Quaderni del Dipartimento di Giurisprudenza
dell’Università di Torino
A CURA DI
PAOLO GALLO, GEO MAGRI, MARGHERITA SALVADORI
L’armonizzazione del Diritto europeo:
il ruolo delle corti
Prefazione di Christian von Bar
QUADERNI DEL DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA
DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO
5/2017
L’ARMONIZZAZIONE DEL DIRITTO EUROPEO:
IL RUOLO DELLE CORTI
A curA di
PAolo GAllo,
Geo MAGri,
MArGheritA SAlvAdori
Prefazione di Christian von Bar
Ledizioni
Opera inanziata con il contributo del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di
Torino
Il presente volume è stato preliminarmente sottoposto a un processo di referaggio anonimo, nel rispetto dell’anonimato sia degli autori, sia dei curatori, sia dei revisori (double
blind peer review). La valutazione è stata afidata a due esperti del tema trattato, designati
dal Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino. Entrambi i revisori hanno formulato un giudizio positivo sull’opportunità di pubblicare il presente volume.
© 2017 Ledizioni LediPublishing
Via Alamanni, 11 – 20141 Milano – Italy
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info@ledizioni.it
L’armonizzazione del Diritto europeo: il ruolo delle Corti, a cura di Paolo Gallo, Geo
Magri, Margherita Salvadori.
Prima edizione: dicembre 2017
ISBN 9788867057009
Progetto graico: uficio graico Ledizioni
Informazioni sul catalogo e sulle ristampe dell’editore: www.ledizioni.it
Le riproduzioni a uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di
pagine non superiore al 15% del presente volume, solo a seguito di speciica autorizzazione
rilasciata da Ledizioni.
Indice
chriStiAn von BAr
Vorwort/Premessa
(traduzione a cura di Geo Magri)
9
Sezione I:
L’armonizzazione e l’uniformazione del diritto privato europeo
FABrizio cAFAGGi, MArGheritA SAlvAdori
Dialogo istituzionale e diritto europeo dei consumatori:
Il trilogo giudiziale ed amministrativo, strumenti ed effetti
15
FABrizio cAFAGGi, FedericA cASAroSA
L’effettività dei rimedi nelle interazioni giudiziali fra corti nazionali
e corti europee
55
Geo MAGri
L’armonizzazione del diritto europeo attraverso il DCFR
PierAlBerto MenGozzi
87
il DCFR, il Manifesto sulla giustizia sociale nel diritto europeo dei
contratti e la proposta di regolamento per un diritto comune della vendita 109
Sezione II:
Il ruolo delle corti
PAolo GAllo
L’armonizzazione del diritto ed il ruolo delle corti
121
oMBrettA SAlvetti
L’utilizzo del diritto comparato nella giurisprudenza italiana
in tema di fatti illeciti
Geo MAGri
Il DCFR come “scatola per gli attrezzi” per il giudice italiano
133
145
GAlAteiA (tinA) KAloutA (traduzione a cura di Giovanna Debernardi)
Il DCFR nella giurisprudenza delle Corti – La rielaborazione
del diritto comparato
173
celiA MArtínez-eScriBAno (traduzione a cura di Ennio Piovesani)
L’incidenza del DCRF sulla giurisprudenza spagnola
211
Elenco degli autori
Christian von Bar Professore di diritto privato e di diritto internazionale
privato, Università di Osnabrück, Fondatore e direttore dello European Legal Studies Institute, Università di Osnabrück
Fabrizio Cafaggi: Professore di diritto privato Università di Trento, Istituto
Univesitario Europeo, Scuola Nazionale dell’Amministrazione
Federica Casarosa: Ricercatrice presso il Centre for Judicial Cooperation
at the European University Institute, Firenze
Giovanna Debernardi: Dottore di ricerca Università di Torino e Nizza,
A.T.E.R. presso l’Università di Nizza
Galateia (Tina) Kalouta: LL.M. Monaco, Ricercatrice presso l’Università
di Osnabrück
Paolo Gallo: Professore di diritto civile, Università di Torino
Geo Magri: Ricercatore presso lo European Legal Studies Institute dell’Università di Osnabrück
Celia Martínez-Escribano: Professore di dirtto civile presso la Facoltà di
giurisprudenza dell’Università di Valladolid
Pieralberto Mengozzi: Professore di Diritto dell’Unione europea presso
l’Università di Bologna
Ennio Piovesani: Dottorando di ricerca, Università di Torino
Margherita Salvadori: Professore di diritto internazionale privato e processuale presso Università di Torino
Ombretta Salvetti: Presidente della III sezione civile della Corte d’Appello
di Torino
VORWORT
Christian von Bar
Dies ist ein wichtiges Buch. Es könnte dazu beitragen, den Prozess der
Europäisierung des Privatrechts neu zu beleben. Die heftigen Debatten, die
das Erscheinen des DCFR begleitet haben, sind abgeklungen. Heute sehen
wir ihn mit mehr Abstand, würdigen den enormen Einluss, den er weltweit gewinnen konnte, und erkennen seine Stärken und seine Schwächen.
Die Grundidee, einen Referenzrahmen zu schaffen, der der nationalen
Privatrechtsentwicklung als Inspirationsquelle dienen kann, hat sich als richtig erwiesen. Sie hat aus meiner Sicht nichts von ihrer Faszination verloren.
Die Herausgeber und Autoren dieses Buches sehen das ebenso und lenken
ihr Augenmerk mit Recht vor allem auf die Rechtsprechung. Vielfach waren es bemerkenswerterweise die außervertraglichen Materien des DCFR,
die in der nationalen Rechtsprechung und Gesetzgebung auf besondere
Aufmerksamkeit gestoßen sind; europäisches Privatrecht ist eben mehr, als
nur Konsumentenschutz und Binnenmarktregulierung. Umgekehrt hat das
italienische Recht mit seinen zahlreichen Innovationen tiefe Spuren in vielen Teilen des DCFR hinterlassen.
Die „Krise“ der Europäischen Union (wenn es denn je eine gab), ist überstanden, der Gang des Vereinigten Königreichs in die Isolation kaum noch
mehr als ein Randgeschehen. Die Europäer spüren, was die Union wirklich bedeutet. Das betrifft auch das Privatrecht. Seine Zukunft ist europäisch, oder es hat keine Zukunft. Der italienischen Rechtswissenschaft fällt
in dieser Situation eine besondere Rolle zu. Italien gehört zu den großen
Laboratorien des Privatrechts mit internationaler Strahlkraft. Neue europäische Impulse aus Italien sind heute wichtiger denn je; sie senden ein Signal
der Hoffnung.
Premessa
Christian von Bar1
Questo è un libro importante, perché può contribuire a percepire il processo di europeizzazione del diritto privato in un modo nuovo. Gli accesi
dibatti, che hanno accompagnato la pubblicazione del DCFR si sono placati.
Oggi possiamo valutarlo con un maggiore distacco, apprezzare la notevole
inluenza che esso potrebbe esercitare nel mondo, riconoscendone i punti di
forza e quelli di debolezza. L’idea di fondo di creare un quadro di riferimento che possa essere una fonte di ispirazione per i diritti nazionali si è rivelata
vincente. Essa, a mio parere, ha conservato intatto tutto il suo fascino. Gli
autori e i curatori di questo libro la pensano nello stesso modo e hanno concentrato la loro attenzione prima di tutto e opportunamente sul ruolo della
giurisprudenza.
Per molti aspetti le materie disciplinate dal DCFR che hanno attratto
maggiormente l’interesse della giurisprudenza e dei legislatori nazionali sono quelle estranee all’area contrattuale; questo dimostra che il diritto
privato europeo è molto più che la sola protezione del consumatore o la
disciplina del mercato interno. Il diritto italiano, in questo contesto, con le
sue numerose peculiarità e innovazioni, ha lasciato tracce profonde in molte
parti del DCFR, tracce che, grazie al DCFR, si possono ora propagare negli
altri ordinamenti europei.
La “crisi” dell’Unione Europea (ammesso che realmente ce ne sia stata
una) è ormai alle nostre spalle; anche l’uscita del Regno Unito e la sua scelta
isolazionista si sono rivelate nulla più che un evento periferico. Gli europei
avvertono ciò che l’Unione signiica davvero per la loro quotidianità e ciò
riguarda anche il diritto privato: il suo futuro o è europeo o non esiste. Alla
scienza giuridica italiana compete un ruolo particolarmente importante: l’Italia è uno dei grandi laboratori del diritto privato europeo e ciò che viene
elaborato in Italia ha ricadute anche in ambito internazionale. Nuovi impulsi
dall’Italia sono oggi più importanti che mai, poiché essi inviano un segnale
di speranza.
1 Tr. it. a cura di Geo Magri.
Sezione I:
L’armonizzazione e l’uniformazione del diritto privato europeo
Fabrizio CaFaggi, Margherita Salvadori
Dialogo istituzionale e diritto europeo dei consumatori:
il trilogo giudiziale ed amministrativo, strumenti ed effetti1
Sommario: 1. Introduzione; – 2. Triloghi, tetraloghi e conlitti tra norme;
– 3. La geometria del dialogo ed i suoi effetti sulla tutela del consumatore;
– 4. Interazioni giudiziali strategiche tra conlitto e coooperazione; – 5. La
tutela giurisdizionale ed amministrativa europea del diritto dei consumatori
alla luce del trilogo istituzionale; – 6. Triloghi istituzionali e parametri di
cambiamento; – 7. Una breve conclusione sul rapporto tra dialogo e tutele
1. Introduzione
L’attuazione del diritto del consumo si caratterizza per la combinazione
dei regimi giudiziali ed amministrativi che coinvolgono le istituzioni europee e nazionali2. Il principio di leale cooperazione, espresso nell’art. 4.3
TUE, impone l’impegno di un dialogo istituzionale basato sulla leale colla1 Questo testo costituisce una versione tradotta, integrata e rivista di un capitolo Fabrizio
CAFAGGI, On the Transformations of European Consumer Enforcement Law: Judicial
and Administrative Trialogues, Instruments and Effects, pubblicato nel volume Judicial
cooperation in European private law, Edward Elgar, 2017 (F. cAFAGGi e S. lAw eds).
La traduzione e l’aggiornamento relativo al regolamento (UE) 2017/2394 sono stati curati
da Margherita Salvadori.
L’articolo si è giovato del lavoro collettivo svolto nell’ambito del progetto ACTIONES, v. https://www.eui.eu/Projects/CentreForJudicialCooperation/Projects/ACTIONES/ACTIONES.
Un grande ringraziamento va anche a Julio Baquero Cruz e Hans Micklitz per la proicua
conversazione sulla CGUE.
2 L’ambito della cooperazione giudiziaria riguarda sia quella civile sia quella penale. In
questo lavoro il focus è sulla cooperazione giudiziaria in materia civile, non quella penale.
diAloGo iStituzionAle e diritto euroPeo dei conSuMAtori
borazione.3 Gli Stati membri sono tenuti (art. 19 TFUE) a predisporre rimedi
per una tutela giurisdizionale effettiva4.
La Carta dei diritti fondamentali (CDR) e, in particolare l’art. 47 CDR e
l’art. 41, svolgono un ruolo sempre maggiore nel plasmare l’attuazione sia
dinanzi alle corti sia di fronte alle autorità amministrative che hanno competenza ad amministrare rimedi ed irrogare sanzioni.
La separazione tra i diritti (a livello UE) e rimedi (a livello degli Stati membri) si è ridotta, sulla scorta dei principi di equivalenza e di effettività (a livello
UE).5 Il principio di effettività, in particolare, ha consentito alla Corte di giustizia (CGUE) di riconigurare il rapporto tra diritto sostanziale e processuale, ampliando poteri e responsabilità del giudice6. I diritti fondamentali ed in
particolare il diritto al giusto processo ed all’effettiva protezione giudiziale
inluenzano sempre più la tutela amministrativa e la giurisdizione civile.7
Il ruolo dell’art. 47 CDF nel plasmare la relazione tra le due forme di tutela
deve essere ancora meglio deinito8. In particolare in che modo l’effettività
3 Vedi sentenza C-34/13 Kušionová EU:C:2014:2189. In particolare, in base alla giurisprudenza costante della Corte relativa al principio di leale cooperazione, ora sancito
dall’articolo 4 (3) TUE gli Stati membri, pur conservando la scelta delle sanzioni, devono assicurare che le violazioni del diritto dell’Unione siano sanzionate in modo effettivo,
proporzionato e dissuasivo (si veda a tal ine la sentenza nel caso C-565/12 LCL Le Crédit
Lyonnais EU:C:2014:190, par. 44 e la giurisprudeza ivi citata).
4 Cfr. Berlioz C 682/15, “44 A norma dell’articolo 47 della Carta, intitolato «Diritto a un
ricorso effettivo e a un giudice imparziale», ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un
giudice. A tale diritto corrisponde l’obbligo imposto agli Stati membri dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare
una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione.
5 Vedi Norbert reich, General Principles of EU Civil Law (Intersentia 2014) 89, nel quale l’autore distingue tra eliminatory, hermeneutical e remedial functions del principio di
effettività.
6 Cfr. N. liPAri, Il diritto civile tra legge e giudizio, Giuffrè, Milano, 2017, p. 102 ss. part.
131 ss.
7 Vedi in relazione alla concorrenza, Corte EDU, Caso Menarini Diagnostics S.r.L. v Italy,
decisione del 27 settembre 2011, App. No. 43509/08.
8 Vedi Koen lenAertS, Effective Judicial Protection in the EU (reperibile in: http://ec.europa.eu/justice/events/assises-justice-2013/iles/interventions/koenlenarts.pdf; ultimo accesso 29/9/2017); Marek SAFjAn e Dominik duSterhAuS, A Union of Effective Judicial
Protection (2014) 33 YEL 15, che coniuga i principi Rewe e l’art. 47 CFR. Essi suggeriscono che la interrelazione può portare a quattro diversi scenari: superposition, coexistence,
infusion ed exclusivity. Steve PeerS et al (eds), The EU Charter of Fundamental Rights:
A Commentary (Hart, Oxford; 2014) e ivi Herwig hoFFMAn et al, Commentary on Art.47:
Right to an Effective Remedy and to a Fair Trial, 1197.
16
FABrizio cAFAGGi, MArGheritA SAlvAdori
della cooperazione tra autorità amministrative e tra Corti possa incidere sul
diritto ad una tutela effettiva del consumatore singolo o collettivo. Nella prospettiva suggerita la cooperazione ed il dialogo non costituiscono ‘questioni’
interne delle amministrazioni, o delle corti, ma parte dell’architettura istituzionale diretta ad assicurare rimedi eficaci ai cittadini europei. Se e come il
dialogo prende luogo non è pertanto irrilevante per garantire la tutela dei diritti
individuali e collettivi. Ad esempio nell’ambito della cooperazione tra autorità
si deiniscono contenuti e strumenti per garantire una tutela eficace. Di conseguenza le illegittimità che occorrano nell’ambito del dialogo possono dar
luogo a pretese azionabili anche quando l’origine della illegittimità derivi da
un vizio procedimentale dell’autorità amministrativa richiedente la cooperazione che si rilette sull’atto, anche sanzionatorio, dell’autorità amministrativa
cui la cooperazione è richiesta9. Ne deriva che i principi di cui all’art. 47 CDF
nel caso di sindacato giurisdizionale su atti dell’amministrazione si applicano
non solo alla sanzione irrogata ma anche alla legittimità della decisione amministrativa e, dunque, indirettamente alla cooperazione10.
Chiaramente, è molto più frequente e rilevante il riferimento all’art. 47
CDF da parte delle Corti rispetto alle autorità amministrative indipendenti.
Peraltro anche la tutela amministrativa è stata inluenzata dal principio di
buona amministrazione che include altresì il diritto a rimedi effettivi in capo
all’amministrato.
Il ruolo delle corti nazionali nell’attuazione del diritto UE è stato da molto tempo riconosciuto.11 Tuttavia, i modi di interazione tra tutela ammini9 Con ampi limiti cfr. CGUE Sabou C 276/12.
10 Cfr. Berlioz C-682/15 par. 83 “Per quanto concerne, in secondo luogo, il sindacato
del giudice adito con un ricorso di un amministrato avverso la sanzione inlittagli sul fondamento di una decisione di ingiunzione emessa dall’autorità interpellata per ottemperare
alla domanda di informazioni sottoposta dall’autorità richiedente, tale sindacato può non
solo vertere sulla proporzionalità di detta sanzione e condurre, eventualmente, a una sua
modiica, bensì anche riguardare la legittimità di detta decisione, come emerge dalla risposta alla seconda questione. [84] A tal riguardo, l’eficacia del sindacato giurisdizionale
garantito dall’articolo 47 della Carta presuppone che la motivazione fornita dall’autorità richiedente ponga il giudice nazionale in condizione di esercitare il controllo sulla legittimità
della richiesta di informazioni (v., in tal senso, sentenze del 4 giugno 2013, ZZ, C-300/11,
EU:C:2013:363, punto 53, e del 23 ottobre 2014, Unitrading, C-437/13, EU:C:2014:2318,
punto 20 par. 56). Di conseguenza, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 80
delle conclusioni, il giudice nazionale, adito con un ricorso avverso la sanzione amministrativa pecuniaria inlitta al singolo per l’inosservanza della decisione di ingiunzione, deve
poter esaminare la legittimità di quest’ultima, afinché quanto sancito dall’articolo 47 della
Carta sia rispettato”.
11 Vedi Joseph H. H. weiler, The Transformation of Europe (1991) 100 Yale L.J., 2403;
Walter vAn Gerven, Of Rights, Remedies and Procedures (2000) 37 CMLR, 501; e A. Sweet
17
diAloGo iStituzionAle e diritto euroPeo dei conSuMAtori
strativa e giudiziale non sono stati inizialmente considerati; negli anni recenti una crescente attenzione è stata dedicata al coordinamento dei diversi
meccanismi di tutela.12 Per questa ragione l’articolo si propone di esaminare
le criticità del disegno istituzionale dell’interazione tra Corti ed autorità amministrative che esercitano poteri giurisdizionali in senso lato alla luce della
giurisprudenza europea in materia di effettività e di diritto ad un rimedio
effettivo ( in particolare art. 47 CDF).13
L’analisi affronta e compara le diverse forme di dialogo istituzionale che
hanno caratterizzato l’attuazione giudiziale e amministrativa del diritto del
consumo e il potenziale ruolo dell’art. 47 CDF riguardante il diritto a una
tutela giudiziale effettiva.14
Il dialogo istituzionale tra organi giurisdizionali europei e nazionali ha
rappresentato un’importante spinta di innovazione legislativa nel diritto europeo del consumo.15 I diversi livelli di giurisdizione non sono separati ma
piuttosto interagiscono continuamente, spesso in modo strategico. Tale interazione ha forma dialogica. Il dialogo si può articolare tra corti nazionali
Stone, The Judicial Construction of Europe (OUP 2004).
12 Vedi Fabrizio cAFAGGi e Hans-Wolfgang MicKlitz, New Frontiers of Consumer
Protection – The Interplay between Private and Public Enforcement (Intersentia 2009);
Olha O. cherednychenKo, Editorial – Public and Private Enforcement of European Private
Law: Perspectives and Challenges, 2015, ERPL, 23, 481 e Hans-Wolfgang MicKlitz, The
Transformation of Enforcement in European Private Law: Preliminary Considerations,
2015, 23, 40 ERPL, 491.
13 Si basa sull’analisi condotta circa dieci anni fa. Vedi Fabrizio cAFAGGi, The Great
Transformation: Administrative and Judicial Enforcement in Consumer Protection: A
Remedial Perspective, 2009, 21, Loyola Consumer Law Review, 496.
14 Per una panoramica si vedano Sybe de vrieS, Ulf Bernitz e Stephen weAtherill (eds.),
The EU Charter of Fundamental Rights as a Binding Instrument: Five Years Old and
Growing (Hart 2015); vedi anche, Chantal MAK, Rights and Remedies – Article 47 EUCFR
and Effective Judicial Protection in European Private Law Matters, in Hans-Wolfgang
MicKlitz (ed.), The Constitutionalization of Private Law (OUP 2014) 236. Per un’analisi
comparatistica con particolare riguardo al diritto privato vedi Verica trStenjAK, General
Report, in Verica trStenjAK e Petra weinGerl (eds), The Inluence of Human Rights and
Basic Rights in Private Law (Springer 2016) 3.
15 Vedi parere 2/13, EU:C:2014:2454, par. 176: «In particolare, la chiave di volta del
sistema giurisdizionale così concepito è costituita dal procedimento di rinvio pregiudiziale
previsto dall’articolo 267 TFUE, il quale, instaurando un dialogo da giudice a giudice proprio tra la Corte e i giudici degli Stati membri, mira ad assicurare l’unità di interpretazione
del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza van Gend & Loos, EU:C:1963:1, pag. 23),
permettendo così di garantire la coerenza, la piena eficacia e l’autonomia di tale diritto
nonché, in ultima istanza, il carattere peculiare dell’ordinamento istituito dai Trattati (v., in
tal senso, parere 1/09, EU:C:2011:123, punti 67 e 83)».
18
FABrizio cAFAGGi, MArGheritA SAlvAdori
ed Europee, tra reti amministrative europee e autorità nazionali.16 Gli effetti
pratici del dialogo sugli ordinamenti giuridici nazionali dipendono da molte
variabili: (1) gli attori coinvolti (siano essi corti, autorità amministrative indipendenti, legislatori, governi); (2) il ruolo della Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE), in particolare l’ambito di eficacia delle sue decisioni; (3) il ruolo della Commissione europea; e (4) gli strumenti di dialogo
tra autorità amministrative e giudiziali. La prospettiva dialogica consente
di descrivere meglio di quella multilivello i meccanismi azione/risposta dei
diversi attori che interagiscono nel quadro del principio della supremazia del
diritto europeo17. Essa va collegata al principio di effettività della tutela oltre
che a quelli di leale cooperazione e legalità.
Il dialogo sta producendo effetti espansivi sia sul versante della giurisdizione sia su quello della tutela amministrativa sebbene, come si dirà, con
modalità assai diverse. Il dialogo amministrativo tra reti europee ed autorità
amministrative nazionali ha giocato un importante ruolo nel plasmare le pratiche attuative nel diritto del consumo. Chiaramente l’esempio più importante è rappresentato dalla rete di Cooperazione per la Tutela dei Consumatori
(CTC) dove le competenti autorità cooperano al ine di affrontare le violazioni intra-comunitarie.18 La rete, creata dal regolamento CTC 2006/2004,
16 Vedi Takis tridiMAS, The ECJ and the National Courts: Dialogue, Cooperation
and Instability, in Anthony Arnull e Damian chAlMerS (eds), The Oxford Handbook of
European Union Law (OUP 2015), p. 403 ss.; Bruno de witte, The Preliminary Ruling
Dialogue: Three Types of Questions Posed by National Courts in Bruno de witte et al
(eds), National Courts and EU Law: New Issues, Theories and Methods (Edward Elgar
Publishing 2016), p. 21 ss.; Koen lenAertS, Ignace MASeliS e Kathleen GutMAn (eds), EU
Procedural Law (OUP 2014), p. 70 ss.; Hans-Wolfgang MicKlitz, The ECJ Between the
Individual Citizen and the Member States – A Plea for a Judge-Made European Law on
Remedies in Bruno de witte e Hans-Wolfgang MicKlitz (eds.), The European Court of
Justice and the Autonomy of the Member States (Intersentia 2011) p. 347 ss. e sezione 3.2.
17 Sul punto è dunque parzialmente modiicata la posizione espressa nel saggio. F. cAFAGGi
pubblicato in F. cAFAGGi e H. Muir wAtt, Making European Private law, Governance design, 2008, EE.
18 Il regolamento (CE) n. 2006/2004 ha creato una rete tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori con lo scopo precipuo di coordinare le attività in materia di violazioni cross-border. La rete CPC è tenuta alla vigilanza
del mercato: «Articolo 1: Obiettivo. Il presente regolamento deinisce le condizioni in base
alle quali le autorità competenti dello Stato membro designate in quanto responsabili dell’esecuzione della normativa sulla tutela degli interessi dei consumatori collaborano fra di loro
e con la Commissione al ine di garantire il rispetto della citata normativa e il buon funzionamento del mercato interno e al ine di migliorare la protezione degli interessi economici
dei consumatori»; ed anche Articolo 9(1): «Le autorità competenti coordinano le attività
di sorveglianza del mercato e di esecuzione e a tal ine si scambiano tutte le informazioni
19
diAloGo iStituzionAle e diritto euroPeo dei conSuMAtori
è completata da speciiche reti di settore nei campi delle telecomunicazioni,
dell’energia, del trasporto, della regolamentazione bancaria e inanziaria,
nonché in altri settori.19 Tale complementarietà esige il coordinamento tra
autorità nazionali coinvolte nell’attuazione della protezione del consumatori, dando luogo ad una sovrapposizione di competenze. Il coordinamento
avviene attraverso la stipula di protocolli di intesa come mostra il caso delle
pratiche commerciali scorrette dove l’AGCM, deinita dalla legge italiana
autorità competente, ha stipulato protocolli con le autorità di settore20. Il
problema del coordinamento tra protezione generale e autorità settoriali si
rilette sul piano europeo dove molte reti possono essere competenti per la
protezione dei consumatori in mercati regolamentati. Gli strumenti, gli effetti e l’impatto di questo tipo di dialoghi differiscono, a seconda del potere
conferito a ciascuna rete europea e agli strumenti utilizzati per monitorare
le autorità nazionali nell’esercizio dei loro poteri sanzionatori. Gli strumenti
di coordinamento dell’attuazione amministrativa sono stati posti sotto osservazione, specialmente in riferimento al commercio elettronico, i loro limiti
hanno portato a proposte di riforma.21 Il Regolamento 2017/2394 accoglie
necessarie». Vedi Cristina PonciBò, Networks to Enforce European Law: The Case of the
Consumer Protection Cooperation Network (2012) 35, in Journal of Consumer Policy 175.
A decorrere dal 17 gennaio 2020 il regolamento 2017/2394 sostituirà, abrogandolo, il regolamento 2006/2004. Il nuovo articolo 1 evidenzia come le autorità competenti siano «responsabili dell’esecuzione delle norme dell’Unione sulla tutela degli interessi dei consumatori»: da un lato amplia l’oggetto dell’obbligo di esecuzione, dall’altro conferma la piena
competenza agli Stati membri in materia.
19 La comparazione è limitata al dialogo tra le autorità amministrative indipendenti, ma
forme di dialogo e cooperazione esistono anche tra organi esecutivi nazionali che operano con
riguardo alla soddisfazione dei consumatori in relazione sia ai prodotti che ai processi: per
esempio il Rapid Alert System for Dangerous Non-Food Products (RAPEX) system (informazione reperibile sul sito: http://ec.europa.eu/consumers/consumers_safety/safety_products/rapex/index_en.htm; ultimo accesso 29/9/2017). Nel settore delle pratiche commerciali sleali le
autorità compenti sono talvolta autorità independenti, talaltra agenzie governative.
20 Cfr. art. 27 comma 1 Cod. consumo.
21 Vedi Commissione Europea, Un approccio globale per stimolare il commercio elettronico transfrontaliero per i cittadini e le imprese in Europa SWD (2016) 163 inal 9: «La valutazione dell’attuazione del regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori come
strumento per l’applicazione transfrontaliera dell’acquis dell’UE relativo ai consumatori ha
individuato una serie di lacune. I meccanismi di assistenza reciproca sono insuficienti e la
risposta alle violazioni su vasta scala in tutta l’UE è ineficiente, soprattutto quando esse si
veriicano nell’ambiente digitale. L’accertamento di tali infrazioni è molto spesso lento e dificoltoso. Inine, i piani di attuazione nazionali non forniscono suficienti priorità e risorse alle
azioni di contrasto relative ai mercati transfrontalieri». La proposta del nuovo regolamento
è stata pubblicata nel maggio 2016. Vedi Commissione Europea, Proposal for a Regulation
20
FABrizio cAFAGGi, MArGheritA SAlvAdori
solo alcune delle indicazioni formulate dalla dottrina, mentre la proposta di
regolamento presentata dalla Commissione rafforzava i poteri investigativi e
sanzionatori delle autorità nazionali in particolar modo alla luce della crescita esponenziale del commercio elettronico in violazioni transfrontaliere.22 Il
coordinamento concerneva sia i poteri investigativi e sanzionatori.23 Il ruolo
on Cooperation between National Authorities Responsible for the Enforcement of Consumer
Protection Laws, COM(2016) 283 inal. Alla ine del 2017 è stato approvato il regolamento
(UE) 2017/2394 del 12 dicembre 2017 sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili
dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori e che abroga il regolamento (CE) n.
2006/2004, in GUUE 27 dicembre 2017, n. L345, pagg. 1 ss.
22 La CPC Proposal al considerando n. 9 si limitava a prevedere che: «Competent authorities should be in a position to open investigations on their own initiative if they become
aware of intra-Union infringements or widespread infringements by means other than consumer complaints. This is particularly necessary to ensure effective cooperation among
competent authorities when addressing widespread infringements», mentre il considerando
n. 8 del regolamento 2017/2394 prevede «Le autorità competenti dovrebbero poter avviare
le indagini o i procedimenti di propria iniziativa se vengono a conoscenza delle infrazioni di
cui al presente regolamento per vie diverse dai reclami dei consumatori.». Ed anche il considerando 14 della proposta che prevedeva: «As regards consumer redress, the competent
authorities should choose proportionate, just and reasonable measures that would prevent
or reduce the risk of recurrence or repetition of infringements, taking into account in particular the anticipated beneits to consumers and the reasonable administrative costs likely to
be associated with the implementation of those measures. Where the consumers concerned
cannot be identiied or where they cannot be identiied without disproportionate cost to the
trader responsible, the competent authority may order that the restitution of proits obtained through the infringement be paid to the public purse or to a beneiciary designated by
the competent authority or under national legislation», è stato riformulato nel regolamento
2017/2394 che si limita a prevedere i c.d. poteri minimi che devono essere riconosciuti alle
autorità competenti, senza prevedere l’introduzine di nuovi poteri sanzionatori «Poiché i
regimi sanzionatori nazionali non sempre consentono di prendere in considerazione la dimensione transfrontaliera di un’infrazione, le autorità competenti dovrebbero, nell’ambito
dei loro poteri minimi, avere il diritto di irrogare sanzioni nei confronti delle infrazioni di
cui al presente regolamento. Agli Stati membri non dovrebbe essere imposto di istituire un
nuovo regime sanzionatorio nei confronti delle infrazioni di cui al presente regolamento.
Essi dovrebbero invece imporre alle autorità competenti di applicare il pertinente regime
per le stesse infrazioni nazionali tenendo conto, ove possibile, delle reali dimensioni e della
portata dell’infrazione in questione.».
23 Vedi CPC Proposal Regulation, Explanation of main proposals: «To ensure compliance
with Union consumer law the competent authorities may empower one authority to take
enforcement measures on behalf of consumers in other Member States concerned by the
infringement. The competent authorities may also act simultaneously in all or some of the
Member States concerned». Anche il considerando 21 precisava «If a trader responsible
for the widespread infringement or the widespread infringement with a Union dimension
21
diAloGo iStituzionAle e diritto euroPeo dei conSuMAtori
della Commissione europea avrebbe dovuto essere rafforzato, ma il regolamento 2017/2394 ha scelto di valorizzare la competenza degli Stati membri in relazione alla responsabilità dell’esecuzione delle norme dell’Unione
sulla tutela degli interessi dei consumatori.24 Il coordinamento stabilito dal
fails to cease the infringement voluntarily, the competent authorities of the Member States
concerned should designate one competent authority in a Member State to take the enforcement action adapted to preserve the rights of consumers residing in the other Member States
concerned by the infringement», mentre il regolamento 2017/2394 non ha ritenuto di introdurre questa indicazione e si è maggiormente concentrato sugli obblighi di cooperazione nel
rispetto della competenza degli Stati membri v. considerando n. 7.
24 CPC Proposal Regulation art. 10: «The Commission may adopt implementing acts
setting out the conditions for the implementation and exercise of the minimum powers of
competent authorities referred to in Article 8. Those implementing acts shall be adopted
in accordance with the examination procedure referred to in Article 48(2)». A differenza
della proposta, il regolamento non ha ritenuto di valorizzare in questi termini l’azione della
Commissione e si è limitato a precisare al considerando 23 che «La Commissione dovrebbe
migliorare la sua capacità di coordinare e monitorare il funzionamento del meccanismo di
assistenza reciproca, nonché di fornire orientamenti, formulare raccomandazioni ed esprimere pareri destinati agli Stati membri in caso di problemi. La Commissione dovrebbe inoltre migliorare la sua capacità di dare eficacemente e rapidamente aiuto alle autorità competenti per dirimere le controversie relative all’interpretazione dei loro obblighi derivanti dal
meccanismo di assistenza reciproca» senza determinare una nuova sfera di competenza, ma
limitandosi a prevedere un generico obbligo di cooperazione in relazioni alle informazioni
infracomunitarie «La Commissione dovrebbe cooperare più strettamente con gli Stati membri per evitare infrazioni su larga scala. La Commissione dovrebbe pertanto comunicare
alle autorità competenti se sospetta infrazioni di cui al presente regolamento. Qualora, ad
esempio monitorando le segnalazioni formulate dalle autorità competenti, abbia il ragionevole sospetto che si sia veriicata un’infrazione diffusa avente una dimensione unionale, la
Commissione dovrebbe darne notiica agli Stati membri, tramite le autorità competenti e gli
ufici unici di collegamento interessati da tale presunta infrazione, indicando nella notiica
i motivi che giustiicano una possibile azione coordinata. Le autorità competenti interessate
dovrebbero condurre appropriate indagini sulla base delle informazioni loro disponibili o
facilmente accessibili. Dovrebbero comunicare i risultati di tali indagini alle altre autorità
competenti e agli ufici unici di collegamento interessati da detta infrazione, come pure alla
Commissione. Qualora concludano che da tali indagini emerga che possa veriicarsi un’infrazione, le autorità competenti interessate dovrebbero avviare l’azione coordinata adottando le misure di cui al presente regolamento. Un’azione coordinata intesa ad affrontare
un’infrazione diffusa avente una dimensione unionale dovrebbe essere sempre coordinata
dalla Commissione. Qualora risulti che è interessato da tale infrazione, lo Stato membro
dovrebbe partecipare a un’azione coordinata per contribuire a raccogliere tutte le prove e
le informazioni necessarie relative all’infrazione nonché per farla cessare o vietarla. Per
quanto riguarda le misure di esecuzione, i procedimenti penali e civili negli Stati membri
non dovrebbero essere pregiudicati dall’applicazione del presente regolamento. Dovrebbe
22
FABrizio cAFAGGi, MArGheritA SAlvAdori
nuovo regolamento non dove operare con pregiudizio delle esistenti forme
di coordinamento tra regole vigenti in settori speciici.25
2. Triloghi, tetraloghi e conlitti tra norme
Il dialogo giudiziale si sviluppa, in senso verticale, tra Corte di Giustizia
e Corte europea dei diritti dell’uomo da un lato e corti nazionali dall’altro, in
senso orizzontale, tra corti europee e tra corti nazionali. Il ruolo della Corte
di Giustizia dell’Unione europea è molto signiicativo; il contributo dipende
da plurimi fattori tra i quali igurano: (1) il contenuto delle sue decisioni; (2)
il loro effetto nel paese della corte da cui origina il rinvio pregiudiziale, ed
in particolare la ‘resistenza’ esercitata dai diversi tribunali nazionali per superare la loro precedente giurisprudenza e (3) l’impatto della decisione della
Corte di Giustizia negli altri paesi.
I dialoghi spesso divengono triloghi o tetraloghi. I partecipanti possono
essere attori sia volontari, sia involontari, sia passivi, sia attivi (spesso questo è il caso dei Parlamenti e dei governi). Il dialogo è spesso interattivo e
non coincide con lo sviluppo di una singola questione. I triloghi intercorrono tra corti nazionali, autorità nazionali e Corte di Giustizia. Hanno luogo
quando le corti tentano di promuovere modiiche legislative negli ordinamenti nazionali richiedendo alla Corte di Giustizia di valutare la conformità
della legislazione nazionale con il diritto UE, ad esempio nel determinare se
il diritto UE sia incompatibile con la legislazione nazionale oppure con una
sua interpretazione giurisprudenziale. In questi casi, il trilogo è tra la corte
nazionale, il legislatore nazionale e la Corte di Giustizia. In terzo luogo, un
trilogo avviene, nel campo del diritto UE del consumo, quando la CEDU e la
CGUE sono intervenute rendendo decisioni non perfettamente coincidenti:
essere rispettato il principio del ne bis in idem. Tuttavia, se il medesimo operatore ripete lo
stesso atto o la stessa omissione che ha costituito un’infrazione di cui al presente regolamento che era già stata oggetto di procedimenti di esecuzione conclusisi con la cessazione o
il divieto di detta infrazione, quest’ultima dovrebbe essere considerata una nuova infrazione
e le autorità competenti dovrebbero affrontarla.»
25 Vedi CPC Proposal al considerando 29 che disponeva: «This regulation complements sectoral Union rules providing for cooperation among sectoral regulators and sectoral
Union rules on the compensation of consumers for harm resulting from infringements of
those rules. This Regulation is without prejudice to other cooperation systems and networks
set out in sectoral Union legislation. This Regulation furthers cooperation and coordination
among the consumer protection network and the networks of regulatory bodies and authorities established by sectoral Union legislation» e che è stato riversato nel considerando 45
senza sostanziali modiiche.
23
diAloGo iStituzionAle e diritto euroPeo dei conSuMAtori
il giudice nazionale è ‘stretto’ tra le due interpretazioni e deve trovare la soluzione giusta, o bilanciata. Qui il trilogo è puramente giudiziale. I ‘giochi’
sottesi al trilogo mutano e gli attori possono avere ruoli diversi a seconda
della struttura del ‘gioco’. Esamineremo quando e come triloghi o tetraloghi
si trovino celati all’interno di un ambiente strategico e quali siano i loro
effetti sull’attuazione del diritto del consumo26.
3. La geometria del dialogo ed i suoi effetti sulla tutela del consumatore
Stiamo assistendo ad un’erosione del principio di autonomia procedurale in riferimento al quale i diritti fondamentali e principi generali giocano
un crescente ruolo nel deinire l’architettura dell’attuazione del diritto del
consumo. La separazione che prevedeva la deinizione dei diritti a livello
europeo e quella dei rimedi a livello nazionale sta venendo meno: vi è una
crescente legislazione europea che include i rimedi ma il fattore più rilevante è quello giurisprudenziale.27 La Corte di Giustizia attraverso il principio di
effettività della tutela sta riconigurando gerarchia e contenuti dei rimedi.28
Una recente giurisprudenza conferma l’applicazionedella Carta anche
alle norme nazionali sanzionatorie relative a violazioni di precetti di derivazione comunitaria.29 Dunque i principi europei sono applicabili non solo ai
diritti ma anche ai rimedi ed alle sanzioni regolate da fonti puramente interne
quando queste reagiscano a violazioni di diritti disciplinati da norme UE. Il
cambiamento dall’approccio multilivello a quello del dialogo inter-istituzionale obbliga a ripensare i rapporti tra livelli nazionali ed europeo, creando
un corpo di regole tese a bilanciare uniformità e diversità. La prospettiva di
un’interazione strategica tra istituzioni nazionali ed europee offre ulteriori e
più convincenti spiegazioni rispetto alla dottrina costituzionalistica multilivello e specialmente ai modi in cui operano i meccanismi di tutela.
26 Cfr. F.GoMez PoMAr e K.lyczKowSKA, Spanish Courts, in F.cAFAGGi e S.lAw, Judicial
Cooperation in European Private Law, Edward Elgar, 2017, p. 93 ss.
27 Cfr. N. liPAri, il diritto civile tra legge e giudizio, Giuffrè, 2017, p. 100 ss.
28 Cfr. N. liPAri, Il diritto civile tra legge e giudizio, Giuffrè, 2017, p. 131 ss.
29 Cfr CGUE Berlioz, C-682/15 par. 42 “Occorre pertanto rispondere alla prima questione
dichiarando che l’articolo 51, paragrafo 1, della Carta deve essere interpretato nel senso che
uno Stato membro attua il diritto dell’Unione, nell’accezione di tale disposizione, – e che, di
conseguenza, la Carta risulta applicabile – quando attraverso la propria normativa commina
una sanzione pecuniaria a carico di un amministrato che si riiuti di fornire informazioni
nel contesto di uno scambio tra autorità tributarie fondato, segnatamente, sulle disposizioni
della direttiva 2011/16.”
24
FABrizio cAFAGGi, MArGheritA SAlvAdori
Si è detto che diverse sono le caratteristiche geometriche del dialogo.
Il dialogo giudiziale verticale si fonda sulla cooperazione all’ombra della
supremazia e dell’effettività del diritto UE. È un dialogo diffuso in quanto
include sia corti di legittimità sia corti di merito.30
La facoltà delle corti di merito di proporre una domanda di rinvio pregiudiziale ha rappresentato uno strumento chiave per la cooperazione istituzionale. Se il dialogo fosse stato limitato alle corti di legittimità ed alla
CGUE lo sviluppo del diritto europeo e la sua attuazione sarebbero stati
radicalmente diversi.31 Questo è evidente nel diritto del consumo dove corti
di merito sono state particolarmente attive; certo anche le corti di legittimità,
incluse le supreme corti amministrative, hanno proposto domande pregiudiziali, ma spesso per altri ini. Di recente, come il caso spagnolo conferma, le
Corti nazionali hanno cominciato a proporre questioni tese a prevenire l’uso
strategico del dialogo da parte delle corti inferiori32. Evidentemente il dialogo giudiziale verticale ha luogo principalmente attraverso la proposizione
di questioni pregiudiziali da parte di organi giurisdizionali nazionali alla
corte di Giustizia UE.33 Le ragioni di ricorso alla Corte europea differiscono,
quanto ad intensità e motivazione, in relazione all’ordinamento giuridico
degli Stati membri.34 Le corti nazionali hanno il potere e/o dovere di proporre una domanda pregiudiziale quando l’interpretazione del diritto europeo
applicabile al caso nazionale sia incerta o quando sorgano questioni relative
alla validità del diritto UE.35
30 I giudici nazionali sono considerati dalla Corte di Giustizia i primi organi chiamati
all’applicazione del diritto UE. Vedi Anne-Marie SlAuGhter, Alec Stone Sweet e Joseph
H.H. weiler (a cura di), The European Court and the National Courts––Doctrine and
Jurisprudence: Legal Change in its Social Context (Hart 1998).
31 Si vedano i contributi di Weiler, Stone Sweet, K. Alter.
32 Esemplari i rinvii pregiudiziali del Tribunal Supremo spagnolo nel 2017 in relazione
agli effetti delle sentenze Naranjo Gutierrez e Banco Primus.
33 La funzione del dialogo giudiziale sulla base del rinvio pregiudiziale è riassunta dalla
Corte di giustizia nella sua opinione 2/13, EU:C:2014:2454, par.176.
34 Si notino le differenze tra gli ordinamenti. Germania, Italia e Spagna, sono tra i primi
paesi nel proporre rinvii pregiudiziali. Vedi CJEU Annual Report 2015 – Judicial Activity,
specialmente il table 19 (disponibile all’indirizzo http://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/
application/pdf/2016-04/en_ap_jur15_provisoire2.pdf; ultimo accesso: 29/9/2017).
35 Vedi il caso C-689/13 Puligienica Facility Esco SpA (PFE) v. Airgest SpA
EU:C:2016:199, par. 32, 33, 34: «Come ripetutamente dichiarato dalla Corte, i giudici nazionali hanno la più ampia facoltà di sottoporre alla Corte una questione di interpretazione
delle disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza RheinmühlenDüsseldorf, 166/73, EU:C:1974:3, punto 3), laddove tale facoltà si trasforma in obbligo per
i giudici che decidono in ultima istanza, fatte salve le eccezioni riconosciute dalla giurispru-
25
diAloGo iStituzionAle e diritto euroPeo dei conSuMAtori
Le corti superiori hanno l’obbligo proporre la domanda pregiudiziale ed
il diritto nazionale non può introdurre limitazioni a questa competenza.36 La
Corte di Giustizia ha speciicato che - anche quando la regola interna sia al
contempo incostituzionale e contraria al diritto UE - le corti nazionali non
possono essere obbligate a riferire prima la questione alla corte costituzionale
interna e neppure possano essere limitate nel sottoporre la questione pregiudiziale.37 La possibilità di proporre un rinvio pregiudiziale esiste anche quando
i diritti fondamentali sono protetti simultaneamente da costituzioni nazionali
e dalla Carta.38 Le corti costituzionali nazionali hanno opposto resistenza a
questa regola ed hanno spesso affermato la necessità di previa proposizione
della questione di costituzionalità alla corte interna; ciò nonostante, la CGUE
è stata coerente ed ha costantemente imposto l’applicazione di questa regola.
La Corte di Giustizia UE ha deinito in via interpretativa la struttura, i
dettagli processuali e gli incentivi per aprire al dialogo.39 Ha interpretato
denza della Corte (v., in tal senso, sentenza Cilit e a., 283/81, EU:C:1982:335, punto 21 e
dispositivo). Una norma di diritto nazionale non può impedire a un organo giurisdizionale
nazionale, a seconda del caso, di avvalersi della facoltà di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze Rheinmühlen-Düsseldorf, 166/73, EU:C:1974:3, punto 4; Melki e Abdeli, C-188/10 e
C-189/10, EU:C:2010:363, punto 42, nonché Elchinov, C-173/09, EU:C:2010:581, punto
27) o di conformarsi a suddetto obbligo. [33] Tanto detta facoltà quanto detto obbligo sono,
difatti, inerenti al sistema di cooperazione fra gli organi giurisdizionali nazionali e la Corte,
instaurato dall’articolo 267 TFUE, e alle funzioni di giudice incaricato dell’applicazione
del diritto dell’Unione afidate dalla citata disposizione agli organi giurisdizionali nazionali.
[34] Di conseguenza, qualora un organo giurisdizionale nazionale investito di una controversia ritenga che, nell’ambito della medesima, sia sollevata una questione vertente sull’interpretazione o sulla validità del diritto dell’Unione, ha la facoltà o l’obbligo, a seconda del
caso, di adire la Corte in via pregiudiziale, senza che detta facoltà o detto obbligo possano
essere ostacolati da norme nazionali di natura legislativa o giurisprudenziale».
36 Vedi ibid., par. 31: «Con la prima parte della seconda questione il giudice del rinvio
chiede, in sostanza, se l’articolo 267 TFUE debba essere interpretato nel senso che osta ad
una disposizione di diritto nazionale nei limiti in cui quest’ultima sia interpretata nel senso
che, relativamente a una questione vertente sull’interpretazione o della validità del diritto
dell’Unione, una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza, qualora non condivida l’orientamento deinito da una decisione dell’adunanza plenaria di tale organo, è tenuta
a rinviare la questione all’adunanza plenaria e non può pertanto adire la Corte ai ini di una
pronuncia in via pregiudiziale».
37 Vedi caso C-188/10 Melki and Abdeli EU:C:2010:363. Vedi anche il caso C-112/13 A
v. B EU:C:2014:2195, par. 38.
38 Vedi A v. B, ibid., par. 41.
39 Vedi le Guidelines issued by the CJEU on the procedure to be followed under Art. 267;
Recommendations to National Courts in Relation to the Initiation of Preliminary Ruling
Proceedings, G.U.U.E. C 338, 06.11.2012. Più recente la raccomandazione 2016/C 439/01
26
FABrizio cAFAGGi, MArGheritA SAlvAdori
l’art. 267 TFEU in modo ampio, affermando la sua competenza di riformulare la questione pregiudiziale nell’ambito dei conini della domanda del
giudice nazionale.40
Le scansioni del dialogo differiscono in relazione a quanto aperta è la decisione: quando le decisioni sono di risultato, di principio o di legittimità.41
La Corte di Giustizia può: (1) fornire la soluzione al conlitto tramite regole
prescrittive, dettagliate o speciiche; (2) offrire una guida ma lasciare la soluzione concreta alla corte nazionale; o (3) affermare il principio di diritto
UE ma lasciare alla corte nazionale l’identiicazione della regola speciica
e della soluzione della controversia.42 A seconda del tipo di decisione il dialogo può terminare o continuare tra le stesse corti al ine di chiarire le conseguenze dell’applicazione del diritto UE nel diritto interno, v. ad esempio
igura 1.
Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale, in G.U.U.E. C 439, 25.11.2016.
40 Vedi caso C-470/12 Pohotovosť EU:C:2014:101, par. 27: «A questo riguardo occorre
ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, le questioni relative all’interpretazione
del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che
egli individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte veriicare
l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto da parte della Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora
risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non ha alcuna
relazione con la realtà o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia
di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto
necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in tal
senso, sentenza del 7 giugno 2007, van der Weerd e a., da C-222/05 a C-225/05, Racc. pag.
I-4233, punto 22 e giurisprudenza ivi citata)». In alcuni casi il riferimento al principio di
equivalenza ed effettività è stato adottato dalla Corte di Giustizia anche se le giurisdizioni
nazionali non lo avevano menzionato nel loro rinvio. In altri casi (Caso C-34/13 Kušionová
EU:C:2014:2189), la Corte di Giustizia ha integrato la pronuncia pregiudiziale sulla base
dell’art.47 della Carta.
41 Vedi Takis tridiMAS, The ECJ and the National Courts: Dialogue, Cooperation
and Instability, in Anthony Arnull e Damian chAlMerS (eds), The Oxford Handbook of
European Union Law (OUP 2015) p. 403.
42 Vedi ibid., pp. 408-9.
27
diAloGo iStituzionAle e diritto euroPeo dei conSuMAtori
Figura 1 rappresentazione graica del dialogo giudiziale in riferimento alla decisione
della CGEU nel caso C-65/09 Weber and Putz EU:C:2011:396
Le corti nazionali, specialmente quelle di legittimità, intraprendono anche dialoghi orizzontali facendo riferimento alle decisioni di corti di altri
Stati membri.43 È sempre più frequente l’utilizzo del diritto comparato europeo nelle decisioni interne.44 Questo avviene senza un supporto istituzionale ma sulla base di strumenti creati dalle singole corti e da alcune reti. Le
reti giudiziarie proliferano ma non intraprendono uno stabile e formalizzato
controllo delle prassi45. Tuttavia, diversamente dal dialogo amministrativo
tra autorità amministrative indipendenti, nessuna attività di controllo delle
43 Questi rimandi sono generalmente fatti per supportare la conclusione raggiunta. Meno
frequentemente le corti usano il riferimento a decisioni straniere per costruire la loro
decisione.
44 European University Institute, Centre for Judicial Cooperation, European Judicial
Cooperation and Fundamental Rights: Some Practical Guidelines, European University
Institute, Centre for Judicial Cooperation, European Judicial Cooperation and Fundamental
Rights: Some Practical Guidelines, JUDCOOP Handbook (disponibile all’indirizzo: http://
www.eui.eu/Projects/CentreForJudicialCooperation/Documents/JUDCOOPdeliverables/
JUDCOOPdeliverables/JUDCOOP%20Guidelines%20-%20Multilingual%20version.pdf;
ultimo accesso 29/9/2017).
45 Nonostante gli sforzi della Commissione mancano ancora adeguati strumenti di coordinamento orizzontale anche se numerosi database offrono oggi una strumentazione molto
soisticata per promuovere il dialogo.
28
FABrizio cAFAGGi, MArGheritA SAlvAdori
decisioni tra pari avviene tra le giurisdizioni nazionali.46 Questo sarà importante al ine di prevedere un’organizzazione più strutturata che integri le reti
giudiziali e normative nell’attuazione del diritto del consumo.47
Spesso il dialogo include entrambe le traiettorie. Vale a dire, prima il dialogo verticale tra una corte nazionale e la Corte di giustizia UE stimolata dal
rinvio, e poi la questione pregiudiziale avvia il dialogo tra Corti nazionali
circa le modalità di applicazione del principio posto dalla Corte europea.
Questo dialogo orizzontale può riproporre la questione alla Corte europea
al ine di avere ulteriori chiarimenti.48 Pertanto, il dialogo è ricorsivo e l’inluenza tra Corti europee nazionali è reciproca anche sulla scorta del principio di supremazia del diritto UE.49
Il dialogo amministrativo si è svolto principalmente in senso orizzontale,
tra autorità amministrative nazionali e tra reti normative europee, nonché
con la Commissione europea.50 Cooperazione e consenso, piuttosto che il
46 Sulle proposte di introduzione di forme di peer review e di altri strumenti usualmente associati al metodo della coordinazione nel diritto privato europeo si veda Walter vAn
Gerven, Bringing (Private) Laws Closer to Each Other at the European Level, in Fabrizio
cAFAGGi (ed.), The Institutional Framework of European Private Law (OUP 2006) 37 e
Fabrizio cAFAGGi, Introduction, in Fabrizio cAFAGGi (ed.), The Institutional Framework of
European Private Law (OUP 2006) e prima F. Cafaggi, Una governance per il diritto europeo dei contratti, in F. Cafaggi (a cura di), Quale armonizzazione per il diritto europeo dei
contratti, CEDAM, 2003, pp. 183-211, ove un’analisi circa l’applicabilità al diritto privato
del metodo di coordinamento aperto.
47 Vedi Fabrizio cAFAGGi, The Making of European Private Law: Governance Design, in
Fabrizio cAFAGGi e Horatia Muir wAtt (eds), Making European Private Law: Governance
Design (Edward Elgar Publishing 2008) 289.
48 European University Institute, Centre for Judicial Cooperation, European Judicial
Cooperation and Fundamental Rights: Some Practical Guidelines e l’Handbook (reperibili all’indirizzo http://www.eui.eu/Projects/CentreForJudicialCooperation/Documents/
JUDCOOPdeliverables/JUDCOOPdeliverables/JUDCOOP%20Guidelines%20-%20
Multilingual%20version.pdf; ultimo accesso 29/9/2017).
49 Vedi Charles F. SABel e Jonathan zeitlin (a cura di), Experimentalist Governance in
the EU (OUP 2010) and Maartje de viSSer, Network-Based Governance in EC Law (Hart
2009).
50 Con ciò non si vuol sostenere che non esista un dialogo tra la CGUE e le autorità amministrative. Esso opera attraverso i corpi giudiziali che esercitano un potere di judicial
review. Le corti, nell’esercizio del potere di revisione, possono proporre questioni preliminari concernenti l’esecuzione dei provvedimenti delle autorità amministrative. Il principio
di effettività si applica anche alle amministrazioni; la CGUE ha predisposto delle linee
guida su come le amministrazioni devono attuare il principio di effettività quando le norme
nazionali precludono l’applicazione del diritto UE. Nel settore del credito al consumo, la
direttiva 2014/17 ha disciplinato la cooperazione tra le autorità amministrative (art. 36)
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diAloGo iStituzionAle e diritto euroPeo dei conSuMAtori
voto, costituiscono gli strumenti principali per l’adozione delle decisioni.
Il dialogo tra autorità amministrative indipendenti è disciplinato da meccanismi diversi rispetto a quelli del dialogo giudiziale, utilizzando in via
principale ma non esclusiva la soft law;51 la gerarchia non gioca un ruolo signiicativo nemmeno nell’area dei mercati inanziari, ove le agenzie europee
hanno competenza per la risoluzione dei conlitti e per sanzionare le autorità
nazionali.52 Le autorità amministrative nazionali deinisco le loro pratiche in
conformità con le line guida delle reti europee e controllano le loro domande
con procedure di peer review.53
e le procedure per la risoluzione degli eventuali conlitti (art. 37). Speciale rilievo deve
essere dato a quest’ultima previsione che conferisce all’ABE il potere di decidere in caso
di conlitti: Art. 37 risoluzione delle controversie tra autorità competenti di Stati membri
diversi. Le autorità competenti possono portare all’attenzione dell’ABE la situazione in cui
la richiesta di cooperazione, in particolare lo scambio di informazioni, è stata respinta o non
ha ricevuto seguito entro un periodo di tempo ragionevole, e chiedere l’assistenza dell’ABE
ai sensi dell’articolo 19 del regolamento (UE) n. 1093/2010. In questi casi l’ABE può agire
conformemente ai poteri che le conferisce tale articolo e qualsiasi decisione vincolante
adottata dall’ABE conformemente con tale articolo è vincolante per le autorità competenti
interessate, che siano o meno membri dell’ABE. Vedi per esempio il caso C-453/00 Kühne
& Heitz [2004] ECR I-0837. Per stabilire quali obblighi derivino dal diritto UE con riguardo
a un atto amministrativo deinitivo che è contrario al diritto UE, la Corte deve rifarsi agli insegnamenti del caso Kühne & Heitz. In quella decisione la Corte ha stabilito che il principio
di leale collaborazione impone ad un organo amministrativo, investito in una richiesta in tal
senso, di riesaminare una decisione amministrativa deinitiva per tener conto dell’interpretazione della disposizione pertinente nel frattempo accolta dalla Corte qualora: (a) disponga
secondo il diritto nazionale, del potere di ritornare su tale decisione; (b) la decisione in
questione sia divenuta deinitiva in seguito ad una sentenza di un giudice nazionale che
statuisce in ultima istanza; (c) tale sentenza, alla luce di una giurisprudenza della Corte successiva alla medesima, risulti fondata su un’interpretazione errata del diritto comunitario
adottata senza che la Corte fosse adita in via pregiudiziale alle condizioni previste all’art.
234, n. 3, CE, e (d) l’interessato si sia rivolto all’organo amministrativo immediatamente
dopo essere stato informato della decisione della Corte.
51 Specialmente nel settore inanziario l’utilizzo dell’hard law ha parzialmente rimpiazzato il soft law. Vedi Niamh Moloney, EU Securities and Financial Markets Regulation
(OUP 2014).
52 Anche se le direttive recenti hanno conferito alle agenize europee – come ad esempio
l’ABE – il potere di risolvere i conlitti tra le amministrazioni nazionali quando fallisce la
cooperazione tra loro; vedi artt. 36 e 37, direttiva 2014/17/EU in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali e recante modiica delle direttive
2008/48/CE e 2013/36/UE e del regolamento (UE) n. 1093/2010.
53 Per esempio, con riguardo al settore delle sanzioni per le quali l’esecuzione è decentrata, la Commissione, come il network, ha emesso delle line guida nel settore della regolamentazione inanziaria. Vedi Commissione europea, Communication by the Commission,
30
FABrizio cAFAGGi, MArGheritA SAlvAdori
Uno dei maggiori problemi in relazione alla tutela amministrativa concerne la determinazione delle sanzioni; la comune determinazione di pratiche sanzionatorie, spesso diverse a livello nazionale, ha coinvolto le reti in
maniera abbastanza signiicativa. I rapporti nazionali prodotti annualmente
dalle singole autorità nazionali rivelano considerevoli differenze nelle pratiche sanzionatorie, anche quando l’approccio può apparire simile. La disciplina proposta con il nuovo regolamento 2017/2394 individua dei princi
generali in forza dei quali le autorità nazionali dovranno cooperare al ine
di perseguire “violazioni diffuse” del diritto del consumo con le quali la
Commissione europea dovrà collaborare.54
Reinforcing Sanctioning Regimes in the Financial Services Sector COM(2010) 716 inal.
54 Il testo della CPC Proposal Regulation di cui all’art. 18: «The competent authorities concerned may designate one competent authority to take enforcement measures on behalf of the
other competent authorities in order to bring about the cessation or to prohibit the widespread
infringement, to ensure compensation of consumers or to impose penalties.… Once the competent authority has been designated to take enforcement measures by the other competent authorities concerned, it shall become competent to act on behalf of the consumers of each such
Member State as if they were its own consumer» non è infatti stati accolto nel regolamento
2017/2394 che si è limitato a prevedere le modalità di coordinamento tra le autorità nazionali
competenti e, solo in via residuale, ha previsto la competenza della Commissione per il coordinamento tra autorità nazionali. Infatti il capo IV del regolamento 2017/2394, Attività d’indagine coordinate e meccanismi di esecuzione per le infrazioni diffuse e le infrazioni diffuse
aventi una dimensione unionale, all’art. 17 (Avvio di un’azione coordinata e designazione del
coordinatore) ha stabilito «[1] Qualora vi sia un ragionevole sospetto di infrazione diffusa, le
autorità competenti interessate da tale infrazione avviano un’azione coordinata basata su un
accordo reciproco. L’avvio dell’azione coordinata è notiicato senza indugio agli ufici unici
di collegamento interessati da detta infrazione e alla Commissione. [2] Le autorità competenti
interessate dalla sospetta infrazione diffusa designano quale coordinatore un’autorità competente interessata dalla sospetta infrazione diffusa. Se tali autorità competenti non sono in grado
di raggiungere un accordo riguardo a tale designazione, la Commissione assume tale ruolo.
[3] Se la Commissione ha un ragionevole sospetto di infrazione diffusa avente una dimensione unionale, essa ne dà notiica senza indugio alle autorità competenti e agli ufici unici di
collegamento interessati da tale presunta infrazione a norma dell’articolo 26. La Commissione
indica nella notiica i motivi che giustiicano una possibile azione coordinata. Le autorità competenti interessate dalla presunta infrazione diffusa avente una dimensione unionale conducono appropriate indagini sulla base delle informazioni loro disponibili o facilmente accessibili.
Le autorità competenti interessate dalla presunta infrazione diffusa avente una dimensione
unionale comunicano i risultati di tali indagini alle altre autorità competenti, agli ufici unici
di collegamento interessati da detta infrazione e alla Commissione a norma dell’articolo 26,
entro un mese dalla data della notiica della Commissione. Qualora da tali indagini emerga
che possa veriicarsi un’infrazione diffusa avente una dimensione unionale, le autorità competenti interessate da detta infrazione avviano l’azione coordinata e adottano le misure di cui
all’articolo 19 nonché, se del caso, le misure di cui agli articoli 20 e 21. [4] L’azione coordina-
31
diAloGo iStituzionAle e diritto euroPeo dei conSuMAtori
Nel diritto del consumo il dialogo tra autorità amministrative e corti europee è soltanto indiretto. Tuttavia il dialogo giudiziale inluenza l’attività
amministrativa allorché le corti nazionali, impegnate nel sindacato giurisdizionale, sottopongano una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia
dell’UE in riferimento all’ambito del controllo giudiziale e delle autorità
amministrative.55 La Corte ha fornito una guida sul come le corti nazionali
dovrebbero controllare le decisioni delle autorità amministrative riguardanti
la protezione dei consumatori nei mercati regolamentati, ad esempio, sulla
determinazione delle tariffe e sulla modalità in cui dovrebbero essere presi
in considerazione gli interessi dei consumatori.56
La Corte può individuare regole sia processuali sia sostanziali relative al
modo in cui le autorità indipendenti procedono quando esaminano clausole
abusive e pratiche scorrette.57 In particolare, può fornire agli Stati membri
indicazioni circa il modo di coordinare l’attuazione amministrativa e giudiziale. Ad esempio, l’ambito del controllo giudiziale da parte della autorità
amministrative può: (1) semplicemente focalizzarsi sull’esercizio di poteri
da parte dell’autorità amministrativa e rinviare all’autorità stessa nel caso
in cui la decisione non rispetti il diritto; oppure (2) adottare un ordine che
ingiunga di cessare la pratica quando ciò sia richiesto ai ini della protezione
ta di cui al paragrafo 3 è coordinata dalla Commissione. [5] Un’autorità competente si unisce
all’azione coordinata se nel corso di quest’ultima diviene palese che l’autorità competente è
interessata dall’infrazione diffusa o dall’infrazione diffusa avente una dimensione unionale».
55 Caso C-206/11 Köck EU:C:2013:14, caso C-28/15 Koninklijke KPN and Others v.
ACM, EU:C:2016:692 e caso C-119/15 Biuro dove il tema del sindacato viene affrontato
anche alla luce dei diritti fondamentali ed in particolare dell’articolo 47 della Carta.
56 Vedi Koninklijke, ibid., parr.60 e 61.
57 Vedi il caso C-119/15 Biuro riguardante l’utilizzo della lista delle clausole abusive da
parte delle autorità amministrative. Alla Corte era richiesto di pronunciarsi sulla compatibilità di un sistema astratto di controllo sulle clausole abusive con l’art. 47 della Carta
dei diritti fondamentali. La Corte ha ritenuto che: «[26] Mancando, nelle direttive 93/13 e
2009/22, una disposizione che preveda esplicitamente un regime di tutela giurisdizionale
effettiva per il professionista, tali direttive devono essere interpretate alla luce dell’articolo
47 della Carta. [27] Ne consegue che l’interpretazione delle direttive 93/13 e 2009/22 alla
luce dell’articolo 47 della Carta deve tener conto del fatto che ogni persona i cui diritti
garantiti dal diritto dell’Unione possono essere violati gode di un ricorso giurisdizionale
effettivo. Orbene, ciò non riguarda soltanto i consumatori che affermano di essere lesi da
una clausola abusiva di un contratto da essi concluso con un professionista ma anche un
professionista, come la Biuro Partner, che sostenga che la clausola contrattuale controversa
non può essere qualiicata come illecita ed essere sanzionata con un’ammenda per il solo
fatto che una clausola equivalente è stata annotata nel registro nazionale delle clausole di
condizioni generali ritenute illecite, senza che egli fosse parte del procedimento che ha condotto all’annotazione di una clausola siffatta nel summenzionato registro.»
32
FABrizio cAFAGGi, MArGheritA SAlvAdori
dei consumatori, sostituendo le autorità amministrative.58 Quest’ultima soluzione potrebbe ritardare l’attuazione della protezione dei consumatori ma
potrebbe altresì assicurare una più chiara ripartizione delle competenze tra
amministrazioni esecutive e corti che esercitano la giurisdizione.
4. Interazioni giudiziali strategiche tra conlitto e coooperazione
Il dialogo giudiziale spesso intercorre tra istituzioni che perseguono molteplici obiettivi. Alcuni obiettivi sono espressi, mentre altri sono sottointesi. L’interazione strategica tra corti si volge quando gli attori perseguono
obiettivi ulteriori rispetto a quelli sottesi alla domanda proposta alla corte di
Giustizia dell’UE per la soluzione di una speciica controversia.59 La strategicità di un’interazione presuppone che la condotta di una parte consideri le
possibili risposte delle altre parti nella deinizione della questione pregiudiziale. Non solo l’aspettativa della CGUE ma anche quella degli altri attori
(Corte Suprema, Corte Costituzionale, legislatore) che non partecipano alla
procedura del rinvio pregiudiziale viene considerata dal tribunale nazionale
che esegue il rinvio. Ovviamente è importante precisare che non tutte le
interazioni tra corti sono strategiche e come non ogni domanda di rinvio
pregiudiziale abbia implicazioni strategiche. Una caratteristica rilevante
emerge quando interazioni ricorrenti tra corti si svolgono al ine di modiicare le norme oppure l’interpretazione ad esse attribuita.60 Per determinare
un’interazione strategica non si deve necessariamente fare riferimento a corti identiche che rinviano sequenzialmente a Lussemburgo. Afinché questa
interazione si concretizzi è suficiente che le corti di merito di uno stesso
paese, o di paesi diversi, sottopongano questioni logicamente connesse, al
58 Vedi l’opinione dell’AG Trstenjak in Köck, n. 43, par. 62, ove afferma che gli Stati membri possano limitare la revisione giudiziale alla veriica della decisione dell’autorità amministrativa, senza però esercitare un potere diretto e senza offrire una reale tutela al consumatore. La conclusione è che gli Stati membri possono optare per una stretta demarcazione,
limitando il potere di revisione giudiziale o per una divisione più lessibile, permettendo alla
corte chiamata a pronunciarsi in sede di revisione di adottare rimedi concreti nel caso in cui
ciò sia richiesto dall’effettività del rimedio. Nel sistema italiano le corti amministrative chiamate a pronunciarsi sui provvedimenti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato
(AGCM) in relazione alle pratiche commerciali sleali hanno esaminato attentamente il potere
di enforcement, speciicando il contenuto dell’effettività e la proporzionalità delle sanzioni.
59 Per un modello di interazione stragica tra le Corti e il Governo spagnoli e la Corte di
Giustizia UE si veda il contributo di GoMez e lyczKowSKA in Fabrizio cAFAGGi e Stephanie
lAw, Judicial Cooperation in European Private Law, Edward Elgar, 2017.
60 Come per esempio nei riferimenti fatti dalle corti spagnole.
33
diAloGo iStituzionAle e diritto euroPeo dei conSuMAtori
ine di raggiungere un obiettivo comune. Chiaramente la natura strategica è
rafforzata allorché la stessa corte nazionale proponga questioni pregiudiziali
sequenziali su simili aspetti alla Corte di Giustizia dell’UE.61
Pare opportuno sottolineare gli aspetti sia tecnici sia strategici ed evidenziare come in molti casi il dialogo tra corti nazionali ed europee sia utilizzato
al ine di promuovere la modiica normativa o incentivare nuove interpretazioni del diritto nazionale sia sostanziale sia processuale in aggiunta alla
soluzione di una questione speciica.62 Tali cambiamenti riguardano regole
procedurali nazionali che condizionano l’effettività dei rimedi e, di conseguenza, l’attuazione di diritti individuali e collettivi dei consumatori.
L’interazione strategica può avere luogo tra tre o più attori, facendo sorgere triloghi o tetraloghi. Quando l’obiettivo è la modiica normativa, l’interazione interviene tra le corti nazionali, il legislatore o il governo nazionale
e la corte di Giustizia dell’UE. Quando l’obiettivo è il cambiamento giurisprudenziale, il trilogo rilevante è tra le corti di merito e di legittimità di uno
Stato membro e la Corte di Giustizia dell’UE.63
A volte l’interazione interviene tra le corti di legittimità, ad esempio le
corti costituzionali e corti supreme.64 I tetraloghi possono coinvolgere corti
di merito e di legittimità, il legislatore e la Corte di Giustizia dell’UE, oppure corti nazionali ed amministrazione indipendenti, legislatore nazionale e la
Corte di Giustizia UE.
La differenza tra attori potenzialmente partecipanti all’interazione ne determina contenuti ed obiettivi. Un’interazione strategica che mira a modiicare la legislazione nazionale avrà caratteristiche diverse da quella che invece
tende a modiicare l’interpretazione della norma di derivazione comunitaria.
Il cambiamento legislativo non è l’unico obiettivo dell’interazione giudiziale. Il principale obiettivo delle domande pregiudiziali è più spesso la mo61 Vedi per esempio il tribunale di prima istanza di Budapest (nel caso C-472/11 Banif
Plus Bank EU:C:2013:88 Case C-32/14 ERSTE Bank EU:C:2015:637) o la Corte d’Appello
di Castelon (nel caso C-169/14 Sánchez Morcillo and Abril García EU:C:2014:2099).
62 Vedi le pubblicazioni che trovano la loro fonte nel JUDCOOP project (reperibili online all’indirizzo: http://www.eui.eu/Projects/CentreForJudicialCooperation/Documents/
JUDCOOPdeliverables/JUDCOOPdeliverables/JUDCOOP%20Guidelines%20-%20
Multilingual%20version.pdf; ultimo accesso 29/9/2017).
63 In Spagna ciò è spesso accaduto con i contratti di credito per il quali le corti di merito erano desiderose di variare l’indirizzo giurisprudenziale del Tribunal Supremo e in
alcuni casi del Tribunal Constitucional. Si vedano per esempio: C-240-244/98 Océano
Grupo EU:C:2000:346; C-168/05 Mostaza Claro EU:C:2006:675; C-40/08 Asturcom
EU:C:2009:615; C-618/10 Banco Español de Crédito EU:C:2012:349; C-472/11 Banif
Plus Bank EU:C:2013:88; C-413/12 ACICL EU:C:2013:800 ecc.
64 Gli esempi riguardano i conlitti tra le corti supreme e costituzionali o corti supreme e
Consiglio di Stato.
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FABrizio cAFAGGi, MArGheritA SAlvAdori
diica delle interpretazioni affermate dalle corti superiori. In tal caso la Corte
di Giustizia ha talvolta imposto la disapplicazione della sentenza del giudice
supremo nazionale e la modiica dell’indirizzo giurisprudenziale.65 Spesso
le corti di merito hanno sollevato domande il cui impatto è andato ben oltre
la soluzione della speciica controversia: hanno richiesto indicazioni circa
i poteri dei giudici civili, i rapporti tra i diversi rimedi, e più di recente la
funzione di risoluzione collettiva o individuale delle controversie. Il dialogo
tra corti sta modiicando il rapporto tra giudici e parti, l’ambito e la funzione
dei poteri processuali dei giudici, il principio della domanda. Tali modiiche
sono limitate alla legislazione di derivazione europea ma creano tensioni al
sistema processuale civile perché differenziano le discipline sostanziali di
fonte interna da quelle di fonte europea nell’ambito dello stesso ordinamento processuale (a mero titolo di esempio gli artt. 99, 101, 112, 115 c.p.c).66
Uno dei più recenti sviluppi riguarda la soluzione di controversie interpretative tra giudici nazionali in relazione all’interpretazione del diritto UE.67
Tradizionalmente tale funzione nomoilattica appartiene alla corte suprema.
Tuttavia, conlitti, (1) tra corti e (2) tra giurisdizioni nazionali ed il legislatore, sono stati risolti indirettamente dalla Corte di Giustizia UE esaminando
la compatibilità del diritto nazionale con il diritto UE, oppure la sua attuale
interpretazione giudiziale da parte dello stato membro richiedente.68
Le interazioni strategiche nel dialogo giudiziale verticale possono essere
indirizzate dalle questioni pregiudiziali. L’utilizzo della questione pregiudi65 Cfr. ex multis Gutierrez Naranjo cit C-154/15 e Ognyanov C-614/14 par. 35
66 Il tema dei poteri oficiosi del giudice e la loro diversa applicazione ad aree di derivazione europea e di fonte puramente interna costituisce rappresentazione evidente di tali tensioni. Sul punto la giurisprudenza svolge un ruolo importante come testimoniato da Corte
di Cassazione SSUU n. 26632/2014.
67 Vedi il caso C-381/14 Sales Sinués EU:C:2016:15, Opinione dell’AG Szpunar: «[30]
Come si evince dagli atti a disposizione della Corte, l’analisi delle questioni pregiudiziali è
resa ancora più complessa dall’interpretazione e dall’applicazione divergenti, da parte dei
giudici nazionali, dell’articolo 43 del codice di procedura civile nell’ambito del procedimento collettivo avviato dall’Adicae, senza che tale questione sia stata decisa in cassazione
a livello nazionale. [31] Da un lato, sembra che taluni giudici ritengano sussistere una pregiudizialità civile ai sensi dell’articolo 43 del codice di procedura civile e pronunciano la
sospensione dei primi giudizi nell’attesa di una sentenza deinitiva relativa ai secondi, fondandosi sul collegamento tra l’oggetto delle azioni individuali e quello delle azioni collettive. [32] Dall’altro, altri giudici sembrano considerare sussistente una situazione di litispendenza tra le azioni individuali e le azioni collettive, tenuto conto dell’identità di oggetto, di
causa petendi e delle parti con conseguente archiviazione dei procedimenti individuali sul
fondamento dell’articolo 222, paragrafo 3, del codice di procedura civile. Dagli atti di causa
emerge che tale orientamento sembra essere sarebbe minoritario» (note omesse).
68 Come è avvenuto nei casi qui citati.
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diAloGo iStituzionAle e diritto euroPeo dei conSuMAtori
ziale delle corti spagnole, slovacche ed ungheresi nell’ambito delle controversie in materia di consumo mostra come le corti di merito siano state pioniere
nell’innovazione nel campo del diritto del consumo promuovendo cambiamenti nel diritto processuale al ine di assicurare rimedi effettivi nelle controversie relative al credito al consumo, mutui immobiliari e procedure esecutive
in un momento di crisi inanziaria.69 Queste controversie hanno ridotto l’impatto della crisi inanziaria sui proprietari di immobili ed hanno riallocato le
sue conseguenze su banche e mutuatari.70 La declaratoria della vessatorietà in
relazione a tassi di interesse, clausole penali e risoluzioni contrattuali, è stata
il meccanismo attraverso il quale si è impedito a banche ed istituti di credito di beneiciare di normative nazionali che avrebbero facilitato l’esecuzione
sugli immobili ipotecati71. È interessante osservare come l’intervento giudiziale, in modo maggiore rispetto alla regolamentazione amministrativa, abbia
inluenzato la successiva determinazione dei tassi di interesse ed i processi di
rinegoziazione tra banche e consumatori, sia individualmente, sia collettivamente, alla luce delle nuove normative sul credito adottate per affrontare le
criticità derivanti dalla crisi inanziaria.72 In ragione della sentenza Naranjo
Gutierrez, che ha ritenuto la pronuncia del Tribunal Supremo limitativa degli
effetti delle clausole suelo contraria al diritto europeo, il legislatore spagnolo
ha dovuto regolare la restituzione delle somme percepite dalle banche in forza della clausola di tasso minimo.73 Beninteso la CGUE non ha contestato la
possibilità degli ordinamenti nazionali di limitare gli effetti retroattivi di una
sentenza, piuttosto ha ritenuto non competenti i tribunali a determinare gli
effetti temporali della non vincolatività di una clausola abusiva.74 Le modalità
69 Per un’analisi comparatistica vedi i contributi di Hans-Wolfgang MicKlitz e Irina
doMurAth (eds), Consumer Debt and Social Exclusion in Europe (Ashgate 2015).
70 Vedi il contributo di GoMez e lyczKowSKA, in Fabrizio cAFAGGi e Stephanie lAw,
Judicial Cooperation in European Private Law, Edward Elgar, 2017.
71 Cfr. in relazione alla trasparenza S. PAGliAntini, L’interpretazione dei contratti asimmetrici nel canone della corte di giustizia (aspettando le clausole loor), in Persona e mercato, 2017, p. 41 ss.
72 Le autorità regolatrici nazionali non hanno impegnato spesso la Corte di Giustizia UE.
Il dialogo tra autorità nazionali e le giurisdizioni europee è quindi sottosviluppato se comparato con quello giudiziale.
