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IL LIBERO PROFESSIONISTA: ASPETTI CIVILISTICI E FISCALI

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IL LIBERO PROFESSIONISTA: ASPETTI CIVILISTICI E FISCALI Il neo laureato, successivamente al superamento dell’esame di stato, una volta ottenuta l’abilitazione alla professione e l’iscrizione all’Ordine, si trova alle prese con l’inquadramento fiscale e previdenziale da assumere nei primi anni di svolgimento dell’attività professionale. Nello specifico può scegliere di svolgerla: -

come lavoratore dipendente;

-

come collaboratore, coordinato e continuativo od occasionale;

-

come lavoratore autonomo, occasionale o con partita IVA.

Il lavoratore dipendente Il lavoro dipendente è regolato principalmente dalla Costituzione, dal Codice Civile, da leggi speciali (tra cui lo Statuto del Lavoratore) e dai contratti collettivi stipulati trai i sindacati dei lavoratori e dalle associazioni dei datori di lavoro (impiego pubblico, studi professionali, ecc.). La disciplina giuridica di questi contratti è quindi molto complessa. Se si vuole un’informazione corretta sui propri diritti e doveri, sia prima di firmare la lettera d’assunzione, sia durante il rapporto di lavoro, è necessario rivolgersi o a un sindacato di categoria o ad un consulente del lavoro. Il contratto collettivo, a cui si farà riferimento, disciplina gli orari di lavoro, le qualifiche e i livelli, la retribuzione, le ferie, la regolamentazione delle assenze, del preavviso, i comportamenti che sono ritenuti causa di licenziamento, ed altro ancora. La differenza tra lavoratore dipendente e libero professionista è sostanzialmente riconducibile al fatto che da dipendente si è subordinati ad un datore di lavoro; l’art. 2094 C.C. definisce il lavoratore subordinato come “colui che si obbliga, in cambio della retribuzione, a prestare la propri opera manuale (operaio) o intellettuale (impiegato, quadro dirigente) alle dipendenze e sotto la direzione del datore di lavoro”, il quale, nell’ambito del contratto collettivo nazionale di riferimento, stabilisce compenso, orari e modalità di svolgimento dell’incarico. Dal canto suo il lavoratore dipendente deve svolgere la propria mansione con la diligenza del “buon padre di famiglia” cioè quella ordinaria e media; vale a dire tutti gli ordini che non siano insensati o contra legem vanno eseguiti, non si possono svolgere, anche dopo il lavoro, attività in concorrenza con il proprio datore di lavoro, ecc. Per approcciarsi al mondo del lavoro è utile ricordare che non esiste più la disciplina del Collocamento, che era stata istituita dopo la seconda guerra mondiale per dar modo a tutti di accedere al mondo del lavoro senza subire da parte delle imprese discriminazioni di ordine razziale, sessuale o politico. L’iscrizione all’Ufficio di Collocamento era necessaria e in un certo senso sufficiente, per poter essere assunti, in quanto solo l’iscrizione al Collocamento permetteva al disoccupato di maturare punti, scalare le graduatorie ed essere chiamati. In seguito al D.Lgs 469/97 (“pacchetto Treu”) i vecchi Uffici di Collocamento sono stati sostituiti dai Centri per l’Impiego. Il Centro per l'Impiego è una struttura pubblica di gestione dei candidati e delle imprese, rivolta a coloro che sono alla ricerca di lavoro e alle imprese che necessitano di personale qualificato: mettendo a disposizione informazioni e servizi di orientamento ed indirizzamento, permettono alla domanda di lavoro di incontrare l'offerta, ed offrono assistenza e supporto per l'espletamento delle pratiche burocratiche ed amministrative. Sono quindi anche uno strumento utile di pre-selezione per le imprese, che possono così avere candidati motivati e qualificati per la loro ricerca di personale da impiegare. Restano tuttavia alcuni punti fermi: 1 – il lavoratore deve sempre essere iscritto al Centro dell’Impiego, ma può farlo anche solo al momento dell’assunzione;


2 – almeno in linea teorica, il datore di lavoro può assumere chi vuole senza però fare discriminazioni in base al sesso, alla razza, alle opinioni politiche e religiose. Accanto ai Centri per l’Impiego il D.Lgs 469/97 convertito in Legge 196/1997 ha introdotto altre forme di intermediazione privata nelle assunzioni : le agenzie di lavoro interinale. Diritti del lavoratore dipendente. Le principali garanzie di cui gode il lavoratore dipendente sono la retribuzione, alla fine del rapporto di lavoro il Trattamento di Fine Rapporto, il riposo settimanale, le ferie retribuite, la copertura previdenziale ed assistenziale, la tutela contro la disoccupazione con l’indennità di disoccupazione, di mobilità, di cassa integrazione. Molte misure tutelano la donna lavoratrice (divieti di licenziamento, assenza prima e dopo il parto, ecc.). Anche la stabilità del posto di lavoro è difesa dalla legge, in quanto il lavoratore può sempre dare le dimissioni con preavviso (e in caso di giusta causa anche senza), mentre il datore di lavoro può licenziare solo per giusta causa (per gravissimi inadempimenti da parte del lavoratore dei propri obblighi contrattuali) o per giustificato motivo (crisi dell’azienda e sovradimensionamento). Il collaboratore di studio Il collaboratore coordinato e continuativo: Il collaboratore coordinato e continuativo (c.d. co-co-co) è anche detto lavoratore parasubordinato, perché rappresenta una categoria intermedia tra il lavoro autonomo ed il lavoro dipendente. Esso infatti mantiene, diversamente dal lavoratore dipendente e in funzione del risultato, un minimo di autonomia nella gestione dei tempi di lavoro e modalità di svolgimento della prestazione, nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione del committente. A seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs 276/03, c.d. riforma Biagi, non è più possibile, salvo alcune eccezioni, istaurare rapporti di collaborazione coordinata e continuativa se non sono riconducibili ad un progetto, programma di lavoro o fase di esso. Tra le eccezioni, la norma prevede tra gli altri, anche coloro che esercitano professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione a specifici albi professionali, tra cui appunto gli architetti e gli ingegneri. E’ pur vero, che essendo il contratto di lavoro a progetto una forma particolare di co.co.co., non possa negarsi la formulazione di un contratto a progetto con un Architetto o Ingegnere iscritto all’albo. Per quanto riguarda l’aspetto contributivo, il versamento dei contributi dei collaboratori di studio, siano essi coordinati e continuativi, o “forzatamente” considerati collaboratori a progetto, va fatta alla Gestione Separata dell’Inps di cui alla L. 335/1995 di riforma del sistema pensionistico (nota come Legge Dini). La contribuzione è posta per 2/3 a carico del committente e per 1/3 a carico del lavoratore. Aliquote. Per l’anno 2011 la L.247/2007 aveva previsto un innalzamento di 0,09 punti dell’aliquota contributiva rispetto al 2010. Ma la L. 220/2010 (legge di stabilità 2011) ha abrogato tale disposizione. Pertanto le aliquote in vigore nel 2011 sono le stesse del 2010, ovvero sono previste nella misura del 26,72% per coloro che non hanno un’altra forma previdenziale obbligatoria e del 17% per i parasubordinati che sono iscritti anche ad un’altra gestione obbligatoria. Massimale. È previsto un massimale, ovvero un versamento massimo commisurato ad un reddito di € 93.622 (€ 92.147 per il 2010), ma non un minimale, nel senso che va pagato sul compenso effettivamente percepito. Esiste però un minimale in questo senso: chi versa contributi di importo inferiore a € 3.888 in un anno (calcolati su di un reddito di circa 14.552 euro – 14.333 euro nel 2010), non si vedrà accreditato un anno di contributi bensì solamente la quota proporzionale.


I collaboratori hanno inoltre diritto all’indennità di degenza ospedaliera e all’indennità di malattia (pur rispettando determinati requisiti di reddito e di durata dell’assenza dal lavoro). Le lavoratrici madri hanno inoltre diritto alle indennità di maternità, e diversamente dalle “colleghe” libere professioniste iscritte alla cassa di categoria, hanno l’obbligo di astenersi dall’attività lavorativa al pari di una lavoratrice dipendente. Dal punto di vista del trattamento fiscale, il co.co.co è considerato un lavoratore dipendente, quindi il sostituto di imposta, ovvero il suo committente, si comporta come un vero e proprio datore di lavoro, in particolare provvede a: -

Iscrivere i collaboratori nel Libro Unico (che ha sostituito i libri paga e matricola);

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Operare le ritenute in base agli scaglioni Irpef;

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Considerare le detrazioni spettanti per il lavoro dipendente e quelle per carichi di famiglia;

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Rilasciare un prospetto paga del tutto simile alle buste paga, anche se in forma libera contenente gli oneri fiscali e contributivi;

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Effettuare i conguagli di fine anno;

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Rilasciare il Modello Cud contenente il riepilogo delle somme corrisposte nell’anno precedente

Il collaboratore di lavoro occasionale Diversamente dal collaboratore coordinato e continuativo la prestazione non può essere di durata complessiva superiore a 30 giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito dallo stesso committente nel medesimo anno solare sia superiore a 5 mila euro. Il trattamento fiscale di tali compensi è tale per cui sono considerati redditi diversi ed assoggettati alla ritenuta del 20%. Tali compensi assumono anche rilevanza contributiva (con obbligo di iscrizione alla Gestione Separata) solo al superamento di un reddito annuo di € 5.000 anche da più committenti, ma solo sulla parte eccedente la quota esente. Anche in questo caso il contributo è pari a 1/3 a carico del collaboratore e per i 2/3 a carico del committente. Il prestatore di lavoro autonomo Veniamo infine alla tipologia di lavoratore che più interessa in questa sede, il lavoratore autonomo, che a seconda della occasionalità o meno della sua prestazione deve o non deve aprire partita IVA. L’art. 2229 del Codice Civile disciplina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi. La prestazione d’opera intellettuale è regolata dalle norme contenute nel Libro V Del Lavoro Titolo III Del Lavoro Autonomo Capo II Delle Professioni Intellettuali. Il prestatore d’opera intellettuale può svolgere la sua prestazione in maniera occasionale oppure in maniera abituale. Da sottolineare la differenza tra un lavoratore autonomo occasionale ed un collaboratore occasionale: il primo nei confronti del committente ha un unico obbligo, quello di risultato, mentre il secondo deve prestare la propria opera nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione del committente. L’art. 61 del D.Lgs 276/2003 che definisce la collaborazione occasionale esclude da questa ipotesi lavorativa i professionisti intellettuali iscritti in appositi albi. Quindi la prestazione occasionale di un professionista


iscritto all’Ordine, come ad esempio la presentazione di una DIA, piuttosto che l’incarico di CTU ricevuto dal Tribunale, non soggiace al limite dei 5.000 € né a quello dei 30 giorni lavorativi. La distinzione è importante perché mentre da un punto di vista fiscale entrambi i compensi sono assoggettati alla ritenuta d’acconto del 20%, da un punto di vista previdenziale invece l’Inps, riconducendo la “collaborazione occasionale” al contratto d’opera così definito dall’art. 2222 del Codice Civile, richiede il versamento dei contributi alla Gestione Inps lavoratori Autonomi nella misura in cui tale compenso eccede la franchigia di 5.000€, ancorché da uno o più committenti diversi. NB: Stabilire se un’attività professionale è abituale, oppure non lo è, è una questione piuttosto complessa, e non codificata dal legislatore. La logica e il buon senso ci inducono a definire un’attività abituale come un’attività caratterizzata dalla ripetitività, regolarità, stabilità e sistematicità di comportamenti. Di contro, un’attività occasionale è un’attività caratterizzata dalla contingenza, dall’eventualità e dalla secondarietà. Per esempio può essere semplice definire occasionale la prestazione di un architetto che saltuariamente riceve l’incarico di CTU dal Tribunale; più difficile è sostenere l’occasionalità della prestazione di un architetto che si occupa della progettazione e direzione lavori di un intero centro commerciale. In ogni caso, una volta stabilita l’abitualità della prestazione di lavoro autonomo, il professionista deve aprire la partita IVA. Infatti, l’articolo 5 del D.P.R. 633/1972 (Testo Unico IVA) stabilisce che per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo. Quindi requisito essenziale perché la prestazione di un professionista ricada nel regime IVA è l’abitualità dell’esercizio dell’attività, mentre non è rilevante il requisito dell’esclusività. Spesso l’apertura della partita IVA per un neo-professionista sembra una scelta forzata e soprattutto la meno vantaggiosa, ma grazie ai più recenti regimi contabili introdotti dal Fisco proprio per venire incontro ai professionisti che si affacciano al mondo del lavoro, avremo modo di dimostrare che sia dal punto di vista fiscale che previdenziale non è sempre così. INIZIO ATTIVITA’ Obblighi di comunicazione Aprire la partita IVA significa diventare soggetto economico. Gli adempimenti da mettere in atto sono i seguenti: 1

chiedere l’attribuzione del numero di partita IVA, che rappresenta il “codice fiscale” dell’attività libero-professionale;

