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Amici virtu@li

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Amici virtu@li

La realtà dei social, la realtà di tutti i giorni

DAVID CONATI Futuro Presente
Futuro Presente

Coordinamento redazionale: Emanuele Ramini

Coordinamento grafico: Mauro Aquilanti

Team grafico: Raffaella De Luca

Approfondimenti e schede didattiche: David Conati

Nuova edizione 2024

Ristampa

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© 2014 Tutti i diritti sono riservati

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Printed in Italy

È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questo libro senza il permesso scritto dei titolari del copyright. L’Editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare, nonché per eventuali omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti.

Amici virtu@li

La realtà del Social network, la realtà di tutti i giorni

A Luna

costretta, suo malgrado, a viaggiare

I personaggi coinvolti in questo racconto sono di fantasia e ogni riferimento a persone luoghi o avvenimenti reali è casuale. È però doveroso ringraziare coloro che, direttamente o indirettamente, consapevolmente o inconsapevolmente, hanno contribuito a scrivere questa storia: gli alunni della classe 2 a D della scuola Secondaria di Primo Grado di Valeggio sul Mincio (VR), anno scolastico 20102011, Riccardo, Sharon, Gaia, Sara, Andrea, Larisa, Antonio, Martina, Luca, Diego, Andrei, Andrea, Claudio, Francesca, Greta, Signo, Sem, Annalisa, Giorgia, Manuel; la loro insegnante di italiano Luisa Fazzini e il loro Vicario Agostino Falconetti per le preziose informazioni; Daniele Facciolli, Davide Galbiati, Andrea Venturi e Marianna Venturi per la disponibilità e gli spunti forniti come base di partenza per questo lavoro; Elisa Cordioli che, al solito, ha avuto la pazienza e la costanza di correggere le diverse stesure fino a quella definitiva.

Home.

E di nuovo cambio casa

Piove.

So benissimo che potrei usare un sacco di altre parole per definire meglio la situazione meteorologica. Lo so. Me lo faceva notare sempre la prof di Lettere: pioggerella, pioggerellina, pioggia, scroscio, rovescio, temporale, acquazzone, nubifragio, burrasca, bufera, diluvio, tempesta, tormenta, tifone… oppure poeticamente potrei dire che il cielo piange.

Cara vecchia prof Sciapeconi. Per tutta la prima media si è ostinata a farci apprezzare “le bellezze della lingua italiana”, come le chiamava lei. Fiato sprecato: per me se cade acqua dal cielo piove, punto e basta. A cosa serve fare tanti discorsi?

Però lei quando correggeva i miei temi non faceva altro che ripetere:

– Borghesi! Perché sei così stitico quando scrivi?... Perché sei così stitico quando scrivi? Perché….

“Non sono stitico, semmai sintetico” avrei voluto urlarle un sacco di volte. Ogni volta però la voce mi moriva in gola e usciva solo una risatina isterica che non le faceva capire il mio pensiero ma, in compenso, mi faceva sembrare di certo molto tonto.

Comunque sia, oggi piove e io seguo col dito le gocce che si stampano sul vetro e colano giù. Faccio a gara per vedere quale arriva prima.

Capitolo 1 5

– Chiudi le tapparelle che si bagnano i vetri!

È mia madre, sempre in ansia per le pulizie, per gli aloni, la polvere, le ditate e i vetri sporchi.

– Perché non mi dai una mano a sistemare? – urla ancora lei.

Tiro giù la tapparella e la raggiungo nella stanza accanto mentre lei si sta affannando dietro una muraglia di scatoloni. Ti rendi conto di quanta roba ci sta in una casa solo quando traslochi. Un’infinità di scatoloni pieni che mia madre ha contrassegnato con un’etichetta adesiva. Sull’etichetta c’è scritto cosa contiene lo scatolone e in quale stanza va: mia madre è molto precisa, è una manager, una che non sbaglia mai.

– Prendi le tue cose e sistemale!

Imperativo materno.

– Agli ordini, mamma!

Ho quasi tredici anni ed è già la terza volta che trasloco. Ormai ci ho fatto l’abitudine. L’ultima è stata cinque anni fa, quando facevo la seconda elementare.

