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Valsugana News 2/2022 Marzo

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Periodico gratuito

NOSTRA INTERVISTA ESCLUSIVA A

VITTORIO SGARBI

© Mart, Jacopo Salvi

d’informazione e cultura

A PI GIO CO AG M O

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EWS

ANNO 8 - NR. 2 - marzo 2022

LEVICO TERME - Via Claudia Augusta, 27/A - Tel. 0461.707273 - Fax 0461 706611 ALTRE INFORMAZIONI SU TUTTE LE NOSTRE AUTO, MOTO E FUORISTRADA NEL SITO WWW.BIAUTO.EU Auto, Moto & Fuoristrada di tutte le marche


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L’Italia allo specchio di Franco Zadra

NEGAZIONISMO e PAURA della MORTE “Negazionismo” è una di quelle parole chiave per cercare di capire la storia contemporanea e la complessità della trama degli eventi ormai trascorsi, perché non appaia come un bizzarro elenco di avvenimenti casuali. Un termine utilizzato per indicare quelle correnti “pseudostoriografiche” che minimizzano o, addirittura, negano lo sterminio degli ebrei da parte del regime nazista, rappresentate per esempio da l’Institute for Historical Review, la principale organizzazione negazionista del mondo, anche riconosciuta come neonazista e antisemita, che opera con il dichiarato intento di «promuovere (sic!) una maggiore consapevolezza pubblica della storia», tanto da aver redatto una lista di 66 domande con risposta su varie tematiche dell’Olocausto, volte a smentirlo o ridurlo.

L

a storica sentenza, pronunciata dall’Alta Corte londinese nell’estate del 2001, contro David Irving, un saggista britannico, specializzato nella storia militare della seconda guerra mondiale, confermò una volta di più l’inattendibilità delle tesi negazioniste. Irving fu arrestato in Austria l’11 novembre 2005; il 20 febbraio 2006 fu riconosciuto colpevole, e condannato a tre anni di reclusione, da un tribunale per «aver glorificato ed essersi identificato con il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori», cosa che in Austria

è punita, secondo il Verbotsgesetz, la legge per la denazificazione del 1947 che vieta qualsiasi «attività in senso nazionalsocialista», modificata nel 1992 per introdurre il divieto di negazione, minimizzazione, approvazione, e giustificazione del «genocidio nazista o degli altri crimini nazisti contro l’umanità». Compare del negazionismo è poi il “riduzionismo delle foibe” con il quale, esponenti del movimento di liberazione jugoslavo e del governo comunista di Belgrado, considerarono le stragi del 1943 e del 1945 come atti di giustizia contro criminali di guerra, fascisti e collaborazionisti, riducendo in genere il numero degli uccisi. In senso lato, “negazionismo” è utilizzato in modo corrente per indicare quelle obiezioni, del tutto o in parte infondate, alimentate perlopiù da paura e ignoranza, che taluni “esperti” aspiranti “capopopolo”, armati da una ipercritica che finisce per negare credibilità a tutte le fonti che contraddicono l’interpretazione preferita, muovono nei confronti di conoscenze condivise dalla comunità scientifica internazionale, e per questo divulgate dalle testate giornalistiche più autorevoli (ma proprio per questo sospettate di collusione con il potere), mietendo numerose vittime tra gli orfani, consapevoli o meno, delle vecchie ideologie, adottati all’ultimo dalla pseudoscienza che dilaga in Rete, per non parlare del Deep Web dove a certe bufale si accede pure a suon di bitcoin. La complessità del mondo contemporaneo rende per altro molto faticosa quella revisione

delle interpretazioni consolidate che è invece fisiologica nella ricerca storica, per aggiustare il tiro, chiarire meglio, proseguendo nel solco intrapreso e, molto più di rado, invertendo la direzione della ricerca. Una revisione che richiede studio, riflessione, e confronti interdisciplinari spesso di non facile divulgazione. Encomiabile, al di là dei concreti benefici per l’opinione pubblica, è in questo particolare contesto storico lo sforzo mediatico del virologo, immunologo, accademico, e divulgatore scientifico, Roberto Burioni. Uno sforzo che cozza tuttavia contro un muro di diffidenza verso i vaccini che falcidia persino famiglie intere, convinte che il covid non esiste. La paura della morte sta forse giocando un brutto tiro a molti, approfittando dello smarrimento indotto dalla pandemia fa credere che il pericolo sia nel vaccino piuttosto che nel virus. Sembra purtroppo dimenticata quella cultura cattolica che, fino a un paio di generazioni or sono, ancora insegnava ad avere un rapporto più sereno, meno ambiguo e orrorifico con la nostra ineluttabile dipartita.

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Tutto per costruire meglio. 4

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SOMMARIO ANNO 8 - MARZO 2022 DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munaò - 333 28 15 103 direttore@valsugananews.com VICEDIRETTORE Chiara Paoli COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COLLABORATORI Waimer Perinelli - Erica Zanghellini - Katia Cont Alessandro Caldera - Massimo Dalledonne Emanuele Paccher - Francesca Gottardi - Maurizio Cristini Silvana Poli - Elisa Corni - Laura Mansini - Alice Rovati Francesco Zadra - Erica Vicentini Laura Fratini - Patrizia Rapposelli Zeno Perinelli - Adelina Valcanover - Veronica Gianello Nicola Maschio - Giampaolo Rizzonelli - Mario Pacher CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott. Francesco D'Onghia - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni D'Onghia - Dott. Marco Rigo EDITORE - GRAFICA - STAMPA Grafiche Futura srl Via della Cooperazione, 33 - Mattarello (TN)

PER LA TUA PUBBLICITÀ cell. 333 28 15 103 direttore@valsugananews.com info@valsugananews.com Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 7.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a GRAFICHE FUTURA srl, le loro pubblicità, le loro immagini, i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.

L’Italia allo specchio: il negazionismo Sommario Intervista esclusiva a Vittorio Sgarbi Il referendum sulla Giustizia Accadde in Italia: 54 articoli costituzionali I sistemi elettorali a confronto Trasporti in Valsugana: a chi giova? Il Coworking a Vigolo Vattaro Attualità: il fenomeno delle baby gang L’impatto economico delle Olimpiadi Cose dal mondo: la Turchia Il Teatro del mondo: Shakespeare Come è nato lo stemma della Repubblica Italia agli Oscar: non c’è solo Sorrentino Sanremo: crogiuolo di voci e note I lavori di un tempo: con il filo e con l’ago Fra storia e leggenda: il Castello romano di Tenna Il personaggio: Thomas Degasperi Castello Tesino: gli scavi archeologici Il personaggio: Gaetano Guastella Le interviste impossibili: Cicerone Ugo Foscolo, l’eroe romantico IL personaggio: Ottone Brentari Tra storie e tradizioni: il Trato Marzo Il personaggio: Carlo Scantamburlo L’offerta Open Air in Trentino Il personaggio: Maria Giovanna Speranza In ricordo dei deportati... almeno i nomi Ieri avvenne: Goethe in Trentino La Caritas in Valsugana e Tesino Il Gruppo Romano Medica Medicina & Salute: l’ansia da prestazione Tra scuola, poesia e musica Ieri avvenne: Napoleone e la Valsugana I consigli SAV: l’orto in casa Associazione Taiapaia: saltare il muro Il concorso fotografico Cerbaro Girovagando in USA: Filadelfia Conosciamo le leggi: la esdebitazione Che tempo che fa: 2021 un anno caldo per la Terra Attualità in Trentino La situazione dei giovani

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Il personaggio

THOMAS DEGASPERI Pagina 36

Interviste impossibili

CICERONE Pagina 44

Ieri avvenne

NAPOLEONE Pagina 72

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Il personaggio

di Marco Nicolo’ Perinelli

SGARBI TRENTINI

L’incontro con il Presidente del Mart © Mart, Jacopo Salvi

Museo d’Arte Moderna di Trento e Rovereto e del Mag

S

i possono scrivere tante cose su Vittorio Umberto Antonio Maria Sgarbi. Volto noto al grande pubblico per le sue intemperanze che tanto fanno fama in televisione, è uno storico e critico d’arte, un politico, un opinionista, un saggista. Tanto spregiudicato quanto abile nel suo modo di comunicare, le sue intemperanze sono parte di un personaggio che sa attrarre simpatia ed antipatia in egual modo, certamente un protagonista del nostro tempo. Probabilmente non sopporta l’indifferenza. Nato a Ferrara l’8 maggio del 1952, parlamentare, sindaco del paese di Sutri, in provincia di Viterbo, oggi, tra le altre cose, è Presidente del Mart, il Museo d’Arte Moderna che ha sede a Rovereto, della Fondazione Canova di Possagno e, da poche settimane, anche del Museo Alto Garda. Incontrarlo non è facile, le interviste preferisce farle al telefono. Fa un’eccezione e riceve al Mart di Rovereto, cui tutte le foto si riferiscono, la delegazione composta da me, il direttore

Armando Munaò ed Eleonora Mezzanotte nel salotto- mostra della sua ultima ideazione, la Mostra “Canova tra innocenza e peccato”, visitabile al Mart fino al 18 aprile. Ci accoglie circondato dai suoi collaboratori, mentre si prepara ad un collegamento televisivo con una nota trasmissione nazionale, seduto tra i gessi dell’artista veneto provenienti dalla Fondazione di Possagno che lui stesso presiede e le fotografie di Helmuth Newton. Un po’ di preliminari, un complimento come da copione, alla nostra collaboratrice, e poi l’intervista. La prima parte a Sgarbi politico, quello che ha iniziato molto presto: nel 1990 la prima esperienza come consigliere comunale e quindi Sindaco a San Severino Marche, a Salemi e oggi a Sutri; Assessore alla Cultura della Regione Sicilia, parlamentare dal 1992, ha militato con il Partito Socialista, con il Partito Liberale, con Forza Italia. Ha fondato diversi movimenti, tra cui i Liberal Sgarbi e, nel 2017, “Rinascimento”, con Giulio Tremonti.

C

i può parlare di questo ultimo esperimento? L’obiettivo era quello di andare alle elezioni nel 2018, dove non abbiamo potuto partecipare perché un gruppo che si chiama Noi con l’Italia mi ha scippato le firme e abbiamo avuto poi in Senato un gruppo di Senatori e ho dovuto attuare una federazione con Forza Italia. Abbiamo fatto una fase di sperimentazione, senza congressi ma semplicemente presentando delle liste, per le elezioni del Comune di Roma dove abbiamo avuto quasi il 2%. E questo ci conforta perché in un momento di crisi, in cui ho avuto una posizione molto riconoscibile, la mia visibilità politica e non solo personale. Ho pensato che una delle prime cose da fare contro il Governo, i dpcm di Conte, fosse quello di andare da quei ristoratori legati a questo gruppo che si chiama “Io apro” e mi sono sembrati così semplici e umani, da prenderli come elementi di diffusione di una visione che non può essere solamente poetica, legata ai temi della cultura, ma che

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Il personaggio invece riguarda la vita dei cittadini, nel loro agire quotidiano. Il concetto è “io apro rinascimento, io apro una cosa nuova”. E questo, secondo me, nella decadenza di partiti che si sono comportati in modo vigliacco o che hanno avuto potenti contraddizioni anche nel proprio seno con posizioni più genuine, ci darà uno spazio notevole. In questi giorni si parla della necessità di rifondare il centro destra. La sua opinione? Ovviamente va rifondato. C’è un pezzo che va verso il centro, Forza Italia; la Lega che è dentro il Governo e Fratelli d’Italia che è fuori. Se noi guardiamo questa attrazione verso il centro, che in un sistema bipolare non ha possibilità di vittoria, stante questa legge elettorale, dobbiamo immaginare due poli che abbiano un centro forte ma da una parte e dall’altra. Non che ci sia qualcuno che, come diceva l’amico Calenda, debba essere demonizzato. Non si capisce perché una ragazza di quarant’anni debba pagare quanto fatto da Mussolini settant’anni fa. Dall’altra parte l’idea sempre di Calenda di non avere commercio con i Cinque Stelle è giusta in quanto i Cinque Stelle sono una realtà inesistente. Però in realtà i Cinque Stelle, nelle loro individualità, sono persone per bene, dei bravi ragazzi, almeno la metà

Ph crediti Mart - Jacopo Salvi

di quelli che sono lì e hanno visioni non particolarmente ideologiche. Non voglio avere commercio con Conte, non voglio avere commercio con Grillo, ma non devi considerare i Cinque Stelle, come partito di rottura quale è stato, come ensortable. Io dialogo, con quelli che ci sono, e ti aspetti che ti dicano cosa hanno in mente. E così anche la Meloni. Queste posizioni centriste astratte non corrispondono al vero. Finirà che il PD farà alleanza con i Cinque Stelle e il Centro Destra manterrà le componenti che ha avuto fin qui. La rifondazione del centro destra si rimetterà nell’alveo in cui è sempre stata da quando c’è Berlusconi”.

Devo cercare di capirla. In generale il tentativo di impedire che un magistrato decida il bello e cattivo tempo della politica italiana come è stato ed è. E’ quello che succede per esempio in Calabria, dove tutto ciò che accade è dominato da Gratteri. Gratteri si convince che un tal Tallini è mafioso e allora questo Tallini non può fare politica. Poi si arriva al processo e si scopre che Tallini non è mafioso. E’ insopportabile questa ingerenza della magistratura. Che la Cartabia riesca a correggerla, limitando la carcerazione preventiva, limitando la presunzione di colpevolezza, è il minimo di una civiltà giuridica che presuppone che uno sia colpevole se è condannato.

E sulla riforma Cartabia, cosa ne pensa?

Cambiamo argomento e veniamo a quello che è certamente uno dei

Le collezioni del Mart, L'invenzione del moderno - Ph crediti Mart, Bianca Lampariello

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Le collezioni del Mart, L'invenzione del moderno - Ph crediti Mart, Bianca Lampariello


Il personaggio più cari, dato anche il contesto in cui ci troviamo, in una mostra che è figlia di una sua idea che fa dialogare il passato con la contemporaneità. Se dovessimo analizzare il panorama complessivo, dal punto di vista di chi l’arte la vive quotidianamente, qual è lo “stato” oggi in Italia? L’arte è sempre in salute anche in tempi difficili perché è l’espressione degli uomini e della loro necessità di creare. Il problema vero dell’arte oggi in Italia, ma nel mondo, è che essendo uscita dall’ambito delle accademie e dei luoghi dove si preparavano gli artisti che, senza quella esperienza non erano tali, da circa cento anni l’avventura e la ricerca possono prescindere dalla tecnica. Mentre ogni espressione artistica ha il suo ubi consistam, ovvero la letteratura con la scrittura, il cinema con le immagini, il teatro con le persone che recitano, la musica con i suoni; l’arte può essere dei vetri rotti, una scatola di patate, un orinatoio. Si è creato un momento di frattura così larga che chiunque può pretendere di essere artista concettuale. La qualità della tecnica degli artisti è così vasta che non sai come fare a definirla. Se fossi stato Sgarbi negli anni venti, trenta o quaranta, avrei dominato la scena conoscendo tutti gli artisti. Oggi non saprei dire quanti ce ne sono e quanti entreranno nella storia dell’arte con piena legittimità. La realtà italiana non patisce rispetto ad altre realtà. Com’è cambiato il concetto di bellezza in arte e ce n’è ancora nell’arte oggi? Il concetto della bellezza è mutato, certamente. Possono cambiare le mode, ma la percezione della bellezza è da un lato legata all’istinto, all’emozione, come un bel tramonto; dall’altra è legato alla cultura. Una persona che ha equilibrio tra emozione e conoscenza, individua la bellezza in modo

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Le Collezioni, L'invenzione del moderno - Ph crediti Mart, Alessandro Nassiri

La mostra del Canova

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Il personaggio

Le collezioni del Mart, L'invenzione del moderno - Ph crediti Mart, Bianca Lampariello

certo. Poi può esserci uno squilibrio tra emozione e conoscenza e viene fuori la formula grottesca che è bello ciò che piace. In realtà non è bello ciò che piace, ma ciò che ha requisiti per riscontrare una emozione e l’emozione la producono quelle cose che sono fatte secondo qualcosa che deve colpire quella miscela di emotività e sensibilità e di conoscenza che comunque importante. La bellezza richiede soprattutto una disponibilità in chi la prova. E questo mi fa venire in mente quella bellissima risposta di Gramsci a Benedetto Croce, quando scrisse “ciò che è vivo e ciò che è morto di Hegel” e Gramsci rispose: “il problema non è ciò che è vivo e ciò che è morto di Hegel, ma ciò che è vivo e ciò che è mor-

Un momento dell'intervista

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to di noi rispetto a Hegel”. Il problema non è della bellezza, ma il problema è nostro. L’insufficiente capacità di capire è un limite della persona: la bellezza c’è, puoi non avere gli strumenti per capirla. I nostri tempi non hanno dato un grande esempio di eduzione in questo senso, ma non sono affatto scettico o preoccupato per l’integrità della bellezza. Venendo al Mart, quella di Sgarbi Presidente è una storia di successo a livello di pubblico, nonostante critiche negative come quelle del Giornale dell’arte. Ma è Sgarbi che rende popolare l’arte o Sgarbi che porta il popolo all’arte? Io sono di mia stessa natura popolare. Ho una idea dell’arte abbastanza articolata da predisporre un programma che non mortifica l’arte contemporanea, ma che cerca di intendere le connessioni con la grande arte, quindi Caravaggio, Raffaello. Perché devo provocare il pubblico facendo in un museo come questo una mostra di Artschwager, un autore americano che non conoscevo, costata 750 mila euro, dicendo vieni a vederlo perché ti dico io che è bella? Canova lo

puoi mettere con Newton. Al di là della mia popolarità, o di quella degli artisti, ritengo che ci debba essere una formula per cui una mostra deve stabilire delle connessioni. D’altra parte i grandi momenti della nostra arte sono il Rinascimento e il Neoclassico: due espressioni di grandi modernità che si sono fondate sul passato. L’arte è un continuo riguardare l’arte. Non è che nasci dal nulla: questa è la mia idea. Questo, indipendentemente dalla mia popolarità, ha restituito i cittadini qualche cosa di cui avremo percezione. La prossima mostra vedrà protagonista Giotto. Che Giotto sia stato importante per il 900 non serve che lo dica io. Se uno poi vuole dire che cosa c’entra Giotto con il Mart, ti dico vada a vedere Carlo Carrà, uno dei grandi maestri del ‘900 ha fatto una monografia su Giotto. Devo far finta di niente? Le mie formule, le mie intuizioni sono sempre riuscite!

Sgarbi con la nostra collaboratrice Eleonora Mezzanotte

Un sentito ringraziamento alla dott.sa Susanna Sara Mandice - Ufficio stampa e comunicazione - per la gentile e preziosa collaborazione


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Referendum in Italia di Waimer Perinelli

GIUSTIZIA DALLA CONSULTA VIA LIBERA A CINQUE QUESITI I quesiti approvati:

1) Legge Severino e incandidabilità; 2) Misure cautelare; 3) Carriere: separazione delle funzioni fra giudici e pm; 4) Elezione membri del csm: candidature aperte a tutti; 5) Consigli giudiziari: valutazioni sulla professionalità delle toghe.

G

li italiani sono un popolo di abrogazionisti. Dal 1946 ad oggi si sono svolti nel nostro Paese 67 referendum abrogativi e 6 non abrogativi. Di questi ultimi il più celebre è quello storico del 2 giugno del 1946 quando gli italiani, a maggioranza risicata, scelsero la forma repubblicana dello Stato abrogando la monarchia. Il quesito era chiaro, nessun dubbio e l’ effetto fu immediato. In generale il referendum popolare chiede al corpo elettorale il consenso o dissenso rispetto a singole questioni. Il referendum abrogativo prevede il raggiungimento di un quorum o numero minimo di votanti. La cosa non è scontata se dei 67 referendum promossi fino a oggi, ben 28 non lo hanno raggiunto e non erano quesiti astrusi se pensiamo che nel 1997, per esempio, due prevedevano l’abolizione dell’Ordine dei giornalisti e dell’articolo di legge che consente ai

magistrati di assumere incarichi al di fuori dell’attività giudiziaria. Citiamo quest’ultimo perché ci porta a quanto accadrà, salvo colpi di scena politici, il prossimo aprile o giugno. La Corte Costituzionale, presieduta da Giuliano Amato, 85 anni, esperto politico, storico navigatore nel turbolento oceano italiano, ha valutato otto proposte referendarie. Ne ha bocciate tre, ovvero la liberalizzazione dell’uso della Cannabis; la possibilità di porre fine, nei tempi e modi da definire, alla propria vita; la responsabilità civile diretta delle toghe. Quest’ultima avrebbe paragonato i lavoratori della giustizia ai medici e ai giornalisti, costretti ormai ad assicurarsi a caro prezzo. Oggi i magistrati hanno una responsabilità indiretta e rispondono civilmente del loro operato nel senso che, se siete condannati ingiustamente e per errore rimanete in carcere una decina di anni, è previsto il risarcimento che paga lo Stato che

In Italia dal 1946: Referendum abrogativi Quorum raggiunto Quorum non raggiunto Totale

Affluenza media 67,63% 31,07% 49,35%

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Tot. 39 28 67

Magg. Sì 23 27 50

La Giustizia - Capella dei Scrovegni- Padova 2016

poi ha facoltà di rivalersi sul giudice. Ma a ben guardare il problema più grave è oggi quello dei 6 milioni di processi pendenti. Molti implicano cambiamenti radicali nella vita degli interessati. Ma parliamo dei referendum ap-

Magg. No 16 1 17

Media sì 60,77% 78,69% 69,73%

Media no 39,23% 21,31% 30,27%


Referendum in Italia provati. L’abolizione del decreto Severino darebbe ai giudici il potere di giudicare, caso per caso, quando si applichi ai politici ed amministratori l’interdizione dai pubblici uffici. Nel 2013 Silvio Berlusconi decadde automaticamente da senatore dopo la condanna per frode fiscale. Per gli amministratori locali le Severino prevede la sospensione (decadenza) automatica dalle cariche dopo la sola condanna in primo grado. Un secondo referendum cambierebbe le norme a favore della custodia cautelare, resa meno pesante; un terzo vuole limitare la possibilità del cambio di funzioni fra giudice e pubblico ministero; il quarto vuole, abrogando, introdurre nuove regole per le candidature alle elezioni del Consiglio Superiore della Magistratura e il quinto introdurrebbe la possibilità per gli avvocati di valutare, negli appositi organismi, la professionalità dei magistrati. Avremo tempo, forse non sufficiente, per conoscere meglio ogni quesito referendario, ma oggi possiamo già notare che ogni referendum coinvolge, in vario modo,la magistratura, il terzo potere dello Stato. Non è che la Magistratura goda

La legge per tutti (da Wikipedia)

oggi di grande favore da parte della popolazione e troviamo spesso cronache di scontri, anche acerrimi, fra singoli magistrati e correnti, sindacato delle toghe....Alcuni casi sono eclatanti. Ma noi siamo chiamati a votare e speriamo che nel dibattito non intervengano scontri personali, vendette trasversali. Come popolo potremmo non capirli e interpretarli con lotte di posizione. Speriamo poi che il Parlamento, intervenendo, non svuoti il contenuto della nostra scelta. A proposito di Parlamento avendo democraticamente, delegato questo

ad affrontare tali problemi e avendo lo stesso più volte fallito, la manifestazione referendaria appare oggi come una bocciatura del Parlamento stesso. Noi, del popolo, abbiamo altre cose a cui pensare: alle bollette, al lavoro, alla scuola, alla sanità...... La Giustizia recuperi credibilità non con il referendum ma con una seria riforma fatta da persone competenti e oneste. Ce ne sono ancora. Per legge la convocazione degli elettori dovrà essere inserita nell’arco di date comprese tra il 15 aprile e il 15 giugno 2022.

I nostri migliori auguri a Eleonora Mezzanotte, che dopo la laurea triennale in Beni Culturali, ha conseguito anche quella magistrale in Arte presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Trento. Da parte delle redazioni di Valsugana News e Feltrino News i più sentiti complimenti e le più vive congratulazioni per questi due eccezionali risultati raggiunti e l’augurio che possano essere l’inizio di una vita piena di grandi e continue soddisfazioni.

