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Professione e fisco

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COMPONENTI C. N. A. P. P. C. Arch. Massimo Gallione, Presidente Arch. Simone Cola, Vice Presidente Vicario Arch. Luigi Marziano Mirizzi, Segretario Arch. Luigi Cotzia, Vice Presidente Arch. Nevio Parmeggiani, Vice Presidente Arch. Gianfranco Pizzolato, Vice Presidente Arch. Giuseppe A. Zizzi, Tesoriere Arch. Matteo Capuani Arch. Pasquale Felicetti Arch. Miranda Ferrara Arch. Leopoldo Emilio Freyrie Arch. Paolo Pisciotta Arch. Domenico Podestà Arch. Pietro Ranucci Arch. iunior Marco Belloni FISCO E PROFESSIONE GRUPPO DI LAVORO: Arch. Giuseppe Antonio Zizzi Consigliere Tesoriere, responsabile D.C.A. Arch. Laura Gianetti Presidente Consiglio dell’Ordine di Varese Arch. Luca Storoni Presidente Consiglio dell’Ordine di Pesaro Urbino Arch. Gennaro Napolitano Tesoriere Ordine di Napoli Dott. Alessandro Galli Consulente fiscale C.N.A.P.P.C. Dott.ssa Elisabetta Fiale Consulente legale C.N.A.P.P.C.

Copertina Mariangela Savoia Impaginazione e stampa Grafiche Finiguerra - Lavello Prima edizione - novembre 2010 Casa Editrice Libria - Melfi tel/fax +39 (0)972 236054 e-mail: ed.libria@gmail.com www.librianet.it


L I B R I A


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PRESENTAZIONE

È di tutta evidenza l’utilità di un rinnovato testo sui temi fiscali inerenti la nostra professione proprio in particolare in questi tempi di prolungata e profonda crisi economica. Questa opportunità viene infatti evidenziata sia dall’approfondimento di tematiche spesso lontane dal carattere precipuo di temi architettonici, sia, altrettanto, dal volere dare una lettura semplificata, ma precisa ed attenta, ad una materia che nel tempo si è fatta sempre più complessa. Dal punto di vista etico, infatti, la professione di architetto, non coincide solo con l’architettura o l’urbanistica, ma con una molteplicità di aspetti tecnici, operativi, normativi ed appunto nel nostro caso, con quelli fiscali; tali aspetti, che se da un certo punto di vista stanno travalicando la soglia di una ragionevole “normalità”, sono diventati oramai pane quotidiano della nostra professione. Il non averli appresi nel corso dei nostri studi universitari, non rappresenta una giustificazione ad escluderli dalla professione. Senza voler scomodare Vitruvio è comunque da almeno due millenni che il nobile mestiere dell’Architetto è giustamente inteso non solo come attività che conosce astrattamente di architettura e di urbanistica, ma soprattutto che sa mettere in pratica queste arti e queste tecniche tramite il proprio lavoro ed, ovviamente, tramite una oculata e sicura conduzione del proprio studio. Compito del Consiglio Nazionale è, quindi, anche trasmettere e diffondere conoscenze, unificare condizioni ed interpretazioni agli Ordini ed agli iscritti per rendere sempre più sicura e trasparente anche la gestione dei nostri studi e, quando è possibile, per semplificare ragionevolmente le nostre attività. La nostra comune politica è che proprio tali attività devono tendere ad essere sempre più concorrenziali su nuovi mercati e la logica conseguenza è quindi ottimizzare “costi e produzione”. Nel ringraziare il tesoriere arch. Zizzi, ed il suo gruppo di lavoro, di questa preziosa ed attenta opera di aggiornamento di una materia non certo facile, ci auguriamo che l’impiego di questo testo possa essere di grande utilità per tutti i nostri colleghi. MASSIMO GALLIONE

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INTRODUZIONE

L’attenzione rivolta a questo nuovo lavoro sul “sistema” fiscale professionale ci è sembrata necessaria e puntuale per scavare ogni ambito nascosto, non già per offrire modalità “contro legge” o parametri elusivi, e per suggerire, specie a chi avrà voglia e curiosità per saperne di più, o affrontare per la prima volta problemi spesso di grande importanza ai fini di una corretta modalità con cui complessivamente viene svolta l’attività professionale, adeguate adesioni e scelte. Gli argomenti analizzati sono stati molteplici e sono stati individuati nelle loro caratteristiche essenziali e nelle loro proprietà applicative, tanto che il testo, predisposto anche con una serie di tabelle e di esempi di riferimento risulta una guida ed un riferimento a riscontro di tutto ciò che riguarda il mondo della fiscalità. Il modo con cui il lavoro professionale si rapporta col mondo del mercato è cambiato negli ultimi anni ed ogni attività viene condizionata da tutti i sistemi che con essa si relazionano. È importante fare molta attenzione alle scelte con cui si individuano i processi della produzione di reddito perché da essi dipendono una serie di comportamenti con cui viene gestito il proprio modello tributario. Le modifiche che continuamente vengono elaborate dal sistema di controllo fiscale – Agenzie delle Entrate – spesso mettono in crisi il corretto proporsi del professionista che dinanzi a modelli di controllo quasi ossessivo – studi di settore, redditometro, Serpico, ecc. – si sente osservato quale potenziale elusivo od evasivo. Molti colleghi hanno chiesto e sollecitato di analizzare questi ultimi anni di “storia fiscale”, perciò con i componenti la Commissione che ha lavorato con me, crediamo di avere svolto, attraverso questo testo, un lavoro, certo non esaustivo, comunque affrontato con entusiasmo, nella consapevolezza di avere offerto uno strumento utile. GIUSEPPE ANTONIO ZIZZI

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Capitolo I PRESUPPOSTI DELL’ATTIVITÀ PROFESSIONALE

Aspetti generali – Redditi di lavoro autonomo Per reddito di lavoro autonomo s’intende il reddito derivante dall’esercizio d’attività lavorative diverse da quelle d’impresa o di lavoro dipendente. Elementi caratterizzanti sono: l’autonomia (rispetto al lavoro dipendente) e la natura intellettuale (rispetto all’attività d’impresa). Dal punto di vista del profilo civilistico si fa riferimento al contratto d’opera (art. 2222 c.c.) e alla prestazione d’opera intellettuale (art. 2230 c.c.): infatti, il soggetto si obbliga, dietro corrispettivo e senza vincolo di subordinazione (autonomia), ad eseguire un servizio od un’opera nei confronti del committente con lavoro prevalentemente proprio. La lettura degli articoli 2231-2238 del Codice Civile, concernenti, per l’appunto, il contratto avente per oggetto la prestazione d’opera intellettuale, nonché l’interpretazione degli stessi fornita dalla dottrina e dalla giurisprudenza, permettono di evidenziare le seguenti caratteristiche ritenute tipiche del contratto in questione: § La prestazione deve necessariamente avere carattere intellettuale. § L’intellettualità, cioè l’impegno dell’intelligenza e della cultura in misura prevalente rispetto all’eventuale attività materiale o manuale, è l’elemento essenziale dell’attività del professionista. § Il rapporto che si instaura tra il professionista ed il cliente è di tipo fiduciario, basandosi sull’intuitus personae, ossia sulle qualità professionali del professionista, più che sull’organizzazione e la struttura dello studio. Da ciò consegue che la prestazione professionale è personale e non delegabile, come prevede l’art. 2232 del codice Civile. § Il professionista gode di discrezionalità e d’autonomia nell’effettuazione della prestazione. § Il contratto è a titolo oneroso, convenuto dalle parti, sempre nel rispetto delle tariffe professionali stabilite dai Ministeri Competenti e dagli Ordini Professionali. Sotto il profilo fiscale vi sono tre tipologie di lavoro autonomo: § Attività artistiche e professionali; esercitate in modo professionale e abituale, così come indicato dal comma 1 dell’art. 49 del Tuir. § Altre attività di lavoro autonomo; esercitate in modo abituale ma non professionale: i cosiddetti contratti a progetto. § Attività di lavoro autonomo occasionale; esercitate in modo non abituale e non professionale. 9


Il professionista, che ha superato l’esame di stato per l’abilitazione all’esercizio della professione e si è iscritto all’Albo professionale, se svolge l’attività professionale, così come previsto dal proprio ordinamento, si considera esercente attività professionale, ai sensi dell’art. 5 del DPR 633 26/10/1972 e ai sensi dell’art. 49 del DPR 22/12/1986 n. 917.

Presupposto dell’imposta sui redditi e sul valore aggiunto

La singola prestazione occasionale d’attività della professione di architetto, pur essendo soggetta all’obbligatoria iscrizione all’Ordine, pena il configurarsi di esercizio abusivo della professione, potrebbe non richiedere il possesso di partita IVA. L’attività professionale nel nostro ordinamento fiscale è inquadrata in due importanti articoli: art. 49 del DPR 22/12/1986 n. 917 comma 1 e art. 5 del DPR 633/1972. Ai sensi dell’art. 5 del DPR 633, “per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche ovvero da parte di società semplici o associazioni senza personalità giuridiche costituite da persone fisiche per l’esercizio in forma associata delle attività stesse; ai sensi del comma 1 art. 49 del Tuir, “Sono redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall’esercizio di arti e professioni. Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diverse da quelle considerate nel capo VI, compreso l’esercizio in forma associata (…).” È importante capire il concetto di “abituale.” L’iscrizione all’Albo non comporta di per sé l’obbligo d’apertura della posizione IVA: – l’art. 5 e l’art. 49 citati, richiedono l’esercizio effettivo di un’attività, mentre è noto che negli Albi figurano anche soggetti che, in effetti, non esercitano la professione, bensì mantengono l’iscrizione. Entrambe le norme tributarie si riferiscono al concetto di abitualità, non facendo dipendere tale circostanza da elementi di fatto oggettivamente riscontrabili, quali un determinato ammontare dei compensi percepiti, la durata della prestazione o l’elemento organizzativo (es. studio, attrezzature, dipendenti). Il termine abituale, nel contesto degli articoli 49 e 51 del DPR 917/86 e degli articoli 4 e 5 del DPR 633/72, è esclusivamente abbinato al termine professionale. Per analogia si ricorda un principio costante seguito dalla Corte di Cassazione, secondo cui, indipendentemente dall’elemento organizzativo, la 10


qualifica d’imprenditore in campo fiscale può determinarsi anche dall’esistenza di un solo affare, in considerazione delle molteplici e sistematiche operazioni che la sua realizzazione comporta. – La circolare 7/1496 del 30/04/1977 del Ministero delle Finanze testualmente afferma “(…) per attività svolta in forma abituale deve intendersi un normale e costante indirizzo dell’attività del soggetto che viene attuata in modo continuativo: deve cioè trattarsi di un’attività che abbia il particolare carattere della professionalità”. – Il Ministero delle Finanze con la Risoluzione n. 550975 del 21/11/1989, confermata dalla Risoluzione n. 551241 del 21/02/1990, ha escluso l’assoggettamento ad Iva della prestazione di un architetto, dipendente della Soprintendenza ai Monumenti, svolta in un periodo di due anni per la direzione dei lavori del restauro di un museo, adducendo la carenza del requisito dell’abitualità. – La decisione del 10/10/1990 sez. XVI della Commissione Tributaria Centrale ha affermato che la prestazione, modesta e non ripetuta, resa da un geometra che non abbia mai esercitato l’attività professionale, non è soggetta ad Iva per carenza del requisito dell’abitualità. Tale presupposto, ovviamente, può essere riscontrato anche nella figura professionale dell’architetto. In contrapposizione a quanto enunciato, nella risposta n. 13 del maggio 1997, a seguito di apposita domanda, il Ministro delle Finanze afferma che si è sempre in presenza di reddito da lavoro autonomo, in senso proprio, quando il prestatore d’opera è iscritto ad un Albo professionale o in possesso di un titolo abilitante. Lo svolgimento di una prestazione da parte di un soggetto iscritto all’Albo integra un elemento sintomatico che, lungi dal costituire il fatto su cui poter unicamente fondare una presunzione d’abitualità, eventualmente potrebbe rappresentare un indizio, in quanto il soggetto, essendo iscritto all’Albo, sembra dimostrare fino a prova contraria, di essere programmaticamente rivolto alla professione. Nel contesto delle norme sopra citate, l’elemento dell’abitualità, abbinato a quello della professionalità, indica esplicitamente un’attività caratterizzata da ripetitività, regolarità, stabilità e sistematicità di comportamenti. Per contro il significato di occasionale, riferito alle attività commerciali o di lavoro autonomo, traduce i caratteri della contingenza, dell’eventualità e della secondarietà. In sostanza, la verifica deve essere effettuata caso per caso, non essendo possibile trovare una soluzione a priori.

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Presupposto dell’imponibilità IVA – Territorialità Il D.Lgs. approvato il 22 gennaio 2010 – di recepimento della Direttive n. 2008/8/CE, n. 2008/9/CE e n. 2008/117/CE – ha modificato numerose disposizioni del D.P.R. n. 633/1972 e del D.L. n. 331/1993 per uniformare la disciplina nazionale a quella comunitaria; è stato, in particolare, completamente rivisitato l’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972 in materia di territorialità. Il criterio di territorialità per le prestazioni generiche (che sono quelle dell’architetto) prevede che sono rilevanti in Italia e quindi con IVA al 20% se rese a soggetti passivi stabiliti in Italia o se rese a committenti non soggetti passivi sia comunitari che extracomunitari. Inoltre, le prestazioni di servizio svolte verso un soggetto passivo intra UE o extra UE si qualificano come “operazioni non soggette a Iva”, per le quali va emessa fattura senza applicazione dell’imposta Iva ai sensi dell’art. 7-ter del D.P.R. 633/1972, se è intra UE bisogna riportare il numero della partita IVA del committente. Tab. 1 - Nuove regole per le prestazioni di generiche servizi

Anno 2010

Prestatore del servizio IT soggetto passivo

Committente del servizio IT soggetto passivo

IVA in Italia

Regola

Sì (20%)

Luogo di stabilimento del committente

IT Sì (20%) privato consumatore

Luogo di stabilimento del prestatore

UE - Extra UE soggetti passivi

No

Luogo di stabilimento del committente

UE - Extra UE privati consumatori

Sì (20%)

Luogo di stabilimento del prestatore

Per soggetti passivi si intende: • soggetti esercenti attività di impresa, arte o professione (le persone fisiche solo per le prestazioni ricevute in relazione a tali attività); • enti e associazioni esercenti attività commerciale o agricola, anche quando agiscono al di fuori dell’esercizio di tali attività; • enti, associazioni e altre organizzazioni non soggetti passivi, identificati ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (cioè titolari di partita Iva).

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Adempimenti all’inizio dell’attività Tutti i soggetti che intraprendono l’esercizio di un’attività professionale, commerciale, imprenditoriale o artigianale – attività che rientrano nel campo di applicazione dell’IVA – devono assolvere una serie di adempimenti per dare inizio, regolarmente, alla propria professione, nel rispetto delle norme fiscali ed ai fini dell’imposizione diretta e indiretta. – Iscrizione all’Albo professionale L’attività professionale dell’architetto, essendo cosiddetta “protetta o controllata”, è condizionata all’iscrizione nell’Albo professionale. Pertanto si ribadisce che, solo dopo aver superato l’esame di stato e sì è iscritti all’Albo professionale, il professionista può svolgere l’attività. – Dichiarazioni di inizio attività Iva Il professionista, che intende svolgere l’attività professionale, deve comunicarlo, entro 30 giorni, all’Agenzia delle Entrate in base al proprio domicilio fiscale o alla sede legale dell’associazione, con apposito modello approvato (mod. AA7/10 oppure AA9/10, a seconda che si tratta di singoli professionisti o delle relative associazioni). L’inizio dell’attività, inoltre, può avvenire anche attraverso trasmissione per via telematica del modello, tramite i soggetti intermediari abilitati di cui all’art. 3 comma 3 DPR 22/07/1998 (dottore commercialisti, ragionieri e altri intermediari autorizzati). Contemporaneamente alla presentazione del modello, è attribuito al contribuente un numero da utilizzare in ogni dichiarazione e da apporre su qualunque documento fiscale: il numero di partita Iva. I principali dati da indicare sul modello di inizio attività Iva sono i seguenti: Data di inizio attività. L’attività s’intende iniziata al momento dell’effettuazione della prima operazione, attiva o passiva; pertanto è necessario dichiarare l’inizio attività anche qualora si sostengano spese preordinate e finalizzate all’esercizio dell’attività professionale. Infatti, solo per gli acquisti effettuati dopo tale data è ammessa la detrazione dell’Iva; Codice attività (71.11.00 studi di architettura); Domicilio fiscale, coincide con la residenza anagrafica; Sede dello studio; Scritture contabili: bisogna indicare il luogo in cui sono conservate; può essere la sede dello studio o il domicilio fiscale presso terzi (es. il commercialista); Opzione per la liquidazione trimestrale: il professionista può optare per il versamento trimestrale dell’Iva, con la maggiorazione dell’1%, piuttosto che mensile, purché non abbia un volume d’affari presunto superiore ad euro 309.874,14. Nel caso in cui tale limite sia superato, il versamento è sempre mensile. Coloro che affidano la contabilità a terzi possono optare per liquidazione dell’Iva mensile, sulla base delle operazioni registrate il secondo mese precedente; 13


Scelta del regime contabile: opzione per la contabilità ordinaria semplificata o dei regimi fiscali agevolativi, di cui si parlerà più avanti. Comunque il DPR 442 del 10/11/1997 ha previsto che le opzioni, o revoche, di determinazione dell’imposta e dei regimi contabili, si desumono dai comportamenti concludenti tenuti dal contribuente. – Predisposizione dei registri contabili – a seconda del regime contabile Contestualmente all’inizio attività, il professionista deve predisporre i registri contabili senza alcuna vidimazione, avendo l’art. 8 della legge 18/11/01 soppresso l’obbligo della loro bollatura e vidimazione. Per chi sceglie il regime contabile dei minimi non è obbligatorio istituire i registri contabili. Tale documentazione va conservata per dieci anni. – Studio Associato L’atto costitutivo e lo statuto dello studio associato, nonché gli eventuali atti di modifica, devono essere registrati entro 20 gg. dalla loro stipula, presso l’Ufficio del Registro, con pagamento dell’imposta in misura fissa (€ 168,00). – Apertura della posizione previdenziale Il professionista è obbligato ad iscriversi alla Cassa di previdenza degli ingegneri e architetti (INARCASSA), coesistendo due presupposti di base: l’iscrizione all’Albo e l’apertura della partita Iva. Per coloro che hanno già altre forme di previdenza obbligatorie (lavoratori dipendenti), non è consentito l’iscrizione alla Cassa, ma devono, comunque, iscriversi alla gestione separata dell’INPS, pagando la contribuzione prevista. – Denuncia ai fini delle imposte comunali L’inizio dell’attività va, altresì, denunciato presso l’Ufficio Tributi del comune ove ha sede lo studio professionale, ai fini della tassa rifiuti solidi urbani e dell’eventuale tassa sulla pubblicità. L’art. 10 della legge 28/12/2001 n. 488 ha, infatti, esentato dall’imposta sulla pubblicità tutte le insegne di superficie fino a 5 mq, con decorrenza 1° gennaio 2002 sempre che le targhe professionali siano conformi – quanto a ubicazione, superficie e tipo di messaggio – ai requisiti di legge. – Denuncia per i dipendenti In caso di inizio attività con assunzione di dipendenti, si devono aprire le posizioni previdenziali (Inps) e assicurative (Inail) per i dipendenti stessi, con la predisposizione e vidimazione del libro unico sul lavoro. – Posta elettronica certificata Il D.L. 29/11/2008 n° 185 – convertito nella L. 28/01/2009 n°2 (“Anti crisi”) ha previsto l’obbligo, per le società di capitali, per le società di persone e per i professionisti iscritti in Albi o elenchi e le Pubbliche amministrazioni, di dotarsi di una casella di posta elettronica certificata (PEC). I professionisti hanno l’obbligo di comunicare l’indirizzo PEC al proprio ordine professionale. 14


Tab. 2 - Inizio attività: riepilogo adempimenti ADEMPIMENTI

- dichiarazione di inizio attività Iva (con rilascio di numero partita Iva e attribuzione del conto fiscale) - iscrizione Inail del professionista - denuncia di inizio attività presso Camera di Commercio - registrazione atto costitutivo e statuto presso l’Ufficio Imposte - deposito atto costitutivo e statuto presso l’Ufficio Imposte - comunicazione alla Cassa Nazionale di Previdenza (INARCASSA) - iscrizione alla gestione previdenziale separata INPS per professionisti non iscritti alla propria Cassa di previdenza - denuncia presso Ufficio Tributi del comune ai fini della tassa rifiuti - denuncia presso Ufficio Tributi del Comune ai fini dell’imposta sulla pubblicità (per eventuale esposizione insegne superiore a 5 mq) - adempimenti in presenza di personale dipendente - predisposizione dei registri contabili - Posta elettronica certificata PEC - adempimenti relativi alla Privacy

PROFESSIONISTA

STUDIO

INDIVIDUALE

ASSOCIATO

SI entro 30 gg. dall’inizio attività NO

SI entro 30 gg. dall’inizio attività NO

NO

NO

SI

SI

SI

SI

SI se non esonerati

SI se non esonerati

SI

SI

SI

SI

SI

SI

SI SI SI

SI SI SI

L’esercizio dell’attività in forma associata – Statuto e atto costitutivo di una associazione tra professionisti L’attività professionale, oltre che singolarmente, può svolgersi anche in forma comune con più professionisti. La disciplina che regola l’attività professionale esercitata in forma associata è, ancora oggi, individuata nelle forme contenute nella legge n. 1815 del 23/11/1939. In particolare nell’art. 1 è stabilito: “che le persone munite dei necessari titoli di abilitazione, ovvero autorizzate all’esercizio di specifiche attività, le quali si associano per l’esercizio della professione o delle altre attività per cui sono abilitate o autorizzate, debbono usare, nella denominazione del loro ufficio e nei rapporti 15


con i terzi, esclusivamente la dizione di studio tecnico, legale, commerciale, contabile, amministrativo o tributario, seguita dal nome e cognome, con i titoli professionali, dei singoli associati”. L’atto associativo è, nella sostanza, una scrittura privata tra i professionisti partecipanti, i quali, con l’atto, esprimono la volontà di esercitare in comune la professione e ne stabiliscono contestualmente le condizioni d’attuazione; non è obbligatorio l’apporto di un patrimonio iniziale anche se è necessario in piccola parte per sostenere le spese di costituzione. La costituzione dell’associazione deve essere comunicata all’Albo professionale provinciale al quale sono iscritti i singoli associati. Ai fini fiscali è richiesto, inoltre, che l’atto assuma la forma di un atto pubblico, o di una scrittura privata autenticata nelle forme da un notaio, il quale assume l’obbligo della registrazione entro 20 giorni, con il pagamento della relativa imposta di registro di euro 168,00. La natura giuridica di tale istituzione non è ancora ben chiara; di sicuro non è un soggetto con personalità giuridica. La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 2555/87, ha definito il contratto che lega più professionisti un contratto associativo atipico. L’unico tipo di società alla quale è possibile, sulla base della legge n. 1815 e del codice civile, far riferimento per le forme associative fra professionisti intellettuali, risulta la società semplice, regolata dagli art. 2251 e ss cod. civile. Ancora la Cassazione con Sentenza Sez. 2, n. 15633 del 10/07/2006 ha affermato che “l’associazione tra professionisti non configurandosi come centro autonomo di interessi dotato di propria autonomia strutturale e funzionale, né come ente collettivo, non assume la titolarità del rapporto con i clienti, in sostituzione, ovvero in aggiunta, al professionista associato”. Gli aspetti principali dal punto di vista fiscale sono i seguenti: § I redditi prodotti dallo studio associato sono redditi di lavoro autonomo; pertanto, ai fini della determinazione, valgono le stesse regole del professionista singolo; § Lo studio associato ha una propria partita Iva, sostiene le spese dell’attività ed è intestatario delle fatture per i compensi; § I redditi prodotti dall’associazione saranno imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, e si presumono proporzionati al valore dei conferimenti, se non è diversamente stabilito con atto pubblico o scrittura privata autenticata; questi ultimi possono essere redatti entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi. Se il valore dei conferimenti non è determinato, le quote di partecipazione si presumono uguali; § Le dichiarazioni e gli accertamenti avvengono in capo allo studio associato che, però, non è soggetto passivo dell’imposta IRPEF, poiché, il reddito è ripartito tra gli associati. Lo studio associato è soggetto al pagamento dell’imposta Irap; § Il reddito della società è soggetto a ritenuta d’acconto IRPEF; tale ritenuta è attribuita agli associati in base alle quote di partecipazione; 16


§ Inoltre dai redditi prodotti dal 2009, l’Agenzia delle entrate, con la circolare del 14.04.10 ha consentito che i soci di società di persone e di studi associati, una volta utilizzate nella propria dichiarazione le ritenute d’acconto imputate dal soggetto trasparente, possono ritrasmettere alla società/associazione professionale l’eventuale eccedenza al fine di permettere a queste l’utilizzo in compensazione in F24. È richiesto il preventivo assenso dei soci/associati, con atto avente data certa; § Non si applicano i regimi delle nuove iniziative e quello dei minimi; § Le eventuali perdite sono attribuite agli associati in proporzione alle quote di partecipazione dal reddito complessivo, ma non possono essere riportate negli anni successivi; § Per quanto riguarda i componenti positivi e negativi dei redditi sono gli stessi del singolo professionista; in relazione ai costi dell’autovettura è consentito un solo veicolo per ogni associato. Un discorso a parte meritano le Società tra professionisti. La costituzione di società tra professionisti è stata espressamente vietata dall’art. 2, legge n. 1815 del 1939; tale divieto si è fondato per lo più su ragioni politiche che giuridiche-economiche. Per tale motivo il citato articolo ha subito nel corso di questi anni una progressiva revisione, fino ad arrivare alla sua completa abrogazione attraverso l’art. 24, L. 266/1997 (legge Bersani). Il regolamento che, ai sensi del comma 2 dell’art. 24, avrebbe dovuto, entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge, disciplinare i requisiti della società tra professionisti non è stato tuttavia ancora approvato. Nel frattempo vi sono stati interventi parziali sulla materia. Nel 2001 è stata ammessa la costituzione di società tra avvocati, introdotta dal D.lgs. 2 febbraio 2001, n. 96. Nel 2006 vi è stato un ulteriore intervento legislativo ad opera del D.L. 223/2006 (cd. Decreto Bersani 2), convertito in L. 248/2006 che ha consentito la prestazione di servizi professionali interdisciplinari da parte di società di persone oppure di associazioni tra professionisti. Ad esempio, la medesima società potrà offrire congiuntamente ai clienti, consulenza legale e assistenza fiscale. Sono abrogate, infatti, le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono, con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali, il divieto di fornire all’utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti, fermo restando che l’oggetto sociale relativo all’attività libero-professionale deve essere esclusivo, che il medesimo professionista non può partecipare a più di una società e che la specifica prestazione deve essere resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria personale responsabilità. La liberalizzazione dell’esercizio delle attività professionali sottoforma di società di persone era già operante ed alcune categorie professionali sono già da 17


tempo disciplinate in tal senso con apposita normativa, come quella degli ingegneri e degli avvocati. Rimane ancora il divieto di esercizio delle attività professionali nella forma di società di capitali. Dunque, fintantoché il previsto regolamento non sarà emanato, l’interprete dovrà muoversi con la massima prudenza, diviso tra l’aspettativa di una potenziale declaratoria di nullità dello statuto di una società di professionisti, per indeterminatezza dell’oggetto, e la declaratoria di piena ammissibilità, laddove, in virtù di un’interpretazione analogica della vigente normativa, esso rispetti i parametri minimi di tutela del terzo (personalità dell’esecuzione della prestazione, responsabilità illimitata e personale del professionista abilitato). Si fa presente che l’Agenzia delle Entrate risoluzione n.118/E del 28 maggio 2003, considera il reddito prodotto dal nuovo modello societario, previsto per la professione di avvocato, come reddito di lavoro autonomo, in quanto, ad esso, si applica la disciplina dettata per le associazioni senza personalità giuridica tra persone fisiche per l’esercizio in forma comune di arti e professioni. I compensi corrisposti alla società tra professionisti sono, inoltre, soggetti a ritenuta d’acconto. La legge sugli appalti pubblici 109/1994, ha introdotto una nuova figura di associazione, qualificata come: “raggruppamento temporaneo di professionisti” la relativa disciplina è posta attualmente dall’art. 37 del D.lgs. 12.04.06, n. 163, come modificato dal D.lgs. n. 113/2007, dal D.lgs. n. 152/2008 e dalla legge n. 69/2009. La ragione principale di tale organismo è di consentire la partecipazione alle gare per appalti pubblici a più professionisti, associatisi per quell’appalto specifico. Ai fini fiscali, il raggruppamento è un organismo senza alcuna soggettività tributaria (i singoli professionisti fatturano singolarmente all’ente pubblico), né tantomeno, può implicare la costituzione di un ente societario. In definitiva il raggruppamento opererebbe esclusivamente nei confronti dell’ente appaltante ai fini dell’aggiudicazione della gara, non implicando alcun effetto nei confronti dei terzi.

