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Messico drug wars: Calderón chiede di restare uniti contro il narcotraffico, confermate le elezioni amministrative del 4 luglio

pubblicato da Daniele Particelli

FelipeCalderon

La drug war continuano a dilaniare il Messico, con conflitti sempre più frequenti da una parte all’altra del Paese.

Se finora le diverse fazioni politiche si sono accusate a vicenda di aver favorito questa situazione, adesso il Presidente Felipe Calderón, del Partito d’Azione Nazionale, ha chiesto di unire le forze nella lotta contro il narcotraffico.

Calderón si è rivolto a tutti - ai vari partiti politici, ai giudici, ai legislatori, agli uomini d’affari e ai giornalisti - chiedendo con urgenza un incontro per discutere di un’efficace risposta contro il problema nei narcos.

Vista la sfida che ci troviamo di fronte, non possiamo permetterci che gli ideali politici ci separino. Invito tutti coloro che credono e difendono la democrazia, a un dialogo su questa e altre sfide che il Messico affronta in maniera diretta, perché arrivi una risposta unita e ferme, di fronte a coloro che attentano contro la vita democratica e la pace dei messicani. Dobbiamo formare un fronte comune contro i cartelli della droga e i Los Zetas, principali colpevoli della situazione odierna.

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condividi condividi 0 commenti mercoledì 30 giugno 2010

Processo Dell'Utri: condanna a 7 anni in appello, assolto per le condotte post-1992

pubblicato da Fabio Mascagna

Si sono dovuti attendere 5 giorni di camera di consiglio per conoscere la sentenza, ma alla fine è arrivata: Marcello Dell’Utri è stato condannato a 7 anni. La Corte d’Appello di Palermo presieduta dal giudice Claudio Dall’Acqua ha sostanzialmente confermato la condanna in primo grado (9 anni) con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, limitatamente però alle “condotte contestate”come commesse al periodo successivo al 1992. Qui la trascrizione integrale del dispositivo. Resterebbero fuori dalla condanna quindi il periodo stragista del ‘93, la creazione di Forza Italia e le accuse provenienti dalle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza e Nino Giuffrè.

Confermato, in sintesi, il concorso esterno in associazione mafiosa nel periodo che parte dagli anni ‘70 fino al 1992. Quindi resta confermato che Dell’Utri facesse da tramite tra i boss di Cosa Nostra ed il nascente impero mediatico, immobiliare e finanziario di Silvio Berlusconi. Sin dai tempi in cui, come descritto nelle motivazioni della sentenza di primo grado, Marcello Dell’Utri presentava i boss Stefano Bontade e Mimmo Teresi al giovane Berlusconi negli uffici della Edilnord. Ruolo, quello del tramite, ricoperto poi anche nel periodo successivo in cui a comandare quella Cosa Nostra c’erano Riina e Provenzano. Restano confermati anche i rapporti con il boss Vittorio Mangano - non il semplice “amico” - come riconfermato anche dal pm Gozzo. Ma c’è di più.

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condividi condividi 1 commento martedì 29 giugno 2010
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Aggressione Silvio Berlusconi: Massimo Tartaglia assolto perché incapace di intendere e volere al momento del fatto

pubblicato da Daniele Particelli

Massimo Tartaglia

E’ iniziato questa mattina a Milano il processo che vede imputato Massimo Tartaglia, l’uomo che lo scorso 13 dicembre aggredì Silvio Berlusconi in Piazza Duomo a Milano.

Tartaglia, accusato di lesioni aggravate, è stato giudicato dai periti del tribunale di Milano “socialmente pericoloso ma in grado di stare nel processo“.

Secondo gli stessi, il 42enne al momento dell’aggressione - lanciò una statuetta del Duomo di Milano contro il Presidente del Consiglio colpendolo al volto - era incapace di intendere e di volere.

Il processo, celebrato con rito abbreviato, potrebbe concludersi già oggi e, secondo le previsioni, potrebbe essere assolto proprio per via della sua infermità mentale al momento dell’aggressione.

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Omicidio Calvi: al processo d'appello assolti Pippo Calò, Ernesto Diotallevi e Flavio Carboni

pubblicato da Fabio Mascagna



Al processo d’appello per l’omicidio del banchiere Roberto Calvi sono stati assolti Pippo Calò, Ernesto Diotallevi e Flavio Carboni. La sentenza non è difforme da quella pronunciata in primo grado il 6 giugno del 2007, anche lì con pronuncia di assoluzione per gli imputati di omicidio volontario e premeditato.

La Corte ha deciso l’assoluzione del finanziere Flavio Carboni, dell’ex cassiere della mafia Pippo Calò e dell’ex boss della banda della Magliana Ernesto Diotallevi, che nel 2007 erano stati assolti con quella che un tempo era la formula dell’insufficienza di prove.

E’ finita quindi oggi l’attesa della sentenza di secondo grado nel processo per l’omicidio del banchiere Roberto Calvi trovato impiccato il 18 giugno 1982 sotto il Blackfriars Bridge (Ponte dei Frati neri) a Londra. Nelle tasche di Calvi furono ritrovati dei mattoni e 15mila dollari.