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Accade in Italia di Cesare Scotoni

54 ARTICOLI COSTITUZIONALI

PER LA TERZA REPUBBLICA

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ella seconda metà degli anni ’70, nel mezzo delle convulsioni generate dalla strategia della tensione e dal terrorismo armato di sinistra che prese allora ad imperversare il Paese si avviò quella trasformazione che ci ha malauguratamente condotto a quel rifiuto delle radici repubblicane che fu inopportunamente chiamato Seconda Repubblica. Dopo le Leggi Speciali, l’assassinio di Giorgiana Masi ( 19 anni, studentessa, uccisa il 12 maggio 1977 con un colpo di pistola durante una manifestazione a Roma) e quel mancato Compromesso Storico nato dagli indicibili segreti che accompagnarono ed ancora accompagnano il rapimento Moro, l’idea fondante di un Patto Costituzionale che, nato in una Nazione Divisa dell’immediato Dopoguerra postfascista, immaginava la capacità del Legislativo di Individuare e Perseguire un Interesse Nazionale più alto degli interessi più immediati rappresentati dai singoli partiti ed un Esecutivo in grado di volta in volta di concretizzarli al meglio, andò in crisi. Prima il Partito Radicale con la sua battaglia contro il “Consociativismo” che, per Pannella, emarginava alcune minoranze parlamentari e favoriva i movimenti extraparlamentari per poi fagocitarli e poi il PSI che dopo il MIDAS (Hotel di Roma dove nel 1976 iniziò l’ascesa di Bettino Craxi) aveva cercato di uscire dalla subalternità per giungere al Potere ed esercitarlo con spregiudicata decisione evidenziarono nei fatti come la dialettica maggioranza – opposizioni fosse essenziale perché la Sintesi cui era chiamato il Legislativo non fosse piegata

a logiche meramente spartitorie. Anziché però puntare sulla capacità dei Partiti di recuperare una rinnovata capacità di Elaborazione e di Innovazione dopo quel dilaniante quinquennio di confronto armato tra Stato ed Antistato si mutuò quella Logica di Contrapposizione spostandola con Tangentopoli ad uno scontro tra Poteri dello Stato che finiva per minare la Legittimazione dei Partiti ad esprimere quella Classe Dirigente in grado di Individuare e Perseguire l’Interesse Collettivo. Tra modifiche alle Leggi Elettorali ed ai Criteri di Rappresentanza, disordinati interventi sulla Costituzione, malpensati e maldigeriti progetti di Unione Europea costruiti alla fine solo su una Moneta Unica il Paese ha visto la bersaniana “Ditta” contrapporsi al Partito Azienda di Berlusconi senza capacità o volontà di ripartire dai primi 54 articoli di quella Carta Costituzionale per la quale sembrò più facile fare dei girotondi anziché affrontare le implicazioni della Modernità e della fine dell’Unione Sovietica sul modo di declinarli. Lo “spoil system” negli alti gradi dell’Amministrazione promosso da Fini e la Legge Bassanini restano monumentali nel danno che han portato alla Credibilità ed all’Autorevolezza dello Stato ed i promotori ancora girano a piede libero. Grazie alle pessime scelte del luglio 2019 ed all’ultimo biennio di cieco approccio ideologico alle sfide del governare oggi il Paese che conoscevamo è finito in

un angolo. Più povero, più vecchio, meno preparato e più debole. Ogni errore ha un nome ed un cognome e la decenza imporrebbe a tanti un passo indietro. Ora serve la Capacità di Perseguire un Progetto in grado di recuperare un’Unità di Intenti ed una Capacità di fare Sintesi tra Posizioni più distanti che certo non può nascere dall’Equivoco o dall’Ambiguità. 26 mesi in cui il Paese ha espresso il peggio di sé non si possono superare sperando che i Vincoli Esterni, la Geopolitica o un’Unione Europea mai nata possano supplire all’esigenza di una Volontà Forte e Diffusa di superare quei solchi che 30 anni di Cattiva Politica hanno Voluto e Saputo creare in un Tessuto Sociale sempre più usurato. Il come farlo è lì, in quei primi 54 articoli della Nostra Costituzione Repubblicana. Con chi farlo è scritto sulla Sabbia. Su chi NON fare affidamento per questo arduo compito invece è scritto sulla Pietra, tutti lo sanno e lo possono rileggere nelle cronache di un decennio da dimenticare anche nei suoi modesti protagonisti. Per ora una cosa abbiamo compreso che tra una DAD ed un Divieto ci siamo giocati una generazione apparsa supina e disarmata a chi del Diritto ha fatto strame

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La politica in controluce di Emanuele Paccher

Sistemi elettorali a confronto Di recente in Parlamento aleggia l’idea di introdurre (di nuovo) un sistema elettorale proporzionale. Ma cosa sono i sistemi elettorali? Il sistema elettorale è quell’insieme di previsioni che stabiliscono i requisiti dell’elettorato attivo (persone che possono votare) e passivo (persone che possono essere votate), l’ampiezza delle circoscrizioni, le modalità di votazione e, soprattutto, la formula elettorale, ossia il meccanismo di traduzione dei voti in seggi. A grosse linee, si può dire che i sistemi elettorali si dividono in due grandi categorie: sistemi proporzionali e sistemi maggioritari.

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l sistema proporzionale è quello che più garantisce l’uguaglianza del voto del cittadino: il partito politico che otterrà il 10% dei voti otterrà il 10% dei seggi. Il grande problema di un simile sistema è il fatto che rende difficile governare un Paese. Con esso viene data rappresentanza anche a partiti politici con una percentuale di voti esigua, frammentando il Parlamento e rendendo più agevole l’attività di ostruzionismo. Poi con tale sistema è difficile riuscire ad avere i numeri per ottenere la maggioranza: occorre ricorrere a grandi coalizioni dopo le elezioni. Per cercare di risolvere alcuni inconvenienti del proporzionale puro si è fatto ricorso ad alcuni “correttivi”: specialmente il premio di maggioran-

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za e le soglie di sbarramento. Il primo prevede che il partito o la coalizione che raggiunga una determinata percentuale otterrà dei seggi ulteriori in più. Ad esempio una legge in passato prevedeva che il partito che avesse ottenuto almeno il 40% dei voti avrebbe ottenuto il 55% dei seggi. Le soglie di sbarramento invece servono ad evitare che ci sia una eccessiva frammentazione in Parlamento, introducendo delle percentuali minime di voti che il partito deve ottenere per poter accedere al riparto dei seggi. Al lato opposto si trovano i sistemi maggioritari. Questi prevedono dei collegi più o meno ampi, in cui il partito che ottiene anche un solo voto più degli altri si porta a casa tutti

i seggi del collegio. Ad esempio, se in un collegio concorrono tre partiti, nei quali uno prende il 34% e gli altri due il 33%, il primo ottiene l’interezza dei seggi, con la conseguenza che il restante 66% dei voti andrà disperso. Come si può facilmente intuire, il sistema maggioritario tende a garantire una maggiore stabilità. In aggiunta, permette di evitare un’eccessiva frammentazione del Parlamento e tende a favorire la creazione di coalizioni prima delle elezioni, in modo tale che l’elettore sappia in anticipo quali siano gli schieramenti politici in gioco. Tuttavia, il sistema maggioritario presenta un deficit di democraticità e di uguaglianza del voto in uscita. Potenzialmente può dare luogo a grosse distorsioni della realtà, pre-


La politica in controluce miando un partito con una quantità di seggi ben maggiore di quello che è il suo consenso nel Paese. Quali sistemi sono stati adottati in Italia nel corso degli anni? Dal 1946 fino al 1993 ci fu un sistema elettorale proporzionale. Negli anni ’90 fu proposto un referendum abrogativo per introdurre un sistema maggioritario, la cui approvazione portò alla legge “Mattarella”, che introdusse per l’appunto un sistema in larga parte maggioritario. Nel 2005 si tornò indietro, e si introdusse un sistema proporzionale corretto. A partire da quell’anno si assistette ad un’intensa attività legislativa, con una serie di riforme elettorali, molte delle quali dichiarate incostituzionali dalla Corte costituzionale. E attualmente quale legge elettorale c’è in Italia? Dal 2017 il sistema in vigore è un sistema misto, in cui il

37% dei seggi è attribuito con un sistema maggioritario uninominale (ossia con collegi in cui si elegge un solo parlamentare), il 61% viene ripartito con un sistema proporzionale con alcune soglie di sbarramento e il restante 2% è dedicato al voto degli italiani residenti all’estero. Oggi una modifica alla legge elettorale potrebbe essere opportuna, anche in conseguenza della modifica costituzionale che ha ridotto il numero di parlamentari. Tuttavia, non può non destare qualche perplessità la possibile scelta di orientarsi verso un

proporzionale puro: con ciò si rischia di non garantire governabilità ad un Paese che sembra già connotato da forti instabilità. Forse in Parlamento si è già deciso di ricorrere, per ancora altri anni, ad ampie maggioranze tra partiti anche molto diversi tra loro, magari scegliendo come Presidente del Consiglio una figura di alto profilo.

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Trasporti in Valsugana di Laura Mansini

A CHI GIOVA?

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o scorso febbraio in Trentino è finalmente apparsa la neve; una gran bella nevicata, tanto attesa e sperata. E’ stata sufficiente la neve di un giorno, sebbene copiosa e bellissima da vedere, per dimostrare ancora una volta tutta la fragilità della SS47 della Valsugana. Sui social sono improvvisamente apparsi filmati splendidi, natalizi, ma fra questi anche qualche ripresa della strada vista dall’abitacolo di automobilisti bloccati da un’ incredibile ed ininterrotta fila di camion in colonna da Pergine a Borgo; camion che quotidianamente infestano la nostra bella Valle. Ci voleva la neve bianca ed immacolata che diventava improvvisamente nera nel momento in cui arrivava sulla strada, soprattutto lungo il tratto che costeggia il lago, per mettere in evidenza a quale tipo di inquinamento gli abitanti della nostra Valle siano sottoposti ogni giorno. Noi scriviamo spesso di questa grave situazione, che tuttavia non sembra interessare ai politici, da noi eletti con la speranza che ponessero rimedio a tale situazione; invece abbiamo visto che c’è una bancarella con la quale alcuni amministratori provinciali eletti in Valsugana girano nei mercati proponendo una raccolta firme per dire Si alla Valdastico. C’era un tempo in cui gli Amministratori avevano un’idea di futuro del nostro territorio, presentando progetti, proponendo soluzioni. Correvano gli anni 90, quando si pensava di collegare Levico con la Panarotta, tramite una funivia, evitando i traffici automobilistici. La funivia avrebbe potuto collegare anche il Lagorai, creando così un circuito

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quanto mai interessante anche per i paesi della Val dei Mocheni. Non se ne fece niente. Nel 2003 Albergatori , Apt locali, Amministratori pubblici hanno iniziato a rifare progetti di mobilità alternativa, questa volta fra Caldonazzo e Lavarone sempre con una funivia che ricalcasse gli antichi percorsi austriaci. Nel 2006 quindi abbiamo ufficialmente presentato il Gruppo “ Avianova”, del quale facevano parte le Amministrazioni di Lavarone, Luserna, e Caldonazzo, le Apt locali, operatori turistici delle due zone. Furono preparati progetti di Funivie, supportate poi da mezzi di trasporto elettrici, che avrebbero potuto portare gli abitanti dalla Valle agli Altipiani. Quest’idea nel tempo ha raccolto i consensi delle due zone, ma è sempre stata ignorata dagli Amministratori Provinciali del momento. Ora, i “nuovi amministratori, vogliono mettere in sicurezza la Valsugana ed i suoi splendidi Laghi, proponendo la minestra riscaldata della Valdastico che a detta di Zaia e dei nostri eletti,

renderebbe la valle più sicura e in cambio si rovinerebbero sia la Valsugana che la Valdastico. Fra quattro anni ci saranno le Olimpiadi che coinvolgeranno anche il Trentino Alto Adige. Chiedo: come ci presenteremo? Naturalmente con la grande “Asfaltatura” della SS.47, in alternativa ci sono tre proposte contraddittorie. Elettrificazione dell’attuale ferrovia; acquisto di treni con motori a idrogeno; treni elettrici a batteria. Non contenti riescono a miscelare i tre modelli di trazione visto che senza grande consumo di elettricità e spreco di batterie tutto si ferma. La più saggia appare ancora la vecchia RFI che insisterebbe per elettrificare, tratta per tratta, tutta la Valsugana, con un gran risparmio di spese. Ultima riflessione: perché coinvolgere gli abitanti della Valsugana in una raccolta di firme sulla fattibilità della Valdastico, mettendo una Valle contro l’altra. Gli eletti si assumano la loro responsabilità, ma infine mi domando: a chi giova tutto questo?


Vigolo Vattaro in cronaca

Un nuovo spazio di coworking a Vigolo Vattaro Dopo Levico e Tenna, Alta Valsugana Smart Valley prosegue l’apertura di spazi condivisi per studio e lavoro

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opo il successo riscontrato dall’apertura nel corso del 2021 di Hub Levico e Hub Tenna, è stato inaugurato a Vigolo Vattaro il nuovo spazio di coworking e community di Alta Valsugana Smart Valley. Il progetto, approdato anche sull’Altopiano della Vigolana, è nato dalla collaborazione tra Cassa Rurale Alta Valsugana ed Impact Hub Trentino. Hub Vigolo, si trova a Vigolo Vattaro, al piano superiore della locale filiale della Cassa Rurale e mette a disposizione di imprenditori, studenti e turisti un’ampia sala con 6 postazioni di lavoro, una sala riunioni/ufficio ed un’area bistrot. Il valore aggiunto della struttura è la centralità dello spazio, situata proprio nel cuore del paese, che consentirà di lavorare in ambienti comodi e versatili anche grazie ad un bel giardino esterno per alternare il lavoro ad una pausa caffè o a un momento di relax. All’incontro di presentazione di Hub Vigolo hanno partecipato i coworkers e i professionisti della community di Alta Valsugana Smart Valley, il Presidente e Vicepresidente della Cassa Rurale Alta Valsugana Franco Senesi e Giorgio Vergot, il Vicepresidente della Federazione Trentina della Cooperazione Germano Preghenella, il Sindaco del Comune dell’Altopiano della Vigolana Paolo Zanlucchi con l’Assessore alle Politiche sociali Jessica Dellai ed il Presidente di Impact Hub Trentino Dalia Macii. Per il Presidente della Cassa Rurale

Alta Valsugana Franco Senesi: “Fin dalla sua nascita, la mission di Alta Valsugana Smart Valley è stata la Condivisione, intesa non solo come comunione dello spazio di lavoro ma soprattutto di idee, progetti, collaborazioni e partnership fra i professionisti che entreranno a far parte ed amplieranno la community. Mettere a disposizione gli spazi della Cassa Rurale Alta Valsugana come abbiamo sinora fatto, è la dimostrazione di come sia possibile mettere in rete le necessità e le richieste provenienti dalle nostre comunità con le capacità presenti sul territorio”. Nell’occasione sono state presentate le partnership fra Alta Valsugana Smart Valley e My Orango, Smace, Vitinera. Lo spazio aperto a Vigolo Vattaro fa parte della rete provinciale Coworking in Cooperazione. “Il progetto coworking inCooperazione – ha sottolineato il Vicepresidente della Federazione Trentina della Coope-

razione per il settore produzione lavoro e servizi, Germano Preghenella – si basa su tre pilastri: sostenibilità ambientale, sostenibilità economica e vicinanza alle comunità e al territorio. Fare rete e mettere a fattor comune i punti di forza di un territorio è nello spirito della Federazione e della Cooperazione Trentina in generale”. L’evento è stato trasmesso anche online sui canali social della Cassa Rurale Alta Valsugana e di Impact Hub Trentino.

Nella foto in ordine da sinistra a destra: Germano Preghenella Vicepresidente della Federazione Trentina della Cooperazione Dalia Macii Presidente di Impact Hub Trentino Ilaria Petrone Coordinatrice progetto Alta Valsugana Smart Valley Franco Senesi Presidente della Cassa Rurale Alta Valsugana

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Attualità di Patrizia Rapposelli

FENOMENO BABY GANG BABY CRIMINALI TIRANNEGGIANO I GRANDI CENTRI Delinquenza minorile, tra devianza e criminalità, è allarme

Pericolo minorenni: il 6,5 per cento fa parte di una banda, il 16 per cento ha commesso vandalismi, sono Baby Gang o baby criminali. In molte città è emergenza criminalità di giovanissimi. Milano, Bologna, Roma, Napoli, Parma tiranneggiate da bande delinquenziali minorili; preoccupa la criminalità di gruppo che lega i più giovani. Un allarme che cresce, segno di un grave disagio sociale.

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e Baby Gang sono un fenomeno criminale, ma anche fatto sociale dilagante. Furti, spaccio, detenzione di stupefacenti, risse e stupri, sono reati e non bravate adolescenziali. È una microcriminalità che si sviluppa e diffonde nei contesti urbani. Protagonisti i minori riuniti per commettere crimini. Non è avventato parlare di aggregazione patologica dal comportamento antisociale. Il fenomeno delle Baby Gang ha origine tra gli anni 50-70 negli Stati Uniti, nei cosiddetti “slums”, quartieri poveri e degradanti delle metropoli. Le pellicole Hollywoodiane li fanno entrare nell’immaginario collettivo con storie di ragazzi di strada violenti e ribelli. Le tipiche gangs con una gerarchia, un leader, il controllo di un territorio, le rivalità e gli scontri con bande rivali. Fatte di simboli e linguaggi propri. Legate ad aree problematiche per povertà, mobilità e eterogeneità razziale. Il problema esiste da sempre, anche in Italia, da Nord a Sud, seppur con delle differenze, oggi fa clamore. Anche perché il fenomeno trova terreno fertile nei contesti degradati, ma ricordiamo che attualmente una percentuale alta afferisce ai contesti di estrazione sociale medio-alta. Sicuramente i social gonfiano la situazione, rendendola emergenziale, così come i media, ma la realtà è preoccupante. Non tutte le violenze sono ascrivibili a questo fenomeno, spesso,

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generalizzando, viene attribuito l’appellativo Baby Gang in modo poco appropriato. Infatti, pure in Italia, periodicamente circolano appelli d’allarme sul fronte bande giovanili, ma il problema è articolato. Certo, gli episodi di questi ultimi tempi dovrebbero far rizzare le orecchie a famiglie, Istituzioni e scuole. Baby gang o meno sono baby criminali. Ad alcuni non piace attribuire tale termine al minore. Attorno all’adolescente l’homo ipermoderno o il genitore, trova giustificazioni e scusanti. Il giovane tende ad essere deresponsabilizzato. Questa trascuratezza certamente non aiuta la criticità tipica dell’età. Da cosa dipende il crescere della violenza giovanile? Non di rado si è parlato delle implicazioni della pandemia, della Dad, della mancanza di stimoli. Può darsi, ma sociologicamente non si può non osservare che sono pseudo-spiegazioni, che si limitano a dare un nome a un fenomeno di cui non si è in grado di ricostruire i meccanismi effettivi. La cronaca mette l’accento sul fermento di una “nuova cultura giovanile” che tende al conflitto con la cultura

Bulli e baby gang (da Avvenire)

dominante e l’autorità, famigliare e istituzionale. Fioriscono questioni di fondo legate al vivere sociale. Fattori di rischio e di protezione, il rapporto fra libertà e responsabilità, il significato delle relazioni sociali, il valore. Tutti punti che concorrono ad un’ampia riflessione del fenomeno. Al di là delle frustrazioni e delle situazioni famigliari problematiche, citando E. Sutherland, il comportamento criminale è appreso secondo una forma di conformismo. Si diventa devianti per contatto con modelli devianti. Di teorie ne esistono molte, ma tutto fa pensare che l’attualità è di fronte a ragazzi che hanno perso il contatto con le regole sociali e la regolazione emotiva. Allo stato attuale, soprassedendo alle possibili cause, i baby criminali sono spia di un disagio collettivo. Che, sia un problema della cultura progressista?


Economia e Sport di Emanuele Paccher

L’impatto economico delle Olimpiadi

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el 2026 i giochi Olimpici e Paralimpici invernali si svolgeranno in Italia, a Milano – Cortina d’Ampezzo. Ma ospitare i giochi porta sempre a conseguenze positive per le città ospitanti? Occorre considerare più aspetti, partendo da quello pubblicitario sino ad arrivare a quello strettamente economico. Da sempre le città competono tra loro per attirare maggiori flussi finanziari e turistici. Un grande evento come le Olimpiadi è un utilissimo strumento di marketing per il territorio, per attirare investimenti a livello mondiale. Un aspetto di non secondaria importanza è poi il fatto che un grande evento può essere utile per promuovere eventi minori, già presenti sul territorio o nuovi, ospitandoli in contemporanea. Uno studio francese del 2009 mostrò che un grande evento è un fattore di crescita e rilancio, contribuendo a migliorare l’immagine del territorio ed a valorizzarne il patrimonio. E cosa dire riguardo all’espetto prettamente economico? Uno studio

americano del 2016, apparso sul Journal of economic perspective, ha dato evidenza di una realtà ben deludente: solo a Los Angeles, nel 1984, l’Olimpiade riuscì a incassare più di quanto si era speso. A grosse linee un’Olimpiade costa, per la città che la ospita, circa 12 miliardi, a fronte di circa 4 miliardi di ricavi, comprensivi di biglietti, sponsor e diritti tv. Ma queste sono solo stime: Pechino 2008 costò 45 miliardi, Sochi 2014 addirittura 51 miliardi (record di sempre). C’è poi da considerare un altro aspetto: in nessun caso nella storia delle Olimpiadi si è riusciti a rispettare i preventivi per la costruzione delle infrastrutture necessarie, sportive e non: lo sforamento medio è del 179%. Una grossa partita si gioca sul dopo Olimpiadi. I giochi di Barcellona 1992 permisero alla città di cambiare volto e di moltiplicare le presenze turistiche. Si pensi che nel 2002, dieci anni dopo lo svolgimento dei giochi, Barcellona è riuscita a battere Madrid per le presenze turistiche estive. Ma non sempre, anche da questo

punto di vista, i giochi portano ad un vantaggio: ad esempio a Londra durante l’estate del 2012 si registrarono meno turisti del solito. Probabilmente la ragione sta nel fatto che Londra, di suo, registra un numero incredibilmente alto di turisti, i quali, almeno in parte, evitarono di visitare la città nel bel mezzo della fiumana olimpica. In conclusione, si può azzardare a dire che per città con una grande storia, una grande tradizione e un grosso potenziale inespresso le Olimpiadi possono essere veramente un’occasione da non perdere. Ma bisogna essere consci del fatto che i ritorni economici arrivano molti anni dopo, e che nel breve termine i costi da sostenere saranno ben maggiori delle entrate.

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Cose dal mondo: Mamma li Turchi! di Guido Tommasini

TURCHIA: ERDOGAN LO STRATEGA MUSULMANO

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ul bordo esterno della linea di demarcazione Europa – Asia c’è anche la Turchia: Stato islamico ma anche membro della Nato, Stato asiatico ma con un’ enclave europea. E’ indubbio che da qualche anno l’indirizzo politico della Turchia stia provocando contraddizioni nella Nato stessa , la quale era stata già posta nel 2019 di fronte al fatto compiuto del suo intervento nell’alta Siria contro i curdi dell’YPG i quali erano appoggiati dagli americani ed avevano strappato quel territorio all’Isis. Oltretutto i turchi hanno poi emarginato politicamente l’ YPG combat-

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tendo direttamente quanto restava dell’Isis, che avevano inizialmente favorito in funzione anti -Assad Con una buona approssimazione, la posizione della Turchia nella Nato oscilla fra quella della Francia di De Gaulle e quella di un emergente – Voyou State (Stato – canaglia, secondo la politologa Dorothee Schmid ). E tutto ciò tenendo conto che la Turchia è essenziale per gli USA in funzione anti Iran. Del resto, abbandonata l’idea del suo ingresso nell’Unione Europea, la Nato resta il fondamentale ancoraggio turco all’Occidente.

