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Giocarsi. Gaming a gamification in contesti professionali: estratto

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a cura di Federica Colli Carlo Meneghetti Fabio Viola

Giocarsi Gaming e gamification in contesti professionali Prefazione di Rudy Bandiera



Giocarsi

gaming e gamification in contesti professionali



A cura di Federica Colli, Carlo Meneghetti e Fabio Viola

Giocarsi

gaming e gamification in contesti professionali

Prefazione di Rudy Bandiera


Giocarsi Gaming e gamification in contesti professionali A cura di Federica Colli, Carlo Meneghetti e Fabio Viola ISBN: 978-88-98542-65-9

© 2021, Hogrefe Editore, Firenze Viale Antonio Gramsci 42, 50132 Firenze www.hogrefe.it Coordinamento editoriale: Jacopo Tarantino Redazione: Alessandra Galeotti Impaginazione e copertina: Stefania Laudisa Immagine di copertina elaborata da Angelo Longo, ngfotografica360.com Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione dell’opera o di parti di essa con qualsiasi mezzo, compresa stampa, copia fotostatica, microfilm e memorizzazione elettronica, se non espressamente autorizzata dall’Editore, con l’eccezione dei materiali in appendice per i quali si dà, fin dal momento dell’acquisto di questo libro, autorizzazione alla libera riproduzione.


Gli autori

Franco Bagnoli Professore associato di Fisica della materia presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Firenze, si occupa di sistemi complessi e di reti, con applicazioni alla biologia, all’informatica, alle scienze sociali e a quelle cognitive. Si interessa anche di didattica della fisica, di coinvolgimento attivo del cittadino nella ricerca scientifica e di divulgazione. È membro del Centro Interdipartimentale per lo Studio di Dinamiche Complesse dell’Università di Firenze e Presidente dell’Associazione culturale Caffè-Scienza. Ennio Bilancini Professore ordinario di Economia comportamentale e teoria dei giochi presso la Scuola IMT Alti Studi di Lucca, è Direttore del GAME Science Research Center e coordinatore della GAME Science Winter School, presso la stessa Scuola. Si occupa di temi a cavallo di economia, psicologia, teoria dei giochi e pedagogia. In ambito di game science ha condotto ricerche sulla misurazione dell’efficacia del gioco come strumento del cambiamento sociale, sull’evoluzione del comportamento sociale e strategico e sulla misurazione delle abilità strategiche. Leonardo Boncinelli Economista, è Professore ordinario di Politica economica presso il Dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa dell’Università di Firenze. Formatosi come teorico dei giochi, ha nel tempo sviluppato un interesse crescente verso le applicazioni della teoria alla comprensione dei comportamenti umani e dei fenomeni sociali e all’individuazione di efficaci strumenti di intervento pubblico. Federica Colli Psicologa del lavoro, è consultant in Laborplay e specializzanda in psicoterapia psicoanalitica. Il suo principale ambito professionale è la formazione esperienziale attraverso l’utilizzo del gruppo e del gioco intesi come strumenti di cambiamento sia individuale che organizzativo. Ha svolto attività di ricerca presso l’Università di Firenze su tematiche relative alle soft skill e alla psicologia dell’emergenza. Elena Gaiffi Psicologa del lavoro, ha vent’anni di esperienza nella realizzazione di interventi di valutazione e sviluppo delle competenze trasversali. Da responsabile HR per una delle maggiori agenzie generali INA Assitalia, a libera professionista impegnata nella realizzazione di progetti per importanti aziende del settore pubblico e privato, a socio fondatore della start-up Laborplay, la sua storia professionale parla di innovazione e dinamismo.


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Giocarsi. Gaming e gamification in contesti professionali

Giorgio Gronchi Psicologo, dottore di ricerca in Psicologia, è ricercatore presso l’Università degli Studi di Firenze dove insegna Psicologia generale e Psicologia cognitiva e della percezione. È stato visiting scholar presso la Brown University. Si occupa di pensiero e di modelli computazionali in psicologia e ha svolto attività di consulenza e formazione relativamente all’usabilità dei siti web, all’interazione uomo-computer e alla psicologia cognitiva applicata. Mario Magnani Psicologo del lavoro e dottore di ricerca in Psicologia, è socio fondatore di Laborplay spin-off dell’Università di Firenze. Si occupa da anni di sviluppo e valutazione delle soft skill attraverso dispositivi ludici, creando e adattando serious e board game per le aziende. Gaetano Andrea Mancini Psicologo del lavoro, ha svolto il suo dottorato di ricerca presso San Benedetto Acque Minerali studiando i fondamenti psicologici della comunicazione pubblicitaria. Da circa quindici anni si occupa della relazione tra lavoro e persone giocando seriamente: un’attività che ha trovato il suo culmine nella fondazione di Laborplay nel 2015. Parallelamente, dal 2008 insegna Psicologia del marketing e della pubblicità presso l’Università di Firenze. Autore di numerose pubblicazioni nazionali ed internazionali, nel 2021 ha curato per Flacowski Editore la traduzione italiana di Gamestorming (D. Gray, S. Brown e J. Macanufo). Alan Mattiassi PhD, psicologo, formatore, docente e ricercatore nell’ambito del gioco, usa il gioco per lavorare sull’apprendimento, la motivazione, le dinamiche di pensiero e di comportamento sia in ambito accademico che aziendale, oltre a progettare e tenere corsi di formazione sul tema del gioco ad ogni livello. Utilizza metodi di game-based learning e gamification partendo da un framework basato sulle neuroscienze cognitive, con cui ha elaborato nel tempo un approccio al gioco spiccatamente scientifico. Nei suoi interventi, utilizza giochi esistenti o giochi che progetta e sviluppa ad hoc, con un focus particolarmente centrato sul debriefing dell’esperienza ludica. È autore di alcuni paper scientifici e capitoli dedicati alla psicologia del gioco e di giochi costruiti su obiettivi formativi specifici per progetti europei, sociali o aziendali. Carlo Meneghetti “Cercatore di mondi possibili”, game designer, ludo-strategist per la formazione, docente presso lo IUSVE di Mestre e di Verona e nella scuola secondaria di secondo grado, è autore di giochi. Con la casa editrice Ludic ha pubblicato TauToTì e Scatena la catena nel 2019 e Anagrammando nel 2021. Tra le sue pubblicazioni legate al mondo del gioco In gioco veritas, Flaccovio Editore, 2019. Francesca Nerattini Laureata in chimica, ha conseguito un dottorato di ricerca in Biofisica computazionale presso l’Università di Vienna. Da sempre interessata alla didattica e alla comunicazione della scienza, Francesca ha collaborato all’ideazione e realizzazione di numerosi progetti di divulgazione scientifica in Italia, Austria, Palestina e Marocco. Attualmente, si occupa di didattica della fisica presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Firenze. Irene Palla Laureata in psicologia del lavoro, collabora con Laborplay per diffondere la cultura del gioco nelle realtà organizzative. La sua missione è quella di promuovere le potenzialità dei serious game nel mondo della selezione e della formazione.


GLI AUTORI

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Ezio Scatolini PhD in Psicologia del lavoro e dell’organizzazione, fondatore di Laborplay e docente presso la Scuola di Psicologia dell’Università di Firenze, è esperto di processi formativi e da vent’anni si occupa di formazione e consulenza presso organizzazioni private, pubbliche e del terzo settore. Manuele Ulivieri Psicologo del lavoro e fondatore di Laborplay, con una pluriennale esperienza in attività come consulente organizzativo, è da sempre interessato all’applicazione di elementi ludici in contesti aziendali, che cerca di tradurre quotidianamente in una pratica professionale innovativa e divertente. Il suo lavoro è la continua ricerca delle più appropriate meccaniche ludiche da inserire nei processi aziendali. Fabio Viola Game designer, saggista e docente universitario, ha ricoperto diversi incarichi per multinazionali dell’intrattenimento, da Electronic Arts Mobile a Vivendi Games, contribuendo al lancio di produzioni iconiche: Fifa, The Sims, Harry Potter. Autore, tra gli altri, di Gamification: i videogiochi nella vita quotidiana (Arduino Viola, 2011) e L’arte del coinvolgimento (Hoepli, 2017), ha contribuito alla disseminazione della gamification in Italia come consulente per realtà pubbliche e private. Fondatore di diverse start-up e imprese culturali, ha introdotto il gaming in ambito culturale producendo giochi come Father and Son, da oltre quattro milioni di download. Ora è coordinatore del progetto “Alghero Città che Gioca”.

Laborplay, spin-off approvato dell’Università degli Studi di Firenze, nasce nel 2015 per integrare elementi tipici del mondo dei giochi all’interno dei contesti organizzativi. Sono prevalentemente due gli aspetti considerati: meccaniche e dinamiche di gioco. Le prime sono gli strumenti base per creare l’infrastruttura ludica e diventano i dispositivi con cui si interviene in azienda, mentre le seconde rappresentano i bisogni e i desideri dei soggetti coinvolti, ciò che vogliamo soddisfare con le nostre azioni. Che sia un processo di valutazione o un percorso formativo, un team building o un grande evento, ogni meccanica è strettamente legata e soddisfa una determinata dinamica di gioco, influenzandone anche altre in maniera minore.