Pochi giorni fa ne aveva parlato Rita Di Giovacchino sul Fatto, ricordando un processo ormai quasi caduto nel dimenticatoio e quel che è successo con la sentenza di primo grado. Ossia quattro assoluzioni.

In primo grado i quattro imputati sono stati tutti assolti dall’accusa di aver ucciso il presidente dell’Ambrosiano che - a dire del pm Luca Tescaroli - sarebbe stato eliminato per vendetta dalla mafia siciliana che nel crac aveva perduto centinaia di miliardi di dollari. Gli imputati sono Pippo Calò, Ernesto Diotallevi, Flavio Carboni e Silvano Victor. Ognuno di loro rappresenta un pezzo della storia criminale di questo paese, la mafia, la Banda della Magliana, la P2.

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Disegno di legge svuota-carceri? Per il ministro Roberto Maroni è "negativo e dannoso”

pubblicato da Daniele Particelli

chiave_carcere

Qualche settimana fa il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha rivelato l’intenzione del Governo di studiare un decreto legge per mandare agli arresti domiciliari i detenuti che devono scontare ancora un solo anno di carcere.

In questo modo si alleggerirebbe la pressione sugli istituti di pena sovraffollati e si daranno condizioni più dignitose ai detenuti.

Stiamo lavorando sulle carceri, per dare condizioni dignitose ai carcerati, dato che l’eccedenza di presenze rispetto ai posti disponibili ha portato anche di recente a diversi suicidi. Stiamo pensando a un decreto legge che prevede che coloro a cui manchi un anno di detenzione vadano ai domiciliari. Sarebbe nel loro interesse restare ai domiciliari, perché se scappassero, tornerebbero in carcere per il doppio del periodo.

Questo decreto, già ribattezzato “svuota-carceri” o “mini indulto“, ha però molti difetti, come confermato oggi da Roberto Maroni, ministro dell’Interno, a margine di una visita istituzionale in Egitto.

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Trattativa Stato-Mafia: la lettera di minacce a Massimo Ciancimino

pubblicato da Fabio Mascagna

Massimo Ciancimino

Ieri abbiamo parlato della ripresa degli interrogatori a Massimo Ciancimino all’interno dell’inchiesta sulla cosiddetta trattativa tra stato e mafia, ma soprattutto delle novità riguardanti uomini dei servizi segreti coinvolti nella vicenda.

Le indagini rivolte a scoprire l’identità dei due uomini legati alle istituzioni ed ai servizi, l’ormai famoso “Signor Franco” ed il suo guardaspalle, hanno subìto un’accelerazione dopo le minacce ricevute tramite lettera anonima da Ciancimino jr. di cui abbiamo accennato ieri e che potrebbero essere state scritte proprio dal secondo uomo. E’ bene riportarne i contenuti.

Signor Ciancimino, spero che questa lettera le sia recapitata, come da mie istruzioni, nella giornata del 2 aprile, lei sa a cosa mi riferisco. Consideri queste poche righe come un buon consiglio dato da una persona che anche suo padre ha saputo apprezzare e stimare, e che comunque oggi è a conoscenza di fatti e circostanze tali da poterle essere, forse, ancora di aiuto.

La lettera di minacce, riportata da Lucentini su L’Espresso, inizia così e con cinque proiettili di kalashnikov a rafforzare l’intimidazione. La giornata del 2 aprile corrisponde alla data di nascita del padre di Massimo, Vito Ciancimino, considerato ormai il fulcro di quella trattativa tra Cosa Nostra e parti deviate dello stato.

Il dovere mi impone di avvisare chi come lei, ignaro del disegno altrui, oggi rappresenta uno strumento di lotta. Questo non solo per il mio ruolo svolto per il paese, ma sicuramente per l’esperienza accumulata in tanti anni di onorati servizi resi. Equilibri e democrazia costituiscono le basi per un nuovo percorso di globalizzazione ed integrazione che con molto sacrificio il paese sta attraversando. In questo momento molto difficile per la nostra democrazia non sono concessi ed ammessi ulteriori sbagli

In questa parte del testo l’anonimo si accredita proprio come un servitore dello Stato nonché come un portavoce di un disegno politico più ampio rivolto all’equilibrio, la democrazia, l’integrazione. Se veritiera la lettera fornirebbe una lettura di conferma proprio di quelle relazioni tra l’associazione mafiosa e lo Stato per portare avanti interessi comuni e condivisi.

Ma dopo queste belle parole si torna alle minacce vere:

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Trattativa Stato-Mafia: Massimo Ciancimino interrogato sull'identità del Signor Franco e la collusione di politici

pubblicato da Fabio Mascagna



Continuano le indagini sulla cosiddetta trattativa stato-mafia di cui ci stiamo occupando ormai da tempo. Protagonista indiscusso dell’indagine di cui sono titolari i Pm Antonio Ingroia e Nino Di Matteo è Massimo Ciancimino che proprio oggi è stato nuovamente interrogato per fornire dettagli su alcuni nomi di politici coinvolti nella vicenda ed annotati con cura dal padre Vito nei documenti ritrovati nella villa di Baida, a Palermo.

