superato il “10° Performance Test UNIRE” (Unione Nazionale Incremento Razze Equine) classificandosi rispettivamente 5° e 6° in graduatoria, e sono stati iscritti nel ruolo stalloni approvati del libro genealogico del cavallo da sella italiano. Tali risultati sono stati ottenuti grazie al sempre più largo impiego di moderne metodiche allevatoriali come la inseminazione artificiale, il trasferimento embrionale e utilizzando, per i puledri, il sistema di doma etologico.

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Infine non si può dimenticare il grande sforzo compiuto dal Dipartimento di Veterinaria del Comando Logistico di Roma in stretta sinergia con lo Stato Maggiore dell’Esercito nella razionalizzazione della componente cinofila presso il Gruppo Cinofilo del Centro Militare Veterinario. Lo sviluppo del “Progetto Capacità Cinofile dell’Esercito” è stato assegnato all’inizio del nuovo millennio al Servizio Veterinario Militare. Sulla base dei nuovi scenari operativi il progetto prevedeva l’acquisizione di una capacità in grado di fornire un concreto supporto nella rilevazione di ordigni interrati e di esplosivi, nonché di garantire la sicurezza e la sorveglianza delle installazioni militari dei contingenti nazionali impegnati nelle Operazioni Fuori Area. Già a decorrere dal 2003 è stato possibile fornire i primi binomi per le esigenze operative della Forza Armata. Attualmente ben 25 binomi sono stabilmente impiegati all’estero in attività di supporto alle operazioni e protezione della Forza. Per quanto il completamento della capacità relativamente ai binomi operativi sia previsto entro il 2010 è possibile a pieno titolo asserire che se nel 2000 il progetto capacità cinofile rappresentava un bellissimo sogno; oggi questo sogno è diventato una esaltante realtà. Nel corso della cerimonia il Brigadier Generale Triani, inoltre, ha voluto rivolgere un saluto particolare a tutti i colleghi che operano in questo momento nei vari Teatri operativi e che, quotidianamente, offrono il loro contributo al conseguimento degli obiettivi della Forza Armata: questi Ufficiali sanno con assoluta certezza di avere nella “casa madre” del Dipartimento di Veterinaria un sostegno ed un supporto tecnico e morale senza soluzione di continuità nel corso del loro difficile ed impegnativo compito. I veterinari dell’Esercito svolgono in Teatro operativo importanti attività di sostegno al patrimonio zootecnico della popolazione locale, spesso unica fonte di sostentamento per molte famiglie. Da qualche anno, infatti, i veterinari militari sono coinvolti anche nelle attività CIMIC (Cooperazione Civile e Militare) attraverso interventi “a domicilio” (direttamente nei villaggi) a favore delle popolazioni locali mediante attività di profilassi e cura che hanno determinato l’apprezzamento da parte delle Autorità locali ed il riconoscimento dell’ottimo operato da parte dei Comandi NATO. Da sempre al fianco dei colleghi d’arma e degli altri corpi logistici nei grandi progetti come nelle quotidiane difficoltà, gli Ufficiali veterinari dell’Esercito

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Una fase dell’atto tattico condotto dalle unità cinofile al termine della cerimonia.

Italiano hanno tradizionalmente sempre saputo interpretare, ed in alcuni casi anche anticipare, i cambiamenti e le trasformazioni della società attraverso l’aggiornamento e il miglioramento delle proprie capacità tecnico-professionali, garantendo “sicurezza” all’Esercito e lustro alle Forze Armate. In passato, attraverso la leva obbligatoria, il Servizio Veterinario dell’Esercito ha offerto ai giovani veterinari neo-laureati la possibilità di conoscere e di amare la Patria offrendo loro il primo ingresso nell’attività professionale. Oggi, nonostante la sospensione della leva obbligatoria, il Servizio Veterinario dell’Esercito rimane un importante punto di riferimento per la Medicina Veterinaria italiana, distinguendosi per la peculiare centralità dell’elemento umano, che deve essere dotato di ampia preparazione scientifica ma di altrettanto forte etica e motivazione al lavoro. In linea con gli intendimenti del Comandante Logistico dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Giorgio Ruggieri, il Capo Dipartimento di Veterinaria ha voluto organizzare all’indomani della celebrazione del 147° annuale del Servizio, la prima edizione della “Giornata di Studi di Medicina Veterinaria dell’Esercito Italiano” con l’obiettivo di incrementare la divul-

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gazione scientifica all’interno della Forza Armata. Per il buon esito della giornata è stata istituita anche la prima edizione nazionale del “Premio della Medicina Veterinaria dell’Esercito Italiano”. Una platea d’eccezione: la sala conferenze del Centro Militare Veterinario di Grosseto ha accolto un gran numero di Ufficiali Veterinari dell’Esercito, esponenti del mondo accademico universitario, i Presidi delle Facoltà di Medicina Veterinaria italiane, la delegazione del Sevizio Veterinario dell’Esercito americano, gli studenti del Campus Universitario, veterinari in rappresentanza di importanti associazioni scientifiche veterinarie italiane. Sono stati presentati lavori inerenti i nuovi Regolamenti comunitari in materia di sicurezza alimentare che costituiscono il cosiddetto “Pacchetto Igiene” e si è discusso di questa normativa applicata in ambito ristorazione collettiva militare. È stato fatto il punto della situazione in materia di frodi alimentari, con particolare riferimento alle frodi ittiche, alla vigilanza sanitaria veterinaria; si è parlato delle ormai famose attività veterinarie internazionali di “Cooperazione Civile e Militare” a favore di popolazioni sofferenti (Afghanistan, Kosovo, Iraq,

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Libano…) e sono state condivise le esperienze tecnico-professionali acquisite ovunque abbiano operato i soldati italiani ed i veterinari militari. Inoltre, sono stati esposti i risultati particolarmente interessanti sull’allevamento, la selezione e la gestione dei cani da lavoro; è stata portata all’attenzione dei colleghi anche l’esperienza maturata nel campo delle MNC (Medicine Non Convenzionali). Immancabile ed impeccabile il contributo degli specialisti dell’Ospedale Veterinario Militare di Montelibretti che hanno presentato prestigiosi lavori di Clinica Medica e Chirurgia Veterinaria. La giornata di studio ha segnato inoltre la conclusione del 26° Campus di Studio Universitario per studenti di Medicina Veterinaria dei vari Atenei italiani. In questo modo il Servizio Veterinario dell’Esercito si è collocato al centro di un rinnovato legame tra i giovani italiani studenti universitari di medicina veterinaria e i veterinari dell’Esercito, i veterinari liberi professionisti, i veterinari dipendenti pubblici, i Presidi e i Professori delle Facoltà italiane di Medicina Veterinaria, e dei tanti addetti ai lavori che sono interessati a tematiche di così stringente attualità. Una rappresentanza dei butteri del Centro Militare Veterinario sfila davanti alla tribuna delle Autorità.

Magg. (vet.) Salvatore Santone

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54th International Military Veterinary Medical Sympsium nserita nell’affascinate cornice delle Alpi Bavaresi la cittadina di Garmisch-Partenkirchen ha ospitato dal 12 al 16 maggio 2008 il 54° Simposio Internazionale di Medicina Veterinaria Militare. Il Simposio, organizzato come ogni anno dal Servizio Veterinario dell’Esercito degli Stati Uniti d’America, ha visto la partecipazione di sedici delegazioni straniere. Il tema del Simposio “One Health, One Medicine” è stato approfondito da numerosi relatori che hanno evidenziato la fondamentale importanza della Medicina Veterinaria in tutte le sue specializzazioni che hanno come obiettivo prioritario comune la salvaguardia della salute pubblica. È proprio questo elemento che le accomuna a porre, in termini di rile-

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vanza sociale, la Medicina Veterinaria allo stesso livello della Medicina Umana. Particolarmente interessanti gli interventi del Presidente dell’Associazione Mondiale di Medicina Veterinaria, il Professor Dottor Leon Russel, e del Presidente dell’Associazione Americana di Medicina Veterinaria, il Dottor Gregory Hammer, che hanno affrontato il tema del convegno fornendo la loro visione prospettica. Le comunicazioni relative alle missioni all’estero, all’organizzazione dei Ser vizi Veterinari di Paesi Alleati e Amici, agli argomenti scientifici inerenti tutto lo scibile della veterinaria hanno reso i cinque giorni del Simposio particolarmente proficui. A rendere indimenticabile l’evento la perfetta organizzazione curata dallo Staff del Comandante dell’Europe Regional Veterinar y Command, Colonnello US ARMY VC Leslie G. Huck, che ha saputo mettere in sistema i lavori del Simposio con i momenti dedicati alla socializzazione.

Tradizionale foto ricordo dei partecipanti al 54° Simposio Internazionale di Medicina Veterinaria Militare.

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Formazione sanitaria militare

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Dimostrazione pratica presso il Reparto dell’Esercito tedesco che addestra ed utilizza ancora i muli per i trasporti in alta montagna. Il Reparto è stato impiegato con successo nell’Operazione KFOR in Kosovo.

Foto ricordo al termine della riunione dei Capi del Corpo Veterinario o dei loro delegati. Alcuni Capi del Corpo posano con una copia del Giornale di Medicina Militare edito dal Ministero della Difesa Italiano.

La foto ricordo dei Capi del Corpo Veterinario e dei loro delegati durante la serata di gala che ha concluso il 54° Simposio Internazionale di Medicina Veterinaria Militare.

Quasi un tuffo nel passato la visita organizzata per i partecipanti al convegno presso un reparto dell’Esercito tedesco che utilizza tuttora i muli per i trasporti in alta montagna. Il Comando Logistico dell’Esercito - Dipartimento di Veterinaria ha inviato, come ogni anno, un suo

rappresentante. Il delegato nazionale, il Tenente Colonnello Mario Marchisio, ha presentato due lavori. Il primo di carattere storico, inerente il contributo del Servizio Veterinario dell’Esercito Italiano nel corso del primo conflitto mondiale, finalizzato alla commemorazione, a novant’anni di distanza dalla fine della prima guerra mondiale, degli Ufficiali veterinari che hanno prestato la loro opera in un momento storico particolarmente difficile per l’Italia. E’ stato messo in risalto l’operato svolto che ha contribuito sia alla salvaguardia del patrimonio equino e zootecnico nazionale sia al mantenimento di più che accettabili livelli di salubrità degli alimenti destinati ai militari al fronte, in un’ottica già a quell’epoca attuale di “una salute, una medicina”. Il secondo lavoro relativo alle strategie comunicative adottate dal Servizio Veterinario dell’Esercito. In linea con il Programma di Comunicazione 2008 dello Stato Maggiore dell’Esercito sono stati illustrati i sistemi di comunicazione interna ed esterna adottati e finalizzati al miglioramento della percezione del “servizio” fornito alla collettività militare. Magg. (vet.) Salvatore Santone