Indice

Prefazione Rudy Bandiera Introduzione Federica Colli, Carlo Meneghetti e Fabio Viola

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Parte I. Teoria del gioco: modelli teorici e applicazioni 1. Teoria dei giochi: la scienza delle decisioni di individui che interagiscono in gruppi Ennio Bilancini, Leonardo Boncinelli, Giorgio Gronchi e Alan Mattiassi 1.1. Decisioni e incertezza 1.2. Strumenti di teoria dei giochi 1.3. Tipi di interazione 1.4. Evidenza sperimentale 1.5. Violazione degli assunti di razionalità e bias cognitivi

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2. Basi teoriche di psicologia del gioco Alan Mattiassi, Giorgio Gronchi, Ennio Bilancini e Leonardo Boncinelli 2.1. Need for cognition 2.2. Il gioco come domanda aperta non necessaria 2.3. Elementi del gioco dal punto di vista psicologico 2.4. Motivazione al gioco 2.5. Bisogni che il gioco soddisfa 2.6. Cosa accade mentre giochiamo? 2.7. Conclusioni

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3. Disegnare il coinvolgimento: teoria e framework operativo Fabio Viola 3.1. La necessità di coinvolgere 3.2. Progettare il coinvolgimento 3.3. Engagement Centered Design 3.4. Uno strumento operativo: le Play-Able Cards

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Giocarsi. Gaming e gamification in contesti professionali

4. La fisica in gioco: come ludicizzare una materia intrinsecamente difficile Franco Bagnoli e Francesca Nerattini 4.1. Introduzione: la fisica è difficile 4.2. Le basi cognitive dell’apprendimento della fisica 4.3. Tecniche di comunicazione didattica 4.4. Imparare giocando 4.5. Conclusioni

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5. Nel gioco un tesoro Carlo Meneghetti 5.1. Dall’aula all’@ul@, dalla formazione alla form@zione 5.2. Il noi nel gioco 5.3. Andare oltre… 5.4. Dall’ordinarietà alla stra-ordinarietà 5.5. Alcune strategie per coinvolgere 5.6. Altre possibili attività di gioco sia in presenza che online

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6. Come condurre un gioco Gaetano Andrea Mancini e Irene Palla 6.1. Analisi dei bisogni 6.2. Progettazione dell’intervento e scelta del gioco 6.3. L’apertura e gli start game 6.4. Il lancio dell’attività e gli skill game 6.5. Il debriefing 6.6. Valutazione dei risultati

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7. Le soft skill e il modello di competenze PLAY Elena Gaiffi e Irene Palla 7.1. L’importanza delle soft skill 7.2. Il modello PLAY 7.3. Powered 7.4. Leader 7.5. Accurate 7.6. easY 7.7. Mettiamoci in gioco

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Parte II. Ludoteca: strumenti per giocarsi 8. La scelta del gioco Federica Colli e Mario Magnani 8.1. Quale gioco per quale competenza? 8.2. Quale gioco in base al tempo, al target e al setting virtuale?

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INDICE 9. Start game Manuele Ulivieri e Elena Gaiffi

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10. Skill game Federica Colli e Irene Palla

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11. End game Ezio Scatolini e Gaetano Andrea Mancini

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12. Formare i formatori: un esercizio pratico per prepararsi a condurre una formazione Manuele Ulivieri, Ezio Scatolini e Mario Magnani 12.1. Il caso 12.2. L’analisi dei bisogni 12.3. Macro e micro-progettazione

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Conclusioni Federica Colli, Carlo Meneghetti e Fabio Viola

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Bibliografia

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Appendice. Schede per i giochi

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Prefazione

Ma guardati, alla tua età?! Queste sono probabilmente le parole più utilizzate, temute e attese di chiunque si approcci al mondo del gioco in età adulta. Io sono un grande appassionato di videogiochi, da moltissimi anni ormai e, pur essendo alla soglia dei quarantotto anni nel momento in cui scrivo, questo “fuoco sacro” di voler giocare non si è mai spento. Quando mi è stato chiesto se mi avrebbe fatto piacere scrivere questa prefazione mi sono trovato di fronte a una scena vissuta, nitida e cristallina come un torrente di montagna: sono io nel soppalco di casa mia, seduto sulla superpoltrona in pelle che mi accompagna da tempo durante le mie sessioni alla console, TV da 55 pollici 4K davanti, joypad in mano, cuffie e la mia compagna dal piano di sotto che mi dice “ma non hai giocato troppo?”, mentre lei in quel “troppo” è stata a guardare Netflix. Da questa immagine è nata la voglia e la convinzione di scrivere questa prefazione perché, come ho sempre detto e sostenuto, giocare non è un gioco o, tantomeno, una cosa da bambini. L’uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare, diceva il buon George Bernard Shaw e credo che non esista frase più vera, ed in questo particolare contesto vi voglio parlare di qualcosa che mi appassiona da morire. Lo so, in questo libro non si parla “solo” di videogiochi, ma, si sa, uno parla di quello che conosce meglio, oltre al fatto che le dinamiche sono identiche per tutte le forme di gioco. Quando diciamo la parola videogame, la maggior parte di noi pensa ai bambini semplicemente per il fatto che la gran parte dei bambini gioca ai videogiochi ma, siamo sinceri, quando i bambini sono a letto, chi c’è davanti alla console? L’età media di un giocatore è 33 anni, non 8 e, secondo una ricerca pubblicata sul Corriere della Sera1, nel 2018 è stata superata una popolazione di 2.3 miliardi di videogiocatori

www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/videogiochi-quanto-vale-mercato-che-eta-sicomincia/76e03e1e-c0ce-11e8-8c2f-234b69fe8a3d-va.shtml (consultato l’8/6/2021).

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Giocarsi. Gaming e gamification in contesti professionali

nel mondo. Che sia su smartphone, la maggioranza, o su pc o console, significa che il 33% dei terrestri si dedica a giocare. Tradotto in soldoni, i videogame chiuderanno l’anno con un fatturato da 137.9 miliardi di dollari: un mercato che supera di gran lunga quello del cinema (42 miliardi circa) e della musica (36 miliardi circa) messi assieme. E poi si torna sempre al punto, ovvero all’età: nel 2017 il 57% degli italiani tra i 16 e i 64 anni aveva giocato ad almeno un videogioco nei 12 mesi precedenti, percentuale che porta a una popolazione di gamer pari a 17 milioni. Il 59% di questi sono uomini e per il 40% hanno un’età tra i 25 e i 54 anni. La maggior parte utilizza smartphone (e tablet), a seguire console e pc. Il 45% degli intervistati gioca tutte le settimane. Quindi, il giocare è letteralmente un dilagare nella nostra società, il che deve esser legato a fattori che vanno molto in profondità rispetto a qualche lucina colorata: a un mese dall’uscita, il videogame Call Of Duty: Black Ops è stato giocato per 68.000 anni complessivi di gioco in tutto il mondo, mi seguite? Qualcuno ha provato a pensare che portata avrebbe una cosa simile se la stessa cosa avvenisse per lo studio della storia, dell’algebra o delle neuroscienze? Tipo: “Esce il nuovo corso di neurobiologia all’università, in poche ore 80 milioni di iscritti da tutto il mondo in remoto, eserciti di scienziati verranno sfornati nei prossimi mesi”. Sarebbe bellissimo, no? Eppure, questo non accade, ed è perché non accade che dovremmo chiederci: come possiamo sfruttare il potere del gioco? Esistono per esempio delle “tecniche” che possono esser prese in prestito dal mondo dei giochi ed essere trasportate nella vita di tutti i giorni, lavoro compreso. L’inflazionato termine “gamification” deriva dalla parola game e nei fatti viene associato proprio al gioco e a qualcosa di divertente. Ma non è solo questo. Bisogna sfruttare le dinamiche e l’interattività presente nel divertimento e declinarle a seconda delle esigenze in modo da veicolare i messaggi in modo più interattivo, inducendo comportamenti attivi e portando al raggiungimento degli obiettivi, che possono essere di vario tipo, obiettivi personali come di business o dell’impresa: dal miglioramento di alcune dinamiche aziendali al miglioramento delle performance, al consolidamento della “fedeltà” o al senso di coesione tra dipendenti o persone appartenenti ad uno stesso gruppo. Le tappe importanti da tenere bene a mente quando si attiva una strategia di gamification, sia essa per i propri dipendenti che per i propri clienti, sono essenzialmente tre: 1. Stabilisci bene quali sono i tuoi obiettivi, questa deve essere la tua sfida. Cosa vuoi ottenere e come misurare le prestazioni? 2. Avvia il gioco. Continua a tenere traccia delle performance e celebra il successo con una ricompensa. 3. Insegna. Tutto questo deve trasmettere qualcosa a chi partecipa, bisogna imparare dal gioco e comprendere i propri errori. Il primo punto deve coincidere con la sfida che vuoi porre in essere. Deve essere qualcosa di interessante e semplice allo stesso tempo, deve dare motivazione a chi partecipa e allo stesso tempo non deve suscitare fraintendimenti.


PREFAZIONE

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Le persone hanno bisogno di una sfida da vincere per mostrare e per essere sicure delle proprie competenze; quindi, il primo punto deve essere improntato in modo impeccabile. Avviando il gioco, bisogna saper stabilire un sistema a punti e traguardi, così da valutare le performance. Questa attività ha lo scopo di incoraggiare il dipendente o di fidelizzare il cliente a seconda di chi è il destinatario del progetto di gamification. Per essere davvero funzionante, la gamification deve sempre avere un punto d’arrivo, ci deve essere sempre una ricompensa per tutti i partecipanti e soprattutto ci deve essere sempre un insegnamento finale che motivi le persone. A questo punto molti di voi stanno pensando: come faccio a ricreare tutte queste condizioni nel mondo del lavoro? In realtà non si dovrebbero creare le suddette condizioni solo nel mondo del lavoro, ma anche in quello della scuola e in tutte le realtà che richiedano un’interazione sociale complessa. Ecco, io credo, anzi sono pressoché certo che la vera sfida del prossimo futuro sarà il cercare di individuare le dinamiche che rendono un gioco tale, per portarle in tutte le altre parti della nostra vita. Se riuscissimo a far appassionare le persone al proprio lavoro, allo studio o ad aiutare il prossimo esattamente come ci si appassiona durante un gioco di ruolo, un videogame o qualunque cosa che ci stimoli e diverta, allora saremmo riusciti a trovare il vero cardine della nostra evoluzione. Credo che il gioco sia molto di più di un semplice passatempo: come dimostra esattamente questo libro, il gioco è in realtà un crescere insieme, uno sviluppare delle regole condivise, un divertirsi nel raggiungere un obiettivo e un imparare dagli errori che si fanno nel tentare di raggiungerlo. Se tutte queste dinamiche, se tutti questi ingredienti potessimo portarli nella quotidianità, i problemi del mondo sarebbero certamente mitigati. Ognuno può vedere un libro o un’opera come crede, ognuno può dare la propria interpretazione e leggere tra le righe quello che preferisce, ma per quello che mi riguarda questo libro ci serve a sdoganare dei concetti e a sradicare dei pregiudizi. Quello che andrete a leggere ci serve a capire che giocare è probabilmente una delle cose più nobili e utili che l’animo umano sia mai riuscito a creare, e le dinamiche di questi costrutti possono essere prese ed esportate in qualunque situazione della nostra vita purché si conoscano e ci si liberi dal pregiudizio. L’uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare. Rudy Bandiera2

Divulgatore e creator, è autore di libri su innovazione, tecnologia e comunicazione, creatore di video, anchorman, docente, gamer e TEDx speaker. Rudy Bandiera è il suo vero nome.

