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I 30 latitanti più pericolosi d'Italia: Attilio Cubeddu

pubblicato da Renato Marino


Non ha mai fatto parte di organizzazioni di tipo mafioso in senso stretto, ma è comunque inserito nell’elenco dei 30 latitanti più pericolosi d’Italia. Parliamo di Attilio Cubeddu, classe 1947, esponente storico dell’anonima sequestri sarda, noto alle cronache soprattutto per il sequestro dell’imprenditore bresciano Giuseppe Soffiantini.

Originario di Arzana (nella provincia dell’Ogliastra) Cubeddu sparì nel nulla nel 1997. Da allora è uccel di bosco per la giustizia, ma non si esclude nemmeno che possa essere morto. Dopo aver preso parte tra il 1981 e il 1983 ai sequestri Rangoni Macchiavelli, Bauer e Peruzzi tra Emilia-Romagna e Toscana “il lupo solitario” si diede alla latitanza.

Nel 1984 venne però arrestato a Riccione e condannato a 30 anni di carcere. Grazie ad una condotta modello il bandito riuscì a farsi concedere numerosi permessi premio finché nel 1997, durante uno di questi, fece perdere le proprie tracce non ritornando nel carcere di Badu ‘e Carros (Nuoro). Qualche mese dopo e precisamente 17 giugno 1997 a Manerbio (Brescia), venne sequestrato Soffiantini.

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Raffaele Cutolo pentito mancato: “era pronto a collaborare”. L’ombra dei servizi segreti

pubblicato da Renato Marino


Raffaele Cutolo voleva pentirsi. Erano state già avviate le procedure per organizzare il servizio di protezione ma poi all’ultimo momento l’ex superboss e fondatore della NCO ci ripensò. Riporta Metropolis Web:

“Le mie donne mi hanno detto di non pentirmi”, disse allora il professore della Nco, “in realtà Cutolo ebbe pressione da parte dei servizi segreti”. A raccontarlo è il procuratore capo della Repubblica di Salerno, Franco Roberti. Allora, il pm efra magistrato in servizio alla Dda di Napoli. Era quasi riuscito nell’impresa più ardua degli ultimi trent’anni, far parlare il boss che fondò una delle organizzazioni criminali più potenti della storia del Mezzogiorno. Cutolo, secondo il racconto che Roberti affida alla stampa questa mattina, era pronto a vuotare il sacco, partendo dalle trattative per la liberazione di Aldo Moro.

L’impresa stava riuscendo grazie anche al lavoro del pubblico ministero Alfredo Greco, al quale il superboss aveva sussurrato: “Dottore, da dove dobbiamo cominciare?”. In quei giorni, Cutolo è formalmente indagato per la morte di Salvatore Alfieri, fratello del boss Carmine. E’ recluso nel carcere di Belluno, ma per i primi colloqui è stato trasferito nel penitenziario di Carinola. Non basta, per ascoltare i segreti e gli orrori della cruenta faida degli anni Ottanta si decide che è meglio trasferire il professore di Ottaviano in una struttura militare nel salernitano. Il viaggio è già programmato, ma poche ore prima Cutolo torna sui suoi passi. “Non voglio più collaborare”.

Il Pm Greco parte alla volta del carcere di Carinola, viene seguito da un’auto e una moto di grossa cilindrata e capisce che qualcosa non va. Arriva nel penitenziario, ma prima di lui sono arrivati decine di uomini funzionari del ministero.

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Mafia, Foggia: omicidi Mangini e Vodola, arrestati Angelo Grilli e Raffaele Tolonese

pubblicato da Renato Marino


I carabinieri del comando provinciale di Foggia hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare in carcere - emesse dal gip di Bari su richiesta della procura distrettuale antimafia della stessa città - a carico di Angelo Grilli, 32enne di Manfredonia, e Raffaele Tolonese, 51enne di Foggia.

Sono accusati di essere i sicari di, rispettivamente, Matteo Mangini, ucciso a Manfredonia nel 2001, e Francesco Vodola, detto “ja-ja”, assassinato a Carapelle nel 2000. Secondo quanto emerso dalle indagini Vodola sarebbe morto a causa di contrasti sorti negli ambienti della criminalità foggiana, tra i clan Triscioglio-Prencipe-Tolonese e Sinesi-Francavilla, per il controllo delle estorsioni.