Andando con ordine nello scenario, bisogna premettere che dietro la Turchia c’è un campo strategico dove si aprono più problemi come quelli di stabilità degli Stati, della tenuta dei confini, dell’affrontamento indiretto Russia -USA e non ultimo quello dei migranti. La Turchia attuale guidata dal fratello musulmano Erdogan, è il risultato di un percorso storico che parte dalla caduta dell’Impero Ottomano(”L’uomo malato d’Europa”) nel primo Novecento ed è poi continuato con l’instaurazione del ridotto Stato laico anatolico di Ataturk, il quale viene ora superato dalla politica religiosa di Erdogan che s’ispira ad una restaurazione del precedente Impero. Su questa base Erdogan ha appoggiato e finanziato tutte le insurrezioni e guerre di stampo sunnita: in primo luogo quella degli insorti siriani(assieme al Qatar). Inoltre supporta i talebani afgani, aiuta militarmente gli azeri musulmani contro gli armeni cristiani ed in un primo momento aveva appoggiato anche l’Isis. Ha occupato il cosiddetto Firat Kalkani(Scudo dell’Eufrate), una fascia di territorio siriano e questo non solo per contenere i curdi contando anche sull’alleata Armata Siriana Libera(ASL), un patchwork(mosaico) eteroclito di una trentina di fazioni ma anche per creare un’ enclave sunnita che ripristini il passato ottomano imponendo la sola religione musulmana a dispetto di tutte le minoranze curde, yhazide, cristiane aramaiche e melquite, sciite, shabacks, alauite ed addirittura pretendendo di farsi finanziare quest’operazione dall’Europa con la scusa di


Cose dal mondo: Mamma li Turchi!

Recep Tayyip Erdoğan

collocare nella fascia i profughi siriani che ora stanno in Turchia. A livello culturale diffonde i modelli ottomani nella cosiddetta Dorsale Verde (Bosnia – Albania – Kosovo) e questo soprattutto prendendosi spazi televisivi con telenovelas che s’ispirano ai tempi d’oro dei sultani e padiscià turchi. Tutto ciò lo attua con il sostegno del Qatar in quanto quell’emirato è molto

affine all’Organizzazione dei Fratelli Musulmani alla quale appartiene Erdogan. A Doha c’è fra l’altro una base militare turca e proprio il Qatar è stato il primo paese a dichiararsi solidale con Erdogan in occasione del fallito colpo di stato contro di lui. Due parole sull’organizzazione “Fratelli Musulmani” che con riferimento alla Turchia, date le reciproche affinità svolge un’attività da quinta colonna ideologica sostenendo Erdogan. A livello europeo si espande bene soprattutto in Francia dove ormai è in grado di egemonizzare la comunità musulmana ponendosi come interlocutore unico fra la stessa ed i pubblici poteri attraverso un apparato di élite universitarie e mediatiche. Sulla scacchiera turco-siriana la Turchia è un elemento cardine per la strategia russa(la Russia ha fornito alla Turchia il sistema di difesa S 400) ed Erdogan del resto è in grado di destreggiarsi nel gran bazar diplomatico come dimostra la partecipazione turca al cosiddetto – Processo di Astana –(Kazakistan) dove fra Russia ed Iran si pianificava

già dal 2016 la ricerca di soluzioni per riportare la pace in Siria e questo al di là delle trattative ufficiali di Ginevra. Così i turchi sono entrati di fatto nel grande gioco levantino assieme ad USA, Russia ed Iran. Per quanto concerne il Mediterraneo, in quel mare la Turchia rivendica un’inesistente diritto di fare ricerche petrolifere nelle acque di Cipro e nel canale fra Cipro e Creta intralciando anche l’ ENI, mobilitando navi da guerra e provocando infine la reazione di ben sette paesi europei che si sono uniti in un consorzio per fermare i turchi. Inoltre la Turchia rivendica anche le isole del Dodecanneso greco pretendendo addirittura di cambiare i confini marittimi. Per finire la Turchia sta ormai prendendo campo nella Libia di Serraj con il sunnismo di marca turca per poi potersi inserire nella gestione delle risorse petrolifere con la possibilità di un accordo che le permetterà di iniziare anche le proprie esplorazioni nelle acque limitrofe. La Turchia, Stato membro della Nato ha ora una politica estera a tutto campo con un Erdogan biscazziere nelle partite levantine, egemonico in quelle libiche, aggressivo nel Mediterraneo, prevaricatore con i profughi siriani ed epigono ottomano nei Balcani. Niente sembra più funzionare fra la Turchia ed i paesi occidentali.

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Il Teatro del Mondo di Laura Mansini

SHAKESPEARE ITALIANO FORSE VENETO

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uesta riflessione, che avrebbe fatto inorridire gli inglesi, ce la pose Fabio Storelli (Roma 1937-Trento 2011) autore, sceneggiatore regista della Rai; fra le sue regie più apprezzate ci piace ricordare lo sceneggiato televisivo dei primi anni 70, “Le sorelle Materassi” di Aldo Palazzeschi. Eravamo ad una Castagnata fra amici e Fabio, personaggio quanto mai interessante e divertente, grande affabulatore, al ritorno da una trasferta teatrale nel Veneto se ne uscì con questa riflessione. Naturalmente tutti fummo sorpresi e divertiti dalla sua uscita, fatta con molta serietà. Iniziò col dirci che, tradotto dall’inglese, Shakespeare vuol dire “Scuoti scene” o “ Scuoti lancia”; potrebbe essere stato, quindi, un soprannome dato ad una compagnia di Attori della commedia dell’arte italiani andata in Inghilterra. Forse

una compagnia veronese, vista la conoscenza dei luoghi, la descrizione dei castelli delle colline. Certamente la provocazione di un amico innamorato come noi di Shakespeare. Fu infatti una serata divertente ed interessante dove contrapponemmo le nostre teorie che lo accusavano di essersi fatto influenzare dalla cultura romantica del ‘700 e ‘800 , la quale aveva costruito varie storie attorno alla figura di Shakespeare; si diceva infatti che dietro questo nome si celassero nobili come Lord Southampton che lo presentò alla regina Elisabetta, oppure attori italiani, come Florio. La tesi Romantica del genio che si era fatto dal nulla e che poteva avvallare le ipotesi più bizzarre come appunto essere un fenomeno senza radici, scoppiato all’improvviso miracolosamente, che addirittura venisse dalla commedia dell’Arte italiana si

Verona il balcone di Giulietta e Romeo

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William Shakespeare

infrange contro la grandezza della sua genialità. Gli storici hanno, infatti, affermato con sicurezza che William era nato a Stratford-on-Avon nel 1564 da famiglia benestante. La madre, Mary Arden discendeva da un’antica famiglia di proprietari terrieri, di fede cattolica come il padre, commerciante e coltivatore di orzo e legname. Il giovane Shakespeare dapprima condusse una vita agiata e frequentò la Grammar Scool locale, studiando grammatica e latino, ma a quindici anni dovette abbandonarla, causa dissesti finanziari del padre, probabilmente dovuti alla fede cattolica. A 18 anni sposò Anna Hathaway, di otto anni più grande di lui, dalla quale ebbe tre figli. Si racconta che per difficoltà finanziarie verso il 1586 si sia trasferito a Londra. I più maligni dicevano per liberarsi del peso famigliare, in realtà andò a Londra per cercare un lavoro che lo aiutasse sia psicologicamente che finanziariamente. Le notizie dico-


Il Teatro del Mondo no infatti che non fece mai mancare aiuti alla famiglia. Si racconta che fu garzone di macellaio ed è stato tramandato l’aneddoto della sua grande eloquenza nel rivolgere agli animali macellati una sorta di rituale elogio funebre. Il suo primo lavoro a Londra lo trovò presso l’impresario teatrale James Burbage, proprietario del “Theatre”. Dopo l’inizio, come servo di scena, ben presto cominciò a recitare ed a cercare copioni adatti ad essere rappresentati dimostrando immediatamente le sue immense capacità. Come spiegare allora la conoscenza di Verona, delle sue chiese, delle colline e Castelli, di Venezia, di Padova, furono le prime domande che ci rivolse Fabio, riferendosi a “La Bisbetica domata” (1590/91), ”I due gentiluomini di Verona” (1590/91), “Romeo e Giulietta” (1594/95), lo straordinario “Mercante di Venezia, (1596/98) o la

tragedia della Gelosia per eccellenza, l’”Otello” (1602). Sappiamo che molti autori dell’età Elisabettiana ,come Marlove, King, e Shakespeare amavano la cultura italiana, leggevano le storie, le cronache, le novelle, non esclusi copioni della Commedia italiana (classica e dell’Arte). In realtà Shakespeare non inventò nulla. Col suo lavoro d’attore e di regista si impadroniva del lavoro altrui per rielaborarlo, ridurlo e trasformarlo a suo modo. Il risultato ? Opere o storie mediocri, divengono in mano sua opere d’arte e capolavori. L’originalità della tecnica, dello stile, che ancora ci affascina ed offre ai registi contemporanei la possibilità di sviluppare gli intrecci anche con tecniche, attualissime era quella che tutti i drammaturghi elisabettiani ed i loro predecessori avevano ereditato dal teatro medie-

vale. Lo stile di Shakespeare è tuttavia inimitabile e personalissimo tanto da farcelo apparire straordinario anche ai nostri giorni. Il Bardo, ad esempio in “Romeo e Giulietta” dramma giovanile, costruito con una certa inesperienza, ci racconta una storia d’amore fra due adolescenti, figli di famiglie rivali , che nasce da uno sguardo durante un ballo e che si sviluppa in poche ore, costruendo e donandoci la più romantica e straziante storia d’amore di tutti i tempi. Nulla è infatti comparabile alle scene sul balcone fra i due innamorati, che ha reso famosa Verona nel mondo. Come straordinaria e la figura del mercante Schylock , o Catina e Petruccio, senza dimenticare la folle gelosia di Otello e la perfidia di Jago. Su una cosa eravamo tutti d’accordo: Shakespeare può stare al Teatro, alla poesia, come Michelangelo alla scultura ed alla Pittura.

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Lo sapevate che... di Enrico Coser

Come è nato lo stemma della nostra Repubblica

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’emblema dello Stato italiano tazione di oltre 800 bozzetti realizzati - composto da stella, ruota da artisti e dilettanti vari. dentata, fronde di olivo e di La proposta di Paschetto per l’emquercia e nastro con la scritta “Repubblema della Repubblica Italiana era blica Italiana” - nacque in seguito a un caratterizzata da tre elementi portanconcorso bandito il 5 novembre del ti: la stella, la ruota dentata e i rami 1946, dopo che con il referendum del di ulivo e di quercia. Secondo il giugno precedente era stata scelta disegnatore e studiosi ed esperti di la forma repubblicana dello Stato Si grafia il ramo di ulivo simboleggiava aggiudicò la gara Paolo Paschetto, la volontà di pace della nazione, sia pittore, incisore, illustratore, docente nel senso della concordia interna di belle arti e disegnatore di francoche della fratellanza internazionabolli e banconote, nato a Torre Pellice le. Il ramo di quercia la forza e la (TO) nel 1885 e morto nel 1963. Per dignità del popolo italiano, mentre la cronaca ai primi 5 classificati fu la ruota dentata d’acciaio, simbolo assegnato un premio di 10mila lire dell’attività lavorativa, metteva in mentre Paolo Paschetto si aggiudievidenza il primo articolo della Carta cò ulteriori 50mila lire e l’incarico di Costituzionale: “L’Italia è una Repubpreparare definitivamente lo stemma blica democratica fondata sul lavoro”. della Repubblica Italiana. Alla fine di numerose modifiche da Parteciparono alla gara circa 350 proparte dei membri della Commissione, poste da tutta Italia, ma non essendo il bozzetto fu approvato dall’Assemstato selezionato un vincitore, si rese necessario un secondo bando nel giugno del 1947 al quale si iscrissero circa 200 bozzettisti. La regola principale, alla quale tutti dovevano attenersi, specificava che il bozzetto non doveva contenere nessun simbolo di partito e la necessità che nello stemma figurasse la Stella d’Italia. I due concorsi Il Presidente della Repubblica Enrico De Nicola videro la presen-

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blea Costituente il 31 gennaio 1948 e dopo la scelta dei colori definitivi, il 5 maggio 1948 il nuovo simbolo fu consegnato all’Italia grazie alla firma del Presidente della Repubblica Enrico De Nicola.

Paolo Paschetto


Italia agli Oscar di Katia Cont

Non c’è solo Sorrentino “È stata la mano di Dio” è il film di Paolo Sorrentino che è stato selezionato per rappresentare l’Italia agli Oscar 2022 nella sezione miglior film internazionale. Non è certo la prima volta che Sorrentino ci regala prestigiosi riconoscimenti: nel 2014, infatti, il suo film “La grande bellezza” vinse sia l’Oscar per il miglior film in lingua straniera, sia il “Golden Globe” per il miglior film straniero. Ma questa volta non ci sarà solo lui a rappresentare l’Italia il prossimo 27 marzo a Los Angeles. Massimo Cantini Parrini, anche lui non nuovo frequentatore della kermesse, ha infatti ricevuto la nomination per i costumi di “Cyrano” di Joe Wright, film per il quale ha realizzato delle splendide ed eteree creazioni. Il talentuoso costumista fiorentino è stato allievo di Pietro Tosi e ha esordito nel cinema accanto a Gabriella Pescucci, fedele collaboratore di Edoardo De Angelis, dei fratelli D’Innocenzo e di Matteo Garrone, che con Pinocchio gli ha regalato la prima candidatura. La nonna, una sarta fiorentina, lo ha avvicinato al fascino del costume e della sartoria, un imprinting fondamentale che lo ha portato a guada-

gnarsi la fiducia di personaggi illustri come il premio Oscar Piero Tosi, che lo ha avuto tra i suoi studenti al corso di costume. Lo stesso Tosi che lo ha condotto fino alla sartoria “Tirelli” come assistente costumista, dove ha incontrato il premio Oscar Gabriella Pescucci con la quale ha collaborato per circa dieci anni. L’ispirazione per le creazioni del “Cyrano” arriva da alcuni acquerelli settecenteschi, come ha raccontato lo stesso costumista in un’intervista al Corriere della Sera: «leggerezza e trasparenza per veder dentro l’anima dei quattro ceti del film, nobili, borghesi, militari e suore. Ho usato stoffe leggere, in un musical con scene di ballo tutto deve fluttuare. Ho lavorato in sottrazione per arrivare all’essenza: né ricami, né fiori, né stampe. Non ho messo un solo gioiello». «E’dal passato che mi vengono le idee, anche quando devo rappresentare il presente. - ha confidato - Inizio sempre buttandomi nei musei. Il presente mi fa orrore. E il futuro ancora di più”. La moda? “Ormai non esiste più - ha detto -. Tra gli anni ‘80 e 2000 c’è un mondo di stile completamente diverso. Adesso invece, “essere alla moda” significa avere l’ultimo modello di smartphone ed indossare vestiti vin-

Paolo Sorrentino

tage. Sulle passerelle ognuno fa quel che vuole….». Massimo Cantini Parrini se la dovrà vedere con una concorrenza assai difficile, visto che saranno candidati anche i costumi di “Cruella”, “Dune”, “La fiera delle illusioni - Nightmare Alley” e “West Side Story”. Il ministro della Cultura, Dario Franceschini, ha parlato di un “grande risultato per il cinema italiano, che si conferma in ottima salute e capace, con il suo genio creativo, di raccogliere pubblico e consensi a livello internazionale. Un grosso in bocca al lupo agli artisti italiani in corsa per la statuetta più ambita del cinema mondiale”

ERRATA CORRIGE In merito all'articolo “Il dolce suono della ninna nanna” pubblicato a pag.34-35, nel numero di febbraio 2022, precisiamo che al posto della frase del primo paragrafo di pagina 35 “un buon esempio lo troviamo nella melodia Gerlinde Heid, il cui testo è stato registrato a Fierozzo San Francesco in Val dei Mocheni da Renato Morelli...” è invece da leggere... “un buon esempio lo troviamo nella trascrizione di Gerlinde Heid di un documento sonoro che è stato registrato a Fierozzo San Francesco in Val dei Mocheni da Renato Morelli…” Quanto sopra per doverosa informazione.

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Musicando di Gabriele Biancardi

SANREMO

IL CROGIUOLO DI VOCI E NOTE

“C

hi vince festeggia, chi perde spiega”. Il motto inventato dal guru del volley, Julio Velasco lo possiamo applicare a questo festival di Sanremo dai numeri panciuti. Già, cinque serate che hanno fatto segnare picchi di ascolto da capogiro per i vertici Rai e per tutti coloro, Amadeus in primis, che lo hanno confezionato. Certo, qualcuno potrà obiettare e dire che la quantità non fa la quantità, anche ciò è vero, ma per coloro che vendono gli spazi pubblicitari durante la settimana, poco importa. I profitti legati al festival fanno sorridere fino alla paresi gli economi della tv di stato (si dice ancora?). Poi c’è la musica ovviamente. Non dobbiamo più ragionare nei termini di bella o brutta, ma di target. Oggi il target, il bersaglio in italiano, conta tantissimo e il festival, da anni direi, cerca di colpirne il maggior numero possibile. Ecco perché non dobbiamo stupirci di trovare Gianni Morandi e Iva Zanicchi, al fianco di Rkomi o Tananai. Si cerca di spaziare in un raggio anagrafico il più ampio possibile. Ami il cantautorato? Nessun problema! Ecco Giovanni Truppi, ti piace il reggaeton di Ana Mena, romanticismo che cola? Via di Moro/Elisa/Ferreri. Il tormentone è assicurato da La rappresentante di lista. La loro “ciaociao” ci farà compagnia molto a lungo. I giovani non ci sono più, o meglio, lo sono anagraficamente, ma tutti sanno già come si muove il carrozzone. Sangiovanni, Tananai, Yuman, Matteo Romano, sono coloro che viaggiano nelle classifiche. Che effettivamente hanno il tempo che trovano. Lo dimostra ampiamen-

te il “caso” Tananai. Ultimo al sabato sera, ma suonatissimo tra radio e spotify. Togliendo la classifica delle “nuove proposte”, può stridere l’accostamento tra Akaseven e Massimo Ranieri. Ma a pensarci bene, forse male non fa. Se la musica è davvero la forma di democrazia più genuina, perché inscatolare in categorie gli artisti? Certo, la bellezza sta nel commentare ogni serata, anni fa accadeva al mattino di fronte al caffè, ora sui social ovviamente, ma siamo tutti in quella settimana critici musicali, come all’occorrenza siamo allenatori e qualunque categoria venga chiamata in causa. Fermo restando quei duri e puri che “mai visto il festival, è brutto”, senza pensare allo strano ragionamento che lega le due cose. A me è piaciuto molto Rkomi, il suo pezzo è davvero “potente”, gira benissimo in radio e si muove bene anche in classifica. Poteva anche aspirare al podio, ma per quello ci sono altri discorsi da fare e non tutti sono eticamente corretti. Di solito, dopo la gara si raccolgono i frutti, che vuol dire serate e concerti. Il clima di pandemia tiene tutti con il fiato sospeso, sarebbe un peccato non poter andare a ballare con D’argen D’amico o la strana accoppiata Rettore/Ditonellapiaga. Il festival però ha un vincitore, o meglio, una vincitrice assoluta. Drusilla Foer. Una signora agè, elegantissima, ironica. Portata al successo da

un attore intelligente come Gianluca Gori, nella sua serata ha preso pieno possesso di tutto il suo talento. Lo dimostra come la sua tourneè, nei giorni successivi, ha preso un picco pazzesco. Sold out ovunque, anche a Trento. Ora, a conti fatti, Amadeus dovrebbe fare come la Pennetta. Vinse gli open di New York di tennis e nel discorso post vittoria, diede addio allo sport. Immagino che non sia facile ma un quarto festival monogestionale potrebbe essere fatale. Mi piacerebbe un nome davvero fuori dagli schemi, Gepi Cucciari, Favino... artisti che magari poco hanno a che fare con la musica, ecco perché Ama potrebbe fare da direttore artistico, ma che porterebbero linfa nuova. Chiudo con una triste annotazione per noi addetti ai lavori. Per il secondo anno, le interviste sono state fatte in remoto, togliendo il gusto di avere di prima mano le emozioni che indubbiamente Sanremo ancora regala. So che ci sono categorie che hanno sofferto, che hanno perso tanto se non tutto. Ma il ritorno alla normalità per noi vuol dire anche continuare a fare il nostro mestiere nel migliore dei modi. Guardiamo avanti imparando dal vissuto.

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Come eravamo: lavori di un tempo

di Marta Bazzanella e Luca Faoro*

CON IL FILO E CON L’AGO Storie ritrovate di maglie, vestiti, ricami

V

ogliamo soffermarci in queste pagine su una delle cinque storie presentate alla mostra “Con il filo e con l’ago. Storie ritrovate di maglie, vestiti, ricami” allestita presso il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina a San Michele all’Adige: quella di Teresina Marchi, merlettaia di Borgo Valsugana. Teresina Marchi fu merlettaia professionista a Borgo Valsugana. Poco sappiamo della sua vita privata: nata negli anni Ottanta dell’Ottocento, frequentò la scuola di merletto di Borgo nel primo dopoguerra. Le tecniche così apprese, unite all’abilità nel cucito e nel ricamo, le permisero di realizzare manufatti completi, differenziandosi da molte altre merlettaie dell’epoca, che producevano pizzo a metratura, senza rifiniture, per le sartorie e i negozi del tempo. Pare che Teresina Marchi non vendesse ai commercianti, ma lavorasse piuttosto su commissione diretta delle clienti, che ordinavano tovaglie, centri, colletti, tende e inserti per i tessili domestici, curati e perfezionati anche nelle cuciture e nei dettagli ad ago. Secondo le testimonianze orali raccolte da Irene Fratton (stagista presso il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina nel 2018 e autrice della tesi di laurea specialistica “Ho ‘mparà quela volta ala scòla dei pizzi… Storie di allieve e maestre delle scuole di merletto del Trentino” presso l’Università di Venezia), Teresina realizzò anche alcune decorazioni per paramenti sacri e una tovaglia per l’altare del Sacro Cuore nella chiesa della Natività di Maria, a Borgo. I lavori originali della nostra maestra mer-

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Come eravamo: lavori di un tempo

lettaia sembrano però essere ormai perduti. Sono stati ritrovati invece i modelli per merletto che lei disegnava di suo pugno: si tratta di ben 196 fogli di carta oleata, di varie dimensioni, che riportano i disegni e talvolta le istruzioni per l’esecuzione della lavorazione e che sono esposti in mostra al Museo di San Michele. Essere in grado di progettare dei modelli personalizzati non era comune per le merlettaie di quel periodo: il disegno tecnico era insegnato raramente nelle scuole di pizzi, ma soprattutto non era incoraggiata l’iniziativa personale. Teresina era invece un’artigiana a

tutto tondo, curava ogni sua realizzazione nei minimi particolari, dall’ideazione e progettazione del lavoro, all’esecuzione, alla rifinitura e infine alla vendita dei merletti. Una fortuita coincidenza ha voluto che insieme ai disegni fossero ritrovati anche i tomboli di Teresina: prima della sua morte, avvenuta negli anni Quaranta, lei stessa li aveva donati a una famiglia di Borgo, le cui figlie hanno a lungo lavorato il merletto a fuselli; con il passare degli anni e nella consapevolezza che ormai la loro arte, con tutto il suo bagaglio tecnologico, stava tramontando, Carla

e Maria Antonietta Pasqualini di Borgo Valsugana hanno voluto che fosse il Museo degli Usi e Costumi della gente Trentina a conservare lo strumentario tecnologico di Teresina e parte dei suoi disegni. Nata da una collaborazione tra il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina e la Casa degli Artisti di Canale di Tenno, la mostra Con il filo e con l’ago. Storie ritrovate di maglie, vestiti, ricami è un progetto corale avviato per far dialogare tradizione e innovazione partendo da una materia prima semplicissima, il filo, che intrecciato per mezzo di uno strumento altrettanto semplice, l’ago, può dare vita a innumerevoli e pregevoli manufatti. Un’occasione per aprire e valorizzare i depositi del Museo di San Michele, e non solo per presentare allo sguardo del pubblico oggetti che fanno parte del locale patrimonio etnografico, ma anche per far riemergere una storia dimenticata: quella di donne e uomini che hanno fatto della padronanza di un’arte millenaria, come quella eseguita con il filo e con l’ago, una professione. Troviamo esposti i lavori della magliaia Narcisa Pedrotti di Trento, del sarto Albino Borga di Tuenno, della merlettaia Teresina Marchi di Borgo Valsugana, delle ricamatrici Caterina Bellotti e Pulcheria Marcolini di Varignano di Arco. Artigiani di cui il Museo conserva una parte degli strumenti di lavoro e dei quali, grazie alla ricerca sul campo, è stato possibile recuperare brani di una vita di passione e dedizione al proprio mestiere. *La mostra Con il filo e con l’ago. Storie ritrovate di maglie, vestiti, ricami, curata da Marta Bazzanella, Luca Faoro e Irene Fratton è stata inaugurata lo scorso 22 dicembre e sarà visitabile fino al 17 aprile 2022 con orario 9-12.30 e 14.30-18. Chiuso i lunedì non festivi.