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ATTO COSTITUTIVO DI ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE (L. 1815 del 23.11.1939)

Con la presente scrittura privata, che rimarrà in deposito presso il notaio che procederà all’autentificazione delle firme, – l’arch…………………………………………………………………………. nato a …………………………….………. il………………………….………. residente in……………………………. C.F. ………………………………… – l’ing…………………………………………………………………………… nato a …………………………….………. il………………………….………. residente in……………………………. C.F. ………………………………… – il geom……………………………………………………………………….. nato a …………………………….………. il………………………….………. residente in……………………………. C.F. ………………………………… Premesso che – l’arch………..l’ing……….. il geom………, attualmente esercitano l’attività professionale individuale e sono iscritti nei rispettivi albi professionali; – è loro intenzione, con il presente atto addivenire alla creazione di uno studio interprofessionale associato per l’esercizio della professione di ciascun associato e per il coordinamento delle prestazioni professionali di ognuno. Ciò premesso, che è parte integrante del presente atto, si conviene quanto segue: Art. 1 l’arch………..l’ing……….. il geom………con la presente scrittura si associano per l’esercizio in comune delle rispettive attività professionali, per le quali sono abilitati, nonché per coordinare le loro differenti attività professionali, costituendo un’associazione professionale denominata “Studio tecnico associato di architettura dell’arch………..l’ing……….. il geom………” di seguito indicato, per brevità, “Studio associato”. Art. 2 La sede legale dello Studio associato viene stabilita in …………con foro competente di………. Art. 3 Lo scopo, il patrimonio, le norme sul’ordinamento e sull’amministrazione, i diritti e gli obblighi degli associati e le condizioni della loro ammissione, nonché quelle relative all’estinzione dello “Studio associato” e alla devoluzione del patrimonio, sono stabilite nello statuto, che, previa lettura, si allega sotto la lettera A della presente scrittura e ne costituisce parte integrante e sostanziale. Art. 4 Il fondo iniziale dello Studio associato è fissato in €……………… Che viene versato nella cassa dello Studio associato nelle seguenti misure: – l’arch, per € – l’ing per € – il geom per € Art. 5 Le spese del presente atto e quelle che seguiranno sono a carico dello Studio associato. 19


STATUTO DI ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE

L’architetto X, l’ingegnere Y, il Geometra Z iscritti ai rispettivi ordini ed esercitanti individualmente la libera professione, con il presente atto si associano per esercitare in comune la professione, costituendo la Associazione professionale “Studio tecnico associato dell’architetto X, dell’ingegnere Y, del geometra Z” con sede in ………………………… Le norme sull’ordinamento, sul patrimonio e sull’amministrazione, i diritti e gli obblighi degli associati, sono stabiliti negli articoli seguenti. Il fondo iniziale dello Studio tecnico associato è di € ……………………….. (in lettere) che viene versato nei seguenti importi: – architetto X: €………….. – ingegnere Y: €………….. – geometra Z: €………….. art. 1 (costituzione) È costituita un’associazione tra professionisti denominata “Studio tecnico associato dell’architetto X, dell’ingegnere Y, del geometra Z” art. 2 (sede) La sede dello Studio associato viene stabilita in……………….. ed il relativo foro competente è……… L’indirizzo può essere variato con delibera unanime degli associati e potranno essere istituiti uffici in Italia e all’estero. art. 3 (oggetto) Oggetto dell’associazione è lo svolgimento in forma associata della professione degli associati e di quelle attività di lavoro autonomo ad essa connesse, come ad es. il coordinamento delle prestazioni intellettuali, anche proprie di abilitazioni diverse. L’associazione può svolgere ogni attività utile al raggiungimento dello scopo sociale e quindi: – acquisire e gestire beni mobili ed immobili ed eseguire operazioni mobiliari, immobiliari e finanziarie; – aprire conti correnti bancari, contrarre mutui e compiere ogni operazione finanziaria (con privati o istituti di credito) per procurarsi i mezzi per lo svolgimento della propria attività. Sono escluse le attività di impresa ed ogni altra attività vietata agli associati per legge, quali credito ed assicurazione. art. 4 (mezzi) Tutte le operazioni di finanziamento dell’attività dell’associazione in ogni forma prevista dalla legge devono essere caratterizzate dalla massima trasparenza e chiarezza (finanziamenti da parte di privati, operazioni immobiliari…) nei confronti della committenza. 20


L’associazione non può, infatti, senza esplicito consenso del committente essere compartecipe (in forma collettiva o relativa al singolo associato) nelle Imprese costruttrici o nelle Ditte fornitrici dell’opera progettata o diretta per conto del committente. L’associazione è tenuta ad informare la committenza nel caso di ideazione o brevetto di procedimenti costruttivi, materiali, componenti ed arredi (effettuati in forma collettiva o dal singolo associato) proposti per lavori progettati o diretti. art. 5 (associati) Possono essere associate le persone che sono iscritte all’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori, all’Ordine degli Ingegneri o al Collegio dei Geometri o ad Ordini e Collegi di altre professioni tecniche e che hanno ottenuto il gradimento di tutti gli associati (es: Agronomi, Geologi, Commercialisti, Avvocati, etc…). Nei limiti e nei modi previsti dalla legge possono essere ammessi a collaborare, all’interno dell’associazione, praticanti e altri collaboratori non subordinati. art. 6 (attività) Gli associati svolgono la loro attività professionale esclusivamente nell’ambito dell’associazione, salvo quanto previsto nell’art. 11. L’associato assolve personalmente, nell’ambito dell’associazione la prestazione professionale. Durante lo svolgimento dell’incarico può farsi rappresentare e coadiuvare da collaboratori, ausiliari o dipendenti dell’associazione, comunque sempre sotto la propria responsabilità e direzione e nei casi in cui ciò sia compatibile con la natura dell’incarico. Gli associati sono tenuti al segreto, alla riservatezza sulle attività professionali e al rispetto delle norme di deontologia; essi devono adoperarsi perché tali doveri siano rispettati anche da collaboratori, ausiliari e dipendenti dell’associazione. art. 7 (competenze professionali) L’attività di ogni singolo associato deve essere svolta nel rispetto delle singole competenze professionali, che derivano dal titolo professionale posseduto e in osservanza delle norme di legge e delle norme di deontologia professionale. Nel caso di professionisti appartenenti ad albi con norme deontologiche diverse, deve essere applicata quella più restrittiva. art. 8 (incarichi) All’atto dell’ingresso nell’associazione, l’associato deve conferire alla stessa tutti gli incarichi e mandati professionali dei quali è titolare. Deve inoltre dare notizia a tutti i propri committenti dell’avvenuto ingresso nell’associazione. art. 9 (onorari e spese) Per effetto del conferimento d’opera il risultato economico dell’attività professionale, svolta dai soci nell’ambito dell’associazione, fa capo alla stessa. 21


Gli onorari relativi sono, perciò, automaticamente acquisiti dall’associazione e sono fatturati direttamente dall’associazione a proprio nome. Viceversa e parallelamente, tutti i costi sostenuti direttamente o indirettamente dall’associazione o dai singoli associati, inerenti l’attività professionale svolta nell’ambito dell’associazione, sono a carico di questa e vengono rimborsati ai singoli associati che li abbiano sostenuti. art. 10 (regolamento) Lo statuto può essere integrato da un regolamento che disciplini aspetti non trattati dallo stesso. Il regolamento è approvato dall’assemblea ai sensi dell’art. 15 del presente documento. In caso di variazione del regolamento gli associati possono recedere ai sensi del succ. art. 21, con un preavviso di sei mesi. art. 11 (attività escluse) Gli associati non possono svolgere attività professionale al di fuori dell’associazione, con le seguenti eccezioni: – attività didattica e pubblicazioni – attività non pertinenti ai fini dell’associazione – ………………………(attività che saranno determinate di volta in volta con il consenso unanime degli associati). Le attività così escluse sono riferibili al singolo associato che ne è individualmente responsabile; i relativi compensi sono fatturati e gestiti individualmente. art. 12 (beni e servizi) I beni e i servizi destinati all’attività professionale acquisiti dall’associazione sono a disposizione degli associati per l’attività comune. L’associato non può servirsi, senza il consenso degli altri associati, dei beni e servizi dell’associazione per fin estranei a quelli dell’associazione. art. 13 (rapporti con i terzi) Il rapporto professionale intercorre direttamente tra il committente e il singolo socio, che risponde personalmente e professionalmente del proprio operato. Tuttavia agli effetti patrimoniali l’attività fa capo all’associazione, che se ne assume la responsabilità diretta, mentre la responsabilità personale e solidale degli associati ai sensi dell’art. 2267 del codice civile si verifica solo in via sussidiaria. In caso di controversia con il committente, le conseguenze economiche, comprese le spese di difesa e di risarcimento dei danni per illeciti civili e penali, sono a carico dell’associazione, che potrà esercitare il diritto di Rivalsa sul socio. L’associazione stipula a proprie spese il contratto di assicurazione per la copertura dei rischi professionali per l’attività svolta dai soci nell’ambito dell’associazione. 22


Gli associati devono rendere nota la loro appartenenza all’associazione, nello svolgimento di incarichi; nei rapporti professionali svolti a titolo individuale ai sensi dell’art.11, devono comunicare al committente la estraneità del rapporto rispetto all’associazione. Ogni associato deve segnalare tempestivamente agli altri soci e ai terzi interessati le situazioni di incompatibilità o di conflitto di interessi che eventualmente dovessero verificarsi per l’assunzione o l’espletamento di un incarico. art. 14 (tariffe) Le prestazioni eseguite dall’associazione sono a titolo oneroso e devono essere fatturate al committente in relazione all’attività svolta dall’associato o dagli associati che hanno eseguito la prestazione, sulla base delle tariffe a loro applicabili. art. 15 (amministrazione e rappresentanza) L’amministrazione e la rappresentanza dell’associazione spettano disgiuntamente a ciascuno degli associati, salvo diversa decisione dell’assemblea, secondo quanto previsto dagli artt. 2257 e 2266 Cc. In caso di opposizione da parte di un associato ad operazioni degli amministratori, decide l’assemblea con il voto favorevole di almeno i due terzi, ai sensi del comma 2 dell’art. 2257 Cc. art. 16 (assemblea dei soci) Compiti dell’assemblea sono: 1. approvazione del regolamento 2. modifiche dello statuto e del regolamento 3. ammissione di nuovi associati 4. esclusione e recesso di associati 5. approvazione del rendiconto 6. nomina e sostituzione degli amministratori. L’assemblea delibera con il voto favorevole degli associati che rappresentino i due terzi sia per numero che per quote di partecipazione agli utili, tranne che per le materie in cui è prevista l’unanimità ai sensi del presente statuto. art. 17 (utili e perdite) Gli utili risultanti dal rendiconto annuale predisposto a cura degli amministratori, i costi e le eventuali perdite, vengono attribuiti annualmente tra gli associati nelle seguenti proporzioni: – il socio X: €………….. – il socio Y: €………….. – il socio Z: €………….. Le quote potranno variare di anno in anno anche a consuntivo, in base all’attività effettivamente svolta nell’anno, con apposito atto di modifica sotto forma di 23


scrittura privata autenticata che, approvata all’unanimità, deve essere formata entro il termine per la dichiarazione dei redditi. In sede di approvazione del rendiconto vengono determinati gli utili da distribuire e quelli da riportare a nuovo, tenuto conto della situazione finanziaria e dei programmi dell’associazione. Nel corso dell’esercizio possono essere distribuiti acconti di utili, sulla base degli incassi e della situazione finanziaria. art. 18 (patrimonio netto e finanziamenti) Il patrimonio netto è costituito dagli apporti degli associati e dagli utili maturati e non ancora distribuiti. Gli associati provvedono ai fabbisogni dell’associazione mediante apporti di denaro e mezzi, proporzionalmente alle loro quote di partecipazione stabilite nelle seguenti misure: – il socio X: €………….. – il socio Y: €………….. – il socio Z: €………….. Gli apporti degli associati sono effettuati a titolo di capitale e sono infruttiferi di interessi, salvo diversa delibera. In caso di scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un associato, ovvero di scioglimento dell’associazione, la liquidazione delle quote spettanti ai singoli associati tiene conto delle diverse quote di partecipazione al patrimonio netto. Le quote di partecipazione all’associazione hanno carattere personale e non sono trasferibili in tutto o in parte. art. 19 (imposte e ritenute) Imposte, tasse e contributi sono a carico dell’associazione se riferiti all’attività professionale associata. Imposte e contributi personali degli associati restano a loro carico. le ritenute vengono imputate ai singoli associati in proporzione alle rispettive quote di partecipazione agli utili. art. 20 (modifiche allo statuto) Il presente accordo è stipulato a tempo indeterminato. I patti sociali possono essere variati e l’associazione può essere sciolta con il consenso di tutti gli associati. Ogni variazione della compagine sociale deve essere resa nota ai terzi contraenti. art. 21 (recesso, esclusione, morte) La qualità di associato si perde: – per scioglimento dell’associazione – per inadempienza agli obblighi statutari – per inosservanza dell’etica professionale – per cancellazione dall’ordine o Albo di appartenenza – per dimissioni, da comunicarsi almeno 6 mesi prima con lettera raccomandata e con decorrenza dalla data di ricevimento 24


– per morte, senza diritto di subentro da parte degli eredi – per sanzione disciplinare di sospensione per un periodo superiore ai 6 mesi o cancellazione comminata dall’Ordine o Collegio, e divenuta definitiva – per condanna penale che comporti l’interdizione dai pubblici uffici – per modifica temporanea della società: sospensione. Le prestazioni in corso da parte dell’associato al momento del recesso o della esclusione restano affidate all’associazione, salva la facoltà di rinunziare all’incarico da parte degli altri associati. art. 22 (liquidazione) L’associato che perde la qualità di socio ha diritto alla liquidazione delle sue spettanze sulla base della sua quota di partecipazione al patrimonio. Una situazione patrimoniale ed economica dell’associazione verrà redatta e sottoscritta immediatamente, con effetto alla data di scioglimento del rapporto; in caso di mancanza di accordo sui valori, questi saranno determinati mediante arbitrato ai sensi dell’art. 25. I beni e i diritti di cui è titolare l’associazione sono da valutare in base al valore corrente. Nessun altro diritto, per clientela, avviamento, o altro spetterà al socio uscente. La liquidazione della quota dell’associato è a carico dell’associazione che provvederà al pagamento del proprio debito nei confronti dell’associato o dei suoi eredi entro sei mesi dalla data di scioglimento. Per le responsabilità dell’associato uscente, si applica l’art. 2290 del codice civile. art. 23 (uso del curriculum) Il curriculum vitae inerente l’attività svolta dallo studio associato deve evidenziare le specifiche competenze professionali di ciascuno dei membri associati e degli eventuali rapporti di collaborazione intervenuti nelle singole opere. In caso di scioglimento o esclusione dall’associazione, ciascun socio potrà utilizzare il contenuto di tale curriculum per la successiva attività professionale, purché siano indicati con chiarezza tutti i nominativi dei partecipanti ad ogni incarico ed il relativo ruolo professionale (con rif. Al GLOSSARIO RUOLI PROFESSIONALI contenuto nel D.G.R.V. N. 1013/99), che dovrà pertanto essere preventivamente stabilito. La presente clausola vale anche nel caso in cui, qualora sia previsto dal presente statuto, uno degli associati svolga attività individuale contemporaneamente a quella in associazione. art. 24 (dati personali) La sottoscrizione del presente statuto implica il consenso di ciascun firmatario al trattamento (ex L.671 31.12.96) dei dati personali utilizzati nel curriculum vitae dell’associazione, per operazioni finalizzate all’attività professionale degli associati. Tale consenso si considera valido anche ai fini dell’utilizzo del curriculum successivamente all’eventuale scioglimento dell’associazione o per dimissioni di parte dei soci membri. 25


art. 25 (arbitrato) Le controversie tra le parti, che insorgano nell’applicazione del presente statuto, saranno decise da un arbitro, amichevole compositore, scelto di comune accordo. In caso di disaccordo l’arbitro sarà nominato, su richiesta della parte più diligente, dal Presidente del tribunale di ………………… Questi deciderà inappellabilmente regolando lo svolgimento del giudizio a norma degli articoli 816 e seguenti del codice di procedura civile. art. 26 (incompatibilità) L’associazione può svolgere incarichi di prestazione professionale solo quando non sussistano condizioni di incompatibilità, quali: – l’assunzione (o preesistenza) della carica di Consigliere o di Assessore da parte di uno (o più) dei singoli associati presso la medesima Amministrazione Pubblica che ha affidato l’incarico allo Studio Associato. – L’incarico di consulenza in forma occasionale o continuativa svolto da uno degli associati (ad es. in qualità di Commissario tecnico preposto all’attività urbanistica ed edilizia) presso lo stesso Ente Pubblico che ha affidato l’incarico allo Studio Associato. – L’associazione (e viceversa il singolo associato) che esegue per incarico di una P.A. strumenti urbanistici e loro varianti, deve astenersi, fino alla loro approvazione definitiva, dal far assumere ai propri associati in forma personale (e viceversa allo studio associato), incarichi privati di progettazione nell’area oggetto dello strumento urbanistico. Tale norma è estesa anche a quei professionisti che abbiano collaborato alla stesura del piano o che con l’associazione abbiano rapporti di collaborazione in atto. – La partecipazione, come concorrente, ad un Concorso nel quale uno o più degli associati è nominato membro giudicatore. – Il singolo associato non può accettare l’incarico di collaudatore di un’opera quando all’interno dell’associazione vi sia anche un solo professionista a qualsiasi titolo interessato ad essa (progettista, direttore dei lavori, socio o dipendente degli stessi, titolare della concessione, titolare o dipendente dell’impresa, o altre cause di incompatibilità note all’Ordine). – Se un membro dell’associazione, a titolo personale, viene proposto quale consulente tecnico, anche in vertenze stragiudiziali, l’associazione dovrà astenersi dall’assumere il relativo incarico nel caso in cui l’associato si sia già pronunciato in precedenza. art. 27 (ordine professionale) Copia dell’atto costitutivo, dello statuto e delle eventuali variazioni, redatta nella lingua dello stato in cui l’associazione ha sede e in inglese, deve essere notificata a mezzo raccomandata a tutti gli ordini di appartenenza degli associati.

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art. 28 (tutela giuridica dell’attività di progettazione) Per la tutela dell’attività di progettazione si fa riferimento alla L. 633 del 22.04.1941 (legge sul diritto d’autore). La titolarità dei diritti patrimoniali e morali spetta al titolare del diritto d’autore (progettista). Per ogni opera eseguita in collaborazione, se i contributi sono indistinguibili, i diritti spettano in comunione a tutti i coautori, in parti di uguale valore. In caso di scioglimento della società la proprietà dei disegni e delle pratiche spetterà al professionista che ha svolto l’incarico, apponendone la propria firma. In caso di firma congiunta spetterà ai singoli soci definire la delega per la custodia e l’affidamento degli elaborati. art. 29 (norme finali) Per quanto non espressamente previsto dal presente statuto valgono le vigenti norme di legge in materia e le disposizioni dei rispettivi ordinamenti professionali.

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Capitolo II REGIMI CONTABILI E REGISTRI CONTABILI OBBLIGATORI

Si è visto nel capitolo precedente che, negli adempimenti di inizio attività, il professionista deve scegliere il regime di contabilità da adottare ai fini delle imposte dirette e indirette. Per gli esercenti attività professionali sono applicabili, secondo i compensi percepiti o presunti in caso di inizio attività, diversi regimi contabili. Per ogni regime contabile sono previsti i registri obbligatori ai fini Iva e ai fini delle imposte sui redditi.

Regime di contabilità ordinaria Tale regime è applicabile solo su opzione da esprimere nella dichiarazione annuale Iva relativa l’anno precedente, o nella dichiarazione di inizio attività. L’opzione ha effetto fino a revoca e, comunque, per almeno un triennio. Il DPR 442/1997, come si è già detto, ha però modificato la disciplina delle opzioni per i regimi contabili: non è più prevista l’opzione preventiva, essendo sufficiente la concreta applicazione del regime, cioè il comportamento concludente tenuto dal soggetto, cui in ogni modo farà seguito apposita opzione che ha effetto per l’anno oggetto della dichiarazione. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime prescelto, l’opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata, cui farà seguito la formale opzione di revoca nella prima dichiarazione annuale successiva (barrando la relativa casella) nel caso si decida di abbandonare, ad inizio anno, il regime ordinario. Il regime di contabilità ordinaria è stato usato spesso in passato per un motivo molto semplice: costituiva uno scudo contro gli accertamenti basati sui parametri presuntivi di reddito. Tale metodo di accertamento del reddito è, difatti, consentito verso i soggetti che adottano il regime di contabilità ordinaria solo se viene, attraverso le verifiche fiscali, considerata inattendibile la contabilità ordinaria sul verbale di ispezione ai sensi dell’art 1 c. 1 DPR 570/1996. Oggi con l’entrata in vigore degli studi di settore, di cui si parlerà più avanti, tale differenza è stata annullata. – Registri obbligatori • Registro IVA fatture emesse: le fatture emesse devono essere annotate entro 15 gg. dall’emissione (entro 60 gg. in caso di contabilità meccanografica); • Registro IVA fatture acquisti: le fatture ricevute devono essere numerate progressivamente in ordine di ricevimento e registrate non oltre la dichiarazione 29


annuale relativa al secondo anno d’imposta successivo a quello in cui il diritto è sorto, con assegnazione di numerazione progressiva; • Registro cronologico dei movimenti finanziari: annotazione cronologica entro 60 gg. delle operazioni da cui derivano componenti positivi e negativi di reddito, tutte le movimentazioni finanziarie inerenti all’esercizio della professione, compresi utilizzi delle somme percepite per fini extra professionali. Inoltre occorre indicare i seguenti dati: 1. generalità: comune e indirizzo di residenza anagrafica del soggetto che effettua o riceve il pagamento; 2. estremi dei documenti: estremi della fattura, parcelle note o altro documento; 3. descrizione: causale delle operazioni (es. incasso fattura, versamento Iva. Per i prelevamenti estranei all’esercizio dell’attività, indicare: prelevamento personale o versamento personale; 4. banca o posta: estremi dei conti correnti bancari e postali se utilizzati. Le annotazioni sul registro cronologico possono essere effettuate adottando il metodo contabile ragionieristico della partita doppia. Se sul registro cronologico sono annotate le registrazioni previste ai fini Iva sopradette, si possono non tenere i registri Iva delle fatture emesse e delle fatture d’acquisto; • Registro dei beni ammortizzabili: le annotazioni possono essere effettuate in alternativa sul registro Iva acquisti o sul registro cronologico; anche se si consiglia la tenuta per un miglior ordine, non essendo lo stesso di particolare difficoltà.

Contabilità semplificata 1° metodo Si tratta del normale regime contabile dei professionisti, vale a dire il regime contabile che si applica autonomamente in assenza d’espressa opzione per altri tipi di contabilità, qualunque sia il volume d’affari realizzato; sono tuttavia esclusi i professionisti individuali in possesso dei requisiti per il regime dei minimi, per i quali è questo ultimo il regime naturale e possono adottare la contabilità semplificata previa specifica opzione. – Registri obbligatori • Registro Iva fatture emesse come sopra; • Registro Iva fatture acquisti come sopra; • Registro Irpef incassi e pagamenti: in tale registro devono essere indicati entro 60 gg. gli introiti e le spese derivanti dall’esercizio della professione 30


anche se non documentati da fattura, cioè non rientranti nella sfera dell’Iva. Inoltre, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, deve essere annotato il conteggio delle quote di ammortamento deducibili, compreso il valore del bene cui si riferiscono; in alternativa a quest’ultima annotazione il professionista può adottare il registro dei beni ammortizzabili (scelta consigliata).

Contabilità semplificata 2° metodo Si differenzia dal primo metodo perché il registro incassi pagamenti Irpef può essere sostituito dai registri Iva, purché sugli stessi siano annotate le operazioni non soggette ai fini Iva ma ugualmente inerenti la sfera professionale e, quindi, ai fini delle imposte dirette. I registri così adattati si chiameranno Iva/Irpef; gli incassi e i pagamenti vanno annotati secondo il criterio di cassa, quindi solo se pagati e incassati. Sugli stessi, a fine anno vanno annotate, se esistono, le fatture emesse e non incassate e le fatture ricevute non pagate, che sono considerate come scritture di storno ai fini Irpef (tale metodo è quello suggerito).

Regime agevolato per nuove iniziative Tale regime è stato introdotto dalla legge finanziaria del 2001 del 23/12/2000. – Semplificazioni Il regime fiscale prevede sia un’agevolazione sulla determinazione del reddito ai fini Irpef, che una semplificazione degli adempimenti contabili. Sono esonerati: – dall’obbligo di registrazione e tenuta delle scritture contabili rilevanti ai fini delle imposte dirette ed indirette; – dalle liquidazioni, versamenti periodici e acconto IVA. Devono comunque: – tenere e conservare i documenti emessi e ricevuti, fatture, ricevute ecc.; – emettere fattura o certificare i corrispettivi; – presentare le dichiarazioni annuali; – tenere le scritture e gli eventuali libri previsti dalle norme sul lavoro, nonché effettuare gli adempimenti previsti per i sostituti d’imposta. – Agevolazione fiscale Il reddito netto, calcolato per differenza tra l’ammontare dei ricavi e i costi deducibili, è assoggettato ad un’imposta sostitutiva del 10% in luogo dell’Irpef e delle addizionali; tale reddito non concorre alla formazione del reddito complessivo. 31


Si deve poi pagare l’Irap e l’Iva annuale. Sul reddito assoggettato ad imposta sostitutiva non sono applicabili le detrazioni e oneri deducibili normalmente spettanti al contribuente. Pertanto, prima di aderire, bisogna verificarne la convenienza. I sostituti d’imposta che erogano compensi a professionisti aderenti a tale regime sono esonerati dall’obbligo di effettuare la ritenuta di acconto del 20%. – Soggetti ammessi e condizioni: – persone fisiche che iniziano un’attività di lavoro autonomo, che negli ultimi tre anni non hanno esercitato attività artistica, professionale anche in forma associata o di impresa; la qualità di socio in società di capitali o di persona non è ostativa; la semplice apertura di partita IVA non è considerata automaticamente causa di esclusione, occorrendo a tal fine l’effettivo svolgimento dell’attività. – La nuova attività non deve costituire la mera prosecuzione di una precedentemente volta anche in qualità di lavoro dipendente o autonomo, compresa quella sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, rimane esclusa l’attività svolta come pratica professionale. – L’ammontare dei compensi di lavoro autonomo non deve superare il limite di euro 30.987,41. L’agevolazione ha durata massima tre anni. – Decadenza dell’agevolazione Il regime fiscale cessa di avere efficacia: – A decorrere dal periodo di imposta successivo a quello nel quale i compensi superano di non oltre il 50% il limite previsto, cioè superiore a 30.987,41 (60 milioni di lire) euro ma inferiore ai 46.481,12 euro. – A decorrere dallo stesso periodo di imposta, nell’ipotesi in cui i compensi superano i limiti di oltre il 50%, cioè sono superiori a 46.481,12 euro; in tal caso l’intero reddito annuo è assoggettato a tassazione ordinaria e l’Irpef e l’Iva sono pagate in un unico versamento annuale. – Modalità di accesso all’agevolazione Opzione in fase di inizio attività o apposita comunicazione in caso di rinuncia. La rinuncia può essere fatta entro la data di presentazione della dichiarazione, se il contribuente ha tenuto un comportamento che non pregiudica la scelta di un regime diverso da quello per il quale aveva esercitato l’opzione, questo in virtù del “comportamento concludente” di cui si è già parlato nel primo paragrafo. – Assistenza fiscale Per questo regime fiscale i professionisti possono farsi assistere gratuitamente dall’Agenzia delle Entrate territorialmente competente, mediante una richiesta presentata o spedita il 31 gennaio dell’anno a decorrere dal quale il soggetto è in regime agevolato o entro 30 giorni dalla data di presentazione di inizio attività. Per 32


accedere a tale servizio è necessario un computer e un modem in grado di connettersi al sistema informativo dell’Agenzia stessa; comunque a chi sceglie l’assistenza è previsto un credito d’imposta, utilizzabile in compensazione nel Modello F24, pari al 40% del prezzo di acquisto e comunque non superiore ad euro 309,87.

Regime dei minimi Il regime dei minimi, in vigore dal 2008, è riservato alle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato esercenti attività di impresa, arti o professioni, che nell’anno solare precedente hanno conseguito ricavi o compensi, ragguagliati ad anno, in misura non superiore ad Euro 30.000. Per la determinazione di tale limite non rilevano i ricavi e i compensi derivanti dall’adeguamento agli studi di settore o ai parametri, mentre nell’ipotesi in cui siano esercitate contemporaneamente più attività, il limite va riferito alla somma dei ricavi e compensi relativi alle singole attività. Per avvalersi del regime dei minimi è, altresì, necessario rispettare ulteriori condizioni. In particolare, nell’anno solare precedente il contribuente: • non deve avere effettuato cessioni all’esportazione, ovvero operazioni assimilate alle cessioni all’esportazione, servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali, operazioni con lo Stato della Città del Vaticano o con la Repubblica di San Marino, trattati ed accordi internazionali; • non deve avere sostenuto spese per lavoro dipendente o per collaboratori, anche assunti con le modalità riconducibili ad un progetto o programma di lavoro, o fase di esso, nonché spese per prestazioni di lavoro effettuate dall’imprenditore stesso o dai suoi familiari, ad eccezione dei compensi corrisposti ai collaboratori dell’impresa familiare; • non deve avere erogato somme sotto forma di utili di partecipazione agli associati con apporto costituito da solo lavoro; • non deve avere acquistato, anche mediante contratti di appalto e di locazione, nei tre anni precedenti a quello di entrata nel regime, beni strumentali di valore complessivo superiore ad Euro 15.000. Il valore dei beni strumentali cui far riferimento è costituito dall’ammontare dei corrispettivi relativi alle operazioni di acquisto effettuate anche da privati. Per i beni strumentali solo in parte usati nell’ambito dell’attività di impresa o di lavoro autonomo rileva un valore pari al 50% dei relativi costi, in particolare per l’autovettura rileva il 40%. Le persone fisiche che iniziano l’attività possono applicare il regime dei minimi se prevedono di rispettare le predette condizioni, tenendo conto che, in caso di inizio di attività in corso d’anno, il limite di Euro 30.000 deve essere ragguagliato all’anno. Ad esempio il professionista, che ha iniziato l’attività il 1° luglio 2009 e che a fine anno ha ricavi o compensi per Euro 20.000, è escluso che possa applicare il 33


regime dei minimi dal 2010 in quanto i suoi ricavi o compensi del 2009, ragguagliati ad anno, sono di Euro 40.000, superiori, perciò, al limite di Euro 30.000. I ricavi vanno determinati con il criterio di cassa (circolare 28 gennaio 2008, n. 7/E, par. 2.10 “Ricavi di competenza 2007 percepiti e fatturati nel 2008”). – Esclusioni dal regime dei minimi Sono previste specifiche esclusioni dal regime dei minimi. Una di queste riguarda le persone fisiche, che, oltre ad esercitare in proprio un’attività d’impresa, arte o professione, sono anche titolari di redditi di partecipazione in una società di persone. Al riguardo, nella circolare 73/E/2007, al par. 2.2 “Fattispecie di esclusione dal regime” l’Agenzia delle Entrate avverte che “non rientrano, infine, tra i contribuenti minimi coloro che, pur esercitando attività imprenditoriale, artistica o professionale in forma individuale, partecipano, nel contempo, a società di persone o ad associazioni professionali, costituite in forma associata per l’esercizio della professione, di cui all’art. 5 del Tuir, o a società a responsabilità limitata a ristretta base proprietaria che hanno optato per la trasparenza fiscale, ai sensi dell’art. 116 del Tuir”. Sono inoltre esclusi dal regime dei minimi i soggetti non residenti che svolgono l’attività nel territorio dello Stato e coloro che si avvalgono di regimi speciali di determinazione dell’Iva. – Regime dei minimi quale regime “naturale” Il regime dei minimi rappresenta quello naturale per le persone fisiche che hanno i requisiti per applicarlo. Regime naturale significa che il nuovo regime si applica senza dovere fare alcuna comunicazione preventiva o successiva. Rimane fermo che il contribuente, pure se in possesso dei requisiti per il regime dei minimi, può valersi del regime normale. È, infatti, previsto che i contribuenti minimi possono uscire dal regime, optando per la determinazione delle imposte sul reddito e dell’Iva nei modi ordinari. L’opzione può avvenire tramite comportamento concludente, addebitando, ad esempio, l’Iva ai propri cessionari o committenti, o esercitando il diritto alla detrazione dell’Iva. Rimane fermo che se, per errore, il contribuente ha emesso qualche fattura con addebito di Iva, egli può, se intende applicare il regime dei minimi, emettere una nota di variazione a norma dell’art. 26 D.P.R. 633/1972 restituendo l’importo pagato a titolo di Iva all’acquirente o al committente (circolare 7/E/2008, par. 3.2 “Emissione della fattura con addebito dell’imposta”). Chi opta per il regime ordinario deve, altresì, porre in essere tutti gli adempimenti contabili ed extracontabili dai quali sono invece esonerati, se applicano il regime dei minimi. Al riguardo, va detto che sono notevoli gli alleggerimenti fiscali di cui beneficiano i minimi. – Fuori dal regime Iva In particolare, chi applica il regime dei minimi è esonerato dagli obblighi di liquidazione e versamento dell’Iva e da tutti gli altri obblighi previsti dal decreto Iva, 34


e cioè: registrazione delle fatture emesse, dei corrispettivi e degli acquisti; tenuta e conservazione dei registri e documenti; dichiarazione e comunicazione annuale Iva; compilazione e invio degli elenchi clienti e fornitori. Quindi non addebitano l’IVA in fattura al cliente e non la detraggono negli acquisti. I minimi sono, inoltre, esclusi dall’applicazione degli studi di settore e dei parametri ed esenti dall’Irap. Rimane fermo che, nonostante l’esonero dalla tenuta delle scritture contabili, nulla vieta al contribuente minimo di registrare in forma libera e in un qualsiasi libro o documento di riepilogo, le entrate e le uscite al fine di determinare correttamente il reddito d’impresa o di lavoro autonomo. L’esonero dalla tenuta delle scritture contabili non esclude che il contribuente, per sua e altrui memoria, e per la chiarezza necessaria ai fini di un eventuale controllo, decida di tenere i libri contabili. Vale sempre il principio “nel più sta il meno”. – Conservazione della documentazione I contribuenti minimi sono comunque obbligati a conservare i documenti ricevuti ed emessi come previsto dall’art. 22 D.P.R. 600/1973. In capo ai contribuenti minimi permangono, invece, i seguenti adempimenti: • obbligo di numerazione e conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali; • obbligo di certificazione dei corrispettivi con scontrino fiscale, ricevuta fiscale o fattura; sulle fatture emesse a norma dell’art. 21 D.P.R. 633/1972 dovrà annotarsi che si tratta di “operazione effettuata ai sensi dell’art. 1, c. 100, della Finanziaria per il 2008”; • obbligo di integrare la fattura per gli acquisti intracomunitari e per le altre operazioni di cui risultano debitori di imposta (ad esempio, nell’ipotesi di operazioni soggette al regime dell’inversione contabile o reverse charge) con l’indicazione dell’aliquota e della relativa Iva; • obbligo di versare l’Iva di cui al punto precedente entro il 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni; • obbligo di presentare agli Uffici doganali gli elenchi Intrastat. – Imposta sostitutiva del 20% sul reddito dei minimi Sul reddito determinato in regime dei minimi è dovuta un’imposta sostitutiva del 20%. A norma del comma 105 dell’art. 1, L. 244/2007, è infatti stabilito che sul reddito determinato in regime dei minimi si applica un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali pari al 20%. Il regime dei minimi comporta l’applicazione del principio di cassa ai componenti positivi e negativi di reddito ai fini dell’imputazione al periodo d’imposta al momento della loro percezione e del loro sostenimento (circolare 7/E/2008, par. 5.1 “Spese a deducibilità limitata”). Il reddito determinato dai contribuenti, con l’applicazione del forfait del 20%, non concorre alla formazione degli altri redditi posseduti dalla stessa persona fisica 35


e soggetti all’Irpef; per i contribuenti minimi, rimane l’obbligo di assoggettare i ricavi (compensi) a ritenuta d’acconto, la quale verrà scomputata dall’imposta sostitutiva dovuta (art. 6, D.M. 2.1.2008). È però previsto che, ai fini del riconoscimento delle detrazioni per carichi di famiglia, a norma dell’art. 12 c. 2, D.P.R. 917/1986, rileva anche il reddito determinato in base alle norme previste per i contribuenti “minimi”. Al contrario, questo reddito è ininfluente ai fini dell’applicazione delle altre detrazioni d’imposta di cui all’art. 13 D.P.R. 917/1986. I Contributi previdenziali sono deducibili dal reddito soggetto a imposta sostitutiva.