Obbedisco quindi senza fiatare al comando di mia mamma e prelevo il mio scatolone: vado in camera e inizio a sistemare le cose sulla scrivania e sulle mensole.

La casa nuova comunque non mi piace. Anche se è abbastanza recente si trova al quarto piano di un palazzone grigio, è più piccola e meno luminosa di quella dove abitavamo prima. Le pareti sono tutte bianche come i soffitti, ci sono due stanze, una per me e una per mia mamma, un bagno e un soggiorno con angolo cottura. La cosa che mi ha colpito entrando è che non ha nessun odore. Per dirla tutta: mi ha colpito l’assenza di un odore definito.

Capitolo 1 6
@ @ @

Ha un solo balcone che dà su una strada stretta di fronte a un palazzo alto uguale.

C’è l’ascensore, ma la mamma dice che serve per le persone anziane e noi dobbiamo salire a piedi.

Le scale non hanno finestre ma profumano di pulito.

Sulla strada, un marciapiede asfaltato fa da contorno all’intero isolato e tutto intorno le macchine assediano le case. Di alberi non c’è traccia. Al massimo c’è qualche fioriera con delle specie di siepi verde smorte.

La strada è un viavai continuo di auto e motorini. Meno male che è a senso unico, altrimenti sarebbe stato rischioso anche uscire.

Quando siamo arrivati non pioveva e il cielo era color grigio topo. L’aria puzzava di gas di scarico.

E pensare che fino a un paio di giorni fa abitavamo in un appartamento al primo piano in una tranquilla casetta di due piani appena fuori dal centro di un paesino di provincia. Avevamo pure un pezzetto di prato, con in mezzo un ulivo, e vicino a casa c’era un grande parco giochi dove andavo con i miei compagni di scuola tutti i pomeriggi a giocare a pallone. In certi periodi dell’anno, girando per le vie del paese, si respiravano profumi di cose buone da mangiare. Ripieno per i tortellini soprattutto, la specialità del posto, una vera delizia.

Io non sarei voluto andare via, soprattutto perché il mio papà è rimasto a vivere là e nonostante non vivessimo più insieme da qualche anno potevo andare a trovarlo tutte le volte che volevo. Ora lo vedrò solo ogni quindici giorni.

Per non parlare dei miei compagni di scuola. Mi mancheranno parecchio, dato che qui non conosco nessuno.

Appena finito di portare gli scatoloni apro il portatile. Con questo tempo mi sa che è meglio farsi una partitella a tetris.

7 Home. E di nuovo cambio casa

– Marco, hai finito di sistemare? – mi chiede ancora mia madre dall’altra stanza.

– Sì, mamma…

– E adesso cosa stai facendo?

– Niente – rispondo intento a giocare.

– Cosa vuoi per cena?

Mia mamma è completamente negata per la cucina.

Senza accorgermene faccio una smorfia con la bocca, ma quando me la trovo di fianco mostro un sorriso falsissimo.

È poco più alta di me, eccessivamente magra, porta sempre i pantaloni, o almeno, io non l’ho mai vista con le gonne. Possibilmente indossa camicia o giacca, poco trucco, odora di henné che usa periodicamente per tingersi i capelli mossi, lunghi fin sopra le spalle.

– Dobbiamo festeggiare la nuova casa. Ordino due pizze? – propone.

“Già meglio” penso. Poi azzardo:

– Senti ma’. Possiamo fare l’abbonamento al WI-FI?

– Il WI-FI? E a cosa ti serve?

Tentenno.

– Per internet… Per fare le ricerche.

– Le ricerche si fanno sui libri – dice lei.

Cerco di ribattere:

– Sì, però, il papà ce l’ha…

– Quello che ha tuo padre non mi interessa! – puntualizza. – Qui per il momento non serve. Per le ricerche in internet puoi sempre andare in biblioteca.

– Ma qui non so dov’è – protesto.

Non capisco perché non la vuole; ormai ce l’hanno tutti. Anche nella mia classe di prima ero uno dei pochi che non aveva internet, per questo a volte mi sentivo…“diverso”.

– Lunedì quando andrai a scuola chiederai ai tuoi nuovi compagni dove si trova la biblioteca. Fine del discorso!

Capitolo 1 8

Poi cambia tono e chiede:

– Wurstel e patate?

– Sì... – acconsento malvolentieri.

