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FRATE FRANCESCO E LA SUA PARENTELA DI SANGUE: Alla scoperta del nucleo familiare di S. Francesco di Assisi A cura di BARTOLINI P . RINO, Porziuncola-Assisi, (2020, nn. 2 e 4) *** NOTA BENE. Allo scopo di rendere più scorrevole la lettura, i rimandi sono indicati dalle lettere dell’alfabeto nel modo seguente: B = LEONE BRACALONI, La Chiesa Nuova di S. Francesco converso, Todi, 1943 F = ARNALDO FORTINI, Vita Nova di S. Francesco, II, ed. Assisi F = ARNALDO FORTINI, Vita Nova di S. Francesco, I, p 93, ed. Assisi FF = FONTI FRANCESCANE ITALIANE, Efr, 2004 FL = FONTES FRANCISCANI (latini), ed.Porziuncola., 1995 SF = SOURCES FRANCISCAINES, François d’Assise, écrits, vies,temoignages. I- II, Cerf-Ef *** Il senso di una ‘genealogia’ Con l’uso delle ‘genealogie’ la Bibbia vuole sottolineare la solidarietà degli uomini nella benedizione o nel peccato (X.Leon-Dufour, DTB) Facciamo memoria di uomini diventati illustri, illuminati dal Poverello di Assisi che come “stella mattutina … come luna nella sua pienezza … come sole raggiante’ illuminò il tempio di Dio (FF 539). “Tutti costoro furono onorati dai contemporanei, furono un vanto ai loro tempi. Di loro alcuni lasciarono un nome, che ancora è ricordato con lode. Di altri non sussiste memoria” (Sir 44, 7-9). La ricerca della parentela di S. Francesco di Assisi è stata sentita come laboriosa fin dall’antichità. Nelle Biografie e in alcune Cronache riportate nelle Fonti Francescane italiane (FF) troviamo solo pochi accenni diretti: cosa normale in testi interessati esclusivamente alla figura di frate Francesco e ‘della sua gente poverella’. Luce maggiore ci proviene da altri Documenti dispersi e rinvenuti, a volte fortuitamente, in diversi archivi pubblici e privati. Nell’insieme, le Biografie, le Cronache e i Documenti, ci offrono tuttavia una buona conoscenza del tessuto familiare antecedente e successivo alle vicende che hanno visto frate Francesco maturare le scelte definitive e diverse da quelle propostegli dalla propria progenie. Tutto il casato, successivamente, risentirà in modo sensibile delle scelte del Poverello. Il padre e madre Siamo a conoscenza del nome del papà di san Francesco, Pietro; del nonno paterno, Bernardone (ambedue mercanti); della mamma, Pica; del fratello Angelo e di diversi nipoti e pronipoti. Andando a ritroso, compulsando in particolare gli Archivi della Cattedrale di Assisi, già Arnaldo Fortini faceva notare che c’è una certa difficoltà a identificare il trisnonno, il bisnonno e anche il nonno di S. Francesco “per la tendenza frequentissima e dimostrata in centinai di documenti degli archivi assisani, a ripetere per ogni alterna generazione il nome dell’ascendente in linea diretta”(F 93). Pare che Pietro di Bernardo sia il nonno paterno di san Francesco e abbia avuto due figli: Rustico e Pietro di Bernardone. Quest’ultimo è certamente il padre di Francesco. Bisnonno, nonno e padre sembrano formare tutta una dinastia di intraprendenti e stimati mercanti. Sul babbo di S. Francesco, sul suo lavoro di abile mercante di stoffe, sulla sua avidità, sul suo profilo spirituale, sui suoi metodi pedagogici (che lui stesso alla fine forse ha percepito come fallimentari, ma chi può dirlo?), sul suo comportamento di amore-dolore-rabbia nella conversione del primogenito, molto è già stato scritto in questi ultimi decenni. Dopo la conversione di Francesco vediamo il babbo, Pietro di Bernardone, uscire di scena, pensoso, assieme a sua moglie. La sua incidenza sulla vita del figlio è sotto gli occhi di tutti: quando le cose vanno secondo i suoi progetti “è tutto suo padre”, fa dire a Pietro di Bernardone