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Juventus - I grandi calciatori - Nuova edizione

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JUVENTUS I grandi calciatori raccontati da Guido Vaciago



CUORI DA CAMPIONI

JUVENTUS I grandi calciatori raccontati da Guido Vaciago

illustrazioni di Francesco Morici


Editor: Patrizia Ceccarelli Autore: Guido Vaciago Coordinamento redazionale: Emanuele Ramini Progetto grafico e copertina: Mauro Aquilanti Illustrazioni: Francesco Morici Ia Edizione 2021 Ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2

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Tutti i diritti sono riservati © 2021 Raffaello Libri S.p.A. Via dell’Industria, 21 60037 - Monte San Vito (AN) www.grupporaffaello.it e-mail: info@grupporaffaello.it www.raffaelloragazzi.it e-mail: info@raffaelloragazzi.it Printed in Italy È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di q ­ uesto libro senza il permesso scritto dei titolari del copyright. L’Editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare, nonché per eventuali omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti.


La parola a... «Papà, mi racconti una storia?» è una delle richieste più belle che un figlio o una figlia possa farti. Perché non c’è niente di più appagante, amorevole e incantevole che perdersi con loro in un racconto, sincronizzare l’immaginazione, viaggiare insieme. E, come nei viaggi, non è fondamentale la meta ma il viaggio stesso, in quei casi non è importante la storia. Ciò che conta è tenere allenata la fantasia, perché un bambino o un ragazzo che non sa sognare è come un calciatore che non sa correre. Io ho sempre sognato, molto spesso di calcio: inventavo partite, immaginavo gol, volavo in tutti gli stadi del mondo dal letto della mia camera, circondato dai poster dei miei idoli. Lo sport, se lo ami davvero, non fa bene solo al fisico, ma anche alla mente. E le storie di sport non parlano mai solo di gol, canestri, punti o vittorie, ma insegnano a trasformare i sogni in realtà, a non arrendersi di fronte alle difficoltà, a trasformare i problemi in opportunità, a rispettare tutti, sempre e comunque. Il libro che avete fra le mani racchiude tante storie e tanti personaggi. Alcuni li ho conosciuti personalmente e, vi posso garantire, sono davvero magici. Degli altri mi parlava mio papà quando gli chiedevo: «Papà, mi racconti una storia?». E in quel momento partivamo per uno dei nostri meravigliosi viaggi.

Claudio Marchisio Centrocampista della Juventus dal 2006 al 2018



Nasce la Juventus, e la storia diventa leggenda

Torino, ottobre 1897 «Dopo ci vediamo alla panchina?». «Sì, lo dico anche a Umberto. Speriamo che non lo interroghino in latino, se prende un brutto voto poi suo papà non lo lascia venire». «Gli altri li avverto io, tu passa anche all’officina di Enrico ed Eugenio». «Va bene, poi. . .». DRIIIIINNNNNN. «Maledetta campanella! Devo tornare in classe. Ci vediamo dopo». Domenico Donna e Carlo Varetti si salutano frettolosamente, mentre i corridoi del Liceo Classico Massimo D’Azeglio si svuotano alla fine dell’intervallo. Hanno 14 anni, qualcuno dei loro amici 15. E da qualche mese hanno scoperto un gioco elettrizzante.

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Lo hanno visto al parco del Valentino, dove si danno appuntamento gli inglesi a praticare il “football”. Sono vestiti un po’ strani, con i pantaloni che arrivano sotto il ginocchio e le camicie colorate; gridano parole incomprensibili e, qualche volta, discutono anche animatamente, ma sembra proprio che si divertano un mondo. E, all’inizio, si diverte anche quel gruppetto di ragazzini del D’Azeglio che si ferma a guardarli. Poi guardare non basta più: vogliono provare pure loro. Ma gli inglesi sono troppo bravi e, soprattutto, sono tutti adulti, non hanno voglia di mettersi lì a spiegare. Così i ragazzini che si sono innamorati del football, con i soldi risparmiati rinunciando alle merende, si fanno fare da un calzolaio loro amico un pallone di cuoio, quasi uguale a quello che usano gli inglesi. Lo conserva uno di loro a turno, e naturalmente lo deve portare agli appuntamenti della panchina. La panchina si trova in Corso Re Umberto, a due passi dal D’Azeglio, è davanti all’officina meccanica di Enrico ed Eugenio Canfari, che hanno qualche anno in più, ma la stessa irrefrenabile passione per il football. E la panchina è, soprattutto, vicino alla vecchia Piazza d’Armi, che nel pomeriggio si può trasformare in un campo quasi perfetto, dove provare a imitare gli inglesi e da cui tornare a casa sudati, ricoperti di polvere, ma felici, felicissimi. I pomeriggi, dunque, iniziano sempre alla panchina. C’è chi arriva finendo la merenda, chi ha i libri sottobraccio perché ha detto ai genitori che andava a studiare da un amico, chi arriva di corsa e già tutto sudato perché è uscito tardi da casa.