Scelta dei due regimi semplificati ed agevolati Dall’1.1.2008 i due regimi fiscali oggetto del nostro intervento risultano gli unici regimi agevolati cui possono accedere le persone fisiche esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo. Per valutare la convenienza ed operare una scelta tra i due regimi, è necessario, innanzitutto, dare conto della loro ratio istitutiva, in quanto da essa discendono, in genere, le condizioni soggettive ed oggettive di accesso e di permanenza. Entrambi i regimi sono riservati alle persone fisiche, esercenti impresa, arti o professioni, con l’esclusione, quindi, di società di persone ed associazioni tra professionisti. Con il regime dei minimi si è inteso agevolare i soggetti di ridotte dimensioni (fissando dei limiti quantitativi in ordine al volume di ricavi e compensi, all’acquisto di beni strumentali, all’assenza di dipendenti, collaboratori, associati, ecc.), senza prevedere un termine temporale né per l’accesso né per la cessazione. Il regime delle nuove iniziative si rivolge, invece, ai soggetti, pur sempre di ridotte dimensioni (prevedendo dei limiti con esclusivo riferimento all’ammontare dei ricavi e compensi), che iniziano una nuova attività (d’impresa o lavoro autonomo); è posto, quindi, un limite temporale di vigenza del regime, nell’anno di inizio dell’attività e nei due successivi, nonché precise condizioni in ordine all’effettiva novità dell’attività esercitata (sia in senso assoluto con riguardo agli ultimi tre anni, sia rispetto a quella precedentemente svolta). Va notato, quindi, che la scelta sarà possibile in modo alternativo soltanto nell’esercizio di inizio dell’attività (l’unico in cui può adottarsi il regime delle nuove iniziative), mentre negli esercizi successivi al primo è consentito il (solo) passaggio dal regime delle nuove iniziative a quello dei minimi (e non viceversa). – Differenze sostanziali nell’imposizione La scelta tra i due regimi può essere operata valutando, in primo luogo, la differente misura del prelievo complessivo, avuto riguardo ai diversi settori impositivi (imposte dirette ed Iva); come si vedrà nel dettaglio, tuttavia, dette differenze sostanziali possono tra loro compensarsi. 36


L’effettivo risparmio fiscale deve essere, quindi, valutato nello specifico caso concreto, considerando l’impatto dei vantaggi offerti dal regime prescelto in ciascun settore impositivo (imposta sul reddito, Irap, Iva). Imposte sui redditi ed Irap: sul versante delle imposte sui redditi (Irpef) i due regimi si differenziano innanzitutto per il criterio di determinazione del reddito d’impresa (lavoro autonomo): per i contribuenti minimi vige, infatti, il criterio di cassa (anche per i soggetti esercenti attività d’impresa), secondo cui i componenti negativi e positivi di reddito assumono rilievo laddove siano stati rispettivamente incassati e pagati nel periodo d’imposta. Visti, peraltro, i modesti limiti di ricavi e compensi cui devono soggiacere i soggetti che vogliano permanere in entrambi i regimi, non pare che, in genere, la sostituzione del criterio di competenza con quello di cassa possa generare vantaggi significativi. Di maggiore impatto è, invece, la diversa misura dell’imposizione sul reddito, da valutarsi, peraltro, in modo combinato con l’assoggettamento (o meno) ad Irap e la possibilità (o meno) di dedurre i contributi previdenziali obbligatori. Nel regime dei minimi il reddito d’impresa (lavoro autonomo) è soggetto ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle addizionali regionali e comunali, nella misura del 20%, con esenzione dall’Irap e la possibilità (prevista dall’art. 1, co. 104, L. 244/2007) di dedurre i contributi previdenziali obbligatori dal reddito determinato secondo le regole del regime dei minimi (e l’eventuale eccedenza di contributo dal reddito ordinario, se esistente). Nel regime delle nuove iniziative, invece, l’imposta sostitutiva (dell’Irpef e delle addizionali; si veda la C.M. 3.1.2001, n. 1, par. 1.9.2) è fissata nella misura del 10%, permanendo l’assoggettamento all’Irap, e restando preclusa la deducibilità dei contributi previdenziali (essendo il reddito soggetto ad imposta sostitutiva, ed in assenza di diversa previsione della norma). Con riguardo al differente trattamento ai fini Irap, occorre notare come i lavoratori autonomi (non le imprese) che si avvalgono del regime delle nuove iniziative (quindi soggetti dalla norma all’imposta) possano comunque fruire dell’esclusione dall’Irap, in assenza di autonoma organizzazione, alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali, confermati dall’Agenzia delle Entrate (C.M. 13.06.2008, n. 45). La possibilità, invece, di dedurre i contributi previdenziali dal reddito soggetto ad imposta sostitutiva (nel regime dei minimi, con un risparmio del 20%), anziché dal reddito complessivo (nel regime delle nuove iniziative, con la conseguente perdita dei contributi in assenza di redditi diversi da questo), va valutata in presenza di redditi ulteriori rispetto a quello soggetto ad imposta sostitutiva; il risparmio infatti può essere maggiore (adottando il regime delle nuove iniziative) in funzione dell’entità dei redditi assoggettati a tassazione ordinaria e delle aliquote Irpef applicabili al reddito complessivo. In entrambi i regimi, infine, resta precluso il riconoscimento di detrazioni di imposta o oneri deducibili (salvo quanto detto per i contributi previdenziali), in quanto 37


il reddito assoggettato ad imposta sostitutiva non concorre alla formazione del reddito complessivo. Tuttavia, il reddito soggetto ad imposta sostitutiva viene computato ai fini della verifica della condizione per risultare fiscalmente a carico di altro soggetto. Iva: ai fini Iva, i contribuenti minimi sono esclusi dagli obblighi connessi (salvo per gli acquisti intracomunitari e per quelli in reverse charge); (3) non devono, pertanto, addebitare l’imposta sulle operazioni attive (art. 1, co. 100, L. 244/2007) e non hanno diritto alla detrazione per l’imposta assolta sulle operazioni passive. Il mancato addebito dell’imposta può determinare un concreto risparmio (nella rendita Iva), laddove il contribuente (minimo) possa comunque considerarla nel prezzo, ovvero incassarla a titolo di corrispettivo, ma non debba versarla all’Erario. Questa circostanza si verifica, in genere, allorquando l’impresa (lavoratore autonomo) opera nei confronti di soggetti privati (in genere consumatori finali), i quali non hanno diritto alla detrazione dell’imposta (per questi l’Iva resta sempre una componente non recuperabile del prezzo pagato). Al contrario, laddove il contribuente minimo operi nei confronti di soggetti passivi Iva (che abbiano, quindi, diritto alla detrazione dell’imposta), il mancato addebito dell’imposta (detraibile per la controparte) non genera un beneficio automatico, in quanto non è possibile trasferirla automaticamente sul (maggiore) corrispettivo. È evidente, peraltro, che l’eventuale risparmio derivante dal mancato addebito dell’Iva, che in parte compensa la più elevata imposizione sul reddito, va valutato anche alla luce dell’aliquota propria applicata sulle operazioni attive (si può quindi ipotizzare una rendita Iva del 4%, 10% o 20%). Occorre, infine, considerare l’effetto della rettifica della detrazione (art. 19-bis2, D.P.R. 633/1972), sia all’atto dell’ingresso nel regime dei minimi, sia al momento di passaggio (eventuale) al regime ordinario Iva; la rettifica deve essere operata sui beni non ancora ceduti o non ancora utilizzati (per esempio, le rimanenze finali), nonché sui beni ammortizzabili acquistati nei 4 anni precedenti (10 nel caso di fabbricati). – Studi di settore e accertamento Nella scelta tra i due regimi fiscali in commento, occorre considerare l’applicabilità o meno degli studi di settore ai fini dell’accertamento. Al riguardo, è utile osservare che i contribuenti minimi sono esclusi dall’applicazione degli studi di settore (ai sensi dell’art. 1, co. 113, L. 244/2007), nonché dalla compilazione dei relativi modelli, a differenza dei contribuenti che adottano il regime delle nuove iniziative (C.M. 18.6.2001, n. 57, par. 8.3). Per questi ultimi, inoltre, il risultato dello studio di settore, ovvero i maggiori ricavi emergenti da Ge.Ri.Co., possono determinare, laddove superiori ai limiti di ricavi previsti dalla norma (art. 13, L. 388/2000) la decadenza dal regime fiscale delle nuove iniziative (come confermato dalla C.M. 57/E/2001, cit.).

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– Ritenute fiscali Un’ulteriore differenza tra i due regimi in commento si riscontra con riguardo all’obbligo di assoggettare i ricavi e compensi prodotti a ritenuta d’acconto. Al riguardo, occorre osservare che, anche se entrambi i regimi prevedano l’assoggettamento del reddito ad imposta sostitutiva Irpef, è tuttavia previsto: • per i contribuenti che adottano il regime delle nuove iniziative, l’esonero dall’applicazione della ritenuta d’acconto, previa presentazione al sostituto d’imposta di apposita dichiarazione (C.M. 26.1.2001, n. 8, par. 1.7); • per i contribuenti minimi, l’obbligo di assoggettare i ricavi (compensi) a ritenuta d’acconto, la quale verrà scomputata dall’imposta sostitutiva dovuta (art. 6, D.M. 2.1.2008). Pertanto i contribuenti minimi subiscono le ritenute d’acconto previste dal Titolo III, D.P.R. 29.9.1973, n. 600. Tab. 3 - Principali differenze tra i due regimi

Imposta sostitutiva Irpef Addizionali Soggetto Irap

REGIME DEI MINIMI

REGIME DELLE NUOVE INIZIATIVE

20%

10%

No

Iva

Determinazione reddito

Contributi previdenziali

Detrazioni carichi famiglia Studi di settore

Acconto Iva Ritenute d’acconto Irpef

Sì. Salva l’esclusione per i lavoratori autonomi in assenza di autonoma organizzazione (C.M. 45/2008). È ammessa la deduzione dalla base imponibile fino a Euro 7.350 (art. 11, co. 4-bis, D. Lgs. 446/1997). Regime ordinario con versamento dell’imposta annuale senza interessi (C.M. 18.6.2001, n. 59, par. 2.2).

Non addebitata - Nessuna detrazione Rettifica pro-rata in accesso ed in uscita dal regime. Imposta di bollo su fatture di importo superiore ad Euro 77,47. Principio di cassa, anche per beni Regole generali: strumentali (acquisto-cessione). - competenza per imprese; Non rilevano le rimanenze. - cassa per esercenti arti e professioni. Deducibili dal reddito soggetto a Non deducibili dal reddito imposta sostitutiva. soggetto a imposta sostitutiva. Deducibili per l’eccedenza dal Deducibili per intero dal reddito reddito complessivo (se esistente). complessivo (se esistente). Non riconosciute Non riconosciute Soggetti, con decadenza dal regime se si superano i limiti per Esclusi effetto dello studio (C.M. 18.6.2001, n. 57, par. 8.3). Non dovuto Non dovuto Soggetti a ritenuta d’acconto. La ritenuta è scomputabile dall’imposta sostitutiva dovuta e Non soggetti a ritenuta d’acconto compensabile per l’eccedenza.

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Tab. 4 - Contabilità dei professionisti. Riepilogo tipi di contabilità

Tipo di contabilità

Condizioni

Ordinaria

È necessaria una specifica opzione, da effettuare nella dichiarazione Iva relativa all’anno precedente o nella dichiarazione di inizio attività (ovvero, per i forfetari, con apposita comunicazione); l’opzione ha effetto fino a revoca ed è in ogni caso valida per almeno un triennio.

Si tratta del regime contabile normale dei professionisti, vale a dire il regime che si applica automaticamente in assenza d’espressa opzione per Semplificata altri tipi di contabilità; sono tuttavia esclusi i professionisti individuali in 1° e 2° metodo possesso dei requisiti per il regime forfetario, i quali possono adottare la contabilità semplificata previa specifica opzione. Nuove iniziative

Regime agevolate valevole se si hanno i requisiti solo per i primi tre anni – imposta sostituiva del 10% – non obbligati ai registri contabili.

Regime dei minimi

Regime naturale se si hanno i requisiti non ha durata temporale – è fuori dal regime Iva – imposta sostitutiva del 20% – non obbligati ai registri contabili.

Tenuta dei registri contabili Tutti i registri contabili previsti dalla normativa, prima di essere utilizzati devono essere semplicemente numerati progressivamente in ogni pagina, senza pagamento di imposta di bollo né di concessioni governative, prima del loro utilizzo. Solo per eventuale libro giornale e libro inventari la numerazione deve essere progressiva per ogni anno, indicando per ogni pagina l’anno cui si riferisce la contabilità. I registri possono avere impostazione e formato liberi (manuali, a fogli mobili, tabulati meccanografici, ecc.). Devono essere tenuti senza spazi in bianco, senza interlinee, senza trasporti a margine, senza abrasioni e cancellature. Eventuali correzioni devono consentire la lettura di quanto cancellato. – Tempi di registrazione delle scritture contabili • Registro Iva acquisti: le fatture ricevute devono essere numerate progressivamente in ordine di ricevimento e registrate non oltre la dichiarazione annuale relativa al secondo anno d’imposta successivo a quello in cui il diritto è sorto, con assegnazione di numerazione progressiva; • Registro Iva fatture emesse: le fatture emesse devono essere annotate entro 15 gg. dalla emissione (entro 60 gg. in caso di contabilità meccanografica) e comunque devono partecipare alla liquidazione IVA in base alla data di emissione; 40


• Registro cronologico dei movimenti finanziari: annotazione cronologica entro 60 gg. dall’effettuazione della spesa. • Registro dei beni ammortizzabili: le annotazioni possono essere effettuate in alternativa sul registro Iva acquisti o sul registro cronologico; anche se si consiglia la tenuta per un miglior ordine, non essendo lo stesso di particolare difficoltà, le operazioni devono essere registrate entro il termine della dichiarazione dei redditi. – Tenuta con il sistema meccanografico Le modalità di registrazione nel caso di utilizzo di computers, si concretizza mediante la stampa dei dati, contenuti nei documenti contabili (fatture, note e parcelle) sugli appositi tabulati meccanografici, numerati progressivamente. Per quanto previsto dall’art. 7 del D.L. 357/94, la tenuta di qualsiasi registro contabile con sistemi meccanografici, è regolare a tutti gli effetti di Legge (civile – amministrativo – tributario) qualora i dati contabili, in sede di controllo e ispezione, risultano inseriti sui supporti magnetici e a condizione che: • I dati contabili siano relativi all’anno per il quale non siano scaduti i termini per la presentazione della relativa dichiarazione annuale; • I dati risultano inseriti entro i termini stabiliti dalla legge (entro 60 giorni); • I dati memorizzati devono essere, a richiesta degli organi di controllo, stampati sui tabulati cartacei. – Conservazione Le scritture contabili obbligatorie devono essere conservate per dieci anni, o anche di più, sino a quando non sono definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo d’imposta. Gli eventuali supporti meccanografici, elettronici e similari devono essere conservati fino a quando i dati contabili, in essi contenuti, non siano stati stampati sui libri e registri previsti. I documenti devono essere conservati presso la sede sociale, domicilio o residenza del contribuente. Qualora i documenti siano conservati presso un ufficio esterno occorre disporre della dichiarazione rilasciata dal medesimo che confermi quali sono le scritture e i libri detenuti dall’ufficio incaricato, in conformità all’art. 52 del DPR 633/1972. – Professionisti con più studi I contribuenti possono suddividere ciascun registro (fatture emesse o acquisti) in più registri sezionali, a seconda delle esigenze operative: ad esempio per registrare distinte serie numeriche di fatturazione o per i diversi studi in cui è esercitata l’attività. In tal caso nella prima pagina di ciascun registro devono essere indicate le serie numeriche e le sedi cui si riferiscono le annotazioni. È necessario comunque tenere un registro riepilogativo Iva; le annotazioni e gli importi dei registri sezionali, tenuti nei vari studi, devono essere riportati (nei modi e nei tempi previsti dalla normativa) sul registro riepilogativo Iva. 41


Tab. 5 - Registri obbligatori dei professionisti Registri obbligatori Tipi di contabilità

ordinaria 1° metodo(3) semplificata 2° metodo(3)

ai fini Iva

- registro fatture emesse(1) - registro fatture d’acquisto(1)

ai fini Irpef

- registro dei movimenti finanziari - registro beni ammortizzabili (1) (2)

- registro Iva fatture emesse - registro incassi e pagamenti - registro Iva fatture d’acquisto - registro Iva fatture emesse integrato con annotazioni degli incassi - registro Iva fatture d’acquisto integrato con annotazioni dei pagamenti

nuove iniziative

esonerati

minimi

esonerati

(1) Registri: i professionisti che abbiano optato per il regime di contabilità ordinaria, hanno facoltà di non tenere i registri Iva nel registro ammortizzabili a condizione che: - le registrazioni previste ai fini Iva siano annotate sul registro cronologico entro i termini previsti dalla normativa Iva; - le registrazioni previste per i beni ammortizzabili siano eseguite sul registro cronologico entro il termine di presentazione della dichiarazione; - su richiesta dell’amministrazione finanziaria siano forniti in forma sistematica gli stessi dati richiesti per le annotazioni sui registri Iva e sul registro beni ammortizzabili. (2) Semplificazione: è possibile in alternativa eseguire le annotazioni degli ammortamenti nel registro Iva acquisti. (3) Metodi: sono alternativi, a scelta del professionista.

Svolgimento di più attività – Esercizi di più attività professionali Nel caso in cui il professionista svolge più attività professionali, non è obbligato ad adottare una contabilità Iva separata; i registri sono quindi unici. Il contribuente può optare, comunque, per l’applicazione con contabilità separate. L’opzione si esercita nella dichiarazione di inizio attività, ovvero nella prima dichiarazione annuale Iva ed è vincolante per almeno un triennio. – Esercizio congiunto di attività professionali e di impresa Nel caso di esercizio contemporaneo di attività di impresa ed attività professionali è obbligatoria l’applicazione separata dell’Iva per ciascuna attività, con obbligo di contabilità separate, la partita Iva rimane unica.

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Tab. 6 - Contabilità ordinaria. Riepilogo adempimenti e contenuto dei registri obbligatori Registro

Adempimenti e contenuto

Registro Iva fatture emesse(6)

Annotazione delle fatture emesse entro 15gg. dalla emissioni (entro 60 gg. in caso di contabilità meccanografica) con i seguenti dati(1): - numero progressivo e data di emissione; - imponibile e Iva distinti per aliquota(2) - ditta, denominazione o ragione sociale (se società), nome e cognome (se persona fisica) del cliente(3).

Registro Iva fatture d’acquisto(6)

Numerazione progressiva nell’ordine di ricevimento di fatture e bolle doganali, e registrazione, entro il termine della liquidazione periodica in cui si detrae la relativa Iva, dei seguenti dati: - data della fattura o della bolla doganale - numero progressivo attribuito dal contribuente - ditta, denominazione o ragione sociale (se società), nome e cognome (se persona fisica) del fornitore(3). - ammontare dell’imponibile e dell’Iva, distinti per aliquota(2).

Registro cronologico dei movimenti finanziari(4)

Annotazione cronologica entro 60 gg. delle operazioni da cui derivano: - componenti positivi e negativi di reddito - movimentazioni finanziarie inerenti all’esercizio dell’arte o della professione, compresi utilizzi delle somme percepite, anche se estranee a tale servizio. Inoltre occorre indicare i seguenti dati: 1) generalità: comune e indirizzo di residenza anagrafica del soggetto che effettua o riceve il pagamento; 2) estremi dei documenti: estremi della fattura, parcella, nota o altro documento; 3) descrizione: causale delle operazioni (es.: incassi fattura, versamento Iva, somme riscosse per conto clienti, ecc); per i prelevamenti o versamenti estranei all’esercizio dell’attività, indicare: “prelevamento personale” o “versamento personale”; 4) banca: estremi dei conti correnti bancari o postali; 5) compensi: tra i compensi percepiti anche il valore normale dei compensi in natura.

Registro beni ammortizzabili(5)

Annotazione, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, per categorie di beni omogenee per anno di acquisto e coefficiente di ammortamento, dei seguenti dati: - anno di acquisto; - costo originario, rivalutazioni e svalutazioni; - fondo ammortamento esistente a fine periodo precedente; - coefficiente di ammortamento applicato nell’anno; - quota annuale di ammortamento; - eliminazione di beni. Per immobili e beni iscritti in pubblici registri (veicoli, barche, aerei) le annotazioni sopraindicate devono essere effettuate per singolo bene.

(1) Memorizzazione dati: anche se non trascritte su carta le registrazioni dell’esercizio corrente sono considerate regolari se i dati sono aggiornati su supporto magnetico entro i termini indicati nel prospetto. (2) Norma di non applicabilità dell’Iva: se l’operazione è non imponibile o esente va indicata la norma che prevede la non applicabilità dell’imposta, anziché l’ammontare dell’Iva (ad es. i medici indicano: importo esente ai sensi art. 10 n. 18, DPR 633/72). (3) documenti riepilogativi: le fatture di importo inferiore a 154,94 ( lire 300.000) al netto dell’Iva, possono essere raggruppate in un documento riepilogativo, il quale deve riportarne i numeri di fattura, l’imponibile complessivo e l’Iva, distinti per aliquota. (4) Partita doppia: le annotazioni possono essere effettuate adottando il metodo contabile della partita doppia, secondo le regole del D.M. 20.12.1990. (5) Beni ammortizzabili: le annotazioni possono essere effettuate, in alternativa, nel registro Iva acquisti. In alternativa, i professionisti che abbiano optato per il regime di contabilità ordinaria, hanno facoltà di non tenere il registro dei beni ammortizzabili a condizione che le registrazioni previste per i beni ammortizzabili siano eseguite sul registro cronologico entro il termine di presentazione della dichiarazione e, su richiesta dell’amministrazione finanziaria, siano in forma sistematica gli stessi dati richiesti per le annotazioni sul registro beni ammortizzabili. (6) Registri Iva: i professionisti che abbiano optato per il regime di contabilità ordinaria hanno facoltà di non tenere i registri Iva a condizione che le registrazioni previsti ai fini Iva siano annotate sul registro cronologico entro i termini previsti dalla normativa Iva e, su richiesta dell’amministrazione finanziaria, siano forniti in forma sistematica gli stessi dati richiesti per le annotazioni sui registri Iva.

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Tab. 7 - Applicazione separata dell’Iva. Riepilogo adempimenti

Contabilità (fatturazione, registrazione, liquidazioni, dichiarazioni periodiche)

È obbligatoria la tenuta della contabilità separata per le attività per le quali si ha l’applicazione separata dell’Iva; quindi sono separati i registri, la fatturazione, le registrazioni, le liquidazioni.

Versamenti

Il versamento Iva è unico per tutte le attività, si può quindi compensare il credito di un’attività con il debito di un’altra.

Dichiarazione annuale

Le attività con applicazione separata dell’Iva sono esposte su appositi separati intercalari, che fanno comunque parte di un unico modello.

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Capitolo III EFFETTUAZIONE DELLE OPERAZIONI AI FINI IVA E DELLE IMPOSTE DIRETTE

Fatturazione delle operazioni Il professionista deve emettere fattura per le operazioni che effettua, indicando tutti i dati obbligatori. La fattura deve essere emessa non oltre la data dell’incasso; può essere emessa prima ma, in tal caso, il professionista deve comunque versare l’Iva (ad eccezione della fattura ad esigibilità differita e dell’Iva per cassa recentemente introdotta dalla normativa). Per tale motivo è adottata la procedura della fattura proforma. Per quanto riguarda, invece, le imposte dirette (Irpef, Irap) il compenso esposto in fattura è tale soltanto nel periodo di imposta in cui avviene l’incassato (c.d. principio di cassa). Si considerano compensi tutti i proventi derivanti dall’attività professionale, sia in denaro che in natura. Nel caso di cessione dei beni mobili la fattura deve essere emesse nel momento di consegna o spedizione, nel caso di beni immobili alla stipulazione del contratto, nel caso che il pagamento del prezzo avvenga prima della consegna, della spedizione o della stipulazione del contratto la fattura va emessa al momento del pagamento (art. 6 DPR 633/1972). La fattura va emessa in due esemplari, uno dei quali deve essere consegnato o spedito al cliente all’atto del pagamento del corrispettivo, è obbligatoriamente rilasciata nei confronti di chiunque effettui una prestazione. La fattura deve contenere almeno i seguenti elementi: • Numero progressivo attribuito alle fatture emesse nel corso dell’anno, iniziando ogni anno dalla n 1, e data, ricordandosi che la data non deve mai risultare successiva al giorno dell’incasso; • Generalità del professionista o denominazione dell’associazione, indirizzo, codice fiscale e partita Iva; • Generalità del destinatario, indirizzo, e se trattasi di impresa o professionista anche il numero di partita Iva; • Indicazione la più descrittiva possibile del tipo di prestazione; • Ammontare del compenso per la prestazione svolta, del contributo alla cassa di previdenza nella misura del 2% e dell’Iva sia sul compenso che sul contributo; • Eventuali rimborsi spese, da assoggettare o meno ad Iva (si veda a proposito il paragrafo 4); 45


• La ritenuta d’acconto Irpef, nella misura del 20%, sul compenso e sui rimborsi, nel caso in cui il cliente è un professionista, impresa, associazione professionale, ente. La ritenuta dovrà poi essere versata dal cliente all’Erario (con il Mod. F24) entro il 16 del mese successivo al pagamento. Per le fatture relative ad operazioni non soggette ad Iva si applica l’imposta fissa di euro 1,29 per ogni fattura superiore ad euro 77.47. Tale obbligo si assolve mediante apposizione di una marca da bollo sull’originale della fattura, predisposta dal professionista e rimborsata dal committente. La fattura proforma è un documento che qualifica il corrispettivo dovuto dal cliente, ma non costituisce fattura ai fini fiscali; si deve indicare la dicitura “il presente documento non costituisce fattura ai sensi dell’art. 21 DPR 633/1972”, che verrà emessa all’atto del pagamento. Tab. 8 - Fattura: dati obbligatori – Numero partita del professionista (non è obbligatorio il numero di partita Iva o codice fiscale del cliente); – Codice fiscale del professionista; – Data di emissione; – Numero in ordine progressivo; – Nome e cognome del professionista; – Ditta, denominazione o ragione sociale, ovvero nome e cognome del cliente; – Residenza o domicilio fiscale sia del professionista che del cliente;

– Natura, qualità e quantità dei beni e servizi, distinti per aliquota; – Corrispettivi e dati necessari per la determinazione della base imponibile, distinti per aliquota; – Aliquota Iva applicata; – Ammontare dell’Iva distinta per aliquota; – Se trattasi di operazioni esenti, non imponibili o non soggette, va indicata la norma che consente la non applicazione dell’Iva; – Ritenuta d’acconto Irpef si il cliente è: un altro professionista, imprenditore, Ente o Società.

Tab. 9 - Trattamento fiscale degli importi esposti in fattura Soggetto ad Iva

Ritenuta d’acconto(1)

Imponibili Irpef

Imponibile previdenziale

Compenso professionale

Si

Si

Si

Si

Rimborsi spese riguardanti l’esecuzione della prestazione (telefono, carburanti, trasferte ecc.)

Si

Si

Si

Si

Rimborsi spese forfetari

Si

Si

Si

Si

Rimborsi di spese anticipate dal professionista, in nome e per conto del cliente (bollati, imposta, diritti, ecc.)

No

No

No

No

Contributi previdenziali Inarcassa (2%)

Si

No

No

/

Contributi Inps (4%)

Si

Si

Si

/

(1) Solo se i clienti sono sostituti d’imposta (imprese individuali, professionisti, società, enti ecc), e non i privati.

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Tab. 10 - Fattura: termini di emissione Tipo di operazione

Termine di emissione

Incasso(1)

Prestazioni di servizi

Stipulazione e contratto(2) (3)

Beni immobili Cessione di beni Beni mobili (1) (2) (3) (4)

Consegna (spedizione)(2) (3) (4)

Fattura emessa prima dell’incasso: la fattura può essere emessa anche prima dell’incasso; in tal caso tuttavia il professionista deve, comunque, pagare l’Iva anche senza avere incassato la fattura. per questo motivo viene adottata la procedura della fattura proforma. Pagamento anticipato: in caso di pagamento totale o parziale del corrispettivo, prima di tale termine la fattura va emessa all’atto dell’incasso, per la parte incassata. Effetti traslativi o costitutivi della cessione successivi a tale termine: la fattura va emessa non oltre il momento in cui si verificano tali effetti. Fattura differita: in caso di cessione di beni con emissione del documento di trasporto (DDT) la fattura può essere emessa anche dopo la consegna, ma comunque entro il giorno 15 del mese successivo a quello di consegna.

Tab. 11 - Fattura: esempi di conteggio 1. PROFESSIONISTA ISCRITTO ALLA CASSA DI PREVIDENZA a) fattura tipo a imprenditori, società, professionisti, enti Rossi Giancarlo Via Casalinuovo 5 – Catanzaro RSS GCR 67S25 E715U P.IVA 00994251793 Giulia Palmieri Via Baldini 10, Anzio Codice fiscale ……………. FATTURA N. 6 DEL 10/01/2010 Per incarico di progettazione architettonica villa “Helga” (A) Competenze (B) Cassa previdenza 2% (2% di A) (C) imponibile IVA (A + B) (D) Iva (20% di C) (E) Totale fattura (C + D) (F) a detrarre ritenuta d’acconto (20% di A) Netto a pagare (E – F)

€ € € € € € €

1.000,00 20,00 1.020,00 204,00 1.224,00 200,00 1.024,00

€ € € € € € €

1.000,00 20,00 1.020,00 204,00 1.224,00 0,00 1.224,00

b) fattura a privati (A) Competenze (B) Cassa previdenza 2% (2% di A) (C) imponibile IVA (A + B) (D) Iva (20% di C) Totale fattura (C + D) (E) (F) a detrarre ritenuta d’acconto Netto a pagare (E – F)

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2. PROFESSIONISTA ISCRITTO ALL’INPS a) fattura a imprenditori, società, professionisti, enti (A) Competenze (B) Cassa Inps 4% (4% di A) (facoltativo) (C) imponibile IVA (A + B) (D) Iva (20% di C) Totale fattura (C + D) (E) (F) a detrarre ritenuta d’acconto (20% di C) Netto a pagare (E – F)

€ € € € € € €

1.000,00 40,00 1.040,00 208,00 1.248,00 208,00 1.040,00

€ € € € € € €

1.000,00 40,00 1.040,00 208,00 1.248,00 0,00 1.248,00

b) fattura a privati (A) Competenze (B) Cassa Inps 4% (4% di A) (facoltativo) (C) imponibile IVA (A + B) (D) Iva (20% di C) (E) Totale fattura (C + D) (F) a detrarre ritenuta d’acconto Netto a pagare (E – F)

3. PROFESSIONISTA ESONERATO DALL’ISCRIZIONE ALL’INPS O ALLA CASSA DI PREVIDENZA a) fattura a imprenditori, società, professionisti, enti (A) Competenze (B) Cassa Inps o di previdenza (C) imponibile IVA (A + B) (D) Iva (20% di C) (E) Totale fattura (C + D) (F) a detrarre ritenuta d’acconto (20% di C) Netto a pagare (E – F)

€ € € € € € €

1.000,00 00,00 1.000,00 200,00 1.200,00 200,00 1.000,00

€ € € € € € €

1.000,00 0,00 1.000,00 200,00 1.200,00 0,00 1.200,00

b) fattura a privati (A) Competenze (B) Cassa Inps o di previdenza (C) imponibile IVA (A + B) (D) Iva (20% di C) (E) Totale fattura (C + D) (F) a detrarre ritenuta d’acconto Netto a pagare (E – F)

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Operazioni effettuate nei confronti dello Stato/Enti Pubblici – Fattura ad esigibilità differita Il momento in cui l’Iva diviene un credito (esigibile), per l’Erario è quello della data di emissione della fattura. Per le cessioni e/o prestazioni effettuate nei confronti dello: Stato, Enti Pubblici territoriali (Comuni, Regioni, Province) e relativi consorzi, Camere di Commercio, industria, agricoltura, artigianato, Organi dello Stato, ASL, Istituti universitari, Enti ospedalieri, Enti pubblici di assistenza, beneficenza e previdenza, ecc, l’operazione imponibile si considera effettuata all’atto del pagamento dei corrispettivi e quindi con spostamento del momento di esigibilità del tributo. L’esigibilità dell’Iva per operazioni verso i soggetti indicati sopra, è differita al momento dell’incasso della fattura. – Modalità dettate dalla C.M. 328/E 24/12/1997 • Emissione della fattura riportante la dicitura a “esigilità differita”; • Annotazione in un’apposita colonna del normale registro delle fatture emesse; • Pagamento dell’Iva, mensile o trimestrale, all’atto dell’incasso del corrispettivo. Tale fattura è una fattura definitiva; pertanto l’Iva, anche nel caso di sue successive modifiche nel periodo intercorrente all’incasso, è definitiva, non più suscettibile di variazione. Il soggetto può anche non rinviare l’esigibilità dell’imposta apponendo sulla fattura la dicitura “fattura ad esigibilità immediata”. A seguito di questa normativa dall’01/01/1998 per le fatture verso i soggetti indicati sopra non è più possibile applicare la procedura della fatturazione in sospeso. Iva per cassa ad esigibilità differita L’art. 7, D.L. 29.11.2008, n. 185, conv. con L. 28.1.2009, n. 2 (decreto “anticrisi”), ha esteso la disciplina delle operazioni soggette ad Iva ad esigibilità differita a tutte le cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi effettuate nei confronti di soggetti che agiscono nell’esercizio d’impresa, arte o professione. – Ambito soggettivo: la possibilità di avvalersi del regime che consente l’esigibilità dell’Iva al momento dell’effettiva riscossione del corrispettivo è concessa ai soggetti operanti nell’esercizio di impresa, arti e professioni i quali: • effettuino cessioni di beni o prestazioni di servizi imponibili nel territorio dello Stato nei confronti di cessionari o committenti, a loro volta, esercenti attività di impresa, arti e professioni(1); (1)

Sono, quindi, escluse tutte le operazioni effettuate, oltre che nei confronti di privati consumatori, anche di altri operatori privi di soggettività passiva ai fini Iva, quali ad esempio i condomini.