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Fra storia e leggenda di Fiorenzo Malpaga

Il Castello romano di Tenna e il passaggio di Ponzio Pilato

L

a presenza di un castello di epoca romana, edificato nel 47 d.C e distrutto dai Longobardi nel 590 d.C. nella piana da sempre denominata del “Castellar” a Tenna, è riscontrabile in diverse fonti storiche, oltre che in tracce fisiche di fondamenta presenti sul terreno fino a qualche decennio fa. (storico Brida Luciano 1993) Le fonti principali sono riferibili alle ricerche documentali degli storici Desiderio Reich, nato nel 1849 e Carlo Auserer nato nel 1844. Il Reich, in un documento del 1906 descrive la zona appunto del “Castelar”, dove era edificato il Castello in epoca romana. Della presenza del Castello riferiva anche il Montibeller, storie sulla Valsugana, tratta dall’archivio Hippoliti. Pare che i sassi ricavati dalla distruzione del Castello siano serviti a costruire le prime abitazioni di Tenna, (Mottes 1963:17). Peraltro lungo la collina di Tenna passava, senza ombra di dubbio, la strada romana Claudia Augusta Altinate, che partendo da

Brenta asfalto copre selciato romano Scorcio attuale di via Claudia Augusta Altinate

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Gesù e Ponzio Pilato

Quarto d’Altino vicino a Venezia saliva verso Feltre, attraversava la Valsugana e a Trento si ricongiungeva con la strada romana che proveniva da Verona (Claudia Augusta a Pado) e si dirigeva poi verso Bolzano, Merano, passo Resia per giungere ad Ausburg (Augusta in Germania). Nel 1878 venne rinvenuto nei vigneti sotto

Tenna un miliare romano (vedi foto), unico in Trentino, con inciso XXXXI milia romane (il milio corrispondeva circa a 1,5 km), distanza di circa 60 km che separa Tenna da Feltre. La strada percorreva la collina, sopra il lago di Caldonazzo, salendo da Brenta, nella parte bassa del paese di Tenna, verso Campolongo e Ischia.

Brenta indicazione strada Romana


Fra storia e leggenda Tenendo conto che il livello del lago era più elevato e il fondovalle acquitrinoso, le strade venivano appunto realizzate lungo le dorsali collinari ed i fianchi stabili. La strada, nella sua configurazione, presenta le caratteristiche tipiche delle strade romane; larghezza 160-180 cm cm tracciato lineare con leggere salite e tratti pianeggianti, idonea al passaggio di carri trainati da cavalli; nel tratto presso Brenta salendo verso Tenna erano presenti, fino agli anni settanta, “lacerti dell’antico basolato stradale… ricoperti da uno strato di asfalto per esigenze agricole” Brida Luciano “Tenna cenni storici”, ed Amici della Storia Pergine Valsugana .Lungo queste vie, i Romani costruivano delle torri e dei castelli, in zone idonee e con ampia veduta, con scopi militari o per consentire la sosta dei viandanti, come appunto quello esistente nella località “Castelar” di Tenna. E veniamo alla leggenda secondo la quale Ponzio Pilato, procuratore romano della Giudea dal 12 al 36 d.C., avrebbe soggiornato nel Castello di Tenna nel transito lungo la Claudia Augusta Altinate. Il famoso Prefetto,

Miliare romano a Tenna

Miliare romano - Descrizione

citato nei vangeli nel processo contro Gesù, nonostante avesse la fama di uomo crudele e spietato, affermò di non riscontrare alcune colpa nel comportamento del Messia, al punto di “lavarsi le mani “ per rimarcare la propria estraneità alla condanna, poi attuata dai Giudei. La leggenda non è del tutto inverosimile. E’ credibile infatti che Pilato abbia percorso, come governatore, la strada romana che partendo dal porto di Quarto d’Altino (Venezia) portava nella bassa

Germania. L’impero romano in quel periodo che vede imperatore prima Cesare Augusto Ottaviano e successivamente Tiberio, comprendeva tutta l’area del Mediterraneo, la Germania, la Francia e l’Inghilterra e quindi per raggiungere queste destinazioni la via più breve era via mare fino a Venezia e poi la strada consolare lungo la Valsugana. Quindi è possibile, e non del tutto infondato, che Ponzio Pilato abbia percorso questa strada per raggiungere le remote regioni del nord dell’impero Romano, e che abbia sostato, seppur per un breve periodo, al “Castelar” di Tenna. Non vi sono riscontri storici o documentali della sosta a Tenna; peraltro, tutte le leggende, le storie popolari, (vox populi vox Dei) che si tramandano nei secoli, possono avere un qualche fondamento di autenticità.

Piano del Castelar a Tenna

Fonti consultate: Cenni storici di Tenna manoscritto di Enrico Malpaga Tenna cenni storici ed. Amici della Storia Pergine 1993 Publistampa Storia di un colle don Enrico Motter 1963 Sulla via Claudia Augusta Altinate casa ed. Panorama 1998 Trento I Castellieri preistorici del Trentino Tullio Pasquali Publistampa 2010

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Il personaggio di Nicolo’ Marco Perinelli

THOMAS DEGASPERI Dal lago di Caldonazzo alle acque della Florida

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ue volte Campione del mondo di sci nautico, otto volte Campione europeo, 26 vittorie in Coppa del Mondo, oltre 70 podi in lega Pro: sono i numeri di Thomas Degasperi, trentino classe 1981, che ha mosso “le prime onde” sulle acque del Lago di Caldonazzo. Formandosi nello Sci Nautico Trento, fondato a Tenna dal padre Marco, noto allenatore, insieme alla moglie Traudi, è specialista nello slalom. Oggi vive tra Orlando, in Florida, dove si allena e trascorre i mesi invernali gestendo una propria scuola, e Trento, dove abita la sua famiglia che ancora oggi gestisce la sede del club a Tenna. Ogni estate, durante la pausa dalle gare, torna sul suo lago, per solcare le acque che lo hanno visto crescere e mettere a disposizione la sua esperienza e la sua professionalità ad atleti ed appassionati che arrivano da tutto il mondo. Lo abbiamo incontrato durante una breve visita in Trentino, poco prima dell’avvio della stagione che lo vedrà impegnato prima in Messico, poi in Australia. Thomas, lo sci nautico ti scorre nel sangue, una passione che ti ha portato a risultati eccezionali. Ricordi la tua prima volta? Di sicuro è una passione che non morirà mai, lo sci nautico è nel mio DNA. Mi ha insegnato a crescere a diventare uomo ed a affrontare ogni problema della vita. Ho un ricordo un po’ vago di quel giorno ma di sicuro ricordo i primi anni sugli sci. Ero piuttosto sovrappeso, mi piaceva come un gioco e sicuramente non pensavo che sarebbe diventato la mia vita . Sono sicuro che il motivo che mi ha portato

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Il personaggio ad innamorarmi di questo sport sia stato il modo in cui mio padre mi ha insegnato ad apprezzare le cose e lo sport. Con la sua pazienza e calma mi ha fatto innamorare di questa attività. L’incoraggiamento di mia mamma negli anni ha fatto sì che io non mollassi mai. Con il suo modo di farmi fiducia ed equilibrio sono riuscito sempre a guardare avanti. Senza di loro non sarei nemmeno la metà di quello che sono oggi e lo devo tutto a loro. Questo sport mi ha dato la possibilità di viaggiare il mondo, imparare nuove culture, conoscere nuove persone ma soprattutto mi ha fatto imparare i veri valori. Per la famiglia, mi sono avvicinato molto a loro e a mio fratello negli anni e sono fiero e orgoglioso di fare parte di questa famiglia. La tua carriera è un susseguirsi di successi: quali sono le caratteristiche che ti hanno permesso di raggiungere questi risultati e come è cambiato questo sport nel corso degli anni? Di sicuro la costanza nell’allenamento, la preparazione in acqua e a terra, ma penso che il fattore più importante sia stato lavorare tanto su come affronta-

re le gare con la testa. Mia zia Mariella, dottoressa in psicologia , è stata la marcia in più che mi ha dato La possibilità di riuscire a gestire le emozioni ed essere consapevole delle mie abilità tramite una forma di rilassamento mentale e meditazione. Da un piccolo lago alpino ai campi di gara più prestigiosi del Mondo. Nel corso degli anni hai conquistato i podi più importanti ed anche nell’anno appena trascorso hai conquistato titoli iridati. Quale legame hai oggi con il Lago di Caldonazzo e con il Trentino? Il Trentino e soprattutto il lago di Caldonazzo sono i posti più importanti della mia vita. Lì trovo la mia famiglia le mie origini I miei amici, i miei ricordi e la mia scalata al successo. Quando

torno a casa, mi sento come rinato e non ci sono laghi al mondo con un panorama del genere, acqua e aria pulita , le montagne sullo sfondo. Nel corso degli anni ho fatto conoscere il nostro lago a migliaia di persone provenienti da tutto il mondo dagli Stati Uniti all’Australia, dalla Russia alla Cina, dal Cile al Canada e tutti lo hanno trovato uno dei posto più affascinanti al mondo per allenarsi sugli sci e trascorrere una vacanza. Tra gli obiettivi dell’attuale amministrazione di Tenna, la riqualificazione della sponda orientale e, in collaborazione con il Coni Trentino, della sede dell’Associazione. Come vedi questo progetto sul nostro lago? Tutte le persone che hanno avuto la possibilità di venire ad allenarsi sulle nostre acque hanno apprezzato il luogo, il cibo, le nostre tradizioni. E’ un posto unico: non ci sono più molti bacini naturali dove si possa praticare questo sport e avendo la possibilità di farlo in Trentino, con le montagne e senza altre imbarcazioni con motori superiori ai 4 Cv, è una caratteristica cosa fondamentale. Mi piacerebbe molto continuare il sogno dei miei genitori che hanno dedicato la loro vita a questo centro. Essendo l’unico in Trentino-Alto Adige, un aiuto da parte della Provincia sarebbe vitale per continuare e risolvere i vari problemi della sede,, a partire dai parcheggi, scale, servizi ecc, solamente per rendere il centro più accessibile e attrarre sempre più persone.

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Castello Tesino in cronaca di Francesco Zadra

Scavi archeologici sul dosso di S.Polo

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egli ultimi mesi chi avesse avuto la ventura di passeggiare sul dosso di S.Polo per smaltire qualche chilo di troppo o visitare i propri cari nell’adiacente cimitero si sarà sicuramente imbattuto in un curioso accampamento. Quello che potrebbe sembrare un set cinematografico è in realtà uno scavo archeologico, capitanato non da Indiana Jones ma dal prof. Emanuele Vaccaro, docente di archeologia presso l’università di Trento. A partire dall’estate del 2021 Vaccaro e il suo entourage hanno condotto una serie di scavi con dei risultati notevoli quanto inaspettati. Già in passato la zona fu interessata da simili interventi: nel 1862, quando il colle venne spianato per realizzare il cimitero, vi furono dei fortuiti ritrovamenti, seguiti, oltre un secolo dopo, da una campagna ad hoc (1961-1980) che mise in luce il potenziale storico-archeologico del sito. “Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza la costruttiva sinergia - puntualizza Vaccaro - creatasi tra l’università di Trento, la PAT e il comune di Castello Tesino”. Sinergia che, oggigiorno, è fondamentale per fronteggiare la scarsità di risorse economiche e mettere in comunicazione le diverse competenze scientifiche di cui la ricerca archeologica necessita. Il lavoro non si esaurisce infatti con lo scavo: seguiranno, nei mesi a venire, delle ricerche in laboratorio nel tentativo di ricostruire economia, alimentazione e abitudini degli antichi abitanti del Dosso, grazie a un connubio di “skills” che spaziano dalla numismatica alla geologia.

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Prima di iniziare ad operare è stata eseguita un’indagine geoelettrica e una rilevazione termica con l’intento di “mappare” il Dosso. L’ausilio delle più moderne tecnologie, droni in primis, ha poi permesso l’elaborazione digitale dell’area e delle varie stratificazioni geologiche che la caratterizzano. Ma, come sottolinea il prof. Vaccaro, “solo lo scavo vero e proprio può dare certezze”. Scavo dimostratosi particolarmente generoso di ritrovamenti: dracme venetiche, fibule in bronzo, collane rituali, sigilli di ceralacca, monili vitrei e ceramiche risalenti alle Età del bronzo e del ferro. Una quantità spropositata di reperti che rendono questo sito uno dei pochissimi in regione in cui è documentato l’intervallo temporale fra la seconda Età del Ferro e l’epoca Romana (si arriva addirittura all’Età di Augusto). Senza contare che sotto al cimitero potrebbero giacere tracce di occupazioni ancora precedenti. Gli scavi proseguiranno nel corso del 2022, ma si prospettano futuri scenari che andranno ben oltre l’anno in corso: l’obiettivo, spiega il sindaco Graziella Menato, è quello di allestire, in collaborazione con l’Ateneo, un museo volto a far conoscere la ricchissima storia e protostoria del Tesino. Si sta cercando inoltre di ampliare l’area degli scavi acquisendo alcuni

terreni nei dintorni, ormai incolti da decenni. Questo dovrebbe permettere ai ricercatori di colmare alcune lacune, in particolare tra il 1⁰ millennio avanti Cristo e l’Età Imperiale. Insomma, siamo solo all’inizio di una lunga serie di interventi che si preannunciano forieri di interessanti scoperte.


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Il personaggio di Armando Munao’

GAETANO GUASTELLA... ...MODA e CREATIVITÀ

Gaetano Guastella

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no dei settori quanto mai dinamici è sempre stato quello della moda, Un particolare universo che nella normalità basa i suoi fondamenti sulla creatività dello stilista e su tutto ciò che concorre a rendere la donna un essere “unico” e irripetibile. E sono i grandi stilisti che nel tempo e con il tempo hanno saputo concretizzare il concetto del fare moda. E sebbene la moda, nella normale concezione, sia da molti considerata un concetto astratto, così non è perchè le sue numerose sfaccettature la rendono concreta e palpabile. E per avere un completo disegno di ciò che è e rappresenta la moda, abbiamo aperto un dialogo con Gaetano Guastella, uno stilista di “casa nostra” che di moda è un vero esperto. E lo è, sia per la sua provata esperienza e per i numerosi ricono-

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scimenti che ha ottenuto, sia per il suo curriculum che in zona non ha eguali e sia perchè nel suo atelier, in quel di Caldonazzo, riesce a sintetizzare il vero concetto di moda realizzando e dando vita a creazioni che attirano e coinvolgono l’interesse di chi, anche per la prima volta, visita il suo atelier. “Come lei ha affermato, ci precisa, la moda, da concetto astratto quale è per molti, può assumere, invece, diversi significati, connotati e sfaccettature. Più che di moda, infatti, io parlerei di stile e di concetto moda, per dare la possibilità alle persone, attraverso la realizzazione di abiti pensati, studiati e creati su misura e a sua dimensione, di riappropriarsi della propria identità e della sua reale personalità, indossando un qualcosa di unico, non standardizzato e non rinunciando al suo stile e alla sua praticità. Quindi abiti “per tutte le occasioni”. Abiti e creazioni da “sartoria”, termine questo inteso nella più alta accezione

del termine. E badi bene che creare un particolare abito, essenzialmente significa dialogo conoscitivo con chi l’abito deve indossare, studio e attenzione per i dettagli, qualità dei materiali accuratamente scelti e selezionati, l’unicità delle stoffe che devono diversificarsi da quelle che normalmente si trovano nei negozi, ma soprattutto significa dare vita ad un qualcosa che miri alla valorizzazione della figura e della fisicità della persona. E a proposito di stoffe il “nostro” Gaetano ci confida che lui usa materiali di altissima qualità e pregio, quasi sempre acquistati nelle grosse produzioni sia come giacenze e sia perché, a volte, non possono essere più utilizzate e quindi sprecate. E questo suo “modus operandi” è a tutto vantaggio della cliente che in questo modo può usufruire di un qualcosa di veramente originale e qualitativamente importante, contenendo, nel contempo, quei prezzi che altrimenti sarebbero proibitivi. Una vocazione, la sua, che nasce


Il personaggio all’esperienze vissute all’estero, ma soprattutto grazie alle continue verifiche che lo hanno portato a raggiungere standard creativi e innovativi che continuamente lo proiettano nel grande universo “moda”. Il suo, ci specifica, è un operare con amore e dedizione rivolta al soddisfacimento di quelle che sono le richieste ed esigenze della “sua” clientela, anche le più particolari, perché, come lui stesso sottolinea, “chiunque indossi una mia creazione indossa una parte di me e porta con sè un messaggio d’amore per la vita”

Gaetano Guastella Riceve su appuntamento Nel suo atelier a Caldonazzo Tel: 392 4848 205

Come eravamo

in giovane età e che con il passare degli anni è cresciuta, si è maturata e potenziata grazie agli studi specifici nella moda, nella pellicceria e

Foto Collezione Medusa. La Collezione Medusa è stata ispirata, ci dice Gaetano, a questi animali incredibilmente eleganti, cacciatori feroci e abili che fluttuano nell’acqua con una finezza inimitabile. Il loro movimento è etereo, sensuale, divino.

E’ proprio il movimento, oltre alla forma di queste creature, che ha ispirato le linee di questa collezione. Un omaggio alla bellezza della natura soprattutto nelle sue forme ed esistenze più particolari.

Levico Terme, Piazza Sonnino (1936)

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Le interviste impossibili di Waimer Perinelli

CICERONE

DA HOMO NOVUS A PATER PATRIE

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re giorni di viaggio da Roma a Formiae, circa 100 miglia percorse senza fretta, fortunatamente senza pioggia ma con una punta di freddo. Non mi posso lamentare siamo al 6 dicembre nell’anno 710 dalla fondazione di Roma. La temperatura è tollerabile tanto che il mio ospite Marco Tullio Cicerone mi riceve seduto sulla cattedra,la sedia dallo schienale alto e ricurvo, direttamente sul grande terrazzo della villa affacciata sul golfo del Sinus Formianus. Il senatore ha 63 anni, è nato il 3 gennaio dell’anno 746 dalla fondazione

La statua di Marco Tullio Cicerone

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di Roma, ad Arpino. Italico ma già cittadino romano. Il viso largo è segnato dalle rughe, il naso importante, la fronte alta spaziosa, racchiusa da grigi capelli raccolti a caschetto, gli occhi penetranti, indagatori. Non ci siamo mai incontrati. Cicerone è un uomo famoso, ha attraversato il secolo segnando la vita militare e politica di Roma. E’ celebre oratore e filosofo. Io uno scriptor, historical apprezzato e nulla più, ma ho buoni rapporti con tanta parte del Senato. Ho chiesto udienza un mese fa inviando un messaggio nel quale ho scritto che partivo per Patavium e da lì mi sarei recato a nord nel territorio dei Reti attraverso un sentiero che costeggia dall’alto un piccolo fiume e costeggia due laghi. Una valle paludosa dove potrò studiare alcune tradizioni religiose e commerciali che mi saranno utili per futuri commerci. Conoscere i popoli ci aiuta a sottometterli. Il senatore è stanco. Ha lasciato Roma da non molto tempo cercando di sfuggire alla vendetta di Marco Antonio che, a poco più di un anno dall’assassinio di Giulio Cesare, alle Idi di Marzo, lo vuole vendicare o usare la sua morte per soddisfare la propria sete di potere.

Marco Tullio Cicerona Cicerone - Musei Capitolini (da Wikipedia)

Cicerone mi accoglie come un vecchio amico. “Benvenuto che notizie mi porti da Roma”. Nulla di buono purtroppo. Antonio ha delle lunghe liste di proscrizione e in accordo con Ottaviano insegue Bruto, Cassio e gli altri congiurati. La Repubblica è salva ma forse Cesare non la minacciava proprio. “Giulio Cesare era una minaccia seria. Aveva espropriato il Senato di ogni autorità. Devo ammettere che nella vittoria non era vendicativo. Roma ha avuto tempi ben peggiori. Tu non ricordi perché sei giovane le vendette di Caio Mario, di cui Cesare era nipote, e quelle di Silla, ma ti posso assicurare che il sangue scorreva come un torrente nelle vie della città.” Senatore, non sono poi così giovane e mi sono chiesto spesso chi fosse il più spietato “Nulla può misurare la crudeltà: il nume-


Le interviste impossibili militare. Ha dato a Roma tutta la Gallia e la città era pronta a sottomettersi alla sua dittatura. Non ostacolai i congiurati, non li denunciai, ma non ero neutrale e i miei scritti, oratorie, lettere, parlavano per me. Condannavo ogni dittatura e per questo avevo già pagato con l’esilio. Confesso, fui felice della sua morte”.

La tomba di Cicerone a Formia (da Formiae)

ro di morti o l’efferatezza degli omicidi. Erano tempi crudeli e Roma attraversava un periodo di cambiamenti epocali. La guerra civile insanguinava il territorio italico, il Toro assaliva la Lupa e la cosa singolare è che gli italici, dominati da Roma, altro non chiedevano che di diventare cittadini romani a tutti gli effetti”. E lei da che parte stava? “Non era facile scegliere per me. Sono un Homo Novus, il cui padre apparteneva ad un ordine equestre con pochi diritti nell’Urbe dove dominavano gli Optimates. Io mi trovai a soli 18 anni ufficiale di grado inferiore al servizio di Gneo Pompeo e di Silla, all’assedio di Pompei. Ma ero un pacifista come testimoniano le lettere inviate all’amico Attico con le cui statue, e gli argenti, come hai visto, ho adornato la mia villa.” E poi ha scelto. “Ho scelto la Repubblica salvandola dal disegno eversivo di Lucio Sergio Catilina” E’ vero, ancora riecheggia in Senato il suo “ quo usque tandem abiutere Catilina patientia nostra? per quanto abuserai ancora della nostra pazienza Catilina?

Perché tanto rancore contro quest’uomo? “Non parlerei di rancore, era solo politica. Catilina era un nobile, era un uomo crudele. Ne avevo osteggiato molti. All’inizio faceva parte della mia formazione piegata all’ambizione perché, come mi aveva insegnato mio padre, dovevo eccellere su tutti. Contro Catilina, costretto a fuggire, mi guadagnai l’onore di pater patriae. Da avvocato dopo avere sostenuto gratuitamente la causa del poeta Archia che chiedeva solo di essere riconosciuto cittadino romano, avevo fatto condannare il propretore Verre che aveva sfruttato la Sicilia in modo vergognoso. Quando ero questore della città siciliana di Lilibeo avevo raccolto testimonianze della sua avidità e ferocia.”

Senatore, lei crede nella vita oltre la vita, negli dei? “Con il dovuto rispetto per ogni pensiero filosofico, credo negli dei e che, come ho scritto in De Senectute, nell’ al di là ritroverò parenti ed amici e con loro discuterò di filosofia e poesia. Spero di avere vissuto in modo tale da poter dire che non ho vissuto invano.” Il sole tramonta e rientriamo nella splendida villa, una delle udici di proprietà di Seneca. Ci soffermiamo ancora una volta a guardare il mare. “Devo lasciarti, dice il filosofo, stanno arrivando alcuni uomini di Marco Antonio, spero mi portino l’atteso perdono ed il rientro a Roma”. Io rientrato a Roma e solo all’arrivo ho saputo che la mattina successiva al nostro incontro, il 7 dicembre, Cicerone era stato assassinato dai sicari di Antonio. Moriva così l’ultimo repubblicano; dopo di lui, la guerra fra Antonio ed Ottaviano e il vincitore divenne Augusto, il primo imperatore di Roma. La Repubblica era morta e sepolta.