73 Decisione della Corte di Giustizia nel caso Gutierrez Naranjo 154/2015 del 21-12.2016
cui è seguito il Real Decreto-ley 1/2017, de 20 de enero, de medidas urgentes de protección de
consumidores en materia de cláusulas suelo. Sulla vicenda si vedano le rilessioni di F.Seijo
José M., Tutela de los consumidores en los procedimentos judiciales: especial referencia a las
ejecuciones hipotecarias, Hospitalet de Llobregat (Barcellona), Wolters Kluwer,2017.
74 Cfr. caso Gutierrez Naranjo. Cit. par 70 Tuttavia, si deve distinguere l’applicazione di una
modalità processuale, come un termine ragionevole di prescrizione, da una limitazione nel tem-
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FABrizio cAFAGGi, MArGheritA SAlvAdori
di restituzione ai consumatori delle somme illegittimamente percepite dalle
banche in ragione delle clausole suelo sono oggetto di controversie che hanno
nuovamente spostato il centro decisionale a Lussemburgo in forza di alcuni
rinvii pregiudiziali relativi al possibile contrasto tra il dispositivo in Naranjo e
la nuova legislazione così come intepretata dal Tribunal Supremo spagnolo.75
L’ordinamento spagnolo e la giurisprudenza nazionale prevalente hanno in
una prima fase permesso l’esecuzione delle garanzie ipotecarie da parte delle
banche; in base alla legislazione pregressa se la clausola contrattuale, sulla
scorta della quale viene effettuata l’esecuzione, fosse risultata abusiva avrebbe soltanto permesso l’indennizzo pecuniario senza restituzione dell’abitazione.76 I limiti della legislazione spagnola riguardavano dunque sia la possibilità
di valutare l’abusività sia l’equilibrio tra tutela speciica e tutela per equivalente relativa all’impiego di clausole abusive nei mutui ipotecari. La Corte
di Giustizia nel caso Aziz ha risolto la questione pregiudiziale proposta dal
Tribunale di Barcellona conducendo ad un cambiamento nelle norme processuali spagnole, che impedivano la valutazione sull’abusività della condotta, e
delle norme sostanziali, che impedivano l’esecuzione della garanzia ipotecaria
in presenza di una clausola abusiva, in questo modo restringendo la tutela del
consumatore al solo risarcimento del danno.77
Il risultato inale non è chiaro: infatti, dopo che la corte di primo grado
aveva deciso in conformità con le indicazioni della Corte di Giustizia, è stato
accolto il ricorso in appello.78 In ogni caso le conseguenze sono state imporpo degli effetti di un’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione (v., in questo senso,
sentenza del 15 aprile 2010, Barth, C-542/08, EU:C:2010:193, punto 30 e giurisprudenza ivi
citata). A questo proposito, occorre rammentare che spetta solo alla Corte, alla luce dell’esigenza
fondamentale dell’applicazione uniforme e generale del diritto dell’Unione, decidere sulle limitazioni nel tempo da apportare all’interpretazione che essa fornisce di una norma (v., in questo
senso, sentenza del 2 febbraio 1988, Barra e a., 309/85, EU:C:1988:42, punto 13).
75 Cfr. Tribunal Supremo Fecha de resolución: 24/02/2017 Nº Recurso: 740/2014.
76 Vedi il caso C-415/11 Mohamed Aziz EU:C:2013:164 e Hans-Wolfgang MicKlitz,
Unfair Contract Terms – Public Interest Litigation Before European Courts, in Evelyn
terryn et al (eds), Landmark Cases of EU Consumer Law: In Honour of Jules Stuyck
(Intersentia 2013), 633.
77 Cfr. F.Seijo José M., Tutela de los consumidores en los procedimentos judiciales: especial referencia a las ejecuciones hipotecarias, cit.
78 Vedi il rinvio pregiudizialealla Corte di Giustizia UE e le osservazioni della Commissione
nel caso Aziz. Interessante notare come dopo la decisione della CGUE il caso sia stato risolto
dalla Corte di prima istanza di Barcelona in modo conforme alla decisione della Corte di
Giustizia. Il caso fu poi appellato di fronte alla Corte d’Appello di Barcelona, che adottò un
orientamento più rigoroso. La prima al par. 26, dispose che: «tampoco es preciso renunciar
al principio de la demanda o principio dispositivo, que inspira el principio de congruencia e
37
diAloGo iStituzionAle e diritto euroPeo dei conSuMAtori
tanti per aver attributo ai giudici il potere di valutare l’eventuale abusività
delle clausole contrattuali in contratti di mutuo, o altri contratti di inanziamento per l’acquisto di abitazioni o altri beni di consumo, vedi Figura 2.
Figura 2 Rappresentazione graica del dialogo giudiziale relative alla decisione della
CGUE nel caso C-415/11 Mohamed Aziz EU:C:2013:164
informa también el ordenamiento procesal de todos los países de nuestro entorno. Creemos
que es inconcebible que el principio dispositivo pueda considerarse derogado por exigencia
de la efectividad del derecho comunitario porque ese dispositivo o de la demanda informa
también el derecho comunitario a través de la Carta de Derechos Fundamentales de la Unión
Europea, y particularmente del reconocimiento en la misma del derecho de propiedad privada (artículo 17), que incluye el derecho de disponer de los derechos y del derecho a la tutela
efectiva (artículo 47), que incluye el derecho de acción. Y también incluye el derecho a un proceso equitativo, que exige entre sus presupuestos que se trate de un proceso congruente y en el
que se respete la contradicción efectiva». Successivamente al par. 41: «En resumen, el ámbito
de los poderes de oicio del juez civil en el enjuiciamiento de cuestiones relacionadas con la
Directiva comunitaria 1993/13 no supone una práctica derogación del principio dispositivo
sino exclusivamente el reconocimiento al juez de la facultad de pronunciarse sobre todas
aquellas cuestiones relevantes para la suerte de la pretensión ejercitada por el consumidor o
frente al consumidor. Eso se traduce en las siguientes facultades: a) Cuando el consumidor
es parte demandada en un proceso en el que se ha ejercitado una pretensión dimanante de un
contrato de consumo: la posibilidad de apreciar de oicio la nulidad de todas aquellas estipulaciones relevantes desde la perspectiva de la acción ejercitada por el predisponente, con
la posibilidad de desestimar su pretensión. b) Cuando el consumidor es parte demandante,
en un proceso instado a su instancia, la posibilidad de que la pretensión ejercitada pueda ser
estimada con fundamento en razones distintas a las esgrimidas en la propia demanda, esto es,
incluso en el caso de que esas razones pudieran llegar a fundar causas de pedir distintas no
invocadas. En este caso, el límite está, al menos en principio, en las propias peticiones de la
demanda, con la excepción a la que se hace referencia en el apartado siguiente».
38
FABrizio cAFAGGi, MArGheritA SAlvAdori
L’effetto dirompente di questioni pregiudiziali collegate ai mutui ed alle
esecuzioni immobiliari in Spagna si sono sviluppate in un ambiente favorevole all’utilizzo strategico del dialogo giudiziale.79 Effetti ancora più dirompenti ha avuto la giurisprudenza sulle clausole suelo. Gli interventi della
Corte hanno determinato una redistribuzione degli oneri tra banche e consumatori, specialmente quando la sentenza Naranjo ha cancellato il limite
costruito dal Tribunal Supremo, ove stabiliva obblighi restitutori solo per il
periodo successivo alla sentenza.80
Non solo il cambiamento normativo è stato signiicativo, ma anche la sua
natura ed il suo impatto sono stati tenuti in considerazione nella decisione
della Corte. La scansione delle domande pregiudiziali spagnole, evidenzia
come la Corte di Giustizia UE, dopo aver indotto le modiiche normative abbia avuto la possibilità di valutare l’adeguatezza delle modiiche processuali
attuate dal legislatore spagnolo, al ine di garantire un’effettiva protezione
dei consumatori attraverso regole processuali adeguate; questo ha dato luogo ad un trilogo, o ad un tetralogo se includiamo la Corte Costituzionale
spagnola. La natura del trilogo istituzionale tra Corti di merito, il legislatore
spagnolo e la Corte di Giustizia, nel caso Aziz mostra sia la volontà sia i limiti identiicati dalla Corte di Giustizia dell’Ue nel valutare le norme processuali nazionali applicate alle controversie in materia di consumo, alla luce
dell’art. 47 CDF.81 Il problema sottoposto all’attenzione della Corte europea
nei casi Sanchez Morcillo I e II è stata la violazione del principio di parità delle armi nell’esercizio del diritto d’appello nelle procedure esecutive,
nel caso in cui il contratto contenesse clausole abusive. La Corte d’appello
di Castellon ha sollevato la questione pregiudiziale dopo il rigetto da parte
della Corte Costituzionale spagnola della questione di costituzionalità sul
codice di procedura civile (Ley de enjunciamento civil, in seguito LEC)82.
79 Vedi il contributo di GoMez e lyczKowSKA, in Fabrizio cAFAGGi e Stephanie lAw,
Judicial Cooperation in European Private Law, Edward Elgar, 2017.
80 Vedi infra Cafaggi e Casarosa.
81 Il trilogo è tra le corti di merito, la Corte Costituzionale spagnola e la CGUE. Il dialogo
include anche il legislatore spagnolo che ha modiicato il codice di rito in modo da riconoscere al consumatore il diritto di appellare in ossequio alla decisione nel Caso C-169/14
Sánchez Morcillo and Abril García EU:C:2014:2099.
82 Vedi ibid., il rinvio pregiudiziale chiedeva: «Se l’articolo 7 della [direttiva 93/13], in
combinato disposto con gli articoli 47, 34, paragrafo 3, e 7 della [Carta], debba essere interpretato nel senso che osta a una norma processuale che, come l’articolo 695, paragrafo 4, [della
LEC modiicata], nel disciplinare il ricorso contro la decisione che statuisce sull’opposizione
all’esecuzione su beni ipotecati o pignorati, consente di ricorrere in appello solo nei confronti
dell’ordinanza che dispone l’improcedibilità dell’esecuzione, la disapplicazione di una clausola abusiva o il rigetto dell’opposizione basata sul carattere abusivo di una clausola, derivandone l’immediata conseguenza che il professionista esecutante dispone di più mezzi di ricorso
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La questione pregiudiziale in Sanchez Morcillo I ha indentiicato un conlitto
tra diritto nazionale e diritto dell’UE.83 Successivamente la normativa spagnola è stata modiicata ma lo stesso giudice sottopose una nuova questione
pregiudiziale in merito alla seconda riforma legislativa alla quale la Corte di
Giustizia UE diede risposte negative, affermando che le nuove disposizioni
non erano in conlitto con il diritto UE.84
Questi esempi di attivismo giudiziario spagnolo sono stati in parte giustiicati dall’inerzia e dall’immobilismo dei competenti regolatori amministrativi. I rinvii alla Corte di Giustizia sono seguiti a numerosi casi, da Océano
a Mostaza y Claro, Asturcom, Pannon e Penzugyi, in forza dei quali la Corte
di Giustizia ha conferito alle corti nazionali il potere di sollevare ex oficio domande che le parti, specialmente gli avvocati dei consumatori, hanno
omesso di rilevare nei propri scritti difensivi.85 I contenuti ed i limiti di quein appello rispetto al consumatore esecutato». Nel par. 23 la CGUE esplica la portata della
questione pregiudiziale: «Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in
sostanza, se l’articolo 7 della direttiva 93/13, in combinato disposto con gli articoli 7, 34, paragrafo 3, e 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una disposizione
nazionale, come quella di cui si tratta nel procedimento principale, sulla base della quale il
consumatore, in quanto debitore esecutato in un procedimento di esecuzione ipotecaria, possa
proporre appello avverso la decisione che respinge l’opposizione all’esecuzione unicamente
allorché il giudice di primo grado non ha accolto il motivo di opposizione relativo al carattere
abusivo di una clausola contrattuale che costituisce il fondamento del titolo esecutivo, mentre
il professionista, per contro, può proporre appello contro qualsiasi decisione che dispone la
conclusione della procedura, a prescindere dal motivo sul quale la stessa si basi».
83 La risposta data dalla Corte fu «Alla luce di tali considerazioni, occorre rispondere alla
questione posta dichiarando che l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, in combinato
disposto con gli articoli 7 e 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che esso non
osta ad una disposizione nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, in forza della quale il consumatore, in quanto debitore esecutato in un procedimento di
esecuzione ipotecaria, possa proporre appello avverso la decisione che respinge l’opposizione all’esecuzione unicamente quando il giudice di primo grado non ha accolto il motivo
di opposizione relativo al carattere abusivo di una clausola contrattuale che costituisce il
fondamento del titolo esecutivo, e ciò sebbene il professionista, per contro, possa proporre
appello contro qualsiasi decisione che dispone la conclusione della procedura, a prescindere
dal motivo sul quale la stessa si basi».
84 Ibid.
85 Compresi, tra gli altri, il caso C-240/98 Océano [2000] ECR I-4941, e la giurisprudenza
che ne è seguita, compresi, tra gli altri, il caso C-227/08 Martin Martin [2009] ECR I-11939,
caso C-137/08 VB Pénzügyi Lízing [2010] ECR I-10847, caso C-243/08 Pannon GSM [2009]
ECR I-4713, caso C-453/10 Pereničová and Perenič EU:C:2012:144, caso C-618/10 Banco
Español de Crédito EU:C:2012:349, caso C-470/12 Pohotovost’ EU:C:2014:101, casi C-482,
484, 485 e 487/13 Unicaja Banco and Caixabank EU:C:2015:21, caso C-497/13 Faber
40
FABrizio cAFAGGi, MArGheritA SAlvAdori
sto potere sono stati delineati nel tempo, ed i potenziali conlitti che sorgono
in riferimento all’allocazione tradizionale di poteri tra parti processuali ed
il giudice è stato di conseguenza adattato. Chiaramente, le trasformazioni
dei sistemi processuali nazionali che mirano ad assicurare la protezione giudiziale effettiva dei consumatori, a seguito delle decisioni pregiudiziali di
interpretazione, avvengono con una diversa scansione temporale.86
In quali modi il dialogo verticale sull’attuazione del diritto del consumo
ha avuto impatto sugli ordinamenti diversi da quello del giudice del rinvio pregiudiziale? Le decisioni sono vincolanti in tutti gli Stati membri, ma
il loro impatto è diverso a seconda dello speciico quadro giuridico in cui
trovano attuazione. L’impatto delle decisioni della CGUE nei singoli Stati
membri dipende da fattori sistemici e dal caso controverso. La diversa conseguenza dipende dal fatto che alcuni Stati hanno adottato una tutela giurisdizionale mentre altri una tutela prevalentemente amministrativa.87
Anche la pluralità di meccanismi di tutela connotati da norme processuali diverse può condurre ad effetti divergenti della giurisprudenza della
Corte europea in materia di protezione del consumatore nei diversi Stati
membri. Chiaramente la giurisprudenza derivante dalla valutazione autonoma del giudice ha stimolato signiicative modiiche nelle norme processuali
in quei paesi che hanno scelto la tutela giurisdizionale, minori in quei paesi
che fanno ricorso in via prevalente al controllo amministrativo, dotato di più
EU:C:2015:357, caso C-32/14 ERTSE EU:C:2015:637, caso C-169/14 Sánchez Morcillo
EU:C:2014:2099. Nel caso Banco Español fu deciso che: «[42] Sulla base di tali principi
la Corte ha pertanto statuito che il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d’uficio la natura abusiva di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva
93/13 e, in tal modo, a porre un argine allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista (v., in tal senso, sentenze Mostaza Claro, cit., punto 38; del 4 giugno 2009, Pannon
GSM, C-243/08, Racc. pag. I-4713, punto 31; Asturcom Telecomunicaciones, cit., punto 32,
nonché VB Pénzügyi Lízing, cit., punto 49). [43] Di conseguenza, il ruolo così attribuito al
giudice nazionale dal diritto dell’Unione nell’ambito di cui trattasi non si limita alla semplice
facoltà di pronunciarsi sull’eventuale natura abusiva di una clausola contrattuale, bensì comporta parimenti l’obbligo di esaminare d’uficio tale questione, a partire dal momento in cui
dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal ine (v. sentenza Pannon GSM, cit.,
punto 32)». Su questa evoluzione si veda Verica trStenjAK, Procedural Aspects of European
Consumer Protection Law and the Case Law of the CJEU from the Perspective of Insurance
Law, (2013) 21 ERPL 451, e Hans-Wolfgang MicKlitz, The Transformation of Enforcement
in European Private Law: Preliminary Considerations, (2015) 23 ERPL 491.
86 L’impatto della decisione nel paese del giudice che opera il rinvio è generalmente maggiore che altrove, nonostante la decisione abbia natura vincolante per tutti gli Stati membri.
87 Con riguardo alle condizioni contrattuali abusive la maggioranza ha adottato un controllo giudiziale, mentre nel caso delle pratiche commerciali abusive un numero maggiore
di paesi ha optato per il controllo amministrativo in aggiunta a quello giudiziale.
41
diAloGo iStituzionAle e diritto euroPeo dei conSuMAtori
rilevanti poteri imperativi. Ma anche in paesi diversi dall’ordinamento da
cui è originato il rinvio pregiudiziale i cambiamenti delle norme processuali
sono stati irregolari e non sempre coerenti.
L’utilizzo dei rinvii pregiudiziali introduce quindi importanti cambiamenti nelle norme processuali nazionali, evidenziando i limiti della differenziazione tra regole sostanziali e regole processuali, e le carenze dell’attuazione amministrativa del diritto dei consumi.88 Tuttavia il dialogo ed il
trilogo giudiziale è sottoposto a limiti istituzionali che rendono il processo
di cambiamento instabile e non sempre armonioso. Il miglioramento degli
strumenti di dialogo può fornire un maggior livello di stabilità e di certezza
del diritto negli Stati membri.
5. La tutela giurisdizionale ed amministrativa europea del diritto dei
consumatori alla luce del trilogo istituzionale
Le trasformazioni nei meccanismi europei di tutela nel diritto del consumo sono state notevoli.89 Riguardano le relazioni tra sistemi amministrativi e giudiziari, la ripartizione di compiti tra livelli europei e nazionali, e
sostanzialmente il rapporto tra diritti e rimedi, il nuovo bilanciamento tra
azioni individuali e collettive, e lo spostamento dell’attenzione dal risarcimento alla prevenzione e dissuasione.90 Nell’ambito della tutela giurisdizionale i cambiamenti sono in primo luogo guidati dalle corti nazionali sottoposte dalla Corte di Giustizia dell’UE, mentre la tutela amministrativa è
88 Vedi Walter vAn Gerven, Of Rights, Remedies and Procedures (2000) 37 CMLR 501; V.
trStenjAK e E. BeySen, European Consumer Protection Law: curia sempter dabit remedium?
(2011) 48 CMLR 95, 120, and Hans-Wolfgang MicKlitz, The ECJ Between the Individual
Citizen and the Member States – A Plea for a Judge-Made European Law on Remedies, in
Bruno de witte e Hans-Wolfgang MicKlitz (eds), The European Court of Justice and the
Autonomy of the Member States (Intersentia 2011) 347, specialmente sezione 3.2.
89
Vedi Hans-Wolfgang MicKlitz, The Consumer: Marketised, Fragmentised,
Constitutionalised, in Dorota leczyKiewicz e Stephen weAtherill (eds), The Images of the
Consumer in EU Law: Legislation, Free Movement and Competition Law (Hart 2016), p. 21 ss..
90 Vedi per un quadro analitico Fabrizio cAFAGGi, The Great Transformation:
Administrative and Judicial Enforcement in Consumer Protection: A Remedial Perspective,
2009, 21, Loyola Consumer Law Review, 496. Più recentemente e in relazione al diritto
privato, vedi Franziska weBer e Michael FAure, The Interplay between Public and Private
Enforcement in European Private Law: Law and Economics Perspective (2015) 23 ERPL
525, che rivedono la prospettiva convenzionale della law and economics deinite da A.
Mitchell PolinSKy e Steven ShAvell, An Economic Theory of Public Enforcement of Law
(2000) 38 J.Econ.Lit., p.45 ss.
42
FABrizio cAFAGGi, MArGheritA SAlvAdori
rafforzata dalle norme e dalle pratiche, incluse raccomandazioni adottate
dalla Commissione europea e le linee giuda predisposte dalle reti europee.91
Queste trasformazioni stanno ridisegnando il ruolo delle corti nazionali e
delle autorità amministrative, incrementando l’interscambio tra attuazione
di diritto privato ed amministrativo. In questa occasione, l’analisi è concentrata sui rapporti tra tutele civili e tutele amministrative, ma simili, se non
più importanti interazioni, caratterizzano l’interscambio tra sanzioni ammi91 I poteri della Commissione europea avrebbero dovuto essere aumentati dal nuovo regolamento CPC. Vedi CPC proposal Regulation considerando 16: «The Commission must be
better able to coordinate and monitor the functioning of the mutual assistance mechanism,
issue guidance, make recommendations and issue opinions to the Member States when problems arise. The Commission also must be better able to effectively and quickly assist competent authorities to resolve disputes over the interpretation of their obligations of the competent authorities stemming from the mutual assistance mechanism». Invece il regolamento
2017/2394 la preferito lasciare la comptenza alle autorità nazionali e prevedere un ruolo
esclusivamente sussidiario per la Commissione, cui peraltro è delegato il potere di coordinamento delle segnalazioni nazionali. Precisamente l’art. 26 del regolamento 2017/2394
stabilisce «[1] L’autorità competente comunica tempestivamente alla Commissione, alle
altre autorità competenti e agli ufici unici di collegamento qualsiasi ragionevole sospetto
circa il fatto che sul proprio territorio stia avvenendo un’infrazione di cui al presente regolamento che potrebbe pregiudicare gli interessi dei consumatori di altri Stati membri. [2]
La Commissione notiica tempestivamente alle autorità competenti e agli ufici unici di
collegamento interessati qualsiasi ragionevole sospetto che vi sia stata un’infrazione di cui
al presente regolamento. [3] Nel notiicare, vale a dire nel formulare una segnalazione, a
norma dei paragrai 1 e 2 l’autorità competente o la Commissione forniscono informazioni
riguardanti le presunte infrazioni di cui al presente regolamento e, se disponibili, le seguenti: a) una descrizione dell’atto o dell’omissione che costituisce l’infrazione; b) i dettagli del
prodotto o del servizio interessati dall’infrazione; c) i nomi degli Stati membri interessati
o probabilmente interessati dall’infrazione; d) l’identità dell’operatore o degli operatori responsabili o presunti responsabili dell’infrazione; e) la base giuridica per eventuali azioni
alla luce delle disposizioni nazionali e delle corrispondenti disposizioni degli atti giuridici
dell’Unione elencati nell’allegato; f) una descrizione del procedimento giudiziario, delle
misure di esecuzione o di altre misure adottate in relazione all’infrazione e le loro date e la
loro durata, nonché il loro stato; g) le identità delle autorità competenti che avviano i procedimenti giudiziari e adottano le altre misure. [4] Nel formulare una segnalazione, l’autorità
competente può chiedere alle autorità competenti e ai pertinenti ufici unici di collegamento
degli altri Stati membri, come pure alla Commissione, o la Commissione può chiedere alle
autorità competenti e ai pertinenti ufici unici di collegamento degli altri Stati membri di
veriicare se, sulla base delle informazioni disponibili o facilmente accessibili alle pertinenti
autorità competenti o rispettivamente alla Commissione, tali presunte infrazioni si stiano
veriicando nel territorio di altri Stati membri o se sono già state adottate misure di esecuzione contro tali infrazioni in tali altri Stati membri. Tali autorità competenti degli altri Stati
membri e la Commissione rispondono alle richieste senza indugio. »
43
diAloGo iStituzionAle e diritto euroPeo dei conSuMAtori
nistrative e penali dove principi come il ne bis in idem hanno contribuito alla
deinizione di doppi binari.92
Un’importante tendenza è identiicabile nell’evidente espansione della
tutela amministrativa.93 Questo è sicuramente il caso della protezione del
consumatore nei mercati regolamentati ma simili parametri informano la
regolamentazione generale del mercato (ad esempio, nel caso di pratiche
commerciali scorrette).94 La crescita della tutela amministrativa è stata parzialmente ricalibrata dalla Corte europea e dalla Corte di Giustizia con riguardo alla natura penale delle sanzioni amministrative ed agli effetti del
ne bis idem.95 L’utilizzazione di sanzioni amministrative di natura penale
nella protezione del consumatore è piuttosto limitata, seppur signiicativa.
L’effettività della tutela amministrativa è stata posta in dubbio specialmente
in relazione a violazioni transfrontaliere del diritto del consumo. Il regolamento (UE) 2017/2394 ha ridisegnato il regolamento (CE) 2006/2004 al ine
di rafforzare i poteri delle singole autorità ed il loro coordinamento in caso di
violazioni transfrontaliere nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà.96
Per quanto riguarda la tutela giurisdizionale, il dialogo tra corti nazionali e la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha stimolato signiicativi
cambiamenti alle norme di procedura sulla scorta del principio di effettività
92 Caso C-617/10 Åkerberg Fransson EU:C:2013:280 e Grande Stevens v Italy, App.
n.18640/10, 18647/10, 18663/10, 18668/10 e 18698/10.
93 Fabrizio cAFAGGi and Hans-Wolfgang MicKlitz, New Frontiers of Consumer Protection
– The Interplay between Private and Public Enforcement (Intersentia 2009), Olha O.
cherednychenKo, Editorial – Public and Private Enforcement of European Private Law:
Perspectives and Challenges, 2015, ERPL, 23, 481.
94 Vedi Commissione europea, First Report on the Application of Directive 2005/29/EC,
COM(2013) 139 inal, par. 26: «Most systems, however, combine elements of public and
private enforcement. Penalties range from injunction orders, damages, ines and criminal
sanctions, and administrative; in most Member States there is a combination of all of these».
95 Caso C-617/10 Åkerberg Fransson EU:C:2013:280 e Grande Stevens v Italy, App.
n.18640/10, 18647/10, 18663/10, 18668/10 e 18698/10 e da ultimo C- 537/16 e C-.597/16
riguardanti sanzioni inanziarie irrogate da Consob.
96 Il punto è ben evidenziato nel considerando 53 del regolamento 2017/2394 «Poiché
l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire la cooperazione fra le autorità nazionali
responsabili dell’esecuzione delle norme in materia di tutela dei consumatori, non può essere conseguito in misura suficiente dagli Stati membri che da soli non possono garantire
la cooperazione e il coordinamento, ma, a motivo del suo ambito di applicazione territoriale
e soggettivo, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire
in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea.
Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo».
44
FABrizio cAFAGGi, MArGheritA SAlvAdori
e della natura di ordine pubblico sottesa alle norme di protezione del consumatore.97 Il principio di effettività, collegato all’obiettivo di una maggiore
protezione del consumatore, porta ad una redistribuzione del potere tra giudici e parti.98 Ciò si rilette nell’espansione dei poteri ex oficio per valutare
norme e pratiche scorrette, al ine di ampliare il novero dei rimedi disponibili e rideinire la ripartizione dell’onere della prova. Questi poteri sono stati
estesi in diversa misura a diversi settori del sistema giudiziario ed a nuovi
attori, incluso il secretario judicial spagnolo.99
Peraltro la tutela amministrativa non sostituisce quella giudiziale, ma arricchisce il novero dei rimedi e delle sanzioni in ipotesi di violazione del
diritto del consumo.100 Introduce inoltre nuove prassi focalizzate sugli obblighi di cooperazione successivi alla violazione. Queste peculiarità avrebbero
dovuto essere rafforzate dal regolamento 2017/2394 che modiica il regolamento 2006/2004, ove nuovi poteri concernenti il controllo e la sanzione,
ben oltre gli strumenti tradizionali, fossero stati espresamente introdotti. In
particolare, nella proposta era prevista la possibilità per l’autorità competente di condannare al risarcimento del danno, oltre al potere di condannare alla restituzione dell’arricchimento quando il risarcimento dei danni al
consumatore sia indeterminabile,101 mentre il regolamento 2017/2394 si è
97 Vedi casi sopra citati. Vedi Simon whittAKer, Who Determines What Civil Courts
Decide? Private Rights, Public Policy and EU Law’ in leczyKiewicz e weAtherill, n.83,
89; e Hans-Wolfgang MicKlitz, The Transformation of Enforcement in European Private
Law: Preliminary Considerations, 2015, 23, 40 ERPL, 491.
98 Vedi Enzo cAnnizzAro, Effettività del diritto dell’Unione e rimedi processuali nazionali, Il Diritto dell’Unione Europea, 2013, p. 663 ss. e Roberto conti, L’effettività del diritto
comunitario ed il ruolo del giudice , in Europa e dir priv., 2007, p. 479 ss..
99 Vedi il caso C-503/15 Panicello nel quale il potere del secretario judicial di determinare l’abusività delle clausole contrattuali è considerata alla luce dell’art. 47 della Carta dei
diritti fondamentali.
100 Le autorità amministrative spesso negoziano delle sanzioni con le imprese nel caso in
cui esse persistano nell’usare pratiche vietate.
101 Vedi art. 8 della proposta di regolamento che modiica il regolamento 2006/2004, n.14,
che così dispone: «The Competent authority shall:… (g) adopt interim measures to prevent
the risk of serious and irreparable harm to consumers, in particular the suspension of a website, domain or a similar digital site, service or account; (h) start investigations or procedures to
bring about the cessation or prohibition of intra-Union infringements or widespread infringements of its own initiative and where appropriate to publish information about this; (i) obtain
a commitment from the trader responsible for the intra-Union infringement or widespread
infringement to cease the infringement and where appropriate to compensate consumers for
the harm caused; (j) request in writing the cessation of the infringement by the trader; (k) bring
about the cessation or the prohibition of the infringement; (l) close down a website, domain
or similar digital site, service or account or a part of it, including by requesting a third party
45
diAloGo iStituzionAle e diritto euroPeo dei conSuMAtori
limitato ad individuare il quadro comune dei c.d. poteri minimi delle autorità
competenti.102
or other public authority to implement such measures; (m) impose penalties, including ines
and penalty payments, for intra-Union infringements and widespread infringements and for
the failure to comply with any decision, order, interim measure, commitment or other measure
adopted pursuant to this Regulation; (n) order the trader responsible for the intra-Union infringement or widespread infringement to compensate consumers that have suffered harm as
a consequence of the infringement including, among others, monetary compensation, offering
consumers the option to terminate the contract or other measures ensuring redress to consumers who have been harmed as a result of the infringement; (o) order the restitution of proits
obtained as a result of infringements, including an order that those proits are paid to the public
purse or to a beneiciary designated by the competent authority or under national legislation;
(p) publish any inal decisions, interim measures or orders, including the publication of the
identity of the trader responsible for the intra-Union infringement or widespread infringement; (q) consult consumers, consumer organisations, designated bodies and other persons
concerned about the effectiveness of the proposed commitments in ceasing the infringement
and removing the harm caused by it».
102 Nonostante le precise indicazioni della proposta l’art. 9 del regolamento 201772394,
intitolato Poteri minimi delle autorità competenti, si limita a prevedere: «[4] Le autorità competenti dispongono almeno dei seguenti poteri di esecuzione: a) il potere di adottare misure
provvisorie volte a evitare il rischio di danno grave degli interessi collettivi dei consumatori;
b) il potere di cercare di ottenere o di accettare impegni da parte dell’operatore responsabile
dell’infrazione di cui al presente regolamento a porre ine all’infrazione stessa; c) il potere di
ricevere impegni riparatori aggiuntivi da parte dell’operatore, su iniziativa di quest’ultimo, a
beneicio dei consumatori interessati dalla presunta infrazione di cui al presente regolamento
o, se del caso, cercare di ottenere che l’operatore si impegni a offrire ai consumatori interessati
da tale infrazione rimedi adeguati; d) ove applicabile, il potere di informare, con mezzi appropriati, i consumatori che dichiarano di aver subito un danno a seguito di un’infrazione di cui al
presente regolamento su come chiedere una compensazione conformemente al diritto nazionale; e) il potere di obbligare per iscritto l’operatore a cessare le infrazioni di cui al presente
regolamento; f) il potere di far cessare o vietare le infrazioni di cui al presente regolamento;
g) laddove non siano disponibili altri mezzi eficaci per far cessare o vietare l’infrazione di cui
al presente regolamento e al ine di evitare il rischio di danno grave agli interessi collettivi dei
consumatori: i) il potere di rimuovere i contenuti o limitare l’accesso all’interfaccia online o
imporre la visualizzazione esplicita di un’avvertenza rivolta ai consumatori quando accedono
all’interfaccia online; ii) il potere di imporre ai prestatori di servizi di hosting di rimuovere,
disabilitare o limitare l’accesso a un’interfaccia online; o iii) ove opportuno, il potere di imporre ai registri o alle autorità di registrazione del dominio di rimuovere un nome di dominio
completo e consentire all’autorità competente interessata di registrarlo; anche chiedendo a
terzi o ad altre autorità pubbliche di attuare tali misure; h) il potere di irrogare sanzioni, come
ammende o penalità di mora, per infrazioni di cui al presente regolamento e per il mancato rispetto di decisioni, ordinanze, misure provvisorie, impegni dell’operatore o altre misure
adottate ai sensi del presente regolamento. Le sanzioni di cui alla lettera h) sono effettive, proporzionate e dissuasive, conformemente alle prescrizioni delle norme dell’Unione sulla tutela
46
FABrizio cAFAGGi, MArGheritA SAlvAdori
La tutela amministrativa cooperativa sviluppa strategie che divergono
dalle più tradizionali sanzioni para-penali che includono sanzioni e divieti.
Le differenze tra i poteri delle corti ed autorità amministrative rimangono
signiicative: le regole processuali differiscono ed il quadro del procedimento è diverso. Le autorità amministrative possono avviare indagini ed utilizzare più ampi poteri istruttori rispetto ai giudici civili.103 I giudici competenti
per il private enforcement sono invece limitati dal perimetro delle domande
giudiziali e possono soltanto ampliarlo quando lo richiedano l’ordine pubblico ed il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.104 Mentre il rapporto
relativo all’esecuzione tra autorità amministrative e trasgressori è di solito
scontato, nei processi civili è molto raro che la stessa corte possa essere
competente a decidere casi di violazioni reiterate da parte dello stesso trasgressore.105 Inoltre, anche se le corti adite fossero le stesse, diversamente
dalle autorità amministrative o dai giudici penali, non deciderebbero sulla
scorta di precedenti condotte già sanzionate.106 Queste caratteristiche rendono il ricorso alla cooperazione tra autore e trasgressore più agevole in ambito
amministrativo. Quanto a rimedi disponibili le autorità amministrative hanno un’ampia gamma di sanzioni e rimedi che mirano principalmente a disciplinare il comportamento del mercato ed a impedire violazioni reiterate. Le
autorità amministrative controllano l’esecuzione delle sanzioni ed in caso di
inadempimento multano i trasgressori in modo più grave rispetto al giudice
del private enforcement.107 I costi relativi alla fase esecutiva sono sostenuti
degli interessi dei consumatori. In particolare, si tiene debito conto, se del caso, della natura,
gravità e durata dell’infrazione in oggetto.».
103 Vedi per esempio l’art. 27 del Codice del consumo italiano. Questi poteri erano stati
ampliati nella proposta di regolamento ma non hanno trovato precisa collocazione nel regolamento 2017/2394.
104 Vedi i casi riuniti C-430–431/93 Van Schijndel [1995] ECR I-4705.
105 Le autorità amministrative, nell’utilizzo dei loro poteri sanzionatori, possono consierare la durata della violazione come uno degli elementi determinanti la sanzione, allo
stesso modo è rilevante la natura ripetuta della violazione che è presa in considerazione
più dalle corti penali che da quelle civili. Con ciò non si intende dire che i rimedi civili e
in particolare le sanzioni non possano essere utilizzate per impedire persistenti violazioni
all’ordine giudiziario di interrompere pratiche scorrette o altre violazioni che ledono i diritti
dei consumatori. Vedi Direttiva 22/2009/CE relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli
interessi dei consumatori.
106 Nell’area delle pratiche commerciali illecite, le legislazioni nazionali impongono di
considerare le precedent violazioni al ine di determinare l’ammontare della sanzione. Vedi
per esempio l’art. 27 del Codice del consumo italiano.
107 Con la riforma le autorità amministrative saranno in grado di condannare al risarcimento a favore dei consumatori e alla restituzione dei proitti and proit restitution amplian-
47
diAloGo iStituzionAle e diritto euroPeo dei conSuMAtori
dalle parti spesso preoccupate prima della trasgressione circa l’eficacia degli strumenti di controllo.
Le autorità amministrative sono vincolate dal principio di legalità e quando applicano sanzioni di natura penale, dal principio nulla poena sine lege.
La combinazione di multe e provvedimenti inibitori dipende dalla gravità
e dalla durata della violazione e deve essere coerente con i principi di proporzionalità e prevenzione.108 Entrambi devono conformarsi ai principi di
effettività, proporzionalità e prevenzione.
L’incidenza dei diversi sistemi di tutela varia all’interno del diritto del
consumo. In alcune aree prevale la tutela amministrativa, mentre in altre la
tutela giudiziale è predominante. Il rapporto della Commissione europea e
le ricerche mostrano come la tutela amministrativa sia più diffusa in aree
quali le pratiche commerciali scorrette.109 Le controversie sono limitate ed i
rimedi risarcitori sono raramente esperiti sia da parte di singoli consumatori
sia da parte di organizzazioni di consumatori. Questo non è il caso delle
clausole vessatorie dove le invalidità e gli ordini inibitori da parte dei giudici civili ricoprono un ruolo più signiicativo rispetto a quello delle autorità
amministrative.
La sanzione è l’elemento chiave delle politiche di enforcement. La deinizione di principi è essenzialmente una questione di diritto dell’Unione europea ove l’art. 47 CDF acquista sempre più importanza nella determinazione
della protezione giudiziale effettiva.
I principi di effettività, proporzionalità e dissuasione sono stati ora integrati
nella normativa europea e dovrebbero guidare sia la tutela giudiziale sia quella
amministrativa.110 Le differenze riguardano i tipi di sanzioni ed i loro obiettivi. Le autorità amministrative si concentrano sul trasgressore. La sanzione in
questo caso è determinata da variabili che includono: (1) la gravità della violazione; (2) il numero dei consumatori coinvolti; (3) la gravità del danno o del
rischio creato dalla condotta; (4) la durata della violazione; (5) la precedente
condotta del trasgressore e la reiterazione della violazione. La rilevanza, specialmente nelle pratiche commerciali scorrete, è attribuita ai vantaggi ottenuti
dal commerciante al tempo della condotta ed ai conseguenti proitti.
La tutela giurisdizionale si concentra invece sul danneggiato e differisce
a seconda che l’azione sia individuale o collettiva. Il risarcimento è certado sia l’area dei rimedi che quella degli scopi funzionali delle autorità amministrative.
108 Vedi direttiva 2005/29/EC ed art.24, Direttiva 2011/83/EU.
109 Vedi Commissione europea, First Report on the Application of Directive 2005/29/EC,
COM(2013) 139 inal.
110 Vedi Elise Poillot, The European Court of Justice and General Principles Derived
from the Acquis Communautaire, (2014) 1 Oslo Law Review 67.
48
FABrizio cAFAGGi, MArGheritA SAlvAdori
mente uno degli obiettivi principali, ma le misure cautelari sono anche utilizzate sia in ambito penale che civile. La proposta di riforma aveva previsto
che il rimedio risarcitorio dovesse essere a disposizione anche dell’autorità
amministrativa; se questa previsione della proposta fosse stata accolta sarebbe stato superato l’approccio tradizionale che distingue tra controllo ex
ante (amministrativo) ed ex post (giudiziale), con una conseguente espansione delle funzioni di tutela amministrativae la modiicazione del ruolo della
tutela giurisdizionale.111 Tuttavia il regolamento 2017/2394 si è limitato a
prevedere azioni coordinate basate sull’accordo reciproco tra le autorità nazioni competenti, cui sono state demandate anche le misure di esecuzione.112
111 Vedi la proposta di Regolamento n. 14 già citata, che all’art. 18, “Enforcement measures
in coordinated actions” dispone: «[1] The competent authorities concerned may invite the
trader responsible for the infringement to propose commitments to cease the infringement
and where appropriate to compensate or take other measures facilitating compensation of
consumers that have suffered harm. The trader may also, on its own initiative, propose commitments to cease the infringement and to compensate consumers. [2] Where the trader proposes commitments, the competent authorities concerned, may, where appropriate, publish
the proposed commitments on their websites or, as appropriate, on the Commission website
to seek the views of other parties concerned and to verify whether the commitments are suficient to cease the infringement and to compensate consumers. [3] The competent authorities
concerned may designate one competent authority to take enforcement measures on behalf of
the other competent authorities in order to bring about the cessation or to prohibit the widespread infringement, to ensure compensation of consumers or to impose penalties. When designating a competent authority to take enforcement measures the competent authorities shall
take into consideration the location of the trader concerned. Once the competent authority has
been designated to take enforcement measures by the other competent authorities concerned,
it shall become competent to act on behalf of the consumers of each such Member State as
if they were its own consumers. [4] The competent authorities may decide to take enforcement measures simultaneously in all or some Member States concerned by the widespread
infringement. In such a case, the competent authorities shall ensure that those enforcement
measures are launched simultaneously in all Member States concerned. [5] The instruction
of a designated body to take enforcement measures pursuant to paragraphs 1 to 4 shall only
be possible if the competent authorities concerned give their consent to such instruction and
where such instruction does not lead to disclosure of information which is subject to the rules
on professional and commercial secrecy set out in Article 41».
112 Infatti le misure di esecuzione nelle azioni coordinate sono disciplinate dall’art. 21 del
regolamento 2017/2394 che prevede: «[1] Le autorità competenti interessate dall’azione
coordinata adottano nell’ambito della loro giusisdizione tutte le misure di esecuzione necessarie nei confronti dell’operatore responsabile dell’infrazione diffusa o dell’infrazione
diffusa avente una dimensione unionale per far cessare o vietare tale infrazione.
Se del caso, esse irrogano sanzioni, come ammende o penalità di mora, all’operatore responsabile dell’infrazione diffusa o dell’infrazione diffusa avente una dimensione unionale. Le autorità competenti possono ricevere dall’operatore, su iniziativa di quest’ultimo,
49
Peraltro la valutazione circa l’eficacia dell’attività sanzionatoria è divenuta prioritaria anche per il legislatore nazionale. I dati relativi alla valutazione
dell’effettività sono sull’agenda della Commissione europea in molti settori,
dai mercati inanziari alla concorrenza. La possibilità di valutare diversi meccanismi di tutela e la loro eficacia è spesso minacciata dalla mancanza di
strumenti di coordinamento e dalle diverse motivazioni sottese ai meccanismi
attuativi. Quel che ancor manca nell’attuale cornice istituzionale è una chiara
indicazione normativa di come l’effettività, la proporzionalità e la dissuasione dovrebbero essere applicate alla combinazione di sanzioni amministrative,
penali e civili. La proporzionalità dovrebbe essere autonomamente deinita in
relazione ad ogni meccanismo di attuazione o dovrebbe invece applicarsi nello stesso modo a tutti? L’ammontare delle sanzioni dovrebbe essere rapportato
a quello del risarcimento quando è esperita l’azione civile per danni? Gli effetti delle azioni inibitorie dovrebbero essere commisurati alle sanzioni civili
o a quelle penali? Riteniamo che questi principi si applichino non solo all’interno ma anche tra meccanismi di tutela. Occorrerebbe dunque immaginate
sistemi di coordinamento tra regimi sanzionatori sottoposti a criteri uniformi.
Esistono prove frammentarie in materia di concorrenza e telecomunicazioni
che implicitamente dimostrano che i legislatori nazionali stiano recependo i
potenziali risultati del susseguirsi delle azioni per danni; tuttavia, oltre l’esempio del modello di azione volontaria, non vi sono attualmente chiare indicazioni circa l’applicazione del principio di proporzionalità a sanzioni e rimedi
disponibili nelle diverse tipologie di enforcement.
impegni riparatori aggiuntivi a beneicio dei consumatori colpiti dalla presunta infrazione
diffusa o infrazione diffusa avente una dimensione unionale o, se del caso, possono cercare
di ottenere che l’operatore si impegni a offrire ai consumatori interessati da tale infrazione
rimedi adeguati.
Le misure di esecuzione sono particolarmente opportune quando: a) un intervento di esecuzione immediato è necessario per far cessare o vietare l’infrazione in maniera rapida ed eficace; b) è improbabile che l’infrazione cessi a seguito degli impegni proposti dall’operatore
responsabile dell’infrazione; c) l’operatore responsabile dell’infrazione non ha proposto
impegni prima della scadenza dei termini issati dalle autorità competenti interessate; d) gli
impegni proposti dall’operatore responsabile dell’infrazione non sono suficienti ad assicurare che l’infrazione cessi o, se del caso, fornisca un rimedio ai consumatori pregiudicati
dall’infrazione; o e) l’operatore responsabile dell’infrazione non ha attuato gli impegni per
porre ine all’infrazione o, se del caso, per fornire un rimedio ai consumatori pregiudicati
dall’infrazione entro il termine di cui all’articolo 20, paragrafo 3. [2] Le misure di esecuzione di cui al paragrafo 1 sono adottate in modo eficace, eficiente e coordinato per far
cessare o vietare l’infrazione diffusa o l’infrazione diffusa avente una dimensione unionale.
Le autorità competenti interessate dall’azione coordinata cercano di adottare misure di esecuzione simultaneamente negli Stati membri interessati da detta infrazione.»
6. Triloghi istituzionali e parametri di cambiamento
Il dialogo è un importante strumento di tutela effettiva ma la sua attuale
struttura è lontana dall’essere perfetta. La cooperazione tra corti nazionali
coinvolte nell’attuazione del diritto del consumo non è stata formalizzata né
stabilizzata. La cooperazione tra autorità amministrative del consumo è stata
istituzionalizzata ma persistono differenze nelle prassi nazionali, incluse le
politiche sanzionatorie; tali differenze causano un signiicativo disallineamento tra Stati membri. L’aspetto più problematico dell’odierno sistema è
la mancanza di effettivo coordinamento tra autorità amministrative e giudiziali che minaccia il dialogo e la cooperazione istituzionale.113 Ciò è vero
a livello europeo, tra reti regolamentari e la Corte di Giustizia, ed a livello
nazionale, tra autorità amministrative indipendenti e giudici, dove non sono
applicate chiare regole comuni circa le procedure parallele o l’eficacia obbligatoria dei giudicati e gli atti amministrativi, salvo poche rare eccezioni
con riferimento alla violazione delle norme in materia di concorrenza ed ai
mercati inanziari. Il mancato coordinamento porta a risposte diverse per le
stesse violazioni creando incertezza giuridica circa i rimedi esperibili. Tali
lacune sono ancor più rilevanti se si considera il ruolo sempre più importante
svolto dall’attuazione amministrativa nell’ambito del diritto del consumo.
Purtroppo il regolamento 2017/2394 non affronta in modo esplicito queste
lacune ed in particolare il coordinamento tra tutela amministrativa e giurisdizionale, limitandosi a prevedere obblighi di coordinamento tra autorità
nazionali per le infrazioni aventi dimensione unionale.
In tale prospettiva sarebbe estremamente utile se le autorità amministrative, dotate di poteri (quasi) giurisdizionali, formulassero domande di rinvio
pregiudiziale alla Corte di Giustizia, sia in riferimento ai propri poteri sia al
loro rapporto con la tutela giurisdizionale. Quando gli Stati membri decidono di utilizzare la tutela amministrativa, le autorità competenti dovrebbero
essere in grado di dialogare con la Corte di Giustizia dell’Unione europea in
merito ai propri poteri ed ai potenziali oneri legati al principio di effettività
derivanti dall’applicazione di norme processuali amministrative. Il dialogo
tra reti amministrative e corti nazionali dovrebbe essere formalizzato al ine
di migliorare il coordinamento tra meccanismi di tutela dei consumatori.
La Corte di Giustizia dell’Unione europea potrebbe svolgere un ruolo importante, nel fornire una guida circa i fattori da considerare nel determinare
sanzioni e rimedi in conformità con i principi di effettività, declinati nel
diritto all’effettiva protezione giudiziale (Art. 47 CDF), e nel principio di
113 Vedi Fabrizio cAFAGGi, The Great Transformation: Administrative and Judicial
Enforcement in Consumer Protection: A Remedial Perspective, 2009, 21, Loyola Consumer
Law Review, p. 496 ss.
buona amministrazione. I principi di effettività, proporzionalità e dissuasione dovrebbero guidare sia i legislatori, sia gli organismi amministrativi,
sia le corti nell’impiegare le sanzioni più appropriate. La Corte di Giustizia
dell’Unione europea dovrebbe accertare la loro corretta applicazione e fornire orientamenti.114
Il ruolo ricoperto dall’art. 47 CDF nel plasmare le relazioni tra le due
forme di tutela è stato di recente considerato dalla CGUE in relazione alla
protezine dei dati personali.115 La Corte ha riconosciuto che l’art. 47 ha un
ruolo nel determinare l’alternatività, sequenzialità o simultaneità tra rimedi
amministrativi e giurisdizionali. In particolare ha ritenuto che subordinare
l’accesso alla tutela giurisdizionale all’esperimento di rimedi amministrativi costituisce una limitazione del diritto di cui all’articolo 47. Tuttavia ha
affermato che una legislazione nazionale che condizioni l’azionabilità del
rimedio giurisdizionale all’esperimento dei rimedi dinanzi all’autorità amministrativa, non contrasta con l’articolo 47 purchè non prolunghi e renda
eccessivamente oneroso il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva116. La
pronuncia afferma un principio di portata generale che, pur essendo riferito
alla protezione dei dati personali, può trovare applicazione anche nel diritto del consumo. Chiaramente, un riferimento più frequente e signiicativo
all’articolo 47 CDF è operato da parte del sistema giudiziario rispetto alle
autorità amministrative.
La tutela amministrativa a livello nazionale, diversamente da quella giurisdizionale, è stata ino ad oggi raramente inluenzata dal riferimento all’art.
47 CDF. Nell’esercizio dei loro poteri sanzionatori le autorità amministrative nazionali dovrebbero invece essere soggette ai principi dell’articolo 47
CDF e garantire il diritto ad un rimedio effettivo. Altrimenti il principio di
autonomia procedurale potrebbe essere utilizzato al ine di eludere l’obbligo
di conformarsi al diritto alla protezione giudiziale effettiva quando viene
scelta la tutela amministrativa anziché quella giudiziale. In via più limitata,
l’attuazione del diritto del consumo da parte delle autorità amministrative è
stato inluenzato dal principio generale di buona amministrazione. Questo
principio offre sì una tutela procedimentale ma non sempre rappresenta un
rimedio adeguato, almeno nell’attuale conigurazione. Se l’art. 47 CDF pro114 Vedi Fabrizio cAFAGGi e Paola iAMiceli, The Principles of Effectiveness, Proportionality
and Dissuasiveness in the Enforcement of Consumer Law, nel quale si dibatte sulle modalità
con le quali i giudici dovrebbero applicare tali principi ai rimedi e alle sanzioni quando
decidono controversi consumeristiche. Vedi anche the ReJus project, guidato da Fabrizio
Cafaggi e fondato dalla Direzione Generale della Commissione Europea per la Giustizia e
i consumatori.
115 Caso C-73/16 Puskar EU:C:2017:725.
116 Caso C-73/16 Puskar, cit., in particolare par. 76 ma anche parr. 62 e 65.
durrà un numero di principi integrati concernenti sia l’attuazione giudiziale
sia quella amministrativa non è ancora deinito ma certamente in questa direzione va la più recente giurisprudenza della Corte di Lussemburgo.
7. Una breve conclusione sul rapporto tra dialogo e tutele
In conclusione paiono esserci due principali forme di dialogo nell’ambito
della protezione del consumatore che hanno avuto un’incidenza sull’attuazione negli ordinamenti nazionali: il dialogo verticale per la tutela giurisdizionale ed il dialogo orizzontale all’interno delle reti europee per realizzare
la tutela amministrativa.
Sempre più forme di dialogo verticale nella tutela amministrativa sono
utilizzate nei mercati regolamentati, mentre il dialogo orizzontale tra corti è
per il momento limitato a strumenti informali; peer review sistematici delle
prassi giudiziarie nazionali non sono ancora in uso. Tuttavia in entrambe i
casi, gli strumenti e l’incidenza sono differenti, il dialogo ha un peso maggiore nell’innovazione giurisprudenziale svolgendo anche un ruolo che va
oltre l’assicurare uniformità della tutela dei consumatori. Il ruolo della Corte
di Giustizia nel promuovere nuove forme di dialogo può essere rilevante
e la sua intensità essere associata a diverse forme di sentenze.117 Tuttavia,
è di fondamentale importanza che la Commissione europea incrementi il
proprio ruolo di coordinamento quando redige rapporti circa l’implementazione delle direttive e dei regolamenti, impegnando sia le corti sia le autorità amministrative. Il regolamento 2017/2394 meglio deinisce i principi
per la coordinazione di diverse forme di tutela, incluso l’uso della giustizia
penale e le forme alternative di risoluzione delle controversie, ma si limita
a prevedere le procedure di coordinamento delle diverse autorità nazionali,
senza attribuire un ruolo autonomo alla Commissione, che potrà essere meglio delineato successivamente all’esame sull’applicazione del regolamento,
prevista per il gennaio 2023.118
117 Vedi la distinzione proposta da Tridimas e le conseguenze sul dialogo giudiziale, cfr.
Takis tridiMAS, The ECJ and the National Courts: Dialogue, Cooperation and Instability,
in Anthony Arnull e Damian chAlMerS (eds), The Oxford Handbook of European Union
Law (OUP 2015), p. 403 ss.
118 Il regolamento 2017/2394 istituisce un comitato per assistere la Commissione (art. 38)
e prevede l’obbligo degli Stati membri di comunicare alla Commissione il testo di qualsiasi
disposizione di diritto nazionale nei settori disciplinati da norme dell’Unione sulla tutela
degli interessi dei consumatori (art. 39 ed allegato contente l’elenco di tutte le direttive ed
i regolamenti di riferimento). Prevede inoltre all’art. 40 che «[1] Entro il 17 gennaio 2023,
la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applica-
Entrambi i proili – deinizione del coordinamento strutturale, collegato alle procedure, e del coordinamento funzionale, relativo alla natura ed
agli obiettivi dei rimedi garantiti ai consumatori – dovrebbero infatti essere
chiaramente inseriti nella legislazione europea ai ine di avere una maggiore
tutela dei consumatori, pur lasciando agli Stati membri la scelta di come rendere operativi i principi distribuendo i rilevanti oneri tra meccanismi diversi
nella cornice della protezione giudiziale effettiva disciplinata dall’art. 47.
zione del presente regolamento. [2] Tale relazione contiene una valutazione dell’applicazione del presente regolamento, compresa una valutazione dell’eficacia dell’esecuzione
delle norme dell’Unione sulla tutela degli interessi dei consumatori ai sensi del presente
regolamento, in particolare per quanto riguarda i poteri delle autorità competenti di cui
all’articolo 9, congiuntamente, in particolare, a un esame dell’evoluzione del rispetto delle
norme dell’Unione sulla tutela degli interessi dei consumatori da parte degli operatori nei
principali mercati al consumo interessati dal commercio transfrontaliero. Se del caso, la
relazione è corredata di una proposta legislativa».
Fabrizio CaFaggi, FederiCa CaSaroSa
l’effettività dei rimedi nelle interazioni giudiziali fra corti
nazionali e corti europee1
Sommario: L’armonizzazione del diritto europeo e del dialogo fra le corti; – 1. Struttura del dialogo e qualità del cambiamento normativo. Quale
dialogo per quali obiettivi?; – 2. L’effettività dei rimedi nel diritto dei
consumatori; – 2.1 Il rapporto fra tutela civile ed amministrativa; – 2.2 La
tutela amministrativa e la tutela giudiziale nelle azioni collettive – il caso
Biuro Podróży Partner; – 2.3 Il rapporto fra azioni individuali e azioni
collettive – il caso Sales Sinues; – 3. Il principio di res judicata e la limitazione degli effetti delle sentenze; – 4. Conclusioni
L’armonizzazione del diritto europeo e del dialogo fra le corti
L’obiettivo di armonizzazione del diritto privato europeo ha portato a numerosi interventi del legislatore europeo diretti all’armonizzazione in senso
sostanziale, non soltanto tale da eliminare le divergenze fra le normative applicabili negli Stati Membri, ma anche da ovviare a lacune delle normative
nazionali che potevano ridurre i beneici del mercato interno.2 Negli ultimi
1 Il contributo è basato sull’analisi compiuta attraverso il progetto ACTIONES e RE-Jus.
Questo contributo nasce da conversazioni con molti giudici coinvolti nei progetti Actiones
e REJus. Si ringraziano in particolare Nicoletta Aloj, Barbara Cordoba, Giuseppe Fiengo,
Josè Maria Fernandez Sejo, Giacomo Travaglino, Silvia Vitrò. La responsabilità per errori
ed omissioni rimane comunque a carico degli autori.
2 Si vedano in tal senso le direttive adottate per speciici settori del mercato, fra cui
quelle dedicate ai contratti di viaggio, ai contratti conclusi fuori dai locali commerciali, alle clausole abusive, alla vendita di beni di consumo, ecc. Il ilo conduttore
di tali direttive era la trasparenza e l’attribuzione di obblighi informativi che potes-
l’eFFettività dei riMedi nelle interAzioni GiudiziAli FrA corti nAzionAli e corti euroPee
anni, poi, l’armonizzazione si è orientata alla sistematizzazione e talvolta
alla consolidazione e codiicazione al ine di incrementare il livello di omogeneità delle regole in tutto il territorio europeo. In questa direzione erano
stati compiuti gli interventi relativi al c.d. Quadro comune di riferimento
(Common Frame of Reference) sul diritto europeo dei contratti destinato
a contenere una terminologia comune, principi comuni e modelli coerenti
di regole di diritto contrattuale;3 ancor più recentemente alla proposta di
Proposta di regolamento relativo a un diritto comune europeo della vendita
(Common European Sales Law). Tuttavia, tali tentativi sono falliti e gli interventi più recenti focalizzano l’attenzione sull’enforcement.4
A differenza (e forse anche a causa del fatto che) il formante legislativo
ha incontrato serie dificoltà a trovare posizioni comuni, il formante giurisprudenziale appare sempre più attivo, presentandosi come fattore di armonizzazione dove il dialogo diretto fra le corti nazionali ed europee affronta
temi, limiti e divergenze circa l’interpretazione del diritto europeo.5
Il ruolo preminente in questo dialogo è stato svolto dalla Corte di Giustizia,
che nel corso degli ultimi anni ha integrato il tessuto normativo europeo, offrendo alle corti nazionali l’interpretazione conforme al diritto europeo delle
norme ritenute ambigue o inadeguate.6 D’altra parte, le corti nazionali sono
sero consentire ai consumatori una maggiore consapevolezza. Si veda M. Meli, Gli
sviluppi del diritto privato europeo e il «Quadro comune di riferimento», Centro di
documentazione europea – Università di Catania – Online Working Paper 2008/n. 6, disponibile all’indirizzo http://www.lex.unict.it/cde/quadernieuropei/giuridiche/06_2008.pdf;
F. Cafaggi (a cura di), Quale armonizzazione per il diritto europeo dei contratti, Padova
2003.
3 Si vedano i contributi di Magri, Mengozzi, K. Kalouta e Martinez-Escribano dedicati a
tale strumento in questo volume.
4 Per una analisi degli attuali modelli di armonizzazione e delle relative dificoltà si
veda ML. chiArellA, Armonizzazione del diritto privato europeo: work in progress, in
ordineS, 2015.
5 vettori, La giurisprudenza come fonte del diritto, Persona e mercato, 2017; G.
teSAuro, Alcune rilessioni sul ruolo della Corte di giustizia nell’evoluzione dell’Unione europea, in Dir. Un. eur., 2013, p. 483; R. conti, Il sistema di tutela multilivello
e l’interazione tra ordinamento interno e fonti sovranazionali , in Questione Giustizia,
4, 2016, 89; N. liPAri, Dottrina e giurisprudenza quali fonti integrate del diritto, in Jus
Civile, 2016, disponibile all’indirizzo http://www.juscivile.it/contributi/2016/18_Lipari.pdf
; F. cAFAGGi e S. lAw (a cura di), Judicial dialogue in European private law, Edward Elgar,
2017 e i contributi di Gallo e di Cafaggi in questo volume.
6 Si veda la presentazione di tutti i casi legati al tema della protezione del consumatore nell’analisi di H. MicKliz e B. KAS, Overview of cases before the CJEU on European
Consumer Contract Law (2008–2013) – Part I, in European review of Contract law, 2014,
10(1), 1-63 e Id., Overview of cases before the CJEU on European Consumer Contract Law
56
FABrizio cAFAGGi, FedericA cASAroSA
state lo stimolo e la fonte da cui la Corte di Giustizia ha elaborato le proprie
posizioni attraverso il rinvio pregiudiziale ex art. 267 del TFUE. Questo
scambio ha permesso al diritto europeo di evolvere ed adattarsi, creando
sinergie positive fra la giurisdizione europea e quelle nazionali.7
Il dialogo tuttavia non si conclude al momento della decisione della Corte
di Lussemburgo, includendo piuttosto due ulteriori passaggi caratterizzati
da un diverso grado di complessità: il cd follow up della corte remittente, e
l’impatto della decisione sulle corti europee di stati membri diversi rispetto a quello remittente.8 Il follow up permette una prima valutazione circa
la volontà del giudice di allinearsi sulle posizioni della Corte di Giustizia
oppure di discostarsene in modo più o meno esplicito.9 Valutare l’impatto
di una decisione della Corte di Giustizia richiede un esercizio ancor più elaborato da parte del giudice nazionale che voglia poi integrare tale decisione
nel proprio ordinamento giuridico: da un lato, l’esercizio deve svincolare la
decisione dal sistema giuridico straniero della corte remittente e riconoscere
le regole generali sottese alla decisione stessa, e dall’altro veriicare quali
(2008–2013) – Part II, in European review of Contract law, 2014, 10(2), 189-257.
7 Sulle forme, i vantaggi e le criticità del dialogo si vedano fra i molti, F. PAtroni
GriFFi, Convergenze tra le Carte e criticità tra le Corti nel dialogo tra Giudici supremi, in
Federalismi.it, 14 Giugno 2017, disponibile all’indirizzo http://www.federalismi.it/nv14/
editoriale.cfm?eid=441&content=Convergenze+tra+le+Carte+e+criticit%C3%A0+tra+le+Corti+nel+dialogo+tra+Giudici+supremi&content_auth=%3Cb%3EFilippo+Patroni+Grifi%3C/b%3E ; F. cAFAGGi e S. lAw (a cura di), Judicial dialogue in European private law, Edward Elgar, 2017; V. roPPo, Sul diritto europeo dei contratti: per una visione
non irenica e non apologetica, in Politica del diritto, 2004, 1, 25 ss.; A. torreS Pérez,
Conlicts of Rights in the European Union: A Theory of Supranational Adjudication, Oxford
University Press, Oxford, 2009; de verGottini, Oltre il dialogo tra le Corti, Il Mulino, 2010;
O. Pollicino e G. MArtinico, The Interaction between Europe’s Legal Systems: Judicial
Dialogue and the Creation of Supranational Laws, Edward Elgar Publishing, 2012; R.
coSio e F. FoGliA (a cura di), Il diritto europeo nel dialogo delle Corti, Milano, 2013.
8 Si veda in tal senso l’analisi dei casi decisi dalla Corte Costituzionale per addivenire ad una protezione dei diritti fondamentali nell’ambito della tutela multilivello offerta
da CDF, Convenzione e Costituzione nello studio del Parlamento Europeo, I ricorsi individuali dinanzi alle più alte giurisdizioni. Una prospettiva di diritto comparato – Italia,
Ottobre 2017, disponibile all’indirizzo http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/
STUD/2017/608742/EPRS_STU(2017)608742_IT.pdf
9 Si veda l’ampia analisi dei casi nei deliverable del progetto “European Judicial
Cooperation in the Fundamental Rights Practice of National Court – The unexplored potential of judicial dialogue methodology”, in particolare il Final Handbook on Judicial dialogue, e il European Judicial Cooperation and Fundamental Rights: Practical Guidelines, entrambi disponibili all’indirizzo https://www.eui.eu/Projects/CentreForJudicialCooperation/
Projects/EuropeanJudicialCooperationinFR/Documents
57
l’eFFettività dei riMedi nelle interAzioni GiudiziAli FrA corti nAzionAli e corti euroPee
norme nazionali siano soggette al principio generale enunciato dalla Corte
di giustizia.10
1. Struttura del dialogo e qualità del cambiamento normativo. Quale
dialogo per quali obiettivi?
Il dialogo tra le corti non è solo il mezzo per attuare la leale cooperazione
ed accrescere la iducia reciproca11. Esso costituisce strumento per promuovere l’innovazione e l’armonizzazione non legislativa. La CGUE offre alle
corti nazionali, su loro impulso, guida nella interpretazione uniforme della
legislazione europea12. In tal modo risolve o almeno riduce le divergenze interpretative che possono sorgere a seguito dell’implementazione delle norme
europee nel tessuto legislativo nazionale (in particolare nel caso di direttive).
Spesso tuttavia le pronunce difettano dell’analisi comparatistica necessaria
per la funzione nomoilattica,13 concentrandosi piuttosto sulla soluzione del
caso nazionale, pur avendo il dispositivo valore vincolante erga omnes.14
Ciò che il dialogo sta producendo è anche innovazione. Spesso le corti
nazionali sono insoddisfatte della attuazione della legislazione europea e de10 Si veda il deliverable del progetto ACTIONES: Handbook sulla protezione
dei consumatori, in via di pubblicazione all’indirizzo https://www.eui.eu/Projects/
CentreForJudicialCooperation/Projects/ACTIONES/ACTIONES
11 Si vedano i rilievi della CGUE, Parere 2/2013, 18 Dicembre 2014, in particolar i punti
191 e ss.
12 Si veda il caso C-160/14, João Filipe Ferreira da Silva e Brito e altri c. Estado português, 9 Settembre 2015, ECLI:EU:C:2015:565
13 Per quanto in molti casi l’analisi comparativa possa emergere dai commenti dei rappresentanti degli stati membri che richiedano di presentare le proprie posizioni nel procedimento, ex art. 96 del Regolamento di procedura della Corte di giustizia (GU L 265 del
29.9.2012); oppure possa emergere dall’analisi prodotta nella posizione presentata dalla
Commissione durante il procedimento, vedi per esempio nel caso C-42/17, M.A.S. e M.B.,
dove la Commissione ha presentato l’analisi delle norme nazionali relative alla prescrizione
in numerosi stati europei.
14 Per l’eficacia extraporcessuale delle decisioni della CGUE, si veda già la decisione
nel Caso C-69/85, Wünsche Handelgesellschaft Gmbh& Co. c. Repubblica Federale della
Germania. 5 marzo 1986, p.12. Ciò è stato confermato anche sia dalla Corte cost., (fra le
tante, ordinanza n. 62/2003) sia dal Consiglio di Stato (Ad. Plen., 9 giugno 2016 n.11).
Più ampiamente sul punto si vedano Domenicucci, Il meccanismo del rinvio pregiudiziale,
Relazione svolta all’incontro di studio organizzato dal CSM, Roma, 25-27 ottobre 2010; R.
Conti, Il giudice “tra” le Corti: diritto europeo, diritto nazionale e dialogo tra le giurisdizioni, Relazione svolta all’incontro organizzato dalla SSM, Bari, 16 settembre 2016.
58
FABrizio cAFAGGi, FedericA cASAroSA
gli interventi delle corti costituzionali nazionali o di quelle che svolgono il
sindacato di costituzionalità. Sollevando il rinvio pregiudiziale si propongono
un duplice obiettivo: uno, dichiarato, la risoluzione del potenziale conlitto tra
norma interna e norma di derivazione europea; l’altro, spesso non esplicito, di
modiicare la giurisprudenza delle corti superiori richiedendo la conformità
con la (propria) interpretazione del diritto europeo ovvero la legittimazione a
disapplicare la legislazione di attuazione della disciplina europea, salvi i casi
in cui è lo stesso legislatore che si muove per operare la modiica della norma
nazionale.15 Facendo leva sul principio di effettività del diritto europeo la
Corte di Lussemburgo ha promosso cambiamenti importanti negli ordinamenti nazionali, specialmente per ciò che attiene al rapporto tra diritti e rimedi.
Su questo ilone si è poi inserita la giurisprudenza applicativa della Carta dei
diritti fondamentali ed in particolare quella sull’articolo 47 CFR in materia di
diritto al giusto processo ed al rimedio effettivo.16
Le caratteristiche del dialogo sono multiformi e dipendono essenzialmente dalle posizioni dei dialoganti. Sia il ‘framing’ della questione pregiudiziale che la risposta della Corte modellano il dialogo, determinandone i potenziali esiti. In un primo caso, quando la questione pregiudiziale proposta è
puntuale e la risposta speciica, il dialogo tende a completarsi con la singola
interazione tra la corte nazionale e la CGUE. In un secondo caso, quando la
questione è speciica ma la CGUE risponde con alcuni principi ma delegando alla corte nazionale la loro applicazione al caso concreto, il dialogo tende
a permanere nel tempo, consentendo alla CGUE adattamenti progressivi determinati anche dai diversi contesti istituzionali e normativi nell’ambito dei
quali le questioni emergono. Inine la terza ipotesi è quella della cosiddetta
deferenza, in cui la Corte si limita ad una funzione di stimolo senza offrire
una guida puntuale neppure sul piano dei principi.17
15 Si veda per esempio l’intervento del legislatore polacco nel caso C-119/15, Biuro
Podróży Partner, infra par. 2.2.
16 Vedi i contributi di Zoppini, Navarretta, Carratta in F. Mezzanotte (a cura di), Le «libertà fondamentali» dell’Unione europea e il diritto privato, RomaTre-Press, 2016.
17 Cfr. T. tridiMAS, The ECJ and the National Courts: Dialogue, Cooperation and Instability
in A. Arnull and D. Chalmers (a cura di), The Oxford Handbook of European Union Law, OUP,
2015, 403; B. de witte, The Preliminary Ruling Dialogue: Three Types of Questions Posed by
National Courts in B. de Witte et al (a cura di), National Courts and EU Law: New Issues, Theories
and Methods, Edward Elgar Publishing, 2016, 21; M. M. douGAn, The vicissitudes of life at the
coalface: remedies and procedures for enforcing union law before the national courts, in P. crAiG
e G. de BúrcA, The evolution of EU law, 2° ed., Oxford University Press, 2011, pp. 407-438; A.
Arnull, The Principle of Effective Judicial Protection in EU Law: An Unruly Horse?, in European
Law Review, 2011, 1, pp. 51-56; D.U. GAlettA, Rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE e
obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale: una rilettura nell’ottica del rapporto di
59
l’eFFettività dei riMedi nelle interAzioni GiudiziAli FrA corti nAzionAli e corti euroPee
Di fronte a tale risposta le corti nazionali possono poi diversamente atteggiarsi, interpretando conformemente le norme nazionali rispetto alle regole generali
(o speciiche) indicate dalla CGUE, oppure, come è avvenuto recentemente negli scambi fra la CGUE e alcune Corti supreme e costituzionali, discostarsi dal
tracciato segnato dalla CGUE e decidere in modo apertamente conliggente.18
Dunque, la struttura del dialogo dipende dagli obiettivi di coloro che vi
partecipano: inoltre, l’interazione può coinvolgere anche altri soggetti, le cui
reazioni vengono inluenzate dagli esiti del dialogo fra le corti: tipicamente si tratta dei legislatori e dei governi nazionali. Tuttavia, anche in questo
caso la disponibilità di tali soggetti a cooperare e partecipare attivamente
nel percorso di armonizzazione non è uniforme: in taluni casi l’intervento è
minimale, in altri il dialogo giurisprudenziale fra corti nazionali ed europee
funge da catalizzatore per portare ad una riforma più ampia del sistema nazionale. In queste ipotesi il dialogo può trasformarsi in trilogo o tetralogo a
seconda del numero di attori e delle loro modalità di partecipazione.19
1.1 L’impatto del dialogo sul rapporto fra diritti e rimedi
Uno dei temi che maggiormente ha interessato il dibatto nella giurisprudenza europea, e di conseguenza anche la dottrina, è stato il rapporto fra
cooperazione (leale) fra giudici, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 2012, 431.
18 Si veda in particolare il caso della decisione della Corte Suprema danese che ha ritenuto
non vincolante la decisione della CGUE nel caso C-441/14 Dansk Industri, del 19 aprile
2016, (ECLI:EU:C:2016:27) in merito all’applicabilità del principio generale dell’Unione che vieta le discriminazioni in base all’età. Si veda anche M. R. MAdSen, H. P. olSen,
e U. SAdl, Competing Supremacies and Clashing Institutional Rationalities: The Danish
Supreme Court’s Decision in the Ajos Case and the National Limits of Judicial Cooperation,
in European Law Journal, 2017, 140-150. Più vicino è poi il caso C-42/17, M.A.S. e M.B., di
cui si attende la decisione della CGUE, in cui la Corte Costituzionale italiana ha ripresentato
un rinvio pregiudiziale relativo agli effetti sul sistema giuridico italiano della precedente decisione della CGUE nel caso C-105/14, Taricco, del 8 settembre 2015, presentando alla CGUE
un potenziale conlitto fra l’interpretazione offerta dalla CGUE e il principio di legalità in materia penale, su cui potrebbero applicarsi dunque la dottrina dei controlimiti. Più ampiamente
sul rinvio pregiudiziale si veda A. Bernardi e C. Cupelli (a cura di), Il caso Taricco e il dialogo
tra le corti – L’ordinanza 24/2017 della Corte Costituzionale, Jovene, 2017; più ampiamente
sul tema del conlitto giurisprudenziale fra corti europee e nazionali si veda G. MArtinico, La
giurisprudenza della disobbedienza. Il ruolo dei conlitti nel rapporto fra la Corte costituzionale e la Corte europea dei diritti dell’uomo, in A. Bernardi, I controlimiti. Primato delle
norme europee e difesa dei principi costituzionali, Jovene, 2017, 407 ss.;
19 Si veda il contributo di Cafaggi in questo volume.
60
FABrizio cAFAGGi, FedericA cASAroSA
diritti e rimedi20, mostrando la connessione fra diritto privato, diritto processuale e diritti fondamentali21. Il diritto dell’Unione ha affrontato la questione dei rimedi richiamando direttamente il principio secondo il quale i
diritti sono deiniti a livello europeo, mentre i rimedi, in caso di violazione
di tali diritti, sono individuati a livello nazionale, lasciando a ciascuno Stato
Membro la scelta se adattare i rimedi pre-esistenti oppure crearne di nuovi.22
Più di recente, rivedendo tale partizione, interventi legislativi UE hanno compreso anche i proili sanzionatori e rimediali23. Paradigmatici sono i casi della
20 Sul tema pilastri fondamentali sono W. vAn Gerven, Of Rights, Remedies and Procedures,
37, in Common Market Law Review, 2000, 501–536; K. lenAertS, National remedies for
private parties in the light of the EU law principles of equivalence and effectiveness, in Irish
Jurist, 46, (2011), pp. 13-37. Inoltre si vedano le analisi di O. cherednychenKo e N. reich,
The Constitutionalization of European Private Law: Gateways, Constraints, and Challenges,
in European Review of Private Law, 23, 2015, 797-827, E. cAnnizzAro, Effettività del diritto
dell’Unione e rimedi processuali nazionali, in Dir. Un. eur., 2013, p. 663. Si tenga presente
che tale dibattito relativo a diritti e rimedi è trasversale ed ha coinvolto molteplici aree del
diritto, ed in particolare la protezione internazionale e l’anti-discriminazione. In tali aree si
vedano C. toBler, Remedies and sanctions in EC non-discrimination law : effective, proportionate and dissuasive national sanctions and remedies : with particular reference to upper limits on compensation to victims of discrimination, Ofice for Oficial Publications of
the European Communities, 2005; K. wlAdASch, The Sanctions regime in discrimination
cases and its effects, Equinet, 2015, disponibile all’indirizzo http://www.equineteurope.org/
IMG/pdf/sanctions_regime_discrimination_-_inal_for_web.pdf ; R. jordAche e I. ioneScu,
Discrimination and its Sanctions – symbolic vs. Effective Remedies in European AntiDiscrimination Law, in European Anti-Discrimination Law Review, 2014, 19, pp. 11-24;
M. reneMAn, EU Asylum Procedures and the Right to an Effective Remedy, Hart, 2014; D.
BAldinGer, Vertical judicial dialogues in asylum cases: standards on judicial scrutiny and
evidence in international and European asylum law, Brill Nijhoff, 2015.
21 E. nAvArrettA, Libertà fondamentali dell’U.E. e rapporti fra privati: il bilanciamento
di interessi e i rimedi civilistici, in Rivista di Diritto civile, 2015.
22 G. vettori, Contratto giusto e rimedi effettivi, in Rivista trim. dir. e proc. Civ, 2015,
787-815; N. liPAri, Diritti fondamentali e ruolo del giudice, in Rivista di diritto civile, 2010,
n. 5, parte I, p. 635; F. cAFAGGi e P. iAMiceli, The Principles of Effectiveness, Proportionality
and Dissuasiveness in the Enforcement of EU Consumer Law: The Impact of a Triad on
the Choice of Civil Remedies and Administrative Sanctions, in corso di pubblicazione su
European Contract Law Review, 2017.
23 Si veda per esempio la direttiva n. 2014/104 relativa ai danni riconosciuti dal diritto della
concorrenza. In questo caso peraltro, il riconoscimento della risarcibilità del danno dimostra
il percorso iniziato con l’enforcement privato dei casi decisi dalla Corte di Giustizia, seguito
dall’intervento della Commissione europea, che aveva pubblicato delle Linee guida circa i
criteri per la quantiicazione del danno legato alla violazione della concorrenza. In questo
caso, il dialogo istituzionale ha coinvolto la Commissione, le autorità di controllo nazionali,
le corti nazionali e la CGUE. Dopo l’emanazione della direttiva tale questione è regolata pre-
61
l’eFFettività dei riMedi nelle interAzioni GiudiziAli FrA corti nAzionAli e corti euroPee
responsabilità del produttore (Dir. n. 374/85) e della vendita di beni di consumo
(Dir. n. 99/44). Nell’ambito della protezione della proprietà intellettuale, delle
utilities, degli abusi di mercato nella regolazione inanziaria, e nel diritto della
concorrenza, la legislazione europea ha creato regole uniformi anche in ambito
sanzionatorio.24 Parallelamente la CGUE, usando i principi di equivalenza ed
effettività, ha promosso l’adattamento delle regole processuali nazionali al diritto sostanziale di derivazione europea, quando le prime non consentivano la
realizzazione dei diritti introdotti dalla legislazione europea25.