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• nell’anno solare precedente abbiano realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedano di realizzare nell’anno in corso, un volume d’affari non superiore a Euro 200.000. – Entrata in vigore: l’opzione per l’Iva ad esigibilità differita può essere esercitata, al ricorrere di tutte le condizioni richieste, con riguardo alle operazioni effettuate a partire dal 28.4.2009, giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del D.M. 26.3.2009. Per individuare le operazioni che si considerano effettuate dalla predetta data si applicano i criteri previsti dall’art. 6, D.P.R. 633/1972. Si ricorda che tali regole individuano il momento di effettuazione delle operazioni: • per le cessioni di beni immobili, nel momento della stipulazione dell’atto; • per le cessioni di beni mobili, nel momento della loro consegna o spedizione. Nel caso di emissione della fattura prima del verificarsi dei predetti eventi l’operazione si considera effettuata, limitatamente all’importo fatturato, alla data della fattura. – Effetti del superamento della soglia: con riguardo al superamento della soglia di Euro 200.000 viene ribadito che: • la facoltà di emettere fatture con imposta ad esigibilità differita non può essere più esercitata al momento del superamento del limite nel corso dell’anno solare, con impossibilità, per le operazioni effettuate successivamente, di usufruire del regime; • nell’ipotesi di erroneo differimento dell’esigibilità dell’imposta relativamente ad operazioni effettuate dopo il superamento della soglia, occorre computare l’Iva erroneamente differita nella liquidazione periodica relativa al mese o trimestre nel corso del quale l’operazione si considera effettuata. In mancanza, si configura una ipotesi di omesso versamento. – Limiti temporali: indipendentemente dal pagamento del corrispettivo, l’Iva diviene, comunque esigibile dopo il decorso di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione(2). Decorso il predetto termine sorge di conseguenza il diritto alla detrazione per il cessionario o committente. Il termine di un anno decorre dal “momento di effettuazione dell’operazione” da determinare secondo le regole generali previste dall’art. 6, D.P.R. 633/1972 già illustrate. (2) Ulteriore causa di interruzione del regime di sospensione dell’esigibilità può essere costituita dalla cessazione dell’attività. In questo caso si ritiene che occorra computare l’imposta nella liquidazione periodica relativa al mese o trimestre nel corso del quale si verifica la cessazione.

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In caso di emissione di fattura differita ai sensi dell’art. 21, co. 4, D.P.R. 633/1972, il termine di un anno decorre dalla data di effettuazione delle singole operazioni riepilogate nella fattura differita. – Mancata applicazione del limite annuale: il limite annuale non si applica con riguardo alle operazioni effettuate nei confronti di cessionari o committenti che, prima del decorso di un anno, siano stati assoggettati a procedure concorsuali o esecutive. Al riguardo la circolare specifica che ai fini del computo del termine la procedura deve risultare avviata, intendendosi come momento determinante a tale fine quello in cui l’organo competente emette il provvedimento di apertura della procedura. Nello specifico, tale momento coincide: • per il fallimento, con la data della sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata dal tribunale; • per l’esecuzione forzata in forma generica con l’atto di pignoramento, ai sensi dell’art. 491, c.p.c. L’assoggettamento a procedure concorsuali ha come conseguenza la sospensione dell’esigibilità dell’Iva a beneficio di tutti i cedenti o prestatori che abbiano emesso fatture con Iva ad esigibilità differita, fino all’effettivo incasso del corrispettivo e limitatamente all’ammontare di quest’ultimo. Nel caso di procedure esecutive la sospensione del termine annuale opera a beneficio non solo del creditore procedente, ma anche del terzo creditore che sia successivamente intervenuto nella procedura esecutiva ai sensi dell’art. 499 c.p.c., limitatamente alle fatture risultanti dal titolo. In caso di revoca della procedura concorsuale, intervenuta dopo un anno dall’effettuazione dell’operazione oggetto di differimento, l’Iva diviene esigibile e deve essere computata nella prima liquidazione successiva alla data di revoca. – Note di variazione: con riguardo alle note di variazione emesse ai sensi dell’art. 26, D.P.R. 633/1972 in pendenza del termine annuale, viene precisato che: • per le variazioni in aumento di cui al co. 1, l’anno si calcola a decorrere dalla effettuazione della originaria operazione anche per il nuovo ammontare dell’imponibile o dell’imposta; • le variazioni in diminuzione, di cui al co. 2, non sono influenzate dal termine annuale in quanto effettuabili senza limiti di tempo; • le variazioni in diminuzione, di cui al co. 3, devono essere effettuate entro il termine di un anno dall’effettuazione dell’originaria operazione. – Esclusioni: oltre alla ricordata soglia relativa al volume d’affari, il sistema di liquidazione dell’Iva per cassa è soggetto ad ulteriori limiti applicativi quale quello previsto dall’art. 1, co. 2, D.M. 26.3.2006 il quale esclude i soggetti Iva che si avvalgono di regimi speciali di applicazione dell’imposta. 51


La circolare afferma che l’esclusione vale, in particolare, per i seguenti regimi: • regime monofase (art. 74, co. 1, D.P.R. 633/1972); • regime del margine per beni usati (art. 36, D.L. 41/1995); • regime delle agenzie di viaggi e turismo (art. 74-ter, D.P.R. 633/1972). Sono, inoltre, escluse le operazioni effettuate nei confronti di cessionari o committenti che assolvono l’Iva applicando il sistema del reverse charge. – Annotazione in fattura: il punto 4.1. della circolare ribadisce la necessità, per i cedenti o prestatori che intendano usufruire del differimento dell’esigibilità dell’Iva, di farne espressa menzione nella fattura emessa, apponendo in essa una dicitura di questo tipo: “Operazione con imposta ad esigibilità differita ai sensi dell’art. 7, D.L. 29.11.2008, n. 185, conv. con modif. dalla L. 28.1.2009, n. 2”. In mancanza della suddetta annotazione nella fattura, l’imposta si considera ad esigibilità immediata, con la conseguente possibilità per il destinatario di detrarre l’Iva anche prima del suo pagamento. Si ricorda che per le operazioni per le quali il differimento dell’esigibilità era già previsto dall’art. 6, co. 5, secondo periodo, D.P.R. 633/1972 (operazioni effettuate nei confronti di alcuni soggetti quali lo Stato, gli enti pubblici territoriali, le unità sanitarie locali, le Camere di commercio, ecc.) non si rende necessaria alcuna annotazione in fattura in quanto l’esigibilità differita rappresenta il regime ordinario. Solo qualora il cedente o prestatore intenda applicare il regime dell’esigibilità immediata, lo stesso dovrà apporre sulla fattura l’annotazione “Iva ad esigibilità immediata”. – Adempimenti del cessionario o committente: il ricevimento di una fattura con Iva ad esigibilità differita comporta: • la numerazione della fattura e la sua annotazione nell’apposito registro ai sensi dell’art. 25, D.P.R. 633/1972; • l’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta, se e nei limiti in cui spetti, solo a partire dal momento in cui il corrispettivo dell’operazione viene pagato dando evidenza della data del pagamento. I soggetti non residenti, ai fini del rimborso dell’Iva indicata nella fattura ad esigibilità differita, ai sensi dell’art. 38-ter, D.P.R. 633/1972, dovranno dimostrare, alternativamente: • l’avvenuto pagamento del corrispettivo; • il decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione in quanto tali circostanze costituiscono il presupposto per l’effettuazione della detrazione e, quindi, per la richiesta di rimborso. – Momento di effettuazione del pagamento: ai fini dell’individuazione della data di incasso o pagamento, la circolare specifica che in tutti i casi in cui il regolamento dell’operazione non venga effettuato per contanti, occorre fare riferimento alle risultanze dei conti correnti dai quali risulta l’accreditamento del corrispettivo. 52


Pertanto, in tutti i casi in cui il pagamento avvenga attraverso: • Assegno bancario; • Ricevute bancarie; • R.I.D. Per il bonifico bancario si renderà necessario fare riferimento al momento in cui avviene l’effettivo accreditamento delle somme sui conti correnti. Tale precisazione, benché effettuata all’interno della circolare con esclusivo riferimento al cedente o prestatore, deve intendersi nondimeno valida anche per determinare il momento di effettuazione del pagamento necessario per esercitare il diritto alla detrazione. Tab. 12 – Esempio di Fattura Spett.le BETA S.r.l. Via Mazzini - Catania Fattura n. 6 del 30.11.2009 Imponibile

Euro 10.000,00

IVA 20%

Euro 2.000,00

Totale fattura

Euro 12.000,00

“Operazione con imposta ad esigibilità differita ai sensi dell’art. 7, D.L. 29.11.2008, n.

Vendita di beni strumentali – Consumo personale o familiare di beni – Prestazioni di servizio gratuite – Riaddebito delle spese comuni effettuate tra professionisti – Vendita di beni strumentali La cessione di beni strumentali (attrezzature, mobili, autoveicoli, apparecchiature elettroniche, ecc.) è soggetta al trattamento fiscale di seguito specificato. Ai fini Irpef la cessione di beni strumentali è rilevante; quindi costituisce reddito la plusvalenza eventualmente conseguita, così come è deducibile l’eventuale minusvalenza realizzata. La plusvalenza non è soggetta a ritenuta né a contributo previdenziale; vale sempre il principio di cassa. L’attrazione delle plus/minusvalenze in esame, nella categoria dei redditi di lavoro autonomo comporta la loro automatica rilevanza anche per la determinazione del valore della produzione ai fini Irap. Nella C.M. 28/E/2006, è stato altresì ufficializzato il criterio di proporzionalità nel calcolo della rilevanza fiscale della plus/minusvalenza, affermando che, in 53


relazione ai beni a deducibilità limitata (ad es. telefoni cellulari, autovetture), essa concorre a formare il reddito “nella stessa proporzione esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato”, così come previsto dall’art. 164 c. 2, D.P.R. 917/1986, nell’ambito del reddito d’impresa. In buona sostanza, si è esteso in via interpretativa ai redditi degli esercenti arti e professioni ciò che è normativamente previsto per le sole imprese all’art. 164 c. 2, D.P.R. 917/1986 (collocazione che deriva dal fatto che la fattispecie si presenta con assoluta rilevanza per i veicoli). La minusvalenza non è ammessa come componente negativo se non deriva da una transazione “con terze economie” (ovvero dalla cessione o dal risarcimento che segue il danneggiamento del cespite), bensì dalla destinazione all’uso personale o per finalità estranee all’esercizio della professione. In caso di cessione di un bene strumentale si deve emettere fattura, specificando i beni ed il loro corrispettivo registrandola nel registro delle fatture emesse. – Il trattamento fiscale ai fini Iva varia in relazione al bene venduto. • Beni con Iva detratta all’atto dell’acquisto (es. mobili, attrezzature, computer ecc.): all’atto della vendita il professionista deve emettere fattura assoggettando ad Iva del 20% il corrispettivo della vendita. • Beni con Iva detratta al 50% (es. telefonino cellulare, beni utilizzati in modo promiscuo, ecc.): all’atto della vendita si deve emettere la fattura assoggettando ad Iva del 20% solo il 50% del corrispettivo, il rimanente 50% è esente ai sensi art. 10 n. 27 quinquies legge 633/1972. • Beni con Iva detratta al 40% all’atto dell’acquisto (es. autovetture, ciclomotori acquistati in leasing): la vendita è soggetta ad Iva del 20% solo sul 40% del corrispettivo, il restante 60% è esente come sopra. • Beni con Iva non detratta all’atto dell’acquisto (es. autovettura, ciclomotori, ecc.) all’atto della vendita il professionista emette fattura esente da Iva, ai sensi dell’art. 10 n 27 quinquies, DPR 633/1972, sempre da citare. • Beni acquistati usati senza Iva da privati: la cessione è soggetta al regime speciale del margine. La base imponibile dell’Iva è costituita dallo scorporo della differenza positiva, se esiste, tra il valore di vendita ed il valore d’acquisto. Tale regime ha l’obiettivo di evitare una doppia tassazione sui beni per i quali il rivenditore ha già corrisposto in genere un prezzo comprensivo di Iva che non ha potuto detrarre, in quanto privato. Il contribuente può applicare il regime normale Iva, comunicandolo all’Ufficio con la dichiarazione annuale relativa all’anno in cui si è effettuata l’operazione. Se i beni sono venduti senza applicazione dell’Iva si deve apporre la marca da bollo di € 1,29 se il valore dei beni è superiore ad € 77,47. – Autoconsumo personale o familiare di beni Il consumo personale o familiare (cioè il passaggio dalla sfera professionale a 54


quella privata) di beni acquistati nell’ambito della professione, oppure la destinazione di tali beni a finalità estranee all’esercizio della professione, costituiscono operazioni rilevanti ai fini delle imposte Irpef ed Irap. Il valore dei beni, quindi, costituisce ricavo ai fini delle imposte dirette. Ai fini del calcolo del plus/minusvalenza si prende in considerazione il valore normale di mercato. Ai fini Iva vi è l’obbligo di emettere un’autofattura; il valore dei beni deve essere pari a quello di mercato (c.d. valore normale). Per il calcolo dell’imposta si segue le stesse regole analizzate per la vendita: il bene sarà assoggettato ad Iva nella stessa percentuale detratta all’acquisto con aliquota del 20%. Se all’atto dell’acquisto non è detratta l’Iva l’operazione sarà esente ai sensi dell’art. 10 comma 27 quiquies, DPR 633/1972. L’autofattura, da annotare sul registro delle fatture emesse, non è soggetta a ritenuta, al 2% di Cassa di previdenza o al 4% di Inps. Tab. 13 - Esempio di autofattura per il passaggio alla sfera personale Rossi Giancarlo Via Mazzini 5 – Lucca RSS GCR 67S25 E715U P.IVA 00994251793 Rossi Giancarlo Via Mazzini 5 Lucca AUTOFFATTURA N. 7 DEL 15/01/2010 Per passaggio dalla sfera professionale a quella privata dei seguenti beni: – computer portatile Compaq – stampante Epson

€ € € IVA € TOTALE €

250,00 100,00 350,00 70,00 420,00

– Prestazioni gratuite Le prestazioni gratuite, fatte salve le prestazioni deontologiche, rese dal professionista, a se stesso, ai familiari, parenti, amici, non sono soggette a Iva ai sensi dell’art. 3 del DPR 633/1972, e non sono soggette ad alcun adempimento. Analogamente, queste operazioni, mancando il corrispettivo della prestazione, non hanno alcuna rilevanza ai fini delle imposte dirette. – Riaddebito di spese fra professionisti Spesso alcuni professionisti, pur avendo partita Iva individuale, svolgono l’attività usufruendo in comune di beni e/o servizi sostenuti da uno solo di essi, nasce così l’esigenza di ripartire le spese tra gli altri professionisti. 55


La circolare ministeriale n. 58/E del 12.06.01 precisa che il riaddebito di queste spese avviene mediante l’emissione di una fattura con aliquota Iva del 20% anche qualora le spese, in origine, non siano soggette a tale imposta. La fattura non è gravata del 2% integrativo della cassa in quanto, riaddebito di costi non realizzi il presupposto di attività professionale, e senza applicazione della ritenuta. Secondo l’Agenzia delle Entrate, circolare 38/E del 23 giugno 2010 ai fini reddituali, le somme incassate per il riaddebito dei costi ad altri professionisti non costituiscono reddito e, dunque, non rilevano quale componente positivo di reddito, mentre costituiscono costo inerente l’esercizio della professione deducibile in base al principio di cassa. Il professionista al quale sono intestate le utenze potrà dedurre solo la parte delle spese, quelle cioè rimaste a suo carico. Le somme rimborsate dagli altri utilizzatori non costituiscono ricavi bensì diminuzione del costo sostenuto dal professionista intestatario dell’utenza. Un discorso a parte merita il riaddebito nel caso di distacco o prestiti del personale dipendente: questi riaddebiti non sono rilevanti ai fini Iva a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo (retribuzione, oneri sociali). Art. 8 comma 35 L.11.03.1988 n. 67 e Cassazione 6.3.96 n. 1788. Anche qui il rimborso va a costituire una riduzione del costo originario. Tab. 14 - Trattamento fiscale Beni e servizi

Documento

Iva

– locazione ufficio

fattura

20%

– spese condominiali

fattura

20%

– assicurazione immobile

fattura

Esente art 10

– utilizzo attrezzature

fattura

20%

– servizi a forfait

fattura

20%

– energia, riscaldamento, telefono

fattura

20%

– servizi di segreteria

fattura

20%

ricevuta

no

– prestiti del personale dipendente

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CONTRATTO PER RIPARTIRE LE SPESE

Con la presente scrittura privata, che rimarrà in deposito presso il notaio che procederà all’autentificazione delle firme, – l’arch…………………………………………………………………………. nato a …………………………….………. il………………………….………. residente in……………………………. C.F. ………………………………… – l’ing…………………………………………………………………………… nato a …………………………….………. il………………………….………. residente in……………………………. C.F. ………………………………… – il geom……………………………………………………………………….. nato a …………………………….………. il………………………….………. residente in……………………………. C.F. ………………………………… Premesso che l’Arch………..l’Ing……….. il Geom……… attualmente esercitano l’attività professionale individualmente, nello stesso studio sito in via………………………. occupando ciascuno n°…… vani per la propria attività e utilizzando in comune i restanti vani. – che l’arch. ….. ha stipulato i seguenti contratti: 1. contratto di locazione dell’appartamento 2. contratto di lavoro subordinato con la segretaria XY 3. contratto di fornitura di energia elettrica 4. ………………. – che l’ing. ….. ha stipulato i seguenti contratti: – che il geom. ….. ha stipulato i seguenti contratti: che i contraenti intendono utilizzare congiuntamente i servizi relativi ai contratti indicati in premessa. Tutto ciò premesso si conviene quanto segue: Art. 1 I professionisti intestatari dei contratti indicati nella premessa si obbligano a consentire che i servizi relativi ai contratti stessi siano utilizzati anche dagli altri contraenti ai fini dello svolgimento delle rispettive attività professionali.

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Art. 2 Il costo complessivo dei contratti dovrà essere ripartito fra tutti i partecipanti e sostenuto dagli stessi nelle seguenti misure: – arch. ……….…. 30% – ing. …………… 20% – geom. ………… 30% La quota di costo dei servizi come sopra determinata verrà rimborsata dai fruitori non intestatari al professionista intestatario nel termine di scadenza di pagamento al fornitore del servizio. A tal fine il professionista intestatario provvederà a emettere una nota di addebito o fattura, assoggettata ad IVA limitatamente ai contratti soggetti ad IVA, agli altri contraenti non intestatari. Art. 3 Il contratto ha durata annuale a partire dalla data della presente scrittura e sarà rinnovabile tacitamente di anno in anno, salvo disdetta da comunicare alle altre parti con un preavviso di almeno tre mesi. Art. 4 Ciascuna parte potrà recedere il presente contratto dando un preavviso di almeno quattro mesi agli altri contraenti mediante lettera raccomandata a mano. L’esercizio del diritto di recesso è gratuito. Art. 5 Il presente contratto non verrà registrato se non in caso d’uso, non essendovi l’obbligo di legge; tuttavia verrà spedito da ciascun contraente agli altri mediante raccomandata. Art. 6 Qualsiasi controversia nell’esecuzione e interpretazione del presente contratto tra i sottoscritti, loro eredi e/o aventi causa, sarà devoluta al Foro Competente di ……….. o ad un collegio di tre arbitri amichevoli compositori; i primi due nominati dalle parti, il terzo dal presidente dell’ordine degli….. (architetti, ingegneri…) di…………… Gli arbitri giudicheranno ex quo et bono, senza formalità di procedure e il loro giudizio sarà inappellabile. Art. 7 Le spese del contratto sono a carico di ciascuno in base alle quote di ripartizione stabilita all’art.2 della presente scrittura Firme

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Rimborsi spese esposti in fattura ed addebitati al cliente Spesso il professionista, oltre al compenso, espone in fattura le spese affrontate per lo svolgimento dell’incarico. Il trattamento fiscale dei rimborsi spese è evidenziato nella tabella qui sotto. Tab. 15 - Rimborsi spesa Tipologia di spesa

Iva

Ritenuta

Spese anticipate dal professionista in nome e per conto del cliente documentate (marche da bollo, tasse, diritti, ecc.)

NO

NO

Spese di telefono, fotocopie, segreteria

SI

SI

Rimborsi spese forfetari

SI

SI

Rimborsi spesa a piè di lista, per viaggi, vitto, alloggio

SI

SI

Le spese in questione, ad eccezione di quelle in nome e per conto del cliente documentate, rientrano nella base imponibile sia ai fini Iva che Irpef. Le spese anticipate in nome e per conto del cliente sono escluse dall’Iva ai sensi dell’art. 15 del DPR 633/1972; sono considerati tali quelle spese sostenute nell’esclusivo interesse del cliente il cui documento, comprovante la spese, sia intestato al cliente stesso. Tab. 16 - Esempio di fattura (A) Spese anticipate dal profess. Es. art. 15 DPR 633/72 (B) Spese di vitto, alloggio e forfetarie (C) 2% cassa solo su B imponibile IVA (solo B e C 51) (D) Iva (20% di 51) 10,20 (E) Totale fattura (C + D) (F) a detrarre ritenuta d’acconto (20% di B) Netto a pagare (E – F)

€ €

100,00 50,00

1,00

€ € €

161,20 10,00 171,29

Note di accredito o di addebito Le variazioni o rettifiche di imponibile o di Iva, successive all’emissione della fattura, possono essere regolarizzate tramite l’emissione e la registrazione di una nota di addebito per le variazioni in aumento, e nota di accredito per le variazioni in diminuzione. Le modalità di emissione sono esposte qui sotto:

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Tab. 17 - Note di accredito e di addebito Tipo di variazione In aumento

In diminuzione

(1) (2) (3) (4) (5)

Causa o motivo della variazione

qualsiasi – nullità, annullamento, Per evoca, risoluzione, sopravvenuto rescissione e simili accordo fra – mancato pagamento le parti a causa di procedure concorsuali(5) o Per altri procedure esecutive motivi (ad es. rimaste infruttuose per decisione – abbuoni o sconti previsti dell’autorità contrattualmente giudiziaria) Rettifiche di inesattezze della fatturazione dovute a operazioni inesistenti o indicazioni in fattura di corrispettivi o Iva superiore a quella reale Altri motivi (ad es. sconto unilaterale)

Periodo trascorso tra la variazione e l’operazione originaria

Tipo di nota di variazione

Iva

entro un anno (365 giorni)

Nota di addebito Nota di accredito

oltre un anno

—(3)

—(3) (4)

qualsiasi

Nota di accredito

Si(2)

entro un anno (365 giorni)

Nota di accredito

Si(2)

Oltre un anno

—(4)

qualsiasi

qualsiasi

Si(1) Si(2)

—(4)

Sanzioni: se la variazione non consegue ad accordi contrattuali sono comunque applicabili le penalità per la ritardata fatturazione. Facoltà: vi è la facoltà e non l’obbligo di emissione della nota di accredito; Resi: in caso di restituzione di merce oltre un anno per sopravvenuto accordo tra le parti, ha origine una operazione nuova del tutto autonoma rispetto a quella originaria e non una variazione di quella originaria. Tale operazione dovrà quindi essere fatturata secondo le regole generali; Iva: in questo caso la nota di accredito eventualmente emessa non ha alcuna rilevanza ai fini Iva; Fallimenti: l’orientamento (C.M. 17.04.2000 n. 77/E) nel caso delle procedure concorsuali è quello di consentire la variazione in diminuzione, per le fatture rimaste insolute, solo dopo la definizione della procedura.

Modalità di pagamento e di incasso Il D.L. 31.05.2010 n. 78 dispone la soglia ad € 5 mila per l’uso del denaro contante, il che vuol dire niente più pagamenti in contanti per importi superiori ad € 5 mila. Per tutte le transizioni operate da aziende, professionisti e cittadini, sopra tale importo, scatta l’obbligo dell’utilizzo di assegni, bonifici e carte di credito. Sempre considerando la soglia a 5 mila euro, gli assegni bancari e postali per importi pari o superiori al limite previsto nella norma dovranno essere emessi con l’indicazione del nome e della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità. Inoltre il limite di 5 mila euro riguarda l’importo complessivo della transazione. Pertanto a fronte di una fattura di 12mila euro non sarà possibile aggirare il divieto andando a frazionare il pagamento in tre tanche di 4mila euro ciascuna.

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Interessi per dilazione di pagamento e interessi moratori Sono considerati interessi per dilazione di pagamento quelli percepiti a fronte di una dilazione concessa ai clienti, anche se non prevista dal contratto; costituiscono compenso professionale e sono esenti ai fini Iva ai sensi dell’art. 10 con obbligo di emissione della fattura. Gli interessi attivi moratori e/o di rivalutazione monetaria hanno funzione di penalità per il ritardo nell’adempimento, sono estranei al regime Iva e non richiedono l’emissione della fattura; costituiscono, comunque, compenso professionale ai fini Irpef. Entrambi gli interessi non sono imponibili ai fini Irap. Gli interessi attivi bancari, anche quelli maturati sul conto professionale, non sono inerenti l’attività professionale, pertanto non hanno nessuna influenza sia sull’Iva sia sul reddito professionale, riguardando la sfera personale.

Pagamenti tardivi e interessi di mora automatici Con decorrenza 7 novembre 2002 è entrato in vigore il D.Lgs. n. 231/2002, in attuazione alla direttiva 2000/35/Ce, al fine di disincentivare la pratica dei ritardati pagamenti nelle transazioni commerciali. In base alla nuova normativa, gli interessi di mora sui debiti commerciali pagati in ritardo, decorrono automaticamente dal giorno successivo a quello di scadenza del termine di pagamento; non è più necessaria la costituzione in mora del debitore inadempiente tramite raccomandata o altro. Trattasi quindi di una mora che nasce automaticamente, senza che si debba proporre domanda alcuna. Va ricordato a riguardo, che il diritto dei professionisti per il compenso dell’opera prestata e per il rimborso delle relative spese è sottoposto alla prescrizione presuntiva triennale, ai sensi del comma n. 2 dell’art. 2956 del codice civile. Il termine di tre anni decorre dal compimento della prestazione (art. 2957 del c.c.). Oltre a detta prescrizione triennale (che peraltro non opera se l’obbligazione deriva da un contratto redatto per iscritto), il credito del professionista è soggetto alla prescrizione ordinaria decennale, stabilita dall’art. 2946 del codice civile. Che il credito sia assoggettato alla prescrizione presuntiva dei tre anni non ha però come conseguenza che lo stesso non sia suscettibile di prescrizione ordinaria decennale; quindi, se il debitore non l’ha eccepita e detta prescrizione presuntiva non viene applicata, il credito del professionista si estingue con il decorso dell’ordinario termine decennale. Si ricorda che è possibile interrompere la prescrizione e che, al tal fine, è sufficiente qualsivoglia atto specifico riportante i criteri di determinazione e la causale del credito, con il quale venga esplicitato l’intendimento del professionista di ottenere il pagamento.

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– Ambito soggettivo e oggettivo Sono soggetti alla nuova disposizione, i pagamenti a titolo di corrispettivo a seguito di contratti comunque stipulati, successivamente all’8 agosto 2002, tra: • Imprese e professionisti, • Imprese/professionisti e pubbliche amministrazioni. Rimangono escluse dalle disposizioni in commento: • i contratti stipulati tra imprese/professionisti e privati o tra pubbliche amministrazioni e privati, • contratti stipulati prima dell’8/8/2002, • pagamenti di debito oggetto di procedure concorsuali, • interessi moratori inferiori a 5 euro, • pagamenti a titolo di risarcimento danni compresi quelli effettuati da assicurazioni. – Decorrenza degli interessi moratori La normativa prevede che se i termini di pagamento non sono stabiliti nel contratto, gli interessi decorrono automaticamente alla scadenza di trenta giorni: • dalla data di ricevimento della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente, • dalla data di ricevimento delle merci o dalla data di presentazione dei servizi quando: 1) non è certa la data di ricevimento della fattura o della richiesta di pagamento, 2) la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella di ricevimento delle merci o della prestazione di servizi, • dalla data dell’accettazione o della verifica, eventualmente prevista dalla legge o dal contratto, ai fini dell’accertamento delle conformità della merce o dei servizi alle previsioni contrattuali, qualora il debitore abbia ricevuto la fattura o la richiesta di pagamento prima della data stabilita dalla legge o dal contratto per l’accettazione/verifica. Per i professionisti anche l’avviso di parcella o la parcella pro-forma costituisce documento idoneo per la decorrenza dei trenta giorni. Gli interessi di mora decorrono dal giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento soltanto se tale termine è stabilito contrattualmente. – Rimborso delle spese per recupero crediti L’art. 6 della legge in questione, oltre agli interessi di mora, determina l’obbligo del debitore di rimborsare i costi sostenuti (es. spese legali) e i danni subiti (es. interessi bancari passivi dovuti a scoperti), ove il debitore non dimostri che il ritardo non sia a lui imputabile.

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– Saggio degli interessi Il tasso d’interesse da applicare per il ritardato pagamento, salvo diverso accordo tra le parti, è determinato nella misura pari al saggio d’interesse del principale strumento di rifinanziamento della Banca Centrale Europea, alla sua più recente operazione di rifinanziamento principale effettuata il primo giorno di calendario del semestre in questione, maggiorato di 7 punti percentuali (9 nel caso di prodotti alimentari). Tale saggio sarà pubblicato in G.U. nel quinto giorno lavorativo di ciascun semestre solare. Nella tabella qui sotto si riportano i tassi di riferimento per conteggiare gli interessi di mora. Tab. 18 08.08.2002 - 31.12.2002

10,35%

01.01.2003 - 30.06.2003

9,85%

01.07.2003 - 31.12.2003

9,10%

01.01.2004 - 30.06.2004

9,02%

01.07.2004 - 31.12.2004

9,01%

01.01.2005 - 30.06.2005

9,09%

01.07.2005 - 31.12.2005

9,05%

01.01.2006 - 30.06.2006

9,25%

01.07.2006 - 31.12.2006

9,83%

01.01.2007 - 30.06.2007

10,58%

01.07.2007 - 31.12.2007

11,07%

01.01.2008 - 30.06.2008

11,20%

01.07.2008 - 31.12.2008

11,10%

01.01.2009 - 30.06.2009

9,50%

30.06.2009 - 31.12.2009

8,00%

01.01.2010 - 30.06.2010

8,00%

– Nullità di accordo iniquo Secondo l’art. 7, l’accordo tra creditore e debitore sulla data di pagamento è nullo se risulta gravemente iniquo e a danno del creditore, avuto riguardo a corretta prassi commerciale, condizione dei contraenti e rapporti commerciali tra i medesimi.

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Capitolo IV DISPOSIZIONI PER LA DEDUCIBILITÀ DEI COSTI AI FINI DELL’IVA E DELLE IMPOSTE DIRETTE – AGEVOLAZIONI

Criteri per la deducibilità dei costi Il reddito imponibile Irpef è determinato dalla differenza tra l’ammontare dei compensi, in denaro o in natura, percepiti nel periodo di imposta e l’ammontare delle spese sostenute nel medesimo periodo durante l’esercizio della professione, salvo alcune particolarità di cui si dirà in seguito. La determinazione del reddito viene effettuata in osservanza del c.d. principio di cassa, in base al quale concorrono alla formazione del reddito i compensi, se percepiti (incassati), e le spese effettivamente sostenute (pagate) nel periodo di imposta. – Condizioni generali di deducibilità (art. 50 c. 1 DPR 917/86) Le spese sono deducibili se: • Sostenute: la spesa deve essere stata effettivamente sostenuta (pagata) nel periodo di imposta, salvo le eccezioni analizzate successivamente; • Inerenti: viene rispettato il requisito dell’inerenza quando la spesa ha un’attinenza con l’attività svolta dal lavoratore autonomo. Non è necessario che vi sia inerenza specifica tra le spese ed i compensi percepiti; • Documentate: deve essere provato il sostenimento della spesa. La prova può essere costituita da qualsiasi documento fiscalmente valido (fattura, ricevuta fiscale, ricevuta semplice). Per alcune particolari spese è prevista un’apposita documentazione (es. per i carburanti dalla scheda carburante compilata). Qualora le spese siano superiori ai compensi, si determina un risultato negativo (perdita) rilevante ai fini Irpef. Tale risultato può essere portato in diminuzione degli altri redditi che concorrono alla formazione del reddito complessivo, nel medesimo periodo di imposta (art. 8, c.1 DPR 917/86). L’eventuale eccedenza non può essere portata in diminuzione del reddito degli esercizi successivi. Descritti i criteri generali per la deducibilità delle spese, si procede di seguito all’analisi di particolari spese deducibili o parzialmente deducibili, delle spese concernenti i beni strumentali, nonché degli ammortamenti.

