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Vermondo Di Federico (Piccianello, 16 gennaio 1924[1] – Arischia, 11 giugno 1944) è stato un militare e partigiano italiano.
Non era arruolato nell'11º Reggimento di Fanteria "Forlì", come riportato da un sito e riproposto acriticamente per mancanza di informazioni, in quanto tale unità era dislocata in Grecia e quindi per lui sarebbe stato impossibile tornare al paese d'origine dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, come effettivamente avvenne. In ogni caso era sotto le armi in quel convulso periodo. A Piccianello (Pescara) aderì quindi alla banda partigiana creata dall'italo-americano Renato Berardinucci che operava nell'area vestina[2]. Dopo la ritirata tedesca, nel giugno del 1944, alcuni partigiani, guidati dallo stesso Berardinucci, cercarono di raggiungere i Patrioti della Maiella, ma vennero consegnati da un delatore ai tedeschi che li fucilarono nel cimitero di Arischia. Prima della scarica letale lui e Berardinucci si scagliarono contro il plotone di esecuzione, permettendo la fuga dei compagni Giuseppe Padovano e Umberto Collepalumbo[3]. Per questo gesto vennero insigniti di medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
«A capo di una banda di partigiani ha strenuamente lottato contro le truppe tedesche finché catturato e messo al muro insieme ad altri compagni per essere passato per le armi non si dava per vinto, ma con un gesto di sublime follia, si scagliava armato soltanto della volontà e della fede contro il plotone di esecuzione. Col gesto disperato che gettava lo scompiglio nelle file dei carnefici, egli dava a se stesso la morte degli eroi, ai compagni la salvezza e la libertà. Arischia (L’Aquila), 11 giugno 1944.
[4]»