Fine del Gennaio 1943. Viene sciolto il comando supremo e tutte le truppe italiane
vengono inquadrate nella I armata al comando della quale Roma manda il miglior
generale italiano della nuova generazione,
il bersagliere Giovanni Messe, che arriva preceduto dalla fama conquistata in Russia.
L'armata di Messe è divisa in due Corpi d'armata più o meno rabberciati con i reparti
sopravvissuti allo scacco di El Alamein e alle
battaglie successive durante la ritirata. Il XX Corpo d'armata si compone della divisione
giovani fascisti agli ordini del bersagliere generale Sozzani, della Trieste comandata da
un altro bersagliere , il generale la Ferla, e del
90° fanteria tedesca. Il XXI Corpo d'armata
ha le divisioni Pistoia e Spezia e il 164° fanteria tedesca, oltre alla 15° divisione corrazzata germanica e altri reparti. L'armata di Messe dispone anche della divisione Centauro con il 5° Bersaglieri.Con la stessa divisione opereranno a un certo punto anche i
piumati del 7°, mentre il 70° battaglione Bersaglieri motomitraglieri viene assegnato
alle dipendenze della V armata tedesca.
Il comandante del battaglione, maggiore Lanzavecchia, sarà ucciso nel tentativo di stabilire un contatto con gli americani, che nel
frattempo sono sbarcati sulle coste atlantiche
dell'Africa Settentrionale e attraverso l'Algeria
e Marocco sono entrati in Tunisia premendo da ovest gli stessi reparti italo-tedeschi che
sono incalzati da est dagli inglesi.
A questo punto della guerra il divario fra il dispositivo alleato e quello dell'asse è sensibilissimo: 2 cannoni contro 1, 16 carri
armati contro 1, 7 aerei contro 1. In queste
condizioni affrontiamo la difesa della Tunisia.
Le operazioni si possono riassumere in tre
battaglie fondamentali: quella del Mareth, dal
16 al 30 Marzo; quella dell'Akarit-Chotts dal 5
al 6 Aprile e l'ultima, di Enfidaville, divisa in due momenti, dal 19 al 30 Aprile e dal 9 al 10
Maggio. Mentre nel Mareth riusciamo a infrangere e a contenere l'offensiva nemica in
modo da poter subito dopo eseguire una manovra di ritirata, all'Akarit e negli Chotts, l'8 armata britannica ci obbliga a bruciare tutte
le nostre riserve e a ripiegare ancora. A Enfidaville il nemico si scatena contro le nostre
linee il 19 Aprile, e per undici drammatici giorni tenta di sfondare senza riuscirvi. Si riorganizza e riparte all'attacco il 9 Maggio:
in quattro giorni raggiunge il risultato. La V armata tedesca è sgominata e quel che rimane delle truppe italiane combatte su due
fronti: a ovest contro gli americani, a est contro gli inglesi. I Bersaglieri impiegati in queste battaglie sono: il 5°, il 7°, e il 10°.