Sia la normativa applicabile che la giurisprudenza sono caratterizzate
dal riferimento ai principi di effettività, proporzionalità e deterrenza dei rimedi.26 La giurisprudenza della CGUE ha infatti valutato la conformità di
tali rimedi rispetto al diritto europeo sulla base del c.d. Rewe-test secondo
il quale i rimedi devono conformarsi ai principi di equivalenza e di effettività, i quali impongono due limiti essenziali all’autonomia procedurale
degli Stati membri: rispettivamente l’obbligo di non rendere in pratica
impossibile l’esercizio di quei diritti che i giudici nazionali sono
tenuti a tutelare, e l’obbligo di provvedere a rimedi eficaci per la tutela
dei diritti deiniti dal diritto europeo simili o identici a quelli del diritto
nazionale.27
Come anticipato, l’intervento del legislatore europeo in questi ambiti non
è stato l’unico fattore dell’evoluzione normativa nell’ambito del diritto privalentemente dalla legislazione. Il ruolo della Commissione e quello della Corte di Giustizia
rimangono tuttavia essenziali nell’interpretazione ed armonizzazione dei criteri.
24 Si vedano la Direttiva 2004/48/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile
2004 sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, (art. 9-15); Regolamento (UE) n. 596/2014
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014 , relativo agli abusi di mercato (regolamento sugli abusi di mercato) e che abroga la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE della Commissione in
relazione con la Direttiva 2014/57/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile
2014 , relativa alle sanzioni penali in caso di abusi di mercato; la Direttiva 2014/104/UE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che
regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni
delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea.
25 H. MicKlitz e B. de witte (a cura di), The European Court of Justice and the
Autonomy of the Member States, Intersentia, 2012; S. PrechAl, Competence Creep and
General Principle of Law, in Rev. of Eur. Adm. Law, 2010, p. 95.
26 Si veda F. cAFAGGi e P. iAMiceli, The Principles of Effectiveness, Proportionality and
Dissuasiveness, e ivi i riferimenti legislative e giurisprudenziali.
27 Per l’evoluzione della giurisprudenza relativa a tali principi si veda, S. PrechAl e N.
ShelKoPlyAS, National Procedures, Public Policy and EC-Law. From Van Schijndel to Eco Swiss
and Beyond, in European Review of Private Law, 2004/5, p. 589 ss; BoBeK, 2014; AdinolFi, 2014.
62
FABrizio cAFAGGi, FedericA cASAroSA
vato. La Corte di giustizia, nel rispondere ai rinvii pregiudiziali delle corti nazionali ha attribuito ai giudici nazionali nuovi poteri e responsabilità,
permettendo loro di svolgere un ruolo più attivo nel garantire la tutela della
protezione del consumatore anche oltre il perimetro del principio della domanda e dunque delle richieste che provengono dal consumatore stesso nei
singoli procedimenti.28 Questo sviluppo è basato anche sull’implementazione degli obiettivi di tutela del consumatore così come affermato nell’art. 38
Carta dei Diritti fondamentali dell’UE (nel prosieguo CDF). In alcuni casi,
ciò ha prodotto, in alcuni stati membri, riforme legislative delle norme del
processo civile anche oltre l’ambito di tutela del consumatore con effetti di
spillover signiicativi in altri settori. Tale effetto viene rinforzato anche dall’applicazione dell’art 47 CDF: il riferimento al principio di effettività giudiziale può espandere l’applicazione di tali conclusioni anche nei confronti
di ambiti diversi dalla protezione del consumatore29.
Un esempio paradigmatico è quello degli aspetti relativi al diritto ad essere sentiti nell’ambito del diritto all’asilo e alla protezione internazionale.
In questo ambito, il diritto ad un rimedio effettivo ex art. 47 CDF si coniuga
con il diritto ad essere ascoltati previsto dall’art. 41 CDF, il cui scopo di
applicazione è però più limitato in quanto si applica solo alle istituzioni, agli
organismi, agli ufici e alle agenzie dell’Unione europea.30
L’art. 47 CDF ha avuto ampia applicazione con effetti diversi a seconda dell’ambito legislativo. E’ interessante comparare la giurisprudenza sul
diritto di difesa ed il diritto ad essere ascoltato in materia di immigrazione,
protezione internazionale e diritto dei consumatori.
Nella Direttiva in materia di immigrazione sui ritorni n. 2008/115 si prevede un elenco dettagliato delle garanzie procedurali concesse ai cittadini
di paesi terzi nel caso di decisioni relative al rimpatrio. Tuttavia, la direttiva
non menziona espressamente il diritto di essere sentiti di tali soggetti prima
di adottare una decisione, né precisa le conseguenze di una violazione di
questo diritto fondamentale. L’art. 12 della direttiva fa espressamente riferimento soltanto all’obbligo di motivazione di fatto e di diritto, che in pratica
non può essere effettivamente soddisfatto se l’autorità competente non ha
prima sentito il soggetto.
28 F. Cafaggi e S. Law (a cura di), Judicial dialogue in European private law, Edward
Elgar, 2017
29 Si veda il riferimento alla decisione nelle cause riunite da C-317/08 a C-320/08,
Alassini, nelle decisioni relative a migrazione ed asilo nei casi C-249/13, Boudjlida (in
particolare par. 43), e C-166/13, Mukarubega (in particolare par. 52-53).
30 In particolare nei casi C-141/12 e C-372/12, YS et al., EU:C:2014:2081, para. 61;
C-166/13, Mukarubega, EU:C:2014:2336, para. 44; C-249/13, Khaled Boudjlida c. Préfet
des Pyrénées-Atlantiques, 11 Dicembre 2014, ECLI:EU:C:2014:2431, para. 32-33.
63
l’eFFettività dei riMedi nelle interAzioni GiudiziAli FrA corti nAzionAli e corti euroPee
In alcune recenti decisioni, la CGUE ha elaborato il diritto ad essere ascoltato per i soggetti alla decisione di ritorno e ha stabilito anche le conseguenze
legali della sua violazione nell’ambito delle procedure di rimpatrio attraverso
la correlazione fra l’art. 47 CDF e i principi generali del diritto europeo i quali
si applicano direttamente anche agli Stati Membri.31 Tali aspetti includono sia
le forme che le garanzie che devono essere offerte al richiedente asilo, fra cui
per esempio il diritto ad essere ascoltato in relazione alle forme di rimpatrio,
così come agli obblighi di motivazione della decisione di rimpatrio.
Nell’ambito del diritto dei consumatori il diritto ad essere ascoltato ha
avuto più recente applicazione in casi relativi a clausole vessatorie, intervenendo sia a favore del consumatore sia a favore del professionista, incidendo
sensibilmente sull’ambito e la funzione dei poteri oficiosi attribuiti al giudice al ine di garantire l’effettività dei diritti32.
2. L’effettività dei rimedi nel diritto dei consumatori
Nell’ambito del diritto dei consumatori, l’Unione Europea ha regolato i
diritti lasciando spazio rilevante all’autonomia procedurale degli Stati Membri
per la disciplina dei rimedi, con alcune signiicative eccezioni.33 In quest’ambito l’interazione fra la Corte di Giustizia e le corti nazionali ha rideinito i
conini dell’autonomia procedurale degli Stati senza tuttavia raggiungere una
deinizione condivisa34. Le questioni affrontate dalla CGUE includono la relazione fra azioni individuali e collettive, gli effetti erga omnes dei rimedi
concernenti l’invalidità delle clausole vessatorie e quelli relativi alle pratiche
31 Si veda l’analisi dei casi e degli effetti delle decisioni a livello nazionale in M.
MorAru e G. renAudiere, REDIAL Electronic Journal on Judicial Interaction and the EU
Return Policy. Second Edition: Articles 12 to 14 of the Return Directive 2008/115, REDIAL
Research Report 2016/04, disponibile all’indirizzo: http://cadmus.eui.eu/bitstream/handle/1814/43924/MPC_REDIAL_2016_04.pdf.
32 Si veda infra testo e note p. 68 e ss.
33 Tra queste sicuramente la materia della vendita di beni di consumo dove invece la
disciplina dei rimedi è puntuale, la violazione dei doveri di informazione, nonché il regime
delle invalidità di protezione frutto di una interazione tra legislazione europea e nazionale.
F. wilMAn, Private enforcement of EU law before national courts, EE, 2015, p. 146 ff.
34 See M. BoBeK, Why There is no principle of “procedural autonomy” of the Member States,
e H.-W. MicKlitz, The ECJ between the individual Citizen and the Member States – a plea for a
Judge-made European Law on remedies, entrambi in H. Micklitz e B. De Witte (a cura di), The
European Court of Justice and the Autonomy of the Member States, Intersentia, 2012, rispettivamente p. 305, e p. 349; M. BoBeK, The Effects of EU Law in the National Legal Systems, in Barnard
e S. Peers (a cura di), European Union Law, 2° ed., Oxford University Press, 2017, 143-176.
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FABrizio cAFAGGi, FedericA cASAroSA
commerciali sleali, la gerarchia dei rimedi nei contratti di vendita, la proporzionalità dei rimedi e il potere di individuare quelli che esulano dal petitum
della parte consumatore, e l’onere della prova35.
In questi casi il principio di effettività è stato lo strumento principale nella
valutazione della Corte di Giustizia, consentendo di fornire ai giudici nazionali strumenti interpretativi sia di natura procedurale, sia di natura sostanziale. Ciò ha permesso ai giudici di incrementare la funzione di controllo delle
azioni collettive,36 di rafforzare la funzione preventiva dell’enforcement di
natura amministrativa rispetto alla tutela del consumatore,37 di incrementare
la trasparenza e i doveri di informazione,38 nonché precisare le implicazioni
che questi ultimi hanno rispetto ai rimedi.39
Il presente contributo analizzerà alcuni di questi temi per mostrare le modalità del dialogo includendo anche l’impatto delle decisioni della Corte di
Giustizia e le linee verso le quali tale dialogo si è indirizzato.
Un aspetto peculiare che emerge dall’analisi della giurisprudenza è la predominanza di rinvii provenienti da corti spagnole sui temi legati alla protezione dei consumatori. Ciò si lega ad uno speciico contesto istituzionale che
ha visto il coinvolgimento nel dialogo sia delle corti nazionali ed europea sia
del legislatore nazionale. Infatti, se è evidente che il numero di casi legati al
tema della protezione dei consumatori è cresciuto dal 2012 in poi,40 ciò si lega
a diversi fattori: in primo luogo, le problematiche legate alla crisi del sistema
inanziario spagnolo cui il governo spagnolo non è riuscito a rispondere adeguatamente lasciando che gli effetti negativi della stessa si ripercuotessero
prevalentemente sui consumatori; a ciò si lega il secondo fattore, ovvero, la
dificoltà di intervento delle corti inferiori nell’adeguamento delle norme alla
35 Si veda ACTIONES Module on consumer protection, in corso di pubblicazione all’indirizzo https://www.eui.eu/Projects/CentreForJudicialCooperation/Projects/ACTIONES/
ACTIONES e REJus casebook on consumer protection in corso di pubblicazione all’indirizzo http://www.rejus.eu/
36 CGUE, Causa C-472/10, Nemzeti Fogyasztóvédelmi Hatóság contro Invitel Távközlési
Zrt, 26 aprile 2012, ECLI:EU:C:2012:242.
37 CGUE, Causa C-119/15, Biuro podróży “Partner” Sp. z o.o, Sp. komandytowa w
Dąbrowie Górniczej contro Prezes Urzędu Ochrony Konkurencji i Konsumentów, 21 dicembre 2016, ECLI:EU:C:2016:987
38 CGUE, Causa C-377/14, Ernst Georg Radlinger e Helena Radlingerová contro
Finway a.s., 21 aprile 2016, ECLI:EU:C:2016:283
39 Ibid.
40 Si veda F. Gomez e K. Lyczkowska, Spanish Courts, the European Court and
Consumer Law: Some Thoughts on their Interaction, in F. Cafaggi e S. Law (a cura di),
Judicial Cooperation in European private law, Edward Elgar, 2017, p. 99-100, in cui si
indica un incremento complessivo dei rinvii pregiudiziali.
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l’eFFettività dei riMedi nelle interAzioni GiudiziAli FrA corti nAzionAli e corti euroPee
situazioni di crisi, in assenza di un forte intervento delle corti supreme che potesse stimolare l’intervento del legislatore.41 Inine, la disponibilità dimostrata
dalla CGUE a garantire più ampi poteri nei confronti dei giudici nell’ambito della protezione dei consumatori ha stimolato un ulteriore incremento dei
rinvii pregiudiziali.42 Dunque, a seguito dei primi scambi che hanno spinto il
legislatore spagnolo a modiicare la normativa nazionale per conformarsi alle
regole dettate dalla CGUE, si è instaurato un circolo virtuoso che ha stimolato
sempre più corti a rivolgersi alla corte di Lussemburgo, non soltanto per interpretare norme di diritto sostanziale, ma anche quelle di diritto processuale che
dovevano garantire rimedi eficaci ai diritti di matrice europea.43
Tenendo conto di tali speciicità nazionali, l’analisi nel presente contributo si concentrerà sui casi Biuro Partners proveniente dalla corte di appello
di Varsavia, e sui casi spagnoli di Sale Sinues, proveniente dal tribunale
commerciale di Barcellona, Naranjo proveniente dalla corte suprema spagnola, ed inine Banco Primus proveniente dal tribunale di primo grado di
Santander.
2.1 Il rapporto fra tutela civile ed amministrativa
Le azioni collettive sono state oggetto di numerose decisioni nazionali ed
europee, sia come rimedi di natura preventiva, in forma di azioni inibitorie,
sia come rimedi di natura riparatoria, in forma di azioni di classe.44 L’ambito
applicativo e gli effetti delle azioni inibitorie collettive ha dato luogo a numerosi rinvii pregiudiziali.45 Obiettivo è stato quello di comprendere l’ambito di
41 Si veda in particolare la causa C-415/11, Mohamed Aziz c. Caixa d’Estalvis de
Catalunya, Tarragona i Manresa (Catalunyacaixa), 14 Marzo 2013, ECLI:EU:C:2013:164;
e la causa C-169/14, Juan Carlos Sánchez Morcillo e María del Carmen Abril García contro Banco Bilbao Vizcaya Argentaria SA, 17 luglio 2014, ECLI:EU:C:2014:2099.
42 F. GoMez e K. lyczKowSKA, Spanish Courts, the European Court and Consumer Law:
Some Thoughts on their Interaction, in F. Cafaggi e S. Law (a cura di), Judicial Cooperation
in European private law, Edward Elgar, 2017, p. 102.
43 M. SerrAno MASiP, Efectos de la jurisprudencia del Tribunal de Justicia de la Unión
Europea sobre el proceso civil interno, in Revista de Estudios Europeos, n. 68, 2016, 5-32
44 Si veda la distinzione nel diritto italiano fra azioni collettive inibitorie ex art. 139 cod.
cons. e azioni di classe con inalità restitutoria o risarcitoria, ex art. 140 cod. cons. Per una
ampia disamina si veda C. d’ortA, La Class action tra proclami e deterrence: Uno studio
di diritto interno e comparato, Giappichelli, 2014; R. donzelli, L’azione di classe a tutela
dei consumatori, Jovene, 2011
45 Si vedano le cause riunite Cause riunite C-381/14 e C-385/14, Jorge Sales Sinués e
Youssouf Drame Ba contro Caixabank SA e Catalunya Caixa SA (Catalunya Banc S.A.), 14
aprile 2016, ECLI:EU:C:2016:252, infra par. 5.1.
66
FABrizio cAFAGGi, FedericA cASAroSA
applicazione delle pronunce inibitorie a consumatori e professionisti che non
avevano direttamente partecipato alla controversia46. Le direttive orizzontali
applicabili alle diverse aree del diritto dei consumatori, come la direttiva n.
2009/22, hanno potenzialmente trasformato gli obiettivi dei sistemi di enforcement nazionali; inoltre, tali direttive hanno rafforzato il potere degli attori
collettivi e individuali, offrendo strumenti inalizzati al rafforzamento dell’uso
preventivo e deterrente piuttosto che compensativo della litigation.
Le azioni inibitorie sono state regolate dalla direttiva n. 2009/22 anche
nell’area delle clausole contrattuali abusive (Direttiva n. 93/13) e delle pratiche commerciali scorrette (Direttiva n. 2005/29), ampliando l’ambito di
applicazione di tale rimedio. L’interpretazione dell’art. 7 della direttiva n.
93/13 da parte della CGUE ha portato a cambiamenti notevoli nelle norme
procedurali e sostanziali di alcuni stati membri. La tutela inibitoria rappresenta un esempio interessante per mostrare le differenze fra azioni collettive
e azioni individuali e fra tutela di tipo amministrativo e di tipo giudiziale.
Come è noto in generale le direttive europee, in forza del principio di autonomia procedurale, lasciano impregiudicate le possibilità di scelta tra tutela
giurisdizionale ed amministrativa nonché la disciplina dei loro rapporti, in
particolare quella del loro coordinamento. Nel corso dell’ultimo ventennio
si è assistito ad un progressivo rafforzamento della tutela amministrativa
che, nel nostro paese, ha visto un incremento delle competenze dell’AGCM
sia in materia di pratiche commerciali scorrette, sia di clausole abusive47.
Analogamente in materia di contratti bancari e inanziari le competenze dei
regolatori settoriali sono aumentate48. Così anche nel caso delle telecomunicazioni, dell’energia e gas e dei trasporti. Tale sviluppo, fondato su una
presunta maggiore eficacia dell’enforcement amministrativo, non è stato
tuttavia adeguatamente coordinato con gli strumenti a disposizione della giu46 Cfr. in particolare i casi Invitel e Biuro, cit.
47 In base agli artt. 18-27, 37 bis e 45-67 del cod. cons. e alle disposizioni contenute nel
d.lgs. 2 agosto 2007, n. 145, l’Autorità è chiamata a tutelare:
a) i consumatori e le microimprese rispetto alle pratiche commerciali scorrette poste in
essere dai professionisti ai loro danni, ai diritti dei consumatori previste dalla Direttiva europea 83/2011/UE recepita con D.Lgs n.21/2014 e al divieto di discriminazione basata sulla
nazionalità o sul luogo di residenza, così come previsto dalla Legge n. 161/2014;
b) i professionisti riguardo alla pubblicità ingannevole e comparativa illecita posta in essere
dai concorrenti;
c) i consumatori contro le clausole vessatorie.
48 Si vedano le competenze di vigilanza allocate alla Consob (reperibili all’indirizzo http://
www.consob.it/main/trasversale/risparmiatori/ruolo/index.html) e alla Banca d’Italia (reperibili all’indirizzo https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/compiti-vigilanza/index.html).
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l’eFFettività dei riMedi nelle interAzioni GiudiziAli FrA corti nAzionAli e corti euroPee
risdizione civile49. Soltanto recentemente la Corte di Giustizia ha affrontato
il problema dei rapporti fra enforcement amministrativo e quello giudiziale
nel settore della protezione dei dati personali, riconoscendo peraltro che la
sequenzialità fra i due sistemi di enforcement non è contraria all’art. 47 CDF
laddove sia garantito che “l’esaurimento dei rimedi disponibili dinanzi alle
autorità amministrative nazionali non comporti un ritardo sostanziale per
la proposizione di un ricorso giurisdizionale, produca la sospensione della
prescrizione dei diritti interessati e non provochi costi eccessivi.”50
La tutela amministrativa arricchisce la strumentazione sanzionatoria con
il pagamento di multe per violazione di obblighi verso i consumatori, ma
si compone di vari mezzi che vanno dalle inibitorie alle restituzioni ed in
alcuni paesi addirittura la compensazione per i danni51. Essa può intervenire prima, contemporaneamente o dopo la tutela giurisdizionale. In questo
contesto interviene il dialogo tra corti che non si applica, invece, alle autorità
amministrative52. L’attività di queste solo indirettamente, in sede di sinda49 Vedi F. cAFAGGi, Administrative and Judicial Enforcement in Consumer Protection:
The Way Forward in F. Cafaggi e H.-W. Micklitgz, New frontiers of consumer protection:
combining private and public enforcement, Kluwer Intersentia, 2009 e F. cAFAGGi, On the
transformation of European enforcement law: judicial and administrative dialogues, instruments and effects, in F. Cafaggi e S. Law (a cura di), Judicial Cooperation in European
Private Law, Elgar, 2017, p. 223.
50 Si veda il caso C-73/16, Peter Puškár c. Finančné riaditeľstvo Slovenskej republiky, e
Kriminálny úrad inančnej správy, 27 settembre 2017, ECLI:EU:C:2017:725.
51 H.-W. MicKlitz e G. SAuMier, Enforcement and Effectiveness of Consumer Law,
Draft report, International Academy of Comparative Law, 2016 Montevideo, disponibile
all’indirizzo http://tc.iuscomparatum.info/tc/wp-content/uploads/2016/09/Draft-GeneralReport-Enforcement-and-Effectiveness-of-Consumer-Law-MICKLITZ-SAUMIERMontevideo-2016-.pdf
52 L’art. 267 del TFUE concernente i soggetti legittimati a presentare il rinvio pregiudiziale indicando una “giurisdizione”. Tuttavia, tale terminologia è utilizzata in senso ampio
dalla CGUE, che ha individuato una serie di elementi che devono caratterizzare gli organi
nazionali per poter essere inclusi nella nozione di giurisdizione:
1. l’organo deve essere stabilito dalla legge;
2. deve avere natura permanente;
3. deve avere una giurisdizione obbligatoria;
4. deve applicare procedure di natura accusatoria;
5. deve applicare il principio di legalità;
6. deve essere indipendente.
La giurisprudenza della CGUE dimostra infatti che, se le condizioni sopra elencate sono
soddisfatte, anche organi che non ricadrebbero nella deinizione stringente di tribunale.
Ad esempio, nel caso C-464/13, Europäische Schule München, la CGUE ha valutato se la
camera dei ricorsi della Schule potesse essere qualiicata come tribunale e ha affermato che
68
FABrizio cAFAGGi, FedericA cASAroSA
cato giurisdizionale, diviene oggetto di valutazione da parte della CGUE che
in tal modo può deinire i rapporti tra le due forme di tutela, contribuendo a
deinirne conini e rapporti. Per questa ragione il dialogo tra corti ha avuto
impatto assai più rilevante sulla tutela giurisdizionale ed in particolare sui
nuovi poteri dei giudici civili.
2.2 La tutela amministrativa e la tutela giudiziale nelle azioni collettive – il
caso Biuro Podróży Partner
Il caso Biuro riguardava una multa irrogata dell’Uficio di protezione del
consumatore ad un professionista che aveva utilizzato una delle clausole
qualiicate come vessatorie in astratto e per questo iscritte nel pubblico registro amministrato dal Presidente dell’Uficio di protezione per la concorrenza e i consumatori. I temi proposti riguardavano l’applicabilità di una multa
ad un soggetto che non aveva partecipato al procedimento in base al quale
la clausola era stata dichiarata vessatoria, nonché i rapporti tra accertamento
amministrativo e giurisdizionale della vessatorietà.
Ai sensi dell’allora art. 47943 del codice di procedura civile polacco una
sentenza che dichiarasse in astratto la vessatorietà di una clausola e ne vietasse l’utilizzo era da considerarsi “eficace nei confronti dei terzi” dal giorno in cui il testo della clausola fosse incluso nel registro pubblico.53 La Corte
speciale per la tutela della concorrenza e dei consumatori poteva rivedere
la vessatorietà delle clausole contrattuali standard utilizzate sul mercato attraverso una valutazione in astratto – cioè indipendentemente dal loro inserimento in qualsiasi contratto concluso nella prassi54. Il divieto di utiliz«soddisfa tutti i requisiti per essere considerata una «giurisdizione» ai sensi dell’articolo
267 TFUE, […] fatta eccezione della circostanza che essa va ricondotta a uno degli Stati
membri» (ivi par. 72). Applicando la stessa analisi, la CGUE nel caso C-503/15, Panicello,
ha affermato che «il Secretario Judicial (cancelliere) non costituisce una «giurisdizione», ai
sensi dell’articolo 267 TFUE, senza che occorra esaminare se detto organo soddisi gli altri
criteri, elencati al punto 27 della presente sentenza, che consentono di valutare tale aspetto.
Il Secretario Judicial (cancelliere), conseguentemente, non è legittimato a presentare una
domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte».
53 La normativa è stata modiicata dal legislatore polacco prima della decisione della
CGUE, nonostante tale modiica la Corte ha ritenuto utile decidere il caso in modo da fornire linee guida generali sulla questione presentata dalla corte del rinvio.
54 Questa procedura speciica è stata introdotta in attuazione dell’art. 7 della Direttiva
93/13. Gli articoli 47936-45 del codice di procedura civile deiniscono il procedimento in
questione e sono stati redatti per operare un controllo astratto delle condizioni contrattuali
standardizzate e per proteggere gli interessi dei consumatori collettivi. Se viene ammessa
l’azione per il riconoscimento di una clausola vessatoria, il giudice può deinire la clausola
69
l’eFFettività dei riMedi nelle interAzioni GiudiziAli FrA corti nAzionAli e corti euroPee
zo della clausola aveva dunque un effetto erga omnes quando questa era
inclusa nel registro pubblico. L’art. 24.2.1 della legge polacca sulla tutela
della concorrenza e dei consumatori del 16 febbraio 2007, inoltre, vietava
l’applicazione di qualsiasi pratica in violazione degli interessi collettivi dei
consumatori, includendo anche il caso di clausole contrattuali iscritte nel
registro pubblico55.
La giurisprudenza nazionale polacca riguardante i limiti oggettivi e
soggettivi circa la validità della sentenza in astratto non era però unitaria,
dato che anche la Corte Suprema aveva interpretato tali limiti in alcuni casi
in modo stringente, mentre in altri casi aveva adottato un’interpretazione
estensiva, lasciando alle corti di primo grado il dificile compito di dirimere
i casi senza linee guida uniformi.
Nel novembre 2014, la Corte d’appello di Varsavia si era appunto trovata
di fronte ad un caso concernente l’applicazione della normativa precedentemente descritta. Il caso concerneva un’agenzia di viaggi, la Biuro Podróży
Partner, che aveva presentato un’azione di fronte alla Corte speciale per la
tutela della concorrenza e dei consumatori contestando una decisione del
presidente dell’Uficio per la concorrenza e la tutela dei consumatori che
inliggeva una sanzione pecuniaria all’attore per l’utilizzo di una clausola
contrattuale riconosciuta come vessatoria. La decisione, infatti, affermava
l’equivalenza della clausola ad una utilizzata da un’altra agenzia di viaggi
dichiarata vessatoria e vietata. Dopo il rigetto della domanda in primo grado,
l’attore aveva proposto appello di fronte alla Corte d’Appello di Varsavia.
Questa, in assenza di una univocità di giurisprudenza nazionale e in ragione
di un potenziale conlitto con la disciplina europea, aveva sospeso il procedimento ed aveva deciso di inviare alla CGUE un rinvio pregiudiziale.56
come vessatoria e può proibirne il successivo uso. Una copia della sentenza inale viene
inviato al presidente dell’Uficio per la tutela della concorrenza e dei consumatori, che
mantiene un registro pubblico delle disposizioni considerate vessatorie.
55 Tale norma stata inclusa in attuazione della direttiva n. 98/27 relativa a provvedimenti
inibitori a tutela degli interessi dei consumatori sostituita dalla direttiva 2009/22 relativa a
provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori.
56 Il rinvio pregiudiziale appunto conteneva la seguente questione: «Se, alla luce degli
articoli 6, paragrafo 1, e 7, della direttiva 93/13, in combinato disposto con gli articoli 1 e
2 della direttiva 2009/22, l’impiego di clausole di condizioni generali di contratto di contenuto identico al contenuto di clausole dichiarate illecite da una sentenza di un organo giurisdizionale divenuta deinitiva e annotate nel registro delle clausole di condizioni generali
di contratto ritenute illecite, possa essere considerato, relativamente ad un altro professionista che non ha partecipato al procedimento conclusosi con l’annotazione nel registro delle
clausole di condizioni generali di contratto ritenute illecite, un atto illecito che, alla luce
del diritto nazionale, conigura una pratica lesiva degli interessi collettivi dei consumatori
70
FABrizio cAFAGGi, FedericA cASAroSA
Pochi mesi dopo, in un’ordinanza del 16 febbraio 2015, BSA I-41101/15, il Primo Presidente della Corte Suprema alla luce del conlitto giurisprudenziale che emergeva sul tema degli effetti della decisione in abstracto aveva presentato una domanda di rinvio pregiudiziale interno alla stessa
Corte suprema polacca al ine di ottenere una decisione nomoilattica57.
Il 20 novembre 2015 (sentenza III CZP 17/18), la Corte Suprema,58, ha
deciso, indicando i seguenti principi:
«1. La validità sostanziale di una sentenza che dichiara vessatoria una
clausola contrattuale standard esclude ogni azione inalizzata a valutare le
clausole con medesimo contenuto utilizzate dal professionista che era parte
del giudizio in cui la vessatorietà era stata dichiarata (articolo 365 e 366 del
codice di procedura civile).
2. La validità sostanziale della sentenza che dichiara vessatoria una clausola contrattuale standard – anche dopo che essa sia iscritta nel registro (art.
479.24 del codice di procedura civile) – non esclude le azioni inalizzate a
valutare clausole con il medesimo contenuto utilizzate dal professionista che
non era parte del giudizio in cui la vessatorietà era stata dichiarata (articolo
365 e 366, in combinato disposto con l’articolo 47943 del codice di procedura
civile)».59
Nella motivazione della sentenza, la Corte Suprema polacca aveva bilanciato l’eficacia della protezione dei consumatori in relazione alle clausole
vessatorie e il diritto a un processo equo, al ine di determinare l’eficacia
del giudicato nelle decisioni in astratto. Per quanto riguarda il primo aspetto,
la Corte Suprema aveva fondato il suo ragionamento sulla direttiva 93/13,
tenendo come punto di riferimento l’interpretazione della CGUE nel caso
Invitel. Per quanto riguarda il diritto a un processo equo, la Corte Suprema
aveva basato il suo ragionamento sull’arte. 45 della Costituzione polacca,
l’art. 6(1) della CEDU e l’art. 47(2) della CDF.
Come affermato dalla Corte Suprema, «l’eficacia della sentenza nei cone costituisce il fondamento per l’irrogazione, a tale titolo, di una sanzione pecuniaria in un
procedimento amministrativo nazionale».
57 Nell’ordinamento polacco possono essere sottoposte questioni interpretative alla
Corte Suprema.
58 La decisione della Corte Suprema del 20 novembre 2015 è stata resa in forma di risoluzione: si fa riferimento ad un particolare tipo di giudizio che, inalizzato non alla risoluzione di una speciica controversia, ma al chiarimento di un problema interpretativo, indica
come debba essere intesa una determinata disposizione di diritto interno. In linea di principio, in caso di questioni sollevate dal giudice ordinario, la risoluzione della Corte Suprema
è formalmente vincolante solo per il giudice a quo. Tuttavia, tali risoluzioni producono un
generale effetto nomoilattico.
59 Traduzione non uficiale.
71
l’eFFettività dei riMedi nelle interAzioni GiudiziAli FrA corti nAzionAli e corti euroPee
fronti di ogni consumatore rispetto ad uno speciico professionista, parte
del procedimento, è proporzionata, in quanto conferma il bilanciamento fra
la necessità di garantire l’eficacia di un controllo astratto [delle clausole
contrattuali] e la necessità di rispettare il diritto di essere ascoltato, come
elemento fondamentale del diritto a un processo equo, derivante dal diritto
ad un giusto processo».
Nella sua sentenza, la Corte Suprema aveva dunque interpretato il concetto di “eficacia erga omnes” (art 47943 del Codice di procedura civile) applicandolo, da una parte, restrittivamente allo speciico professionista (parte
nel processo) e, dall’altra, estensivamente ad ogni consumatore (inclusi anche coloro che non erano parte del processo). La Corte Suprema ha affermato la proporzionalità di tale risultato e la compatibilità con il requisito della
proporzionalità dei rimedi previsti dalla direttiva 93/13.
Nell’aprile 2016, successivamente alla decisione della Corte Suprema,
il quadro legislativo relativo alle modalità di decisione in astratto è stato
modiicato dalla riforma del codice di procedura civile polacco del 17 aprile 2016. La nuova normativa ha introdotto un nuovo modello di decisione
in astratto, in cui in particolare si sostituisce il precedente controllo giurisdizionale, effettuato dalla Corte speciale, con il controllo amministrativo,
effettuato dal presidente dell’Uficio per la tutela della concorrenza e dei
consumatori. La riforma inoltre centralizza anche il sistema sanzionatorio
perché lo stesso presidente dell’Uficio è competente per le sanzioni relative
all’uso di clausole contrattuali dichiarate precedentemente vessatorie.
La normativa stabilisce un divieto generale di utilizzare le clausole vessatorie nei contratti stipulati con i consumatori e conferisce al presidente
dell’Uficio la competenza ad emettere una decisione in astratto. La decisione può anche fornire altri rimedi speciici che permettono di eliminare gli effetti dell’utilizzo di tale clausola (per esempio, obbligando il professionista
a pubblicare una dichiarazione in merito). Tali rimedi, scelti dal Presidente,
dovrebbero essere proporzionati alla gravità e al tipo di violazione, e alle
modalità con cui rimuovere le conseguenze di tale violazione. La decisione
dunque è eficace nei confronti del professionista e di tutti i consumatori
che avevano concluso con lui un contratto, in cui erano presenti le clausole
indicate nella decisione.
Nel frattempo, la Corte di Giustizia aveva proseguito il procedimento
relativo al rinvio pregiudiziale e il 21 dicembre 2016 decidendo la controversia sulla base dell’art. 47 CDF.
La CGUE ha affermato che tale norma, applicabile anche nell’ambito
delle direttive n. 93/13 e n. 2009/22, opera anche in favore dei professionisti
che reclamino la non vessatorietà di una particolare clausola, pur in precedenza dichiarata abusiva nei confronti di un altro professionista. Nel caso
72
FABrizio cAFAGGi, FedericA cASAroSA
dunque di decisioni in abstracto, la CGUE ha sottolineato la necessità di
garantire per ogni professionista – accusato di usare le clausole vessatorie
e per questo soggetto a sanzioni amministrative – il diritto di impugnare la
decisione in questione. Tale diritto costituisce una componente del diritto ad
un ricorso giurisdizionale effettivo (nel senso dell’art. 47 CDF), e dovrebbe
consentire alla parte di mettere in discussione non solo la sanzione in sé, ma
anche i motivi della sua applicazione, ovvero la valutazione della vessatorietà della clausola.
Dunque la CGUE ha concluso che la normativa (ormai non più applicabile) è conforme al diritto europeo laddove il «professionista goda di un diritto
di ricorso effettivo, tanto avverso la decisione che riconosce l’equivalenza
delle clausole confrontate, relativamente alla questione se, considerate tutte le circostanze rilevanti speciiche di ciascun caso, tali clausole siano in
concreto identiche, segnatamente riguardo agli effetti prodotti a danno dei
consumatori, quanto avverso la decisione che issi, eventualmente, l’importo
dell’ammenda inlitta».
Chiaramente l’obiettivo era quello di dare linee guida generali in materia
di in abstracto review e non di valutare la compatibilità della legislazione
polacca modiicata nel frattempo. La CGUE ha usato questa opportunità per
chiarire il rapporto con il caso Invitel e la estensione degli effetti delle pronunce relative alla vessatorietà di clausole sia nei confronti di altri consumatori sia nei confronti di altri professionisti non partecipanti alla controversia.
La conclusione della Corte di Giustizia in Biuro si rilette su numerosi
proili relativi al rapporto tra tutela amministrativa e giurisdizionale. Si ammette la validità erga omnes del provvedimento giurisdizionale inibitorio
anche nei confronti di soggetti che non abbiano direttamente partecipato
al procedimento amministrativo purché abbiano in astratto diritto di farlo.
Dunque, il diritto ad un equo procedimento e quello ad un equo processo
costituiscono barriere invalicabili dell’effetto erga omnes. Per quel che attiene alla ripartizione tra valutazione in astratto ed in concreto la CGUE non
ritiene che il diritto europeo proibisca che la prima avvenga anche in sede
giurisdizionale. Piuttosto, è stato il legislatore polacco a decidere per un rafforzamento dell’enforcement amministrativo attribuendo un potere di sindacato esclusivo, lasciando alle corti il solo potere di sindacato sulla decisione
amministrativa. Il rapporto tra controllo amministrativo e giurisdizionale
sulla vessatorietà è ancora di pertinenza degli ordinamenti nazionali, ma
chiaramente il ruolo dei diritti fondamentali non potrà essere (più) ignorato
e costituirà presumibilmente un fattore di armonizzazione non legislativa
della materia.
Sotto il proilo del dialogo, ciò che emerge è il ruolo della CGUE rispetto
ad una giurisprudenza non uniforme della corte suprema polacca, che come
73
l’eFFettività dei riMedi nelle interAzioni GiudiziAli FrA corti nAzionAli e corti euroPee
evidenziato sopra, aveva lasciato le corti di primo grado e appello in dificoltà rispetto agli effetti erga omne di una valutazione in astratto di vessatorietà. La scelta della corte di appello di Varsavia in questa direzione infatti
dimostra la necessità di superare questo impasse attraverso il dialogo con
la CGUE. Per quanto non sia possibile ipotizzare che il rinvio pregiudiziale
abbia direttamente stimolato la decisione del Primo presidente della Corte
suprema, può ragionevolmente ritenersi che il problema interpretativo fosse
talmente rilevante e percepito anche a livello di Corte Suprema tanto da
spingere a individuare possibili soluzioni di dialogo verticale con la CGUE
– nel caso della corte di appello – oppure di dialogo orizzontale interno al
sistema giuridico polacco – nel caso del Primo Presidente.
2.3 Il rapporto fra azioni individuali e azioni collettive – il caso Sales Sinues
Il caso si riferisce ad un contratto per la novazione di un mutuo con una
banca spagnola contenente una clausola “suelo” (attraverso il quale la banca
imponeva un tasso di interesse minimo stabile a prescindere dalle luttuazioni dei tassi di mercato). In relazione a tale contratto, il sig. Sales Sinues aveva presentato un’azione presso il Tribunale Commerciale n 9 di Barcellona
al ine di affermare la vessatorietà della clausola e dunque richiederne la
nullità.9
La stessa banca era parte in un’ulteriore causa presentata da un’associazione di consumatori presso un diverso tribunale, quello di Madrid, al ine
di ottenere una inibitoria all’uso di clausole “suelo” nei contratti di inanziamento.60 In ragione della identità della condotta oggetto delle due cause, la
banca aveva chiesto al giudice di sospendere i procedimenti concernenti l’azione individuale ino alla sentenza deinitiva nel procedimento collettivo.
Il tribunale commerciale aveva interpretato la disposizione nazionale applicabile in merito alla litispendenza tale da imporre la sospensione automatica dell’azione individuale. Tale interpretazione, però si poteva porre altresì
in contrasto con il diritto comunitario, in particolare con l’art. 6 e 7 della
direttiva n. 93/13. Dunque, il giudice aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre una serie di questioni alla Corte di Giustizia.
La CGUE ha deciso il caso considerando la tutela offerta dalla direttiva n.
93/13 ai sensi dell’art. 7, affermando che lo squilibrio esistente tra consumatore e professionista non si ritrovava né nel rapporto tra associazioni di consumatori e professionista, né nel procedimento giudiziale che li coinvolgeva
entrambi. Un’altra differenza indicata dalla CGUE era il fatto che gli obiettivi per l’azione individuale e quella collettiva possono essere diversi, dato
60 Causa avviata dall’Adicae (Asociación de Usuarios de Bancos Cajas y Seguros) contro 72 istituti bancari attraverso un’azione collettiva.
74
FABrizio cAFAGGi, FedericA cASAroSA
che questi ultimi possono avere anche inalità soltanto dissuasive. La Corte,
seguendo le conclusioni dell’avvocato Generale, ha dunque sottolineato le
differenze tra le due azioni, aderendo implicitamente alla tesi della complementarità proposta dalla Commissione ed adottata dall’AG.61 L’analisi della
Corte si è poi spostata sulle disposizioni procedurali applicabili alle azioni
individuali e collettive.
Alla luce del principio di effettività, la CGUE ha valutato gli effetti della
sospensione dell’azione individuale riconoscendo che, da un lato, la decisione in una azione collettiva potrebbe essere vincolante per il singolo consumatore, anche se non abbia deciso di parteciparvi; e d’altra parte, che ciò
potrebbe impedire al giudice nazionale di valutare la pregressa negoziazione
individuale delle presunte clausole vessatorie. Entrambi gli elementi, quindi
hanno portato la corte a ritenere l’interpretazione della norma che richiede
necessariamente la sospensione automatica come un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi della direttiva 93/13. Neppure la valutazione di proporzionalità della norma ha poi modiicato questo apprezzamento poiché né la
coerenza tra le decisioni giudiziarie, né la necessità di evitare il sovraccarico
dei tribunali avrebbe potuto giustiicare tali misure.
Dunque, la CGUE ha concluso rigettando l’interpretazione che affermava
l’automatismo, consistente nella sospensione obbligatoria del procedimento
individuale subordinatamente alla deinizione del giudizio collettivo, soprattutto in mancanza di meccanismi che consentano al singolo consumatore di
dissociarsi dall’azione collettiva. La CGUE ha ritenuto che la norma andasse interpretata nel senso di un potere discrezionale del giudice nazionale di
valutare l’opportunità di sospendere sulla base della distinzione funzionale
tra le due azioni. Tale direttiva induce a ritenere che i casi di sospensione
saranno molto limitati potendo la differenza funzionale condurre ad esiti
divergenti.
Il giudice remittente ha dunque applicato il principio sancito dalla
CGUE, continuando il procedimento individuale senza imporre la sospen61 Si veda l’Opinione dell’AG Szpunar: «29 Si deve aggiungere che la natura preventiva
e la inalità dissuasiva delle azioni inibitorie, nonché la loro indipendenza nei confronti di
qualsiasi conlitto individuale concreto, implicano che dette azioni possano essere esercitate
anche quando le clausole delle quali si chiede l’inibitoria non siano state inserite in contratti
determinati (v. sentenza Invitel, C 472/10, EU:C:2012:242, punto 37)».
30 Pertanto, le azioni individuali e collettive, nell’ambito della direttiva 93/13, hanno
obiettivi ed effetti giuridici diversi, di modo che la relazione processuale tra lo svolgimento
dell’una e dell’altra può rispondere solamente ad esigenze di natura procedurale riguardanti, in particolare, la corretta amministrazione della giustizia e volte alla necessità di evitare
decisioni giudiziarie contraddittorie, senza tuttavia che l’articolazione di tali diverse azioni
comporti un afievolimento della tutela dei consumatori, così come prevista dalla direttiva
93/13».
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l’eFFettività dei riMedi nelle interAzioni GiudiziAli FrA corti nAzionAli e corti euroPee
sione. Tuttavia, alla luce della intervenuta sentenza nell’azione collettiva, ha
affermato la possibilità per l’azione individuale di poter fruire degli effetti
positivi di tale sentenza, i.e. alla luce della dichiarazione di vessatorietà della
clausola oggetto dell’azione collettiva, la stessa clausola poteva essere dichiarata nulla anche nell’azione individuale.
Le conclusioni della CGUE nel caso Sales Sinues hanno confermato ancora una volta e con maggiore forza la gerarchia esistente nella giurisprudenza europea fra azione individuale e azione collettiva, riconoscendo un
primato alla prima e un ruolo complementare alla seconda.62 Da un lato, questo approccio può giustiicarsi secondo l’interpretazione della tutela giurisdizionale di un interesse individuale come potere monopolistico63 del titolare ad instaurare e proseguire il procedimento che si lega ad un rafforzamento
degli strumenti di tutela giurisdizionale disponibile in ragione di una posizione di debolezza rispetto alla controparte professionale. Se si confronta la
posizione delle associazioni a tutela dei consumatori, in particolare quelle
riconosciute a livello nazionale – cui nella maggior parte degli ordinamenti
giuridici viene riservata la legittimazione ad agire64, sembra apparente che
tale disequilibrio non possa essere presente (o per lo meno non possa assumere la stessa intensità). D’altra parte, questo approccio però conligge con
le ragioni stesse che hanno portato all’introduzione dell’azione collettiva,
ovvero la possibilità di garantire maggiore e migliore accesso alla giustizia
per i consumatori attraverso la gestione collettiva ed unitaria di controversie
fra loro uniformi.65 Dunque, il principio di effettività dei rimedi potrebbe
62 Infatti, già con il caso ACICL la CGUE aveva affermato, alla luce dei principi di effettività
e di equivalenza, che non vi erano violazioni in caso di un differente competenza territoriale
in caso di azione individuale e azione collettiva, anche se la seconda portava ad una maggiore
dificoltà per le associazioni a perseguire l’obiettivo di tutela dei consumatori. Confermando
tale approccio anche nel caso Pohotovost del 27 febbraio 2014, in cui la CGUE aveva affermato
che, alla luce dei principi di equivalenza e di effettività, la normativa slovacca relativa all’inammissibilità dell’intervento di un’associazione per la tutela dei consumatori a sostegno di un
determinato consumatore in un procedimento di esecuzione non violava la normativa europea.
Per la giurisprudenza italiana, si veda la recente decisione della Cassazione, Sez. Un., 2
febbraio 2017, n. 2610 cha distinto nettamente l’azione a tutela di interessi collettivi e azione a ini risarcitori. La Corte ascrive il caso concreto alla seconda ipotesi e ne descrive le
caratteristiche, soffermandosi sul fatto che l’azione a ini risarcitori è alternativa alla azione
individuale con la medesima inalità.
63 R. donzelli, L’azione di classe a tutela dei consumatori, Jovene, 2011
64 I. Benöhr, Collective Redress in the Field of European Consumer Law in Legal Issues
of Economic Integration, 41, 3, 2014, pp. 243 e ss.
65 R. Caponi, Litisconsorzio «aggregato» L’azione risarcitoria in forma collettiva dei
consumatori,
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FABrizio cAFAGGi, FedericA cASAroSA
giustiicare una più approfondita analisi dei rapporti fra azione individuale
e azione collettiva rivedendo il modello di complementarità espresso dalla
Corte. Più speciicamente la possibilità di contrasti giurisprudenziali sulla
vessatorietà a seconda che il procedimento sia promosso da un singolo o
da una associazione potrebbe conliggere con l’obiettivo di certezza. Salvo
la valutazione delle circostanze concrete ex art. 4 dir. n. 93/13 la difformità
di valutazione circa la vessatorietà a seconda che la tutela sia individuale o
collettiva non sembra avere giustiicazioni logiche.
Inoltre, è necessario sottolineare come la CGUE, stante le speciicità del
sistema giuridico nazionale da cui è originato il caso, non abbia potuto affrontare una differenza sostanziale in merito alle caratteristiche di una azione
collettiva di tipo inibitorio rispetto ad una di tipo risarcitorio o restitutorio.
Tale distinzione, adottata dal sistema italiano, infatti richiederebbe ulteriori speciicazioni del rapporto fra azioni collettive ed azioni individuali, sia
in termini di coordinamento che di complementarietà, anche promuovendo
l’uso degli istituti tipici della litispendenza e dalla continenza per consentire
il raggiungimento dell’obiettivo di effettività del rimedio.66 Nella giurisprudenza italiana infatti l’eventuale accoglimento della inibitoria collettiva non
porta necessariamente alla nullità della clausola impugnata dal singolo consumatore, giacché nell’azione individuale la clausola dovrà essere valutata
nel caso concreto, potendosi ad esempio giustiicare sulla base di una trattativa con il consumatore. Ciò è stato affermato, in tempi piuttosto risalenti, da
App. Roma, 24 settembre 2002, secondo cui: «l’azione inibitoria, di natura
generale e astratta, port[a], in caso di accoglimento, al divieto di utilizzar[e
la clausola] nel corpo delle condizioni generali predisposte dall’imprenditore: […] Nulla vieta, per contro, che anche una clausola giudicata abusiva
venga reinserita nel singolo contratto e possa ivi risultare legittima in sede
di sindacato giudiziale se sia diventata oggetto di trattativa individuale (art.
1469 ter, quarto comma); o risulti, in concreto, bilanciata da vantaggi compensativi, tali da escludere nell’economia generale del contratto quel signiicativo squilibrio che costituisce la vera anomalia contra ius.
In altri termini, i due giudizi si muovono su piani parzialmente diversi,
e lo stesso accoglimento dell’azione inibitoria non determina, come detto,
la nullità assoluta, nunc et semper, delle clausole – che, nel concorso di circostanze speciiche del caso concreto, potranno ben essere inserite ancora
nel contratto tra professionista e consumatore – ma solo rende illegittima e
proibisce la loro inserzione automatica a titolo di condizioni generali (art.
1341, primo comma)».
66 ACTIONES Handbook sulla protezione dei consumatori, cit.
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l’eFFettività dei riMedi nelle interAzioni GiudiziAli FrA corti nAzionAli e corti euroPee
3. Il principio di res judicata e la limitazione degli effetti delle sentenze
La limitazione degli effetti delle sentenze nazionali – il caso Naranjo
I tre casi congiunti affrontati dalla CGUE affrontano il medesimo problema relativo agli effetti della pronuncia della Corte Suprema spagnola del 9
maggio 2013 n.241 in merito alla vessatorietà delle clausole suelo incluse
all’interno di contratti di mutuo. 67 Tali clausole erano ampiamente utilizzate
dalle banche spagnole e hanno leso molti consumatori. In tutti e tre i casi, i
consumatori avevano avviato ricorso contro la banca dopo la sentenza della
Corte Suprema, ed erano inalizzate alla dichiarazione di nullità delle clausole, ed alla conseguente restituzione degli importi maggiorati pagati dai
consumatori in base a tali clausole a decorrere dalla data di conclusione del
contratto.
La Corte Suprema spagnola, pur riconoscendo la vessatorietà delle clausole suelo, aveva limitato l’effetto retroattivo della dichiarazione di nullità nella
sua decisione del 2013 alla data stessa della decisione. Nell’argomentazione
il Trubunal Supremo aveva sostenuto che solo gli importi pagati dal momento successivo alla data della sentenza dovevano essere rimborsati, limitando
così il diritto dei consumatori alla completa restituzione. Tale limitazione,
67 Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 21 dicembre 2016, cause riunite C-154/15 e
C-307/15 Francisco Gutiérrez Naranjo e Ana María Palacios Martínez c. Cajasur Banco
e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria SA (BBVA), in I contratti, 2017, 11 ss., con nota di
PAGliAntini, La non vincolatività (delle clausole abusive) e l’interpretazione autentica
della Corte di Giustizia; A. dAlMArtello, Epilogo della questione della clausola loor in
Spagna? Chiarimenti della Corte di Giustizia sugli effetti della non vincolatività delle clausole abusive, in Riv. dir. bancario, n. 2/2017; S. cáMArA lAPuente, Un examen crítico de la
STJUE de 21 diciembre 2016: nulidad retroactiva sí, falta de transparencia “abusiva” de
las cláusulas suelo no, in Cuadernos de Derecho Transnacional, 9, 1, 2017, pp. 383-395.
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FABrizio cAFAGGi, FedericA cASAroSA
affermata nel 2013 in relazione ad una azione collettiva, era stata confermata
anche con una decisione del 25 marzo 2015 nei confronti delle singole azioni dei consumatori.68
Le tre corti di merito spagnole investite dai casi concreti hanno dunque
presentato i propri rinvii alla Corte di Giustizia richiedendo se tale limitazione di eficacia della sentenza fosse compatibile con l’art. 6, n. 1, della
direttiva 93/13/CEE.69
La CGUE si sofferma sugli effetti della non vincolatività della clausola
vessatoria rispetto al consumatore affermando, in conformità alla precedente giurisprudenza, che una clausola vessatoria deve essere considerata, in
linea di principio, come non apposta, afinché non possa avere alcun effetto
sul consumatore. La decisione giudiziale dovrebbe dunque avere l’effetto di
porre il consumatore nella situazione giuridica e di fatto in cui sarebbe stato
se tale termine non fosse esistito. Dunque, l’obbligo per il giudice nazionale
di escludere una clausola vessatoria che impone il pagamento di importi non
dovuti implica il corrispondente obbligo di restituire questi stessi importi.
Se da un lato, la Corte di giustizia afferma che gli Stati membri possono
deinire le modalità dettagliate in base alle quali una clausola è qualiicata
come vessatoria e gli effetti giuridici effettivi di tale valutazione, dall’altro
lato, la Corte nega che la legislazione nazionale possa modiicare la portata
e la sostanza della protezione garantita ai consumatori dalla direttiva 93/13,
affermando nettamente che solo il legislatore europeo può decidere sui limiti
temporali da attribuire all’interpretazione (degli effetti di) di una norma del
diritto comunitario.
Quindi, la Corte di Giustizia considera la dimensione temporale della
nullità e della restituzione come un aspetto intrinseco di un’eficace protezione dei consumatori: solo se la nullità e quindi la restituzione si estendono all’intera durata della relazione contrattuale, tale protezione è eficace e
dissuasiva.
La sentenza della CGUE ha dato luogo a diverse questioni relative al diritto di accesso alla giustizia e al diritto a un rimedio eficace. In primo luogo, la domanda più urgente per il governo spagnolo era quella di affrontare
la massiccia quantità di reclami che sarebbero scaturiti dalla decisione della
CGUE. Il governo ha pertanto emesso il Decreto reale 1/2017, obbligando
le istituzioni inanziarie le cui clausole di base sono state dichiarate ingiuste
per costituire un meccanismo extragiudiziale per la liquidazione dei crediti.
68 Tribunal Supremo, 25 marzo 2015, rec. 138/2014; Tribunal Supremo, 29 aprile 2015,
rec. 1072/2013.
69 Le questioni presentate non sono esattamente le stesse offrendo tre diverse prospettive, l’una concernente gli effetti della nullità, l’altra relativa i caratteri dell’azione inibitoria,
la terza legata alla correlazione con l’azione restitutoria.
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l’eFFettività dei riMedi nelle interAzioni GiudiziAli FrA corti nAzionAli e corti euroPee
In secondo luogo, la questione è in che misura la decisione della CGUE
colpisce i consumatori e le istituzioni inanziarie che non fossero parte
dell’azione collettiva che ha portato alla decisione della Corte Suprema spagnola del maggio 2013. La CGUE non ha infatti risposto alla relativa domanda inclusa nel rinvio pregiudiziale. Il 24 febbraio 2017 la Corte Suprema
spagnola è intervenuta nuovamente sul punto e, conformandosi alla decisione della CGUE, ha riconosciuto la possibilità di restituzione degli interessi
nei confronti dei consumatori sin dalla data di stipulazione del contratto di
mutuo. Tuttavia, ha limitato gli effetti della sentenza dichiarativa della vessatorietà della clausola, riconoscendone gli effetti solo per nei confronti dei
consumatori che erano stati parte del procedimento, cioè quelli che avevano
aderito all’azione collettiva.
La decisione della CGUE dunque dimostra chiaramente come il dialogo
giudiziario sia proseguito anche successivamente attraverso la reazione
delle corti nazionali70 ed abbia stimolato e coinvolto la partecipazione del
legislatore spagnolo. La scelta di quest’ultimo di ovviare ai potenziali effetti della decisione europea attraverso l’utilizzo di un sistema di risoluzione extragiudiziale delle controversie si inserisce nel solco delle scelte di
policy europee degli ultimi anni, non ultima la direttiva n. 2013/11 spiega
brevemente quale sia la soluzione adottata precisando che la soluzione della controversia è afidata a meccanismi non giurisdizionali e possibilmente collettivi. Tuttavia, nell’urgenza dell’intervento le garanzie offerte dal
sistema predisposto dal legislatore non sono equivalenti a quelle presenti
nel sistema giudiziale, lasciando al solo istituto bancario la responsabilità
di deinire le somme da corrispondere al consumatore che partecipi al sistema di risoluzione, senza l’intervento di un terzo imparziale che possa
intervenire nel procedimento.71 In tal senso, dunque potrebbe ancora una
volta porsi l’interrogativo circa l’effettività del rimedio nei confronti del
70 Per gli effetti più ampi della sentenza sui casi ancora in corso e quelli sospesi in ragione della pregiudizialità della sentenza della CGUE, si veda R. Pérez cordón, Cláusulas
suelo ¿Y ahora qué? Análisis de las consecuencias de la Sentencia del Tribunal de Justicia
de la Unión Europea de 21 de diciembre de 2016 y del Real Decreto Ley 1/2017 sobre las
reclamaciones judicializadas, in Revista Jurídica de la Universidad de León, núm. 3, 2016,
pp. 93-102.
71 J. conde FuenteS, El procedimiento extrajudicial para la restitución de las cantidades pagadas en aplicación de las cláusulas suelo. El Real Decreto-ley 1/2017, de 20 de
enero, de medidas urgentes de protección de consumidores en materia de cláusulas suelo,
in Revista de Derecho Civil, IV, 1, 2017, pp. 219-233; F. AdAn doMenech, Política legislativa de escaparate. Los errores del Real Decreto Ley 1/2017, de 20 de enero, de medidas
urgentes de protección de consumidores en materia de cláusulas suelo, Revista de Derecho
vLex, nº. 152, 2017, p. 3.
80
FABrizio cAFAGGi, FedericA cASAroSA
consumatore, poiché se già la decisione della CGUE nel caso Alassini riconosceva la possibilità per il legislatore di predisporre un obbligo di tentativo di risoluzione alternativa delle controversie, ne indicava espressamente le caratteristiche per garantire il rispetto dell’equità del processo.72
Sotto il diverso proilo del rapporto fra le corti, si può osservare che il
Tribunale Supremo spagnolo si è immediatamente conformata alla decisione
europea, applicandone i principi senza modiicare il proprio orientamento
relativo al test sulla trasparenza delle clausole suelo,73 Tuttavia, per ridurne l’effetto dirompente, non ha riconosciuto gli effetti erga omnes che la
sentenza del 2013 (e le successive del 2015) aveva espressamente affermato. In questo modo, indirettamente, ha sensibilmente ridotto l’eficacia
dell’intervento del legislatore: in assenza di eficacia erga omnes, le banche
non hanno più alcun incentivo a predisporre un sistema alternativo poiché il
consumatore (che non aveva aderito al procedimento collettivo) che volesse
utilizzare il precedente della sentenza sarebbe comunque tenuto ad adire il
giudice per confermare la vessatorietà e dunque vedersi riconoscere le somme illegittimamente pagate alla banca.
La mancata valutazione di vessatorietà – il caso Banco Primus
Il caso più recente riguarda la sentenza della CGUE nel caso Banco Primus.
Il caso verteva sul contratto di mutuo concesso dall’istituto di credito Banco
Primus al sig. Gutiérrez García, mutuo assistito da una garanzia ipotecaria sul72 Si veda anche il recente caso C-75/16, Livio Menini e Maria Antonia Rampanelli contro
Banco Popolare – Società Cooperativa, 14 giugno 2017, ECLI:EU:C:2017:457
73 Poteva infatti ipotizzarsi un revirement della giurisprudenza della Corte Suprema verso
un approccio più formalistico della trasparenza delle clausole, cfr. A. Dalmartello, Note
sulla “cláusula suelo” (clausole loor) nel mutuo bancario di diritto spagnolo: trasparenza
delle clausole abusive e (ir)retroattività della nullità di protezione, in Banca, borsa, tit.
cred., 2016, 756 ss.
81
l’eFFettività dei riMedi nelle interAzioni GiudiziAli FrA corti nAzionAli e corti euroPee
la sua abitazione.74 A seguito del mancato pagamento di sette rate consecutive,
era stata pronunciata il 23 marzo 2010 la risoluzione anticipata, in applicazione della clausola 6 bis del contratto di mutuo. Il Banco Primus aveva dunque
chiesto il pagamento dell’intera somma del capitale residuo, degli interessi
ordinari e moratori e di altre spese; aveva altresì proceduto alla vendita all’asta del bene ipotecato. Poiché nessun offerente si era presentato alla vendita
all’asta, il giudice del rinvio aveva aggiudicato il bene al Banco Primus, per un
importo che rappresentava il 50% del valore stimato del bene.
Il Banco Primus aveva poi richiesto l’entrata in godimento di tale bene,
differita a causa di tre ricorsi incidentali successivi, tra cui quello che ha
condotto all’adozione dell’ordinanza del 12 giugno 2013, che ha qualiicato
come abusiva la clausola 6 del contratto di mutuo, relativa agli interessi moratori. L’adozione della decisione dell’8 aprile 2014, a seguito del terzo ricorso incidentale, ha posto ine alla sospensione del procedimento di sfratto.
L’11 giugno 2014 il sig. Gutiérrez García ha proposto opposizione al procedimento di esecuzione del suo bene ipotecato dinanzi al giudice del rinvio,
tramite un ricorso incidentale straordinario, invocando il carattere abusivo
della clausola 6 del contratto di mutuo.
Il giudice del rinvio, dopo aver sospeso il procedimento di sfratto con
decisione del 16 giugno 2014, ha osservato che sussistevano dubbi quanto al
carattere abusivo, ai sensi della direttiva n. 93/13, di talune clausole del contratto di mutuo diverse da quella relativa agli interessi moratori. Tuttavia,
il giudice del rinvio ha osservato che l’articolo 207 del codice di procedura
civile spagnolo, che disciplina il principio dell’autorità della res judicata,
osterebbe a un nuovo esame del carattere abusivo delle clausole del contratto di cui trattasi nel procedimento principale, poiché la legittimità dello
stesso, alla luce della direttiva n. 93/13, era già stata veriicata nell’ambito
della decisione del 12 giugno 2013, divenuta deinitiva.
Peraltro, il giudice del rinvio ha rilevato che, anche nell’ipotesi in cui
la clausola 6 bis del contratto di cui trattasi nel procedimento principale
dovesse essere dichiarata abusiva, la giurisprudenza della Corte Suprema
spagnola gli vieterebbe di dichiarare nulla tale clausola e di disapplicarla
poiché il Banco Primus non l’aveva, in concreto applicata, ma aveva rispettato le prescrizioni dell’articolo 693, paragrafo 2 del codice di procedura
civile attendendo il mancato pagamento di sette rate mensili per dichiarare
la risoluzione anticipata.
Così, il Tribunale di primo grado n. 2 di Santander ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia una serie di domande attraverso il rinvio pregiudiziale.
74 Causa C-421/14, Banco Primus SA contro Jesús Gutiérrez García, 26 gennaio 2017,
ECLI:EU:C:2017:60.
82
FABrizio cAFAGGi, FedericA cASAroSA
Nella decisione della Corte si analizza, fra le altre questioni proposte, se
vi sia un obbligo esaminare d’uficio il carattere abusivo delle clausole di un
contratto che è già stato oggetto di esame alla luce della direttiva n. 93/13
nell’ambito di una decisione giurisdizionale deinitiva, in contrasto con le
norme processuali nazionali che attuano il principio dell’autorità di cosa
giudicata. La Corte, dopo aver ripetuto la giurisprudenza costante che impone un al giudice nazionale di esaminare d’uficio la natura abusiva di una
clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva
n. 93/13, riconosce che nel caso in esame, si tratti di stabilire l’esigenza di
sostituire all’equilibrio formale fra i diritti e gli obblighi del professionista
e del consumatore un equilibrio reale, inalizzato a ristabilire l’uguaglianza tra questi ultimi, tale da imporre al giudice del rinvio di procedere a un
nuovo controllo d’uficio di tale contratto. La Corte considera dunque da
un lato l’importanza che il principio dell’autorità di cosa giudicata riveste
sia nell’ordinamento giuridico dell’Unione sia negli ordinamenti giuridici
nazionali, e, dall’altro, il fatto che la tutela del consumatore non è assoluta.75
Pertanto, la CGUE ritiene che la direttiva 93/13 non osti ad osta a una norma
nazionale che vieta al giudice nazionale di riesaminare d’uficio il carattere
abusivo delle clausole di un contratto concluso con un professionista, quando è già stato statuito sulla legittimità delle clausole del contratto nel loro
complesso con una decisione munita di autorità di cosa giudicata.
Tuttavia, nel caso in esame, la norma processuale relativa all’autorità di
cosa giudicata vieta al giudice nazionale non solo di riesaminare la legittimità delle clausole di un contratto su cui è già stato statuito con una decisione deinitiva, ma anche di valutare l’eventuale carattere abusivo delle altre
clausole dello stesso contratto.
In proposito, dunque, la Corte stabilisce che al giudice deve essere consentito di valutare, su istanza delle parti o d’uficio qualora disponga degli
elementi di diritto e di fatto necessari a tal ine, l’eventuale carattere abusivo
delle altre clausole di detto contratto: in assenza di un siffatto controllo, la
tutela del consumatore si rivelerebbe incompleta ed insuficiente e costituirebbe un mezzo inadeguato ed ineficace per far cessare l’utilizzo di questo
tipo di clausole.
La decisione della CGUE può dunque essere interpretata come una conferma del principio della res judicata76 letto alla luce del principio di effet75 Si vedano le sentenze del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones, C40/08,
EU:C:2009:615, punto 37, nonché del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C154/15,
C307/15 e C308/15, EU:C:2016:980, punto 68.
76 Tale ragionamento era stato già affermata anche nella decisione del caso C-49/14
FinanMadrid, dove la CGUE aveva consentito di superare il giudicato di una autorità non
giurisdizionale formatosi in ragione della mancata opposizione del consumatore e senza che
83
l’eFFettività dei riMedi nelle interAzioni GiudiziAli FrA corti nAzionAli e corti euroPee
tività della tutela, ponendo il giudice nella condizione di dover, previa domanda del consumatore, veriicare la vessatorietà delle clausole non prima
analizzate singolarmente da un precedente giudice. Anche in questa sentenza, dunque, la CGUE rafforza il ruolo e l’obbligo del giudice di esaminare
ex oficio le clausole del contratti in particolare all’interno di un giudizio di
esecuzione.
Questa decisione potrebbe avere un impatto sul sistema italiano, poiché
potrebbe portare a dubitare della conformità al diritto europeo l’interpretazione data dalla giurisprudenza di legittimità circa gli effetti del rilievo d’uficio
delle nullità di protezione. Secondo la recente decisione della Cassazione,
S. U., 12 dicembre 2014, n. 26242 è destinato a formarsi il giudicato sulla
mancata nullità del contratto nel caso in cui il giudice – chiamato a decidere una domanda di nullità del contratto- rigetti la domanda non rilevando
tra l’altro alcun ulteriore motivo di nullità. Dunque, può porsi la questione
se un giudice dell’esecuzione possa sulla base del principio di effettività e
alla luce della sentenza Banco Primus esaminare la vessatorietà di clausole
contrattuali oggetto di un titolo esecutivo giudiziale passato in giudicato, sia
in presenza che in assenza di una speciica opposizione del consumatore.77
4. Conclusioni
Il dialogo fra le corti, negli esempi analizzati in questo contributo, rappresenta una modalità di lettura del processo di armonizzazione che permette di
far emergere le spinte endogene ed esogene verso l’evoluzione delle norme
di diritto europee. Analizzando il ciclo di vita completo di un caso, dal contesto nel quale emerge al suo impatto nei diversi Stati membri, si presenta,
anche se non sempre chiaramente, quale sia l’elemento di frizione fra il diritto nazionale e il diritto europeo e il potenziale impatto rispetto agli altri
Stati Membri.
Dal punto di vista soggettivo, gli esempi presentati mostrano come diversi soggetti possono partecipare al dialogo transnazionale: da un lato, corti di
diversi Stati Membri su una stessa questione e la CGUE; e dall’altro corti
dello stesso Stato Membro e la CGUE con effetti sugli altri Stati Membri.
Dal punto di vista sostanziale, i rinvii pregiudiziali non sempre, e non
tale autorità avesse il potere di veriicare ex oficio il contratto sotteso. In tal senso si veda
S. PAGliAntini, La non vincolatività (delle clausole abusive) e l’interpretazione autentica
della Corte di Giustizia – il commento, in Contratti, 2017, 1, 11.
77 Per una più approfondita analisi della giurisprudenza italiana sul punto si veda
ACTIONES Handbook sulla protezione dei consumatori, cit.
84
FABrizio cAFAGGi, FedericA cASAroSA
solo, affrontano un mero conlitto di interpretazione della norma alla luce
dei principi europei, il tema degli effetti del giudicato infatti dimostra come
anche il diverso approccio delle corti di primo grado e appello rispetto alla
posizione espressa dalle corti supreme possa essere un ulteriore stimolo alla
presentazione di un rinvio pregiudiziale, in cui la CGUE possa operare come
tertium inter partes e dirimere il conlitto giurisprudenziale.
In tal caso le sentenze della CGUE possono avere effetti diversi anche
in ragione del grado di dettaglio adottato dalla corte nel fornire indicazioni
sia al giudice del rinvio. Lo stesso aspetto ha poi effetti ulteriori rispetto alle
altre corti nazionali che avranno l’onere di applicare la sentenza nei vari
Stati membri. Maggiore è il grado di dettaglio, maggiore è la dificolta di
generalizzare e quindi applicare le medesime indicazioni ad altri sistemi giuridici. Questo appare chiaramente nelle sentenze che affrontano il potere ex
oficio del giudice dove le norme di diritto processuale variano in modo signiicativo negli Stati membri. Invece, più complesso è il percorso che deve
seguire un giudice diverso dal referente, poiché diviene necessaria un’accurata analisi di quali norme sostanziali e procedurali nazionali possano essere
inluenzate dalla sentenza, affrontando inoltre il coordinamento con le garanzie costituzionali e l’art. 47 CFR. Le valutazioni proposte nei casi relativi
alle azioni collettive e al principio di res judicata mostrano gli interrogativi
che potrebbe porsi un giudice italiano nel valutare l’impatto della sentenza
sul proprio sistema normativo. La regola astratta della vincolatività delle
pronunce CGUE va dunque declinata in relazione agli ordinamenti nazionali
in modo da darne adeguata e concreta applicazione.
Le sentenze e il loro impatto dimostrano che l’applicazione della Carta,
e in particolare l’art. 47, promuove cambiamenti sostanziali e procedurali
nella tutela dei consumatori. I principi di eficacia e di equivalenza hanno
stimolato soluzioni innovative relative a norme procedurali rivelatesi inadeguate alle esigenze della giustizia e al controllo giudiziario delle pratiche
sleali. La giurisprudenza più consolidata sui poteri e sulle responsabilità ex
oficio è stata completata da recenti sentenze riguardanti il rapporto tra singoli rimedi e ricorsi collettivi e l’interazione tra l’esecuzione amministrativa
e giudiziaria. La giurisprudenza sull’art. 47 CFR può produrre risultati simili
a livello nazionale aumentando la protezione dei consumatori e contemporaneamente bilanciando i diritti dei consumatori e dei professionisti.
Nonostante l’inapplicabilità diretta dell’art. 47 CFR all’applicazione
dell’amministrazione, è probabile che compariranno principi analoghi al ine
di coordinare le diverse forme di applicazione dei diritti dei consumatori. Le
corti avranno dunque il compito di valutare le modalità di coordinamento
con altre autorità amministrative per evitare sovrapposizioni e garantire la
coerenza. In assenza di una speciica normativa europea sul questo punto, è
85
l’eFFettività dei riMedi nelle interAzioni GiudiziAli FrA corti nAzionAli e corti euroPee
probabile la CGUE giocherà un ruolo guida nello sviluppo di strumenti di
coordinamento. Il dialogo giudiziario può essere sfruttato in modo appropriato per garantire l’omogeneità in tutti gli Stati membri al ine di garantire
che un’eficace protezione dei consumatori non venga compromessa dalle
differenze delle norme procedurali in materia di rimedi.
86
geo Magri
L’armonizzazione del diritto europeo attraverso il DCFR
Sommario: 1. Gli ostacoli all’armonizzazione e all’uniformazione del diritto europeo; 2. I primi passi verso l’armonizzazione del diritto privato degli
Stati membri; 3. Il progetto di un Common frame of reference (CFR): il
«Piano d’Azione» per l’armonizzazione del diritto contrattuale europeo; 4.
Struttura, contenuti e obiettivi del progetto di CFR, tra disciplina generale e
regole speciali; 5. Il DCFR come toolbox; – 6. Il Feasibility Text e il Common European Sales Law; – 7. L’utilizzo del DCFR: un primo bilancio
1. Gli ostacoli all’armonizzazione e all’uniformazione del diritto europeo
La necessità di creare un «diritto comune europeo» è nata senza ombra
di dubbio in seno all’Accademia, essa, tuttavia, non è rimasta coninata ai
consessi scientiici e alle discussioni tra dotti, ma si è trasformata ben presto
in un’esigenza pratica sempre più avvertita sia in ambito economico che politico1. Non deve quindi sorprendere che, a cavallo tra il vecchio e il nuovo
1 Non deve quindi sorprendere che la spinta verso il diritto comune europeo abbia investito principalmente il contratto, che si presta, più degli altri istituti del diritto privato, a favorire la circolazione transfrontaliera della ricchezza. Molti studi, del resto, confermano i
costi economici connessi alla disomogeneità delle soluzioni giuridiche in materia contrattuale, cfr. J. BASedow, Conlict of Laws and the Harmonization of Substantive Private Law
in the European Union, in M. Andenas – S. Diaz Alabart – B. Markesinis – H. Micklitz – N.
Pasquini, a cura di, Private Law Beyond the National Systems. Liber Amicorum Guido Alpa,
BIICL, London, 2007, p. 168 ss. In dottrina, peraltro, non sono mancate voci scettiche sul fatto
che l’armonizzazione comporterebbe una riduzione dei costi transattivi cfr. R. vAn den BerGh,
l’ArMonizzAzione del diritto euroPeo AttrAverSo il dcFr
millennio, le istituzioni comunitarie abbiano intrapreso iniziative sempre più
determinate nella realizzazione di un simile obiettivo. Il progetto di un diritto
comune europeo è stato afiancato dal processo, decisamente più semplice,
di uniformazione del diritto internazionale privato, del quale i regolamenti
Roma I e II rappresentano se non il coronamento, certamente l’epifania più
signiicativa.
Le dificoltà che le tradizionali fonti comunitarie riscontravano nel perseguimento dell’uniformazione o dell’armonizzazione del diritto privato europeo ha creato un fertile retroterra per l’elaborazione di un Common Frame
of Reference. L’esigenza di armonizzazione2 era resa sempre più pressante
soprattutto nella materia contrattuale3, la quale, rispetto alle altre, è stata particolarmente inluenzata dal diritto europeo che è intervenuto profondamente sui diritti nazionali attraverso numerose direttive, le quali, se da un lato
arricchivano il diritto privato dei singoli Stati membri, dall’altro difettavano
di coordinamento con i diritti nazionali oltre che di un quadro sistematico
comune di riferimento4.
Forced Harmonization of Contract Law in Europe: Not to be Continued, in S. Grundmann-J.
Stuyck, a cura di, An Academic Green Paper on European Contract Law, Kluwer Law Intl,
The Hague 2002, p. 249 ss. Neppure sembra da sottovalutare l’opinione di chi ritiene che
il pluralismo giuridico possa produrre effetti beneici sulla concorrenza nel mercato cfr. N.
reich, Competition between Legal Orders: a new Paradigm of EC Law?, in Comm. mark.
law rev., 1992, p. 861. A ciò si aggiunga che la diversità e la concorrenza tra gli ordinamenti
può favorire l’adozione di soluzioni nuove e una maggiore evoluzione dei sistemi giuridici.
2 M. BoodMAn, The Myth of Harmonization of Laws, in Am. journ. comp. law, 39, 1991, p.
701 ss.; L. MenGoni, L’Europa dei codici o un codice per l’Europa?, in Riv. crit. dir. priv., 1992,
p. 518, secondo il quale l’armonizzazione è una forma di uniicazione «più debole», perché
mantiene l’individualità degli ordinamenti armonizzati, modiicandoli nella misura necessaria al
raggiungimendo dello scopo, ossia di una uniforme disciplina delle fattispecie giuridiche.
Sulla distinzione tra uniformazione, uniicazione e armonizzazione si veda G. BenAcchio,
Diritto privato della Comunità europea. Fonti, modelli, regole, Padova 2004, p. 11 ss.
3 G. AlPA – G. conte, Rilessioni sul progetto di common frame of reference e sulla revisione dell’acquis communautaire, in Riv. dir. civ., 2008, p. 141 ss.
4 Molte voci hanno sottolineato l’incoerenza e la sostanziale asistematicità del diritto comunitario derivato nel campo del diritto privato. Si vedano O. lAndo, Some Features of the Law
of Contract in the Third Millennium, in G. Alpa-R. Danovi (a cura di), Diritto contrattuale
europeo e diritto dei consumatori. L’integrazione europea e il processo civile, in Quaderni
Rassegna Forense, Milano 2003, p. 66 s.; F. werro, La dénationalisation du droit privé dans
l’Union européenne, in F. Werro, a cura di, L’Européanisation du droit privé. Vers un Code
civil européen?, Éditions Universitaires Fribourg Suisse, Fribourg 1998, p. 17 s.; W. vAn
Gerven, Coherence of Community and National Laws. Is There a Legal Basis for a European
Civil Code?, in Europ. rev. priv. law, 1997, p. 201 s.; E.A. KrAMer, Vielfalt und Einheit der
Wertungen im europäischen Privatrecht, in Festschrift Koller, Berne 1993, p. 743.
88
Geo MAGri
I limiti derivanti dalla mancanza di armonizzazione e di uniformazione
apparivano ancora più evidenti se, anziché guardare alle laws in books, si
esaminavano le laws in action e, in particolare, le sentenze dei giudici che
inivano per deformare, attraverso le lenti del diritto nazionale, le norme
originate dal diritto europeo. In questo modo «la prevalenza accordata ad
alcuni istituti e modelli di regolamentazione a scapito di altri, ben conosciuti
in alcuni Paesi ma del tutto ignoti in altri»5, ingenerava ulteriori divergenze
sul piano applicativo, acuite dalle dificoltà «di importare e tradurre concetti
e nozioni in contesti normativi in cui v’erano ad accoglierli istituti omologhi»6. A ciò si aggiungeva la dificoltà del giurista nazionale a riformulare
le tecniche attraverso le quali interpretare e applicare il diritto privato7.