2

iscriversi alla cassa previdenziale di categoria, Inarcassa, se non si ha un’altra forma di contribuzione obbligatoria (ovvero non si è già dipendenti, in questo caso è obbligatorio assoggettare il reddito professionale all’Inps Gestione Separata con il riconoscimento di un aliquota più bassa, per il 2011 è il 17% e versare ad Inarcassa il contributo integrativo pari al 4% regolarmente addebitato in fattura)

Per l’attribuzione della partita IVA occorre rivolgersi ad un qualsiasi Ufficio della Agenzia delle Entrate compilando il modello di inizio attività; le persone fisiche devono utilizzare il modello AA9/10. Il modello deve essere presentato entro 30 giorni dall’inizio dell’attività e va presentato: -

in duplice esemplare direttamente allo sportello (o anche mediante persona delegata, in questo caso servono le fotocopie di entrambi i documenti di identità, del delegante e del delegato);

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in unico esemplare a mezzo servizio postale mediante raccomandata, allegando fotocopia della propria carta d’identità; la dichiarazione risulta presentata alla data della spedizione;


-

per via telematica direttamente dal contribuente (in questo caso è necessario prima farsi rilasciare le chiavi di accesso) o mediante intermediario incaricato della trasmissione telematica; la dichiarazione risulta presentata alla data in cui si è conclusa la ricezione da parte dell’Agenzia delle Entrate mediante apposita ricevuta.

La compilazione del modello di inizio attività è piuttosto semplice. Il modello e le istruzioni sono scaricabili dal sito dell’Agenzia delle Entrate www.agenziaentrate.gov.it In questo modello vanno indicati i dati anagrafici, il codice ATECO dell’attività esercitata, l’indirizzo del luogo dove si intende esercitare la propria attività professionale, che può coincidere con la propria residenza anagrafica, il luogo dove si intendono conservare le scritture contabili, l’indicazione di eventuali sedi secondarie, ecc. Il codice attività per gli studi di architettura è il 71.11.00. Il codice attività per gli studi di ingegneria è il 71.12.10. Un dato sul quale risulta importante fare delle precisazioni è quello relativo al volume d’affari. Questo campo infatti va compilato solo se non si intende aderire ad uno dei due regimi contabili previsti rispettivamente dall’art. 13 della L. 388/2000 e dall’art.1 comma 96 e seguenti della L. 244/2007 di cui parleremo più avanti. In questo caso l’importo del Volume d’Affari serve per comunicare all’Agenzia delle Entrate la propria intenzione di optare per la liquidazione (ed il versamento) trimestrale dell’IVA consentita in base all’art. 33 del DPR 633/1972 (Testo Unico dell’IVA) per i professionisti con un volume d’affari inferiore a € 309.874,14 (i vecchi 600 milioni di lire). Tale limite, che per ora è sempre andato di pari passo con quello che determina l’obbligo di tenuta della contabilità ordinaria per le imprese, non è stato interessato dal recente provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, che l’ha invece innalzato a 400.000 euro. Si può ragionevolmente ipotizzare che il limite verrà innalzato. Lo stesso modello di comunicazione AA9/10 va presentato entro 30 giorni da un evento modificativo (variazione della residenza anagrafica, variazione del luogo di esercizio dell’attività, ecc.) Scelta del regime contabile Il professionista determina l’IVA con il regime normale e rientra sempre nel regime di contabilità semplificata (salvo regimi forfetario e super semplificato, peraltro entrambi abrogati). La contabilità ordinaria è facoltativa e solo su opzione, da esercitare nella dichiarazione annuale IVA o in quella di inizio attività. Il professionista in contabilità semplificata deve tenere il registro fatture emesse, il registro IVA acquisti e il Registro degli incassi e dei pagamenti. Sul registro delle fatture emesse vanno registrate le fatture emesse entro 15 giorni dalla data di emissione, nell’ordine della loro numerazione; le fatture devono essere comprese nella liquidazione IVA del mese di emissione, anche se registrate successivamente. Le fatture vanno emesse entro il giorno dell’effettuazione delle prestazioni o al più tardi il giorno dell’incasso. Sul registro IVA acquisti vanno annotate le spese sostenute anteriormente alla liquidazione periodica o alla dichiarazione annuale nella quale è esercitato il diritto alla detrazione. Dal 25.10.2001 è stato soppresso l’obbligo di bollatura dei registri IVA, fermo restando l’obbligo di numerazione progressiva delle pagine, con l’indicazione su ogni pagina dell’anno di riferimento.


Il professionista oltre ai registri IVA deve tenere dei registri anche per le imposte sui redditi; più precisamente il registro degli incassi e pagamenti per i professionisti in contabilità semplificata, e il registro cronologico e il registro dei beni ammortizzabili per quelli in contabilità ordinaria. Sul registro incassi e pagamenti devono essere annotati entro 60 giorni cronologicamente gli introiti e le spese derivanti dall’esercizio della professione anche se non documentati da fattura. Entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione deve essere annotato il valore dei beni per i quali si richiede la deduzione di quote di ammortamento. Questa annotazione sostituisce l’obbligo di tenuta del registro dei beni ammortizzabili. L’assoggettamento al regime ordinario (in contabilità semplificata od ordinaria per opzione) prevede: -

il pagamento dell’imposta progressiva IRPEF e delle addizionali sul reddito conseguito, da determinarsi con metodi ordinari (detrazione dei costi dai ricavi);

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il pagamento dell’IRPEF secondo un sistema di acconti e saldi; il 16 giugno, contestualmente al pagamento del saldo dell’anno precedente, va versato il 40% dell’acconto dell’anno in corso, e a novembre il 60% dell’acconto; l’acconto, in linea generale, va versato sul 99% dell’imposta dell’anno precedente;

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la liquidazione dell’imposta IVA, con metodi ordinari, mensilmente o trimestralmente (con la maggiorazione di interessi pari all’1%);

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l’assoggettamento dei compensi alla ritenuta d’acconto.

Una breve considerazione circa la convenienza all’opzione della contabilità ordinaria: dal periodo di imposta 2005, in seguito al Decreto Bersani D.L. 223/2006, non vi è alcuna convenienza ad optare per la contabilità ordinaria, in quanto tutti i professionisti, anche quelli in contabilità ordinaria per opzione, sono passibili di accertamento da studi di settore anche se la non congruità si verifica solo un anno (e non due periodi su tre anche non consecutivi come avveniva prima) Regime ante 01/01/2012: In alternativa al “naturale” regime della contabilità semplificata, per il neo-professionista che intende aprire la partita IVA esistono due regimi contabili, che hanno sostituito il forfetario e il super semplificato (ormai aboliti rispettivamente dal 2007 e dal 2008): 1) il regime delle nuove iniziative produttive 2) il regime dei minimi (cosiddetto “regime dei contribuenti minimi/marginali”) Il regime delle nuove iniziative produttive (all’art. 13 della L. 388/2000) L’opzione per tale regime è concessa per le persone fisiche che: -

negli ultimi tre anni non abbiano esercitato attività artistica, professionale o d’impresa anche in forma associata o familiare;

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la cui nuova attività non costituisca mera prosecuzione di una precedentemente svolta in qualità di lavoratore dipendente o autonomo, anche sotto forma di collaborazione coordinata continuativa;

-

il cui ammontare dei compensi dell’attività non superi € 30.987,41

Una importante precisazione va fatta in merito al secondo requisito.


Ecco uno stralcio della circolare n. 8/E del 26.01.2001 dell’Agenzia delle Entrate: “La condizione tale per cui la nuova attività non costituisca mera prosecuzione di una precedentemente svolta in qualità di lavoratore dipendente o autonomo, anche sotto forma di collaborazione coordinata continuativa ha carattere antielusivo ed è finalizzata ad evitare gli abusi dei contribuenti, i quali, al solo fine di godere delle agevolazioni tributarie previste dal nuovo regime, potrebbero di fatto continuare ad esercitare l’attività in precedenza svolta, modificando solamente la veste giuridica in impresa o lavoro autonomo. Più che aver riguardo, quindi, al tipo di attività esercitata in precedenza occorre porre l’accento sul concetto di mera prosecuzione della stessa attività. È da ritenersi certamente mera prosecuzione dell’attività in precedenza esercitata quell’attività che presenta il carattere della novità unicamente sotto l’aspetto formale ma che viene svolta in sostanziale continuità, utilizzando, ad esempio, gli stessi beni dell’attività precedente, nello stesso luogo e nei confronti degli stessi clienti. L’indagine diretta ad accertare la novità dell’attività intrapresa, infine, va operata caso per caso con riguardo al contesto generale in cui la nuova attività viene esercitata.” Non sembra quindi ostativa all’apertura di una attività professionale con tale regime la condizione di essere anche lavoratore dipendente. Non è chiaro però se tale attività debba avere in assoluto carattere di novità rispetto all’attività che si continua a svolgere come lavoratore dipendente. Le agevolazioni concesse ai titolari di partita IVA che abbiano scelto di avvalersi di tale regime agevolato per i primi tre anni di attività sono: -

il pagamento di un’imposta sostitutiva del 10%, in luogo delle aliquote progressive IRPEF e delle addizionali comunale e regionale, sul reddito conseguito, da determinarsi con metodi ordinari (detrazione dei costi dai ricavi); l’imposta sostitutiva va versata in unica soluzione entro il termine ordinario, 16 giugno (senza acconti);

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l’esonero dalla tenuta delle scritture contabili, nonché dalla liquidazione mensile o trimestrale e dal versamento periodico dell’IVA; la liquidazione IVA annuale, da effettuarsi con metodi ordinari, prevede il versamento del saldo da effettuarsi entro il 16 marzo dell’anno successivo;

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l’obbligo della conservazione dei documenti emessi e ricevuti e dell’emissione della fattura;

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il non assoggettamento alla ritenuta d’acconto.

Il regime dei minimi (art. 1 co.96-117 della L. 244/2007) La scelta di tale regime è concessa ai professionisti: -

il cui ammontare dei compensi dell’attività non superi € 30.000; i soggetti che iniziano l’attività possono prevedere di non superare questo limite, optando nel modello AA9/10 per la scelta di questo regime, senza indicare alcun importo nel campo Volume D’affari;

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che nel triennio solare precedente non abbiano effettuato acquisti, anche mediante appalto, locazione o leasing, di beni strumentali superiori ad € 15.000, considerando al 50% il valore dei beni strumentali utilizzati in forma promiscua (autovetture, cellulari, ecc.); per le locazioni e i leasing vanno considerati i canoni maturati nel triennio;


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che non abbiano sostenuto spese per lavoro dipendente o per collaboratori (borsisti o tirocinanti, collaboratori a progetto o coordinati e continuativi) anche se familiari.