Contro di lei c’erano i migliori avvocati di Roma e fra questi Quinto Ortensio Ortalo. “Che poi divenne mio amico ed estimatore perché il merito era allora riconosciuto e io percorrevo la via del cursus honorum anche se gli antichi nobili furono sempre diffidenti.”. E poi arrivò Gaio Giulio Cesare. “Già, uomo intelligente, astuto, stratega

Torre di Cicerone (da Wikipedia)

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Tra storia, poesia e letteratura di Silvana Poli

Ugo Foscolo l’eroe romantico che intreccia biografia e fantasia

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oeta raffinato, sognatore passionale e idealista disilluso, Ugo Foscolo è stato uno dei protagonisti della vita politica e letteraria italiana tra Settecento e Ottocento. Ugo Foscolo nacque nell’isola greca di Zacinto nel 1778; il nome di battesimo era Niccolò, ma a lui non era mai piaciuto tanto che all’età di 16 anni decise cambiarlo. Viveva col padre, la madre e il fratello Giovanni. Foscolo, già da bambino mostrava un carattere indomito: infatti all’età di 10 anni, era stato protagonista di una vicenda che ha dell’incredibile. Un giorno la popolazione dell’isola aveva deciso di dare l’assalto al ghetto ebraico: anche allora, come successe più volte nella storia, si individuava nella popolazione ebraica un comodo capro espiatorio. Mentre la popolazione inferocita stava per sfondare le porte del ghetto, il giovanissimo Foscolo saltò sul muro di cinta e si mise a urlare alla folla: “Vigliacchi, indietro, vigliacchi!”. Le parole urlate di quel bambino arrampicato sul muro sortirono un incredibile esito: la folla si bloccò e, dopo un attimo di disorientamento, gli aggressori si dispersero e gli ebrei del ghetto furono salvi. Intorno ai vent’anni Foscolo si trasferì a Venezia, dove diede il suo contributo nella gestione politica della sua città. Erano gli anni dei sogni repubblicani importati direttamente dalla Francia rivoluzionaria. Ai patrioti italiani era stato raccontato che Napoleone Bonaparte portasse in Italia il modello della repubblica francese: si creavano le Repubbliche sorelle. Bonaparte era visto dagli italiani

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Ugo Foscolo (da Biografieonline)

E mentre io guardo la tua pace, dorme quello spirto guerrier ch’entro mi rugge Foscolo, Alla sera vv. 13-14

come un liberatore e Foscolo si impegnò politicamente e militarmente, in attesa che l’Italia potesse avere finalmente un governo italiano. Ma nell’ottobre del 1797 Napoleone firmò il Trattato di Campoformio con il quale cedeva la Repubblica di Venezia all’Austria: la Serenissima era diventata merce di scambio nella politica europea di Napoleone! In quel momento fu chiaro a tutti che il generale corso non era un generoso liberatore, ma uno spietato conquistatore. Intanto tutti quelli che a Venezia avevano collaborato col governo giacobino erano finiti nelle liste di proscrizione degli austriaci. Anche Foscolo fu costretto a lasciare la città e si

rifugiò sui colli Euganei, per sfuggire alle persecuzioni. Una delle caratteristiche dell’arte di Foscolo è quella di mescolare la realtà e la fantasia. Nell’inizio del suo romanzo “Ultime lettere di Jacopo Ortis” anche il protagonista, Jacopo, vive la stessa situazione: dopo aver combattuto coi francesi, va in esilio sui colli Euganei dopo il Trattato di Campoformio. Ma qual è allora il confine tra realtà e fantasia? Dove finisce la storia di Ugo e inizia la vicenda di Jacopo? Questo non è affatto chiaro, a Foscolo piace sempre mescolare le carte e qui è evidente che nell’animo di Ortis vibrano le stesse emozioni di Ugo. Dopo la fuga da Venezia, iniziò per Foscolo un periodo caratterizzato da viaggi e dal servizio attivo nell’esercito francese. Nel 1801 la sua vita fu scossa da un evento drammatico: la morte del fratello. Giovanni era nell’esercito napoleonico e aveva perso una cifra considerevole al gioco; per far fronte al debito però aveva rubato i soldi dalla cassa del reggimento. Quando venne scoperto l’ammanco, il giovane si uccise. Nei primi anni dell’Ottocento visse tra Milano e Bologna, conobbe i letterati più in vista dell’epoca e collaborò con diversi giornali. Ugo Foscolo era un uomo di grande fascino, con un carattere ruggente e indomito. Sognava l’Italia unificata e mentre combatteva per le repubbliche italiane, affidava i suoi sogni ai suoi scritti e le sue passioni alle donne. Molte furono le dame con cui si legò e a cui dedicò dei piccoli capolavori letterari. Quando un’amica ebbe un


Tra storia, poesia e letteratura brutto incidente, lui compose per lei l’ode A Luigia Pallavicini caduta da cavallo e per un’altra gentildonna scrisse All’amica risanata. Nonostante le numerose relazioni amorose, Foscolo non riuscì mai a costruire un rapporto duraturo. Da eroe romantico lui seguiva ideali e passioni, ma non riusciva a trovare stabilità. Il “bel tenebroso” era destinato a restare solo. Il suo unico legame duraturo fu quello con la figlia Mary, frutto di una relazione con una giovane donna inglese. Foscolo aveva compreso che Napoleone voleva solo sfruttare la penisola, per questo motivo i suoi rapporti con il governo filofrancese della Repubblica cisalpina erano spesso tesi e problematici. Ma nonostante le frizioni, Ugo Foscolo continuava a collaborare con il Ministero della Guerra francese. Faceva parte dell’armata che avrebbe dovuto invadere l’Inghilterra. Tra donne, letterati e impegni militari, Foscolo trovò comunque il tempo di dedicarsi alla scrittura e all’inizio dell’Ottocento pubblicò le Ultime let-

Venezia Casa di Ugo Foscolo in Campo de le gatte (Foto Giovanni Dall'Orto)

tere di Jacopo Ortis, le poesie, alcune opere teatrali e il carme Dei sepolcri. Apprezzato per i suoi scritti, nel 1808 venne nominato professore all’università di Pavia. Lui sognava quella cattedra perché era convinto che la letteratura avesse un ruolo morale e politico nella società. Ma l’insegnamento non riuscì a domare quella sua natura da eroe romantico e neppure il carattere irruente e inquieto. Le sue intemperanze non gli permisero di mantenere rapporti sereni né con gli intellettuali dell’epoca né col governo e quando venne messa in scena la sua tragedia Aiace, il governo la censurò a causa di alcune allusioni ritenute antifrancesi. Ma quando il “tornado” Napoleone venne sconfitto, gli austriaci tornarono a governare in Italia; il governo di Vienna auspicava la collaborazione di Foscolo per due motivi. Innanzitutto il poeta era andato spesso in opposizione a Napoleone e questo lo rendeva apprezzato dall’Austria. Inoltre Foscolo era molto amato dagli italiani; per questo sarebbe stato un bel colpo per il nuovo governo convincerlo a collaborare. Gli offrirono la possibilità di entrare nella politica culturale del nuovo stato, ma Foscolo rifiutò. Lui sognava un’Italia libera da governi stranieri e non era un uomo dalle mezze misure. Piuttosto che piegarsi, preferì lasciare l’Italia. Se ne andò quindi per un nuovo esilio volontario che

Vista parco Ugo Foscolo (da Wikipedia)

lo portò prima in Svizzera e poi a Londra. Qui venne accolto dall’ammirazione degli intellettuali inglesi e ebbe la gioia di riabbracciare anche il suo unico vero affetto: la figlia Floriana. In Inghilterra portò a compimento alcune delle sue opere e pubblicò molti articoli e saggi su Dante, Petrarca e altri. Ma tutto il suo lavoro letterario non gli garantiva entrate sufficienti per mantenersi. Finì quindi presto nei guai con i creditori e dovette scappare, trovando rifugio nei quartieri più miseri di Londra. Qui si ammalò e morì nel 1827 assistito dalla figlia. Nel 1871 le sue ossa vengono traslate a Firenze, nella chiesa di Santa Croce, fra le tombe dei grandi, quelle “urne dei forti” che lui aveva cantato nel carme Dei Sepolcri. Ugo Foscolo fu un grande uomo, idealista e onesto, che perseguì tutta la vita i suoi valori. Fu forse il primo intellettuale italiano a sognare un’Italia unita e governata dal popolo italiano: un sogno che anticipava la storia di circa mezzo secolo.

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Il personaggio di Massimo Dalledonne

OTTONE BRENTARI C i sono due motivi, anzi addirittura tre per ricordare, in questo numero di Valsugana News, la figura di Ottone Brentari. La prima. Quest’anno si rciordano i 170 anni dalla sua nascita, avvenuta il 4 novembre del 1852 a Strigno. La seconda. Sono trascorsi esattamente 101 anni da quando, il 17 novembre del 1921, si spense, all’età di 69 anni, nella sua casa di Rossano Veneto. Il terzo motivo. In suo ricordo la Sat decise, pochi giorni dopo la scomparsa, di dedicargli il rifugio Cima d’Asta. E proprio quest’anno, si festeggia il secolo di vita del rifugio Ottone Cestari. Scrittore e giornalista, nacque a Strigno dove il padre Michele, originario di Rovereto, esercitava la professione di ufficiale giudiziario. La madre si chiamava Elisabetta Negrelli, nipote del celebre ingegnere. E proprio da lei, come scrive Antonio Zanetel nel suo volume “Dizionario biografico di uomini del Trentino Sud-Orientale” fin da giovane “sembrò aver ereditato le capacità intellettuali, il carattere e l’eccletticità degli impegni”. Da Strigno il giovane Ottone si trasferì a Rovereto, Malè, Fondo e Cembra. Con la morte del padre si stabilì a

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Ottone Brentari

Rovereto per ultimare gli studi, preferendo quelli classici ai tecnici. Nel 1873 la maturità a cui seguirono gli studi universitari, presso l’ateneo di Innsbruck, prima, e Vienna poi, nella facoltà di materie letterarie, sezione storia e geografia. Una volta laureato insegnò a Rovereto e nella cittadina di Pisini, in Istria per finire ad educare gli studenti in lettere presso il ginnasio di Catania. “Nel 1870 – scrive Zanetel – lo troviamo insegnante di Liceo a Bassano del Grappa, dove ne assumerà poco dopo anche la presidenza. Nel 1878 si sposa con Domenica Fusaro e nel 1890 abbandona la scuola per

trasferirsi a Milano dove si dedica al giornalismo”. Sportivo, escursionista e ciclista, fin da giovane si occupava di poesia e di prosa diventando poi un conferenziere e pubblicista. In quei anni iniziò la compilazione di opere d’interesse locale a carattere storico e di guide turistico-alpinistiche del Triveneto. Politicamente orientato su posizioni irredentiste, si avvicinò alla Società degli Alpinisti Tridentini (SAT), che gli affidò la realizzazione di una guida del Trentino. La grande opera, prima guida organica in italiano della zona, venne pubblicata in quattro volumi tra il 1890 e 1902. A Milano entra nella redazione del Corriere della Sera e collabora con diverse testate giornalistica di Trento, Catania, Vicenza e Venezia. Nel 1908 fonda una rivista turistica-patriottica: la chiama Italia Bella e, una volta scoppiata la Prima Guerra Mondiale, decide di costituire la Lega nazionale, con scopi irredentistici. Come ricorda ancora Zenetel “negli anni proseguì la sua collaborazione con il Corriere della Sera illustrando ai lettori i bollettini del comando supremo. Era il 2 giugno del 1920 quando a Milano tenne una conferenza dal titolo “L’allegra agonia


Il personaggio

Rifugio Ottone Brentari

del Trentino… tutto il bene viene fatto male e tutti il male viene fatto bene” e pochi mesi dopo si trasferì a Trento per assumere la direzione del quotidiano di tendenza liberale La Libertà. Carica che mantenne per pochi mesi, dimettendosi per divergenze politiche con i finanziatori del giornale ed il partito Liberale Trentino”.

In occasione delle elezioni politiche del 1921 decise di candidare per la lista del blocco economico in Trentino. “Quell’anno – si legge nel volume di Zanetel - si presentarono agli elettori la lista Sud Tirol, quella popolare dello scudo crociato con la scritta Libertas con candidati locali Alcide Degasperi, Luigi Carbonari,

Pietro Romani, Valentino Toffol di Siror ed Enrico Tamanini di Vigolo Vattaro, la lista socialista, quella del blocco economico con Brentari e la lista liberale con candidato Alberto Ognibeni”. A Borgo votarono il 65,8% degli elettori aventi diritto. I popolari ebbero il 47,9%, i liberali il 9,2%, i socialisti il 39,2% e la lista del blocco economico il 3,5%. Nessun voto per la lista tedesca. “Ottone Brentari ebbe una grande delusione – conclude Zanetel – ma dal vaso della politica sorte più assenzio che miele. In quei anni si adoperò tantissimo a sostegno della ricostruzione in Trentino. Lo fece denunciando i ritardi burocratici, l’incompetenza delle amministrazioni comunali affidate d’autorità ad elementi usciti dall’esercito”. Verso la fine del 1921 si ritirò nella casa della moglie a Rossano dove spirò il 17 novembre.

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Le antiche regole non scritte delle comunità trentine

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rotte di ragazzotti salivano su di un luogo bene in vista sopra al paese e da lì, all’imbrunire, iniziava un “rito” vecchio di centinaia d’anni, richiamando con fuochi, grida e scoppi, i popolani all’attenzione. Per certi versi il “Trato marzo” - così si chiamava - si configurava come una sorta di rito di passaggio per l’età adulta i cui protagonisti spesso erano i coscritti, i giovani giunti quell’anno alla maggiore età. Era una tradizione fortemente radicata nel territorio contadino del Sud Tirolo e di essa è rimasta un’ampia letteratura a riguardo. Nel 1889, scriveva Albino Zenatti: “La sera del primo di marzo, chi percorresse la strada che da Verona mena a Rovereto e a Trento vedrebbe dai poggi che sovrastano i paeselli delle due rive dell’Adige, innalzarsi grandi fiammate ad illuminar di una luce fantastica le

Il "Trato marzo" a Grumes, in Val di Cembra

vecchie torri degli Scaligeri e dei Castelbarco, e udrebbe grida e canti e spari risvegliar gli echi del Monte Baldo” In ogni vallata il “Trato marzo” poteva chiamarsi in modo leggermente diverso, ma le feste seguivano sempre uno schema rituale comune e celebravano tutte la rigenerazione del tempo verso le prime settimane di marzo, in coincidenza con l’arrivo della primavera. Se fino agli inizi del ‘900 questo era un rito diffuso in molte parti del Trentino, Valsugana compresa, oggi resiste ancora in pochi paesi, più come momento di folklore che non come quell’antico rito pagano visto in chiave trasgressiva con esplicito richiamo alla sessualità e alla fecondità. Un “canto di accoppiamento”, lo si po-

trebbe definire, che conteneva in sé soprattutto un elemento regolatore dell’ordine sociale del paese, nonché la volontà di garantire continuità ai valori e alle regole comunitarie, in particolare al matrimonio e alla famiglia. L’origine del nome non è chiara, tuttavia secondo alcuni potrebbe derivare da “trarre”, che in dialetto trentino significa anche “gettare”. In questo caso l’espressione “trar zo marzo” potrebbe voler dire lanciare dall’altura l’annuncio di fidanzamento fra due giovani. Oppure, ancora, potrebbe significare l’entrata nel mese di marzo, quello che apre la stagione della primavera e il ritorno alla vita dopo i rigorosi inverni di un tempo. Dall’alto del paese (qui ne facciamo un semplice esempio), ad un certo punto uno dei giovani, gridando

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Tra storie e tradizioni a squarciagola, cominciava il rito tradizionale, che anche nella “liturgia” e non solo nel nome poteva variare a seconda del luogo: - Trar zo marz su questa téra, per sposar ‘na fiòla béla. - Chi éla? Chi no éla? - domandavano in coro gli altri compagni, mentre sotto, in paese, si radunavano altri ragazzi e curiosi. - L’é la Bepina dele Viate. - A chi ghè la dente? (trad. “A chi la diamo?”) Rispondevano gli altri a “botta e risposta”: - Al Toni del Minco. - Ghè la dente o no ghè la dente? - Dènteghela! Dènteghela! E allora giù grida, spari e risa a non finire per poi proseguire prendendo di mira altri soggetti fino a quando non fossero state passate in rassegna tutte le ipotetiche e molte volte del tutto improbabili coppie da maritare. Era, per certi versi, un modo scherzoso, ma pure feroce di mettere alla berlina dei capri espiatori attraverso la burla e la denuncia. In effetti, molto spesso l’attenzione dei “declaratori” si appuntava non solo su giovanotti o ragazze in età da marito, quanto piuttosto su coloro che il matrimonio per

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una ragione o per l’altra non l’avevano ancora contratto o difficilmente avrebbero potuto farlo. In altre parole, se la funzione principale della donna era quella riproduttiva, i riti del “Trato marzo” servivano a riconfermare questo principio mettendo in ridicolo chi da quella funzione (il matrimonio e la procreazione, appunto) intendeva derogare: le zitelle, gli scapoli, le vedove, addirittura - a volte - pure i parroci e le perpetue. Alla lunga, comunque, queste antiche tradizioni via via trasformatesi in vere e proprie “commedie”, vennero a più riprese messe sotto accusa proprio dalla Chiesa, la quale in numerose occasioni si dichiarò contraria al mantenimento di simili usanze offensive delle persone, della Chiesa e dell’ordine costituito. Infatti, in Sud Tirolo, fin dalla prima metà del XVII secolo, il “Trato marzo” era stato proibito dal Principe Vescovo e dalle varie autorità civili, spesso - come abbiamo visto - senza grandi risultati. Col passare del tempo, però, fu questa la causa che in Trentino portò alla graduale scomparsa dei riti profani di inizio primavera Ecco una lettera proveniente da Mori,

apparsa l’8 marzo 1910 sul giornale “Il Popolo”. “Tratto marzo! E’ ora di finirla con quest’uso, che se in tempi addietro poteva costituire uno svago tollerabile per la gioventù innamorata, oggi è degenerato in una consuetudine così stupida e nauseabonda, che i Zulù arrossirebbero di mettere in pratica. Succedono da varie sere delle scene veramente riprovevoli e i nomi delle persone che per vecchiaia, per fisiche imperfezioni od altro, hanno tutto il diritto al nostro rispetto e alla nostra compassionevole commiserazione, vengono gridati ai quattro venti, con aggiunte di nomignoli offensivi ed inverecondi”. Ma vi era anche un altro rito pubblico di antica cultura popolare, pure quello avente come oggetto il matrimonio. Era una tradizione in uso nei secoli scorsi con forme analoghe pure in Inghilterra, Francia e Germania. Consisteva in questo: quando ad esempio era in vista un’unione fra un vedovo anziano e una donna molto più giovane, o un matrimonio non voluto dai parenti; oppure quando era previsto uno sposalizio con qualcuno che veniva da fuori (o, addirittura, se si era a conoscenza di una relazione clandestina), veniva messa in scena una strana rappresentazione pubblica, della quale i giovani erano gli attori, ma dove i registi, più o meno occulti, erano gli adulti. In questi casi, i giovani andavano a fare chiasso battendo su secchi metallici o padelle proprio davanti alle case di chi era stato preso di mira, appunto perché quel rapporto era visto di cattivo occhio e, se possibile, non si doveva consumare. Ma non era solo baldoria. A volte con dei mattoni si muravano in casa le vittime, oppure se ne ostruiva la porta con carri o legname: insomma, una cattiva carnevalata che veniva a coinvolgere tutto il paese.


Tra storie e tradizioni Quella che oggi noi chiamiamo “privacy” e che fa parte dei diritti acquisiti e inalienabili di ogni singolo cittadino, allora non esisteva. Per questioni di sopravvivenza in un periodo estremamente duro, il ruolo della comunità era del tutto prevalente rispetto agli interessi della singola persona. Infatti, i comportamenti dell’individuo erano costantemente sottoposti al giudizio di tutta la collettività, in particolare della Chiesa, e i rituali in parola scattavano proprio nel momento in cui qualcuno con il suo comportamento minacciava la coesione interna rompendo quell’ordine sociale e morale che garantiva da secoli al paese l’equilibrio demografico e il perpetuarsi inalterato di modelli di lavoro e di convivenza civile e religiosa. E’ in questo modo che la gente contadina aveva saputo conservare e tramandare attraverso i secoli la

propria cultura contenuta in riti e in regole non scritte della comunità al fine di adattarla ai ritmi dell’economia e della sopravvivenza. Cultura e re-

gole - aggiungiamo - che alla luce di quanto accade nella società di oggi è difficile se non impossibile tentare di giudicare.

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Il personaggio di Chiara Paoli

CARLO SCANTAMBURLO

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arlo Scantamburlo, è un’artista autodidatta, originario di Roncegno Terme, classe 1951, che si dedica principalmente alla scultura lignea, ma non disdegna altre tecniche artistiche quali il disegno a china e la pittura ad acquerello. Carlo è un grande osservatore che ama scolpire e riprodurre ciò che vede in natura e non solo. Il suo studio a Roncegno, dove sono custodite le sue opere è visitabile su appuntamento e sarà lieto di raccontarvi sensazioni e vibrazioni che lo guidano nel modellare il legno, la ricchezza dei nostri boschi. Da dove nasce la tua passione per la scultura? Parte da una passione personale, ogni persona ha un talento proprio, io ho sempre passato il mio tempo tra i pezzetti del legno, per me questa materia è come una carne che mi permette di esprimermi, dandomi la possibilità di interpretare la forma del legno. Avendo anche lavorato diverse tipologie di legno, più di cento, mi rendo conto che per ogni essenza ci vorrebbe una forma differente, c’è un legno adeguato per ogni soggetto. Quali sono i tuoi soggetti? Per il Parco di Paneveggio, ho realizzato una xiloteca delle piante trentine, si tratta di 100 libri in legno per cui sono state utilizzate essenze diverse. Ho iniziato a realizzare serie pensate per le mostre negli anni ’90, come quella degli insetti che è costituita di 16 pezzi e che si intitola “L’isola che non c’è”, perché si tratta di insetti che non si trovano mai tutti insieme o quella delle foglie intitolata “Foglie di carne”, 106 pezzi scolpiti tutti nel legno d’acero. Vi è poi una

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Carlo Scantamburlo (foto di Lucio Linguanotto)

serie dedicata alle emozioni intitolata “Fior di pelle”, è composta di 18 pezzi, che si differenziano per genere ed età ed esprimono sensazioni e stati d’animo. “Tavole del corpo umano”, prevede invece di associare parti del corpo umano a delle essenze, il naso ad esempio è stato realizzato con il legno di cirmolo per la sua profumazione, mentre l’occhio è fatto con essenza di noce, legno nobile e che fa soggezione, perché non ha luci e non ha ombre, il seno è invece di acero, che è considerato la pianta madre e che con il suo colore bianco, fa pensare al latte materno. Come lavori? Prima di tutto disegno, faccio schizzi, individuo le difficoltà sulla carta prima di affrontarle sul legno, di modo da essere sicuro su come affrontare al meglio il lavoro d’intaglio. Per la scultura privilegio il legno di tasso che è tossico, ma che quando viene lavorato sembra carne, mentre per gli animali uso l’acero, perché con questa essenza si riesce a rendere il

pelo e la morbidezza dell’animale. Il corniolo è invece perfetto per realizzare calle e rendere la lucentezza dei fiori. Su cosa stai lavorando ora? Ora sto lavorando ad una collezione di 200 pezzi, con tema centrale la farfalla, ognuna sarà realizzata con un tipo diverso di legno; saranno perciò 200 essenze che rispecchieranno svariati stili artistici da quelli più antichi, ai più moderni come il futurismo. “L’anima del legno” è un’altra collezione che prevede di utilizzare una parte del legno che non si rompe, che rimane intatta nonostante Vaia e le intemperie, queste “anime” del legno vengono trasformate in molteplici piume. Realizzi anche dipinti? Quando devo rilassarmi, distendermi faccio anche acquerelli, disegni e opere con china ma non uso molti colori. Per me il colore è molto difficile, deve essere ragionato, studiato e quindi anche con l’acquerello realizzo


Il personaggio solo opere monocolore, nelle tinte del verde, rosso o nero. Spesso si tratta di opere fatte con un distillato di biancospino, colore indelebile usato anche nell’abbigliamento e tratto dalle protuberanze sotto le bacche. Ho scoperto questa tinta naturale grazie ad un collega tedesco che fa parte dell’associazione Kunst Verein Templin.