Quest'ultimo con i battaglioni 16°, 34° e 63°,
più due compagnie moto, viene impiegato per
primo nella zona di Biserta, inquadrato nella
V armata tedesca di von Arnim. Di che tembra
siano i Bersaglieri di questo reggimento lo si
rileva dalla prodezza del 16° battaglione. Questo reparto riesce a catturare un intero
gruppo d'assalto di paracadutisti, che al comando del colonnello Raff aveva tentato di
occupare il caposaldo di Domar Chemti. A Capo Serrat lo stesso battaglione si scontra con reparti algerini in una battaglia che vede
impegnati anche il 34° e il 35°. Il tenente
Francesco La Fata , siciliano si Partinico, viene
più volte ferito a colpi di baionetta, ma continua spavaldamente a dirigere il combattimento e riesce, con i suoi Bersaglieri
a disperdere gli attaccanti. Otterra per questo
la medaglia d'oro mentre più tardi il generale
tedesco Manteuffel appunterà sul petto del
colonnello Latini, comandante del 10°, la
croce di ferro "per tutti i bersaglieri così valorosi". E' destino, però, che il 10° si sacrifichi proprio per colpa dei tedeschi. Nel
momento della pressione maggiore delle forze nemiche, il reggimento paracadutisti
"Barentin" abbandona il fronte accanto al 10°
senza preavviso esponendo i Bersaglieri alla
sorpresa delle dilaganti forze africane. Come
se non bastasse, ripiegando, i tedeschi seminano il terreno di mine e interruzioni incuranti del fatto che su quella strada, dovranno passare più tardi i Bersaglieri che
stanno immolandosi per consentir loro di salvare la pelle. A conclusione di questa operazione il 10° è quasi completamente
sacrificato. Si ricostituirà in un solo battaglione
rinforzato dai superstiti del battaglione marinai "Grado",e verra unito al 5°reggimento
del colonnello Luigi Bonfatti per contrastare sulla strada Gabes-Gafsa l'avanzata delle
avanguardie inglesi. E' il 14° battaglione del
maggiore Ceccotti a lanciarsi contro il nemico
e ad occupare Gafsa incalzando gli inglesi fino
al passo di Kasserine. Qui la compagnia Todaro, appoggiata da cannoni e mitragliere,
ha ragione di un nemico tre volte superiore
e lo costringe nuovamente alla fuga. Ceccotti
sfrutta il successo finche può, e insegue i britannici per un pezzo, arrestandosi soltanto
quando ha ragionevoli dubbi di rimanere isolato. Il colonnello Bonfatti, intanto, ha conquistato con i suoi uomini il passo di Diebel Zebbens e prosegue in motocicletta,
da solo, con l'aiutante, lungo la pista di Tebessa a cercare il collegamento con i tedeschi della colonna Menton. Un pattuglione
inglese di retroguardia lo avvista e una raffica
di mitragliatrice lo fulmina. Bonfatti viene sostituito dal tenente colonnello De Julis, che
porta i Bersaglieri sull'Uadi el Katobe, in soccorso ad altri commilitoni del 5° che stanno
cedendo sotto l'attacco di carri armati e autoblindo. L'intervento di De Julis è provvidenziale: la linea viene mantenuta in
attesa della colonna tedesca, che però non
arriva. I piumati del 5° combattono finchè possono, poi ripiegano rapidamente. Questa
serie di operazioni convince Messe a schierare
la I armata sul Mareth in modo da bloccare le
vie che conducono all'importante città portuale
di Sfax, sistemando però una seconda linea
difensiva sull'Akarit, più a nord . |
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Il 16 Marzo avviene l'urto, dirà Montgomery,
"del miglior strumento di guerra che abbia mai
posseduto l'impero britannico". L'VIII armata,
inglese agisce da sud contro la "Centauro"
schierata a Gafsa. "Per 12 giorni" scriverà
Messe, "che valgono da soli tutta un'epopea il
5° Bersaglieri, autentico fulcro della Centauro
disseminata su un fronte di 70 chilometri, riesce ad annientare tutti i tentativi del potentissimo nemico".
Il 21 Marzo l'azione inglese si rovescia anche
sulle posizioni tenute dalla divisione Trieste.
L'attacco è più pesante nel settore dell'8°:
I Bersaglieri hanno di fronte i carri armati, ma
reagiscono com'è loro costume, con bombe e
baionetta. E riescono a mantenere le posizioni
Ma sono i tedeschi a cedere, e di schianto
lasciando i Bersaglieri soli ad arginare il nemico. Il 10° battaglione è sorpreso sul fianco e sommerso, l'11° e il 5° resistono e si
lanciano al contrattacco. Il nemico non cede,
ma è almeno fermato. Valorosissimo in questa fase, il tenente Guindani che, nel suo
settore, riesce a contenere l'attacco nemico
fino all'arrivo della 15° divisione corazzata tedesca e di due battaglioni nostri. In questa
fase l'8° Bersaglieri scrive pagine di purissimo
valore. Nei bollettini i suoi piumati vengono
definiti "morituri del Mareth". Il solo 11° battaglione, in quattro giorni d'inferno, spara
più di 100.000 proiettili, 2.000 colpi anticarro
e bombe a mano. E perde oltre la metà dei
suoi effettivi. Ma il sacrificio corrisponde a durissime perdite inflitte al nemico, che si vede annientati reparti famosi come la brigata
guardie, i battaglioni Black Watch e Durham
Light e perde oltre 150 carri armati.