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ome recita l’intitolazione della Rubrica, la posta di Clio è dedicata alla storia della Sanità Militare Italiana. Tuttavia, il fascino delle vecchie carte è tale che il vostro corrispondente non può evitare di essere fortemente tentato, in circostanze particolari, di uscire dal seminato. E quando le circostanze sono molto particolari, non c’è da stupirsi che la tentazione vinca. Ecco in breve di che si tratta. Quando Napoleone I° invase la Russia nel 1812, la Grande Armée comprendeva anche truppe italiane che facevano parte del Regno d’Italia e delle Province Illiriche. È del resto noto che dopo Wagram anche le forze di Vienna bongré malgré - erano allineate alla politica dell’imperatore francese, che aveva preso in moglie Maria Luisa, figlia dell’imperatore austriaco. Tutti quindi, salvo naturalmente la Russia e l’Inghilterra, per una ragione o per l’altra militavano con l’esercito napoleonico. Nella divisione italiana agli ordini del gen. Pino, uno dei reggimenti era comandato da Francesco Viola, di Venezia, nominato maggiore nel 23° Reggimento di linea il 30 novembre 1810: questo ufficiale ha lasciato un Diario, inedito, che la cortesia di un discendente l’avvocato Guglielmo Giarda - mi ha consentito di consultare e trascrivere, e dal quale riprenderei, sperando che interessino anche i lettori, qualche notizia e qualche citazione che abbiano una qualche attinenza con i problemi che vengono affrontati dalla Sanità Militare. Come noto, il 23 giugno 1812 la Grande Armée varcò il Niemen. Era il più grande esercito apparso fino allora nella storia: 650.000 uomini, cui i russi potevano opporne 300.000. La strategia russa però consisteva nel ritirarsi gradualmente senza accettare la battaglia campale e facendo trovare all’invasore un deserto, incendi e meno risorse possibile. Partendo dalla pianura padana, gli italiani dovettero coprire un percorso lunghissimo per raggiungere l’esercito di Napoleone che si era mosso per l’invasione dalle propaggini nord-orientali del Ducato di Varsavia, in prossimità del Baltico. La divisione Pino partì nel mese di febbraio, risalì la valle dell’Adige e raggiunse, per Innsbruck, Monaco di Baviera e poi Norimberga e Bamberga; la marcia verso il nord inclinò poi a nord-est verso la Sassonia per Dresda,

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dove i reparti italiani, che comprendevano anche una formazione dalmata proveniente dalle Province Illiriche, giunsero nella prima settimana di aprile. Passata la Vistola alla fine di maggio, la divisione costeggiò la Lituania e si unì alla Grande Armée che avanzava verso oriente; non trovandosi all’avanguardia, gli italiani non ebbero, per settimane, contatto diretto col nemico: trovavano già saccheggiati i centri urbani nei quali arrivavano, notavano qua e là segni di contrasti bellici che avevano avuto luogo prima del loro arrivo. Varcata la Duina, due divisioni francesi d’avanguardia sostennero verso Vitebsk uno scontro che rimase limitato e non coinvolse l’intero esercito: però quando gli italiani giunsero sul luogo del combattimento trovarono in “una vicina baronia (feudo, proprietà terriera e quindi anche villa, edificio padronale)…molti centinaja dei nostri feriti”(26 luglio); il giorno successivo videro “strada facendo molti morti russi, e francesi con non pochi feriti”. Sappiamo da annotazioni precedenti che il Reggimento del Viola aveva in partenza 5 furgoni, nessuno dei quali però sembra avesse una specifica destinazione sanitaria. È logico tuttavia che esistessero veicoli destinati al trasporto dei feriti, come emerge dal diario dopo le giornate di Smolensk (17-18 agosto), nelle quali i russi riuscirono a sfuggire alla battaglia di distru-

“I Francesi a Mosca”. Dipinto di artista sconosciuto tedesco (Fonte: www.abcgallery.com).

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“Napoleone attraversa le Alpi”. Dipinto di Jacques-Louis David.

zione: il 21 agosto infatti si legge che in un paese a 3 miglia dal capoluogo “tutte le case erano piene di feriti, vi erano anche le ambulanze”. Il 22 si trova annotato: “Il giorno 17 vi fu un sanguinosissimo fatto d’armi, che finì alla peggio dai Russi. Intimata la resa della città, il Governatore rispose che si sarebbe fatto seppellire sotto le rovine… questo bravo militare mantenne la parola e morì sulla breccia. Napoleone gli fece dare sepoltura con tutti gli onori. La città non presentava più che un mucchio di rottami e squallore. Le strade erano ancora piene di morti, semivivi, e non si sentivano che grida e piangistei. La più gran parte era abbruciata e nelle case tra i rottami, carboni, etc., si vedevano cadaveri abbrustoliti, che orrore, che orrore!” Le condizioni in cui versavano i feriti nel territorio nemico conquistato non erano buone. Ecco quanto ne scrive il Viola il 5 settembre, mentre ci si avvicina a Borodino: “nella città vi erano molti centinaja di feriti francesi ed ammalati che vivevano con dei pomi di terra e verze senza nessun altro soccorso che quello che gli lasciavano le Divisioni che passavano e che si procurava il gen. Baraguay d’Hilliers che ne era Governatore, quando poteva avere qualche distaccamento a sua disposizione”. L’8 l’estensore del Diario vede una parte del campo di battaglia di

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Borodino, dove il 7 e nella stessa giornata dell’8 si è combattuto accanitamente: “Che orrore! A milliaja erano ammucchiati i morti e feriti. Sotto le batterie erano milliaja dei nostri. Dove erano stati superati i Russi, a milliaja di loro. Mucchi di cavalli, grida che passavano il cuore…”. In pratica, sul campo soccorsi sanitari non potevano intervenire durante i combattimenti: quando andava bene, si raccoglievano i feriti dopo, e li si trasportavano, con i mezzi sul momento disponibili (vetture, cavalli, barelle), in qualche edificio al coperto, generalmente abitazioni civili requisite. Quando la Grande Armée entrò finalmente a Mosca, la città era in fiamme, anche se si trovava sempre da saccheggiare. Il 28 settembre, nel secco freddo moscovita, ebbe luogo una parata delle truppe italiane vicino al palazzo di San Giorgio; ma per le strade “vi erano cavalli morti e qualche volta anche qualche russo. Molti di questi feriti abbandonati si strascinavano alla meglio per chiedere l’elemosina ed erano soccorsi”. La situazione peggiorava. Per fare foraggio intorno a Mosca occorreva fare molta attenzione e inviare ogni volta un forte distaccamento a sostegno, perché nei boschi erano nascosti i cosacchi a tendere continui agguati. Venne ottobre e il freddo si fece più pungente. Il Diario riporta il ferimento di un cappellano polacco, poi il 20 il Reggimento uscì da Mosca in ricognizione: “Si trovarono molti morti dei nostri vicino ad un bosco. È da credersi che qualche Battaglione francese otto, o dieci, giorni prima sia stato sorpreso di notte e massacrato”. Il 23 toccò agli italiani impegnarsi, intervenendo in aiuto di reparti francesi che avevano avuto il comandante ucciso, sarà il glorioso e brillante scontro di Marojaroslavec, a sud-ovest della capitale russa, che si chiuse sul campo con uno straordinario successo, ma il Reggimento perse 400 uomini con 28 ufficiali: il nemico stando al Diario - dieci volte di più. Due terzi della Divisione del gen. Pino andarono perduti: tra i morti anche un fratello del Comandante. Bisognava andar via. La sera del 26 ottobre il Viola scrisse nel Diario l’ultima nota, tra il commovente e il patetico, che ci è pervenuta: “Decisa la ritirata, si diedero gli ordini pel trasporto di tutti i nostri feriti, ma come riuscirvi, ove trovare tanti mezzi di trasporto. Si caricarono tutti quelli che erano capaci di soffrire il moto del cavallo, o della vettura, gli incapaci si riunirono tutti in un luogo alto e di non facile entrata ai Cosacchi, affinché nel primo impeto non li ammazzassero. Lasciando loro dei viveri, si salutarono per l’ultima volta quegli infelici, e colle lagrime del dolore… la divisione partì”. Mariano Gabriele

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D. - La Grande Guerra si conclude per l’Italia, stando ai libri di storia, con Vittorio Veneto e l’armistizio del 4 novembre 1918. Ma per la Sanità Militare fu veramente così? Mi piacerebbe conoscere quale strategia generale abbia avuto la sanità durante le ostilità e come abbia superato il passaggio dalla guerra alla pace. C. Dal Cin, Padova. Il passaggio dallo stato bellico a quello di pace, dopo un conflitto lungo e difficile come fu la Grande Guerra, presentò alla Sanità Militare Italiana problemi di grande portata. Un elemento centrale che consentì di affrontarli e superarli con successo fu la scelta dell’orientamento unitario, che sul piano della tutela dell’igiene e della salute pubblica consentì di non tenere separati tra loro il mondo civile e quello militare anche durante la guerra. Il contrario, del resto, avrebbe aperto tutta una serie di interrogativi circa le conseguenze dei contatti che comunque i combattenti avrebbero avuto con la popolazione civile, per la logistica, per le licenze, per la gestione dei profughi, ecc. Collegato strettamente, il servizio igienico-sanitario militare e civile garantì, sia in prossimità del fronte, sia nelle altre province del Regno, un assetto valido per fronteggiare i pericoli e garantire la profilassi. Naturalmente, quando esigenze specifiche lo richiesero, furono costituiti organismi speciali in cui vennero concentrati presidi tecnici per rispondere a situazioni emergenti al fronte, come quando sull’Isonzo si dovette affrontare la minaccia di un’infezione colerica diffusa. Ma elemento centrale dell’azione sanitaria nella zona di guerra furono gli apprestamenti profilattici, che rappresentarono concretamente quanto di meglio l’igiene e la tecnica potevano dare in contingenze così difficili per l’imprevedibilità e l’eccezionalità della situazione. Tale non fu solamente l’opinione degli esperti internazionali che ebbero modo di studiare la struttura sanitaria militare italiana, ma anche quella del nemico, il quale ebbe a parlare con ammirazione e meraviglia dell’organizzazione avanzata caduta nelle sue mani dopo Caporetto. Esistono due importantissime Relazioni che forniscono le informazioni necessarie sull’argomento: La tutela dell’igiene e della Sanità Pubblica durante la guerra e dopo la vittoria (1915-20), a cura della Direzione Generale della Sanità Pubblica del Ministero dell’Interno, e la Relazione del Direttore Generale dott, Alberto Lutrano al Consiglio Superiore di Sanità (copie dell’una e dell’altra si trovano nell’Archivio dell’Uffico Storico - Stato Maggiore Esercito, fondo L 3, busta 149, fasc. 2).

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I provvedimenti per la difesa igienica e sanitaria nella zona delle operazioni belliche furono sempre assunti in piena armonia tra gli organi del Ministero dell’Interno e la Direzione Generale di Sanità Militare, il Comando Supremo e l’Intendenza generale dell’Esercito, che formarono degli organi misti per affrontare i problemi di lungo e di breve periodo. Così “il regime igienico della vita di trincea, il risanamento del campo di battaglia, l’igiene degli accampamenti e degli accantonamenti, la disciplina dei rapporti fra le truppe e la popolazione - dalle zone più avanzate alle retrovie - la bonifica delle truppe in sosta, dei lavoratori, dei prigionieri e dei profughi di guerra, l’igiene degli abitati, nonché quella delle bevande e degli alimenti, le cautele profilattiche per i rifornimenti di uomini e di materiali e per gli sgomberi, la polizia mortuaria, ecc., tutto fu regolato a norma d’igiene, come le contingenze dell’ambiente e del servizio meglio consentivano, come l’osservazione diretta degli organi sanitari misti suggeriva, come l’esperienza stessa andava man mano consigliando”. Ed è difficile esagerare gli ostacoli che la vita di trincea presentava allo stabilimento di un contesto igienico-sanitario positivo: già in sé difficile e penosa, essa era esposta continuamente ad azioni belliche insidiose e sanguinose che impedivano l’attuazione regolare di quelle pratiche igieniche individuali e collettive che sarebbero state necessarie per l’insalubrità dell’ambiente e l’addensamento delle truppe. La ragione militare, come ovvio, dominava sulle altre esigenze e dettava i tempi, eppure anche la ragione igienico-sanitaria poté trovare uno spazio che permise di assicurare sempre meglio il servizio di espurgo e di bonifica delle trincee e quello dell’acqua potabile. Quando i turni di trincea furono abbreviati, tutto migliorò e le sezioni di disinfezione ebbero la possibilità di procedere meglio di prima al risanamento del campo di battaglia, sia pure nei limiti consentiti dall’attività militare.