in Fratello sole e sorella luna il film di Zeffirelli. Positivamente, se rimane valido il detto ‘talis filius qualis pater’, dobbiamo concludere, per esempio, che l’autocoscienza della propria persona, l’autostima, la sicurezza, il senso della dignità, del sacrificio, lo spirito cavalleresco, il senso dell’onore, la fedeltà alla parola data e diversi altri grandi valori che il dottor Freud oggi volentieri sottolineerebbe come caratteristici di una personalità armoniosa, a Francesco gli provengono proprio da Pietro di Bernardone: attraverso le naturali dinamiche di feedback proprie da padre a figlio. Alla fine dei conti anche i gravi contrasti con il padre permettono a Francesco di sondare e verificare la profondità delle proprie scelte. Pietro di Bernardone “ebbe in moglie una donna di nome Giovanna … Se questa notizia è esatta, bisognerebbe dedurne che il nome di Pica, con il quale nei biografi anteriori e negli stessi documenti fu chiamata la madre del Santo, altro non sia che un nome aggiunto, o soprannome … e piuttosto richiami il paese d’origine della donna. … L’origine francese di Pica è tutt’altro che improbabile, se si pensa sia ai frequenti viaggi di Pietro di Bernardone in Francia; sia al nome di Francesco, sinonimo di ‘francese’, che egli volle imporre al proprio figlio; sia alla buona conoscenza che il Santo ebbe della lingua francese; sia all’amore che sempre il Santo serbò per la terra di Francia. … Pica, potrebbe stare a significare la regione di provenienza della madre del Santo. Si vuole, infatti, che dalla parola francese ‘pique’ abbiano assunto la loro denominazione gli antichi abitanti della Picardia… La Picardìa, posta tra la Champagne e la Fiandra, e cioè i due mercati mondiali dove confluivano compratori di ogni nazione …” (F 93). Appare senza fondamento la fantasiosa teoria con cui R. Manescalchi, in ‘Academia’, Scoperta l’identità di Pica, madre di s. Francesco, fa provenire Pica dalla famiglia ‘Pichi’ di Borgo San Sepolcro, a sua volta imparentata con la famiglia ‘Pichi’ di Roma che sarebbe strettamente legata a ‘frate Jacopa’). E’ Giovanna (ma chiamata ‘Pica’ anche nella testimonianza di fra Nicola, già notaio in Assisi, quando rievoca la nascita di san Francesco; FF 2686; SF 3092) che in assenza del marito, in giro per i lunghi, prolungati e rischiosi viaggi, mette al neonato il proprio nome: Giovanni. Sarà poi Pietro di Bernardone a soprannominarlo ‘Francesco’ (FF 1395) in onore della Francia e della moglie. Lei e il marito decideranno insieme il percorso formativo del figlio, come anche lo studio presso i canonici di S. Giorgio. La gentilissima e tenerissima mamma francese, “specchio di rettitudine” (FF 583), intuirà per prima e meglio del marito la vocazione di Francesco. Della propria mamma il santo custodirà non tanto nelle parole, ma nella memoria, nei tratti e nei fatti soprattutto l’ineffabile tenerezza e l’ésprit de finesse. Più tardi quando il serafico Padre scrivendo ai frati, vorrà esortarli a volersi bene tra di loro, in particolare nelle loro malattie, non dirà mai ‘i frati si vogliano bene come fratelli’, ma “ovunque sono e si troveranno, si mostrino familiari tra loro. E ciascuno manifesti con fiducia all’altro le sue necessità, poiché se la madre nutre e ama il suo figlio carnale, con quanto più affetto uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale? E se uno di essi cadrà malato, gli altri frati lo devono servire come vorrebbero essere serviti” (FF 91-92). La felice esperienza avuta della propria madre, segnerà per sempre Francesco nella sua capacità di amare e di relazionarsi. Fratello o fratelli? Se questa bella coppia di sposi vivesse e facesse parte