Nei giorni scorsi Ciancimino aveva identificato in Procura il famoso “Signor Franco”, l’uomo delle istituzioni e dei servizi segreti di cui abbiamo parlato qui, ma soprattutto all’interno dello speciale sul processo Mori, che aveva rapporti privilegiati con Vito Ciancimino e lavorava spesso come tramite tra l’ingegner Lo Verde - pseudonimo di Bernardo Provenzano - e la famiglia Ciancimino.

Mio padre ha intrattenuto rapporti con uomini dei servizi e in particolare con il ’signor Franco’, come lo conoscevo io, o ’signor Carlo’, come lo chiamava mio padre quando erano soli. Il signor Franco proprio in quanto uomo legato alle istituzioni non aveva alcun problema ad accedere a casa mia”, dove si sarebbe recato “fino a qualche mese prima della morte di mio padre”. Il signor Franco era uno di quei cinque o sei personaggi che avevano accesso a utenze riservate e che poteva venire a casa mia senza appuntamento.

Le indagini avrebbero portato all’identificazione di un uomo sulla 40ina che Massimo Ciancimino soleva appellare con il nome de “il Capitano” e che è stato avvistato più volte tra Bologna e Palermo come guardaspalle del “Signor Franco”. Gli investigatori non hanno escluso che possa essere stato proprio quest’individuo ad inviare la lettera di intimidazione a Ciancimino jr. contenente cinque proiettili. Il caso vuole che il numero cinque sia anche il numero identificativo sulla foto dell’identificato all’interno dell’album dei magistrati.

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Processo Calvi: Ciancimino jr. chiama in causa Marcello Dell'Utri in un documento inedito

pubblicato da Fabio Mascagna



Si parla ancora di Massimo Ciancimino, questa volta ascoltato come testimone nell’ambito del processo d’appello in corso a Roma sull’omicidio del banchiere del Banco Ambrosiano Roberto Calvi trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra il 17 giugno 1982. Roberto Calvi sarebbe stato ucciso per aver “soldi non suoi, ma appartenenti all’organizzazione denominata Cosa Nostra e ad altre organizzazioni criminali”. Qui un’ottima ricostruzione della vicenda.

Ma all’interno di questo processo Ciancimino lancia quella che potrebbe essere una bomba non da poco: su richiesta del pm Luca Tescaroli ha presentato un documento inedito - scritto dal padre Vito - che coinvolgerebbe il Sen. Marcello Dell’Utri nella vicenda Calvi, Banco Ambrosiano, Banca Rasini ed i rapporti con Cosa Nostra.

Il primo foglio scritto a mano recita:

M.Dell’Utri-Alamia. Calvi-Buscemi-Dell’Utri. Canada Bono
Pozza. Ior Raselli 5 miliardi. Milano 2 costruzioni

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Francia: in manette Ibon Gogeascoechea Arronategui, presunto capo dell'ETA, latitante dal 1997

pubblicato da Daniele Particelli

attentatoETA

Si è conclusa in Francia, in Bassa Normandia, la latitanza di Ibon Gogeascoechea Arronategui, considerato il “capo militare” dell’organizzazione terrorista basca nota come ETA, acronimo di Euskadi Ta Askatasuna.

Arronategui, 45 anni, era latitante dal 1997, dopo un attentato fallito al Re Juan Carlos al Guggenheim Museum di Bilbao.

Insieme a lui sono finite in manette altre due persone, che avevano attirato l’attenzione delle autorità dopo aver affittato un’abitazione sotto false identità ed aver usato taghe false per le proprie auto.

Ad oggi, dopo 41 anni di “attività” e ben 822 morti - 341 civili e 481 militari - sono 24 i membri dell’organizzazione arrestati tra Francia, Spagna e Portogallo.

Via | BBC

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Messico: il Partito Azione Nazionale si chiede "come mai da quando c'è Calderon il narcotrafficante El Chapo è diventato intoccabile?"

pubblicato da Daniele Particelli

FelipeCalderon

Ci siamo già occupati del presidente del Messico Felipe Calderón e della politica da lui attuata contro i narcotrafficanti, il cui potere sta crescendo rapidamente e si sta estendendo ben oltre i confini nazionali.

Ora un deputato del Partito Azione Nazionale, Manuel Clouthier Carrillo, ha accusato Calderón di aver attuato una politica che non ha fatto altro che abbandonare a sé stesse alcune zone dello Stato, permettendo così ai narcos di consolidare il loro potere.

Calderon, all’inizio del suo mandato, ha apertamente dichiarato guerra alle tante bande presenti sul territorio, ma stando a Carrillo, il presidente avrebbe fatto l’esatto opposto, proteggendo personaggi potenti come Joaquín “El Chapo” Guzmán, capo storico del Cartello di Sinaloa.

Come è possibile che il potere di Guzman sia cresciuto così tanto da quattro anni a questa parte? Da quanto Calderon è salito al potere, il Cartello di Guzman non è mai stato minimamente scalfito.

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