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Introduzione Federica Colli, Carlo Meneghetti e Fabio Viola

L’attività ludica è una “ isola incerta”, ovvero uno spaziotempo separato dalla realtà conosciuta, un’area soggettiva e fittizia in cui si strutturano regole che sospendono le leggi ordinarie; caratterizzata da sentimenti di libertà, benessere e spensieratezza ma anche da emozioni di incertezza e scarsità nella speranza di giungere ad un risultato non prevedibile, a un piacere qualitativamente superiore Roger Caillois, 1981

Nel 1938 lo storico olandese Johan Huizinga pubblicò il libro Homo ludens in cui descrisse tre caratteristiche essenziali del gioco. La prima caratteristica è l’indipendenza: spesso contrapponiamo il gioco alla serietà, ma in realtà non è così. Il gioco sta al di là della distinzione verità-falsità, oltre il giudizio sul bene e sul male; il gioco in sé non contiene una funzione morale, né virtù né peccato. La seconda caratteristica risiede nel concetto di libertà: ogni gioco è anzitutto e soprattutto un atto libero. La libertà di un bambino o di un animale o di un adulto sta nel giocare perché se ne ricava felicità, non perché se ne sente la necessità fisica o il dovere morale. L’ultima caratteristica riguarda la stra-ordinarietà del gioco: attraverso il gioco ci si allontana dalla vita ordinaria, si mette in atto un’azione provvisoria che ha fine in sé ed è eseguita per la soddisfazione intrinseca che provoca. Il gioco, infine, contiene in sé un’importante funzione culturale poiché “si fa accompagnamento, complemento e parte della vita in generale. Adorna la vita e la completa e come tale è indispensabile. È indispensabile all’individuo ed è indispensabile alla collettività per il senso che contiene, per il significato, per il valore espressivo, per i legami spirituali e sociali che crea, insomma in quanto funzione culturale” (Huizinga, 1973, p. 12). Al bambino il gioco serve ad esprimere la propria creatività e le proprie energie, serve a sperimentare le interazioni tra oggetti, tra persone e a sperimentare il mondo in generale, serve a dare libero sfogo a frustrazioni, desideri e stati emotivi, ma la stessa cosa vale per gli adulti perché è proprio “nel giocare e soltanto mentre gioca che l’individuo, bambino o adulto, è in grado di essere creativo e di fare uso dell’intera personalità, ed è solo nell’essere creativo che l’individuo scopre il sé” (Winnicott, 1971, p. 102). L’ostacolo principale è che ancora oggi prevale una visione adulto-centrica che ritiene il


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Giocarsi. Gaming e gamification in contesti professionali

gioco una perdita di tempo, un distrattore, una pseudoattività senza valore funzionale. A maggior ragione nel mondo del lavoro in cui in alcuni casi ancora si fatica ad accettare l’idea che se una persona a lavoro è motivata e libera di esprimersi sarà anche più produttiva. Ancora si fatica a pensare che il benessere lavorativo sia una componente essenziale all’interno delle organizzazioni. Pensare alla relazione tra gioco e lavoro implica un ripensamento del significato psicosociologico del lavoro e del mondo organizzativo, implica pensare che il lavoro possa essere altro rispetto a quello che è, implica pensare che si possa lavorare anche in maniera divertente valorizzando la componente espressiva a discapito di quella repressiva. Come si può allora fare appello a queste potenzialità intrinseche nell’attività ludica ed estenderle al mondo del lavoro? Con questo volume, che abbiamo voluto intitolare con la forma riflessiva Giocarsi per ben rappresentare le potenzialità espressive del gioco, la sua stra-ordinarietà e la capacità di andare oltre agli schemi precostituititi per favorire la creatività e l’innovazione, ci impegniamo a far fronte a questa domanda. In particolar modo le due metodologie su cui si concentra il testo sono rappresentate da due parole, spesso confuse nel linguaggio comune: gaming e gamification. Nonostante entrambe le metodologie siano legate da un solito minimo comune denominatore, presentano alcune differenze sostanziali: mentre con la gamification ci si riferisce all’uso di elementi di gioco e tecniche di game design applicate all’interno di contesti non di gioco (McGonigal, 2011), con il termine gaming si fa riferimento all’utilizzo di giochi veri e propri in contesti che non sono solo di intrattenimento (Bacaro et al., 2019). All’interno del testo verranno riportati, attraverso un approccio teorico-applicativo, esempi tratti da entrambi questi ambiti di intervento. Il volume è suddiviso in due parti. La prima parte consente di volgere lo sguardo sul panorama del gioco sotto molteplici punti di vista e approcci disciplinari: i contributi derivanti dalla psicologia del gioco, del game design e della fisica si intrecciano per dare al lettore un ventaglio di possibilità grazie alle quali inquadrare il mondo del gaming e della gamification. Con la seconda parte si intende invece fornire al lettore strumenti pratici per utilizzare il gaming all’interno di un contesto specifico: la formazione esperienziale basata sul potenziamento delle soft skill. Si metterà in luce l’utilizzo di uno specifico modello di competenze (il modello PLAY), che consentirà al lettore di scegliere, all’interno di un’ampia gamma di strumenti game-based, il gioco più adatto alla propria attività di formatore. La specifica suddivisione del volume permette al lettore di scegliere la modalità di lettura privilegiata: si potrà iniziare il viaggio in maniera classica e sequenziale oppure, data la trasversalità ma al tempo stesso l’unicità dei singoli contributi, si potrà scegliere di andare avanti e indietro fra di essi costruendo così le proprie tappe e ponti personali di lettura. Se decideremo di iniziare il nostro viaggio in modo sequenziale ci imbatteremo nella “Teoria dei giochi: la scienza delle decisioni di individui che interagiscono in gruppi”: un contributo che ci consente di immergerci con ricchezza di dettagli nel tema delle decisioni e dell’incertezza, della violazione degli assunti di relazionalità che influenzano le decisioni umane e negli strumenti derivanti dalla teoria dei giochi. L’intento degli autori è proprio quello di fornire al lettore una mappa concettuale per pensare al gioco e al comportamento umano a partire dal fondamentale modello matematico sviluppato da John Nash (1950). Con il secondo capitolo, “Basi teoriche di psicologia del gioco”, ci avventuriamo alla ricerca della risposta alla domanda “perché giochiamo?”. A partire dai presupposti e dalle


INTRODUZIONE

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basi teoriche della psicologia si tracceranno le interessanti relazioni tra gioco e comportamento umano, prendendo in considerazione i bisogni che il gioco soddisfa, la motivazione al gioco e le dinamiche che emergono durante l’attività ludica. La terza tappa del nostro viaggio ci conduce nel mondo del game design: “Disegnare il coinvolgimento: teoria e framework operativo” ci permette di avvicinarci ad alcune teorie e strumenti operativi grazie ai quali poter progettare il coinvolgimento ed usare la gamification nel mondo del lavoro, tenendo conto di quello che l’autore chiama Engagement Centered Design (si veda il par. 3.3). Siamo arrivati alla quarta tappa che ci immerge nel mondo della fisica, anzi della “Fisica in gioco”. Come si può “ludicizzare” una materia intrinsecamente difficile come la fisica, per potenziare l’apprendimento di chi si appresta a studiarla? In questo contributo verranno prese in rassegna le principali teorie a supporto dell’utilizzo del gioco come strumento di apprendimento della fisica e verrà illustrato uno strumento game-based creato proprio a questo fine. “Nel gioco un tesoro” rappresenta un ponte tra il gaming come strumento di apprendimento e la formazione online. Agli esordi della pandemia mondiale che ha caratterizzato il 2020, si è reso necessario trasformare la formazione (a tutti i livelli) in modalità digitale. L’autore ci accompagnerà nel mondo della formazione online attraverso il gaming, proponendo anche alcuni strumenti pratici e attività ludiche che il lettore potrà replicare. In “Come condurre un gioco” verranno descritte le fasi che ci consentono di proporre e condurre un gioco all’interno del mondo organizzativo con finalità formativa. A partire dal fondamentale momento dell’analisi dei bisogni si accompagnerà il lettore fino all’utilizzo nella pratica dei cosiddetti start, skill e end game, ovvero strumenti game-based che ci consentono di aprire, di implementare e di chiudere un’aula formativa basata sul potenziamento delle soft skill. Il nostro viaggio prosegue con un attraversamento nel mondo delle soft skill. “Le soft skill e il modello delle competenze PLAY” è un contributo teorico e pratico al tempo stesso, perché ci consente di introdurre sia sul piano teorico che operativo un modello di competenze basato sulla relazione tra meccaniche di gioco e stili comportamentali, che può essere utilizzato dal lettore per creare le proprie attività di formazione e scegliere, tra i giochi presentati nella parte II, quelli maggiormente adatti ai propri obiettivi. Il viaggio presentato nella seconda parte è infatti interamente dedicato all’utilizzo dei giochi all’interno del mondo della formazione e basato sul modello di competenze precedentemente descritto. Il lettore potrà consultare il contributo “La scelta del gioco” come una vera e propria bussola per progettare il proprio intervento. Ogni gioco presentato nelle sezioni successive ha infatti le proprie specificità e il lettore, alla luce degli obiettivi del proprio progetto formativo, potrà selezionare il gioco più adatto in base ad alcune variabili come il tipo di soft skill da potenziare, il tempo a disposizione, la tipologia di target cui è rivolta la formazione e la necessità di svolgere la formazione in modalità online. I capitoli relativi agli start, skill e end game sono interamente dedicati all’illustrazione e alla descrizione dei giochi di apertura (start game), dei giochi volti a potenziare specifiche competenze (skill game) e dei giochi di chiusura (end game). Per ogni gioco, oltre