di una famiglia ‘nucleare’ oppure ‘patriarcale’, non ci è dato sapere: sembra somigliare molto alle famiglie del nostro tempo. Sappiamo che ha dei figli. Quanti? La Vita scritta dai Tre Compagni (FF 1404), redatta da un frate Assisano, (frate Rufino? FG p. 1057-1060), compagno di giochi di Francesco, ci offre una notizia difficile da decifrare. Afferma che “in assenza del padre, quando Francesco rimaneva in casa, anche se prendeva i pasti solo con la madre, riempiva la mensa di pani, come se apparecchiasse per tutta la famiglia. La madre lo interrogava perché mai ammucchiasse tutti quei pani, e lui rispondeva ch’era per fare elemosina ai poveri, poiché aveva deciso di dare aiuto a chiunque chiedesse per amore di Dio. E la madre, che lo amava con più tenerezza che gli altri figli (prae ceteris filiis diligebat), non si intrometteva, pur interessandosi a quanto egli veniva facendo e provandone stupore in cuor suo” (FF 1404). ‘Più degli altri figli’ o ‘più dell’altro figlio’? Se si trattasse ‘più degli altri figli’ (al plurale, come suona il testo latino) si tratterebbe di almeno tre o più figli: ma allora si ‘aprirebbe la via alle ricerche sui familiari dei rami collaterali aventi come capostipiti gli altri figli di Pietro. Ma anche qui è da ritenere che si tratti di una espressione generica … perché non è possibile pensare che se altri fratelli (di Francesco) fossero esistiti non ne sarebbe rimasta qualche traccia o in relazione ad essi stessi o alla loro discendenza” almeno nei molteplici documenti assisani (F 95). Ma c’è di più. Tommaso da Celano ( 2 C VII,12, in FL 598) ricordando un episodio occorso tra Francesco e il suo fratello, “indica quest’ultimo con l’espressione ‘il suo fratello carnale’ (frater eius carnalis): lasciando così comprendere come non si potesse parlare che del solo fratello che il Santo aveva, e cioè Angelo”(F 95). Angelo in rotta col fratello Che Francesco avesse un fratello è noto alle biografie primitive ma il nome ‘Angelo’ ci viene rivelato solo da alcuni documenti degli archivi assisani che più di una volta, in atti pubblici, parlano di “Angelo figlio di Pica” (F 95) e da frate Arnaldo da Sarrant: “Francesco di Pietro di Bernardone di Assisi, ebbe un fratello di nome Angelo e una madre di nome Pica”(SF p. 2998). Pare che Angelo sia il più piccolo dei due fratelli forse di due-tre anni. Non sappiamo. Nelle biografie la sua presenza balza per la prima volta nel momento in cui lui si fa beffe delle scelte di Francesco.“Un mattino d’inverno, mentre Francesco pregava coperto di miseri indumenti, il suo fratello carnale, passandogli vicino, osservò con ironia rivolgendosi a un concittadino: «Di’ a Francesco che ti venda almeno un soldo del suo sudore!». L’uomo di Dio, sentite le parole beffarde, fu preso da gioia sovrumana e rispose in francese: «Venderò questo sudore, e molto caro, al mio Signore» (FF 1424 e passi paralleli). In questo momento Angelo, che forse ha 18-20 anni, sta dalla parte del padre. C’è da domandarsi da dove gli viene questa ironia. Si potrebbe sentire il dottor Freud. Si volevano bene i due fratelli nella loro infanzia e fanciullezza, hanno giocato insieme, studiato insieme, felici. Il più piccolo guardava al più grande come al suo idolo. Ora in Angelo, in seguito alle gravi decisioni del fratello, si sta rompendo l’incantesimo: da qui la sua rabbia. Eppure dovrebbe essere contento se Francesco se ne va da casa e abbandona tutto: almeno lui, Angelo, rimarrebbe il solo erede del ricchissimo patrimonio paterno e materno. Che vuole di più questo ragazzo? Eppure questa ironia manifesta la grave sofferenza per un’amicizia sentita come tradita. Ma Francesco per seguire