Matteo Mangini per gli inquirenti apparteneva invece al gruppo malavitoso che contendeva il mercato dello spaccio di droga al clan Libergolis, contrapposto da decenni alla famiglia Alfieri-Primosa. Una faida nata per un pascolo abusivo o per un furto di cavalli e che ha provocato più di 30 omicidi e casi di lupara bianca:

Sulle aspre vette del Gargano, nel territorio di Monte Sant’ Angelo, cittadina di sedicimila abitanti, la gente con la faida ha imparato a convivere, semplicemente ignorando il fenomeno, come se non esistesse. (…) Le mappe del potere all’ interno dei clan malavitosi del promontorio roccioso si leggono attraverso i morti, che oggi forse sono più numerosi dei vivi. E quando i vivi finiscono dentro, tutti fanno bene attenzione a che non solo le celle, ma finanche le carceri siano ben separate e distanti l’ una dalle altre.

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Svelata l'identità di Jack Lo Squartatore? Secondo lo storico Mei Trow si tratta di Robert Mann, dipendente dell'obitorio di Whitechapel

pubblicato da Daniele Particelli

Jack the Ripper

Le teorie sulla vera identità del serial killer conosciuto come Jack Lo Squartatore, sono innumerevoli e si susseguono ormai da oltre cento anni.

Basandosi su ipotesi più o meno fondate, su piste più o meno giuste, nel corso degli anni sono spuntati una serie di nomi, che vanno da Montague John Druitt ad Aaron Kosminski, passando per Michael Ostrog e George Chapman, senza dimenticare l’ipotesi Mary Pearcey, la cosiddetta Jill The Ripper.

Ora lo storico Mei Trow, grazie alle moderne tecniche della polizia forense, è giunto alla conclusione che lo storico assassino di Whitechapel si chiamava Robert Mann ed in realtà era un dipendente dell’obitorio locale.

Ma non è tutto. Secondo Trow, Mann avrebbe ucciso ben sette prostitute e non cinque come si è detto fin’ora.

La teoria dell’uomo è frutto di due anni di intense ricerche sulla base dei documenti presenti nell’archivio dell’FBI secondo i quali Jack lo squartatore sarebbe stato “un uomo di bassa estrazione sociale, con un lavoro umile come il macellaio o l’assistente di un medico, quasi certamente un inetto sociale“.

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Spagna: arrestato Julio Alberto Poch con l'accusa di essere stato uno dei piloti dei “voli della morte” in Argentina

pubblicato da Renato Marino


È accusato di essere stato, durante gli anni della giunta militare in Argentina (1976-1983), uno dei piloti dei famigerati “voli della morte”. Julio Alberto Poch, 57 anni, fino a ieri anonimo pilota di linea della Transavia, è stato arrestato dalla polizia spagnola, in collaborazione con l’Interpol, all’aeroporto di Valencia Manises.

Per gli inquirenti Poch, che ha la doppia nazionalità argentina e olandese, era un pilota della, tristemente nota, Scuola di Meccanica Navale di Buenos Aires. E con tale ruolo avrebbe attivamente partecipato alla “guerra sporca” conducendo gli aerei militari da cui venivano lanciati in mare, dopo essere stati narcotizzati, i dissidenti politici della dittatura militare.

Si stima che ad almeno 3000 civili toccò questa tragica fine; 30.000 le vittime totali, tra morti e “desaparecidos”, del regime allora al potere. Nel 1995 l’ex ufficiale (e repressore) argentino Adolfo Scilingo in un’intervista concessa al giornalista Horacio Verbitsky descrisse in modo particolareggiato le modalità dei “vuelos” cui aveva partecipato in due occasioni.

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TPI: paramilitari serbi colpevoli di aver bruciato vive 140 persone, condannati Sredoje e Milan Lukic

pubblicato da Renato Marino


Due ex comandanti serbi, i cugini Sredoje e Milan Lukic, membri del gruppo paramilitare delle “Aquile bianche”, sono stati condannati dai giudici dell’ Aja, rispettivamente, a 30 anni di carcere e all’ergastolo.

I due, definiti dai giudici “assassini brutali e insensibili”, dovevano rispondere davanti al TPI di omicidio, persecuzioni, sterminio e altri crimini contro l’umanità ai danni di musulmani bosniaci avvenuti, tra il 1992 ed il 1994, a Visegrad e dintorni.

Durante il processo, in cui sono stati ascoltati 46 testimoni, i cugini avevano respinto ogni accusa, ma i giudici hanno potuto accertare che furono loro a rinchiudere in due case, a Visegrad e Bikavac, circa 140 persone - tra cui anziani, donne e bambini - per poi bruciarle vive nel giugno del 1992.

Via | Peace Reporter

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Stragi di Capaci e via D’ Amelio: riaperte inchieste su Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, caccia a un agente segreto sfregiato

pubblicato da Renato Marino


Il 19 luglio 1992 Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta vennero trucidati da un’autobomba piazzata a Palermo in via D’ Amelio. Meno di due mesi prima la stessa sorte era toccata a Giovanni Falcone, ai suoi “angeli custodi” e a sua moglie, lungo l’autostrada che da Punta Raisi va a Palermo, all’altezza dello svincolo di Capaci.