L’impermeabilità degli ordinamenti nazionali, abituati ad operare con le proprie categorie cariche di tradizione, rischiava di frustrare la costruzione del
mercato unico, escludendo o limitando fortemente gli effetti di direttive,
regolamenti e decisioni della Corte di Giustizia8. Sono dunque queste necessità concrete ad avere spinto verso progetti di europeizzazione del diritto
privato, che hanno emancipato il tema dal consesso puramente accademico.
L’europeizzazione del diritto privato si è però sin da subito scontrata con
le resistenze degli Stati nazionali e con un ostacolo assai arduo da superare: la mancanza di competenze comunitarie in settori di estrema importanza9
5 Così G. AlPA – G. conte, op. cit., p. 142.
6 Così G. AlPA – G. conte, op. loc. cit.
7 J. BASedow, La codiicazione del diritto privato nell’Unione europea: la creazione di
un ibrido, in G. Alpa – E.N. Buccico, a cura di, Il codice civile europeo, in Quaderni di
Rassegna Forense 5, Milano 2001, p. 168 s., parla di un diritto privato ibrido, in parte diritto
comunitario e in parte nazionale.
8 In questo senso sembrano andare le osservazioni di N. liPAri, Introduzione alla prima
edizione, in Trattato di diritto privato europeo, II ed., Padova 2003, p. 9.
9 W. vAn Gerven, Bringing (Private) Laws Closer to Each Other at the European Level, in F.
Cafaggi, a cura di, The Institutional Framework of European Private Law, Oxford University
Press, Oxford 2006, p. 39 esclude si possa parlare di una competenza legislativa dell’Unione
nel campo del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di proprietà.
89
l’ArMonizzAzione del diritto euroPeo AttrAverSo il dcFr
quali famiglia10, successioni11, proprietà12, tutti dificilmente riconducibili alle
materie regolate dai Trattati o alla più generica possibilità, prevista dall’art.
81 TFUE (ex art. 65 TCE), di adottare misure nel settore della cooperazione
giudiziaria in materia civile volte alla creazione di uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia. Decisamente più agevole, invece, l’armonizzazione
della materia contrattuale13, che trova la sua base giuridica nell’attuale art. 115
TFUE (ex art. 94 TCE), in forza del quale, il Consiglio, deliberando all’unanimità e con una procedura legislativa speciale, può adottare «direttive volte
al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione o
sul funzionamento del mercato interno». Alla luce di queste premesse non
sorprende la cautela con la quale si è cominciato a dibattere sulla possibilità e
sull’opportunità di una codiicazione del diritto civile europeo14.
Alle dificoltà tecniche che ostacolavano l’armonizzazione del diritto
privato europeo si doveva aggiungere l’approccio eminentemente econo10 M. AntoKolSKAiA, The Harmonization of Family Law: Old and New Dilemmas, in
Europ. rev. priv. law, 2003, p. 45 ss.; K. Boele-woelKi, a cura di, Perspectives for the
Uniication and Harmonisation of Family Law in Europe, Intersentia, Antwerpen-OxfordNew York 2003; Ead., Common Core and Better Law in European Family Law, Intersentia,
Antwerpen-Oxford-New York 2005. Con riguardo al diritto di famiglia merita ricordare la
Commission on European Family Law, presieduta dalla prof.ssa Boele-Woelki e impegnata
nella redazione di principi comuni europei in materia di diritto di famiglia.
11 Sull’armonizzazione del diritto successorio europeo A. verBeKe-y.-h. leleu,
Harmonisation of the Law of Succession in Europe, in A. Hartkamp-M. Hesselink-E.
Hondius-C. Joustra-E. Du Perron-M. Veldman, a cura di, Towards a European Civil Code,
III ed., Kluwer Law International, The Hague 2004, p 335 ss., spec. 343 ss.
12 Su proprietà e diritto dell’Unione Europea sia consentito il rinvio al mio Quale futuro
per la funzione sociale della proprietà? Abbandonare Weimar per tornare a Locke?, in
Bocconi Legal Papers No. 2012-06/IT (2013).
13 U. droBniG, Un droit commun de contrats pour le Marché Commun, in Rev. int. dr.
comp., 1998, p. 26 ss.; J. BASedow, A Common Contract Law for the Common Market, in
Comm. mark. law rev., 1996, p. 1176 ss.; S. voGenAuer – S. weAtherill, The European
Community’s Competence to Pursue the Harmonisation of Contract Law — an Empirical
Contribution to the Debate, in S. Vogenauer, S. Weatherill, a cura di, The Harmonisation
of European Contract Law, Hart Pub., Oxford, 2006, p 105 ss.; J. ziller, The Legitimacy
of the Codiication of Contract Law in View of the Allocation of Competences between the
European Unione and its Member States, in M.W. Hesselink, a cura di, The Politics of a
European Civil Code, Kluwer Law International, The Hague 2006, p. 89 ss.
14 Sul punto si vedano E. ioriAtti FerrAri, Codice civile europeo. Il dibattito, i modelli, le tendenze, Padova, 2006 e S. SwAnn, A European Civil Code: Legal and Political
Foundation, in G. Alpa – E. N. Buccico, a cura di, La riforma dei codici in Europa e il progetto di codice civile europeo, in Quaderni di Rassegna Forense 10, Milano, 2002, p. 29 ss.
90
Geo MAGri
mico con cui le istituzioni europee avevano sempre affrontato le questioni
giuridiche15, il che rendeva il diritto solo ed esclusivamente una risposta
alle esigenze del mercato. Questa prospettiva, però, produceva una stortura
in forza della quale «l’aspirazione all’uniicazione del diritto si traduce in
volontà politica solo sotto la spinta e nei limiti di imperativi pratici immediati del mondo vitale, specialmente della vita degli affari, e dell’esigenza
di riduzione dei costi delle transazioni transnazionali»16, rivelandosi così
del tutto inconciliabile con la creazione di un sistema. Inoltre, come è stato
correttamente osservato17, se si fosse dovuto proseguire in questo modo di
intervenire sul diritto privato, interi settori come la famiglia o le successioni
sarebbero rimasti ai margini del diritto comume europeo, sicchè, se mai si
fosse venuto a creare un sistema, esso sarebbe rimasto «fortemente squilibrato nelle sue parti» con alcuni settori dei rapporti privati «informati o
addirittura regolamentati secondo princìpi e regole comuni» e altri, invece,
nei quali sarebbero rimaste «pressoché incontaminate le singole tradizioni
giuridiche e culturali nazionali (o anche regionali)».
2. I primi passi verso l’armonizzazione del diritto privato degli Stati
membri
I primi passi verso l’armonizzazione del diritto privato europeo sono
stati mossi dal Parlamento Europeo con le Risoluzioni del 26 maggio 1989
(A2-157/89)18 e del 6 maggio 1994 (A3-0329/94)19. Tali atti sollecitavano
la necessità di uniformare i settori più rilevanti del diritto privato, allo scopo di fornire una più eficiente risposta alle necessità di natura giuridica
della Comunità. La soluzione che appariva più opportuna per il raggiungimento di un tale obiettivo era la redazione di un codice civile europeo,
alla quale avrebbero dovuto prendere parte accademici di tutti gli Stati
membri.
Se la presa di posizione del PE appariva decisamente chiara con riguardo
al risultato, ossia la codiicazione del diritto privato europeo, essa rimaneva
molto più vaga con riferimento alle materie che avrebbero dovuto formare
oggetto di un tale progetto20. Il PE faceva infatti riferimento a generiche
15
16
17
18
19
20
Cfr. J. BASedow, Codiication of Private Law in the European Union, cit. p. 35 ss.
L. MenGoni, op. cit., p. 527 s.
G. AlPA – G. conte, op. cit., p. 146.
In G.U. C 158 del 26.6.1989, p. 400.
In G.U. C 205 del 25.7.1994, p. 518.
Cfr. L. MenGoni, op. cit., p. 517.
91
l’ArMonizzAzione del diritto euroPeo AttrAverSo il dcFr
quanto «numerose branche del diritto privato», «al diritto delle obbligazioni», piuttosto che a quello contrattuale o al diritto privato comune europeo. Le Risoluzioni individuavano il risultato al quale la volontà politica
del Parlamento aspirava, ma non potevano certo essere idonee, data la loro
genericità, a fondare un vero progetto di codiicazione, progetto che, in ogni
caso, non poteva prescindere dall’avvallo delle altre istituzioni comunitarie
e degli Stati membri.
Le Raccomandazioni, però, non rimasero una voce nel deserto: esse contribuirono a far iorire un dibattito sull’opportunità di codiicare il diritto europeo, che, come era già avvenuto nella Germania di ine Ottocento, divise
l’Europa21.
In questo clima politico culturale non sorprende che il progetto di rielaborare i principi del diritto europeo dei contratti, portato avanti dalla
Commissione Lando, si sia poi esteso ad ambiti più vasti del diritto privato
con la commissione coordinata dal prof. Christian von Bar22. Sebbene il proposito di un’armonizzazione del diritto europeo fosse stata più volte ribadita, continuava a rimanere irrisolto il problema di fondo, ossia che cosa si
dovesse intendere con il termine diritto privato e quale fosse l’esatta portata
da dare alla materia23. Inoltre, rispetto al PE, la Commissione si dimostrava
21 Senza pretese di completezza si vedano C. von BAr, From Principles to Codiication:
Prospects for European Private Law, in G. Alpa-R. Danovi, Diritto contrattuale europeo
e diritto dei consumatori, in Quaderni di Rassegna Forense 11, Milano, 2003, p. 43; C.
cAStronovo, I « Principi di diritto europeo dei contratti » e l’idea di codice, in Riv. dir.
comm., 1995, p. 23, l’espressione « codice civile » sarebbe utilizzata dal Parlamento europeo
in maniera generica; E. ioriAtti FerrAri, op. cit., passim; O. lAndo, Principles of European
Contract Law and Unidroit Principles: Moving from Harmonisation to Uniication?, in
Uniform L. Rev., 2003, 1/2, p. 123 ss.
Non a caso O. lAndo, Some Features, cit., p. 87, concedendosi quella che deinisce una
“licenza poetica” richiama la polemica che, agli inizi del XIX secolo, contrappose von
Savigny a Thibaut. Come noto von Savigny invocava un gemeines Recht, per negare la
necessità di una codiicazione, mentre Thibaut auspicava l’adozione di un codice civile
tedesco (la querelle, in ristampa anastatica, è pubblicata in J. Stern, a cura di, Thibaut und
Savigny, Darmstadt, 1919).
22 Cfr. C. von BAr, Communication on European contract law: joint response of the
Commission on European Contract Law and the Study Group on a European Civil Code, in
Europ. rev. priv. law, 10 (2002), p. 183 ss.; Idem, Paving the way forward with Principles of
European Private Law, in S. Grundmann-J. Stuyck, a cura di, An Academic Green Paper on
European Contract Law, cit., p. 137 ss. Per una sintesi delle attività di ricercar dello Study
Group si veda C. von BAr, Il gruppo di studio su un codice civile europeo, in G. Alpa-E.N.
Buccico, a cura di, Il codice civile europeo, cit., p. 3 ss.
23 Il Consiglio di Tampere (riunione del 15 e del 16 ottobre 1999) faceva riferimento ad
una maggiore convergenza nel settore del diritto civile. Così anche la risoluzione del 16
92
Geo MAGri
molto più fredda con riguardo all’adozione di una codiicazione europea
tanto che nel 2000, con la Risoluzione del 16 marzo 2000, il PE tornava a
ribadire l’essenzialità dell’armonizzazione per il mercato interno e stigmatizzava l’inattività della Commissione rispetto al tema.
Un anno e qualche mese dopo, la Commissione, con una Comunicazione24
inviata al Consiglio e al Parlamento, si decideva inalmente a rompere il silenzio e iniziava l’indagine sulle modalità più eficaci per perseguire l’auspicato ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri, individuando,
nel contempo, anche il settore in cui tale riavvicinamento appariva di maggiore importanza: il diritto contrattuale. La Commissione stabiliva anche
quattro opzioni alternative per perseguire il programma di armonizzazione:
la prima consisteva in una “armonizzazione blanda”, che prevedeva l’astensione da un’azione comunitaria lasciando che fosse il mercato a risolvere i
problemi. In alternativa si sarebbe potuto adottare un complesso di principi
comuni non vincolanti, che le parti contraenti, i giudici e i legislatori avrebbero potuto prendere in considerazione nello svolgimento delle loro attività;
tramite questa via si auspicava la creazione di un diritto consuetudinario,
basato sull’autorità di soluzioni comuni condivise e rispettate come diritto
dai privati. La terza ipotesi consisteva nel migliorare qualitativamente la legislazione comunitaria, fornendole anche una maggiore sistematicità. Inine
si poteva procedere all’adozione di un nuovo strumento legislativo comunitario (regolamento o direttiva a seconda che si intendesse raggiungere un’armonizzazione più o meno ampia), che, a seconda delle materie, i contraenti
avrebbero potuto o dovuto far proprio25.
Nel 2001 la Commissione adottava una nuova Comunicazione
(Comunicazione del 2 ottobre 2001 [COM (2001) 531 def.]), intitolata
«Libro verde sulla tutela dei consumatori nell’Unione europea», con la quale avviava un’ampia consultazione pubblica avente lo scopo di veriicare la
presenza di eventuali ostacoli che consumatori e imprese riscontrassero nella
loro attività e che avessero la loro fonte nelle differenze tra le normative nazionali in materia di trasparenza e correttezza delle operazioni commerciali.
La Comunicazione ebbe ampio riscontro e dai rilievi avanzati da governi,
marzo 2000 del Parlamento europeo relativo al programma di lavoro della Commissione
per l’anno 2000. In altri testi, invece, come la Risoluzione del Parlamento europeo del 15
novembre 2001 ci si riferiva sia al diritto civile che a quello commerciale, auspicando un
loro ravvicinamento. Cfr. G. AlPA – G. Conte, op. cit., p. 150.
24 Comunicazione dell’11 luglio 2001 [COM (2001) 398 def.].
25 E. McKendricK, Harmonisation of European Contract Law: The State We Are In, in The
Harmonisation of European Contract Law, cit., p. 10 ss. e N. reich, Critical Comments on
the Commission Communication «On European Contract Law», in S. Grundmann-J. Stuyck,
a cura di, An Academic Green Paper on European Contract Law, cit., spec. p. 284 ss.
93
l’ArMonizzAzione del diritto euroPeo AttrAverSo il dcFr
associazioni, ordini professionali, accademici e centri di ricerca emerse una
generale critica verso il modo di legiferare comunitario, considerato eccessivamente approssimativo, scarsamente sistematico e poco coordinato. In particolare veniva segnalato che alcuni termini e istituti avevano signiicato e
portata diversi a seconda dell’atto nel quale venivano utilizzati, il che iniva
inevitabilmente per complicare ulteriormente il processo di armonizzazione.
Alla luce delle criticità avanzate dai commenti, la Commissione nel luglio
2001 ha adottato il Libro bianco sulla governance (COM(2001) 428 def.) e
la Comunicazione 5 giugno 2002, intitolata Piano d’azione “Sempliicare e
migliorare la regolamentazione” (COM(2002) 278 def.) allo scopo di migliorare la qualità, l’eficacia, e la semplicità degli atti normativi; al raggiungimento di un analogo obiettivo mirava anche il Progetto interistituzionale
Legiferare meglio (G.U. 2003/C 321/01).
Con la risoluzione del 15 novembre 2001 intitolata «ravvicinamento del diritto civile e commerciale degli Stati membri» (A5-0384/2001), il Parlamento
europeo prendeva atto dell’intervento della Commissione, stigmatizzando il
fatto che la Comunicazione dell’11 luglio 2001 della Commisione facesse
eclusivo riferimento al diritto contrattuale, nonostante il Consiglio europeo
di Tampere avesse previsto interventi più ampi. Il PE auspicava quindi che,
nel quadro di un ravvicinamento del diritto civile e commerciale degli Stati
membri, venissero ricompresi anche altri settori quali la responsabilità extracontrattuale, i diritti reali e l’arricchimento senza causa26.
3. Il progetto di un Common frame of reference (CFR): il «Piano d’Azione» per l’armonizzazione del diritto contrattuale europeo.
I numerosi riscontri alla Comunicazione della Commissione del 2001 si rilevarono il punto di svolta per il dibattito intorno all’armonizzazione del diritto europeo. La Commissione, dopo aver rilettutto su tutti i rilievi che le erano
stati sottoposti, con la Comunicazione 12 febbraio 2003 (2003, 68 def.), lanciò
un «piano d’azione» per ottenere una maggior coerenza nel diritto contrattuale
europeo. La Commissione, per la prima volta, rilevava l’importanza di afiancare un quadro comune di riferimento ai tradizionali interventi normativi, in
modo da creare un “common frame of reference” (CFR), nel quale racchiudere princìpi, concetti e termini comuni nel campo del diritto contrattuale europeo. Lo scopo di questo progetto era quello di facilitare il coordinamento e la
sempliicazione dell’acquis communautaire, in modo da rendere più uniforme
26 In dottrina cfr. S. SwAnn, Elective European Contract Law. A Possible Response to the
Action Plan, cit. p. 26 ss.
94
Geo MAGri
l’applicazione della normativa comunitaria in un’ottica di completamento e
maggior integrazione del mercato unico, coniugando il diritto di derivazione
comunitaria con quello nazionale. In altre parole si intendeva mettere in comunicazione la cd. European Community Law con la cd. European Common
Law27, creando le basi per un futuro sistema di diritto comune europeo28. La
sintesi tra i due complessi normativi del diritto comune europeo e del diritto
comunitario non era però così immediata o facilmente ricavabile. Da più parti,
infatti, si riteneva che i due modelli apparissero talvolta dificilmente conciliabili e una loro armonizzazione avrebbe potuto comportare il rischio di una
cancellazione dell’identità culturale legata ai diritti nazionali, in nome di un
processo di armonizzazione imposto dall’alto29.
Nel «piano d’azione» si affacciava allora l’idea di uno strumento opzionale, poi ritornata di moda in tempi più recenti con la proposta di regolamento recante un diritto europeo comune della vendita (Common European
Sales Law o Cesl), ossia un insieme di regole che i privati possono scegliere,
in alternativa al diritto nazionale, per disciplinare i loro rapporti30. La soluzione che si andava delineando, quindi, era quella di un diritto comune in
cui l’autonomia delle parti regnava sovrana e nel quale le regole imperative
erano ridotte ai minimi termini, sì da evitare soltanto che venissero derogate
le norme a tutela dei consumatori. Lo strumento opzionale, al quale il piano
d’azione faceva riferimento, avrebbe superato i limiti propri dei diritti nazionali e, conseguentemente, avrebbe inito per marginalizzare anche l’importanza del diritto internazionale privato31.
27 Per una descrizione del quale si rimanda a G. A. BenAcchio, B. PASA, A common law
for Europe, CEU Press, 2005
28 Sul punto si veda V. RoPPo, Prospettive del diritto contrattuale europeo. Dal contratto
del consumatore al contratto asimmetrico?, in Corr. giur., 2009, p. 277, secondo il quale
si riscontra «da un lato un diritto europeo “comunitario” (European Community Law), che
trova le sue fonti in direttive e regolamenti e dunque nasce per così dire “dall’alto”, nelle
sedi istituzionali dell’Unione, attraverso il lavoro delle burocrazie di Bruxelles e le mediazioni politiche che lo accompagnano. Ma c’è, dall’altro lato, un diritto “comune” europeo
(European Common Law): un corpo di regole, principi, categorie che non si genera per
via di autorità e di burocrazia, bensì nasce “dal basso” per via di elaborazioni intellettuali, di mediazioni culturali, di circolazione e progressiva condivisione di modelli, entro un
processo non istituzionalizzato in cui si integrano e interagiscono gli apporti delle diverse
“comunità giuridiche nazionali”».
29 R. SeFton-Green, Diversità culturale e codice civile europeo, in A. Somma, a cura di,
Giustizia sociale e mercato nel diritto europeo dei contratti, Torino, 2007, p. 207.
30 Sulla proposta di un diritto comune della vendita cfr. H. Schulte-nölKe, F. zoll, N.
jAnSen, R. Schulze, Der Entwurf für ein optionales europäisches Kaufrecht, Monaco, 2012.
31 Sullo strumento opzionale si veda C. von BAr, Key policy issues in turning the DCFR
95
l’ArMonizzAzione del diritto euroPeo AttrAverSo il dcFr
La proposta di un quadro comune di riferimento fu apprezzata sia dal
Consiglio che dal Parlamento Europeo, i quali vedevano nel progetto una via
per contribuire al miglioramento della legislazione comunitaria, in vista del
completamento del mercato interno. Nella Risoluzione del 2 settembre 2003
il PE invitava la Commissione a completare il CFR entro il 2006, adottando
le misure necessarie a promuovere l’impiego del quadro comune anche nei
procedimenti arbitrali.
La Commissione rispose con la Comunicazione 11 ottobre 2004 (COM
(2004) 0651), intitolata Diritto contrattuale europeo e revisione dell’acquis:
prospettive per il futuro, nella quale esaminava le misure contenute nel piano d’azione del 2003 e deiniva le linee sulle quali intendeva sviluppare il
progetto di «Common frame of reference», che deiniva «di gran lunga la
più importante iniziativa intrapresa nel campo del diritto civile». Il CFR, agli
occhi della Commissione, avrebbe fornito la cornice all’interno della quale
operare la revisione dell’acquis e formulare eventuali proposte di modiica
delle direttive vigenti. Secondo la Commissione il CFR (o QCR, secondo
l’acronimo italiano) sarebbe stato un ausilio anche per i legislatori nazionali, che avrebbero potuto avvantaggiarsi di esso nell’eventuale revisione dei
diritti statali: si faceva strada l’idea del quadro come «toolbox», una scatola
degli attrezzi, dalla quale istituzioni, Stati membri e privati potevano estrarre
regole utili da copiare o da utilizzare32. Introducendo l’idea del CFR come
toolbox, si accantonava il progetto di adottare un codice civile europeo, che
appariva, invece, politicamente più impegnativa e alla quale si opponevano
numerose resistenze e si optava per l’idea di un’Europa fondata su di una
“cultura giuridica comune”, che attribuiva principalmente all’accademia il
compito di perseguire il ravvicinamento dei modelli giuridici33.
into an optional instrument, in G. Alpa – G. Iudica (a cura di), Draft common frame of reference (DCFR), what for?, Milano, 2013, p. 7 ss.
32 Sulla nozione di toolbox cfr. H. BeAle, Unfair Contract Terms in the Common Frame
of Reference, in M. Andenas – S. Diaz Alabart – B. Markesinis – H. Micklitz – N. Pasquini,
a cura di, Liber Amicorum Guido Alpa, cit., p. 187 ss.
33 Tra gli studiosi più favorevoli all’idea di una “cultura giuridica comune”, che si pone
quindi in antitesi rispetto all’idea di codiicazione, cfr. H. Kötz, The Trento Project and its
contribution to the Europeization of Private Law, in M. Bussani – U. Mattei, a cura di, The
Common Core of European Private Law. Essays on the Project, Kluwer 2003, p. 209 ss.;
Idem, How to Achieve a Common European Private Law, in F. Werro, a cura di, New perspectives on European Private Law, Fribourg, 1998, p. 2 ss.; E. ioriAtti FerrAri, op. cit., p.
22 s. e B. FAuvArque-coSSon, The Contribution of European Jurists in the Field of Contract
Law, in Liber Amicorum Guido Alpa, cit., p. 363 ss., secondo la quale si rivela sempre più
necessario l’insegnamento del diritto europeo non limitandosi ai soli testi normativi, ma
sviscerando i tratti della comune identità legale europea.
96
Geo MAGri
La Commissione procedeva quindi allo stanziamento dei fondi necessari
alla costituzione di una rete di ricercatori e di esponenti delle associazioni dei
consumatori, di gruppi professionali e degli organismi rappresentativi delle
varie categorie di imprese, che ha cominciato i suoi lavori con una conferenza
tenutasi a Bruxelles il 15 dicembre 2004. A partire dal marzo 2005 nell’ambito
di questo network hanno cominciato a tenersi con regolarità seminari sui vari
temi che formavano oggetto del quadro comune di riferimento.
Nella relazione del 25 luglio 2007 sullo stato di avanzamento dei lavori del
CFR, la Commissione operava un revirement nel quale, se da un lato ribadiva
la natura di toolbox del Common Frame ai ini della revisione dell’acquis,
soprattutto in materia di consumatori, dall’altro speciicava che esso non era
«destinato a garantire un’armonizzazione su vasta scala del diritto privato o
a trasformarsi in un codice civile europeo». Le ragioni per cui, quando si era
ormai al termine dei lavori di redazione del quadro, la Commissione avesse sentito il bisogno di intervenire con una dichiarazione così netta appaiono
legate al fatto che, nel corso dei lavori del CFR, gli esponenti e i funzionari
della Commissione constatarono come la mole eccessiva del progetto e la sua
complessità lo rendevano irrealizzabile almeno nel breve periodo. Venivano
quindi al pettine i nodi iniziali del DCFR, ossia la mancanza di un chiaro ine
al quale si intendeva pervenire e la mancanza di chiarezza sull’esatta portata
che il quadro comune avrebbe dovuto avere. Il progetto, però, alla luce degli
sforzi e degli investimenti profusi, doveva condurre a un risultato di breve periodo, che potesse essere in qualche modo immediatamente utilizzabile e che
non fosse eccessivamente inviso agli Stati Membri34.
Nel 2007 i lavori del gruppo di ricerca giunsero alla ine e, il 28 dicembre, fu presentato alla Commissione il Draft Common Frame of Reference35.
Questa prima versione (interim outline edition) del quadro comune era pensata come provvisoria e fu oggetto di ampie discussioni tra studiosi e rappresentanti delle categorie interessate. All’esito di tali rilessioni, nel 2009,
34 Cfr. G. AlPA – G. conte, op. cit., p. 168 e s., i quali osservano che «Siamo convinti, però,
che a determinare l’atteggiamento di particolare cautela esibito dalla Commissione abbia contribuito, in forte misura, la mancanza di un chiaro progetto politico a sostegno dei lavori di armonizzazione. In verità, la Commissione sembra fortemente patire la mancanza di una chiara
presa di posizione da parte del Consiglio in ordine alle inalità del progetto di armonizzazione
del diritto privato. A dispetto di alcuni formali richiami al progetto del CFR, nel corso delle
riunioni che si sono sin qui tenute in seno al Consiglio, è emersa la generale contrarietà degli
Stati Membri verso la possibilità che si pervenga a una disciplina comunitaria « uniforme »
del diritto contrattuale e molte resistenze sono state sollevate in ordine alla possibilità che i
lavori del CFR conducano all’adozione di uno strumento vincolante di regolazione».
35 Il titolo dell’opera era “Principles, Deinitions and Model Rules of European Private Law.
Draft Common Frame of Reference (DCFR). Outline Edition”, edito da Sellier nel 2008.
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l’ArMonizzAzione del diritto euroPeo AttrAverSo il dcFr
venne licenziata una nuova versione dell’outline edition (inal outline edition)36 oltre alla full edition del DCFR37 contenente anche note, commenti e
rimandi bibliograici38.
Il testo del DCFR è attualmente in fase di traduzione in italiano39, spagnolo, polacco, francese e tedesco40. Il progetto di traduzione è stato afidato
dalla Commissione a un network di università e di studiosi europei coordinati dal prof. Schulte-Nölke dello European Legal Studies Institute dell’università di Osnabrück (tender no. JUST/2010/CONT/PR/0003/A4).
Nella già ricordata relazione del 25 luglio 2007 la Commissione invitava il Consiglio a prendere una posizione più netta nei confronti del CFR.
Proprio in seno al Consiglio, infatti, si registrarono le maggiori resistenze al processo di uniformazione attraverso il quadro comune. La cosa non
sorprende, in quanto la sua stessa composizione rende il Consiglio particolarmente idoneo a esprimere le resistenze nazionali al diritto comune europeo. Va detto, però, che successivamente alla pubblicazione del DCFR,
molti Stati membri hanno adottato regole in esso contenute nella revisione
dei rispettivi diritti nazionali41. In questo modo hanno inito per riconoscere al progetto una valenza e un’autorità che evidentemente non intendevano attribuirgli uficialmente. Completamente diverso, invece, l’approccio
al CFR del Parlamento europeo, il quale era stato il primo a pronunciarsi
36 C. von BAr, E. clive e H. Schulte-nölKe, a cura di, Principles, Deinitions and Model
Rules of European Private Law, Draft Common Frame of Reference (DCFR), Outline
Edition, Monaco, 2009. Il testo è consultabile online all’indirizzo http://ec.europa.eu/
justice/policies/civil/docs/dcfr_outline_edition_en.pdf
37 C. Von BAr – E. Clive, a cura di, Principles, Deinitions and Model Rules of European
Private Law: Draft Common Frame of Reference (DCFR), Full Edition, Monaco, 2009. Il
testo è consultabile online ai seguenti indirizzi web:
Volumi 1 e 2 http://ec.europa.eu/justice/contract/iles/european-private-law_vols1_2_en.pdf
Volumi 3 e 4 http://ec.europa.eu/justice/contract/iles/european-private-law_vols3_4_en.pdf
Volumi 5 e 6 http://ec.europa.eu/justice/contract/iles/european-private-law_vols5_6_en.pdf
38 Per un commento della quale si rimanda a C. von BAr, E. clive e H. Schulte-nölKe,
a cura di, op. cit., p. 45
39 Si veda l’annuncio sul sito del Centro di Diritto Comparato e Transnazionale, http://www.
cdct.it/?p=2803.Il testo può essere consultato online all’indirizzo http://ec.europa.eu/justice/
contract/iles/european-private-law_it.pdf
40 Sul progetto di traduzione si veda B. PASA, L. MorrA (a cura di), Translating the DCFR
and Drafting the CESL: A Pragmatic Perspective, Monaco, 2014.
41 Si pensi, ad esempio, alla riforma del codice civile ceco o al codice civile catalano, così
come ai progetti di ricodiicazione del diritto polacco e slovacco. Come si vedrà meglio nei
capitoli successivi, anche in assenza di interventi del legislatore, il DCFR ha inluenzato
alcuni ordinamenti europei attraverso l’opera della giurisprudenza.
98
Geo MAGri
in senso favorevole all’armonizzazione del diritto europeo, sollecitando la
Commissione a intraprendere iniziative in questo senso. Il PE, quindi, non
poteva non risultare contrariato dalla riduzione di portata che il progetto
aveva registrato durante la sua evoluzione. Tale contrarietà che già risultava dalla Risoluzione del 2 marzo 2006 sul diritto contrattuale europeo e
la revisione dell’acquis: prospettive per il futuro emerge anche dalla successiva Risoluzione 12 dicembre 2007 sul diritto contrattuale europeo. In
particolare, con quest’ultima iniziativa il Parlamento, prendendo atto dei
più cauti orientamenti manifestati dalla Commissione, invitava la stessa a
prendere una posizione netta sul CFR e sottolineava che una migliore regolamentazione del quadro comune doveva necessariamente comportare che
quest’ultimo non fosse limitato esclusivamente a questioni relative al diritto
contrattuale dei consumatori, ma si focalizzasse anche su questioni di diritto
contrattuale generale.
4. Struttura, contenuti e obiettivi del progetto di CFR, tra disciplina
generale e regole speciali.
Nel momento in cui ci si accingeva a redigere il DCFR, ci si è chiesti se,
e in quale misura, le regole che in esso dovevano essere contenute avrebbero
dovuto emanciparsi rispetto all’acquis esistente. Lo Study Group coordinato
dal prof. Christian von Bar ha concluso a favore di enunciati normativi che
non si limitassero a riproporre soluzioni esistenti, ma che innovassero, nei
settori in cui ciò era necessario, le soluzioni offerte dal diritto comune e dal
diritto comunitario. Il quadro comune di riferimento, infatti, avrebbe avuto
un senso soltanto se non si fosse limitato ad essere un compendio o una fotograia delle soluzioni esistenti, ma se avesse aspirato ad offrire soluzioni,
che, pur affondando le loro radici nella tradizione, guardassero al futuro.
Il testo del DCFR, come si è detto, è il frutto di un network di studiosi
(Joint Network), il quale si è suddiviso in due gruppi di lavoro: lo Study
Group on a European Civil Code e lo European Research Group on Existing
EC Private Law” (c.d. Acquis Group). Lo Study Group42 ricevette l’incarico
di rivedere i Principles of European Contract Law e di sviluppare principi
analoghi, sulla base di un’analisi comparatistica, nelle altre materie interessate dal DCFR, tra le quali vanno ricordate la gestione di affari altrui, l’arricchimento senza causa, l’acquisto della proprietà di beni mobili, i trusts e
la responsabilità extracontrattuale. Il gruppo Acquis, invece, lavorò su quelle
42 Che può esser considerato la continuazione della Commissione Lando, la quale predispose i Principles of European Contract Law (PECL).
99
l’ArMonizzAzione del diritto euroPeo AttrAverSo il dcFr
parti del DCFR che avevano la loro fonte nel diritto comunitario esistente.
Il testo del CFR contempla una tripartizione tra principles43, deinitions44
e model rules45 che, se da un lato lo emancipa dalla normale struttura di
un codice, dall’altro conferma la funzione del quadro comune, ossia essere
il punto di partenza per le revisioni future dell’acquis, fornire un modello
per i legislatori nazionali e predisporre il campo per l’introduzione di uno
o più strumenti opzionali che le parti potranno utilizzare per disciplinare i
loro rapporti. In questo senso appare calzante la descrizione del CFR «alla
stregua di un armamentario concettuale-normativo da cui estrarre gli utensili necessari a procedere più rapidamente in direzione dell’armonizzazione
del diritto contrattuale europeo»46. Esso sarebbe «il ilato con cui tessere le
trame di una rinnovata koiné giuridica, indispensabile premessa, logico-normativa, per procedere speditamente alla costruzione» di un nuovo diritto
europeo47.
La struttura del quadro comune è composta da ben dieci libri, ripartiti
al loro interno in capitoli e sezioni; ogni sezione è composta da uno o più
articoli. La suddivisione sistematica dei libri ricorda quella di una codiicazione, ma da un lato il numero di libri è maggiore rispetto a quello cui
le codiicazioni ci hanno abituato e dall’altro la suddivisione dei libri non
corrisponde del tutto a quella tradizionalmente utilizzata dai codici. L’esatta
collocazione della disposizione all’interno del corpus normativo del DCFR
è immediatamente percepibile dalla numerazione degli articoli. Così, ad
esempio, l’art. I.-1:101 è contenuto nel libro primo (I.), capitolo primo (-1),
prima sezione (:1), all’interno della quale è il primo articolo (01). L’articolo
II.–5:201, invece, è il primo articolo (01), della seconda sezione (:2), del
capitolo quinto (-5) del libro secondo (II.)
Passando al contenuto dei singoli libri, il libro I contiene le disposizioni generali, che tornano utili nell’applicazione dell’intero corpus normativo
contenuto nel DCFR. Abbiamo quindi un articolo che circoscrive l’ambito
di applicazione del common frame (Art. I.-1:101) e poi le deinizioni più rilevanti quali quella di buona fede e correttezza (I.–1:103) o di consumatore
43 Si tratta di regole di natura più generale, come la libertà contrattuale o la buona fede,
che costituiscono i muri portanti del DCFR. I principles sono libertà, sicurezza, giustizia ed
eficienza. Cfr. G. KAloutA, The Draft Common Frame of Reference in the Courts, in M.
Andenas – D. Fairgrieve, a cura di, Courts and Comparative Law, Oxford, 2015, p. 696 ss.
44 Le deinitions sono per lo più rinvenibili nel libro primo e in particolare nell’art. I – 1:
108, che estende la nozione di deinitions anche a quelle contenute nell’allegato.
45 Le model rules, con le note e i commenti, uniscono regole derivanti dal diritto nazionale
e dall’acquis comunitario. Cfr. G. KAloutA, infra.
46 G. AlPA – G. Conte, op. cit., p. 160.
47 G. AlPA – G. Conte, op. loc. cit.
100
Geo MAGri
e professionista (art. I. – 1:105).
Successivamente il DCFR continua con la disciplina dei Contracts and
other juridical acts (libro secondo), Obligations and corresponding rights
(libro terzo), Speciic contracts and the rights and obligations arising from
them (libro quarto), Benevolent intervention in another’s affairs (libro quinto), Non-contractual liability arising out of damage caused to another (libro
sesto), Unjustiied enrichment (libro settimo), Acquisition and loss of ownership of goods (libro ottavo), Proprietary security in movable assets (libro
nono) e, inine, il libro decimo dedicato ai Trusts.
A questa semplice disamina risulta evidente come il Dcfr non si occupi di
tutti gli aspetti del diritto privato (mancano, ad esempio, il diritto di famiglia
e le successioni) e di come altri aspetti siano analizzati esclusivamente con
riguardo ai proili circolatori (la proprietà, ad esempio, è presa in esame solo
in funzione del suo acquisto e della sua perdita). Sebbene il DCFR si occupi
di disciplinare anche le obbligazioni non contrattuali, è evidente che il centro gravitazionale intorno al quale orbita è il contratto. Questo aspetto rappresenta un punto di evoluzione importante del diritto europeo. La struttura
del codice Napoleone, infatti, ruotava intorno alla proprietà, la quale, tuttavia, veniva a perdere parte della sua importanza con il codice tedesco che le
dava un rilievo pari a quello delle obbligazioni; il fenomeno si acuiva con
il codice civile italiano e la commercializzazione del diritto privato. Oggi il
fenomeno si è ulteriormente enfatizzato e alla centralità della proprietà, che
era una caratteristica del diritto privato ottocentesco, si è sostituita quella del
contratto.
Concludiamo sviluppando alcune rilessioni su un’altra osservazione che
fu mossa al CFR: mentre le codiicazioni ottocentesche, prime tra tutte il
Code civil e il BGB, sancivano l’ascesa al potere della borghesia ed esprimevano valori e interessi omogenei, il quadro comune difetta di un substrato
politico, culturale e ideologico. Esso appare ispirato unicamente dall’obiettivo di creare un mercato unico, rimuovendo le barriere giuridiche che ne
ostacolano il raggiungimento; il piano sul quale si è ediicato il CFR, quindi,
è squisitamente economico, mentre mancano interessi e valori uniformi ai
quali ispirarsi48. Questa rilessione sembra però essere un po’ troppo ingenerosa e questo per almeno due ordini di motivi. Innanzitutto, dal DCFR
traspare con evidenza un nuovo paradigma del diritto contrattuale europeo,
ossia la tutela del consumatore e, più in generale, del contraente debole.
Emerge quindi un’impronta più solidaristica del diritto privato, rispetto a
quanto non traspariva dalle codiicazioni otto e novecentesche. Inoltre, se è
vero che si sarebbe potuto utilizzare il CFR al ine di favorire una maggior
48 Cfr. G. AlPA – G. Conte, op. cit., p. 162 e S. SwAnn, A European Civil Code: Legal and
Political Foundation, cit., p. 23.
101
l’ArMonizzAzione del diritto euroPeo AttrAverSo il dcFr
integrazione europea49, così come, ad esempio, il BGB ha contribuito all’uniicazione della Germania50, resta altrettanto vero che il quadro comune è
visto oggi dai legislatori degli Stati membri e inanco dai giudici nazionali
come un insieme di regole continentali e ha quindi inito per attestare implicitamente l’esistenza di una serie di principi comuni europei di riferimento
nel momento in cui si devono modiicare i diritti nazionali o si deve interpretare un casus dubius od omissus.
5. Il DCFR come toolbox
Abbiamo già detto che, se in un primo momento si pensava al DCFR
come modello di codice civile europeo, successivamente è stata preferita
una soluzione più riduttiva ma politicamente più attuabile e lo si è utilizzato
come una toolbox.
Si riteneva che questa “scatola degli attrezzi” avrebbe potuto essere utilizzata dal legislatore eurounitario nella revisione dell’acquis, dai legislatori
nazionali impegnati nella modernizzazione del diritto nazionale51 e dai privati che ritenessero di sottoporre i propri rapporti ai principi risultanti dal
quadro comune. Nel corso degli anni, però, è emerso un utilizzo che, almeno
originariamente, poteva apparire inatteso: le Corti hanno iniziato a utilizzare
il DCFR come strumento per interpretare e modernizzare il diritto nazionale.
Non solo: il DCFR è stato utilizzato anche dalla giurisprudenza. L’AG
Mengozzi, ad esempio, per giustiicare il risarcimento delle spese sostenute
ragionevolmente per prevenire e limitare la gravità del danno, ha fatto riferimento all’art. VI.-6:302 DCFR52. Se è plausibile che un simile utilizzo
49 Sul punto cft. G. AlPA – M. AndenAS, Fondamenti del diritto privato europeo, in Tratt.
Iudica-Zatti, Milano 2005, p. 29 ss.
50 Cfr. J. BASedow, La codiicazione del diritto privato nell’Unione europea: la creazione
di un ibrido, cit., p. 176, il quale riconosce tra i compiti cui erano chiamate le codiicazioni
nazionali anche quello di promuovere lo spirito nazionale e la crescita economica del paese.
Un codice europeo dovrebbe oggi favorire l’identità europea e, in una prospettiva economica, favorire l’espansione dei mercati al di là dei conini nazionali.
51 Regole derivanti dal DCFR sono riscontrabili nel nuovo codice civile catalano, nel codice civile ceco, nel codice civile ungherese, nella nuova legge scozzese sul contratto, così
come nella legge belga sulle garanzie. Cfr. G. KAloutA, infra, e, con riferimento al codice
ceco, M. SchuSterová “Občanský zákoník” (Codice Civile Ceco), in Dig. disc. priv. sez.
civ., Torino aggiornamento 2016, p. 591 ss.
52 Conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi del 11 gennaio 2007, nella causa Holcim
(Deutschland) AG contro Commissione delle Comunità europee, Causa C-282/05 P. Il ricorso era proposto contro una pronuncia del Tribunale di primo grado, in materia di respon-
102
Geo MAGri
avvenga da parte della Corte Europea di Giustizia, che è comunque un’istituzione dell’Unione europea, sorprende maggiormente che anche le Corti
nazionali abbiano cercato nel DCFR la soluzione ai problemi che venivano loro sottoposti e che non trovavano una compiuta o una soddisfacente
disciplina nell’ordinamento nazionale. Di tale utilizzo si trovano epifanie
piuttosto evidenti negli ordinamenti spagnolo e svedese, ma sono rinvenibili
precedenti anche nelle decisioni dei giudici di altri Stati membri53.
6. Il Feasibility Text e il Common European Sales Law
La vitalità del DCFR e la centralità della disciplina del contratto sono confermate anche da successivi interventi che hanno la loro origine nel quadro
comune di riferimento e che quindi meritano di essere esaminati in questa
sede: il feasibility text e il testo della proposta di regolamento per un diritto
comune europeo della vendita (cd. Common European Sales Law o CESL).
Il feasibility text54 nasce dalla necessità di creare un insieme di regole in
materia di diritto dei contratti volte ad agevolare la formazione del mercato
unico europeo, eliminando gli ostacoli rappresentati dalle diverse discipline nazionali. Nell’aprile 2010 la Commissione ha nominato un gruppo di
esperti al ine di coadiuvarla nella predisposizione di un Common Frame of
Reference in the area of European contract law, ossia di un quadro comune
di riferimento che fosse limitato alla sola materia contrattuale e che fosse
destinato a divenire un testo dal quale poter ricavare un possibile futuro
diritto comune europeo in materia contrattuale. Il gruppo era composto da
magistrati, avvocati e professori proveninenti da diversi paesi membri, in
modo che fossero rappresentate le differenti esperienze giuridiche. I lavori
del gruppo risultavano del resto facilitati non solo dall’esistenza del DCFR,
che già conteneva una dettagliata disciplina del contratto, ma anche dai lavori portati avanti dall’Association Henri Capitant des Amis de la Culture
sabilità extracontrattuale della Comunità e di rimborso delle spese di garanzia bancaria.
53 Per un’analisi dettagliata delle occasioni più rilevanti in cui le Corti hanno applicato
il DCFR si veda G. KAloutA, infra. Per un commento della sentenza si veda anche A. de
MArco, Alcune rilessioni a margine della sentenza 3 novembre 2009 della Corte Suprema
di Svezia: un primo esempio applicativo del Draft Common Frame of Reference, in Dir.
Comm. Int., 2012, p. 236 ss.
54 Il testo del feasibility study è contenuto nella relazione A European contract law for
consumers and businesses: Publication of the results of the feasibility study carried out
by the Expert Group on European contract law for stakeholders’ and legal practitioners’
feedback è pubblicato sul sito della Commissione all’indirizzo http://ec.europa.eu/justice/
contract/iles/feasibility_study_inal.pdf.
103
l’ArMonizzAzione del diritto euroPeo AttrAverSo il dcFr
Juridique Française e dalla Société de Legislation Comparée, che avevano
predisposto dei Principes Contractuels Communs55.
Nel luglio 2010 la Commissione pubblicò il Green Paper on policy options for progress towards a European contract law for consumers and
businesses (COM (2010) 348) con la inalità di avviare una consultazione
pubblica volta a determinare quali fossero le migliori opzioni per la formazione di un diritto contrattuale europeo. La consultazione suscitò un intenso
dibattito sulle modalità con le quali procedere al ine di ottenere una migliore uniformazione/armonizzazione del diritto europeo dei contratti. La
Commissione, al ine di ottenere un testo che fosse il più corrispondente
possibile alle esigenze pratiche, istituì un Group of Key Stakeholder Experts
(c.d. Sounding Board) che doveva rappresentare le esigenze delle differenti
categorie destinatarie di uno strumento in materia contrattuale56. Il gruppo
rielaborò il draft predisposto dal gruppo di esperti al ine di renderlo più
funzionale alle esigenze del mercato.
Con il feasibility Text la Commissione si proponeva di ottenere un testo
autonomo e autosuficiente, che coprisse gli aspetti più rilevanti del diritto
dei contratti e che avrebbe potuto eliminare i problemi rappresentati dalle
differenti discipline nazionali, agevolando le transazioni tra Stati membri
e aumentando la propensione dei consumatori ad acquistare beni o servizi
anche in Stati diversi da quello di residenza.
La proposta di un diritto comune della vendita (CESL o Common
European Sales Law) è la proposta di un Regolamento relativo a un diritto
comune europeo della vendita presentata dalla Commissione al Parlamento
europeo ed al Consiglio nell’ottobre 2011 e rappresenta un tentativo di utilizzare i risultati raggiunti attraverso il feasibility Text. Scopo del regolamento era la produzione di un corpus di regole uniformi nel campo del diritto
contrattuale europeo della vendita, attraverso un regolamento direttamente
eficace negli Stati membri.
La proposta constava di tre parti: una parte normativa e due allegati.
L’Allegato I, contenente 186 articoli, rispecchia sostanzialmente lo Studio di
Fattibilità e le regole contenute nel DCFR e nel PECL57. La Proposta si pro55 Si veda in particolare B. FAuvArque-coSSon, D. MAzeAud (a cura di), European Contract
Law, Materials for a Common Frame of Reference: Terminology, Guiding Principles,
Model Rules, Monaco, 2008. Al gruppo di esperti fu chiesto anche di tenere debito conto
della Convenzione delle Nazioni Unite sulla vendita internazionale (CISG), degli Unidroit
Principles of International Commercial Contracts, dei Principles of European Contract Law
e più in generale di ogni testo che si proponesse l’armonizzazione del diritto dei contratti.
56 Si trattava di rappresentanti dei consumatori, dei professionisti del diritto e degli
imprenditori.
57 Per un confronto tra il testo del Feasibility Study, il CESL e il DCFR si vedano M.
104
Geo MAGri
pone di regolare la vendita transnazionale58 di merci e la fornitura di contenuti
digitali e servizi collaterali (artt. 1 e 5). Essa adotta la tecnica dello strumento
opzionale, ossia di una normativa di diritto nazionale di secondo livello59, applicabile solo in base all’accordo delle parti (c.d. opt-in). L’accordo delle parti
è valido, nei contratti B to C «solo se il consenso del consumatore è prestato
con una dichiarazione esplicita distinta dalla dichiarazione che esprime l’accordo a concludere il contratto». Il professionista, inoltre, avrebbe dovuto dare
conferma dell’accordo al consumatore su un mezzo durevole (art. 8 e 9) e il
CESL avrebbe potuto essere adottato solo in maniera integrale.
L’idea alla base del CESL era quella di creare un diritto comune europeo
che agevolasse la creazione del mercato unico, rimuovendo i problemi rappresentati dal diritto internazionale privato e dalla conseguente frammentazione delle leggi applicabili, viste come un ostacolo alla creazione del mercato unico, soprattutto per le piccole e medie imprese.
Nonostante la proposta sia stata approvata il 26 febbraio 2014 dal
Parlamento Europeo, essa non ha avuto seguito per la ferma opposizione
degli Stati membri. La Commissione Juncker ha infatti abbandonato la proposta di regolamento, sostituendola con due proposte di direttiva tese alla
creazione di un mercato unico digitale europeo60: la prima riguardante i
contratti per la fornitura di contenuto digitale; la seconda, invece, i contratti
di vendita online e altri tipi di vendita a distanza di beni.
Le due proposte di direttiva si preiggono l’obiettivo di creare una magheSSelinK, How to Opt into the Common European Sales Law? Brief Comments on the
Commissions Proposal for a Regulation, in Eur. Dir. Priv., 2012, p. 198 ss.; G. AlPA,
Towards a European Contract Law, in Contratto e impresa. Europa, 2012, p. 123 ss.; N.
zorzi GAlGAno, Dal codice europeo dei contratti al Regolamento sulla vendita: la logica
del sistema, anche con riferimento alla protezione del consumatore, ivi, 2012, p. 307 ss.;
R. rolli, La proposta di regolamento europeo sulla vendita nel processo di codiicazione
europea, ivi, 2012, p. 380 ss. e H. BeAle e W. G. rinGe, Transfer of Rights and Obligations,
in G. Dannemann e S. Vogenauer (a cura di), The Common European Sales Law in Context
– Interactions with English and German Law, Oxford, 2013.
58 Gli Stati membri possono però estendere l’applicazione del Cesl anche ai contratti interni.
59 In altre parole il CESL si afiancherebbe, come un secondo regime, al già esistente diritto interno che resterebbe invariato. Maggiori chiarimenti su questo aspetto in S.
zorzetto, The Common European Sales Law: A Case study on Uniformity and Feasibility
in European Legal System, in Dir. Comm. Int., 2012, p. 745 ss.
60 Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa a determinati
aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale, Bruxelles, 9.12.2015 COM(2015) 634
inal e Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa a determinati
aspetti dei contratti di vendita online e di altri tipi di vendita a distanza di beni COM(2015)
635 inal e Bruxelles, 9.12.2015.
105
l’ArMonizzAzione del diritto euroPeo AttrAverSo il dcFr
giore iducia nei consumatori con riguardo agli acquisti transfrontalieri on
line e di garantire contestualmente alle imprese una riduzione dei costi derivanti dalle differenze giuridiche tra le discipline dei singoli Stati membri.
L’uniformazione delle regole in materia di vendita dovrebbe inoltre agevolare la realizzazione del mercato unico digitale consentendo il completo
sfruttamento del potenziale di crescita economica che esso rappresenta e i
contestuali effetti positivi sulla concorrenza.
7. L’utilizzo del DCFR: un primo bilancio
A distanza di dieci anni dalla pubblicazione dell’interim outline edition
del DCFR è possibile trarre un bilancio da questa importante opera di risistematizzazione del diritto europeo. Il DCFR non solo è divenuto un inevitabile punto di riferimento per la dottrina europea, ma esso ha cominciato ad
acquistare una rilevanza sempre crescente anche rispetto agli altri formanti
degli ordinamenti nazionali.
Se la dottrina non si accontenta più solo di comparare le soluzioni vigenti
nei singoli ordinamenti nazionali, ma prende in esame anche le regole del
Draft, ciò dimostra che il DCFR è divenuto la cartina di tornasole alla quale
fare ricorso per veriicare se, e in quale misura, esista un’effettiva tendenza
comune del diritto europeo e in che posizione si collochino i singoli ordinamenti nazionali rispetto ad essa.
A partire dal 2001, con la modernizzazione del diritto delle obbligazioni
tedesco61, molti paesi europei hanno avviato profondi interventi di revisione
o di ricodiicazione del diritto civile o stanno redigendo progetti di modiica
o sostituzione delle proprie codiicazioni civili. Nel corso dei lavori per la
redazione di tali codici il DCFR è costantemente preso in considerazione
come modello e talvolta le sue previsioni vengono fatte proprie dal legislatore nazionale e divengono così diritto vigente all’interno dei singoli Stati
membri. Dal momento che qualunque legislatore che intenda riformare il
proprio diritto civile sente almeno la necessità di confrontarsi con il testo
del DCFR è innegabile che esso abbia assunto un valore e un prestigio tali
da farlo ritenere un serio parametro di raffronto utile a individuare soluzioni
legislative particolarmente all’avanguardia62.
61 Come noto il 26 novembre 2001 è stato approvato il Schuldrechtsmodernisierungsgesetz
(BGBl. I p. 3138), che ha profondamente modiicato il diritto delle obbligazioni tedesco.
62 Maggiori rilessioni su questo punto sono offerte, con riguardo all’ordinamento tedesco e inglese, nel capitolo a cura di S. voGenAuer, The DCFR and the CESL as Models for
Law Reform, in G. Dannemann e S. Vogenauer (a cura di), The Common European Sales
Law in Context – Interactions with English and German Law, cit. L’autore, in particolare,
106
Geo MAGri
Quanto affermato con riguardo ai legislatori nazionali vale, in misura anche maggiore, con riguardo a quello europeo: nel momento in cui si è cercato di riassumere i principi guida del diritto contrattuale europeo si è redatto
un testo (il feasibility text) che è un estratto del DCFR; non solo, anche la
proposta di un Common European Sales Law non era altro che un estratto
di regole contenute nel DCFR che avrebbero dovuto disciplinare il contratto
di vendita. Il progetto di un diritto comune della vendita è tramontato, ma le
soluzioni in esso contenute (e quindi contenute nel DCFR) hanno profondamente ispirato le proposte di direttive ad armonizzazione massima che sono
volte a sostituire il CESL e che riguardano settori come la vendita online e
altri tipi di vendita a distanza di beni (COM(2015) 635 inal), piuttosto che
la fornitura di contenuti digitali (COM(2015) 634 inal).
Si tratta di epifanie evidenti che attestano la validità e l’attualità delle
soluzioni contenute nel DCFR e che dimostrano quanto il testo del quadro
comune di riferimento stia inluenzando l’evoluzione del diritto europeo.
si propone « to explore how a European contract law instrument such as the Draft Common
Frame of Reference (DCFR) or the proposed Common European Sales Law (CESL) might
interact with national legal systems, in particular with English and German law. Such interaction may take various forms. One form of interaction may occur if national legal systems
emulate solutions set out in the European instrument: in this scenario, the instrument would
provide a model for law reform at the national level, and its substance would inluence and
shape the content of domestic laws. This chapter assesses the potential of the DCFR and
the proposed CESL to play such a role. It irst sets out the various ways in which sets of
legal rules and principles in general and, more speciically, contract law regimes can serve
as models for law reform. It then ascertains the suitability of the DCFR and the CESL to
function as models. Finally, it attempts to predict how this function might have a bearing in
the particular context of English law and German law».
107
Pieralberto Mengozzi
Il DCFR, il Manifesto sulla giustizia sociale nel diritto
europeo dei contratti e la proposta di regolamento per un
diritto comune della vendita
Sommario: 1. – L’incidenza del manifesto sulla giustizia sociale nel diritto
europeo dei contratti sul progetto di un quadro comune di riferimento elaborato in materia; 2. – Il tipo di giustizia da perseguirsi in materia; 3. – Il
rilievo da attribuirsi ai principi ed alla giurisprudenza comunitaria; 4. – Il
metodo da seguirsi per l’elaborazione di un diritto comune europeo dei contratti e la proposta di un regolamento relativo ad un diritto della vendita.
1. L’incidenza del manifesto sulla giustizia sociale nel diritto europeo dei
contratti sul progetto di un quadro comune di riferimento elaborato in
materia
Nella storia del processo che un domani potrà portare ad un diritto comune europeo dei contratti, dovranno menzionarsi due distinti documenti che,
tra l’altro, hanno già inciso sull’elaborazione da parte della Commissione di
una proposta di regolamento per un diritto comune europeo della vendita.
Il testo del Progetto di un Quadro Comune di Riferimento del 2008 (nel
proseguo il “Draft”1) elaborato dal “Gruppo di studio su un codice civile europeo” e dal “Gruppo di ricerca sul diritto privato della Comunità europea”
(Acquis Group), al ine di promuovere un diritto comune europeo dei con1 Cfr. Principles, Deinitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common
Frame of Reference (DCFR). Interim Outline Edition. Münich, 2008.
il dcFr, il MAniFeSto SullA GiuStiziA SociAle nel diritto euroPeo dei contrAtti
tratti, non trascura di tenere conto a) delle critiche sul metodo di perseguire
una “maggiore coerenza nel diritto contrattuale europeo” che il Manifesto
sulla giustizia sociale in detto diritto2 ha portato al Piano di azione adottato
dalla Commissione nel 20033 e b) della Risoluzione del 26 marzo 2006 con
cui il Parlamento europeo a tali critiche ha inteso dare seguito4.
Il Manifesto sulla giustizia sociale ha sostenuto che il metodo sin qui utilizzato per l’elaborazione di direttive in materia, ed in particolare di quelle
adottate in tema di contratti dei consumatori, deve essere profondamente
cambiato per dare spazio ad un penetrante processo democratico in cui un
ruolo decisivo sia lasciato all’attività parlamentare. I suoi autori hanno attribuito a questa attività un tale ruolo sostenendo che una disciplina della materia ha la funzione di contribuire alla deinizione dell’identità della Comunità
ed a promuovere la giustizia sociale. A loro avviso lasciare alla Commissione
ed ai contributi che ad essa possono dare le parti interessate (gli stake-holders) una primaria responsabilità in materia non può corrispondere ad una
tale funzione della disciplina ad essa relativa in quanto la Commissione è
sprovvista di un’attribuzione che le consenta di andare oltre la promozione
di norme che perseguano il completamento del mercato interno.
I redattori del Draft, intendendo appunto lasciare spazio alle scelte politiche
che devono essere compiute dal Parlamento, hanno connotato detto Draft come
un documento che volge solo a costituire per questo una fonte di ispirazione.
Nonostante i redattori del Draft abbiano a questo modo tenuto conto di
detto Manifesto, delle differenze tra loro sono rimaste, relativamente a) al
tipo di giustizia che un diritto comune europeo dei contratti deve perseguire,
b) al rilievo da attribuirsi ai principi ed alla giurisprudenza comunitaria e c)
al metodo da seguirsi per arrivare ad una sua elaborazione.
2. Il tipo di giustizia da perseguirsi in materia
Con il rapporto pubblicato l’11 ottobre 2004, intitolato “European Contract
Law and the Revision of the Acquis: the Way Forward”5, la Commissione
2 Giustizia sociale nel diritto contrattuale europeo: un Manifesto, in Riv. crit. dir.
priv., 2005, p. 99 ss. Sulla bibliograia ad esso relativa mi permetto di fare riferimento a
Pieralberto MenGozzi, Il Manifesto sulla giustizia sociale nel diritto contrattuale europeo e
la preconizzazione di un principio di “interpretazione conforme orizzontale”, in Contratto
e Impresa/Europa, 2008, p. 78 ss.
3 COM (2003)68 def.
4 P6_TA (2006)019.
5 COM (2004) 651.
110
PierAlBerto MenGozzi
aveva espresso l’esigenza che il Quadro Comune di Riferimento contenesse
distintamente principi fondamentali, deinizioni e regole modello capaci di
assistere nel perfezionamento dell’esistente acquis communautaire.
I redattori del Draft hanno dato riscontro a tale indicazione: hanno precisato, nell’introduzione, di intendere l’inclusione in esso di principi fondamentali, che identiicano con core aims and values, come gli elementi atti a
caratterizzare la sua ilosoia ispiratrice rispetto, da un lato, alle teorie di tutela del libero mercato e di una corretta concorrenza e, dall’altro, ad approcci
più incidenti sull’autonomia contrattuale in favore dei consumatori, delle
vittime di discriminazione, delle imprese di piccola e media dimensione e
di molte altre parti contrattuali e di altri membri deboli della società. Ed è in
linea con l’attribuzione a tali principi di detta funzione, di caratterizzare la
ilosoia ispiratrice del Draft, che per essi ogni tentativo di elaborare principi
di diritto privato deve quanto meno tenere conto di una serie di valori, tra
i quali quelli della giustizia, della solidarietà e della responsabilità sociale.
Con questo il Draft non si discosta molto dall’esigenza espressa nel
Manifesto che una disciplina dei contratti non si limiti a garantire la libertà
del mercato e una realizzazione in esso di una corretta concorrenza; non
arriva, però, a ritenere che compito generale di tale disciplina sia quello di
assicurare che il mercato venga corretto alla luce di obiettivi distributivi;
ritiene che essa debba limitarsi a promuovere una giustizia correttiva6 considerando che preoccupazioni distributive o “welfarist” debbano, nel quadro
di detta disciplina, essere tenuti presenti solo marginalmente, per esempio
per stabilire che un consumatore debba sempre avere certi diritti.
3. Il rilievo da attribuirsi ai principi ed alla giurisprudenza comunitaria
Gli autori del Draft dichiarano di avere considerato i citati valori della giustizia, della solidarietà e della responsabilità sociale assieme ad altri
valori, includenti il principio della certezza giuridica, con i quali i primi
possono anche entrare in conlitto; precisano che le regole modello (Model
Rules) contenute nel Draft sono state redatte procedendo ad un bilanciamento dell’insieme di detti valori e che di tale insieme deve essere tenuto conto
nella interpretazione di quelle regole. Il legislatore comunitario, nella misura
in cui vorrà ispirarsi al Draft, nell’adottare un proprio Quadro Comune di
Riferimento e nella realizzazione di un adeguato diritto europeo dei contratti, dovrà, però, tener conto non solo dei valori e dei principi fondamentali in
esso indicati, ma anche degli ulteriori valori tutelati negli ordinamenti degli
6 Vedi punto 24 p. 14.
111
il dcFr, il MAniFeSto SullA GiuStiziA SociAle nel diritto euroPeo dei contrAtti
Stati membri e di quelli propri dell’ordinamento comunitario.
L’atteggiamento che a questo riguardo il Draft assume rispetto al diritto
comunitario si differenzia marcatamente da quello che rispetto a tale diritto
ha assunto il Manifesto.
Quest’ultimo documento, infatti, è dominato da un’idea secondo cui il
diritto contrattuale CE esistente, ed in particolare quello a tutela dei consumatori, sarebbe improntato ad una concezione puramente economicistica di
tutela della correttezza del mercato, e non sarebbe in alcun modo stato corretto
dall’operato degli organi di giustizia comunitari: esso li considera “nettamente
insuficienti ai bisogni di un’interpretazione integrativa di quel mosaico di disposizioni di cui attualmente si compone tale diritto”. In linea con tale giudizio
gli autori del Manifesto precisano che l’adeguamento della disciplina europea
dei contratti dovrebbe avvenire prestando un rilievo assolutamente preminente
a studi comparatistici sui principi degli ordinamenti giuridici e sulla giurisprudenza dei Paesi membri; a loro avviso è necessario “non afidarsi” alla
giurisprudenza comunitaria in quanto in gran parte determinata da richieste di
pronunce pregiudiziali costituenti dei “riferimenti a casaccio fatti dai giudici
nazionali alla Corte di giustizia delle CE”7 e perché la giurisprudenza che sin
qui è stata posta in essere esprime “conclusioni parziali ed incomplete sul
modo in cui il bilanciamento tra valori e interessi deve essere operato”8.
Gli autori del Draft, invece, indicano di avere fatto riferimento, nella redazione di questo, ai principi fondamentali e ai valori dell’ordinamento comunitario
accanto ad un riferimento ai valori degli ordinamenti degli Stati membri: precisano di non avere attribuito a questi ultimi un valore assolutamente preminente
ma, anzi, di avere mediato tra gli uni e gli altri e suggeriscono che una tale
mediazione debba essere compiuta dagli organi politici comunitari nella redazione del Quadro Comune di Riferimento e nell’adozione della legislazione di
adeguamento e di integrazione dell’attuale disciplina9; e, peraltro, non esitano
a indicare esplicitamente la giurisprudenza comunitaria quale fonte dell’evoluzione realizzatasi nella disciplina di determinati contratti dei consumatori e
quale fattore tenuto presente nell’adozione delle deinizioni che hanno allegato
al Draft (come hanno fatto, innanzitutto, riferendosi con apprezzamento positivo, all’estensione a danni di tipo non economico al cui risarcimento un consumatore ha diritto in relazione all’applicazione della direttiva sui viaggi tutto
compreso compiuta dalla Corte di giustizia nella sentenza Simone Leitner c. TUI
7 Cfr. Giustizia sociale nel diritto contrattuale europeo: un manifesto, cit., pp. 128 e 129.
8 Cfr. Giustizia sociale nel diritto contrattuale europeo: un manifesto, cit., p. 119.
9 Cfr. Principles, Deinitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common
Frame of Reference (DCFR), cit., punto 21, p. 12.
112
PierAlBerto MenGozzi
Deutschland10; e, poi, dando segno di adeguarsi a tale giurisprudenza includendo
nelle disposizioni contenute nell’Allegato al Draft una larga deinizione di danni
comprendendo in essi “a sum of money … which a person may be awarded by a
court, as compensation for some speciied type of damage”11).
La differente attenzione che i due documenti, nel modo indicato, prestano alla giurisprudenza comunitaria trova un rilevante riscontro nell’atteggiamento che l’uno e l’altro hanno assunto con riferimento ad un principio
generale che si è affermato nell’ordinamento comunitario con l’importante
sentenza resa dalla Corte di giustizia il 20 settembre 2001 nel caso Courage12.
Con tale sentenza, come nella dottrina civilistica italiana è stato autorevolmente rilevato13, la Corte di giustizia ha affermato che quando ad un
contratto suscettibile di realizzare una violazione del diritto comunitario si
proilino come parti due soggetti di forza contrattuale molto diversa, la parte
economicamente più forte deve avere la cura di non concludere il contratto
approittando della debolezza negoziale dell’altra; e, se tale cura non ha, è,
per questo suo comportamento, soggetta ad un obbligo di risarcimento del
danno alla controparte. Tale statuizione, nonostante sia stata compiuta con
riferimento ad un accordo ritenuto illecito per contrasto con il diritto della
concorrenza, stante l’intonazione generale con cui è stata espressa ed il carattere decisivo (non di obiter dictum) che ha avuto per la soluzione del caso
di specie, ha dato luogo ad un principio generale del diritto comunitario. Ciò
in ragione del fatto che statuizioni del genere sono riconosciute come dotate
di eficacia erga omnes e come idonee a precisare ed integrare non solo la
disciplina della materia con riferimento alla quale sono poste in essere, ma
anche l’ordinamento comunitario considerato nel suo insieme.
Il Manifesto non ne tiene assolutamente conto: nel sostenere che i lavori
volgenti a realizzare una più adeguata armonizzazione su scala europea del
diritto dei contratti devono superare i limiti, in termini di giustizia sociale,
che esso attualmente presenta, si limita ad auspicare che quei lavori si avvalgano di studi comparatistici sui principi e sulla giurisprudenza degli ordinamenti privatistici nazionali per desumere meri suggerimenti dall’accogli10 Corte CE, 12 marzo 2002, causa C-168/00, in Racc., 2002, I, p. 2631. Cfr. Principles,
Deinitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common Frame of Reference
(DCFR), cit., pp. 31-32.
11 Ibidem, p. 331.
12 Corte CE, 12 settembre 2001, causa C-453/99, in Racc., 2001, p. I-6297.
13 Cfr. di MAjo, Il risarcimento da adempimento del contratto, in Europa e dir. priv.,
2002, pp. 795-796; PAlMieri e PArdoleSi, Intese illecite e risarcimento a favore di una
parte: “chi è causa del suo mal … si lagni e chieda i danni”, in Foro it., 2002, IV, c. 84;
Scoditti, Danni da intesa anticoncorrenziale per una delle parti dell’accordo: il punto di
vista del giudice italiano, in Foro it., IV, c. 90.
113
il dcFr, il MAniFeSto SullA GiuStiziA SociAle nel diritto euroPeo dei contrAtti
mento che in essi è intervenuto di un obbligo di ciascuna parte contrattuale
di avere cura degli interessi della controparte14.
Ben diverso è, invece, l’atteggiamento degli autori del Draft. Questi
riprendono puntualmente, nelle Model Rules 7:207 Unfair Exploitation e
7:214 Damages for loss, quanto affermato dalla Corte di giustizia nel caso
Courage. La regola 7:207 drasticamente prevede:
(1) Una parte può invocare l’ineficacia di un contratto se al momento
della conclusione di questo:
(a) quella parte si trovava in una situazione di subordinazione o si trovava
in una situazione che la induceva a prestare iducia nei confronti dell’altra
parte, era in una situazione di dificoltà economica o doveva far fronte a
bisogni urgenti, era scarsamente accorta, non suficientemente informata,
priva di esperienza o mancante di capacità negoziale e
(b) l’altra parte era a conoscenza o ci si poteva ragionevolmente aspettare
che avesse acquisito conoscenza di questo e, date le circostanze e l’obiettivo
del contratto, aveva sfruttato la situazione dell’altra parte traendone un eccessivo beneicio o un vantaggio grandemente ingiusto
La regola 7:214, dal canto suo, altrettanto drasticamente prevede:
Una parte che ha il diritto di invocare l’ineficacia di un contratto a termini di questa sezione (o che avesse tale diritto prima della sua estinzione
in ragione della scadenza dei termini per farlo valere o della conferma dello
stesso) ha il diritto, sia stata o meno invocata l’ineficacia del contratto, al risarcimento dei danni dall’altra parte per ogni perdita sofferta come risultato
di errore, frode, coercizione, minacce o sfruttamento abusivo, a condizione
che l’altra parte conoscesse o ci si potesse ragionevolmente aspettare che
avesse acquisito conoscenza della ragione dell’ineficacia dell’accordo15.16
14 Cfr. Giustizia sociale nel diritto contrattuale europeo: un manifesto, p. 120.
15 Nella sentenza Courage la Corte di giustizia, per sostenere il diritto di una parte debole ad
un contratto incompatibile con il diritto della concorrenza a pretendere dalla controparte il risarcimento del danno subito per effetto del detto contratto, aveva precisato che: 1) “tra gli elementi
di valutazione che possono essere presi in considerazione dal giudice nazionale competente è
necessario menzionare il contesto economico e giuridico nel quale le parti si trovano nonché,
… , il potere di negoziazione e il rispettivo comportamento delle due parti contrattuali” e 2) in
particolare, è compito di detto giudice veriicare se la parte che sostiene di avere subito un danno
in seguito alla conclusione di un contratto idoneo a restringere o falsare il gioco della concorrenza si trovasse in una posizione d’inferiorità grave nei confronti della controparte tale, da compromettere seriamente, e persino da annullare, la sua libertà di negoziare le clausole del detto
contratto nonché la sua capacità di evitare il danno o limitarne l’entità, in particolare esperendo
tempestivamente tutti i rimedi giuridici a sua disposizione” (punti 32 e 33).
16 L’atteggiamento del Draft sul contributo che alla realizzazione di un più adeguato diritto europeo dei contratti può venire da un’attenzione alla giurisprudenza comunitaria risulta così “molto
114
PierAlBerto MenGozzi
4. Il metodo da seguirsi per l’elaborazione di un diritto comune europeo dei
contratti e la proposta di un regolamento relativo ad un diritto della vendita
Sulla scia del DCFR la Commissione, postulando che il mercato comune implica la necessità di un diritto comune dei contratti, per fare fronte
a tale necessità si è impegnata per l’adozione di una proposta di regoladiverso” rispetto all’atteggiamento del Manifesto. Le espressioni non certo positive e la mancanza
di attenzione puntuale che in quest’ultimo si trovano nei confronti di detta giurisprudenza, per il
largo numero e l’autorevolezza degli studiosi che l’hanno redatto e ad esso hanno chiesto di essere
associati, hanno inciso sensibilmente dando luogo ad un clima culturale che ha favorito un travisamento di detta giurisprudenza non solo in relazione ad un possibile riferimento ad essa de iure
condendo ma anche de iure condito (per una evidenziazione del diffondersi di rischi del genere a
causa di incursioni nella ricostruzione dei principi del diritto comunitario a causa di non adeguati
interventi di persone non provviste di una specializzazione scientiica in materia cfr. tizzAno, A.
Quelques rélexions sur la doctrine du droit de l’Union europénne : les “communautaristes” et les
autres, in Diritto U.E., 2008, p. 225 ss.). Manifestazione eclatante di un tale travisamento è costituita da un saggio (Cfr. SABAtini, F., Il diritto privato e il contesto comunitario: la ricerca di conformità e l’interpretazione del diritto nazionale alla luce delle direttive, in Contratto e Impresa/Europa,
2007, p. 133 ss.) con il quale ci si riferisce al contenuto della sentenza che la Corte di Giustizia CE
ha adottato il 6 ottobre 1982 nella Causa Cilit (Causa 283/81, in Racc., 1982, p. I-3415). L’autore
di quel saggio travisa doppiamente l’interpretazione che tale sentenza ha dato all’art. 234 CEE
(attuale art. 267 TFUE): da un lato pretende che, a termini di tale sentenza, tutti i giudici nazionali
(e non solo quelli di ultima istanza come, in sintonia con tale articolo, afferma la Corte) siano obbligati a fare a questa rinvio quando di fronte ad essi sorga una questione di diritto comunitario ed in
particolare una questione di diritto europeo dei contratti; dall’altro sostiene che il criterio di riferirsi
alla giurisprudenza dei giudici degli Stati membri, che la Corte di giustizia ha indicato ai giudici
nazionali di ultima istanza di seguire al ine di limitare il loro obbligo di rinvio, debba invece essere
applicato da ogni giudice nazionale per risolvere qualunque questione che insorga con riferimento
a tale diritto. Così limitando massimamente il riferimento ai precedenti giurisprudenziali comunitari nell’interpretazione del diritto CE, ed al contrario valorizzando al riguardo massimamente
gli studi comparatistici sui principi e sulla giurisprudenza dei paesi membri, preconizza un nuovo
metodo ermeneutico del diritto europeo dei contratti che deinisce di interpretazione comparativa
orizzontale. Questa manipolazione della giurisprudenza comunitaria non è accettabile e deve essere considerata come un tentativo di dare all’attenzione ai principi e alla giurisprudenza degli Stati
membri propugnata dagli autori del Manifesto un seguito (de iure condito) eccessivo e ben più ampio rispetto a quello (de iure condendo) auspicato dai suoi autori. Restando sul piano dello ius condendum su cui intende porsi il Draft, non vi è dubbio che questo dà largo spazio ad un approccio
che, per riprendere la terminologia del saggio immediatamente sopra evocato, può considerarsi un
approccio comparativo orizzontale; il Draft, però, ha il pregio di farlo senza trascurare gli apporti
che ad un più adeguato diritto europeo dei contratti può venire dalla giurisprudenza comunitaria: si
preigge solo di proporre principi, regole-modello e deinizioni che traggano elementi dai principi
e dalla giurisprudenza della Comunità e degli Stati membri per suggerire al legislatore comunitario
l’adeguamento dell’attuale diritto europeo dei contratti al ine di renderlo più coerente e più giusto.
115
il dcFr, il MAniFeSto SullA GiuStiziA SociAle nel diritto euroPeo dei contrAtti
mento relativa ad un diritto europeo della vendita. Ritenendo di conferire
una legittimazione democratica alla sua azione e per procedere il più rapidamente possibile al riguardo, ha considerato opportuno seguire, come
metodo diverso da quello propugnato dal manifesto sulla giustizia sociale,
quello sulla base del quale si è arrivati a detto DCFR, che è stato elaborato
da un gruppo di studio su un codice civile europeo e da un gruppo di ricerca
sul diritto privato della CE (Acquis Group): ha aperto un dibattito pubblico
ispirato ai principi di apertura e di partecipazione. A questo ine essa, pur
issando gli orientamenti da prendersi, con delle lettere aperte ha posto al
pubblico questioni precisamente formulate, dando termini particolarmente
stretti per rispondere. Dati tale tipo di termini ed il carattere molto tecnico
dei quesiti, hanno dato riscontro alla partecipazione richiesta principalmente
dei professionisti, delle entità rappresentative dei consumatori, dei ricercatori e degli Stati membri e non si è aperta un’adeguata discussione, con la
partecipazione di tutti i cittadini, sull’opportunità di arrivare in materia ad
un diritto comune europeo. Ne è seguito che i soggetti che hanno risposto
tempestivamente alle lettere aperte della Commissione, hanno assunto un
ruolo particolare nella consultazione, che li ha portati ad essere invitati privilegiatamente a conferenze e ad ateliers. Tra questi, poi, sono stati scelti gli
esperti, successivamente associati ai gruppi di lavoro che, di fatto, hanno
portato alle proposte concrete in materia.
Come rilevato nitidamente in uno scritto, recentemente pubblicato17, i
partecipanti alle conferenze ed agli ateliers non prescelti come esperti hanno
svolto ed alimentato molte critiche al testo oggetto di elaborazione: si è, tra
l’altro, rilevato che a) la lacunosità e la mancanza di chiarezza di alcuni suoi
passaggi possono condizionare la sua interazione con le altre fonti internazionali intervenute in materia, b) esso, aldilà delle competenze effettive
dell’Unione Europea, intende introdurre in modo surrettizio un codice del
contratto o del diritto privato patrimoniale e c) lo stesso ha un carattere ibrido in quanto si premura di dettare, con riferimento alla vendita, una disciplina organica comprensiva sia delle norme generali, riferibili tendenzialmente
anche a qualsiasi altro contratto, sia di norme speciiche del tipo contrattuale
di cui si tratta18. Ne è disceso che, per effetto di esse e di perplessità mostrate
17 Poillot, E., Le droit privé européen à l’épreuve de la gouvernance économique:
l’exemple du droit européen des contrats, in Actes du Colloque de l’Université de Toulon
sur la governance en droit privé européen, 2016, p. 101 ss.
