Sono già stati arrestati i due presunti assassini di Luigi Pagani, il 33enne preso a calci e pugni mercoledì notte davanti a un chiosco a Lissone, in provincia di Monza e Brianza.
Si tratta di due cittadini italiani, Vito D’Apice, 28 anni, e Stefano D’Ambrosio, 38 anni, entrambi incensurati, ora accusati di omicidio preterintenzionale aggravato dai futili motivi.
Il primo a finire in manette a stato D’Apice, identificato grazie alle testimonianze raccolte dai Carabinieri sul luogo del delitto. Da lui, poi, si è arrivati al complice, Stefano D’Ambrosio.
Sono due le persone ricercate per l’omicidio di Luigi Pagani, 33 anni, avvenuto la notte scorsa a Lissone, in provincia di Monza e Brianza.
Erano da poco passate le 4 del mattino quando Pagani si è fermato ad un chiosco dei panini: lì, stando ad una prima ricostruzione, sarebbe scoppiato un diverbio con altri due clienti del locale, entrambi italiani.
Pagani è stato colpito con pugni e calci da uno dei due uomini ed è caduto a terra. Poi è intervenuto l’altro uomo, che ha continuano a colpire il 33enne.
I due, ancora latitanti, si sono dati alla fuga, lasciando la vittima a terra. A nulla sono serviti i soccorsi: l’uomo è deceduto poco dopo esser stato trasportato all’ospedale di Desio.
Ci siamo già occupati del quartiere romano di Tor Bella Monaca e dell’alto numero di spacciatori che vi abitano: l’ultimo arresto è piuttosto curioso, quello di una donna di 31 anni che aveva trasformato la cameretta di sua figlia in un laboratorio per la cocaina.
Così tra le bambole, i pennarelli e i vestiti di una bambina di 11 anni si nascondevano bilancini di precisione e dosi di cocaina, come se nulla fosse.
Il laboratorio è stato scoperto ieri sera, quando i carabinieri di Frascati hanno fatto irruzione dell’abitazione della donna, dopo un via vai molto sospetto riscontrato nei giorni scorsi.
Era il 21 giugno scorso quando una 19enne rumena si presentò ai carabinieri della stazione Bertalia di Bologna e denunciò di essere stata aggredita, sequestrata e violentata da tre connazionali.
Il tutto, secondo il suo racconto, era avvenuto in pieno centro, poco dopo le 20: i tre giovani l’avevano avvicinata in Strada Maggiore e l’avevano costretta a salire in auto con loro per poi portarla in un appartamento di Quarto Inferiore e violentarla.
I tre furono arrestati, ma ora si è scoperto che in quella storia non c’era nulla di vero.
La 19enne, stando a quanto è emerso in queste ore, si sarebbe inventata tutto per paura che la madre la rimproverasse per aver passato la notte fuori casa.
Nuovo maxi sequestro ai danni del clan dei Casalesi: beni del valore di oltre 15 milioni di euro collegati al boss Giuseppe Setola, arrestato nel gennaio del 2009 nel Casertano.
Destinario del decreto di sequestro emesso dalla DDA è Gennaro Cardillo, arrestato il 10 giugno scorso per favoreggiamento aggravato: avrebbe aiutato il boss Setola nella sua latitanza, mettendogli a disposizione ristoranti e camere d’albergo della sua oasi con agriturismo sul lago d’Averno, a Pozzuoli.
Questo complesso era stato acquistato nel 1991 dalla società Country Club, intestata a Cardillo, ma controllata dal boss Setola.
Una transazione del valore di un miliardo e 200 milioni di lire che ha riguardato “l’intero terreno invaso dalle acque denominato lago d’Averno, dalla superficie complessiva di circa 55 ettari, are 77 e centiare 80“.
Accusa di associazione per delinquere finalizzata all’usura, all’estorsione e all’esercizio abusivo dell’attività finanziaria: con queste accuse i Carabinieri di Lecce hanno arrestato 19 persone, attive nel Salento e nella provincia di Bologna.
La gang, vicina alla Sacra Corona Unita, imponeva alle vittime tassi di interesse che oscillavano tra il 120% e il 300%.
Grazie anche alla collaborazione di un’impiegata di una nota finanziaria di Lecce, il gruppo di usuarai costringeva la vittime ad accendere dei mutui, facendole entrare in un circolo vizioso dal quale era impossibile uscire.
