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ARDITO2000
 
ADUA FIUME DI SANGUE EL ALAMEIN PIUME NELLA STEPPA
Home STORIA IL TRICOLORE CHI SONO LINKS LE GRANDI BATTAGLIE

EL ALAMEIN 2

Fine del Gennaio 1943. Viene sciolto il comando supremo e tutte le truppe italiane

vengono inquadrate nella I armata al comando della quale Roma manda il miglior

generale italiano della nuova generazione,

il bersagliere Giovanni Messe, che arriva preceduto dalla fama conquistata in Russia.

L'armata di Messe è divisa in due Corpi d'armata più o meno rabberciati con i reparti

sopravvissuti allo scacco di El Alamein e alle

battaglie successive durante la ritirata. Il XX Corpo d'armata si compone della divisione

giovani fascisti agli ordini del bersagliere generale Sozzani, della Trieste comandata da

un altro bersagliere , il generale la Ferla, e del

90° fanteria tedesca. Il XXI Corpo d'armata

ha le divisioni Pistoia e Spezia e il 164° fanteria tedesca, oltre alla 15° divisione corrazzata germanica e altri reparti. L'armata di Messe dispone anche della divisione Centauro con il 5° Bersaglieri.Con la stessa divisione opereranno a un certo punto anche i

piumati del 7°, mentre il 70° battaglione Bersaglieri  motomitraglieri viene assegnato

alle dipendenze della V armata tedesca.

 

 BARDIA BERSAGLIERI IN DIFESA

 

 Il comandante del battaglione, maggiore Lanzavecchia, sarà ucciso nel tentativo di stabilire un contatto con gli americani, che nel

frattempo sono sbarcati sulle coste atlantiche

dell'Africa Settentrionale e attraverso l'Algeria

e Marocco sono entrati in Tunisia premendo da ovest gli stessi reparti italo-tedeschi che

sono incalzati da est dagli inglesi.

A questo punto della guerra il divario fra il dispositivo alleato e quello dell'asse è sensibilissimo: 2 cannoni contro 1, 16 carri

armati contro 1, 7 aerei contro 1. In queste

condizioni affrontiamo la difesa della Tunisia.

Le operazioni si possono riassumere in tre

battaglie fondamentali: quella del Mareth, dal

16 al 30 Marzo; quella dell'Akarit-Chotts dal 5

al 6 Aprile e l'ultima, di Enfidaville, divisa in due momenti, dal 19 al 30 Aprile e dal 9 al 10

Maggio. Mentre nel Mareth riusciamo a infrangere e a contenere l'offensiva nemica in

modo da poter subito dopo eseguire una manovra di ritirata, all'Akarit e negli Chotts, l'8 armata britannica ci obbliga a bruciare tutte

le nostre riserve e a ripiegare ancora. A Enfidaville il nemico si scatena contro le nostre

linee il 19 Aprile, e per undici drammatici giorni tenta di sfondare senza riuscirvi. Si riorganizza e riparte all'attacco il 9 Maggio:

in quattro giorni raggiunge il risultato. La V armata tedesca è sgominata e quel che rimane delle truppe italiane combatte su due

fronti: a ovest contro gli americani, a est contro gli inglesi. I Bersaglieri impiegati in queste battaglie sono: il 5°, il 7°, e il 10°.

Quest'ultimo con i battaglioni 16°, 34° e 63°,

più due compagnie moto, viene impiegato per

primo nella zona di Biserta, inquadrato nella

V armata tedesca di von Arnim. Di che tembra

siano i Bersaglieri di questo reggimento lo si

rileva dalla prodezza del 16° battaglione. Questo reparto riesce a catturare un intero

gruppo d'assalto di paracadutisti, che al comando del colonnello Raff aveva tentato di

occupare il caposaldo di Domar Chemti. A Capo Serrat lo stesso battaglione si scontra con reparti algerini in una battaglia che vede

impegnati anche il 34° e il 35°. Il tenente

Francesco La Fata , siciliano si Partinico, viene

più volte ferito a colpi di baionetta, ma continua spavaldamente a dirigere il combattimento e riesce, con i suoi Bersaglieri

a disperdere gli attaccanti. Otterra per questo

la medaglia d'oro mentre più tardi il generale

tedesco Manteuffel appunterà sul petto del

colonnello Latini, comandante del 10°, la

croce di ferro "per tutti i bersaglieri così valorosi". E' destino, però, che il 10° si sacrifichi proprio per colpa dei tedeschi. Nel

momento della pressione maggiore delle forze nemiche, il reggimento paracadutisti