18 Su dette critiche cfr., oltre all’opera citata nella nota precedente, d’AMico, G., Il diritto comune europeo della vendita, in I Contratti, 2012, p. 611 ss., Ferreri, S., Una fonte
aggiuntiva in materia di vendita: il regolamento europeo in progetto, in European Legal
Culture, 2014, p. 3 ss.
116
PierAlBerto MenGozzi
al riguardo da qualche governo nazionale19, il testo inale del lavoro preparatorio compiuto ha portato all’adozione, anziché di una proposta di un atto
strettamente vincolante (come poteva ritenersi auspicato dalla Commissione
secondo cui un mercato comune implica la necessità di un diritto comune
europeo dei contratti), di una proposta di un regolamento opzionale relativo
ad un diritto comune europeo delle vendite transfrontaliere, opzionale nel
senso che, quanto meno nel rapporto tra professionisti e PMI, le disposizioni
del regolamento trovano applicazione quando, e solo quando, le parti ad un
contratto abbiano fatto una scelta esplicita per iscritto per la loro applicazione. Ciò ha fatto sì che se ne è tratto motivo per domandarsi se la scelta di
apertura e di partecipazione fatta dalla Commissione non sia stata controproduttiva e se l’elaborazione del testo per la via del puro processo decisionale
classico non avrebbe potuto condurre ad un risultato migliore20.
19 Ferreri, S., Una fonte aggiuntiva in materia di vendita: il regolamento europeo in
progetto, op. cit., p. 13.
20 Poillot, E., Le droit privé européen à l’épreuve de la gouvernance économique:
l’exemple du droit européen des contrats, cit., p.116.
117
Sezione II: Il ruolo delle corti
Paolo gallo
L’armonizzazione del diritto e il ruolo delle corti
Sommario: 1. L’Europa alle soglie del terzo millennio; – 2. L’uniicazione
del diritto privato europeo ad opera delle direttive e dei regolamenti; – 3. I
testi di soft law; – 4. Il processo delle riforme in Europa; – 5. Post modernità e fonti del diritto; – 6. Revirement giurisprudenziali e retroattività; – 7.
Il ruolo delle Corti europee; – 8. Il ruolo delle Corti nazionali.
1. L’Europa alle soglie del terzo millennio
Continuare a parlare di uniformazione giuridica dell’Europa alle soglie
del terzo millennio può apparire sempre più paradossale; più a monte occorrerebbe infatti interrogarsi circa la tenuta stessa dell’idea di Europa. Dopo i
facili entusiasmi che hanno iniammato gli animi nelle ultime decadi del XX
secolo, i primi anni del XXI secolo si sono aperti all’insegna di nuove side
che hanno pesantemente minato alla radice l’idea stessa di Europa, per non
parlare poi del progetto di uniicazione del diritto europeo.
Basti pensare alla crisi economica mondiale che è scoppiata all’inizio del
terzo millennio e che non si è ancora del tutto risolta, al conseguente impoverimento globale, alla crisi migratoria che ne è conseguita, all’emergenza
climatica, allo scontro tra civiltà, ai conlitti etnico-religiosi, alla crisi energetica, al progressivo depauperamento del pianeta e così via. Si tratta come
è ben noto solo di alcuni aspetti problematici che si sono drammaticamente
posti nelle prime decadi del XXI e che pongono al genere umano nuove e
pressanti side per la sua sopravvivenza.
Dopo gli anni tranquillizzanti della modernità, la post modernità si apre
l’ArMonizzAzione del diritto e il ruolo delle corti
all’insegna dell’ansia, della costante ricerca di un nuovo equilibrio che stenta a delinearsi e soprattutto dell’incertezza per il futuro. Nessuno è infatti in
grado di prevedere quali potranno essere gli esiti dell’attuale crisi mondiale;
la storia peraltro ci insegna che anche dopo i periodi più oscuri, l’umanità
è sempre riuscita a raggiungere nuovi equilibri; basti per esempio pensare
alla rinascita successiva agli anni più bui del medio evo. Come è ben noto le
invasioni barbariche, pur ponendo ine ad un mondo, hanno posto le fondamenta per una successiva rinascita globale dell’Europa che ha saputo riorganizzarsi su nuove basi e raggiungere traguardi ancora più elevati.
Uno degli aspetti che più connota la società contemporanea è proprio la
perdita dei valori tradizionali, degli entusiasmi e delle certezze che connotavano la modernità; la post modernità, si apre infatti all’insegna del dubbio,
dell’incertezza e della costante ricerca di una nuova dimensione; per questo
motivo essa è anche stata deinita liquida21, proprio per sottolineare il fatto
che la crisi dei valori tradizionali rende tutto luido, privo di una forma propria, quasi come i liquidi che tendono inevitabilmente ad assumere la forma
dei contenitori in cui sono riposti.
Quello che è sicuro è che negli ultimi tempi l’idea stessa di Europa ha subito un forte ridimensionamento; basti a questo proposito ricordare l’uscita
dell’Inghilterra dall’Europa, nonché la diffusione di nuovi movimenti separatisti in tutti gli Stati europei; in questa fase non è quindi facile prevedere
se si tratta soltanto di una battuta d’arresto, di una pausa di rilessione, o se
viceversa si tratta dell’inizio della ine; non è in altre parole facile prevedere
se, superato questo momento di crisi, l’Europa saprà riorganizzarsi e ripartire più forte di prima o se viceversa il processo di disaggregazione prenderà il
sopravvento, con conseguente progressivo smantellamento di quel poco che
si è fatto ino a questo momento.
Le ragioni di queste incertezze sono probabilmente dovute al fatto che
l’Europa è nata in sordina, o meglio ancora con l’idea di sovrapporsi il meno
possibile agli stati nazionali; da un lato si vuole un’Europa unita, il più forte
possibile, dall’altro lato si ha però il timore che questo processo possa pregiudicare le singole realtà nazionali; l’esito purtroppo è sotto gli occhi di
tutti e non è sicuramente del tutto soddisfacente. L’Europa stenta infatti a
decollare come organismo politico unitario; basti ricordare che il suo ruolo
sullo scacchiere internazionale è estremamente limitato, specie se rapportato
a quello degli Stati Uniti, della Russia, della Turchia, della Cina e così via.
Attualmente il mondo è dominato da grandi superpotenze, come per
esempio gli Stati Uniti, la Russia e la Cina; per inserirsi ad armi pari in questo contesto sarebbe necessario raggiungere un livello di coordinamento e di
coesione comparabile.
21 BAuMAn, Modernità liquida, Roma-Bari 2002.
122
PAolo GAllo
Come è ben noto una delle ragioni della soccombenza delle antiche città
stato greche è costituito dalla loro incapacità di aggregarsi unitariamente
in forma di stato; in un contesto in cui si costituivano grandi stati nazionali, l’incapacità delle polis greche di fare altrettanto fu la ragione della loro
debolezza. In tempi più recenti il problema si è riproposto in Europa con la
formazione dei grandi stati nazionali; in questo contesto il ritardo dell’Italia, che ha conseguito l’unità politica solo nel 1861, spiega la sua maggior
debolezza, specie se rapportata a grandi stati nazionali come la Francia, l’Inghilterra e l’Austria.
Ai nostri giorni, raggiunta l’unità a livello nazionale, il problema si ripropone a livello continentale; l’Europa disunita rischia infatti di non poter
competere ad armi pari con le grandi superpotenze contemporanee, quali gli
Stati Uniti, la Russia e la Cina.
Ma se così stanno le cose bisognerebbe avere il coraggio di ripensare dalle fondamenta il progetto europeo; non limitarsi in altre parole ad un’unione
di facciata, che lasciando eccessiva autonomia ai singoli stati nazionali, rischia di essere poco incisiva sul piano internazionale; piuttosto occorrerebbe
realizzare uno stato federale a modello di quello americano, con effettivi
poteri centrali, il più possibile unitario e coordinato, capace di esprimere una
politica estera autonoma ed indipendente, ovviamente con il supporto di un
esercito adeguato al suo ruolo; solo in questo modo l’Europa potrà mantenere il ruolo che le si addice nello scacchiere internazionale.
2. L’uniicazione del diritto privato europeo ad opera delle direttive e
dei regolamenti
Sebbene a livello europeo permangano non poche criticità, molto si è
sicuramente fatto in vista dell’uniformazione del diritto europeo, anche se
molto resta ancora da fare.
Un primo passo è sicuramente costituito dalle direttive e dai regolamenti
dell’Unione Europea, che con regolarità riversano nei singoli Stati spezzoni
di diritto uniforme; può infatti sicuramente dirsi che il diritto europeo attuale
è molto diverso da quello che era circa quarant’anni fa; a partire dalle ultime
due decadi del XX secolo l’Europa è infatti stata inondata da direttive e regolamenti che hanno profondamente trasformato ed uniformato vasti settori
del diritto privato. Basti per esempio ricordare i contratti del consumatore,
uno dei settori in cui gli interventi della Comunità e dell’Unione europea
sono stati più massicci ed innovatori; in particolare, per quel che riguarda
il diritto italiano, è possibile dire senza ombra di dubbio che il diritto contrattuale contemporaneo è molto differente rispetto a quello tradizionale; in
123
l’ArMonizzAzione del diritto e il ruolo delle corti
appena quarant’anni il contratto si è infatti profondamente trasformato sotto l’impulso delle fonti europee, assumendo aspetti e connotati un tempo
impensabili; si pensi in particolare all’ineficacia delle clausole vessatorie,
alle nullità di protezione, alla proporzionalità, alla giustizia contrattuale, alla
buona fede, alla meritevolezza dell’interesse, alla razionalità e così via.
Molto resta ovviamente da fare, ma i progressi compiuti sono indubbiamente enormi.
3. I testi di soft law
In questo quadro fondamentale importanza rivestono ovviamente anche i
principali testi di soft law.
Il punto di partenza è ovviamente costituito dalla CISG del 1980, la quale
ha disciplinato in modo innovativo la vendita internazionale di beni mobili,
fondendo la tradizione di common law con quella di civil law. Sebbene il
testo sia relativo alla vendita, esso contiene molti spunti che verranno in
seguito recepiti degli altri principali testi di soft law, a partire dai PICC, per
poi passare ai PECL, al DCFR, nonché alla CESL. Si tratta di testi che, ad
eccezione della CISG, non sono mai entrati in vigore; resta però la loro rilevanza scientiica, nonché la loro importanza sotto il proilo delle tendenze
evolutive moderne del diritto privato europeo.
4. Il processo delle riforme in Europa
Sebbene i testi di soft law siano per lo più rimasti sulla carta, essi hanno
esercitato un’inluenza enorme sotto il proilo dei singoli diritti nazionali,
dando inizio ad un processo interno di riforma che sta interessando gran
parte degli ordinamenti europei.
Uno dei primi ordinamenti ad avviare un serio progetto di riforma del
codice civile è stato sicuramente quello olandese; a questo proposito occorre
premettere che in Olanda in verso l’inizio dell’ultima decade del XX secolo
era ancora in vigore un codice civile a modello francese (WB); è infatti solo
nel 1992 che il codice è stato riformato e sostituito dal nuovo codice civile
(NWB); il quale è un codice sicuramente molto interessante ed innovativo,
che anticipa alcune soluzioni che diventeranno poi tipiche del diritto europeo, come per esempio l’abolizione della causa del contratto.
Il passo successivo è costituito dalla riforma del codice civile tedesco
del 2002; riforma che, a circa cento anni dalla promulgazione del BGB, ne
ha consentito un profondo aggiornamento, sulla base sia delle innovazioni
124
PAolo GAllo
giurisprudenziali che si erano veriicate medio tempore, sia sulla base del
diritto contrattuale europeo, specie in materia di contratti del consumatore.
Il passo ancora successivo è stato compiuto dalla riforma del codice
Napoleone del 201622, la quale ha parimenti costituito l’occasione per aggiornare il diritto delle obbligazioni e dei contratti e per recepire numerose
tendenze che già in precedenza si erano manifestate a livello europeo; si
pensi in particolare all’abolizione della causa del contratto, alla disciplina
della sopravvenienza contrattuale, nonché alla revisione del contratto e così
via.
In questo quadro si ricorda che anche in altri ordinamenti europei, come
per esempio la Spagna23 e la Svizzera24, la quale non fa parte dell’UE,
fervono progetti di riforma, i quali ovviamente possono preludere ad una
prossima riforma anche dei codici di questi ordinamenti.
Un discorso a parte deve essere fatto per quel che riguarda l’Italia; sebbene anche il diritto privato italiano sia ormai bisognoso di profonde riforme,
il dibattito in Italia a questo proposito è assai scarso25; a maggior ragione
non si parla di riforma del codice e tanto meno sono allo studio progetti di
riforma.
Alla luce di quanto abbiamo visto ino a questo momento è possibile
sia escludere che, per lo meno a breve termine, sia possibile giungere ad
un’uniformazione legislativa del diritto privato europeo, sia che sia possibile
giungere ad una riforma organica del codice civile italiano.
In questo contesto il discorso deve inevitabilmente spostarsi sotto il proilo del ruolo delle Corti, sia europee, sia nazionali, ai ini dell’uniicazione
e della riforma del diritto privato.
5. Post modernità e fonti del diritto
Del resto a cavallo tra ventesimo e ventunesimo secolo anche il panorama
delle fonti del diritto si è profondamente modiicato26. Come è ben noto, la
22 MAzeAud, Prime note sulla riforma del diritto dei contratti nell’ordinamento francese, RDC, 2016, 432-445.
23 ABAS, Proposta per una modernizzazione del diritto dei contratti e delle obbligazioni
in Spagna, RDC, 2014, 163-166.
24 ABAS, Un nuovo diritto delle obbligazioni in Svizzera, RDC, 2014, 675-684.
25 Si veda tuttavia: P. GAllo, Contratto e buona fede, Buona fede in senso oggettivo e
trasformazioni del contratto, Milano 2014.
26 GroSSi, Ritorno al diritto, Roma-Bari 2015; ScAliSi, Ritorno al diritto (dialogo con
Paolo Grossi), RDC, 2017, 115-137.
125
l’ArMonizzAzione del diritto e il ruolo delle corti
modernità si connota con la progressiva affermazione dello stato assoluto moderno e la conseguente avocazione della funzione legislativa in capo
prima al sovrano e poi al parlamento; il fenomeno appare particolarmente
evidente nell’età della codiicazione, dove i codici sono diventati il fulcro
del sistema giuridico, di matrice essenzialmente legislativa; ne è conseguita
la svalutazione delle fonti non autoritative, quali in particolare la consuetudine e la giurisprudenza. Nella modernità la legge è così diventata la fonte
principale del diritto ed il ruolo dell’interprete è stato relegato a mera bouche
de la loi, secondo i dettami della scuola dell’esegesi.
In seguito il quadro si è però profondamento incrinato; nel passaggio dalla modernità alla postmodernità anche il modo di concepire il diritto si è
profondamente trasformato; lo si vede in particolare sotto il proilo delle
fonti del diritto.
In primo luogo il codice tende in misura crescente a perdere il suo ruolo di fulcro del sistema, come conseguenza della proliferazione delle leggi
speciali27. Più in generale la stessa legge subisce la concorrenza di un numero crescente di altre fonti; si pensi in primo luogo alla Costituzione ed al
controllo di costituzionalità delle leggi afidato alla Corte Costituzionale,
la quale in applicazione dei principi generali della Costituzione effettua
un controllo a posteriori dell’operato del parlamento, il cui ruolo ne risulta
quindi per lo meno in parte ridimensionato.
Ma si pensi ancora alla globalizzazione ed al conseguente ingresso nel
nostro ordinamento di molte disposizioni di matrice non solo europea, ma
anche sovrannazionale; basti a questo proposito ricordare la miriade di nuovi
contratti con denominazione angloamericana che sono stati recepiti dall’ordinamento italiano.
Crescente importanza riveste inoltre il ruolo della giurisprudenza, la
quale appare in misura crescente una fonte pariordinata alla legislazione.
Fondamentale sotto questo proilo appare altresì il ruolo delle clausole generali, le quali come è ben noto sono state riscoperte nel corso degli ultimi
anni28; il ricorso alle clausole generali accentua infatti il ruolo creativo della
giurisprudenza, che proprio in applicazione dei principi di buona fede, equità e così via è in grado di veicolare nel sistema le necessarie innovazioni,
anche in caso di ritardo ed inerzia da parte del legislatore.
In dottrina si è giunti a parlare di crisi della fattispecie29, proprio per sot27 irti, L’età della decodiicazione, Milano 1974.
28 P. GAllo, Contratto e buona fede, 2° ed., Milano 2014.
29 Irti, La crisi della fattispecie, Riv. dir. proc., 2014, 36-44; Id., Calcolabilità weberiana
e crisi della fattispecie, RDC, 2014, 987-991; Id., Un contratto incalcolabile, RTPC, 2015,
17-23; Id., Un diritto incalcolabile, RDC, 2015, 11-22.
Si vedano inoltre: G. Benedetti, Fattispecie e altre igure di certezza, RTPC, 2015, 1103-
126
PAolo GAllo
tolineare la crescente rilevanza dei principi Costituzionali, per loro natura
caratterizzati da un grado di generalità e vaghezza superiore rispetto a quelli
dei principi legislativi ordinari, nonché dei valori sottesi alla Costituzione,
si pensi per esempio ai principi di uguaglianza, ragionevolezza, solidarietà,
proporzionalità30 e così via.
Questo può rendere il sistema più luido, forse meno certo, ma sicuramente più dinamico ed in costante trasformazione31.
6. Revirement giurisprudenziali e retroattività
Ma se la giurisprudenza tende in misura crescente ad assumere il ruolo di
fonte del diritto al pari della legge, si pone un secondo ordine di problemi,
vale a dire accertare se in caso di revirement giurisprudenziali trovi applicazione o meno il principio di irretroattività (tempus regit actum).
Come è ben noto, in base all’insegnamento corrente i contratti sono soggetti alla legge applicabile al tempo della loro conclusione (tempus regit
actum)32; questo signiica che se dovesse venire a mutare la disciplina legislativa vigente, questa in linea di principio non si estenderebbe ai contratti in
1113; LiPAri, I civilisti e la certezza del diritto, RTPC, 2015, 1115-1145; CAStronovo,
Eclissi del diritto civile, Milano 2015, 39 ss; D’AnGelo, Discorso giuridico, termini tecnici
e concetti, RDC, 2016, 306-345, in partic. 340; in senso più critico: CAtAudellA, Nota breve
sulla fattispecie, RDC, 2015, 245-252, in partic. 251 ss.
30 In particolare P. PerlinGieri, Nuovi proili del contratto, RaDC, 2000, 545-571, sostiene che il contratto deve essere non solo lecito, ma anche meritevole di tutela, 553; sempre
questo autore richiama inoltre l’attenzione sull’importanza del principio di proporzionalità,
in attuazione di principi e valori di rilevanza costituzionali, come strumento di controllo
anche contenutistico del contratto, 560 ss; Id., Equilibrio normativo e principio di proporzionalità nei contratti, RaDC 2001, 334-356, il quale considera il principio di riduzione
della penale eccessiva di cui all’art. 1384 c.c. espressione di un principio generale quindi
suscettibile di applicazione estensiva ad altre fattispecie, come per esempio la caparra, e
così via, 343 ss; sulla stessa linea LA roSA, Tecniche di regolazione dei contratti e strumenti
rimediali, Milano 2012, auspica un controllo di meritevolezza della causa concreta dell’operazione negoziale, 142, e parla di funzionalizzazione dell’autonomia privata, 152; altri
autori hanno viceversa espresso riserve ed hanno lamentato l’abuso del ricorso alle clausole
generali ed in particolare l’eccessivo attentato alle ragioni dell’autonomia privata che ne
può conseguire; si veda in particolare CAtAudellA, L’uso abusivo dei principi, RDC, 2014,
747-763, in partic. 756, ivi riferimenti.
31 BAuMAn, Modernità liquida, Roma-Bari 2002.
32 P. GAllo, Tempus regit actum e revirement giurisprudenziali, in Studi, IudicA, Milano
2014, 649-660.
127
l’ArMonizzAzione del diritto e il ruolo delle corti
corso. Il problema è stato discusso anche con riferimento ai mutamenti di indirizzo da parte della giurisprudenza; prevale peraltro l’opinione che poiché
la giurisprudenza non è per lo meno formalmente fonte del diritto e poiché
i precedenti giurisprudenziali non sono in linea di principio vincolanti, non
è tutelabile l’afidamento ingenerato da un indirizzo giurisprudenziale che
poi viene a mutare33. La questione può avere una rilevanza pratica notevole
e non ha mancato di manifestarsi in più occasioni.
In particolare il problema si è già posto in materia di anatocismo. In linea
di principio non è consentito l’anatocismo, vale a dire la capitalizzazione degli interessi afinché producano altri interessi (interessi composti) (art. 1283
c.c.). Si tratta di un residuo dello sfavore che un tempo rivestiva l’intera tematica degli interessi pecuniari, peraltro ormai in gran parte superato. Il codice fa peraltro salva la presenza di eventuali usi in senso contrario. Proprio
sulla base di questa deroga per molti anni la Corte di Cassazione ha ritenuto
valide le c.d. clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi
contenute nei contratti bancari, dietro indicazione dell’ABI34; in seguito si è
però giunti ad escludere che si trattasse di un uso normativo (art. 1340 c.c.),
con conseguente nullità delle clausole in questione35. Questo ha determinato
il sorgere di delicati problemi anche sotto il proilo della legittimità dell’afidamento ingenerato dal precedente orientamento della Cassazione, sugli
eventuali diritti quesiti delle banche, nonché sotto il proilo dell’esperibilità
dei rimedi restitutori36. In base all’opinione più diffusa l’interesse delle banche alla stabilità dell’interpretazione giurisprudenziale non sarebbe meritevole di tutela; tradizionalmente la giurisprudenza non è infatti considerata
fonte del diritto, per lo meno da un punto di vista formale, ed in Italia non
trova applicazione il principio del precedente vincolante37.
33 G. GrASSo, Cassazione anatocismo e istituti di credito: possono le banche vantare un
legittimo afidamento sull’interpretazione uniforme della Suprema Corte di Cassazione?,
in RDC, 2006, II, 61.
34 Cass., 15 dicembre 1981, n. 6631.
35 Cass., 16 marzo 1999, n. 2374, GC, 1999, I, 1301, 1585; BBTC, 1999, II, 649; Contr.,
1999, 437; Corr. giur., 1999, 562; Danno e resp., 1999, 914; Fall., 1999, 1230; FI, 1999, I,
1153; GI, 1999, 1221, 1873; Not., 1999, 309; RDCo, 1999, II, 167; Cass., 30 marzo 1999,
n. 3096, GC, 1999, I, 1301; BBTC, 1999, II, 649; GC, 1999, I, 1585; Corr. giur., 1999, 561;
Cass., S.U., 4 novembre 2004, n. 21095, FI, 2004, I, 3294.
36 Per un contrasto di opinioni: AnGeloni, La ripetizione degli interessi anatocistici corrisposti sulla base di apposite clausole contrattuali anteriormente al mutamento dello indirizzo della S.C. che ne sanciva la legittimità, in CeI, 2000, 1169; G. GrASSo, Cassazione,
anatocismo e istituti di credito: possono le banche vantare un legittimo afidamento sull’interpretazione uniforme della Suprema Corte di Cassazione?, in RDC, 2006, II, 61.
37 Così G. GrASSo, op. cit.,
128
PAolo GAllo
In realtà il problema sorge proprio a questo punto; posto infatti che in
base all’insegnamento corrente il contratto è soggetto alla disciplina normativa vigente al tempo della sua conclusione, si tratterebbe di capire se
una tale tutela sia limitata al solo formante legislativo in senso stretto, in
conformità all’opinione tradizionale, o se viceversa essa sia estesa anche al
formante giurisprudenziale, ed in secondo luogo se un’eventuale disparità di
trattamento tra formante legislativo e giurisprudenziale appaia giustiicata o
meno in base al principio di uguaglianza (art. 3 Cost).
In primo luogo è possibile considerare che l’impostazione tradizionale
appare sempre più superata alla luce della crescente rilevanza del formante
giurisprudenziale; posto infatti che a livello di teoria generale delle fonti
ormai è appurato che la giurisprudenza ha acquisito una rilevanza inimmaginabile nel XIX secolo, quando la scuola dell’esegesi aveva relegato la
giurisprudenza ad un ruolo meramente esecutivo; posto quindi che la giurisprudenza può ormai essere considerata a tutti gli effetti fonte del diritto al
pari della legge, ne consegue che appare sempre più ingiustiicato riservare
alla giurisprudenza un trattamento differente rispetto al formante legislativo; l’interpretazione corrente, che non pone limitazioni all’applicabilità dei
revirement giurisprudenziali ai rapporti in corso, si pone infatti in palese
contrasto con il principio tempus regit actum; se infatti è vero che il contratto è soggetto alla disciplina giuridica vigente al tempo della sua conclusione (tempus regit actum), non vi è ragione per limitare un tale principio
al solo formante legislativo; anzi una tale interpretazione, con conseguente
diversiicazione del regime applicabile al formante legislativo ed a quello giurisprudenziale, potrebbe apparire ingiustiicata ed in contrasto con il
principio di uguaglianza (art. 3 Cost.). Preferibile sarebbe dunque ritenere
che il principio tempus regit actum trovi applicazione anche con riferimento
al formante giurisprudenziale, con conseguente inapplicabilità della nuova
linea interpretativa ai rapporti in corso38.
Un problema analogo può porsi anche in materia di determinazione del
quantum dell’assegno di divorzio; si ricorda a questo proposito che la Corte
di Cassazione, innovando rispetto ad un orientamento consolidato, ha chiarito che l’assegno di divorzio, il quale ha natura prettamente assistenziale, non
38 Così esattamente: Cass., 20 novembre 1996, n. 10178, Dir. fam., 1997, 582:
“Nell’ipotesi in cui vi sia stato procedimento giudiziale per accertare la quota della pensione di riversibilità spettante al coniuge divorziato superstite in concorso con il nuovo
coniuge divorziato percettore della pensione e deceduto, qualora, in sede di rinvio a seguito
di sentenza di legittimità, abbia a mutare l’orientamento pregresso del S.C. nell’interpretazione della vigente normativa in materia, al giudice del rinvio non è consentito aderire al
nuovo orientamento, che non è assimilabile allo jus superveniens, dovendo egli dare applicazione al principio enunciato allorché il rinvio è stato disposto e da lui non sindacabile”.
129
l’ArMonizzAzione del diritto e il ruolo delle corti
ha come inalità quella di consentire al coniuge più debole il mantenimento
dello stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ma piuttosto
quella di garantire l’indipendenza e l’autosuficienza economica del coniuge
che lo richiede39; ne consegue che il coniuge economicamente autosuficiente non ha diritto a percepire l’assegno, ancorché questo comporti un
peggioramento del suo tenore di vita; a parte deve ovviamente essere conteggiato l’eventuale assegno per i igli, i quali viceversa conservano il diritto
a mantenere lo stesso tenore di vita.
Resta ovviamente il dubbio se questa nuova impostazione rilevi solo per
il futuro o se viceversa trovi applicazione anche con riferimento alle vertenze
già oggetto di giudizio; da un lato è possibile considerare che per regola generale le innovazioni giuridiche, specie se di fonte legislativa, rilevano solo
per il futuro (tempus regit actum), salva diversa indicazione del legislatore;
meno chiaro è se un tale principio di irretroattività trovi applicazione anche
con riferimento ai revirement giurisprudenziali, come peraltro sembrerebbe
preferibile; si consideri ancora che sebbene il provvedimento del giudice determinativo del quantum dell’assegno sia sempre suscettibile di revisione in
presenza di mutamenti della situazione di fatto, in questo caso l’innovazione
non riguarda i fatti, ma piuttosto l’interpretazione della disciplina giuridica,
il che dovrebbe escluderne la retroattività; è peraltro possibile ritenere che
non mancheranno i tentativi di estenderne l’applicazione anche ai rapporti
pregressi.
7. Il ruolo delle Corti europee
In un contesto caratterizzato dall’inerzia dell’Europa nell’attuare una decisa politica tesa all’uniformazione legislativa del diritto privato europeo,
centrale diventa il ruolo delle Corti sovranazionali ed in particolare europee.
Del resto non è scontato che l’uniformazione del diritto privato europeo debba necessariamente essere di matrice legislativa; come ci insegna il modello
di common law, l’uniformazione giuridica può essere eficacemente attuata
anche in virtù di un sistema centrale di corti; è solo questione di tempo. Il
diritto giurisprudenziale può infatti costituire un’eficace alternativa a quello
legislativo. Del resto ormai da anni le Corti europee stanno macinando casi
su casi, fornendo in molti casi utili indicazione anche per l’evoluzione del
diritto interno dei singoli ordinamenti.
39 Cass.,10 maggio 2017, n. 11504.
130
PAolo GAllo
8. Il ruolo delle Corti nazionali
Il problema si pone all’incirca nei medesimi termini anche con riferimento al diritto interno italiano; come abbiamo già avuto modo di rilevare,
l’inerzia del legislatore nell’apportare le necessarie riforme apre la porta
all’intervento giurisprudenziale.
Come ben evidenzia in particolare l’esempio tedesco, la giurisprudenza in
applicazione delle clausole generali ed in particolare del principio di buona
fede, può fare molto per veicolare all’interno dell’ordinamento nuovi principi ed istituti; come è ben noto, in Germania una giurisprudenza innovativa
ha saputo introdurre una miriade di innovazioni in applicazione del principio
di buona fede in senso oggettivo (§ 242 BGB); innovazioni che in seguito
sono conluite nel BGB in sede di riforma del 2002; in queste condizioni la
giurisprudenza, opportunamente illuminata dalla dottrina, ben può, in applicazione delle clausole generali veicolare all’interno dell’ordinamento tutte
quelle innovazioni che sarebbe auspicabile introdurre, svolgendo così un
ruolo di supplenza nei confronti del legislatore40.
In questa direzione si è del resto mossa anche la giurisprudenza di altri
ordinamenti europei, come per esempio quello spagnolo, che ha saputo introdurre l’istituto della revisione del contratto nei casi di sopravvenienza
contrattuale41, al pari di quanto è avvenuto in Germania ed in Francia. Si
tratta di un esempio importante, il quale rende evidente come la giurisprudenza ben possa sostituirsi al legislatore, anticipandone ogni qualvolta necessario l’operato.
40 Più ampiamente: P. GAllo, Contratto e buona fede, cit.
41 P. ABAS, Il Tribunale supremo spagnolo ammette la revisione del contratto in caso di
sopravvenienza contrattuale, RDC, 2015, 1194-1197.
131
oMbretta Salvetti
L’utilizzo del diritto comparato nella giurisprudenza italiana
in tema di fatti illeciti
Sommario: 1. L’utilizzo del diritto straniero; – 1.1 La penetrazione del
diritto straniero nel diritto italiano; – 1.2 L’utilizzo della comparazione
da parte delle Corti; – 1.2.1 L’uso normativo puro della comparazione;
– 1.2.2 L’utilizzo dialettico o problematico della comparazione; – 2. Diritto straniero e ordine pubblico; – 2.1 Il caso dei danni punitivi; – 2.1.1
L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 9978/2016; – 2.1.2 Il revirement
operato dalle Sezioni Unite; – 3. Conclusioni
1. L’utilizzo del diritto straniero
L’argomento dell’applicazione del diritto straniero, sia relativamente a
norme positive, sia relativamente a principi derivati dall’elaborazione giurisprudenziale del giudice di altro ordinamento, viene solitamente affrontato
sotto diversi aspetti: il primo e più ovvio è quello dell’applicazione necessitata del diritto straniero, in virtù di un criterio di collegamento contenuto
nella norma italiana, che impone la decisione della fattispecie in base ad un
diritto straniero applicabile al caso di specie: tipici i principi di diritto internazionale privato.
In tema di illecito extracontrattuale e responsabilità extracontrattuale per
danno da prodotto difettoso, ad esempio, valgono gli artt. 62 e 63 della legge
31.5.1995 n. 218, secondo cui la responsabilità per fatto illecito è regolata
dalla legge dello Stato in cui si è veriicato l’evento, tuttavia il danneggiato
può chiedere l’applicazione della legge dello Stato in cui si è veriicato il
l’utilizzo del diritto coMPArAto nellA GiuriSPrudenzA itAliAnA
fatto che ha causato il danno, mentre la responsabilità per danno del prodotto è regolata, a scelta del danneggiato, dalla legge in cui si trova la sede del
produttore oppure dello Stato in cui il prodotto sia stato acquistato, qualora
immesso in commercio con il consenso del produttore. Qualora, poi, il fatto
illecito coinvolga soltanto cittadini di un medesimo stato in esso residenti,
si applica la legge di tale Stato. In ambito europeo è attualmente in vigore il
Regolamento CE n. 864/2007 (c.d. Roma II) sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali, che prevede, quale criterio generale, il criterio
di collegamento della lex loci damni (art. 4 reg. Roma II).
In questi casi l’applicazione della normativa estera è, da parte del giudice, necessitata e adattata dal richiamo effettuato dalla legge nazionale, pur
presentando sempre proili di elevata complessità interpretativa. Il principio
iura novit curia, infatti, di fronte alla normativa estera, si misura con il problema di apprendere il contenuto delle norme straniere applicabili, per cui si
suole ricorrere o a perizie interpretative da parte di giuristi esperti, ovvero a
richiesta di estratti normativi e pareri da parte delle ambasciate interessate.
Sul punto l’art. 14 della L 218/95 cit. prevede, infatti, che l’accertamento
della legge straniera sia effettuato d’uficio dal giudice e che a tal ine questi
possa avvalersi, oltre che degli strumenti indicati dalle convenzioni internazionali, di informazioni acquisite per il tramite del Ministero della Giustizia
o che, appunto, possa interpellare esperti o istituzioni specializzate.
Io stessa mi sono avvalsa di tali strumenti in occasione della trattazione, in primo grado, nel lontano 2004/2005 del procedimento civile di risarcimento dei danni patrimoniali per il disastro aereo di un velivolo della compagnia aerea di linea russa precipitato a San Francesco al Campo,
vicino all’aeroporto di Caselle, intentato dalla società di diritto russa che
si affermava proprietaria del velivolo contro la compagnia aerea, per cui
data la soggettività omologa di ambedue le parti ed il fatto che gli effetti
pregiudizievoli erano stati risentiti in Russia , avevo dovuto acquisire ed interpretare le norme russe in materia di obbligazioni da illecito extracontrattuale e risarcimento danni. La sentenza1 era successivamente stata oggetto
di appello2 e, contemporaneamente, di un procedimento di opposizione ex
art. 404 c.p.c. da parte di terzo soggetto, una società panamense, mai costituitosi nel primo procedimento, che successivamente alla pubblicazione della
sentenza, veriicato l’accoglimento della domanda risarcitoria per un importo ragguardevole, aveva fatto la sua prima comparsa, affermandosi il vero
proprietario del velivolo, in virtù di un collegamento contrattuale complesso
fra la compagnia aerea, il presunto proprietario, indicato come una sorta di
noleggiatore e la società che si affermava proprietaria, in cui la Corte d’Ap1 Trib. Torino 21.1.2005 n. 413.
2 C. App. Torino, sez III, sent. 853/09.
134
oMBrettA SAlvetti
pello di Torino aveva poi inito per applicare la legge contrattuale inglese e
riconoscere la validità di un patto commissorio, ritenuto non contrastante
con l’ordine pubblico internazionale3.
1.1 La penetrazione del diritto straniero nel diritto italiano
Occorre ricordare, come seconda prospettiva di applicazione del diritto
straniero, il caso in cui i principi giuridici comunitari o comunque estranei
hanno inito per penetrare nell’ordinamento, venendo recepiti in norme positive interne: ne abbondano esempi nella normativa in tema di responsabilità del produttore, di responsabilità per i contratti di viaggio e di danni da
vacanza rovinata, ecc.
In tema di responsabilità del produttore, può ricordarsi, in giurisprudenza,
la sentenza della Cassazione del 20144 che, a conferma di una pronuncia
della Terza Sezione della Corte d’Appello di Torino, ha richiamato il principio di precauzione, quale criterio di prudenza a cui deve essere improntata la
condotta del produttore, principio assai in voga a livello comunitario (si pensi alla normativa in materia di tutela dell’ambiente), facendone applicazione.
1.2 L’utilizzo della comparazione da parte delle Corti
Diversa, e più funzionale alla presente trattazione è l’ipotesi del ricorso
non necessitato, da parte delle Corti italiane, a principi e norme proprie di
altro ordinamento, che si veriica quando, cioè, il giudice ricorre volontariamente e spontaneamente, nella decisione del caso, a tali elementi estranei
all’ordinamento, richiamandoli nella motivazione.
Certa dottrina distingue i possibili usi della comparazione, in tale caso,
nella seguente tripartizione5:
I) uso normativo della comparazione, che si veriica quando la constatazione pura e semplice dell’esistenza di una certa soluzione giuridica in altro
ordinamento viene considerata ragione di per sé suficiente per giungere ad
una certa decisione sul caso dedotto in giudizio;
II) uso dialettico o problematico della comparazione, che si ha quando il
giudice analizza le esperienze straniere e le soluzioni raggiunte, onde veriicarne i risultati pratici e trarne argomenti empirici;
III) uso esornativo o superluo della comparazione, che si veriica quando
3 Cfr. anche Cass. SS.UU. 5.7.2011 n. 14650 che ha confermato la sentenza sub 7).
4 Cass. Civ. Sez. II, 30.5.2014 n. 15824.
5 Cfr. G. SMorto, L’uso giurisprudenziale della comparazione, in Europa e diritto privato, 2010, 1 ss.
135
l’utilizzo del diritto coMPArAto nellA GiuriSPrudenzA itAliAnA
il richiamo ad esperienze straniere costituisce solo un arricchimento culturale, ma poi viene applicato il diritto interno. In questi ultimi casi, in realtà,
si tratta di sfoggio di erudizione, e la decisione poi non fa uso di alcunché di
extraneus6.
1.2.1 L’uso normativo puro della comparazione
L’uso normativo puro della comparazione, allo stato, è impossibile per il
Giudice italiano, e, in generale, penso, in ambito di Civil Law, ostandovi sia
il principio generale dell’obbligatorietà delle leggi interne dal quindicesimo
giorno successivo a quello della loro pubblicazione (art. 10 disp. prel. c.c.)
sia le regole sull’interpretazione ed applicazione della legge di cui all’art. 12
disp. prel. cc, il cui secondo comma prevede, da un lato, la preliminare ricerca di una norma positiva applicabile al caso concreto, in difetto il ricorso
all’analogia e, da ultimo, in caso di dubbio irresolubile sull’interpretazione
della norma (italiana) applicabile al caso dedotto in giudizio, che si debba
decidere secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato.
A norma dell’art. 101 Cost., il giudice italiano è, del resto, soggetto alla legge e, soltanto alla legge, che, naturalmente, è quella italiana.
Tutta da veriicare sarebbe la possibilità di elaborazione di una nozione
di “principi generali dell’ordinamento internazionale” valevole agli effetti
dell’art. 12 cit., ma, allo stato, l’eventuale applicazione normativa concreta,
da parte del Giudice italiano, di disposizioni estere in luogo di quelle italiane
vigenti o di espansione estensiva dell’art. 12 cit.al concetto di “ordinamento
giuridico internazionale” potrebbe costituire, a mio avviso, in mancanza di
un preciso criterio normativo di collegamento, addirittura un abuso suscettibile di procedimento disciplinare da parte del C.S.M..
1.2.2 L’utilizzo dialettico o problematico della comparazione
L’utilizzo dialettico o problematico della comparazione sub II), invece, si
distingue in distruttivo, se la decisione analizza il principio estraneo, magari
invocato da una delle parti, per negarne l’applicazione sulla base del principio della difesa del diritto interno, oppure costruttivo, quando ne viene,
invece, fatta applicazione.
Qui interessa soprattutto il secondo tipo di decisioni.
6 Cfr. Cass. 3/8/1991 n. 9277, ove si ravvisa la responsabilità del venditore di prodotto difettoso nel non aver acquistato il prodotto poi rivenduto da un “buon fabbricante”
mutuando l’espressione da unacitata decisione dell’Alta Corte di Giustizia britannica; cfr.
anche Cass. 7/1/1991 n. 60, che, riconoscendo la risarcibilità dei diritti rilessi, cioè dei
diritti di cui sono portatori soggetti diversi da quello leso dal fatto illecito, lesi appunto per
conseguenza di quella lesione, cita la deinizione di lesione “di rimbalzo” utilizzata dalla
dottrina francese: in nessuno di questi due casi la decisione è poi frutto dell’applicazione di
un qualche istituto, o principio, estraneo all’ordinamento italiano.
136
oMBrettA SAlvetti
E la casistica dimostra la fondatezza dell’analisi dottrinaria (Rescigno)
che individua proprio nella materia della responsabilità extracontrattuale
quella ove il metodo comparatistico costruttivo può esplicare, e di fatto ha
esplicato, gli effetti quantitativamente e qualitativamente più incisivi.
Si pensi alla formazione giurisprudenziale di un sistema armonizzato
di tutela di diritti di rilevanza costituzionale, improntato a principi europei
solidaristici.
Si pensi a Cass. 20/5/1998 n. 5031 che ha ascritto, superando precedente
giurisprudenza, la fattispecie del danno da cose in custodia al novero della
responsabilità oggettiva: in un passo della sentenza si legge che dalla giurisprudenza francese la Cassazione mutua il concetto di presunzione di responsabilità e non di presunzione di colpa.
Si pensi anche a Cass.17152/2002 che, in ambito di responsabilità della
P.A. per insidia stradale, ha rigettato la tesi dell’incompatibilità della responsabilità dell’Amministrazione per insidie stradali e della colpa concorrente
del danneggiato (art. 1227 c.c.) richiamando il concetto di comparative negligence mutuato dal sistema inglese.
O ancora, a Cass. 22/1/1999 n. 589, che ritiene applicabile la responsabilità contrattuale, da “contatto sociale”, al caso del danno provocato da errore
medico, in riguardo al rapporto fra paziente e medico dipendente dalla struttura sanitaria pubblica, inquadrandolo fra quei rapporti che sono di origine
contrattuale ma senza una base negoziale, derivanti dal semplice “contatto
sociale” secondo l’ormai nota espressione di matrice tedesca.
Si è sostenuto in Dottrina7 che l’utilizzo del metodo comparatistico “costruttivo” si rivela più proicuo e più audace quando vengono in considerazione questioni etiche, con l’enucleazione di principi solidaristici; e questo
spiega anche l’abbondanza di decisioni del genere considerato nell’ambito
della responsabilità extracontrattuale medica, che, appunto, è stata trasformata ino a farla diventare contrattuale come nel caso citato, all’evidente ine di invertire, o almeno alleggerire, l’onere della prova gravante sul
danneggiato, effetto attenuato, tuttavia, dalla determinante incidenza che,
in tale campo, spiega la consulenza tecnica, di cui il Giudice dispone anche
d’uficio e dal cui esito dell’accertamento inisce per dipendere la decisione
qualunque sia la natura giuridica della fonte della responsabilità.
Il metodo comparatistico costruttivo ha avuto una sorta di positivo riconoscimento in altra nota sentenza della Suprema Corte8 del 2009, in tema
di accertamento della capacità giuridica del nascituro, in una fattispecie in
cui si dibatteva dell’insorgere, in capo al concepito, di diritti risarcitori per i
danni subiti da trattamento farmacologico cui era stata sottoposta la gestan7 cfr. G. SMorto, op. cit.
8 Cass. Civ11/5/2009 n. 10741
137
l’utilizzo del diritto coMPArAto nellA GiuriSPrudenzA itAliAnA
te senza adeguata informazione sugli effetti collaterali. In tale occasione, i
giudici di legittimità hanno sostenuto, quale conseguenza dell’avvento dello
stato sociale, l’avvio di un processo di depatrimonializzazione e decodiicazione del diritto privato, con il venir meno della individuazione di tutti
gli interessi meritevoli di tutela in un unico testo normativo. In deinitiva,
secondo i giudici di legittimità, tale fenomeno avrebbe avvicinato gli ordinamenti come il nostro, basati in teoria sul principio della necessaria ed
esclusiva base normativa del diritto, a quelli di Common Law, attraverso
l’utilizzo di clausole generali come buona fede, solidarietà, funzione sociale
della proprietà ecc.
Tali clausole consentirebbero, secondo la tesi della Cassazione, proprio per intenzione del legislatore in tal senso, all’interprete, di individuare e far emergere nuovi interessi meritevoli di tutela, consentendogli, ovviamente se di un giudice si tratta, di fornire, tale tutela, “attualizzando”
il diritto «con evidente applicazione del modello ermeneutico tipico della
Interessenjurisprudenz (cd. giurisprudenza degli interessi, in contrapposizione alla Begriffsjurisprudenz o giurisprudenza dei concetti quale espressione di un esasperato positivismo giuridico). In tal modo si eviterebbe sia
il rischio, insito nel cd. sistema chiuso (del tutto codiicato e basato sul solo
dato testuale delle disposizioni legislative senza alcun spazio di autonomia
per l’interprete), del mancato, immediato adeguamento all’evolversi dei
tempi, sia il rischio che comporta il cd. sistema aperto, che rimette la creazione delle norme al giudice sulla base anche di parametri socio giuridici
(ordine etico, coscienza sociale etc.) la cui valutazione può diventare arbitraria ed incontrollata».
Ma qui, laddove le clausole generali vengano tratte da ordinamenti stranieri, il giudice dovrà fare attenzione ai trabocchetti linguistici, ai c.d. “falsi
amici” ed alle correlate potenziali “iguracce” motivazionali. Guido Alpa, in
suo acuto scritto9 segnala, ad esempio che talvolta, nelle sentenze italiane,
l’uso di concetti giuridici ed istituti stranieri è erroneo, in quanto frutto di
un misunderstanding linguistico e cita, ad esempio, l’erronea confusione del
concetto di “good faith” inglese con la nostra “buona fede”, a causa di un’assonanza di parole che tuttavia inganna, (al pari del signiicato del vocabolo
sentence, ad esempio).
Sempre in tema di malpractice medica e di wrongful life, è famosa, fra gli
esperti di diritto comparato, una pronuncia della Cassazione del 200410 che,
in un caso di omessa diagnosi, da parte del ginecologo curante, del rischio
9 G. AlPA, Il giudice e l’uso delle sentenze straniere. Modalità e tecniche della comparazione giuridica. La giurisprudenza civile, Relazione presentata al congresso della Corte
Cost. e del CNF, Roma , 21.10.2005.
10 Cass. Civ. Sez. III n. 14488/04
138
oMBrettA SAlvetti
di talassemia maior per una nascitura in cui ambedue i genitori erano affetti
da tale patologia, sull’errato presupposto che il padre non fosse malato, nonostante documentazione medica comprovante il contrario, ha qualiicato il
contratto intercorso fra la gestante ed il sanitario come contratto con effetti
protettivi a favore di terzo, richiamando la dottrina tedesca del Vertrag mit
Schutzwirkung zugunsten Dritter, individuando il terzo nel nascituro, ancorché la prestazione si fosse svolta prima della sua nascita. I genitori avevano
chiesto i danni jure proprio e per la iglia, invocando il suo diritto a nascere
sana, ma il Giudice di primo grado (Tribunale di Brindisi) aveva accolto solo
la domanda a titolo contrattuale della coppia, sotto il proilo dell’omessa
corretta informazione e dell’impossibilità di esercitare il diritto di abortire,
rilevando che per la bimba, estranea al contratto e non ancora nata, non sussisteva nesso di causalità fra l’omessa diagnosi e la patologia da cui era affetta
e che l’informazione corretta avrebbe di fatto impedito alla stessa di venire
ad esistere, negandole il risarcimento. La Corte d’Appello aveva rigettato gli
appelli. La Cassazione, a fronte del motivo di ricorso fondato sul diritto della
bambina al ristoro della “vita ingiusta”, dunque a non nascere, ha rigettato il
ricorso, negando che esista nel nostro ordinamento un vero e proprio diritto
all’aborto eugenetico, ma per quanto riguarda la tematica della wrongful
life ha citato ampiamente le dottrine e la giurisprudenza francesi, tedesche
ed anche nordamericane, nonché il precedente, identico, costituito dal c.d.
affaire Perruche deciso dalla Corte di Cassazione Francese il 28 11.2001 in
Assemblea Plenaria, che tanto aveva fatto scalpore in Francia, da provocare,
sull’onda dell’indignazione per l’accoglimento della domanda, l’emanazione di una legge11 che ha statuito che nulla possa essere richiesto dal minore
handicappato per il solo fatto della nascita, quando l’handicap non sia stato
provocato o aggravato da errore medico.
In questo caso la nostra Cassazione ha fatto un uso dialettico distruttivo
della comparazione, avuto riguardo al precedente giurisprudenziale, ispirandosi, invece, in modo costruttivo alla norma estera.
2. Diritto straniero e ordine pubblico
Occorre, da ultimo, esaminare un’ulteriore ipotesi di incontro/scontro del
diritto straniero con i giudici italiani, che si veriica in sede di riconoscimento delle sentenze straniere in Italia, allorchè si tratti di applicazione di istituti
estranei al nostro ordinamento e occorra il vaglio della compatibilità con il
nostro “ordine pubblico”.
11 Legge francese n. 303/2002
139
l’utilizzo del diritto coMPArAto nellA GiuriSPrudenzA itAliAnA
Restando sempre in ambito di responsabilità da illecito è qui d’interesse
veriicare la recente evoluzione giurisprudenziale della nozione di “ordine
pubblico” in relazione alla funzione del risarcimento dei danni nel nostro
ordinamento ed alla vexata quaestio dei c.d. danni punitivi, previsti nell’ordinamento USA e in quello anglosassone , ma inora considerati estranei al
nostro, in considerazione della distinzione fra sanzioni penali e risarcimento
civile e della natura privata e non pubblica delle azioni civili risarcitorie.
2.1 Il caso dei danni punitivi
Nel 2007 la nostra Cassazione12, per la verità in un caso di responsabilità
del produttore in cui veniva richiesta la delibazione di una sentenza della
Corte Distrettuale di Jefferson (Alabama, USA) che prevedeva una penale
esorbitante, ha trattato il tema del risarcimento dei danni in generale e ribadito l’orientamento classico secondo cui nel nostro ordinamento l’idea
della inalità punitiva è estranea al risarcimento del danno, in quanto alla
responsabilità civile è assegnato il compito precipuo di restaurare la sfera
patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, mediante la corresponsione di una somma di denaro che tenda ad eliminare le conseguenze del
danno arrecato. La sentenza in questione ha espressamente aggiunto che tale
concetto valeva per qualsiasi tipo di danno, anche non patrimoniale, e che
dunque erano irrilevanti la capacità economica o lo stato di bisogno del danneggiato, ma che era quest’ultimo a dovere fornire la prova del pregiudizio
risarcibile, mediante l’allegazione di concrete circostanze di fatto, restando
escluso che tale prova possa essere considerata in re ipsa13.
Lo stesso orientamento è stato ribadito anche nel 2012 dalla S.C.14 che ha
negato il riconoscimento ad una sentenza USA di condanna al risarcimento
dei danni punitivi a favore di un lavoratore danneggiato, sempre sulla scorta
del rilievo dell’impossibilità di riconoscimento, nel nostro ordinamento, di
inalità punitive al risarcimento dei danni.
Una più recente pronuncia della Cassazione (2015)15 si è poi pronunciata
sul tema delle c.d. pene private o astreintes, nello speciico su una particolare misura prevista dall’ordinamento belga, cioè la condanna accessoria alla
condanna principale di pagamento di una somma in aumento per ogni giorno
di ritardo, affermando il principio secondo cui le c.d. «astreintes previste in
altri ordinamenti dirette ad attuare, con il pagamento di una somma crescen12
13
14
15
Cass. Civ. sez. III, n. 1183/07
cfr. anche Cass. Civ. n. 1633/2000
cfr. Cass. 8.2.2012 n. 1781
Cass. Civ.15.4.2015 n. 7613
140
oMBrettA SAlvetti
te con il protrarsi dell’inadempimento, una coercizione per propiziare l’adempimento di obblighi non coercibili in forma speciica, non sono incompatibili con l’ordine pubblico italiano», ed ha svolto una ricostruzione del
sistema del risarcimento civile in Italia, che include anche numerose ipotesi
normative di astreintes (ad es. l’art. 614 bis c.p.c., numerose disposizioni in
materia di proprietà industriale, ecc.) rilevando ed escludendo, tuttavia, che
le astreintes possano essere assimilate ai punitive damages, che pur ritiene,
a sua volta, inammissibili nel nostro ordinamento.
2.1.1 L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 9978/2016
Per contro, con recentissima ordinanza interlocutoria, la Prima Sezione
della S.C. ha trasmesso alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 374 secondo
comma c.p.c. afinché decida la “questione di massima di particolare importanza” relativa proprio alla contrarietà all’ordine pubblico dei punitive damages16, sempre in un caso di richiesta di delibazione di una sentenza USA
(Corte della Florida), stante il dubbio espresso dal relatore (La Morgese) sul
principio compensativo.
La motivazione, di ampio respiro culturale, che ben delinea il progressivo espatrio del concetto di ordine pubblico, in giurisprudenza, dall’ambito
puramente interno alla nozione di ordine pubblico internazionale, si ispira
ai principi fondamentali «fondati su esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo comuni ai diversi ordinamenti e desumibili, innanzitutto, dai
sistemi di tutela approntati a livello sovraordinato rispetto alla legislazione
ordinaria» e interpreta l’evoluzione del concetto di ordine pubblico come
ingresso nell’ordinamento nazionale di «istituti giuridici e valori estranei
purché compatibili con i principi fondamentali desumibili, in primo luogo
dalla Costituzione, ma anche dai Trattati fondativi e dalla Carta dei Diritti
fondamentali dell’Unione Europea». Principi questi ultimi che mi paiono,
peraltro, poco pertinenti con la fattispecie dedotta in giudizio (riconoscimento di una sentenza USA).
La citata ordinanza giustiica anche l’ingresso di prodotti giudiziali
stranieri applicativi di regole diverse ma comunque non in contrasto con
i valori costituzionali essenziali o non incidenti su materie disciplinate direttamente dalla Costituzione e menziona dettagliatamente indicazioni provenienti dal diritto comparato, citando la Corte Costituzionale Federale tedesca, la Cassazione francese ed il Regolamento del 2007 sulle obbligazioni
extracontrattuali.
16 Ord. Cass.n. 9978/2016.
141
l’utilizzo del diritto coMPArAto nellA GiuriSPrudenzA itAliAnA
2.1.2 Il revirement operato dalle Sezioni Unite
Tale ordinanza di rimessione ha suscitato scalpore, anche con riferimento
alla cronologia, dal momento che, in realtà, com’è noto, proprio le SS.UU.
in epoca relativamente recente, con altra importante sentenza in tema di danno tanatologico17 avevano seccamente ribadito la funzione compensativa del
risarcimento dei danni ed escluso ogni funzione punitiva, anche nell’ottica
della causa giustiicatrice dello spostamento di ricchezza, pronunciandosi
contro l’ipotesi di risarcibilità del danno da morte jure hereditatis ammessa
dalla sentenza della Terza Sezione n. 1361/2014 (Rel. Scarano) che aveva sollevato la questione innanzi alle SS.UU. e che, fra l’altro, ha fatto in
motivazione un uso dialettico costruttivo, in parte anche esornativo della
comparazione, laddove afferma che la tesi della non trasmissibilità agli eredi
del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale da morte in ragione
della sua natura strettamente personale «si proili ormai generalmente recessiva sia nei sistemi di common law, ivi compreso quello americano, che
nei sistemi di diritto continentale, nello stesso ordinamento tedesco riconoscendosi agli eredi la pretesa al risarcimento del danno non patrimoniale
(Schmerzengeld) acquistata in vita dal de cuius»18.
Ma ecco che le Sezioni Unite, nel 201719, pronunciando sulla questione
così rimessa alla sua attenzione, dopo avere in realtà dichiarato inammissibili per motivi processuali i motivi di ricorso aventi ad oggetto la questione dei
c.d. danni punitivi (impossibilità di ritenere provato o anche solo di presumere il presupposto della doglianza, e cioè che la Corte USA della cui sentenza
si chiedeva la delibazione, avesse effettivamente liquidato anche punitive
damages, trattandosi di una transazione), avvalendosi dell’art. 363 comma 3
c.p.c., poichè si trattava di questione di particolare importanza, hanno aperto
uno spiraglio alla delibabilità delle sentenze straniere contenenti previsioni
di tal fatta, pur subordinatamente al rispetto dei principi di tipicità, prevedibilità e legalità delle sanzioni (in realtà limiti propri delle sanzioni penali),
ed alla previsione di limiti quantitativi, alla luce dell’affermata concezione
polifunzionale della responsabilità civile e di una valutazione transnazionale
del concetto di ordine pubblico.
La motivazione della sentenza delle SS.UU., anch’essa di ampio respiro
culturale, tutta incentrata su principi e normative comunitarie e su esiti armonizzanti, mediati dalle Carte sovranazionali, sembra, tuttavia, non tenere molto conto dell’estraneità della pronuncia USA oggetto di delibazione
all’ordinamento europeo.
17 Cass. Civ. SS.UU. n. 15350/2015.
18 Cfr. Cass. N. 1361/2014 pag. 87.
19 Cass. SS.UU. n. 16601/2017, Rel. D’Ascola.
142
oMBrettA SAlvetti
3. Conclusioni
Mutatis mutandis, al di là dell’ambito in cui queste pronunce sono state
emesse e del fascino delle tematiche transnazionali, è d’uopo proporre qualche conclusiva rilessione concreta, che forse potrà non piacere ai sognatori
illuminati, ma che è d’obbligo per chi esercita il mestiere di giudice de jure
condito e non de jure condendo.
Non pare, da tal punto di osservazione, che possa attagliarsi al corretto esercizio della giurisdizione l’applicazione puramente discrezionale, da
parte del giudice, ai casi concreti dedotti in giudizio, di principi generali e
astratti mutuati, ora qui ora lì, da ordinamenti stranieri, stante il pericolo di
derive ideologiche, di corsa al protagonismo giudiziario, dell’aumento del
rischio di disparità di trattamento fra utenti di casi simili nell’ambito interno,
del c.d. forum shopping e, addirittura, a voler pensare male, di possibile pilotaggio delle decisioni ad opera delle parti, tramite l’opportuna scelta della
norma applicabile, presa ior da iore da uno o dall’altro ordinamento estero,
con la sostanziale conseguenza più che dell’armonizzazione, dell’aumento
dell’incertezza del diritto.
L’armonizzazione ben venga dunque, ma sia codiicata in impianti normativi unitari, cogenti e dettagliati, che non impongano, come ultimamente
avviene, al giudicante, salti mortali interpretativi o il ricorso a pericolose
analogie.
143
geo Magri
Il DCFR come “scatola per gli attrezzi” per il giudice
italiano
Sommario: 1. Diritto e interpretazione; – 2. Il giudice interprete: tra obbligo
di interpretazione conforme e interpretazione creativa; – 3. L’articolo 12
delle preleggi e il ricorso al diritto comparato; – 4 Il DCFR come toolbox
per le corti nazionali; – 5. Le inalità per le quali il diritto comune europeo
può essere utilizzato dal giudice nazionale; – 6. Il ruolo dell’interpretazione
giurisprudenziale nel processo di armonizzaione del diritto europeo
1. Diritto e interpretazione
La norma giuridica è, per deinizione, generale e astratta, pertanto la sua
applicazione alle singole fattispecie necessita di un procedimento che dal
generale e astratto riconduca al caso concreto; tale procedimento è detto
interpretazione. Solo attraverso l’interpretazione della regola e la sua applicazione al caso concreto il diritto diviene «parte irrinunciabile della naturale
tassonomia del mondo» e, come tale, percepibile ai consociati1. Questa caratteristica avvicina molto il diritto alla musica; entrambi i fenomeni necessitano dell’attività di un interprete per divenire esteriormente percepibili2.
1 D. di Micco, voce Interpretazione della regola, in Dig. disc. priv., sez. civ., aggiornamento **********, p. 457
2 La similitudine tra l’attività del giurista e quella del musicista ha interessato non poco
la dottrina; senza pretese di completezza basti rimandare a: S. PuGliAtti, L’interpretazione
musicale, Messina, 1940; E Betti, Teoria generale della interpretazione, MilAno, 1955, 2
voll.; G. iudicA, Interpretazione giuridica e interpretazione musicale, in Riv. dir. civ., 2004,
II, p. 467 ss.; J. ruFFier-MerAy, Lire la partition juridique. Interpretation en droit et en
musique, in J.J. Sueur (a cura di) Interpreter et traduire, Bruxelles, 2007, pp. 233 ss; G.
il dcFr coMe “ScAtolA Per Gli Attrezzi” Per il Giudice itAliAno
Musica e diritto sono entrambe discipline ‘performative’. Pensiamo alla
partitura di una sinfonia sulla quale sono presenti, come nel testo di una
legge, una serie di grafemi che devono essere interpretati e tradotti in suono percepibile dal pubblico. Come il giurista, anche il musicista si trova
ad affrontare problemi ermeneutici che determinano il risultato esecutivo,
rendendo l’interpretazione più o meno convincente. Nell’interpretazione del
testo il giurista e il musicista non sono liberi, ma devono rispettare delle regole se vogliono evitare che la loro interpretazione sia irrispettosa del testo.
Così, se il musicista che interpreta una sinfonia è vincolato non soltanto
dalle note scritte sulla partitura, ma anche dalle indicazioni agogiche e dai
segni dinamici o da quelli di espressione, il giurista è vincolato dalle regole
che gli indicano in quale modo interpretare le norme giuridiche. Tali regole
sono enunciate negli artt. 12 – 14 delle preleggi.
In base all’articolo 12, il primo dovere dell’interprete è quello di attribuire alla norma il senso «fatto palese dal signiicato proprio delle parole
secondo la connessione di esse», avendo riguardo all’intenzione del legislatore3. La disposizione delle preleggi impone quindi due canoni ermeneutici:
il primo è quello dell’interpretazione letterale, in base al quale l’interprete
deve individuare il senso palese delle parole in base alla loro connessione; il
secondo è quello dell’interpretazione logica, in forza del quale si deve ricostruire l’intenzione del legislatore (cd. voluntas legis).
Le regole sull’interpretazione hanno la funzione di impedire che l’eccessiva libertà dell’interprete si trasformi in arbitrio sovvertendo il testo approvato dal legislatore; tuttavia appare utopistico pensare che il carattere
letterale dell’enunciato normativo sia garanzia di un risultato interpretativo
certo e immutabile4. Il diritto, infatti, anche quando è scritto, è inevitabilmente permeabile a impliciti extratestuali che determinano il modo nel quale
la regola formalizzata nel testo viene concretamente applicata dall’interprete
all’interno dell’ordinamento5. Del resto il linguaggio del diritto, al pari di
ReStA, Variazioni comparatistiche sul tema: “diritto e musica”, in www.comparazionedirittocivile.it; M. Brunello, G. zAGreBelSKy, Interpretare. Dialogo tra un musicista e un
giurista, Torino, 2016.
3 In dottrina si osserva che, mentre il primo comma dell’art. 12 ha come destinatario l’interprete in senso generico, il comma secondo ha per destinatario soltanto il giudice cfr. G.
GorlA, I precedenti storici dell’art. 12 disposizioni preliminari del codice civile del 1942
(un problema costituzionale?) in Foro it., 1969, V, c. 112.
4 Per una critica eficace alle regole ermeneutiche contenute negli artt. 12 e 14 delle preleggi si veda R. SAcco Il concetto di interpretazione del diritto, Torino, rist. 2003, p. 18 e ss.
5 Cfr. R. cAterinA, I vincoli del contesto: alcune rilessioni sulla teoria dell’interpretazione di Vittorio Villa, in D&Q, n. 13/2013, p. 9 e ss., spec. p. 16 e ss.; D. di Micco, op.
cit., p. 458.
146
Geo MAGri
quello musicale, è ben lontano dall’essere perfetto ed entrambi, per quanto
si sforzino di vincolare l’interprete attraverso canoni ermeneutici, iniscono
necessariamente per lasciare un ampio margine di discrezionalità e di arbitrio: così, se il giurista è libero di decidere quale signiicato attribuire a un
vocabolo tra più signiicati equivalenti6, oppure di prediligere la voluntas
legis in senso storico piuttosto che in senso sistematico, il musicista è libero
di decidere se eseguire un brano settecentesco usando l’intonazione moderna, che prevede il la a 440 Hz, o quella utilizzata all’epoca, oppure quale
intensità dinamica, quale accentuazione ritmica o quale durata attribuire alle
singole note7.
Resta pur vero che, come puntualizzava Betti8, se l’interprete è vincolato dal testo, esiste sempre un’antinomia tra «il vincolo di fedeltà e l’esigenza
d’integrazione nell’attualità del riesprimere»9; ne consegue che il testo interpretato inisce per essere un parametro in base al quale valutare la fedeltà
dell’interpretazione piuttosto che la garanzia di un risultato interpretativo
certo e immutabile.
Inoltre, l’interpretazione della norma impone non solo di dare un signiicato al testo di essa, ma anche di tenere conto del sistema all’interno del
quale la norma si colloca, sicché i criteri ermeneutici issati negli articoli 12
e 14 delle preleggi appaiono insoddisfacenti e assai indeterminati e meriterebbero essi stessi di essere integrati da ulteriori criteri ermeneutici10 e più
che una bussola per l’interprete sembrano apparire come i parametri in base
ai quali valutare ex post la bontà della scelta interpretativa11.
Un ottimo esempio di come l’interpretazione delle regole formalizzate sia
inluenzata dalla cultura dell’interprete e della società nella quale egli opera
R. SAcco, L’interpretazione, in G. Alpa, G. Guarneri, P. G. Monateri, G. Pascuzzi, R. Sacco,
Le Fonti non scritte e l’interpretazione, Torino, 1999, p. 157 ss., spec., p. 258 parla a questo
proposito di una “valigia dell’interprete”, ossia di un bagaglio di nozioni e di concetti che
ha radici nella ilosoia, nella ragione, nell’economia, nella storia, nella comparazione e che
condiziona il modo in cui il giurista interpreta il proprio diritto scritto.
6 H. KelSen, Lineamenti di dottrina pura del diritto, Torino, 2000, p. 122 sottolineava
l’assenza di un metodo «positivamente giuridico, secondo il quale, fra i vari signiicati verbali di una norma, si possa ravvisare soltanto uno di essi come “esatto”».
7 G. ReStA, Variazioni comparatistiche sul tema: “diritto e musica”, in www.comparazionedirittocivile.it
8 E. Betti, op. cit., vol. II, p. 791.
9 E. Betti, op. cit., vol. II, p. 653 ss.
10 R. SAcco, op. cit., p. 18 ss.
11 In questo senso sembrano andare le osservazioni di G. zAGreBelSKy, Manuale di diritto costituzionale, vol. I, Il sistema delle fonti del diritto, Torino, 1999, p. 70.
147
il dcFr coMe “ScAtolA Per Gli Attrezzi” Per il Giudice itAliAno
è offerto dal BGB; il codice tedesco, nato come una codiicazione di stampo
dichiaratamente liberale, è divenuto il codice della Germania nazista e poi,
sino al 1° gennaio 1976, il codice della DDR12. È evidente che le regole
contenute nel BGB, pur essendo rimaste testualmente identiche, hanno mutato il loro signiicato tramite l’opera degli interpreti che le hanno adeguate
al mutare della realtà politico-sociale nella quale operavano. È vero che un
simile risultato è stato reso possibile soprattutto grazie alla presenza delle
clausole generali che caratterizzano la codiicazione tedesca e che hanno
permesso di leggere le norme di dettaglio alla luce dei differenti valori che
si affermavano di volta in volta, ma è altrettanto innegabile che l’esperienza
tedesca dimostra quanto l’interpretazione possa incidere sull’applicazione
della norma formalizzata in un testo e come disposizioni identiche possano
inire per essere interpretate in modo diametralmente opposto, attribuendo
all’interprete una funzione centrale13. Non pare neppure potersi dimenticare
che un certo grado di adattabilità alle situazioni storiche emergenti è caratteristica insita in ogni ordinamento giuridico, pertanto, la determinazione di
un signiicato certo e deinitivo, immutabile nel tempo, appare poco auspicabile, poiché l’impossibilità di adattare in via interpretativa lo ius condito
imporrebbe un continuo e impensabile intervento del legislatore14.
La libertà dell’interprete diviene ancora maggiore di fronte al casus omissus, ossia di fronte alla fattispecie che, pur non essendo stata disciplinata dal
legislatore, deve trovare una regolamentazione attraverso il ricorso all’analogia. Si tratta di casi in cui nell’ordinamento è presente una lacuna c.d. tec12 Sul codice civile della DDR si veda G. creSPi reGhizzi, G. de novA, r. SAcco, Il
Zivilgesetzbuch della Repubblica democratica Tedesca, in Riv. dir. civ., 1976, I, p. 59 ss.
13 Sul punto cfr. G. GorlA, L’interpretazione del diritto, Milano, 1941, rist. 2003, passim, in particolare p. 15 e s., ove l’autore sottolinea come il legislatore non detti la norma
per il caso concreto, la quale viene creata in seconda battuta dall’interprete.
14 G. zAGreBelSKy, op. loc. ult. cit. In senso contrario ad un’interpretazione che attualizzi
le norme che risultano superate dalle esigenze sociali si veda R. quAdri, Applicazione della
legge in generale, in Commentario Scialoja – Branca, Roma – Bologna, 1974, p. 202 e s.
Secondo l’illustre autore una simile interpretazione inirebbe per comportare il rischio di
«violentare la legge per sovvenire ai più modesti inconvenienti, quasi che la legge dovesse
essere un’opera perfetta, duttile, capace di adattarsi automaticamente ad ogni mutamento
di ambiente e di soddisfare ogni esigenza in piena logicità e coerenza… Scuotere l’autorità
della legge, violentarla, per integrarla o completarla, per mutilarla o sopprimerla, sia pure
nell’intento di eliminare gli inconvenienti che la sua astrattezza e generalità comportano,
non può essere il compito del giurista, ma dell’azzeccagarbugli». L’opinione pare essere un
po’ troppo radicale, almeno in tutti quei casi in cui l’interpretazione adeguatrice sia sorretta
dall’esigenza di interpretare la norma nel quadro di un sistema giuridico che è venuto a
modiicarsi e che fa apparire la vecchia norma come superata dall’intenzione del legislatore
attuale.
148
Geo MAGri
nica, poiché il legislatore ha omesso di regolare una situazione che avrebbe
invece dovuto disciplinare15. A norma del comma secondo dell’art. 12 delle
preleggi, «se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie
analoghe»; se il caso restasse ancora dubbio esso andrà deciso in base ai
«principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato». In queste ipotesi
è l’interprete a dover creare la norma attraverso l’analogia legis, ossia facendo ricorso a una disposizione che disciplina un caso simile o attraverso i
principi generali dell’ordinamento giuridico e quindi ricorrendo all’analogia
iuris. È chiaro che il ricorso all’analogia, specialmente all’analogia iuris,
permette all’interprete un notevole grado di discrezionalità nell’individuazione dei principi generali dell’ordinamento che, interpretati in modo analogo, possono portare alla soluzione del caso concreto.
Queste premesse sull’interpretazione, per quanto sintetiche, hanno la funzione di chiarire alcuni punti fermi che possono essere così riassunti: l’interpretazione non è impermeabile alla visione sociopolitica dell’interprete;
l’interpretazione è attività inevitabilmente creatrice; l’interpretazione dello
stesso testo varia al variare degli impliciti culturali che condizionano l’interprete; inine, la sola presenza di un testo scritto non è garanzia di interpretazione uniforme, poiché tutti i metodi di interpretazione sviluppati sino
ad ora conducono soltanto ad un risultato possibile, ma mai ad un risultato
esatto16. Come correttamente osservava Kelsen, interpretare non signiica
conoscere il diritto, ma estrarre dalle norme vigenti altre norme che vengono
scoperte attraverso il procedimento interpretativo. La certezza del diritto sarebbe quindi una mera illusione che la teoria giuridica tradizionale si sforza
consciamente o inconsciamente di mantenere, ma che si deve scontrare con
l’incertezza conseguente alla necessità di interpretare17.
2. Il giudice interprete: tra obbligo di interpretazione conforme e interpretazione creativa
L’interpretazione può provenire da più soggetti e così si distingue tra un’interpretazione autentica, una giudiziale e una dottrinale. L’interpretazione
autentica è, come noto, quella compiuta dal legislatore, il quale interviene
con una norma successiva volta a chiarire il signiicato di una disposizione
15 H. KelSen, op. cit., p. 125. Per G. GorlA, L’interpretazione, cit., p. 20 l’atto del legislatore sarebbe necessarimente lacunoso.
16 H. KelSen, op. cit., p. 122.
17 H. KelSen, op. cit., p. 124 e s.
149
il dcFr coMe “ScAtolA Per Gli Attrezzi” Per il Giudice itAliAno
precedente. In questa ipotesi si può persino dubitare che si abbia una vera
e propria interpretazione e non, piuttosto, un nuovo intervento normativo18.
L’interpretazione giudiziale è quella compiuta dal giudice nell’espletamento
delle sue funzioni; essa, almeno negli ordinamenti che non seguono il principio dello stare decisis, vincola (o dovrebbe vincolare) soltanto le parti del
giudizio, mentre ha (o dovrebbe avere) unicamente valore persuasivo con
riguardo ai giudizi successivi19. È peraltro ormai acclarato che, anche negli
18 Secondo G. zAGreBelSKy, op. cit., p. 91 l’interpretazione autentica sarebbe effettivamente
attività interpretativa solo nel caso in cui il testo normativo sia poco chiaro, controverso o esistano interpretazioni dubbie e oscillanti. In difetto di una tale precondizione l’intervento deve
essere qualiicato come modiicativo o sostitutivo del testo legislativo dato.
19 Sul valore del precedente nel nostro ordinamento esiste una letteratura estremamente
ampia, senza pretese di completezza si rinvia a M. Bin, Il precedente giudiziario. Valore e
interpretazione. Padova, 1995; S. chiArloni, Un mito rivisitato: nota comparativa sull’autorità del precedente giurisprudenziale, in Riv. dir. proc., 2001, p. 614 ss.; F. GAlGAno,
Il precedente giudiziario in civil law, in F. Galgano (a cura di), Atlante di diritto privato comparato, Bologna, 2006, p. 29 ss.; M. Serio, Il valore del precedente tra tradizione
continentale e “common law”, in Riv. dir. civ., 2008, p. 109; M. tAruFFo, Precedente e
Giurisprudenza, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, p. 709 ss.; G. viSintini, La giurisprudenza
per massime e il valore del precedente, Padova, 1988. A dimostrazione del valore del precedente basti richiamare la recente pronuncia della Cassazione 22 giugno 2017, n. 15481, la
quale ha affermato la necessità che la giurisprudenza si uniformi all’orientamento giurisprudenziale emerso dalla sentenza Grilli (Cass. 10 maggio 2017, n. 11504, in Guida al diritto
2017, fasc. 23, p. 16), secondo la quale « Il giudice del divorzio, richiesto dell’assegno di
cui all’art. 5, comma 6, della l. n. 898 del 1970, come sostituito dall’art. 10 della l. n. 74 del
1987, nel rispetto della distinzione del relativo giudizio in due fasi: a) deve veriicare, nella
fase dell’an debeatur, se la domanda dell’ex coniuge richiedente soddisfa le relative condizioni di legge (mancanza di “mezzi adeguati” o, comunque, impossibilità “di procurarseli
per ragioni oggettive”), non con riguardo ad un “tenore di vita analogo a quello goduto in
costanza di matrimonio”, ma con esclusivo riferimento all’“indipendenza o autosuficienza
economica” dello stesso, desunta dai principali “indici” – salvo altri, rilevanti nelle singole
fattispecie – del possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari
ed immobiliari (tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu imposti e del costo della vita nel
luogo di residenza dell’ex coniuge richiedente), della capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all’età, al sesso e al mercato del lavoro dipendente o
autonomo), della stabile disponibilità di una casa di abitazione; ciò sulla base delle pertinenti allegazioni deduzioni e prove offerte dal richiedente medesimo, sul quale incombe il corrispondente onere probatorio, fermo il diritto all’eccezione ed alla prova contraria dell’altro
ex coniuge; b) deve tener conto, nella fase del quantum debeatur, di tutti gli elementi indicati dalla norma (“condizioni dei coniugi”, “ragioni della decisione”, “contributo personale
ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio
di ciascuno o di quello comune”, “reddito di entrambi”) e valutare “tutti i suddetti elementi
anche in rapporto alla durata del matrimonio” al ine di determinare in concreto la misura
150
Geo MAGri
ordinamenti di civil law, ove il precedente non è vincolante, esso può assumere un valore altamente persuasivo nei confronti delle altre corti e quindi
può incidere e di fatto incide sulle interpretazioni successive della norma.
L’interpretazione dottrinale, inine, è quella effettuata dagli studiosi del
diritto; essa non ha valore vincolante, ma soltanto persuasivo e può inluenzare l’interpretazione giudiziale sia offrendo criteri ermeneutici per le nuove
disposizioni normative sia attraverso l’esame critico delle interpretazioni
giurisprudenziali.
Correttamente Rodolfo Sacco ha osservato che l’interpretazione (dottrinale o giurisprudenziale) deve essere considerata essa stessa come fonte del
diritto, poichè condiziona e determina la concreta applicazione del diritto
scritto, contribuendo alla formazione della regola giuridica effettivamente
operante20.
In questa sede sembra di particolare interesse approfondire l’esame
dell’interpretazione giurisprudenziale al ine di comprendere se e in quale
modo i giudici italiani possano, attraverso le loro pronunce, favorire un percorso di armonizzazione del diritto italiano a quello degli altri ordinamenti
europei utilizzando l’ausilio del diritto comune europeo o del diritto comparato nell’interpretazione del diritto italiano.