Prima Guerra Mondiale: Bersaglieri si prendono cura di un ferito.

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Le zone di primo sgombero dalle zone infette seguirono le norme internazionali, con un décalage progressivo delle operazioni sanitarie che mano a mano che ci si allontanava dall’area di infezione si attenuavano fino a ridursi ad una semolice vigilanza. Il Rapporto sintetico sui lavori della Commissione sanitaria dei paesi alleati afferma che “questa organizzazione profilattica può essere considerata un modello”. Vennero usati molto i “treni sanitari”, con misure concordate tra le Ferrovie dello Stato, l’Intendenza militare e la Croce Rossa. La quale con i suoi “treni ospedale” cooperò al servizio di sgombero, trasportando fuori dalla zona di guerra più di 400.000 uomini tra ammalati e feriti. Un apposito disciplinare dettava le cautele igieniche da applicare alla preparazione del vitto, alla provvista e distribuzione dell’acqua potabile, al lavaggio e alla pulizia delle vetture, alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti, alla costituzione e all’uso delle latrine, all’uso dei disinfettanti. È significativo che, sebbene il lungo territorio nazionale fosse stato attraversato da un grande numero di treni che avrebbero potuto essere portatori di infezione, nessun episodio importante si verificò. All’esito contribuì anche la decisione di avviare alcuni reparti gravemente colpiti da infezione alla Stazione sanitaria dell’Asinara e, più tardi, anche a quella di Crotone. Problemi particolari in campo sanitario posero gli elementi provenienti dai Balcani che la Sanita Militare Italiana dovette prendere in carico nel corso della guerra. Si trattò dei prigionieri di Albania e Macedonia, dei profughi e dei resti dell’Esercito serbo salvati via mare. I prigionieri furono concentrati in un apposito campo di osservazione sanitaria e bonifica istituito a Gallipoli che cominciò a funzionare nell’ottobre 1916. A parte le condizioni igienico-sanitarie di partenza, spesso non era stato possibile applicare ai

Prima Guerra Mondiale: Trasporto di feriti su treno ospedale.

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prigionieri le stesse misure del fronte nord-orientale per la necessità di liberare tempestivamente le retrovie dei Corpi di spedizione. Gallipoli funzionò da stazione di passaggio, da dove poi i prigionieri, una volta conseguita l’idoneità sanitaria, venivano smistati nei campi definitivi. A Gallipoli non si ebbero mai casi di tifo esantematico, peste o colera; frequenti furono invece le manifestazioni di dissenteria amebica. L’immigrazione dei profughi serbi, albanesi e montenegrini, “cui erano legati non lievi pericoli d’infezione”, fu accompagnata da speciali misure di polizia sanitaria nei porti d’imbarco, durante la navigazione e nei porti di approdo, pur cercando di evitare una duplicazione di interventi, con esito assai positivo. L’esperienza meno felice che la Sanità Militare Italiana si trovò ad affrontare fu quella dei prigionieri austriaci catturati dai serbi e trascinati con loro nella ritirata. Nicola Morabito (La Marina Italiana in guerra. 1915-1918, Milano, Marangoni, 1933, p. 95) ne ha scritto in questi termini: “Arrivarono più morti che vivi: erano ombre piuttosto che esseri viventi, scheletri in cui al corpo finito sopravviveva una disperata volontà di salvezza. Estenuati dalla fame, dalla corsa di settimane, cacciati avanti dall’esercito serbo in rotta, fra monti e regioni impervie, laceri e seminudi sotto la neve, con piaghe inciprignite, febbricitanti, si erano nutriti di carogne di cavalli e di cani, si erano dissetati in sozze pozzanghere ed avevano il germe del male che poi doveva mietere tante vittime. In mezzo a così dolorosa ecatombe rifulse il sentimento di pietà della nostra gente… Alla scienza sanitaria indissolubilmente si unì lo spirito di sacrificio: nessuna cura fu omessa, tutto venne fatto per strappare alla morte quelle vittime in nome delle legge eterna della fratellanza nella sventura. Con eroica abnegazione i nostri marinai procedettero all’imbarco di questi miseri avanzi che dovevano essere trasportati all’Asinara. Ma era impossibile in tali condizioni evitare l’insorgere di epidemie: i morti per colera durante la traversata da Valona all’Asinara furono 1.283”. Ma tutto il territorio nazionale fu interessato dai servizi di tutela igienica e sanitaria durante il conflitto, nell’intento di mantenere “piena ed efficace corrispondenza” nel paese con quanto veniva fatto nelle zone interessate dalle operazioni militari e limitrofe, adattando la funzione statale di tutela sanitaria alle condizioni eccezionali derivanti dallo stato di guerra. La prima esigenza era quella dell’informazione, in relazione alla quale furono rinforzate e rese più severe ed efficaci le norme relative alla denunzia delle malattie infettive, coinvolgendo i capi delle collettività più esposte alla diffusione del contagio. Appositi bollettini, destinati alle autorità sanitarie militari e civili,

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diffusero le notizie acquisite circa i focolai d’infezione e l’azione profilattica interna; vi si affiancò inoltre, utilizzando tutte le fonti possibili, un panorama continuamente aggiornato della situazione sanitaria all’estero, con particolare riguardo ai paesi belligeranti. La seconda esigenza era quella profilattica, condotta su un piano molto ampio: venne sostenuta la propaganda igienica diretta a diffondere i criteri da seguire contro le malattie infettive, che produsse un generale vantaggio di preparazione e supplì in gran parte alle deficienze collegate ai prevalenti bisogni militari. Utile fu in particolare la pressione esercitata sugli Uffici provinciali della Sanità Pubblica, la cui azione integrativa risultò particolarmente utile sul piano locale, azione sussidiata con particolare, puntuale attenzione dalle Autorità centrali di settore. Rafforzata la potestà delle Autorità sanitarie provinciali in materia di profilassi, assistenza sanitaria, requisizione di immobili, venne limitato il diritto di proprietà per il caso di occupazioni rese necessarie da insorgenze epidemiche, come pure sulle opere di presa e conduttura di acque potabili, sulla cui salubrità i controlli erano continui. La vigilanza igienica sulle bevande e gli alimenti costituì un altro capitolo dell’azione generale, con inasprimento delle sanzioni penali per rendere più esemplare l’eventuale azione punitiva, nella previsione che le restrizioni e l’aumento dei prezzi incoraggiassero la speculazione fino allo spaccio di sostanze e bevande alterate. Ed è da notare che queste misure persistettero anche dopo la cessazione della legislazione eccezionale di guerra, poiché persistevano le condizioni eccezionali che le avevano suggerite. Un problema grave riguardò la particolare situazione delle terre liberate e redente alla fine del conflitto. Nelle zone occupate nel 1917 dal nemico non solo non si erano avuti aiuto e assistenza nella misura necessaria, ma la popolazione aveva subito continue requisizioni che l’avevano impoverita. Si presentarono subito esigenze pressanti e gravissime di soccorso immediato e di approvvigionamento, ma anche sul piano sanitario occorreva ripristinare l’assistenza medica, chirurgica e farmaceutica: Il nemico in fuga aveva lasciato gli ospedali civili privi di presidi tecnici e di arredi. Gli abitati stessi erano in uno stato di sudiciume pericoloso e andavano ripuliti e disinfettati, considerando particolarmente che gran parte dell’alimentazione idrica era stata distrutta dagli eventi bellici. Del resto, l’esaurimento economico dell’impero asburgico si era risentito forse più che altrove nella Venezia Tridentina e in quella Giulia; i servizi

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civili erano stati sempre più immiseriti dai continui reclutamenti ed apparivano ormai quasi abbandonati; la popolazione della regione dell’Isonzo e del Trentino meridionale, sul cui terreno si erano svolte aspre battaglie, era sottoposta da tempo ad una vita di privazioni per le insufficienze degli approvvigionamenti e i prezzi proibitivi che l’irreversibile crisi dell’AustriaUngheria aveva portato con sé. In campo sanitario, come era naturale in un contesto carente di tutto, quel che restava dei servizi sanitari e di profilassi era assai deficiente mentre i bisogni della popolazione era giunta al massimo. Tanto che, qua e là, si manifestarono focolai di malattie infettive (vaiolo, tifo, dissenteria) che era necessario soffocare sul nascere e rapidamente poiché il passaggio incessante di tanti militari e civili faceva crescere il pericolo di contagi. Già dopo la battaglia di Mezzo Giugno 1918 il Comando Supremo, in previsione della fine del conflitto, aveva disposto che nella preparazione dei piani di avanzata l’opera di soccorso, assistenza e profilassi fosse tenuta nella massima considerazione. In questo compito non agevole, la Sanità Militare non fu lasciata sola, poiché subito apparve chiaro che le dimensioni del compito da affrontare esigeva la piena collaborazione di tutti gli organi militari e civili che potevano dare un contributo di mezzi e di azione. L’assistenza sanitaria per la popolazione fu integrata con medici militari, furono aperti ambulatori, gli ospedali militari accolsero gratuitamente gli infermi civili, le farmacie furono rifornite dai magazzini militari e della Sanità Pubblica, le strutture di profilassi militare (unità di isolamento e sezioni di disinfezione) furono adibite al servizio misto militare e civile. Divenne così possibile assicurare l’azione profilattica e curativa nelle vecchie e nelle nuove province occupate dopo la vittoria, come pure fronteggiare con successo, nell’immediato dopoguerra, le malattie infettive che esistevano e le insidie epidemiche connesse al ritorno dei prigionieri, dei profughi e degli internati. Tutto ciò ebbe luogo in una situazione sanitaria molto difficile a causa soprattutto dell’influenza in forma grave (la “spagnola”) ancora molto diffusa. Importanti focolai di vaiolo furono trovati nel Friuli, sul Tagliamento, nella Venezia Giulia, a dimostrazione della ben scarsa efficacia della vaccinazione compiuta durante l’occupazione austriaca. I casi di tifo, dissenteria, tubercolosi che furono individuati, isolati e combattuti, erano aggravati dal deperimento organico generale. La malaria, insufficientemente combattuta

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da parte dell’amministrazione sanitaria austriaca con interventi profilattici scarsi o inadeguati, aveva assunto una diffusione allarmante. Ma il pericolo maggiore veniva dalla grande massa di prigionieri catturata nell’ultima battaglia, le cui condizioni di salute davano molte preoccupazioni: la Sanità militare dovette affrontare uno sforzo straordinario per migliorarle, avvalendosi della collaborazione degli organi civili di settore per evitare che le loro malattie e i morbi di cui erano portatori dilagassero all’esterno dei campi di prigionia. L’impegno profuso in questa battaglia del primissimo dopoguerra ebbe successo, e la popolazione italiana non dovette pagare duramente - grazie a quell’impegno - il passaggio dallo stato di guerra a quello di pace. Non meno attento, anche se più agevole per la pianificazione esercitata, fu il controllo delle condizioni igienico-sanitarie delle truppe nazionali che rimpatriarono gradualmente da altri fronti esteri e dall’Oriente; esso si fondò sulle stesse disposizioni adottate durante la guerra ed ebbe analoghi buoni risultati: bonifica igienica a fondo prima della partenza e accurato controllo sanitario all’arrivo in Italia. Le esigenze del servizio profilattico nella zona di guerra perdurarono per non breve tempo dopo l’armistizio, durante il quale non venne modificato il colle-

gamento locale tra i servizi sanitari militari e civili. Fu istituita una Commissione sanitaria mista per la zona nord-orientale, che funzionò fino al 1919; in Puglia, dove giungevano sul territorio nazionale i rimpatri dall’Oriente, la Commissione mista già esistente continuò ad operare fino al 1° agosto 1920. Si può affermare, in conclusione, che se l’armistizio del novembre 1918 significò per le truppe combattenti la fine dell’impegno bellico, per il Servizio sanitario militare esso segnò l’inizio di una grande battaglia, forse la più impegnativa della guerra, per la salvaguardia della salute. Una battaglia da combattere su vari fronti: quello delle truppe italiane sul vecchio territorio nazionale e nelle nuove province, quello dei prigionieri e dei rimpatriati, quello della polazione civile all’interno del paese con i problemi particolari di coloro che vivevano nelle aree riconquistate e redente. Una battaglia resa più difficile dalla grande epidemia di influenza che imperversava ancora in Europa. Una battaglia che i Servizi sanitari militari affrontarono con slancio generoso e con lucida chiarezza di intenti e di programmi operativi. Non pare vuota retorica affermare che nel passaggio dalla guerra alla pace, tra il 1918 e il 1920, la Sanità Militare Italiana, col sostegno di quella civile, abbia conseguito l’ultima vittoria del conflitto, non meno importante di tante altre.