Continua a leggere: Operazione Shylock: arrestati 19 usurai tra il Salento e Bologna
L’ennesimo caso di abusi sessuali ai danni di minori è emerso nelle scorse ore a Mazzarino, piccolo comune in provincia di Caltanissetta, dove un anziano di 83 anni è finito in manette con l’accusa di aver abusato, tra il 2002 e il 2010, di tre bambine di età inferiore ai 10 anni.
L’anziano, da quanto si è appreso, era riuscito a conquistarsi la fiducia delle bambine, adescandole con piccoli regali, soprattutto giochi, caramelle e somme di denaro. Ne parla il Corriere Di Gela:
Le indagini hanno permesso di appurare che l’anziano, in un periodo di tempo compreso tra il 2002 ed il 2010, aveva indotto reiteratamente tre bambine minori degli anni 10, fraudolentemente adescate e condotte nella propria abitazione, ad avere rapporti sessuali completi con lui. […] Fondamentale per il buon esito delle indagini è stata la collaborazione e la fiducia riposta nei Carabinieri dalle famiglie delle piccole vittime, che hanno così sostenuto le figlie nella delicata fase di ricostruzione degli eventi, consentendo di fare piena luce sui fatti.
L’83enne è stato arrestato e al momento si trova rinchiuso nella Casa Circondariale di Caltagirone a disposizione dell’Autorità Giudiziaria mandante.
Via | Corriere Di Gela
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Si è conclusa, dopo due mesi, la prima fase delle indagini relative ad una vicenda di violenza sessuale a Ghedi, piccolo comune in provincia di Brescia.
La vittima è una ragazzina disabile di 13 anni, che sarebbe stata adescata e molestata da un ragazzo di 17 anni, di origini marocchine ma residente anche lui a Ghedi.
A portare a galla la vicenda sono stati i genitori della giovane, che due mesi fa avevano notato un suo cambio di comportamento. Ne parla BresciaOggi:
Ma grazie al lessico dell’affetto, la mamma della ragazzina è riuscita a far breccia nell’animo sconvolto della figlia che alla fine ha fatto qualche ammissione. A quel punto i genitori si sono rivolti ai carabinieri che hanno ricostruito l’episodio incriminato: facendo leva sulle fisiologiche fragilità della sua vittima, il 17enne avrebbe convinto l’adolescente a seguirlo in uno scantinato. Lì, lontano da occhi indiscreti, avrebbe convinto più che costretto la 13enne a sottostare ad atti di libidine.
Violenza sessuale aggravata ai danni di una bambina di 4 anni, sua nipotina: con questa accusa è finito in manette un 41enne salernitano, incastrato proprio dalla piccola vittima.
Le violenze, rivelano gli inquirenti, sarebbero avvenute tra marzo ed aprile scorsi: la piccola, che veniva da una situazione familiare già difficile, confidò agli assistenti sociali il “segreto brutto” e i “giochi brutti” che suo zio la costringeva a fare.
Grazie anche all’aiuto di disegni e bambolotti, la bimba avrebbe descritto nel dettaglio le violenze subite, confessando anche il coinvolgimento di un’altra persona.
Il quartiere romano di Tor Bella Monaca sempre più simile a quello napoletano di Scampia: è quello che sostengono alcuni quotidiani nel commentare la maxi operazione di ieri a Roma, quando più di 80 militari, aiutati dai vigili del fuoco, hanno abbattuto i muri e le cancellate costruiti dai pregiudicati spacciatori della zona per poter ostacolare i controlli antidroga.
Le costruzioni prese di mira dagli agenti sono quelle site in via dell’Archeologia, dove alcuni residenti avevano costruito dei veri e propri sistemi di videosorveglianza - videocitofoni e videocamere - oltre a barriere in metallo e muratura che, secondo loro, dovevano servire per impedire alle forze dell’ordine di scoprire i loro traffici illeciti e, non ultimo, garantire facili vie di fuga.
Nel corso dell’operazione sono state denunciate 13 persone con l’accusa di danneggiamento e occupazione abusiva, mentre uno è finito in manette: nel suo garage gli agenti hanno rinvenuto diverse auto e moto rubate.