Cristo, deve fare, è il caso di dirlo, “l’orecchio da mercante’ con il babbo, con la mamma, con il fratello. Angelo: ‘siniscalco’ della città al Capitolo ‘delle Suoie’ Da questo momento Angelo scompare dalle biografie di Francesco. Altre informazioni seguitano a pervenirci però sia dalla Cronaca di Tommaso da Eccleston, sia dagli archivi assisani. L’Eccleston parlando della promozione dei predicatori francescani nella provincia e nelle custodie d’Inghilterra ci dice: “Venne in Inghilterra in quel tempo anche frate Martino da Barton, che ebbe la fortuna di vedere spesso san Francesco. In seguito egli fu eletto vicario del ministro di Inghilterra e si comportò in modo lodevole anche in altre cariche. Frate Martino raccontò che al Capitolo generale in cui san Francesco aveva ordinato di abbattere la casa che era stata costruita proprio per il Capitolo, erano presenti circa cinquemila frati e che il suo fratello di sangue era il procuratore del Capitolo e ne proibì la demolizione in nome della città. Il beato Francesco, stando all’aperto e sotto la pioggia, ma senza bagnarsi, scrisse una lettera, redatta di suo pugno e la inviò per mezzo di lui al ministro e ai frati di Francia, che si rallegrarono vedendo questa lettera e ne lodarono la Santissima Trinità, dicendo: «Benediciamo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo» (FF 2460). Il testo latino di questa notizia afferma: “Venit quoque in Angliam tunc temporis frater Martinus de Barton (forse l’attuale Barton-upon-Humber, nella contea del Lincolnshire, in Inghilterra), qui beatum Franciscum frequenter videre meruit; qui postea vicarius fuit ministri Angliae et in multis aliis officiis optime se habuit. Ipse narravit, quod in capitulo generali in quo praecepit sanctus Franciscus destrui domum, quae fuerat edificata propter capitulum, fuerunt quinque millia fratrum. Frater vero suus secundum carnem fuit seneschallus capituli et defendit domum ex parte communitatis” (Cfr.Eccleston, De adventu fratrum minorum in Angliam, An.Fr. I,2 31; riportato anche dal Fortini, o.c.,Vol. I, parte II, p.158). Non c’è nessuna difficoltà a individuare nel capitolo generale cui questa notizia allude, il ben noto ‘capitolo delle stuoie’ del 1221 così fotografato dalla Compilazione di Assisi (FF 1579 e luoghi paralleli). “Quanto segue, accadde all’avvicinarsi di un Capitolo; a quei tempi ne veniva celebrato uno all’anno, presso Santa Maria della Porziuncola. Il popolo di Assisi, considerando che i frati per grazia di Dio si erano moltiplicati e crescevano di giorno in giorno, notò che specialmente quando si riunivano tutti per l’assemblea capitolare, non avevano colà che una angusta misera casetta, coperta di paglia e dalle pareti fatte con vimini e fango: era la capanna che i frati si erano approntata quando erano venuti a stabilirsi in quel luogo. Allora gli assisani, per delibera dell’arengo, in pochi giorni, con gran fretta e devozione murarono ivi una grande casa in pietra e calce, senza però il consenso di Francesco, che era assente. Quando egli fu di ritorno da una provincia per partecipare al Capitolo, nel vedere quella casa rimase attonito. Pensando che con il pretesto di quella costruzione, i frati avrebbero eretto o avrebbero fatto edificare case del genere nei luoghi dove già dimoravano o dove si sarebbero stabiliti più tardi, – poiché era sua volontà che la Porziuncola fosse sempre il modello e l’esempio di tutta la fraternità –, un giorno, prima che il Capitolo avesse fine, salì sul tetto di quella casa e ordinò ai frati di raggiungerlo, poi cominciò insieme con loro a buttare giù le tegole, nell’intento di demolirla Alcuni cavalieri di Assisi e altri