Le agevolazioni concesse ai titolari di partita IVA che abbiano scelto di avvalersi del regime dei minimi sono: -

il pagamento di un’imposta sostitutiva del 20%, in luogo delle aliquote progressive IRPEF, delle addizionali comunale e regionale e dell’IRAP, sul reddito conseguito, da determinarsi con metodi ordinari (detrazione dei costi dai ricavi); l’imposta sostitutiva va versata in unica soluzione entro il termine ordinario, 16 giugno (senza acconti);

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l’esonero da tutti gli adempimenti IVA, liquidazione versamento registrazione; l’emissione delle fatture è prevista senza l’addebito dell’IVA a titolo di rivalsa e di conseguenza non è possibile portare in detrazione l’iva afferente gli acquisti;

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l’obbligo di numerare e conservare le fatture di acquisto, integrare le eventuali fatture di acquisto intracomunitario, versare la relativa IVA entro il 16 del mese successivo e compilare gli elenchi Intrastat;

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l’assoggettamento alla ritenuta d’acconto;

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l’applicazione della marca da bollo da € 1,81 per le fatture di importo superiore a € 77,47.

Alcune considerazioni vanno fatte in merito al passaggio da un regime ad un altro: -

in base alle disposizioni normative un contribuente non può uscire dal regime dei minimi per entrare in quello delle nuove iniziative produttive, ma può fare il contrario, anche se non è trascorso il triennio;

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il regime dei minimi è un regime naturale, cioè viene adottato automaticamente presentandosi i requisiti di ammissione. E’ possibile non adottare tale regime facendo opzione per il regime ordinario/semplificato, opzione che però ha valenza triennale.

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Decorso il triennio dall’opzione, al passaggio dal regime ordinario/semplificato a quello dei minimi, scattano gli obblighi di rettifica della detrazione dell’IVA effettuata su beni o servizi acquistati negli anni d’imposta precedenti in base ai criteri stabiliti dall’art. 19-bis2 del DPR 633/1972. Quindi per i beni ammortizzabili va versata l’IVA per un importo pari a tanti quinti quanti ne mancano al raggiungimento dei cinque anni. (Es. acquisto nel 2008, entrata nel regime dei minimi nel 2011, obbligo di versamento di 2/5 dell’IVA sull’acquisto del bene strumentale).

Ulteriori analogie e differenze tra i due regimi agevolati: Oltre alle differenze ed alle analogie già evidenziati sopra, altre meritano di essere citate: -

Entrambi i regimi determinano il reddito imponibile in modo analitico, vale a dire sottraendo i costi ai ricavi, con un’importante differenza: nei regime dei minimi è consentita la deduzione dei contributi previdenziali, mentre non è consentita nel regime delle nuove iniziative produttive;

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Nell’ipotesi che il contribuente abbia solo il reddito professionale, gli oneri normalmente deducibili e detraibili dal reddito non possono essere considerati; quindi vanno senz’altro perse le detrazioni per oneri e per carichi di famiglia, piuttosto che le deduzioni dal reddito degli oneri deducibili (fatta eccezione per i contributi previdenziali nel caso del regime dei minimi); tornano in gioco nel momento in cui il contribuente ha altri redditi


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Ai fini Irap le dichiarazioni e il versamento dell’imposta restano obbligatori secondo le norme ordinarie di applicazione per il contribuente nel regime delle nuove iniziative produttive, mentre il contribuente minimo né è escluso, per espressa disposizione normativa;

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Nella determinazione del reddito imponibile del contribuente minimo, il principio di cassa è talmente “esasperato” che tutte le spese, anche quelle per i beni strumentali, sono deducibili dal reddito per l’importo sostenuto, abbattuto del 50% per i beni cosiddetti promiscui. Non esiste quindi in questo regime il concetto di “competenza economica”;

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Il caso in cui l’attività costituisca mera prosecuzione di una precedentemente svolta in qualità di lavoratore dipendente o autonomo, anche sotto forma di collaborazione coordinata continuativa, se rappresenta una causa ostativa per la scelta del regime delle nuove iniziative produttive, non lo è per la scelta del regime dei minimi.

Perdite di lavoro autonomo. Nel caso in cui il lavoratore autonomo generi un risultato negativo e quindi una perdita fiscale, questa, in base all’art. 8 del TUIR, come modificato dall’art. 1 comma 29 della legge finanziaria 2008, dopo un breve periodo in cui questo non era possibile, torna ad essere scomputabile dal reddito complessivo nello stesso anno in cui si genera la perdita professionale (compensazione orizzontale). Unica eccezione per i contribuenti minimi per i quali invece la perdita generata può essere compensata solo all’interno del quadro CM, quindi solo con redditi successivi maturati all’interno del regime dei minimi, ma non oltre il quinto, fatta eccezione per le perdite maturate nei primi tre anni di attività in quanto sono riportabili senza limiti di tempo. Novità dall’01/01/2012: Importanti novità sono state introdotte dall’art. 27 della Manovra d’estate 2011 (Decreto Legge 6 luglio 2011 n. 98 convertito nella Legge 15 luglio 2001 n. 111) ha introdotto un regime di valore per le nuove imprese costituite da persone fisiche. Dal 1° gennaio 2012 questo nuovo regime sostituirà sia il regime delle nuove iniziative produttive sia quello dei minimi con l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Irpef pari al 5%. Il nuovo regime dura 5 anni e si applica solo alle persone fisiche che intraprendono un’attività d’impresa arte o professione o che l’hanno iniziata dopo il 31/12/2007 e che presentino alcuni ulteriori requisiti rispetto a quelli previsti per i contribuenti minimi. Il limite temporale di 5 anni non vale per i contribuenti più giovani, che potranno infatti avvalersene fino al periodo d’imposta nel quale compiono 35 anni. Il nuovo regime “semplificato per nuove imprese” si applica a condizione che vengano rispettate tutte le condizioni previste per i contribuenti minimi. In aggiunta ai sopra citati requisiti, il nuovo regime è riconosciuto a condizione che: -

L’attività d’impresa arte e professione sia nuova o iniziata successivamente al 31.12.2007;

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Negli ultimi tre anni non abbiano esercitato attività artistica, professionale o d’impresa anche in forma associata o familiare;

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L’attività da esercitare non costituisca mera prosecuzione di una precedentemente svolta in qualità di lavoratore dipendente o autonomo, anche sotto forma di collaborazione coordinata continuativa, escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni

Agevolazioni


Le agevolazioni corrispondono a quelle previste per i contribuenti minimi che sinteticamente ricordiamo: •

esonero dagli obblighi di liquidazione e versamento dell’imposta e da tutti gli altri obblighi previsti dal DPR 633/1972

esonero dagli obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili

esenzione dall’IRAP

esenzione dagli studi di settore;

principio di cassa “esasperato” secondo le regole di cui al comma 104 dell’articolo 1 della Finanziaria 2008;

pagamento di un imposta sostitutiva dei redditi e delle addizionali regionali e comunali pari al 5%.

La ratio della norma è tale per cui i soggetti che dal 2008 hanno intrapreso una attività professionale aderendo al regime dei minimi ora possono accedere al nuovo regime semplificato per nuove imprese solo se rispettano gli ulteriori requisiti di “novità” dell’attività professionale, che erano tipici dell’ex regime delle nuove iniziative produttive. Rimangono ancora dubbi sul fatto che un contribuente che abbia iniziato l’attività nel 2008 con il regime delle nuove iniziative produttive e nel 2011, decorsi i tre anni sia entrato nel regime ordinario, almeno nel 2012 possa rientrare in questo regime. Si aspettano comunque chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate con una circolare, si spera, di prossima emanazione. Chi ha i requisiti di cui ai commi da 96 a 99 art. 1 legge 244/2007 ma manca degli altri requisiti introdotti dalla manovra correttiva può allora aderire al regime degli “ex –minimi”, la cui durata è illimitata salvo il superamento di uno o più limiti, che prevede l’esonero dalla tenuta delle scritture contabili, il non assoggettamento all’IRAP, il versamento IVA in dichiarazione, la determinazione del reddito secondo i criteri di cassa del regime “ordinario” dei professionisti e l’assoggettamento del reddito alle aliquote Irpef ordinarie. Va da sé che, in mancanza di una circolare esplicativa da parte dell’Agenzia delle Entrate, la possibilità di un contribuente professionista di entrare in un regime piuttosto che in un altro deve essere analizzata alla luce dei chiarimenti fatti in esecuzione dei due regimi abrogati. Rimangono inoltre da sciogliere ancora molti dubbi di carattere “operativo” quali ad esempio l’assoggettamento a ritenuta d’acconto, la deducibilità degli oneri previdenziali, la possibilità di entrare nel nuovo regime dei contribuenti da parte degli ex “nuove iniziative produttive”.

Budget finanziario Il neo professionista che si affaccia al mondo del lavoro, escludendo l’ipotesi di assunzione come lavoratore dipendente, oltre a considerazioni e scelte di ordine fiscale e contributivo, deve fare anche considerazioni di carattere economico-finanziario. Ovvero deve prevedere tutta una serie di costi, che nello specifico possono essere: -

“fissi”, quali per esempio la quota associativa annuale per l’iscrizione all’ordine, piuttosto che i contributi previdenziali “minimi” soggettivi integrativi e di maternità, la dotazione minima patrimoniale iniziale (costituita da un pc, da un cellulare, da un programma di software, dall’attrezzatura tecnica); i costi di aggiornamento


-

“variabili”, ovvero quelli legati in un modo o nell’altro alla quantità di reddito prodotto o alle prestazioni effettuati, quali per esempio i contributi previdenziali eccedenti il minimale, i costi per l’acquisizione di materiale di consumo per cancelleria e il funzionamento dello studio in generale, le imposte dirette

Tabella comparativa per la scelta dell’inquadramento professionale A solo titolo esemplificativo si riporta una tabella riassuntiva dei costi fiscali e contributvi per le varie tipologie di inquadramento fiscale a parità di reddito lordo, con queste precisazioni: -

senza partita IVA la gestione previdenziale è quella dell’Inps; l’aliquota fissata per il 2011 è del 26,72%, e ricordiamolo, grava per 1/3 sul collaboratore e per 2/3 sul committente; con l’apertura della partita IVA invece i contributi previdenziali vanno pagati ad Inarcassa, la prima aliquota del contributo soggettivo (corrispondente ad un reddito fino a € 85.400) fissata per il 2011 è del 12,5%;

-

i contributi previdenziali (ad eccezione del contributo integrativo) sono considerati oneri deducibili in tutte le situazioni, tranne nel caso dei contribuenti in regime di nuove iniziative produttive, per espressa previsione normativa (anche se è opportuno citare una sentenza della Corte di Cassazione n.2781 del 26/02/2001 che ha affermato l’inerenza dei contributi nell’attività di lavoro autonomo; tuttavia l’Amministrazione Finanziaria non ha ancora recepito tale sentenza e continua ad affermarne l’indeducibilità).

Compenso lordo al collaboratore/professionista di € 25.000

Fino al 31/12/2011

Co.Co.Co

Compenso

Prestatore occasionale

25.000

Partita IVA Partita regime 388 minimi

25.000

Costi inerenti

IVA Partita IVA regime ordinario

25.000

25.000

25.000

2.000

2.000

2.000

2.875

2.875

Oneri deducibili

2.227

1.781

Imponibile Irpef

22.773

23.219

23.000

20.125

20.125

0

0

23.000

0

23.000

25.000

20.000

23.000

23.000

23.000

Imponibile Irap Imp. previdenza


Irpef/add.

5.693

5.805

2.300

4.025

5.089

0

0

546

0

546

2.227

1.781

2.875

2.875

2.875

17.080

17.414

19.279

18.100

16.490

68,32%

69,66%

77,12%

72,40%

65,96%

Irap Contributi Netto Percentuale

Dal 01/01/2012 Co.Co.Co

Compenso

Prestatore occasionale

25.000

Partita IVA Partita IVA Partita IVA nuove imprese ex minimi regime ordinario

25.000

Costi inerenti

25.000

25.000

25.000

2.000

2.000

2.000

Oneri deducibili

2.227

1.781

?

2.875

2.875

Imponibile Irpef

22.773

23.219

23.000

20.125

20.125

0

0

0

0

23.000

Imp. previdenza

25.000

20.000

23.000

23.000

23.000

Irpef/add.