"Tutte le truppe italiane" scrive Messe nelle sue memorie, "tennero un meraviglioso comportamento. Ma una parola di particolare
elogio va all'eroico 8° Bersaglieri, che superò
se stesso". E l'8° merita qui la sua seconda medaglia d'oro. Gli italiani e i tedeschi ripiegano ora sulla seconda linea difensiva
dell'Arakit ma la situazione si fa sempre più
disperata anche se nell'animo di tutti è ferma
la risoluzione di combattere fino al sacrificio pur di non arrendersi.
Un'idea dello spaventoso divario di forze può
darla il rapporto carri armati: 16 nostri contro
450 anglo-americani. E' una battaglia che dura
un giorno soltanto ma, come scriverà il maresciallo Alexander nella sua relazione ufficiale: "il combattimento fu descritto dal generale Montgomery come il più duro e il più
selvaggio di ogni altro dopo El Alamein".
Nella notte fra il 5 e il 6 Aprile gli inglesi iniziano a martellare come il solito con i loro
cannoni in un lavoro di preparazione capillare
e lanciano subito dopo le fanterie e i reparti
corazzati. Cede pericolosamente il fronte della
divisione Trieste ma accorre la 15° divisione
corazzata tedesca. L'attacco si sposta allora
sullo schieramento della Spezia e della 90° divisione tedesca. E qui , ben presto, gli inglesi sfondano. arriva l'ordine di Messe di ripiegare su Enfidaville, ancora più a nord il grosso dell'armata ripiega lungo la stada per
Sfax, protetto dai Bersaglieri d'Africa, dall'8°
del colonnello Gherardini, dal 5° battaglione
del 7°comandato dal maggiore Greco. Sono gli
ultimi momenti di vita del 7°. In 24 mesi di guerra d'Africa il reggimento è stato tre volte
decimato e tre volte ricostituito. Negli ultimi
quattro mesi di campagna in Tunisia ha perduto oltre il 60 per cento degli effettivi. Ora
a Kelibia, presso Capo Bon, viene disciolto. Il
maggiore Creco passa a disposizione della
divisione Spezia del generale Bersagliere Scattini, che ha chiamato accanto a sè, quale
vicecomandante, un'altro eroico piumato, il
colonnello Straziota. Del clorioso 7° sono rimasti soltanto 4 sottoufficiali, 80 Bersaglieri
del 5° battaglione e altrettanti, più un ufficiale
del 12° battaglione. Vengono aggregati tutti
all'8°. La guerra ha ormai il destino segnato
definitivamente. La I armata italiana, ridotta a
pochi battaglioni e qualche batteria, si schiera
sulla linea di Enfidaville. A partire dal mare il
fronte italo-tedesco è composto dalla 90°
divisione tedesca, la divisione giovani fascisti,
la "Trieste" ridotta di due terzi, la "PIstoia",
ridotta a un terzo, la 164° tedesca, la "Spezia"
quasi completamente annientata e i superstiti
elementi del Deutsche Afrika korp. La "Centauro" è stata già sciolta. L'appuntamento di Enfidaville con VIII armata
britannica scocca alle 21.30 del 19 Aprile. E'
ancora il terribile tambureggiamento di artiglieria, ed ancora il primo pesantissimo urto concentrato contro le divisioni giovani fascisti e Trieste. Il 1° battaglione del 66° fanteria del maggiore Politi, rinforzato da due
compagnie della Folgore, da un reparto di granatieri e da una ventina di militari tedeschi,
resiste superbamente per due giorni agli attacchi di un'intera divisione neozelandese.
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