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Giocarsi. Gaming e gamification in contesti professionali

alla descrizione dettagliata delle istruzioni e del materiale necessario3, si troverà un ampio rimando alla fase di debriefing, ovvero al momento essenziale che segue l’attività ludica e che consente di sedimentare gli apprendimenti e costruire parallelismi tra il gioco appena effettuato e il proprio quotidiano lavorativo. L’ultima tappa del nostro viaggio ci porta a riassumere i vari step percorsi in questa seconda parte del volume. “Formare i formatori” consente di sperimentarsi in una progettazione di un intervento formativo basato sull’utilizzo di dispositivi ludici, a partire dalla fase di analisi dei bisogni fino alla scelta del gioco e alla sua conduzione. L’apprendimento sarà sedimentato? L’auspicio dei curatori è che il testo possa essere utile per la professione, per la formazione, per la scuola, per la creatività. I vari contributi sono pensati per essere generativi, adattati, personalizzati e “giocati”; in questo modo risulteranno arricchiti e potranno donare quel valore aggiunto facendo assaporare ai partecipanti la profonda serietà del gioco con la dovuta leggerezza. Gli anni che stiamo vivendo ci invitano a riflettere sull’importanza di ri-scoprire ambienti di apprendimento diversi, cooperativi e collaborativi, ci chiedono di dare la giusta attenzione alla persona e di porla al centro dei percorsi formativi e lavorativi. Il gioco è una possibilità, una risorsa, una chiamata ad andare oltre.

Per alcuni giochi, i materiali (schede per i partecipanti, indicazioni per il formatore, soluzioni ai giochi e altro) sono riportati in appendice.

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Parte I Teoria del gioco: modelli teorici e applicazioni



1 Teoria dei giochi: la scienza delle decisioni di individui che interagiscono in gruppi Ennio Bilancini, Leonardo Boncinelli, Giorgio Gronchi e Alan Mattiassi

Non è banale definire che cosa sia un gioco: in ambito psicologico, così come nel gergo comune, si fa solitamente riferimento a un’attività ludica organizzata e definita da regole, tipicamente interattiva (cioè che coinvolge più di un giocatore) e che utilizza un artefatto appositamente sviluppato per tale attività. In un gioco si devono sempre compiere delle scelte e l’esito dipende dalle scelte effettuate da tutti i giocatori. Questa situazione configura la cosiddetta interazione strategica. La teoria dei giochi, che introdurremo in questo capitolo, è la disciplina formale che studia le decisioni degli individui in situazioni di interazione strategica. È evidente che il senso del termine “gioco” in questo caso non è equivalente al significato di gioco in quanto attività ludica. Nella teoria dei giochi il termine “gioco” è inteso in senso astratto e non necessariamente ludico, con l’obiettivo di cogliere le dinamiche di un’enorme gamma di situazioni reali che vanno dalle decisioni politiche a quelle militari, dalla concorrenza tra imprese alle pratiche di corteggiamento, dal gioco da tavolo allo sport.

1.1. Decisioni e incertezza La teoria dei giochi è la disciplina che studia le decisioni prese da individui intelligenti con preferenze razionali (non necessariamente umani), dove i risultati di tali decisioni (cioè l’esito del gioco) dipendono dalle decisioni dei decisori coinvolti (coloro che prendono le decisioni nel gioco). Prima di specificare il significato dei termini “intelligente” e “preferenze razionali”, è importante distinguere tre diversi tipi di situazioni in cui un decisore può essere chiamato a fare una scelta: 1. scelta in condizioni di certezza; 2. scelta in condizioni di incertezza di natura, dovute ad eventi naturali (e non dovute alle scelte di altri individui); a questo proposito possiamo distinguere tra: a. probabilità oggettive; b. probabilità soggettive;


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3. scelta in condizioni di incertezza strategica, dovuta alle scelte di altri individui. I problemi di scelta in condizioni di certezza sono il caso più semplice che consentirà di introdurre in modo intuitivo alcuni concetti di base che riprenderemo nella descrizione dei problemi in condizioni di incertezza. La scelta in condizioni di certezza è semplice se il decisore è intelligente e ha preferenze razionali. In condizioni di certezza, infatti, ogni scelta determina un risultato, ma può essere complicato capire quale sia tale risultato; un decisore intelligente è sempre in grado di stabilire il risultato di ogni azione4. Un decisore ha preferenze razionali se le sue preferenze sono complete e transitive: 1. complete: presi due risultati qualsiasi, A e B, il decisore sa sempre dire se preferisce A a B, B ad A, o è indifferente tra le due; ad es., leggendo i primi piatti di un menù, si è sempre in grado di confrontare due diversi primi piatti stabilendo se si gradisce maggiormente l’uno, l’altro o li si gradisce entrambi allo stesso modo; 2. transitive: presi tre risultati qualsiasi, A, B e C, se il decisore preferisce A a B, e preferisce B a C, allora preferisce anche A a C; ad es., dovendo scegliere i gusti di un gelato, se si preferisce il cioccolato alla crema e si preferisce la crema alla fragola, allora si deve preferire anche il cioccolato alla fragola. Le preferenze razionali possono essere rappresentate tramite una funzione di utilità, in altre parole con una funzione (in senso matematico) che assegna un numero a ciascun risultato, con numeri maggiori che indicano risultati maggiormente preferiti. Questi numeri di utilità vengono talvolta chiamati pagamenti, in riferimento al fatto che in alcune situazioni strategiche ciò che conta è solo l’ammontare dei pagamenti materiali che risultano dall’esito del gioco. In ogni caso, va sottolineato che i pagamenti non devono intendersi necessariamente come dei trasferimenti monetari ma come una sintesi dei benefici, anche psicologici, ottenuti con un risultato. In condizioni di certezza, la teoria prevede che il decisore scelga l’azione che conduce all’esito massimamente preferito. In condizioni di incertezza, la teoria ha bisogno di ulteriori ipotesi per prevedere le scelte del decisore. Sia per l’incertezza di natura sia per l’incertezza strategica è necessario che il decisore sia in grado di assegnare delle probabilità agli eventi incerti che sono rilevanti per la determinazione dell’esito. Tali probabilità sono chiamate credenze del decisore e possono basarsi su elementi oggettivi (ad es., il fatto di avere sei risultati equiprobabili per il lancio di un dado a sei facce ben bilanciato), oppure su elementi soggettivi (ad es., la convinzione che solo una risposta sia giusta tra quelle proposte in un quiz, ma senza averne prova). In aggiunta alla capacità di formarsi delle credenze, il decisore deve avere un modo per utilizzarle assieme alle proprie preferenze (razionali) sui risultati certi, per determinare nuove preferenze (razionali) sui risultati incerti. Una volta formate le credenze, per determinare le scelte del decisore è largamente usato il criterio della massimizzazione dell’utilità attesa, cioè Questo significato del termine “intelligente” è ovviamente diverso e più circoscritto rispetto al concetto di intelligenza dal punto di vista psicologico. Come vedremo in seguito, le assunzioni di razionalità della teoria dei giochi sono state messe in discussione dalle evidenze empiriche riscontrate nell’ambito della psicologia e dell’economia comportamentale.

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1. Teoria dei giochi: la scienza delle decisioni di individui che interagiscono in gruppi

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la selezione della scelta cui è associata la più elevata utilità media, dove la media è calcolata con pesi dati dalle credenze. Laddove l’incertezza sia di natura strategica, è ragionevole richiedere coerenza tra credenze di un decisore e scelte degli altri decisori che partecipano al gioco (cioè è ragionevole richiedere che le credenze non siano in contrasto con quanto i decisori effettivamente scelgono). Tale requisito genera ricorsività in quanto per determinare le scelte degli altri giocatori dobbiamo interrogarci su quali siano le loro credenze, sulle quali ancora si applica il requisito di consistenza. È proprio questa ricorsività che rende particolarmente problematiche le previsioni in contesti di interazione strategica, come cercheremo di illustrare nel seguito del capitolo. Approfondimento #1 DOMANDA: Quale è il significato delle preferenze? –– Ciò che l’individuo desidera? –– Ciò che è bene per l’individuo? ESEMPIO: tossicodipendenza. –– Possibili atteggiamenti che ne seguono: –– individualismo: ciascun individuo sa ciò che è meglio per sé; –– paternalismo: un'autorità benevolente può spingere gli individui verso il loro vero benessere.

1.2. Strumenti di teoria dei giochi Le scelte in condizioni di incertezza strategica sono i problemi decisionali studiati dalla teoria dei giochi. Infatti, per poter prevedere l’esito di un gioco, cioè per poter prevedere quali saranno le decisioni prese in una situazione strategica, è necessario avere dei criteri che permettano una sufficiente riduzione dell’incertezza, sia quella di natura sia quella strategica. Un criterio riesce a ridurre completamente l’incertezza quando permette di stabilire con certezza (oggettiva o soggettiva) quale sarà l’esito delle scelte fatte. Ogni criterio che aiuti a risolvere l’incertezza si basa, in ultima analisi, su ipotesi che riguardano il modo in cui i giocatori prendono le proprie decisioni, ed in particolare che riguardano quali informazioni hanno e come le utilizzano. Di seguito, descriveremo sinteticamente alcuni concetti fondamentali della teoria dei giochi le cui applicazioni vedremo nei prossimi paragrafi. Con strategia ci riferiamo all’insieme delle scelte che un giocatore decide di fare in un gioco. Nei giochi in cui c’è solo una scelta da fare e va fatta in un’unica condizione possibile, la strategia adottata è la scelta effettivamente fatta. Nei giochi in cui un giocatore è chiamato a fare più di una scelta e/o vi sono più condizioni in cui fare una certa scelta, la strategia adottata è l’insieme di tutte le scelte fatte e quelle potenzialmente fatte, cioè una scelta per ogni situazione o condizione in cui il giocatore è chiamato a fare una scelta.