5.693

5.805

1.150

5.089

5.089

0

0

0

0

546

2.227

1.781

2.875

2.875

2.875

17.080

17.414

20.975

17.036

16.490

68,32%

69,66%

83,90%

68,14%

65,96%

Imponibile Irap

Irap Contributi Netto Percentuale

Come si può facilmente constatare, è evidente il vantaggio del nuovo regime introdotto dalla manovra d’estate rispetto ai due regimi abrogati e a quello ordinario, mentre da un punto di vista strettamente fiscale non lo è più il regime degli ex-minimi. I vantaggi di questo ultimo regime sono legati esclusivamente alla non assoggettabilità all’Irap e all’esonero dalla tenuta delle scritture contabili; resta da chiarire se, come i minimi del vecchio regime, questi contribuenti sono assoggettabili alla disciplina degli studi di settore. Anche per questo si aspetta un chiarimento da parte dell’Amministrazione Finanziaria.


GESTIONE DELL’ATTIVITA’ PROFESSIONALE Concetto di detraibilità dell’IVA Prima di spiegare il concetto di detraibilità dell’IVA occorre definire il concetto di IVA stesso. IVA è l’acronimo di Imposta sul Valore Aggiunto e rappresenta la più importante tra le imposte indirette. Per un soggetto economico in linea generale l’IVA non rappresenta un costo, bensì semplicemente un debito verso l’erario per l’IVA applicata sulle fatture emesse e riscossa dal cliente e un credito per l’IVA applicata sulle fatture di acquisto e pagata al fornitore. In sede di liquidazione dell’IVA si tratterà di calcolare la differenza tra l’IVA sulle prestazioni e l’IVA sugli acquisti e versarla alle scadenze di legge. Sulle prestazioni che il contribuente svolge e che fattura al cliente, salvo il caso dei contribuenti “nuovi imprese” introdotto dal D.L. 98/2011, il professionista applica l’IVA; quindi il debito verso l’Erario riguarda tutta l’IVA in rivalsa. Mentre sugli acquisti, possono esserci delle limitazioni alla detrazione dell’IVA esposta in fattura, e tali limitazioni, nel caso dell’architetto o dell’ingegnere, sono di natura oggettiva, vale a dire riguardanti la natura degli acquisti di beni o servizi e sono disciplinati dall’art. 19-bis1 del DPR 633/1972. Di seguito elenchiamo in una tabella gli acquisti che possono interessare la professione di architetto/ingegnere e che presentano una limitazione alla detraibilità dell’IVA: Descrizione dell’acquisto

% detrazione

Note

Veicoli stradali a motore, diversi dai 40% - 100% motocicli; relativi componenti e ricambi; per veicoli stradali a motore si intendono tutti i veicoli, diversi dai trattori, adibiti a trasporti di persone o beni (autovettura, motocicli inferiori a 350 cc, ciclomotori) vale a dire con massa a pieno carico non superiore a 3,5 ton. (4,5 se a trazione elettrica) e max 9 posti)

E’ ammessa la detrazione del 100% se sono utilizzati esclusivamente nell’esercizio della professione. L’onere della prova di tale esclusività nel caso di verifiche documentali è a carico del contribuente.

Carburanti e lubrificanti; prestazioni di Vedi sopra custodia, manutenzione, impiego, locazione anche finanziaria, transito stradale per autoveicoli e motoveicoli

La percentuale di detrazione è analoga a quella per l’acquisto del bene cui si riferiscono i beni e le prestazioni

Spese di somministrazione di pasti e 100% bevande e le prestazioni alberghiere

Dal 01/09/2008 tali spese hanno IVA detraibile; tuttavia tali spese possono ancora avere IVA indetraibile se classificabili come “spese di rappresentanza”, ovvero se non inerenti all’attività del soggetto passivo.

Alimenti e bevande

0%

Eccezioni: gli acquisti per distributori automatici collocati presso lo studio hanno IVA detraibile

Telefoni cellulari o radiomobili

0%-100%

Dall’01/01/2008 la percentuale di detrazione non è più fissata dalla legge ma dipende


dall’effettivo utilizzo per l’attività. In base ad una precisa disposizione normativa (art.1 co.255 L. 244/2007) sono previsti dei controlli specifici per i contribuenti che detraggono una quota superiore al 50% Spese di rappresentanza: l’indetraibilità 0% è prevista su tali spese è sugli acquisti di omaggi di costo unitario superiore a € 25,82.

Per spese di rappresentanza si intendono spere inerenti, se sostenute e documentate, per erogazioni gratuite di beni e servizi, effettuate per fini promozionali o di pubbliche relazioni il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione di generare benefici economici o il cui sostenimento sia coerente con pratiche commerciali de settore. Si considerano tali per esempio le spese per feste, ricevimento e altri eventi di intrattenimento organizzati per ricorrenze aziendali o festività, per l’inaugurazioni di nuove sedi o uffici)

Immobili adibiti a studi professionali

Dall’01/01/1998 è detraibile l’IVA sull’acquisto o su leasing degli immobili utilizzati per l’attività di lavoro autonomo.

100%

Tornando invece al discorso dei soggetti “nuove imprese”, a tali soggetti, non applicando l’IVA sulle fatture emesse, è preclusa ogni possibilità di detrazione dell’IVA sugli acquisti; tale IVA diventa però costo deducibile. Variazione dell’aliquota dal 20% al 21%. Il giorno 17/09/2011, all’indomani della pubblicazione sulla G.U. del provvedimento della L. 148/2011 di conversione del D.L. 138/2011 cosiddetta Manovra di Ferragosto, è entrato in vigore l’incremento dell’aliquota IVA dal 20% al 21%. Circa la decorrenza della nuova aliquota si ricorda che rileva il momento in cui l’operazione posta in essere si considera effettuata ai fini IVA; per le prestazioni di servizio l’operazione si considera effettuata ai fini IVA all’atto del pagamento. Pertanto l’incremento dell’IVA dal 20 al 21% si applica a tutte le prestazioni di servizi pagate dal 17 settembre in poi, a nulla rilevando l’avvenuta esecuzione, in tutto o in parte, della prestazione. Le fatture pro-forma (o note provvisorie, o bozze fattura) emesse con IVA al 20% e non ancora pagate entro il 16 settembre diventano quindi irrilevanti e dovranno essere eventualmente ri-emesse per essere adeguate alla nuova percentuale del 21% e per consentire ai clienti di pagare il corretto importo aumentato della nuova percentuale. Inerenza e deducibilità dei costi La determinazione del reddito di professionisti ed artisti avviene in modo analitico. Il reddito è costituito dalla differenza tra i compensi percepiti (esclusi IVA e contributo integrativo a carico del committente) e i costi sostenuti, purché tali costi siano inerenti.


L’inerenza del costo è una condizione necessaria per la deducibilità del costo stesso; il suo riscontro deve mirare a verificare la sussistenza del rapporto tra causa ed effetto, ovvero il collegamento funzionale fra il suo sostenimento e l’oggetto della prestazione effettuata. Si tratta di condizione necessaria ma non sufficiente, in quanto il legislatore ha posto dei vincoli oggettivi alla deducibilità di alcune spese, nel caso in cui ha presunto che alcune di esse possano ritenersi “promiscue” od estranee all’esercizio della professione. Di seguito elenchiamo in una tabella i costi che possono interessare la professione di architetto e che presentano una limitazione alla loro deducibilità: Descrizione dell’acquisto

% deducibilità

Note

Familiari dipendenti o collaboratori 0% coordinati e continuativi

Sono indeducibili dal reddito professionale i compensi erogati al coniuge, ai figli e agli ascendenti; sono deducibili al 100% i compensi pagati a familiari, titolari di Partita IVA, per prestazioni professionali

Immobili strumentali in proprietà o 100% leasing

Possono essere dedotte le quote di ammortamento e i canoni di leasing riferibili all’acquisto compiuto nel triennio 20072009.

Spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione degli immobili

Deducibilità fino al 5% del valore di tutti i beni materiali ammortizzabili esistenti all’inizio dell’esercizio e rinvio nei 5 esercizi successivi in quote costanti

Immobili ad uso promiscuo

50%

Per gli immobili ad uso promiscuo (a condizione che il contribuente non disponga di altri immobili ad uso esclusivamente professionale nello stesso Comune) sia deducibile il 50% della rendita o del relativo canone di locazione. Sono deducibili per il 50% anche le spese per i servizi relativi a tali immobili e quelle non incrementative di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione.

Autovetture e autoveicoli

40%

La percentuale di deduzione fiscale degli ammortamenti è del 40%, fermo restando il limite assoluto di costo pari ad € 18.076; la stessa percentuale del 40% è applicabile a tutte le spese relative agli autoveicoli. Per i professionisti la deducibilità è comunque limitata ad un solo veicolo, o ad un solo veicolo per associato in caso di esercizio della professione in forma associata


Carburanti e lubrificanti; prestazioni di 40% custodia, manutenzione, impiego, locazione anche finanziaria, transito stradale per autoveicoli e motoveicoli

La percentuale di detrazione è analoga a quella per l’acquisto del bene cui si riferiscono i beni e le prestazioni

Spese di somministrazione di pasti e 75% bevande e le prestazioni alberghiere

La spesa è deducibile comunque fino al 2% dei compensi percepiti

Telefonia fissa e mobile

80%

Sono deducibili all’80% le quote di ammortamento, i canoni di leasing e di noleggio, le spese di impiego e manutenzione, relativi alla telefonia fissa e mobile. Sono deducibili nella stessa misura anche i modem ovvero il router ADSL. Sono deducibili purché inerenti e tracciabili anche le ricariche telefoniche o le schede prepagate

Spese di rappresentanza

100%

Fino all’1% dei compensi percepiti. Compresi gli omaggi e gli acquisti di oggetti d’arte, antiquariato e collezione. Se tra le spese di rappresentanza ci sono anche spese di somministrazione di pasti e bevande, occorre prima abbattere tale costo del 25%.

Convegni, congressi, aggiornamento

corsi

Beni utilizzati promiscuamente

di 50%

Comprese le spese di viaggio e soggiorno relative

50%

Competenza dei ricavi e dei costi: criterio di cassa In linea generale la determinazione del reddito professionale di lavoro autonomo avviene secondo il principio di cassa, in base cioè alla differenza tra i compensi incassati e le spese effettivamente sostenute nell’esercizio della professione. Il principio di cassa non si applica ad alcuni costi per espressa previsione normativa (art. 54 D.P.R. 917/1986): -

ai costi sostenuti per l’acquisizione di beni strumentali, che concorrono invece alla formazione del reddito mediante l’imputazione delle quote di ammortamento, sulla base di coefficienti stabiliti dal Ministero delle Finanze, se il loro costo è superiore a € 516,46; in questo caso è prevista la deducibilità nell’esercizio di sostenimento della spesa;

-

ai costi sostenuti per l’acquisizione di beni strumentali in leasing, e comunque a condizione che la durata del contratto non sia inferiore alla metà del periodo di ammortamento ordinario stabilito sulla base dei medesimi coefficienti di cui sopra;

-

alle quote di Tfr maturate dai dipendenti;


Per il regime delle “nuove imprese”, il criterio di cassa per la determinazione del reddito è TOTALE; nel senso che tutti i costi sono deducibili nell’anno in cui sono sostenuti, compresi quindi anche quelli per l’acquisizione dei beni strumentali. Applicazione della ritenuta d’acconto Ritenute subite Il compenso percepito dal professionista è soggetto a ritenuta d’acconto, a meno che il committente non sia un soggetto privato. Nel caso di professionista con Partita IVA la ritenuta d’acconto va applicata anche alle somme ricevute dal committente a titolo di rimborso spese forfetarie (indennità chilometriche, diarie, ecc), perché tali rimborsi sono equiparati sempre ai compensi. Mentre non va applicata alle anticipazioni fatte in nome e per conto del cliente (spese documentate), salvo il caso di spese di vitto e alloggio documentate e fuori del territorio comunale. La ritenuta d’acconto non va applicata nel caso di professionisti che rientrano nel regime delle nuove iniziative produttive in vigore fino al 31/12/2011. Dubbio rimane sulla assoggettabilità a ritenuta dei compensi corrisposti ai professionisti che rientrano nel regime “delle nuove imprese” Ritenute applicate Anche il professionista che paga compensi di lavoro autonomo è obbligato ad effettuare la ritenuta di acconto del 20% sull’importo corrisposto. Ricordiamo che nel caso di compenso ad un collaboratore coordinato e continuativo, il trattamento del collaboratore va equiparato dal punto di vista fiscale e previdenziale ad un dipendente subordinato. Diventa quindi datore di lavoro a tutti gli effetti e deve quindi sottostare a tutti gli aspetti della stringente normativa riguardante il lavoro subordinato (tenuta del Libro Unico, aggravio della normativa sulla sicurezza nei posti di lavoro, ecc.). In questo caso il consiglio è quello di rivolgersi ad un Consulente del Lavoro.