cittadini erano presenti in rappresentanza del comune per il servizio d’ordine, al fine di proteggere quel luogo da secolari e forestieri affluiti da ogni parte e che si assiepavano fuori per vedere l’assemblea dei frati. Notando che Francesco con altri frati avevano l’intenzione di diroccare l’edificio, subito si fecero avanti e dissero al Santo: «Fratello, questa casa è proprietà del comune di Assisi, e noi siamo qui in rappresentanza del comune. Ti ordiniamo quindi di non distruggere la nostra casa». Rispose Francesco: «Va bene, se la casa è di vostra proprietà non voglio abbatterla». E subito scese dal tetto, seguito dai frati che vi erano saliti con lui. Per questo motivo, il popolo di Assisi stabilì, e mantenne per lungo tempo tale decisione, che ogni anno il podestà in carica fosse obbligato alla manutenzione ed eventualmente ad eseguire lavori di riparazione di quell’edificio”. Frate Martino di Barton Quello che l’Eccleston ha voluto dirci è che proprio Angelo “il fratello di sangue (di Francesco) era il procuratore del Capitolo e proibì la demolizione (della casa) in nome della città”. In qualche traduttore, nel recente passato, è nato qualche incertezza sulla traduzione di Frater vero suus secundum carnem (il suo fratello di sangue) attribuendo l’aggettivo possessivo ‘suo fratello di sangue’ a qualche presunto fratello di sangue di fra Martino di Barton. Ma né il testo, né il contesto, ci dicono che frate Martino di Barton avesse un fratello di sangue. Inoltre è impossibile che un frate inglese (appunto nativo di Barton) avesse un suo eventuale fratello di sangue, che venendo dall’Inghilterra, sia poi diventato un personaggio di spicco della città di Assisi: d'altronde i frati, in gruppo, andranno in Inghilterra solo nel 1224 partendo da Parigi (vedi anche SF p.1947). Inoltre di questo eventuale fratello del Barton non c’è traccia alcuna negli archivi assisani: né contemporanei al Santo, né successivi. Angelo, nel testo dell’Eccleston, risulta essere un personaggio privilegiato: sia perché è il fratello di Francesco (al quale Francesco ormai tutta la cittadinanza vuole bene ed è affezionata), sia perché occupa un posto di riguardo nella città (è infatti un rappresentante del Comune, forse è uno dei cavalieri), sia perche è il ‘procuratore-siniscalco-maggiordomo’ (senescallus) del Capitolo. Questa alta posizione, indica che Angelo gode ormai la stima di tutti e che, superato il primo smarrimento del 1205-1206 (al momento della conversione di Francesco) ha avuto modo di riconciliarsi con il fratello frate (tanto che lo stesso Francesco scende dal tetto della casa, in rispetto all’ordinanza del Comune). Anzi Angelo, dal testo della Compilazione di Assisi, sembra ora proteggere il fratello e i frati stessi: provvedendo ad essi come loro ‘procuratore’ e organizzatore della logistica di cinquemila persone, oltre a tenere a bada tutta l’immensa folla lì convenuta per vedere i frati, per visitare la Porziuncola e soprattutto per avere un contatto diretto con Francesco appena ritornato vivo e sano dall’Oriente. Angelo, forse sui trentacinque anni, risulta qui un uomo maturo, che agisce con grande autorevolezza e senso di responsabilità. Una riconciliazione familiare? Lavorando un po’ con il pensiero, forse si può parlare di una riconciliazione, oltre che tra Francesco e il fratello Angelo, anche tra Francesco e i suoi genitori. Nei documenti a prima vista non vi è nulla di esplicito, ma alcune considerazione ci possono spingere in questa direzione. Innanzi tutto c’è la preveggenza della madre che, quando Francesco era ancora in fasce (secondo il Celano) o nella sua giovinezza (secondo i Tre Compagni), profeticamente