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Alcuni costi deducibili – Immobili dei professionisti - disciplina fiscale La normativa sulla deducibilità degli immobili professionali ha subito una molteciplità di cambiamenti; si espone qui sotto un quadro di sintesi. Agli effetti delle imposte sui redditi, sussiste il requisito della strumentalità per tali immobili solo se sono impiegati esclusivamente per l’esercizio dell’arte o professione da parte del possessore. In sede di valutazione della strumentalità dell’immobile, non assume alcuna rilevanza la circostanza che l’acquisto sia stato effettuato in qualità di persona fisica, ovvero di esercente arte o professione (requisito soggettivo), mentre si rende necessario verificare se l’immobile sia destinato unicamente all’attività professionale (requisito oggettivo). Conseguentemente, quando l’immobile è un bene utilizzato unicamente per l’attività del professionista, si reputa strumentale e, conseguentemente, il relativo reddito non concorre alla formazione del reddito fondiario. Relativamente agli immobili ad utilizzo promiscuo, tale destinazione è inidonea a far assumere all’immobile la natura di bene strumentale. • Deducibilità delle spese relative all’immobile professionale - Rilevanza della data di acquisizione: a seconda della data di acquisizione dell’immobile, il regime fiscale applicabile alle spese di acquisizione di un immobile strumentale varia: • Acquisizioni effettuate fino al 14.6.1990: per gli immobili strumentali acquistati fino al 14.6.1990, è prevista la possibilità di dedurre le quote di ammortamento dal reddito professionale. Inoltre, con riferimento agli immobili acquisiti in leasing, si possono dedurre i canoni di leasing, tenendo presente che il contratto di locazione finanziaria deve risultare sottoscritto entro il 14.6.1990 e che la sua durata deve essere almeno di 8 anni. • Acquisizioni eseguite dal 15.6.1990 fino al 31.12.2006: ai sensi dell’art. 54, D.P.R. 917/1986, quanto agli immobili strumentali acquisiti tra il 15.6.1990 e il 31.12.2006, il professionista non può dedurre le corrispondenti quote di ammortamento. In particolare, fino al 1992, per gli immobili in proprietà, al professionista è consentita la deduzione della rendita catastale dell’immobile. Per contro, tale rendita catastale non è più deducibile a partire dal 1993, dal momento che l’immobile destinato ad essere utilizzato esclusivamente a fini strumentali non produce reddito fondiario. Se, nel periodo compreso tra il 15.6.1990 e il 31.12.2006, l’immobile è stato oggetto di leasing, il lavoratore autonomo può dedurre solamente un importo pari alla rendita catastale dell’unità immobiliare ai sensi dell’art. 54, co. 2, D.P.R. 917/1986, nella versione in vigore fino all’1.1.2007, mentre resta preclusa la deduzione dei canoni di leasing. 66


• Acquisizioni compiute dall’1.1.2007 al 31.12.2009: il lavoratore autonomo ha la possibilità di dedurre le quote di ammortamento ed i canoni di leasing con riferimento agli immobili strumentali acquistati o acquisiti tramite contratti di leasing sottoscritti dall’1.1.2007 al 31.12.2009 ex art. 1, co. 334 e 335, L. 296/2006. Relativamente ai primi 3 periodi d’imposta (2007, 2008 e 2009) il lavoratore autonomo può dedurre solamente 1/3 della quota di ammortamento o della quota di competenza del canone di leasing. Sono indeducibili le quote di ammortamento e i canoni di leasing per la parte riferita al terreno sul quale insiste l’immobile ovvero per la parte relativa al terreno pertinenziale, secondo quanto stabilito dall’art. 36, co. 7 e 7-bis, D.L. 223/2006, conv. con modif. dalla L. 248/2006. Secondo quanto ha osservato l’IRDEC attraverso la Circolare 19/IR/2010, per gli immobili di proprietà, il valore da scorporare corrisponde al 20% del costo complessivo sostenuto per l’acquisto dell’immobile, comprensivo del valore dell’area, tranne nel caso di aree autonomamente acquistate in precedenza, per le quali va considerato il costo effettivo di acquisizione. La stessa procedura si adotta per i fabbricati strumentali detenuti in locazione finanziaria: in tal caso si prende in considerazione la quota capitale dei relativi canoni (importo derivante dal rapporto tra il costo sopportato dalla società concedente e il numero dei giorni di durata del contratto di leasing, moltiplicato per il numero dei giorni di pertinenza del periodo di imposta ex art. 1, D.M. 24.4.1998). • Acquisizioni poste in essere dall’1.1.2010: per gli immobili acquistati a partire dall’1.1.2010 e per i contratti di locazione finanziaria conclusi a partire dalla stessa data, si applica un regime di totale indeducibilità delle quote di ammortamento e dei canoni di leasing (R.M. 13/E/2010). Per i contratti di leasing stipulati a partire dall’1.1.2010, la rendita catastale dell’immobile non potrà essere portata in deduzione. • Deducibilità degli ammortamenti o dei canoni di leasing - Criterio di competenza: con riguardo ai contratti di leasing, la deduzione dei canoni viene concessa a patto che la durata del contratto di leasing non sia inferiore alla metà del periodo di ammortamento ordinario determinato con i coefficienti indicati nel D.M. 29.10.1974 per i contratti stipulati fino al 31.12.1988 e, in ordine a quelli stipulati in epoca successiva, nel D.M. 31.12.1988 e, in ogni caso, con un minimo di 8 anni ed un massimo di 15 anni per gli immobili. Quanto ai canoni di leasing riferiti a contratti stipulati dal 2.3.1989, la deduzione avviene in ossequio al principio di competenza. Analogamente, per la deduzione delle quote di ammortamento (o della rendita catastale) si adotta tale criterio. 67


• Acquisto di immobili ad uso promiscuo - Regime di deducibilità in vigore dall’1.1.2007: dall’1.1.2007 il professionista può dedurre il 50% della rendita catastale, se l’immobile è in proprietà, ovvero il 50% del canone di leasing, qualora l’immobile sia detenuto in leasing purché il contribuente non disponga di altri immobili ad uso professionale nell’ambito dello stesso Comune. Con riferimento agli immobili ad utilizzo promiscuo in leasing, risultano deducibili al 50% solamente i canoni relativi ai contratti stipulati dall’1.1.2007 al 31.12.2009, mentre, in relazione ai contratti conclusi dall’1.1.2010, non è deducibile nemmeno il 50% della rendita catastale dell’immobile promiscuo (Circ. 19/IR/2010). In ogni caso, anche per i periodi d’imposta successivi al 2009, la deduzione relativa agli immobili ad uso promiscuo (in proprietà o locazione, anche finanziaria) resta subordinata all’osservanza della condizione che il contribuente non disponga di altri immobili ad uso professionale nell’ambito dello stesso Comune. • Acquisto dell’immobile strumentale professionale - Detraibilità dell’Iva assolta: ricorrendo i presupposti prescritti dagli artt. 19 e segg., D.P.R. 633/1972, spetta al professionista il diritto di detrarre l’Iva assolta per rivalsa al momento dell’acquisto dell’immobile strumentale. Si osserva che, in caso di acquisto di un immobile strumentale da parte di uno studio associato, anche se lo studio è privo di personalità giuridica e i relativi effetti si dispiegano nei riguardi dei singoli associati, spetta all’associazione il diritto di detrarre l’imposta assolta sull’acquisto purché risulti comprovata, attraverso apposita previsione contenuta nell’atto d’acquisto o in altra idonea documentazione, la destinazione dell’immobile all’esercizio dell’attività professionale. Nell’ipotesi di scioglimento dello studio associato, la retrocessione dell’immobile strumentale agli associati è soggetta ad autofatturazione con addebito dell’Iva (R.M. 15.2.2008, n. 48/E). • Cessione dell’immobile strumentale ad una società di leasing - Rilevanza della minusvalenza o della plusvalenza: relativamente alla cessione del bene immobile alla società di leasing, sono valide le regole ordinarie previste per il reddito di lavoro autonomo nelle ipotesi di cessione di immobili strumentali, conformemente a quanto ribadito dalla R.M. 13/E/2010, che, in risposta ad un’istanza di interpello, ha spiegato il trattamento fiscale applicabile alla cessione di un bene immobile strumentale e alla successiva stipula di un contratto di locazione finanziaria. Ai sensi dell’art. 54, co. 1-bis, D.P.R. 917/1986, inserito dall’art. 36, co. 29, D.L. 223/2006, conv. con modif. dalla L. 248/2006, le plusvalenze e le 68


minusvalenze dei beni strumentali influiscono sulla quantificazione del reddito di lavoro autonomo. Ad opera dell’art. 1, co. 334, L. 296/2006, tali norme sono state estese anche agli immobili ad uso strumentale e, al tempo stesso, ha assunto rilevanza, ai fini del reddito di lavoro autonomo, il costo di acquisto degli immobili. Con l’interrogazione parlamentare 5-00752/2007, si è specificato che l’estromissione dei beni immobili strumentali per effetto di cessione, risarcimento e simili dal regime del reddito di lavoro autonomo è idonea a generare plusvalenze tassabili o minusvalenze deducibili, solamente se riferibili ad immobili acquisiti dopo l’1.1.2007. Al contrario, risultano del tutto irrilevanti le plusvalenze o minusvalenze conseguite dalla cessione di un immobile strumentale acquistato prima dell’1.1.2007. La Circ. 19/IR/2010 ha rilevato che l’acquisto dell’immobile in epoca successiva all’1.1.2007 costituisce condizione necessaria, ma non sufficiente, per attribuire rilevanza alle plusvalenze e alle minusvalenze relative agli immobili strumentali e che, a tale scopo, occorre che, durante il possesso dell’immobile, siano ammessi in deduzione gli ammortamenti del corrispondente costo nel rispetto della tutela dell’affidamento dei contribuenti e della certezza dei rapporti giuridici, oltre che coerentemente con i principi posti alla base della quantificazione del reddito di lavoro autonomo. • Vendita dell’immobile strumentale professionale - Rettifica della detrazione Iva: sono imponibili con Iva al 20% tutti i corrispettivi ricevuti dai professionisti a fronte di cessioni di beni strumentali, ad eccezione di quelli per i quali il tributo non è stato detratto all’acquisto, che sono esenti. In genere, quindi, se l’Iva addebitata al professionista al momento dell’acquisto è stata totalmente detratta, il professionista all’atto della successiva vendita deve emettere fattura ed assoggettare il corrispettivo ad imposta. Le cessioni di beni ammortizzabili non partecipano al volume d’affari. Per i fabbricati la rettifica successiva a quella effettuata al momento dell’entrata in funzione va operata in tanti decimi quanti sono gli anni mancanti al compimento del decennio. L’anno di entrata in funzione ed i 9 anni seguenti decorrono dall’acquisto o ultimazione con riferimento ai fabbricati o loro porzioni. Tuttavia, se la cessione dell’immobile è avvenuta una volta trascorsi 10 anni da quello dell’acquisto, si esclude la necessità di effettuare interventi di rettifica della detrazione in quanto, in base all’art. 19-bis2, co. 8, D.P.R. 633/1972, il periodo di rettifica per i fabbricati è stabilito in 10 anni.

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Tab. 19 Tipologia di operazione

Disciplina ai fini Iva

Acquisto

Il tributo è detraibile al 100%. Il diritto alla detrazione compete anche allo studio associato se, nell’atto d’acquisto o in altra idonea documentazione, emerge la destinazione dell’immobile all’esercizio dell’attività professionale.

Vendita

Sono imponibili con Iva al 20% tutti i corrispettivi ricevuti per cessioni di beni strumentali, tranne quelli che non hanno beneficiato della detrazione dell’Iva, che sono esenti. Le cessioni di beni ammortizzabili sono escluse dal volume d’affari. La rettifica della detrazione Iva, successiva a quella dell’entrata in funzione, si opera in tanti decimi quanti sono gli anni mancanti al compimento del decennio dall’acquisizione. Se la cessione dell’immobile è avvenuta dopo 10 anni dall’acquisto, non occorre effettuare la rettifica della detrazione.

Tab. 20 DISCIPLINA AI FINI IRPEF - IMMOBILI IN PROPRIETÀ

Data di acquisto Fino al 14.6.1990

Immobile strumentale

Immobile ad uso promiscuo

Deduzione quote di ammortamento maturate dal 1985

Dal 15.6.1990 al 31.12.2006 Nessun ammortamento Dall’1.1.2007 al 31.12.2009

1/3 quota di ammortamento nel triennio 2007-2009 e deduzione integrale successivamente

Dall’1.1.2010

Nessun ammortamento

Deducibilità 50% rendita catastale

IMMOBILI IN LEASING

Data di stipula del contratto

Immobile strumentale

Fino all’1.3.1989

Deduzione dei canoni, con il criterio di cassa

Dal 2.3.1989 al 14.6.1990

Deduzione dei canoni (durata minima del contratto 8 anni), con il criterio di competenza

Dal 15.6.1990 al 31.12.2006 Nessuna deduzione dei canoni. Ammessa la deduzione di un importo pari alla rendita catastale

Immobile ad uso promiscuo

Deducibilità 50% rendita catastale

Dall’1.1.2007 al 31.12.2009

Deduzione dei canoni (durata minima Deducibilità 50% (ridotto a del contratto 15 anni) nella misura di 1/3 per il triennio 2007-2009) 1/3 per il triennio 2007-2009 ed canone leasing integralmente nei periodi successivi

Dall’1.1.2010

Nessuna deduzione

Nessuna deducibilità

IMMOBILI IN LOCAZIONE

Data di stipula del contratto

Immobile strumentale

Immobile ad uso promiscuo

Entro il 31.12.2009

Deducibilità canoni locazione

Deducibilità 50% canoni locazione

Dall’1.1.2010

Deducibilità canoni locazione

Deducibilità 50% canoni locazione

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– Manutenzioni e migliorie su beni immobili: la distinzione da fare è tra spese che non incrementano il costo del bene cui si riferiscono (manutenzioni) – in quanto tendono a mantenere in efficienza gli immobili – e costi che si “capitalizzano” (migliorie) – in quanto determinano un aumento significativo e tangibile della capacità produttiva o della vita utile del cespite. Il trattamento fiscale si differenzia a seconda che il bene immobile sia strumentale per la professione oppure utilizzato promiscuamente. Manutenzioni: per gli immobili strumentali la deducibilità è ammessa nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili risultanti dal registro di cui all’art. 19, D.P.R. 600/1973 (11) all’inizio del periodo d’imposta. L’eccedenza è deducibile in 5 quote costanti nei periodi d’imposta successivi. Manca una disposizione per individuare le modalità di deduzione nell’anno di inizio dell’attività professionale (come, invece, avviene nel reddito d’impresa, allorché si fa riferimento all’ammontare dei cespiti esistenti alla fine del periodo d’imposta) e l’impatto (che letteralmente non sussiste) – ai fini del calcolo del plafond cui applicare il 5% – che hanno i beni acquistati o ceduti nel corso dell’anno (si ricorda che nel reddito d’impresa tali beni concorrono alla formazione del plafond in funzione del periodo di possesso nel corso dell’anno). Si ritiene che le spese in commento sostenute relativamente a immobili ad uso promiscuo siano deducibili in misura pari al 50%, e rileva anche il plafond del 5%. Spese incrementative: per gli immobili strumentali la deduzione avviene: (12) • in base alle regole dell’ammortamento per i beni ammortizzabili ossia per quelli acquistati nel triennio 2007-2009 (C.M. 18.6.2008, n. 47/E) ovvero entro il 14.6.1990; • in quote costanti nel periodo d’imposta in cui sono sostenute e nei quattro successivi per gli immobili acquistati nel periodo 15.6.1990 - 31.12.2006, anche per le spese sostenute dall’1.1.2007. Diversamente, con riferimento alle spese di natura incrementativa sostenute sugli immobili ad uso promiscuo, non essendo possibile imputarle ad incremento del costo in quanto detto costo non è fiscalmente riconosciuto (si ricorda che è ammesso in deduzione il 50% della sola rendita catastale), si deve ritenere che la deduzione segua le regole previste per le spese non incrementative (nel limite del 5% del valore dei cespiti risultanti all’inizio dell’anno) nella misura del 50%. Spese su immobili di terzi: se i lavori di miglioria o di manutenzione sono effettuati su un immobile di proprietà di terzi ovvero acquisito a titolo gratuito (per successione o donazione) le spese sono deducibili nel limite del 5% del costo complessivo degli altri beni materiali ammortizzabili risultante dal registro ex art. 19, D.P.R. 600/1973 all’inizio del periodo d’imposta. L’eccedenza è deducibile in quote costanti nei 5 periodi d’imposta successivi (R.M. 8.4.2009, n. 99/E). Inoltre ancora per il 2010, ai sensi dell’art. 1, co. da 344 a 347, L. 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007) e successive modifiche, è riconosciuta una detrazione 71


dalle imposte sui redditi (Irpef e Ires) pari al 55% delle spese per il risparmio energetico sostenuta, da ripartire in tre rate annuali di pari importo nel modello di dichiarazione delle imposte, anche alle associazioni tra professionisti. – Veicoli Consistono in autoveicoli, autovetture, ciclomotori e motocicli. • Le autovetture per il trasporto di persone, autocaravan, ciclomotori e motocicli sono deducibili al 40% (mediante il processo d’ammortamento in quattro anni), la deduzione è ammessa per un solo mezzo nel caso di professionista individuale; in caso di studio associato uno per ogni socio. In quest’ultima condizione, non essendo possibile intestare gli autoveicoli allo studio associato, è opportuno che il socio conferisca in uso allo studio l’autoveicolo mediante una semplice scrittura privata di comodato gratuito. Limiti: le autovetture sono deducibili mediante il processo d’ammortamento per un massimo di € 9.038,00 (50% 18.076,00), i motocicli per un massimo di € 2.065,83 (50% 4.131,66), i ciclomotori per un massimo di € 1.032,92 (50% 2.065,83); tali limiti valgono anche se acquistati in leasing. • Il fisco presuppone l’utilizzo in modo promiscuo di questi beni, consentendo quindi la deduzione al 40%. Sono deducibili al 100% se dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte dell’anno (almeno 183 giorni, anche per periodi discontinui), in quanto in questo caso viene calcolato il fringe benefit al dipendente. L’Iva detraibile al 40%. Naturalmente, a tale regime di deduzione al 40% e di detraibilità dell’Iva al 40%, sono soggette tutte le spese inerenti agli autoveicoli suddetti (es. manutenzione, carburanti, assicurazioni, tasse, parcheggio e custodia auto, pedaggi stradali, noleggio e locazione ecc.) • Gli autocarri, gli autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e cose e gli autoveicoli sono deducibili al 100% se esclusivamente strumentali all’attività professionale (veicoli senza i quali non può essere esercitata l’attività, es. auto delle imprese di noleggio o di scuole guida, l’auto dei taxi C.M. 13.02.1997 n. 37/E). È difficile ravvisare tale fattispecie in un’attività professionale. L’Iva in ogni caso è detraibile al 40%. – Leasing beni mobili strumentali I canoni leasing sono interamente deducibili ai fini Irpef ed Irap. La deduzione è ammessa solo se la durata del contratto di leasing non è inferiore alla metà del periodo d’ammortamento determinato dal coefficiente d’ammortamento stabilito dal D.M. 29/10/1974. Ad esempio per i computers il coefficiente è il 20%, quindi il periodo di ammortamento è di 5 anni, e la durata del contratto di leasing relativo a tali beni deve essere almeno pari a 30 mesi. I canoni leasing sono deducibili per competenza e non nel periodo di pagamento 72


(cassa); anche il maxi canone, pur se pagato totalmente, è deducibile in base alla durata dell’intero contratto. L’Iva è totalmente deducibile. – Beni strumentali materiali Sono considerati strumentali quei beni la cui utilità non si esaurisce in un solo esercizio, ma partecipano alla formazione del reddito di più esercizi. Trattasi di computers, macchine per ufficio, apparecchiature, mobili, attrezzature, impianti ecc. La spesa relativa a tali beni non è deducibile interamente nell’anno di pagamento, bensì in quote costanti d’ammortamento in base alle percentuali stabilite dal ministero, non sono ammessi ammortamenti accelerati, così come previsto per le imprese. Se sono dedotte quote di ammortamento inferiori a quelle determinate dall’applicazione consentita (anche se inferiori al 50% dello stesso c.d. ammortamento pregresso), la differenza potrà essere dedotta negli esercizi successivi. Come si è visto il reddito professionale si determina applicando il principio di cassa; tra le deroghe a tale principio vi sono proprio i beni ammortizzabili di costo superiore a 516,46 €; per cui la partecipazione al costo dei beni strumentali deve avvenire per quote, a prescindere dall’effettivo pagamento del bene, ancorché nel contratto di acquisto sia stato convenuto il pagamento rateale o questo non sia ancora avvenuto. Per i beni strumentali di costo unitario non superiore ad € 516,46, è consentita la deduzione integrale della spesa nell’esercizio dell’effettivo sostenimento, applicandosi, quindi, il principio di deducibilità per cassa. In caso di beni ad utilizzo promiscuo, cioè sia per l’esercizio della professione che per uso personale o familiare, la deduzione delle quote di ammortamento e delle relative spese è del 50%, anche se di valore inferiore a € 516,46, salvo per l’autovettura che è del 40%. La percentuale dell’ammortamento è la stessa anche per i beni acquistati nel corso dell’anno. Nel caso di cessione dei beni strumentali nel corso dell’anno, mentre per il reddito d’impresa è intervenuta una risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 41/E del 12/02/02, che consente anche ai fini fiscali la contabilizzazione delle quote di ammortamento in proporzione al periodo di utilizzo, per i professionisti non esiste norma di riferimento o alcun pronunciamento ministeriale.

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Tab. 21 - Coefficienti di ammortamento per le attività professionali Descrizione del bene strumentale

Coefficienti di ammortamento

– Edifici

3%

– Costruzioni leggere

10%

– Mobili e macchine ordinarie d’ufficio

12%

– Macchinari, apparecchi e attrezzature varie (condizionamento, frigoriferi, distributore automatico ecc.)

15%

– Macchine d’ufficio elettriche, compresi computers, sistemi telefonici, fax, stampanti, fotocopiatrici, ecc.

20%

– Impianti interni speciali di comunicazione e teleselezione

25%

– Ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria dei locali utilizzati per l’attività

20%

– Impianti di allarme, – Impianti di ripresa fotografica, cinematografica e televisiva

30%

– Deducibilità parziale Irap: a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31.12.2008, il D.L. 29.11.2008, n. 185, conv. con modif. dalla L. 28.1.2009, n. 2 ha introdotto una parziale deducibilità dell’Irap dalle imposte sui redditi (Ires e Irpef) e ciò in deroga al generale principio di indeducibilità dell’Irap dalle imposte sui redditi sancito dall’art. 1, co. 2, D.Lgs. 446/1997 dall’art. 1, co. 43, Finanziaria 2008. In particolare, ai sensi dell’art. 6, co. 1, D.L. 185/2008, è prevista la deducibilità di un importo pari al 10% dell’Irap, forfetariamente riferita all’imposta dovuta sulla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto degli interessi attivi e proventi assimilati ovvero delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti ai sensi dell’art. 11, co. 1, lett. a), 1-bis), 4-bis), 4-bis).1, D.Lgs. 446/1997. – Lavoro a progetto e occasionale L’articolo 34 della legge 342/2000 ha modificato il trattamento fiscale applicabile alle collaborazioni coordinate e continuative, facendole rientrare tra le attività di lavoro dipendente o assimilate, cosiddetta area di parasubordinazione. Successivamente il D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 ha introdotto il “contratto a progetto” quale modalità di svolgimento delle collaborazioni coordinate e continuative. Le novità legislative interessano pertanto le seguenti tipologie: • Presupposti: i presupposti fondamentali del lavoro a progetto sono: a) sottoscrizione di uno o più progetti specifici o di un programma di lavoro ovvero di una fase di lavoro; 74


b) c) d) e)

autonoma gestione da parte del collaboratore dei progetti/programmi/fasi; nessun vincolo di subordinazione; coordinamento con l’attività del committente; contenuto prevalentemente personale della prestazione svolta dal collaboratore; f) definizione di un risultato da conseguire. • Esclusioni dal lavoro a progetto: ai sensi dell’art. 61, c. 2 e 3, D.Lgs. 276/2003 e come chiarito dalla circolare in oggetto non rientrano nell’ambito del lavoro a progetto: a) prestazioni occasionali: sono quelle di durata non superiore ai 30 giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente ed aventi compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare, sempre con il medesimo committente, non superiore ad Euro 5.000,00. Si veda paragrafo a pag. 17; b) gli agenti e i rappresentanti di commercio; c) le professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo (24.10.2003); d) i rapporti e le attività di collaborazione utilizzate a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI; e) i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società; f) i partecipanti a collegi e commissioni: in tale espressione sono inclusi anche quegli organismi aventi natura tecnica; g) coloro che percepiscono la pensione di vecchiaia: sono quei soggetti titolari di una pensione di anzianità o invalidità che, ai sensi della normativa vigente, al raggiungimento del 65° anno di età, vedono automaticamente trasformato il loro trattamento in pensione di vecchiaia. • Forma: l’art. 62 D.Lgs. 276/2003 stabilisce che il contratto di lavoro a progetto deve essere stipulato in forma scritta. La circolare in oggetto precisa che la forma scritta è richiesta ad probationem e non ad substantiam. In pratica è necessario sottolineare che, seppur la forma scritta sia richiesta ai soli fini della prova, tale forma assume rilevanza per dimostrare alcuni elementi espressamente previsti per le collaborazioni a progetto (contenuto del progetto o del programma di lavoro o di una fase) ai fini di un eventuale contenzioso. • Requisiti ed elementi: ai fini della prova del contratto di lavoro a progetto lo stesso deve contenere le seguenti informazioni: 75


a) indicazione della durata, determinata o determinabile della prestazione di lavoro. La durata è funzionale alla realizzazione del progetto o del programma convenuto in regime di totale autonomia; b) indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, e del relativo contenuto; c) il corrispettivo e i criteri di determinazione dello stesso, nonché i tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese. Il corrispettivo deve essere di ammontare proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito e deve tenere conto del compenso che normalmente verrebbe corrisposto in caso di analoga prestazione di lavoro autonomo. In tale modo viene escluso l’utilizzo delle disposizioni in materia di retribuzione stabilite dalla contrattazione collettiva per i lavoratori subordinati. La quantificazione del corrispettivo deve inoltre basarsi sulla natura e durata del progetto o del programma e quindi sul risultato della collaborazione. La circolare precisa inoltre che nel contratto di lavoro a progetto è possibile escludere o ridurre il compenso pattuito nel caso in cui il risultato non sia stato perseguito o la sua qualità sia tale da comprometterne l’utilità; d) l’attività di coordinamento del lavoratore a progetto con il committente sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa, che in ogni caso non può essere tale da ostacolare l’autonomia nella esecuzione dell’obbligazione lavorativa; e) le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto, fermo restando quanto disposto dall’art. 66 c. 4, D.Lgs. 276/2003. • Definizione di progetto: la circolare in esame: a) definisce il progetto come un’attività produttiva funzionalmente collegata a un determinato risultato cui il collaboratore, come singolo o in quanto componente di un gruppo, partecipa direttamente con la sua prestazione. In pratica è necessario specificare gli interventi tecnici, operativi ed organizzativi che devono orientare l’attività del collaboratore; b) stabilisce che l’individuazione del progetto compete al committente; c) precisa che l’oggetto della prestazione può essere connessa non solo all’attività accessoria, ma anche a quella principale del committente. In pratica è possibile ipotizzare che un lavoratore a progetto svolga mansioni anche tipiche dei lavoratori dipendenti, ma è necessario che il progetto abbia una durata individuabile, legata a specifici eventi ovvero a obiettivi che la giustifichino; d) prevede che le valutazioni e le scelte tecniche, organizzative e produttive inerenti il progetto sono insindacabili. 76


• Definizione di programma o fase di esso: in base a quanto disposto dalla circolare in esame per programma si intende un’attività che, a differenza del progetto, si riconduce direttamente ad un risultato parziale, il quale potrà essere integrato, per la sua conclusione, da altre lavorazioni e risultati parziali. • Autonomia gestionale del progetto o del programma: nell’ambito del progetto o del programma la definizione dei tempi di lavoro e delle relative modalità è rimessa al collaboratore. • Mancata redazione del progetto: in mancanza del progetto i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto. È possibile però fornire la prova contraria. • Definizione di coordinamento: la circolare in esame precisa che il collaboratore a progetto può operare all’interno del ciclo produttivo del committente e di conseguenza deve necessariamente coordinare la propria prestazione con le esigenze organizzative del committente. Il coordinamento può riguardare sia i tempi di lavoro che le modalità di esecuzione del progetto o del programma di lavoro. Tali precisazioni tendono a limare le differenze tra lavoro a progetto e lavoro subordinato. Al riguardo sarebbero necessari ulteriori chiarimenti ministeriali. • Possibilità di rinnovo: lo stesso progetto o programma di lavoro può essere oggetto di successivi contratti con lo stesso collaboratore. Quest’ultimo può essere impiegato successivamente anche per progetti o programmi aventi contenuto del tutto diverso. I rinnovi così come i nuovi progetti o programmi devono presentare, autonomamente, i requisiti di legge. • Risoluzione: la risoluzione del contratto può avvenire: – alla scadenza: al compimento del progetto o del programma o della fase di esso che ne costituisce l’oggetto; – prima della scadenza: le parti possono recedere prima della scadenza; – per giusta causa; – secondo le modalità stabilite contrattualmente incluso anche il preavviso. • Tutele previdenziali ed assistenziali: le tutele assistenziali e previdenziali stabilite dalle norme vigenti a favore dei collaboratori coordinati e continuativi non subiscono alcuna modifica. 77