Irap Il professionista soggetto IVA, in linea di principio, è soggetto all’Irap, l’imposta sul reddito delle attività produttive. L’aliquota per il 2011 è del 3,9%. La base imponibile è rappresentata dal reddito di lavoro autonomo calcolato ai fini Irpef, al quale vanno apportate delle variazioni in aumento dovute all’indeducibilità degli oneri finanziari, compresi gli interessi impliciti nei canoni di leasing, e delle spese per lavoratori subordinati, parasubordinati ed occasionali. Negli anni però c’è stata una importante evoluzione della posizione dei lavoratori autonomi rispetto alla assoggettabilità o all’esclusione dall’IRAP. Nel 2001 con al Sentenza n. 156 della Corte Costituzionale, viene ipotizzata la sussistenza di lavoratori autonomi non soggetti al tributo in quanto privi di autonoma organizzazione di beni e persone. Con una serie di sentenze nel 2007 la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui i professionisti che svolgono la propria attività senza dipendenti e con beni strumentali non eccedenti la dotazione minima non devono assolvere il tributo regionale. E’ seguita una serie di sentenze di merito che hanno identificato sempre meglio questi concetti.


Nel 2008, quando per effetto dell’art.1 commi da 96/117 della Legge 244/2007 l’Amministrazione Finanziaria ha esplicitamente escluso dall’Irap i soggetti minimi, in una successiva circolare ministeriale ha in pratica considerato “non soggetti Irap” i professionisti che hanno i requisiti per accedere al regime dei minimi, anche se non hanno, di fatto, optato per tale regime. In conclusione, a parte i soggetti “minimi”, tutti gli altri contribuenti che, ritenendosi esclusi dall’Irap per mancanza di autonoma organizzazione non la assolvono, sono sempre passibili di accertamento e quindi possono essere chiamati a dimostrare l’assenza di organizzazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione n. 6536 del 17/03/2010 ha fissato i criteri per stabilire quando esista l’autonoma organizzazione con la conseguente applicazione dell’imposta regionale. In particolare viene precisato che esiste autonoma organizzazione, quando: 1) il contribuente sia sotto qualsiasi forma responsabile dell’organizzazione e non sia invece inserito in strutture riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; 2) impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività oppure si avvalga, anche in modo occasionale, di lavoro altrui Nonostante queste “linee guida” si naviga sempre più nell’incertezza alimentata giorno per giorno dalle oscillazioni degli stessi giudici di legittimità: con la sentenza n. 23370 depositata il 18/11/2010 paga l’IRAP il professionista che sostiene ingenti spese per l’ammodernamento e la ristrutturazione dello studio, con la sentenza n. 23761 depositata il 23/11/2010 paga l’Irap il professionista che pur non avendo dipendenti eroga elevati compensi a terzi (nella fattispecie circa € 72.000), con la sentenza n. 23155 depositata il 16/11/2010 non paga l’Irap il professionista pur avendo uno studio di ampia metratura, con la sentenza n. 24953 depositata il 09/12/2010 non paga l’Irap il medico di base che pur essendo dotato di attrezzature di medicina generale svolge l’attività in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale. In ultimo, con la sentenza n. 19688, depositata il 27/09/2011, la Cassazione, anche se da una prima e superficiale lettura sembra delineare un cambio di rotta della giurisprudenza di legittimità in quanto ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di secondo grado con la quale tre professionisti sono stati giudicati esclusi da Irap in quanto la loro attività era svolta con un assetto organizzativo di rilievo minimale, in realtà ribadisce il concetto che ai fini dell’assoggettamento ad Irap del contribuente è necessaria “la presenza di una struttura che costituisca un di più rispetto agli elementi minimi richiesti per l’esercizio dell’attività professionale”. Inoltre ribadisce che il requisito dell’autonoma organizzazione deve essere accertato dal giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Inoltre, non è comunque possibile evincere l’esatta entità dei fattori produttivi utilizzati (definita semplicemente “di rilievo minimale”).

CRITICITA’ FISCALI Il professionista, proprio in quanto soggetto economico, può essere oggetto di una tipologia di accertamento, definito induttivo, vale a dire mediante una ricostruzione extra-contabile del reddito e del volume d’affari, basata su elementi e notizie raccolti dagli Uffici stessi; due sono gli accertamenti di tipo induttivo che possono interessare il professionista: -

l’accertamento tradizionale, ammissibile solo al verificarsi di gravi violazioni contabili, anche in seguito a richieste di chiarimenti da parte dell’Amministrazione Finanziaria

-

l’accertamento da studi di settore


Studi di settore: Gli studi di settore rappresentano uno strumento accertativo costruito sulla base di una complessa struttura informativa che consente di determinare i ricavi o compensi potenziali degli esercenti impresa, arte o professione, considerando le effettive condizioni di operatività degli stessi e tenendo conto non solo di variabili di natura contabile, ma anche di variabili strutturali interne ed esterne, nonché di informazioni qualitative in grado di influenzare il risultato reddituale. Gli studi di settore, attraverso l’analisi delle suddette variabili, verificano la congruità dei ricavi dichiarati e la coerenza del valore effettivamente riscontrato per i principali indicatori economici (produttività per addetto, rotazione del magazzino, ecc.) rispetto ai valori minimi e massimi tipici del settore di attività del contribuente. Per l’elaborazione di tali ricavi minimi, l’amministrazione finanziaria si avvale dell’applicazione informativa chiamata GE.RI.CO. Le variabili possono essere contabili ed extra-contabili. Quelle contabili, pur se con “pesi” diversi, in linea di massima coincidono principalmente con le voci di costo utili per la determinazione del reddito; in aggiunta troviamo anche il valore complessivo dei beni strumentali utilizzati nell’esercizio della professione. Le variabili extracontabili invece sono rappresentate da alcune informazioni, non solo di carattere numerico, che variano a seconda dell’attività esercitata e quindi dello studio di settore utilizzato; a puro titolo esemplificativo, tra i dati extracontabili dello studio di settore degli studi di architettura o ingegneria, si annoverano: il numero degli incarichi ricevuti, la natura degli stessi, l’individuazione della tipologia di committenti, il numero delle ore settimanali e delle settimane lavorate, ecc, il costo del software, ecc. Vi sono poi alcune condizioni oggettive e soggettive di non applicazione degli studi. Tra le più significative ricordiamo: -

il periodo d’imposta iniziale, a meno che l’attività non corrisponda ad una riapertura entro 6 mesi dalla cessazione, o sia la mera prosecuzione dell’attività di un altro soggetto;

-

il periodo d’imposta finale;

-

il contribuente in regime dei minimi fino al periodo d’imposta 2011, il contribuente nel regime delle nuove imprese dal 2012;

-

il contribuente che si trovi in un periodo di non normale svolgimento dell’attività (per il professionista è considerato tale il periodo d’imposta in cui ha interrotto l’attività per provvedimenti disciplinari)

N.B.: l’Agenzia delle Entrate, con la Circolare del 23 giugno 2010 n. 38, ha precisato che per un contribuente che pur avendo i requisiti per essere considerato minimo ha optato per il regime ordinario, è ipotizzabile che la sussistenza dei requisiti per l’applicazione del regime dei minimi possa configurare situazioni di marginalità economica idonea a giustificare, in sede di contraddittorio, l’eventuale risultato di non congruità rispetto agli studi di settore. In sostanza il contribuente può segnalare tale circostanza nel campo “note aggiuntive” di GE.RI.CO, consentendo all’Amministrazione Finanziaria di venirne a conoscenza in anticipo rispetto alla fase di contraddittorio (magari evitandolo). Il contribuente a cui non si applicano le suddette condizioni di esclusione e che in seguito alla elaborazione dello studio di settore si trova nella condizione di non dichiarare ricavi superiore a quelli minimi, può decidere di adeguarsi a tale risultato oppure scegliere di non farlo. E’ bene ricordare però che con la Finanziaria 2007, l’accertamento da studi di settore è stato generalizzato a tutti i contribuenti che esercitano un’attività per cui lo specifico studio di settore è stato elaborato, prescindendo dal regime di contabilità


adottato. Vale a dire che gli Uffici fiscali possono procedere ad accertamento in base alle determinazioni degli studi di settore in caso di non congruità anche per una sola annualità. Alcune considerazioni importanti: -

se un contribuente risulta congruo e coerente agli studi di settore, può comunque essere oggetto di controllo da parte dell’Amministrazione Finanziaria, qualora i dati degli studi risultino in qualche modo anomali; per i professionisti tali anomalie possono essere l’indicazione delle ore settimanali e delle settimane annuali lavorate, oppure la mancata indicazione dei beni strumentali; tali controlli si concretizzano in segnalazioni inviate direttamente al contribuente o all’intermediario che si è occupato dell’invio della dichiarazione dei redditi. A tale proposito l’Agenzia delle Entrate non ha indicato il numero corretto da indicare, o il numero limite al di sotto del quale scatta in automatico l’invio del questionario. Tuttavia, al di là delle considerazioni in merito alla veridicità dei dati indicati che ovviamente si dà per scontato, il punto è che il professionista, è tenuto ad indicare effettivamente il numero di ore settimanali e il numero di settimane che oggettivamente dedica alla professione. In altre parole al contribuente non può essere vietato di indicare un numero più basso di quello ritenuto standard (40 ore alla settimana per 48 settimane, come un lavoratore dipendente); semmai, nel caso di una eventuale successiva verifica o instaurazione del contraddittorio (elemento fondamentale e propedeutico all’emissione dell’avviso di accertamento da studi di settore) al contribuente viene chiesto di giustificarlo. I motivi che possono indurre una professionista ad indicare un numero inferiore rispetto ai valori cosiddetti standard possono essere riconducibili ad una situazione personale contingente che per un certo periodo di tempo limita o impedisce del tutto una normale attività lavorativa (puerperio, allattamento, figli in età prescolare, grave patologia, intervento chirurgico). Ma riteniamo che particolari situazioni peculiari alla persona ove impediscano di fatto lo svolgimento di una normale attività professionale dovranno essere debitamente provate nella fase del contraddittorio. Qualora l’Amministrazione Finanziaria, disattendendo le motivazioni fatte valere dal contribuente in contraddittorio, ritenga che i risultati di GE.RI.CO risultino aderenti alla specifica posizione del contribuente e quindi proceda ad emettere il conseguente avviso di accertamento, sarà il Giudice Tributario che valuterà se le argomentazioni prodotte dal contribuente provano “la concreta ricorrenza di circostanze peculiari, esterne od interne, influenti negativamente sul regolare svolgimento di qualsivoglia attività professionale” (Sentenza della Cassazione n. 22555 del 05/11/2010).