– Che hai?

Potrei rispondere che non capisco perché non possiamo fare l’abbonamento al WI-FI, che ormai è una cosa che hanno tutti, come lo smartphone o l’antenna parabolica, che per questo mi sento inferiore ai miei compagni e rischio di essere tagliato fuori per sempre dal mondo dei normali, però rispondo solo:

– Nulla…

Mamma scuote la testa, prende lo smartphone e chiama

Pizza Express.

Siamo arrivati qui stamattina, non conosciamo ancora il quartiere e i ristoranti. La casa, la mamma l’ha trovata tramite agenzia. Per fortuna c’era il volantino della pizza a domicilio nella cassetta delle lettere.

Contrariato riprendo a giocare con il pc e la sento mentre parla al telefono.

– Marco?!

– Sì, mamma… – rispondo un po’ sbuffando.

– Come si chiama questa via?

– Ciro Menotti. Mi pare… Sì. Ciro Menotti – confermo senza entusiasmo.

– Grazie.

Mezz’ora dopo stiamo cenando con due pizze e due coche in mezzo agli scatoloni semivuoti.

Papà dice sempre che fare trasloco è come montare e smontare un piccolo circo. Nel nostro circo mancano i clown. Forse è per questo che da un pezzo non si ride più.

9 Home. E di nuovo cambio casa

Webmaster

C ambiare scuola, classe e compagni a fine gennaio non è la cosa migliore che si possa sperare.

La scuola è un edificio pesante, arancione e marrone, con grandi finestre che danno sulla strada. Si trova a circa un chilometro e mezzo dalla mia nuova casa, dalla parte opposta dell’isolato. È molto diversa da quella che frequentavo al paese.

Prima di tutto l’odore, un misto tra ospedale e convento.

Non so perché mi faccia venire in mente un convento dato che qui suore non ce ne sono, però quando sono entrato e ho annusato l’aria, è stata la prima cosa che ho pensato.

Poi mi è venuto in mente anche l’ospedale.

Dentro è grande. Decisamente grande.

E io mi sento piccolo piccolo.

È un po’come ricominciare da zero.

Mi hanno messo in seconda D. Su al secondo piano. Dalla finestra si vede il cortile interno e poi la facciata di un altro palazzo.

Dalla mia vecchia scuola si vedeva il profilo del castello scaligero. Sospiro.

– Ragazzi! Silenzio, ragazzi! – urla la prof riuscendo a ottenere un po’ di attenzione. – Vi presento Marco Borghesi. Da oggi è il vostro nuovo compagno di classe.

Guardo i miei nuovi compagni e trattengo il fiato. Mi sento completamente fuori posto. L’aria odora di sudore riscaldato. Al primo banco c’è una tipa che indossa una ma-

Capitolo 10
2

glietta con la scritta “sono una Truzza”, al suo fianco una che potrebbe essere sua sorella gemella, solo per come sono vestite. A sinistra della cattedra un misto di figure più o meno sullo stesso stile della tipa truzza. A destra della cattedra un gruppetto di metallari mi squadra dalla testa ai piedi. In fondo un paio di rapper.

Con la mia felpona, i jeans e le Superga basse mi vergogno un po’ per come sono vestito.

Veramente per Natale avevo chiesto un paio di All Star, ma sono arrivate queste: bisogna adattarsi.

– Ti abbiamo assegnato il banco in terza fila – dice la prof.

Scrollo le spalle e faccio finta di niente mentre mi dirigo ciondolando verso il banco.

Evito di guardarmi attorno.

– Aprite tutti l’Antologia a pagina sessantotto!

Mi lascio cadere sulla sedia e lentamente tiro fuori l’Antologia.

Il mio nuovo compagno di banco si chiama Dragan. Credo che sia un emo. L’unico in tutta la classe, forse è un po’ sfigato. Tra truzzi e metallari evidentemente non lo voleva vicino nessuno. Anche se al mio paese non ne ho mai visti, da come porta i capelli direi proprio che lo è.

– Ciao, io sono Marco, ma gli amici mi chiamano Borghetz.

– Ciao.

Parla poco Dragan.

Dopo due ore di Italiano si va in aula di Informatica e lì “si sbottona” un po’:

– Io sono quello che ha più amici di tutti.