"Barentin" abbandona il fronte accanto al 10°

senza preavviso esponendo i Bersaglieri alla

sorpresa delle dilaganti forze africane. Come

se non bastasse, ripiegando, i tedeschi seminano il terreno di mine e interruzioni incuranti del fatto che su quella strada, dovranno passare più tardi i Bersaglieri che

stanno immolandosi per consentir loro di salvare la pelle. A conclusione di questa operazione il 10° è quasi completamente

sacrificato. Si ricostituirà in un solo battaglione

rinforzato dai superstiti del battaglione marinai "Grado",e verra unito al 5°reggimento

del colonnello Luigi Bonfatti per contrastare sulla strada Gabes-Gafsa l'avanzata delle

avanguardie inglesi. E' il 14° battaglione del

maggiore Ceccotti a lanciarsi contro il nemico

e ad occupare Gafsa incalzando gli inglesi fino

al passo di Kasserine. Qui la compagnia Todaro, appoggiata da cannoni e mitragliere,

ha ragione di un nemico tre volte superiore

e lo costringe nuovamente alla fuga. Ceccotti

sfrutta il successo finche può, e insegue i britannici per un pezzo,  arrestandosi soltanto

quando ha ragionevoli dubbi di rimanere isolato. Il colonnello Bonfatti, intanto, ha conquistato con i suoi uomini il passo di Diebel Zebbens e prosegue in motocicletta,

da solo, con l'aiutante, lungo la pista di Tebessa a cercare il collegamento con i tedeschi della colonna Menton. Un pattuglione

inglese di retroguardia lo avvista e una raffica

di mitragliatrice lo fulmina. Bonfatti viene sostituito dal tenente colonnello De Julis, che

porta i Bersaglieri sull'Uadi el Katobe, in soccorso ad altri commilitoni del 5° che stanno

cedendo sotto l'attacco di carri armati e autoblindo. L'intervento di De Julis è provvidenziale: la linea viene mantenuta in

attesa della colonna tedesca, che però non

arriva. I piumati del 5° combattono finchè possono, poi ripiegano rapidamente. Questa

serie di operazioni convince Messe a schierare

la I armata sul Mareth in modo da bloccare le

vie che conducono all'importante città portuale

di Sfax, sistemando però una seconda linea

difensiva sull'Akarit, più a nord .          

Il 16 Marzo avviene l'urto, dirà Montgomery,

"del miglior strumento di guerra che abbia mai

posseduto l'impero britannico". L'VIII armata,

inglese agisce da sud contro la "Centauro"

schierata a Gafsa. "Per 12 giorni" scriverà

Messe, "che valgono da soli tutta un'epopea il

5° Bersaglieri, autentico fulcro della Centauro

disseminata su un fronte di 70 chilometri, riesce ad annientare tutti i tentativi del potentissimo nemico".

 

  BERSAGLIERI MOTOCICLISTI NEL DESERTO

 

Il 21 Marzo l'azione inglese si rovescia anche

sulle posizioni tenute dalla divisione Trieste.

L'attacco è più pesante nel settore dell'8°:

I Bersaglieri hanno di fronte i carri armati, ma

reagiscono com'è loro costume, con bombe e

baionetta. E riescono a mantenere le posizioni

Ma sono i tedeschi a cedere, e di schianto

lasciando i Bersaglieri soli ad arginare il nemico. Il 10° battaglione è sorpreso sul fianco e sommerso, l'11° e il 5° resistono e si

lanciano al contrattacco. Il nemico non cede,

ma è almeno fermato. Valorosissimo in questa fase, il tenente Guindani che, nel suo

settore, riesce a contenere l'attacco nemico

fino all'arrivo della 15° divisione corazzata tedesca e di due battaglioni nostri. In questa

fase l'8° Bersaglieri scrive pagine di purissimo

valore. Nei bollettini i suoi piumati vengono

definiti "morituri del Mareth". Il solo 11° battaglione, in quattro giorni d'inferno, spara

più di 100.000 proiettili, 2.000 colpi anticarro

e bombe a mano. E perde oltre la metà dei

suoi effettivi. Ma il sacrificio corrisponde a durissime perdite inflitte al nemico, che si vede annientati reparti famosi come la brigata

guardie, i battaglioni Black Watch e Durham

Light e perde oltre 150 carri armati.