Pertanto, i sottoscrittori dei contratti di lavoro a progetto, obbligati all’iscrizione alla Gestione separata Inps di cui all’art. 2, c. 26 e segg., L. 335/1995 beneficiano: a) dell’indennità di maternità; b) dell’indennità di malattia in caso di ricovero ospedaliero. Inoltre, l’art. 66 D.Lgs. 276/2003 stabilisce la sospensione del contratto, senza erogazione del corrispettivo, nei seguenti casi: a) gravidanza: fermo restando l’invio, ai fini della prova, di idonea certificazione scritta la durata stabilita dal contratto di lavoro a progetto è prorogata per un periodo pari a 180 giorni, salvo disposizione più favorevole prevista nel contratto; b) malattia - infortunio: fermo restando l’invio, ai fini della prova, di idonea certificazione scritta, la sospensione del contratto di lavoro a progetto non determina una proroga della durata del contratto che si estingue alla scadenza a meno che le parti non stabiliscano diversamente. Il committente può recedere dal contratto se la sospensione si protrae per un periodo di tempo superiore a 1/6 della durata stabilita nel contratto, quando la stessa è stata determinata, ovvero superiore a 30 giorni per i contratti a durata determinabile. • Trattamento fiscale Alla luce delle indicazioni fin qui fornite, e soprattutto in considerazione del fatto che la legge Biagi, nel prevedere l’obbligo del progetto o programma di lavoro, non ha determinato effetti di tipo fiscale, appare possibile effettuare la seguente classificazione: a) collaborazioni coordinate e continuative realizzate secondo i requisiti del lavoro a progetto di cui agli artt. 61 e segg. D.Lgs. 276/2003: i relativi proventi costituiscono redditi assimilati al lavoro dipendente ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. c bis), del Tuir tassati non più con ritenuta del 20% ma con una busta paga secondo le aliquote previste. b) collaborazioni coordinate e continuative di breve durata, qualificate dall’art. 62, comma 2, come prestazioni occasionali. Esse sono caratterizzate dalla contemporanea presenza di due requisiti: la durata complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dello stesso anno solare e con il medesimo committente, e l’importo non superiore a 5.000 euro. Il modesto ammontare dei compensi percepiti e la durata limitata delle prestazioni non fanno venir meno la natura dei redditi, che devono, ai sensi dell’art. 50 prima richiamato, essere assimilati al lavoro dipendente; c) prestazioni di lavoro autonomo e d’impresa occasionali, di importo non superiore a 5.000 euro, ove non si riscontri né un’attività di coordinamento, né una continuità delle prestazioni: si tratta ad esempio delle prestazioni rese durante una singola giornata di lavoro. I compensi così 78


percepiti devono essere qualificati nell’ambito dei redditi diversi di cui all’art. 67 del Tuir (già 81). La mancanza della continuità delle prestazioni spiega per quali ragioni il Legislatore, indipendentemente dall’importo dei compensi percepiti, non abbia previsto l’obbligo di predisporre il progetto. Per quanto riguarda le prestazioni di lavoro autonomo occasionale, se il committente ha natura di sostituto d’imposta dev’essere effettuata la ritenuta d’acconto nella misura del 20 per cento; d) prestazioni di cui alla precedente lett. c), caratterizzate dalla mancanza di continuità e dall’assenza di coordinamento, di importo superiore a 5.000 euro; anche in questo caso i relativi proventi debbono essere qualificati come redditi diversi. Il superamento del limite di 5.000 euro determina, a decorrere dal 1° gennaio 2004, e per i soli esercenti attività di lavoro autonomo occasionale, la nascita dell’obbligo contributivo, dovendo versare i contributi ai sensi dell’art. 44, comma 2, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, conv. con modif. con L. 24 novembre 2003, n. 326. • Sicurezza: nel caso in cui la prestazione del collaboratore si svolga nei luoghi di lavoro del committente, il collaboratore ha diritto alla tutela della salute e della sicurezza di cui al D.Lgs. 626/1994. In particolare il committente è tenuto a verificare l’idoneità tecnico-professionale del prestatore d’opera, a informarlo dei rischi specifici esistenti nell’ambiente e delle misure di prevenzione e di emergenza adottate. Il Ministero del Lavoro precisa nella circolare in esame che è necessaria una riscrittura delle norme relative alla salute e alla sicurezza nei luoghi di lavoro per tenere conto delle peculiarità del lavoro a progetto. • Svolgimento del rapporto ed obblighi del collaboratore: al collaboratore è consentita la possibilità di svolgere l’attività nei confronti di più committenti. Tuttavia il contratto può limitare in tutto o in parte tale facoltà. Il collaboratore deve porre particolare attenzione all’obbligo di non concorrenza nei confronti del committente e al divieto di compiere atti che possano recare pregiudizio allo stesso committente (diffondere notizie, apprezzamenti attinenti ai programmi, all’organizzazione, ecc.). • Sanzioni: la circolare evidenzia l’applicazione di sanzioni in due casi: a) assenza di progetto o programma o fase: quando i contratti vengono instaurati senza la definizione di un progetto o di un programma di lavoro o di una fase di esso sono considerati contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sino dal momento della costituzione. La circolare in oggetto evidenzia che la norma configura una presunzione che può essere superata qualora il committente fornisca in giudizio prova dell’esistenza di un rapporto di lavoro effettivamente autonomo; 79


b) mancanza di autonomia del rapporto: il rapporto di lavoro a progetto si trasforma in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti quando il giudice accerta che il rapporto instaurato sia venuto a configurare un contratto di lavoro subordinato per difetto dell’autonomia. Il controllo giudiziale è limitato esclusivamente all’accertamento dell’esistenza del progetto, programma di lavoro o fase di esso e della sua realizzazione e non può quindi riguardare le scelte imprenditoriali del committente. • Regime transitorio: la circolare in oggetto dispone che le collaborazioni stipulate secondo le disposizioni previgenti: • non riconducibili ad un progetto restano valide fino alla scadenza stabilita e comunque non oltre un anno dall’entrata in vigore del D.Lgs. 276/2003 (24 ottobre 2004); • riconducibili ad un progetto possono continuare in base alle volontà delle parti considerando i limiti stabiliti dalla nuova disciplina. • Con riferimento alle collaborazioni non riconducibili ad un progetto, stipulate ai sensi della normativa previgente l’entrata in vigore del D.Lgs. 276/2003 queste potranno esplicare la loro validità anche per periodi superiori l’anno (a partire dal 24.10.2003) a seguito di accordi in sede aziendale con le istanze aziendali dei sindacati con le quali il datore di lavoro contratta la transizione di questi collaboratori o verso il lavoro a progetto o verso una forma di rapporto di lavoro subordinata. – Lavoro occasionale - Definizione: la circolare in oggetto precisa che sussiste lavoro occasionale in presenza dei seguenti presupposti: a) la durata della prestazione con lo stesso committente non è superiore a 30 giorni nel corso dell’anno solare; b) il compenso percepito con ogni committente è pari o inferiore ad Euro 5.000,00 nell’anno solare. La circolare chiarisce inoltre che per “prestazioni occasionali” si intendono sia: a) le collaborazioni coordinate e continuative di limitata portata per le quali si è ritenuto non necessario la definizione di un progetto definibili “co.co.co. occasionali”; b) i rapporti occasionali veri e propri disciplinati dall’art. 2222 c.c. • Lavoro occasionale - Trattamento previdenziale: si possono distinguere le seguenti fattispecie: a) coordinate e continuative occasionali: se la prestazione occasionale soddisfa i requisiti di continuità e coordinamento, anche se esclusa dal rispetto delle norme disposte per il lavoro a progetto, sono dovuti i contributi per la Gestione separata dell’Inps; 80


b) rapporti occasionali ex art. 2222 c.c.: se la prestazione occasionale è priva dei requisiti di continuità e coordinamento non è dovuto alcun contributo previdenziale. • Lavoro occasionale - Trattamento fiscale: ai fini della tassazione del lavoro occasionale è opportuno distinguere: a) c.c.c. occasionali: si ritiene che tali redditi siano da considerare come redditi assimilati a quello di lavoro dipendente; b) rapporti occasionali ex art. 2222 c.c. (art. 67, c. 1, lett. l, nuovo D.P.R. 917/1986): si applica la ritenuta a titolo d’acconto pari al 20%. – Contratto di co.co.co. occasionale: si ritiene utile evidenziare la presenza di c.c.c. occasionali attraverso la stesura di apposito contratto nel quale venga evidenziato: a) che si tratta di rapporto posto in essere ai sensi dell’art. 61 c. 2, D.Lgs. 276/2003; b) l’oggetto della prestazione; c) la durata inferiore o pari a 30 giorni; d) il compenso entro il limite massimo di Euro 5.000,00; e) l’esclusione di qualsiasi tipologia di lavoro subordinato; f) il coordinamento con il committente. – Software - Programmi applicativi per il computer I software e altri beni immateriali, anche se acquistati in proprietà dal professionista, sono deducibili interamente nell’anno di pagamento sia ai fini Irpef che Irap. – Spese per prestazioni di lavoro subordinato Sono deducibili ai fini Irpef tutte le spese relative al personale dipendente, comprese le quote annuali accantonate per indennità, quiescenza e previdenza. – Somme corrisposte ai praticanti I compensi corrisposti a titolo di pratica professionale sono considerati, ai sensi dell’art 47 del TUIR, redditi assimilati al lavoro dipendente se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante. Pertanto le somme corrisposte a titolo di addestramento professionale devono essere tassate secondo la normativa prevista per i lavoratori dipendenti, con attribuzione, quindi, delle detrazioni per essi previste. Tali compensi sono deducibili ai fini Irpef ma non Irap. – Interessi passivi • Mutuo: tali interessi sono deducibili qualora il mutuo sia stato stipulato per l’acquisto di beni e servizi inerenti l’attività professionale, nella stessa misura 81


in cui è deducibile il bene. Gli interessi passivi sul mutuo per l’immobile strumentale sono deducibili al 100%; a conferma si vedano le istruzioni ministeriali per la compilazione del quadro RE del Modello Unico 2001. • conto corrente: sono deducibili qualora il conto corrente è tenuto solo per l’attività professionale; • verso fornitori: sia moratori che per dilazione di pagamento sono deducibili nella stessa misura in cui lo era il bene o il servizio, es. su autovettura sono deducibili al 50%; • per Iva trimestrale: sono indeducibili. Tutti gli interessi, qualsiasi sia la natura, sono indeducibili ai fini Irap. – Giornali, riviste, libri, periodici, abbonamenti La spesa è interamente deducibile sia ai fini Irpef che Irap. Poiché la spesa è esclusa ai fini Iva, il documento valido è una semplice ricevuta o fattura senza Iva. – Tasse e imposte deducibili Le imposte e tasse deducibili sono: • tassa di concessione governativa per iscrizione negli Albi professionali; • tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani; • imposta sulla pubblicità e sull’insegna dello studio; • imposta di bollo e di registro. – Viaggi e trasferte: aerei, treni, auto e pedaggi stradali Sono spese deducibili se si riferiscono a trasferte operate fuori dal comune di residenza del professionista. Le spese di viaggio con mezzi pubblici possono essere documentate dai relativi biglietti, anche se anonimi. Nel caso di trasferte per la partecipazione a convegni le spese sono deducibili al 50%. – Spese deducibili parzialmente: • Ristoranti e alberghi. Si deducono al 75%, comunque, sempre nel limite del 2% dei compensi percepiti; • per poter operare la detrazione, i contribuenti devono richiedere la fattura e registrarla a norma dell’art. 25 del D.P.R. 633/1972. Resta comunque consentito, qualora lo si ritenga più conveniente in termini di oneri amministrativi, continuare a documentare gli acquisti con ricevute fiscali o altri documenti (non fatture) rinunciando alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto. In questo caso il professionista avrà comunque diritto a operare la deduzione del costo, nei limiti fiscalmente ammessi, comprendendo, nell’importo deducibile, l’IVA inclusa nel corrispettivo per la quale non ci si è avvalsi della facoltà di detrazione; si tratta, infatti, di maggiori oneri il cui sostenimento si giustifica per ragioni di economicità. 82


• L’Iva su acquisti di prestazioni di alberghi e ristoranti è detraibile dal 1° settembre 2008 sempre che siano inerenti. Per la detrazione occorre la fattura intestata al contribuente, mentre indicare i nominativi delle persone che hanno pranzato o alloggiato nell’albergo o nel ristorante, è un adempimento assolutamente consigliabile, onde evitare contestazioni in sede di verifica ed inoltre pur non previsto dalla legge introduttiva è invece previsto dalla circ. n. 53/E dell’Agenzia delle entrate quale condizione necessaria per poter operare la detrazione. Inoltre l’indicazione dei nominativi di chi ha fruito della prestazione, pur se non obbligatoria, pare opportuna per documentare l’inerenza della prestazione stessa all’attività esercitata. Qualora la formalità risultasse poco praticabile, l’inerenza potrebbe essere attestata attraverso una nota da allegare alla fattura (come confermato dalle Entrate in una risposta pubblicata ne Il Sole 24 ORE del 7 ottobre 2008) o con documentazione interna di riscontro. • Se le spese rientrano nel concetto di spese di rappresentanza (individuate con il DM 19 novembre 2008 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 15 gennaio 2009), l’agenzia delle Entrate, nella circolare 53/E/2008, ha al riguardo precisato che non è consentita la detrazione per l’ospitalità che rientrano nella definizione di spese rappresentanza prevista ai fini delle imposte sui redditi (articolo 108 del Tuir). L’individuazione delle fattispecie che rientrano nel concetto di “rappresentanza”, valida già dal 1° gennaio 2008, è avvenuta con il DM 19 novembre 2008, pubblicato in «Gazzetta Ufficiale» solo il 15 gennaio 2009. • Spese di rappresentanza. Sono deducibili fino al 1% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta. Sono considerate spese di rappresentanza gli acquisti di beni da omaggiare, le spese di ristorante e alberghi per altre persone collegati con l’attività del professionista, le spese di quadri, sculture oggetti d’arte, d’antiquario e da collezione, anche se non donati a terzi. Le spese per vitto e alloggio qualificabili come spese di rappresentanza: • debbono essere assoggettate in prima battuta alla specifica disciplina prevista dal comma 5 dell’art. 54 del Tuir (deducibilità nei limiti del 75%); • successivamente, l’importo delle predette spese, già ridotto al 75%, dovrà essere sommato all’importo delle altre spese di rappresentanza; il risultato di tale operazione risulta quindi deducibile entro il limite previsto per l’ambito professionale, che è pari all’1% dei compensi percepiti. L’Iva sulle spese di rappresentanza è detraibile solo se di costo unitario inferiore a € 25,82. • Spese per convegni, congressi e corsi di aggiornamento professionale. Sono deducibili nella misura del 50% del loro ammontare. Si includono le spese sostenute per il viaggio e il soggiorno sostenute per la partecipazione. 83


• Telefoni cellulari. Sono deducibili nella misura dell’80% le quote di ammortamento, i canoni leasing e di noleggio, le spese di impiego e manutenzione, le ricariche. – Deducibilità dei contributi previdenziali versati alla cassa di previdenza La sentenza della Cassazione n. 2781 del 26/02/2001, ha attribuito il requisito di inerenza ai contributi previdenziali versati dal professionista alla propria Cassa di previdenza, con la conseguenza che tali oneri devono essere considerati come sostenuti nell’esercizio dell’attività di lavoro autonomo. La Corte ha argomentato la propria decisione sostenendo che il concetto di inerenza non può essere limitato alle sole spese necessarie per la produzione del reddito, ma deve essere esteso anche a quelle spese, come i contributi in esame, che sono una conseguenza del reddito prodotto dal professionista. Prima di questa sentenza non esistevano dubbi, difatti tali contributi sono oneri deducibili dal reddito complessivo. L’art. 10 c.1 lett. e) del TUIR prevede espressamente che i contributi previdenziali e assistenziali, versati in ottemperanza a disposizioni di legge, sono deducibili dal reddito complessivo del contribuente. Autorevole dottrina afferma che “per quanto concerne il requisito dell’inerenza (…) detto concetto sia molto più ampio ed elastico rispetto a quello vigente prima della riforma tributaria”. Infatti, le spese vanno correlate all’attività nel suo complesso e non deve quindi rinvenirsi, per la loro deducibilità, un rigoroso nesso con i singoli compensi. – Conseguenze fiscali Il diverso inquadramento tributario dei contributi previdenziali versati dai professionisti alle Casse di previdenza comporta: – Sul piano formale, una differente evidenziazione della deduzione della spesa in esame nei modelli di dichiarazione Unico Persone Fisiche (nel quadro RP se si considerano oneri deducibili; nel quadro RE se sono costi inerenti l’attività professionale). – Sul piano sostanziale, l’inserimento di tali contributi tra le spese afferenti l’attività professionale determina una riduzione del reddito professionale che genera due effetti: 1. una riduzione della base imponibile Irap, con un risparmio pari alla percentuale dell’aliquota vigente in ogni regione. 2. una riduzione della base di calcolo dei contributi previdenziali a percentuale (c.d. contributo soggettivo): l’indicazione dei contributi nella parte della dichiarazione riguardante la determinazione del reddito professionale determina una riduzione dello stesso e conseguentemente la riduzione della base imponibile ai fini contributivi. A seguito della sentenza della Cassazione, l’Agenzia delle Entrate ha emanato la risoluzione n. 79 dello 08/03/2002 e, diversamente rispetto a quanto concluso dalla 84


Suprema Corte di Cassazione, precisa che i contributi in oggetto rappresentano oneri deducibili dal reddito complessivo ai sensi dell’art. 10 c.1 let. e) DPR 22/12/1996 n. 917 e non oneri deducibili dal reddito professionale. Si ritiene opportuno, a questo punto, un intervento legislativo per la definizione della questione. Comunque, per chi volesse considerare i contributi come oneri del reddito professionale, si reputa questa una scelta sostenibile anche in ipotesi di contenzioso con l’amministrazione finanziaria. Con riferimento ai contribuenti minimi e per nuove iniziative l’argomento è stato già trattato al cap. III.

Dismissione beni strumentali – Furto o smarrimento Alcune volte conviene al professionista dismettere i beni strumentali non più utilizzati, poiché hanno sempre un valore che incide sulla determinazione del reddito attraverso il programma Gerico degli studi di settore. Per dismettere i beni strumentali per l’esercizio della professione, anche se ormai inutilizzati e completamente ammortizzati, si devono seguire delle determinate regole, onde evitare le presunzioni di cessione, previste dall’art. 53 del DPR 633/72. In mancanza di un soggetto interessato all’acquisto, il professionista può autofatturare i beni in questione, avendo come riferimento per la valorizzazione degli stessi il valore normale, ovvero quello mediamente praticabile in quel momento e luogo ai beni della stessa specie o similari. In alternativa, i beni possono essere consegnati ai soggetti autorizzati allo smaltimento dei rifiuti, dimostrando la distruzione mediante il formulario d’identificazione che attesta la cessazione della disponibilità in capo al professionista; oppure, infine, può essere effettuata la procedura di distruzione dei beni prevista dal DPR 441/97. Ai sensi dell’art. 2, 4° comma del DPR 441/97 si devono osservare le seguenti modalità: • Comunicazione delle operazioni – organi da interessare. Almeno 5 giorni prima delle effettuazione dell’operazione di distruzione deve essere inoltrata comunicazione scritta (raccomandata R.R.): – agli Uffici dell’amministrazione finanziaria; – al Comando della Guardi di Finanza competente per territorio; tale comunicazione deve riportare il luogo, la data e l’ora in cui avverranno le operazioni, la modalità di distruzione, la natura, qualità e quantità, nonché l’ammontare complessivo, sulla base del prezzo di acquisto dei beni da dimettere e l’eventuale valore residuo degli stessi, al termine dell’operazione. • Documentazione valida. La distruzione dei beni, in ogni caso è provata in alternativa, dai seguenti documenti: 85


– verbale redatto da funzionario dell’Amministrazione Finanziaria, ufficiali della Guardia di Finanza o da notai che hanno presenziato; – ovvero, nel caso in cui l’ammontare del costo dei beni distrutti non sia superiore a dieci milioni, da dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi della legge 4.1.1968, n. 15. • Contenuto del verbale o dichiarazione. Dal verbale o dalla dichiarazione devono risultare: – data, ora e luogo in cui avvengono le operazioni; – natura, qualità e quantità e ammontare del costo dei beni; – documento di trasporto in caso di beni risultanti dalla trasformazione.

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Capitolo V COMUNICAZIONI, DICHIARAZIONI E VERSAMENTI RAVVEDIMENTO OPEROSO

Adempimenti dichiarativi Gli adempimenti dichiarativi previsti ad attività avviata, a carico del professionista, sono i seguenti: – Dichiarazione annuale dei redditi “Modello Unico”; – Dichiarazione dei sostituti d’imposta Modello 770; – Comunicazione annuale dei dati Iva. – Dichiarazioni annuali “Modello Unico” e dichiarazioni rettificative • Modello Unico. Cosi chiamato perché oltre a contenere i dati ai fini delle imposte dirette prevede anche i dati ai fini Iva e Irap e i dati per gli studi di settore. I professionisti e gli artisti individuali, nonché gli studi associati, devono presentare la dichiarazione annuale. La dichiarazione unificata va presentata entro il 30 settembre, esclusivamente in via telematica, tramite intermediario abilitato o direttamente tramite il servizio entratel. È ammessa la presentazione tramite una banca o ufficio postale solo per i contribuenti non tenuti espressamente alla presentazione in via telematica. Le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza sono valide, salvo applicazione delle sanzioni previste; se l’ultimo giorno di scadenza è sabato o festivo il termine è prorogato al primo giorno lavorativo successivo. • Invio telematico. Sono obbligati all’invio telematico tramite intermediario, o presentazione diretta all’Amministrazione Finanziaria mediante internet con il servizio “Entratel”, gli architetti professionisti e gli studi associati • Dichiarazioni correttiva nei termini. Nell’ipotesi in cui il contribuente intenda prima della scadenza del termine di presentazione, rettificare o integrare il Modello Unico già presentato, compila una nuova dichiarazione, completa in tutte le sue parti, barrando nella seconda facciata del modello la casella “correttiva nei termini”. • Dichiarazione integrativa. Scaduti i termini di presentazione della dichiarazione, il contribuente può rettificare o integrare la stessa presentando una nuova dichiarazione, completa di tutte le sue parti, barrando la casella “Dichiarazione integrativa”. In particolare il contribuente può, per correggere errori o omissioni che hanno determinato un maggior reddito o, comunque, 87


un maggior debito di imposta o di minor credito, presentare l’integrativa entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione che si intende correggere; è fatta salva l’applicazione delle sanzioni sia nella misura totale che nella misura ridotta, per effetto dell’applicazione delle disposizioni sul ravvedimento. Tale dichiarazione può essere presentata, sempre che non siano iniziati accessi, ispezioni o verifiche. Il contribuente può anche presentare la dichiarazione integrativa pro-contribuente per correggere errori ed omissioni che comportano un minor debito di imposta o un maggior credito. • Istanza di rimborso per Iva a credito. La dichiarazione Iva contenuta nel Modello Unico può presentare una situazione creditoria. Al verificarsi di ciò l’architetto può chiedere il rimborso, se il credito è dovuto per cessazione di attività o per acquisto di beni strumentali (ma in questo caso con determinate limitazioni). È necessario presentare il modello VR al concessionario della riscossione, anche prima della presentazione della dichiarazione annuale, a partire dal primo febbraio e fino al termine della presentazione del Modello Unico. – Dichiarazione dei sostituti d’imposta (modello 770) e certificazione dei redditi corrisposti I professionisti, sia con attività singola che associata, sono sostituti d’imposta; devono, cioè, effettuare all’atto del pagamento di determinati compensi per attività di lavoratori dipendenti, collaborazioni coordinate e continuative, professionisti abituali, prestazioni occasionali ecc., una ritenuta Irpef a titolo di acconto o definitiva. Nel caso di compensi corrisposti a professionisti la ritenuta da effettuare è pari al 20% a titolo d’acconto. I professionisti, quindi, possono assumere sia la posizione di sostituti di imposta (ad esempio quando pagano compensi ad altri professionisti o ai dipendenti), sia quella di soggetti passivi della ritenuta (ad es. quando vengono loro pagati compensi da parte di altri sostituti di imposta). I professionisti devono versare le ritenute effettuate entro il giorno 16 del mese successivo a quello del pagamento con il modello di pagamento F24. I professionisti singoli o associati devono presentare ogni anno il modello 770 semplificato, contenente tutti i dati fiscali delle ritenute operate. • Modalità e termini di presentazione. Il modello 770 semplificato deve essere presentato esclusivamente in via telematica, direttamente o tramite un intermediario abilitato, e non può essere compreso nella dichiarazione unificata annuale Modello Unico. Il termini di presentazione è il 31 luglio di ogni anno. • Certificazione dei redditi corrisposti. Nel caso in cui nel corso dell’anno si sono pagati compensi a professionisti, esiste l’obbligo di inviare al professionista stesso, entro il mese di febbraio dell’anno successivo, una certificazione contenente i dati dei compensi corrisposti e delle ritenute d’acconto effettuate. 88


– Comunicazione annuale dei dati Iva Vige l’obbligo di presentare un’unica dichiarazione annuale riepilogativa entro il 28 febbraio di ogni anno. • Invio on line entro febbraio. Lo scopo della comunicazione dei dati Iva entro il mese di febbraio di ogni anno non è di natura fiscale ma, secondo la normativa europea, serve per calcolare le risorse proprie che ciascuno Stato membro deve versare al bilancio comunitario. • Contribuenti obbligati. Sono obbligati alla comunicazione annuale dei dati Iva i professionisti singoli che hanno effettuato un volume d’affari nel corso dell’anno superiore a € 25.822,84; gli studi associati e le società sono sempre obbligati. • Modalità di presentazione. Il modello deve essere presentato esclusivamente in via telematica, direttamente dal contribuente tramite il servizio internet o da un intermediario abilitato. Gli intermediari abilitati devono rilasciare al contribuente: 1) l’impegno a presentare in via telematica all’agenzia delle Entrate i dati contenuti nella dichiarazione, contestualmente alla ricezione della stessa o dell’assunzione dell’incarico per la sua predisposizione; 2) entro trenta giorni dal termine previsto per la presentazione in via telematica, la dichiarazione trasmessa e copia della comunicazione dell’agenzia delle Entrate di ricezione della dichiarazione. Versamenti Iva – Versamenti periodici Iva Il contribuente è obbligato a procedere alle liquidazioni mensili dell’Iva e al relativo versamento entro il giorno 16 del mese successivo a quello di riferimento. Tuttavia il contribuente può optare, in caso di inizio attività o anche durante (se il volume d’affari del periodo precedente è inferiore ad € 309.874,14), per la liquidazione trimestrale; in tal caso il versamento è dovuto: per il 1° trimestre entro il 16 maggio, per il 2° trimestre entro il 16 agosto e per il 3° trimestre entro il 16 novembre; il versamento relativo al quarto trimestre (saldo) verrà effettuato, invece, entro il 16 marzo dell’anno successivo maggiorando sempre l’imposta dovuta dell’1% a titolo di interessi. L’art. 1 del DPR n 100 del 23/03/98 prevede, per coloro che affidano la contabilità a terzi, la possibilità di effettuare i versamenti mensili sulla base delle liquidazioni relative al secondo mese precedente anziché al primo precedente. Se il debito Iva risultante dalla liquidazione non supera € 25.82, non si procede ad alcun versamento, e tale debito si riporta nella successiva liquidazione o nelle successive fino a che il debito non superi la predetta cifra. Nella dichiarazione annuale, che scade il 16 marzo di ogni anno, il debito deve comunque essere pagato qualunque sia l’importo. 89


– Versamento del saldo annuale Il saldo annuale Iva è dovuto in unica soluzione entro il 16 marzo di ciascun anno con applicazione dell’1%, ovvero entro il termine previsto per il pagamento delle somme dovute in base alla dichiarazione del Modello Unico; in tal caso l’importo sarà maggiorato degli interessi nella misura dello 0.40% per ogni mese o frazione di mese successivo al 16 marzo fino alla data del versamento. – Acconto Iva Entro il 27 dicembre di ciascun anno deve essere versato, a titolo di acconto, un importo calcolato, a scelta del contribuente, secondo uno dei tre metodi sotto esposti. • Metodo storico. L’acconto è pari all’88% del versamento dovuto relativamente all’ultimo mese o trimestre (per i trimestrali) dell’anno precedente (sempre al lordo dell’acconto Iva precedente); • Metodo previsionale. L’acconto è pari all’88% dell’Iva che si prevede di dover versare per il mese di dicembre dell’anno in corso (contribuenti mensili) o in sede di dichiarazione annuale (contribuenti trimestrali); • Metodo delle operazioni effettuate. L’acconto è pari al 100% dell’importo risultante dalle operazioni registrate, o da registrare, dal 1° dicembre al 20 dicembre, per i mensili, e dal 1° ottobre al 20 dicembre, per i trimestrali. L’acconto va detratto dall’Iva dovuta, in base alla liquidazione del mese di dicembre (contribuenti mensili), ovvero dalla dichiarazione annuale (contribuenti trimestrali), ma se l’importo da versare è inferiore ad € 103,29 non si versa. Per i contribuenti trimestrali non è dovuta la maggiorazione dell’1% a titolo di interessi. Il versamento dell’acconto non è dovuto: 1. nel caso di cessazione attività entro l’anno, senza che siano dovuti versamenti Iva per il IV trimestre o per il mese di dicembre; 2. inizio attività nel corso dell’anno; 3. esistenza di un credito Iva (escluso l’acconto) nella liquidazione relativa a dicembre dell’anno precedente (mensili), ovvero nella dichiarazione dell’anno precedente (trimestrali).

Versamenti e imposte risultanti dal Modello Unico Le imposte che scaturiscono dalla presentazione del Modello Unico sono: IRPEF, IRAP, Addizionale Regionale e Comunale. Anche chi non ha pagato il saldo dell’Iva il 16 marzo può eseguire il pagamento maggiorato dello 0,40%, per ogni mese o frazione di mese successivo al 16 marzo, entro i termini per i versamenti del Modello Unico, cioè entro il 16 giugno. Il saldo di queste imposte deve essere versato ogni anno entro il 16 giugno; 90


l’amministrazione finanziaria, inoltre, consente il versamento ogni anno entro il 16 luglio con applicazione dello 0,40% a titolo di interessi. In caso di compensazione di crediti con i debiti dell’Unico, se i crediti superano i debiti, la maggiorazione dello 0,40% non è dovuta. Perciò, nel caso in cui i debiti dell’Unico risultano superiori ai crediti, lo 0,40% si applica sulla differenza. Quest’interesse si versa, sommandolo, al relativo tributo in fase di versamento con il Modello F24. Pagamenti all’unità di euro: per i versamenti con l’F24 gli importi che derivano da Unico, considerato che nella dichiarazione si indicano all’unità di euro, se pagati in unica soluzione, devono essere versati arrotondati all’unità, appunto, come indicati nella dichiarazione. Pagamenti al centesimo di euro: in caso di somme indicate nella dichiarazione, che devono essere versate, come, ad esempio, gli acconti, i pagamenti a rate, gli importi dovuti per il ravvedimento operoso, si applica l’arrotondamento al centesimo di euro, trattandosi di importi che non si indicano in dichiarazione, ma direttamente nell’F24. – Acconti Irpef e Irap I contribuenti devono versare a titolo di acconto per il periodo di imposta in corso, un importo pari al 99%, per Irpef e Irap, dell’imposta relativa al periodo per il quale si sta compilando il Modello Unico. Il versamento va effettuato in due rate diverse: 1. prima rata: è il 40% dell’acconto complessivamente dovuto; entro il termine per il versamento del saldo delle imposte relative al periodo precedente; 2. seconda rata: 60% dell’acconto complessivamente dovuto; entro il 30 novembre di ciascun anno. – Acconto calcolato in base al reddito previsto Se il contribuente prevede (ad esempio, per effetto d’oneri sostenuti o di minor redditi percepiti nello stesso anno) una minore imposta da versare nella successiva dichiarazione, può determinare gli acconti da versare in base alla minore imposta prevista, purché non risultino inferiore al 99% del saldo della futura imposta; in tal caso sono previste le sanzioni pari al 30% dell’omesso parziale versamento dell’acconto oltre interessi legali. – Versamenti L’acconto non è dovuto se l’imposta relativa al periodo precedente non supera € 51,65. La prima rata di acconto non è dovuto se la stessa imposta non supera € 103,29; in tal caso si versa l’intero acconto a novembre. – Tasferimento delle ritenute del socio sullo studio associato Con la circ. n. 56/E del 23 dicembre 2009 l’Agenzia delle entrate consente, ove c’è ne fosse eccedenza, di riattribuire all’associazione professionale le ritenute già imputate da quest’ultima in base al meccanismo di proporzionalità. 91


Pertanto, considerato che le ritenute rientrano da un punto di vista oggettivo tra i crediti che possono essere utilizzati in compensazione, l’Agenzia delle entrate ammette il loro trasferimento: gli associati possono acconsentire in maniera espressa a che le ritenute che residuano, una volta operato lo scomputo dal loro debito IRPEF, siano utilizzate dall’associazione professionale cui il professionista partecipa. – Rateazione Tutti i contribuenti possono ripartire i versamenti dovuti, a titolo di saldo e di primo acconto delle imposte risultanti dalla dichiarazione, in rate mensili di pari importo. La rateazione non deve riguardare necessariamente tutti gli importi che, sulla base della dichiarazione, sono dovuti a titolo di saldo e di acconto. Ad esempio il contribuente può pagare il saldo Irpef in unica soluzione e rateare le altre somme a saldo e acconto dovute. I dati concernenti la rateazione devono essere inseriti nello spazio “Rateazione/Regione/Provincia” del modello di versamento F24; in particolare deve essere inserita la rata che si sta pagando e il numero di rate scelto (ad esempio se si paga la prima di cinque rate, indica 01-05). La prima rata deve essere pagata entro il giorno di scadenza del saldo e/o dell’acconto. Le successive entro il giorno 16 del mese di scadenza, per i titolari di partita Iva, ed entro la fine di ciascun mese per gli altri contribuenti. In ogni caso, il pagamento rateale deve essere completato entro il mese di novembre. Sono esclusi dalla rateazione gli importi da versare a titolo d’acconto o di saldo in novembre o dicembre. – Interessi sui pagamenti rateali Per le rate successive alla prima, si applicano gli interessi dello 0,50%, in misura forfetaria per ogni mese, a prescindere dal giorno in cui si è eseguito il versamento. Gli interessi sulla rateazione s’indicano separatamente nel Modello F24 con il relativo codice tributo (vedi tab. 24). La soluzione è resa più favorevole per il contribuente dalla pubblicazione del D.M. 21.5.2009 (G.U. 15.6.2009, n. 136), che ha ridotto il tasso di interesse per i pagamenti rateali dal 6% al 4% annuo. Il contribuente può rateizzare le somme dovute a titolo di saldo e di primo acconto delle imposte (incluso l’acconto dell’addizionale comunale), nonché dei contributi previdenziali (per la parte eccedenti il minimale) risultanti dal Quadro RR del Mod. Unico 2009 PF, avvalendosi delle disposizioni previste dall’art. 20, D.Lgs. 241/1997. Il versamento della prima rata coincide con il termine per il versamento del saldo, mentre le rate successive alla prima vanno versate: • entro il 16 del mese, per i titolari di partita Iva, anche se hanno cessato l’attività prima della presentazione della dichiarazione o che la cesseranno nel corso dell’anno stesso (R.M. 13.7.1998, n. 70/E); • entro la fine del mese, per gli altri contribuenti. 92


Non è consentita la rateizzazione degli importi dovuti a titolo di seconda o unica rata di acconto Irpef, Ires e Irap o degli importi dovuti a titolo di acconto Iva. La rateazione non deve necessariamente riguardare tutti gli importi che, sulla base della dichiarazione, sono dovuti a titolo di saldo o di acconto. Pertanto, è possibile, ad esempio, rateizzare l’Irpef e versare in un’unica soluzione l’Irap, o viceversa. Inoltre, il numero di rate, che è deciso liberamente dai contribuenti interessati, può essere diverso, rispettivamente, per il saldo e per l’acconto di ciascuna imposta. Sulle somme rateizzate (le rate successive alla prima) si applicano gli interessi da calcolare secondo il metodo commerciale (divisore 360 giorni) tenendo conto del periodo decorrente dal giorno successivo a quello di scadenza della prima rata fino, forfetariamente, alla scadenza della seconda (a prescindere dalla data effettiva di versamento). – Interessi in misura ridotta Il D.M. 21.5.2009 ha ridotto la misura del tasso di interesse dal 6% al 4%. In tal modo l’interesse forfetario mensile è pari allo 0,33%. La novità riguarda i versamenti relativi alle dichiarazioni presentate dall’1.7.2009. Ai sensi dell’art. 17, co. 2, D.P.R. 435/2001, il contribuente può posticipare il versamento ai trenta giorni successivi alla scadenza pagando la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo. In caso di rateazione, la predetta maggiorazione va sommata all’importo da rateizzare. – Compensazione e modalità di versamento Tutti i professionisti eseguono il versamento delle imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali (Irpef, Irap, Iva, Addizionali ecc.) o liquidazioni periodiche Iva, utilizzando la delega unica Modello F24. Il versamento può essere effettuato presso gli uffici postali o bancari. Tutti i tributi che si pagano con il Modello F24 possono compensare tra loro crediti e debiti, anche nei confronti di diversi enti impositori (Stato, Regioni, Inps). Il credito che si vuole utilizzare a credito deve sempre risultare da una dichiarazione annuale. I crediti da liquidazioni periodiche Iva sono utilizzabili in detrazione, solamente per le successive liquidazioni periodiche; il saldo annuale Iva a credito può essere utilizzato in compensazione nel Modello F24. I crediti risultanti dal Modello Unico possono essere utilizzati in compensazione, dal giorno successivo a quello in cui si è chiuso il periodo d’imposta per il quale si è presentata la dichiarazione in cui risultano indicati i predetti crediti. Il limite massimo compensabile è, dal 2001, pari a € 516.456,90 per ciascun anno solare. Qualora l’importo dei crediti spettanti sia superiore a tale limite, l’eccedenza può essere chiesta a rimborso nei modi ordinari, ovvero compensata nell’anno solare successivo.