In base a una prima e forse un po’ supericiale lettura dell’art. 101 secondo comma Cost., la risposta sembrerebbe decisamente negativa. La norma,
disponendo che «i giudici sono soggetti soltanto alla legge», sembrerebbe
escludere tassativamente la possibilità di fare ricorso a fonti extralegislative
o alle soft laws. In realtà è senza dubbio affrettato affermare che il giudice
sia vincolato soltanto alla legge, intendendo come tale il solo testo scritto
risultante dalle norme vigenti in un determinato ordinamento. Tutti i tentativi di bloccare l’evoluzione del diritto in via interpretativa sono destinati a
naufragare al pari di quello di Giustiniano, che vietò l’interpretazione della sua codiicazione, per giungere sino al tentativo di affermare il dominio
esclusivo della legge durante la Rivoluzione francese bandendo dal lessico
giuridico le parole interpretazione e giurisprudenza21. La situazione reale è
dell’assegno divorzile, sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte,
secondo i normali canoni che disciplinano la distribuzione dell’onere della prova».
20 R. SAcco, P. roSSi, Introduzione al diritto comparato, in Trattato di diritto comparato,
dir. da R. Sacco, Torino, VI ed., 2015, p. 75 ss. Su questo tema si veda anche N. liPAri, Il
diritto civile tra legge e giudizio, Milano, 2017.
21 Cfr. G. zAGreBelSKy, op. cit., p. 83, il quale, citando l’esperienza romana e francese
dimostra come l’attività dell’interprete non possa essere ingabbiata dal testo della legge. Si
veda anche R. SAcco, Codiicare: modo superato di legiferare?, in Riv. dir. civ., 1983, I, p.
117 ss., p. 125, secondo il quale, se non si può considerare superata l’idea di codice, deve
considerarsi superata l’idea che il codice possa nascere privo di lacune, e che «la sua sola
151
il dcFr coMe “ScAtolA Per Gli Attrezzi” Per il Giudice itAliAno
quindi molto diversa da quella preigurata da Montesquieu per cui il giudice
era solo la bouche de la loi; un tale assunto presuppone necessariamente che
la legge sia in grado di disciplinare ogni aspetto della vita dei consociati,
ma è oltremodo evidente che ciò è impossibile e che quindi occorre un intervento integrativo da parte del giudice, almeno in tutti quei casi in cui il
legislatore, non prevedendo una regola per il caso concreto, abbia lasciato
al giudice il compito di equilibrare gli interessi in conlitto, oppure in quei
casi in cui si renda necessario adeguare singole disposizioni normative per
renderle conformi al sistema nel quale sono inserite. Di tale necessità si è
reso perfettamente conto il legislatore svizzero, che, al capoverso dell’art.
1 del codice civile, ha riconosciuto al giudice la facoltà di individuare, in
assenza di leggi e consuetudini contrastanti, «la regola che egli adotterebbe
come legislatore»22. Il codice svizzero, quindi, ammette apertamente quello
che le regole ermeneutiche italiane non hanno il coraggio di dire espressamente: quando il diritto scritto tace, è l’interprete che crea la regola, che
ciò avvenga attraverso il ricorso all’analogia o tramite altri procedimenti ha
poca importanza23.
lettera possa offrire una buona soluzione per tutti i possibili casi del futuro» e N. liPAri, Il
diritto civile, cit., p. 60 ss.
R. quAdri, op. cit., p. 204, nota 19 ricorda come nella legge urbinate del 1613 considerata
come ultima legge delle citazioni si prevedeva che i tribunali non potessero discostarsi dal
testo, dalla Glossa, dalla lettura di Bartolo e Baldo, «sotto pena al giudice che contraverà
della privatione dell’Uficio, agl’avvocati e procuratori della privatione dell’esercitio della
professione loro». Secondo il Quadri l’esigenza di restringere la libertà dell’interprete era
legata al bisogno di evitare che essa si trasformasse in arbitrio a scapito della certezza del
diritto e a danno dei diritti dei cittadini.
22 Il testo dell’art. 1 dispone che: «1 La legge si applica a tutte le questioni giuridiche alle
quali può riferirsi la lettera od il senso di una sua disposizione.
2 Nei casi non previsti dalla legge il giudice decide secondo la consuetudine e, in difetto di
questa, secondo la regola che egli adotterebbe come legislatore.
3 Egli si attiene alla dottrina ed alla giurisprudenza più autorevoli».
La codiicazione svizzera riprende la tesi di F. Gény, Méthode d’interprétation et sources
en droit privé positif: essai critique, [1899], Paris, Librairie Generale de droit, 1919, t.
II, p. 309. Secondo Gény, di fronte a un caso non disciplinato dal legislatore, il giudice
avrebbe dovuto improntare il suo giudizio all’equità del caso concreto, individuando la
regola che egli avrebbe adottato se fosse stato legislatore, cfr. C. lAtini, «L’araba fenice».
Specialità delle giurisdizioni ed equità giudiziale nella rilessione dottrinale italiana tra
Otto e Novecento, in Quaderni iorentini, vol. 35, t. 1, 2006, p. 595 ss., spec. p. 628. Sull’art.
1 del codice elvetico si vedano G. AlPA, L’arte di giudicare, Bari – Roma, 1996, p. 33; A.
Gentili, Il diritto come discorso, Milano, 2013, p. 328.
23 Un tale assunto, dificilmente accettabile sino a quando predominava la teoria del
positivismo giuridico, appare oggi più seducente dal momento che, come correttamente
152
Geo MAGri
Sarebbe parimenti errato ritenere che il giudice sia vincolato alla sola
legislazione nazionale; egli, infatti, è tenuto a rispettare il cd. obbligo di
interpretazione conforme che non riguarda solo il testo della Costituzione,
ma che si estende, in base all’art. 11 Cost., anche al diritto eurounitario.
In forza di tale obbligo, il giudice, interpretando il diritto, è tenuto ad addivenire a un risultato conforme a quello voluto dalla carta costituzionale
o dall’ordinamento dell’Unione Europea24. Per quanto concerne più nello
speciico l’obbligo di interpretazione conforme al diritto dell’Unione, esso
trova la sua fonte, oltre che nell’art. 11 Cost., nel principio di leale collaborazione tra gli organi e gli Stati dell’Unione Europea e consente anche
agli atti privi di eficacia diretta di assumere rilevanza all’interno dei singoli
ordinamenti nazionali, in quanto indicano al giudice un parametro al quale
adeguarsi nell’interpretazione25. L’obbligo si estende, secondo la Corte di
osserva R. cAterinA, op. cit., p. 13, la «cultura giuridica italiana è orfana del positivismo
giuridico. Senza impegnarci in dificili periodizzazioni storiche, si può certamente dire che
il positivismo giuridico è stato per un certo tempo la teoria del diritto dominante in Italia; e
che non solo non lo è più, ma anzi conta un numero rapidamente decrescente di sostenitori».
24 L’esistenza di un obbligo di interpretazione conforme è ormai incondizionatamente accolto sia dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia che da quella nazionale, in particolare
dalla Corte Costituzinale. Cfr., senza pretese di completezza, Corte di giustizia, 15 maggio
2003, causa C-160/01, Mau, in Racc. I-4791, par. 34; 5 ottobre 2004, causa C-397/01 –
Pfeiffer e a, in Racc. I – 8878, par. 114 «L’esigenza di un’interpretazione conforme del
diritto nazionale è inerente al sistema del Trattato, in quanto permette al giudice nazionale
di assicurare, nel contesto delle sue competenze, la piena eficacia delle norme comunitarie
quando risolve la controversia ad esso sottoposta» e 8 novembre 2016, C-554/14 Atanas
Ognyanov, in Cass. pen. 2017, p. 1214. Con riferimento alla giurisprudenza italiana cfr.,
tra le tante, C. Cass. 8 maggio 2017, n. 11165, in banca dati De Jure, secondo la quale
«Occorre inoltre richiamare il consolidato principio dell’ordinamento, avente natura cogente per qualsiasi giudice, secondo cui, di fronte a possibili interpretazioni differenti di un
medesimo testo normativo, occorre sempre preferire l’interpretazione che risulti conforme
alla Costituzione ed al diritto comunitario»; C. Cost., 15 maggio 2015, n. 83, in Foro amm.
2015, p. 1639; Consiglio di Stato, sez. III, 13 maggio 2015, n. 2401, ivi, 2015, p. 1377.
In dottrina si veda. R. BArAttA, Il telos dell’interpretazione conforme all’acquis dell’Unione, in Riv. dir. int., 2015, p. 28 ss.; A. BernArdi, a cura di, L’interpretazione conforme
al diritto dell’Unione Europea. Proili e limiti di un vincolo problematico, Napoli, 2015;
V. Piccone, L’interpretazione conforme nell’ordinamento integrato, in Il diritto europeo
nel dialogo delle corti, Milano, 2013, p. 277 ss.; G. lA MAlFA riBollA, Interpretazione
conforme ed interpretazione uniforme: recenti questioni in tema di vendita internazionale
di beni mobili, in Europa e dir. priv. 2010, p. 891 ss. Con speciico riguardo all’interpretazione conforme del diritto privato all’ordinamento costituzionale ed eurounitario il rinvio
d’obbligo è a P. PerlinGieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema
italo-comunitario delle fonti, Napoli, III ed. 2006.
25 Cfr. Corte di giustizia, 5 ottobre 2004, C-397/01 – Pfeiffer e a., cit., par. 110 «l’ob-
153
il dcFr coMe “ScAtolA Per Gli Attrezzi” Per il Giudice itAliAno
Giustizia, anche alla Carta dei diritti fondamentali26 e ai principi risultanti
dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e della Corte Europea dei diritti
dell’uomo27.
Secondo la Corte di Cassazione l’obbligo di interpretazione conforme è
prospettabile anche con riguardo a una disposizione non avente ancora valore normativo all’interno del nostro ordinamento. Nella fattispecie sottoposta
alla Corte Suprema si doveva stabilire se una Convenzione internazionale non
ancora ratiicata, quindi priva di valore normativo, potesse comunque essere
presa in considerazione nell’interpretazione del diritto vigente. In proposito la
Cassazione ha affermato che: «sebbene il Parlamento ne abbia autorizzato la
ratiica con la legge 28 marzo 2001, n. 145, la Convenzione di Oviedo non è
stata a tutt’oggi ratiicata dallo Stato italiano. Ma da ciò non consegue che la
Convenzione sia priva di alcun effetto nel nostro ordinamento. Difatti, all’accordo valido sul piano internazionale, ma non ancora eseguito all’interno dello
Stato, può assegnarsi – tanto più dopo la legge parlamentare di autorizzazione alla ratiica – una funzione ausiliaria sul piano interpretativo: esso dovrà
cedere di fronte a norme interne contrarie, ma può e deve essere utilizzato
nell’interpretazione di norme interne al ine di dare a queste una lettura il più
possibile ad esso conforme»28. La Corte Suprema non si limita ad affermare
bligo degli Stati membri, derivante da una direttiva, di conseguire il risultato da questa
contemplato come pure il dovere loro imposto dall’art. 10 CE di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l’adempimento di tale obbligo valgono per tutti
gli organi degli Stati membri, ivi compresi, nell’ambito di loro competenza, quelli giurisdizionali (v., in particolare, sentenze 13 novembre 1990, causa C-106/89, Marleasing, in
Racc, pag I-4135, punto 8; Faccini Dori, cit., punto 26; 18 dicembre 1997, causa C-129/96,
Inter-Environnement Wallonie, in Racc, pag. I-7411, punto 40, e 25 febbraio 1999, causa
C-131/97, Carbonari e a., in Racc. pag. I-1103, punto 48)».
26 Corte di giustizia, 4 giugno 2013, causa C-300/11 (Grande sezione), ZZ contro
Secretary of State for the Home Department, par. 50, secondo il quale : «(i)n tale contesto
occorre determinare se e in quale misura gli articoli 30, paragrafo 2, e 31 della direttiva
2004/38 consentano di non divulgare i motivi circostanziati e completi di una decisione
adottata a norma dell’articolo 27 della medesima direttiva, le cui disposizioni devono essere oggetto di un’interpretazione conforme ai precetti che risultano dall’articolo 47 della
Carta».
27 Tra i tanti contributi dedicati al dialogo tra le Corti si vedano M. cArtABiA (a cura di),
I diritti in azione. Universalità e pluralismo dei diritti fondamentali nelle Corti europee,
Bologna 2007 e M. SAlvAdori, Convenzione europea dei diritti dell’uomo e ordinamento
italiano, in DPUE, 2008, p. 127 ss.; G. teSAuro, Il dialogo tra giudice italiano e corti europee, in C. Balducci, M. L. Serrano (a cura di), Nuovi assetti delle fonti del diritto del lavoro:
Atti del Convegno Nazionale: Otranto, 10-11 giugno 2011, Roma, 2011, p. 11 ss.
28 Cass. 16 ottobre 2007, n. 21748, in Foro it., 2008, I, c. 2609. La sentenza è altresì
interessante poiché fa ricorso alla comparazione per confermare come la ratio decidendi
154
Geo MAGri
il principio appena esposto, ma utilizza la comparazione giuridica per dimostrare che la ratio decidendi seguita nel caso di specie trova conferma anche in
altri ordinamenti giuridici. La comparazione è quindi utilizzata per conferire
alla decisione un maggior prestigio e per dimostrare la validità del percorso argomentativo seguito dai giudici. Peraltro appare opportuno sottolineare
come sia la stessa legge italiana (art. 2 comma 2 legge 218/95) a disporre che,
nell’interpretazione delle convenzioni, si debba tenere debito «conto del loro
carattere internazionale e dell’esigenza della loro applicazione uniforme».
È vero che la Convenzione citata dalla Cassazione si colloca in una posizione diversa rispetto a un testo di soft law come il DCFR e che l’autorizzazione alla ratiica da parte del Parlamento indica una chiara volontà dello
Stato a vincolarsi; tuttavia la pronuncia della Corte Suprema pare contenere
alcuni spunti di rilessione utili anche con riguardo a progetti di diritto uniforme. Se è vero che, come afferma la Cassazione, anche atti privi di valore
normativo possono svolgere una funzione ausiliaria sul piano interpretativo,
non si vede per quale ragione si dovrebbe negare un tale ruolo a fonti di soft
law che si propongono di perseguire l’armonizzazione del diritto europeo
prevista dai Trattati ai quali l’Italia ha aderito e che sono legittimati dalle
istituzioni europee, le quali non solo hanno patrocinato la creazione di questi
testi, ma ne hanno anche determinato il contenuto e la portata. Ovviamente il
DCFR, non essendo diritto positivo, «dovrà cedere di fronte a norme interne
contrarie», ma non vi è ragione per cui la giurisprudenza non possa tenere
conto di esso «nell’interpretazione di norme interne» al ine di dare a queste
ultime una lettura che sia più armonizzata possibile con quella degli altri
ordinamenti europei. In dottrina, del resto, il principio dell’interpretazione
conforme è sovente prospettato come uno strumento per prevenire e risolvere conlitti e per assicurare coerenza fra norme e fra ordinamenti giuridici29.
Da questo punto di vista, quindi, si potrebbe affermare che l’utilizzo del
DCFR o degli strumenti di diritto uniforme che trovano la loro fonte in provvedimenti dell’UE sia una conseguenza diretta dell’obbligo di interpretazione conforme, il quale, come abbiamo visto, si estende sino a ricomprendere
atti che, pur non dotati di valore normativo, sono comunque rilevanti per
ricostruire l’esatta portata dell’ordinamento al quale occorre conformarsi.
L’interprete non potrà quindi ignorare quei testi che, come il DCFR, pur
non dotati di valore normativo, esprimono una chiara intenzione e una netta
presa di posizione delle istituzioni europee e che trovano la loro legittimazione in provvedimenti formali di tali istituzioni. Utilizzare il DCFR e gli
adottata trovi conferma anche in altri ordinamenti giuridici.
29 E. cAnnizzAro, Interpretazione conforme fra tecniche ermeneutiche ed effetti normativi, in A. Bernardi (a cura di), L’interpretazione conforme al diritto dell’Unione Europea,
proili e limiti di un vincolo problematico, Napoli, 2015, p. 3.
155
il dcFr coMe “ScAtolA Per Gli Attrezzi” Per il Giudice itAliAno
altri strumenti di soft law che armonizzano il diritto europeo come ausilio
nell’interpretazione del diritto domestico non pare quindi un’attività sovversiva da parte del giudicante; al contrario, un tale utilizzo sembra piuttosto
il ricorso a un criterio oggettivo ausiliario nell’interpretazione del diritto
nazionale, soprattutto in quei settori in cui il diritto nazionale è già stato
oggetto inluenzato dal diritto europeo30.
Se è ovvio che il potere di fare le leggi spetta al Parlamento (art. 70 Cost.
ital.) e che il giudice dovrebbe limitarsi ad applicarle, è empiricamente innegabile che il giudice crei quotidianamente il diritto31. Questo è un dato di
fatto evidente a chiunque e spesso stigmatizzato dalla letteratura; basti pensare all’aria della vendetta di Don Bartolo nelle Nozze di Figaro, nella quale
Da Ponte fa dire al leguleio «se tutto il codice dovessi volgere, se tutto l’indice dovessi leggere, con un equivoco, con un sinonimo, qualche garbuglio
si troverà», piuttosto che alla igura dell’Azzeccagarbugli di manzoniana
memoria32.
La stessa attività nomoilattica della Corte Suprema è paciicamente attività creatrice di norme giuridiche alle quali la giurisprudenza si adegua.
Quando il giudice è chiamato a risolvere casi complessi, in cui vi sia una
forte percentuale di discrezionalità, la sentenza, soprattutto quando proviene
dalla Cassazione (magari a Sezioni Unite), assume, dato il valore altamente persuasivo sulle corti inferiori, una valenza assimilabile a quella di un
atto legislativo33. Ciò appare ancora più evidente alla luce del nuovo art.
360 bis c.p.c., comma 1, n. 1, che prevede l’inammissibilità del ricorso in
Cassazione, quando il provvedimento impugnato abbia deciso le questioni di diritto «in modo conforme alla giurisprudenza della Corte» e l’esame
30 Lo stesso Parlamento Europeo ha sottolineato l’esigenza di assicurare e rafforzare il
dialogo tra le giurisdizioni degli Stati membri al ine di consentire un’effettiva armonizzazione del diritto europeo. Cfr. la Risoluzione del 9 luglio 2008 sul ruolo del giudice nazionale nel sistema giudiziario europeo (doc. A6-0224/2008).
31 Così L. BiGliAzzi Geri, L’interpretazione, Milano, 1994, p. 120. Il ruolo creativo del
giurista interprete è analizzato anche in A. GAMBAro, Il successo del giurista, in Foro it.,
1983, V, c. 85 ss.
32 Per un parallelismo tra la igura di Don Bartolo e di Azzeccagarbugli si veda G. MAGri,
Tra diritto, giustizia e regole sociali: la trilogia Mozart–Da Ponte, in ISSL papers, 2015
(Vol. 8), p. 9 ss.
33 In questo senso si veda K. diPlocK, The Courts as Legislators, Birmingham, 1965. Si
potrebbe obiettare che l’autore muova dalla visione tipica del modello di common law, dove
la giurisprudenza ha un ruolo ben diverso da quello proprio dell’esperienza continentale,
analoghe osservazioni, però, sono condivise anche da un magistrato della Corte Suprema di
Cassazione italiana, cfr. di A. lAMorGeSe, L’interpretazione creativa del giudice non è un
ossimoro, in Questione giustizia, 4/2016, p. 115 ss., p. 116.
156
Geo MAGri
dei motivi non offra elementi per confermare o mutare l’orientamento della
stessa34. La previsione normativa attesta un evidente riconoscimento del valore vincolante del precedente, impedendo di ricorrere al giudizio di legittimità quando la decisione sia conforme ai precedenti della Corte Suprema e
imponendo, indirettamente, alle corti di merito di uniformarsi alla giurisprudenza del Supremo Collegio, al ine di evitare che le loro decisioni vengano
impugnate in sede di legittimità35.
Un esempio paradigmatico del ruolo creativo della giurisprudenza sul
quale si è recentemente soffermata la dottrina è offerto dall’abuso del diritto
che, pur non essendo stato codiicato nel nostro codice civile, per espressa
volontà del codiicatore, ha cominciato a farsi strada nell’ordinamento attraverso le sentenze dei giudici36. L’abuso del diritto dimostra come uno degli
elementi caratterizzanti dell’esperienza giuridica del nostro tempo sia la sua
progressiva giurisdizionalizzazione, ossia lo «spostamento del punto focale
dell’analisi dall’origine all’uso delle norme in funzione di quella che è stata
deinita la legalità del caso»37.
L’abuso del diritto non è certo l’unica ipotesi nella quale la giurispru34 Sul tema si è pronunciata anche la Cassazione a Sezioni unite (Cass. sez. un.,
21/03/2017, n. 7155, in Foro it. 2017, I, c. 1177 ss.), secondo la quale «Il ricorso che censuri il provvedimento impugnato conforme alla giurisprudenza della corte è inammissibile,
ma non manifestamente infondato».
35 Il valore creativo dell’attività interpretativa, soprattutto con riguardo alle norme di
diritto privato, era del resto stato evidenziato già da un illustre giurista come Carl Schmitt,
il quale auspicava l’adozione di clausole generali che concedessero un certo grado di autonomia decisionale all’interprete. C. SchMitt, Il custode della Costituzione, Milano, 1981,
p. 36 e s.
36 Cfr. A. GAMBAro, Abuso del diritto, in Enciclopedia giuridica Treccani, I, Roma,
1988, p. 2, osservava come la cautela verso la positivizzazione dell’abuso del diritto fosse
frutto del sostanziale timore di un eccessivo potere conferito al giudice.
Il legislatore nel ’42 aveva accantonato l’idea di disciplinare l’abuso del diritto nel testo
del codice civile, nonostante l’art. 7 del progetto preliminare prevedesse una tale disciplina
disponendo che: «nessuno può esercitare il proprio diritto in contrasto con lo scopo per
cui il diritto medesimo gli è conferito». Più in generale sull’abuso del diritto si vedano V.
GiorGiAnni, L’abuso del diritto nella teoria della norma giuridica, Milano, 1963, p. 5 ss. e
R. SAcco, in G. Alpa, M. Graziadei, A. Guarneri, U. Mattei, P. G. Monateri, R. Sacco, La
parte generale del diritto civile 2, Il diritto soggettivo, in Trattato di diritto civile, dir. da R.
Sacco, Torino, 2001, p. 309 ss.
37 In questi termini si esprime N. liPAri nel suo saggio Ancora sull’abuso del diritto
Rilessioni sulla creatività della giurisprudenza, pubblicato in Questione giustizia, 4/2016,
p. 33 e ss. (cfr. p. 36) e in Riv. trim. dir e proc. civ., p. 1 ss. Dello stesso autore si veda
On Abuse of Rights and Judicial Creativity, in The Italian Law Journal, Vol. 03 – No. 01
(2017), p. 55 ss. e Il diritto civile, cit., p. 191 ss.
157
il dcFr coMe “ScAtolA Per Gli Attrezzi” Per il Giudice itAliAno
denza si è emancipata dal testo scritto della legge e ha creato diritto. Se
raffrontiamo le scarne disposizioni contenute nel codice civile in materia di
fatto illecito con quanto emerge dalle raccolte giurisprudenziali e dalle numerose monograie avvertiamo in modo evidente quanto la giurisprudenza
si sia affrancata dal diritto scritto e abbia creato regole che il legislatore non
aveva inteso formalizzare. Del resto, come si è già avuto modo di rilevare,
l’interpretazione è per sua natura evolutiva e creatrice, posto che il diritto
risponde a esigenze sociali mutevoli. Lo scopo del diritto non è solo quella
di assicurare la giustizia, ma soprattutto quella di garantire la convivenza tra
i consociati; solo quando le situazioni sociali sono statiche l’interpretazione
è statica, nel momento in cui le situazioni sociali sono dinamiche l’interpretazione si deve adeguare e conformare alle nuove esigenze38.
Con ciò non si intende certo legittimare il ruolo politicamente attivo di
una certa giurisprudenza, che, desiderosa di vedere riconosciuti determinati
valori etico/politici, si sostituisce al legislatore sovvertendo il diritto positivo che non condivide; a differenza del musicista, il giurista non può improvvisare o effettuare variazioni sul testo che deve essere interpretato39.
L’attivismo politico del giudice è un’altra cosa e va stigmatizzato in quanto
il diritto vivente ha l’obbligo di rispettare e di non contraddire il diritto vigente40; se l’interprete vuole scrivere o modiicare il diritto condito deve
38 In questo senso si veda G. zAGreBelSKy, op. cit., p. 83 e s.
39 M. Brunello, G. zAGreBelSKy, op. cit., p. 41.
40 Da questo punto di vista sembrano assolutamente condivisibili le brillanti critiche di
un grande maestro della civilistica italiana, il quale osservava come il diritto vivente si sia
in molte occasioni sostituito indebitamente al diritto vigente. Cfr. F. GAzzoni, Tentativo
dell’impossibile (osservazioni di un giurista “non vivente” su trust e trascrizione), in Riv.
notar, 2001, I, p. 14 ss. Merita in questa sede riportare l’incipit del saggio «Quando nel
1986 lessi la famosa sentenza n. 184 della Corte costituzionale sul risarcimento del danno
biologico, rimasi sconcertato non solo per le innumerevoli e inutili divagazioni della motivazione (l’estensore aveva avuto evidentemente poco tempo a disposizione e non era riuscito ad essere sintetico, stando almeno alla ben nota giustiicazione epistolare di Goethe),
ma anche e soprattutto perché, a sostegno di una decisione molto forzata, si invocava, per
la prima volta, il c.d. diritto vivente, quello cioè che risulta dalle opinioni dei dottori, ma
soprattutto dalle sentenze dei giudici.
A quali incredibili pasticci abbia poi dato luogo quella sentenza (ormai sfociata nella teorizzazione del c.d. danno esistenziale) è ben noto a tutti, proprio in termini di diritto vivente.
L’assurdità delle tesi avanzate e delle motivazioni addotte è tale che, volendo io scrivere
qualcosa in replica, ho scelto la formula della favola, visto che di tecnico-giuridico ormai
non residua pressoché più nulla.
Il fatto è che il diritto vivente, quando individua un aspetto della vita sociale non adeguatamente disciplinato dalla legge o un’esigenza economico-commerciale che si pone, allo
stato, in conlitto con la legge stessa, non opera de iure condendo, ma de iure condito,
158
Geo MAGri
smettere i panni del giurista e vestire quelli del legislatore, giacché è compito dei politici militanti quello di lottare attivamente, al di là delle leggi, afinché si instauri quella che ciascuno, nella sua coscienza, considera la giustizia
sociale; compito del giurista è, invece, quello di «lottare per mantenere entro
i limiti delle leggi, la giustizia giuridica»41.
In questa sede, quindi, si intende auspicare che il giudice interpreti il
diritto rimanendo quanto più possibile fedele alla volontà espressa dal legislatore. Qualora, però, il giudice sia chiamato a risolvere un casus omissus
o a scegliere la soluzione di un casus dubius tra più possibili interpretazioni
parimenti plausibili, appare preferibile che egli scelga la soluzione più conforme a quelli che sono i principi del diritto comune europeo e che trovano
la loro espressione in testi che hanno la loro legittimazione nelle decisioni
delle istituzioni europee, le quali hanno espressamente dimostrato l’intenzione di procedere verso un’armonizzazione del diritto europeo. Queste regole dovrebbero ispirare il giudice anche quando interpreta il diritto alla luce
sostituendo un diritto asseritamente vivente ad altro diritto ritenuto evidentemente morto,
benché, a livello di fonti normative, non ancora modiicato o abrogato.
La cosa più sorprendente sono le motivazioni con le quali si tenta di conciliare l’inconciliabile e cioè il diritto vigente con quello c.d. vivente, quando l’uno detta principi opposti a
quelli che si vorrebbero far vivere.
Si procede infatti con l’accetta, mediante obliterazioni, distorsioni, collages di principi presi
qui e là, accostamenti assurdi e soprattutto capovolgimenti della ordinaria gerarchia regolamentare, in virtù della quale ad un principio dettato da una norma inderogabile può bensì
fare eccezione altra norma, ma non già un atto di autonomia privata.
Di fronte a questo modo di procedere, chi tenta timidamente di opporsi è tacciato di formalismo, novella ingiuria rivolta a chi tiene conto del diritto quale esso è in vigore e non
già quale si vorrebbe che fosse. Ma non dovrebbero forse i rimproveri o magari gli insulti
essere rivolti al legislatore distratto o inadeguato?
Le obiezioni del giurista formalista «non vivente» alle tesi dei «viventi» sono dunque ovvie
e banali. Ma che cosa si può replicare a chi, postasi una meta, e cioè ammettere la possibilità
di giungere nel nostro ordinamento ad un certo risultato, benché esso violi evidenti principi,
si comporta come colui il quale vuole entrare in paradiso a dispetto dei santi?
Riconosco peraltro che il diritto vivente è ormai una realtà, a livello perino metodologico
e di principio, se perino la Corte costituzionale si diverte a giocare a ping-pong con la
Cassazione, divenuta sua interlocutrice, in luogo o, al più, insieme al legislatore, con quali
conseguenze per il cittadino che voglia essere ligio al principio secondo cui ignorantia legis
non excusat, si può ben comprendere, una volta che per legge si intendano, appunto, le giravolte dei giudici e dei dottori, con buona pace di quella «sicurezza giuridica, che costituisce
elemento fondamentale e indispensabile dello Stato di diritto»… ».
41 In questo senso si esprimeva P. cAlAMAndrei, Fede nel diritto, Bari Roma, 2008, p.
102, secondo il quale al giurista che è essenzialmente un legalitario non è consentito prender
parte attiva, ino a che vuol fare opera di giurista, alla lotta per l’instaurazione di leggi più
giuste. Piuttosto egli deve lottare attivamente afinché il diritto sia giustamente applicato.
159
il dcFr coMe “ScAtolA Per Gli Attrezzi” Per il Giudice itAliAno
dei principi generali dell’ordinamento. L’ordinamento italiano, infatti, non
è isolato rispetto a quello degli altri Stati membri o al diritto eurounitario; al
contrario esso sta evolvendo in un percorso comune verso un quadro sempre
più uniforme che sta contribuendo a formare. Tale quadro trova una delle
sue più mature manifestazioni proprio nei progetti di diritto uniforme quali il
DCFR o il draft risultante dal Feasibility study for a future instrument in european contract law pubblicato nel 2011 per iniziativa della Commissione.
L’armonizzazione del diritto europeo appare come una conseguenza ormai sempre più necessaria del processo di integrazione europea conseguente
all’adozione dei Trattati UE. L’Italia ha aderito e si è impegnata a rispettare
tali Trattati; l’obbligo di interpretazione del diritto nazionale in conformità
ai principi del diritto comune europeo si estende a tutti gli organi dello Stato,
compresa la magistratura, la quale, per quanto possibile e nei limiti della
discrezionalità che le è attribuita, dovrebbe interpretare le norme del nostro
ordinamento non soltanto alla luce del sistema risultante dal diritto domestico, ma nel più ampio quadro del diritto europeo come emerge anche da atti
pur privi di valore normativo, ma che indicano una chiara intenzione delle
istituzioni europee.
3. L’articolo 12 delle preleggi e il diritto comparato
A partire da un saggio di K. Zweigert42, la dottrina si è interrogata sulla
possibilità di utilizzare il diritto comparato come ausilio per l’interpretazione del diritto interno; con riferimento al diritto italiano, ci si deve chiedere se
l’articolo 12 delle preleggi, facendo riferimento ai principi generali dell’ordinamento, consenta di prendere in considerazione il diritto comune europeo
come dimora attuale del diritto italiano43.
Ovviamente si tratta di una questione ben diversa rispetto all’utilizzo del
diritto straniero nella risoluzione di una controversia di carattere internazionalprivatistico; in questo caso, infatti, il rinvio è normalmente deinito
come “dovuto”, poiché è il diritto italiano a rimandare a una norma straniera
per disciplinare una determinata fattispecie. La questione che qui interessa,
invece, è se, e in quale misura, il diritto straniero possa essere utilizzato per
meglio interpretare il diritto italiano o per integrare eventuali lacune. Il dirit42 K. zweiGert, Rechtsvergleichung als universale Interpretationsmethode, in RabelsZ
15 (1949-50), p. 5 ss., la questione è stata ripresa più recentemente da C. D. von BuSSe, Die
Methoden der Rechtsvergleichung im öffentlichen Recht als richterliches Instrument der
Interpretation von nationalem Recht, Baden – Baden, 2015.
43 P.G. MonAteri, A. SoMMA, “Alien in Rome”, L’uso del diritto comparato come interpretazione analogica ex art. 12 delle preleggi, in Foro it., 1999, V, col. 47 ss., col. 47.
160
Geo MAGri
to straniero, in questo modo, può essere utilizzato non soltanto per favorire
un percorso di Rechtsangleichung o di Rechtsvereinhetlichung, ma anche
per avvalorare una richterliche Rechtsfortbildung, ossia un’evoluzione giurisprudenziale del diritto, che, come si è detto, è spesso connaturale all’attività interpretativa44. In proposito il Parlamento europeo45 ha sottolineato il
fatto che i giudici nazionali sono un elemento centrale del sistema giudiziario dell’Unione Europea, in quanto svolgono una funzione fondamentale e
imprescindibile per la creazione di un ordinamento giuridico unico europeo.
Ne consegue l’esigenza di garantire ai giudici e agli avvocati di ciascun
Paese membro un maggiore accesso alla giurisprudenza nazionale degli altri
Stati membri46.
L’utilizzo della comparazione giuridica in via interpretativa è un tema
del quale si è occupata in modo piuttosto approfondito la dottrina tedesca,
aprendo un campo di indagine che ha poi visto impegnarsi anche studiosi di
altri paesi47.
44 Si vedano in proposito le osservazioni di B. GroSSFeld, Vom Beitrag der
Rechtsvergleichung zum deutschen Recht, in AcP, 184 (1984), p. 606 ss., secondo il quale,
però, l’utilizzo del diritto comparato deve avvenire entro il limite delle opzioni interpretative possibili.
45 Risoluzione del 9 luglio 2008 sul Ruolo del giudice nazionale nel sistema giudiziario
europeo (doc. A6-0224/2008).
46 S. FAro, Sistemi informativi per l’accesso transnazionale alla giurisprudenza dei giudici europei, in Informatica e diritto, 2008, p. 201 ss., spec. p. 203 s.
47 Senza pretese di completezza si vedano, oltre ai già citati K. zweiGert, Rechtsvergleichung
als universale Interpretationsmethode, e B. GroSSFeld, Vom Beitrag der Rechtsvergleichung
zum deutschen Recht, le opere di J. KroPholler, Die vergleichende Methode und das internationale Privatrecht, in ZVglRW 77 (1978), p. 1 ss.; U. droBniG, P. doPFFel, Die Nutzung
der Rechtsvergleichung durch den deutschen Gesetzgeber, in RabelsZ, 46 (1982), p. 253 ss.;
U. droBniG, Rechtsvergleichung in der deutschen Rechtsprechung, in RabelsZ, 50 (1986),
p. 610 ss.; G. reinhArt, Rechtsvergleichung und richterliche Rechtsfortbildung auf dem
Gebiet des Privatrechts, in Richterliche Rechtsfortbildung – Erscheinungsformen, Auftrag
und Grenzen, Festschrift der Juristischen Fakultät zur 600-Jahr-Feier der Ruprecht-KarlsUniversität Heidelberg, 1986, p. 599 ss.; E. jAyMe, Precedente e “Rechtsfortbildung“ nel
sistema tedesco dell’illecito civile. L’inluenza del diritto comparato, in Foro it., V, 1988, c.
369 ss.; A. SoMMA, L’uso giurisprudenziale della comparazione nel diritto interno e comunitario, Milano, 2001; C. BAlduS, Il valore del precedente extrastatuale nell’applicazione
del diritto interno. Un punto di vista tedesco di diritto privato comunitario, in Contratto e
Impresa / Europa, 2008, p. 4 ss.; G. SMorto, L’uso giurisprudenziale della comparazione,
in Eur. dir. priv., 2010, p. 1 ss.; M. BoBe, Comparative Reasoning in European Supreme
Courts, Oxford, 2013; j. SchMid, A. h. e. MorAwA, l. hecKendorn urScheler (a cura di),
Die Rechtsvergleichung in der Rechtsprechung, Zürich, Basel, Genf, 2014 e M. AndenAS,
d. FAirGrive, Courts and Comparative Law, Oxford, 2015.
161
il dcFr coMe “ScAtolA Per Gli Attrezzi” Per il Giudice itAliAno
Il ricorso al diritto straniero non può prescindere dall’utilizzo della metodologia comparatistica come «tecnica di accertamento» di tale diritto48;
è stato infatti correttamente osservato che l’ordinamento straniero non si
dà come «presenza sganciata dai mezzi conoscitivi predisposti dal diritto
comparato»49.
Si deve a questo punto esaminare come la comparazione e il diritto straniero (ricomprendendosi in esso il diritto comune europeo) possano essere
utilizzati al ine di meglio interpretare il diritto italiano. L’articolo 12 delle
preleggi indica, come si è detto, due criteri integrativi ai quali l’interprete
può fare rinvio: l’analogia e i principi generali dell’ordinamento giuridico
dello Stato. È evidente che la norma ha una funzione di chiusura dell’ordinamento italiano rispetto a quello straniero, chiusura che, se si può comprendere in relazione al periodo storico nel quale il codice fu scritto50, diviene
meno gustiicabile oggi, in un quadro sociopolitico completamente cambiato
e nel quale l’ordinamento italiano si inseririsce in un contesto europeo ed
internazionale, che impone (artt. 10 c. 1 e 117 c. 1 Cost.) un’apertura dell’ordinamento italiano a principi e valori stranieri.
La dottrina sembra farsi carico di questi rilievi quando osserva che, mentre il ricorso ai principi generali dell’ordinamento escluderebbe la possibilità di invocare il diritto straniero per interpretare il diritto interno, il ricorso all’analogia, non essendo vincolato alle sole norme vigenti all’interno
dell’ordinamento, permetterebbe di utilizzare anche il diritto di altri paesi
per colmare le lacune dell’ordinamento51. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi in
cui un casus omissus non possa essere risolto facendo ricorso all’interpretazione analogica delle disposizioni dell’ordinamento perché fanno difetto
le norme da applicare analogicamente: in questo caso l’interprete potrà supplire a questa mancanza ricorrendo all’analogia con le disposizioni di un
ordinamento straniero che disciplini un caso simile.
Prima di poter far ricorso al diritto comparato, quindi, l’interprete dovrà
veriicare che il caso non possa essere risolto con norme di diritto interno.
Solo quando tali norme siano assenti o solo qualora siano prospettabili più
soluzioni interpretative, prima di ricorrere ai principi generali dell’ordinamento, l’interprete potrà fare ricorso al diritto comparato per individuare
una soluzione o per stabilire, tra le alternative prospettabili, quella preferi48 P.G. MonAteri, A. SoMMA, op. cit., c. 49.
49 P.G. MonAteri, A. SoMMA, op. cit., c. 51.
50 La regola ha le sue origini, oltre che negli artt. 14 e 15 del codice albertino, nell’art.
3 delle disp. prel. cod. civ. 1865, che richiamava più generici principi generali del diritto,
mentre l’articolo 12 delle preleggi rinvia, in modo più autarchico, i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato. Cfr. G. GorlA, I precedenti, cit., col. 114.
51 P.G. MonAteri, A. SoMMA, op. cit., c. 50.
162
Geo MAGri
bile o quella che gode internazionalmente di maggior successo. La necessità
di fare ricorso al diritto comune europeo e al diritto comparato si fa maggiormente pressante nel caso in cui si debba interpretare una disposizione
di diritto europeo derivato, ad esempio una norma interna che risulta dalla
trasposizione di una direttiva. Un’interpretazione omogenea delle direttive
nei singoli Stati membri è, del resto, un’importante garanzia dell’armonizzazione alla quale tende il diritto eurounitario.
Ricorrere alla comparazione implica, però, affrontare e risolvere una serie di problemi pratici: in primo luogo si tratta di stabilire quale diritto straniero utilizzare. La soluzione preferibile sembra quella di fare riferimento in
prima istanza ai principi del diritto comune europeo. Tali principi, sebbene
attualmente godano, come già ricordato, del rango di soft laws, appaiono
preferibili rispetto ai singoli diritti nazionali per una serie di motivi: in primo luogo essi agevolano l’armonizzazione del diritto degli Stati membri e
il raggiungimento di un tale obiettivo appare non soltanto auspicabile, ma
anche conforme al progetto di costruzione di uno spazio giuridico comune
europeo; a tale progetto l’Italia ha preso parte nel momento in cui ha aderito
alle Comunità Europee prima e all’Unione Europea poi. Un altro motivo
per preferire il diritto comune europeo al diritto nazionale è legato al fatto
che le soluzioni in esso contenute appaiono più neutrali rispetto a quelle dei
singoli ordinamenti nazionali, i quali normalmente accompagnano le regole formulate espressamente a impliciti culturali (c.d. crittotipi) legati alla
tradizione che ne determinano la concreta applicazione e che sono dificilmente conoscibili agli stranieri. Inine, i principi di diritto comune europeo
sono frutto di un lavoro di selezione delle regole nazionali che appaiono più
moderne ed eficienti per disciplinare le esigenze della moderna società; il
ricorso a tali principi consente quindi, ragionevolmente, di avere accesso
alle migliori regole disponibili. L’utilizzo del DCFR nella sua full edition,
inoltre, appare un ausilio particolarmente funzionale per l’interprete, poiché
ogni regola è commentata e accompagnata da note nelle quali sono indicate
le soluzioni vigenti nei singoli ordinamenti nazionali52. In questo modo è più
agevole avere una visione d’insieme dei singoli diritti nazionali e stabilire se
la disposizione del diritto comune è effettivamente quella più indicata a suggerire una soluzione interpretativa o se, invece, sono preferibili le soluzioni
offerte da altri ordinamenti, le quali appaiono più in sintonia con il diritto
italiano o con la disciplina di speciici settori.
52 Il testo della full edition del DCFR può essere consultato gratuitamente online agli
indirizzi seguenti:
Volumi 1 e 2 http://ec.europa.eu/justice/contract/iles/european-private-law_vols1_2_en.pdf
Volumi 3 e 4 http://ec.europa.eu/justice/contract/iles/european-private-law_vols3_4_en.pdf
Volumi 5 e 6 http://ec.europa.eu/justice/contract/iles/european-private-law_vols5_6_en.pdf
163
il dcFr coMe “ScAtolA Per Gli Attrezzi” Per il Giudice itAliAno
Il ricorso al diritto nazionale di un altro Stato, anziché ai principi di diritto
comune, sembra invece consigliabile come soluzione residuale, da prediligere soltanto quando la regola risultante dal diritto comune europeo non
sembri suficientemente funzionale o appaia in contrasto rispetto al quadro
sistematico vigente all’interno dell’ordinamento; oppure ancora quando il
legislatore italiano, nel disciplinare una determinata materia, si sia espressamente ispirato al diritto di quell’ordinamento53. In queste ipotesi appare
quindi preferibile fare ricorso al diritto di un ordinamento che abbia maggiori punti di contatto con quello italiano e che sia quindi in grado di offrire una
soluzione interpretativa che non appaia estranea al sistema.
Un altro aspetto sul quale merita svolgere qualche rilessione è legato alla
conoscibilità del diritto straniero. Mentre è paciico che il giudice possa disporre una CTU sul diritto straniero nel caso di una controversia in materia di
diritto internazionale privato (art. 14 legge 218/95), maggiori dubbi sorgono
sulla possibilità di disporre una CTU allo scopo di conoscere il diritto straniero
al ine di individuare una disposizione che possa ispirare analogicamente la
soluzione del caso speciico54. Ammesso che in questo caso il principio iura
novit curia non trovi applicazione e che il giudice possa teoricamente disporre una CTU o avvalersi degli strumenti di ausilio indicati dall’art. 14 della
legge 218, dal punto di vista pratico appare dificilmente ipotizzabile che ciò
avvenga nella realtà55. Sembra invece più facilmente ipotizzabile che, qualora
il giudice intenda ricercare una soluzione interpretativa facendo ricorso all’analogia con i principi generali dell’ordinamento o con un ordinamento straniero, sarà egli stesso a individuare le regole da prendere in considerazione.
Evidentemente questa soluzione comporta il rischio che la regola straniera sia
Mentre all’indirizzo http://ec.europa.eu/justice/contract/iles/european-private-law_it.pdf è
consultabile la traduzione in italiano dei principi, delle regole e dei commenti.
53 Su questo aspetto si veda U. droBniG, P. doPFFel, Die Nutzung der Rechtsvergleichung
durch den deutschen Gesetzgeber, in RabelsZ, 46 (1982), p. 253 ss.
54 P.G. MonAteri, A. SoMMA, op. cit., c. 52 concludono favorevolmente alla possibilità
di disporre una CTU per stabilire l’esatta natura del diritto straniero che appaia idoneo a
suggerire un’interpretazione analogica del diritto nazionale. Secondo gli autori in capo al
giudice vi sarebbe un vero e proprio obbligo di accertare il diritto straniero, quando le parti
abbiano allegato una disposizione di diritto straniero come argomento interpretativo dirimente per risolvere una determinata controversia. Si tratterebbe di un dovere assimilabile a
quello di accertare la validità di un argomento storico che le parti sollevino come indicazione della soluzione interpretativa della controversia.
55 L’utilizzo e la circolazione del diritto e delle decisioni straniere è oggi agevolata
dall’esistenza di banche dati online, che permettono un facile accesso a norme e sentenze.
Sul tema si rimanda a S. FAro, op. cit., p. 201 ss.
164
Geo MAGri
compresa in modo errato o incompleto. Poiché il diritto straniero è utilizzato
per integrare quello italiano, la sua scorretta interpretazione non darà luogo a
un motivo di ricorso, ma sarà rilevante solo se e in quanto si traduca in un vizio
di ragionamento del giudicante. La parte che intende impugnare, quindi, dovrà
dimostrare che la falsa interpretazione del diritto straniero ha determinato una
frattura dell’iter logico della decisione, esattamente come avviene nel caso di
scorretta interpretazione di una CTU o di errata ricostruzione del fatto storico
alla base del decisum56.
4. Il DCFR come toolbox per le corti nazionali
Il Draft Common Frame of Reference (DCFR) abbraccia, come si è detto,
vari settori del diritto delle obbligazioni e alcuni aspetti dei diritti reali che
hanno particolare rilevanza per l’armonizzazione del diritto europeo (in particolare acquisto e perdita della proprietà, diritti di garanzia e trusts). Esso
appare, tra i vari progetti di diritto comune, quello più completo e sistematico, anche perché dotato di una parte generale contenente i principi generali
che devono guidare l’interprete nell’applicazione del corpus normativo.
Tramontata l’idea di un codice civile europeo, il DCFR è stato salutato
come una toolbox, una scatola degli attrezzi, alla quale il legislatore europeo
e quello nazionale avrebbero potuto fare ricorso nel momento in cui si accingevamo a disciplinare o a modiicare la disciplina degli istituti del diritto
privato. Il quadro comune di riferimento, infatti, non solo conteneva le regole
risultanti dall’acquis comunitario, ma le rielaborava in modo sistematico, individuando soluzioni innovative che consentono di superare alcune criticità
del diritto vigente. Nel corso degli anni la validità del DCFR come modello
per il legislatore è apparsa consolidarsi; non solo il DCFR è stato utilizzato nei
lavori di ricodiicazione in alcuni ordinamenti europei, ma dal testo del DCFR
è stato estrapolato il feasibility text, dal quale è stato tratto il testo del progetto
per un diritto comune europeo della vendita (Common European Sales Law
o CESL57), poi abbandonato e sostituito da una serie di progetti di direttive
ad armonizzazione massima, riguardanti alcuni peculiari settori del diritto dei
contratti, in particolare quelli connessi al mercato digitale.
Il testo del DCFR è stato poi preso in considerazione in maniera sistematica anche dalla giurisprudenza di alcuni Stati membri dell’UE come
56 In questo senso si vedano P.G. MonAteri, A. SoMMA, op. cit., c. 52 e 53.
57 Cfr. Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council on a
Common European Sales Law COM(2011) 635 inal 2011/0284 (COD)
165
il dcFr coMe “ScAtolA Per Gli Attrezzi” Per il Giudice itAliAno
Svezia58, Spagna, Olanda59 e dalla stessa Corte di Giustizia. Appare in proposito di notevole interesse riportare la traduzione in inglese di un passo di
una decisione svedese del 2014, nella quale si afferma espressamente che
«it is not naive to argue that the DCFR should rank if not on the same level,
then at least just below the level of accepted sources. The Supreme Court
rulings of the past ive years indicate that law practitioners should familiarise themselves with the DCFR and a comprehensive knowledge of it might
prove valuable in any commercial litigation or arbitration under Swedish
law»60. I giudici svedesi, del resto, godendo di un margine di discrezionalità
maggiore rispetto a quello dei loro colleghi continentali, sono più inclini a
ricercare nel diritto comparato le soluzioni più confacenti alla soluzione del
caso concreto61; tuttavia, il fatto che si rivolgano a un testo di soft law, riconoscendo in esso una fonte quasi equiparabile a quella della legge, dimostra
in modo signiicativo come i principi contenuti nel DCFR abbiano assunto
un’estrema autorevolezza e una notevole rilevanza pratica.
Diversamente sono andate le cose in Spagna62; in un primo momento le
sentenze del Tribunal Supremo che utilizzavano il DCFR lo facevano perché
inluenzate dall’autorità della prof.ssa Roca Trías, che era divenuta giudice
della Corte Suprema. Ritiratasi la professoressa Roca Trías, però, il DCFR
ha continuato a essere utilizzato non soltanto dalla Corte Suprema, ma anche dalle Corti di merito, dimostrando in questo modo di essere divenuto
una delle fonti attraverso le quali il formante giurisprudenziale interpreta e
innova il diritto nazionale63.
58 Sull’esperienza svedese si veda A. de MArco, Alcune rilessioni a margine della sentenza 3 novembre 2009 della Corte Suprema di Svezia: un primo esempio applicativo del
Draft Common Frame of Reference on European Contract Law, in Diritto del commercio
internazionale, 2012, p. 236 ss.
59 Si veda per maggiori informazioni il capitolo curato da Tina Kalouta e tradotto da
Giovanna Debernardi.
60 Il passaggio è riportato da E. clive, The Draft Common Frame of Reference in the Swedish
Supreme Court, in European Private Law News, 14 ottobre 2014 (http://www.epln.law.ed.ac.
uk/2014/10/14/the-draft-common-frame-of-reference-in-the-swedish-supreme-court/).
61 B. thoMAeuS, Draft Common Frame of Reference and the Supreme Court, in international law ofice, http://www.internationallawofice.com/Newsletters/Company-Commercial/
Sweden/Grde-Wesslau-Advokatbyr/Draft-Common-Frame-of-Reference-and-theSupreme-Court?l=7M69R9A , 13 ottobre 2014
62 Sulla peculiarità dell’esperienza spagnola si veda infra il contributo di Celia Martínez
Escribano, tradotto da Ennio Piovesani.
63 Cfr. H. W. MicKlitz, F. cAFAGGi (a cura di) European Private Law After the Common
Frame of Reference, Celtenham – Northampton, 2010, p. 150 e. A. vAquer Aloy, El Soft
Law europeo en la jurisprudencia española: doce casos, in Ars Iuris Salmanticensis, vol.
166
Geo MAGri
L’esperienza spagnola evidenzia come il DCFR sia stato utilizzato dal
formante giurisprudenziale per tre diverse inalità. La prima per rafforzare e
legittimare una decisione che la corte avrebbe comunque preso, la seconda
per giustiicare un’interpretazione che si emancipa da quella codicistica e la
terza per superare il diritto vigente attraverso un’interpretazione evolutiva
dell’ordinamento che si legittima attraverso l’autorevolezza del Draft common frame of reference.
Dalla lettura della giurisprudenza nazionale che fa ricorso al DCFR emerge come l’utilizzo del quadro comune sia ristretta in particolar modo ai principi generali e alla materia contrattuale64. Il motivo alla base di una tale
tendenza è probabilmente individuabile nel fatto che, in queste materie, i
giuristi e i giudici nazionali sono maggiormente abituati a lavorare con il
diritto sovranazionale di derivazione eurounitaria65. Negli altri settori disciplinati dal DCFR, invece, manca quest’attitudine mentale. Sembra quindi plausibile che il giudice nazionale, di fronte a un caso nuovo o dubbio
che riguarda il diritto dei contratti e magari alcuni aspetti del contratto già
disciplinati dal diritto europeo, percepisca il DCFR come una fonte di riferimento; mentre di fronte ad altre fattispecie, ad esempio la responsabilità
civile, sia meno orientato a ricercare un ausilio nel quadro comune europeo,
ma preferisca rivolgersi al formante dottrinale piuttosto che all’ausilio della
comparazione con il diritto di ordinamenti nazionali afini.
5. Le inalità per le quali il diritto comune può essere utilizzato dal giudice nazionale
L’esame delle decisioni che hanno fatto menzione del DCFR consente
di individuare alcune inalità che i giudici si proponevano di raggiungere
attraverso il diritto comune.
In primo luogo le corti sono ricorse al DCFR per dimostrare la validità
del ragionamento seguito nella decisione; l’utilizzo, in questo caso, è volto a
1, junio 2013, p. 93 ss.
64 Cfr. in particolare i casi citati da A. vAquer Aloy, op. loc. cit.
65 In proposito è bene evidenziare come una particolare sensibilità per l’interpretazione
uniforme nei vari Stati delle regole di derivazione eurounitaria sia l’unica forma di garanzia
di un’uniformità di tutela per tutti i cittadini dell’Unione. In proposito si veda R. cAlvo,
Il valore del precedente extrastatuale nell’interpretazione della disciplina sulle vendite al
consumo, in Contratto e Impresa / Europa, 2007, p. 289 ss.; Id., Il precedente extrastatuale
tra fonti comunitarie e unitarietà del sistema giuridico: spunti per un dibattito, in Contratto
e impresa/Europa, 2008, p. 1 ss.
167
il dcFr coMe “ScAtolA Per Gli Attrezzi” Per il Giudice itAliAno
dar maggior forza alla ratio decidendi. Il giudice, nel momento in cui motiva
ed esplica il ragionamento che lo ha portato a sposare una certa soluzione,
afferma che essa è conforme ai principi del diritto comune europeo e quindi
gode di maggior autorevolezza rispetto a una decisione che sia frutto del
convincimento di una corte nazionale. Rispetto a questa prima forma di utilizzo del DCFR vi può anche essere un utilizzo a corollario, in base al quale
le regole contenute nel quadro comune vengono utilizzate per prediligere
una soluzione tra più soluzioni astrattamente possibili della medesima fattispecie66. Nella motivazione leggeremo quindi che il giudice ha ritenuto
preferibile una determinata soluzione rispetto alle altre opzioni interpretative alternative, perché queste ultime avrebbero inito per porre la sentenza in
contrasto rispetto alle tendenze del diritto europeo.
Le regole contenute nel Draft possono essere utilizzate dalle corti per
argomentare e giustiicare un overruling giurisprudenziale. In questo caso la
corte, ritenendo che le regole seguite ino a quel momento dalla giurisprudenza non siano più conformi alle esigenze sociali, legittima il cambiamento
giurisprudenziale al quale intende dare corso affermando che esso armonizza il diritto vivente al diritto comune europeo.
Inine il DCFR può essere utilizzato, ma in obiter dictum, per segnalare
al legislatore l’opportunità di modiicare lo ius condito adeguandolo a nuove
o mutate esigenze economico-sociali, suggerendo in via interpretativa eventuali modiiche al diritto vigente o segnalando il disagio dell’interprete nel
continuare a seguire vecchie regole che ormai vengono percepite come non
più corrispondenti alle esigenze della società.
Non sembra invece condivisibile l’utilizzo del DCFR per motivare una
decisione che si discosti dal diritto vigente: il Draft, infatti, non ha valore
di ius conditum; la sua vocazione è, piuttosto, quella di contribuire, de iure
condendo, alla creazione di un diritto comune europeo, ma là ove il legislatore nazionale si sia espresso, le soluzioni prospettate nel quadro comune
devono fare un passo indietro e non possono in alcun modo essere prese in
66 Un esempio dell’utilizzo del DCFR in questo senso è offerto da Cass. 1/07/2014,
(ud. 08/05/2014, dep.11/07/2014), n. 16004, in Giust. civ. mass. 2014, secondo la quale
«Questa impostazione, che dà risalto al proilo dell’inganno e alla sua concreta rilevanza
causale nella formazione del consenso, è coerente sia con la tradizione codicistica comune
dell’Unione Europea (di cui è espressione il c.d. Draft Common Frame of Reference), che
considera fraudolent misrepresentation la dichiarazione negoziale intenzionalmente falsa e
diretta ad indurre in errore il destinatario, sia con il principio fraus omnia corrumpit in base
al quale il dolo decettivo conduce all’annullamento del contratto (come pure del negozio
unilaterale) qualunque sia l’elemento sul quale il deceptus sia stato ingannato e, dunque, in
relazione a qualunque errore in cui sia stato indotto, ivi compreso quello sul valore o sulle
qualità del bene oggetto del negozio (Cass. n. 4065/2014) o sui motivi (Cass. n. 975/1995)».
168
Geo MAGri
considerazione dal formante giurisprudenziale per argomentare una decisione in contrasto con il diritto vigente.
6. Il ruolo dell’interpretazione giurisprudenziale nel processo di armonizzaione del diritto europeo
L’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea e lo sforzo compiuto
dall’Unione per l’armonizzazione del diritto europeo hanno radicalmente
mutato il modo di operare del giurista negli ultimi decenni. Oggi, infatti, il
giurista nazionale non può più limitarsi a conoscere il proprio diritto e a interpretarlo senza tenere conto delle fonti di derivazione eurounitaria e delle
decisioni delle Corti di Strasburgo e di Lussemburgo.
Non solo, negli ultimi decenni, la creazione di progetti di diritto uniforme come i PECL o il DCFR ha fornito ai giuristi nazionali un vasto corpus
normativo che può fornire utili indicazioni nell’interpretazione evolutiva del
diritto nazionale.
È chiaro che il giudice nazionale, nell’applicare e nell’interpretare il diritto, è tenuto prima di tutto all’osservanza della legge vigente nel suo ordinamento e al rispetto del diritto eurounitario risultante dai trattati, dalle
direttive e dai regolamenti; è altrettanto chiaro, però, che per osservare il diritto vigente occorre necessariamente un’operazione prodromica e cioè l’interpretazione del precetto che deve essere osservato. Nel fare ciò il giudice
gode di un certo grado di discrezionalità. Inoltre è sempre possibile che lo
stesso testo offra più soluzioni interpretative: in questo caso pare auspicabile
che il giudice scelga l’interpretazione che uniforma il diritto italiano a quello
europeo e, per garantire un tale risultato, appare consigliabile scegliere tra
più interpretazioni possibili della norma domestica quella che si dimostra
più conforme alle tendenze del diritto europeo risultanti dai testi di soft law
esistenti67.
Il grado di discrezionalità del giudice-interprete aumenta di fronte alle lacune tecniche, le quali non consentono di decidere in base a una norma di diritto positivo, bensì utilizzando il criterio analogico previsto dall’art. 12 comma
2 delle preleggi e quindi ricorrendo all’analogia legis o all’analogia iuris.
Il diritto comparato e i progetti di diritto uniforme, per quanto non siano
ancora diritto positivo, possono tornare di estrema utilità quando il giudice
deve fare ricorso all’analogia legis. In questi casi, infatti, sembra preferibile
67 Sull’opportunità di utilizzare la comparazione al ine di agevolare l’uniformazione del
diritto europeo risulta utile la lettura di M. GeBAuer, Grundfragen der Europäisierung des
Privatrechts, Heidelberg, 1998.
169
il dcFr coMe “ScAtolA Per Gli Attrezzi” Per il Giudice itAliAno
considerare l’ordinamento italiano non già come autonomo e isolato rispetto
agli altri ordinamenti europei, ma come un ordinamento coinvolto attivamente in un procedimento sovranazionale di armonizzazione e quindi prediligere tra più soluzioni possibili quella che più si adegua al diritto comune
europeo, specialmente qualora si tratti di un settore in cui l’intervento del
diritto dell’Unione gioca un ruolo rilevante come avviene, ad esempio, nella
materia contrattuale. Attraverso questa scelta ermeneutica non solo si consolida il ruolo dell’Italia nel progetto eurounitario, che è volto alla creazione
di uno spazio europeo di giustizia, nel quale i cittadini godano di analoghi
diritti, ma si faciliterebbe anche uno sviluppo più sistematico del diritto privato europeo. Inoltre, l’interprete potrebbe contare sull’ausilio di un quadro
di riferimento nell’interpretazione di regole che hanno la loro origine nel
diritto europeo, ma che, data la loro settorialità, non godono di un suficiente
impianto sistematico che assicuri un’uniforme applicazione all’interno dei
singoli ordinamenti nazionali.
Una simile prospettazione, peraltro, sembra conforme all’auspicio di
Gorla, secondo il quale l’interpretazione del diritto va condotta in chiave
storica, non creando istituti e concetti asettici che vivono al di fuori della
raltà, ma cercando di interpretare le norme in chiave storica, addivenendo ad
una concreta comprensione del diritto68.
Prediligere, in assenza di disposizioni di diritto positivo nazionale contrastanti, soluzioni interpretative che armonizzino il diritto dei paesi membri
dell’Unione appare una scelta conforme allo spirito dei Trattati europei e
funzionale alla creazione dal basso di un sistema giuridico afine sul territorio dell’Unione. In questo modo si assicurerebbe ai cittadini europei un
livello più elevato di certezza del diritto e una maggior armonizzazione delle
soluzioni concretamente operanti nei singoli ordinamenti nazionali. In alcuni Stati membri69 la giurisprudenza ha già intrapreso questa strada e, quando
si è trovata a dover affrontare questioni nuove non ancora disciplinate dal legislatore, ha fatto ricorso al diritto comune europeo e in particolare al Draft
Common Frame of Reference per trovare soluzioni ai problemi che la prassi
propone. Attraverso il ricorso al diritto comune europeo, peraltro, la giurisprudenza nazionale si arricchisce di nuove prospettazioni e di soluzioni che
possono rendere gli ordinamenti nazionali più moderni e coerenti tra loro.
Se la giurisprudenza facesse sistematicamente ricorso a principi che, ancorché privi di forza di legge, sono scritti e conoscibili ex ante e uniformi
in tutta Europa aumenterebbe anche il livello di garanzie per il cittadino, il
quale potrebbe fare afidamento sul fatto che il suo caso, pur non essendo
68 G. GorlA, L’interpretazione, cit., p. 97 e s.
69 Per maggiori dettagli si vedano ad esempio gli interventi di Tina Kalouta e di Celia
Martínez Escribano.
170
Geo MAGri
disciplinato dal legislatore, verrà deciso in base a principi che egli può conoscere e dei quali può tenere conto nel valutare la fondatezza delle proprie
pretese. Nel caso in cui la controversia venga decisa in base alle regole che
il giudice ritiene applicabili analogicamente, invece, il grado di certezza e di
predicibilità della decisione si riduce notevolmente. Spesso, infatti, si rivela
dificile o impossibile prevedere ex ante quale regola la discrezionalità di un
giudice potrà ritenere analogicamente applicabile al caso concreto.
Sembra auspicabile che l’utilizzo del DCFR da parte delle corti venga incentivato anche dall’avvocatura, la quale dovrebbe cominciare a familiarizzare con il testo del DCFR, utilizzandolo come argomento ad adiuvandum
per segnalare alle corti eventuali soluzioni innovative che, pur non contrastando con lo ius condito, appaiano più conformi alle nuove esigenze sociali.
L’utilizzo del DCFR come toolbox da parte dei giudici nazionali, seppur non sia stato ipotizzato in prima battuta, appare oggi conferire all’opera
maggior prestigio e attestare la sua rilevanza ai ini della creazione di un
diritto comune europeo, che, lungi dall’essere imposto autoritativamente
dalle istituzioni di Bruxelles, si crea su base volontaria dal basso e attraverso
l’autorevolezza e la funzionalità delle soluzioni proposte.
171
galateia (tina) Kalouta
Il DCFR nella giurisprudenza delle Corti
– La rielaborazione del diritto comparato
Sommario: 1. Osservazioni introduttive; – 2. Modalità di applicazione del
DCFR nella giurisprudenza; Sezione I. L’applicazione del DCFR nelle Corti
nazionali; – 1 Libro I – Principi generali; – 1 a. Art. I. – 1 : 103 (2) DCFR;
– Buona fede e correttezza nei rapporti contrattuali; – 2 Libro II I contratti e
gli altri atti giuridici; – 2 a. L’interpretazione del contratto; – 2 b. Contenuto
ed effetti del contratto; – 3 Libro III – Obbligazioni e diritti delle parti; –
3 a. Rimedi in caso di inadempimento; – 3 b. Cessazione degli effetti del
contratto; -3 c. Danni ed interessi; – 3 d. Clausole risarcitorie per inadempimento del contratto; -3 e. Pluralità di obbligazioni; – 3 f. Prescrizione; -4
Libro IV – I contratti speciali e i diritti e doveri da essi derivanti; – 4 a. I
contratti tipici; – 4 b. Cessazione del rapporto contrattuale; – 4 c. Ammontare dell’indennità; – 4 d. Garanzia personale dipendente; – 4 e. Diritto di
revoca del donante; – Sezione II. L’applicazione del DCFR nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea; -1 Libro II. Contratti e
altri atti giuridici; 1 a. Doveri informativi nei contratti B2C; – 1 b. Esistenza
dell’accordo tra le parti; – 1 c. vendita a distanza; – 1 d. I contratti contrari
ai principi fondamentali; – 1 e. Interpretazione del contratto; – 1 f. Responsabilità dell’intermediario; -1 g. Momento della conclusione del contratto;
– 2. Libro III – Diritti e doveri; – 2 a. Interessi moratori; – 2 b. Responsabilità solidale; – 3 Libro IV Contratti tipici e diritti che da essi derivano; – 3
a. Mancanza di conformità; – 4. Libro VI. Responsabilità extracontrattuale
derivante dal fatto altrui; – 4 a. Prevenzione; Responsabilità per perdita in
caso di danni prevedebili; – 5. Analisi comparativa delle posizioni adottate
dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea e dalle giurisprudenze nazionali; – 6. Una valutazione sugli approci seguiti dalla Corte di Giustizia e dalle
Corti nazionali; – 7 Osservazioni conclusive1
1 Ex cathedra Prof. Dr. Dr. h.c. mult. Christian von Bar, FBA. Il lavoro è una traduzione
il dcFr nellA GiuriSPrudenzA delle corti
– lA rielABorAzione del diritto coMPArAto
1. Osservazioni introduttive
Il “Draft Common Frame of Reference” (in prosieguo “DCFR”)2 non è un
semplice insieme di libri. Si tratta di un lungo lavoro accademico contenente
principi3, deinizioni4 e regole5 inerenti alle aree più importanti del diritto
privato europeo, quali il diritto dei contratti, il diritto delle obbligazioni,
l’ingiustiicato arricchimento, ecc., meticolosamente commentati ed esplicati6. Tali analisi fanno costantemente riferimento sia alle diverse legislazioni
dei singoli Stati membri sia alla normativa dell’Unione europea, dalle quali
sono state ricavate le norme stesse del DCFR. Quest’ultimo può pertanto
essere considerato, contemporaneamente, come una sorta di “antologia legale”, come una codiicazione, un commentario, o ancora più semplicemente
come un “melting pot” di norme e di principi europei.
Quanto alla sua genesi, il DCFR venne originariamente concepito come
con aggiornamenti del capitolo DCFR in the Courts: The Remaking of Comparative Law, in
M. AndenAS e D. FAirGrieve (eds.) Courts and Comparative Law, Oxford, 2015.
Traduzione italiana a cura di Giovanna Debernardi.
2 Il DCFR contiene i risultati del lavoro del Gruppo di Studio per un Codice civile
europeo (il “Gruppo di Studio”) nonché del Gruppo di ricerca dedicato ai principi comuni vigenti in materia di diritto dei contratti (il “Gruppo Acquis”). La maggior parte delle
norme contenute nei Libri II e III sono stata elaborate sulla base dei principi stabiliti dalla
precedente commissione per il diritto dei contratti europeo (la “Commissione Lando”). V.
Deinitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common Frame of Reference
(DCFR), edizione completa, diretta da c.von BAr – e.clive, Sellier European law publischers, 2009, Introd. 1, p. 1, nota 1.
3 Ossia norme generali, quali la libertà contrattuale o la buona fede. Rientrano altresì
tra i principi fondamentali fondanti il DCFR la libertà, la sicurezza, la giustizia o ancora
l’eficienza.
4 Queste sono principalmente contenute nel Libro I, contenente l’elenco della terminologia impiegata nel DCFR. V. in particolare DFCR I – 1:108 (“Le deinizioni indicate nella
lista sono applicabili in via generale, salvo disposizioni diverse”). V. Deinitions and Model
Rules of European Private Law. Draft Common Frame of Reference (DCFR), op. cit., Intr.
22, p. 10, nota 23.
5 Norme, commentate ed annotate, che uniscono regole derivanti dagli ordinamenti degli Stati membri nonché, più in generale, dal diritto comune. Contrariamente alle deinizioni, che delineano i concetti e la terminologia condivisi dai giuristi di trenta sistemi giuridici
differenti, tali principi illustrano i valori fondamentali che ispirano la giurisprudenza dei
vari Stati. V. Deinitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common Frame
of Reference (DCFR), ivi, Intr. 1, p. 1, nota 1.
6 Si precisa, tuttavia, che solo l’edizione completa/deinitiva del DCFR è interamente
commentata, diversamente dalla prima edizione nella quale i commenti riguardano la sola
parte introduttiva ed i principi.
174
GAlAteiA KAloutA
un lavoro preparatorio per il successivo “Common Frame of Reference” (
in prosieguo “CFR”), presentato dalla Commissione europea nel febbraio
2003 nell’ambito della “Azione per un’armonizzazione europea del diritto
contrattuale”. Il suo principale obiettivo era quello di sviluppare un CFR che
potesse essere impiegato dalla Commissione sia al ine di una più ampia revisione del vigente diritto privato europeo dei contratti (il c.d. “acquis”), sia
nell’elaborazione di nuove norme7. Seguendo tale prospettiva, in un successivo documento della stessa Commissione presentato nell’ottobre 2004 e
denominato “Diritto dei contratti europeo e la revisione dell’acquis: la strada
continua”, venne nuovamente disposto che il CFR avrebbe previsto “i principi fondamentali, le deinizioni e le norme” necessarie per lo sviluppo del
vigente “acquis communautaire”, i quali avrebbero formato le basi per un
possibile strumento normativo opzionale. Suddette regole avrebbero quindi
costituito il cuore del CFR, diventando in tal modo una vera e propria guida
o “tool box” per il legislatore europeo e nazionale8.
Tale obiettivo ha pertanto condotto un gruppo di ricercatori provenienti da
tutta Europa ad analizzare, sotto la direzione di illustri e rinomati Professori
universitari, i dati inerenti ai diversi sistemi giuridici europei relativi ad una
pluralità di tematiche. Ne è derivato così un lavoro di ampia portata, in quanto dedicato non solo alla comparazione delle varie famiglie giuridiche, ma
altresì ad uno studio estremamente dettagliato delle normative interne ai diversi Stati membri, al ine di individuare “the best solution”9. A tal scopo
sono stati ugualmente considerati i criteri e le politiche legislative proprie
a ciascun sistema nazionale, onde poter così individuare eventuali elementi comuni tra gli ordinamenti europei in confronto (elementi che, peraltro,
sono risultati ben più numerosi di quanto inizialmente immaginato).
Sennonché, l’assenza di una legittimazione politica favorevole ad un’armonizzazione del diritto privato europeo ha fatto sì che il DCFR sia rimasto
una semplice opera accademica10, diretta a promuovere i principi di diritto privato comparato tra le diverse giurisdizioni europee. Inoltre, accanto
a questo primo e più generale obiettivo, il DCFR si è preisso il più ampio
scopo di dimostrare l’effettiva esistenza di un diritto privato di scala euro7 V. “Action Plan”, par. 72.
8 Deinitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common Frame of
Reference (DCFR), op. cit., Intr. 50, p. 19, nota 49.
9 Il criterio della “best solution” venne specialmente utilizzato nell’analisi comparata
delle legislazioni nazionali interessate.
10 Si consideri invero che gli obiettivi del DCFR vanno ben oltre la mera funzione preparatoria al CFR individuata dalla Commissione europea; v. Deinitions and Model Rules
of European Private Law. Draft Common Frame of Reference (DCFR), op. cit., Intr.30, p.
11, nota 30.
175
il dcFr nellA GiuriSPrudenzA delle corti
– lA rielABorAzione del diritto coMPArAto
pea, giustiicato dalla considerazione che gli ordinamenti nazionali, in modo
più o meno consapevole, iniscono spesso con l’individuare soluzioni afini
per risolvere questioni giuridiche comuni.
In secondo luogo poi tale progetto ha voluto fornire un aiuto per le supreme giurisdizioni nazionali e, più in generale, per le Corti europee o altri organi giurisdizionali, ivi compresi quelli esterni all’Unione europea, al ine di
condurre così ad una vera e propria modernizzazione del diritto contrattuale
e, in una prospettiva più ampia, del diritto privato11. Le norme contenute
nel DCFR potranno dunque difettare di autorità normativa, ma ciò non ne fa
venir meno la relativa appartenza alla c.d. “soft law” nella quale rientrano,
peraltro, i principi europei di diritto dei contratti (c.d. “PECL”) diretti a favorire l’uniformizzazione europea in materia contrattuale (contrariamente al
DCFR che aspira ad uniformare anche altri settori).
Alla luce delle descritte inalità del DCFR, il presente lavoro è quindi
diretto ad illustrare l’impatto di tale strumento nell’ambito della giurisprudenza europea, mediante l’analisi delle decisioni emesse sia dalla Corte di
Giustizia dell’Unione europea, sia dalle supreme giurisdizioni interne agli
Stati membri. Invero, sebbene il DCFR non costituisca uno strumento giuridico obbligatorio, vedremo che i suoi principi vengono spesso richiamati
dai giudici nazionali in supporto alle motivazioni delle sentenze, o ancora
in molti altri casi mediante il ricorso all’analogia, allorché il loro contenuto
coincida con le disposizioni nazionali. Non mancano inoltre casi nei quali i
giudici interni abbiano dato diretta applicazione alle norme del DCFR, conducendo in tal modo ad un aggiornamento della legislazione vigente.
Mediante i trenta casi pratici qui di seguito illustrati si tenterà pertanto di
esaminare tutte le possibili applicazioni del DCFR, onde poter così fornire
una serie di possibili soluzioni modello per la casistica futura. Al riguardo,
peraltro, si avvisa in da ora che in considerazione dell’ampiezza dei contenuti presentati nel DCFR il presente lavoro ne seguirà la relativa struttura,
consentendo in tal modo al lettore di effettuarne una prima analisi d’insieme.
2. Modalità di applicazione del DCFR nella giurisprudenza
Come si è appena osservato, non mancano le decisioni delle Corti statali
ed europee nelle quali i giudici hanno utilizzato il DCFR per interpretare il
loro diritto nazionale. Il ricorso ai principi del diritto comune europeo non
ha riguardato solo la giurisprudenza di merito, ma anche e soprattutto quella
11 Deinitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common Frame of
Reference (DCFR), op. cit., Intr. 7, p. 4, nota 8.
176
GAlAteiA KAloutA
delle Corti Supreme.
Così nell’ordinamento svedese, in ragione di una concezione del diritto maggiormente dinamica rispetto a quella di altri sistemi, il DCFR viene
spesso richiamato sia negli articoli di dottrina12, sia nelle relazioni ministeriali13. Gli stessi giudici della Suprema Corte, inoltre, tendono ad impiegare
il DCFR non solo quale strumento ai ini dell’individuazione della legge
applicabile al caso concreto, bensì anche quale vero e proprio mezzo per creare una nuova regola in ipotesi di lacuna legislativa. A tal proposito, in una
delle sue ultime decisioni14, la Suprema Corte svedese ha ad esempio dato
applicazione all’articolo VI – 6:101 (3) DCFR15 per poter prima determinare
l’orientamento generalmente seguito negli altri ordinamenti in ordine alla
questione controversa ed applicare quindi, in un secondo tempo, il medesimo principio al caso di specie. Similmente, in un’altra decisione16, sempre
la Suprema Corte svedese ha statuito che la parte danneggiata è tenuta ad
adottare le misure necessarie onde limitare le conseguenze del danno, pena il
riconoscimento della sua responsabilità per non aver contenuto gli effetti del
nocumento. Sul punto, i supremi giudici hanno fondato le proprie motivazioni sugli articoli III – 3:70517 e VI – 5:102 (1) 18, ai sensi dei quali la parte
danneggiata è tenuta ad adottare gli strumenti occorrenti ai ini del contenimento del danno. In un caso analogo19 sempre inerente alla limitazione della
12 V. ad esempio M.wAllin, M.PärSSinen, Högsta domstolen om tolkning av standardvillkor i entreprenadavtal – Rättsfall, in Svensk Juristtidning 2013:8, p. 815-818; o.SvenSSon,
En rättsilosoisk studie om avtalsfrihet och rättvisa, in Ny juridik, 2014:1, p. 21-34,
h.AnderSSon, Hyresrättsligt ansvar för annans culpa (I) – tolkningsalternativ och HD’s val,
in Infotorg.se (online) about Art. IV.B.-7:103 DCFR, o.j.SvAnte, Betalningsdestination när
lera fordringsförhållanden påstås föreligga – vad skall bevisas och av vem?, in Infotorg.se
(online) on Art. III.-2:110 DCFR.
13 V. ad esempio Lösöreköp och registerpant, SOU 2015:18; Statens Offentliga
Utredningar, Politisk information i skolan – ett led i demokratiuppdraget, SOU 2016:4;
Statens Offentliga Utredningar and DS 2011:8, Departementsserien.