Guardo Dragan con aria interrogativa. Non si direbbe che sia così popolare. Almeno nella sua classe. Faccio fatica a dire nostra, non la sento ancora mia.

11 Webmaster

– Qui dentro… – spiega e mi indica il pc.

– Ah, lì dentro…

Faccio di sì con la testa e comincio a pensare che il mio vicino di banco non abbia tutte le rotelle a posto.

Probabilmente ha ragione la mamma quando dice che emo è l’abbreviazione di scemo.

Evidentemente intuisce qualcosa.

– Ma cosa hai capito? Tu usi Instagram?

– No – rispondo.

– Facebook? Snapchat? Tik Tok? Twitch?

– No… – dico ancora. – Però ne ho sentito parlare.

– Ah. Ma ce l’hai almeno Whatsapp?

– Cos’è? – chiedo.

– Ma dove vivi?! Non sai nemmeno cos’è Whatsapp?

In breve mi rendo conto di essere l’unico che non ha il profilo su Instagram e non usa nessuno dei Social che qui usano tutti.

Starà pensando che sono vecchio o arretrato.

Provo un senso di umiliazione.

– Ma ce l’hai il computer a casa?!! – domanda Dragan a bruciapelo.

– Sì... – rispondo automaticamente. – Ma non ho la connessione a internet.

– Perché?

– Mia mamma dice che non serve.

– E per le ricerche come fai? – si informa lui bisbigliando.

– Di solito vado in biblioteca. A proposito, sai dov’è?

– Cosa?

– La biblioteca! – insisto.

Il mio compagno mi risponde distrattamente.

– Si trova al pianterreno, in fondo al corridoio, dopo la porta della preside.

– Non qui! Fuori!! – preciso io.

12 Capitolo 2

La chiacchierata viene bruscamente interrotta dalla prof di Informatica che ci riporta alla dura realtà.

@ @ @

Durante la ricreazione usciamo nel cortile interno della scuola.

All’ombra si sente un vago odore di muffa e umidità, al sole un odore di polvere e cemento.

Dragan parla sempre a un volume di voce bassissimo, quasi un sussurro che a volte si fa fatica a sentire. Anche se dice che in internet ha un sacco di amici qui lo schivano tutti.

La cosa però sembra lasciarlo indifferente. Tira fuori una specie di quadernino e si mette a disegnare.

– Che fai? – chiedo addentando il mio panino.

– Manga.

– Ah! – dichiaro interessato.

Poi comincia a parlare con un filo di voce sicché riesco a seguire solo qualche brandello di discorso, e mi distraggo a fissare gli altri ragazzi.

– Quello è Francesco…

Mi indica con la matita un ragazzo che si trova dalla parte opposta del cortile.

– … Lo scorso anno rubava le merende. Una volta mi ha persino rubato dei soldi.

Francesco è un rapper robusto, coi capelli color miele e la frangetta. Si trova a diversi metri da noi, ma evidentemente si accorge che lo stiamo guardando perché si dirige subito nella nostra direzione.

– Accidenti! – esclama Dragan e si affretta a mettere via il suo quadernino.

13 Webmaster

Nonostante la stazza Francesco è molto agile e si piazza rapidamente davanti a me con aria minacciosa.

Puzza di fumo.

– Cha hai da guardare? – dice lui.

– Niente – rispondo calmo.

– Tu mi stavi fissando – insiste il bullo.

– Perché?! Non ti stavo fissando.

– Sì invece!

Mi spintona. In un attimo ci troviamo avvinghiati e ci molliamo un sacco di pugni.

Primo giorno di scuola e già sono dalla preside. Un record!

Mi ritrovo con una nota sul libretto e smartphone sequestrato.

– Lo fanno sempre – mi spiega Dragan all’uscita.

– Così se vuoi recuperare lo smartphone devi mandare i tuoi genitori a parlare con la preside.

– E se non ci vanno? – chiedo io.

Lui si stringe nelle spalle.

– Si tengono i telefonini. Ne hanno un armadietto pieno.

– E cosa se ne fanno?

– Boh!

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A cosa stai pensando?

Xorro

Fai una domanda

Ho capito subito quello che stava per accadere. L’ho capito da come è partito Francesco verso quello nuovo.