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Si ha dominanza strategica quando un giocatore ha una o più strategie che gli garantiscono di ottenere un risultato sistematicamente migliore o peggiore rispetto alle altre strategie a sua disposizione, indipendentemente dalle strategie utilizzate dagli altri giocatori. La dominanza strategica può essere applicata per prevedere che alcune strategie non verranno ragionevolmente adottate dai giocatori, in quanto dominate da altre. In alcuni casi l’eliminazione delle strategie dominate porta all’identificazione di una sola scelta per ciascun giocatore. Per un giocatore la risposta ottima ad un dato insieme di strategie degli altri giocatori è una strategia che garantisce l’esito massimamente preferito tra quelli raggiungibili dato l’insieme delle strategie scelte dagli altri giocatori. Un equilibrio di Nash è un insieme di strategie, una per ciascun giocatore, in cui ciascuna strategia è di risposta ottima alle altre. In altre parole, un equilibrio di Nash è una situazione

Approfondimento #2 DOMANDA: Esiste un equilibrio di Nash in ogni gioco? –– No, se ci restringiamo alla definizione di strategia considerata finora (chiamata anche strategia pura). –– Sì, se ci allarghiamo a considerare le strategie miste, ovvero sorteggi, quali che siano le probabilità di estrazione, tra le strategie pure. Questo risultato è noto come teorema di Nash (Nash, 1950, 1951). ESEMPIO: Matching Pennies (figura 1.1). –– Non esiste alcuna coppia di strategie pure che accontenti entrambi i giocatori, data la strategia dell’altro. –– La coppia di strategie miste in cui entrambi i giocatori sorteggiano al 50% tra testa e croce è un equilibrio di Nash.

Bruno S

D

S

1 , -1

-1 , 1

D

-1 , 1

1 , -1

Anna

Figura 1.1. Il gioco Matching Pennies


1. Teoria dei giochi: la scienza delle decisioni di individui che interagiscono in gruppi

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Approfondimento #3 DOMANDA: Esiste un unico equilibrio di Nash in ogni gioco? –– No, basti considerare i giochi di coordinamento. ESEMPIO: gioco di puro coordinamento (figura 1.2). –– Esistono due equilibri di Nash: (S,S) e (D,D). –– È difficile per la teoria dei giochi dare indicazioni su come si comporteranno i giocatori in presenza di equilibri multipli.

Bruno S

D

S

1,1

0,0

D

0,0

1,1

Anna

Figura 1.2. Un gioco di puro coordinamento

in cui ciascun giocatore sceglie una strategia che gli garantisce l’esito massimamente preferito tenuto conto delle strategie scelte dagli altri. Può capitare che un equilibrio di Nash non esista in strategie pure, ma esisterà sempre in strategie miste (Nash, 1950). La Pareto efficienza (in onore di Vilfredo Pareto) è un criterio per determinare quali siano gli esiti rispetto ai quali non è possibile fare meglio, nel senso di poter garantire ad un giocatore un esito a lui preferito senza che questo comporti per qualche altro giocatore il dover accettare un esito meno preferito. Esiste sempre un esito Pareto efficiente, ma spesso ne esistono più d’uno. La Pareto efficienza aiuta ad individuare, in negativo, gli esiti rispetto ai quali è certamente possibile migliorare senza scontentare nessuno, mentre non permette tipicamente di ordinare tutti gli esiti secondo una scala di preferibilità collettiva né di avere sempre un esito unanimemente considerato il migliore. La teoria dei giochi ci offre anche strumenti per la rappresentazione grafica delle interazioni strategiche. Il metodo di rappresentazione più comune è tramite forma normale o strategica, che essenzialmente consiste in una matrice dei pagamenti, dove le righe rappresentano le strategie a disposizione di un giocatore e le colonne le strategie a disposizione dell’altro giocatore, e all’interno di ciascuna cella della matrice sono riportati i pagamenti per i due giocatori (il numero a sinistra si riferisce al giocatore che sceglie tra le righe, il numero a destra al giocatore che sceglie tra colonne). Un altro metodo di rappresentazione è tramite


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forma estesa, che viene usato spesso quando le decisioni dei giocatori sono sequenziali, e dove si usa un grafo ad albero per descrivere la sequenza delle possibili scelte nel gioco. Un gioco in forma estesa si presta bene per applicare un metodo di ragionamento tipico della teoria dei giochi, l’induzione all’indietro. Per induzione all’indietro si intende una procedura di risoluzione del gioco in cui si parte dalle decisioni finali, quelle in fondo all’albero, dove non esiste incertezza strategica in quanto non ci sono scelte seguenti di altri giocatori. Una volta individuate le scelte ottime tra quelle finali, si risale l’albero dando per buono quanto già deciso a quel momento, fino ad arrivare al principio dell’albero (chiamato la radice del gioco).

1.3. Tipi di interazione Le situazioni reali di interazione strategica sono di solito molto complesse, con dettagli specifici che possono variare di volta in volta. In un certo numero di casi, tuttavia, si possono individuare delle caratteristiche prevalenti condivise, che permettono di identificare classi di interazioni. Concentrandosi su queste caratteristiche comuni, e tralasciando i dettagli specifici, si ottiene una rappresentazione stilizzata che permette un’analisi semplificata ma comunque istruttiva. Di seguito prendiamo in considerazione le più studiate classi di interazione strategica. Dilemma del prigioniero. Il dilemma del prigioniero (originariamente descritto dal matematico canadese Albert W. Tucker nel 1950 come scelta tra confessare e non confessare per due presunti criminali) è usato come rappresentazione paradigmatica di un dilemma sociale, laddove un certo comportamento è costoso a livello del singolo individuo, ma vantaggioso per il gruppo nel suo complesso. Ci si riferisce a tale comportamento come “cooperazione” e verrà indicato con la lettera “C”. Possiamo indicare con “c” il costo sostenuto dall’individuo che scelga C, e con “b” il beneficio che C apporta al partner. Con la lettera “D” si indica il comportamento alternativo a C, di sovente chiamato “defezione”. La figura 1.3 fornisce una rappresentazione grafica del dilemma del prigioniero.

Bruno D

C

D

0,0

b , -c

C

b , -c

b - c ,b - c

Anna

Figura 1.3. Il gioco del dilemma del prigioniero


1. Teoria dei giochi: la scienza delle decisioni di individui che interagiscono in gruppi

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La presenza di un costo senza alcun beneficio per il decisore ci porta a concludere che il comportamento cooperativo non sia conveniente per l’individuo. Assumendo b > c, il comportamento cooperativo è però socialmente desiderabile, nel senso che il beneficio apportato al partner è superiore al costo sostenuto dal decisore. Se entrambi gli individui scegliessero di tenere il comportamento cooperativo, ciascuno di loro otterrebbe un beneficio netto di b – c > 0, e pertanto starebbe meglio rispetto al caso in cui entrambi non tenessero il comportamento cooperativo, quando il beneficio netto sarebbe pari a 0. Usando i concetti introdotti in precedenza, possiamo affermare che (D,D) è la soluzione ottenuta tramite eliminazione delle strategie dominate, oltre a essere l’unico equilibrio di Nash di questo gioco. Al contempo osserviamo che (D,D) porta ad un esito Pareto inefficiente, in quanto entrambi i giocatori preferirebbero (C,C). Il dilemma del prigioniero, nella sua semplicità, ci mostra come la razionalità individuale, intesa come mero perseguimento dell’interesse del singolo, non porti necessariamente al benessere sociale. Una situazione strategica simile a quella del dilemma del prigioniero è quella del cosiddetto gioco di contribuzione al bene pubblico. In questo gioco, ciascun giocatore riceve una dotazione iniziale e deve decidere con quanta parte di questa dotazione contribuire al bene pubblico. L’ammontare con il quale tutti giocatori hanno contribuito al bene pubblico è moltiplicato per un fattore maggiore di 1 (ma minore del numero dei giocatori), e poi diviso equamente tra i giocatori. Nel complesso, ciascun giocatore ha un incentivo a non contribuire alcunché al bene pubblico, anche se la contribuzione risulta socialmente vantaggiosa. La soluzione trovata per eliminazione delle strategie dominate, che è anche equilibrio di Nash, prevede che ciascun giocatore contribuisca con zero. Tale esito risulta Pareto inefficiente. Il gioco di contribuzione al bene pubblico ci permette di giungere a considerazioni analoghe a quelle del dilemma del prigioniero, e può essere considerato come una sua versione con più di due giocatori. Caccia al cervo. La caccia al cervo appartiene alla categoria dei giochi di coordinamento. Nei giochi di coordinamento esistono strutturalmente più equilibri di Nash e l’interesse prevalente dei giocatori è quello di coordinarsi su uno stesso equilibrio. All’interno di questa categoria, la caccia al cervo vuole catturare un dilemma sociale tra due azioni alternative, una delle quali è preferita all’altra se il coordinamento ha successo, ma che a differenza dell’altra è rischiosa, nel senso che porta a risultati decisamente negativi se il coordinamento non viene raggiunto. In riferimento alla storia abitualmente raccontata (che risale a Rousseau, 17545) in cui l’interazione tra giocatori è una battuta di caccia, indichiamo con “C” (per cervo) l’azione rischiosa ma potenzialmente vantaggiosa e con “L” (per lepre) l’azione sicura: riuscire a catturare il cervo richiede la collaborazione tra i due cacciatori, mentre la lepre può essere catturata da un singolo cacciatore. La figura 1.4 descrive graficamente la caccia al cervo.