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Il Prof. Mariano GABRIELE ha insegnato 30 anni Storia e Politica Navale e Storia Contemporanea nell’Università di Roma. Autore di circa 30 volumi e più di 100 pubblicazioni scientifiche, ha ricevuto importanti riconoscimenti in Italia e all’estero (Premio del centenario, Premio per le Scienze Storiche dell’Accademia Pontaniana e Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio, Medaglia do Pacificador brasiliana, a cui si aggiunge il premio giornalistico Cortina e Barga). Tra le opere più importanti, 3 volumi dedicati alla politica navale italiana dal 1860 al 1915, 6 biografie di ministri della Marina, Malta - Operazioni C3, le Convenzioni navali della Triplice, la frontiera nord-occidentale dal 1860 al 1915, Da Marsala allo Stretto.

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Storia del Corpo delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana Premessa Nel 1902 durante la Conferenza Internazionale della Croce Rossa riunita a Pietroburgo, viene sollevata la questione della preparazione di infermiere volontarie appartenenti alla associazione pronte ad intervenire in caso di necessità. Tale esigenza si evidenzia ancor di più con lo scoppiare del conflitto Russo-Giapponese (1904-05), per il quale vengono mobilitate circa 8.000 donne russe e 3.000 giapponesi per la cura e l’assistenza dei feriti, che si rivelano fondamentali per la Sanità di entrambi i paesi. Anche in Italia viene presto sentita questa esigenza e dal 1906 la Croce Rossa Italiana decide di organizzare corsi di formazione infermieristica. Il primo si apre a Milano e vi aderiscono ben 327 allieve. Iniziative simili si avviano anche a Genova, Firenze, La Spezia.

Nascita del Corpo Per volere di SM la Regina Elena di Savoia si apre a Roma il primo corso con 260 allieve. Il 1908 è un anno fondamentale per le Infermiere Volontarie anche per un altro motivo: in dicembre, le città di Messina e Reggio Calabria vengono sconvolte da un potente sisma (conosciuto oggi come “il piccolo tzunami”) che rade al suolo gli edifici cogliendo di sorpresa i suoi abitanti. Vi fu una mobilitazione generale, alla quale parteciparano anche altre nazioni. Le infermiere Volontarie si misero subito a disposizione e vincendo le ritrosie dei familiari e le consue-

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Fig.1 - 1924, Foto di Corso Infermiere Volontarie.

tudini sociali, prestarono servizio su treni e navi ospedale e nei servizi ospedalieri presso i quali vennero smistati i feriti. Ne furono impiegate 260. Nel 1910 una epidemia di colera vide un nuovo impiego delle Sorelle e nel 1911 con lo scoppiare del conflitto italo-turco arrivò anche il battesimo di fuoco: sessanta Infermiere Volontarie furono imbarcate sulla nave Menfi per 5 mesi, durante i quali venne svolto il servizio di assistenza e rimpatrio per i feriti. Il secolo sembrava essere nato sotto i peggiori auspici, proseguendo con nuovi catastrofi colpendo le popolazioni della Marsica (Volture) con un sisma che lasciò disarmata la popolazione. Ancora una volta le infermiere Volontarie accorsero in aiuto dei sopravvissuti.

La prima guerra mondiale Nel 1915 il primo conflitto mondiale, non colse impreparate le Infermiere Volontarie, la mobilitazione era già nell’aria da tempo così, sotto la guida della Duchessa Elena D’Aosta, all’atto della dichiarazione di guerra, ben 4000 IIVV furono pronte a partire. Furono anni terribili come terribile fu la natura del conflitto, al quale si aggiunsero a stremare la provata

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Attività tra le due guerre Il breve perido che intercorse tra le due guerre fu denso di attività ed iniziative da parte della Croce Rossa: la lotta contro il dilagare della TBC ed il Tracoma, la campagna anti malarica in Sicilia, Sardegna e nelle paludi Pontine, e non ultima la continua assistenza ai numerosi mutilati ed invalidi di guerra, come alle loro famiglie. Nel 1936 un nuovo conflitto chiama al fronte le Infermiere Volontarie si tratta della guerra di Spagna, le Sorelle sono nuovamente imbarcate per assistere i feriti e per il loro rimpatrio. Fig. 2 - Libano 1982/1984, Missione “ITALCON”.

La seconda Guerra Mondiale Nel giugno viene ordinata la mobilitazione dei corpi ausiliari e delle FF. AA. In tutti i reparti e unità furono inserite delle II. VV. Inizia un conflitto che vedrà le Infermiere Volontarie impegnate su tutti i fronti. Africa, Russia, fronte greco albanese, condividendo il destino delle unità presso le quali prestavano servizio, imbarcate o sulla terra ferma, a bordo di treni ospedali o in soccorso alla popolazione civile, nei rifugi come nei campi di prigionia, ferme nel loro intento di curare tutti in egual modo. Così come fu loro riconosciuto a fine conflitto.

Fig. 3 - Iraq 2003/2004, Missione “ANTICA BABILONIA”.

popolazione civile anche la tubercolosi, dilagante a causa delle cattive condizioni di vita e l’epidemia che fu denominata “La Spagnola” e che al termine risultò essere stata devastante tanto, quanto il conflitto stesso. Al termine della guerra il triste bilancio per le Sorelle fu di 40 cadute per cause di servizio, 2 ferite, 3 prigioniere. Il valore ed il sacrificio delle 7320 Infermiere Volontarie impiegate fu loro riconosciuto da più di 500 attestati di benemerenza, 1400 tra croci di guerra, encomi solenni ed individuali, una medaglia d’Argento al Valor Militare al Corpo, e una d’oro al Merito della Sanità Pubblica. Ma il riconoscimento più bello fu il ricordo lasciato ai più di 600.000 feriti curati, che non dimenticarono mai con quanta dedizione furono assistiti.

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Dopo guerra Gravi erano i problemi che affliggevano in quel periodo l’Italia: soldati reduci o dispersi, prigionieri e invalidi di guerra, orfani, scarsità di medicinali, profughi. Come prima conseguenza nel 1946 scoppiò una epidemia di tifo, e come spesso accade, il male non venne da solo: nello stesso anno la popolazione di Roma subisce un nuovo colpo a causa di una alluvione. Ma la Croce Rossa prosegue la sua opera di sostegno e vengono avviate le campagne di vaccinazione antivaiolosa e antipoliomielitica. Numerose furono le colonie gestite dalla CRI per gli orfani dove l’impegno delle Infermiere Volontarie fu finalmente dolce, dopo tanto dolore. Non ultima l’opera di assistenza ai lavoratori disagiati, in quel caso le Sorelle si dedicarono alla cura delle “mondine”.

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Giorni nostri Con un salto non da poco arriviamo ai giorni nostri, con il nuovo assetto internazionale che da l’avvio a nuove collaborazioni tra gli Stati e nuove forme di intervento, al quale le Infermiere Volontarie fanno eco con l’istituzione di task force di pronto intervento. Ricordiamo brevemente l’impiego come ausiliarie dopo la seconda Guerra Mondiale in occasione della missione in Libano, alla fine della quale viene concesso al Corpo l’uso della Bandiera Nazionale il 25 Giugno 1985. Da questa prima missione ne seguiranno molte altre: Somalia, Mozambico, Bosnia, Albania, Kossovo, Iraq, ma accanto alle missioni in qualità di ausiliario il Corpo Infermiere Volontarie interviene anche in molte operazioni di Protezione civile fianco a fianco con le altre componenti della CRI: Corpo Militare, Sezione Femminile, Volontari del Soccorso, Donatori di sangue, e Pionieri e in collaborazione con tutte le forse volontaristiche italiane ed estere. Concludiamo ricordando il quotidiano impegno per la divulgazione del Diritto umanitario e dei Sette Principi fondamento della Croce Rossa: UMANITÀ -NEUTRALITÀ - IMPARZIALITÀ - INDIPENDENZA - VOLONTARIATO - UNITÀ - UNIVERSALITÀ, fari che hanno illuminato il nostro cammino di ormai oltre 100 anni.

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I Sette Principi del Movimento Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa Umanità Nata dalla volontà di portare soccorso senza alcuna discriminazione ai feriti nei campi di battaglia, la Croce Rossa si impegna sia a livello nazionale che internazionale a prevenire e alleviare in ogni circostanza le sofferenze degli uomini. Protegge la vita e la salute, favorisce il dialogo e la comprensione reciproca, l’amicizia e la pace duratura tra i popoli. Neutralità Al fine di conservare la fiducia di tutti, si astiene dal prendere parte alle ostilità e, in ogni tempo, alle controversie di ordine politico, razziale, religioso e filosofico. Imparzialità La Croce Rossa non fa distinzione di nazionalità, razza religione, condizione sociale e appartenenza politica. Porta soccorso dando la precedenza agli interventi più urgenti. Indipendenza La Croce Rossa è indipendente. Le società nazionali, ausiliarie dei poteri pubblici nelle loro attività umanitarie devono poter conservare una autonomia che permetta di agire sempre secondo i principi della Croce Rossa. Volontariato La Croce Rossa è una istituzione di soccorso volontaria e disinteressata Unità In uno stesso paese può esistere una ed una sola Società di Croce Rossa. Deve essere aperta a tutti e estendere la sua attività su tutto il territorio.

Fig. 4 - Il Presidente della Repubblica Napolitano alla cerimonia del Centenario della Fondazione del Corpo delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana.

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Universalità La Croce Rossa è una istituzione universale in seno alla quale tutte le società hanno uguali diritti ed il dovere di aiutarsi reciprocamente.