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Sono diversi fra di loro: uno alto, uno basso, uno un po’ grassottello, uno magro magro, uno sempre elegante, un altro più trasandato, ma tutti hanno qualcosa di uguale: quel sogno. «Ragazzi, ci ho ripensato bene e. . . secondo me possiamo farcela a fondare una società sportiva» dice Domenico Donna. «Vuoi dire creare una nostra squadra?» chiede speranzoso Umberto Malvano. «Sì, ne ho parlato con i fratelli Canfari. Possiamo andare da loro per fare la riunione, scrivere lo statuto e votare la fondazione». Torino, 1 novembre 1897 Nell’officina di Corso Re Umberto 42, una dozzina di ragazzi è seduta su delle cassette e parla animatamente. «Deve essere una società sportiva, non solo di football, ma anche di podismo e lotta». «E deve essere ispirata ai principi più alti della lealtà sportiva!». «Dobbiamo avere dei colori sociali». «E anche una cassa comune dove raccogliere i soldi!». Il segretario della riunione è Carlo Varetti, il più ordinato, che segna meticoloso tutte le proposte dei ragazzi, anzi, ormai bisogna chiamarli “soci” perché hanno appena fondato una società sportiva. «Ah! E dobbiamo avere un nome» esclama proprio Varetti.

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Si scatena un dibattito e nascono proposte: Iris Club, Massimo D’Azeglio, Augusta Taurinorum, Forza e Salute, Vigor et Robur, Via Fort e Sport Club Juventus. I ragazzi non riescono a mettersi d’accordo e decidono di votare. Vince Juventus, che in latino - che tutti studiavano a scuola - vuol dire gioventù. D’altra parte, in quella stanza il più giovane ha 14 anni e il più vecchio 20: il nome è appropriato. Torino, dicembre 1897 «Quanto avete in tasca?». «30!» «Io 20». «Io sono riuscito a metterne insieme 65!». Ovviamente si parlava di centesimi. E i nuovi soci e giocatori della Juventus li stavano mettendo insieme per acquistare la stoffa che serviva per le maglie. Il negozio di stoffe in Corso Vittorio Emanuele venne invaso dal loro entusiasmo e prima che il commesso potesse dire qualcosa. . . era stato rovesciato sul bancone il tesoro. Erano quasi un centinaio di monete, ma dopo averle pazientemente contate, il merciaio scosse la testa. «Cosa vi serve?». «Stoffa per cucire una dozzina di divise da gioco» disse orgoglioso Domenico Donna. «Per i soldi che avete posso darvi questo percalle rosa, sta per finire, ve lo offro a 20 centesimi al metro».

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Affare fatto, divise da fare: quelle le cucirono mamme e nonne. La prima divisa della Juventus fu dunque camicia rosa, pantaloni neri e cravatta nera. Sì, cravatta! All’epoca il calcio era anche una questione di eleganza. Torino, febbraio 1901 La panchina era sempre lì. E qualcuno dei ragazzi ci si ritrovava ancora dopo la scuola. Ma la Juventus ormai aveva una vera sede, erano aumentati gli iscritti e c’era anche qualche inglese, intenerito dall’entusiasmo di quegli adolescenti. Fra questi Tom Gordon Savage, che si occupava di importare ed esportare tessuti fra Torino e la sua Nottingham, in Inghilterra. Era appassionato di calcio, giocava benino ed era un grande tifoso del Notts County, club della sua città fondato nel 1861. Quando il sottile percalle, comprato d’occasione qualche anno prima, si era logorato e i soci juventini chiedevano una nuova maglia e, possibilmente, una maglia vera come quelle inglesi, disse: «Ci penso io!». Scrisse una lettera a Nottingham e dopo qualche settimana arrivò un pacco nella sede: da quel pacco uscirono le prime divise a strisce bianche e nere. Non erano piaciute subito a tutti, ma con il tempo si affezionarono a quell’inconfondibile maglia, che nessuno cambiò più. Perché se togli una sola lettera alla parola maglia, viene subito magia.

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CUORI DA CAMPIONI Le storie mitiche di grandi calciatori che hanno brillato in campo e nella vita, raccontate dalla penna prestigiosa di un famoso giornalista.

Il club più titolato d’Italia narrato nelle gesta di innumerevoli fuoriclasse: l’eleganza di Boniperti e Platini, le magie di Zidane, la classe di Del Piero, le parate di Buffon. Oltre al racconto di gol mitici e di partite memorabili, troverai episodi inediti e curiosità, per scoprire anche i lati umani di vere leggende del calcio. Con le storie di Boniperti, Charles, Sivori, Furino, Zoff, Rossi, Platini, Vialli, Zidane, Nedved, Trezeguet, Del Piero, Marchisio, Pirlo, Buffon, Chiellini e i campioni di oggi.

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