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Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini.


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Bruno L

C

L

2,2

2,0

C

0,2

3,3

Anna

Figura 1.4. Il gioco della caccia al cervo

Nella caccia al cervo esistono due equilibri di Nash: (L,L) e (C,C). L’equilibrio (C,C) è Pareto efficiente, mentre l’equilibrio (L,L) non lo è. Un concetto rilevante per lo studio della caccia al cervo è quello di “dominanza rispetto al rischio”: si definisce “dominante rispetto al rischio” l’azione che porta a un risultato in media più elevato (cioè un’utilità attesa maggiore) di fronte alla credenza che l’altro giocatore scelga L (e C) con probabilità del 50%. Nel caso della figura 1.4, l’azione dominante rispetto al rischio è L. Battaglia dei sessi. La battaglia dei sessi è un gioco di coordinamento dove i giocatori hanno interessi in parte conflittuali. L’interesse prevalente di ciascun giocatore rimane quello di coordinarsi con l’altro, ma uno dei due giocatori preferisce che il coordinamento avvenga su di un’azione, l’altro giocatore preferisce invece che il coordinamento avvenga sull’altra azione. La figura 1.5 illustra graficamente questo tipo di interazione.

Bruno A

B

A

2,1

0,0

B

0,0

1,2

Anna

Figura 1.5. Il gioco della battaglia dei sessi


1. Teoria dei giochi: la scienza delle decisioni di individui che interagiscono in gruppi

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La battaglia dei sessi ha due equilibri di Nash di coordinamento: (A,A) e (B,B). Si può notare come ciascuno dei due equilibri porti a una disuguaglianza, in favore dell’uno o dell’altro giocatore. Gioco falco-colomba. Il gioco falco-colomba (Maynard Smith e Price, 1973) fa anch’esso parte della categoria dei giochi di coordinamento. Le sue caratteristiche si prestano per renderlo una rappresentazione paradigmatica del conflitto. Una delle due azioni, indicata con “F” (per falco), simboleggia un comportamento aggressivo, volto all’appropriazione di una risorsa. L’altra azione, indicata con “C” (per colomba), simboleggia un comportamento pacifico, che di fronte ad un altro comportamento pacifico porta alla spartizione della risorsa e di fronte ad un comportamento aggressivo porta alla rinuncia della risorsa pur di evitare il conflitto. Il conflitto emerge invece quando i due giocatori tengono comportamenti aggressivi, col risultato di costi complessivamente superiori al valore delle risorse per cui si compete. La figura 1.6 fornisce una rappresentazione grafica del gioco falco-colomba.

Bruno F

C

F

-1 , -1

4,0

C

0,4

2,2

Anna

Figura 1.6. Il gioco falco-colomba

Nel gioco falco-colomba esistono due equilibri di Nash: (F,C) e (C,F). Il fatto che tali equilibri siano asimmetrici, nel senso che i due giocatori devono scegliere azioni diverse, complica il raggiungimento effettivo del coordinamento. Gioco dell’ultimatum. Il gioco dell’ultimatum (Güth, Schmittberger e Schwarze, 1982) è usato per descrivere un tipo particolare di contrattazione tra due giocatori, dove un primo giocatore, chiamato proponente, deve decidere come ripartire una somma di denaro tra sé e un secondo giocatore, chiamato ricevente, il quale può solamente decidere se accettare o rifiutare la proposta. In caso di accettazione, la ripartizione proposta diventa effettiva, in caso di rifiuto entrambi i giocatori non ottengono alcunché. La figura 1.7 illustra un gioco dell’ultimatum dove le uniche proposte possibili per il proponente solo la ripartizione equa (5 ad entrambi i giocatori) ed una ripartizione fortemente diseguale (9 per il proponente e 1 per il ricevente). Trattandosi di un gioco sequenziale, il gioco è rappresentato in forma estesa.


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Anna

A

B

Bruno

a

5 5

Bruno

r

a

0 0

9 1

r

0 0

Figura 1.7. Il gioco dell’ultimatum

Applicando l’induzione all’indietro, ci accorgiamo che al ricevente (Bruno) conviene accettare una qualsiasi delle ripartizioni proposte (anche quella diseguale, perché 1 è pur sempre meglio di 0). Ciò vero, al proponente (Anna) conviene avanzare la proposta diseguale (B, dove lei ottiene 9). Gioco del centipede. Il gioco del centipede (Rosenthal, 1982) considera un’interazione con molte decisioni sequenziali tra due giocatori. Ogni volta che un giocatore è chiamato a scegliere si trova di fronte ad un certo ammontare di denaro e due alternative a sua disposizione: chiudere il gioco e tenersi una somma di poco maggiore alla metà dell’ammontare ricevuto, oppure passare la mano all’altro giocatore e così facendo aumentare l’ammontare complessivo di denaro (che riceverà l’altro giocatore, il quale a sua volta dovrà affrontare una decisione analoga). Dopo molti possibili cambi di mano tra i due giocatori, il gioco arriva ad uno stadio finale, dove il giocatore chiamato a scegliere potrà ripartire la somma (a quel punto divenuta ingente) in parti uguali o a suo (leggero) favore. La figura 1.8 illustra in forma estesa un gioco del centipede. Applicando l’induzione all’indietro, si capisce che il giocatore chiamato a scegliere in fondo all’albero di gioco (Bruno) trova conveniente optare per una ripartizione a lui favorevole. Sapendo ciò, il giocatore allo stadio precedente (Anna) preferisce chiudere piuttosto che passare la mano. Si continua a risalire l’albero di gioco ragionando a questo modo, accorgendosi che ad ogni iterazione la scelta individualmente razionale è quella


1. Teoria dei giochi: la scienza delle decisioni di individui che interagiscono in gruppi

Anna

Bruno

Anna

Bruno

Anna

Bruno

2 0

1 3

4 2

3 5

n n–2

n–1 n+1

17 n n

Figura 1.8. Il gioco del centipede

di non passare la mano. La conclusione cui si giunge è che il primo giocatore a scegliere chiuderà immediatamente il gioco. I pagamenti così ottenuti sono minimi per entrambi i giocatori, e l’esito raggiunto è chiaramente Pareto inefficiente. Approfondimento #4 DOMANDA: Cosa succede se l’interazione tra i giocatori viene ripetuta indefinitamente nel tempo? –– Possono emergere nuovi equilibri: se i giocatori sono abbastanza pazienti (nel senso che il valore che danno alle interazioni future rimane alto), tutti gli esiti che sono sufficientemente buoni per entrambi i giocatori possono essere sostenuti come equilibri di Nash del gioco ripetuto, grazie alla implementazione di strategie punitive (Friedman, 1971). ESEMPIO: dilemma del prigioniero (figura 1.3). –– Nel dilemma del prigioniero ripetuto, la cooperazione può emergere come comportamento di equilibrio grazie ad una strategia chiamata tit-for-tat, secondo cui si comincia a giocare cooperando e poi si continua copiando la scelta al turno precedente dell’altro giocatore.

1.4. Evidenza sperimentale La teoria dei giochi ci fornisce categorie e strumenti che ci permettono di fare previsioni su come gli individui si comporteranno nei vari tipi di interazione (ad es., in caso di unico equilibrio di Nash), o almeno di escludere alcuni comportamenti (ad es., una strategia dominata). Anche se queste previsioni ci possono sembrare ragionevoli, soprattutto dopo che ci siamo familiarizzati con i vari concetti e metodi di ragionamento, è naturale confrontarsi con i comportamenti che effettivamente vengono tenuti nelle situazioni reali di interazione tra individui. Nasce così la teoria dei giochi sperimentale, ovvero l’applicazione di metodi


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sperimentali ai problemi decisionali interattivi. I soggetti sperimentali vengono portati in laboratorio, che tradizionalmente si tratta di un locale con postazioni isolate e dotate di apparecchiature di immissione dati (ad es., un computer), viene loro descritto un problema di scelta e poi chiesto di prendere delle decisioni. Queste decisioni possono essere incentivate tramite il pagamento di somme di denaro (coerenti con la matrice dei pagamenti del gioco) o in altro modo. L’incentivazione monetaria è la prassi in certe discipline (ad es., in economia), mentre è criticata in altre (ad es., in psicologia). L’evidenza sperimentale a sostegno delle previsioni teoriche si è dimostrata, in molte applicazioni, insoddisfacente (si veda approfondimento #5). Una possibile ragione per l’incongruenza tra risultati sperimentali e previsioni teoriche riguarda la corretta identificazione dei pagamenti: un certo pagamento monetario come esito di un gioco non necessariamente si traduce in un analogo pagamento in termini di utilità. Questo succede quando le preferenze di un individuo dipendono non soltanto da ciò che accade a lui, ma anche da ciò che accade agli altri. Preferenze di questo tipo vengono chiamate preferenze sociali. Tra queste possiamo annoverare l’altruismo, l’invidia, l’avversione alla disuguaglianza, lo status sociale. Approfondimento #5 DOMANDA: Quale è l’evidenza sperimentale nel dilemma del prigioniero? –– I comportamenti reali sono molto più cooperativi di quanto previsto dalla teoria (Mengel, 2017). DOMANDA: Quale è l’evidenza sperimentale nel gioco dell’ultimatum? –– Il proponente in media offre tra il 30% e il 40% della torta al ricevente, e il ricevente spesso rifiuta offerte inferiori al 30% (Oosterbeek, Sloof e van de Kuilen, 2004). DOMANDA: Quale è l’evidenza sperimentale nel gioco del centipede? –– I giocatori si passano la mano molte volte, decidendo di chiudere quando mancano pochi passi alla fine del gioco (McKelvey e Palfrey, 1992).