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– Compensazione credito Iva - novità 2010 Il D.L. 78/2009, convertito con modifica con la L. 102/2009 (cd. “manovra d’estate 2009”) ha introdotto innovative disposizioni in tema di verifica della compensazione dei crediti Iva, con l’obiettivo dichiarato di rendere più rigorosi i controlli miranti a contrastare il fenomeno legato alle compensazioni di crediti inesistenti. In particolare, sono stati previsti due livelli di compensazione del credito Iva: • la compensazione del credito Iva annuale o trimestrale per importi superiori ad euro 10.000 annui deve essere in ogni caso effettuata in via telematica, utilizzando i servizi messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate ed è possibile solo a partire dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione/istanza che espone detto credito; • la compensazione per importi superiori ad euro 15.000 annui, è subordinata all’apposizione, sulla relativa dichiarazione, del visto di conformità da parte di uno dei soggetti abilitati, che risponde dell’apposizione di visto infedele, con il pagamento di sanzioni variabili da euro 258 a euro 2.582 e con la possibilità di segnalazione ai competenti organi nel caso di ripetute violazioni riscontrate, ai fini dell’adozione degli opportuni provvedimenti. In alternativa all’apposizione del visto è prevista la sottoscrizione della dichiarazione da parte del soggetto incaricato del controllo contabile ai sensi dell’art. 2409-bis, c.c. È stato previsto che chi intende compensare o chiedere a rimborso il credito Iva annuale può non unificare la relativa dichiarazione annuale Iva con il Modello Unico presentandola autonomamente. Il Provvedimento delle Entrate del 21.12.2009 ha previsto che: • la possibilità di compensazione orizzontale, cioè con altri debiti fiscali, per i crediti Iva eccedenti euro 10.000 annui, è ammessa a condizione che il relativo Mod. F24 sia trasmesso telematicamente solo tramite Entratel o Fisconline e la presentazione della delega di pagamento potrà avvenire solo a partire dal decimo giorno successivo a quello della presentazione della dichiarazione/istanza da cui emerge il credito; • i Modd. F24 recanti compensazioni di crediti Iva superiori ad euro 10.000 sono scartati nel caso in cui non vi sia stata preventiva trasmissione della dichiarazione/istanza da cui emerge il credito o se il credito evidenziato è inferiore rispetto a quello compensato; • se il credito compensabile eccede euro 15.000 si avrà lo scarto telematico anche nel caso in cui la dichiarazione/istanza presentata non sia munita del visto di conformità; • nei casi di scarto del Mod. F24 trasmesso, qualora sia stato previsto il pagamento mediante addebito sul conto corrente dell’intermediario abilitato, l’ammontare del relativo saldo verrà stornato dall’importo complessivo dell’addebito da eseguirsi; • nel proprio “cassetto fiscale”, il contribuente potrà monitorare la situazione dei propri crediti Iva, quali risultanti all’Agenzia delle Entrate. 94


– Modello F24 a saldo zero Il contribuente che opera la compensazione è tenuto alla presentazione del Modello F24 anche se presenta un saldo finale uguale a zero, nei termini di scadenza previsti. – Codici tributo Nella tabella di seguito sono riportati i principali codici tributi da indicare nel Modello F24: Tab. 22 - Codici tributi Modello F24 Codice

Causale del versamento

4001

IRPEF saldo

4033

IRPEF acconto prima rata

4034

IRPEF acconto seconda rata o acconto in unica soluzione

3800

IRAP saldo

3812

IRAP acconto prima rata

3813

IRAP acconto seconda rata o acconto in unica soluzione

3801

ADDIZIONALE REGIONALE

3817

ADDIZIONALE COMUNALE

6099

IVA annuale

6001

VERSAMENTO IVA mensile gennaio

6002

VERSAMENTO IVA mensile febbraio

6003

VERSAMENTO IVA mensile marzo

6004

VERSAMENTO IVA mensile aprile

6005

VERSAMENTO IVA mensile maggio

6006

VERSAMENTO IVA mensile giugno

6007

VERSAMENTO IVA mensile luglio

6008

VERSAMENTO IVA mensile agosto

6009

VERSAMENTO IVA mensile settembre

6010

VERSAMENTO IVA mensile ottobre

6011

VERSAMENTO IVA mensile novembre

6012

VERSAMENTO IVA mensile dicembre

6031

VERSAMENTO IVA trimestrale 1°trimestre

6032

VERSAMENTO IVA trimestrale 2°trimestre

6033

VERSAMENTO IVA trimestrale 3°trimestre

6013

VERSAMENTO ACCONTO IVA per i mensili

6035

VERSAMENTO ACCONTO IVA per i trimestrali

1668

INTERESSI sui pagamenti rateali nella sezione erario del Mod. F24

3805

INTERESSI sui pagamenti rateali nella sez. regione ed enti locali del Mod. F24

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– Scadenza di sabato o di domenica Se la scadenza, di qualsiasi imposta, ricorre di sabato o in un giorno festivo, il versamento si può anche effettuare il primo giorno lavorativo successivo.

Ravvedimento operoso In base alle norme sul c.d. “ravvedimento”, è possibile regolarizzare le omissioni e le irregolarità commesse, beneficiando della riduzione delle sanzioni amministrative, entro determinati limiti di tempo, ossia entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui è stata commessa la violazione o, in mancanza della dichiarazione, entro un anno dalla violazione. • Il ravvedimento non è consentito: 1. quando la violazione è stata già constatata dall’ufficio o ente impositore; 2. quando sono iniziati accessi, ispezioni e verifiche. In questi casi l’esclusione del ravvedimento non è totale, ma limitata ai periodi e ai tributi che sono oggetto del controllo; 3. quando sono iniziate altre attività amministrative di accertamento, delle quali si ha avuto formale conoscenza. • Disciplina delle violazioni che riguardano l’omesso o insufficiente pagamento: 1. dei saldi e acconti determinati dalle dichiarazioni; 2. delle liquidazioni periodiche Iva e saldo; 3. delle ritenute operate in qualità di sostituto d’imposta. Le violazioni possono essere sanate, eseguendo spontaneamente il pagamento dell’imposta dovuta, degli interessi moratori (tasso legale annuo 1% dal 1° gennaio 2010, calcolato dall’ultimo giorno in cui si sarebbe dovuto pagare sino a quello in cui viene effettivamente eseguito) e della sanzione in misura ridotta. In particolare la sanzione del 30% del tributo è ridotta: – al 2,5%, se il pagamento viene eseguito entro trenta giorni dalla scadenza prevista; – al 3%, se il pagamento viene effettuato con ritardo superiore a trenta giorni, ma entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui la violazione è stata commessa. • Termini. Il termine ultimo per avvalersi del ravvedimento operoso è rappresentato da quello previsto per la presentazione della dichiarazione concernente l’annualità in cui è commessa la violazione ovvero, in subordine, entro un anno dalla commessa violazione qualora non è prevista la presentazione della dichiarazione periodica. 96


• Il pagamento del tributo deve avvenire utilizzando il Mod. F24. La somma, a titolo di interessi, è versata cumulativamente al tributo; la sanzione è versata sullo stesso modello ma con un codice tributo a parte. – Omessa presentazione del Modello Unico e/o della dichiarazione Iva Se la dichiarazione è presentata con ritardo non superiore a novanta giorni, la violazione può essere regolarizzata eseguendo spontaneamente, entro lo stesso termine, il pagamento di una sanzione di 32 euro (1/8 di 258,00 €), fermo restando l’applicazione delle sanzioni relative alle eventuali violazioni riguardanti il pagamento del tributo, qualora non già regolarizzate. – Ravvedimento operoso per errori ed omissioni, relativi alle dichiarazioni presentate ed incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo Gli errori o le omissioni relative alle dichiarazioni validamente presentate, possono essere regolarizzate presentando una dichiarazione integrativa entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione dell’anno successivo. Entro lo stesso termine deve essere eseguito, con le modalità viste sopra, il pagamento del tributo o del maggior tributo, dei relativi interessi e della sanzione ridotta. Nella dichiarazione integrativa può essere riprodotto il contenuto della dichiarazione originaria con le necessarie correzioni o integrazioni oppure possono essere evidenziate solo le correzioni o integrazioni, in ogni caso è necessario che siano evidenziate le variazioni apportate. Nel frontespizio della dichiarazione integrativa deve essere barrata l’apposita casella “integrativa”.

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Capitolo VI

ACCERTAMENTI E DIFESA DEL CONTRIBUENTE STUDI DI SETTORE

Poteri degli uffici Iva e Imposte dirette – Controlli sui conti corr. bancari – Verifiche Gli uffici Iva e delle Imposte dirette e la Guardia di Finanza hanno a loro disposizione una serie di poteri, per permettere l’esercizio delle attività di controllo e l’acquisizione delle prove atte a suffragare quanto formerà oggetto di accertamento. Le rilevazioni fiscali e l’acquisizione di elementi utili all’accertamento, può avvenire o nell’ambito dell’ufficio o all’esterno, mediante verifiche ed indagini sui contribuenti. – Gli accertamenti all’interno dell’ufficio Consistono nel potere dell’Amministrazione finanziaria di: – Invitare i contribuenti a comparire di persona per esibire documenti e scritture (ad esclusione dei registri), e per fornire dati e notizie anche in ordine ai rapporti con altri soggetti; – Inviare questionari da restituire debitamente compilati; – Richiedere copia ed estratti di atti e documenti a Notai, Uffici del Registro, conservatorie, ecc.; – Controllare conti correnti bancari; richiedere dati concernenti i servizi di conto corrente, libretti di deposito, buoni postali e tutti i rapporti connessi o inerenti; richiedere copia dei conti correnti intrattenuti. Per gli accertamenti bancari è, però, necessario l’autorizzazione del Direttore regionale delle Entrate, per quanto concerne l’Ufficio Imposte, o il Comandante Regionale della Guardia di Finanza. L’istituto di credito deve dare immediata notizia al contribuente e deve rispondere agli uffici entro sessanta giorni prorogabili per altri trenta. Una sentenza della Cassazione n. 8663/2002 ha stabilito che, salvo i casi assoluta estraneità dell’attività di un coniuge a quella imprenditoriale o professionale dell’altro, è anche possibile acquisire i dati relativi ai conti correnti del coniuge del contribuente. In questa ipotesi, ovviamente, il coniuge non sottoposto a verifica fiscale potrà dimostrare che la disponibilità in suo possesso deriva da altre fonti di reddito di cui risulta essere titolare e quindi non sono riconducibili immediatamente al proprio coniuge. L’ente creditizio che riceve la richiesta non può consegnare al Fisco tutte le informazioni in suo possesso sul contribuente sottoposto a controllo. Infatti, la richiesta di indagini bancari in ogni caso non può riguardare elementi, 99


notizie e operazioni che non siano strettamente riconducibili alla nozione di “conto”, come definito dal Ministero delle Finanze nella circolare 116/e del 10 maggio 1996 e da quella del Tesoro nel Dm 19/12/1991. Non possono costituire oggetto di accertamento bancari: • le operazioni relative agli acquisti e alle cessioni di certificati di deposito, al servizio titoli (tra le quali ad esempio il servizio incassi dividendi o stacco cedole); • le cessioni di effetti al dopo incasso; • la richiesta di assegni circolari allo sportello con controvalore in numerario; • la negoziazione allo sportello di assegni; • l’acquisto o la vendita di valuta estera; • la richiesta di bonifico senza addebito in conto. – La rilevanza presuntiva dei conti correnti bancari La L. 311/2004 ha espressamente previsto l’estensione dell’ambito soggettivo di applicazione della normativa ai lavoratori autonomi cosicché, anche nei confronti dei professionisti, sono considerati compensi i prelevamenti e gli importi riscossi dei quali non viene indicato il beneficiario. Negli accertamenti bancari, non esiste l’obbligo per il fisco di instaurare un contraddittorio con il contribuente sottoposto a questo tipo di controllo. Dalle verifiche svolte nei conti correnti bancari possono derivare delle presunzioni di evasione dai dati riscontrati nei conti correnti bancari alla base della rettifica e dell’accertamento, salvo che il contribuente non dimostra di averne tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine. Dunque, la prova che fa carico al contribuente ha ad oggetto, la presenza dei dati rilevati all’interno della propria dichiarazione, ovvero la loro non rilevanza ai fini della stessa. In ogni caso per il ricorso all’indagine bancaria è necessario avere dei fondati sospetti o dei concreti indizi che facciano ritenere che il contribuente utilizzi il sistema creditizio per realizzare forme di evasione o frode fiscale. La richiesta di autorizzazione deve contenere una sia pur succinta indicazione delle ragioni che inducono l’Ufficio ad avvalersi di tale potere di indagine. – Accertamenti all’esterno dell’ufficio - verifiche L’attività di rilevazione svolta all’esterno dell’Ufficio può avere luogo: • Presso il commercialista,che detiene le scritture contabili; • Presso lo studio del contribuente; • Presso gli istituti di credito, nel caso in cui non abbiano trasmesso in tempo i dati richiesti. – Le verifiche presso lo studio L’esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche è disciplinato dagli articoli 52 del Dr 633/72 e articoli 32 e 33 del Dpr 600/73. In sintesi l’accesso consiste nel potere 100


di entrare in un luogo e di soffermarvisi, anche senza o contro il consenso del contribuente, per eseguirvi le previste operazioni. In base al luogo in cui viene eseguito l’accertamento vigono differenti regimi di autorizzazione, la cui inosservanza può determinare anche la nullità degli atti compiuti. • Locali di esercizi di attività professionali; è necessario l’autorizzazione del Capo dell’Ufficio dell’Amministrazione Finanziaria ovvero, per la Guardia di Finanza, l’ordine del Comandante del Reparto; è sempre necessaria la presenza del titolare o di un suo delegato. In base allo statuto del contribuente, questo accesso deve essere motivato da due esigenze effettive di indagini e di controllo sul luogo e, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, deve svolgersi durante l’ordinario orario di esercizio dell’attività e con modalità tali da comportare la minore turbativa possibile allo svolgimento dell’attività stessa. • Locali adibiti anche ad abitazione; l’accesso è consentito previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale. Nel caso in cui il professionista detiene documentazione contabile di terzi, sottoposti a verifica, i verificatori non hanno bisogno dell’autorizzazione dell’autorità Giudiziaria. • Altri casi (l’ipotesi più frequente è quella dell’abitazione del contribuente da controllare); per l’accesso occorre l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica che, però, può essere richiesta solo se sussistono indizi gravi di violazioni che suggeriscano la necessità di ricercare e acquisire particolare documentazione, contabile e non, e ogni altro elemento idoneo a fornire prova delle infrazioni ipotizzate. Oltre all’esibizione dei propri documenti di riconoscimento, i verificatori devono consegnare al contribuente, o a chi lo sostituisce, copia dell’ordine di servizio e dell’eventuale autorizzazione del PM. Lo statuto del contribuente prevede che il contribuente abbia diritto di essere informato sulle ragioni che giustificano la verifica e sull’oggetto della verifica stessa. Può sempre essere chiesta l’assistenza di un legale o di una persona di fiducia.

Accertamenti induttivi – Studio di settore L’Amministrazione Finanziaria è dotata di alcuni poteri attraverso i quali può ricostruire in maniera presuntiva il reddito del contribuente, sulla base di dati e notizie comunque raccolti, prescindendo, in tutto o in parte, dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili, avvalendosi di presunzioni semplici (anche non gravi e precise) e di dati anche solo extracontabili, senza analizzare affatto le scritture contabili. Lo studio di settore per le categorie professionali, e quindi anche per gli architetti, è transitato dal modello a “costi” al modello a “prestazioni” sin dal periodo di imposta 2006. 101


Ciò vuol dire che il modello matematico-statistico, per la determinazione del ricavo congruo, non si basa più sui costi contabili dichiarati ma sul numero e sui compensi ad incarico percepiti. In particolare i compensi ad incarico dichiarati sono messi a confronto con i “minimi provinciali”, che sono i compensi minimi ad incarico divisi per provincia, calcolati, mediante la tecnica della distribuzione ventilica, sulla base dei compensi dichiarati nelle dichiarazioni degli anni precedenti. Se i compensi dichiarati sono inferiori ai suddetti minimi provinciali, Gerico (software di calcolo) calcola la non congruità. – Valore probatorio Gli studi di settore rappresentano il più sofisticato strumento di cui viene dotata l’amministrazione finanziaria per la ricostruzione presuntiva dei compensi (o ricavi), effettuata sulla scorta dei dati contabili ed extracontabili contenuti nella dichiarazione dei redditi. Consistono in accertamenti induttivi dell’amministrazione finanziaria. Gli studi di settore hanno perso nel corso di questi anni la forza probatoria ai fini di un accertamento fiscale. Gli studi di settore, come elementi di prova accertativi, sono ormai transitati da presunzione legale a presunzione semplice. Consolidata giurisprudenza, viste le numerose sentenze delle commissioni tributarie, che hanno bocciato gli accertamenti fondati solo sui risultati di Gerico, e per ultimo la relazione n. 94/2009 della Corte di Cassazione sono coerentemente allineati nel ritenere, che ai fini di un accertamento lo studio di settore da “solo” non è sufficiente, ma necessita di ulteriori elementi (es. analisi bancarie, redditometro) per suffragare un accertamento. Le sentenze della Corte di Cassazione n. 2663526638/2009 confermano che il Fisco deve supportare la non congruità derivante dall’applicazione degli studi di settore con ulteriori prove riferite specificamente all’attività “monitorata”, non essendo sufficienti, allo scopo, elementi solo genericamente riferibili al contribuente. È questa senz’altro la novità più rilevante espressa dalla Corte di Cassazione a Sezione unite con le Sentenze 26635, 26636, 26637, 26638 del 18.12.2009, che riduce sensibilmente il valore probatorio derivante dal binomio studi di settore-redditometro recentemente enfatizzato dall’Agenzia delle Entrate quale strumento per il superamento del limite intrinseco delle risultanze derivanti dall’applicazione di Gerico; queste ultime ormai univocamente riconosciute quali presunzioni semplici. Per cui si è invertito l’onere della prova. L’“attore” è il Fisco, che deve produrre ulteriori elementi a supporto, tali da rendere dette presunzioni “gravi, precise e concordanti” e come tali in grado di giustificare l’accertamento e di determinare l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente. La stessa Agenzia delle Entrate, con le circolari n. 5/E/2008 e n. 13/E/2009 e dalla nota interna del 4 giugno 2009, ha riconosciuto che gli studi di settore rappresentano una presunzione semplice che non legittima automaticamente l’accertamento; ed invita pertanto gli uffici periferici di ricorrere al supporto di ulteriori elementi rispetto a quelli ricavabili da Gerico. 102


– Effetti dell’applicazione dello Studio di Settore Lo Studio di Settore permette di identificare un intervallo di confidenza e, cioè, determinare un valore massimo ed un valore minimo entro il quale dovrebbero collocarsi i ricavi conseguiti; le informazioni principali ottenibili sono la congruità e la coerenza che verranno utilizzati per la selezione dei soggetti a rischio; • la congruità si riferisce al confronto tra il ricavo dichiarato e quello risultante dalla studio; il contribuente che è uguale o al di sopra del ricavo puntuale (valore massimo) è congruo, al di sotto non è congruo; il contribuente che si colloca nell’intervallo di confidenza non è congruo anche se l’amministrazione lo considera un ricavo possibile; • la coerenza si riferisce al confronto tra gli indici desumibili dai dati del contribuente e quelli individuati come normali nel settore di appartenenza (es. per i professionisti sono la resa oraria e l’analisi della coerenza dei costi, tramite un nuovo indicatore che rapporta i costi ai compensi dichiarati). Gli elementi contabili non sono, quindi, più utilizzati per l’analisi della congruità del contribuente. Il contribuente che si adegua può decidere di adeguarsi al ricavo puntuale o di collocarsi nell’intervallo di confidenza. L’adeguamento al ricavo puntuale preclude l’accertamento in base agli Studi di Settore, mentre l’adeguamento al ricavo minimo ammissibile può indurre l’Amministrazione Finanziaria a richiedere al contribuente la motivazione di tale adeguamento. In relazione all’“intervallo di confidenza” va ricordato che, secondo la C.M. 23 gennaio 2008, n. 5/E, il soggetto che si pone “naturalmente”, cioè senza intervento di adeguamento, all’interno dell’intervallo risulta, in linea di massima, “congruo” ai fini degli studi di settore. – Casistica delle fattispecie • congruo e coerente: se i ricavi sono congrui, ossia almeno pari al ricavo puntuale di riferimento, il contribuente evita, con buona probabilità, l’accertamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria che, però, può chiedere chiarimenti sugli indici economico-contabili. Non si è in presenza di una franchigia fiscale, resta sempre aperta la strada di accertamenti basati su altri strumenti (esempio art. 54 del DPR n. 633/1972, art. 39 del DPR 600/1973); • congruo e non coerente: sono i soggetti da selezionare perché l’analisi della coerenza sta a monte rispetto a quella della congruità e, quindi, va ricostruita la coerenza prima di applicare lo Studio. L’incoerenza rappresenta un primo indizio di pericolosità fiscale del contribuente nel sistema di selezione; • non congruo e non coerente: saranno soprattutto questi i soggetti da selezionare. – Adeguamento al ricavo congruo in dichiarazione dei redditi Il contribuente che risulta non congruo e si adegua, come già detto, evita 103


l’accertamento basato sugli studi di settore, però, può essere chiamato a fornire chiarimenti sugli indici economico-contabili soprattutto se risulta anche non coerente; • l’adeguamento ha effetto sull’Irpef, sull’ Irap e sull’Iva, per gli anni successivi probabilmente anche sull’Irap; • l’adeguamento ai maggiori ricavi in base agli Studi di Settore non determina effetti penali, la misurazione rileva solo ai fini fiscali; • l’adeguamento non comporta variazioni di regime contabile o di regime di liquidazione Iva. Il contribuente, comunque, non ha l’obbligo di adeguarsi; sembra di capire che se lo scostamento è minimo potrà essere chiamato dall’Amministrazione Finanziaria per fornire la prova contraria (giustificazione) dello scostamento dal ricavo presunto. Si tratta di un invito al contraddittorio che l’Amministrazione deve sempre effettuare prima di applicare l’accertamento basato sugli Studi; se lo scostamento è notevole si potrà ipotizzare un’attività di verifica. Per meglio precisare quanto detto si riportano due ipotesi chiarificatrici: – 1ª ipotesi. Il contribuente non si presenta all’invito: sarà inviato l’avviso di accertamento e il contribuente può ricorrere in commissione tributaria. – 2ª ipotesi. Il contribuente si presenta all’invito: in tal caso si instaura un contraddittorio con l’Amministrazione Finanziaria, in cui il contribuente può valersi del diritto di fornire le cause giustificative. – Esiti del contraddittorio con l’Amministrazione Finanziaria • l’Amministrazione Finanziaria accoglie in pieno i motivi esposti dal contribuente che giustificano lo scostamento e archivia il procedimento; • l’Amministrazione giustifica solo parzialmente lo scostamento e concorda con il contribuente il ricavo più congruo; in questo caso si redige un atto di adesione (concordato). Dopo il concordato l’Amministrazione Finanziaria può riaprire la posizione del contribuente per la stessa categoria di reddito oggetto dell’adesione, ma solo qualora sopravvenga la conoscenza di nuovi elementi; • non si raggiunge un accordo con l’Amministrazione Finanziaria e si instaura la via del contenzioso dinanzi al giudice tributario. – Casi di esclusione dallo studio • Non si applica per i professionisti che hanno scelto il regime dei minimi. • Si applica solo per periodi di imposta pari a 12 mesi. • Non si applica per le imprese e i professionisti che hanno dichiarato ricavi e compensi superiori a 10 miliardi. • Non si applica per l’esercizio di più attività di cui l’attività secondaria ha un peso superiore al 20% dei ricavi complessivamente dichiarati.

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– Possibile scudo dagli Studi di Settore: l’asseverazione e compilazione note in dichiarazione L’intermediario abilitato, quale il dott. commercialista o il ragioniere, può asseverare lo Studio di Settore del contribuente, rilasciando un’attestazione in cui certifica: 1. la corrispondenza dei dati forniti con quelli desunti dalle scritture contabili o da altra documentazione idonea ad attestare la loro corrispondenza; 2. la congruità tra i ricavi o compensi dichiarati e quelli risultanti dall’applicazione degli Studi; 3. la coerenza economica degli indicatori rispetto a quelli traibili dagli Studi di Settore; 4. le cause che giustificano possibili posizioni di non congruità; 5. l’esistenza di cause che giustificano eventuali anomalie degli indici di coerenza economica individuati nei singoli Studi di Settore. La verifica, in particolare, è mirata ad un esame cartolare, nel senso di un riscontro tra quanto dichiarato al programma Gerico e quanto risulta dalle scritture contabili e/o da altra documentazione idonea; segue poi il controllo della congruità e coerenza, che altro non è che l’applicazione del programma Gerico ai dati così controllati. Non insorge alcuna responsabilità del certificatore riguardo la veridicità o meno dei ricavi dichiarati dal contribuente rispetto a quelli effettivamente conseguiti. L’asseverazione costituisce soprattutto una sorta di spiegazione preventiva, dunque, è ragionevole ritenere che saranno prima interessati gli incoerenti ingiustificati, tuttavia l’Amministrazione Finanziaria, anche nelle ultime circolari, non si è ancora espressa sugli effetti benefici derivanti al contribuente dal rilascio dell’asseverazione. – Cause giustificative in dichiarazione Il contribuente ed il suo consulente in presenza di una situazione di non congruità con gli Studi di Settore, se decidono di non adeguarsi, possono annotare, anche in modo succinto, nella sezione finale “note” dei modelli dichiarativi degli Studi stessi, gli impedimenti e le giustificazioni della non congruità. Un’efficace compilazione di queste note con l’introduzione dei principali argomenti a difesa della posizione del contribuente non congruo può essere un valido deterrente, soprattutto in presenza di scostamenti non significativi, per prevenire e forse evitare gli inviti al contraddittorio ed il contenzioso. – Cause giustificative per l’asseverazione o osservazioni possibili in fase di contraddittorio Di seguito, a titolo esplicativo, si riportano possibili osservazioni che giustificano l’uso dell’asseverazione o che possano servire al contribuente (in fase di contraddittorio con l’Amministrazione Finanziaria), che non si adegua agli Studi di Settore, a dimostrare l’infondatezza delle presunzioni. Si precisa anche che è sempre necessario: 105


– valutare la posizione fiscale del contribuente, non solo sulla base tecnicoscientifica, ma anche sulla base della sua realtà individuale; esaminare molto attentamente quel contribuente che, per determinate caratteristiche, non si colloca con approssimazione in nessun gruppo omogeneo (cluster); – la difficoltà di stimare, mediante controllo matematico, i risultati economici di attività nelle quali assume carattere preponderante la componente intellettuale o il prestigio personale, e per le quali non c’è sempre una correlazione significativa tra le attrezzature, i costi in genere ed i compensi; – lo sfasamento temporale tra costi sostenuti e compensi percepiti, determinato in massima parte da una committenza di lavori rilevanti e di durata ultrannuale, che è costituita dallo Stato, dagli Enti Pubblici ed Imprese di grandi dimensioni che generalmente effettuano i pagamenti con un certo ritardo; peraltro, nelle suddette circostanze, il professionista deve necessariamente anticipare ingenti spese per l’espletamento dell’incarico; – un eventuale incasso non ancora avvenuto poiché in lite giudiziaria con il cliente; – peculiari situazioni di mercato e modalità di svolgimento dell’attività; – eventi eccezionali che abbiano influito sulla capacità produttiva del contribuente (es. degenza o malattia del titolare, oggettive situazioni sfavorevoli di mercato); – la mancanza di correttivi territoriali che non sono stati applicati, in quanto l’attività potrebbe essere svolta in comuni, province e regioni completamente diverse; – l’età avanzata del titolare, considerando il fatto che i ricavi per le attività professionale da un certo punto in poi decrescono con l’aumentare dell’età; – la partecipazione a gare e/o concorsi che comporta il sostenimento di ingenti spese, senza la certezza dell’aggiudicazione; – incidenza elevate dei beni strumentali (si pensi ai professionisti che, all’inizio della carriera, hanno un livello minimo di investimento oppure all’elevato costo dei software e dei loro aggiornamenti).

Accertamento sintetico con il redditometro L’accertamento sintetico (redditometro), disciplinato dall’art. 38, co. 4, riguarda esclusivamente il reddito complessivo delle persone fisiche e può trovare applicazione quando si sia in presenza di indici di capacità contributiva che facciano fondatamente presumere che il contribuente sia in possesso di redditi superiori a quelli dichiarati. Infatti, l’Ufficio, in forza del dettato normativo in vigore prima delle modifiche introdotte dal D.L. 31.5.2010, n. 78 (S.O. n. 114 alla G.U. 31.5.2010, n. 125), indipendentemente dalle disposizioni recate dai co. precedenti dell’art. 38 e del successivo 106


art. 39, può, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno 1/5 da quello dichiarato. L’art. 22, D.L. 31.5.2010, n. 78, al fine di adeguare lo strumento del redditometro al mutato contesto socio-economico, ha modificato i co. 4, 5, 6, 7, e 8 dell’art. 38, D.P.R. 600/1973, riscrivendo di fatto l’accertamento sintetico. Infatti, per effetto delle modifiche apportate, che hanno valore per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del D.L. 78/2010 (annualità 2009, in genere), l’Ufficio finanziario, indipendentemente dalle disposizioni recate dai co. precedenti dell’art. 38 e dall’art. 39, D.P.R. 600/1973, può sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta, salva la prova che il relativo finanziamento sia avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile. La determinazione sintetica del reddito può essere, altresì, fondata sul contenuto induttivo di elementi di capacità contributiva, individuato mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, con periodicità biennale. Qualora l’Ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti. Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell’accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. L’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione. L’amministrazione finanziaria a seguito della manovra economica 2010 (decreto legge 78/2010 convertito in legge n. 122/2010), si è dotata di un software chiamato “serpico”, in dotazione all’Agenzia delle Entrate e alla Guardia di Finanza. Attraverso la digitazione del codice fiscale e/o partita IVA è possibile esaminare: le dichiarazione dei redditi, verificare eventuali pendenze con l’amministrazione finanziaria, i beni posseduti (case, terreni, moto, auto, barche ecc.) ma anche le spese, come le utenze (elettricità, gas, telefono e acqua), le iscrizioni ai circoli, le rate del mutuo, viaggi, ecc. ecc.. Quindi, patrimoni, spese e guadagni potranno essere tracciati in tempo reale con il nuovo «Servizio per le informazioni sul contribuente» che sarà a prova di privacy per impedire le intromissioni. 107


Tutte queste informazioni e dati presenti nel sistema saranno la base del nuovo accertamento sintetico puro, fondati cioè sulla spesa effettiva. La nuova norma fissa la presunzione che tutto ciò che si è speso nel periodo d’imposta sia finanziato con redditi maturati nello stesso periodo, ferma restando la possibilità di provare che le spese sono state alimentate con redditi precedenti, esenti, soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o con liberalità. Nel concetto di «spesa di qualsiasi genere» rientrano sia le spese ordinarie sia quelle straordinarie. Tra quest’ultime sono da includere anche quelle che prima erano annoverabili tra le spese per incrementi patrimoniali, per esempio gli immobili, le autovetture, i mezzi finanziari; la vecchia norma stabiliva che queste spese si presumessero sostenute con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno di effettuazione della spesa e nei quattro precedenti, per cui l’incremento della ricchezza si poteva ritenere stratificato negli anni che avevano preceduto l’acquisto. Il nuovo accertamento sintetico metterà alla prova il buon senso dei funzionari dell’amministrazione, i quali dovranno capire che certe spese, per gran parte dei contribuenti, non possono che essere il frutto di anni e anni di risparmio. – Condizioni e vincoli L’Amministrazione finanziaria (C.M. 101/1999) ha sottolineato che: – l’accertamento sintetico va comunque coordinato con le ulteriori strategie di contrasto dell’evasione fiscale, anche attraverso l’impiego di strumenti presuntivi (parametri, studi di settore, ecc.) e l’impiego di più penetranti poteri di indagine conferiti al Fisco (dati bancari, richieste a soggetti terzi, strumenti informatici, ecc.); – la stessa eliminazione dalla dichiarazione dei redditi del prospetto dati e notizie particolari, prevista ormai con effetto dal 1994, costituisce un’ulteriore conferma del diverso orientamento assunto dal Legislatore nell’impiego del redditometro; – l’impiego degli indici e coefficienti presuntivi di reddito collegati ad elementi indicativi di capacità contributiva dovrà dunque essere utilizzato soprattutto quale spunto di indagine, allo scopo di individuare, per quanto possibile, le effettive fonti reddituali eventualmente sottratte all’imposizione. La Corte di Cassazione con sentenza n° 33 del 05.05.1995, ha precisato che le presunzioni del redditometro sono soltanto relative e non assolute. – Prova contraria Al pari di ogni altra tipologia di accertamento, anche per l’accertamento sintetico il contribuente potrà legittimamente svolgere una adeguata attività difensiva. In particolare, tale attività difensiva può distinguersi tra ipotesi di mancata applicazione del redditometro direttamente previste e disciplinate dalla norma rispetto alla possibile difesa del contribuente dinnanzi agli organi della giustizia tributaria. 108