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in linea teorica l’applicazione degli studi di settore in sede di accertamento deve basarsi su criteri di “ragionevolezza” al fine di evitare la penalizzazione di quei contribuenti per i quali l’accertamento presuntivo non sarebbe idoneo ad evidenziare le effettive condizioni di esercizio dell’attività. Al riguardo, se il professionista non intende adeguarsi ai risultati di GE.RI.CO, in sede di accertamento può istaurare un contraddittorio ed evidenziare tutti gli elementi idonei a giustificare il mancato adeguamento dei compensi a quelli minimi;

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La norma prevede che nei confronti dei contribuenti che risultino “congrui e coerenti” rispetto alle risultanze degli studi di settore (anche per adeguamento in dichiarazione) l’accertamento di tipo presuntivo possa essere effettuato solo al verificarsi della condizione tale per cui l’ammontare delle attività accertate, entro un massimo di 50.000 euro, sia pari o inferiore al 40% dei ricavi o compensi dichiarati; con il DL 138/2011 (cosiddetta Manovra di Ferragosto) è stata introdotta un’ulteriore condizione per poter beneficiare dell’esclusione dagli accertamenti presuntivi, ovvero il contribuente deve risultare congruo e coerente (anche per adeguamento in dichiarazione) anche nel periodo d’imposta precedente a quello oggetto di controllo. Naturalmente l’esimente continua a valere solo laddove non siano irrogabili sanzioni per omessa o infedele comunicazione dei dati rilevanti ai fini


degli studi di settore, nonché nel caso di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli stessi non sussistenti. -

Con la sentenza n. 26635 – 26636 – 26637 e 26638 del 2009 la Corte di Cassazione aveva declassato gli studi di settore a rango di “presunzioni semplici”; tale considerazione aveva importanti ripercussioni sulla ripartizione dell’onere della prova in caso di accertamento da studi in quanto per le presunzioni semplici è soltanto il giudice tributario che può stabilire se gli elementi portati in giudizio dall’Amministrazione Finanziaria abbiano o meno i requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti. L’onere della prova spettava quindi all’Amministrazione Finanziaria, che dal canto suo, in sostanza, doveva rilevare nell’avviso di accertamento le ragioni per le quali, nonostante l’avvenuto contraddittorio, continuasse a ritenere che i risultati di GE.RI.CO fossero aderenti alla specifica posizione del contribuente. Inoltre altri importanti principi erano stati stabili nelle suddette sentenze, ovvero che lo scostamento tra i valori dichiarati e quelli presunti “non deve essere «qualsiasi», ma testimoniare una «grave incongruenza»”, che non è possibile far conseguire all’incongruenza tra ricavi presunti e dichiarati un automatismo dell’accertamento e che è necessario correggere i risultati degli studi considerando la concreta realtà economica del contribuente in sede di contraddittorio preventivo. Tutti questi principi, se pure sono stati più volte ribaditi dai giudici di legittimità, non sono sempre seguiti dai giudici di merito. Infatti in tali sentenze (la più recente è quella della Commissione Tributaria di Bergamo (!) n. 189/8/11 del 26/09/2011) si afferma che i risultati degli studi di settore costituiscono una presunzione qualificata, dotata dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, che consente all’Amministrazione finanziaria di procedere ad accertamento senza effettuare alcuna ulteriore indagine o raffronto con la situazione effettiva del contribuente, incombendo su quest’ultimo l’onere di fornire adeguata prova contraria. Sono state inoltre respinte le doglianze espresse dai contribuenti accertati circa la violazione dell’obbligo di motivazione e neppure è stato considerato il fatto che l’entità dello scostamento non era grave. Tali sentenze sorprendono perché costituiscono un passo indietro rispetto all’elaborazione fatta dalla Cassazione, peraltro parzialmente recepita dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate con la circolare n.5/2008. Inoltre creano incertezza sulla materia e soprattutto creano non poche difficoltà ai contribuenti, i quali si trovano costretti a impugnare la sentenza facendosi carico delle spese legali e processuali e del versamento parziale delle imposte accertate.

SDS e professioniste Gravidanza I contribuenti che operano in una situazione di non normalità hanno da sempre avuto un trattamento particolare negli studi di settore. Le situazioni di non normalità possono rappresentare o circostanze attenuanti nella fase del contraddittorio nell’accertamento da studi di settore, ovvero cause di esclusione. Tuttavia, ad oggi, come abbiamo poc’anzi ribadito, per il professionista l’unica causa di esclusione per situazione di non normalità codificata espressamente dall’Agenzia delle Entrate si verifica quando l’attività è sospesa per provvedimenti disciplinari. Riguardo invece alla situazione di non normalità in relazione alla gravidanza della professionista, inizialmente l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 29 del 18/06/2009, a proposito di un salone di bellezza, aveva affermato che “l’assenza della titolare per maternità o per congedi parentali potrebbe determinare una riduzione dell’attività oppure un maggior costo dovuto all’assunzione di nuova forza lavoro.


Pertanto, si invitano gli Uffici a considerare con particolare attenzione situazioni di non congruità e/o di non coerenza determinate da questa specifica condizione”. Il problema della gravidanza aveva generato una accesa discussione sia a livello sociale che parlamentare, generando alcune importanti richieste rivolte all’Amministrazione Finanziaria: -

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Al termine del convengo del 14/11/2009 dedicato proprio al tema degli “studi di settore e maternità” l’Ordine degli avvocati di Milano aveva chiesto che fosse recepito, tra le situazioni che danno luogo a uno straordinario svolgimento dell’attività professionale, anche il caso delle libere professioniste madri di figli con età da 0 a 3 anni; Il Comitato nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili l’08/02/2010 ha richiesto all’Agenzia delle Entrata la non applicazione degli accertamenti basati sugli studi di settore alle professioniste per l’anno della maternità e per quello successivo, in quanto si tratta di un periodo di “non normale attività”

Queste richieste sono state accolte dall’Agenzia delle Entrate con molto prudenza attraverso la Circolare n. 34 del 18/06/2010 che citiamo testualmente : al riguardo, si premette che la normativa vigente non prevede l’esclusione dall’applicazione degli studi di settore per le lavoratrici in gravidanza o puerperio e in generale per i contribuenti con figli minori che necessitano delle cure e dell’assistenza. Tuttavia, nella circolare 29/E del 18/06/2009, nella sezione relativa ai due citati studi UG33U e UG34U, è stata richiamata l’attenzione degli uffici sul considerare con particolare attenzione situazioni di non congruità e/o di non coerenza determinate da questa specifica condizione”. Ultimo importante passo in avanti è stato compiuto dalla Giurisprudenza, con la sentenza della Commissione Tributaria del Lazio n. 221.22.2010 depositata il 19/10/2010 che ha stabilito che lo stato di maternità viene visto come una circostanza idonea ad escludere le lavoratrici dalle verifiche degli studi di settore. Quindi la CTR del Lazio, nel considerare la gravidanza come un non normale periodo di svolgimento della attività, ha anticipato i tempi e fatto proprio un orientamento in via di consolidamento ma non ancora previsto dalla normativa vigente. Tuttavia, fino a che l’Agenzia delle Entrate non si pronuncerà in maniera chiara e definitiva suggeriamo, prudenzialmente, di compilare il questionario degli studi di settore allegato alla dichiarazione dei redditi, indicando 1) come codice di esclusione “residuale” il codice “7”, che contempla le altre ipotesi di non normale svolgimento dell’attività nel corso del periodo d’imposta e 2) nell’apposito campo “note aggiuntive – informazioni aggiuntive” la motivazione principale che ha impedito lo svolgimento dell’attività economica in maniera regolare ovvero che la contribuente si trova in maternità.

Indagini finanziarie Le indagini finanziarie rappresentano per il Fisco senz’altro un sempre più potente ed efficace strumento di lotta all’evasione fiscale. La disciplina delle indagini finanziarie ha subito delle importanti modifiche con la L. 311/2004 (Finanziaria 2005), che ha aumentato il grado di informatizzazione dello scambio di dati concernenti le richieste, in deroga al segreto bancario, e le correlate risposte delle Banche. Sempre per effetto della Finanziaria 2005 i dati ed elementi acquisiti in sede di controllo bancario, possono, ricorrendone i presupposti, essere posti a base sia per la ricostruzione di ricavi che di compensi, e quindi estendendo il legittimo utilizzo di tali dati anche nei confronti dei lavoratori autonomi. Inoltre, con il D.L. n. 223/06 si è introdotto per il professionista l’obbligo di tenuta di uno o più conti correnti bancari o postali da utilizzare per l’attività professionale (anche se una Circolare successiva ha specificato che il conto non sia esclusivamente “dedicato” alla professione).


Il potere accertativo degli Uffici si concretizza attribuendo per presunzione legale agli importi riscossi e ai prelievi riscontrati a seguito delle indagini natura di ricavi o compensi, a meno che il professionista, per vincere la presunzione, -

non ne indica il soggetto beneficiario

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e sempreché non risultino dalle scritture contabili

In altre parole le risultanze delle indagini finanziarie pongono a carico del contribuente l’onere di provare che gli importi riscossi e prelevati sono stati debitamente tenuti in considerazione nella determinazione del reddito professionale o che sono comunque irrilevanti. Se così non è, i versamenti e i prelevamenti si “trasformano” automaticamente in maggiori ricavi o compensi. (principio confermato recentemente con la sentenza della Suprema Corte n. 6969 del 25/03/2011). Purtroppo in questo genere di indagine prima e di contraddittorio poi, gli Uffici non sempre hanno dimostrato una giusta tolleranza, soprattutto per gli importi non particolarmente significativi. Il Fisco inoltre sembra non tenere in debita considerazione quei prelievi fatti dal professionista per far fronte alle spese che quotidianamente si rendono necessarie.

AGEVOLAZIONI PER PROFESSIONISTI Osservando il panorama delle agevolazioni fiscali vigenti allo stato attuale nel nostro ordinamento fiscale, si deve purtroppo constatare che tutti i provvedimenti sono a favore del sostegno del reddito di impresa, mentre trascurano completamente i professionisti. Infatti, i professionisti sono stati esclusi dalla disciplina della Tremonti-ter sulla detassazione per l’acquisto di immobilizzazioni, dai premi sugli aumenti dell’occupazione, dagli incentivi alla capitalizzazione, sia da altre misure minori. Forse il legislatore, e diremmo erroneamente, considera i lavoratori autonomi una categoria che non risente più di tanto della crisi e che, rivestendo una presunta posizione di privilegio, non necessiti di particolare sostegno. Dimenticando invece, che purtroppo il professionista risente della crisi economica al pari degli altri, in quanto capita sempre più spesso che sia i soggetti economici, pubblici e privati, che i privati fatichino a pagare. Da uno studio effettuato dal Sole 24Ore, si stima che nel primo trimestre del 2010 si sia verificato un calo del fatturato nel mondo professionale del 37%, con il 19% degli studi a rischio chiusura. E a pagare sono maggiormente i giovani, che non hanno una clientela numerosa. Qualche aiuto, nel panorama italiano, arriva sovente dalle Regioni. Si consiglia di consultare il sito ufficiale della Regione Lombardia. Soltanto un breve cenno alla risposta all’interpello n. 33 del 09/08/2011 con cui il Ministero del Lavoro ha precisato che i contratti di solidarietà sono applicabili anche agli studi professionali, nonostante la formulazione letterale delle disposizioni in materia si riferisca specificamente all’imprenditore. I contratti di solidarietà sono quei contratti di lavoro grazie ai quali il datore di lavoro (in questo caso professionista) può effettuare intese volte alla riduzione dell’orario di lavoro, compensata parzialmente (pari al 25%) da un contributo dell’INPS.