Un’altra ragione per spiegare il fallimento (almeno parziale) della teoria osservato nei dati sperimentali riguarda le limitate risorse cognitive a disposizione dell’individuo nel problema di scelta. Alcuni ragionamenti proposti dalla teoria dei giochi superano questo limite, che non può che essere dipendente dal singolo individuo e dalla situazione considerata, e pertanto portano a comportamenti “sbagliati” o, più correttamente, a bias cognitivi. Il contrasto tra evidenza sperimentale e previsioni teoriche non deve portare all’abbandono della teoria dei giochi e a quanto di buono ci fornisce per la comprensione di molti fenomeni sociali. Piuttosto, deve portare a costruire una teoria che includa al suo interno preferenze sociali e bias cognitivi, continuando nel processo scientifico di revisione della teoria per portare le sue previsioni sempre più in linea con i dati sperimentali. Questo approccio è stato di recente seguito da molti studiosi di teoria dei giochi e ha portato alla nascita della cosiddetta teoria dei giochi comportamentale. Con un semplice slogan, la teoria dei giochi comportamentale può essere pensata come “teoria dei giochi informata dalla psicologia”.


1. Teoria dei giochi: la scienza delle decisioni di individui che interagiscono in gruppi

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Questo ha aperto nuove linee di ricerca, non ultima quella della misura delle abilità strategiche (Bilancini, Boncinelli e Mattiassi, 2019).

1.5. Violazione degli assunti di razionalità e bias cognitivi Nei paragrafi precedenti abbiamo visto come la teoria dei giochi possa essere impiegata per rappresentare le decisioni di individui in situazioni di interazione strategica. Il valore euristico di tali rappresentazioni è indubbio: consente di avere una sorta di mappa concettuale per prevedere gli scenari possibili che si potrebbero verificare a seconda delle decisioni adottate dai giocatori. Contestualmente ai risultati empirici contrari alle predizioni dei modelli della teoria dei giochi, nell’ambito della psicologia del pensiero e dell’economia comportamentale sono state progressivamente accumulate numerose evidenze empiriche secondo le quali gli esseri umani violano gli assunti di razionalità che abbiamo descritto precedentemente. Seguendo Kahneman (2011), le decisioni delle persone sono basate su due tipi di pensiero: i pensieri lenti, impegnativi in termini di risorse cognitive e astratti, e i pensieri veloci, automatici e fortemente dipendenti dal contesto. Entrambi i tipi di pensiero possono portare a decisioni razionali secondo dei principi normativi (siano essi la teoria dei giochi, la teoria della probabilità o la logica formale), ma spesso si osservano comportamenti che violano questi criteri. Infatti, i pensieri lenti, malgrado siano forme di ragionamento controllate ed astratte, non necessariamente conducono a decisioni razionali: pensiamo a un individuo che conosce la teoria dei giochi ma che, applicandola, sbaglia un calcolo oppure impiega un modello della teoria dei giochi non adatto al problema specifico. I pensieri veloci, invece, ci consentono quotidianamente di prendere decisioni in una frazione di secondo riguardo a una molteplicità di aspetti chiave della nostra vita: dal riconoscere stimoli minacciosi e reagire di conseguenza, al decidere quale piatto della mensa mangeremo oggi. Nella maggior parte dei casi, i pensieri veloci si associano a decisioni razionali (definendo razionalità in termini della nostra sopravvivenza); tuttavia, quando applicati in contesti non adatti, si possono prendere decisioni che violano i criteri normativi cui si faceva riferimento precedentemente (dalla teoria dei giochi alla teoria della probabilità). Per esempio, quando giochiamo a carte e dobbiamo stimare la probabilità che il nostro avversario abbia un asso in mano, difficilmente si realizzano tutte le condizioni (possedere le informazioni, il tempo e le risorse cognitive necessarie) per impiegare il calcolo delle probabilità. Al contrario, ci affidiamo a delle euristiche, ovvero strategie basate sui pensieri veloci, che ci consentono di ottenere una risposta che, in linea di massima, sia adeguata sebbene non certa: se ho un asso in mano e due assi sono già stati già giocati, verosimilmente sarà improbabile che il mio avversario abbia l’ultimo asso. Tra le euristiche più note nell’ambito del ragionamento probabilistico, possiamo citare l’euristica della disponibilità, secondo la quale stimiamo la probabilità di un evento in base a quanto sia facile recuperare dalla memoria esempi di quell’evento, e l’euristica della rappresentatività secondo cui la probabilità di un evento viene stimata in base a quanto sia rappresentativo del processo che lo ha generato o della popolazione cui appartiene. È evidente che affidarsi alla sensazione di quanto sia facile recuperare dalla memoria un certo esempio


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oppure a quanto un evento sia simile al processo che lo ha generato possa comportare una violazione dei principi di razionalità. Più specificatamente, come descritto in precedenza, la teoria dei giochi assume che i giocatori percepiscano il gioco e le loro azioni in modo chiaro e coerente. La psicologia e l’economia comportamentale hanno indagato empiricamente queste assunzioni osservando che vengono violate sistematicamente. Ad esempio, affinché i giocatori percepiscano il gioco in modo chiaro e coerente, deve valere l’assioma di invarianza ovvero il principio secondo cui, se le scelte sono formalmente equivalenti, il decisore compirà la medesima scelta indipendentemente dal modo in cui il problema viene rappresentato. Ad esempio, consideriamo due situazioni formalmente equivalenti riguardo a una mano di poker. Scenario 1: sappiamo che vedere le carte dell’avversario ci farà vincere il piatto con il 30% di probabilità. Scenario 2: sappiamo che vedere le carte dell’avversario ci farà perdere il piatto con il 70% di probabilità. È evidente che i due scenari sono del tutto equivalenti: l’assioma di invarianza ci dice che, indipendentemente dalla rappresentazione del problema (vincere o perdere), un individuo compirà la medesima scelta. Tuttavia, Tversky e Kahneman (1981, 1992) hanno osservato che le persone, in certi casi, violano il principio di invarianza: ci si riferisce a questo fenomeno con effetto del frame (reso in italiano con incorniciamento). Ad esempio, immaginiamo i seguenti scenari. Nel primo, si chiede ad una persona di scegliere tra (a) ricevere 5 euro, oppure (b) lanciare una moneta e, nel caso in cui si ottenga croce, ricevere 10 euro. Nel secondo scenario, diamo inizialmente a una persona 10 euro e poi le si chiede di scegliere tra (a) perdere 5 euro di sicuro (così da avere un guadagno netto di 5 euro), oppure (b) lanciare una moneta e perdere 10 euro, nel caso in cui si ottenga testa, e non perdere niente nel caso in cui si ottenga croce. È evidente che le opzioni (a) e (b) nei rispettivi scenari sono equivalenti da un punto di vista monetario. Tuttavia, il primo scenario è rappresentato in termini di guadagni (si fa sempre riferimento al ricevere dei soldi), mentre il secondo è descritto in termini di perdite (le due opzioni riguardano una diminuzione del proprio denaro). Empiricamente, si osserva che, nel primo caso, quando il problema è descritto in termini di guadagni, le persone scelgono più frequentemente l’alternativa (a) (l’opzione certa, dove si riceve senza rischio/incertezza una certa opzione di denaro). Nel secondo invece, dove il problema è rappresentato in termini di perdite, si osserva che le persone scelgono più frequentemente l’alternativa (b) (la cosiddetta opzione rischiosa/incerta, nella quale si lancia una moneta). L’effetto del frame è stato osservato in numerose ricerche: in generale, possiamo dire che le persone sono maggiormente inclini a prendere decisioni rischiose quando le opzioni sono descritte in termini di perdite rispetto a quando il problema è contestualizzato in termini di guadagno. Nell’ambito della teoria dei giochi, questa dipendenza dal contesto si osserva, ad esempio, nella tendenza ad adottare strategie differenti in scenari di negoziazione dove un individuo deve scegliere tra accettare un accordo negoziato tra le parti o rifiutarlo e ricorrere ad un arbitrato. Se il frame della negoziazione è in termini di guadagno, sarà più probabile che venga scelta l’opzione relativa all’accordo negoziato. Al contrario, se le opzioni sono contestualizzate in termini di perdita, è più probabile che un individuo scelga l’opzione rischiosa dell’arbitrato rispetto all’accettazione dell’accordo (Neale e Bazerman, 1985; Camerer, Johnson, Rymon e Sen, 1993). Seguendo Camerer (1997), un altro principio di razionalità comunemente assunto nella teoria dei giochi è ritenere che, in situazioni in cui non sono note tutte le informazioni, i