Qual è la prossima mostra in cantiere? Le mie opere saranno esposte alla Rosa Bianca di Cavalese, la data esatta è ancora da stabilire, ma sono previsti alcuni interventi per far conoscere il

Foto di Lucio Linguanotto

mio lavoro di scultore agli studenti della sezione legno. Sono inoltre in attesa di notizie per il prossimo ritrovo dell’associazione in Germania. Per visitare il laboratorio di Carlo Scantamburlo è possibile fissare un appuntamento al: 347/1317059.

Come eravamo

Cosa ci racconti di questa associazione? Kunst Verein Templin è un’associazione tedesca, che unisce circa 350 artisti; ogni anno da più di vent’anni (escludendo gli ultimi due a causa della pandemia), vado a lavorare a Templin nel Brandeburgo per imparare da altri artisti e condividere esperienze e conoscenze. C’è una grande galleria per esporre i lavori, ogni artista paga la sua quota,

vengono organizzati corsi e ci si confronta con artisti che operano in diversi settori. In questo modo si è attivato anche uno scambio, perché una decina di artisti di questa associazione viene ogni anno in Valsugana per vedere come si lavora qui.

Borgo Valsugana (1910)

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Il turismo in cronaca di Nicola Maschio

L’offerta Open Air in Trentino

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n’analisi della cosiddetta “offerta Open Air” del Trentino, più comunemente noti come “campeggi”. E un risultato che parla chiaro: serve investire, costantemente e con accuratezza, nonostante i timori legati all’emergenza sanitaria frenino ancora la voglia di crescita da parte del comparto locale. Ma se c’è una certezza che la pandemia ha lasciato, è quella inerente nuove forme di turismo e, tra queste, una crescente necessità di spazi aperti. Alcuni dati, per chiarire meglio la situazione: come spiegato dalla ricerca condotta da Faita Trentino in collaborazione con Thrends Tourism and Hospitality Analytics e Mediocredito Trentino-Alto Adige, tra il 2015 ed il 2019 in Trentino la crescita dei campeggi è stata pari al 14,5% (69 in tutto oggi con un totale presenze a stagione di circa due milioni e 200 mila persone), anche se la diminuzione tra il 2019 ed il 2020 è stata del 34,1%, seconda solo a quella degli agriturismi. A scegliere questo tipo di soluzione sono soprattutto coloro che vengono dall’estero, con un 66,2% registrato nel 2019 che, rispetto ad ogni altra categoria, è il valore più alto. «I campeggi devono investire di più e soprattutto farlo in modo migliore – ha spiegato Fabio Poletti, presidente di Faita Trentino. – Il settore turistico ha risentito particolarmente della situazione pandemica, tuttavia abbiamo notato che sempre più clienti ricercano soluzioni alternative alle strutture “classiche”, puntando dunque sui campeggi e sull’aria aperta. Il messaggio chiaro e inequivocabile emerso dalla ricerca riguarda la qualità e la quantità dei servizi offerti:

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serve fare meglio, dobbiamo offrire sempre di più a coloro che scelgono i campeggi, anche e soprattutto per restare al passo con i mercati limitrofi. Dobbiamo lavorare per aumentare il livello di stelle ad oggi registrate, un elemento sul quale deve intervenire il privato anche se, parallelamente, le Amministrazioni comunali devono consentire ai gestori di poter investire grazie ad un’attenta gestione e pianificazione territoriale». Rispetto sempre ai dati 2019, in Trentino i campeggi si sono piazzati al terzo posto in merito al “peso” delle presenze sul nostro territorio (10,7%, con gli alberghi a 3 stelle primi con il 46,3%). Ed anche nel 2020, anno del Covid, il mercato ha risposto abbastanza bene con un 46,1% di presenze estere nei nostri campeggi, contro il 34,2% di alberghi a 4 o 5 stelle ed il 28,8% degli agriturismi. Ma la ricerca ha fornito anche un interessante

metro di paragone, comparando la nostra provincia a Bolzano, Verona, Brescia e ad aree più estese come Slovenia e Carinzia: la permanenza media più bassa si registra sul territorio sloveno (3,2 giorni), mentre le altre realtà (Trento compresa) viaggiano stabilmente tra le 4 e le 6 giornate. Sugli altri aspetti, il mercato estero a Bolzano tocca picchi dell’80% (a Trento e dintorni il 66%), con la sola Verona in grado di sovrastare questo dato (88% nel 2019), mentre se in Trentino i campeggi sono al terzo posto come richiesta di pernottamento, a Brescia e Verona monopolizzano la domanda. Chi invece ha retto meglio l’urto della pandemia è stata la Carinzia, che ha perso solo 10% del mercato, contro il 40% bolzanino e più del 30% trentino, mentre anche in Slovenia, come da noi, le presenze nel comparto superano le due milioni di persone a stagione.


Il personaggio

Maria Giovanna Speranza

L’artista internazionale che fondò Studio d’Arte Astrid Nova

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icorre il 4 aprile 2022, il secondo anniversario di morte di Maria Giovanna Speranza, artista internazionale, nonché cuore pulsante di Studio d’Arte Astrid Nova ed Area Arte La Musa, delle quali fu fondatrice, poi Direttrice e Presidente, lasciando un grande vuoto nelle due organizzazioni, nella comunità artistica e non, e nel cuore dei suoi famigliari, prima fra tutti la figlia Viviana, che con lei condivideva il lavoro nel settore artistico, e che ora le porta avanti con grande impegno e passione. Maria Giovanna Speranza, perginese di adozione, ma originaria di Grumo di San Michele all’Adige, nel suo operato artistico, ha spesso indagato l’interiorità umana, sogni, desideri, ricordi e sentimenti, utilizzando il medium pittorico come tramite per legare questi, a luoghi che spesso si presentano sulle sue splendide tele,

Viviana e Giovanna

come furono in passato. La sua natura elegante, sognatrice e romantica regala attimi di tempi passati, di cui nel ricordo restano i segni della vera bellezza e l’importanza delle emozioni. Maria Giovanna Speranza, proietta così l’immaginario del visitatore, in epoche lontane, tra dame e cavalieri, passando attraverso la natura selvaggia americana, giungendo infine agli evocativi paesaggi fatti di baite e rifugi montani del nostro stupendo territorio. Ma non solo, dal 2013 dà il via all’Archivio Storico Arti dei Filati, un importante progetto condiviso, dedicando una parte dello spazio nella splendida sede di Spiaz de le Oche, da lei stessa gentilmente concessa a Studio d’Arte Astrid Nova ed Area Arte la Musa, e una notevole parte di tempo e risorse, alla realizzazione dell’”Archivio Storico Arti dei Filati”, sotto la sua stessa attenta e minuziosa Direzione, che archivia una vastissima selezione di perfetti e magistrali pezzi, realizzati con finissime tecniche di ricamo, tra cui il tombolo, ricamo Caterina De Medici e Rinascimento, chiacchierino, forcella, uncinetto, elaborati pizzi e merletti e molti altri rari e preziosi punti. Questo per conservare una traccia, una documentazione storica, di queste magnifiche ed elaboratissime

Maria Giovanna Speranza

tecniche che potrebbero andare un giorno, dimenticate o perse. Studio d’Arte Astrid Nova & Area Arte La Musa, sotto l’attenta direzione e curatela, della figlia Viviana, dedicano a Maria Giovanna Speranza, la Galleria Continua a lei intitolata negli splendidi spazi appena rinnovati di Studio d’Arte Astrid Nova in Piazza Pacini a Pergine Valsugana, che dal 21 marzo al 30 settembre 2022, presenterà al pubblico una serie di undici splendide opere della sua recente e passata produzione, che vanno a sviscerare la bellezza e grandiosità del paesaggio naturale ed urbano europeo ed americano, senza dimenticare le bellezze italiane quali ad esempio Venezia, la Magnifica Comunità di Folgaria ed il Garda, da sempre mete di vacanza dell’artista.

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In ricordo dei deportati di Chiara Paoli

“ALMENO I NOMI”

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emoriale. Almeno i nomi. Ai civili trentini deportati nel Terzo Reich”, questo il titolo dell’esposizione itinerante inaugurata a Borgo Valsugana il 27 gennaio 2022, in occasione delle celebrazioni per la Giornata della Memoria e che verrà allestita in diversi paesi sino a raggiungere Pergine nel mese di aprile. Sono state ricostruite oltre 200 schede biografiche di trentini deportati in Germania. Questa mostra segue alla pubblicazione edita nel 2013, grazie alla Presidenza del Consiglio della Provincia autonoma di Trento, scaturita dalle ricerche effettuate in archivi italiani e internazionali, cui sono seguiti i contatti con i familiari dei deportati, che hanno consentito di dare un volto e una storia a quei nomi. Molti di questi civili provenivano dalla Valsugana, come Cesare Andreatta, nato a Levico Terme nel 1915, uno dei tanti giovani considerati disertori. Egli emigra in Francia nell’aprile del 1939, richiamato alle armi in Italia non si presenta, perciò con sentenza dell’11 ottobre 1940, il Tribunale militare di Verona lo condanna in contumacia a 3 anni di carcere. Nel corso di una imponente retata effettuata dai tedeschi nella Valle del Rabodeau. verrà arrestato tra il 5 e il 6 ottobre 1944 nella casa in cui risiede a Senones. In questo rastrellamento vengono arrestati anche Decimo Paride Giacometti, originario di Borgo Valsugana, classe 1911 e Pio Sartorelli nato a Torcegno nel 1913, Inizialmente vengono tutti condotti nel lager di polizia di Schirmeck-Vorbruck in Alsazia e da lì deportati a Dachau dove arrivano il 21 ottobre. Vengono successivamente divisi e trasferiti rispettivamente: Andreatta ad Auschwitz, Giacometti a Stutthof,

“È più difficile onorare la memoria dei Senza-nome che non quella di chi è conosciuto. Alla memoria dei Senza-nome è consacrata la costruzione storica”. Cit. Walter Benjamin Sartorelli a Buchenwald. Nessuno di loro riuscirà a fare ritorno. Molti coloro che vengono arrestati a Castello Tesino, come Ennio Ballerin, operaio classe 1924 che si era unito al movimento partigiano con il nome di battaglia “Nives”; verrà arrestato il 15 novembre 1944 e condotto a Prien am Chiemsee in Germania, dove un tribunale delle SS gli impone 10 anni di lavori forzati, quale pena da scontare per la sua diserzione. Arriverà a Buchenwald il 2 febbraio 1945, il 14 febbraio è inviato al sottocampo di Ohrdruf, dove pare sia morto nella stessa giornata. Danilo Ballerin, studente ventitreenne in teologia al seminario di Trento, viene arrestato sempre a Castello Tesino assieme al fratello Tarcisio, maggiore di due anni, il giorno di Capodanno del 1945; furono deportati entrambi a Mathausen, dove perderanno la vita. Vi sono poi diverse persone che vengono trasferiti da Peschiera a Dachau, come Emilio Boccher (1914) e Enrico Mario Boschele Roncegno (1921) entrambi originari di Roncegno, che riusciranno a tornare a casa dopo la liberazione del 1945. Bruno Carlini originario di Borgo Valsugana, nato il 27/07/1924 e geometra risulta impiegato in uno stabilimento dell’industria aeronautica di Bregenz a partire dal 25 marzo del 1944; nel novembre dello stesso anno viene arrestato per sabotaggio e rinchiuso nell’AEL di Reichenau

fino al 10 gennaio 1945. Viene poi inviato a Feldkirch come lavoratore coatto fino alla liberazione. Tra coloro che vengono deportati anche padre Alfredo (“Fredo”) Dall’Oglio, originario di Borgo Valsugana, dove nasce nel luglio del 1921, emigra in Francia a soli 3 anni e diviene parroco nella diocesi di Saint-Denis. Attivista della Joc (gioventù operaria cattolica), viene costretto a lavorare in una fabbrica di pitture a Berlino e arrestato nel giugno del 1944 per il suo attivismo cattolico. Incarcerato e successivamente inviato nel lager di Wuhlheide, morirà il 31 ottobre 1944; per lui è in corso una causa di canonizzazione. Tra i deportati valsuganotti anche il volto di una donna, Maria Emilia Santomaso di Agnedo, nata nel 1903 ed emigrata a Torino negli anni ’20 dove lavora come operaia. Viene arrestata in seguito agli scioperi del marzo 1944 e deportata ad Auschwitz, dove rimane fino ad ottobre. Viene quindi mandata al sottocampo di Mittweida, dove le prigioniere lavorano per l’industria elettrotecnica Lorenz. Nell’aprile dell’anno seguente il campo viene evacuato e le prigioniere trasferite verso la Boemia, dove saranno liberate dalle truppe russe. Questa e molte altre storie sono reperibili nell’archivio on-line del Laboratorio di storia di Rovereto al seguente link: https://www.labstoriarovereto.it/ archivi/deportatiGermania/

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In ricordo dei deportati di Massimo Dalledonne

“ALMENO I NOMI”

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n Trentino sono 210. Ben 51 erano originari della Valsugana. E proprio dal capoluogo della Bassa, Borgo, è iniziato, nelle scorse settimane, il tour della mostra memoriale “Almeno i nomi” memoriale ai civili trentini (e valsuganotti) deportati in Germania dai nazisti nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Per tre mesi, fino al prossimo 25 aprile, ha fatto e farà tappa in 12 comuni delle due Comunità di Valle. Nel mese di febbraio è stata ospitata nello Spazio Klien di Borgo, presso la biblioteca di Strigno nella vecchia Pieve di Grigno, a Castello Tesino e Levico Terme. Anni e anni di lavoro, più di dieci, per recuperare nomi e volti, dove è stato possibile, di civili deportati nei lager tedeschi. Da allora i nomi di Dachau, Auschwitz, Mauthausen, Buchenwald, e altri ancora, più o meno noti, si impressero per sempre nella storia della nostra comunità, giacendo però sempre sul fondo, assieme ai nomi di coloro che in quei campi ci passarono, magari a costo della vita, condannati a rimanere lì dall’ignavia dei più. In occasione della Giornata della memoria è stato deciso di rendere visibilità e onore a quei 210 deportati, e riempire di volti e di nomi e di storie le vuote cerimonie che talvolta la caratterizzano? “Almeno i nomi”, il memoriale ai civili trentini deportati

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I civili deportati di Borgo Valsugana

I civili deportati di Telve, Bieno, Torcegno e Roncegno.

I civili deportati di Castel Ivano


In ricordo dei deportati

I civili deportati di Levico, Caldonazzo, Tenna e Bosentino

I civili deportati di Pergine e Baselga di Pinè

I civili deportati di Pieve e Castello Tesino

I civili deportati di Pieve e Castello Tesino

in Germania è un progetto del Laboratorio di Storia di Rovereto e dell’Associazione culturale Mosaico di Borgo Valsugana, finanziato dalle comunità Valsugana e Tesino e Alta Valsugana e Bersntol. L’installazione si compone di 210 supporti di rame che custodiscono alcune note biografiche e i volti, dove è stato possibile rintracciarli, dei trentini deportati nei campi di concentramento del Terzo Reich. È il frutto di una ricerca decennale del Laboratorio pubblicata nell’omonimo volume del 2013 e, in divenire, nel database ospitato dal sito labstoriarovereto. it. La Valsugana è la valle che in Trentino ha pagato il tributo più alto con i suoi 51 deportati: ben 35 sono originari di otto comuni della Bassa Valsugana, altri 16 erano originari di sette municipi della Comunità Alta Valsugana e Bersntol. Ecco i nomi ed i paesi di provenienza di tutti i deportati civili della Valsugana: Fino al 9 marzo la mostra proseguirà a Baselga per spostarsi a Caldonazzo da venerdì 11 a mercoledì 16, a Telve da venerdì 18 a mercoledì 23 ed a Roncegno Terme da venerdì 25 a mercoledì 30 marzo. Nel mese di aprile la mostra farà tappa nel comune dell’Altopiano della Vigolana da venerdì 1 a mercoledì 6, a Civezzano da venerdì 8 a mercoledì 13 per concludere il tour a Pergine Valsugana dove potrà essere visitata da venerdì 15 a lunedì 25 aprile.

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Ieri avvenne di Chiara Paoli

Quando Goethe giunse in Trentino Trento, il 10 Settembre a sera. Ho percorsa la città, la quale è molto antica, ma che però possiede in alcune strade case nuove, di buona costruzione. Nella chiesa havvi un dipinto, il quale rappresenta il concilio ecumenico, intento ad ascoltare un discorso del generale dei gesuiti. Avrei pure voluto sapere quanto avesse detto quegli all’assemblea. […] Li 11 Settembre a sera. Mi trovo ora in Roveredo, dove si cangia lingua; finora si parlavano alternativamente l’italiano, ed il tedesco; qui ebbi per la prima volta un postiglione pretto italiano; il mio albergatore non capisce più il tedesco; mi è forza far prova della mia abilità nel parlare l’italiano, e mi rallegro tutto, nel pensare che quind’innanzi quella bella lingua, dovrà essere la mia lingua abituale. Torbole, il 12 Settembre al dopo pranzo. Quanto bramerei che i miei amici si trovassero ora per pochi istanti al mio fianco, per poter godere dessi pure, della vista incantevole che mi sta davanti. Avrei potuto arrivare a Verona fin di questa sera, ma avrei dovuto per questo lasciare in disparte uno stupendo punto di vista, quello del lago di Garda di cui non mi volevo privare, e fui ampiamento ricompensato di avere allungata d’alcun poco la strada. […] Si potrebbero trovare in quelle colline motivi di bellissimi paesaggi. Terminata la discesa, s’incontra un piccolo villaggio, all’estremità settentrionale del lago, con un piccolo porto naturale, o piuttosto punto di approdo, il quale ha nome Torbole. Avevo trovata già lungo la strada piante di fico, e sceso ora in quell’anfiteatro naturale di colline, trovai i primi alberi di olivo, carichi di frutti. Trovai ivi pure per la prima volta comunissimi i fichi bianchi, di cui mi aveva fatta parola la contessa Lantieri. […] Rilevo da Volkmann, che questo lago nell’antichità portava nome di Benaco, ed egli adduce un verso di Virgilio, che ne fa parola: “Fluctibus et fremitu resonans, Benace marino.” È questo il primo verso latino di cui io scorga il significato vivo davanti il mio sguardo; e ciò nel momento appunto, in cui le onde, agitate dal vento fattosi più gagliardo, si frangono sulla spiaggia, ora come secoli e secoli sono. Quante cose non cangiarono; ma soffia sempre lo stesso vento su questo bel lago, illustrato da un verso di Virgilio. […] Il mio albergatore mi annunciò con un’enfasi tutta italiana, che si stimava felice di potermi servire trote propriamente stupende. Si prendono presso Torbole, dove il torrente scende dai monti, e dove il pesce cerca risalirlo. L’imperatore ritrae mille scudi dall’affitto di questa pesca. Non sono propriamente trote, ma altra specie analoga di pesce, del peso talvolta perfino di quindici libbre; hanno il corpo tutto ricoperto di punti rossicci fin sulla testa, il loro gusto sta fra quello della trota e del salmone, e per dir vero sono di gusto delicatissimo e saporite. Migliori però di ogni cosa sono le frutta, specialmente i fichi e le pere, le quali non possono a meno di essere ottime qui, dove vivono pure gli agrumi.

Tratto da: https://it.wikisource.org/wiki/Ricordi_di_viaggio_in_Italia_nel_1786-87/Parte_I/Dal_Brennero_a_Verona

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uesti i “Ricordi di viaggio in Italia nel 1786-87” di Johann Wolfgang von Goethe, nella traduzione dal tedesco di Augusto Nomis di Cossilla (1875). Johann Wolfgang Goethe giunge a Trento il 10 settembre 1786, era partito da Karlsbad una settimana prima, per compiere il suo Grand Tour alla scoperta della penisola italiana che durerà due anni, non è più un

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ragazzo, ha già compiuto 37 anni. Colpisce che nella città del principato vescovile vedendo un’opera che rappresenta il concilio di Trento, si chieda cosa si siano detti in quell’occasione; Wolfgang era nato in una famiglia protestante e per lui trovarsi nella città della controriforma deve essere stato In Corso Bettini a Rovereto viene ricordato con una lapide apposta su

Johann Wolfgang von Goethe


Ieri avvenne

Come eravamo

Johann Wolfgang von Goethe

quello che un tempo era l’Albergo “Alla rosa”, dove passò la notte. Qui per la prima volta il poeta tedesco si deve confrontare con la lingua italiana. Un ulteriore e fondamentale sosta è quella che lo porta a Torbole, a ricordo di ciò in piazza Vittorio Veneto sono stati posti un medaglione di bronzo e un’epigrafe che lo ritrae. L’incontro con il lago di Garda lo incanta, il clima mite e la vegetazione tipica del Mediterraneo lo affascinano e nella sua descrizione è possibile scorgere tutto l’entusiasmo della scoperta che accompagna il viaggiatore e che ci offre una nuova concezione di paesaggio. Grazie a questa “recensione” che potremmo definire antesignana dell’attuale Tripadvisor, riportata nel primo volume dell’opera “Viaggio in Italia”, pubblicato nel 1816, si sviluppa il turismo tedesco sul lago benacense. Luogo ameno dove la borghesia ama soggiornare, ma successivamente anche luogo di cure termali e oggi meta del turismo di massa.

A Campiello di Levico nei primi anni del 1940 s’era fatto frate un giovane ragazzo “Avancini”. Alla sua Prima Messa tutta la popolazione s’era fatta attorno ed era stata scattata questa bella foto ricordo. Non si conosce molto della sua storia. Si sa però che era andato ad operare presso il monastero dei frati a Condino, dove però durante un bombardamento un aereo cadde proprio sul quel convento e padre Avancini rimase ucciso. Nella foto l’incontro a Campiello per la Prima Messa di padre Avancini. Accanto a lui i genitori e parrocchiani di Campiello e di Novaledo. (M.P.)

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Solitarietà e volontariato

CARITAS VALSUGANAe TESINO Superato anche l’anno 2021, segnato da limiti e restrizioni che hanno rallentato l’attività del Centro di ascolto e ridotto la capacità di intervento a favore delle persone con problemi, la commissione Caritas Valsugana Orientale e Tesino ha redatto un bilancio degli ultimi due anni 20202021. È in distribuzione nelle parrocchie della zona un pieghevole che illustra i dati relativi alla situazione economica della Caritas e le attività svolte nel 2020/21. Ecco i dati principali relativi ai due anni 2020-2021: - Sostegni economici provenienti da privati, Cassa Rurale Valsugana e Tesino, offerte varie nelle parrocchie e contributi Caritas diocesana del progetto “InFondo Speranza”: 52.564 - Impieghi a favore di persone bisognose: * per affitti e pagamento utenze varie di famiglie in difficoltà: 5.785 * erogazioni a sostegno del reddito di disoccupati, precari e autonomi diminuito causa COVID: 14.990 * per acquisto tablet per studenti bisognosi in DAD: 3.080 * per acquisto carte prepagate e aiuti per acquisto viveri: 2.550 * per necessità/bisogni impellenti e piccoli sussidi: 2.734 * spese varie (piccoli progetti, spese bancarie, amministrative): 2.708 * Totale impieghi: 31.847 - Fondi a disposizione al 31.12.2021: 20.717. L’attività del Centro di ascolto (CEDAS) continua dopo la ripresa dell’at-

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tività nell’ottobre 2021. Nel biennio trascorso gli incontri con persone bisognose per conoscere e valutare situazioni di bisogno e stabilire interventi di sostegno sono stati ridotti per le restrizioni antiCovid: circa 50 sono stati i colloqui tenuti presso la sede CEDAS all’Oratorio di Borgo con una ventina di persone (per circa 80 membri di famiglie in difficoltà). Si può pensare che tante persone, che pure si trovano in stato di bisogno, non si rivolgano alla Caritas per imbarazzo o ritrosia a chiedere aiuto, o che non siano a conoscenza delle disponibilità che essa può offrire a chi ad essa si rivolge. Nel periodo più buio della pandemia la Caritas ha distribuito carte di acquisto generi alimentari prepagate presso alcuni negozi della zona e notevoli aiuti economici a sostegno del reddito di un discreto numero fra disoccupati, lavoratori precari sia dipendenti che autonomi (utilizzando le notevoli risorse messe a disposizione dalla Diocesi di Trento col progetto “In Fondo Speranza”). Sempre con il contributo della Diocesi di Trento è stato anche possibile fornire a 12 studenti con problemi familiari il tablet da utilizzare per la didattica a distanza (DAD).

