La giovane e avvenente (come tutti, allievi in testa, non mancano di notare) Samia, cioè Zita Hanrot, che sbarca in quella terra di nessuno un po’ come il poliziotto novellino de “I miserabili”, ma con molte buone intenzioni in più e un segreto.
Naturalmente la scuola brulica di situazioni limite e studenti oltre ogni limite, ma anche il corpo docente e i pittoreschi bidelli (non solo pittoreschi: uno ha strani traffici) non scherzano. C’è il ragazzo che spara balle così folli da restarvi imprigionato. Quello che rubacchia alla mensa ma ha le sue ragioni. Quella eternamente avvolta in mises supersexy (quando la vicepreside convoca la madre capirà perché), eccetera. Il tutto punteggiato da una domanda ostinata: a cosa serve tutto questo? Perché affannarvi a insegnarci cose assurde se la nostra vita è già segnata? Ma anche gestito a passo di carica seguendo l’aurea regola della commedia: ogni cosa che può far piangere deve anche far ridere, e viceversa.
Seguendo un copione che sarebbe perfino prevedibile se tutto - volti, corpi, conflitti, ambienti, sentimenti - per quanto iperbolico non trasmettesse un’energia e un sapore di verità irresistibili. Mehdi Idir e Grand Corps Malade, alias Fabien Marsaud, il primo ballerino hip hop, il secondo cantante e autore di poetry slam, non solo infatti attingono a ricordi personali e storie vere (o vere leggende, poco importa), ma hanno l’intelligenza di non “chiudere” nessuno dei tanti fili che compongono la storia. Compreso quello che lega la vicepreside allo studente più dotato e forse irrecuperabile di tutti, Yanis (Liam Pierron).
Ciliegina: come “Le invisibili” e altri film sociali di successo, anche questo è prodotto dal miliardario e filantropo Marc Ladreit de Lacharrière. Poi non dite che non dobbiamo invidiare la Francia.
“L’anno che verrà (La vie scolaire)”
di di Mehdi Idir e Grand Corps Malade
Francia, 110’