1. Teoria dei giochi: la scienza delle decisioni di individui che interagiscono in gruppi

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giocatori coinvolti condividano le medesime aspettative riguardo agli aspetti incerti. Supponiamo che due società stiano valutando se entrare in un mercato emergente ed entrambe sono a conoscenza del fatto che una sola sopravvivrà. Poniamo che la società vincente sarà quella con i manager più abili, quindi è necessario stimare se i propri manager siano migliori dei manager della società concorrente. In assenza di ulteriori informazioni, il principio di razionalità consiste nel ritenere che le due società facciano le stesse identiche assunzioni sull’abilità dei due manager. Ad esempio, entrambe le società potrebbero ritenere che i corrispettivi manager siano abili all’incirca allo stesso modo, oppure che la società A abbia manager migliori della società B (o viceversa). Tuttavia, numerosi studi hanno riscontrato la tendenza generale degli individui a sovrastimare le proprie abilità rispetto a quelle degli altri: questo effetto viene indicato con il termine overconfidence, ovvero la presunzione di eccessiva sicurezza. Nell’esempio delle due società, se entrambe sono soggette a questo effetto, esse stimeranno in modo eccessivo l’abilità dei propri manager a discapito degli altri. In altri termini, le due società violano il principio di razionalità basato sulla condivisione delle medesime assunzioni perché, difatti, sostengono due prospettive opposte: la società A ritiene che i propri manager siano superiori a quelli di B e la società B ritiene che i propri manager siano superiori a quelli di A. L’overconfidence è una distorsione cognitiva che si riscontra in molteplici ambiti della vita di un individuo: procede di pari passo alla tendenza a sovrastimare la probabilità di avere un colpo di fortuna (e, viceversa, sottostimare le probabilità di essere vittima di colpi di sfortuna) ed è strettamente collegata con la cosiddetta illusione della conoscenza (Sloman e Fernbach, 2017). Con questa espressione ci si riferisce alla tendenza a sopravvalutare ciò che ciascuno di noi, a livello individuale, conosce e comprende circa il funzionamento del mondo; tuttavia, empiricamente si osserva che la nostra comprensione del mondo è estremamente limitata. In un esperimento molto famoso (Lawson, 2006), è stato mostrato un disegno schematico di una bicicletta a studenti universitari. Il disegno era incompleto: mancavano alcune parti come la catena e i pedali. I partecipanti dovevano completare il disegno con le parti mancanti: sorprendentemente, malgrado le biciclette siano oggetti che fanno parte della nostra quotidianità e il meccanismo alla base del loro funzionamento sia semplice e ben visibile, circa la metà degli studenti non fu in grado di completare i disegni correttamente. Questo risultato è stato osservato anche chiedendo di selezionare il disegno corretto di una bicicletta tra quattro opzioni: questo compito è più facile rispetto al precedente perché si deve solo riconoscere la disposizione corretta degli elementi. Anche in questo caso si osservarono numerosi errori, in particolare molti partecipanti selezionavano il disegno in cui la catena collegava entrambe le ruote. Ancora più sorprendentemente, è stato osservato che anche ciclisti esperti non hanno performance ottimali in un compito che, in teoria, dovrebbe essere facile (specialmente per persone che usano quotidianamente la bicicletta!). Esistono moltissime evidenze empiriche simili a questa che suggeriscono quanto sia schematica e superficiale la nostra conoscenza e comprensione di ciò che ci circonda, anche di oggetti familiari che funzionano con meccanismi semplici. In sintesi, la ricerca psicologica e, più in generale, le evidenze comportamentali spesso contraddicono le assunzioni e le previsioni della teoria dei giochi. Nel prossimo capitolo prenderemo in esame le variabili psicologiche alla base di una classica situazione di interazione strategica: il gioco inteso come attività ludica.



Appendice Schede per i giochi


246

1

Giocarsi. Gaming e gamification in contesti professionali

Affermazioni sul lavoro

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35.

Possibilità di scegliere il proprio periodo di vacanze. Definizione rigorosa dei compiti e delle mansioni. Organizzazione prestigiosa. Libertà di affrontare dei rischi. Presenza di un superiore competente. Possibilità di mettere in pratica le proprie idee. Possibilità di carriera e promozione. Sicurezza del posto di lavoro. Luogo di lavoro vicino alla propria abitazione. Possibilità di partecipare a riunioni di lavoro. Simpatia dei colleghi di lavoro. Piano di carriera ben definito. Particolare interesse alla qualità del lavoro. Ambiente di lavoro gradevole. Libertà nel lavoro. Organizzazione seria e solida. Buona integrazione nel proprio gruppo di lavoro. Orari compatibili con la vita privata (tempo libero, ecc.). Possibilità reali di sviluppo e formazione. Status nell’organizzazione. Svolgere un lavoro di responsabilità. Salari e retribuzioni superiori alla media. Buona conoscenza delle regole e delle mansioni. Comunicazioni aperte tra le persone. Agevolazioni finanziarie (anticipi, prestiti, ecc.). Rispetto per i lavoratori considerati innanzitutto delle persone. Possibilità di dedicarsi ad un lavoro stimolante e interessante. Controllo del lavoro visibile ed efficiente da parte dei superiori. Utilità del proprio lavoro. Lunghi periodi di vacanze (congedi, riposi, vacanze). Essere pubblicamente elogiati dai capi. Vantaggi sociali particolari (assicurazione, pensione, ecc.). Completo accordo con la politica e gli obiettivi dell’organizzazione. Possibilità di scegliere il proprio orario di lavoro. Essere informati sulla vita dell’organizzazione.

Si autorizza la fotocopia della presente scheda a chi ha acquistato il libro Giocarsi. Gaming e gamification in contesti professionali, a cura di F. Colli, C. Meneghetti e F. Viola, © 2021, Hogrefe Editore, Firenze.

Qui di seguito troverai 35 affermazioni. Le affermazioni riguardano aspetti che definiscono il lavoro. Ti chiediamo di scegliere le 7 affermazioni che giudichi più importanti per te; per fare ciò metti una croce sul quadrato corrispondente alle affermazioni scelte.


247

Appendice. Schede per i giochi

2 Affermazioni sul lavoro categorizzazioni

Fisiologici:

1

9

14

18

25

30

34

Sicurezza:

2

8

12

16

23

28

32

Appartenenza:

5

10

11

17

24

26

35

Stima:

3

7

13

20

22

29

31

Autorealizzazione:

4

6

15

19

21

27

33

·

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fisiologici

sicurezza

appartenenza

stima

autorelizzazione

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Categorizzazione delle affermazioni in base alle cinque leve motivazionali della piramide dei bisogni di Maslow.


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Giocarsi. Gaming e gamification in contesti professionali

Albero genealogico

   Istruzioni generali comuni per tutte le postazioni: voi siete 6 giornalisti incaricati di inda-

   Obiettivo: bisogna risolvere un problema di cui ogni singola postazione possiede una

piccola informazione necessaria alla sua soluzione. Non si può trovare la soluzione se non tentando di comunicare con le altre postazioni solo per iscritto. La soluzione è unica per tutte le postazioni. L’esercizio è terminato quando tutti i partecipanti hanno risposto.

   Regole del gioco:

•• i partecipanti sono invitati a rispettare il silenzio totale durante tutta la durata dell’esercizio; •• non possono comunicare tra loro se non per iscritto; •• possono inviare messaggi scritti alle altre postazioni usando i blocchi a loro disposizione; •• va scritto in alto sul foglio il numero della postazione mittente e sotto il numero della postazione destinataria; •• i messaggi vanno consegnati al/ai portalettere (il conduttore); •• il numero dei messaggi è illimitato; •• il contenuto dei messaggi è completamente libero; •• i messaggi sono solo ad un senso (non si può inoltrare il messaggio ricevuto, ma solo archiviare); i riceventi devono conservarli tutti sino a fine esercizio; •• la risposta va scritta su un nuovo foglio.

Si autorizza la fotocopia della presente scheda a chi ha acquistato il libro Giocarsi. Gaming e gamification in contesti professionali, a cura di F. Colli, C. Meneghetti e F. Viola, © 2021, Hogrefe Editore, Firenze.

gare, per conto del giornale presso il quale lavorate, sull’importante eredità lasciata da ARMANDO e ISABELLA, celebri pittori, dopo la loro recente scomparsa avvenuta in un incidente stradale. Avete bisogno di ricostruire l’albero genealogico dei discendenti diretti di questa coppia, sapendo che la famiglia è estremamente dispersa nel mondo. Ciascuno di voi ha a propria disposizione alcune indicazioni parziali raccolte qua e là e che è il solo a conoscere. Questa famiglia è composta da 20 persone in tutto, compresi i due pittori scomparsi. Il vostro compito terminerà allorché avrete completato l’albero genealogico della famiglia comunicando per iscritto con le altre postazioni detentrici delle altre indispensabili informazioni. La soluzione è identica per tutti.


249

Appendice. Schede per i giochi

4

Albero genealogico istruzioni per il formatore

Di seguito troverai le informazioni da dare ad ogni postazione. Puoi stampare queste informazioni oppure inviarle per email o nella chat della piattaforma utilizzata per il meeting. Ogni membro del gruppo riceverà solamente le informazioni relative alla propria postazione.

✁ ISTRUZIONI PARTICOLARI PER LA POSTAZIONE 1

MONICA è la seconda figlia di MARCELLO e CARLOTTA.

VINCENZO è il primogenito di PAOLO e SARA.

✁ ISTRUZIONI PARTICOLARI PER LA POSTAZIONE 2 (informazioni che siete i soli a possedere)

ARMANDO e ISABELLA hanno una sola figlia, GIULIA, l’ultimogenita, ed un solo pronipote, GIACOMO.

SOFIA, MONICA ed EMILIA sono tre sorelle.

✁ ISTRUZIONI PARTICOLARI PER LA POSTAZIONE 3 (informazioni che siete i soli a possedere)

PAOLO è il marito di SARA ed il figlio primogenito di ISABELLA.

BERTRANDO è il figlio primogenito di MAURIZIO ed il nipote di ARMANDO.

continua

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(informazioni che siete i soli a possedere)


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Giocarsi. Gaming e gamification in contesti professionali

segue

ISTRUZIONI PARTICOLARI PER LA POSTAZIONE 4 (informazioni che siete i soli a possedere)

GERONIMO è il padre di GIACOMO ed il fratello cadetto (ultimogenito) di VINCENZO.

EMILIA è la figlia primogenita di CARLOTTA e la nipote prediletta di ANDREA, figlio di ARMANDO ed ISABELLA.

ISTRUZIONI PARTICOLARI PER LA POSTAZIONE 5 (informazioni che siete i soli a possedere)

ARMANDO e ISABELLA hanno quattro figli, il terzo si chiama MARCELLO.

SILVIA è la sorella di BERTRANDO, tutti e due sono figli di GIULIA e MAURIZIO.

✁ ISTRUZIONI PARTICOLARI PER LA POSTAZIONE 6 (informazioni che siete i soli a possedere)

GERONIMO è il marito di CHANTAL.

MARCELLO ha un figlio, BERNARDO, molto più giovane delle sue sorelle; BERNARDO è il marito di EMANUELA.

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Giulia

Emanuela

Bernardo

Sofia

Armando

Isabella Carlotta Monica

Marcello

Paolo Emilia

Andrea

Chantal

Geronimo

Sara

Vincenzo

Giacomo

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Appendice. Schede per i giochi

251

Albero genealogico soluzione Silvia

Maurizio Bertrando


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