"Tutte le truppe italiane" scrive Messe nelle sue memorie, "tennero un meraviglioso comportamento. Ma una parola di particolare

elogio va all'eroico 8° Bersaglieri, che superò

se stesso". E l'8° merita qui la sua seconda medaglia d'oro. Gli italiani e i tedeschi ripiegano ora sulla seconda linea difensiva

dell'Arakit ma la situazione si fa sempre più

disperata anche se nell'animo di tutti è ferma

la risoluzione di combattere fino al sacrificio pur di non arrendersi. 

 

        

 

Un'idea dello spaventoso divario di forze può

darla il rapporto carri armati: 16 nostri contro

450 anglo-americani. E' una battaglia che dura

un giorno soltanto ma, come scriverà il maresciallo Alexander nella sua relazione ufficiale: "il combattimento fu descritto dal generale Montgomery come il più duro e il più

selvaggio di ogni altro dopo El Alamein".

Nella notte fra il 5 e il 6 Aprile gli inglesi iniziano a martellare come il solito con i loro

cannoni in un lavoro di preparazione capillare

e lanciano subito dopo le fanterie e i reparti

corazzati. Cede pericolosamente il fronte della

divisione Trieste ma accorre la 15° divisione

corazzata tedesca. L'attacco si sposta allora

sullo schieramento della Spezia e della 90° divisione tedesca. E qui , ben presto, gli inglesi sfondano. arriva l'ordine di Messe di ripiegare su Enfidaville, ancora più a nord il grosso dell'armata ripiega lungo la stada per

Sfax, protetto dai Bersaglieri d'Africa, dall'8°

del colonnello Gherardini, dal 5° battaglione

del 7°comandato dal maggiore Greco. Sono gli

ultimi momenti di vita del 7°. In 24 mesi di guerra d'Africa il reggimento è stato tre volte

decimato e tre volte ricostituito. Negli ultimi

quattro mesi di campagna in Tunisia ha perduto oltre il 60 per cento degli effettivi. Ora

a Kelibia, presso Capo Bon, viene disciolto. Il

maggiore Creco passa a disposizione della

divisione Spezia del generale Bersagliere Scattini, che ha chiamato accanto a sè, quale

vicecomandante, un'altro eroico piumato, il

colonnello Straziota. Del clorioso 7° sono rimasti soltanto 4 sottoufficiali, 80 Bersaglieri

del 5° battaglione e altrettanti, più un ufficiale

del 12° battaglione. Vengono aggregati tutti

all'8°. La guerra ha ormai il destino segnato

definitivamente. La I armata italiana, ridotta a

pochi battaglioni e qualche batteria, si schiera

sulla linea di Enfidaville. A partire dal mare il

fronte italo-tedesco è composto dalla 90°

divisione tedesca, la divisione giovani fascisti,

la "Trieste" ridotta di due terzi, la "PIstoia",

ridotta a un terzo, la 164° tedesca, la "Spezia"

quasi completamente annientata e i superstiti

elementi del Deutsche Afrika korp. La "Centauro" è stata già sciolta. L'appuntamento di Enfidaville con VIII armata

britannica scocca alle 21.30 del 19 Aprile. E'

ancora il terribile tambureggiamento di artiglieria, ed ancora il primo pesantissimo urto concentrato contro le divisioni giovani fascisti e Trieste. Il 1° battaglione del 66° fanteria del maggiore Politi, rinforzato da due

compagnie della Folgore, da un reparto di granatieri e da una ventina di militari tedeschi,

resiste superbamente per due giorni agli attacchi di un'intera divisione neozelandese.

 

 

 

 

         

 

                  

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