Per contrastare l’accertamento sintetico il contribuente può dimostrare: – l’inesistenza dell’indice di maggior capacità contributiva (cioè che non possiede imbarcazioni, cavalli, ecc.); – che il maggior reddito sintetico è costituito da ricchezza non imponibile, quali redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, disinvestimenti patrimoniali, realizzazione plusvalenze non tassabili (vendita di immobili posseduti da più di 5 anni), rendite fiscali derivanti da regimi forfetari, mutui, spese sostenute da altri soggetti (coniuge, genitori, o terzi), ecc. La C.M. 101/1999, nell’offrire agli Uffici chiarimenti ed indicazioni di carattere operativo sull’utilizzazione dell’accertamento sintetico, ha posto in risalto che “in sede di valutazione delle prove giustificative addotte dal contribuente” occorre attenersi “ai necessari principi di ragionevolezza, al fine di pervenire a determinazioni reddituali convincenti e sostenibili, secondo gli ordinari canoni probatori” e “considerata l’inevitabile imprecisione dello strumento presuntivo attualmente in vigore (...) si sottolinea l’esigenza di un suo attento e ponderato utilizzo da parte degli uffici, soprattutto nei casi in cui la ricostruzione presuntiva del reddito sia essenzialmente fondata su fatti-indice che costituiscono soddisfacimento di bisogni primari o che sono caratterizzati da elevata rigidità (in particolare, spese per l’abitazione e spese per mutui immobiliari)”. Quindi, antecedentemente o successivamente all’emissione dell’atto, a seconda dei casi, in sede di contraddittorio in senso lato, il contribuente, al fine di modificare, ridurre o annullare la pretesa impositiva, può dimostrare che il bene o il servizio è nella disponibilità di altri soggetti titolari di reddito, ovvero che la disponibilità del bene o del servizio non si è avuta per l’intero anno d’imposta, ovvero che il reddito o il maggior reddito accertato sinteticamente è costituito, in tutto o in parte, da redditi esenti o già assoggettati a ritenuta a titolo di imposta, ovvero da regalie o prestiti comunque documentati (attraverso assegni o bonifici bancari, per esempio), ovvero da disinvestimenti patrimoniali. Con la C.M. 49/E/2007 è stata richiamata l’attenzione degli Uffici sull’opportunità di “valutare la complessiva posizione reddituale dei componenti il nucleo familiare essendo evidente come, frequentemente, gli elementi indicativi di capacità contributiva rilevanti ai fini dell’accertamento sintetico possano trovare giustificazione nei redditi degli altri componenti il nucleo familiare”, invitando gli organi di controllo a ricostruire la complessiva situazione del soggetto sottoposto a controllo, nonché dei componenti il suo nucleo familiare. È data facoltà al contribuente di fornire, con documentazione probante, la prova contraria di quanto preteso. Pertanto il contribuente può dimostrare, in qualunque momento, di possedere un reddito inferiore a quello accertato dall’Ufficio. Con C.M. 101/E del 30.04.1999 il Ministro delle Finanze raccomanda agli uffici l’esigenza di un attento e ponderato utilizzo dello strumento presuntivo, soprattutto nei casi in cui la ricostruzione del reddito sia fondata su fatti-indice che costituiscono soddisfacimento ai bisogni primari e che sono caratterizzati da elevata rigidità (in particolare spese per abitazione e per mutui). 109


Termini di decadenza dell’azione di accertamento e iscrizioni a ruolo Gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti Iva devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31.12. del 4° anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Nel caso di richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile risultante dalla dichiarazione annuale, se tra la data di notifica della richiesta di documenti da parte dell’Ufficio e la data della loro consegna intercorre un periodo superiore a 15 giorni, il termine di decadenza, relativo agli anni in cui si è formata l’eccedenza detraibile chiesta a rimborso, è differito di un periodo di tempo pari a quello compreso tra i 16 giorni e la data di consegna. In caso di omessa presentazione della dichiarazione l’avviso di accertamento dell’imposta può essere notificato fino al 31.12 del 5° anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata (si veda la tabella sopra). Analogamente a quanto accade per le imposte dirette, fino alla scadenza di tali termini le rettifiche e gli accertamenti possono essere integrati o modificati, mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi (sempre che l’Ufficio non abbia notificato avvisi di accertamento parziali, ex art. 41-bis, D.P.R. 600/1973 e 54, D.P.R. 633/1972, per i quali non sono necessari i nuovi elementi). In materia di imposte dirette ed Iva, l’art. 10, L. 289/2002 ha stabilito che i termini per l’accertamento relativi a periodi di imposta per i quali i contribuenti non si sono avvalsi delle disposizioni recate dagli art. 7 (concordato fiscale) 8 (integrativa semplice) o 9 (condono tombale) devono intendersi prorogati di due anni rispetto all’originaria scadenza. In modo parallelo, l’art. 2, co. 44, lett. f), L. 289/2002 prevede la medesima proroga nei confronti dei contribuenti che non si avvalgano delle stesse definizioni per il periodo di imposta in corso al 31.12.2002. Resta inteso che i termini dell’accertamento relativo al periodo di imposta 2002, nel caso di omessa presentazione della dichiarazione, non sono suscettibili di proroga, posto che in tal caso viene meno la possibilità di avvalersi della definizione e, quindi, la stessa ratio della norma in commento (cfr. C.M. 18.2.2004, n. 7/E, par. 3.6.). Per effetto delle modifiche apportate dall’art. 37, co. 24, D.L. 223/2006, conv. con modif. in L. 248/2006, all’art. 43, D.P.R. 600/1973, dopo il co. 2 è stato previsto che “in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione”. Parallelamente, ai fini Iva, il co. 25 del citato D.L. ha inserito, all’art. 57, D.P.R. 633/1972, dopo il co. 2, il seguente passo: “In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai 110


commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione”. Ai sensi del successivo co. 26, dell’art. 37, D.L. 223/2006, le disposizioni precedenti si applicano a decorrere dal periodo d’imposta per il quale alla data di entrata in vigore del decreto sono ancora pendenti i termini di cui ai co. 1 e 2 dell’art. 43, D.P.R. 600/1973 e dell’art. 57, D.P.R. 633/1972. Con la tabella riportata sotto indichiamo le nuove scadenze: Tab. 23 - Termini di decadenza ORDINARIO TERMINE DI DECADENZA PER L’ACCERTAMENTO

2005 2006 2007

Scadenza del termine in caso di dichiarazione regolarmente presentata 31 dicembre 2009 31 dicembre 2010 31 dicembre 2011

Scadenza del termine in caso di omessa dichiarazione o dichiarazione nulla 31 dicembre 2010 31 dicembre 2011 31 dicembre 2012

2008 2009 2010

31 dicembre 2012 31 dicembre 2013 31 dicembre 2014

31 dicembre 2013 31 dicembre 2014 31 dicembre 2015

Periodo d’imposta

Anno di presentazione della dichiarazione

2004 2005 2006 2007 2008 2009

TERMINE DI DECADENZA PER L’ACCERTAMENTO A SEGUITO DEL PROLUNGAMENTO DEI TERMINI E PROROGA DEI TERMINI PER CONDONO IN CASO DI DICHIARAZIONE PRESENTATA

Anno d’imposta

Anno di presentazione della dichiarazione

2000

2001

Termine Proroga Proroga Proroga accertamento ex D.L. 223/2006 ex L. 289/2002 ex L. 89/2002 ordinario (REATI) e D.L. 223/2006 31 dicembre 2005 31 dicembre 2007 — 31 dicembre 2011

2001 2002 2003

2002 2003 2004

31 dicembre 2006 31 dicembre 2008 31 dicembre 2010 31 dicembre 2012 31 dicembre 2007 31 dicembre 2009 31 dicembre 2011 31 dicembre 2013 31 dicembre 2008 31 dicembre 2012

2004 2005

2005 2006

31 dicembre 2009 31 dicembre 2010

2006

2007

31 dicembre 2011

31 dicembre 2015

2007 2008

2008 2009

31 dicembre 2012 31 dicembre 2013

31 dicembre 2016 31 dicembre 2017

31 dicembre 2013 31 dicembre 2014

TERMINE DI DECADENZA DELL’ACCERTAMENTO A SEGUITO DI RADDOPPIO DEI TERMINI E PROROGA DEL CONDONO IN CASO DI DICHIARAZIONE OMESSA

Anno d’imposta

Anno in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008

2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Termine accertamento ordinario

Proroga ex L. 89/2002

31 dicembre 2006 31 dicembre 2008 31 dicembre 2007 31 dicembre 2009 31 dicembre 2008 31 dicembre 2009 31 dicembre 2010 31 dicembre 2011 31 dicembre 2012 31 dicembre 2013 31 dicembre 2014

Proroga Proroga ex D.L. 223/2006 ex L. 289/2002 (REATI) e D.L. 223/2006 31 dicembre 2011 31 dicembre 2013 31 dicembre 2012 31 dicembre 2014 31 dicembre 2013 31 dicembre 2014 31 dicembre 2015 31 dicembre 2016 31 dicembre 2017 31 dicembre 2018 31 dicembre 2019

111


– Iscrizioni a ruolo - Termini Le somme dovute dai contribuenti e relative alle dichiarazioni presentate dall’01.01.1999 sono iscritte in ruoli resi esecutivi a pena di decadenza: – entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme dovute in base alla liquidazione della dichiarazione (art. 36-bis, DPR 600/73); – entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute in base al controllo formale della dichiarazione (art. 36-ter DPR 600/73); – entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti degli uffici.

Cartelle di pagamento e perfezionamento della notifica La Corte Costituzionale (Ordinanza 107/2003) e la Corte di Cassazione (Sentenza 10/2004) hanno affermato che il contribuente non può essere esposto indefinitamente all’azione persecutiva del Fisco. Da ciò deriva la natura perentoria dei termini di notifica delle cartelle di pagamento, con la conseguenza che il loro mancato rispetto comporta la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal diritto di far valere la propria pretesa. Sull’argomento è intervenuta nuovamente la Corte Costituzionale (Sentenza 280/2005) per ribadire la necessità di un termine certo per la notifica del ruolo. In particolare, il giudice delle leggi ha evidenziato la “(...) illegittimità costituzionale dell’art. 25, come modificato dal citato D.Lgs. n. 193 del 2001, non essendo consentito, dall’art. 24 Cost., lasciare il contribuente assoggettato all’azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato e comunque, se corrispondente a quello ordinario di prescrizione, certamente eccessivo e irragionevole”. Alla citata Sentenza 280/2005 ha fatto seguito l’intervento normativo in esame che ha ridefinito, attribuendogli espressamente il carattere della perentorietà, i termini di notifica delle cartelle di pagamento. Infatti, la L. 156/2005 ha modificato il co. 1 dell’art. 25, D.P.R. 602/1973, il quale attualmente stabilisce che la notifica della cartella di pagamento deve avvenire entro il 31.12: a) del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione prevista dall’art. 36-bis, D.P.R. 600/1973; b) del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di controllo formale prevista dall’art. 36-ter, D.P.R. 600/1973; c) del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio. 112


Entro il 31 dicembre 2010, pertanto, devono essere notificate le cartelle di pagamento relative ai periodi d’imposta: • 2006, per ciò che concerne le attività di liquidazione automatica; • 2005, per le attività di controllo formale. Tab. 24 - Termine di notifica delle cartelle di pagamento Periodo d’imposta

Anno di presentazione della dichiarazione (o in cui l’accertamento è divenuto definitivo)

Temine per la notifica della cartella di pagamento

Tipologia di iscrizione a ruolo

2003

2004

31 dicembre 2010

Accertamento definitivo

2004

2005

31 dicembre 2008

Liquidazione automatica (art. 36 bis del DPR n. 600/1973)

2005

2006

31 dicembre 2009

Liquidazione automatica (art. 36 bis del DPR n. 600/1973)

2004

2005

31 dicembre 2009

Controllo formale (art. 36 ter del DPR n. 600/1973)

2006

2007

31 dicembre 2010

Liquidazione automatica (art. 36 bis del DPR n. 600/1973)

2007

2008

31 dicembre 2011

Liquidazione automatica (art. 36 bis del DPR n. 600/1973)

2008

2009

31 dicembre 2012

Liquidazione automatica (art. 36 bis del DPR n. 600/1973)

Statuto del Contribuente e diritto d’interpello Con la legge 27.07.2000 n. 212 è stato approvato lo “Statuto del Contribuente”; esso rappresenta il più significativo strumento per garantire e dare maggiore certezza e trasparenza alle disposizioni fiscali. In pratica lo Statuto è un indispensabile strumento interpretativo non solo per il legislatore ma per tutti coloro che devono applicare le norme tributarie. Le disposizioni dello Statuto sono state emanate in modo tale che i rapporti tra contribuente e Amministrazione Finanziaria siano improntate al principio della collaborazione e buona fede. Lo Statuto sancisce numerosi principi e regole di civiltà giuridica. In particolare si ricorda: – l’obbligo di chiarezza e di trasparenza delle disposizioni tributarie; – l’irretroattività delle norme tributarie; – il divieto di disporre con decreto-legge l’istituzione di tributi e di estendere l’applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti; – che l’amministrazione deve in ogni caso consentire la completa ed agevole conoscenza delle disposizioni in materia tributaria (circolari risoluzioni); 113


– che al contribuente deve essere assicurata l’agevole conoscenza delle disposizioni legislative e amministrative nella materia tributaria; – il diritto per il contribuente di interpellare per iscritto l’Amministrazione finanziaria e, di converso, l’obbligo per questa di rispondere per iscritto, qualora vi sia incertezza sull’interpretazione e sull’applicazione di norme tributarie; – che gli accessi, le ispezioni e le verifiche fiscali debbono essere effettuati durante l’orario ordinario di esercizio di attività e con modalità tali da arrecare la minima turbativa possibile. Il contribuente, in tal caso ha diritto ad essere informato delle ragioni che hanno giustificato l’intervento. Su richiesta del contribuente, l’esame dei documenti può essere effettuato altrove, presso l’ufficio dei verificatori o del professionista che lo assiste. La permanenza dei verificatori presso la sede dell’azienda non può superare i 30 giorni lavorativi prorogabili per ulteriori 30 giorni, nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio. Il contribuente può rivolgersi al garante, qualora ritenga che i verificatori procedano con modalità non conformi alla legge. Tale Garante del contribuente è istituito presso le Direzioni regionali delle Entrate e vigila sugli uffici e li richiama, se necessario, al rispetto previsto dalla Statuto. – Diritto di Interpello Consiste nella facoltà riconosciuta al contribuente, di chiedere all’Amministrazione Finanziaria un parere su ciò che essa ritiene essere la corretta interpretazione di una norma e il comportamento del contribuente da tenere, per evitare contestazioni. La richiesta può riguardare l’interpretazione di qualsiasi norma tributaria avente ad oggetto la disciplina d’aspetti sostanziali, procedurali o formali. L’istituto ha lo scopo di tentare in via preventiva una soluzione concordata delle problematiche. – Modalità operative: l’istanza che promuove l’interpello • Può essere presentata solo dal contribuente o dai soggetti che, ex lege, sono obbligati a porre in essere gli adempimenti tributari per conto dello stesso e così i sostituti di imposta, i responsabili d’imposta, nonché i coobbligati al pagamento. • Deve essere formulata prima di porre in essere il comportamento giuridicamente rilevante o di applicare la disposizione che da origine all’interpello, tenendo in debito conto anche i tempi (massimi) per la risposta. • Deve avere per oggetto l’interpretazione di una disposizione legislativa o regolamentare, per la quale sussistono obiettive condizioni di incertezze, nel senso che si deve trattare non solo di norma oggettivamente poco chiara, ma altresì di norma nella quale l’Amministrazione Finanziaria non ha fornito, con atti amministrativi (circolari, risoluzioni, istruzioni o note) conoscibili dal contribuente, la sua soluzione interpretativa. 114


• Deve contenere, oltre i dati identificativi del contribuente, la indicazione della soluzione proposta dal contribuente (per la verità questo elemento non è richiesto a pena di inammissibilità, ma la sua mancanza non consente al contribuente di avvalersi del silenzio assenso). – Effetti dell’interpello Entro 120 giorni dalla presentazione dell’istanza, l’Agenzia deve dare una risposta alla richiesta del contribuente. La risposta deve essere notificata al richiedente oppure spedita a mezzo R/R o ancora per via telematica, al recapito telex o e-mail indicati nell’istanza. Nel caso in cui l’istanza di interpello sia stata formulata da un rilevante numero di soggetti e riguardi la stessa questione, l’Agenzia può fornire una risposta collettiva, valendosi di una circolare o di una risoluzione. Il termine di 120 giorni decorre: – nel caso di consegna diretta: dalla data di protocollo; – nel caso di spedizione: dalla data della ricevuta di ritorno della raccomandata; – nel caso in cui l’Ufficio destinatario non sia quello competente a rispondere: dalla data di ricezione dell’ufficio competente. – La risposta Vincolerà l’attività degli uffici locali i quali non potranno emettere, a pena di nullità, atti di accertamento in contrasto con la soluzione interpretativa fornita; non vincolerà, invece, il contribuente che resta libero di tenere un comportamento difforme dalla soluzione indicata come corretta dall’Agenzia dell’Entrate. La risposta può essere: – tempestiva quella che perviene entro 120 giorni; – non tempestiva; in questo caso si produrrà il cd silenzio assenso. L’interessato potrà ritenere (legittimamente) che l’Agenzia concordi con la soluzione che lui stesso aveva indicato nell’istanza, con la conseguenza che eventuali atti di accertamento emessi in difformità dalla risposta tacita saranno nulli. L’Agenzia può anche rettificare la risposta precedentemente resa o quella desumibile dal silenzio assenso, nel qual caso: – se il richiedente ha già adottato un comportamento conforme alla prima soluzione nulla potrà essergli contestato; in questo caso il contribuente non sarà inciso da ripensamento dell’Amministrazione né in termini di tributo, né in termini di interesse, né di sanzioni; – se il contribuente non ha ancora operato in conformità alla risposta espressa o tacita, la prima risposta gli gioverà solo per evitare le sanzioni amministrative.

115


IRAP L’art. 3 del D.Lgs. n. 446/1997 definisce soggetti passivi coloro che esercitano una o più delle attività di cui all’art. 2. È infatti l’identificazione della fattispecie imponibile nell’esercizio dell’attività (autonomamente organizzata) che, dato il carattere reale dell’imposta, implica un criterio di individuazione dei soggetti passivi in ragione della titolarità, da parte di questi, del potere di organizzazione e gestione sull’attività imponibile. Ciò presuppone dunque una lettura coordinata dell’art. 3 (relativo ai soggetti passivi, tra cui vi sono ricompresi i soggetti esercenti arti e professioni) con l’art. 2 (relativo al presupposto d’imposta), si esclude, così, l’assoggettabilità ad Irap di determinati soggetti passivi in quanto privi di autonoma organizzazione. Tre sono le date storiche in merito all’Irap: • 26.5.1998. Da questa data l’art. 2 D.Lgs. 446/1997, modificato dall’art. 1 D.Lgs. 137/1998, è cambiato attraverso l’inserimento delle parole “autonomamente organizzata”. Da questa data non è più possibile poter asserire la seguente equivalenza: lavoratori autonomi/imprenditori individuali = Irap. Certo che gli autonomi devono versare l’Irap se e solo se autonomamente organizzati. • 21.5.2001. In questa data la Corte Costituzionale con la sentenza n. 156 ha definitivamente fatto comprendere che il meccanicismo partita Iva = Irap non può esistere e che, giustamente, bisognerà investigare caso per caso se il professionista/imprenditore individuale sia o meno autonomamente organizzato. La C.M. 45/E/2008 formula un buon tentativo difensivo attraverso le seguenti parole: “Ai fini dell’assoggettamento o meno al tributo, in breve, non ha pregio l’indagine volta a riscontrare il rapporto di autonomia dell’organizzazione rispetto all’opera dell’esercente un’arte o una professione”. (4) Tale tecnica difensiva, avrebbe dovuto utilizzarsi nel periodo che andava tra il 26.5.1998 e il 21.5.2001, posto che oramai è troppo tardi. Infatti, la Corte Costituzionale, molte sentenze di merito e anche diverse sentenze di legittimità ritengono superata detta tesi giusto il preciso disposto di legge che impone, invece, l’indagine dell’autonoma organizzazione. • 13.6.2008. Attraverso la C.M. 45/E/2008 per la prima volta l’Agenzia ha ammesso che possono esistere lavoratori autonomi che non devono Irap. La definizione di autonoma organizzazione è stata fornita dalla Corte di Cassazione che con la sentenza n. 21203 del 5/11/2004, si è pronunciata per la prima volta sulla questione dell’assoggettamento ad Irap dei “piccoli” professionisti, confermando la pronuncia di secondo grado con la quale un ingegnere privo di autonoma organizzazione (es. mancanza di dipendenti e di capitali presi a mutuo, ecc.) era stato escluso dall’ambito applicativo del tributo. Con numerose sentenze rese nel corso del 2007 e negli anni successivi, la Corte si è nuovamente espressa sul tema, influenzando anche i documenti di prassi amministrativa e affermando in molteplici 116


occasioni l’esclusione dei “piccoli” professionisti dall’ambito applicativo del tributo. (Si veda, anche, le Risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate n. 254/E del 14/09/2007 e n. 326/E del 14/11/2007). Ad avviso della Corte di Cassazione, l’Irap “colpisce una capacità produttiva ‘impersonale ed aggiuntiva’ rispetto a quella propria del professionista perché, se è innegabile che l’esercente una professione intellettuale concepisce il proprio lavoro con il contributo determinante della propria cultura e preparazione professionale, producendo in tal modo la maggior parte del reddito di lavoro autonomo, è altresì vero che quel reddito complessivo spesso scaturisce anche dalla parte aggiuntiva di profitto che deriva dal lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto ed indiretto, eccetera”. La stessa Circolare dell’agenzia delle Entrate n. 45/E del 13/06/2008 afferma che la sentenza n. 3678 del 16/02/2007 emessa dalla Suprema Corte è da ritenersi “riassuntiva dei concetti espressi nelle altre pronunce e (...) particolarmente interessante perché fissa parametri di carattere generale per individuare l’autonoma organizzazione”. In particolare, affinché esista un’attività autonomamente organizzata, occorre che il contribuente, nello stesso tempo: • sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; • si avvalga, in modo non occasionale, di lavoro altrui oppure impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione (parametrati quantitativamente nei valori dei cd. “contribuenti minimi”). I requisiti di cui all’ultimo punto devono considerarsi alternativi. Pertanto, è sufficiente il ricorrere di uno soltanto di essi (ad esempio, impiego non occasionale di lavoro altrui), unitamente alla condizione di cui al primo punto, per configurare la sussistenza di un’autonoma organizzazione. (Tra le molte, si vedano Cass. n. 3676, 3678 e 3680 del 16/02/2007, Cass. n. 5020 e 5021 del 5/03/2007, Cass. n. 9214 del 18/04/2007; Cass. n. 2030 del 28/01/2009, Cass. Sezioni Unite n. 12108 del 26/05/2009). In altri termini, l’attività abituale ed autonoma del contribuente deve dare luogo ad un’organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca la capacità produttiva del contribuente stesso. Pertanto, è ragionevole affermare che il lavoratore autonomo non è soggetto ad Irap se, ad esempio: • opera all’interno di strutture professionali organizzate e gestite da terzi e non possiede altrimenti una propria organizzazione; • ovvero è privo di dipendenti o collaboratori stabili e utilizza beni strumentali limitati (quali telefono, automezzo, personal computer). 117


Si ricorda inoltre che i contribuenti minimi non devono l’Irap per norma. Inoltre, a fronte delle critiche mosse al dettato normativo concernente l’indeducibilità dell’Irap dalle imposte statali, il Legislatore ha introdotto con D.L. 185/2008, conv. con modif. con L. 2/2009 parziale deducibilità dell’imposta regionale, nella misura forfetaria del 10% dell’imposta pagata nel periodo d’imposta, relativamente al costo del lavoro (al netto delle deduzioni spettanti) ed agli interessi netti deducibili, per come già trattato al cap. IV. – Studio associato Irap sentenza della Corte di Cassazione 28.10.2009, n. 22781 A detta dei Supremi Giudici, l’esercizio in forma associata di una professione fa presumere l’esistenza di un’autonoma organizzazione “di strutture e mezzi, ancorché di non particolare onere economico”; inoltre, l’intento di “avvalersi della reciproca collaborazione e delle reciproche competenze, ovvero della sostituibilità nell’adempimento dell’attività”, fa ritenere che il reddito prodotto non sia frutto soltanto della professionalità di ciascun componente dello studio. Con la conseguenza che, in tale ipotesi, il reddito viene legittimamente assoggettato ad Irap, a meno che il contribuente non dimostri che tale reddito è derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati. Quindi, per la sentenza in oggetto, un libero professionista associato di uno studio, se non è in grado di dimostrare che il suo reddito dipende esclusivamente dal suo lavoro personale, è comunque sempre soggetto all’Irap, in quanto l’esercizio della professione in forma associata fa presumere l’esistenza di un’autonoma organizzazione.

118


Tab. 25 - Schema di istanza di interpello ex art. 11, legge 212/2000 Spett. le Agenzia delle Entrate Direzione Regionale del/della_______________ (eccezionalmente: Direzione Centrale Normativa e Contenzioso) Raccomandata R/R Oggetto: Istanza di Interpello ex art. 11 L. 27.07.2000, n° 212 (1°)

IL CONTRIBUENTE

Il sottoscritto _____________________________, nato il _______________ a ___________________________ e residente in ______________________, esercente attività di ______________________, in ______________ codice fiscale _________________________, partita Iva __________________________; ovvero la società___________________________, con sede in __________________, via_________________, esercente attività di ___________________, in _____________________, codice fiscale ___________________ partita Iva __________________________, nella persona del signor ___________________________________ in qualità di suo legale rappresentante, nato il ____________________, a_______________________________ e residente in_______________________________, codice fiscale __________________________; rappresentato/ta dal Dott./Rag./Avv. __________________________, giusta procura a margine, presso lo Studio professionale sito in via _________________________, n° telef.________________, n° fax _______________, e-mail _________________, risulta domiciliato/a a __________________ agli effetti del presente procedimento si rivolge a codesta spettabile Direzione Regionale (eccezionalmente Direzione Centrale), perché esprima un parere diretto a confermare (o, eventualmente e motivatamente, a smentire) l’interpretazione della normativa tributaria da applicare al seguente caso (concreto e personale), nei termini e con le modalità che lo scrivente esporrà nelle successive conclusioni, come «soluzione»: (2°)

IL FATTO (o i fatti) (descrizione delle fattispecie su cui si chiede il parere)

(3°)

IL DIRITTO e le FONTI di INTERPRETAZIONE a) __________________ (la legge); b) __________________ (la giurisprudenza); c) __________________ (la dottrina); N.B.: la prassi amministrativa che, se intervenuta in proposito, rende inammissibile l’interpello ordinario. Per quanto sopra detto, lo scrivente ritiene che al caso prospettato debba essere data la seguente: (4°) SOLUZIONE __________________________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________________________ e, quindi, di dover adottare il seguente comportamento: __________________________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________________________ (5°)

(CLAUSOLA di CHIUSURA)

poiché, peraltro, esistono «oggettive condizioni di incertezza» in merito alla disciplina del caso sopra espoto, il sottoscritto lo sottopone a codesto Ufficio, con l’avvertenza che qualora non riceva risposta entro 120 giorni dalla data di presentazione della presente istanza, si atterrà all’interpretazione sopra esposta, con tutte le garanzie di legge. (6°) allegati: (elenco materiale fornito all’Amministrazione) __________________ __________________ Addì, ___________________ (7°)

firma del contribuente (o del suo legale rappresentante) __________________________________

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Tab. 26 - Irap - Recenti pronunce riguardanti professionisti ORGANO

ESTREMI

Corte di Cassazione

5.6.2009, n. 13038

Non è l’entità del reddito Pro contribuente prodotto a determinare la (avvocato) debenza dell’Irap. Viene ulteriormente bocciata la sola tesi quantitativa.

Corte di Cassazione

26.6.2009, n. 15110

Lo svolgimento dell’attività professionale in casa e con pochi cespiti non determina la debenza dell’Irap.

Pro contribuente (avvocato)

Corte di Cassazione

26.6.2009, n. 15113

Non determina la debenza dell’Irap neppure la corresponsione di compensi a terzi da qualificarsi come occasionali e marginali.

Pro contribuente

Corte di Cassazione

10.7.2009, n. 16220

I servizi di segreteria resi da una dipendente possono integrare i presupposti per l’assoggettamento ad Irap.

Pro Fisco

n. 21/2009

Disquisisce di autonomia e non di ausilio.

Pro contribuente

26.6.2009, n. 121

Il dentista che per esercitare la propria attività si avvale di una struttura sanitaria, sulla cui gestione non ha potere di intervento, non deve l’Irap.

Pro contribuente (dentista)

Ctr Lazio

Ctp Bologna

SINTESI

ESITO

Corte di Cassazione

28.7.2009, n. 17533

Nel caso di mancato Pro Fisco assolvimento dell’onere probatorio (art. 2697 c.c.) il ricorrente non può ottenere il rimborso dell’Irap.

Corte di Cassazione

28.7.2009, n. 16855

Il notaio con dipendenti e numerosi beni strumentali deve l’Irap.

Pro Fisco

Corte di Cassazione

31.8.2009, n. 18973

Il professionista con beni ricevuti in comodato (da un parente titolare dello studio) non deve l’Irap.

Pro contribuente

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BIBLIOGRAFIA

Libri Giovanni Maugeri, Professionisti e lavoratori autonomi, Edizioni Fag, 2002. Claudio Clementel - Stefano Angheben - Franco Chesani - Lorenzo Molinari, Fisco pratico professionisti 2002, Edizioni Sintesi srl, 2002. Antonio Cenci - Stefano Pace, Gli studi professionali tecnici, Editore Esselibri S.p.A. Bruno Frizzera, Guida pratica fiscale, Editore Il Sole 24 ore S.pA., 2010. Francis Lefebvre, Memento pratico fiscale, Editore Ipsoa Francis Lefebvre, 2010. Riviste «Il Fisco» Eti Spa, Editore Eti - De Agostini Professionale S.p.A. «Rassegna tributaria», Editore Eti Spa - De Agostini Professionale S.p.A. «Contabilità Finanza e Controllo», Editore Il Sole 24 Ore S.p.A. «La settimana Fiscale», Editore Il Sole 24 Ore S.p.A. «Pratica Professionale», Editore Ipsoa. Quotidiani «Il Sole 24 Ore» «Italia Oggi»

121


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INDICE

Presentazione, Massimo Gallione

5

Introduzione, Giuseppe Antonio Zizzi

7

CAPITOLO I PRESUPPOSTI DELL’ATTIVITÀ PROFESSIONALE

Aspetti generali – Redditi di lavoro autonomo Presupposto dell’imposta sui redditi e sul valore aggiunto Presupposto dell’imponibilità Iva – Territorialità Adempimenti all’inizio dell’attività L’esercizio dell’attività in forma associata – Statuto e atto costitutivo di una associazione professionale

9 10 12 13 15

CAPITOLO II REGIMI CONTABILI E REGISTRI CONTABILI OBBLIGATORI

Regime di contabilità ordinaria Contabilità semplificata 1° metodo Contabilità semplificata 2° metodo Regime agevolato per nuove iniziative Regime dei minimi Scelta dei due regimi semplificati ed agevolati Tenuta dei registri contabili Svolgimento di più attività

29 30 31 31 33 36 40 42

CAPITOLO III EFFETTUAZIONE DELLE OPERAZIONI AI FINI IVA E DELLE IMPOSTE DIRETTE

Fatturazione delle operazioni Operazioni effettuate nei confronti dello Stato/Enti pubblici – Fattura ad esigibilità differita Iva per cassa ad esigibilità differita Vendita di beni strumentali – Consumo personale o familiare di beni – Prestazioni di servizio gratuite – Riaddebito delle spese comuni effettuate tra professionisti Rimborsi spese esposti in fattura ed addebitati al cliente Note di accredito o di addebito

45 49 49

53 59 59 123


Modalità di pagamento e di incasso Interessi per dilazione di pagamento e interessi moratori Pagamenti tardivi interessi di mora automatici

60 61 61

CAPITOLO IV DISPOSIZIONI PER LA DEDUCIBILITÀ DEI COSTI AI FINI DELL’IVA E DELLE IMPOSTE DIRETTE – AGEVOLAZIONI

Criteri per la deducibilità dei costi Alcuni costi deducibili Dismissione beni strumentali – Furto o smarrimento

65 66 85

CAPITOLO V COMUNICAZIONI, DICHIARAZIONI E VERSAMENTI RAVVEDIMENTO OPEROSO

Adempimenti dichiarativi Versamenti Iva Versamenti e imposte risultanti dal Modello Unico Ravvedimento operoso

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CAPITOLO VI ACCERTAMENTI E DIFESA DEL CONTRIBUENTE – STUDI DI SETTORE

Poteri degli uffici Iva e Imposte dirette – Controlli sui conti corr. bancari – Verifiche Accertamenti induttivi – Studi di settore Accertamento sintetico con il redditometro Termini di decadenza dell’azione di accertamento e iscrizioni al ruolo Cartelle di pagamento e perfezionamento della notifica Statuto del Contribuente e diritto d’interpello Irap

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Finito di stampare nel mese di novembre 2010 per conto di Casa Editrice Libria - Melfi da Grafiche Finiguerra - Lavello


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