diceva ai vicini: “che ne pensate che diverrà questo mio figlio? Sappiate che per i suoi meriti diverrà figlio di Dio” (FF 583.1396). La mamma, come sarà anche confermato dal suo atteggiamento materno durante la conversione di Francesco, forse aveva già intuito il futuro del proprio figlio e, pur tra le lacrime, lo aveva lasciato andare (FF 1418). Ma c’è da prendere in considerazione anche un altro elemento. Il Fortini tentando di ricostruire il patrimonio di Pietro di Bernardone, fa vedere quanto “il ricostruire il patrimonio terriero della famiglia di lui (Francesco) è assai utile, non soltanto per trovare una conferma alle notizie che i biografi ci tramandarono intorno alla condizione di agiatezza in cui Francesco crebbe e fu educato, ma altresì per meglio comprendere tanti fatti notevoli della vita sua” (F 112). Ora dagli archivi e dalle biografie si vede abbastanza bene come Francesco, sia durante la sua crisi vocazionale, sia dopo le sue scelte definitive, si muove, passa con grande libertà attraverso i territori di proprietà del padre e che poi diventeranno proprietà del fratello Angelo. Questo fatto può significare che dopo lo spogliamento del figlio davanti al Vescovo, anche per la pressione e “l’indignazione della gente” (FF 1419), e soprattutto della moglie, Pietro di Bernardone abbia interiorizzato meglio la situazione: permettendo al figlio di seguitare a sopravvivere e gironzolare, anche con i frati, sui suoi terreni. A modo di esempio, citiamo il caso della zona detta “la Campagna”, in zona Collestrada. Era proprietà di Pietro di Bernardone (F 104): su questo terreno si era svolta in gran parte la guerra tra Perugia e Assisi, in cui Francesco era stato fatto prigioniero, ma questo è anche il luogo dove Francesco pernotterà al momento della concessione dell’Indulgenza della Porziuncola (FF 2706/10-11). L’altra considerazione che ci dice di una riconciliazione più allargata a tutta la famiglia, viene dal fatto che Angelo e i figli di Angelo li troviamo generosamente e lungamente impegnati a favorire la costruzione della Basilica del Santo (costruita sulla Tomba) e completamente devoti ai frati francescani. E questo non poteva avvenire senza la stima e la devozione di Angelo e di tutto il casato verso il Poverello di Assisi. I nipoti di frate Francesco Quando siano venuti meno i genitori di frate Francesco, non lo sappiamo. Frate Arnaldo da Serrant ci dice che Angelo, sposato, ebbe due figli (Giovanni e Piccardo, nipoti pertanto del santo di Assisi; SF p. 2998) e che sarebbe morto intorno al 1229: a quest’anno infatti “possiamo riportare i beni compresi nel patrimonio del fratello di S. Francesco, erede a sua volta del patrimonio del padre, Pietro di Bernardone”(F 101) Gli eredi di Angelo: erano i due figli Piccardo e Giovannetto, nipoti di san Francesco. Piccardo (F 96; B 16-18) fu ‘continens’ cioè ‘de ordine penitentium, sive continentium’ (vive da solo, come eremita consacrato? Appartiene al Terzo Ordine?) di cui una confraternita o collegio esisteva nella città e diocesi di Assisi.“Fu per lungo tempo e fino alla morte, procuratore ed economo del Sacro Convento, così che ebbe grande parte nella costruzione e nella decorazione della Basilica. Oltre che negli atti riguardanti i beni familiari di Assisi, Piccardo compare in una lunga serie di documenti”(F 96), dove, in quanto ‘procuratore’ della chiesa di S. Francesco riceve beni, testamenti, presenzia alla compra-vendita dei terreni, boschi … a favore della fabbrica della Basilica di S. Francesco … E’ questo il periodo in cui fervono i lavori nella chiesa inferiore e sorge la chiesa superiore. Piccardo ne è il massimo animatore” (F 