La commissione Caritas si sta impegnando, assieme ad altre associazioni di volontariato locale, per affrontare il grave problema dell’emergenza abitativa: molti nuclei familiari cercano casa e non la trovano, sia per i canoni d’affitto superiori alle loro possibilità, sia perché vengono rifiutati perché stranieri, così spesso vivono in locali sottodimensionati e privi di spazi adeguati. La Caritas ha chiesto e ricevuto dalla Comunità di Valle una serie di dati sugli alloggi sfitti esistenti in zona: sono oltre 6.500 gli appartamenti non locati, un 25/30% dei quali sarebbero affittabili subito (soprattutto privati, ma anche in piccola parte pubblici). La pressione abitativa risente del notevole insediamento in zona di tanti giovani immigrati profughi dai paesi poveri negli ultimi 6-7 anni, la quasi totalità dei quali ha trovato qui un lavoro e che anzi vengono ricercati da tante nostre aziende (non solo agricole) e adesso vedrà anche l’arrivo dei poveri profughi ucraini.


Solitarietà e volontariato garante nei confronti dei proprietari di appartamenti per assicurare la copertura degli anticipi contrattuali, a svolgere un’azione di raccolta dati e monitoraggio dei possibili affittuari/ utenti e a collaborare con i richiedenti affitto nell’espletamento delle varie pratiche amministrative-burocratiche. Eventuali segnalazioni vanno fatte al CEDAS. Il CEDAS della Caritas Valsugana Orientale e Tesino è aperto presso l’Oratorio di Borgo (al 3° piano) ogni giovedì dall 9.00 alle 11.00 previo appuntamento da fissare al cell. 333 4303464 La comunità cristiana deve sentirsi interpellata. La Caritas ha già iniziato ad interessare le istituzioni pubbliche sul problema e vuole coinvolgere i Consigli pastorali e le varie associazioni sociali

operanti in zona perché ricerchino proprietari di alloggi disponibili ad affittarli a persone in stato di bisogno. La Caritas, anche in collaborazione con altre associazioni di volontariato sociale, è disponibile a costituirsi

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Orario Segreteria: Lunedì - Venerdì 08.00-13.00 / 14.00-19.30 - Sabato 08.00-12.30 Orario Centro Prelievi BORGO VALSUGANA: Lunedì - Sabato 07.00-09.00

Direttore Sanitario Dott. Claudio ROSSETTO - Direttore Laboratorio Analisi Dott. Dario CESCO

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Medicina & Salute in collaborazione con Gruppo Romano Medica- Borgo Valsugana

LA DERMATOLOGIA e le malattie della pelle

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a dermatologia è quel ramo della medicina che si occupa della diagnosi, trattamento e cura di tutte le patologie a carico della pelle e degli annessi cutanei, quali unghie, peli, capelli. Una branca specialistica che spazia tra le malattie e manifestazioni a carattere infiammatorio, allergologico, infettivo, metabolico, autoimmuni e non di rado anche oncologico. Esempi di problemi che il dermatologo affronta quotidianamente sono il controllo dei nei, l’acne, l’alopecia, le malattie dell’unghia, la dermatite seborroica e la psoriasi, la dermatite atopica, le cheratosi attiniche, le verruche. E sebbene la dermatologia sia una disciplina ben definita, essa è legata e collegata a molte altre specialità mediche, compresa la chirurgia, quando si tratta di eseguire particolari interventi. E’ bene sapere che una lesione cutanea o altre manifestazioni che interessano la pelle, possono essere veri campanelli d’allarme da non sottovalutare e che, a volte, devono essere studiate e trattate anche a livello multidisciplinare. Potrebbero, infatti, nascondere o essere l’inizio di una patologia ben più grave. Manifestazioni che possono essere di origine infettiva, infiammatoria, allergica, immunitaria o altre determinate cause. Buona norma, quindi, è quella di sottoporsi a una visita dermatologica ogni qualvolta si manifesti una qualsiasi sintomatologia, seppur di lieve entità, o se si hanno particolari mutazioni circa l’aspetto della pelle, delle unghie o dei capelli. Ed è utile sottolineare che alcune malattie della pelle possono coinvolgere,

anche in maniera seria, altri nostri organi e apparati, come per esempio l’instaurarsi di patologie di natura autoimmune, reumatologica e non di rado l’apparato osteomuscolare. Di particolare importanza, e mai da sottovalutare, è il periodico controllo dei nevi o nei perché la loro “degenerazione” e trasformazione cutanea, quali sanguinamento, area arrossata con bordi irregolari e asimmetrici, aumento della dimensione e colore variabile, possono essere il primo “pericoloso” sintomo della presenza del melanoma che è uno dei peggiori tumori della pelle, molto aggressivo con a volte tragiche conseguenze. Un appropriato controllo dei nevi eseguito dallo specialista dermatologo, con un particolare strumento chiamato dermatoscopio, permette di verificare la benignità dei nei ed individuare sul nascere un eventuale nevo maligno o dubbio. Si tratta quindi di una visita di prevenzione, chiamata prevenzione secondaria, proprio perché è volta a trovare ed estinguere nelle fasi più precoci un’eventuale degenerazione. E a proposito di evoluzione è utile sottolineare che moltissime malattie dermatologiche hanno o possono avere un andamento clinico molto variabile rispetto alla zona della pelle interessata, alla distribuzione nel corpo e anche alla pericolosità della patologia stessa. E a seguito della diagnosi e del quadro clinico del paziente, della sua anamnesi personale e familiare, il dermatologo sarà in

Rosacea

grado di prescrivere gli idonei, efficaci e appropriati trattamenti medici, farmacologici, chirurgici e/o estetici. Altri particolari rami e specifici settori della dermatologia sono: * quella Pediatrica che s’interessa delle varie patologie e dermatosi nei bambini perché possono, a volte, avere un’evoluzione diversa da quella che avviene in un adulto; * e la Venereologia che nello specifico si occupa della diagnosi e trattamento di tutte le malattie a carico dell’apparato sessuale, generate da funghi, batteri, parassiti e virus che si differenziano tra loro per diversa evoluzione e diverso grado di sintomatologie e gravità. Si informano i nostri lettori che presso il Poliambulatorio “GRUPPO ROMANO MEDICA” di Borgo Valsugana – Piazza Romani 8 (ingresso 1), è attivo l’ambulatorio di Dermatologia. NOTA DI REDAZIONE: Le informazioni fornite in questo articolo sono di carattere puramente divulgativo e orientativo, pertanto non sostituiscono in nessun modo la consulenza diretta da parte di medici specializzati.

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Medicina & Salute di Erica Zanghellini *

L’ansia da prestazione

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olti ragazzi hanno appena ricevuto un importante feedback da parte di molte scuole, le “pagelline”. Danno un rimando sul pentamestre appena concluso e sebbene per alcuni rimanga un passaggio di prassi per altri non è così. Per una gran fetta di studenti risulta essere un momento molto ansiogeno. Per tutti i ragazzi in cui c’è un’associazione tra i voti ricevuti e la propria efficacia può essere già difficile rapportarsi quotidianamete con la scuola, figuriamoci nel momento dei giudizi finali. Per tutti gli studenti che infatti soffrono di ansia da performance le cose non sono così semplici. Ma che cos’è l’ansia da prestazione? Diciamo che a tutti è successo almeno una volta nella vita di sentirsi bloccati, di non riuscire ad iniziare un’attività oppure di essere riusciti ad iniziarla ma poi, non farcela più ad andare avanti. Questo blocco così forte può proprio derivare dall’ansia da prestazione. Il pensiero che mantiene questa difficoltà è che ci si sente troppo sotto pressione e non si crede di riuscire a portare a termine il compito perché le risorse possedute non sono abbastanza. Nel momento in cui si stabilizza nella vita della persona l’ansia da prestazione può prendere due vie: -si instaura un vero e proprio evitamento delle attività in cui provo questa emozione disfunzionale che a livello più o meno conscio mi blocca. Più questo evitamento prende piede e più la vita di tutti i giorni sarà compromessa;

-oppure la persona cerca di controllare l’ansia sempre di più ma, questa emozione continua ad aumentare fino a sfociare in veri e propri attacchi di panico. Gli ambiti in cui questa problematicità si può manifestare sono i più disparati, dallo sport, alla musica, alle relazioni ma, logicamente essendo una parte molto importante nella vita dei bambini e dei ragazzi frequentemente si vede in ambito scolastico. Abitualmente si instaura dopo un primo fallimento che mette in discussione il fatto di potercela fare e in cui in più si fa strada il dubbio che il tutto possa ripetersi. In questo caso il fallimento può essere soggettivo, ovvero la sensazione di non riuscire non deve per forza essere legata ad una performance particolarmente negativa. A questo punto si comincia a pensare che per ovviare a questo problema bisogna essere preparatissimi, prontissimi e non lasciare nulla al caso. In questo modo sembra di aver sotto controllo tutto e non lasciare nulla al caso. Questa strategia contrasterebbe la sensazione di incertezza, e le paure connesse. Ogni volta però, ci sarà

sempre qualche cosa che non è stata conteggiata oppure trascurata, perché il tenere tutto sotto controllo è impossibile. E’ solo un’effimera illusione e quindi riparte l’ansia sempre più pervasiva. Questo ciclo disfunzionale si ripeterà e si ripeterà finchè il ragazzo non ce la farà più o dalla scuola arriveranno dei rimandi di preoccupazione. Ci sono infatti delle conseguenze secondarie che spesso entrano in gioco: le assenze scolastiche. Come sappiano c’è un limite massimo di assenze per poter superare l’anno scolastico e dove c’è un evitamento importante di questo, tipo spesso e volentieri il limite viene superato. L’unica strada per poter uscire da questo circolo vizioso è capire, capire perché ha preso vita, quali sono i temi che si attivano in me e come gestire più funzionalmente le cose. Non è un processo veloce, ma è l’unico che possa garantire una qualità di vita poi soddisfacente e per contrastare il possibile abbandono scolastico precoce. Ricordiamoci che come in tutte le difficoltà la gestione deve essere graduale e di solito la scuola in questi casi lavora in sinergia con il clinico e il ragazzo. Se si riesce ad intervenire tempestivamente e simultaneamente spesso e volentieri le difficoltà rientrano e il ragazzo arriva a conseguire i titoli di studio tanto desiderati. * Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel- 3884828675

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Tra scuola, poesia e musica di Chiara Paoli

3.14 Pi greco day

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el 1988 Larry Shaw, fisico statunitense dell’Exploratorium di San Francisco, uno dei musei scientifici più noti al mondo, lancia l’idea di festeggiare il 14 marzo come Pi Greco Day o Pi Day; a questa istituzione si aggiunge nel 2020 l’Unesco, che la proclama Giornata internazionale della matematica. Da notare che questa data coincide anche con il giorno di nascita del fisico Albert Einstein. Altra data papabile per celebrarlo sarebbe il 22 luglio, in quanto 22/7 è una famosa frazione, tratta dagli studi di Archimede, che approssima quella costante matematica contrassegnata con la lettera greca π (Pi), scel-

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ta in quanto iniziale della parola περιφέρεια (perifereia), che in greco significa circonferenza Quella che è conosciuta anche come costante di Archimede o di Ludolph, ci viene insegnata a scuola, ci aiuta a calcolare l’area del cerchio e viene approssimata al numero decimale 3,14. La prima menzione a noi nota di questo numero speciale, appartiene ad uno scriba egizio di nome Ahmes, che nel papiro di Rhind, risalente al XVII secolo a.C. la esprime con il valore frazionario di 256/81 o 3,160. Archimede di Siracusa nel III secolo a.C., utilizzando poligoni regolari inscritti e circoscritti a una circonferenza, riuscì ad elaborare un metodo con cui è possibile ottenere una buona approssimazione, identificandoli con un numero compreso tra 223/71 e 22/7, la media dei due valori è pari a 3,1419. A questi seguono numerosi studiosi che si dedicano all’analisi di quello che risulta essere il numero irrazionale più noto anche al di fuori della cricca dei matematici. Ed effettivamente questo numero ricorre spesso, non solo in mate-

matica, ma anche in altri ambiti come fisica, statistica, ingegneria, architettura, biologia, astronomia e persino nelle arti. Il π si riscontra nei ritmi delle onde acustiche e nelle onde del mare, è ricorrente sia in natura che in geometria. In Italia la festa viene celebrata a partire dal 2017, anno in cui viene riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur). Nei campus americani e in Inghilterra, dove la festa è nota già da tempo, la passione per il Pi greco contagia gli ambiti della cucina e dello shopping, con iniziative come il prezzo fisso a 3,14 dollari per una fetta di pizza, o una torta, non a caso la scelta di alimenti con iniziale ‘pi’. La poetessa polacca e premio Nobel Wisława Szymborska, nella raccolta Grandi numeri (Wielka Liczba) del 1976, inserisce un poemetto dedicato al Pi greco e π 3,14 è il titolo del quinto album dei Rockets, datato 1981. A questo numero la popstar Kate Bush ha dedicato il secondo brano del suo ottavo album intitolato Aerial, pubblicato nel 2005. “π - Il teorema del delirio” è il titolo di un thriller del 1998 diretto dal regista Darren Aronofsky. Nel film Vita di Pi, diretto da Ang Lee, del 2012, il protagonista indiano, Piscine Molitor Patel, per non essere preso in giro per il suo nome, decide di abbreviarlo in Pi. Curiosità vuole che per ricordare le prime 19 cifre del numero Pi greco, sia stata creata questa frase, in cui vanno calcolate le lettere di ciascuna parola: “Ave, o Roma o Madre gagliarda di latine virtù che tanto luminoso splendore prodiga spargesti con la tua saggezza”.


Pantone 484 C C M Y K

25,29 88,89 96,63 21,91

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Ieri avvenne di Mario Pacher

Le GUERRE NAPOLEONICHE

e la VALSUGANA I

l periodo compreso fra il 1796 e il 1813 fu sicuramente uno dei più travagliati nella storia del Trentino, essendo stata anche la nostra provincia investita in pieno dalle guerre napoleoniche con tutte le conseguenze immaginabili. Intanto è bene ricordare come la guerra europea scoppiata in seguito alla Rivoluzione Francese, dal 1795 si trasformò in un conflitto fra Francia e Austria. Nel marzo del 1796 Napoleone Bonaparte ottenne il comando dell’Armata d’Italia e dopo aver ripetutamente battuto gli austriaci in Piemonte e Lombardia, entrò nel territorio della Repubblica di Venezia. Fu a questo punto che decise di oltrepassare le Alpi attraverso la Valle dell’Adige, con l’obiettivo di congiungersi con il generale Moreau sul fiume Inn e di proseguire poi, assieme, l’avanzata in direzione della capitale austriaca. Particolare interesse riveste per la nostra storia la prima invasione francese, dato che fu in quell’occasione che Napoleone Bonaparte arrivò in Trentino e attraversò pure la Valsugana. Era chiaro fin dall’inizio del 1796 che gli eventi bellici avrebbero interessato anche la nostra provincia e che le truppe francesi avrebbero travolto rapidamente le deboli difese austriache, avvicinandosi sempre più al territorio trentino. Infatti man mano che la minaccia dell’invasione francese diventava sempre più una realtà, in Valsugana si intensificavano i passaggi di truppe, di cavallerie e di infanterie delle più diverse nazionalità. La sera del 2 luglio 1796 passarono per Borgo Valsugana circa 3.000 soldati, mentre altri 2.000 attraversa-

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Ritratto di Napoleone Bonaparte

rono il paese quattro giorni più tardi, il 6 luglio. Sempre nello stesso mese giunsero nel centro valsuganotto 1.500 ussari e cinque divisioni di cavalleria composte complessivamente da 3.500 soldati. In conseguenza di questo continuo susseguirsi di passaggi di truppe e a causa anche dei loro accampamenti, furono distrutti i raccolti e consumate pure le scarse riserve alimentari accu-

mulate con fatica dalla popolazione. Per questo una parte della popolazione fu costretta a riparare altrove per paura di violenze, ruberie e anche di malattie. I francesi giunsero a Trento il 5 settembre 1796, dopo aver sconfitto gli austriaci nelle battaglie di Ala, Serravalle e Calliano. Alla notizia di questa rapida avanzata verso Trento, il generale austriaco Wurmser, assieme ai suoi 25.000 uo-


Ieri avvenne mini, decise di attuare un piano per la liberazione dell’assediata fortezza austriaca di Mantova, percorrendo la via della Valsugana. Napoleone dovette quindi rinunciare al piano progettato di ricongiungersi con il generale Moreau sull’Inn, per puntare invece all’inseguimento del nemico attraverso questa Valle. Come da sempre avviene in tutte le invasioni, il passaggio delle truppe fu accompagnato da saccheggi e ruberie di tutto quello che veniva trovato nei paesi occupati. Su uno dei registri presso la parrocchia di Novaledo è stato trovato un appunto dell’allora parroco sul passaggio delle truppe francesi. Ecco quanto sta scritto: “ Li 6 settembre 1796 sotto di me Parroco Grassi passando in questa mattina la truppa francese di più di mille uomini, in questo Paese recò al Paese stesso gravissimi danni, e spavento da morire. Questa marcia durò tutto il giorno delli 6, e 7 ed 8 settembre ed anco la notte; in questa occasione ai Masi vennero frante le porte di tutte le case, spogliate le case di rami, lenzuoli, camicie, coperte e abiti e dinari; così che qual famiglia soffrì di danno di 70 fiorini, chi di 30 fiorini, chi di 80. La mia canonica fu spogliata del più bello, e del più estimabile, ed io stesso fui colla morte alla golla per 4 volte interpellatamene, ed ho sofferto di danno più di 100 fiorini. Infatti non andò una casa immune da rottura della porta maestra, e da danni prodotti dalle truppe francesi. Vennero dai soldati francesi tutti gli uomini, e donne assalite per strappargli danari da dosso; infatti il danno prodotto a questo Paese dai Francesi in questa depredazione o saccheggio monta a circa 6 mille fiorini. Nel dì dei 6 alla mattina in canonica mia furono rubati dai Francesi li vasetti d’argento della cassettina destinata per l’oglio Santo; ed anco quello vasetto d’oglio Santo che si custodiva nella borsa pro infirmis coll’oglio stesso entrovi racchiuso. Nota: le donne per sottrarsi dalla

La targa sulla casa di via Morizzo a Borgo Valsugana

morte dovettero fuggire per i monti e boschi, al Maso che si chiama Cucco in cima alla Valle. Marco Grassi, Parroco di qui e ciò ad perpetua rei memoria.” Napoleone arrivò a Borgo Valsugana attraversando via Valsorda, Vigolo Vattaro, Calceranica e Caldonazzo nella sera del 6 settembre 1796, assieme al suo Stato Maggiore. Per alloggiare in modo adeguato, l’illustre ospite si cercò la migliore delle stanze disponibili che venne individuata in una casa posta nell’attuale via Morizzo, sul Lungo Brenta. Si trattava dell’abitazione del dottor Prospero Zanetti che fu prescelta in quanto assai ampia, lussuosa e con un pavimento a parquet. Napoleone trascorse la notte in questo alloggio e ripartì poi il giorno successivo, di mattino presto, in direzione di Bassano all’inseguimento del generale austriaco Wurmser, lasciando un battaglione di uomini a presidio del paese. A Borgo Valsugana ancora oggi si trova, su quel fabbricato, una targa a ricordo della presenza di Napoleone, con la seguente scritta:

NAPOLEONE BONAPARTE GENERALISSIMO ABITO’ IN QUESTA CASA IL 6 SETTEMBRE 1796 Si racconta poi che Napoleone impartiva gli ordini ai suoi subordinati stando seduto su un sasso posto all’incrocio fra l’attuale via Morizzo e l’inizio del ponte sul fiume Brenta. Detta pietra, che ancora oggi esiste, è chiamata il “sasso di Napolion”. La prima invasione francese ebbe la durata di due mesi e si concluse il 5 novembre 1796 quando le truppe austriache prevalsero su quelle francesi. Negli anni successivi si susseguirono nuove e ripetute occupazioni da parte dei soldati d’Oltrealpe che portarono, fra l’altro, nel dicembre del 1802, alla secolarizzazione del Principato Vescovile di Trento. Dopo alterne vicende le guerre napoleoniche in Trentino si conclusero il 31 ottobre 1813, quando, questa volta definitivamente, le truppe austriache sconfissero quelle avversarie. Ecco quindi che anche in Valsugana, del grande Generale, è rimasto un piccolo segno del suo passaggio.

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I consigli di

agricoltura orticoltura giardinaggio

BREVE GUIDA all’ORTO di CASA F

ino a pochi decenni fa coltivare l’orto a casa era vista solo come una necessità. Negli ultimi anni l’emergenza sanitaria ha portato i cittadini a riscoprire e rivalutare il proprio spazio verde, come luogo di fuga dall’isolamento domestico e come dimensione personale di rigenerazione della mente. Fare l’orto è diventato un hobby che coinvolge tutta la famiglia, permette di trascorrere del tempo all’aria aperta, a contatto con la natura e insegna due cose molto importanti: la pazienza e l’importanza dell’attesa e anche che senza un po’ di fatica, non si ottiene nulla. L’orto richiede impegno e mani sporche, ma che soddisfazione! Ecco quindi qualche consiglio utile per coltivare i vostri ortaggi preferiti nei vostri spazi di casa. Scegliete il vostro angolo di balcone o giardino, zappe in mano e si comincia!

Inquadra il QR Code con lo smartphone per scaricare la "Tabella delle consociazioni"

Preparazione del terreno Iniziamo col disinfettare il terreno in modo naturale ed a fertilizzarlo con del concime organico. Si comincia quindi la vangatura e si lascia riposare il terreno per 15 giorni. Semina e trapianto Nelle nostre zone la primavera si fa sempre un po’ desiderare e sono ancora frequenti le gelate. È quindi consigliabile iniziare adesso la semina in semenzaio. La semina in campo è possibile, ma solo se siete abbastanza fortunati da

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avere una serra. Avete poco posto? Nei negozi SAV possiamo trovare una soluzione, come una mini serra o del tessuto non tessuto adatti anche al vostro balcone o terrazzo. Quando poi le temperature lo permetteranno, potete procedere alla semina di quello che più vi aggrada.

Consociazioni Dovete sapere che anche gli ortaggi hanno le loro simpatie ed è buona norma tenerne conto nel momento del trapianto. Le radici emettono sostanze che possono influenzare la crescita e lo sviluppo delle piante vicine tra loro. Ad esempio la lattuga va d’accordo con diverse specie come peperoni, pomodori, cetrioli, cicorie e fragole, ma è nemica del prezzemolo. Curiosi di scoprirle tutte? Inquadra il QR CODE che trovi in questa pagina e scarica la tabella delle consociazioni. Anche i fiori possono essere vostri alleati! Nasturzio, calendula e tagete attirano gli insetti impollinatori ed anche l’antipatica ortica si rivela molto utile. Possiamo prepararne un macerato da usare come insetticida e poi, con le cime fresche, farci degli ottimi strangolapreti! Irrigazione Quanto bagnare il vostro orto dipenderà molto dal tipo di terreno. Se molto sabbioso sarà necessario irrigare di più rispetto ad un terreno argilloso. Il consiglio che vi diamo è, nelle ore più fresche, annaffiare con minor frequenza ma con grandi quantità d’acqua, evitando di bagnare foglie e frutti. Adesso siete pronti per procedere da soli! Se avete dubbi o domande vi aspettiamo nei negozi SAV, dove potete trovare personale pronto a consigliarvi e tutto il necessario per la riuscita del vostro orto!