14 Caso T 960-15, Högsta domstolen Avd. 2, in data 3 novembre 2016, NJA 2016 p. 945.
15 Tale articolo così dispone: “allorché un bene materiale sia stato danneggiato, il risarcimento dovuto è pari alla diminuzione del suo valore e non già ai costi per la sua riparazione,
se questi ultimi sono manifestamente più elevati rispetto al deprezzamento subito. Tale
norma si applica, in quanto compatibile, anche agli animali, tenuto conto dei motivi per i
quali gli stessi sono detenuti”.
16 Entrambi nel caso T 230-15, Högsta domstolen Avd. 1, in data 7 febbraio 2017, NJA
2017, p. 9.
17 Art. III.-3:705 DCFR: Diminuzione del danno
18 Art. VI.-5:102 DCFR: Concorso di colpa e responsabilità
19 V. il caso T 3034-15, Högsta domstolen Avd. 2, in data 24 febbraio 2017, NJA 2017
177
il dcFr nellA GiuriSPrudenzA delle corti
– lA rielABorAzione del diritto coMPArAto
responsabilità, nella specie in materia di trasferimento della proprietà immobiliare, la Suprema Corte svedese ha ugualmente ritenuto applicabile l’articolo III – 3:105, statuendo che la veriica ai ini dei limiti alla responsabilità
deve considerare tutte le circostanze del caso concreto e che, in ogni caso,
il riconoscimento di suddetti limiti non viola i principi generali in materia
di contratti. In particolare, da un lato l’articolo III – 3:105 (1) 20, sancisce i
principi di buona fede e leale comportamento, mentre dall’altro lato l’articolo III – 3:105 (2) prevede il risarcimento per i danni personali cagionati.
Tuttavia DCFR non è stato preso in considerazione dalle solo Corti svedesi. Invero, in una delle sue recenti decisioni21, la Corte Suprema olandese
è stata chiamata a decidere se il debitore consapevole delle azioni intraprese
dal creditore possa, successivamente, invocare il decorso del termine di prescrizione. A tal ine, i supremi giudici hanno dato applicazione all’articolo
III – 7:401 DCFR, relativo al rinnovo del termine prescrizionale in ipotesi
di consapevolezza del debitore. Ancora, in un altro caso22 concernente i
contratti di franchising, la Suprema Corte olandese ha impiegato il DCFR ai
ini dell’interpretazione delle norme in materia, richiamando in particolare
l’articolo II – 7:204 DCFR23 in tema di obblighi di informazione del franchisor. Con riguardo invece ad un’ipotesi di responsabilità per danni evitabili,
la Suprema Corte olandese ha applicato il DCFR onde stabilire sia l’entità
della responsabilità (art. III – 3:703 DCFR), sia la prevedibilità dei danni
cagionati.
Sezione I. L’applicazione del DCFR nelle Corti nazionali
1. Libro I – Principi generali
1 a. Art. I. – 1 : 103 (2) DCFR; Buona fede e correttezza nei rapporti contrattuali
Il rispetto degli obblighi di buona fede e correttezza è essenziale in materia di contratti. Trattandosi dunque di una questione inerente alle basi stesse
del diritto contrattuale, ne deriva una casistica particolarmente ricca nella
p. 113.
20 Art. III.-3:105 DCFR: Norme dirette all’esclusione o alla limitazione dei mezzi.
21 Hoge Raad, ECLI:NL:HR:2017:755, 16/01030, in data 27 gennaio 2017.
22 Hoge Raad, ECLI:NL:HR:2017:311, 15/04399, in data 4 novembre 2016.
23 Tale norma riguarda la responsabilità per i danni cagionati per reticenza o in correttezza delle informazioni.
178
GAlAteiA KAloutA
giurisprudenza delle Corti nazionali.
Esemplare al riguardo è un ricorso proposto avanti alla Corte Suprema
spagnola in data 3 dicembre 201024. Nella fattispecie, i giudici di ultima
istanza erano chiamati a pronunciarsi sulla pretesa di una parte ad invocare
il proprio diritto di credito verso il debitore, nonostante fossero trascorsi
diversi anni dalla scadenza del termine per la restituzione della somma data
a prestito ma non fosse ancora intervenuta la prescrizione. Chiamata dunque
a determinare se una tale azione integri gli estremi dell’abuso del processo,
posto che nel frattempo gli interessi hanno continuato ad accumularsi raggiungendo così una somma particolarmente ingente, la Corte ha in primo
luogo osservato che la Banca ha correttamente esercitato il suo diritto di
credito una volta informata della reintegrata capacità economica del debitore. Pur tuttavia, ciò non fa venir meno l’incidenza del ritardo nell’esercizio
della pretesa attorea, valutata come scorretta da parte dei giudici spagnoli sul
fondamento della dottrina della buona fede, così come delineata all’articolo
I. – 1 : 103 (2) DCFR. Ai sensi di quest’ultima norma, infatti, si considera contrario alle obbligazioni di correttezza e buona fede la condotta della
parte che agisce ignorando le disposizioni precedentemente pattuite, allorché la controparte abbia ragionevolmente conidato nella loro applicazione.
Sicché, nell’ipotesi in cui uno dei contraenti abbia indotto l’altro a conidare
ragionevolmente nella previsione di un termine di scadenza, l’eventuale suo
agire in contrasto con tale previsione deve considerarsi contraria al dovere
di buona fede contrattuale.
Nella specie, i giudici hanno precisamente individuato le ipotesi nelle
quali il ritardo possa integrare una situazione di contrarietà alla buona fede.
In particolare, simile violazione può accadere quando: (a) un certo lasso di
tempo sia trascorso senza che alcuna pretesa sia stata avanzata dal creditore;
(b) l’azione sia stata esercitata senza successo e (c) la controparte abbia ragionevolmente conidato nell’abbandono della pretesa25.
Di conseguenza, poiché nel caso in questione il debitore aveva ragionevolmente conidato nella rinuncia al proprio diritto di credito da parte della
banca, che era trascorso un ragionevole lasso di tempo e che nel mentre
l’ammontare degli interessi non aveva cessato di crescere, l’avvio di un procedimento avverso il convenuto avrebbe condotto ad un inevitabile ed ingiustiicato pregiudizio nei suoi confronti. Per tali motivi dunque, la Corte ha ritenuto il ritardo in esame ingiusto e quindi contrario al dovere di buona fede.
Simili conclusioni sono ugualmente state raggiunte in una successiva
causa devoluta alla medesima Corte Suprema spagnola in data 12 dicem24 Tribunal Supremo (TS) 769/2010, Sala 1 de lo civil, 3 dicembre 2010.
25 Ivi, par. 4.
179
il dcFr nellA GiuriSPrudenzA delle corti
– lA rielABorAzione del diritto coMPArAto
bre 201126, relativa ad una questione analoga ed inerente, questa volta, ad
un contratto di mutuo. Nella specie la banca mutuante, avendo richiesto il
pignoramento dello stipendio del debitore dopo 18 anni dalla pattuita datio
in solutum, veniva convenuta in giudizio dal debitore per il risarcimento dei
danni. La Corte, dopo aver osservato che, in seguito alla sua prima azione legale, la banca aveva ottenuto la promessa di una prestazione in luogo
dell’adempimento, ha quindi concluso per l’illegittimità del successivo pignoramento perché esercitato con un irragionevole ritardo. Invero, ai sensi
dell’articolo I. – 1 : 103 (2) DCFR, un diritto soggettivo non può essere esercitato, o un’azione proposta, se il relativo titolare non lo ha fatto valere per
un notevole lasso di tempo. Tale negligenza, infatti, conduce la controparte
a ritenere legittimamente abbandonata la pretesa del creditore e dunque non
più esercitabile alcun diritto di credito nei suoi confronti27.
In aggiunta, i giudici supremi hanno ritenuto opportuno chiarire la distinzione tra un ingiusto ritardo nell’esecuzione di una pretesa giudiziale
e l’istituto della prescrizione: sebbene in entrambi casi si presupponga il
decorso di un certo lasso di tempo senza che sia stato esercitato un diritto,
nella prima ipotesi si aggiunge l’afidamento ragionevole del debitore sul
fatto che il creditore abbia rinunciato ad ogni azione nei suoi confronti. A tal
ine viene dunque richiamato il primario dovere della buona fede, al quale la
giurisprudenza del Supremo Tribunale spagnolo vi fa riferimento non tanto
in applicazione delle disposizioni nazionali, quanto piuttosto invocando il
citato articolo I. – 1 : 103 (2) DCFR.
Pertanto, in applicazione dei principi sopra espressi, la Corte rigetta la
richiesta di risarcimento dei danni avanzata dal debitore, non ritenendo che
nel caso di specie l’attore abbia adeguatamente dimostrato la mala fede o la
colpa grave della banca, prova indispensabile ai ini dell’accertatamento del
ritardo “ingiusto”.
2. Libro II – I contratti e gli altri atti giuridici
2 a. L’interpretazione del contratto
Con particolare riferimento all’ammissibilità della prova di accordi preliminari è interessante osservare che nel sistema inglese i fautori di tale istituto
spesso richiamano, oltre alla normativa interna, anche le disposizioni conte26 TS 872/2011, Sala 1 de lo civil, 12 dicembre 2011. Url: http://www.poderjudicial.
es/search/doAction?action=contentpdf&databasematch=TS&reference=6223450&links=%221830/2008%22&optimize=20120102&publicinterface=true. V. anche sentenza n°
95/2011, 9 marzo 2011, Juzgado de lo Mercantil n°1 in Las Palmas de Gran Canaria.
27 Ivi, par. 3.
180
GAlAteiA KAloutA
nute nel DCFR. Così, nel caso “Chartbrook vs Persimmon Homes”28, i Lords
hanno dichiarato ammissibile la prova avente ad oggetto precedenti accordi
pre-negoziali, non potendo altrimenti distinguere tra, da un lato, gli elementi
concernenti la fase anteriore alle negoziazioni e, dall’altro lato, quelli contenuti negli accordi pre-contrattuali. Tale decisione ha così determinato un
vero e proprio revirement in materia, giustiicato dagli stessi giudici inglesi
alla luce della tradizione, seguita in numerose giurisdizioni europee, di attribuire rilevanza, ai ini dell’interpretazione del contratto, all’esistenza di
precedenti accordi pre-negoziali. La presente regola, comune ad una pluralità di ordinamenti, viene espressamente contemplata nel DCFR all’articolo
II. – 8 : 102 DCFR.
Simile questione è poi stata affrontata dal Supremo Tribunal spagnolo
in data 25 maggio 200929, nell’ambito di un caso inerente alla validità o
meno di un contratto di distribuzione. A tal ine si è dunque reso necessario
procedere all’interpretazione del negozio, posto che, mentre per il giudice
di primo grado si sarebbe trattato di una parte di un diverso contratto, per la
Corte d’appello essa avrebbe invece dovuto ricondursi alla igura del negozio atipico.
Al riguardo è opportuno premettere che nel sistema spagnolo, salva l’eccezione della Catalonia, ai ini della stipula di un contratto di distribuzione
non è richiesta né una forma particolare, né una speciica denominazione. Di
conseguenza, ad avviso dei giudici della suprema giurisdizione, nel caso di
specie troverebbero applicazione tanto le norme contenute nel codice civile
spagnolo, quanto le analoghe disposizioni previste nel DCFR per i contratti
non solenni. Sicché, sulla base dell’articolo II. – 8 : 106 DCFR30, ai sensi del
quale è preferibile l’interpretazione più favorevole alla validità del contratto, il Supremo Tribunal ha ritenuto che il negozio in oggetto debba essere
ricondotto alla categoria dei contratti aticipi31. Invero, così come indicato
dai commentatori del DCFR, se una clausola del negozio risulta ambigua e
può dunque essere interpretata, alternativamente, in modo tale da condurre
all’invalidità od alla validità dello stesso, quest’ultima opzione è da preferirsi (principio del “favor negotii”)32.
28 Chartbrook Ltd v. Persimmon Homes Ltd and others, House of Lords (2009), UKHL
38, Lord Hoffmann, par. 39, p. 15 – 16.
29 TS 366/2009, Sala 1 de lo civil, 25 maggio 2009, RAJ 2009, n. 2417, p. 5963 – 5965.
30 Tale norma dispone infatti il principio della preferenza dell’interpretazione maggiormente favorevole alla validità del contratto, allorché lo stesso possa essere interpretato in
modo tale da risultare invalido.
31 Supremo Tribunal, 25 maggio 2009, par. 5.
32 Deinitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common Frame of
181
il dcFr nellA GiuriSPrudenzA delle corti
– lA rielABorAzione del diritto coMPArAto
2 b. Contenuto ed effetti del contratto
In un caso deciso in data 23 settembre 201133, la Corte Suprema svedese
è stata chiamata a decidere se, nell’ipotesi di contratto avente ad oggetto
una prestazione odontoiatrica malriuscita, le relative spese debbano essere sostenute prima dell’esecuzione dell’intervento riparatore. La questione
controversa riguardava pertanto non già la sussistenza o meno dell’errore
medico, sul quale non vi era discussione, bensì il momento del pagamento
delle spese da parte del cliente. Al riguardo, ad avviso della clinica, dovrebbe farsi riferimento alle condizioni generali previste dal proprio regolamento
interno, in base alle quali il pagamento della prestazione deve avvenire prima della sua esecuzione e non in un momento successivo.
Sul punto, sia i giudici della corte d’appello che la Suprema Corte hanno
ritenuto non applicabile al caso in oggetto la normativa svedese in tema di
tutela dei consumatori, considerato che la stessa non comprende, nel proprio
ambito di applicazione, le prestazioni di natura medica. Conseguentemente,
in assenza di una speciica disciplina applicabile, i supremi giudici hanno
considerato opportuno richiamare sia i propri precedenti giurisprudenziali,
sia l’articolo II. – 9 : 103 (1) DCFR, al ine di stabilire se il paziente sia
vincolato o meno alle condizioni generali contenute nel regolamento interno
alla struttura ospedaliera.
Nella specie, per l’ospedale i pazienti sarebbero tenuti al rispetto delle
predette condizioni generali a partire dal momento stesso del loro ricovero,
con il conseguente dovere di pagamento della prestazione in parte in modo
anticipato, in parte durante il trattamento ospedaliero in funzione di garanzia. Tuttavia, ai sensi del citato articolo II. – 9 : 103 (1) e (3a), quando una
clausola non sia stata negoziata tra le parti perché inserita anteriormente
da una sola di esse, questa, a prescindere dalla sua natura standardizzata o
meno, si considera come non apposta se ciò è richiesto dalla controparte34.
Pertanto, alla luce di tale disposizione, la Suprema Corte ha concluso che
le condizioni generali inserite in un contratto, afinché possano essere dotate di eficacia vincolante, devono essere note alla controparte prima della
stipula del negozio. Sicché, considerato che nel caso di specie la struttura
sanitaria non aveva preventivamente informato il paziente della norma generale relativa al momento del pagamento, questi non poteva considerarsi
vincolato alla medesima. Di conseguenza, richiamando il citato articolo II
Reference (DCFR), op. cit., Book II, art. II – 8:106, p. 569.
33 Corte Suprema svedese, 23 settembre 2011, caso n. T 4062 – 09, NJA, 2011, p. 600
(NJA 2011: 59).
34 Deinitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common Frame of
Reference (DCFR), op. cit., Book II, art. II – 9:103, p. 589 – 591.
182
GAlAteiA KAloutA
– 9 : 103 (1) DCFR35, la Corte ha escluso l’inadempimento del paziente per
non aver provveduto al pagamento prima dell’esecuzione della prestazione
medica, non essendo lo stesso stato informato dell’esistenza della clausola
generale sopra descritta.
In un caso non dissimile, la Suprema Corte olandese, pronunciatasi in
data 11 maggio 201236, è stata chiamata a decidere se le condizioni generali
inserite in un contratto debbano considerarsi vincolanti o meno per le parti.
Nella specie, la controversia verteva in particolare sull’ambito di applicabilità delle suddette condizioni, nell’ipotesi in cui le stesse abbiano previsto
una limitazione di responsabilità in favore del ricorrente. Sul punto, dopo
aver richiamato la normativa di una pluralità di sistemi giuridici ed osservato l’assenza di una soluzione univoca in materia, i supremi giudici hanno
ritenuto di poter applicare il citato articolo II – 9 : 103 DCFR37, considerando così le condizioni generali come elementi estranei alla negoziazione e
dunque non vincolanti per le parti contrattuali.
3. Libro III – Obbligazioni e diritti delle parti
3 a. Rimedi in caso di inadempimento
Con una decisione emessa in data 11 ottobre 2012, la Suprema Corte
svedese è stata chiamata a pronunciarsi sul tema della liquidazione dei danni derivanti da un’ipotesi di responsabilità contrattuale. Nella specie, il ricorrente aveva concluso, unitamente ad una serie di altri sub-fornitori, un
contratto avente ad oggetto la cessione di un terreno ai ini della successiva
costruzione di una centrale elettrica. Il successivo negozio di esecuzione38
elencava i doveri spettanti a ciascun sub-fornitore39, nonché le norme in
35 La disposizione in esame, relativa alle clausola non negoziate dalle parti, così enuncia:
(1) Le clausole previste da una sola parte e non oggetto di negoziazione possono essere
produrre effetti nei confronti dell’altra soltanto se questa ne era a conoscenza, ovvero se la
stessa sia stata resa adeguatamente edotta del loro inserimento, prima o dopo la conclusione
del contratto....(3) Ai ini del presente articolo (a) “non negoziate” deve intendersi secondo
la deinizione datane all’articolo II – 1 : 110 (Clausole non negoziate dalle parti); (b) non
si considerano note alla controparte quelle clausole meramente richiamate nel contratto,
anche se questa lo abbia sottoscritto.
36 HR verdict, 11 maggio 2012, LJN : BW0730, NJ 2012, n. 318.
37 Una regola analoga è altresì dettata all’articolo 2 : 104, Principi europei in materia di
contratti, così come all’articolo 70 CESL.
38 AB 92 – Condizioni generali in materia di contratti di costruzione ed installazione di
impianti.
39 Tra i quali vi rientrano, in particolare, le obbligazioni di procurare ed installare il
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il dcFr nellA GiuriSPrudenzA delle corti
– lA rielABorAzione del diritto coMPArAto
tema di responsabilità del contraente principale nell’esecuzione del contratto. Senonché, il termine per la conclusione dei lavori non venne rispettato,
con la conseguente impossibilità per la centrale elettrica di entrare in funzione alla data prestabilita. Tale ritardo, tuttavia, si sarebbe comunque prodotto
anche se il contraente principale avesse adempiuto in termini, considerato
che alcuni dei sub-fornitori non avevano provveduto ad eseguire la relativa
prestazione nei termini prestabiliti40.
Sul punto quindi, poiché la Corte non poteva basare la propria decisione sulla sola clausola penale, la quale avrebbe potuto formare l’oggetto di
un’interpretazione non univoca, ha ritenuto necessario richiamate la dottrina
avente ad oggetto i rimedi previsti in ipotesi di inadempimento contrattuale,
riferendosi in particolar modo all’articolo III – 3 : 101 DCFR41. Pertanto,
sebbene il ritardo nel completamento dei lavori non fosse interamente imputabile al solo convenuto, quest’ultimo è stato comunque ritenuto responsabile per i danni cagionati. In simili ipotesi infatti, come osservato dai supremi
giudici, quando un medesimo danno sia dovuto a due eventi dannosi veriicatesi nel medesimo momento, entrambi gli autori ne sono responsabili42.
Sicché, riconoscendo la sussistenza di un concorso di responsabilità per i
danni causati dal ritardo nell’esecuzione dei lavori43, la Corte ha condannato
al pagamento del risarcimento non solo il contraente principale, ma anche
gli altri sub-contraenti inadempienti44.
3 b. Cessazione degli effetti del contratto
In un caso sottoposto alla Suprema Corte spagnola45 ed inerente ad un
contratto di telefonia, la questione controversa era la seguente: ad avviso
dell’attore la controparte avrebbe commesso una violazione del contratto,
mentre per quest’ultima non vi sarebbe stato alcun inadempimento poiché
generatore della centrale.
40 Di conseguenza anche la consegna e la successiva installazione del generatore sarebbero avvenute in ritardo rispetto al termine convenuto.
41 Tale disposizione così statuisce: Rimedi possibili. (1) In caso di ingiustiicato inadempimento all’obbligazione, il creditore può ricorrere ad ogni rimedio previsto nel presente capitolo. (2) In ipotesi di inadempimento dovuto a giusta causa, il creditore può invocare ognuno
dei rimedi previsti, salvo quello per l’esatto adempimento. (3) Il creditore non può invocare
alcuno dei rimedi previsti nell’ipotesi in cui abbia dato causa all’inadempimento del debitore.
42 HR verdict, 11 maggio 2012, LJN : BW0730, NJ 2012, n. 318, p. 9.
43 Ivi, par. 16.
44 Simile approccio richiama il principio in base al quale la parte danneggiata non può
beneiciare, mediante il risarcimento, di un miglioramento della propria situazione patrimoniale rispetto a quella anteriore al veriicarsi dell’evento dannoso (v. ivi, par. 15).
45 STS 4714/2010, 22 giugno 2010, appello n. 363/2006, decisione n. 380/2010.
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GAlAteiA KAloutA
il negozio aveva cessato di produrre i suoi effetti ex tunc e ne era dunque
derivato un ingiustiicato arricchimento per il ricorrente.
Al riguardo il Supremo Tribunale, dopo aver osservato che l’attore aveva
usufruito del codice di accesso in modo irregolare beneiciando così di un
ingiusto arricchimento, e che il convenuto, in base al contratto, era titolare
della facoltà di risolvere il negozio in ipotesi di inadempimento da parte
del cliente, ha concluso per il rigetto della domanda. Ad avviso dei giudici
infatti, poiché il ricorrente aveva utilizzato il codice di accesso per una serie
di servizi diversi da quelli pattuiti nel contratto, egli aveva quindi commesso
una violazione dell’accordo, con la conseguente risoluzione dello stesso.
A tal ine vengono richiamati gli articoli III – 3 : 509 e 3 : 510 DCFR, ai
sensi dei quali vi sono due tipologie di effetti derivanti dalla cessazione del
contratto: l’estinzione dell’obbligazione e la restituzione di quanto ricevuto.
Nel caso di specie, considerato che entrambe le parti avevano violato la normativa contrattuale, ne conseguiva che entrambe fossero tenute all’obbligo
di restituzione di quanto ricevuto in attuazione del negozio. Con riferimento
poi alla determinazione del momento a partire dal quale far produrre gli
effetti della cessazione del contratto, tenuto conto che la restituzione delle
prestazioni eseguite può ripercuotersi negativamente nella sfera giuridica
dei terzi (in primis i consumatori), ne deriva che i suddetti effetti debbano
decorrere ex nunc, a partire dal momento in cui interviene la causa estintiva
del negozio. Di conseguenza, la Corte conclude che entrambe le parti hanno commesso un inadempimento contrattuale, che dunque entrambe sono
tenute alla restituzione di quanto ricevuto e che gli effetti derivanti dalla
cessazione del contratto operano ex nunc.
In altri due casi sempre posti all’attenzione della Suprema Corte spagnola46, la questione ha riguardato l’acquisto, direttamente dal costruttore, di una
serie di immobili ad uso vacanza nell’ambito di una struttura adibita a resort
turistico. Nella specie, la controversia ha tratto origine da un provvedimento
della pubblica amministrazione locale che, successivamente alla stipula del
contratto, revocava il provvedimento autorizzatorio in precedenza concesso
per l’apertura del resort, il quale diveniva così inutilizzabile per i suoi utenti.
Entrambi i precedenti ricorsi si erano conclusi con il riconoscimento dell’inadempimento contrattuale ad opera del costruttore. Nondimento la Suprema
Corte, ribaltando le decisioni di grado inferiore, ha ritenuto che la questione
centrale riguardasse non già la responsabilità del costruttore, quanto piuttosto
l’avvenuta cessazione del rapporto contrattuale. Di conseguenza, ad avviso
dei supremi giudici, le norme invocate nei precedenti giudizi non sarebbero
46 TS 99/2012, Sala 1 de lo civil, 29 febbraio 2012 e TS 103/2012, Sala 1 de lo civil, 1°
marzo 2012.
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il dcFr nellA GiuriSPrudenzA delle corti
– lA rielABorAzione del diritto coMPArAto
state correttamente applicate47; sul punto, infatti, vengono richiamati sia i precedenti giurisprudenziali nazionali, sia l’articolo III – 3 : 510 (5) DCFR48, ai
sensi del quale la restituzione delle prestazioni ricevute, in ipotesi di inadempimento del contratto, si estendono anche ai frutti naturali e civili nel mentre
maturati. Pertanto, la Corte conclude che gli effetti derivanti dalla cessazione
del contratto non opererebbero ex nunc, bensì retroattivamente, onde consentire così il ripristino della situazione anteriore alla sua stipulazione. Ne deriva
che ciascuna parte sia tenuta a restituire tutti quei beneici ricevuti in esecuzione del contratto poi risolto49, garantendo in tal modo che in simili ipotesi le
relative conseguenze siano ripartite tra le parti.
3 c. Danni ed interessi
Esemplare in materia è il caso n. T 5926 : 11 deciso dalla Suprema Corte
svedese50, ove in seguito ad un incidente ferroviario il ricorrente ha richiesto
un risarcimento per le spese sostenute ai ini del soccorso. Nella specie, questi
aveva concluso un contratto di trasporto con il convenuto, avente lo scopo di
trasportare del gas clorino. A tal ine le parti avevano dato applicazione alle
norme comuni dettate in materia di trasporto ferroviario di passeggeri (anche
note con l’acronimo di “CIM”51) ed entrambe invocavano, in sede processuale, il risarcimento per le spese sostenute a causa delle operazioni di soccorso.
Giova premettere che sulla questione non vi era mai stata alcuna pronuncia da
parte delle giurisdizioni svedese e che, più in generale, la stessa non era mai
stata affrontata in alcuno dei sistemi giuridici facenti parte della convenzione.
Chiamata a decidere se i costi sostenuti dal ricorrente per limitare gli effetti dell’inadempimento contrattuale siano rimborsabili o meno, la Suprema
Corte ha primariamente osservato che sia il CIM, sia le altre convenzioni in
47 TS 99/2012, Sala 1 de lo civil, 29 febbraio 2012, par. 5-6.
48 Tale norma così enuncia: restituzione dei beneici derivanti dalle prestazioni ricevute.
(5) L’obbligo di restituire un beneicio si estende ad ogni frutto civile o naturale da esso
maturato.
49 TS 99/2012, Sala 1 de lo civil, 29 febbraio 2012, par. 6.
50 HD, 4 febbraio 2013, caso n. T 5926 – 11, Anne hAnSen, nota a T 5926 – 11, Info Torg
Juridik, pubblicato in data 6 febbraio 2013.
51 Trattato sul trasporto internazionale ferroviario (COTIF), irmato del 1980. Esso contiene in primo luogo la regolamentazione del trasporto internazionale di beni e persone e
vi comprende norme sia di diritto privato che di diritto pubblico. Si compone di un atto
costitutivo, seguito da due appendici: il CIV, ossia le norme uniformi in tema di contratti
aventi ad oggetto il trasporto ferroviario internazionale di passeggeri; il CIM, ossia le norme uniformi in tema di contratti aventi ad oggetto il trasporto ferroviario internazionale di
beni. Il trattato di revisione della versione originaria, intervenuto nel 1999, non è ancora
stata ratiicato dalla Svezia.
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GAlAteiA KAloutA
tema di trasposto internazionale, non contengono disposizioni che regolano espressamente il risarcimento dei danni in ipotesi simili (ossia quando
il beneiciario del trasporto abbia adottato una serie di misure per limitare
determinati effetti dannosi). In sostanza non è dunque applicabile il citato
CIM, prevedendo quest’ultimo il solo caso di rimborso per aver ricevuto
beni danneggiati ovvero in ipotesi di ritardo della consegna.
Pertanto, in assenza di una regolamentazione apposita, e non potendo
richiamare alcun precedente giurisprudenziale, la Suprema Corte svedese ha
ritenuto opportuno riferirsi ai principi generali in materia di contratti e, più
precisamente, all’articolo III – 3 : 705 DCFR. Il diritto al risarcimento è stato
dunque ricollegato alla più generale obbligazione, spettante alla parte lesa,
di adoperarsi, nel limite del ragionevole sacriicio, al ine di ridurre i danni cagionati dall’inadempimento dell’altro contraente52. In tale prospettiva
inoltre si ritiene che, indipendentemente dall’esito favorevole o meno delle
azioni condotte, la parte danneggiata ha comunque diritto al risarcimento
per le lesioni subite, anche quando il rimedio adottato abbia determinato
un peggioramento delle conseguenze dannose. L’obiettivo così perseguito
mira non solo ad incoraggiare la parte lesa, tenuto conto della sua posizione
generalmente più favorevole53, a non rimanere inerte a fronte dell’inadempimento altrui, ma tutela altresì l’interesse della controparte inadempiente ad
evitare un peggioramento dei danni causati.
In deinitiva, nel caso in esame si è posto il problema di stabilire se le
parti di un contratto di trasporto siano tenute ad adottare le misure necessarie per ridurre i danni cagionati dalla violazione del negozio ovvero se una
tale pattuizione costituisca un’eccezione ai principi generali del contratto54.
Ebbene, posto che in materia non è applicabile il CIM e che manca una giurisprudenza consolidata sul tema, la Suprema Corte ha concluso per l’applicazione dei principi generali del contratto, così come richiamati nel DCFR55.
A sostegno della propria decisione, i giudici svedesi hanno particolarmente insistito sull’esigenza di applicare la regola descritta, rischiando altrimenti di riconoscere al beneiciario del trasporto, parte lesa, l’ingiustiicato
vantaggio di non rispondere per gli ulteriori danni cagionati ai beni quando
essi potevano essere evitati mediante l’adozione di tempestivi rimedi56. Un
52 HD, 4 febbraio 2013, caso n. T 5926 – 11, sopra citata, par. 3.3 – 3.5. Si v. altresì
Deinitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common Frame of Reference
(DCFR), op. cit., vol. I, p. 939 f.
53 HD, 4 febbraio 2013, caso n. T 5926 – 11, par. 3.6.
54 Ivi, par. 3. 12.
55 Ivi, par. 3. 13.
56 Ivi, par. 3. 11.
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tale risultato, infatti, inirebbe col condurre ad esiti del tutto irragionevoli
non solo da un punto vista generale, ma anche in una prospettiva di buon
funzionamento degli scambi commerciali.
3 d. Clausole risarcitorie per inadempimento del contratto
Con riferimento al primo caso (caso T 4728 : 0857), la Suprema Corte svedese, chiamata ad affrontare una questione inerente allo smarrimento di una
chiave passepartout, ha dovuto stabilire se la clausola penale inserita nell’allegato del contratto debba essere considerata come uno strumento limitativo
della responsabilità contrattuale e se il medesimo possa essere fatto valere
contro la compagnia assicurativa.
Sul punto i giudicanti hanno primariamente osservato che nei modelli
contrattuali standardizzati, così come nei contratti per la costruzione di impianti, la clausola penale viene generalmente considerata come parte integrante dell’obbligazione di pagare il risarcimento del danno in caso di ritardo
nell’esecuzione della prestazione richiesta, salva la risoluzione del contratto.
Al riguardo, nondimeno, la dottrina scandinava rimane divisa, permanendo controverso se la parte danneggiata possa scegliere il risarcimento in
luogo dell’azione per far valere la clausola penale, ovvero se, nell’ipotesi in
cui l’interpretazione del contratto sia oscura, l’unico rimedio possibile sia
costituito dalla predetta azione. Dubbi simili sono stati ugualmente prospettati dalla dottrina in alti paesi europei, in particolare è controverso se il risarcimento del danno debba essere liquidato in aggiunta alla penale ovvero se
questa rappresenti il solo strumento possibile nel caso di mantenimento del
contratto. Sul tema, l’articolo III – 3 : 71258 DCFR ha optato per quest’ultima soluzione, condivisa dalla Suprema Corte svedese che vi ha dunque fatto
riferimento per interpretare il contenuto dell’allegato in esame e concludere
che la clausola penale costituisca l’unica forma di risarcimento prevista tra
le parti. In conclusione, i giudici hanno dunque statuito favorevolmente al
convenuto, tenuto a risarcire il danno da perdita del passepartout per un ammontare isso e predeterminato nell’allegato del contratto59.
57 Caso n. T 4728 – 08 Högsta Domstolens Dom p. 1 – 26 e Richard ByStröM, Vitesavtal
begränsar skadeståndet för borttappad nickel, in InforTorg Juridik, 27 dicembre 2010.
58 Art. III – 3 : 712 : Clausola penale. (1) Se il negozio dispone che in ipotesi di inadempimento il debitore è tenuto a risarcire il creditore per un determinato ammontare, questi ha diritto a
ricevere la somma data indipendentemente dall’entità del danno. (2) La somma individuata nel
contratto o altro atto giudirico può tuttavia, salva previsione contraria, essere proporzionalmente
ridotta allorché il suo ammontare sia manifestamente iniquo considerata l’entità dei danni derivanti dall’inadempimento e tenuto di tutte le ulteriori circostanze del caso.
59 Deinitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common Frame of
Reference (DCFR), op. cit., vol. I, p. 964, articolo III – 3 : 712.
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GAlAteiA KAloutA
3 e. Pluralità di obbligazioni
Nel 2010, la Suprema Corte spagnola60 è stata investita della questione
inerente alla responsabilità sorta nell’ipotesi di un incidente d’auto veriicatosi nel corso di un viaggio organizzato. Nella specie, i ricorrenti avevano
prenotato un viaggio all’estero per il tramite di un’agenzia di viaggi (rivenditore) domiciliata nello Stato di residenza delle vittime; il pacchetto turistico, tuttavia, era stato interamente organizzato da un ente diverso (fornitore).
Senonché, nel corso del viaggio il bus locato dal fornitore era incorso in un
grave incidente, cagionando così diversi danni ai ricorrenti. La questione
controversa può dunque così riassumersi: se la responsabilità per l’evento
descritto debba imputarsi ad uno solo dei due organizzatori, ovvero se entrambi siano solidalmente responsabili.
Al riguardo, la direttiva comunitaria relativa alla materia in esame61 nulla
dispone in merito all’eventualità che, in un’ipotesi come quella in oggetto,
la responsabilità competa sia al fornitore, sia al rivenditore, rimettendo la
questione alla discrezionalità di ciascun Stato membro. Ne deriva così che
ciascun Stato, nell’attuazione della direttiva predetta all’interno del proprio
ordinamento, sia libero di regolamentare la responsabilità in esame secondo le proprie scelte. Ebbene, poiché tale normativa europea è divenuta parte integrante del sistema giuridico spagnolo e che la questione non forma
l’oggetto di precedenti giurisprudenziali, il Supremo Tribunale ha ritenuto
opportuno richiamare le soluzioni adottate nelle altre legislazioni europee62,
nonché, quali principi direttivi, le norme contenute del DCFR.
Così, i giudici hanno dato applicazione all’articolo III – 4 : 103 (2) DCFR,
ai sensi del quale se nulla è disposto nel negozio, la responsabilità di due o
più debitori per l’inadempimento ad una medesima obbligazione si presume
solidale. Precisamente, la responsabilità è solidale allorché due o più debitori sono responsabili per la stessa obbligazione. Pertanto, i supremi giudici hanno ritenuto entrambi gli obbligati, ossia il rivenditore ed il fornitore,
responsabili per i danni occorsi ai ricorrenti, garantendo in tal modo una
maggior tutela dei consumatori.
In un caso non dissimile63, sempre la Suprema Corte spagnola è stata
nuovamente chiamata a pronunciarsi su una questione vertente, questa volta,
sul ricorso proposto dall’acquirente di nove impianti di condizionamento nei
confronti sia del venditore, sia dell’azienda fornitrice. In particolare, il ricor60 TS 870/2009, Sala 1 de lo civil, 2 gennaio 2010.
61 Direttiva 90/314/EEC.
62 Quali ad esempio l’Austria, l’Inghilterra, l’Italia o la Francia. In materia inoltre, il
Supremo Tribunal ha ritenuto opportuno esaminare la normativa norvegese.
63 TS 597/2010, Sala 1 de lo civil, 8 ottobre 2010.
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rente ha domandato: la risoluzione del contratto di vendita; la cancellazione
dell’accordo di conciliazione; il risarcimento del prezzo pagato e dei danni
subiti maggiorato degli interessi.
La successiva conciciliazione è stata raggiunta unicamente tra il ricorrente ed il fornitore, consentendo così al venditore, essendo rimasto estraneo a tale secondo accordo, di continuare a negare qualsiasi inadempimento
contrattuale. Nondimeno, ad avviso della Suprema Corte quest’ultimo sarebbe comunque responsabile in virtù del contratto di vendita, considerato
che l’accordo di conciliazione riguarda i soli vizi di produzione e non anche quelli da prodotto difettoso, i quali rientrano nella garanzia fornita dal
venditore64.
È certo vero, come osservato dagli stessi giudici, che in tali ipotesi il
venditore agisce di regola quale mero intermediario, spettando direttamente
al fornitore la responsabilità per eventuali vizi dovuti a prodotti difettosi.
Pur tuttavia, la prassi sviluppatasi in materia nella giurisprudenza spagnola
rispecchia pienamente il contenuto del citato articolo III – 4 : 103 DCFR,
ai sensi del quale se nulla è disposto nel negozio, la responsabilità di due o
più debitori per l’inadempimento ad una medesima obbligazione si presume
solidale.
In applicazione della norma suddetta dunque, la Corte ha considerato entrambi i convenuti responsabili per i danni lamentati, ritenendo necessario,
sebbene le rispettive obbligazioni non siano pienamente identiche, privilegiare la tutela dell’acquirente65. Di conseguenza, in virtù della responsabilità solidale sancita dall’articolo III – 4 : 103 DCFR, la Corte ha ugualmente
ritenuto non fondato il successivo contro-ricorso proposto dal venditore.
3 f. Prescrizione
La casistica inerente alla tematica della prescrizione è particolarmente
ricca. La questione è stata invero affrontata, ad esempio, nel caso E 265:
1166 proposto avanti alla Suprema Corte svedese. Nella specie, il ricorrente
sosteneva che il proprio debito nei confronti dell’Agenzia per la Previdenza
Sociale svedese, avente ad oggetto il rimborso dei contributi versati a sostegno della famiglia, fosse ormai prescritto, con la conseguente inamissibilità
di ogni azione nei suoi confronti.
Sul punto, la legge svedese67 prevede, in via generale, un termine di
prescrizione di cinque anni entro il quale il diritto può essere fatto valere.
64 Ivi, par. 6.
65 Ibidem.
66 Caso n. E 265 – 11, 20 giugno 2012, NJA 2012, p. 452 (NJA 2012 : 46).
67 Trattasi nel caso di specie dell’articolo 3, par. 1, Legge in materia di prescrizione del
pagamento delle imposte (1982: 188).
190
GAlAteiA KAloutA
Inoltre, in materia di rimborso dei contributi familiari, la medesima normativa sancisce che gli stessi debbono essere pagati entro dieci giorni dalla
notiica al debitore. Pertanto, nel caso di specie, si è chiesto alla Corte di stabilire se, in un’ipotesi del genere, il dies a quo ai ini del maturare della prescrizione debba individuarsi nella data di notiica della richiesta di rimborso
al debitore, senza tener conto del lasso di tempo intercorso tra la decisione
dell’ente e la sua comunicazione al debitore, periodo che, nel caso in esame,
è di almeno dodici anni.
Per risolvere la controversia in oggetto, la Corte ha ritenuto opportuno
distinguere tra la durata massima della prescrizione ed il caso della prescrizione breve. Al riguardo, ha osservato che mentre la prima inizia a decorrere
dalla data in cui il diritto viene leso, la seconda, invece, inizia a decorrere
dalla data dovuta, ossia dalla data in cui sorge una certa obbligazione di
adempiere. Il suo obiettivo dunque, diversamente dalla durata massima della
prescrizione, è quello di favorire la soluzione più rapida possibile del debito
controverso.
Orbene, alla luce delle predette osservazioni, la Corte ha concluso per
una possibile combinazione di entrambe le prescrizioni, sul modello delle
previsioni contenute nel DCFR. Tale normativa, invero, prevede un termine
prescrizionale breve all’articolo III – 7 : 20168, mentre la prescrizione generale è disciplinata all’articolo III – 7 : 30769. Secondo i supremi giudici
dunque, poiché il ricorso alle norme contenute nel DCFR impone una sua
interpretazione conforme, ne discende che nel caso di specie il rimborso dei
contributi familiari avrebbe dovuto essere richiesto entro il termine di dieci
giorni dalla notiicazione al debitore o, al più tardi, entro cinque anni dal
momento in cui l’azione è stata proposta. Senonché, essendo trascorsi dodici
anni dal giorno in cui il diritto era stato fatto valere, i termini di prescrizioni
erano già ampiamente decorsi e dunque nessuna richiesta di rimborso poteva
validamente essere avanzata.
68 Tale articolo così dispone: Durata generale. La prescrizione decorre generalmente in
tre anni.
69 Art. III – 7 : 307 DCFR: Durata massima della prescrizione – Qualora sopravvenga
una causa di sospensione o di proroga della prescrizione al di là dei termini previsti nel
presente capitolo, la sua durata non può in ogni caso superare dieci anni ovvero, in ipotesi
di risarcimento per lesioni personali, trenta anni. La presente disposizione non si applica in
presenza della causa di sospensione di cui all’articolo III – 7 : 302 (sospensione dei termini
per l’avvio di un procedimento giurisdizionale).
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4 Libro IV – I contratti speciali e i diritti e doveri da essi derivanti70
4 a. I contratti tipici
In materia può citarsi un caso deciso dalla Suprema Corte olandese71 sul
tema dell’applicabilità delle norme previste per la vendita di beni ai programmi di software. Sul punto, onde poter inquadrare tali strumenti sotto il
proilo legale, i giudici hanno ritenuto opportuno ricorrere al DCFR ai ini di
un’analisi comparata dell’istituto nelle varie legislazioni europee72. In particolare, la Corte ha richiamato l’articolo IV.A – 1 : 101 DCFR, il quale elenca
i vari contratti di vendita dei beni. L’articolo IV.A – 1 : 101 (2) (d) DCFR
invece, dispone speciicatamente che il software può formare l’oggetto di
un contratto di compravendita. Pertanto, i giudici olandesi hanno concluso
che a tale strumento ben possa applicarsi la normativa prevista in tema di
vendita di beni.
4 b. Cessazione del rapporto contrattuale
Nel caso T 3:0873, la Suprema Corte svedese è stata chiamata ad individuare il momento in cui possa ragionevolmente risolversi un contratto di
rivendita. La questione ha suscitato non poco interesse nell’ambiente giuridico svedese, considerato che in Svezia non è prevista alcuna regolamentazione speciica in tema di contratti di rivendita di beni.
Nella specie, il problema derivava dalla duplice circostanza che l’accordo
era intervenuto soltanto sulla forma e che le parti non avevano previsto nulla
con riguardo alla durata del rapporto. Al termine del settimo anno dunque,
il panettiere fornitore avevo deciso di porre ine al contratto con eficacia
immediata.
Sul punto, la Corte ha primariamente individuato la natura del rapporto
controverso in un contratto di rivendita di beni, chiedendosi successivamente se, in ipotesi di recesso, sia necessaria una previa comunicazione della
parte recedente. Tuttavia, in caso affermativo, si pone il problema ulteriore
di stabilire quale sarebbe il termine massimo entro il quale tale comunicazione deve essere resa nota alla controparte. E se una tale comunicazione
70 Si precisa tuttavia che i diritti e doveri discendenti dal contratto di vendita sono stati
ugualmente delineati a livello europeo nel caso Lloyds TSB Foundation for Scotland vs
Lloyds Banking Group PCL (2011), CSIH 87; 2012 SC 259, par. 29.
71 Hoge Raad (HR), sentenza emessa in data 27 aprile 2012, LJN: BV1301, NJ 2012,
n. 293.
72 Ibidem, par. 3.10.2 (conclusioni).
73 Decisione del 3 novembre 2009 (caso n. T 3-08), NJA 2009, p. 672; NJA 1989 A 7,
Svante O. Johansson, Avtalsrätt, pubblicato in data 20 novembre 2009; c. rAMBerG, The
Supreme Court’s silent coup, 3 luglio 2009.
192
GAlAteiA KAloutA
mancasse, la sua assenza potrebbe dar luogo ad un’ipotesi di inadempimento
del contratto? Tali quesiti hanno costituito il cuore del ragionamento seguito
dalla Corte, considerata l’assenza, come anticipato sopra, di alcuna minima
regolamentazione dei contratti di rivendita del diritto svedese. Così, ad avviso dei supremi giudici, non solo è necessaria una previa comunicazione
della volontà di recedere dall’accordo, ma quest’ultima deve altresì essere
trasmessa alla controparte almeno tre mesi prima.
La presente decisione è stata considerata come un importantissimo revirement nella giurisprudenza svedese, posto che tale pronuncia si è opposta
ad una precedente sentenza della medesima Suprema Corte avente ad oggetto la stessa materia74. Attraverso la decisione del 2009 i supremi giudici
hanno dunque creato un vero e proprio precedente vincolante per il tramite
dell’applicazione di una nuova fonte normativa, il DCFR, nella specie nei
suoi articoli IV.E – 2 : 302 e IV.E – 2 : 305.
Così, all’opposto della giurisprudenza passata, la Suprema Corte ha ritenuto di non dover basare il proprio ragionamento sulla natura dell’accordo
concluso tra le parti. Al contrario, la Corte ha semplicemente statuito che
“poiché il distributore ha acquistato il pane dal fornitore per poi rivenderlo
a suo nome, ne deriva che non si tratti né di un contratto di agenzia, né di
un contratto di mandato, bensì di un contratto di rivendita”. Tale decisione,
sebbene fortemente criticata dalla dottrina, in particolare nella parte relativa
alla natura dell’accordo, rappresenta nondimeno, come già anticipato, un
vero e proprio precedente per la giurisprudenza svedese75, fondato sull’applicazione dei citati articoli IV.E – 2 : 302 e IV.E – 2 : 305 DCFR. Ai sensi
di tali disposizioni, in ipotesi di contratto di rivendita, ciascuna parte può
recedere dal negozio previa comunicazione entro un termine ragionevole,
senza dover risarcire alcun danno. Quanto al predetto termine, lo stesso può
ritenersi ragionevole in considerazione di una pluralità di fattori, quali (a)
la durata del rapporto contrattuale; (b) gli investimenti eseguiti da ciascuna
parte; (c) la durata necessaria per individuare un’eventuale alternativa; (d)
gli usi negoziali.
In deinitiva, la Corte ha concluso che ai ini dell’esercizio del diritto di
recesso, la parte è tenuta a darne previa comunicazione entro un termine ragionevole all’altro contraente. Eventuali accordi relativi al predetto termine
e diversi da quelli conformi ai requisiti posti dai supremi giudici possono
considerarsi validi, salva l’eventualità di una loro revisione secondo le direttive impartite dal DCFR. Nel caso di specie, inine, la Corte ha altresì
ritenuto che il termine ragionevole entro il quale la parte recedente dovrebbe
comunicare la sua volontà di recesso debba essere di tre mesi.
74 Contra NJA 1989 A 7.
75 Svante O. Johansson, Avtalsrätt, pubblicato in data 20 novembre 2009.
193
il dcFr nellA GiuriSPrudenzA delle corti
– lA rielABorAzione del diritto coMPArAto
4 c. Ammontare dell’indennità
In un caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte olandese76, si è
trattato di stabilire l’ammontare dell’indennità dovuta in ipotesi di un contratto di agenzia. Nella specie, si trattava di un accordo in base al quale il ricorrente aveva ingaggiato un’agenzia ai ini della sua rappresentanza esclusiva in sede di procedimento arbitrale. Il ricorrente, nondimeno, aveva posto
ine al rapporto contrattuale dopo tre anni. Di conseguenza, il convenuto reclamava il pagamento di una serie di somme di denaro sostenute nell’ambito
di un procedimento arbitrale. La questione controversa riguardava quindi la
determinazione del preciso ammontare delle somme reclamate dall’agenzia.
Sul punto, la Suprema Corte ha annullato la decisione della Corte d’appello,
rinviando a quest’ultimo giudice il compito di stabilire se siano risarcibili, e
sulla base di quali fattori, le spese sostenute per i servizi di agenzia77. Anche
in tal caso i supremi giudici olandesi hanno ritenuto di dover richiamare le
norme contenute nel DCFR al ine di individuare una soluzione conforme al
quadro giuridico europeo78. Pertanto, sebbene la Corte abbia ammesso che il
DCFR non disponga di una forza vincolante, ha tuttavia ritenuto utile interpretare l’articolo 7 : 442 del Codice civile olandese79 alla luce dell’articolo
IV E – 3 : 312 DCFR80.
76 HR, 2 novembre 2012, JJN : BW 9865, NJB 2012, 2307.
77 Quale il servizio di ricerca della clientela.
78 HR, 2 novembre 2012, JJN : BW 9865, cit., par. 2. 35 (conclusioni).
79 Burgerlijk Wetboek (BW).
80 Articolo IV.E – 3 : 312 DCFR. Ammontare dell’indennità – (1) L’agente di commercio
ha diritto di ricevere un’indennità per aver agito in buona fede, sulla base dell’articolo IV.E
– 2 : 305 (indennità per buona fede), calcolata secondo i seguenti parametri: (a) l’ammontare medio della commissione prevista per la conclusione di contratti con nuovi clienti e
per l’aumento del volume d’affari con i client esistenti negli ultimi dodici mesi. Il risultato
così ottenuto deve successivamente essere moltiplicato per (b) il numero di anni che il rappresentato ritiene di poter beneiciare in futuro dei vantaggi derivanti dai predetti contratti.
(2) Tale indennità può essere modiicata in presenza delle seguenti condizioni: (a) eventuali
dificoltà nella ricerca dei clienti, sulla base della percentuale media degli spostamenti nel
territorio operativo dell’agente; (b) lo sconto richiesto per ogni pagamento, sulla base dei
tassi medi. (3) In ogni caso, l’indennità dovuta non può superare l’ammontare della remunerazione annuale, calcolata in riferimento agli ultimi cinque anni oppure, se il contratto è
stato stipulato anteriormente, in considerazione della remunerazione media versata per tutto
il periodo. (4) Le parti non possono, a discapito dell’agente, convenire la non applicazione
del presente articolo o apportarvi delle deroghe.
194
GAlAteiA KAloutA
4 d. Garanzia personale dipendente
Nel caso in precedenza citato ed inerente alla perdita della chiave passepartout81, la Suprema Corte svedese ha ugualmente ritenuto che l’ente garante deve veriicare, prima di procedere al pagamento, che il debitore non
intenda proporre alcuna opposizione al diritto vantato dal creditore. In caso
contrario, la sostituzione non è valida. Tale soluzione riprende le previsioni
contenute nell’articolo IV.G. – 2 : 112 DCFR82.
4 e. Diritto di revoca del donante
In un caso sottoposto all’attenzione del Supremo Tribunal spagnolo83, si
è posta la questione di individuare quali siano le ipotesi di ingratitudine del
donatario. Nella specie, il donante aveva chiesto la revoca della donazione
per ingratitudine che, a suo avviso, sarebbe stata causata dalle accuse mosse
dal convenuto nei suoi confronti.
Considerato che la questione aveva per lungo tempo diviso la dottrina
spagnola, i giudici della suprema giurisdizione, dopo aver analizzato la normativa di altri paesi europei, hanno ugualmente esaminato l’articolo IV.H
– 4 : 201 DCFR. Ai sensi del suo primo paragrafo, il contratto di donazione
può essere revocato in ipotesi di manifesta ingratitudine del donatario, sussistente allorché il medesimo abbia cagionato una grave lesione al donante.
Alla luce di tali osservazioni la Corte ha quindi veriicato se le accuse al
donante e mosse dal pubblico ministero rappresentino un illecito rilevante
ai ini del sorgere della causa di ingratitudine. Al riguardo, i giudici hanno
previamente statuito il divieto per il donatario di procedere ad indagini nei
confronti del donante, posto che simili attività sono esercitabili d’uficio dal
pubblico ministero. Nondimeno, sul piano sostanziale, il Supremo Tribunal
ha ritenuto non fondate le accuse di ingratitudine, sostenendo che le stesse
non presenterebbero gli estremi di una grave lesione al donante, con la con81 V. nota 45.
82 Art. IV.G – 2 : 212 DCFR : Notiicazione e richiesta del garante prima della prestazione. (1) Prima di procedere al pagamento nei confronti del creditore, il garante è tenuto
a notiicare al debitore la richiesta relativa all’ammontare della garanzia ed alle eventuali
opposizioni o domande riconvenzionali contro il creditore. (2) In caso di mancato rispetto delle condizioni indicate nel precedente paragrafo (1) o nel caso in cui il debitore, per
negligenza, non eserciti le sue facoltà di difese o le stesse siano conosciute dal garante per
motivi diversi, il diritto del predetto garante di rivalersi nei confronti del debitore ai sensi
dell’articolo IV.G. – 2 : 113 (diritti del garante per effetto della prestazione) è ridotto per
un ammontare proporzionale alle perdite che il debitore ha subito per non aver esercitato
le sue facoltà di difesa. (3) Simile ipotesi non comporta alcuna conseguenza per i diritti del
garante nei confronti del creditore.
83 TS 261/2010, Sala 1 de lo civil, 13 maggio 2010.
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il dcFr nellA GiuriSPrudenzA delle corti
– lA rielABorAzione del diritto coMPArAto
seguente impossibilità di revoca della donazione.
Sezione II. L’applicazione del DCFR nella giurisprudenza della Corte di
Giustizia dell’Unione europea
1. Libro II. Contratti e altri atti giuridici
1 a. Doveri informativi nei contratti B2C
Nell’ambito di una questione preliminare indirizzata all’Avvocato
Generale ed inerente all’interpretazione della Direttiva sulle pratiche commerciali scorrette nei confronti dei consumatori, è stato richiamato l’articolo
II – 3 : 102 DCFR in luogo dell’articolo 7 (4), Direttiva 2005/29/EC, considerato poco chiaro dagli interpreti. In ragione del suo contenuto, l’Avvocato
Generale Trstenjak ha quindi ritenuto opportuno riferirsi alla prima delle disposizioni citate, in virtù della quale il professionista è tenuto ad una serie di
obblighi di informazione nei confronti del consumatore, specie in riferimento alle principali caratteristiche del prodotto ed ai servizi da esso derivanti.
Ne deriva così un vero e proprio dovere di fornire informazioni veritiere ai
consumatori in ordine ai prodotti o servizi acquistati. Inoltre, l’articolo citato
avrebbe introdotto una norma di chiusura in tema di comunicazioni commerciali, migliorando e modiicando in tal modo la Direttiva di cui sopra84.
L’Avvocato Generale ha dunque concluso per l’applicazione dell’articolo
previsto dal DCFR, considerati numerosi dubbi interpretativi causati dalla
dalla normativa comunitaria.
1 b. Esistenza dell’accordo tra le parti
In un caso ancora diverso, sempre l’Avvocato Generale Trstenjak è stato
investito della questione inerente all’esistenza o meno di un contratto. Al
riguardo, è stata data applicazione all’articolo II – 4 : 101 DCFR, ai sensi
del quale, ai ini della conclusione di un contratto, è essenziale l’esistenza
di un serio e vincolante accordo tra le parti. Sicché, occorre veriicare se vi
sia stato lo scambio tra l’offerta e l’accettazione. A tal ine vengono richiamati gli articoli II – 4 : 201 e II – 4 : 204 DCFR, in virtù dei quali l’offerta
determina la conclusione del contratto allorché sussistano tutti i requisiti
generali richiesti per la stipulazione di un negozio. Così, tale offerta deve (a)
dimostrare l’esistenza di un effettivo contratto e (b) deinirne il contenuto in
84 Principles, Deinitions and Models Rules of European Private Law. Draft Common
Frame of Reference (DCFR), Full Edition, a cura di c. von BAr, e. clive, Monaco, 2009,
Book II, art. II – 3 : 102, p. 206.
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GAlAteiA KAloutA
modo suficientemente chiaro e completo. L’offerta deve poi essere resa nota
ad uno o più destinatari speciici, ovvero al pubblico85. Ogni dichiarazione
o comportamento del destinatario che manifestino il suo consenso devono considerarsi come un’accettazione86. Ad avviso dell’Avvocato Generale,
inoltre, la questione della presenza o meno di un’offerta valida deve essere
risolta prendendo come base il punto di vista del destinatario. Pertanto, la
volontà di una parte di vincolarsi ad un contratto dipende dall’interpretazione che la medesima dà alle dichiarazioni o comportamenti della controparte
offerente87 (art. II – 4 : 102)88.
1 c. vendita a distanza
In un caso ulteriore poi, relativo questa volta ad una vendita a distanza,
si è trattato di decidere in ordine al risarcimento per diminuito valore intervenuto all’esito dei controlli dei prodotti venduti. Sul punto l’Avvocato
Generale Trstenjak ha ritenuto applicabile l’articolo II – 5 : 201 (1), nonché
l’articolo II – 5 :201 (4), ai sensi dei quali in un rapporto a distanza il consumatore ha diritto di recedere entro 14 giorni dalla conclusione del contratto,
diritto riconosciuto nell’intera Unione europea.
La questione in esame, nondimeno, viene affrontata in modo particolarmente esteso dal DCFR, il cui ambito applicativo include una serie di ipotesi
non contemplate dalle Direttive comunitarie in tema di vendita a distanza e
di vendita porta a porta, più limitate rispetto alla normativa propria ad alcuni
Stati membri89. In tale prospettiva quindi, il DCFR riprende i più ampi principi previsti nelle discipline nazionali, estendendo in tal modo l’ambito di
applicazione delle direttive di cui sopra. Alla disposizioni del DCFR poc’anzi citate si aggiunge inoltre l’articolo II – 5 : 105 (4), relativo agli effetti
dell’esercizio del diritto di recesso e funzionale a garantire il rimborso entro
85 Principles, Deinitions and Models Rules of European Private Law. Draft Common
Frame of Reference (DCFR), op. cit., Art. II – 4 : 201, p. 292.
86 V. Conclusioni dell’AG Trstenjak, 11 settembre 2008, caso C-180/06, Renate Ilsinger
v. Martin Dreschers (curatore del fallimento Schlank & Schrick GmbH), par. 49, note 45
– 48.
87 Principles, Deinitions and Models Rules of European Private Law. Draft Common
Frame of Reference (DCFR), cit., Art. II – 4 : 204, p. 310.
88 V. Conclusioni dell’AG Trstenjak, 11 settembre 2008, cit., par. 51, nota 52. Le medesime conclusion sono state sostenute nel caso Chartbrook Ltd vs Persimmon Homes Ltd and
others, House of Lords (2009), UKHL 38, Lord Hoffmann.
89 Tra le ipotesi contemplate dal DCFR vi sono ad esempio quelle inerenti alla fornitura
dei beni o alla prestazione dei servizi nelle strade e negli spazi pubblici. Sull’ambito di applicazione del DCFR, v. Principles, Deinitions and Models Rules of European Private Law.
Draft Common Frame of Reference (DCFR), op. cit., Art. II – 5 : 201, p. 388.
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– lA rielABorAzione del diritto coMPArAto
il termine di 30 giorni, paralizzando al contempo la pretesa della controparte
di ricevere la prestazione dal contraente receduto90.
Con particolare riferimento al caso di specie quindi, il ricorso viene rigettato in quanto la diminuzione del valore del bene, conseguente ad un ragionevole ed appropriato controllo dello stesso, esclude la responsabilità del
consumatore (art. II – 5 : 105 (4)). Nello speciico, l’Avvocato generale si
è soffermato sulla nozione di “interesse ragionevole”, osservando che questo dipende da molteplici fattori, quali la conoscenza, o conoscibilità, della
facoltà di recesso ad opera della parte che ne ha diritto91. Se dunque il consumatore non è stato per nulla, o comunque non adeguatamente, informato
dell’esistenza del predetto diritto di recesso, questi non può ritenersi responsabile per la diminuzione di valore del bene, anche se la medesima è dovuta
al normale utilizzo del prodotto (art. II – 5 : 105 (5))92. Di conseguenza, ad
avviso dell’Avvocato generale Trestnajak, l’applicazione del DCFR importa
che l’onere della prova spetti non già al consumatore, bensì al venditore che
ha richiesto il risarcimento93.
In conclusione, nel caso di specie si è ritenuto che il professionista debba rimborsare al consumatore il prezzo pagato, posto che, in applicazione
dell’articolo II – 5 : 105, ogni pagamento effettuato dalla parte recedente
deve essere restituito senza ritardo ed, in ogni caso, entro trenta giorni dal
momento in cui il cui recesso è divenuto effettivo94.
1 d. I contratti contrari ai principi fondamentali
In un diverso caso relativo alla distinzione tra la nullità e l’illiceità del
contratto perché contrario ai principi fondamentali, l’Avvocato generale
Trestnjak ha nuovamente dato applicazione al DCFR ed, in particolare, al
suo articolo II – 7 : 301. Ai sensi di quest’ultima disposizione infatti, un
contratto è vietato quando (a) viola principi riconosciuti come fondamentali
nell’ordinamento di uno Stato membro dell’Unione europea e (b) tale violazione importa la nullità del contratto. Un simile negozio non sarà pertanto
90 Principles, Deinitions and Models Rules of European Private Law. Draft Common
Frame of Reference (DCFR), op. cit., Art. II – 5 : 105 (3), p. 374.
91 Poiché il diritto di recesso consente al titolare di compiere una scelta informata e
consapevole, ne consegue che questi non abbia motivo di negare i controlli ed i tests sui
prodotti acquistati. V. Principles, Deinitions and Models Rules of European Private Law.
Draft Common Frame of Reference (DCFR), op. cit., Art. II – 5 : 105 (3), p. 375.
92 Principles, Deinitions and Models Rules of European Private Law. Draft Common
Frame of Reference (DCFR), cit., Art. II – 5 : 105 (3), p. 375-376.
93 Conclusioni dell’AG Trstenjak, 18 febbraio 2009, caso C-489/07, Pia Messner vs
Firma Stefan Krüger, par. 85, note 74, 78-80.
94 Conclusioni dell’AG Trstenjak, 8 settembre 2009, caso C-215/08, par. 69, nota 62.
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idoneo a produrre alcun effetto, a prescindere da un’eventuale diversa volontà delle parti95. In virtù di tale previsione quindi, l’Avvocato generale ha
considerato vietati, ad esempio, i contratti conclusi a causa di un errore (art.
II – 7 : 201), in caso di frode (art. II – 7 : 205) o in ipotesi di coercizione o
minaccia sussistenti al momento della stipulazione del negozio (art. II – 7 :
206)96.
1 e. Interpretazione del contratto
L’Avvocato generale Cruz Villalòn ha sostenuto che la giurisprudenza
della Corte di giustizia, ad avviso della quale il diritto al risarcimento dei
danni sorgerebbe non già in conseguenza dell’inadempimento al contratto,
bensì a causa di ogni comportamento costituente un atto ingiusto, è conforme ai principi generali comuni agli Stati membri. In particolare, con riferimento alle circostanze rilevanti ai ini dell’interpretazione del contratto,
l’Avvocato generale ha applicato l’articolo II – 8 : 102 DCFR97 nel quale
vengono elencati una serie di fattori. Tra questi, gli accordi pre-contrattuali
sono esplicitamente menzionati al punto I(a); tali accordi possono essere
considerati dall’interprete, a meno che ciò non sia espressamente escluso da
singole clausole speciicatamente convenute tra le parti98.
1 f. Responsabilità dell’intermediario
Sul tema può menzionarsi il parere dell’Avvocato generale
Saugmandsgaard emesso in data 7 aprile 201699. Al riguardo, si trattava di
una questione avente ad oggetto la responsabilità di un trader che aveva agito in qualità di intermediario per un venditore non professionista. Sul punto si poneva dunque il problema di analizzare la igura dell’intermediario,
considerato il suo vasto ambito di applicazione nonché le diverse deinizioni
datane nei vari sistemi giuridici. Invero, sebbene tale questione sia già stata affrontata nell’ambito dei rapporti tra gli Stati membri100, il concetto di
95 V. Principles, Deinitions and Models Rules of European Private Law. Draft Common
Frame of Reference (DCFR), cit., Art. II – 7 : 301, p. 535 – 537.
96 Conclusioni dell’AG General Trstenjak, 8 settembre 2009, caso C-227/08, Eva Martìn
Martìn vs EDP Editores, S.L., par. 51, nota 40-44.
97 Conclusioni dell’AG Cruz Villalòn, 15 novembre 2012, caso C-103/11 P, European
Commission vs Systran SA and Systran Luxembourg SA, par. 73, nota.
98 V. Principles, Deinitions and Models Rules of European Private Law. Draft Common
Frame of Reference (DCFR), cit., Art. II – 8 : 102, p. 561.
99 Sabrina Wathelet v. Garage Bietheres & Fils SPRL
100 Al riguardo, l’Avvocato generale rinvia, nella nota 6, all’opera Principles. Deinitions
and Model Rules of European Private Law, Draft Common Frame of Reference (DCFR),
2009, Libro II, Capitolo 6, dedicato all’istituto della rappresentanza.
199
il dcFr nellA GiuriSPrudenzA delle corti
– lA rielABorAzione del diritto coMPArAto
“intermediario” permane ancorato a ciascun diritto nazionale dei contratti,
con le conseguenti dificoltà nel giungere ad una piena armonizzazione. Nel
caso di specie inoltre, la corte adita non aveva nemmeno dato una propria
deinizione di “intermediario”, lasciando così il problema senza alcuna soluzione. Ciò ha dunque condotto l’Avvocato generale dapprima a rilevare
un vero e proprio vuoto normativo in materia nella Direttiva 1999/44, tanto
nei lavoratori preparatori quanto nell’interpretazione datane dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, per poi osservare la presenza di un’ulteriore
lacuna in tema di responsabilità dell’intermediario nell’ambito dei contratti
con i consumatori101. Orbene, quest’ultima lacuna può essere colmata mediante il ricorso al diritto comparato, analogamente alla nozione di trader
che, come già rilevato, è deinita in diverse altre direttive inerenti alla protezione dei consumatori ed include tanto la igura di colui che agisce in nome
proprio, quanto quella di colui che agisce in nome di altri. Ebbene, ad avviso
dell’Avvocato generale102, tale distinzione non farebbe altro che riprendere il
contenuto degli articoli II – 6:106103 e II – 6:105104 DCFR, ai sensi dei quali
i rappresentanti che agiscono in nome proprio sono vincolati dal contratto
mentre quelli che spendono il nome altrui non vanno considerati come parti
contrattuali105.
Con riferimento al caso di specie quindi, l’Avvocato generale ha effettuato una comparazione tra, da un lato, l’ipotesi di un intermediario che
ha agito in nome proprio e, dall’altro lato, quella contemplata dall’articolo
II – 6:106 DCFR ove il rappresentante, che ha agito in nome e per conto di
altri, sia apparso alla controparte come il vero venditore106. In tal caso dunque, in applicazione della disposizione poc’anzi citata, l’Avvocato generale
ha concluso che il trader, il quale abbia agito in qualità di intermediario in
101 V. par. 31, Conclusioni dell’AG Saugmandsgaardøe, presentate in data 7 aprile 2016,
caso C-149/15.
102 Ivi, par. 32.
103 Tale disposizione così statuisce: «Rappresentanza diretta: “quando il rappresentante,
pur provvisto di autorità, agisce in nome proprio o in maniera tale da indurre il terzo a convincersi di trattare con il reale contraente, il contratto produce gli effetti direttamente nei
suoi confronti. (…)».
104 Tale articolo riguarda l’ipotesi in cui l’atto del rappresentante produce I suoi effetti nei
confronti del rappresentato.
105 Par. 32, Conclusioni dell’AG Saugmandsgaardøe, emessa in data 7 aprile 2016, caso
C-149/15. V. anche le note 9 e 10 nel medesimo parere.
106 Ivi, par. 51: “In tal caso il professionista appare, dal punto di vista del consumatore,
come colui che vende beni di consumo in virtù di un contratto, nell’esercizio di un rapporto
commerciale, di un affare o della sua professione. Simile ipotesi potrebbe dunque essere
equiparata alla igura di un intermediario che agisce in nome proprio”.
200
GAlAteiA KAloutA
favore del venditore non professionista è vincolato dal contratto, in virtù
dell’articolo 1 (2)(c), Direttiva 1999/44107.
1 g. Momento della conclusione del contratto
In materia può citarsi il parere dell’Avvocato generale Szpunar, emesso il
20 aprile 2017 nel caso C-135/2015108.
Nella specie, si è trattato di interpretare la nozione di “conclusione del
contratto” ai sensi e per gli effetti dell’articolo 28, Regolamento Roma I.
Sul punto, dopo aver osservato che il diritto unionale non prevede alcuna
disposizione inerente alla conclusione del contratto109, l’Avvocato generale
ha dunque ritenuto opportuno ricorrere alla dottrina sviluppatasi sul tema ed
optare, inine, per la deinizione del termine “contratto” così come ripreso
dall’articolo II – 1:101 DCFR.
2. Libro III – Diritti e doveri
2 a. Interessi moratori
Nella causa C – 275/07, Commissione europea vs. Italia, si è posta la
questione di stabilire se sussista o meno l’obbligazione di pagare gli interessi moratori in caso di ritardo nell’invio, all’autorità del luogo di origine,
della prova di avvenuta spedizione dei beni all’autorità di destinazione110.
In particolare, ci si è chiesti se lo Stato membro ove è situato l’uficio delle
dogane, il quale ha il dovere di tutelare il diritto dell’Unione di disporre di
risorse sui conti comunitari, sia tenuto al pagamento degli interessi moratori
a partire dalla data in cui è sorta l’obbligazione predetta e ino a quando la
presunzione di debito dei dazi risulti infondata111. Al riguardo, l’Avvocato
generale non ha potuto individuare una soluzione immediata, considerato
che i principi derivanti dai regolamenti in materia112, così come i precedenti
della Corte di giustizia113, sono applicabili nelle sole ipotesi in cui i debiti
doganali esistano effettivamente ovvero ne sia presunta la loro esistenza.
107 Ivi, par. 51.
108 Hellenic Republic v. Grigorios Nikiforidis.
109 Par. 41, Conclusioni dell’AG Szpunar emesso in data 20 aprile 2017, C-136/15.
110 Caso C-275/07, Commissione europea vs Italia, par. 91.
111 Ibidem, par. 79.
112 Art. 11, Regolamento n° 1552/89 e art. 11, Regolamento n° 1150/2000.
113 V. caso C-275/07, Commissione vs Italia, nota 80; caso C-96/89, Commissione
vs Olanda, par. 38; caso C-104/02, Commissione vs Germania, par. 45; caso C-392/02,
Commissione vs Danimarca, par. 67.
201
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– lA rielABorAzione del diritto coMPArAto
Inoltre, è stato rilevato che non tutti i precedenti sarebbero comunque trasponibili al caso in esame114, posto che vi è una radicale differenza tra, da
un lato, quelle situazioni ove il debito doganale esiste ma lo Stato membro
non è in grado di pagarlo a causa di errori commessi dai propri ufici delle
dogane, e, dall’altro lato, quelle ipotesi nelle quali il debito non esiste in
origine115.
Per i motivi sopra esposti, l’Avvocato generale Trstenjak ha richiamato
dapprima la legislazione comunitaria di secondo grado ed, in parallelo, il
DCFR quale strumento volto ad uniformizzare il dirtto europeo. Sul punto, il
DCFR sancisce in primo luogo il principio dell’accessorietà degli interessi.
In secondo luogo poi, l’Avvocato generale fa espresso riferimento all’articolo III – 3 : 708 (1)116 DCFR117, il quale dispone che il debitore è tenuto
al pagamento degli interessi moratori soltanto quando è in ritardo nell’adempimento dell’obbligazione pecuniaria. Nondimeno, né il DCFR, né la
normativa comunitaria di secondo grado118, prevedono che il creditore sia
titolare del diritto a percepire gli interessi moratori allorché manchi del tutto
un’obbligazione pecuniaria alla base119.
Di conseguenza l’Avvocato generale, dopo aver rilevato l’esistenza di un
vero e proprio vuoto legislativo in materia di sanzioni per i casi di violazione
dell’obbligo di ciascun Stato membro di “accrescere” le proprie risorse, ha
concluso che in simili ipotesi colmare tale lacuna con l’imposizione di interessi moratori equivarrebbe a contraddirne del tutto la loro natura120.
Pertanto, l’Avvocato generale ha invitato la Commissione a proporre
un emendamento alla normativa vigente, onde poter così introdurre una
sanzione effettiva alla violazione descritta, la quale rimanga ben distinta
rispetto al pagamento degli interessi moratori. Inine, si è ugualmente os114 De Haan Beheer, caso C-61/98 (1999), ECR I-5003.
115 Caso C-275/07, Commissione europea vs Italia, par. 84.
116 Art. III – 3 : 708 (1) DCFR: Interessi moratori. In caso di mora nel pagamento di una
somma di denaro, a prescindere dalla giustiicabilità o meno del ritardo, il creditore ha diritto di ricevere gli interessi sulla somma predetta a partire dal termine ultimo per l’esecuzione
della prestazione e ino alla data del pagamento, sulla base del tasso breve medio, in moneta
corrente nello Stato ove la prestazione deve essere eseguita.
117 V. Principles, Deinitions and Models Rules of European Private Law. Draft Common
Frame of Reference (DCFR), a cura di C.von Bar and Others, Edizione provvisoria, Monaco,
2008, p. 170.
118 Simile previsione non è nemmeno contenuta nell’art. 4.507 (1), Principi europei in
materia di contratti.
119 Caso C-275/07, Commissione europea vs Italia, par. 90.
120 Ibidem, par. 93.
202
GAlAteiA KAloutA
servato che i principi di diritto civile, così come ripresi nell’articolo III – 3
: 708 (2) DCFR, non escludono la possibilità per il creditore di reclamare
un risarcimento ulteriore al debitore, purché non collegato al pagamento
degli interessi moratori121. Sicché, ad avviso dell’Avvocato generale, la
Commissione dovrebbe fondare le modiiche normative sulla base dei citati principi di diritto civile, secondo le previsioni contenute nell’articolo
III – 3 : 708 (2) DCFR122.
2 b. Responsabilità solidale
Sul tema può essere menzionato il parere dell’Avvocato Generale Bobek
emesso in data 5 luglio 2017 relativamente al caso C-224/16123.
Nell’ambito di una questione preliminare avente ad oggetto, tra gli altri, le conseguenze della solidarietà in materia di responsabilità solidale,
l’Avvocato Generale ne ha richiamato la relativa nozione così come deinita
all’articolo III – 4:102 (1) DCFR124, fondata sulle norme generali in materia
ammesse nei diversi ordinamenti125. Tale esempio dimostra quindi come il
DCFR, ancora una volta, venga impiegato quale vero e proprio strumento per la determinazione della legge126 generalmente applicabile nei diversi
sistemi giuridici. Suddetti principi sono dunque stati ripresi per deinire la
natura della responsabilità solidale delle associazioni garanti, secondo la nozione datane dall’articolo 8(1), Convenzione TIR127.
121 Ibidem, par. 94.
122 Art. III – 3 : 708: Interessi moratori. (2) Il creditore può, in aggiunta, richiedere un
risarcimento dei danni per le perdite ulteriori. Pertanto, l’Avvocato generale ha ritenuto che
lo Stato membro non ha l’obbligo di pagare gli interessi moratori dal giorno in cui sorge
l’obbligazione di accredito al conto dell’Unione alla data di rigetto della presunzione (v.
caso C-275/07, Commissione europea vs Italia, par. 95).
123 Asotsiatsia na balgarskite predprizatia za mezhdunarodni prevozi I patishtata
(AEBTRI) v. Nachalnik na Mitnitsa Burgas
124 Tale disposizione stabilisce che “un’obbligazione è di natura solidale allorché ciascun
debitore è tenuto ad adempiervi per l’intero ed il creditore ha la facoltà di chiederne la piena
esecuzione ad ognuno di essi.”
125 Nota 16, Conclusioni dell’AG Bobek, caso C-224/16.
126 Secondo il Prof. Von Bar «il DCFR è diretto ad essere utilizzato quale fonte di ispirazione per la redazione, la determinazione e l’insegnamento delle norme giuridiche (…)».
127 Par. 44, Opinion of Advocate General Bobek, caso C-224/16.
203
il dcFr nellA GiuriSPrudenzA delle corti
– lA rielABorAzione del diritto coMPArAto
3 Libro IV Contratti tipici e diritti che da essi derivano.
3 a. Mancanza di conformità
In materia è interessante citare il parere dell’Avvocato Generale Szpunar,
emesso in data 6 aprile 2017 in merito al caso C-133/16128.
Nella specie, si trattava di stabilire se la nozione di “vizio di conformità”,
relativo ad un prodotto di seconda mano, rientrasse nell’ambito di applicazione della Direttiva 1999/44. Al riguardo, l’Avvocato Generale ha preliminarmente osservato che in alcuni ordinamenti non viene soltanto ammessa
la responsabilità per vizi di conformità del bene, ma altresì la responsabilità
per i vizi occulti, rilevando poi che in alcuni sistemi giuridici129 la responsabilità è ugualmente prevista per i c.d. ”vizi legali” 130. Ai ini della sua
argomentazione dunque, l’Avvocato Generale ha richiamato il DCFR ed,
in particolare, l’articolo IV.A – 2:305131, onde poter così individuare una
normativa generalmente applicabile sul piano comparato. Pertanto, aderendo ai suddetti principi, l’Avvocato Generale ha concluso che l’avvenuta dimostrazione del diritto del terzo, o della fondatezza della relativa pretesa,
rientri nella nozione di vizio di conformità del prodotto ai ini degli effetti
del contratto132.
4. Libro VI. Responsabilità extracontrattuale derivante dal fatto altrui
4 a. Prevenzione; Responsabilità per perdita in caso di danni prevedebili
IL DCFR non è applicabile alle sole controversie contrattuali. Il suo
ambito applicativo, invero, è ben più ampio e si estende anche alle ipotesi
inerenti alla responsabilità extracontrattuale. Così, ad esempio, l’Avvocato
generale Mengozzi ha applicato l’articolo VI – 6 : 302 DCFR ai ini della determinazione dell’ammontare del risarcimento per le spese sostenute,
allorché queste siano ragionevoli e funzionali a prevenire il danno ovvero
a limitarne le conseguenze133. Alla luce di tale disposizione, l’Avvocato ge128 Christian Ferenschild v. JPC Motor SA.