Lo studio associato L’art. 5, co. 3 del D.P.R. 917/1986 (TUIR) equipara le associazioni senza personalità giuridica, costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni, alle società semplici, dove per le obbligazioni contratte dallo studio risponde solidalmente ed illimitatamente ciascun associato. Lo studio associato è il soggetto intestatario sia delle spese sostenute che dei compensi percepiti. Tali compensi, se corrisposti da un sostituto d’imposta, sono soggetti a ritenuta d’acconto. Le ritenute d’acconto subite dallo studio associato vengono attribuite a ciascun associato secondo il medesimo criterio di distribuzione degli utili. Dal punto di vista fiscale il reddito, determinato analiticamente sottraendo i costi ai ricavi, viene ripartito agli associati indipendentemente dalla percezione effettiva, in forma di reddito di partecipazione. Le modalità di ripartizione degli utili conseguiti dallo studio associato vengono stabilite nel relativo statuto. Oppure possono essere modificate con un atto pubblico o scrittura privata autenticata da redigere fino alla data di presentazione della dichiarazione dei redditi dello studio associato. Non si ha studio associato quando due o più professionisti svolgono autonomamente l’attività negli stessi locali, ognuno con la propria clientela. Il professionista intestatario del contratto di locazione e delle varie utenze addebiterà la quota parte agli altri professionisti con fattura addebito del contributo integrativo e senza ritenuta se la spesa è in regime di IVA, con ricevuta se la spesa non è in regime di IVA. L’Agenzia delle Entrate ha finalmente chiarito il 3 giugno scorso durante l’evento Map-Sole 24 ore che il riaddebito dei costi ai colleghi di studio non rappresenta compenso tipico dell’attività e non va dichiarato nel quadro RE. Ovviamente il professionista intestatario delle utenze, può dedurre i costi solo per la parte che rimane a suo carico, ovvero al netto degli importi ricevuti dai colleghi. La trasformazione dello studio professionale in un’associazione professionale mediante apporto della propria singola realtà in quella associativa è operazione sempre più frequente nella prassi quotidiana. E’ stato chiarito recentemente, con la Circolare n. 08/09 dell’Agenzia delle Entrate, che il conferimento di questi beni non generano plusvalenza, e quindi l’operazione è neutrale dal punto di vista fiscale, a queste condizioni: -

che al momento dell’apporto nell’associazione professionale non si abbia una remunerazione in denaro a favore del soggetto conferente;

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che sia previsto nello statuto della associazione che al momento del recesso, il socio uscente non riceva alcuna liquidazione del valore dello studio, e quindi l’unica somma che in quel momento riceverà sarà la quota di utili di sua competenza maturata nell’esercizio di recesso.

Brevi cenni alle società professionali Un’altra possibile aggregazione tra professionisti ha trovato ragione d’essere nell’art. 1 lettera c) del D.L 223/06 (Decreto Bersani) che ha abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che vietavano la fornitura di servizi professionali da parte di società di persone o associazioni professionali. Rimane tuttora il divieto di esercizio dell’attività professionali sotto forma di società di capitale (esclusi gli ingegneri, vedere la L. 109 del 1994). La novità sta nel fatto che le società possono essere multidisciplinari, nel caso i professionisti siano appartenenti a diversi settori, che monodisciplinari, nel caso di professionisti dello stesso settore ma con diverse specializzazioni. Il principio della personalità della prestazione, posto a garanzia del rapporto fiduciario tra cliente e professionista, viene comunque garantito in quanto il contratto di prestazione d’opera intellettuale può essere formalmente stipulato con la società professionale, ma l’incarico professionale ad


personam dovrà essere assegnato, prima di iniziare l’attività, ad uno o più professionisti che ne assumeranno con la sottoscrizione la personale responsabilità. La differenza sostanziale tra la società professionale e lo studio associato, è che il secondo può decidere di attribuire il risultato economico agli associati a consuntivo, vale a dire anche dopo la chiusura dell’esercizio ma comunque prima della presentazione della dichiarazione dei redditi. In assenza di specifiche norme, la dottrina ritiene che, diversamente dagli studi associati, le società professionali si debbano iscrivere al Registro Imprese tenuto presso la Camera di Commercio della provincia ove ha sede la società. Con la risoluzione n. 118/E del 28 maggio 2003 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il reddito delle società professionali non è da considerarsi reddito d’impresa, bensì di lavoro autonomo; pertanto si applica il criterio di cassa e non quello di competenza; i compensi devono essere assoggettati a ritenuta d’acconto ex art. 25 del DPR 600/73.

ALTRI ADEMPIMENTI OBBLIGATORI Posta elettronica certificata (PEC) Il DL n. 185/2008 (convertito nella L. 2/2009) ha introdotto l’obbligo per i professionisti iscritti in Albi o elenchi istituiti con legge dello Stato di dotarsi di una casella di Posta Elettronica Certificata, o di altro analogo indirizzo e-mail basato su tecnologie che certifichino la data e l’ora dell’invio e della ricezione, nonché l’integrità di quanto inviato e di comunicarla al proprio ordine o collegio di appartenenza. E’ solo il caso di ricordare che la data prevista per dotarsi di una PEC e comunicarla ai rispettivi ordini o collegi per i professionisti già in attività all’entrata in vigore del D.L. 185 era il 29/11/2009. L’elenco dei professionisti con il relativo indirizzo di posta certificata elaborato dal rispettivo Ordine o Collegio di appartenenza sarà consultabile dalle Pubbliche Amministrazioni. Per la scelta dei gestori è consultabile l’elenco pubblico dei gestori abilitati collegandosi sul sito del centro Nazionale dell’Informativa della Pubblica Amministrazione www.cnipa.gov.it . E’ opportuno segnalare che molti ordini professionali hanno stipulato apposite convenzioni con i gestori, consentendo così agli iscritti di dotarsi dell’indirizzo PEC gratuitamente ovvero a condizioni vantaggiose, salvo per ogni professionista la possibilità di individuare autonomamente il gestore. Il Consiglio nazionale Architetti (CNA) ha stipulato una convenzione con la società ARUBA PEC S.P.A.; il servizio prevede una durata contrattuale di tre anni, il costo del primo anno è posto a carico del CNA, mentre per il secondo e terzo anno il costo di € 1,80 annuale è pagato dall’Ordine di Bergamo come deliberato dal Consiglio dell’Ordine in data 02/10/2009. Anche il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha firmato una convenzione con la società ARUBA PEC S.P.A; si consiglia comunque di rivolgersi all’Ordine di appartenenza per conoscerne vantaggi e condizioni economiche. L’invio di messaggi tramite PEC è valido agli effetti di legge. La trasmissione dei documenti con tale modalità equivale, nei casi consentiti, alla notificazione per mezzo posta e la data e l’ora di trasmissione e di ricezione di un documento informatico con posta elettronica certificata sono opponibili ai terzi in caso di contenzioso. (E’ opportuno osservare che i messaggi di posta elettronica non certificata, mancando di un sistema di identificazione del soggetto che spedisce il messaggio, sono stati considerati dalla recente giurisprudenza alle stregua dei telegrammi, cioè hanno l’efficacia probatoria della scrittura privata).


PRIVACY L’1 gennaio del 2004 è entrato in vigore il D.LGS 196/2003 denominato Codice in materia di protezione dei dati personale. Ecco in estrema sintesi gli obblighi a carico dei professionisti: -

qualunque sia la natura del dato trattato, piuttosto che la modalità di trattamento, vige l’obbligo del professionista di informare preventivamente il soggetto trattato (non necessariamente di ottenere il consenso scritto dell’interessato) e di adottare tutte le norme di sicurezza per salvaguardare l’integrità degli archivi (misure di sicurezza di tipo fisico, logico ed organizzativo);

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qualora invece il professionista gestisca mediante elaboratori o sistemi automatizzati accessibili mediante una rete di telecomunicazione disponibile al pubblico dati sensibili (dove per dati sensibili si intendono tassativamente quelli previsti dall’art.8 del citato D.Lgs 196/2008 e sono l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le adesioni politiche, lo stato di salute e la vita sessuale), vige l’ulteriore obbligo di redigere il Documento Programmatico sulla Sicurezza (DPS) e di aggiornarlo annualmente entro il 31 marzo dell’anno successivo al verificarsi dell’evento modificativo. Di fatto tale Documento “sulla base dell’analisi dei rischi e della distribuzione dei compiti e delle responsabilità” serve per definire le misure di sicurezza adottate.

CONTRIBUTI PREVIDENZIALI: INARCASSA Come abbiamo già detto in precedenza, il professionista che apre la Partita IVA è obbligato ad iscriversi alla propria cassa previdenziale di appartenenza, INARCASSA. Le modalità e i termini sono facilmente consultabili sul sito www.inarcassa.it I contributi da versare sono: il contributo soggettivo, il contributo integrativo e il contributo di maternità. Per il 2011: -

il contributo soggettivo è fissato nella misura dell’12,50% del reddito professionale dichiarato ai fini Irpef fino ad un reddito di € 85.400,00 e del 3% oltre tale importo, con un versamento minimo del contributo di € 1.600,00.

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il contributo integrativo è fissato nella misura del 4% del volume d’affari dichiarato ai fini IVA, con un versamento minimo del contributo di € 365,00; la rivalsa sul cliente è obbligatoria, tranne nel caso in cui il committente sia anch’esso iscritto ad Inarcassa.

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Il contributo di maternità è stabilito nella misura fissa di € 74,00

Esistono delle agevolazioni per i neoiscritti aventi meno di 35 anni; per i primi 5 anni di iscrizione hanno diritto alla riduzione ad 1/3 dei contributi minimi; mentre per quanto riguarda il conguaglio del contributo soggettivo eccedente il minimale, l’aliquota è ridotta alla metà (5,75%) Le modalità di versamento sono da qualche anno le stesse: versamento dei minimi mediante MAV inviato direttamente da Inarcassa in due rate uguali al 30 giugno e al 30 settembre e versamento dell’eccedenza dei minimali entro il 31 dicembre, in seguito all’invio da parte del professionista dei dati utili per i conteggi (reddito professionale e Volume d’affari) la cui scadenza è prevista tramite raccomandata entro il 31 agosto, telematicamente entro il 31 ottobre.


Solo un breve cenno ai seguenti istituti: Ricongiunzione, Riscatto e Totalizzazione (peraltro ben codificati da Inarcassa e facilmente consultabili sul sito) Ricongiunzione: quando un professionista ha versato in più gestioni previdenziale i contributi previdenziali, ricorrendone le condizioni, può chiedere la ricongiunzione di tali contributi in un'unica gestione. E’ possibile ricongiungere in Inarcassa i versamenti effettuati all’Inps gestione lavoratori dipendenti, ma ad oggi, risposta del 27/05/2010, NON è possibile ricongiungere i contributi versati alla gestione separata lavoratori autonomi, ma solo “totalizzarli”. La ricongiunzione è generalmente a pagamento. Totalizzazione: quando un professionista ha versato in più gestioni previdenziali i contributi previdenziali, in alternativa alla ricongiunzione, può chiedere la totalizzazione, al fine di ottenere un’unica pensione, potendo vantare però almeno 3 anni di contributi in tutte le gestioni “totalizzate”. La totalizzazione è gratuita. Riscatto: l’istituto del riscatto permette di incrementare il periodo di iscrizione contributivo utile a pensione; sono previsti vari tipi di riscatto: il riscatto del corso di laurea, il riscatto del servizio militare e dei servizi ad esso equiparati, il riscatto dei periodi di lavoro all’estero. I riscatti sono sempre a pagamento: Inarcassa offre la possibilità di simulare un calcolo indicativo dell’onere di riscatto. La domanda di riscatto può essere esercitata solo dopo aver maturato nella gestione previdenziale di Inarcassa almeno 5 anni di anzianità contributiva. NB: i versamenti effettuati in seguito a domanda di ricongiunzione e riscatto, SONO ONERI DEDUCIBILI dal reddito. Anche se non è chiaro, trattandosi di versamenti obbligatori, se possano essere dedotti dal reddito dei soggetti “minimi”, al pari dei contributi obbligatori. Sanità integrativa: Inarcassa garantisce a proprie spese, a tutti gli iscritti e pensionati, una polizza base “grandi interventi chirurgici e gravi eventi morbosi”. La polizza può essere estesa annualmente a pagamento al nucleo familiare. Oltre a questo ci sono altri due livelli di tutela a pagamento: la Garanzia che copre il ricovero con o senza intervento e l’alta diagnostica e la Garanzia facoltativa che copre le visite specialistiche, gli accertamenti diagnostici, le prestazioni odontoiatriche, ecc. Entrambe possono essere estese al nucleo familiare a condizione che sia estesa per prima la polizza base.