– Adesso lo mena.

In un secondo ho tirato fuori lo smartphone e ho ripreso tutto. Oggi lo carico su youtube e lo condivido sul mio profilo Instagram. Francesco deve piantarla di fare il prepotente. Meno male che ci sono io!

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14 Capitolo 2
X

Nickname: Xorro

L a mamma non è molto contenta di com’è andato il mio primo giorno di scuola.

– Cosa ci facevi con lo smarphone a scuola?! – mi urla.

– Ma non lo stavo usando – reclamo.

– Allora perché te l’hanno sequestrato? – incalza lei.

– Dragan dice che lo fanno sempre, altrimenti i genitori non si presentano mai a parlare con la preside!

– E chi è Dragan? – insiste mamma.

– Il mio nuovo compagno di banco – dichiaro.

– Pazzesco! – esclama lei. – Comunque, visto che te l’hanno sequestrato, resterai senza! – sentenzia.

– Ma non sono stato io – piagnucolo. – Ha cominciato lui.

– Non mi interessa! Hai fatto proprio una bella figura… –ribatte mentre infila i piatti nella lavastoviglie.

– Però non posso stare senza smartphone – controbatto.

– Perché?

– Perché come faccio a parlare con papà?! Mi presti il tuo?

La mamma tace. Ha un’espressione cupa. Stringe i denti.

– Dovrei dirglielo… – annuncia seria avviando il programma di lavaggio.

– No. Ti prego. Per favore…

Lei mi scruta, poi inspira profondamente.

– D’accordo… Andrò a parlare con la preside e me lo farò restituire. Però tu da oggi in poi lo smartphone lo lascerai sempre a casa. Siamo intesi?

Capitolo 15 3

– Sì.

– Ora fila a fare i compiti, e per stasera niente tivù.

Stamattina a scuola mi guardano tutti in modo strano. Mi osservano e poi parlottano tra loro. Due ragazze che non conosco mi fanno ciao con la mano.

Io rispondo timidamente al saluto, poi infilo le mani in tasca e avanzo verso l’ingresso a testa bassa.

Dragan mi viene incontro raggiante.

– Ma che hanno tutti da guardare? – chiedo. – Sono così strano?

– Allora non sai niente?! – esclama lui.

– Cosa dovrei sapere?

Dragan incalza:

– Ieri Xorro ha pubblicato sul suo profilo Instagram un video della tua scazzottata con Francesco.

Credo di non aver capito bene, e domando conferma:

– Zorro?!

– Ma quale Zorro! Xorro! – insiste lui.

– Chi?

– Xorro, con la ics – precisa.

– Con la ics? – esclamo incredulo. – Che razza di nome è?

– Un nome in codice – sussurra il mio compagno di banco. – Una versione moderna di Zorro, ma più misteriosa…

– E chi è? – domando ancora.

– Non lo sa nessuno! Te l’ho detto: è un’identità segreta. Poi prosegue abbassando ulteriormente la voce:

– Ma deve essere uno della scuola.

– Come fai a dirlo? – azzardo io.

– Lo è per forza! Altrimenti come avrebbe fatto a riprenderti con lo smartphone?!

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Capitolo 3 @ @ @

Gli autori dei testi della collana “Il Mulino a Vento” sono disponibili a effettuare incontri con le classi interessate al progetto lettura, organizzati da scuole, librerie o altre istituzioni.

Per ogni informazione

www.ilmulinoavento.it

info@ilmulinoavento.it

Amicivirtu@li

FuturoPresente

Grazie a un video pubblicato in rete da uno sconosciuto, Marco, che ha appena traslocato con la sua famiglia, diventa subito popolare.

E per Dragan, Anna, Miliça e Francesco, i suoi nuovi compagni di scuola, Marco non è più invisibile. Ma a volte è meglio essere popolari o essere invisibili?

O meglio essere come Xorro, che grazie alla sua identità segreta si sente un supereroe?

E i supereroi, fino a quanto sono disposti a mettere a rischio la loro identità segreta per aiutare un vero amico in difficoltà?

Un romanzo che non smette di conquistare i ragazzi perché guarda al mondo dei giovani e alla tematica dei social in modo moderno e intrigante.

€ 9,50
Edizione riveduta e aggiornata
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