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La Bandiera del Corpo delle Infermiere Volontarie Croce Rossa Italiana LEGGE 25 GIUGNO 1985, n. 342 (GU n. 162 del 11/07/1985) Concessione dell’uso della Bandiera Nazionale prevista dal Decreto Legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 25 Ottobre 1947, N. 1152, al Corpo della Croce Rossa Italiana e al Corpo delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana. URN: urn:nir:stato:legge: 1985-06-25; 342 Preambolo La Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PROMULGA la seguente legge: Articolo unico Al Corpo Militare della Croce Rossa Italiana e al Corpo delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana è concesso l’uso della bandiera nazionale, prevista dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 25 ottobre 1947, n. 1152. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Lavori Preparatori Lavori preparatori Camera dei Deputati (atto n.1625): presentato dal Ministro della Difesa (SPADOLINI) il 27 aprile 1984. assegnato alla settima commissione (difesa), in sede legislativa, il 24 maggio 1984, con parere della commissione prima. esaminato dalla settima commissione e approvato il 30 maggio 1984. Senato della Repubblica (atto n. 755): assegnato alla quarta commissione (difesa), in sede deliberante, il 6 luglio 1984. esaminato dalla quarta commissione il 19 luglio 1984 e approvato il 12 giugno 1985. Data a Roma, addì 25 giugno 1985 PERTINI CRAXI, Presidente del Consiglio dei Ministri SPADOLINI, Ministro della Difesa Visto, il Guardasigilli: MARTINAZZOLI

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Ricompense delle quali si fregia la Bandiera del Corpo delle Infermiere Volontarie C.R.I. Medaglie al Valor Militare: Medaglia d’Argento al Valor Militare - Libia 1911-12 (19-01-12) Medaglia d’Argento al Valor Militare - Libia 1915-18 (05-06-20) Medaglia di Bronzo al Valor Militare - II^ Guerra Mondiale 1940-45 (29-1l-54) Gran Croci e Medaglie al Merito della C.R.I: Medaglia d’Oro al Merito CRI per servizi di guerra con palma - II^ Guerra Mondiale 1940-45 (01-02-47) Gran Croce al Merito della CRI per i servizi di guerra con palma - Guerra di Liberazione 1943-45 (08-05-45) Gran Croce al Merito della CRI Terremoto di Messina e alluvioni - 1951-53 (13- l 1-67) Medaglie al Valore dell’Esercito: Medaglia d’Argento al Valor dell’Esercito - Missione di Pace in Libano 1982-84 (30-03-84) Medaglia di Bronzo al Valor Militare - Terremoto di Campania e Basilicata 1980 (15-12-81) Medaglie al Merito e per i benemeriti della Sanità Pubblica: Medaglia d’Oro al Merito della Sanità Pubblica - I^ Guerra Mondiale - 1915-18 (11-06-22) Medaglia d’Oro per i benemeriti della Sanità Pubblica - 1978 (23-11-78) Medaglie al Valore e al Merito Civile: Medaglia d’Oro al Valor Civile - Alluvione del Polesine e dell’Italia Meridionale e Insulare 1951 (28-06-56) Medaglia di Bronzo al Valore Civile - Alluvione Tevere 1937 (26-10-39) Medaglia d’Oro al Merito Civile- Alluvione di Firenze 1966 (14-03-72) Medaglia d’Oro al Merito Civile - Terremoto del Belice 1968(14-03-76) Medaglia d’Argento al Merito Civile - Terremoto del Friuli 1976 (14-06-77) Medaglia di Bronzo al Valore Civile - Disastro del Vajont 1963(15-05-64) Medaglie per i benemeriti: Medaglia d’Oro per i benemeriti del terremoto Calabro Siculo 1908 (28-12-08) Medaglia d’Oro per i benemeriti del terremoto della Marsica 1915 (13-01-17) Encomio Solenne Guerra in Africa Orientale 1935-36

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Suicidio: epidemiologia e prevenzione Introduzione Come anticipato nell’articolo sull’uso e i danni da Alcool, precedentemente pubblicato dal Giornale di Medicina Militare, proseguo la collaborazione con un contributo su un’altra importante questione di rilievo per la Sanità Pubblica e in specie per quelle autorità sanitarie che concentrano la loro attenzione preventiva sulle popolazione giovanili: mi riferisco al suicidio e alla sua prevenzione. Si tratta di una priorità per la Organizzazione Mondiale della Sanità in quanto è un fenomeno che colpisce i maschi, soprattutto giovani, e che può, almeno parzialmente, essere prevenuto.

I dati sul suicidio: sono affidabili, completi, accurati? La Organizzazione Mondiale della Sanità ha fra le sue funzioni quella di raccogliere dai Ministeri della Sanità dei suoi 193 stati membri le statistiche di mortalità. Molti paesi includono fra le statistiche di mortalità quelle relative al suicidio ma non tutti i paesi lo fanno e comunque anche i paesi che riportano i dati sulla mortalità da suicidio non sempre hanno dati completi; per svariate ragioni (religiose, culturali, sociali) spesso la morte per suicidio è occultata e le certificazioni non sempre sono veritiere. Questo ci dice che le statistiche di cui disponiamo non sono complete, accurate e sono affidabili “per difetto” ossia i suicidi nel mondo sono in numero superiore a quello che ci dicono le statistiche ufficiali. Attualmente disponiamo (WHO, 1999) di statistiche sul suicidio di 105 paesi (sui 193 che compongono le Nazioni Unite) e i tassi di suicidio più elevati si riscontrano in Europa, in particolare in Europa Prof. Benedetto Saraceno - Organizzazione Mondiale della Salute (World Health Organization) - 20, Avenue Appia, 1211 Ginevra- Svizzera Tel. +41 22 791 3603 - Fax +41 22 791 4160 Email: saracenob@who.int

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dell'Est: Lituania con 96.4 suicidi per 100.000 abitanti, Latvia con 78.4, Estonia con 77.8 e Russia con 77.2. Seguono con tassi inferiori a 70 ma superiori a 60, l'Ungheria con 64.8, la Slovenia con 61.9, il Kazachstan e lo Sri Lanka con 61.4. Con tassi inferiori a 60 ma superiori a 40, la Bielorussia, la Croazia, la Finlandia, la Moldova, la Svizzera e l’Ukraina. Dati del 1993 indicano per l’Italia tassi di suicidio maschile e femminile rispettivamente di 12.7 e di 4.0 per 100.000: tassi inferiori alla media globale che è di 24 per i maschi e di 5 per le femmine. Come si vede, con la eccezione dello Sri Lanka, l’Europa presenta tassi decisamente più elevati del resto del mondo. Tuttavia va tenuto presente che i tassi si riferiscono al numero di suicidi per 100.000 abitanti; dunque, paesi con popolazioni numerosissime come la Cina o l’India anche se hanno tassi per 100.000 decisamente più bassi hanno in numero assoluto molti più casi di suicidi. La Cina con soltanto 32.2 suicidi per 100.000 abitanti ha 195.000 suicidi all’anno mentre la Lituania ne ha meno di 2000. Dunque bisogna distinguere chiaramente fra tassi elevati di suicidi (e abbiamo visto che l’Europa presenta i tassi più alti) e numero di suicidi all’anno e l’Asia presenta i numeri più elevati sommando Cina e India.

Sesso, Età e Tendenze I maschi si suicidano in misura maggiore delle femmine. I tassi del suicidio femminile dal 1950 ad oggi sono aumentati in misura decisamente minore rispetto a quelli maschili: nel 1995 per un suicidio femminile ve ne furono 3.6 maschili e nel 2020 stimiamo che il rapporto sarà 3.9 suicidi di maschi per 1 suicidio di femmine. La frequenza del suicidio cresce con la età: il tasso medio globale (ossia calcolato per tutti i 105 paesi di cui disponiamo i dati) di suicidi maschili è di 24.7 per 100.000 cresce da 0.9 per la fascia di età fra 5 e 14 anni cresce progressivamente fino a 66.9 per la fascia di età superiore ai 75 anni.Va tuttavia

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osservato che se i tassi per 100.000 crescono con l’età, il numero assoluto di suicidi è più alto fra i giovani: il 53% dei suicidi avviene oggi fra i 5 e i 44 anni contro il 47% dei suicidi fra persone oltre i 45 anni. La frequenza più elevata di suicidi si concentra nella fascia d’età 35-44 anni sia per i maschi che per le femmine. L’aumento dei tassi di suicidi negli ultimi 50 anni va tuttavia interpretato più come un effetto statistico che come un fenomeno reale: le statistiche fra il 1950 e il 1995 erano essenzialmente basate su pochi paesi rispetto ai 195 paesi su cui basiamo i dati oggi (negli anni ‘50 soltanto 21 paesi fornivano statistiche sulla mortalità da suicidio). In sintesi, la regione con i tassi di suicidio più elevati è l’Europa dell’Est seguita dalla Europa occidentale (Austria, Belgio, Francia e Svizzera) mentre la regione con i tassi più bassi è quella del Medio Oriente: ove predominano paesi di religione islamica. La regione con il numero assoluto di suicidi più elevato è l’Asia con Cina e India. Alcune isole mostrano tassi di suicidi più elevati rispetto ai paesi circostanti della medesima regione: Cuba, Giappone, Mauritius e Sri Lanka (Bertolote)

La scelta del metodo di Suicidio I metodi di suicidio sono fortemente dipendenti dal contesto socio culturale di ogni paese e talvolta fra regioni di un medesimo paese. Anche l’età e il sesso influiscono sulla scelta del metodo di suicidio: l’impiccagione risulta essere il più diffuso dei metodi in Europa seguito dall’uso di armi da fuoco, avvelenamento e defenestrazione. L’interesse per i metodi di suicidio non è accademico ma riveste notevole importanza in quanto i suicidi cosiddetti “impulsivi” o risultanti da un atteggiamento dimostrativo sono nella maggiorparte dei casi effettuati con i metodi caratteristici del luogo e la “indisponibilità” del metodo spesso distoglie il soggetto dalla intenzione suicidiaria. In altre parole si è notato che negli Stati Uniti ove gli adolescenti si suicidano con armi da fuoco trovate in casa, la indisponibilità delle armi da fuoco non orienta l’adolescente verso un differente metodo di suicidio ma semplicente lo distoglie dall’intento suicidiario. Questo spiega ad esempio come la detossificazione del gas domestico in Inghilterra abbia fatto diminuire i suicidi e la indisponibilità dei pesticidi o la loro minore accessibilità faccia diminuire i suicidi di giovani donne nel Sud Est Asiatico.

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Fattori di Rischio a) Familiarità Disponiamo di abbondanti evidenze che mostrano che il comportamento suicidiariario (indipendentemente dal fatto che esiti o non in un suicidio riuscito) è influenzato da fattori familiari e genetici (Roy et al.). Sappiamo che alcuni disturbi psichiatrici sono correlati al rischio di suicidio, tuttavia il tasso di suicidio e tentato suicidio è più elevato in soggetti provenienti da famiglie con anamnesi di suicidi e tentati suicidi rispetto a soggetti che pur affetti dagli stessi disturbi psichiatrici provengano però da famiglie prive di anamnesi suicidiaria. Il sistema serotoninergico è alterato nei soggetti con comportamenti suicidiari ed il gene della triptofano idrossilasi, un enzima coinvolto nella sintesi della serotonina, sembrerebbe direttamente coinvolto nella trasmisione genetica della diatesi suicidiaria. Tuttavia le evidenze di questi studi non permettono di enunciare chiare correlazioni che consentano di affermare in modo lineare la trasmssibilità familiare della diatesi suicidiaria e ulteriori studi sono necessari. b) Disturbi Psichiatrici Le autopsie psicologiche mostrano che il 90% delle persone che si sono suicidate avevano un disturbo psichiatrico e i Disturbi Affettivi rappresentano la categoria diagnostica di gran lunga più frequente in associazione al suicidio anche se la grande maggioranza delle persone che soffrono di Depressione non si suicidano (Blair West et al.). Il rischio di suicidio cresce significativamente in soggetti con Disturbi Affettivi (per esempio la Depressione) non trattati o qualora si verifichino concomitanti eventi di vita negativi o coesistano altre malattie quali l’uso e abuso di sostanze psicoattive (in primis l’alcool). Si può dire che oltre ai Disturbi Affettivi, l’uso di sostanze psicoattive (principalmente alcool e oppioidi), i Disturbi della Personalità, le Psicosi e i Disturbi Alimentari sono molto spesso associati al suicidio. c) Malattie Fisiche Tuttavia anche malattie fisiche sono spesso associate al suicidio anche in assenza di un definito concomitante disturbo psichiatrico. Tumori, infezione da virus HIV/IDS, esiti di Ictus, Diabete giovanile, Epilessia, Malattia di Parkinson e Sclerosi Multipla sono le patologie più spesso associate al suicidio.