96-97) Nelle stesse pagine del Fortini viene riportato in parte anche l’inventario di molte donazioni fatte alla Basilica che passano attraverso le mani di Piccardo. Affascinato fin da piccolo dallo ‘zio frate’, canonizzato nel 1228, Piccardo si spende tutto per la causa di Francesco. Infaticabile, muore intorno al 1282 . Giannetto, Iohannectus Angeli de Pica, così chiamato nei documenti che riguardano i suoi beni familiari, è straricco; ha ereditato in gran parte la fortuna di Angelo, suo padre. Anche sua moglie Bonagrazia con la sua dote ha aggiunto fortuna a fortuna: si tratta di una famiglia molto agiata. “Non vi è dubbio che egli continuasse l’industria paterna e fosse, come i suoi maggiori, tutto preso dal desiderio del lucro. Due giorni dopo aver redatto il suo testamento, lo riapre per inserirvi un codicillo con il quale affida a Piccardo (l’altro fratello) un particolare mandato: ‘sia che fossero in vita i miei figli, sia che fossero morti, voglio che Piccardo mio fratello, secondo quello che lui crede opportuno, dia e restituisca (il dovuto) prendendolo dai miei beni: in riparazione delle cose o dolosamente e illecitamente ricevute, o in riparazione delle cose ricevute mediante usura (Sive filii mei vivant, sive moriantur, volo quod Piccardus frater meus det et restitutat de meis bonis ad suam voluntatem pro restauratione male et illicite acceptorum, vel pro usuris, si quas aliquando accepissem)”. Il Fortini continua dicendo “E’ pur certo che il figlio di Angelo fu preso, morendo, da qualche scrupolo e volle rimediarvi, per la salvezza dell’anima sua” (F 98). Ma aldilà del lucro in sé, credo che Giannetto pensi soprattutto al futuro dei suoi due figli e ai molti nipoti. Dei due figli di Giannetto conosciamo il nome: Giovannella (filiam meam Iohannolam) e Franceschino (Franciscolum filium meum masculum), detto poi Céccolo di Giovannetto e più comunemente, dalla maggiore notorietà dello zio, Céccolo di Piccardo. Il nome ‘Franceschino’ ‘Céccolo’ sono vezzeggiativi, ormai sempre più comuni, con riferimento al canonizzato Santo di Assisi. Céccolo. Su di lui esistono diversi documenti Assisani. E’ un uomo dinamico che eredita la fortuna del padre Giannetto (F 98-99): compra, vende case in Assisi; è mallevadore, sensale tra contraenti e, per questo, riceve anche offese e violenze. I documenti ne parlano fino al 1332. Ebbe molti figli: Francesco, Angelo, Pietruccio, Bernardo, Franceschina, Chiara, (F 99-100). Di questi sei figli anche Arnaldo da Sarrant (SF p. 2991-2992 ) ci offre qualche dettaglio. Angelo di Ceccolo e Francesco di Ceccolo diventarono “frati minori, viventi al tempo del signor papa Giovanni XXII (papa dal 1316 al 1334)”. Di questi due frati, Francesco di Ceccolo visse almeno fino alla grande moria (la peste nera del 1348). Da Pietruccio di Ceccolo nacque un’altra Francesca: si tratta di una ragazza vivente ancora nel 1365. Bernardo di Ceccolo ebbe una figlia di nome Giovanna, ancora vivente al momento in cui il Sarrant scrive. Delle figlie di Ceccolo sappiamo che diventarono clarisse. Graficamente riassumiamo la genealogia della famiglia di S. Francesco riprendendo lo schema del Fortini (F 100). Pietro Bernardo ( 1116 - 1124 ) Pietro ( sec. XII ) Bernardone Rustico ( 1135 ) Pietro, m. di Pica Angelo (?) Benincasa (?) ( 1213 ) ( 1182 ) Angelo SAN FRANCESCO ( 1215, già morto nel 1229 ) Giovannetto, m. di Bonagrazia Piccardo ( 1229 - 1284 ) Ceccolo Giovannella ( 1261 - 1332 ) ( 1261 ) Francesco Franceschina Chiara Angelo Pietruccio Bernardo frate min. clarissa clarissa frate min. ( 1344 ) ( 1342 ) ( 1343 ) Francesco Giovanni A cura di BARTOLINI P . RINO, Porziuncola-Assisi, (2020, nn. 2 e 4) 10