Per quelle stragi furono condannati all’ ergastolo Riina e i Corleonesi quali mandanti ed esecutori materiali. Ora, dopo 17 anni, la Procura della Repubblica di Caltanissetta ha riaperto le inchieste su Capaci, via D’ amelio e sull’ Addaura, cioè sui 58 candelotti di dinamite piazzati nel giugno ‘89 nella scogliera davanti alla casa di Falcone.

Nuovi testimoni parlano di altri mandanti. Nuovi indizi rafforzano l’ipotesi che non sia stata solo la mafia a voler uccidere Falcone e Borsellino o a mettere bombe a Firenze e Milano. Il pool di procuratori coordinati da Sergio Mari starebbe cercando di rintracciare uno 007 con “una faccia da mostro”.

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Germania, caccia all' Uomo Nero: il predatore sessuale e killer seriale accusato di 36 violenze su bambini e 5 omicidi

pubblicato da Renato Marino


Allarme in Germania per la presunta ricomparsa di un predatore sessuale e killer seriale di bambini - soprannominato dalla stampa “L’ uomo in Nero” per via del suo abbigliamento - ritenuto l’ autore di 36 stupri e 5 omicidi avvenuti nel nord del paese.

È stato un ragazzino di 10 anni a denunciare, sabato scorso, l’ intrusione nella sua stanza d’ albergo di un uomo con le sembianze dell’ Uomo Nero. Gli inquirenti hanno riferito che il ragazzo, in trasferta in un albergo di Rheine con la sua squadra di calcio, è stato prelevato nel sonno e portato fuori dalla stanza.

Poi il suo rapitore l’ ha costretto a levarsi i pantaloni, ma il ragazzo è riuscito a scappare prima che l’ uomo abusasse di lui. Su quei pantaloni, ritrovati in un parco vicino, si cerca ora una traccia di DNA. L’ uomo sarebbe entrato da una porta sul retro dell’ albergo, ma non sono state trovate tracce di scasso.

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Mostro di Firenze: archiviata l’ inchiesta sulla morte del medico Francesco Narducci, giallo irrisolto

pubblicato da Renato Marino


Si torna a parlare del “mostro di Firenze”. Il gip di Perugia ha infatti archiviato l’ inchiesta sulla morte del medico Francesco Narducci che alcune ipotesi investigative collegavano ai delitti dei “compagni di merende” Pietro Pacciani, Mario Vanni e Giancarlo Lotti, tutti deceduti.

Narducci scomparve l’ otto ottobre 1985 durante un giro in barca sul Trasimeno. Il suo cadavere venne ripescato 5 giorni dopo. L’ autopsia non venne disposta e la morte fu classificata come annegamento. La famiglia del medico ha sempre sostenuto la tesi dell’ incidente o del suicidio, ma nel 2001 un’ intercettazione telefonica aveva convinto il pm Giuliano Mignini a riaprire l’ inchiesta.

Nel corso della conversazione telefonica un usuraio diceva ad un “cliente” che, se non avesse pagato i suoi debiti, avrebbe fatto la fine del dott. Narducci. Nell’ inchiesta furono coinvolti il giornalista Mario Spezi e l’ex farmacista di San Casciano Francesco Calamandrei, accusato di essere il mandante di alcuni dei delitti del mostro di Firenze, più due pregiudicati, ora tutti prosciolti.

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Caso Ludwig: dopo Marco Furlan torna libero anche Wolfgang Abel, la "mente" del gruppo neonazista responsabile di 15 omicidi

pubblicato da Renato Marino


Dopo Marco Furlan, di cui ci eravamo occupati a più riprese, torna libero anche Wolfgang Abel. I due, spinti da una chiara matrice ideologica, erano stati condannati a 27 anni di carcere per aver ucciso, armati di spranghe e martelli, 15 persone tra il 1977 e il 1984 in diverse città del nord Italia e a Monaco di Baviera.

Le vittime erano prostitute, barboni, tossicodipendenti, frequentatori di sexy club, ma anche frati e preti. La loro “crociata purificatrice” , al grido di “Dio è con noi” (il motto delle SS), si interruppe nel 1984 quando i due, ricchi rampolli della Verona bene, vennero beccati in procinto di dare fuoco ad una discoteca di Castiglione delle Stiviere (Mantova).

Wolfgang Abel, considerato la mente del gruppo, in 23 anni di carcere si è sempre dichiarato innocente, “vittima di una persecuzione”. Ora vuole solo un lavoro. Un amico di famiglia gli ha promesso un’ assunzione nella sua azienda. I periti l’ avevano descritto come persona dal carattere dominante, fredda e molto intelligente, ma affetta da un “vero delirio a struttura paranoicale”. Alle sue spalle cinque tentativi di suicidio in carcere.

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