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d) Fattori Sociali Non vi è dubbio il micro ambiente sociale di ogni individuo influisce sul benessere psicosociale e dunque può agire come fattore di rischio o di protezione per il suicidio. Un contesto famigliare positivo protegge così come l’assenza di contesto famigliare costituisce un fattore di rischio: vedovi e divorziati sono più a rischio di soggetti con un partner stabile. La presenza di figli rafforza gli aspetti protettivi. Tuttavia va ricordato che là dove il nucleo famigliare non sia il risultato di una scelta libera della donna, la famiglia cessa di essere un fattore protettivo, come si è osservato analizzando i suicidi di giovani cinesi sposate a seguito di matrimoni combinati e imposti. Anche l’assenza di un microambiente lavorativo può costituire un fattore di rischio: disoccupazione e soprattutto perdita del lavoro rappresentano eventi di vita negativi spesso presenti nella autopsia psicologica di molti maschi suicidi. Infine la emigrazione soprattutto se in condizioni di forti deprivazioni psicosociali e di isolamento è un significativo fattore di rischio. Certamente questi fattori ambientali non costituiscono per sè “cause” di suicidio ma fattori di rischio che contribuiscono a peggiorare condizioni psicologiche alterate o si sommano a eventi di vita negativi. Il lutto per la perdita di una persona significativa, la malattia e la ospedalizzazione, la perdita del lavoro, espereienze giudiziarie (processi, incarcerazioni), trauumi gravi come l’abuso sessuale costituiscono esempi di eventi di vita negativi comunemente presenti nella autopsia psicologica di molti suicidi. Va notato che anche traumi “antichi” quali abusi sessuali o violenze fisiche nella infanzia e o adolescenza possono costituire un importante fattore di rischio per suicidi messi in atto in età adulta (Chapman) Vi è un intenso dibattito fra ricercatori intorno al ruolo della povertà come fattore di rischio per il suicidio. Certamente il suicidio è correlato alla esclusione sociale ed in particolare ad un basso livello socioeconomico, a bassi livelli di scolarizzazione e alla disoccupazione (Berk, Rekopf). e) Tentato Sucidio Se le statistiche sul suicidio non sono sempre affidabili, ancora più inaffidibili sono i dati sui tentativi di suicidio. Ovviamente la incertezza della definizione del fenomeno e la tendenza a occultarlo rendono le statistiche sul parasuicidio (così viene definito il tentato

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suicidio) puramente indicative ma certamente né precise né affidabili. Si stimano i parasuicidi dieci volte più frequenti che i suicidi “riusciti”; il dato più significativo, tuttavia, è quello relativo alla prevalenza di parasuicidi decisamente maggiore fra le femmine rispetto ai maschi (il contrario di quello che si osserva per i suicidi “riusciti”): per 1 suicidio maschile si contano fra 1.5 e 3 tentativi di suicidio femminili. Il tentato suicidio rappresenta il più significativo e più universale predittore di suicidio. In altre parole il fattore di rischio di suicidio di gran lunga più significativo rispetto a tutti gli altri è rappresentato dal tentato suicidio. Si tratta di una evidenza che non va sottovalutata perchè nella maggiorparte dei casi il tentato suicidio viene banalizzato come gesto puramente “dimostrativo”, stigmatizzato con atteggiamenti spesso sprezzanti (“gesto isterico”, “gesto istrionico”), viene ignorato (“lavanda gastrica e... a casa”). Il risultato di tutti questi atteggiamenti è che di fatto il tentato suicidio non viene considerato come un grave e serio fattore di rischio per un suicidio futuro e dunque i tentati suicidi non vengono adeguatamente monitorati nel tempo e assistiti con l’importante effetto di evitare numerosi suicidi.

Valutazione del rischio di Suicidio La valutazione del rischio suicidiario non è semplice e presuppone la considerazione di almeno cinque fattori: • la presenza di idee di suicidio; • l’espressione della intenzione suicidiaria e di comunicazioni dell’intenzione suicidiaria da parte del paziente; • la presenza di un disturbo psichiatrico; • una familiarità suicidiaria; • la presenza di eventi di vita negativi. Esistono numerose scale psicometriche che valutano il rischio di suicidio così come il rischio di ripetizione del tentativo di suicidio o, infine che valutano il paziente immediatamente dopo un tentativo di suicidio. Vi è una ampia letteratura psicometrica in proposito e ovviamente alle scale specifiche per la valutazione del rischio di suicidio bisogna aggiungere quello più generali ma altrattanto utili di valutazione dell’umore (le classiche scale di Hamilton, di Zung e di Beck). Infine va notato che Zung è l’unico ricercatore ad avere creato un Indice di

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Suicidio Potenziale che include la dimensione religiosa del paziente (Zung, Burk et al).

Il suicidio può essere prevenuto? Anche se le politiche messe in atto per prevenire il suicidio in alcuni paesi, o meglio, per diminuirne la incidenza, non hanno mostrato risultati clamorosi, tuttavia hanno mostrato in alcuni casi una influenza sulla diminuzione dei tassi di suicidio. Le strategie che possono essere messe in atto possono rivolgersi alla popolazione in generale oppure a specifici gruppi a rischio, primi fra tutti i soggetti con una anamnesi di tentato suicidio. Le strategie che si rivolgono alla popolazione generale sono sovente estranee al settore sanità e salute. La strategia che ha mostrato una significativa capacità di ridurre i tassi di suicidio e che esula dal settore sanità/salute è senz’altro quella costituita dalla restrizione dell’accesso ad alcuni comuni mezzi impiegati per suicidarsi. Il senso comune in questo caso può essere fuorviante: si potrebbe pensare che un individuo che non ha accesso al metodo di suicidio A si rivolgerà al metodo B e così via. Tale comportamento iperdeterminato è in realtà limitato a una minoranza di soggetti. La maggior parte dei suicidi (soprattutto quelli in giovanissima età) sono sovente frutto di impulsività per cui l’arma carica disponibile in casa o la bottiglia di pesticida o il gas domestico sono “a portata di mano”. Si è visto che la indisponibilità di armi da fuoco o la detossificazione del gas domestico sono stati fattori di diminuzione del suicidio.La semplice presenza di una balaustra ha mostrato potere deterrente per quei suicidi che ripetutamente avvenivano in certi ponti o in certi edifici elevati (l’Austria ha diminuito il tasso di suicidi grazie ad una legislazione che riduce severamente la disponibilità delle armi da fuoco; altri paesi Europei come il Regno Unito, la Svezia e la Germania hanno intrapreso misure di “bonifica” ambientale di luoghi che erano frequente teatro di suicidi quali passaggi a livello incustoditi o ponti senza adeguate balaustre). Un’altra strategia che ha mostrato una certa efficacia è quella legata alla responsabilizzazione dei mezzi di comunicazione: enfasi sui suicidi (soprattutto se commessi da persone note al pubblico), abbondanza di dettagli morbosi sul metodo del suicidio, le condizioni di ritrovamento del corpo ecc... fanno forse

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aumentare la “audience” ma certamente possono indirettamente “promuovere” il suicidio di soggetti giovani e predisposti a comportamenti imitativi. Dunque mezzi di comunicazioni discreti e parsimoniosi possono significativamente contribuire alla diminuzione dei suicidi (in Austria il Governo ha messo a punto delle vere e proprie linee guida in materia di reportage sul suicidio rivolte ai mezzi di comunicazione). Le misure restrittive dell’accesso alcool (minima età legale, riduzione degli orari di vendita, tassazioni elevate, ecc...) hanno un effetto indiretto significativo sulla riduzione dei suicidi ( i paesi Baltici hanno potuto ridurre i suicidi grazie a severe misure di riduzione dell’accesso all’alcool). Accanto a queste strategie generali si è vista anche l’utilità della sensibilizzazione e formazione del personale delle istituzioni che per loro natura possono per alcuni soggetti rappresentare esperienze stressanti, depressive, escludenti: il carcere, le istituzioni per anziani, le strutture psichiatriche innanzitutto ma anche contesti quali quello di collegi o caserme possono essere “a rischio”. Dunque vanno prese chiare iniziative di formazione del personale che vi lavora.

Altre strategie si rivolgono invece esclusivamente a gruppi a rischio: a) Programmi di prevenzione della Depressione. Precoci interventi di identificazione e trattamento della Depressione richiedono la sensibilizzazione dei medici di medicina generale e dei medici di famiglia (il governo dei Paesi Bassi ha indicato come una delle cinque priorità di salute pubblica la prevenzione della Depressione; in Svezia speciali programmi di formazione alla prevenzione, identificazione e trattamento della Depressione sono specialmente concepiti per i medici di base; nel Regno Unito sono stati messi a punto programmi di formazione per medici e infermiere che si occupano di puerpere a rischio di Depressione post partum). b) Programmi speciali di monitoraggio degli individui con una anamnesi di suicidio. Troppo spesso la banalizzazione dei tentativi di suicidio conduce alla passività verso quella imprtante frazione di tentati suicidi a rischio di ripetere a breve termine il tentativo e di portarlo a compimento.

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c) programmi di monitoraggio psicologico degli individui che fanno sistematico uso di alcohol in dosaggi pericolosi. d) programmi di sensibilizzazione ed educazione dei famigliari di individui con anamnesi di tentato suicidio. e) programmi per prevenire l’isolamento sociale di individui anziani soli.

Dall’Organizzazione Mondiale della Salute

Acta Psych.Scandinavica 1997: 95: 259-263. 5. Chapman D. P., Whitfield C. L., Felitti V. J. et al: “Adverse childhood experiences and the risk of depressive disorders in adulthood”. J Affect Disorders 2004: 82: 217-225. 6. Berk M., Dodd S., Henry M.: “The effect of macroeconomic variables on suicide”. Psychol Medicine 2006: 36: 181-9.

Conclusione La riduzione dei tassi di suicidio è un obbiettivo realistico e molte esperienze lo provano. Probabilmente nessuna misura preventiva presa da sola ha molte chances di ottenere successi significativi ma la lezione che abbiamo imparato negli ultimi dieci anni dai molteplici “microsuccessi” è che tutte le misure vanno implementate allo stesso tempo siano esse strategie rivolte alla popolazione generale oppure strategie rivolte a popolazioni a rischio. Abbiamo bisogno di sinergie fra diversi settori: sanità, scuola, ambienti di lavoro, esercito, istituzioni sociali, mezzi di comunicazione e infine la società nel suo insieme. Ciò che potrà diminuire in maniera significativa il tasso di suicidi, peraltro non particolarmente elevato in Italia, è la messa a punta di una “pacchetto” complesso di misure che coinvolga diversi attori politici, sociali e tecnici.

Bibliografia 1. W. H. O.: “Figures and Facts about Suicide”. Doc. WHO/MNH/MBD/99.1 - Geneva. 1999. 2. Bertolote J. M.: “Suicide in the world: an epidemiological overview 1959-2000”. In: Wasserman D., ed. Suicide: “An unnecessary death”. London, Martin Dunitz, 2001: 3-10 3. Roy A., Rylander G., Sarchiapone M.: “Genetics of Suicide. Family studies and molecular genetics”. Ann. N.Y. Acad Sci 1997: 836: 135-157. 4. Blair West G. W., Mellsop G. W., Eyeson Annan M. L.: “Down rating life time suicide risk in major depression”.