129 Quali il sistema tedesco o polacco ad esempio.
130 Come indicato nel par. 38, un vizio giuridico viene generalmente individuato nell’ipotesi in cui un bene venduto appartiene ad un terzo ovvero ancora quando una terza persona
è titolare di un diritto reale sul bene medesimo.
131 La prima parte dell’articolo dispone invero che “I beni venduti devono essere liberi da
ogni diritto o ragionevole pretesa altrui”.
132 Nota 10, Conclusioni dell’AG Szpunar emessa in data 6 aprile 2017, caso C-133/16.
133 Conclusioni dell’AG Mengozzi, 11 gennaio 2007, caso C-282/05, p. I-2970, nota 58.
204
GAlAteiA KAloutA
nerale ha dunque elaborato il seguente ragionamento: poiché la condotta
negligente può, in talune ipotesi, interrompere il nesso di causalità tra l’atto
illecito e l’evento danno, simile interruzione potrebbe ugualmente veriicarsi
nel caso in cui il medesimo soggetto abbia agito secondo diligenza. Pertanto,
in ragione di tale diligenza sopravvenuta, il danno cagionato dal precedente
fatto illecito avrà una portata diversa o addirittuta inferiore a quello che ne
sarebbe derivato in ipotesi normali134.
5. Analisi comparativa delle posizioni adottate dalla Corte di Giustizia
dell’Unione europea e dalle giurisprudenze nazionali
In primo luogo, giova sottolineare che se una parte dei giudici di taluni
Stati membri tendono a privilegiare un approccio aperto e liberale nell’individuazione della norma pertinente al singolo caso concreto, un’altra parte
della giurisprudenza adotta una posizione ben più rigida in materia. Tale
osservazione è peraltro valida anche per gli Avvocati generali, alcuni dei
quali sono maggiormente propensi all’adozione di strumenti legali variegati
ed innovativi rispetto a quelli tradizionali. Al riguardo, tuttavia, l’analisi dei
casi pratici sopra esposti evidenzia una serie di differenze sul tema.
Sia la Corte di Giustizia che le corti nazionali tendono infatti a richiamare
il DCFR tanto in caso di vuoto normativo o in assenza di precedenti giurisprudenziali, quanto per rafforzare la motivazione delle proprie decisioni,
dimostrando la corrispondenza delle disposizioni interne rilevanti alle norme contenute del DCFR. La conformità a tale strumento permette così alla
legge applicabile di acquisire maggior validità ed eficacia, confermando al
tempo stesso lo sforzo armonizzatore perseguito dal DCFR, da intendersi
quale vero e proprio lavoro diretto a promuovere e sviluppare principi e norme generali di diritto civile comuni agli ordinamenti europei.
In secondo luogo, è poi possibile osservare che entrambi i giudici nazionali ed europei ricorrono al DCFR principalmente per via analogica, allorché, ad esempio, una norma interna non preveda determinate ipotesi, ovvero
quando il testo di un contratto difetti di chiarezza, o ancora nel caso in cui
l’ambito di applicazione di una legge sia talmente limitato da condurre a
possibili contrasti con i sistemi giuridici degli altri Stati membri. In simili
situazioni dunque, il DCFR consente di porre rimedio a tali inconvenienti
normativi, dimostrando in tal modo, nuovamente, che tale strumento viene
ormai generalmente accettato come un vera e propria opera, funzionale a dar
vita ad un quadro legale omogeneo all’interno dell’Unione europea.
134 Ibidem, pp. I-2969 – I-2970, par. 115.
205
il dcFr nellA GiuriSPrudenzA delle corti
– lA rielABorAzione del diritto coMPArAto
Tuttavia il DCFR non interviene nei soli casi di lacuna legislativa; al contrario, si osserva che nella maggior parte delle ipotesi tale strumento viene
essenzialmente impiegato quale fonte per la determinazione di nozioni e
principi giuridici comuni agli ordinamenti europei.
Sul punto, nondimeno, un’eccezione è rinvenibile nelle giurisprudenze
nazionali, le quali parrebbero, in taluni casi, maggiormente inclini ad applicare il DCFR non già per inalità deinitorie o integrative, bensì semplicemente per interpretare norme nazionali tra loro conliggenti.
6. Una valutazione sugli approci seguiti dalla Corte di Giustizia e dalle
Corti nazionali
L’analisi dei casi pratici relativi all’applicazione del DCFR dimostra un
ulteriore dato particolarmente signiicativo. Invero, nell’ambito della citata
controversia in materia di contratti di rivendita, la Suprema Corte svedese
investita della questione si è dapprima soffermata sulla normativa rilevante
prevista negli altri ordinamenti europei, per osservare poi che, salva l’eccezione nel diritto belga, alcun altro Stato europeo dispone di una legislazione
ben deinita sul tema. Di conseguenza, non potendosi dare applicazione ad
una norma interna, i giudici hanno richiamato il DCFR per individuare la
soluzione pertinente al caso concreto. Ebbene, simile ragionamento è un
chiaro esempio della volontà delle Corti nazionali di riformare il diritto privato, onde permetterne così una migliore aderenza alle esigenze del mutato quadro giuridico odierno135. Tale decisione pone inoltre nuovamente al
centro del dibattito la questione della natura del DCFR: se in via generale
viene considerato come un valido ed utile strumento, permane nondimeno un diffuso scetticismo quanto ad una sua possibile diretta applicazione
nel caso concreto. Al riguardo infatti, secondo l’orientamento maggioritario, le disposizioni del DCFR andrebbero qualiicate alla stregua di mere
raccomandazioni136, con la conseguenza che esso, sebbene ampiamente e
comunemente apprezzato dalla comunità legale europea in ragione dei suoi
obiettivi armonizzatori, dificilmente potrebbe essere applicato direttamente
ed immediatamente al caso di specie.
È tuttavia innegabile che nell’esempio in ultimo menzionato il DCFR sia
stato seriamente e principalmente preso in considerazione dalla Suprema
Corte svedese ai ini della decisione inale, al punto da giustiicare un revire135 c.rAMBerG, The Supreme Court’s silent coup, op. cit., 3 luglio 2009.
136 Sentenza della Corte Suprema, 3 novembre 2009, NJA 2009, Svante O. Johanssonn,
Avtalsrätt, 20 novembre 2009.
206
GAlAteiA KAloutA
ment della propria giurisprudenza anteriore137. Sicché, basandosi sulla diretta applicazione del DCFR, la Suprema Corte ha colmato la lacuna normativa
in materia, creando così un vero e proprio precedente sul punto.
Inine, dallo studio dei casi pratici inerenti al DCFR emerge che la tendenza dei giudici nazionali a fare ricorso a tale strumento parrebbe ben più
ampia nell’ambito delle controversie in materia contrattuale, salva l’eccezione della questione affrontata nel parere dell’Avvocato generale Mengozzi138
sul tema della responsabilità civile da fatto illecito altrui. Pertanto, benché il
DCFR sia certamente diretto a promuovere un’uniformizzazione del diritto
privato generale, nella pratica esso inisce con l’essere impiegato, tanto a
livello nazionale quanto sul piano europeo, fondamentalmente in materia
contrattuale. Ne deriva così che, nonostante la sua portata più ampia, l’impiego giurisprudenziale del DCFR abbia primariamente contribuito ad uno
sviluppo progressivo ed informale, se non addirittura ad una vera e propria
opera di armonizzazione, del diritto civile dei contratti.
7. Osservazioni conclusive
Alla luce dell’analisi sopra svolta in merito ai casi giurisprudenziali citati, emerge in modo chiaro come il DCFR, nel quadro giuridico attuale, possa
realmente contribuire allo sviluppo di un diritto privato europeo. Tale strumento infatti, considerato il suo contenuto particolarmente ampio, può agevolmente trovare applicazione in una variegata serie di ipotesi. Esso, invero,
non solo disciplina il campo del diritto dei contratti e della responsabilità
civile, ma costituisce altresì un nuovo strumento legale utilizzato sia dalle
Corti nazionali che dai giudici comunitari. Inoltre, il DCFR può fungere da
bussola per gli operatori del diritto, al ine di orientarli nell’individuazione
di regole comuni ai diversi sistemi giuridici europei.
A tali funzionalità generalmente riconosciute si aggiunge poi l’utilizzo del
DCFR, in alcuni casi, quale fonte direttamente applicabile al caso concreto,
in particolare in quelle ipotesi ove le lacune lasciate dal legislatore hanno
condotto o gli Avvocati generali, o le Supreme Corti nazionali, a colmare
tale vuoto con le sue disposizioni. Orbene, in simili casi il DCFR acquista la
posizione di vero e prorio strumento normativo, operante sia in prospettiva
di riforma del diritto interno che per quella del diritto dell’Unione europea.
Sennonché, la diretta applicazione del DCFR da parte delle Corti nazionali non è sempre paciicamente ammessa, posto che il carattere non legisla137 Idem.
138 Conclusioni dell’AG Mengozzi, 11 gennaio 2007, cit., p. I-2970, nota 58.
207
il dcFr nellA GiuriSPrudenzA delle corti
– lA rielABorAzione del diritto coMPArAto
tivo di tale strumento potrebbe condurre taluno ad accusare i giudici interni
di commettere in tal modo un abuso di potere. Certo, non può negarsi che
simile operazione riduca inevitabilmente le distanze con il potere legislativo, ma è verò altresì che la giurisprudenza è la prima a dover prendere in
considerazione i mutamenti di pensiero e le nuove esigenze della società.
Pertanto, nell’adeguamento del sistema vigente ai cambiamenti sociali le
Corti iniscono necessariamente con l’andare a modernizzare il diritto, invitando indirettamente il legislatore ad apportare le modiiche opportune.
Sul piano della giurisprudenza comunitaria poi, il DCFR ha a più riprese
dimostrato di costituire un valido ausilio per la Corte di Giustizia. Al riguardo, infatti, sebbene i giudici di Lussemburgo abbiano osservato che, in
assenza di un diritto civile europeo, la loro attività continui a dipendere dalle
informazioni loro fornite dalle corti nazionali nelle varie tematiche affrontate, essi hanno ugualmente considerato validi, in via alternativa, i modelli
legali elaborati a livello accademico, riferendosi in particolare proprio al
DCFR. Quest’ultimo invero, ad avviso della Corte di giustizia, prevedendo
una serie di norme comuni in tema di contratti consentirebbe una revisione
più ampia della materia su scala europea139. In ultimo inoltre, giova osservare che le considerazioni espresse nei pareri degli Avvocati generali e dirette
alla Commissione europea non mirano semplicemente a trarre esempi dal
DCFR, ma puntano più in generale a favorirne l’applicazione nella più ampia opera di riforma del diritto dell’Unione europea, specie in quelle materie
non compiutamente disciplinate dalla normativa comunitaria vigente.
All’ora in cui si scrive sono peraltro diverse le giurisdizioni che hanno
dato applicazione al DCFR: al di fuori della Corte di Giustizia dell’Unione
europea, possono infatti citarsi le Supreme Corti spagnola, olandese e svedese. Tuttavia tale strumento ha suscitato l’interesse anche in altre giurisdizioni europee, quali quelle inglesi140 e scozzesi141. Quanto all’Italia invece, sebbene il DCFR non abbia ancora trovato applicazione, è tuttavia interessante
notare che le decisioni straniere che hanno applicato questo strumento hanno
ricevuto il plauso di una parte della dottrina, per la quale esse costituirebbero
un esempio da seguire per i giudici nazionali142.
Non parrebbe dunque avventato pronosticare un tendenziale aumento, in
un futuro non troppo lontano, nell’applicazione del DCFR da parte delle
139 Conclusioni dell’AG Ms. Trstenjak, 6 luglio 2010, caso C-137/08, par. 96, nota 54.
140 Chartbrook Ltd v Persimmon Homes Ltd (2009), UKHL, 38.
141 Ad esempio Lloyds Foundation for Scotland v Lloyds Banking Group plc (2011),
CSIH 87, 2012, SC 259.
142 A.de MArco, Alcune rilessioni a margine della sentenza 3 novembre 2009 della Corte
Suprema di Svezia: un primo esempio applicativo del Draft Common Frame of Reference,
in Il diritto del commercio internazionale, 2012, pp. 236 – 247.
208
GAlAteiA KAloutA
Corti nazionali e della Corte di Giustizia dell’Unione europea. Tale previsione sarebbe peraltro confermata dall’evoluzione normativa attualmente in
atto in numerosi ordinamenti: al riguardo basta citare il nuovo codice civile
catalano o ungherese, o ancora la nuova normativa belga in tema di garanzia,
oppure la futura riforma del diritto scozzese dei contratti o il nuovo codice
civile ceco che ha incorporato al suo interno una serie di disposizioni proprie
al DCFR. Ebbene, tali esempi non fanno che annunciare un imminente ed
inevitabile cambiamento nel quadro giuridico europeo. Si aggiunga inine
che il vento di riforma portato dal DCFR sembrerebbe aver superato persino
gli stessi conini europei, al punto che, ad esempio, non solo il Procuratore
generale australiano lo ha richiamato quale possibile fonte di ispirazione per
la modiica del proprio ordinamento interno143, ma addirittura il suo contenuto ne ha già ricevuto una traduzione in Corea ed in Giappone.
In deinitiva quindi, è certo che il DCFR continuerà a trovare applicazione
quale ausilio generale per l’odierno diritto europeo dei contratti. Nondimeno
la sua funzione non si fermerà qui. Già oggi esso costituisce parte integrante
della legislazione di diversi Stati membri. In tale prospettiva il DCFR potrà
dunque non soltanto essere applicato direttamente dalle Corti, ma potrà incidere in modo più generale sull’evoluzione della giurisprudenza europea in
materia civile.
143 Australian Government – Attorney General’s Department, Improving Australia’s Law
and Justice Framework: A discussion paper to explore the scope for reforming Australian
contract law, 22 marzo 2012, par. 5.1.
209
Celia Martínez-eSCribano
L’incidenza del DCRF sulla giurisprudenza spagnola
Sommario: 1. Abstract; – 2. Introduzione; – 3. Anaisi del ruolo delle corti
spagnole nel diritto privato; – 4. Considerazioni formali nello sviluppo
della giurisprudenza che fa riferimento al DCFR; – 5. Il DCFR nelle sentenze della Corte Suprema; – 5.1 Materie interessate dal DCFR; – 5.1.1.
Buona fede e correttezza nelle trattative; – 5.1.2. Favor negotii; – 5.1.3.
Risoluzione per inadempimento grave; – 5.1.4 Obbligazioni solidali; –
5.1.5. Revoca della donazione; – 5.1.6. Cause di invalidità dei contratti;
– 5.2. La funzione del DCFR nella giurisprudenza spagnola; – 6. DCFR e
Giudici d’Appello; – 7. Conclusioni1
1. Abstract
L’incidenza e l’importanza del DCFR all’interno degli ordinamenti europei è diversa. Nel caso spagnolo, i rinvii al DCFR sono stati operati a partire
da due sentenze rese dal Tribunale supremo spagnolo (in prosieguo, anche
“Corte Suprema”) nel 2009, e, ancorché contenuti, tali rinvii continuano ad
essere operati ad oggi. Questa prassi è sempre più seguita dai giudici d’appello e contribuisce, seppur lentamente, a rafforzare l’incidenza del DCFR
sul diritto spagnolo.
Benché il DCFR rappresenti una semplice proposta di normazione e le
1 Celia Martínez-Escribano è professore associato presso la facoltà di giurisprudenza
dell’Università di Valladolid. Il presente articolo ha origine da una conferenza presso lo
European Legal Studies Institute dell’Università di Osnabrück tenuta il 23 agosto 2016.
L’autrice desidera ringraziare il Dr. Carlos Nóbrega per l’invito, nonché il professor von Bar
e tutta la sua squadra per l’interessante dibattito che è seguito alla conferenza.
Traduzione italiana a cura di Ennio Piovesani.
l’incidenzA del dcFr SullA GiuriSPrudenzA SPAGnolA
sue regole non siano dunque direttamente applicabili in Spagna, alcune delle
deinizioni e soluzioni in esso contenute iniziano ad assumere rilievo nell’opera interpretativa del diritto spagnolo, così come nella composizione dei
dibattiti dottrinari.
Il presente articolo si propone di esaminare e commentare i rinvii operati
dalla giurisprudenza spagnola al DCFR e come gli stessi possano contribuire
all’evoluzione del diritto privato spagnolo.
2. Introduzione
Il soft law non è vincolante, ma può ciononostante produrre effetti concreti e giuridici. Nell’ambito dell’UE, sono state attribuite diverse funzioni
al soft law2. In alcuni casi, considerata la natura non vincolante delle sue
regole, il soft law rappresenta uno strumento informale per giungere all’uniformazione del diritto ed assume particolare rilievo negli ambiti in cui l’UE
non ha potere d’adottare norme di hard law3. Il soft law rispetta l’autonomia
degli Stati, ma, al contempo, non nasconde di rivolgersi al legislatore nazionale, che può liberamente seguire o riiutare le sue proposte.
Laddove l’UE sia sfornita della competenza necessaria per l’adozione
di norme vincolanti, gli Stati adottano le proprie norme, e, nel farlo, possono decidere di seguire i principi accolti negli strumenti di soft law. A tal
proposito, ad esempio, DCFR e PECL rappresentano semplici proposte di
normazione che gli Stati sono liberi di adottare o meno. Eppure, il DCFR ed
i PECL disciplinano materie la cui riforma a livello nazionale non è sempre
agevole, in quanto richiederebbe la modiica di parti cruciali dei codici civili
nazionali. Nonostante questo ostacolo, il soft law può condurre verso l’evo2 v. E. KorKeA-Aho, EU Soft Law in Domestic Legal Systems: Flexibility and Diversity
Guaranteed? (2013) 58 Sc.St.L. 160,161. L’autore rilette sulle categorie di Senden: in primo luogo, il soft law può preannunciare il diritto vincolante; in secondo luogo, il soft law
può perseguire l’elaborazione di termini del diritto vincolante (post-diritto); e, in ultimo
luogo, il soft law può assurgere a vera alternativa al diritto vincolante (para-diritto). Vedi
anche M. eMAne Meyo La force normative «invisible» de la soft law para-législative de
l’Union européenne en droit privé des contrats (2014) 575 Revue de l’Union Européenne
95, laddove si fa riferimento alla classiiazione di Hachez’s: soft law péri-législative, soft
law intra-législative, soft law para-législative.
3 Il problema della mancanza di competenze in materia di diritto privato è stato evidenziato da S. Sánchez lorenzo, Vías y límites a la uniicación del Derecho privado europeo:
«soft law versus hard law» o «Comisión contra Parlamento» in M. R. Díaz Romero et al.,
Derecho privado europeo: estado actual y perspectivas de futuro (Madrid: Civitas, 2008)
382. V. anche E. KorKeA-Aho, op. cit. 165; M. eMAne Meyo, op. cit.
212
celiA MArtínez-eScriBAno
luzione del diritto privato per altre vie4.
La strada lungo la quale il soft law può eficacemente plasmare il diritto privato contemporaneo è quella della giurisprudenza. Considerato che
le norme generali sono suscettibili di più interpretazioni, le corti possono
adottare l’interpretazione che meglio si coniuga con i suggerimenti o le indicazioni del soft law.
Conformemente a questo pensiero, il proposito del presente articolo è
quello di dimostrare come l’inluenza del DCFR sulla giurisprudenza spagnola possa determinare l’evoluzione del diritto privato in assenza di riforme legislative. Se una simile evoluzione avesse luogo in altre giurisdizioni,
i paesi giungerebbero ad una analisi del diritto privato alla luce degli strumenti di soft law come il DCFR.
3. Analisi del ruolo delle corti spagnole nel diritto privato
Il codice civile spagnolo (in prosieguo, anche “c.c.s”) è entrato in vigore
nel 1889 ed è rimasto in gran parte inalterato. La maggior parte delle norme
sul diritto dei contratti e della proprietà sono ancora quelle formulate quando il c.c.s. è entrato in vigore. Queste norme obsolete del diciannovesimo
secolo sono in alcuni casi incompatibili con l’attuale condizione socio economica, nonché formulate con un linguaggio desueto. Sebbene l’esigenza
di rinnovare questo ambito del diritto spagnolo sia già stata segnalata dalla
dottrina5, profonde riforme in materia sono lungi dall’essere compiute.
4 v. E. KorKeA-Aho, op. cit., 175: «we need to add variety to EUsoft law research,
which has traditionally focused on, and to a certain extent overstated, the role of EUcourts
in giving effect to soft law…soft law constitutes a potentially legitimate vehicle for shaping
European integration in the name of lexibility and diversity» (trad. “dobbiamo aggiungere
varietà alla ricerca sul soft law europeo, che si è tradizionalmente concentrata, e in certa
misura sopravvalutando, il ruolo delle corti europee nel dare eficacia al soft law... Il soft
law costituisce un mezzo potenzialmente legittimato a plasmare l’integrazione europea nel
nome della lessibilità e della diversità”). Altri autori hanno evidenziato l’uso di regole del
soft law da parte di soggetti nei loro rapporti economici e giuridici; v. M. eMAne Meyo, op.
cit., 99; oppure l’uso della soft law da parte di avvocati e giudici, v. D. BuSch The Principles
of European Contract Law before the Supreme Court of the Netherlands- On the Inluence
of the PECL in Dutch Legal Practice, (2008) 3 ZEuP 550.
5 v., a.e., A. M. MorAleS Moreno, La modernización del derecho de obligaciones (Madrid:
Thomson-Civitas, 2006). Attualmente, in Spagna, l’Associazione di Professori di Diritto
Civile lavora ad una bozza di codice civile, tenendo a mente il soft law (sostanzialmente i
PECL ed il DCFR). La parte relativa alle obbligazioni ed ai contratti è già stata pubblicata:
Propuesta de Código Civil. Libros Quinto y Sexto (2016: Valencia, Tirant Lo Blanch)
213
l’incidenzA del dcFr SullA GiuriSPrudenzA SPAGnolA
Le corti spagnole, Corte Suprema inclusa, risolvono le controversie loro
sottoposte facendo ricorso a norme obsolete, pur sforzandosi di offrire soluzioni adeguate alle caratteristiche della società corrente. Ai sensi dell’art. 1.7
c.c.s., “I giudici ed i Tribunali hanno l’ineludibile dovere di risolvere in ogni
caso le questioni sottoposte alla loro cognizione, conformandosi al sistema
delle fonti stabilito”.
Il “sistema delle fonti” è stabilito all’articolo 1.1 c.c.s.: “leggi, consuetudini e principi generali del diritto”. Tali fonti sono poste in ordine gerarchico
tra loro, cosicché il giudice deve prima applicare le leggi; in loro assenza, le
consuetudini; e, soltanto se né una legge né una consuetudine si applicano
alla controversia, il giudice è tenuto a risolverla applicando i principi generali del diritto.
Se una questione è disciplinata dalla legge, non è possibile che un giudice
giunga ad una soluzione diversa da quella cui si giungerebbe applicando tale
legge. Così, ad esempio, allorché una controversia sorga dall’inadempimento di un contratto, il giudice dovrà risolverla applicando le regole del codice
civile. Poiché in molti casi si deve ricorrere a norme obsolete, la soluzione
che da esse si trae potrebbe essere incompatibile con le attuali condizioni
socio economiche. Ad ogni buon conto, la soluzione delle controversie è
tutt’altro che matematica. La decisione del giudice può muoversi entro uno
spazio delimitato dal compito giudiziale di interpretare ed applicare la legge.
Dato che le leggi sono formulate in modo astratto, a volte è possibile fornire
interpretazioni diverse della stessa regola e tra queste il giudice dovrà preferire l’interpretazione più adatta per giungere ad una soluzione equa.
Il codice civile disciplina i criteri ermeneutici all’articolo 3.1:
“Le norme saranno interpretate secondo il senso proprio delle loro parole,
in relazione al contesto, agli antecedenti storici e legislativi e alla la realtà
sociale del tempo in cui devono essere applicate, attenendosi principalmente
al loro spirito ed alla loro inalità”.
Il riferimento alla “realtà sociale del tempo in cui devono essere applicate” è lo strumento chiave che permette di adeguare l’interpretazione di
norme obsolete alla contemporaneità. Considerato che le norme si prestano
a più interpretazioni, come nel caso delle norme generali sul contratto e sulla proprietà, il giudice può adottare l’interpretazione che ritiene più adatta
al caso, e ciò consente al diritto di evolversi anche in assenza di riforme
legislative.
Dall’altro lato, l’art. 3.2 c.c.s. statuisce: “L’equità deve essere presa in
considerazione nell’applicare le norme, ma le pronunce dei Tribunali potranno essere fondate esclusivamente sulla stessa quando la legge lo permetta espressamente”. Questo è un ulteriore elemento che dimostra come l’applicazione della legge sia tutt’altro che rigorosa o automatica: al contrario,
214
celiA MArtínez-eScriBAno
esiste uno spazio, seppur ristretto, entro il quale la decisione può muoversi,
sulla scorta dell’equità, per giungere alla soluzione appunto più equa.
Uno strumento che le corti usano per adeguare l’interpretazione della
legge è il soft law. Non solo il DCFR, ma anche i PECL sono stati presi in
considerazione (anche prima della pubblicazione del DCFR) per giustiicare
una diversa interpretazione di norme obsolete, al ine di adeguarle alla contemporaneità. Nel frangente di questa evoluzione del diritto privato, deve
essere sottolineato il ruolo ricoperto della Corte Suprema. Come si vedrà
nel corso dell’articolo, nonostante l’inerzia del legislatore spagnolo rispetto
all’ammodernamento del codice civile, il diritto privato si evolve e le controversie cominciano ad esser risolte secondo una diversa comprensione del
diritto. In tal senso, Roca Trías e Fernández Gregoraci hanno evidenziato
che «Il diritto spagnolo non è distante dall’approccio del “diritto moderno
delle obbligazioni”»6. Come osservano gli autori, la modernizzazione del
diritto privato è stata raggiunta in diversi modi, ad esempio, tramite l’introduzione di regole di diritto privato settoriali, le quali risultano dall’impegno
della Spagna nel contesto internazionale ed europeo7; oppure, tramite lo
sforzo degli accademici nell’avanzare nuove proposte normative, fondamentalmente nell’ambito del diritto contrattuale ed extracontrattuale8.
Nello speciico, una questione irrisolta nel diritto privato spagnolo riguarda il conlitto tra le soluzioni adottate dalle regole di origine internazionale
ed europea e quelle adottate all’interno del codice civile negli stessi settori.
Ciò conduce ad un ampio scarto tra le prime e le seconde norme che mina
la coerenza dell’ordinamento, posta la conseguente discrepanza tra le regole
settoriali e quelle generali.
D’altro canto, gli accademici avanzano proposte normative per superare
le dificoltà nell’applicazione di norme obsolete a fattispecie contemporanee. Tra queste proposte, igurano importanti sforzi a livello europeo che
hanno avuto una certa incidenza in Spagna, ossia, in sostanza, i PECL ed
il DCFR. Questo articolo si concentra sull’incidenza di quest’ultimo sulla
giurisprudenza spagnola.
Nelle prossime pagine, si osserverà come il diritto privato spagnolo stia
subendo un processo di modernizzazione veicolato dalla giurisprudenza.
Il presente articolo si concentra essenzialmente sulle pronunce della Corte
Suprema, dato il suo ruolo preminente e speciale rispetto a quello ricoperto
6 v. E. rocA tríAS e B. Fernández GreGorAci, The Modern Law of Obligations in the
Spanish High Court (2009)1 ERCL 45. Analogamente, v. A. vAquer Aloy, El Soft Law
europeo en la jurisprudencia española: doce casos (2013) 1 Ars Iuris Salmanticensis 94.
7 Ad esempio, la Convenzione sulla vendita interanzionale di beni mobili e l’attuazione
delle direttive europee, principalmente nell’ambito del diritto consumeristico.
8 v. E. rocA tríAS e B. Fernández GreGorAci, op. cit., 45-46.
215
l’incidenzA del dcFr SullA GiuriSPrudenzA SPAGnolA
dalle altre corti spagnole. Come statuisce l’art. 1.6 c.c.s., “Le regole giurisprudenziali completeranno l’ordinamento giuridico con la dottrina che,
costantemente coadiuverà il Tribunale Supremo nella sua interpretazione
ed applicazione della legge, delle consuetudini e dei principi generali del
diritto”.
In virtù di questa regola, si considera una regola giurisprudenziale quella
enunciata da due sentenze dalla Corte Suprema che adottino la stessa interpretazione normativa. Considerato che le regole giurisprudenziali non igurano tra le fonti del diritto, a prima vista, si potrebbe ritenere che queste
svolgano un ruolo limitato alla modernizzazione del diritto. Al contrario,
la Corte Suprema ha reso importanti decisioni che hanno comportato un
cambiamento nel modo di affrontare certe questioni controverse. Non solo,
ai sensi dell’art. 1.6 c.c.s., la Corte Suprema determina quale interpretazione dovrebbe prevalere e gli altri giudici sono vincolati ad essa, potendovisi
discostare soltanto nel caso in cui offrano una dettagliata motivazione a sostegno della diversa scelta operata. Ciò signiica che la forza del diritto nel
plasmare la realtà non si fonda soltanto sulle norme, ma anche nel modo in
cui esse sono interpretate e applicate. Ed in tale frangente, la Corte Suprema
ha colto l’opportunità di introdurre innovazioni. L’uso del soft law nelle
corti spagnole non è sporadico, ma diviene ricorrente9.
Anche le decisioni di altri giudici rilevano, seppur in modo minore (non
sono “giurisprudenza” in senso stretto, i.e., un complemento dell’ordinamento ancorché fonte di legge). Tali decisioni sono importanti da un punto
di vista pratico, in quanto offrono la soluzione del caso concreto e perché
sono capaci di plasmare la realtà intantoché non siano cassate da una decisione della Corte Suprema. I riferimenti al DCFR si stanno moltiplicando
rapidamente nei giudizi dei giudici d’appello ed anche per questo meritano
attenzione in questo articolo
4. Considerazioni in merito allo sviluppo della giurisprudenza che fa
riferimento al DCFR
Prima di esaminare la giurisprudenza e l’incidenza del DCFR sullo sviluppo del diritto privato spagnolo, è opportuno svolgere alcune considerazioni di tipo formale.
9 La sentenza della Corte di Appello di Madrid del 31 maggio 2012, statuisce: «es habitual también la invocación en la jurisprudencia de los Principios del Derecho europeo de
contratos (Pecl), y su utilización como texto interpretativo de las normas vigentes en esta
materia en nuestro Código Civil». V. A. vAquer Aloy, op. cit., 94.
216
celiA MArtínez-eScriBAno
Il presente studio si concentra, principalmente, sull’esame di 10 sentenze
della Corte Suprema che fanno riferimento al DCFR10. La prima è stata pubblicata il 25 maggio 2009 e molte di queste decisioni sono state rese negli
anni seguenti, tra il 2010 ed il 2012, e, dopo una breve pausa, a partire dal
2016.
È interessante rilevare come in tutti i casi del primo e più fruttuoso periodo (i.e., il periodo tra il 25 maggio 2009 ed il 29 febbraio 2012), il giudice estensore sia sempre stato lo stesso11: Encarnación Roca Trías, uno
degli esperti che ha preso parte ai lavori di redazione del DCFR. Si potrebbe
pertanto sostenere che, la ragione di introdurre riferimenti al DCFR nella
giurisprudenza della Corte Suprema, sia la profonda conoscenza del giudice
estensore del DCFR, dovuta al suo coinvolgimento nei lavori di redazione
dello strumento di soft law. Difatti, dopo che il giudice estensore venne trasferito alla Corte Costituzionale nel 2012, la Corte Suprema cessò di operare rinvii al DCFR nella propria giurisprudenza. Eppure, i riferimenti sono
ricomparsi in due successive sentenze della Corte Suprema, entrambe del
2016, ad opera di giudici diversi.
10 Apparentemente sono 14, ma una è stata pubblicata con due date e due numeri riferimento diversi (29 febbraio 2012, n.ro 99/2012; 1° marzo 2012, n.ro 103/2012). Nella
sentenza della Corte Suprema del 3 settembre 2010, il riferimento al DCFR non è fatto per
fondare la decisione ma per sostenere la liceità del comportamento della parte che aveva
offerto all’altra la riduzione del prezzo, in conformità all’art. III.3:601 DCFR. Qui il riferimento fatto al DCFR non è parte della motivazione in diritto bensì una citazione nella
parte in fatto. E nella sentenza del 15 giugno 2015, n.ro 333/2015 il riferimento al DCFR
non è fatto dalla Corte Suprema, bensì dal giudice d’appello la cui decisione viene in parte
trascritta. Per queste ragioni dalle banche dati sembrerebbero 13, mentre attualmente ve ne
sono 11. Tuttavia, una, la sentenza del 6 maggio 2011, n.ro 306/2011, inerisce ad un caso
di arricchimento indebito, ma fa riferimento all’articolo II.-7:102 DCFR sull’“Impossibilità
originaria o mancanza del diritto o del potere di disporre”. Si tratta chiaramente di un errore, visto che dell’indebito arricchimento si tratta nel Libro VII° del DCFR. Ad ogni modo,
l’errore rende oscuro il signicato della scelta della Corte Suprema, e perciò la sentenza in
parola è esclusa dall’esame del presente articolo.
11 Analogamente, in diritto svedese l’inluenza del DCFR ed altre norme di soft law nella
giurisprudenza è stata collegata all’estensore delle decisioni, siccome alcuni giudici (fondamentalmente Håstad, che aveva fatto parte degli accademici autori del DCFR) appaiono
propensi allo sviluppo del diritto privato nazionale nell’ambito del contesto europeo. V. J.
MonuKKA Transnational Contract Law Principles in Swedish Case Law – PICC, PECL and
DCFR, (2012) 57 Sc.St.L. 229-252.
Anche l’inluenza dei PECL sulla giurisprudenza olandese è dovuta al fatto che un giudice
(Hartkamp) è stato membro della Commissione Lando. V. D. Busch “The Principles of
European Contract Law before the Supreme Court of the Netherlands- On the Inluence of
the PECL in Dutch Legal Practice” (2008) 3 ZEuP 552.
217
l’incidenzA del dcFr SullA GiuriSPrudenzA SPAGnolA
D’altro canto, i giudici d’appello spagnoli hanno accolto positivamente
il DCFR nelle proprie decisioni12. Ad oggi 115 sentenze fanno menzione
del DCFR. I giudici d’appello hanno introdotto i riferimenti al DCFR sulla
scorta della giurisprudenza della Corte Suprema, di cui hanno inizialmente
riportato le massime per poi invece operare propri rinvii.
Si deve quindi rimarcare l’incidenza del DCFR sulla giurisprudenza della
Corte Suprema spagnola e il modo con cui i riferimenti fatti al DCFR si siano moltiplicati nelle decisioni d’appello.
5. Il DCFR nelle sentenze della Corte Suprema
Nelle pagine seguenti si esaminerà la nuova interpretazione fornita dalla
Corte Suprema di obsolete norme del codice civile, alla luce del DCFR, e
come tale interpretazione sia stata accolta dai giudici d’appello. Le decisioni
della Corte Suprema che trattano del DCFR si concentrano, in sostanza, su
cinque materie, ma i giudici d’appello hanno svolto proprie rilessioni sul
DCFR che si estendono ad altre materie di cui si darà conto infra.
5.1 Materie interessate dal DCFR
5.1.1. Buona fede e correttezza nelle trattative
Corte Suprema, 3 dicembre 2010, n.ro 769/2010, estensore: E. Roca
Trías.
Un’impresa si rivelava inadempiente rispetto a un contratto di mutuo
concluso con la banca BBVA. La banca agiva in giudizio, ma la procedura
si interrompeva nel 1994 per ragioni di ordine processuale. Nel 2000, in un
diverso giudizio, la BBVA veniva condannata a risarcire l’impresa mutuataria che quindi portava in esecuzione la relativa sentenza in data 2 maggio
2005. Il 21 settembre 2005, la BBVA agiva per il recupero della somma mutuata all’impresa e che questa avrebbe dovuto restituire sin dal 1993, oltre
interessi. L’impresa resisteva in giudizio lamentando come la pretesa fosse
contraria all’art. 7 c.c.s.: “I diritti devono essere esercitati secondo i requisiti
di buona fede”.
La questione centrale in questo caso è stata quindi quella di interpretare
12 Lo stesso è accaduto con i PECL: sono stati recepiti dalla Corte Suprema e si sono
poi rapidamente sparsi tra i giudici d’appello. V. M. P. PerAleS viScASillAS, Aplicación
jurisprudencial de los principios del derecho contractual europeo, in M. R. Díaz Romero
et al., Derecho privado europeo: estado actual y perspectivas de futuro (Madrid: Civitas,
2008) 463.
218
celiA MArtínez-eScriBAno
l’art. 7 c.c.s., regola generale che riguarda non già il solo diritto contrattuale, bensì l’esercizio di qualsiasi pretesa derivante da un rapporto di diritto
privato. Il linguaggio impiegato dall’articolo è alquanto vago laddove non
stabilisce quali siano i “requisiti” di buona fede. L’interpretazione della norma e la sua applicazione per accertare la conformità del comportamento ai
requisiti di buona fede è stata fonte di incertezze sin dall’entrata in vigore
del codice civile. La dottrina sottesa alla formulazione dell’articolo è quella
della Verwirkung tedesca. Si ritiene pertanto che, secondo l’articolo 7 c.c.s.,
un diritto non possa essere esercitato allorché il suo titolare non l’abbia esercitato per molto tempo ed il suo comportamento abbia oggettivamente ingenerato nella sua controparte l’afidamento che egli non l’avrebbe più esercitato. Tutto ciò non igura nel testo della norma che rappresenta piuttosto una
regola generale. Tuttavia, tale interpretazione è stata avvallata dai PECL e
dai principi UNIDROIT, ai quali la Corte Suprema ha talora fatto riferimento per fondare la stessa interpretazione dell’articolo 7 c.c.s13. Più di recente,
tale interpretazione ha trovato sostegno nell’art I.-1:103 (2) DCFR: Buona
fede e correttezza:
“In particolare contrasta con la buona fede e la correttezza l’agire in
modo incoerente rispetto ad una propria precedente dichiarazione o condotta, a svantaggio della parte che su tale dichiarazione o condotta abbia fatto
un ragionevole afidamento.”
La sentenza in esame fa speciico riferimento all’art. I.-1:103 (2) DCFR
per fondare l’interpretazione dell’articolo 7 c.c.s. e, nel caso di specie, qualiica il comportamento del creditore quale contrario a buona fede.
Corte Suprema, 12 dicembre 2011, n.ro 872/2011, estensore: E. Roca
Trías
Nel 1985, un mutuatario non adempiva al suo obbligo di restituire la somma lui mutuata dalla banca sulla scorta di un contratto di mutuo ipotecario.
Le parti quindi si accordavano afinché il debito fosse soddisfatto per il tramite dell’immobile ipotecato. Nel 2003, la banca però pretendeva nuovamente il pagamento del debito e il debitore eccepiva la contrarietà a buona
fede del comportamento tenuto dalla creditrice.
Nella sua decisione, la Corte Suprema fa riferimento all’articolo I.- 1:103
(2) DCFR: Buona fede e correttezza nelle trattative, ed alla dottrina sottesa
all’art. 7 c.c.s., secondo la quale il decorso del tempo, senza che il diritto sia
stato esercitato, ingenera il legittimo afidamento nella controparte sul fatto
che il diritto non verrà esercitato. A tal ine, non rileva se il comportamento
sia volto a danneggiare il debitore: è suficiente l’aver agito in violazione di
13 v. E. rocA tríAS e B. Fernández GreGorAci, op. cit., 58, dove si fa riferimetno alle
decisioni del 4 luglio 2006 e 11 luglio 2011. V. anche A. vAquer Aloy op. cit., 96, 97.
219
l’incidenzA del dcFr SullA GiuriSPrudenzA SPAGnolA
questa regola di buona fede oggettiva.
Nel caso di specie, dopo aver esaminato le circostanze, la corte qualiica
il comportamento della banca come contrario a buona fede.
L’orientamento che interpreta il concetto di buona fede secondo il DCFR
è stato ampiamente accolto da parte dei giudici d’appello. Ad oggi, 65 sentenze d’appello fanno riferimento all’articolo I.-1:103 (2) DCFR, in molti
casi, con espresso riferimento alle due sentenze della Corte Suprema all’origine di questo orientamento sul concetto di buona fede. Dunque, oggi, il
criterio o paradigma per determinare se il comportamento è conforme ai
requisiti di buona fede è il DCFR. Invero, alle espressioni generiche di cui
all’articolo 7 c.c.s. è attribuito lo stesso signiicato che veniva attribuito
prima del DCFR. Tuttavia, se un tempo tale interpretazione si fondava sul
diritto comparato (i.e. sulla Verwirkung tedesca), successivamente, hanno
assunto rilievo i riferimenti al soft law. Ed ora, dato che il DCFR adotta lo
stesso orientamento, viene evocato per giustiicare o persino per legittimare
quest’interpretazione dell’articolo 7 c.c.s. che aggiunge dettaglio alle generiche espressioni impiegate dalla norma.
5.1.2. Favor negotii
Corte Suprema, 25 maggio 2009, n.ro 366/2009, estensore: E. Roca Trías
La controversia sottesa alla pronuncia in commento ha ad oggetto un contratto con il quale dei soggetti si impegnavano a mantenere i propri genitori
sino alla loro morte, in cambio di beni elargiti da questi ultimi. Morti i genitori, sorsero dei problemi di compatibilità tra il contratto ed il testamento
lasciato dalla madre. Un simile contratto non trova alcuna disciplina in diritto spagnolo, e si è trattato quindi di determinarne la validità. La corte ha ritenuto che l’accordo fosse valido sulla scorta dell’articolo 1284 c.c.s. (in cui
si stabilisce una preferenza per l’interpretazione che garantisca eficacia al
contratto), dell’articolo 5:106 PECL, nonché dell’articolo II.-8:106 DCFR:
Preferenza per l’interpretazione che rende le clausole eficaci.
Tutte queste norme contengono il principio del favor negoti. Nella decisione della corte, il riferimento al DCFR ha scopo di conferma della soluzione già adottata in diritto contrattuale spagnolo, contenuta anche nei PECL e
nello stesso DCFR.
5.1.3. Risoluzione per inadempimento grave
Corte Suprema, 22 giugno 2010, n.ro 380/2010, estensore: E. Roca Trías
Un “contratto di servizi di valore aggiunto” veniva sottoscritto da un’impresa telefonica (Telefónica) e Coprinus, un’impresa che sosteneva di poter
predire il futuro. Telefonando a un numero speciale il cliente che si fosse
rivolto alla Coprinus, avrebbe beneiciato di un servizio per la predizione del
proprio futuro. Tuttavia, in relazione a tale attività, Coprinus non aveva fatto
220
celiA MArtínez-eScriBAno
uso del preisso richiesto perché l’ulteriore costo fosse addebitato ai propri
clienti. Quando Telefónica se ne accorse, interruppe i pagamenti in favore
Coprinus ed agì afinché il contratto con la stessa fosse dichiarato risolto.
L’inadempimento risultò nella risoluzione del contratto e nella restituzione
dei proitti sulla scorta degli articoli 1124 c.c.s., III.-3:509 e 3:510 DCFR.
Ai sensi di questa regola, la Corte Suprema ha argomentato che tutti gli
importi pagati da Telefonica a Coprinus sarebbero dovuti essere restituiti,
in quanto Coprinus non aveva mai adempiuto alle sue obbligazioni mentre
Telefonica aveva per un certo periodo adempiuto alle sue.
Si sarebbe potuti giungere ad una simile soluzione percorrendo l’orientamento già sviluppato nell’interpretazione dell’articolo 1124 c.c.s. alla luce di
altri strumenti di soft law, ossia, fondamentalmente, i PECL14. Ciononostante,
in questo caso, il DCFR ha rappresentato un elemento ulteriore per interpretare le espressioni generiche contenute nell’articolo 1124 c.c.s.
Corte Suprema, 29 febbraio 2012, n.ro 99/2012, estensore: E. Roca
Trías15
In questo caso la controversia sottostante alla pronuncia riguardava un
contratto di vendita di appartamenti per turisti. A seguito della consegna
degli appartamenti e del pagamento del prezzo, il Comune negò la licenza
per la loro destinazione turistica, sicché i compratori decisero di risolvere
il contratto nonostante la proprietà degli stessi appartamenti fosse già stata
trasferita. I compratori pretendevano la restituzione del prezzo pagato e l’indennizzo dei danni subiti.
La Corte Suprema ha affermato che la risoluzione del contratto aveva
comportato lo scioglimento delle obbligazioni e l’obbligo di restituzione,
con possibile risarcimento dei danni. La Corte Suprema ha fatto menzione
l’art. III.-3:510 per rafforzare la sua decisione, alla quale si sarebbe potuto
giungere anche attraverso la tradizionale interpretazione degli articoli 1122
e 1124 c.c.s.
Corte Suprema, 25 maggio 2016, estensore: F. Pantaleón Prieto
Il caso controverso riguardava un contratto risolto per l’inadempimento
dell’obbligo di consegna e tale inadempimento era stato anticipato al momento in cui, dal comportamento dell’inadempiente, si era inferito che non
14 L’interpretazione dell’art. 1124 c.c.s. alla luce dei PECL è stata evidenziata da diversi
atuori, tra i quali, ad esempio, M. P. PerAleS viScASillAS, Aplicación jurisprudencial de los
principios del derecho contractual europeo, in M. R. Díaz Romero et al., Derecho privado
europeo: estado actual y perspectivas de futuro (Madrid: Civitas, 2008) 494.
15 La stessa decisione è stata pubblicata con diversa data: 1° marzo 2012, e numero:
103/2012.
221
l’incidenzA del dcFr SullA GiuriSPrudenzA SPAGnolA
avrebbe adempiuto. La decisione fa riferimento all’articolo 8:103 PECL e
all’articolo III.-3:502 (2)(b): Risoluzione per inadempimento grave:
“è doloso, o dovuto a grossolana imprudenza, e il creditore ha ragione di
credere di non poter fare afidamento sul futuro adempimento da parte del
debitore.”
Secondo l’interpretazione tradizionale del diritto contrattuale spagnolo,
la colpa del debitore rappresenta un elemento essenziale per l’inadempimento grave, e la dificoltà di dimostrarla è mitigata tramite delle presunzioni. La
giurisprudenza ha adottato un’interpretazione moderna, dove la colpa del debitore non è più elemento essenziale nei casi di risoluzione del contratto per
inadempimento grave. Questo cambiamento è stato preannunciato dai PECL
e dai principi UNIDROIT, ancor prima del DCFR16, il quale ora rappresenta
un elemento ulteriore per fondare l’attuale interpretazione delle norme spagnole sull’inadempimento contrattuale. Dunque, il riferimento al DCFR è
fatto soltanto per rafforzare l’interpretazione già adottata. Come ha aggiunto
la decisione, il DCFR equipara l’inadempimento intenzionale a quello colposo, dove non si ha speciico riguardo all’intenzione nell’inadempimento.
In tutti questi casi di risoluzione del contratto per inadempimento grave,
il DCFR è un elemento aggiuntivo a sostegno dell’attuale interpretazione
adottata in tale frangente dalla giurisprudenza spagnola. Il cambiamento nel
modo di interpretare le norme ha avuto luogo ancor prima del DCFR, sulla
scorta di altri strumenti di soft law. Siccome ora il DCFR offre una soluzione
analoga, allora viene citato dalla giurisprudenza, probabilmente per evidenziare come anche le ultime proposte di soft law offrano tale soluzione. Ciò
serve ad avvalorare l’interpretazione proposta dalla Corte Suprema e forse
le conferisce persino maggiore autorità, conformandola al contesto europeo.
5.1.4 Obbligazioni solidali
Corte Suprema, 20 gennaio 2010, n.ro 870/2009, estensore: E. Roca Trías
Nell’ambito di un contratto di viaggio “tutto compreso”, a fronte di un
incidente del furgone sul quale viaggiavano, i passeggeri avevano lamentato
danni di cui chiedevano il risarcimento all’organizzatore e ai due rivenditori.
La questione consisteva nel determinare se l’obbligazione di risarcire i danni
fosse solidale o parziaria.
La direttiva n.ro 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti
«tutto compreso» non speciica nulla sul punto, lasciando gli Stati Membri
liberi di adottare la soluzione che ritengono più opportuna. Dopo aver esaminato la legislazione dei diversi Stati Membri in tema di responsabilità
16 v. E. rocA tríAS e B. Fernández GreGorAci, op. cit., 48-50; A. vAquer Aloy, op. cit.,
100-105; C. vendrell cervAnteS, The Application of the Principles of European Contract
Law by Spanish Courts (2008) 3 ZEuP 535.
222
celiA MArtínez-eScriBAno
per danni, la Corte Suprema ha osservato tra loro grandi differenze, dovute
alle diverse interpretazioni che possono esser date alle direttive. Ma la legge di trasposizione spagnola sui contratti “tutto compreso” non forniva una
soluzione alla questione. Fino alla decisione della Corte Suprema, i giudici
d’appello avevano affrontato la questione senza giungere ad una soluzione
unitaria. I giudici erano divisi, e, se in alcune loro sentenze avevano ritenuto
che la responsabilità fosse solidale, in altre l’obbligazione dell’organizzatore veniva distinta da quella del rivenditore, secondo l’ambito speciico della
rispettiva attività.
Discostandosi da questa regola, la Corte Suprema ha sostenuto che, in
questo caso, la solidarietà avrebbe dovuto prevalere. Non è il primo caso in
cui la Corte Suprema ha ritenuto che la responsabilità sia solidale nonostante
la regola generale accolga il principio della parziarietà delle obbligazioni.
Ma, come la corte ha riconosciuto nella sua stessa decisione, quanto ritenuto in altri giudizi non rappresenta una regola generale, in quanto ciascuna
decisione è fondata su fattispecie concrete diverse. Con questa decisione la
Corte Suprema ha aggiunto nuovi elementi a sostegno del principio di solidarietà delle obbligazioni. Il primo di questi elementi è la considerazione
per cui il diritto del consumo riconosce una regola generale di solidarietà
quando più persone sono responsabili per danni verso il consumatore. E, al
ine di consolidare questo orientamento, la Corte Suprema ha indicato come
anche il DCFR ponga la solidarietà quale regola generale. Nello speciico
la corte menziona l’articolo III.4:103 (2) DCFR: Fonti dei diversi tipi di
obbligazione:
“Se le norme non dispongono in merito, la responsabilità in capo a due
o più debitori circa l’adempimento della medesima obbligazione è solidale.
In particolare, la responsabilità è solidale quando due o più persone sono
responsabili per il medesimo fatto dannoso”.
In questo caso, la Corte Suprema non ha applicato l’art. 1137 c.c.s., ossia,
la regola generale sulla parziarietà delle obbligazioni. La corte ha esaminato
il contesto dei contratti “tutto compreso”, in cerca di appigli che giustiicassero la solidarietà, oltre a riferirsi al DCFR per giustiicare l’abbandono
delle regole del secolo XIX e la prevalenza della solidarietà.
Non vi è alcun dubbio che questo orientamento protegga più eficacemente il consumatore, rendendo più agevole la sua azione in giudizio: il danneggiato può agire con un’unica azione nei confronti dei rivenditori e degli
organizzatori, a prescindere dalle loro speciiche obbligazioni contrattuali. E
ciò tutela maggiormente il danneggiato, in quanto non dovrà più sopportare
il rischio di insolvenza di uno dei debitori, i cui effetti colpiscono invece
l’altro debitore17.
17 A tal proposito, v. C. I. GóMez liGüerre, Liability for damages caused to consumer of
223
l’incidenzA del dcFr SullA GiuriSPrudenzA SPAGnolA
La decisione è importante per aver dissipato i dubbi circa la conigurazione della responsabilità nell’ambito dei contratti “tutto compreso” nel diritto
spagnolo, a fronte della poca chiarezza delle norme in materia18. Tuttavia,
è bene notare come la trasformazione delle obbligazioni parziarie in solidali
sia un processo che si sviluppa nell’ambito di un più ampio quadro. Anche
in altri campi, diversi da quello dei contratti “tutto compreso”, la solidarietà
è prevalsa in giurisprudenza, nonostante l’art. 1137 c.c.s.19. Poco alla volta,
è stata abbandonata la regola generale sulla parziarietà delle obbligazioni, a
scapito dell’articolo 1137 c.c.s.. In tal senso, è importante la sentenza della
Corte Suprema del 31 ottobre 2005, n.ro 802/2005, in cui si afferma che
l’articolo 1137 c.c.s. è troppo rigido nel contesto delle relazioni commerciali, dove si richiede di fornire maggiori garanzie al creditore. In quest’ultimo caso, la Corte Suprema ha cambiato la regola in favore delle solidarietà
fondandosi sui PECL20. E con la sentenza del 20 gennaio 2010, la corte ha
esteso l’applicabilità della solidarietà al contesto delle relazioni consumeristiche basandosi sul DCFR.
travel packages in Spain (2001) 2 ZEuP 421,422.
18 v. anche C. I. GóMez liGüerre, op. cit., 427.
19 Ad esempio, il fatto che le obbligazioni pariziarie non consentano di raggiungere
risultati equi ha condotto la Corte Suprema ad abbandonare la regola generale di cui all’articolo 1137 c.c.s. nel campo della responsabilità per vizi di costruzione già nei tardi anni
Sessanta dello scorso secolo, e la regola è stata riconosciuta legislativamente soltanto nel
1999 con la Legge sulla regolamentazione dell’edilizia. Mentre la sentenza della Corte
Suprema Spagnola del 19 febbraio 1959 (RJ 1959\486) chiaramente giustiica la parziarietà
delle obbligazioni, con la sua sentenza del 5 maggio 1961 (RJ 1961\2310), la corte virò
verso la solidarietà, dando il via ad un ilone giurisprudenziale consolidato sino alla riforma
legislativa.
20 “La rígida norma del artículo 1137 Código civil ha sido objeto de una interpretación
correctora por parte de este Tribunal y muy especialmente en relación con las obligaciones
mercantiles en las que, debido a la necesidad de ofrecer garantías a los acreedores, se ha
llegado a proclamar el carácter solidario de las mismas, sobre todo cuando se busca y se
produce un resultado conjunto (sentencias de 27 de julio de 2000 y 19 de abril de 2001).
Ello está de acuerdo con lo que la sentencia de 27 de octubre de 1999 denomina «el acervo
comercial de la Unión Europea», en la que el artículo 10: 102 de los Principios del Derecho
europeo de contratos recoge el principio de la solidaridad cuando hay varios deudores obligados, principio tradicionalmente aplicado por este Tribunal cuando se trata de obligaciones
mercantiles.”
V. anche E. rocA tríAS e B. Fernández GreGorAci, The Modern Law of Obligations in the
Spanish High Court (2009)1 ERCL 57; A. vAquer Aloy, op. cit., 107, 108; C. vendrell
cervAnteS, op. cit., 544.
224
celiA MArtínez-eScriBAno
Corte Suprema 8 ottobre 2010, n.ro 597/2010, estensore: E. Roca Trías
A fronte della vendita di condizionatori rivelatisi malfunzionanti, si è dovuta accertare la responsabilità del venditore e del produttore. Come nel
caso dei contratti “tutto compreso”, la corte ha affermato che la responsabilità è solidale malgrado la regola generale di cui all’articolo 1137 c.c.s.; tale
principio fu espresso sulla scorta dell’art. III.-4:103 DCFR. La soluzione
favorisce con evidenza la posizione del creditore.
La decisione è importante perché ha consolidato l’orientamento già sostenuto, e, quindi, in conformità all’art. 1.6 c.c.s., si può concludere che sul
punto sia sorta una regola giurisprudenziale in senso stretto (“orientamento
ripetutamente seguito dalla Corte Suprema”). Fino a questa decisione erano
state soltanto due le sentenze in cui si era ricorsi al soft law per giustiicare
la solidarietà delle obbligazioni: 1) un caso nel contesto di relazioni commerciali, sulla scorta dei PECL (Corte Suprema Spagnola, 31 ottobre 2015)
2) un caso nell’ambito del diritto del consumo, facendo riferimento al DCFR
(Corte Suprema Spagnola, 20 gennaio 2010). Ma i casi erano tra loro diversi, in quanto muovevano da contesti distinti e non collegati così che non si
poteva sostenere fossero fondati sullo stesso orientamento. D’altronde, in
decisioni precedenti al DCFR e ai PECL, la Corte Suprema aveva considerato giustiicata la solidarietà, nonostante l’articolo 1137 c.c.s. e sulla base
di argomentazioni diverse. È interessante come nella sentenza della Corte
Suprema Spagnola dell’8 ottobre 2010, la corte abbia sostenuto la tesi della
solidarietà in ipotesi di collegamento tra debitori, citando diverse decisioni,
pronunciate a partire dal 1981 e concernenti casi apparentemente isolati,
nonché sulla scorta dell’autorevolezza di un testo di soft law: il DCFR. La
Corte Suprema chiaramente riconobbe, facendo ricorso al DCFR, un criterio
di solidarietà non contenuto speciicatamente nel c.c.s.. Ora si può sostenere
che quando le obbligazioni sono tra loro collegate, la regola generale è la
solidarietà, malgrado l’articolo 1137 c.c.s.
Si può concludere che il soft law, e, negli ultimi tempi, in particolar modo
il DCFR, consolidi questo orientamento sulla responsabilità, nonostante il
contrastante dettato dell’articolo 1137 c.c.s. Ciò rappresenta un chiaro caso
di evoluzione del diritto privato che si realizza tramite la giurisprudenza, la
quale interviene al ine di supplire all’inerzia del legislatore che dal diciannovesimo secolo non ha ancora riformato parti importanti del codice civile.
Con le stesse parole di Gómez Ligüerre: “questa tendenza rilette un approccio della Suprema Corte Spagnola aperto all’uniformazione del diritto
privato in Europa. Un esempio che dovrebbe essere seguito”21.
La tendenza ad estendere le ipotesi di solidarietà delle obbligazioni è sta21 v. C. I. GóMez liGüerre, Liability for damages caused to consumer of travel packages
in Spain (2001) 2 ZEuP 431.
225
l’incidenzA del dcFr SullA GiuriSPrudenzA SPAGnolA
ta ben accolta dai giudici d’appello. A partire dalla sentenza della Suprema
Corte Spagnola dell’8 ottobre 2010, n.ro 597/2010, tre sentenze d’appello
hanno espressamente riconosciuto la solidarietà sulla scorta delle decisioni
della giurisprudenza e del DCFR22.
In breve, la reiterazione di un orientamento della Suprema Corte in favore della solidarietà ed il recepimento di questa regola giurisprudenziale da
parte dei giudici d’appello può condurre a ritenere che, in termini generali,
vi sia stato un cambiamento della regola generale che è passata dalle obbligazioni parziarie a quella delle obbligazioni solidali.
5.1.5. Revoca della donazione
Corte Suprema, 13 maggio 2010, n.ro 261/2010, estensore: E. Roca Trías
Nel caso in esame, la convenuta aveva ricevuto una donazione da parte
dei suoi genitori. Successivamente, nel contesto di una crisi coniugale, il padre della convenuta morì e della sua morte fu accusata la moglie. Nel relativo giudizio penale la convenuta accusò la madre dell’omicidio del padre. La
madre quindi chiese la revoca della donazione a causa di grave ingratitudine.
L’articolo 648, secondo comma, c.c.s. contempla, quale causa di revocazione, l’attribuzione da parte del donatario di un delitto in capo al donatario,
anche se sia in grado di provare la sua accusa, a meno che si tratti di un reato
contro lo stesso donatario, il suo coniuge od i propri igli.
Tradizionalmente, sono sorti dubbi nell’interpretazione dell’espressione
“attribuire un delitto”, in quanto questa non chiarisce se sia suficiente accusare il donante o se invece sia anche necessario formalizzare tale accusa
oppure l’avvio di un processo penale promosso dal donatario. In effetti, la
norma spagnola è molto cavillosa e non disciplina un’ipotesi generale di
causa di revocazione.
La Corte Suprema afferma che la regola è diversa rispetto a quella adottata in altri ordinamenti europei, per poi far riferimento all’art. IV. H.- 4:201:
Ingratitudine del donatario
“Il contratto di donazione di beni può essere revocato se il donatario è
responsabile di grave ingratitudine, per aver commesso intenzionalmente un
grave illecito nei confronti del donante.”
Il DCFR richiede la commissione intenzionale di un “grave illecito”. I
commenti al DCFR affermano: “grave illecito è intenzionalmente lasciato
indeinito in modo da lasciare una notevole discrezione alle corti”23.
22 v. Corte d’Appello di Málaga, Sez. IV, 14 aprile 2011, n.ro 198/2011; Corte d’Appello
di Illes Balears, Sez. IV, 17 luglio 2012, n.ro 342/2012; Corte d’Appello di Tarragona, Sez.
I, 3 marzo 2016, n.ro 103/2016.
23 Principles, Deinitions and Model Rules of European Private Law, Draft Common
Frame of Reference (DCFR) edizione completa, vol. 3, ed. C. von Bar and E. Clive (Munich:
226
celiA MArtínez-eScriBAno
In conformità al DCFR, la Corte Suprema ha deciso che l’interpretazione
dell’articolo 648 c.c.s. deve essere restrittiva. In questo caso la corte penale ritenne che la iglia non fosse legittimata a dar impulso al processo per
la persecuzione del reato, e la Corte Suprema pertanto ha affermato, con
un’interpretazione restrittiva, che non si fosse realizzata un’ipotesi di grave
ingratitudine. Il comportamento della iglia, da un punto di vista processuale
non rilevava, ma l’esistenza di un illecito grave sì. La Corte Suprema non ha
approfondito l’interpretazione da dare all’”attribuzione di un delitto”, come
era tradizionalmente avvenuto, ma piuttosto quella grave illecito. La corte
ha così abbandonato l’approccio cavilloso del codice civile e ha accolto la
soluzione adottata nel DCFR che fornisce una regola generale, decidendo,
caso per caso, se si tratti di un illecito abbastanza grave da giustiicare la
revoca della donazione24.
La corte ha sostenuto che, in quanto la iglia era sfornita della legittimazione necessaria per promuovere il giudizio penale, non avrebbe potuto causare alcun danno, sicché difettava anche il grave illecito. Quel che ha fatto
la corte, forte della discrezione riconosciuta anche dai commenti del DCFR,
è stato fornire un’interpretazione dell’articolo 648.2 c.c.s. secondo la quale
soltanto i comportamenti che davvero cagionano un illecito grave rientrano
nelle ipotesi disciplinate dalla norma. In questo caso, quindi, il DCFR è stato
usato per correggere una norma obsoleta e per superare le dificoltà ermeneutiche da essa emergenti.
5.1.6. Cause di invalidità dei contratti
Corte Suprema, 12 febbraio 2016, n.ro 59/2016, estensore: F.J. Orduña
Moreno
Nell’ambito di una controversia successoria, un erede lamentava la nullità del testamento nella parte in cui attribuiva al coerede una casa all’interno di un fondo di proprietà altrui, in contrasto con le norme urbanistiche
applicabili.
La Corte Suprema ha risolto la controversia applicando il principio favor partitionis, e fondando la propria decisione anche sull’articolo II-7:101
(Cause di invalidità dei contratti) per affermare la validità della ripartizione.
Si tratta di un caso interessante in quanto la stessa soluzione sarebbe potuta esser raggiunta semplicemente applicando il principio favor partitionis.
Eppure, in aggiunta, la Corte Suprema ha fatto riferimento al DCFR e, in
particolare, alla parte in cui lo strumento di soft law propone una disciplina
diversa rispetto a quella del c.c.s.. Questo potrebbe forse essere il tentativo di
evidenziare che quest’orientamento sulle cause di invalidità dei contratti doSellier 2009) 2867.
24 Nello stesso senso, A. vAquer Aloy, op. cit., 110,111.
227
l’incidenzA del dcFr SullA GiuriSPrudenzA SPAGnolA
vrebbe prevalere sulle posizioni tradizionali in diritto contrattuale spagnolo.
5.2. La funzione del DCFR nella giurisprudenza spagnola
Dopo aver esaminato le decisioni della Corte Suprema che fanno riferimento al DCFR, giungiamo alla conclusione che tali rinvii sono operati
sostanzialmente a due ini diversi tra loro:
a.- In alcuni casi il DCFR è impiegato quale elemento ulteriore per rafforzare un orientamento già esistente. Questo è il caso degli articoli I.-1:103
(2): Buona fede e correttezza; II.-8:106: Preferenza per l’interpretazione
che rende le clausole effetti; III.3-509 e 3:5010: Effetti della risoluzione.
In questi casi, il DCFR serve per rafforzare un orientamento già avviato
facendo ricorso ai PECL. In questo modo i principi di soft law sono utilizzati per avallare una speciica interpretazione delle norme, allorché i termini
impiegati dalle stesse siano generali e siano prospettabili più interpretazioni. Probabilmente, in questi casi, la soluzione sarebbe stata la stessa anche
senza il DCFR, che però viene menzionato per rafforzare una determinata
interpretazione della legge.
b.- In altri casi, il DCFR è un elemento posto a sostegno di una soluzione
diversa rispetto ad una disciplina obsoleta ed inadeguata. Si tratta, ad esempio, del caso dell’articolo IV.H.-4:201: Ingratitudine del donatario: e dell’articolo III.-4:103: (2) Fonti dei diversi tipi di obbligazione. Ancora, il riferimento all’articolo II.-7:101, sulle cause di invalidità dei contratti, può esser
utile per introdurre una nuova interpretazione del diritto spagnolo. Tuttavia,
si deve notare che, in questo caso, alla diversa soluzione si sarebbe potuti
giungere applicando il principio favor partitionis. Il riferimento all’articolo
II.-7:101 potrebbe esser stato introdotto per incentivare un cambiamento in
questa materia.
La dottrina spagnola ha sottolineato come il DCFR sia utilizzato come
un argomento giuridico idoneo a giustiicare la giurisprudenza della Corte
Suprema, e specialmente per avallare l’attuale interpretazione del diritto25.
Ma la legittimità del secondo gruppo di decisioni potrebbe essere messo
in discussione. Come si è già detto, le regole giurisprudenziali sono create attraverso i criteri enunciati dalla Corte Suprema nell’interpretazione e
applicazione di norme scritte, consuetudini e principi generali del diritto. A
prima vista, potrebbe esser dificile ammettere che uno strumento di soft law
come il DCFR possa giustiicare un cambiamento nella giurisprudenza tale
da contraddire il dettato del codice civile. È facile accettare l’utilità del soft
law nell’interpretazione di norme generali o al ine di riempire una lacuna
nel diritto, ma potrebbe essere più dificile ammettere la possibilità che il
25 A tal proposito, v. A. vAquer Aloy, op. cit., 111-113.
228
celiA MArtínez-eScriBAno
soft law possa essere utilizzato per modiicare norme positive26. È improbabile che la giurisprudenza si spinga sino ad affermare, in termini generali,
che uno speciico articolo del codice civile debba essere sostituito dal soft
law quando quest’ultimo disciplini la stessa materia in modo diverso dal primo. Ma, come accennato, uno dei criteri per interpretare la legge è la realtà
sociale del tempo in cui la regola deve essere applicata (articolo 3.1 c.c.s.)27,
e l’applicazione della legge può essere plasmata in certa misura dall’equità
(articolo 3.2 c.c.s.). Si ritiene che questi due elementi che guidano l’opera
dei giudici siano cruciali al ine di rendere decisioni dove il DCFR è usato
per giungere a risultati diversi rispetto a quelli cui si giungerebbe impiegando le espressioni di certi articoli del codice civile. Se la Corte Suprema (o
altra corte spagnola) fornisse abbastanza argomenti a dimostrazione del fatto
che il DCFR offre una soluzione migliore rispetto a quella proposta dalle tradizionali regole novecentesche del codice civile, potrebbe essere legittimata
ad adottare una soluzione basata sul DCFR, purché coerente con il contesto
giuridico del caso28. Inoltre, probabilmente, si potrebbe sostenere che sia un
dovere delle corti quello di ricercare una soluzione improntata all’equità con
l’aiuto di un’interpretazione del diritto che tenga conto della realtà sociale.
E al ine di sviluppare questi compiti, il soft law potrebbe essere una giuda o
un faro idoneo ad ispirare la soluzione. Ad esempio, nel caso di obbligazioni
solidali, la soluzione non è basata soltanto sul DCFR, ma la Corte Suprema
dimostra che esistono altri strumenti che fondano la soluzione, fornendo ulteriori argomentazioni con riferimento ad altre regole del diritto nazionale.
Ad ogni modo è importante che la decisione sia ben argomentata, cosicché
ogni ombra di arbitrarietà sia dissipata.
26 M. P. PerAleS viScASillAS, Aplicación jurisprudencial de los principios del derecho
contractual europeo in M. R. Díaz Romero et al., Derecho privado europeo: estado actual
y perspectivas de futuro (Madrid: Civitas, 2008) 476.
27 E. rocA tríAS e B. Fernández GreGorAci, op. cit., 59. Secondo gli autori, il fondamento giuridico per l’impiego del soft law nell’interpretare il codice civile potrebbe essere
l’art. 3.1 c.c.s. e la realtà sociale. Gli autori fanno espresso riferimento alla decisione del 31
ottobre 2005, dove si è espressamente adottata un’interpretazione della norma in conformità
con la realtà sociale del momento in cui è stata applicata per giudistiicare il riferimento ai
PECL. Lo stesso argomento è valido oggi in riferimento al DCFR.
28 Il ricorso al diritto comparato per risolvere le controversie è stato esaminato da J. M.
SMitS: Comparative Law and its Inluence on National Legal Systems in M. Reimann e R.
Zimmermann (eds.) The Oxford Handbook of Comparative Law (2008: Oxford, Oxford
University Press). Sul DCFR nella giurisprudenza, v. A. vAquer Aloy, op. cit., 111-112.
229
l’incidenzA del dcFr SullA GiuriSPrudenzA SPAGnolA
6. DCFR e Giudici d’Appello
Ad oggi sono 115 le sentenze d’appello che fanno riferimento al DCFR29.
La comparsa del DCFR nelle sentenze pronunciate dai giudici d’appello è
motivata dai rinvii operati allo stesso all’interno delle sentenze della Corte
Suprema. I primi casi menzionavano soltanto il DCFR, quando riproducevano le stesse parole delle decisioni della Corte Suprema menzionate sopra.
La maggior parte faceva riferimento all’art. I.-1:103 DCFR (62 sentenze), e
così il DCFR veniva utilizzato soltanto per rafforzare la consueta soluzione
adottata in diritto spagnolo. Tuttavia, poco a poco, i giudici d’appello hanno
iniziato ad introdurre le loro osservazioni sul DCFR, anche in materie in
cui la Corte Suprema non l’aveva ancora menzionato. Ciò dimostra che lo
strumento è sempre più utilizzato nell’interpretazione ed applicazione del
diritto privato da parte delle corti spagnole. Si considerino i seguenti esempi
di sentenze d’appello dove si svolgono osservazioni originali sul DCFR.
1º.- Corte d’Appello di Las Palmas, Sez. IV, n.ro 216/2013, 10 giugno
Nell’ambito di un contratto di swap inanziario la corte fu chiamata a decidere se uno dei contraenti avesse dolosamente ritenuto delle informazioni.
La soluzione adottata si è fondata sulla legge che regola il mercato azionario
spagnolo, dove si riconosce un generale obbligo di informazione, nonché
sull’articolo II-7:205: Dolo (2) DCFR, che è più preciso ed afferma:
«La dichiarazione o il comportamento sono dolosi quando sono formulati
o tenuti con la consapevolezza o la convinzione che siano ingannevoli, cioè
diretti ad indurre l’altra parte in errore. La reticenza è dolosa quando è diretta
ad indurre in errore la persona a cui l’informazione non viene comunicata».
Che una delli parti si comporti con dolo allorché induca in errore l’altra
parte è latente nelle norme, ma non è sempre espresso. Invece, il DCFR è
chiaro sul punto e sembra che la corte si riferisca alla norma di soft law per
conferire maggior autorevolezza all’interpretazione adottata. In questo caso,
la corte ha desunto l’obbligo generale di informazione dalla norma di soft
law sul dolo. Nel caso di specie, la combinazione di regole nazionali con il
soft law ha condotto la corte a ritenere che il comportamento del contraente
fosse effettivamente doloso.
2º.- Corte d’Appello di Pontevedra, Sez. 1, n.ro 451/2013, 3 dicembre
A fronte di un contratto di locazione a tempo indeterminato si pose il
problema di determinarne la durata. La corte ha fatto riferimento all’art.
IV.B.2:102 DCFR “una locazione a tempo indeterminato si conclude nel
momento indicato in una disdetta inviata da una delle parti”, giungendo cio29 Il presente articolo è aggiornato al settembre del 2016.
230
celiA MArtínez-eScriBAno
nonostante alla soluzione tramite il diverso criterio di cui all’art. 1128 c.c.s.,
che impone di determinare la durata contrattuale indagando l’intenzione delle parti. In questo caso, la corte ha ritenuto che il contratto sarebbe durato
intantoché il conduttore avesse voluto svolgere la propria attività professionale nell’immobile locato.
Malgrado la soluzione non sia stata fondata sul DCFR, il giudizio rilette
la conoscenza del testo da parte di giudici spagnoli e la sua presa in considerazione quando siano chiamati a risolvere una controversia. Purtuttavia la
corte non si è sentita abbastanza legittimata per risolvere la controversia sulla scorta del soft law laddove il codice civile fornisca una soluzione diversa.
Quest’ultimo tipo di decisioni sono proprie della Corte Suprema, che gode
di una maggiore autorità nel campo dell’interpretazione e dell’applicazione
del diritto.
3°- Corte d’Appello di Granada, Sez. III, n.ro 143/2011, 31 marzo
Nell’ambito di un contratto di locazione di due autovetture, il conduttore
smise di pagare il canone, cosicché il locatario decise di risolvere il contratto
prima del termine pattuito nello stesso.
In diritto spagnolo è ammesso che in caso di inadempimento del contratto, la parte che subisce lo stesso abbia diritto alla risoluzione ed è pertanto
possibile la risoluzione stragiudiziale del contratto. Questo orientamento è
già stato accolto e consolidato prima del DCFR, sulla scorta di altri testi di
soft law30. In questo caso, la corte ha affermato anche che il diritto contrattuale contemporaneo contempla la risoluzione stragiudiziale del contratto,
con espresso riferimento all’art. III.-3:507 DCFR: Comunicazione della risoluzione: “Il diritto di risolvere il rapporto contrattuale ai sensi della presente Sezione si esercita mediante comunicazione al debitore”.
Come in altri casi, si sarebbe potuti giungere alla medesima soluzione
senza il riferimento al DCFR in quanto essa è già operante in diritto spagnolo. Ma il riferimento al DCFR è stato fatto per sostenere e riaffermare
l’attuale interpretazione del diritto e per darvi legittimazione.
Quel che è interessante in questi casi è che i giudici d’appello non si sono
limitati a riprodurre quanto affermato dalla Corte Suprema, ma hanno operato nuovi rinvii al DCFR. Ciò signiica che non solo i giudici della Corte
Suprema maneggiano il DCFR: la conoscenza dello strumento si è sparsa tra
i giudici spagnoli e si rilette nelle loro decisioni. Tuttavia, un cambiamento
nell’interpretazione e nell’applicazione del diritto privato può esser legittimata dalla Corte Suprema per potersi chiamare giurisprudenza in senso
stretto.
30 v. A. vAquer Aloy, op. cit., 105-106.
231
l’incidenzA del dcFr SullA GiuriSPrudenzA SPAGnolA
7. Conclusioni
Sebbene non sia vincolante, il DCFR lentamente inluenza la giurisprudenza spagnola. Anche se le regole del DCFR non sono hard law, sono dotate di una certa autorevolezza e possono essere adottate volontariamente dai
legislatori europei. Nel caso spagnolo, è frequentemente usato come strumento per rafforzare la corrente interpretazione del diritto nell’ambito di
un processo che si sviluppa dalla Corte Suprema verso i giudici d’appello
e viceversa. Il DCFR è menzionato nelle decisioni probabilmente perché
conferisce una maggiore autorevolezza alla giurisprudenza, senza che ciò di
norma comporti un cambiamento sostanziale del diritto privato. La controversia sarebbe stata risolta allo stesso modo senza riferimento al DCFR che
però viene menzionato per rafforzare la legittimazione nell’interpretazione
del diritto offerta nella sentenza.
In altri casi invece il riferimento al DCFR è accompagnato da ulteriori argomentazioni volte ad abbandonare alcune obsolete norme del codice civile
per adottare nuove soluzioni che meglio si adeguano ai bisogni del mercato
ed ai valori giuridici contemporanei. In questi casi, il soft law gioca un importante ruolo nell’evoluzione del diritto privato spagnolo, verso le tendenze
del diritto privato europeo. Questi sono casi in cui il diritto spagnolo si è rilevato inadeguato, e alcune eccezioni alle regole generali sono state introdotte
caso per caso. Ma il riferimento al DCFR con ulteriori argomentazioni serve
a dare autorevolezza al cambiamento della giurisprudenza.
Di conseguenza, il diritto spagnolo accoglie le proposte di diritto privato
comune di cui al DCFR. Se gli ordinamenti liberamente decidessero di agire
seguendo le stesse regole, usando il DCFR come criterio per interpretare il
diritto, le soluzioni di armonizzazione nel diritto privato potrebbero essere
indirettamente raggiunte tramite la giurisprudenza.
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QUADERNI DEL DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA
DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO
1. Michele Rosboch, Fra angustie di coscienza e ordine politico, 2017
2. Daniela Ronco, Giovanni Torrente, Pena e ritorno. Una ricerca su interventi di sostegno e recidiva, 2017
3. Limiti e diritto. A cura di Alessandra Rossi, Alice Cauduro, Emanuele
Zanalda
4. L’armonizzazione del diritto europeo: il ruolo delle corti, A cura di Paolo
Gallo, Geo Magri, Margherita Salvadori