LA “MANOVRA DI FERRAGOSTO” (DL 13.8.2011 N. 138): NOVITÀ FISCALI PER I PROFESSIONISTI

Novità che entrano in vigore subito 1 - NOVITA’ IN MATERIA DI CONTANTI Il DL 13.8.2011 n. 138, c.d. “manovra di Ferragosto”, riduce da un importo pari o superiore a 5.000,00 euro ad un importo pari o superiore a 2.500,00 euro il limite relativo all’utilizzo del denaro contante, all’emissione di assegni “trasferibili” (o “liberi”) ed al saldo dei libretti di deposito al portatore. In particolare: •

è vietato il trasferimento di denaro contante (di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore) tra soggetti diversi per importi pari o superiori a 2.500,00 euro; per tali trasferimenti è necessario ricorrere a banche, istituti di moneta elettronica o a Poste Italiane S.p.A.; • gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a 2.500,00 euro devono recare l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità; • gli assegni circolari, i vaglia cambiari e postali possono essere richiesti, per iscritto, dal cliente senza clausola di non trasferibilità se di importo inferiore a 2.500,00 euro;


il saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore non può essere pari o superiore a 2.500,00 euro; i libretti con saldo pari o superiore a 2.500,00 euro devono essere estinti ovvero il loro saldo deve essere ridotto ad un importo inferiore a 2.500,00 euro, entro il 30.9.2011.

Tracciabilità dei flussi finanziari negli appalti pubblici Si tenga presente, inoltre, che nessuna modifica è stata apportata agli obblighi imposti dalla L. 136/2010 in materia di tracciabilità dei flussi finanziari negli appalti pubblici, finalizzata a prevenire infiltrazioni criminali. In essa è, tra l’altro, previsto che gli appaltatori, i subappaltatori e i subcontraenti della filiera delle imprese, nonché i concessionari di finanziamenti pubblici anche europei, a qualsiasi titolo interessati ai lavori, ai servizi e alle forniture pubblici, devono utilizzare uno o più conti correnti bancari o postali: •

accesi presso banche o presso la società Poste Italiane S.p.A.; • dedicati, anche non in via esclusiva, alle commesse pubbliche. Gli appaltatori, i subappaltatori e i subcontraenti della filiera delle imprese, nonché i concessionari di finanziamenti pubblici anche europei, devono comunicare alla stazione appaltante o all’amministrazione concedente: •

gli estremi identificativi dei conti correnti dedicati; • le generalità e il codice fiscale delle persone delegate ad operare su di essi. La suddetta comunicazione deve avvenire: •

nel caso di conti correnti già esistenti, entro sette giorni dalla loro prima utilizzazione in operazioni finanziarie relative ad una commessa pubblica; • in caso di apertura di nuovi conti correnti, entro sette giorni dalla loro accensione. Tutti i movimenti finanziari (quindi sia entrate che uscite) relativi ai lavori, ai servizi e alle forniture pubblici (nonché alla gestione dei finanziamenti pubblici) devono essere: •

registrati sui conti correnti dedicati; • effettuati esclusivamente tramite lo strumento del bonifico bancario o postale, ovvero con altri strumenti di incasso o pagamento idonei ad assicurare la piena tracciabilità delle operazioni.

2 - SOSPENSIONE DALL’ATTIVITÀ PROFESSIONALE PER OMESSO RILASCIO DELLA FATTURA/PARCELLA Il DL 138/2011 ha introdotto una nuova sanzione per i soggetti iscritti ad Albi o ad Ordini professionali (tra cui architetti ed ingegneri) che, al ricorrere di determinate circostanze, omettono di rilasciare al cliente il documento certificativo delle prestazioni rese (parcella, fattura). La nuova norma, in sostanza, ricalca la sanzione, già presente nel sistema, relativa alla sospensione della licenza commerciale ove vengano constatate quattro distinte violazioni dell’obbligo di emissione dello scontrino/ricevuta fiscale, in diversi giorni e nell’arco di un quinquennio. Per effetto della nuova disciplina, è disposta, “in ogni caso” e oltre alle normali sanzioni pecuniarie relative all’infedele dichiarazione e all’omessa fatturazione, la sospensione dell’iscrizione all’Albo o all’Ordine


professionale per un periodo da tre giorni ad un mese, qualora ricorrano, congiuntamente, le seguenti condizioni: •siano constatate (ad esempio ad opera della Guardia di Finanza) quattro distinte violazioni dell’obbligo di emissione della parcella o della fattura relativamente alle prestazioni rese; •le violazioni siano state commesse in giorni diversi; •le violazioni siano state commesse nell’arco di un quinquennio. Se vi è recidiva, la sospensione è disposta per un periodo che va da 15 giorni a 6 mesi. La norma prevede inoltre che la sospensione dall’Albo o dall’Ordine professionale: •è immediatamente esecutiva; •viene comunicata all’Ordine professionale o al soggetto competente alla tenuta dell’Albo, affinché ne venga data pubblicazione sul relativo sito internet. Pertanto, dalla disciplina in esame: •sulla base del dato letterale della norma, sembrerebbero esclusi i professionisti che non sono iscritti ad un “Albo”, ma ad un “Ruolo”, o “Elenco” o “Registro”, non tenuto da un Ordine professionale; •sono senz’altro esclusi i soggetti che svolgono l’attività di lavoro autonomo senza la necessità di una abilitazione professionale. Se le violazioni dell’obbligo di certificazione del corrispettivo ricevuto dal cliente sono commesse da professionisti che operano all’interno di studi associati, la sospensione dall’Albo o dall’Ordine professionale è disposta nei confronti di tutti gli associati. L’applicabilità della norma appare problematica in relazione alle modalità con cui i verificatori (sostanzialmente, Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza) possono constatare la violazione. Infatti, nel caso della sospensione della licenza commerciale nei confronti dei commercianti al minuto dovuta al mancato rilascio dello scontrino fiscale o della ricevuta fiscale, accade che i verificatori, materialmente, si posizionino all’uscita del locale commerciale, al fine di chiedere ai clienti l’esibizione dello scontrino o della ricevuta fiscale. Ciò, nel caso delle prestazioni professionali, presenta alcune difficoltà, specie perché l’obbligo di emissione della fattura/parcella sussiste non nel momento in cui il cliente fruisce della prestazione professionale o di una parte di essa, ma quando viene pagata la prestazione (per l’intero o mediante acconti), per cui ben può accadere che il cliente esca dallo studio senza, legittimamente, essere in possesso di alcuna parcella/fattura. Si evidenzia che, in assenza di indicazioni legislative contrarie, la constatazione della violazione potrebbe derivare da segnalazioni pervenute presso la Guardia di Finanza, magari ad opera di clienti, che, insoddisfatti della prestazione ricevuta, hanno ritenuto opportuno segnalare il mancato rilascio della parcella/fattura. La sanzione relativa alla sospensione dall’Albo o dall’Ordine professionale si applica con riferimento alle violazioni commesse a decorrere dal 13.8.2011. Pertanto, tutte le violazioni relative all’omesso rilascio della parcella/fattura poste in essere o comunque constatate prima di detta data non possono concorrere al conteggio delle quattro violazioni che comportano la sospensione dall’Albo o dall’Ordine. Quindi, se, ad esempio, nei confronti di un dentista vengono constatate quattro violazioni, di cui una nel mese di luglio 2011 e 3 nei mesi di novembre e dicembre 2011, la suddetta sospensione non può essere applicata.

Novità in attesa di chiarimenti ufficiali In relazione alla disciplina in esame non è prevista una specifica decorrenza, per cui, allo stato attuale, è bene attendere i primi chiarimenti ufficiali sulla questione.


RIDUZIONE DELLE SANZIONI PER I PROFESSIONISTI/IMPRENDITORI CHE EVITANO L’UTILIZZO DEL CONTANTE Al fine di disincentivare l’utilizzo del contante nelle transazioni commerciali, vengono introdotte disposizioni che, in sostanza, agevolano gli imprenditori e gli esercenti arti e professioni che utilizzano, nella loro attività, strumenti di pagamento diversi dal contante. Infatti, per gli esercenti imprese o arti e professioni, con ricavi o compensi dichiarati non superiori a 5 milioni di euro, sono ridotte alla metà le sanzioni amministrative relative: •alla violazione degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione ed individuazione delle operazioni soggette ad IVA; •all’eventuale infedeltà della dichiarazione. Tale riduzione si applica a condizione che ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: •tutte le operazioni attive e passive (quindi sia gli acquisti che le vendite, in pratica tutti gli spostamenti di denaro relativi all’attività esercitata) siano effettuate esclusivamente mediante mezzi di pagamento diversi dal denaro contante; •nella dichiarazione dei redditi e nella dichiarazione IVA vengano indicati i rapporti intrattenuti con gli operatori finanziari nel corso del periodo d’imposta (ad esempio, i conti correnti bancari e postali dedicati all’attività). Pertanto, se per ipotesi un imprenditore o un professionista fosse in grado di rispettare i suddetti requisiti, nel caso in cui, successivamente, venisse notificato un accertamento che rettifichi la dichiarazione dei redditi o la dichiarazione IVA, la sanzione per infedele dichiarazione verrebbe irrogata in una misura che andrebbe dal 50% al 100% della maggiore imposta accertata, anziché dal 100% al 200%. L’incentivo, quindi, può comportare un considerevole risparmio sul versante delle sanzioni, siccome, in assenza di indicazioni normative contrarie, la riduzione delle sanzioni andrebbe, in sostanza, a cumularsi con l’ulteriore riduzione prevista per la definizione agevolata delle sanzioni (un terzo) o per l’acquiescenza (un sesto).

LA “MANOVRA DI FERRAGOSTO” (DL 13.8.2011 N. 138): RIFORMA DELLE PROFESSIONI Nell’ambito delle professioni il D.L. 138/2011 convertito nella L. 148/2011 all’art. 3 dal comma 5 elenca i principi che dovranno sottintendere alla riforma delle professionisti: Eccole riassunte schematicamente -

Restrizioni (comma 5 lettera a)

Fatti salvi gli esami di Stato, non sono ammesse limitazioni all’esercizio professionale, se non in caso di ragioni di interessi pubblico (salvo notai e farmacisti) -

Formazione (comma 5, lettera b)

La formazione continua diventa obbligatoria; la violazione dell’obbligo di formazione continua determina un illecito disciplinare e come tale dovrà essere sanzionato -

Tirocinio (comma 5, lettera c)

La manovra prevede che l’accesso alla professione deve conformarsi a criteri che garantiscano l’effettivo svolgimento dell’attività formativa. Inoltre prevede che sia corrisposto ai praticanti un equo compenso di natura indennitaria, commisurato al suo concreto apporto. Al fine di accelerare l’accesso al mondo del lavoro, in seguito ad una specifica convenzione tra i Consigli Nazionali e il Ministero dell’Istruzione sarà


possibile compiere il tirocinio durante il corso di laurea (tranne per le professioni sanitarie, per cui resta confermata la normativa vigente -

Tariffe (comma 5, lettera d)

Il compenso spettante al professionista è pattuito per iscritto all’atto del conferimento dell’incaico professionale prendendo come riferimento le tariffe professionali, anche in deroga a queste ultime. Il professionista è tenuto, nel rispetto del principio di trasparenza a rendere noto al cliente il livello della complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell’incarico. -

Assicurazione professionale (comma 5, lettera e)

La normativa obbliga il professionista a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell’assunzione dell’incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale. -

Disciplinare (comma 5, lettera f)

Nell’ambito delle questioni disciplinari, la funzione inquirente dovrà essere assunta da un organo a livello territoriale diverso da quello avente funzioni amministrative. -

Pubblicità (comma 5, lettera g)

La pubblicità informativa con ogni mezzo sui propri titoli professionale e le caratteristiche dei servizi offerti è libera purché veritiera, non comparativa o ingannevole e denigratoria. In data 04 ottobre 2011 c’è stata una riunione tra il sottosegretario alla Giustizia e tutti i presidenti nazionali di Ordini e Collegi, ai quali sono stati dati 15 giorni di tempo per “autoriformare” i propri ordinamenti adeguando leggi e decreti che li disciplinano alla riforma delle professioni contenuta nella manovra economica. Praticamente devono fornire le rispettive proposte di riformulazione, articolo per articolo, dei passaggi relativi a tariffe, pubblicità, tirocinio, ecc. Le proposte dovranno essere veicolate al Ministero della Giustizia che dovrà dare veste giuridica entro agosto 2012.


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