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7. Rehkopf D. H., Buka S. L.: “The association between suicide and socio economic characteristic of geographical areas: a systematic review”. Psychol Medicine 2005: 36: 145-57. 8. Zung W. W. K.: “Index of Potential Suicide”. -In: Beck A.T., Resnik H.L.P., Lettieri D. (eds). “The prediction of suicide”. Maryland, Charles Press, 1974: 221-249. 9. Bur K. F., Kurz A., Moller H. J.: “Suicide risk scales: do they help to predict suicidal behaviour?”. Eur Ar. Psychiatr Neurol Sci 1985: 235: 153-157. BENEDETTO SARACENO, M.D. Spec. Psichiatria Il Dr. Saraceno è specialista in psichiatria e in igiene pubblica. Ha ricevuto la laurea honoris causa dalla Nuova Università di Lisbona e dall’Università di Birmingham. È socio onorario del Royal College of Psychiatry del Regno Unito e della Società Spagnola di Psichiatria. Ha partecipato come senior scientist e consulente esperto a progetti di ricerche nazionali e internazionali sull’utilizzo di droghe psicotrope nella pratica medica generale e per la valutazione dei servizi psichiatrici. È membro del Consiglio Scientifico dell’Istituto Superiore di Sanità. Ha contribuito alla riforma dei servizi di salute mentale nelle nazioni del centro e sud America quali Nicaragua, El Salvador, Honduras, Costa Rica, Panama, Brasile e Cile. Per dieci anni il Dr. Saraceno è stato il Direttore del Laboratorio di Epidemiologia e di Psichiatria Sociale dell’Istituto “Mario Negri” di Milano. Nel 1996 è stato designato quale Responsabile di Programma del programma speciale dell’OMS per la salute mentale nelle nazioni. Nel 2001 è stato il leader del Rapporto Mondiale sulla salute dell’OMS, settore salute mentale. In atto il Dr. Saraceno è Direttore del Dipartimento Salute Mentale e Sostanze d’Abuso e Direttore ad interim del Dipartimento Malattie Croniche e Promozione della Salute dell’OMS. Il Dr. Saraceno ha pubblicato più di 100 articoli scientifici su riviste internazionali e 5 libri sulla Salute Mentale.

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Giornale di Medicina Militare

Il Centro Antifumo di La Spezia Introduzione Il Centro Antifumo (C.A.F.) della Spezia in ambito M.M., promosso dalla locale Direzione di Sanità Militare Marittima, è stato attivato il 30 maggio 2002, in occasione della Giornata Nazionale del Respiro, con la partecipazione della C.R.I. - Sede Provinciale della Spezia e dell’U.O. di Pneumologia dell’A.S.L. 5 Spezzino. Il C.A.F. è parte integrante dell’attuale Sezione Medicina – Nucleo di Fisiopatologia Respiratoria, nell’ambito del Servizio Sanitario di Maribase La Spezia. Il C.A.F. utilizza la professionalità degli addetti alla Sezione Medicina e le apparecchiature diagnostiche in essa integrate; inoltre si avvale della valida partecipazione del Consultorio Psicologico per il counseling individuale.

Tipologia dell’Intervento Valutazione clinico-funzionale di base: • valutazione anamnestico-clinica (anamnesi, esame obiettivo, rilevazione del B.M.I., P.A. e b.p.m.); • valutazione del grado di dipendenza (test di Fagerström) – vedi Tabella 1; • misurazione del monossido di carbonio (CO-espirato); • esame del respiro (spirometria). Terapia Farmacologica: prescrivibile NRT (nicotina sostitutiva), BP (bupropione), VT (vareniciclina tartrato). Counseling Individuale: da 2 a 6 incontri della durata di 30 minuti con frequenza settimanale. Follow up del paziente: 6 - 7 incontri (2 settimanali, 2 mensili, 2 – 3 trimestrali). Prestazioni: attualmente gratuite.

TABELLA I Domande

Risposte

Punti

Dopo quanto tempo dal risveglio accende la prima sigaretta?

Entro 5 minuti Entro 6-30 minuti Entro 31-60 minuti Dopo 60 minuti

3 2 1 0

Fa fatica a non fumare in luoghio in cui è proibito (cinema, chiesa, mezzi pubblici, etc.?)

Sì No

1 0

A quale sigaretta le costa di più rinunciare?

La prima del mattino Tutte le altre

1 0

Quante sigarette fuma al giorno?

10 o meno 11-20 21-30 31 o più

0 1 2 3

Fuma più frequentemente durante la prima ora dal risveglio che durante il resto del giorno?

Sì No

1 0

Fuma anche quando è così malato da passare a letto la maggior parte del giorno?

Sì No

1 0

* C.F. (SAN) - Capo Sezione Medicina, Comando Servizi Base M.M., Servizio Sanitario, Nucleo di Fisiopatologia Respiratoria e Allergologia. La Spezia.

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La prevenzione nelle Forze Armate

Giornale di Medicina Militare

Eventuali ulteriori Approfondimenti Diagnostici: • Diagnostica per immagini del torace (Radiografia, Ecografia, TC e HRTC); • Test di broncodilatazione farmacologica; • Test di broncoprovocazione aspecifico con metacolina; • Skin prick test (pannello allergeni inalanti della S.I.A.I.C.); • Test di Conconi (cardiospiroergometria con rilevamento della A.T.); • Prove di funzionalità respiratoria complete (volumi polmonari, diffusione alveolo-capillare); • Sat.O2 ed E.G.A.

Obbiettivi e finalità. La prevalenza dei fumatori attivi in Italia è ancora molto elevata (32,4% e 17,1% rispettivamente per gli uomini e per le donne in età superiore ai 14 anni). La cessazione dell’abitudine al fumo rappresenta oggi la strategia più efficace per ridurre la mortalità associata al fumo di sigaretta a medio termine. L’intervento clinico minimo di provata efficacia e raccomandato nelle principali linee guida prodotte da organismi nazionali di diversi paesi europei ed extraeuropei, è quello caratterizzato dalla sigla 5A (Ask, Advise, Assess, Assist, Arrange). Questo intervento (fig. 1) può essere realizzato spendendo anche soli pochi minuti nel corso di una qualunque visita medica. I medici di medicina generale, gli specialisti e gli operatori sanitari hanno una straordinaria opportunità di ridurre il tasso di fumatori e la conseguente morbidità, mortalità, nonché i costi economici associati. Questa opportunità risulta da una combinazione di fattori: consapevolezza nella popolazione dei danni da fumo, alta percentuale di fumatori che vogliono smettere, esistenza di centri di disassuefazione, disponibilità di trattamenti efficaci. Il Centro Antifumo ha la finalità di promuovere gratuitamente la cessazione dell’abitudine al fumo nei dipendenti militari e civili della Difesa autorizzati dal Piano Sanitario Giurisdizionale ad afferire ai Servizi di Medicina di Aderenza del Comando Servizi Base M.M. della Spezia – Servizio Sanitario, in accordo con quanto dichiarato nel Piano Sanitario Nazionale 2007 - 2009. Tale obiettivo può essere raggiunto, oltre che mediante l’attività diretta del C.A.F., anche attraverso la realizzazione, da parte degli Ufficiali Medici delle UU.NN. e dei Servizi Sanitari periferici, di interventi

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Fig. 1 - Diagramma di flusso dell’intervento.

brevi rivolti ai propri assistiti nel corso della loro attività ambulatoriale. In letteratura è ampiamente dimostrato come il semplice consiglio del medico curante possa incrementare il numero di fumatori che intraprendono seri tentativi di smettere. Anche se la percentuale di soggetti che riesce ad ottenere un risultato in maniera stabile sembra limitata, questo tipo di approccio ha il grande vantaggio di poter facilmente raggiungere un grande numero di persone con costi contenuti, ottenendo risultati a livello di popolazione generale di grande rilevanza.

Risultati. Dopo circa sei anni di attività, il Centro Antifumo ha registrato un discreto afflusso di fumatori, rappresentati nel 82% dei casi da personale militare, prevalentemente destinato su UU.NN.; in Tabella II sono riportati i dati aggiornati al 30 giugno 2008. La percentuale accertata di disassuefazione al fumo è stata pari al 46.4%, dato che si raccorda positivamente con gli altri Centri Antifumo della Liguria, dove peraltro le prestazioni sono soggette a ticket, che hanno evidenziato una percentuale di successo variabile dal 33,8% al 53%.

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La prevenzione nelle Forze Armate

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TABELLA II

Conclusioni

Protocollo

Nr.

Drop out

1^ visita

394

1° e 2° controllo

378

4%

3° e 4° controllo

304

22.8%

5° e 6° - 7° controllo

183

53.5%

La bibliografia a corredo dell’articolo è disponibile per gli interessati richiedendola all’indirizzo di corrispondenza degli Autori: COMANDO SERVIZI BASE M.M. - SERVIZIO SANITARIO.Viale Fieschi, 16/18 19100 - LA SPEZIA. Sezione Medicina. Nucleo di Fisiopatologia Respiratoria e Allergologia. Tel. 0187/786003 - 786055 Fax. 0187/786084. Capo Sezione: C.F. (SAN) Ignazio CIRILLO.

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In letteratura, diverse sono le strategie che hanno dimostrato, mediante studi di evidenza, una discreta efficacia per indurre alla disassuefazione al fumo: • il consiglio del medico; • l’intervento strutturato degli infermieri; • il counseling individuale; • la terapia di gruppo; • la terapia sostitutiva della nicotina; • altre terapie farmacologiche di supporto. Si può con buona ragione affermare che non esistono ancora prove sufficienti che aiutino a scegliere una strategia piuttosto che un’altra. Anche se ci sono dati indicanti come sia possibile smettere di fumare senza alcun intervento, è lecito raccomandare che tutto il personale sanitario militare rilevi l’abitudine al fumo dei propri assistiti, incoraggi i fumatori a smettere ed offra tutte le possibili strategie attualmente riconosciute efficaci dagli organismi nazionali di riferimento.

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Giornale di Medicina Militare

La Sanità Militare nelle tavole del Quinto Cenni uinto Cenni, romagnolo, nato ad Imola il 20 marzo 1845, ha dedicato tutta la vita all’illustrazione del costume e della vita militare in tutte le sue sfaccettature. Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti di Bologna fra il 1862 ed il 1867, si trasfe-

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risce a Milano dove frequenta i corsi di xilografia e litografia dell’Accademia di Brera. L’apprendimento di queste tecniche consente al Cenni di orientarsi tra le possibilità espressive offerte da un’arte che, anche se legata alle tradizioni accademiche, comincia ad aprirsi a nuove espressioni artistiche. L’inclinazione verso il mondo militare è subito chiara. Risale al 1867 la sua prima opera significativa, La tumulazione del Generale Moore dopo la battaglia

Tavola 8 dell’Album di Quinto Cenni dedicato alle uniformi del 1880 edito dall’Ufficio Storico dell'Esercito Italiano intitolata “SANITÀ - AMBULANZA”. Con l'ordinamento “Ricotti”, Ufficiali Medici e Veterinari vengono riconosciuti Ufficiali a tutti gli effetti conseguendo le prerogative proprie della categoria. Dal punto di vista dell'uniforme, ciò significa l'introduzione di stellette al bavero, spalline e sciarpa. Per i farmacisti, invece, la qualifica è quella di personale civile, senza stellette né altri distintivi propri degli Ufficiali. L'uniforme indossata è quella prevista per il personale civile dipendente dall'Amministrazione del Ministero della Guerra. Da sinistra a destra: Veterinario, Medico, Carro d'Ambulanza, Farmacista.