Da parte dell’Associazione Taiapaia ci giunge questa lettera che volentieri pubblichiamo

SALTARE IL MURO D omenica 6 febbraio si è svolta un’assemblea dell’Associazione Taiapaia, con un ordine del giorno molto particolare. Il clima di rancore e divisione generato dalle politiche di contenimento del virus è stato al centro di un dibattito online fra soci e simpatizzanti della nostra Associazione. Dalla discussione è emersa la consapevolezza che questa frattura nella società lascerà pesanti strascichi anche ad emergenza rientrata. Ci siamo anche resi conto, però, che esiste nella società una quota di persone che rifiuta questa dicotomia e, pur avendo fatto scelte diverse, non accetta di farsi ingabbiare in uno schieramento provax o novax, riconoscendo punti di forza e di debolezza in entrambe le posizioni. Questo rifiuto, domenica sera, si è espresso soprattutto nei fatti, perché le persone che si sono incontrate sono riuscite a confrontarsi serenamente per due ore, pur partendo da posizioni anche molto diverse, trovando importanti punti di convergenza sulla visione della situazione attuale, al di là della campagna vaccinale e del green pass. Consideriamo preziosa questa realtà che può aiutare una ricomposizione e un dialogo, partendo dalla ferma convinzione che i diritti fondamentali non possono essere trattati come un premio per far aderire i cittadini alle politiche governative. Evidente diventa anche come, questo scontro fra fazioni apparentemente monolitiche, oscuri responsabilità di gestione che invece dovrebbero venire focalizzate con grande attenzione. La pandemia è giunta in una fase storica dove già incombevano diverse crisi sia di tipo economico che finanziario, politico, climatico e

ambientale. Non è escluso che anche la crisi sanitaria si possa, assieme alle sopracitate, ascrivere almeno in parte ad un determinato modello di società diseguale sempre più in conflitto con le leggi della biosfera che la ospita. Crediamo che questi segnali, per noi molto chiari, vadano interpretati ripensando radicalmente il nostro modo di abitare il pianeta e molto di ciò che oggi appare una legge di natura, ma che tale non è. Alcuni si erano forse ingenuamente illusi che la pandemia avrebbe suscitato la consapevolezza necessaria per una rimessa in discussione del modello neoliberista tecnofinanziario, ma sembra al contrario che ci sia una recrudescenza di tali politiche. Si è evidenziata anche una forte spinta verso quella tecnica che sembra avanzare incontrastata sempre più svincolata da un discorso etico che la dovrebbe sorreggere. Ormai la tecnica sembra imporsi e sostituirsi anche a competenze nominalmente ascrivibili a processi democratici, vedi comitati tecnico-scientifici e governi

tecnici accettati in modo sempre più acritico e quasi acclamati. Da queste ed altre interessanti riflessioni ed analisi è emersa la volontà di organizzare una manifestazione per la “ riconciliazione” e per rendere pubblico il rifiuto di dicotomie artificiali e di politiche miopi che impongono limitazioni e sacrifici in nome della tutela della salute mentre alla Sanità Pubblica si continuano a togliere risorse, cercando di favorire il privato e le sue logiche. E mentre si rinuncia, sempre in nome di competizione e profitto, ad una seria prevenzione di moltissime malattie dovute a inquinamento e alimentazione, si evita scrupolosamente anche di parlare di togliere i brevetti sui vaccini. La nausea che queste politiche di difesa del profitto, spacciate per tutela della salute, sta suscitando potrebbe contribuire a rinsaldare attorno a questioni vere le nostre iperatomizzate e confuse comunità? Noi pensiamo di sì. Contattateci e fateci sapere se sarete assieme a noi per dare questo segnale importante.

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Il Circolo Fotografico Luigi Cerbaro in collaborazione con Valsugana News in occasione del 55esimo anniversario del Circolo

ORGANIZZA

il CONCORSO FOTOGRAFICO LE QUATTRO STAGIONI IN VALSUGANA Il concorso inizia il 3 novembre 2021 e terminerà il 21 settembre 2022. Il concorso, che è aperto a tutti, è suddiviso in 4 categorie:

Autunno, Inverno, Primavera, Estate. E ognuna terminerà con lo scadere delle varie stagioni. Le classifiche - per stagione e quella finale - saranno stabilite in base ai like ricevuti su Facebook. Al termine di ogni stagione sarà stilata la classifica temporale e quindi annunciati i vincitori. Regolamento su Facebook gruppo e pagina Circolo Fotografico Cerbaro - Borgo Valsugana. Per ulteriori informazioni: circolofotograficocerbaro@gmail.com In caso di utilizzo improprio e illegale o per appropriazione indebita delle foto pubblicate su Facebook del Circolo fotografico Luigi Cerbaro, quest’ultimo declina qualsiasi responsabilità civile, penale ed economica. Per la pubblicazione delle foto aventi come soggetto dei minori è obbligatoria la liberatoria sottoscritta da entrambi i genitori.

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Girovagando: qui USA di Francesca Gottardi *

FILADELFIA La capitale storica degli Stati Uniti

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l 21 febbrario scorso si è tenuto negli Stati Uniti il Presidents’ Day, il Giorno dei presidenti USA. Per l’occasione, sono volata a Filadelfia, la prima capitale statunitense e la sede delle prime istituzioni governative e presidenziali degli Stati Uniti d’America.

tana raggiunge una popolazione di sei milioni di persone. Dal 1790 al 1800 fu la capitale degli Stati Uniti. A Filadelfia furono redatti due dei documenti più importanti della storia USA: la dichiarazione di Indipendenza (1776) e la Costituzione Statunitense, in vigore dal 1789.

Il Presidents’ Day Il Giorno dei presidenti è una festività USA che commemora il compleanno di George Washington, il primo presidente degli Stati Uniti D’America. Washington è considerato il Padre della Patria e uomo di grandi virtù morali e pubbliche. Basti pensare che ad oggi è l’unico Presidente USA ad essere stato eletto all’unanimità dal collegio elettorale. Il Presidents’ Day si celebra in tutto il Paese il terzo lunedì di febbraio, che cade attorno al 22 febbraio (nascita del presidente Washington) e al 12 febbraio (nascita del presidente Lincoln). La festività fu istituita dal governo federale statunitense nel 1880. Questo giorno è spesso accompagnato da celebrazioni pubbliche ed è una festività osservata da molte scuole ed istituzioni federali.

La storia Prima dell’arrivo degli europei, nell’area di Filadelfia sorgeva un nucleo abitato da nativi americani della tribù dei Delaware (o Lenape), nota come Shackmaxon. I primi colonizzatori europei arrivarono nella zona a metà del diciassettesimo secolo, guidati dal missionario svedese Johannes Campanius. Per questo l’area fu inizialmente nota come Nuova Svezia, anche se presto passò sotto il controllo britannico. Il fondatore di Filadelfia William Penn era infatti un ammiraglio inglese. Una curiosità: il progetto urbanistico seguito con successo da Penn lasciava ampi spazi fra le costruzioni, allo scopo di controllare meglio gli incendi e le epidemie (che all’epoca erano ricorrenti). Oltre al suo importante ruolo storico, Filadelfia fu anche uno dei principali centri mondiali dell’industria ferroviaria.

La città Filadelfia (dal greco antico “amore fraterno”) è la città più importante dello Stato della Pennsylvania e tra le più antiche degli USA. È conosciuta informalmente dagli americani come “Filly.” La sua importanza è ben rappresentata dall’imponente City Hall, che è la sede del comune della città. Fondata nel 1682 dal quacchero William Penn su principi di libertà e tolleranza religiosa, Filadelfia conta ben due milioni di abitanti e la sua area metropoli-

I monumenti A Filadelfia vi sono alcuni tra i monumenti istituzionali più significativi della storia americana moderna. Degni di particolare nota sono quelli racchiusi nell’Independence National Historical Park. Questo comprende in primo luogo il complesso dell’Independence Hall, risalente al 1753. Il complesso comprende la prima residenza presidenziale e l’Old City Hall, che ha

City Hall sede comune di Philadelphia

ospitato la prima Corte Suprema USA. Comprende inoltre l’Independence Hall, conosciuto per essere il luogo dove venne discussa e ratificata la Dichiarazione d’Indipendenza USA. Con la dichiarazione, le tredici colonie britanniche della costa atlantica nordamericana dichiararono la propria indipendenza dall’impero britannico, e nacquero così gli Stati Uniti d’America. Il documento originale della Dichiarazione è oggi conservato a Washington DC. L’Independence Hall è stato anche sede del Parlamento USA, ed il luogo dove venne inoltre firmata la Costituzione degli Stati Uniti. È per questo riconosciuto come Patrimonio dell’Umanità UNESCO. La torre dell’Independence Hall ospitò un tempo la Liberty Bell (la “Campana della libertà”), oggi conservata in un museo adiacente. La campana ha un importantissimo significato storico. È emblema della Rivoluzione americana ed ogni anno attrae oltre un milione di visitatori. È inoltre simbolo di unità, tolleranza, e del movimento abolizionista USA contro la schiavitù. Suonò per la prima volta il 22 febbraio del 1846 (il Giorno dei Presidenti), in occasione del compleanno di George Washington. *Francesca Gottardi è nostra corrispondente USA

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Conosciamo le leggi di Erica Vicentini*

ESDEBITAZIONE: un modo legale per cancellare i debiti pregressi

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l tema del pagamento dei debiti e delle difficoltà che si incontrano nel riuscire ad adempiere con puntualità alle scadenze di pagamento è sempre caldo nel dibattito sociale e politico, oggi più che mai dopo il grave periodo di emergenza sanitaria che abbiamo vissuto, foriero di conseguenze negative per privati e imprese. In un precedente mio intervento su questa rivista avevo cercato di fornire un quadro sulle soluzioni che la legge promuove per uscire dalle situazioni di crisi da c.d. sovraindebitamento. La

legge n. 3/2012 (c.d. legge “salvasuicidi”) ha previsto infatti 3 strumenti che consentono di “uscire” da tale perdurante difficoltà economica attraverso un percorso sostenibile: accordo in composizione della crisi, piano del consumatore e liquidazione del patrimonio. L’esito di questi tre percorsi può condurre alla esdebitazione, ossia alla cancellazione di tutti i debiti residui che, durante il corso degli anni di procedura sotto il controllo del Tribunale, non sono stati pienamente saldati.

Di seguito un provvedimento di concessa esdebitazione che, con l’avv. Daniele Spena, titolare dello Studio Legale Spena, abbiamo recentemente ottenuto presso il Tribunale di Bolzano. Il beneficio dell’esdebitazione è concesso dal Giudice su domanda del debitore, che deve quindi essere assistito da un avvocato. Lo scopo è quello di valorizzare l’individuo recuperando la sua potenzialità economica ottenendo, in questo modo, non solo la liberazione dello

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Conosciamo le leggi stesso dal debito ma anche la liberazione del debitore, ad esempio, dal lavoro in nero, dalle separazioni fittizie, dalla disoccupazione e da tutte le altre conseguenze cui conduce, inevitabilmente, il fallimento economico. La esdebitazione non segue in automatico alla chiusura della procedura di sovraindebitamento che si è aperta e conclusa ma viene concessa dal Giudice, appunto quale beneficio, all’esito di una serie di verifiche. Affinché sia concessa, il debitore persona fisica deve aver soddisfatto, almeno parzialmente, i creditori concorsuali durante gli anni di apertura della procedura e dimostrare di: · aver cooperato al regolare ed efficace svolgimento della procedura, fornendo una adeguata collaborazione e adoperandosi per la corretta esecuzione delle operazioni; · non aver, in alcun modo, ritardato lo svolgimento della procedura; · non aver beneficiato di altra esdebitazione negli otto anni precedenti; · aver svolto, nei quattro anni successivi al deposito della domanda di liquidazione, un’attività produttiva di reddito adeguata alle proprie competenze e alla situazione del mercato o abbia cercato un’occupazione e non abbia rifiutato, senza giustificato motivo, proposte d’impiego; · non essere stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per uno dei reati dalla L. 3/2012. In sostanza, davanti al Giudice, in sede di richiesta di esdebitazione, è necessario dimostrare che il debitore si è comportato diligentemente per tutti gli anni di durata della procedura, curandone gli obblighi e adoperandosi per produrre del reddito o quantomeno per trovare un’idonea occupazione. Nel caso che abbiamo deciso di con-

dividere, la persona che aveva richiesto con l’avv. Daniele Spena l’accesso alla procedura di sovra indebitamento ha ottenuto anche la successiva esdebitazione, proprio perché ha dimostrato di aver mantenuto durante tutti gli anni della procedura un comportamento corretto. Il vantaggio che ne ha tratto è evidente: il Giudice ha in sostanza cancellato tutti i residui debiti pregressi, dichiarandosi inesigibili. Ciò significa che quei crediti non potranno più essere azionati giudizialmente in futuro e la persona che ha intrapreso questo percorso potrà tornare a vivere nel contesto economico

senza pesi o preoccupazioni. NOTA di REDAZIONE: “Il presente articolo è stato redatto congiuntamente dall’avv. Erica Vicentini e dall’avv. Daniele Spena, che ha ottenuto l’importante provvedimento del Tribunale di Bolzano oggetto di commento. L’avv. Daniele Spena è avvocato del Foro di Trento dal 2011 e svolge la professione a Pergine Valsugana, anche in collaborazione con l’avv. Erica Vicentini, occupandosi prevalentemente di diritto civile-societario, diritto di famiglia e successioni”.

... omissis ... ... omissis ...

Chi desiderasse avere un parere su un problema o tematica giuridica oppure una risposta su un particolare quesito, può indirizzare la richiesta a: direttore@valsugananews.com

* Avvocato Erica Vicentini, del Foro di Trento, Studio legale in Pergine Valsugana, Via Francesco Petrarca n. 84)

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Che tempo che fa di Giampaolo Rizzonelli *

2021: ancora un anno caldo per il Pianeta Terra Il grafico di fig. 1 del NOAA USA ci dice che il 2021 è stato il 6° più caldo dal 1880 con un’anomalia di temperatura di +0,84°C rispetto al periodo 1901-2000. Gli anni dal 2013 al 2021 sono tutti compresi tra i dieci anni più caldi mai registrati. Il 2021 è stato anche il 45° anno consecutivo (dal 1977) con temperature globali superiori alla media del 20° secolo. Complessivamente, la temperatura annuale globale è aumentata a un tasso medio di 0,08°C per decennio dal 1880 e di oltre il doppio (0,18°C) dal 1981. Il 2021 è stato caratterizzato da temperature molto più calde della media in gran parte del globo, con valori annuali record in parti dell’Africa settentrionale, dell’Asia meridionale, del Sud America meridionale, nonché in parti dell’Oceano Atlantico e Pacifico. Nel frattempo, le temperature più fresche della media erano limitate a parti dell’Oceano Pacifico tropicale centrale e orientale. Il grafico di fig. 2 mostra le differenze di temperatura di terra e oceani della media gennaio dicembre 2021 rispetto alla media 1981/2010. Qui di seguito le principali osservazioni per le varie zone del pianeta. Nord America Il Nord America ha avuto il suo settimo anno più caldo con una temperatura superiore alla media di 1,40°C. L’anno 2021 segna anche il 25° anno consecutivo del Nord America con temperature superiori alla media. Dopo un gennaio piuttosto caldo ha fatto seguito un febbraio decisamente freddo, l’aria artica si è spostata verso le medie latitudini, secondo il

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Fig. 1 - Anomalie temperatura media Pianeta Terra annuali dal 1880 al 2021

Fig. 2 - Differenze temperatura aria e acqua 2021 rispetto alla media 1981-2010

governo del Canada, le praterie hanno registrato temperature massime che arrivavano fino a -34,0°C che hanno causato rotture nella rete idrica e sulle ferrovie e stabilendo un record per la domanda di energia. I mesi successivi di marzo, giugno,

settembre e ottobre si sono classificati tra i primi 10 più caldi, con giugno al primo posto, i mesi di settembre e ottobre si sono classificati rispettivamente come il terzo e il secondo più caldo del Nord America. Durante l’ultima settimana di giugno, un’on-


Che tempo che fa massima di +48,8°C che, se validata risulterebbe la temperatura massima più alta mai registrata in Europa. Questo nuovo valore supererebbe l’attuale record di +48,0°C che era stato stabilito in due diverse città della Grecia il 10 luglio 1977.

Fig. 3 - Temperatura massima registrata a Lytton in Canada

data di caldo estremo ha colpito gran parte degli Stati Uniti nord-occidentali e del Canada occidentale con temperature massime che hanno superato i 38,0°C, con valori di almeno di 16,0°C sopra la media in tutta la regione. Secondo l’OMM, Lytton in Canada, ha stabilito un nuovo record nazionale di temperatura massima per tre giorni consecutivi. L’ultimo record è stato di +49,6°C stabilito il 29 giugno (vedi fig. 3) Anche il Messico ha stabilito un nuovo record di temperatura massima di agosto, il giorno 3, la stazione di Mexicali ha registrato +50,4°C. Sud America L’anno 2021 è stato il sesto anno più caldo registrato in Sud America con 1,09°C sopra la media. Gran parte del Sud America ha registrato temperature mensili superiori alla media durante l’anno. Europa Il 2021 è stato il nono anno più caldo mai registrato in Europa con 1,28°C sopra la media. Il 2021 ha segnato anche il 25° anno consecutivo con temperature superiori alla media.

La temperatura annuale dell’Europa è aumentata a un tasso medio di 0,15°C per decennio dal 1910; tuttavia, è triplicato a 0,45°C dal 1981. Dopo un 2020 con caldo record, il 2021 è stato caratterizzato da temperature mensili superiori alla media durante tutto l’anno. Sebbene la temperatura dell’aprile 2021 in Europa fosse al di sopra della media è stato l’aprile più freddo dal 2003. Allo stesso modo maggio 2021 è stato il maggio più freddo d’Europa dal 2004. Diversi paesi europei hanno registrato il loro aprile o maggio più freddo da almeno 10 anni. Tuttavia giugno 2021 ha fatto registrare temperature molto al di sopra della media, risultando il secondo giugno più caldo di sempre. A luglio, temperature molto al di sopra della media erano presenti in gran parte dell’Europa orientale e settentrionale, lasciando il posto al terzo luglio più caldo mai registrato. Durante la seconda settimana di agosto, un’intensa ondata di caldo ha colpito parti dell’Europa meridionale con alcune località che hanno osservato temperature massime di 45,0°C o superiori. L’11 agosto 2021 in Sicilia si è registrata una temperatura

Africa Con una temperatura media annuale di 1,33°C sopra la media, l’Africa ha avuto il suo terzo anno più caldo nella serie di 112. Solo gli anni 2010 (secondo) e 2016 (primo) sono stati più caldi. La temperatura annuale dell’Africa è aumentata a un tasso medio di 0,13°C per decennio dal 1910; tuttavia è più che raddoppiato a 0,29°C dal 1981. Le temperature mensili sono state al di sopra della media dell’Africa nel 2021. I mesi da gennaio e da aprile a dicembre si sono classificati tra i 10 più caldi per i rispettivi mesi. Da notare che gennaio, giugno e novembre sono stati entrambi da record. Asia L’ Asia ha avuto il suo settimo anno più caldo, con una temperatura di 1,60°C al di sopra della media del 1910-2000 ed è stato anche il 34° anno consecutivo in cui l’Asia ha avuto temperature superiori alla media. Oceania L’Oceania ha registrato una temperatura superiore alla media di +0,67°C. Nonostante sia stato un anno più caldo della media, è stato l’anno più freddo dal 2012. I 10 anni più caldi dell’Oceania si sono verificati dal 1998, mentre i cinque anni più caldi si sono verificati tutti dal 2005. Il 2021 ha anche segnato il 37° anno consecutivo di temperature sopra la media in tutta l’Oceania. * Giampaolo Rizzonelli (Appassionato di meteorologia e climatologia)

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Attualità in Trentino di Nicola Maschio

La situazione demografica, economica e scolastica dei giovani a Trento

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na popolazione in crescita a trazione femminile, con più famiglie unipersonali ma sempre meno giovani. Pesa anche il calo delle nascite, ma la copertura del servizio scolastico è migliore rispetto alla media italiana. Sono numeri in chiaro-scuro quelli del Report 2021 di “Trento città amica dei bambini e degli adolescenti” che, utilizzando i dati provenienti dall’Ufficio Comunale di Statistica e dall’Agenzia delle Entrate, ha fatto una panoramica di queste ed altre tematiche. Come spiegato dal Comune di Trento, la nostra città ha fatto e sta facendo molto per bambini e ragazzi, sull’onda del riconoscimento ricevuto da UNICEF nel 2019, riservando nell’ultimo bilancio circa il 18,5% delle risorse alle attività dei più giovani (quasi 30 milioni di euro). Ma qual è la condizione di questa parte della popolazione a livello demografico, economico, sociale e scolastico sul territorio cittadino? “Al 31 dicembre 2020 – si legge nel Report, – la popolazione totale residente del Comune di Trento ammonta a 119.061 abitanti, mantenendo un leggero e costante trend di crescita rispetto agli anni precedenti (+0,2% su un anno, +1,5% su cinque anni). La composizione per genere vede un 48,2% di uomini (57.384) contro un 51,8% di donne (61.677). L’aumento della popolazione straniera (+0,6% su un anno, +7,5% su cinque anni, 14.143 persone in tutto) comporta un progressivo cambiamento della composizione della popolazione per cittadinanza”.

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Aumentano, seppur in modo lento ma costante, il numero di famiglie unipersonali (al 2020 erano il 40,9% del totale e cioè 22.265 su 54.460, con un +1% sul 2015) e quelle senza figli (19,7%, e cioè +0,5% rispetto al 2015). Tornando ai giovani, un focus va fatto rispetto alla popolazione under 18 che, nel comune di Trento, registra 19.422 minorenni: dato che tuttavia è in diminuzione rispetto al 2019 di ben 154 unità e complessivamente, di 533 se confrontato con il 2015. Tuttavia, 2017 e 2019 sono stati anni favorevoli, che hanno registrato un leggero rialzo di questa categoria che, a Trento, rappresenta il 16,3% della popolazione residente (-0,7% sul 2015); va inoltre sottolineato che il calo dei ragazzi italiani (16.534, -3,9%) viene solo in parte compensato dall’apporto degli stranieri (2.888, +5,2% in cinque anni). Poca la differenza invece tra i sessi, con i ragazzi che sono 10.047 contro le 9.375 ragazze. In leggero rialzo anche il numero di senza fissa dimora in questa fascia di età, passati da 26 a 28 nell’ultimo anno, ma comunque meno dei 38 registrati nel 2015.

Ancora, il numero di nascite del 2020 è il più basso dal 2015: appena 893 (477 maschi e 416 femmine), contro le 1.015 del 2019 e addirittura le 1.030 del 2016. Attenzione anche agli indicatori economici: ad essere più svantaggiate sono le coppie con tre o più figli e le madri single, mentre le coppie con un figlio sono quelle con reddito mediano pro-capite più alto. Come spiegato poi dal Report, “l’indice di diseguaglianza di reddito tra le famiglie del Comune di Trento nel 2018 si attesta al 10,1, il che significa che il 20% delle famiglie più ricche percepisce dieci volte tanto il reddito del 20% delle famiglie più povere”. Infine, la scuola: il documento evidenzia che “il Comune di Trento presenta un’abbondante offerta di servizi socio-educativi per la popolazione di età 0-3 anni. La copertura dei servizi ammonta infatti al 39,2% dei potenziali richiedenti, ben al di sopra della copertura nazionale del 26,9%”. Nel 2020 i nidi d’infanzia hanno accolto 1.068 bambini su 1.261 domande, mentre “le scuole dell’infanzia del Comune di Trento hanno accolto 3.102 bambini iscritti”.


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100% freschi vantaggi

unquarto MUTUO unquarto 1/4, oltre le aspettative

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Articles inside

Che tempo che fa: 2021 un anno caldo per la Terra

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I consigli SAV: l’orto in casa

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Ieri avvenne: Goethe in Trentino

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Tra scuola, poesia e musica

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Associazione Taiapaia: saltare il muro

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Castello Tesino: gli scavi archeologici

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IL personaggio: Ottone Brentari

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Fra storia e leggenda: il Castello romano di Tenna

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Il personaggio: Thomas Degasperi

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Sanremo: crogiuolo di voci e note

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Il personaggio: Carlo Scantamburlo

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Ugo Foscolo, l’eroe romantico

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Italia agli Oscar: non c’è solo Sorrentino

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Trasporti in Valsugana: a chi giova?

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Accadde in Italia: 54 articoli costituzionali

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Cose dal mondo: la Turchia

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L’Italia allo specchio: il negazionismo

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I sistemi elettorali a confronto

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Il referendum sulla Giustizia

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L’impatto economico delle Olimpiadi

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Come è nato lo stemma della Repubblica

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