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31 agosto 2007, 09:56 - Ultimo aggiornamento alle 23:49

Eletto Gul, un islamico presidente della Turchia

Alessandro Chiappetta,  29 agosto 2007

Esteri      L'esponente islamico moderato, ex ministro degli Esteri e primo collaboratore del premier Erdogan, ha ottenuto in parlamento il numero di voti necessario all'elezione ed è il primo a sedere sulla poltrona di capo di uno stato che ha sempre fatto della propria laicità un punto di forza



Stavolta ce l'ha fatta. A quattro mesi dalla mancata elezione che ispirò una protesta di piazza e una crisi politica senza precedenti, Abdullah Gul è diventato presidente della Turchia.

L'esponente islamico moderato, ex ministro degli Esteri e primo collaboratore del premier Erdogan (il regista dell'operazione), ha ottenuto in parlamento il numero di voti necessario all'elezione ed è il primo a sedere sulla poltrona di capo di uno stato che ha sempre fatto della propria laicità un punto di forza. Al vicepremier e ministro degli esteri sono bastati 339 voti (su 550 deputati), quelli del suo partito (l'Akp, la forza conservatrice e di matrice islamica, al governo dal 2002), diventando l'undicesimo presidente della Repubblica turca fondata nel 1923.

I 103 deputati del maggior partito di opposizione, il Partito Repubblicano del popolo Chp, non hanno partecipato alla votazione per protestare contro l'elezione di un esponente islamico (noto e discusso il particolare che la moglie di Gul, Hayrunissa, porti il velo) alla presidenza di "una Repubblica laica e democratica". Presenti invece i 70 membri del partito nazionalista Mhp, tutti compatti per il loro candidato Sabahettin Cakmakoglu, così come i 13 deputati presenti del partito di sinistra democratica Dsp che hanno votato per il loro Tayun Icli. Tra i 24 astenuti figurano i 20 parlamentari del partito nazionalista turco Dtp, oltre a 4 deputati indipendenti. Nelle prime due votazioni tenutesi il 20 e 24 agosto, dove era necessaria la maggioranza qualificata dei due terzi dell'assemblea (367 voti su 550), Gul aveva mancato di una trentina di voti l'obiettivo della presidenza. Ma oggi non c'è stata storia, come da tempo era previsto, e come aveva orchestrato e voluto il premier Recep Taryp Erdogan, da quando era stato riconfermato a capo del governo dal voto popolare, a dispetto del presidente uscente, il laico Ahmet Necdet Sezer, che ha tentato in tutti modi, legali, di ostacolare l'elezione di Gul, e che ora dovrà accoglierlo sul colle di Cankaya, il Quirinale turco.
Fondamentale l'apporto dell'estrema destra nazionalista del Mhp di Devlet Bahceli, formazione considerata vicina ai Lupi Grigi, assente nella precedente legislatura, che nei due primi 'turni' ha votato un proprio candidato di bandiera, ma che con la sua semplice presenza in aula ha garantito a Gul il quorum necessario dei due terzi (367 parlamentari) dei presenti. Il quorum era mancato al candidato dell'Akp alla fine di aprile e a maggio quando l'opposizione, allora rappresentata dai soli laici del Partito repubblicano Chp, fece una scelta avventata indicandolo come papabile; per superare l'impasse politico Erdogan fu costretto ad indire elezioni anticipate il 22 luglio, vinte po dall'Akp con poco meno del 47% dei voti. Da anni pupillo del premier, dal marzo 2003 Gul ha svolto un ruolo di primo piano come ministro degli Esteri dopo aver ricoperto la carica di capo del governo per cinque mesi alla fine del 2002, per consentire la modifica della legge costituzionale che vietava ad Erdogan di guidare il governo. Il premier presenterà subito a Gul il suo nuovo governo, composto soprattutto da riformisti ai quali sarà affidato il compito di portare avanti il rinnovamento dell'economia e delle istituzioni. Ma quello che conta soprattutto è capire come reagirà la popolazione e quale Turchia emergerà dal nuovo duopolio Erdogan-Gul, che rischia di allontanare il paese dalla Mezzaluna dalla laicità e minaccia di minare anche il già ispido terreno dell'entrata in Europa di Ankara, contro il quale si è espresso nelle ultime ore anche il sempre più influente presidente francese Sarkozy. Per il momento Gul incassa complimenti e fiducia da parte di Barroso, felice di "una opportunità per un impeto nuovo e immediato al processo di adesione della Turchia all'Ue, attraverso il progresso in vari settori chiave", e di Prodi, che lo definisce "un uomo di grande intelligenza", pronto ad essere "un grande presidente".

Ma al di là delle reazioni internazionali, la partita politica e lo scontro ideologico si giocano innanzitutto in Turchia, con le prime reazioni in cui regnano la prudenza e la voglia di evitare tensioni, ma dove restano focolai di intolleranza preoccupante. Prova ne sia la reazione del capo di stato maggiore, il generale Yasar Buyukanit, che ha annunciato che l'esercito diserterà il giuramento. Buyukanit ha ammonito che "la laicità dello Stato è sotto attacco di centri del male che stanno cercando sistematicamente di erodere la natura laica della Repubblica turca. Le forze armate - ha avvertito il generale - non rinunceranno mai al compito di proteggere e vegliare sulla democrazia". Cinquantesette anni, economista controverso, ed europeista convinto, il neo-presidente ha maturato il suo impegno politico all'interno del movimento "Opinione nazionale" fondato dal leader storico dell'islam politico radicale turco, Necmettin Erbakan. Musulmano devoto e interprete di una visione "storicizzata e privatistica" dell'Islam, che egli fa risalire al poeta filosofo Necip Fazil Kisakurek, Gul è osteggiato in patria da chi teme per la conservazione del sistema di protezioni statali e militari dello status di laicità del Paese, stabilito nel 1923 dal "Padre dei turchi" Kemal Ataturk, e non è ben visto anche dagli ambienti intellettuali liberali, anche per via di alcuni scivoloni pubblici che gli hanno in qualche modo rovinato la fama di diplomatico illuminato. Eppure oggi, Gul ha negato di avere progetti di revisione della costituzione in senso anti-laico e assicura di aver tagliato i ponti con il suo passato islamista, dicendosi convinto della fondatezza della separazione tra lo Stato e la religione. "Il rafforzamento e la difesa dei valori repubblicani iscritti nella Costituzione saranno la mia priorità", aveva affermato questo mese dopo aver annunciato la sua candidatura. Ma ora è atteso alla prova dei fatti.





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