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Le Sanità Militari nell’Arte

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La Tavola 11 dell’Album di Quinto Cenni dedicato alle uniformi del 1880 edito dall’Ufficio Storico dell'Esercito Italiano intitolata “Marina”. Uniformi della Regia Marina codificate dal regolamento del 1873. Si possono notare i galloni dritti sul paramano (senza occhiello) che identificano gli Ufficiali non di Vascello. Al centro sono raffigurati un Ammiraglio ed un Capitano di Vascello in gran divisa. Da sinistra a destra: Ufficiale Meccanico, Ufficiale Medico, Ufficiale Commissario, Ufficiale del Genio Navale, Ammiraglio, Capitano di Vascello, Allievo di Marina, Sott'Ufficiale, Marinaio di 1^ Classe.

di La Coruna in Ispagna, acquarello raffigurante un episodio delle guerre napoleoniche, ricco di sgargianti uniformi, dove risaltano la ricerca dei particolari e la precisione del dettaglio. Il Cenni diviene illustratore di numerose riviste, specializzandosi nella raffigurazione di scene e battaglie. L’artista annota nei suoi quaderni, disegnando ad inchiostro di china ed acquarello i particolari che più gli interessano, ogni cambiamento, anche il più insignificante, nel vestiario e nei materiali dell’Esercito Italiano. L’Ufficio Storico dell’Esercito conserva nei propri archivi una significativa raccolta dei quaderni dell’artista indicata come “Codice Cenni”, opera originale ed unica nel suo genere, che rappresenta una inestimabile fonte di ricerca. L’Album delle

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uniformi del 1880 è uno dei più significativi contributi all’interpretazione ed alla valutazione storica della condizione militare dell’epoca in chiave rigorosamente scientifica. Dell’Album vengono qui riprodotte due Tavole, la 8 e la 11. La Tavola 8, intitolata Sanità – Ambulanza, raffigura magnificamente un Ufficiale Veterinario (a sinistra) ed un Ufficiale Medico (al centro), entrambi a cavallo, in compagnia di un Farmacista (a destra) a piedi. In secondo piano è visibile un Carro d’Ambulanza. Con l’ordinamento del 30 settembre 1873 del Ministro della guerra, Generale Ricotti Magnani, gli Ufficiali Medici e Veterinari vengono riconosciuti Ufficiali a tutti gli effetti, conseguendo le prerogative proprie della categoria. Dal punto di vista dell’uniforme questo

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significa l’introduzione di stellette al bavero, spalline e sciarpa. Per i farmacisti, invece, la qualifica è quella di personale civile, senza stellette né altri distintivi propri degli Ufficiali. L’Uniforme indossata è quella prevista per il personale civile dipendente dell’Amministrazione del Ministero della Guerra. Nella Tavola dedicata alla Sanità il Cenni non dimentica alcun dettaglio. L’Ufficiale Medico, infatti, indossa il chepì adottato il 1° gennaio 1873 della forma stabilita nell’Atto n. 81 del 6 maggio 1872 per gli Ufficiali delle varie Armi e Corpi, con il fregio consistente in una grande stella a cinque punte avente nel mezzo la croce scorciata in smalto rosso su fondo di smalto bianco. Il copricapo è dotato di pennacchietto nero del tipo da Ufficiale di artiglieria e genio. L’Ufficiale Veterinario, invece, è dotato dello stesso tipo di copricapo ma con alcune differenze legate al Corpo di appartenenza. Il fregio è rappresentato da una grande stella a cinque punte avente nel mezzo la croce di Savoia in argento, su sfondo di smalto azzurro. Il pennacchietto di piume nere di struzzo, prerogativa delle armi cosiddette “dotte”, non è presente in quanto la concessione all’utilizzo da parte degli Ufficiali Veterinari avverrà nel 1895. La Tavola 11, intitolata Marina, testimonia come l’opera del Cenni non sia esclusivamente dedicata alle uniformi dell’Esercito, ma anche a quelle che nell’ot-

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tocento furono indossate dalla Regia Marina e da altri Corpi Armati dello Stato. Le uniformi della Regia Marina sono codificate dal regolamento del 1873. Si possono notare i galloni dritti sul paramano (senza occhiello) che identificano gli Ufficiali non di Vascello, tra cui l’Ufficiale Medico (secondo da sinistra). Al centro sono raffigurati un Ammiraglio ed un Capitano di Vascello in gran divisa. Gli acquarelli proposti sono assolutamente coinvolgenti. Con questi l’artista dimostra un’abilità non comune nell’adozione di una tecnica che non è certo tra le più facili, in quanto non consente né ripensamenti né correzioni di sorta. Le scene dell’ambientazione ed i personaggi sono di notevole effetto anche per l’impiego di sistemi propri dell’epoca quale la tecnica detta della “chiara d’uovo”, consistente nella stesura di una patina della materia su alcune zone di stampa. Il pennello di Quinto Cenni coglie ogni particolare del costume militare italiano dell’epoca. Nella sua opera vi è il messaggio artistico del patriota che vede nel militare un insostituibile punto di riferimento di quella “nuova Italia” che le Forze Armate, nella loro storia secolare, hanno contribuito ad edificare. a cura del Col. Antonino ZARCONE e del Ten. Col. Mario MARCHISIO

La pittura di Rudolf Claudus L’Artista, il cui vero nome è Klaudus, nacque nel 1893 nell’odierna Sopron, a sud di Vienna, poi assegnata all’Ungheria dopo la prima guerra mondiale. Nipote di un ammiraglio della Marina Imperiale austriaca, nel 1908 entrò nell'Accademia Navale di Pola e ne uscì da ufficiale, rimanendo in servizio fino al 1918. La sua vocazione era tuttavia l'arte della pittura, che coltivò assiduamente fin da ragazzo, frequentando botteghe di altri artisti per imparare il “mestiere”, e studiando le opere ispirate alla Marina, che rispondevano al suo amore per il mare. Alla fine della guerra egli si trovava a Pola, dove entrò in amicizia con ufficiali della Marina italiana, che gli commissionarono tele raffiguranti le principali navi militari. Dopo d’allora iniziò una collaborazione ultra quarantennale con la Marina italiana, che lo vide operare nelle principali città italiane, ovunque dipingendo opere celebrative della Marina stessa, o

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La nave ospedale GRADISCA in un dipinto di Claudus conservato presso l’Ispettorato di Sanità della Marina Militare.

comunque ispirate a battaglie navali vere o fittizie. Un sua tela di grande formato, che appunto rappresenta uno scontro in mare immaginario, si trova nell'a-

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La nave ospedale ARNO in un dipinto di Claudus conservato presso il Circolo Ufficiali della Marina Militare di Roma.

La Nave Ospedale A RNO

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a Nave Ospedale ARNO era un piroscafo a due eliche, costruito nel 1912, presso i cantieri di Glasgow, di 8.024 tonnellate di stazza, appartenente alla Società Armatrice Lloyd Triestino. Poteva viaggiare alla velocità di 16 nodi. Lunga 125 metri, larga 17 ed alta 8, aveva 6 caldaie, 2 motrici che producevano una potenza di 7.300 cavalli. Era dotata di una camera operatoria, di un gabinetto radiologico, uno di analisi cliniche, una sala di medicazione e circa 440 posti letto. Acquistata dall’Italia nel 1936 aveva già prestato servizio per il trasporto degli infermi nella guerra italo-etiopica sotto il nome di CESAREA. Successivamente tornata in servizio civile come nave di linea, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, nel 1940, venne requisita e con il nome di ARNO trasferita a Taranto ed attrezzata come nave ospedale. L’equipaggio della società armatrice fu militarizzato ed integrato con personale militare di varia categoria. Il Capitano di Lungo Corso Salvatore PORZIO fu designato come primo Comandante dell’unità. L’incarico di Direttore Sanitario fu affidato al Ten. Col. medico Achille TALARICO. Dal 21 agosto 1940 all’11 settembre 1942 operò tra Napoli, Tripoli e Bengasi (Libia) partecipando anche a diverse operazioni di recupero naufraghi. Pertecipò a 49 missioni di trasporto infermi, ad 8 missioni di soccorso naufraghi. Complessivamente trasportò 6.133 tra feriti e naufraghi e 17.262 ammalati. Fu affondata a 60 miglia dalla costa libica nella notte tra il 10 e l’11 settembre 1942, colpita da un siluro alleato.

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Il film di Roberto Rossellini “La Nave Bianca” fu in parte girato a bordo della Nave Ospedale ARNO.

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La Nave Ospedale G RADISCA

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a Nave Ospedale GRADISCA ha operato dal gennaio 1936 al febbraio 1937 nella guerra italo-etiopica, dal febbraio del 1937 all’estate del 1939 durante la guerra civile spagnola. Dall’agosto 1940 fino all’armistizio del 1943 operò nella Seconda Guerra Mondiale sui fronti libico, greco ed albanese. Costruita nel 1913, stazzava 13.870 di tonnellaggio, poteva navigare ad una velocità di 12-14 miglia marine ed aveva una capienza di 760 posti letto. Era un piroscafo noleggiato dal Lloyd Triestino e durante le missioni veniva munito del contrassegno di neutralità. L’equipaggio per il governo della nave era costituito dai marittimi della Società di Navigazione ed un colonnello medico della Regia Marina fungeva da Regio Commissario e da Direttore dell’Ospedale. Da lui dipendeva tutto il personale sanitario (Ufficiali medici, infermieri, personale CREM e della Croce Rossa Italiana). Dal gennaio 1936 al febbraio 1937 ha riportato in Italia, attraverso 9 missioni da Napoli a Massaua, Gibuti, Mogadiscio e Chisimaio ben 6.299 infermi. Dal marzo 1937 al giugno 1939, sotto la guida del Col. medico GIULIO CECCHERELLI, ha effettuato 16 missioni da Napoli a Cadice, trasportando ben 8.903 infermi. Nell’agosto 1940, sotto la guida del Col. medico ULDERICO GERMANI, operò tra Napoli, Bengasi e Tripoli. Nell’ottobre 1940 subentrò anche il fronte greco con i collegamenti tra Taranto, Bari, il Pireo, Rodi e Salonicco. Nel 1941 compì anche varie missioni sul fronte albanese. Nel giugno 1943 compì la sua ultima missione umanitaria nel porto neutrale di Smirne, dove avvenne uno scambio di prigionieri ammalati con le navi ospedale inglesi. Effettuò 77 missioni di trasporto e soccorso, imbarcando 15.662 feriti e naufraghi e 43.676 ammalati. Dopo l’armistizio del 1943 fu requisita dai tedeschi nel porto di Patrasso e venne utilizzata come nave da trasporto delle truppe tedesche fino al termine del conflitto. Tornata all’Italia fu utilizzata per il rimpatrio dei prigionieri fino al 23 gennaio 1946, allorquando, durante una tempesta, finì incagliata in un isolotto presso Gaudo.

trio del Palazzo Marina, sulla via Flaminia a Roma, mentre altre tele furono dipinte nel 1931, per celebrare il 50° anniversario della fondazione dell'Accademia Navale di Livorno, e sono lì esposte. Sul finire degli anni Venti si era già trasferito a Napoli, dove aveva aperto un proprio studio, diventando ammiratore di De Martino, altro affermato pittore di mare. Prima della seconda guerra soggiornò a Venezia, dove decorò i saloni del circolo dell'Ammiragliato e i quadrati di svariate unità navali. I suoi successi furono esaltati dall’ammirazione del presidente Roosevelt, che gli commissionò oltre trenta quadri per la Galleria Elisabettiana di Washington, mentre quasi altrettanti, tra quadri a olio e acquerelli, celebrativi della guerra di Indipendenza americana, sono conser vati nell'Accademia Navale di Annapolis. Trovandosi a Taranto durante la guerra, la stessa Regina Elena gli chiese di realizzare sessanta dipinti per la collezione Savoia, che illustrasse pagine di storia navale. Sul finire della guerra una raccolta di oltre sessanta quadri, preparati in occasione di una imminente mostra, furono trafugati e non furono più ritrovati. Dopo le ostilità Claudus soggiornò presso l’Accademia di Livorno, dove produsse numerose altre tele, spesso di grandi dimensioni, che spesso venivano utilizzate dal Comando come omaggio di rappresentanza per Autorità estere, così facilitando la disseminazione delle sue opere presso collezioni private nel mondo. Una esaustiva biografia dell’Artista, a cura del comandante Paolo Bembo, è stata pubblicata nel 1996 dall’Ufficio Storico della Marina.

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